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Una caratteristica ambientale che con- diziona fortemente il popolamento entomologico dei prati aridi è la forte stagionalità. Una caratteristica che l’uomo, con i suoi regolari interventi di sfalcio, può, a volte, modificare - in modo quasi paradossale - incentivan- do una ripresa di fioriture altrimenti già esaurite. In ogni caso, la distribuzione temporale delle principali risorse ali- mentari (germogli primaverili, foglie, fiori, semi) permette alla maggior parte degli insetti di questi ambienti di svi- luppare una sola generazione per anno. Ad esempio, in sincronismo con l’abbondante produzione di polline da parte di molte piante erbacee si ha il netto picco primaverile di abbondanza di quei coleotteri floricoli che di polline appunto si nutrono, come le Oedemera, le Cantharis e le Rhagonycha. Curioso è il dimorfismo sessuale delle prime - che hanno per lo più dei bei tegumenti di colore metallico ed un paio di elitre molto strette, che ricoprono a mala pena le ali posteriori - dove in molte specie il maschio presenta femori posteriori arcuati e assai rigonfi. Da assidui frequentatori dei fiori come i coleotteri dei tre generi citati ci si potrebbe aspettare un qualche ruolo nell’im- pollinazione delle piante visitate, ma non è così. Il loro corpo non è molto pelo- so, quindi i granuli pollinici non vi si attaccano facilmente, ma la questione più importante è la loro scarsa fedeltà: a differenza da quanto fanno i buoni impol- linatori come le api, che per ore ed ore insistono nel visitare fiori di una stessa specie, questi coleotteri, dopo aver visitato un fiore ricco di polline, sono sem- pre pronti a visitarne un altro di specie differente, per cui l’eventuale fardello che si portano addosso va immediatamente sprecato. Molto polline finisce poi nella bocca di alcune coccinelle, fra cui la comune ed euriecia Coccinella sep- tempunctata, che non di rado è frequente nei prati aridi e che da adulta segue una dieta mista, in cui il polline si accompagna a piccole prede (afidi), le quali sono invece il suo unico nutrimento durante la vita larvale. 73 Gli invertebrati ALESSANDRO MINELLI Ascalafide del genere Libelloides Coccinella septempunctata su ginestra

I Quaderni Habitat. N. 12 'I prati aridi. Coperture ... · ... si riscontrano individui non riproduttori di ... aridi della Valle di Susa, dove la sua lar-va si sviluppa a spese di

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Una caratteristica ambientale che con-diziona fortemente il popolamentoentomologico dei prati aridi è la fortestagionalità. Una caratteristica chel’uomo, con i suoi regolari interventi disfalcio, può, a volte, modificare - inmodo quasi paradossale - incentivan-do una ripresa di fioriture altrimenti giàesaurite. In ogni caso, la distribuzionetemporale delle principali risorse ali-mentari (germogli primaverili, foglie,fiori, semi) permette alla maggior partedegli insetti di questi ambienti di svi-luppare una sola generazione peranno. Ad esempio, in sincronismo con l’abbondante produzione di polline daparte di molte piante erbacee si ha il netto picco primaverile di abbondanza diquei coleotteri floricoli che di polline appunto si nutrono, come le Oedemera, leCantharis e le Rhagonycha.Curioso è il dimorfismo sessuale delle prime - che hanno per lo più dei beitegumenti di colore metallico ed un paio di elitre molto strette, che ricoprono amala pena le ali posteriori - dove in molte specie il maschio presenta femoriposteriori arcuati e assai rigonfi. Da assidui frequentatori dei fiori come icoleotteri dei tre generi citati ci si potrebbe aspettare un qualche ruolo nell’im-pollinazione delle piante visitate, ma non è così. Il loro corpo non è molto pelo-so, quindi i granuli pollinici non vi si attaccano facilmente, ma la questione piùimportante è la loro scarsa fedeltà: a differenza da quanto fanno i buoni impol-linatori come le api, che per ore ed ore insistono nel visitare fiori di una stessaspecie, questi coleotteri, dopo aver visitato un fiore ricco di polline, sono sem-pre pronti a visitarne un altro di specie differente, per cui l’eventuale fardelloche si portano addosso va immediatamente sprecato. Molto polline finisce poinella bocca di alcune coccinelle, fra cui la comune ed euriecia Coccinella sep-tempunctata, che non di rado è frequente nei prati aridi e che da adulta segueuna dieta mista, in cui il polline si accompagna a piccole prede (afidi), le qualisono invece il suo unico nutrimento durante la vita larvale.

