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In questa figura sono riportati (in nero) i movimenti oculari di un soggetto che guarda per la prima volta un disegno ricavato dal « Vecchio che pensa » di Paul Klee. I numeri mostrano l'or. dine delle fissazioni effettuate dal soggetto sulla figura durante una parte dei 20 secondi di osservazione. Le linee tra i punti rappresentano i rapidi movimenti degli occhi da un punto di fissazione a quello successivo. I movimenti occupano cir- ca il 10 per cento del tempo totale necessario per la visione. G li occhi sono gli organi di senso più attivi dell'uomo. Altri recet- tori sensoriali, come per esem- pio le orecchie, ricevono passivamente tutti i segnali in arrivo, mentre gli oc- chi si muovono di continuo per la scansione e l'ispezione dei particolari del mondo circostante. I movimenti del- l'occhio hanno un ruolo molto impor- tante nella percezione visiva, e la loro analisi può rivelare molte cose sulla natura del processo percettivo. Abbiamo recentemente registrato i movimenti oculari di soggetti che dove- vano prima osservare e poi riconosce- re alcuni oggetti a loro sconosciuti. In sostanza abbiamo rilevato che ogni in- dividuo ha un proprio modo caratteri- stico di guardare un oggetto familiare. I suoi occhi tendono a seguire un de- terminato tracciato per ogni oggetto che egli osserva o riconosce. I nostri risul- tati suggeriscono una nuova ipotesi sul- l'apprendimento visivo e il riconosci- mento. Prima di descrivere e illustrare le nostre esperienze più dettagliatamen- te, daremo un quadro generale dell'ar- gomento riferendo alcuni esperimenti precedenti che hanno contribuito alla interpretazione dei nostri risultati. I movimenti oculari sono necessari per una ragione fisiologica: una infor- mazione visiva dettagliata può essere ottenuta solo attraverso la fovea, la piccola zona centrale della retina che ha la più elevata concentrazione di fo- torecettori. Perciò gli occhi sono co- stretti a muoversi allo scopo di fornire informazioni sugli oggetti che devono essere osservati con una certa precisio- ne (tranne quando si tratti di oggetti molto piccoli rispetto all'angolo da essi sotteso nel campo visivo). I muscoli o- culomotori, sotto il controllo del cer- vello, dirigono gli occhi nel punto si- gnificativo (si veda l'articolo di E. Lle- wellyn Thomas I movimenti dell'occhio, in « Le Scienze », n. 11, luglio 1969). Durante la visione normale di ogget- ti immobili, l'azione degli occhi si al- terna tra fissazioni, quando lo sguar- do è fisso in un punto del campo vi- sivo, e rapidi movimenti oculari. Ognu- no di questi movimenti porta a fissare Io sguardo su un altro punto del cam- po visivo. Normalmente si hanno due o tre movimenti al secondo ed essi sono cosí rapidi che occupano soltanto il 10 % circa del tempo di visione. L'apprendimento visivo e il riconosci- mento implicano un immagazzinamento nella memoria e una capacità di recu- pero. Attraverso il cristallino, la retina e il nervo ottico le cellule nervose si- tuate nei centri ottici della corteccia ce- rebrale vengono attivate e a questo li- vello si forma un'immagine dell'oggetto osservato. (L'immagine, naturalmente, è modellata dall'attività neurale ed è del tutto diversa dall'immagine retinica del- l'oggetto stesso). Il sistema mnemonico del cervello deve contenere in sé la rap- presentazione interna di ogni oggetto di cui sia necessario il riconoscimento. Im- parare a conoscere un oggetto e acqui- stare familiarità con esso costituisce il processo di costruzione di questa rap- presentazione interna. Il riconoscimento dell'oggetto stesso, quando lo si incon- tra per la seconda volta, è il risultato della sua messa a confronto con la rap- presentazione interna di esso già con- tenuta nella memoria. Non sappiamo con sicurezza se il ri- conoscimento visivo costituisca un processo parallelo e immediato, o vice- versa un'operazione sequenziale di mon- taggio. Gli psicologi della scuola della Gestalt hanno sostenuto che gli ogget- ti sono riconosciuti come un tutto glo- bale senza che sia necessaria una ana- lisi delle loro parti componenti. Secon- do questa tesi la rappresentazione inter- na di ciascun oggetto sarebbe un tutto unitario che viene messo a confronto con l'oggetto in una singola operazio- ne. Più recentemente altri psicologi han- no avanzato l'ipotesi che la rappresen- tazione interna sia come un mosaico, ovvero una composizione di diversi pez- zi o elementi. Durante il riconoscimen- to questi elementi sono confrontati con- secutivamente con quelli corrispondenti dell'oggetto da riconoscere. Il riconosci- mento è completo quando tutti i pezzi del mosaico sono stati confrontati con successo. L'ipotesi del riconoscimento seria- le è convalidata principalmente dai risultati di esperienze che misurano il tempo impiegato da un soggetto per ri- conoscere oggetti diversi. L'esperimento tipico consiste nel fare esaminare a un soggetto una serie di oggetti (in genere figure astratte) con il compito di indi- viduare un oggetto « campione » prece- dentemente immagazzinato nella memo- ria. Il tempo che il soggetto impiega a considerare ciascun oggetto (o per ri- conoscerlo come quello campione o per scartarlo) viene misurato. Questo tempo è in genere molto breve, ma è possibile misurarlo in vari modi con notevole ac- curatezza. Tutti gli oggetti sono abba- stanza piccoli da poter essere ricono- sciuti con un'unica fissazione, cosí che i movimenti oculari non entrano in gio- co e non influenzano il tempo neces- sario per il riconoscimento. Gli esperimenti di questo tipo hanno portato a due risultati di carattere ge- nerale. In primo luogo, si è osservato che in media un soggetto impiega più tempo a riconoscere un oggetto che a scartarlo. Questo è quanto ci si potreb- be aspettare qualora gli oggetti venis- sero riconosciuti gradualmente, elemen- to per elemento. Quando un oggetto viene confrontato mentalmente con la rappresentazione interna dell'oggetto I movimenti degli occhi e la percezione visiva Le registrazioni dei punti sui quali si soffermano gli occhi nel guardare e del tracciato che essi seguono nell'osservare forniscono la chiave per la comprensione del processo con il quale il cervello riconosce un oggetto di David Noton e Lawrence Stark 22 23

