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I presenti in sala, per il solo fatto di aitare in Valle ... · La porta di ingresso, sia al piano terreno sia al primo, è di legno cieca, a battente con apertura verso l'esterno,

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I presenti in sala, per il solo fatto di abitare in Valle, sanno cos’è una malga e come essaFunziona (qualcuno ricorda anche come funzionava in un passato non molto lontano).

Cerchiamo di essere obiettivi:-Non c’è nulla di idilliaco--c’è gran lavoro e tutto sommato scarso guadagno-C’è solitudine e isolamento-Si vive in ambienti di vita spesso impresentabili--Difficoltà di accesso e approvvigionamento

Ma c’è anche qualche lato buono--la natura-L’aria buona--il silenzio--i i panorami--…..

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Le parti alte delle montagne (oltre i 1000 m di quota) non sono idonee a supportare una attività agricola tradizionale. Solo il pascolo consente di trasformare in latte e carne il foraggio prodotto dal cotico erboso nel corso della stagione di pascolamento.

Confini costituiti da emergenze naturali che rendono il sistema permeabile allo sviluppo contestuale dei selvatici. (fonte diretta di proteine e indiretta di reddito derivante dal turismo).

Il sistema produttivo si è via via modificato. Da raggio di consumo ristretto (consumo in loco) si è passati alla produzione per consumo su vasti territori.

Pur nella tutela dei prodotti tipici di montagna, occorre rispettare precise norme igieniche e che a loro volta richiedono procedure affidabili e idonei impianti, strade ecc.

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Nell’immaginario popolare, un edificio di malga attrae se ha delle caratteristiche del luogo, dai materiali all’architettura. Spesso tali caratteristiche non sono compatibili con i moderni requisiti igienici che riguardano soprattutto impianti e finiture interne.

Ed ecco l’importanza di favorire un matrimonio d’interesse fra chi produce e chi si deve occupare della tutela del paesaggio, del benessere delle persone e degli animali ecc. occorre cioè un lavoro di squadra fatto da persone che parlano la stessa lingua e che fanno riferimento alle stesse norme

Nel corso di questa giornata non si potranno approfondire tutti gli aspetti; importante è, però che ciascuno dei presenti si faccia una idea di sue eventuali necessità di chiarimento con i colleghi. (esempio, diversa interpretazione di una stessa norma)

Iniziamo il percorso con alcune definizioni (ci aiutano a rimanere nei binari)

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Alcune definizioni (da Enciclopedia Agraria Italiana, 1968):

“alpe” ALPEGGIO. - Pratica consistente nell’esercizio del pascolo del bestiame in montagna (Alpe) da quote di circa m 1000 sino a 2300-2500, che si effettua dalla primavera avanzata al termine della stagione estiva; eccezionalmente puo’ presentare durata maggiore, se si considera anche l’utilizzazione dei pascoli e prati-pascoli pedemontani.

“malga”: alto pascolo, dotato di fabbricati per ricovero e per la trasformazione del latte, dove, nella stagione estiva, viene condotto il bestiame all’alpeggio..Le malghe possono essere private, ma più spesso appartengono ai comuni nei quali sono ubicate (a volte anche a comune diverso, come nel Trentino e nel Cadore). Vi sono inoltre malghe che appartengono ad un gruppo di abitanti (società di antichi originari, vicinie, comunanze, ecc.) come ad es. nella Valtellina

MALGHESE - lmprenditore di malga , detto anche caricatore d’alpe, cioè colui che assume l’esercizio del pascolo, corrispondendo al proprietario (per lo più il Comune) un canone d’affitto. Il malghese conferisce all’impresa bestiame proprio ed altro a lui affidato da privati allevatori.

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ERBATICO

Per ogni alpe veniva fissato il quantitativo di bestiame grosso (bovine) e minuto (capre o

pecore), cioè il "carico normale"; in modo tale che su ognuna di essa vi potesse

convenientemente pascolare, nel periodo estivo, un congruo numero di capi

Fu fissato cioè 1"erbatico" o "erba" nel quantitativo sufficiente per man-tenere una

bovina, equivalente a quello di quattro pecore o capre. Possedere un erbatico

significava possedere il diritto di mandare una bovina all'alpe, ma anche avere una

quota corrispondente della proprietà indivisa del terreno ed eventualmente delle baite e

delle casere su di esso costruite. Conseguentemente ne derivava anche il diritto di

percepire il frutto, in formaggio, burro e ricotta, ossia l"alpiario'; in base al quale poteva

essere valutato l'affitto percepibile.

Il valore di un'alpe era calcolato in base all'alpiario che poteva produrre e questo era

proporzionale al "carico" normale del bestiame che poteva alimentare, ossia al numero

di erbatici di cui disponeva.

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La scelta produttiva o conservativo/paesaggistica

Si tratta di: -adeguare gli edifici alle norme igienico-sanitarie -recuperarne l’aspetto , accettando i vincoli imposti dai materiali

Qualunque sia la decisione essa darà luogo a discussioni più o meno interessate

ORIGINE DELLE "ALPE“ (da Barlocco, 2008)La parola alpe anticamente indicava solo la catena montuosa che domina l'Europa e che ostacola i passaggi tra il nord e il sud del continente. Procopio, nel VI secolo, scrisse: "si chiamano "alpi" i passaggi in strettoie, che gli uomini hanno abitato"(Zanzi-Rizzi-Valsesia— 2006). Nelle antiche carte geografiche erano i passi principali ad essere indicati come Alpi: "Alpis Cottia" (Monginevro), "Alpis Graia" (San Bernardo) e così via. 'Alpe" inteso come "luogo di montagna utilizzato per il soggiorno estivo del bestiame" si è affermato nei documenti solo alla fine dell'alto medioevo. W.A. Coolidge fu il primo a chiedersi quando la voce alpe entrò nell'uso del diritto medioevale, nel significato di pascolo estivo delle mandrie

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L’invenzione dell'alpeggio spetta principalmente ai monasteri e fu determinante nell'apertura della regione alpina al mondo circostante (organizzazione dei primi mercati, attrezzatura di strade attraverso i valichi, fondazione di ospizi ecc). In quasi tutti i documenti di quei secoli che riguardano le alpe, esse sono connesse a possedimenti di monasteri.