73Gli invertebratiALESSANDRO MINELLI

Ascalafide del genere Libelloides

Coccinella septempunctata su ginestra

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dieta è di solito ben diversa. Caratteristica presenza, nei prati aridi, è in effettiquella delle formiche mietitrici del genere Messor, che nei loro nidi sotterraneiraccolgono ed accumulano cariossidi di graminacee. Queste vistose formicheattirano facilmente l’attenzione, com’è dimostrato dal cenno che se ne trovanella Bibbia. La loro casta operaia è fortemente polimorfa: all’interno di unostesso formicaio, cioè, si riscontrano individui non riproduttori di dimensionidiverse, alcuni dei quali sono dotati di una testa enorme.Tra questi individui, tuttavia, non c’è una precisa divisione di compiti correlabilealle dimensioni o allo sviluppo del capo,mentre si osserva un cambiamento diattività, da parte del singolo individuo,con il trascorrere dei giorni della suaesistenza adulta. Durante la raccolta deisemi, queste formiche sono moltoselettive. Prima di afferrarne uno con leloro robuste mandibole e di iniziare ilcammino verso il formicaio, esse nevalutano accuratamente le dimensionie, forse, le possibilità di utilizzazione:possono scartarne anche una cinquan-tina, prima di decidersi! Quanto ai cara-bidi, che in larghissima maggioranzasono insetti predatori, una frazione nontrascurabile delle specie che frequenta-no i prati aridi è invece granivora, in tut-to o in parte, sia allo stato larvale cheallo stato adulto. Vanno ricordate, inproposito, alcune specie dei generiOphonus, Carterus, Ditomus.Altra famiglia di piante ben rappresen-ta nei prati aridi è quella delle legumi-nose. Anche le loro foglie sono spessoben difese nei confronti dei fitofagi,ma questa volta la difesa non è di tipomeccanico, come nel caso delle gra-minacee, bensì chimica. Frequentisono infatti, nei loro tessuti, i glucosidicianogenetici, molto tossici per quasitutti i potenziali fruitori di questepiante, sia insetti che vertebrati. Tutta-via, esistono anche gruppi di insetti nei

Fra le famiglie di piante meglio rappre-sentate nei prati aridi, le più interessan-ti dal punto di vista alimentare, per gliinsetti, sono le graminacee, le legumi-nose e le labiate; assai meno rilevante,invece, è il ruolo trofico delle orchida-cee, anche se vistose e localmenteabbondanti. Va ricordato, in proposito,che gli insetti che frequentano i fioridelle orchidee del genere Ophrys (eche di queste sono gli indispensabiliimpollinatori) sono i maschi di alcunigeneri di api solitarie, o degli affini sfe-cidi, i quali non ricavano da queste visi-te alcun beneficio: si recano infatti su diessi, attratti da stimoli chimici che essierroneamente scambiano per i feromo-ni di attrazione emessi dalle femminedelle rispettive specie. Il contatto con il