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In questa figura sono riportati (in nero) i movimenti oculari diun soggetto che guarda per la prima volta un disegno ricavatodal « Vecchio che pensa » di Paul Klee. I numeri mostrano l'or.dine delle fissazioni effettuate dal soggetto sulla figura durante

una parte dei 20 secondi di osservazione. Le linee tra i puntirappresentano i rapidi movimenti degli occhi da un puntodi fissazione a quello successivo. I movimenti occupano cir-ca il 10 per cento del tempo totale necessario per la visione.

G

li occhi sono gli organi di sensopiù attivi dell'uomo. Altri recet-tori sensoriali, come per esem-

pio le orecchie, ricevono passivamentetutti i segnali in arrivo, mentre gli oc-chi si muovono di continuo per lascansione e l'ispezione dei particolaridel mondo circostante. I movimenti del-l'occhio hanno un ruolo molto impor-tante nella percezione visiva, e la loroanalisi può rivelare molte cose sullanatura del processo percettivo.

Abbiamo recentemente registrato imovimenti oculari di soggetti che dove-vano prima osservare e poi riconosce-re alcuni oggetti a loro sconosciuti. Insostanza abbiamo rilevato che ogni in-dividuo ha un proprio modo caratteri-stico di guardare un oggetto familiare.I suoi occhi tendono a seguire un de-terminato tracciato per ogni oggetto cheegli osserva o riconosce. I nostri risul-tati suggeriscono una nuova ipotesi sul-l'apprendimento visivo e il riconosci-mento. Prima di descrivere e illustrarele nostre esperienze più dettagliatamen-te, daremo un quadro generale dell'ar-gomento riferendo alcuni esperimentiprecedenti che hanno contribuito allainterpretazione dei nostri risultati.

I movimenti oculari sono necessariper una ragione fisiologica: una infor-mazione visiva dettagliata può essereottenuta solo attraverso la fovea, lapiccola zona centrale della retina cheha la più elevata concentrazione di fo-torecettori. Perciò gli occhi sono co-stretti a muoversi allo scopo di fornireinformazioni sugli oggetti che devonoessere osservati con una certa precisio-ne (tranne quando si tratti di oggettimolto piccoli rispetto all'angolo da essisotteso nel campo visivo). I muscoli o-culomotori, sotto il controllo del cer-vello, dirigono gli occhi nel punto si-gnificativo (si veda l'articolo di E. Lle-wellyn Thomas I movimenti dell'occhio,

in « Le Scienze », n. 11, luglio 1969).Durante la visione normale di ogget-

ti immobili, l'azione degli occhi si al-terna tra fissazioni, quando lo sguar-do è fisso in un punto del campo vi-sivo, e rapidi movimenti oculari. Ognu-no di questi movimenti porta a fissareIo sguardo su un altro punto del cam-po visivo. Normalmente si hanno due otre movimenti al secondo ed essi sonocosí rapidi che occupano soltanto il10 % circa del tempo di visione.

L'apprendimento visivo e il riconosci-mento implicano un immagazzinamentonella memoria e una capacità di recu-pero. Attraverso il cristallino, la retinae il nervo ottico le cellule nervose si-tuate nei centri ottici della corteccia ce-rebrale vengono attivate e a questo li-vello si forma un'immagine dell'oggettoosservato. (L'immagine, naturalmente, èmodellata dall'attività neurale ed è deltutto diversa dall'immagine retinica del-l'oggetto stesso). Il sistema mnemonicodel cervello deve contenere in sé la rap-presentazione interna di ogni oggetto dicui sia necessario il riconoscimento. Im-parare a conoscere un oggetto e acqui-stare familiarità con esso costituisce ilprocesso di costruzione di questa rap-presentazione interna. Il riconoscimentodell'oggetto stesso, quando lo si incon-tra per la seconda volta, è il risultatodella sua messa a confronto con la rap-presentazione interna di esso già con-tenuta nella memoria.

Non sappiamo con sicurezza se il ri-conoscimento visivo costituisca un

processo parallelo e immediato, o vice-versa un'operazione sequenziale di mon-taggio. Gli psicologi della scuola dellaGestalt hanno sostenuto che gli ogget-ti sono riconosciuti come un tutto glo-bale senza che sia necessaria una ana-lisi delle loro parti componenti. Secon-do questa tesi la rappresentazione inter-

na di ciascun oggetto sarebbe un tuttounitario che viene messo a confrontocon l'oggetto in una singola operazio-ne. Più recentemente altri psicologi han-no avanzato l'ipotesi che la rappresen-tazione interna sia come un mosaico,ovvero una composizione di diversi pez-zi o elementi. Durante il riconoscimen-to questi elementi sono confrontati con-secutivamente con quelli corrispondentidell'oggetto da riconoscere. Il riconosci-mento è completo quando tutti i pezzidel mosaico sono stati confrontati consuccesso.