Alla testata della valle Anzasca, prima del 999 i pascoli di Macugnaga erano sfruttati dell'Arcivescovo di Milano, che ne traeva i frutti in qualità di commendatario dell'Abbazia di Brebbia.

In quell'anno l’alpe venne ceduta in permuta al monastero di San Graciniano di Arona. Il documento che attesta questo passaggio è la più antica testimonianza scritta circa l’esistenza di alpeggi d'alta quota.

Nell'Ottocento, la principale attività, per lo sviluppo di un paese di alta montagna, era

l'alpicoltura .

Andare all'alpe era una necessità di tutti i proprietari e allevatori di bestiame, in quanto

serviva per salvaguardare il fieno nel fondovalle per la stagione invernale.

Alle varie alpe si accede con sentieri e mulattiere abbastanza funzionali.

L'architettura dei fabbricati di malga era semplicissima: ricovero temporaneo a basso

costo di costruzione, in pietra locale, muro secco e copertura a capanna (due falde).

Altezze interne appena sufficienti al ricovero delle bovine per le stalle e di altezza uomo

dell'alloggio dell'alpigiano. Molte costruzioni sono addossate alla parete della montagna

anche per risparmiare il costo della scala di accesso al piano superiore, in alcune alpe

la parete più soggetta ad accumulo neve è rafforzata da un maggior spessore del muro.

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La porta di ingresso, sia al piano terreno sia al primo, è di legno cieca, a battente con apertura verso l'esterno, chiusa con un

catenaccio, di dimensioni ridotte (altezza massima 160 centimetri), con una trabeazione in legno. Specialmente nelle alpe più in

quota, la porta di ingresso è l'unica fonte areoilluminante del locale, la ventilazione è favorita con l'inserimento, nella parete opposta a

quella principale, di piccole aperture, senza serramento, triangolari (fig. 4b) o quadrate (fig. 38a).

Soprattutto a quote inferiori, la porta di ingresso, al primo piano, è affiancata da una finestra, corpo unico ed unica trabeazione con la

porta, o separata ed indipendente da questa. Più raramente la porta di ingresso è affiancata da due finestre.

Il solaio di copertura del piano terra, solitamente la stalla, è composto da un assito grezzo, poggiante su trave centrale di legno con

diversi tipi di ancoraggio ai muri portanti (particolare B). In un angolo è posizionato il focolare, con fondo di pietra (particolare C).

La stalla ha pavimento in lastre di pietra, leggermente inclinato verso il centro, dove, leggermente ribassato, corre una canalina per lo

scolo delle deiezioni. Lungo le pareti perpendicolari a quella principale sono predisposte le mangiatoie.

TECNICHE COSTRUTTIVE

Le epoche e modalità delle costruzioni di un alpe erano:

•SCELTA DEL SiTO: zona pianeggiante non soggetta a valanga o slavina, possibilmente

vicino a ruscelli di acqua, usata per raffreddare la casera.

•SCAVO fondazioni ad una profondità idonea (terreno più consistente), la larghezza

variava dagli 80 ai 90 centimetri;

•RIEMPIMENTO scavo fondazioni con scaglie (pezzatura cm 3 - 4) di pietra.

•La fondazione a secco doveva assestarsi almeno per un anno.

• Lavorazione e trasporto a spalla con la kaula: il lavoro veniva eseguito a catena di

uomini lungo tutto il tratto intercorrente fra la cava ed il posto della costruzione dell'alpe;

MURI DI ELEVAZIONE sempre a secco. Muri perimetrali spessore minimo 50 cm di spessore. Nel caso di eventuale pericolo di valanghe, il muro è a doppia faccia (muro a sacco) con interposte sfasciume di roccia e anche di grosse zolle di erba per rendere i muri a prova di vento;

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•SCALA esterna, a secco, per accedere al piano alloggio e lavorazione latte, composta

da gradoni in massello di pietra lunghi almeno un metro, e pianerottolo di arrivo formato

da una beola ancorata nella muratura;

•SOPPALCO in tavole di legno dello spessore minimo di 6 cm, morsettato o appoggiato

alle pareti in modalità diversa. Trasporto dal fondo valle, sempre a spalla e a catena

umana del tavolame per il soppalco sopra la stalla. Formazione della muratura fino alla

quota per la posa della banchina in legno per l'appoggio dei travetti del tetto;

•COPERTURA dalla buona costruzione del tetto dipendeva la durata della costruzione;

trasporto dal fondo valle, sempre a spalla d'uomo e a catena umana, di tutto il legname

e delle piode dalla cava in quota fino alla costruzione;

- montaggio dell'orditura del tetto: i canter venivano fissati al colmo e alla banchina con

pioli in legno, con esclusione di chiodi in ferro.

trasversalmente alle canter venivano fissati, con pioli in legno, i templari, sopra i quali

venivano poste le piode che venivano posate partendo dai muri perimetrali;

con l'uso della sega in ferro per tagliare il legno, i templari vennero sostituiti dalle cotiche

provenienti dalla squadratura dei tronchi d'albero;

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Le piode sono lastre in pietra, squadrate grossolanamente, usate, ancora oggi, per

realizzare il manto di copertura di stalle, fienili e baite.

Il piano delle lastre, spesso non perfettamente piane, poiché non è levigato, è dotato

sulla faccia esterna di due scanalature, lungo il senso di scorrimento di circa 2x2

centimetri, per migliorare il deflusso delle acque meteoriche.

Una copertura di piode ha un notevole peso, circa 400 chilogrammi per metro quadrato,

cinque volte un manto di copertura in cotto, quaranta volte un manto in lamiera; una

singola pioda, di spessore tra i 4 e i 6 centimetri, pesa circa 20-25 chilogrammi, quindi,

occorrono circa 16-20 piode per metro quadrato di copertura.

Lo spessore, il peso e la ruvidezza dei piani sono necessari:

-per resistere al peso della neve, che a quote alte può raggiungere i 200-300

chilogrammi

-per metro quadrato, per impedirne lo scorrimento tra loro, dovuto alla spinta della neve,

-per contrastare lo scivolamento, della neve stessa, dai tetti.

•FINITURE: porte in legno: larghezza 90 cm (stalla e alloggio), 130 cm per i fienili.