fiore è sufficientemente stretto da assicurare che sull’insetto rimangano attac-cate le vischiose masse polliniche dell’Ophrys, e sufficientemente ripetibile dagarantire che entro breve tempo molte di queste masse polliniche possano fini-re su altri fiori della stessa specie, fecondandoli: ma all’insetto, alla fine, non nerimane proprio nulla.Nel caso delle graminacee, tre circostanze sembrano promettere una fonte dicibo di primaria importanza. La prima è l’abbondanza, spesso dominante, diqueste piante, il cui fogliame ha però modesto valore nutritizio e, soprattutto, èduro, ricco di silice, utilizzabile solo da fitofagi provvisti di appendici boccaliparticolarmente robuste, una condizione che, tra gli insetti, è soprattuttoappannaggio degli ortotteri, che in effetti sono molto abbondanti in questiambienti. La seconda ragione per cui le graminacee possono rappresentareun’importante fonte alimentare per gli insetti dei prati aridi è l’abbondanza dipolline da esse prodotto e questo, come detto, è sfruttato da numerose specie,soprattutto fra i coleotteri. Il terzo aspetto è dato dall’abbondanza delle carios-sidi prodotte: un aspetto che anche l’uomo ha sfruttato fin dall’antichità, con lesue civiltà fondate su estese colture di cereali che in genere sono originari diambienti paragonabili ai nostri prati aridi e che del resto, se abbandonate, daprati aridi sono appunto rimpiazzate, come si è visto nel capitolo precedente.Preziosa fonte di cibo per molti uccelli granivori, le cariossidi delle graminaceesono sfruttate anche da alcuni insetti, in particolare da alcune formiche e perfi-no da alcuni coleotteri carabidi, cioè da rappresentanti di una famiglia la cui

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Ophonus ardosiacus

Formiche del genere Messor

Carterus cordatus

Ape su asfodelo

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quali si sono evoluti meccanismi didifesa contro gli effetti tossici di questesostanze: grazie al particolare arsenaledi enzimi di cui il loro tubo digerente èfornito, essi sono anzi in grado di con-vertire queste sostanze tossiche inpreziose fonti di azoto alimentare. Essipossono così godere di risorse troficheper le quali hanno ben pochi competi-tori e ciò spiega (anche in termini dinumero di specie) il grande successo

di questi insetti, che appartengono soprattutto ai lepidotteri e ai coleotteri.Tra i primi, legate alle leguminose sono molte specie di zigene, alcune dellequali rappresentano una presenza costante e caratteristica nei prati aridi. Diur-ne, nonostante siano più strettamente imparentate con molte famiglie di farfal-le a volo notturno o crepuscolare piuttosto che con le “vere” farfalle diurnecome le cavolaie, le vanesse e il macaone, le zigene hanno un corpo dai rifles-si metallici bluastri ed ali allungate e strette, egualmente blu, con alcune visto-se macchie, quasi sempre di colore rosso vivo. Esse sono sotto gli occhi ditutti, non solo per la loro livrea, ma anche per la loro abitudine di starsene tut-to il giorno su fiori facilmente visibili, assai spesso su quelli di colore rosso o lil-la, come le scabiose oppure qualche leguminosa, comprese quelle su cuivivono durante la vita larvale. Inoltre, esse si lasciano facilmente avvicinare emanipolare, forti della tossicità dei loro tessuti (derivante in ultima analisi daquella delle piante di cui si sono alimentate come bruchi) che le rende imman-giabili. Degna di nota è Zygaena fausta, una specie a gravitazione europeaoccidentale, che si spinge fino ai prati aridi della Valle di Susa, dove la sua lar-va si sviluppa a spese di leguminose del genere Coronilla.Da un punto di vista biogeografico, i prati aridi rappresentano spesso autenti-che “isole” abitate da elementi che provengono da lontano. Nel caso dellepraterie aride dell’area alpina (molto meno per quella appenninica) si tratta dispecie tipiche degli ambienti steppici, imparentate con quelle che popolano levaste zone aride dell’Asia centrale e dell’Europa orientale. Ne sono esempio,fra i coleotteri carabidi, Laemostenus janthinus, Carabus cavernosus e diversespecie dei generi Amara, Harpalus e Cymindis. Nel caso, invece, di prati ariditermofili delle vallate prealpine, ad esempio di quelli della Valle di Susa o dellaVal d’Adige, oppure di quelli di aree collinari xerotermiche nel cuore della pia-nura padano-veneta, come i Colli Euganei, si tratta invece di forme a gravita-zione meridionale, submediterranea, che in queste stazioni trovano general-mente il limite settentrionale del loro areale di distribuzione. È il caso, adesempio, di alcuni carabidi, delle embie e della Scolopendra cingulata.