L'ipotesi del riconoscimento seria-le è convalidata principalmente dairisultati di esperienze che misurano iltempo impiegato da un soggetto per ri-conoscere oggetti diversi. L'esperimentotipico consiste nel fare esaminare a unsoggetto una serie di oggetti (in generefigure astratte) con il compito di indi-viduare un oggetto « campione » prece-dentemente immagazzinato nella memo-ria. Il tempo che il soggetto impiega aconsiderare ciascun oggetto (o per ri-conoscerlo come quello campione o perscartarlo) viene misurato. Questo tempoè in genere molto breve, ma è possibilemisurarlo in vari modi con notevole ac-curatezza. Tutti gli oggetti sono abba-stanza piccoli da poter essere ricono-sciuti con un'unica fissazione, cosí chei movimenti oculari non entrano in gio-co e non influenzano il tempo neces-sario per il riconoscimento.

Gli esperimenti di questo tipo hannoportato a due risultati di carattere ge-nerale. In primo luogo, si è osservatoche in media un soggetto impiega piùtempo a riconoscere un oggetto che ascartarlo. Questo è quanto ci si potreb-be aspettare qualora gli oggetti venis-sero riconosciuti gradualmente, elemen-to per elemento. Quando un oggettoviene confrontato mentalmente con larappresentazione interna dell'oggetto

I movimenti degli occhie la percezione visiva

Le registrazioni dei punti sui quali si soffermano gli occhi nel guardaree del tracciato che essi seguono nell'osservare forniscono la chiave per lacomprensione del processo con il quale il cervello riconosce un oggetto

di David Noton e Lawrence Stark

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I punti di massima curvatura sono anch'essi importanti come tratti significativi per laidentificazione visiva, come è stato dimostrato da Fred Attneave III dell'Universitàdell'Oregon. L'autore ha selezionato i 38 punti di massima curvatura della figura diun gatto addormentato e li ha uniti con linee rette, eliminando tutte le curve: l'im-magine che ne è risultata è ancora facilmente riconoscibile, e questo suggerisce che ipunti di curvatura forniscono informazioni utili al cervello nella percezione visiva.

Registrazioni effettuate in un soggetto che guarda la fotografia del busto della reginaNefertiti e che mettono in evidenza delle regolarità nei movimenti oculari. A sinistraè riprodotto il disegno di ciò che il soggetto vedeva; a destra i suoi movimenti ocu-lari registrati da Alfred L. Yarbus dell'Istituto per i problemi della trasmissione dellainformazione di Mosca. Gli occhi sembrano posarsi sui tratti della testa con unacerta periodicità e seguendo un tracciato abbastanza regolare, piuttosto che casuale.

campione, se esso è diverso per qual-che particolare risulterà non corrispon-dente alla rappresentazione interna everrà pertanto scartato senza procedereall'ulteriore controllo di tutti gli altrielementi, mentre se l'oggetto è uguale alcampione richiederà il confronto di tut-te le sue parti componenti. I risultatisembrano contraddire l'ipotesi degli psi-cologi della Gestalt di una rappresenta-zione interna globale messa a confrontocon l'oggetto con un'unica operazione.È presumibile che, in questo caso, ilsoggetto impiegherebbe lo stesso tempoa riconoscere e a scartare un oggetto.

Il secondo risultato è stato ottenutovariando il grado di complessità dell'og-getto campione immagazzinato nellamemoria. t, stato osservato che i sog-getti impiegano più tempo a riconosce-re oggetti complessi che a riconoscerequelli più semplici. Anche questo risul-tato è a favore dell'ipotesi del ricono-scimento seriale, poiché in un og-getto più complesso il numero degli ele-menti da controllare è maggiore. E, peranalogia, il risultato sembra anche con-traddire l'ipotesi della Gestalt.

Non sarebbe giusto dare l'impressio-ne che la natura seriale del ricono-scimento di un oggetto sia un dato difatto definitamente accertato a spese delconcetto unitario sostenuto dagli psico-logi della Gestalt. Questi hanno dimo-strato in modo convincente che un og-getto può avere realmente una qualcheforma di « unità primaria », cosicché èspesso possibile individuarlo come enti-tà separata anche prima che abbia ini-zio un vero e proprio processo di rico-noscimento. Per giunta alcuni degliesperimenti sopra descritti per misurareil tempo di riconoscimento dimostranoche, per lo meno nel caso di oggettimolto semplici, quando un oggetto di-viene molto familiare la sua rappresen-tazione interna diventa più globale e ilsuo processo di riconoscimento corri-spondentemente più parallelo. Ciò non-dimeno il peso delle prove sembra ap-poggiare l'ipotesi seriale, per lo menoquando si tratta di oggetti non mol-to semplici e familiari.

Se la rappresentazione interna di unoggetto nella memoria è un mosai-

co di pezzi, due interrogativi sorgonospontaneamente: quali sono questi «pez-zi », cioè quali sono le parti di un og-getto selezionate dal cervello come ele-menti chiave per l'identificazione dellostesso? E inoltre, in che modo tali ele-menti vengono integrati e messi in rap-porto fra loro per formare la completarappresentazione interna dell'oggetto?Lo studio dei movimenti oculari duran-te la percezione visiva è fonte preziosa

di informazioni su questi due punti.Negli esperimenti relativi al primo

punto il procedimento in generale consi-ste nel presentare al soggetto una figurao un oggetto cosi grande e vicino agliocchi da non poter essere registrato sul-le fovee senza movimenti oculari. Peresempio, una figura larga 35 cm, e di-stante dagli occhi 100 cm, che sotten-de un angolo orizzontale di 20° perogni occhio — all'incirca l'angolo sotte-so da una pagina di questa rivista te-nuta alla distanza di un braccio.