Pavimento della stalla in beole, con pendenza verso canaletto centrale per Io

smaltimento dei liquami, convogliati nella fossa realizzata davanti alla porta d'ingresso

della stalla stessa;

•mangiatoie addossate alle pareti di destra e sinistra, formate di beola in opera a forma

di canaletto alte 0,5 m e larghe 0,4 m. Veniva messo il fieno nelle giornate di pioggia in

cui il bestiame non usciva al pascolo; sul bordo esterno vi è un tronco d’albero con fori

del diametro di 3 cm, a intervalli di 80 cm, dove si infila la catena che lega la vacca.

•Nel locale latte non esisteva il camino, in un angolo vi era una beola di circa un 1x1 m

dove si accendeva il fuoco per la lavorazione del latte;

Non esisteva canna fumaria o torrino sul tetto.

La caldaia contenente il latte era appesa al "torre“

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EDIFICI ACCESSORI: ricovero per maiale e vitelli, di dimensioni ridotte rispetto alla

stalla delle bovine e senza finestre ma con eventuale piccolo recinto per animali da

cortile (che rimanevano sempre al chiuso per evitare il pericolo dei rapaci ecc.).

FASI DI COSTRUZIONE

Ingente l'energia spesa per il trasporto sia del materiale lapideo, che per il legname

del tetto. I lavori di costruzione avvenivano da maggio a ottobre.

Prima di iniziare la costruzione, il materiale (pietre per la muratura, il legname del

soppalco e del tetto, piode per il tetto), doveva essere accatastato sul posto.

FUNZIONAMENTO DELLA MALGA

L'alpe normalmente veniva governata da una donna più un garzone..

La mungitura delle vacche avveniva due volte al giorno;

il latte del giorno precedente, dopo la scrematura per il burro, veniva usato per fare il

formaggio in forme tonde dal peso medio di 5 - 6 kg. Dopo due o tre giorni, il formaggio

veniva portato a valle, perché la temperatura subiva meno sbalzi.

L'alpe veniva caricata a fine maggio fino alla seconda decade di settembre. Le vacche

all'alpe durante il cattivo tempo venivano trattenute nella stalla e alimentate con il fieno

raccolto nell’elpe, mentre animali non da latte, pecore e capre venivano lasciati liberi.

Nelle alpe monticate da bestiame non da latte, l'alpigiano, una volta alla settimana si

recava all'alpe per controllare se vi fossero animali feriti o malati.

Nelle casere non c'era nulla di superfluo. Anche se l'arredo era ridotto all'essenziale,

c'era tutto il necessario per vivere autonomamente nell'arco della bella stagione.

Ma la vita sociale era molto ristretta.!

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LA CRISI

L'attività pastorale, che da secoli ha caratterizzato e garantito la conservazione delle

risorse naturali e del paesaggio si , sensibilmente ridotta sia nel numero dei capi

allevati, sia nelle superfici pascolate.

Questa caduta di iinteresse, che ha coinvolto tutti i paesi dell'arco alpino è attribuibile a

diverse cause:

-difficoltà di mantenere attività poco redditizie in ambienti più difficili di quelli di piano o

fondovalle;

-carenza di manodopera;

-ostacoli al reperimento di animali da portare in alpeggio con la conseguente

contrazione del carico.

Dette cause hanno contribuito a rendere più complessa la gestione delle alpe.

La forte intensificazione delle attività agricole di piano e di fondovalle ha accentuato la

marginalizzazione di molte aree montane. Alcune di queste, tuttavia, sono riuscite ad

attenuare, almeno in parte, tali dinamiche facendo ricorso ad altre attività economiche,

spesso legate al turismo.

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MODIFICHE GESTIONALI

La necessità di semplificare la gestione dell'alpeggio, nata sia dalla carenza di

manodopera specializzata sia dall'esigenza di migliorare le condizioni di vita di

quest'ultima, ha spinto alla ricerca di nuove soluzioni, tese ad aumentare produttività e

qualità del lavoro, nonché di nuove fonti di reddito apparentemente più facili e di

maggiore soddisfazione (ad esempio l'eco-agriturismo, l'escursionismo guidato, etc.).

Ricerche condotte, tuttavia, hanno evidenziato che se la semplificazione non è

accompagnata da una più attenta gestione e una maggiore conoscenza delle risorse,

alle nuove tecniche di gestione del pascolo possono far riscontro fenomeni di

accentuato degrado. E', ad esempio, il caso del pascolo turnato con carichi inadeguati

e mandrie mal gestite.

Pertanto, gli sforzi maggiori dovranno essere rivolti nella direzione della

-caratterizzazione delle risorse,

-formazione professionale,

-riqualificazione della vita delle comunità per sostenere l'alpicoltura,

-difendere l'ambiente e il paesaggio (Succi anno 2002).

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L'alpeggio è stata la soluzione ottimale per i problemi legati allo sfruttamento più

razionale e oculato dello spazio alpino nelle sue porzioni più estreme (purché in

equilibrio, ma allorché questi equilibri, per qualche motivo, sono compromessi,

anche il sistema dell'allevamento con l'alpeggio perde la sua funzione ed

efficacia).

Ciò avviene, di norma, quando l'intero sistema di vita delle popolazioni alpine

viene messo in discussione o entra in crisi, per motivi interni o esterni. Vale a dire,

quando mutano le condizioni generali del più ampio contesto geografico (culturale,

economico, tecnologico, sociale etc.) del quale esse fanno parte e nel quale

operano.

gli edifici sono segni esteriori della presenza dell’uomo che ha modificato la natura per metterla a suo servizio

Ciò è avvenuto nel corso di secoli con enorme dispendio di energia, essenzialmente umana ed animale, e, soprattutto, di risorse mentali.

Obiettivo: introdurre il concetto di edificio tradizionale e suo recupero anche in un’ottica paesaggistica, con l’uso di abachi, per mantenere viva la coltura di un’area.

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L’industrializzazione e le infrastrutture viarie assestano un duro colpo all’agricoltura di montagna e soprattutto all’alpicoltura

Nascono nuovi interessi dovuti:-al ritorno degli emigranti;-alla necessità di trovare spazi ricreativi per i “cittadini”;-a utilizzazioni non convenzionali delle pendici montane.