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Zigena su Anacamptis pyramidalis

Laemosthenus janthinus

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genere non pericoloso per l’uomo. InSardegna è presente Scolopendra ora-niensis, più piccola, che in Sicilia e nel-l’Italia meridionale convive con la piùgrossa Scolopendra cingulata (fino acirca 10 centimetri di lunghezza). Que-st’ultima specie raggiunge verso Nordla Toscana settentrionale, mentre adEst il suo areale continuo si ferma all’al-tezza delle Marche. La si ritrova tutta-via, con popolazioni isolate, anche suiversanti meridionali, più caldi, dei Colli Euganei. Alla fine dell’inverno è possibi-le rinvenire, sotto ai sassi di cui sono trapunti i prati aridi, giovani scolopendredal corpo verdastro oppure bruno, con la testa di un colore rosso vivo che spa-risce con l’avanzare della stagione. Più tardi, nello stesso ambiente sarà possi-bile rinvenire le femmine in compagnia della loro prole: la scolopendra puòdeporre le sue uova, poche decine, in un unico ammasso attorno al quale essasi avvolge, rimanendo a proteggerlo per diverse settimane, durante le quali nontocca cibo. Riprenderà vita attiva solo dopo la schiusa dei piccoli.Cure parentali anche più complesse sono prestate da un altro genere di gros-si artropodi frequenti sotto le pietre nei prati aridi (ma non solo in questi), cioègli scorpioni. In questo caso, la femmina trattiene nel proprio corpo le uovafino alla schiusa e successivamente permette che i suoi piccoli - delicati,bianchicci e, soprattutto, molto sensibili alla disidratazione - le salgano sullaschiena, dove resteranno per diversi giorni. Si ritiene che il principale benefi-cio così ottenuto dai piccoli scorpioni risieda nella possibilità di ottenere unpo’ di umidità dal corpo della madre.

■ Diplopodi

Tornando ai miriapodi, piuttosto scarsi in questi ambienti sono anche i diplopo-di, ma per una ragione differente dai chilopodi. Infatti, mentre questi ultimi sonodei predatori che catturano la preda grazie alle loro appendici velenifere (le forci-pule), i diplopodi si nutrono di foglie morte o di legno marcescente, materiale cheovviamente scarseggia nei prati aridi. Localmente, tuttavia, ai piedi delle erbeche crescono strettamente addossate ai sassi è possibile rinvenire qualchegrosso esemplare del genere Pachyiulus, dal corpo cilindrico portato da diversedecine di zampe e pronto, se manipolato, ad emettere dai pori repugnatori late-rali un’abbondante dose di chinoni, sostanze organiche dal colore arancione orossastro che lasciano una traccia duratura sulla pelle e che possono irritare for-temente le mucose.

■ Molluschi gasteropodi

Abbondanza e diversità dei molluschiterrestri nei prati aridi dipendono inlarga misura dalla natura del substra-to: è infatti di vitale importanza ladisponibilità di carbonato di calcio.Una presenza caratteristica è quella diRumina decollata, una specie a gravi-tazione mediterranea dalla inconfondi-bile conchiglia. All’inizio dello svilup-