In queste condizioni il soggetto devemuovere gli occhi e osservare in lungoe in largo la figura, fissandone tutti ipunti che desidera vedere con chiarez-za. L'assunto è che egli guardi soprat-tutto quelle parti della figura che con-sidera più significative; cioè i punti chegli forniscono la maggior quantità diinformazione sulla figura. Essi vengonolocalizzati per tentativi con la visioneperiferica e poi fissati direttamente perun'ispezione dettagliata. (É importanteosservare che in questi esperimenti, enegli altri che descriveremo, il soggettoriceve soltanto istruzioni di caratteregenerale come « guarda la figura », onon ne riceve addirittura nessuna. Segli vengono impartite istruzioni più pre-cise, per esempio di osservare e descri-vere alcuni specifici aspetti della figura,il soggetto in genere fissa direttamentela parte indicata, come è facilmenteprevedibile).

Quando i soggetti guardano libera-mente in queste condizioni delle figuresemplici, per esempio disegni lineari, siè rilevato che i loro punti di fissazionetendono a raggrupparsi a grappolo in-torno agli angoli della figura. Per esem-pio, Leonard Zusne e Kenneth M. Mi-chels hanno effettuato un esperimentodi questo tipo alla Purdue University,adoperando come figure dei disegni li-neari di poligoni semplici. Dai puntidi fissazione dei loro soggetti nell'osser-vare queste figure risultò evidente chegli angoli attiravano gli occhi in misu-ra molto maggiore del resto.

La conclusione che noi suggeriamo èche, almeno per tali figure lineari, gliangoli sono i tratti salienti utilizzati dalcervello per conservare e riconoscere lafigura. Che gli angoli di una figura sia-no la parte più significativa ai fini delladeterminazione di una forma è cosacerta. Nel 1954 Fred Attneave III del-l'Università dell'Oregon dimostrò comein un disegno lineare siano gli angolie i punti di massima curvatura le par-ti più ricche di informazione. Per illu-strare la sua tesi egli presentò una fi-gura ottenuta selezionando i 38 puntidi massima curvatura di un'immaginedi un gatto addormentato e unendo tali

punti con linee rette (si veda l'illustra-zione in alto nella pagina a fronte). Ilrisultato è chiaramente riconoscibile.

Una ulteriore prova del fatto che gliangoli e i punti di massima curvaturasono i tratti più significativi di una fi-gura è stata fornita dagli elettrofisiologiche hanno esaminato l'attività di singo-le cellule cerebrali. Per esempio, versola fine degli anni '50, Jerome Y. Lett-vin, H.R. Maturana, W.S. McCulloch eW.H. Pitts dell'Istituto di Tecnologiadel Massachusetts hanno scoperto nellaretina della rana dei neuroni specificiper la identificazione degli angoli. Piùrecentemente David H. Hubel e Tor-sten N. Wiesel della Harvard MedicalSchool hanno esteso questo risultato agatti e scimmie (in questi animali le cel-lule specifiche per la identificazione de-gli angoli sono situate nei centri otticidella corteccia anziché sulla retina). Idati ottenuti dai centri ottici della cor-teccia umana da Elwin Marg dell'Uni-versità della California a Berkeley co-stituiscono una prima indicazione dicome questi risultati possano essereestesi anche all'uomo.

Risultati in un certo senso analoghisono stati ottenuti con immagini piùcomplesse di quanto non siano i sem-plici disegni lineari. Non sorprende chein questi casi anche i tratti caratteristicisiano più complessi. Di conseguenzanon si è potuta ottenere una loro de-scrizione formale. Anche qui, tuttavia,il criterio sembra sia quello di indivi-duare le parti a maggiore contenuto in-formativo. Norman H. Mackworth eA.J. Morandi hanno effettuato alla Har-vard University una serie di registra-zioni dei punti di fissazione di soggettiche guardavano due fotografie comples-se. Essi conclusero che tali punti si con-centravano sui particolari imprevedibilio insoliti, e in particolare sui contorniimprevedibili. Un contorno si può de-finire imprevedibile quando cambia di-rezione spesso e irregolarmente e per-ciò ha un elevato contenuto informa-tivo.

si può concludere, perciò, che gli an-goli e altri particolari ad alto con-

tenuto informativo sono i tratti che ilcervello considera più significativi e cheseleziona per ricordare e riconoscere unoggetto.

Il problema successivo riguarda ilmodo in cui questi elementi vengonointegrati dal cervello in un tutto unico— la rappresentazione interna — sicchél'oggetto viene visto come una unità,in altre parole come un oggetto piutto-sto che come una sequenza di puntisenza rapporto fra loro. Ancora unavolta la registrazione dei movimenti o-

culari ci fornisce molte indicazioni utili.Proprio come lo studio della localizza-zione dei punti di fissazione ci ha rive-lato la probabile natura dei tratti signi-ficativi, cosí l'analisi dell'ordine con cuii singoli punti vengono fissati fornisceuno schema per la integrazione di talitratti nella rappresentazione internaglobale.