Tutto questo porta, nuovi stimoli per l’agricoltura di montagna

ma la montagna stessa, precedentemente domata dall’uomo, viene invasa, sfruttata e talvolta deturpata da persone che non hanno minimamente contribuito alla sua evoluzione.Ma questo si applica anche alle nuove generazioni……..

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Chi sfrutta e deturpa lascia il nulla culturale nelle mani dei locali e una massa rilevante di nuovi problemi (regimazione acque, inquinamento, degrado paesaggistico ecc. ma anche omologazione culturale).Gli stessi abitanti dei luoghi non si riconoscono più nei nuovi modelli di sviluppo.

Ecco pertanto la necessità di mantenere viva la cultura locale anche attraverso i suoi simboli più evidenti quali sono dimore e fabbricati rurali tradizionali.

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Caratteristiche funzionali dei fabbricati tradizionali di montagna:

- numero di operatori modesto, distribuito sul territorio in estate e accentrato in inverno- numero limitato di animali allevati- modeste quantità di prodotti da stoccare e conservare-lavorazione di piccole quantità di prodotti

Requisiti costruttivi:

- ricorso a materiali locali, nella misura massima possibile,- ricorso a tecnologie tradizionali- necessità di risparmiare energia- impiego di combustibili rinnovabili- accumulo di acqua potabile- trattamento acque reflue- superfici ridotte al massimo per limitare estensione fabbricato

Servizi- strade di accesso transitabili ognitempo- allacciamento alla rete elettrica e idrica- necessità di provvedere a sistemi di continuità

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Caratteristiche ambientali- condizioni ambientali fortemente dipendenti

dalla quota, dal versante e dalla esposizione dell’edificio

- inverni freddi o molto freddi e lunghi

- estati brevi e mai eccessivamente calde

-piovosità da media a molto elevata

Caratteristiche economiche di base:

- scarse produzioni specifiche

- prodotti particolari non riscontrabili in pianura

- necessità di spingere al massimo il processo ditrasformazione per aumentare la Plv

- maggiori possibilità di puntare su produzioni di tipo biologico

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Gli alpeggi utilizzati da greggi per la produzione di carne non necessitano di infrastrutture pesanti. Esse si riducono a sola abitazione del pastore/allevatore, fatta con materiali locali disponibili in prossimità del luogo in cui sorgeva. La costruzione non era pensata per durare.Queste abitazioni potevano essere anche di tipo trogloditico.

Nelle zone a tradizione lattiera in cui le attività di trasformazione (formaggi a base di latte bovino o ovino) vi è la necessità di realizzare locali idonei (caselli del latte ecc.). Queste costruzioni si ritrovano in molte regioni e sono più o meno importanti, permettendo di ospitare uomini, animali e scorte alimentari per gli uni e gli altri.

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abitazioni

L’alpeggio è un pascolo d’altitudine abbastanza vasto per accogliere greggi di 800-3.000 ovini o mandrie di 100-300 bovini. Il gregge o la mandria sono affidati a un pastore o a un mandriano che restano in permanenza nell’alpeggio in uno o più edifici. Detti edifici sono, prima di tutto, luogo di abitazione del pastore/allevatore.

Esse sono anche un vero strumento di gestione dell’alpeggio. Il loro numero e la loro localizzazione dipendono da criteri come la geomorfologia, la gestione della mandria e l’uso plurimo, caratteristico di ciascun alpeggio.

Numero di fabbricati necessario

Il numero di fabbricati necessario per un alpeggio è funzione del tempo impiegato da pastore o mandriano per raggiungere il pascolo più elevato. E’ auspicabile non superare ½ ora circa di marcia per raggiungere le aree a pascolo. Elementi naturali quali creste rocciose, torrenti o i cambiamenti di pendenza suddividono l’alpeggio in unità elementari.Ogni unità di pascolo rappresenta un elemento geomorfologico in seno al quale il comportamento del gregge o della mandria è omogeneo.

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Organizzazione del pascolo nel periodo estivoIn alpeggio il pascolo si organizza in periodi di circa 1 mese durante i quali la mandria utilizza le parti di alpeggio stabilite. Ogni parte comprende una serie di strutture che la rendono autonoma: una abitazione, un recinto di isolamento, un punto di abbeverata.

I pascoli della prima fase possiedono anche un recinto di selezione. L’assenza di queste “attrezzature” può causare il non corretto funzionamento di una unità di pascolo, obbligando la mandria a ripetuti spostamenti che sono fonte di degrado del pascolo e comportano una riduzione di produzione.Ciascun settore di pascolo corrisponde a un principio o a uno stadio di vegetazione in cui l’erba è a maturità nel momento in cui la mandria lo utilizza.

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Le nuove costruzioni

Devono seguire:

- le nuove tecnologie edilizie

- i nuovi criteri funzionali

-i nuovi standard abitativi e igienico-sanitari

Devono rispettare:

- l’ambiente in cui sono inserite (inserimento paesaggistico) (i colori, i materiali, le forme…ecc.)

- le normative per la conservazione dei prodotti

- le normative per la conservazione e trasformazione igienica del latte

- le normative di tutela ambientale

- le nuove norme sulla sicurezza

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Devono fornire:

- sicurezza in chi abita e lavora

- garanzia di continuità operativa

- funzionamento dei servizi anche in caso di isolamento

I materiali devono essere facili da mettere in opera ma possedere colori caratteristici del luogo.La scelta è anche funzione del costo.Il fabbricato è uno strumento di lavoro e come tale occorre ridurre al minimo i costi della sua gestione.

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Le costruzioni tradizionali e il loro recupero

- L’edificio ha la funzione di….

- Come riconoscerle- Come salvaguardarle- Cosa salvaguardare

Recupero delle strutture tradizionali

Ogni edificio è unico ma è possibile stabilire una procedura comune a tutti i progetti di recupero.- studiare attentamente l’edificio per definire:•a cosa serviva;•come era inserito nell’ambiente (pendenza, esposizione, accessi, materiali…);•tecniche di costruzione e materiali impiegati;•stato di muri, tetto, carpenteria, serramenti;•soluzioni adottate per resistere alle intemperie e ai rischi naturali;

- assicurarsi che possa essere restaurata;- effettuare un rilievo dell’edificio.