po, questa conchiglia si allunga rapidamente a partire da un apice piuttostostretto, ma dopo qualche tempo la parte iniziale, che comprende i primi giri dispira, viene perduta e rimpiazzata da una sorta di tappo calcareo, un dia-framma perpendicolare all’asse di allungamento della conchiglia: di qui ilnome specifico del mollusco. Altre specie vistose che si possono riscontrare in aree aperte aride sono costi-tuite da Chondrula tridens, caratteristica di prati magri, da Zebrina detrita, spe-cie montana a distribuzione europea sud-orientale localizzata anche su pendiisecchi e assolati prevalentemente dell’Italia centrale e settentrionale (ad Estfino al Carso Triestino), dalle specie calcicole del genere Granaria, che vivonoin genere in prati soleggiati e sassosi dagli ambienti litorali fino alle pendicimontane, e infine, in pianura, spesso in vista sugli steli delle piante, da Candi-dula unifasciata, Cernuella cisalpina e Xerolenta obvia, quest’ultima distribuitasolamente dal Friuli alla Lombardia. Sui prati aridi dei rilievi appenninici è inve-ce più caratteristica la presenza di Cernuella neglecta e di Candidula spadae.In un prato secco la vita di alcune specie di molluschi può svolgersi inoltreanche in maniera meno appariscente, alla base delle piante o all’interno delsuolo. Tra queste, caratteristiche sono le minuscole specie del genere Trunca-tellina, T. cylindrica e le più rare T. callicratis, T. claustralis e T. monodon, Vallo-nia costata e Pupilla muscorum, mentre tra le specie appartenenti al genereVertigo, quelle che riescono a vivere in biotopi meno umidi sono V. pygmaea,diffusa maggiormente in pianura, e V. alpestris, presente in zone montane.

■ Chilopodi e scorpioni

Nei prati aridi la natura dei suoli è generalmente sfavorevole alla presenza deichilopodi, miriapodi che prediligono ambienti più freschi e, soprattutto, conabbondanza di lettiera o di rami e tronchi giacenti sul suolo, ma qualche specielapidicola può esservi localmente abbondante. L’habitat è favorevole, in parti-colare, alle grosse scolopendre, il cui morso è assai doloroso, anche se in

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Scolopendra cingulataRumina decollata

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boscose prossime al prato arido. È il caso, ad esempio, di imenotteri assai vistosiper dimensioni e livrea come le scolie, che possono essere attirate dalle abbon-danti fioriture dei prati aridi, mentre hanno trascorso la loro esistenza giovanileparassitando la larva di uno scarabeo rinoceronte che a sua volta si era insediata,nella vicina zona alberata, all’interno di un vecchio tronco deperito. Ed è spesso almargine del prato, là dove appunto compaiono i primi cespugli, che tanti altri ime-notteri vanno a nidificare, spesso portandosi dietro un bottino raccolto proprio sulprato arido e destinato ad essere offerto in pasto alla loro prole.

Blattodei. Quello delle blatte è un ordine di insetti diffuso principalmente nelleregioni tropicali, mentre si spinge in quelle temperate con un modesto numerodi specie, comprese quelle - diffuse dall’uomo - che frequentano gli ambientiurbani. Nei prati aridi è presente tuttavia un piccolo numero di specie, local-mente abbondanti, fra cui Lobolampra subaptera, che trascorre le sue giorna-te sotto ai sassi o tra i detriti vegetali di cui si nutre e che deve il nome specifi-co all’estrema riduzione delle ali, tale che l’adulto può essere facilmente scam-biato per una blatta in stadio giovanile che deve ancora completare lo svilup-po delle sue appendici. Affine a questa specie è la congenere L. decipiens,che però si spinge anche in boschi radi, termofili, e che nell’Italia settentriona-le rappresenta un elemento caratteristico di alcune oasi xerotermiche. Altrablatta comune nei prati aridi, infine, è Phyllodromica marginata, caratteristicaper la linea bianca che circonda il suo piccolo corpo nerastro.■ Ragni

Abbondante, ma solo per qualche mese all’anno, è la presenza dei ragni. Lastruttura della vegetazione, bassa e quasi esclusivamente erbacea, limita for-temente la presenza dei ragni orbiteli, cioè di quelli che costruiscono le tradi-zionali reti a raggiera, ma consente ai minuscoli linifiidi (la famiglia di ragni piùricca di specie nella nostra fauna, abbondante soprattutto in ambienti a vege-tazione erbacea) di costruire le loro caratteristiche tele a baldacchino, di setanon vischiosa. Durante la primavera, quando le erbe del prato sono più fre-quentate dagli insetti, soprattutto da quelli floricoli, i prati aridi ospitano moltipiccoli ragni vagabondi che non costruiscono tele, fra questi i filodromidi e isalticidi, che si avventano direttamente sulle loro minuscole prede.