L'illustrazione in basso in questa pa-gina mostra i punti di fissazione di unsoggetto durante l'osservazione della fo-tografia di un busto della regina egizia-na Nefertiti. Essa appartiene alla seriedi registrazioni effettuate da Alfred L.Yarbus dell'Istituto per i problemi del-la trasmissione delle informazioni del-l'Accademia delle scienze sovietica. Laillustrazione mostra chiaramente unaspetto importante dei movimenti ocu-lari durante la percezione visiva, e cioèche l'ordine con cui i singoli punti ven-gono fissati non è per nulla casuale. Itratti rappresentanti i rapidi movimentioculari formano delle linee che vannoda un punto all'altro e non in qua e inlà per la figura come ci si potrebbeaspettare se gli occhi si posassero ripe-tutamente sui diversi punti a caso.chiaro che dopo essersi fissato su unqualsiasi punto, come per esempio l'oc-chio di Nefertiti, lo sguardo si fissa ingenere sull'analogo punto successivo,per esempio la bocca. La registrazionenell'insieme sembra indicare una seriedi cicli; in ogni ciclo l'occhio si posasui tratti caratteristici più importantidella figura seguendo un percorso abba-stanza regolare dall'uno all'altro.

A Berkeley abbiamo recentementeelaborato un'ipotesi sulla percezione vi-siva che prevede e spiega questa appa-rente regolarità dei movimenti oculari.In sostanza noi supponiamo che nellarappresentazione interna, o mnemonica,della figura i suoi tratti caratteristicivengano uniti l'uno all'altro in sequenzadalla memoria del movimento ocularerichiesto per spostare lo sguardo dal-l'uno all'altro. Cosí nella scansione del-la figura gli occhi tenderebbero a muo-versi da un punto all'altro seguendo unordine fisso.

La maggior parte dei dati ottenuti daYarbus costituisce la somma di nume-rose fissazioni e non offre una informa-zione completa sull'ordine con cui essesono state effettuate. Perciò la regolari-tà dei movimenti oculari postulata dallanostra ipotesi non poteva essere confer-mata con sicurezza in base ai suoi ri-sultati. Per eliminare questa difficoltà esottoporre la nostra ipotesi a una pro-va più specifica, abbiamo compiuto re-centemente una nuova serie di registra-zioni dei movimenti oculari durante lapercezione visiva.

I nostri soggetti guardavano dei dise-gni lineari di oggetti semplici e di sim-boli astratti mentre noi misuravamo iloro movimenti oculari (usando dellecellule fotoelettriche per evidenziare imovimenti del « bianco » dell'occhio)registrandoli su nastro magnetico (si ve-da l'illustrazione in alto a pagina 26).Ottenevamo cosi una registrazione per-

manente dell'ordine con cui i vari puntivenivano fissati dai soggetti, e potevamopoi riproiettarla a velocità ridotta ana-lizzandola dettagliatamente per metterein evidenza la presenza di un andamen-to ciclico o altre regolarità di movimen-to. Come negli esperimenti precedenti, idisegni erano abbastanza grandi e vi-cini agli occhi del soggetto, cioè di nor-

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SCHERMO DIPROIEZIONE

LAMPADAE FILTRO

PROIETTORE

OSCILLOSCOPIO

REGISTRATORE

COMANDO EAMPLIFICATOREDELLE CELLULE

FOTOELETTRICHE

0000

0000

Illustrazione schematica della procedura sperimentale impiegata dagli autori. Il sog.getto guarda le figure proiettate su uno schermo in sequenza casuale da un proiettoresituato dietro allo schermo. Una luce diffusa infrarossa è posta davanti ai suoi occhi,e i movimenti oculari sono registrati mediante fotocellule, fissate sulla montatura diun paio di occhiali, che rilevano i raggi infrarossi riflessi dal bulbo oculare. I movi-menti oculari sono visualizzati su di un oscilloscopio e quindi registrati su nastro.

a

.1E0'; '

....

...• ...

b

912

11

O• r

13

c d

Il tracciato regolare dei movimenti oculari di un soggetto cheguarda una data figura è stato definito come < tracciato di scan.sione » per la figura stessa. In questa figura sono riprodotti duedei cinque tracciati di scansione di un soggetto che guardava ildisegno lineare di un albero (a, b). La linea tratteggiata fra

i punti di fissazione 8 e 9 in a mostra che la registrazione diquesto rapido rr ovimento oculare è stata interrotta da un bat-tito delle palpebre. In c si nota come tra un tracciato di scan.sione e l'altro si manifestino movimenti oculari meno regolari.Il tracciato di scansione del soggetto è mostrato idealizzato in d.

ma un disegno sottendeva un angolo dicirca 200. Inoltre le figure erano dise-gnate con linee molto sottili e venivanoproiettate a potenza ridotta in modotale da avere sullo schermo una imma-gine sbiadita, senza attenuare per nullala luce normale del laboratorio. In que-sto modo ottenevamo una immagine discarsa visibilità e potevamo essere sicuriche il soggetto guardasse direttamente

fovealmente ») ogni punto che lo in-teressava, rivelando cosí al nostro ap-parecchio di registrazione il luogo incui si fissava la sua attenzione.

nostri risultati iniziali confermaronolargamente la precedente impressio-

ne di un andamento ciclico dei movi-menti oculari. Abbiamo notato chequando un soggetto guardava una figu-ra in queste condizioni, i suoi occhi, ingenere, la esaminavano seguendo — inmodo intermittente ma ripetuto — untracciato fisso che abbiamo definito ilsuo « tracciato di scansione » per quel-la particolare figura (si veda l'illustra-zione nella pagina a fronte). Tra untracciato di scansione e l'altro erano in-tercalati dei periodi in cui le fissazionisi susseguivano con minore regolarità.

Ogni tracciato di scansione era carat-

teristico di un dato soggetto per una da-ta figura. Un soggetto aveva un diversotracciato di scansione per ogni figurache osservava, e per una data figuraogni soggetto aveva un diverso traccia-to di scansione. Un tracciato di scansio-ne tipico per le nostre figure compren-deva circa dieci fissazioni e durava datre a cinque secondi. I tracciati di scan-sione occupavano in genere dal 25 al35 910 del tempo di visione del soggetto,mentre il resto era occupato da movi-menti oculari meno regolari.