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La modifica della funzione e il necessario adattamento

- L’impiego di materiali alieni- I fabbricati e il paesaggio- Il colore- L’abaco- Lo studio del sito- Il risanamento- I difetti strutturali

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Fig. 1 Fillar a

1991

Fig. 1 Fillar b

2007

Non ci sono sostanziali differenze sullo

stato dei luoghi, le uniche strutture rimaste

sono i muri contro terra che non hanno

subito ulteriore degrado.

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Alpe N. 2 Alpe "JAZZI" quota m 1948 s.l.m.

Il rilievo è stato eseguito il 06.06.1991 con tempo bello e soleggiato. Il percorso per

raggiungere l'alpe Jazzi è lo stesso già descritto per l'alpe Filiar ed è a quota inferiore

dell'alpe Filiar. Il sentiero di accesso è percorribile senza grosse difficoltà. Dall'alpe, a

quota inferiore, è posizionato il ghiacciaio del Belvedere con vista sulla parete del Monte

Rosa. Da questa alpe si vede l'abitato delle frazioni di Pecetto e Staffa. Esistono solo i

muri a secco perimetrali mentre i tetti sono crollati per l'incuria ed il peso della neve. In

un fabbricato si può notare la presenza di un grosso masso caduto dalla parete della

cima Jazzi. Tutta la zona circostante ai ruderi è coperta da arbusti infestanti, non

esistono piante di alto fusto.

Si presume l'alpe composta da:

p.t. stalla,

p.t. stalla soprastante alloggio,

deposito latte,

p.t. stalla con soprastante locale adibito a fienile estivo,

stalla vitelli.

Le costruzioni hanno una superficie complessiva di mq 137,00

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Fig. 2 Jazzi a

1991

Fig. 2 Jazzi b

2007

Già nel 1991 lo stato di abbandono e degrado era

notevole. Si poteva notare la posizione

di alcune aperture; oggi rimane testimonianza di un’unica

spalla di apertura.

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Alpe N. 39 Alpe "PISSA" quota m. 1869 s.l.m.

Rilievo dei 30.9.1992 tempo bello. Partendo dall'alpe Scarpia, tramite il sentiero infestato

da arbusti e erbe. Alcune baite sono in buon stato di conservazione, con muri in

pietrame a secco e copertura in piode e lamiera zincata.

E' un alpe non monticata.

L'alpe è composta da:

stalla con soppalco

n. 4 stalle diroccate

p.t. n. 4 stalle e al 1° piano alloggio

deposito latte

n. 2 deposito latte e formaggio

stalla e casera diroccata

ricovero maiali diroccato

La superficie coperta mq 403,00

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Fig. 39 Pissa a

1992

Fig. 39 Pissa b

2007

Discreta conservazione dell’immobile. La copertura in

lamiera, perpendicolare al

fabbricato, del tutto arbritraria.

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Alpe N. 1 Alpe" FILLAR" quota m 2000 s.l.m.

Rilievo del 06.06.1991 con tempo bello. Partendo dalla Piazzetta di Pecetto e seguendo

il sentiero sulla sinistra del Torrente Anza si inizia la salita, molto ripida, con un sentiero

abbastanza percorribile che porta anche al rifugio Sella. Dopo circa un'ora di cammino si

arriva ad un trivio, girando a sinistra seguendo il sentiero che porta al bivacco Belloni, si

raggiunge l'alpe Fillar. La posizione è ottimale con vista sulla parete del Monte Rosa. Si

ritiene che parecchie baite siano state demolite da una valanga, che ha anche

trasportato dei grossi massi all'interno di alcune costruzioni, massi tutt'ora esistenti. Gli

ingressi delle baite sono esposti a mezzogiorno per evitare il vento del Monte Rosa. I

muri perimetrali sono esistenti, a secco, con uno spessore di cm. 50. Non presentano

spessori maggiorati in quanto la scelta del posto, per la costruzione, non era ritenuta

soggetta a valanga. Tutta la zona edificata è attualmente invasa da arbusti di ortiche e

lamponi, senza la pre-senza di alberi di alto fusto. Nelle vicinanze è presente una

piccola sorgente.

L'alpe, quasi completamente diroccata, è composta da:

deposito latte,

stalla vitelli di dimensioni inferiori in larghezza rispetto alla stalla delle bovine,

p.t. stalle per bovine con soprastante alloggio e lavorazione del latte,

una stalla per bovini unico edificio ancora agibile.

Gli edifici diroccati e agibili hanno una superficie complessiva di mq 258,00.

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GLI EDIFICI E IL PAESAGGIO

Il paesaggio è l’aspetto del luogo, è il colpo d’occhio, è una attenzione che ci porta in relazione alla propria visione quotidiana dello spazio. La montagna è a questo proposito uno spazio eccezionale (in quanto non quotidiano) per tutti gli osservatori.

SALVGUARDIA PERCHE’

Il recupero può avvenire solo con funzioni paesaggisteL’interno deve, jnvece, rispettare le norme igienico sanitarie

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EDIFICI TRADIZIONALI D’ALPE

Caratterizzati da modeste superfici (20 m2?) e da grande “scomodità”.Oggi possono essere studiati sistemi di arredamento moderni, anche per piccoli edifici, sull’esempio di quanto avviene per roulotte o caravan, in grado di garantire tutti i confort.

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Recupero delle strutture tradizionali

Ogni edificio è unico ma è possibile stabilire una procedura comune a tutti i progetti di recupero.- studiare attentamente l’edificio per definire:•a cosa serviva;•come era inserito nell’ambiente (pendenza, esposizione, accessi, materiali…);•tecniche di costruzione e materiali impiegati;•stato di muri, tetto, carpenteria, serramenti;•soluzioni adottate per resistere alle intemperie e ai rischi naturali;

- assicurarsi che possa essere restaurata;- effettuare un rilievo dell’edificio.

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- - Per il consumatore, ciò che è bello è buono. Un edificio ben tenuto, un luogo di produzione curato e un insieme integrato nel paesaggio danno un sentimento di confidenza e sicurezza ai visitatori e ai turisti che transitano per le strade di montagna.

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Varietà delle dimore alpineGrande è la varietà di forme e di aspetti della dimora dell’uomo nelle Alpi. Quasi infinita la varietà delle dimore rurali alpine sul versante italiano.La rassegna dei tipi è vastissima e le caratteristiche numerose.