■ Insetti

Passando agli insetti, è necessaria una precisazione preliminare. Ci sono insettiche trascorrono la maggior parte della loro esistenza attiva sulla vegetazione deiprati - tra questi, ad esempio, molti ortotteri, afidi, cicadelle e cimici - mentre altri visi affacciano solo durante la fase adulta del loro ciclo vitale, mentre da larve sonovissuti in ambienti ben diversi, ad esempio in formazioni cespugliate o persino

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Le abbondanti fioriture sono un elemento di forte attrazione per molti insetti

Ragno granchio (Misumena vatia) che preda una farfalla (a sinistra) e ragno della stessa specie su fioridell’orchidea Aceras antropophorum: questo ragno tomiside è un esempio di mimetismo assumendo ilcolore giallo o bianco in funzione della pianta sui cui si trova

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Ortotteri. S’è detto, a proposito della mantide, della sua colorazione mimeti-ca, utile - nel suo caso - per non farsi notare dalle sue vittime. Più spesso, edè il caso della maggior parte degli ortotteri (con le dovute eccezioni come lagrande Saga pedo, che è appunto carnivora), una colorazione criptica èappannaggio di chi, se notato, cadrebbe facilmente vittima di un aggressore. Icolori mimetici degli ortotteri dei prati aridi sono spesso quelli dell’erba secca,che domina il paesaggio nel cuore dell’estate o nel primo autunno, quandoquesti insetti hanno raggiunto la condizione adulta.Altre volte le tinte sono invece quelle, egualmente sobrie, del terreno scoperto,dove questi insetti spesso si posano, pronti però a spiccare un balzo nonappena percepiscano la vicinanza di un nemico. Questo vale anche per inset-ti voluminosi, ma dall’andatura lenta e goffa, come le massicce Prionotropis,che hanno ali ridotte. Nei prati aridi del Carso Triestino questo genere è rap-presentato da P. hystrix, mentre negli ambienti corrispondenti delle Murgesalentine si ritrova la congenere P. appula.In molti di questi ortotteri, però, la colorazione mimetica non coinvolge tutto ilcorpo. Nelle stesse Prionotropis, ad esempio, le tibie posteriori sono vistosa-mente colorate, mentre nelle Oedipoda o in Calliptamus italicus una vistosamacchia (rosa o azzurra a seconda della specie) contraddistingue le ali poste-riori e viene improvvisamente messa allo scoperto nel momento in cui l’inset-to, anziché terminare il salto a breve distanza dal punto da cui si era mosso, loprolunga invece in un breve e pesante volo.

Mantodei. La mantide religiosa (Mantis religiosa) non è esclusiva dei prati aridi,dal momento che può rinvenirsi anche in formazioni un po’ più fresche, ma inquesti essa trova di certo un habitat congeniale. In un ambiente dove il coloredominante della vegetazione può velocemente mutare dal verde tenero deglisteli e delle foglie in primavera verso i toni giallobruni delle erbe inaridite dall’a-vanzare dell’estate, la mantide non ha difficoltà a nascondersi, potendo pre-sentarsi sia in livrea verde sia in livrea isabellina (di un bruno chiaro piuttostospento). Fino a che punto un singolo individuo possa cambiare colore nel cor-so della sua vita, e quale ruolo abbia, nel determinare la sua livrea, la percezio-ne che la mantide stessa ha dei colori del suo ambiente, è un tema affascinan-te che ancora richiede studi adeguati. È certo, comunque, che la livrea di que-sto insetto non è determinata in modo univoco dal suo patrimonio genetico. Alriparo di uno di quei grossi sassi che raramente mancano nei prati aridi, la fem-mina della mantide religiosa depone la sua ooteca, un astuccio di colore grigioo bruno chiaro, dall’aspetto di schiuma rappresa, all’interno del quale sono pro-tette le sue numerose uova. I piccoli che ne schiuderanno la primavera seguen-te hanno già l’aspetto di piccola mantide, comprese le zampe anteriori grandi,armate di spine e pronte ad essere usate nella cattura della preda. A questaspecie, ampiamente diffusa sul territorio nazionale, si affiancano, nei prati arididella fascia a clima mediterraneo, alcune altre specie di mantidi, tutte piuttostorare: si tratta di Iris oratoria, di due o tre specie di Ameles e della curiosa Empu-sa pennata, inconfondibile per la ‘corona’ che orna il suo capo.