Dobbiamo aggiungere che non sem-pre era possibile mettere in evidenza untracciato di scansione. Alcune figure(quella di un telefono, per esempio)sembravano spesso non provocare unarisposta ripetitiva, sebbene non fossepossibile individuare delle definite ca-ratteristiche comuni a queste figure. Lareazione più frequente, tuttavia, consi-steva nella elaborazione di un tracciatodi scansione. A questo punto diventòinteressante per noi rifarci alle prece-denti registrazioni effettuate da Zusnee Michels, e anche in esse potemmo os-servare dei tracciati di scansione cheprima erano passati inosservati.

Tale dimostrazione dell'esistenza ditracciati di scansione rafforzava e chia-

riva le nostre idee sulla percezione visi-va. D'accordo con l'ipotesi sequenziale,noi sosteniamo che la rappresentazioneinterna di un oggetto nella memoria èun mosaico di pezzi. A questo aggiun-giamo una ipotesi fondamentale: i «pez-zi» sono messi insieme seguendo un ca-ratteristico schema in cui i tratti più si-gnificativi dell'oggetto sono disposti adanello (si veda l'illustrazione a pagina28). L'anello è costituito da una se-quenza di tracce mnemoniche sensorialie motorie che registrano alternativa-mente un tratto caratteristico dell'ogget-to e il movimento oculare richiesto perraggiungere il tratto successivo. L'anellostabilisce un ordine fisso dei tratti ca-ratteristici e dei movimenti oculari,corrispondente a un tracciato di scan-sione dell'oggetto.

La nostra ipotesi stabilisce che quan-do un individuo guarda un oggetto perla prima volta e acquista familiarità conesso, lo esamina pezzo per pezzo con isuoi occhi ed elabora un tracciato discansione per l'oggetto stesso. Nel frat-tempo egli deposita nella memoria letracce dello schema anulare che regi-stra tanto l'attività sensoriale quantoquella motoria. Quando, in un secondotempo, incontra di nuovo il medesimooggetto, lo riconosce confrontandolocon lo schema anulare che costituiscela rappresentazione interna dell'ogget-to stesso nella sua memoria. L'operazio-ne di confronto consiste in una pro-gressiva verifica dei vari tratti caratte-ristici dell'oggetto e nell'esecuzione deirelativi movimenti oculari, secondo l'or-dine dettato dallo schema anulare.

L'ipotesi non soltanto fornisce unaspiegazione plausibile sul modo in cuisi forma la rappresentazione interna de-gli oggetti — spiegazione compatibile conl'esistenza dei tracciati di scansione —ma ha anche altre caratteristiche posi-tive. Per esempio, essa ci pone in con-dizione di stabilire un'interessante ana-logia tra percezione e comportamento,poiché in entrambi l'attività sensorialesi alterna con quella motoria. Nel casodel comportamento, come quando peresempio si è appresa una sequenza digesti e la si effettua, la percezione sen-soriale di una situazione si alterna conl'attività motoria destinata a realizzarela nuova situazione prevista. Nel casodella percezione (o, più specificamente,del riconoscimento) di un oggetto, laverifica dei suoi elementi caratteristicisi alterna con il movimento degli occhiverso il prossimo elemento previsto.

L'ipotesi dello schema anulare per-mette anche la previsione e il controllodei movimenti oculari durante l'opera-zione di riconoscimento: il succedersi dimovimenti oculari e di verifiche dei sin-

goli elementi, essendo dettato dalloschema anulare, dovrebbe ricalcare lostesso tracciato di scansione che era sta-to elaborato per quell'oggetto durantela sua osservazione iniziale. La confer-ma di questa previsione avrebbe ri-badito ulteriormente la validità dellaipotesi. E poiché era possibile ottenereuna conferma sperimentale, decidemmodi fare un esperimento a questo scopo.

L'esperimento comprendeva due fasi,che chiamammo di apprendimento

e di riconoscimento. (Con i soggetti, na-turalmente non usavamo mai questi ter-mini rivelatori, e dicevamo loro soltan-to, come prima, di guardare le figure).Nella fase di apprendimento il soggettoosservava per 20 secondi cinque figureche non aveva mai viste prima. Le figu-

re e le condizioni di osservazione era-no simili a quelle del primo esperimen-to. Per la fase di riconoscimento, cheseguiva immediatamente la precedente,le cinque fi gure erano mescolate Con al-tre cinque completamente sconosciute.Questo al fine di rendere meno facile ilcompito del riconoscimento. La seriedelle dieci figure veniva quindi presen-tata al soggetto per tre volte in ordinecasuale; egli aveva cinque secondi ditempo per guardare ciascuna di esse. Imovimenti oculari venivano registratisia durante la fase di apprendimento siadurante quella di riconoscimento.

Quando analizzammo i tracciati, rile-vammo con piacere che le nostre pre-visioni erano largamente confermate.Durante la fase di apprendimento, neimovimenti oculari del soggetto, compa-

riva un tracciato di scansione e, durantela fase di riconoscimento, i suoi primis-simi movimenti oculari nel guardareuna figura (presumibilmente durantel'operazione di riconoscimento) ricalca-vano in genere lo stesso tracciato cheegli aveva elaborato per quella figuranella fase di apprendimento (si veda lafigura a pagina 29). Secondo la nostraipotesi, mentre durante la fase di ap-prendimento si ripetevano i tracciati discansione e andava formandosi unoschema anulare, nella fase di riconosci-mento il soggetto confrontava questocon la figura seguendo il tracciato discansione dettato dallo schema anularestesso.