Uniformità delle dimore alpineL’analisi accurata e sistematica degli edifici mostra che costruzioni in località distanti hanno numerose analogie.Esiste unitarietà nelle condizioni ambientali climatiche, nella necessità di risolvere ovunque problemi causati dall’altitudine, l’insolazione, le precipitazioni, le pendenze del terreno, ed anche nell’uniformità dei materiali impiegati nella costruzione: il legno e la pietra. L’architettura alpina non può essere spiegata con il solo determinismo geografico, è il prodotto di una cultura almeno altrettanto, se non di più, che della natura.Tra edifici di zone lontane centinaia di chilometri ci sono analogie nelle dimensioni, nelle proporzioni, nell’uso dei materiali, soprattutto nella capacità di ottenere un risultato architettonico sfruttando, senza mascherarle, necessità strutturali e tecnologiche. E analogie che riguardano il “linguaggio” architettonico, il suo modo di esprimere una concezione della vita, integrando le forme e i volumi con “segni” simbolici e decorativi.

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Architettura di pietra e di legnoIn montagna tutte le costruzioni sono di legno e pietra, con pianta a base quadrata o rettangolare e tetto a due falde: le eccezioni, nelle costruzioni non precarie, sono rare.A contatto con il terreno c’è almeno uno zoccolo di pietra, ma il resto dell’edificio può essere costruito in tutte le combinazioni possibili tra i due materiali.Tutto legno, compreso la struttura del tetto e la copertura.Tutta pietra, escluso la struttura del tetto ma compresa la copertura.Sola variante: la copertura di paglia.I materiali sono usati sfruttando rigorosamente le loro caratteristiche strutturali, che non vengono mai mascherate.La coerenza della forma, dell’aspetto esterno dell’edificio con il sistema strutturale e tecnologico, determina l’architettura dell’edificio.L’architettura di montagna non è formalistica, non si piega a raggiungere un risultato formale ignorando o mascherando rigorosi principi tecnologici.Materiali come il calcestruzzo sono impiegati al punto da rendere possibile, soprattutto nell’edilizia montana, ogni velleità formale, contribuendo a svuotare il concetto stesso di coerenza tecnologica e strutturale.L’architettura alpina per secoli ha invece sperimentato l’uso coerente di tecnologie limitate (il legno e la pietra) in condizioni estreme (temperature ed escursioni termiche, precipitazioni, vento, carichi di neve, pendenze dei terreni, frane e slavine, praticabilità dei cantieri) sfruttando le risorse ambientali senza depauperarle per le generazioni future.

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Architettura meditata e razionaleForme espressive che molti insistono a chiamare “spontanee” sono in realtà forme meditate e razionali. Le dimensioni degli edifici sono coordinate sulle lunghezze delle travi di legno (cioè dei tronchi degli alberi) reperibili in zona; le falde del tetto proporzionate una all’altra per equilibrare pesi che variano rapidamente quando nevica e quando la neve viene appesantita dalla pioggia. I muri dimensionati su carichi variabili e capaci di assorbirli in modo elastico (strutture di legno) o rigido (strutture di pietra) e di distribuire uniformemente i carichi sul terreno. Finestre e aperture limitate, che tengono conto delle esigenze di aerazione ed illuminazione, in modo da non creare ponti di dispersione termica.

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La mungitura con impianti mobili degli animali all’alpeggio resta un problema dalle molte possibili soluzioni che meriterebbe ulteriori approfondimenti

Alla tipologia di macchina mungitrice vanno associate scelte progettuali non secondarie quali:-la gestione turnata del pascolo,-la lavorazione del latte direttamente in malga o in caseificio specializzato-un sistema di strade ognitempo per collegare i quartieri di pascolo

Va ricordato che “pascolo è bello” ma….-La meteorologia non sempre è amica,--spostare le bovine “costa Caro “ (circa 1 litro di latte ogni km percorso)--la corretta gestione dei reflui costa caro

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Mungitura al pascolo

Nel 1906, Bartram (UK) importò la mungitrice LKG dall’Australia e successivamente (nel 1910), con il nome Vaccar, inventò gli impianti mobili a secchio da impiegare per le vacche al pascolo. In quel periodo, la Vaccar vendeva più mungitrici di tutti gli altri produttori al mondo.

Bartram, 1910

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Ricoveri

Nel passato, quando si dava eccessiva importanza ai ricoveri del bestiame, si progettavano stalle chiuse, nelle quali gli animali venivano singolarmente legati alla greppia. La preferenza va ora ai ricoveri aperti da un lato, più economici, dove il bestiame può riposare slegato, riparato dai venti.

Anziché impiegare ingenti capitali nella costruzione di stalle chiuse, conviene elevare al massimo il carico, prolungare il più possibile la durata dell‘alpeggio, aumentare la produzione del latte e della carne, migliorare ed incrementare le rese dei prodotti caseari.

Soltanto nelle malghe molto alte si progetta qualche piccola stalla. per gli animali malati.

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Fabbricati

L’economia alpestre è molto povera e non può sopportare elevate spese di costruzioni.

Potrebbe quindi convenire predisporre dormitori smontabili a un solo piano, che, oltre ad evitare le valanghe e le slavine, possono essere trasferiti dalle stazioni più basse a quelle più alte, di mano in mano che si procede nell’alpeggio.

L’industria offre inoltre piccoli edifici prefabbricati in materiali plastici rinforzati.

In via di massima, sulle malghe conviene limitare i fabbricati in muratura alla stazione più bassa dove i costi di trasporto sono minori e dove la permanenza del bestiame è più lunga, sia durante la monticazione che durante la demonticazione

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Approvvigionamento dell'acqua.

Tra i miglioramenti fondiari più importanti e necessari, figura l’approvvigionamento dell’acqua, per il bestiame, per il personale di custodia e il caseificio.

Dove lo sorgenti scarseggiano, si ricorre alle moderne piccole tubazioni di plastica trasportabili, superficiali, per condurre l’acqua più vicino alla zona di pascolo ed accorciare i lunghi percorsi che gli animali devono compiere per raggiungere gli abbeveratoi.

Dove le sorgenti mancano, si ricorre alle cisterne oppure ai piccoli bacini in terra battuta, le cosiddette pozze.