Un altro risultato di questo esperi-mento fu di mostrare che i diversi sog-getti presentano diversi tracciati di scan-

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Schema anulare proposto dagli autori come modulo per la rappresentazione interna diun oggetto. L'oggetto (a) è identificato mediante i suoi tratti più significativi (b) ed èrappresentato nella memoria da questi stessi tratti e dal ricordo del tracciato di scan•sione (c) per mezzo del quale erano stati osservati. L'anello consta quindi di traccemnemoniche sensoriali (colore) che registrano i tratti significativi, e di tracce mnemo•niche motorie (nero) che rappresentano i movimenti oculari tra un tratto e l'altro.

sione per una stessa figura e, viceversa,un dato soggetto elabora diversi trac-ciati di scansione per diverse figure (siveda l'illustrazione a pagina 30). Questirisultati contribuiscono a scoraggiare al-tre spiegazioni che potrebbero essere of-ferte per l'elaborazione del tracciato discansione. Il fatto che un soggetto ab-bia tracciati di scansione completamen-te diversi per diverse figure suggerisceche i tracciati in questione non sonol'espressione di un modo abitudinario dimuovere gli occhi quando si osservaogni figura, come per esempio il leggereil cinese verticalmente, ma piuttosto cheessi hanno una origine più specifica, co-me uno schema anulare frutto di ap-prendimento. Analogamente, il fattoche soggetti diversi presentino un di-verso tracciato di scansione per la stes-sa figura ci induce a escludere che i

tracciati stessi siano il prodotto di rive-latori periferici degli elementi salientidi una figura che controllerebbero imovimenti oculari indipendentementedal processo di riconoscimento, inquanto tali rivelatori opererebbero inmodo analogo in tutti i soggetti.

Sebbene i risultati del secondo esperi-

mento contribuissero considerevol-mente a convalidare le nostre idee sullapercezione visiva, alcuni fatti rimango-no oscuri. Per esempio, in certi casi nel-

la fase di apprendimento non viene ela-borato nessun tracciato di scansione. Inaltri il tracciato stesso, evidenziabilenella prima fase, non si presentava nel-la seconda. In media il tracciato appro-priato è comparso nel 65 % circa delleosservazioni effettuate nella fase di ri-conoscimento. Si tratta di una cifrapiuttosto rilevante se si tiene conto deimolti tracciati possibili per ogni figura,ma lascia senza spiegazione l'altro35 % dei casi.

Probabilmente l'idea fondamentaledello schema anulare ha bisogno di unacerta elaborazione. Se ammettiamo lapossibilità che tracce mnemoniche re-gistrino altri movimenti oculari interca-lati tra i successivi tratti caratteristicidella figura, ma non adiacenti nell'anel-lo, e se l'anello originale rappresentas-se lo schema di elaborazione preferitoe abituale ma non l'unico possibile, lasostituzione occasionale del tracciato discansione con uno schema abnorme po-trebbe trovare una spiegazione (si ve-da l'illustrazione in alto a pagina 31).

Va anche tenuto presente che la re-gistrazione dei movimenti oculari neinostri esperimenti veniva effettuatamentre i soggetti guardavano figurepiuttosto grandi e vicine, il che li co-stringeva a spostare lo sguardo in quae in là per la figura per individuarnecon chiarezza gli elementi salienti. Inuna visione più normale, con una figu-ra o un oggetto abbastanza piccolo daessere tutto visibile con un unico sguar-do, non è necessario nessun movimentooculare per il processo di riconoscimen-to. Noi sosteniamo che in questo casoi successivi stadi della percezione sonoparalleli sino al momento in cui un'im-magine dell'oggetto si è formata neicentri ottici della corteccia, e che inseguito (come risulta evidente dagliesperimenti effettuati sul tempo di ri-conoscimento) il confronto fra l'imma-gine e la sua rappresentazione internaviene effettuato in serie, pezzo per pez-zo. Ma in questo caso, dobbiamo postu-lare anziché dei movimenti oculari daun punto a un altro, una sequenza dispostamenti interni di attenzione concui si realizza la verifica delle singoleparti una dopo l'altra seguendo il trac-ciato di scansione dettato dallo schemaanulare. Cosí a ogni traccia mnemonicamotoria nell'anello corrisponde unospostamento di attenzione che può es-

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L'ipotesi dello schema anulare prevede la ricorrenza del tracciato di scansione duranteil processo di riconoscimento di un oggetto. Un soggetto guarda una figura tratta daun disegno di Klee (a). Mentre si sta familiarizzando con la figura compare un trae.ciato di scansione (b, c). Questo si presenta anche (d, e) durante la fase di riconosci-mento ogniqualvolta il soggetto identifica la figura guardando una sequenza di sceneconosciute e sconosciute rappresentate in disegni analoghi. Questo particolare traccia.io sperimentale di scansione del soggetto è presentato in forma idealizzata in I.

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Uno schema anulare modificato considera anche movimenti oculari meno regolari chenon seguono il tracciato di scansione. Diversi movimenti, che comparivano nel 35 %delle osservazioni in fase di riconoscimento, sono situati nella parte centrale di que.sto anello. L'anello esterno, che consta di tracce mnemoniche sensoriali (colore) e mo-torie (nero), rappresenta il tracciato di scansione e l'ordine preferenziale di elaborazione.

Spostamenti interni di attenzione sostituiscono apparentemente i movimenti oculari nelcaso di oggetti abbastanza piccoli da poter essere esaminati con un'unica fissazione. Laattenzione del soggetto, secondo le indicazioni da lui fornite, si sposta in qua e in làspaziando per la figura (a sinistra), mentre i punti di fissazione registrati (a destra)si mantengono abbastanza stazionari. L'illustrazione è stata ricavata da un lavoro diLloyd Kaufman e Whitman Richards dell'Istituto di Tecnologia del Massachusetts.

• •

La figura mostra la varietà dei tracciati di scansione per tre sog• ti elaborati da un soggetto per le tre figure. In verticalegetti e tre figure. Ogni striscia orizzontale rappresenta i traccia .invece si vedono i tracciati dei tre soggetti per ogni figura.

sere effettuato o esternamente, sotto for-ma di un movimento oculare, o interna-mente, a seconda dell'ampiezza dellospostamento necessario.

Sotto questo aspetto molte delle regi-strazioni effettuate da Lloyd Kaufmane Whitman Richards all'Istituto di Tec-nologia del Massachusetts presentanoun notevole interesse. I loro soggettiosservavano figure semplici, come il di-segno di un cubo, che potevano essereassimilate con un unico sguardo. In die-ci momenti scelti a caso si chiedeva al

soggetto di specificare quale punto cre-deva di guardare. La sua risposta dove-va presumibilmente indicare la partedella figura che egli stava cercando divisualizzare. Il suo effettivo punto di fis-sazione veniva poi registrato in altri die-ci momenti scelti a caso (si veda l'illu-strazione inferiore nella pagina a fron-te). I risultati indicano che l'attenzio-ne del soggetto si spostava sulla figura,ma le sue fissazioni rimanevano abba-stanza vicine al centro. Questo repertoconferma la teoria che anche gli ogget-

ti di piccole dimensioni vengono esa-minati pezzo per pezzo, mediante spo-stamenti interni di attenzione, pur nonessendovi implicati quasi o per nulla imovimenti oculari.

t importante notare, tuttavia, che néquesti risultati né i nostri provano cheil riconoscimeno degli oggetti e dellefigure è necessariamente un procedi-mento sequenziale in condizioni nor-mali, quando l'oggetto non è cosí gran-de e cosí vicino da imporre tale gradua-lità mediante movimenti oculari. Gli

esperimenti sul tempo di riconoscimen-to convalidano questa ipotesi, ma laquestione non si può considerare risol-ta in modo conclusivo. La situazionesperimentale da noi creata imponeva alsoggetto di guardare e riconoscere dellefigure gradualmente mediante movi-menti oculari; in tal modo si rendevaevidente l'ordine con cui i tratti signifi-cativi della figura stessa venivano ela-borati, e abbiamo supposto che i risul-tati potessero essere applicati anche alprocesso di riconoscimento in condizio-ni più normali. I nostri risultati propon-gono una spiegazione più particolareg-giata del procedimento sequenziale — loschema anulare che dà luogo al traccia-to di scansione — ma questa spiegazionerimane condizionata all'ipotesi della na-tura seriale del processo.

Riassumendo, a nostro avviso i risul-tati sperimentali finora conseguiti

inducono a trarre tre conclusioni fon-damentali sul riconoscimento visivo dioggetti e figure: 1) la rappresentazioneinterna o memoria di un oggetto è co-stituita da un mosaico di pezzi collegaticon una operazione di montaggio delleparti più significative o, a rigore, delletracce mnemoniche di tali parti: duran-te il processo di riconoscimento la rap-presentazione interna dell'oggetto è con-frontata sistematicamente con l'oggettostesso, pezzo per pezzo; 2) i tratti si-gnificativi di un oggetto (come gli an-goli o le curve nei disegni lineari) sonole parti di esso che hanno il più eleva-to contenuto informativo; 3) le traccemnemoniche che registrano i tratti si-gnificativi vengono « montate » sino adar luogo alla rappresentazione internaglobale mediante la connessione conaltre tracce mnemoniche che registranogli spostamenti di attenzione necessariper passare da un pezzo a un altro, siache questo passaggio avvenga mediantemovimenti oculari, sia che si richiedanosolo spostamenti interni dell'attenzione;gli spostamenti di attenzione colleganoi tratti significativi in un ordine prefe-renziale, con formazione di uno sche-ma anulare e produzione di un tracciatodi scansione, tracciato che viene gene-ralmente ricalcato durante l'operazionedi riconoscimento, quando viene effet-tuato il confronto dei singoli pezzi.

Queste conclusioni esprimono chiara-mente una concezione sequenziale del-l'apprendimento visivo e del riconosci-mento. Nella tendenza a orientamenti diquesto genere, in vista di una migliorecomprensione della percezione visiva, èmanifesta l'influenza della produzionecorrente sul riconoscimento compute-rizzato di forme in cui l'approccio se-riale gode da molto tempo i favoridei ricercatori. In realtà, i calcolatori e

i concetti relativi all'elaborazione delleinformazioni, in genere sequenziali innatura, stanno avendo una influenzasempre più grande nelle ricerche sulcervello in generale.

Le nostre teorie sul processo di ri-conoscimento visivo offrono un contri-buto in questo settore. Le abbiamo ela-borate contemporaneamente a un siste-ma analogo per il riconoscimento com-

puterizzato di forme. Sebbene questonon sia stato utilizzato in pratica, unoschema in certo senso analogo è adope-rato nel sistema di riconoscimento visi-vo di un robot allo studio di un grup-po di ricercatori allo Stanford ResearchInstitute. Noi crediamo che questa frut-tuosa collaborazione fra biologia e tec-nica debba continuare a lungo a com-pleto vantaggio di entrambe.

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