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LAVORAZIONE DEL LATTE

La forte incidenza del costo della mano d’opera sconsiglia di lavorare in malga il latte, che è generalmente molto poco, perché le vacche, durante l’alpeggio, sono ormai in avanzata gravidanza.

C’è invece la convenienza di riunire il latte a fondo valle per soddisfare le richieste della popolazione o per fabbricare formaggi molli di pronto consumo, molto graditi dai cittadini che salgono a villeggiare in montagna.

Per l’economico e rapido trasporto al paese sottostante, si ricorre al lattodotto in tubi di plastica. Si usano per lo più tubi di polietilene nero, di diametro utile tra gli 11 e i 18 mm, con pareti dello spessore di mm 2.

Dov’è possibile e richiesto, si utilizza questo latte per il consumo diretto dei villeggianti, garantendolo come latte di malga.

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Qualche considerazione economica

Il latte di montagna non può avere lo stesso prezzo del latte di pianura perché si deve partire da costi più elevati. È meglio partiire dal valore del prodotto trasformato e dall’ipotesi (realtà) che tutte le operazioni di trasformazione vengano eseguite dal malghese.

La vendita del prodotto può essere:

Condizione più conveniente-direttamente in alpe (problema stagionatura minima)-in mercati di produttori di prossimità

Condizione meno conveniente-attraverso i normali canali commerciali

Dipartimento Ingegneria Agraria 2009 124

Il problema del “mercato”Di mercati degli agricoltori ne esistono tanti ma…..Cosa serve:•Costituire una associazione•Organizzare con le amministrazioni locali il mercato•Garantire il consumatore sulla provenienza dei prodotti•Inventariare le quantità vendute•Definire le potenzialità di mercato dei diversi prodotti•Studiare e sviluppare nuovi prodotti derivati dalla lavorazione dei prodotti di base•Assistere tecnicamente gli agricoltori-allevatori-trasformatoriaderenti alla associazione

LA MONTAGNA per EXPO 2015

idea base → presentare i prodotti della montagna e la cultura che li lega al territorioNon si può presentare tutto e di tutto, occorrono elementi di rilevante interesse

3 valli → Camonica, Tellina Sesiaincisioni terrazzamenti latte e paesaggirupestri per vigneti cultura Walser

P. Adamello

Costruire percorsi per raggiungere le localitàpiedi moto auto bici trenoIpotesi di lavoro → giri da 1 – 2 – 3 giorni in periodi in occasione di eventi appositamente organizzati

Strumenti di baseNavigatore multilingue alla scoperta del territorio con “menù” flessibile, con indicazioni :TuristicoGeograficheCulturalienogastronomiche ecc.

Risorse•La base è costituita da materiale informativo esistente da informatizzare•Realizzare i navigatori•Creare la rete per le escursioni (essenzialmente strade tematiche)•Stabilire delle convenzioni con gli esercizi pubblici e gli enti localiCosa deve offrire il territorio:•prodotti particolari tal quali ed elaborati•una attività agricola diffusa (anche inizialmente in perdita per uso paesaggistico/turistico)•una serie di info point per accompagnamento locale•ospitalità di base (tipo ostello) per chi vuole frequentare la montagna•punti di sosta e parcheggi sorvegliatiIniziative collaterali sempre a scopo turistico ricreativo → recupero muretti→ recupero paesaggistico → recupero fabbricati tradizionali (essiccatoi, magazzini, fienili,

segherie, mulini, ma anche cave, forni da calce ecc.)Ruolo Facoltà di Agraria•raccolta materiali bibliografici e localizzazione emergenze•costruzione banca dati della montagna•percorsi tematici•prodotti specifici•cartellonistica interattiva attivabile grazie al navigatore•censire la reale disponibilità di prodotti e la loro presenza temporale•organizzare eventi di campo (raccolta prodotti, caseificazione, macinatura ecc.) con feste folcloristiche

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Tesi di specializzazione su qualità del formaggio e non conformità delle maghe 2013

Sono stati preso in esame i formaggi prodotti in caseifici d’alpeggio al

fine di valutarne la qualità igienico-sanitaria in considerazione dei

notevoli volumi di produzione (stimati in circa 1.000 quintali), non si

può prescindere dal garantire adeguati livelli di igiene della lavorazione

e di sicurezza alimentare per il consumatore finale.

Nei campioni di formaggio sono stati ricercati:

-microrganismi indicatori di igiene (Enterobacteriaceae e Stafilococchi

coagulasi positivi) per valutare il funzionamento del processo

produttivo,

-microrganismi (o loro tossine) potenzialmente patogeni e responsabili

di tossinfezione alimentare nell’uomo (nello specifico enterotossina

stafilococcica, Campylobacter spp., L. monocytogenes, Salmonella spp.

ed E. coli VTEC).

Indagine estesa a latte e acqua impiegata nei caseifici d’alpeggio.

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L’attività ispettiva di controllo igienico-sanitario, ha permesso di mettere in

evidenza le principali non conformità di tipo strutturale e/o gestionale.

I risultati delle analisi eseguite sul formaggio hanno evidenziato:

-superamento dei limiti di conformità fissati per i germi indicatori di igiene del

processo nel 74,1% dei campioni per le Enterobacteriaceae e nel 63% dei

campioni per gli Stafilococchi coagulasi positivi.

-In particolare, i campioni di formaggella vaccina sono risultati maggiormente

contaminati (84.2% e 79% di non conformità per i tenori di Enterobacteriaceae e

di Stafilococchi coagulasi positivi, rispettivamente) rispetto ai campioni di

formaggio stagionato, non conformi esclusivamente per le Enterobacteriaceae

nel 40% dei casi.

- Tale riscontro può essere giustificato da una diminuzione delle cariche

batteriche conseguente alla stagionatura.

-I formaggi di capra hanno evidenziato il superamento dei limiti di conformità

fissati per i germi indicatori di igiene del processo in tutti e tre i campioni

considerati.

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Il riscontro di un numero considerevole di non conformità riferite ai germi

indicatori di processo evidenzia la necessità di interventi di miglioramento delle

condizioni igieniche durante le lavorazioni e può essere inoltre riferito alla

qualità del latte di partenza.

Infatti nel 92,9% dei campioni analizzati vi è una contaminazione da

Stafilococchi ≥ 100 ufc/ml, mentre il 14,3% dei campioni di latte ha presentato

valori ≥ 100.000 ufc/ml di Enterobacteriaceae.

La presenza degli Stafilococchi è ascrivibile ad una contaminazione che trae

origine dalle mucose e dalla cute del personale addetto alla lavorazione o da

patologie a carico dell’apparato mammario degli animali che in ogni caso

evidenzia una inadeguata adozione di procedure di igiene e di profilassi durante

la fase di mungitura o di lavorazione.

Ciò è confermato anche dall’alto livello di Enterobacteriaceae , indicatore di una

contaminazione di origine prevalentemente ambientale.

La presenza di cariche batteriche superiori nel formaggio rispetto al latte di

partenza (sia per gli Stafilococchi coagulasi positivi che per le

Enterobacteriaceae) indica che il processo di produzione del formaggio favorisce

lo sviluppo di questi microrganismi, oltre alle condizioni igieniche di lavorazione

e manipolazione dei formaggi.

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Nella produzione del formaggio, una certa importanza riveste anche la qualità dell’acqua. L’analisi dell’acqua in uso presso gli impianti di caseificazione d’alpeggio ha messo in evidenza una seria problematica relativa al riscontro di un numero considerevole (90,8%) di non conformità per i parametri testati (presenza di E. coli e/o Coliformi e/o Streptococchi fecali). L’attuale normativa (D.Lgs. 31/01) prevede la sola assenza di E. coli ed Enterococchi in 100 ml perché l’acqua risponda ai requisiti microbiologici di potabilità. Nel presente studio è stato messo in evidenza come il 26,2% dei campioni di acqua, seppur considerati potabili in quanto privi di tali microrganismi, risultino comunque contaminati da Coliformi.

Poiché sia i Coliformi (meglio ancora E. coli) che gli Enterococchi sono ospiti abituali dell’intestino umano ed animale, la presenza di tali batteri nell’acqua può essere riconducibile a contaminazione fecale delle acque di captazione, generalmente connessa al dilavamento da acque meteoriche di terreni adibiti al pascolo, più o meno associata a carenze dei sistemi di distribuzione e a inefficacia del sistema di potabilizzazione.

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Il 69% delle strutture di caseificazione prese in esame impiega esclusivamente

acqua di sorgente, di cui nel 23% dei casi portata insufficiente o variabile.

In nessun caso risulta presente un sistema di potabilizzazione, anche

aggiuntivo alla clorazione dell’acqua proveniente dall’acquedotto pubblico,

(esiti analitici sfavorevoli riscontrati anche per quest’ultima).

Nel 56% dei casi la non conformità nei confronti delle Enterobacteriaceae

riscontrata nei campioni di formaggio coincida con la presenza nell’acqua di E.

coli e/o Coliformi.

In nessuno dei campioni di formaggio analizzati è stata rinvenuta

l’enterotossina stafilococcica seppur il 37% dei campioni (ascrivibili alla sola

tipologia di formaggella vaccina) abbia presentato un livello di contaminazione

(105 ufc/g) considerato a rischio per la produzione della stessa.

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Risultati estremamente confortanti sono stati ottenuti per quanto concerne

Salmonella spp. e Campylobacter spp., mai rinvenuti sia nei campioni di

formaggio che nei campioni di latte analizzati. Listeria monocytogenes è a sua

volta risultata assente in tutti i campioni di formaggio, il ché depone a favore

della salubrità dei locali di lavorazione rispetto a tale microrganismo, di natura

prettamente ambientale.

Positività sono emerse nei confronti di E. coli VTEC. La prevalenza dello stesso è

risultata pari al 44,4% dei campioni di formaggio testati, con la presenza di una

sola positività per il sierogruppo O26 riscontrata in un campione di formaggella

a base di latte vaccino.

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Le non conformità riscontrate a seguito dell’attività di controllo igienico-

sanitario nelle strutture di caseificazione hanno evidenziato carenze sia nei

locali di deposito del latte (n. 99 non conformità totali) che nei locali di

lavorazione (n. 125 non conformità) oltre che relative alle condizioni di

mungitura (n. 38 non conformità), all’approvvigionamento idrico e alla fornitura

di energia elettrica (n. 86 e n. 8 non conformità, rispettivamente) e al personale

(n. 13 non conformità).

Accanto a non conformità di tipo strutturale (pareti e pavimenti e alle dotazioni

antiinsetto), sia stata riscontrata in 27 casi l’assenza di un sistema di

raffreddamento del latte in affioramento mentre nel locale di lavorazione risulti

spesso assente (19 casi) la dotazione di acqua calda.

In 6 casi nel deposito latte e in 8 casi nel locale di lavorazione del latte, è stato

riscontrato un grado di pulizia ritenuto insufficiente.

L’igiene del personale è stata ritenuta non adeguata in 10 casi.

Dati i risultati ottenuti, si è voluto valutare la correlazione tra

-grado di pulizia dei locali e numero di non conformità, prettamente di tipo

strutturale, riscontrate negli stessi;

-grado di pulizia dei locali e dato relativo all’igiene del personale.

è così possibile affermare che il grado di pulizia è strettamente

dipendente dalle caratteristiche strutturali dei locali e dall’igiene degli

operatori.

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Non conformità prettamente di tipo strutturale sono state evidenziate anche

nell’area dedicata alla mungitura (in particolare l’assenza di un’area coperta, di

una piazzola o di una battuta di cemento dedicata e di una zona apposita per il

lavaggio ed il deposito delle attrezzature), ad indicazione della necessità di

massivi interventi di manutenzione.

È necessario di intervenire in merito ai sistemi di potabilizzazione dell’acqua in

uso presso le strutture di caseificazione;

È necessario in alcuni casi il potenziamento della fornitura di energia elettrica.

Le numerose prescrizioni (n. 132) e/o raccomandazioni (n. 31) impartite dai

veterinari ufficiali al momento del controllo evidenziano la necessità di notevoli

interventi di miglioramento.

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Sulla base dei risultati ottenuti è possibile definire le aree di intervento per

migliorare le condizioni di lavorazione e la qualità igienico-sanitaria del

prodotto.

Di natura prioritaria possono essere definiti gli interventi di:

-manutenzione delle strutture,

-potabilizzazione dell’acqua,

-formazione del personale (maggiormente sensibilizzato su corrette prassi

operative).