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Empusa pennata Saga pedo

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Saga pedo è una specie rara, lungafino a 70 mm più altri 30-40 mm spet-tanti all’ovopositore, che si nutre dialtri ortotteri. Ha un aspetto singolare,marcato dalla presenza di vistose seriedi robuste spine bianche sulle zampeanteriori e medie, e si ritrova nei pratiaridi e assolati dell’Italia settentrionalee meridionale e nelle isole maggiori. Èspecie partenogenetica, provvista dilungo ovopositore grazie al qualedepone nel terreno le sue voluminoseuova, il cui sviluppo embrionale è sin-golarmente lento: esse non schiudono,infatti, prima di tre anni, e possonoattenderne fino a sette. Ben più fre-quente, nei prati aridi di tutto il paese,è Tylopsis liliifolia, che ama stazionaresui cardi, quando non si trasferisca suiprimi cespugli al margine del prato.Tra gli elementi più fedeli ai prati aridic’è poi una cavalletta di modestedimensioni, Glyptobothrus brunneus, ilcui canto è spesso dominante in que-sti ambienti. Tipico dei prati aridi preal-pini, ma piuttosto localizzato e condistribuzione discontinua, è il robustoCalliptamus italicus.Fra gli ortotteri riscontrati nei magredifriulani, degni di nota sono Oedaleusdecorus e, soprattutto, Celes variabilis,un elemento orientale che per l’Italia ènoto solo da questi ambienti.I prati aridi sono abitati anche da alcune specie di grilli che, differentementedel comune grillo campestre, non scavano tane sotterranee, ma si limitano atrovare riparo al di sotto di piccoli ammassi di detrito vegetale. Uno degli ele-menti più interessanti della nostra fauna, in questo gruppo, è Acheta hispa-nicus, che per l’Italia è noto solo da alcune località della Sicilia e della Cala-bria. È strettamente imparentato con Acheta domesticus, una specie che, inmolte regioni europee, rappresenta uno degli ospiti più abituali delle abita-zioni dell’uomo.

Senza dubbio, l’improvvisa comparsadelle sue ali colorate sconcerta uneventuale aggressore, che ben difficil-mente potrà “rendersi conto” del fattoche il vistoso insetto in volo altri non èse non la creatura mimetica che glistava davanti fino ad un attimo prima.Nei prati aridi, peraltro, abbondano gliortotteri senz’ali o con ali brevissime,inutilizzabili per il volo. Ciò vale in par-ticolare per i prati aridi di alta quota,sia sulle Alpi che sugli Appennini. È ilcaso, ad esempio, di Italopodisma, ungenere di cavallette caratteristico deiprati aridi di alta quota nell’Appenninocentrale, che giunge peraltro a coloniz-zare anche ambienti dove la vegeta-zione erbacea si fa molto scarsa. Que-sti ortotteri hanno limitata propensioneagli spostamenti, per cui hanno datoorigine a numerose specie e sottospe-cie distinte, isolate su altrettanti mas-sicci montuosi. Altri podismini sono trai frequentatori abituali dei prati aridialpini: fra questi Podisma pedestris,che raramente scende sotto i 1800metri di quota. Brachittere, peraltro,sono anche molte specie di cavallettedei prati aridi di bassa quota a latitudi-ni più meridionali, come il grosso Dec-ticus loudoni, endemico della Puglia.I prati aridi delle grandi isole mediter-ranee ospitano i più massicci fra tutti

gli ortotteri celiferi (quelli ad antenne piuttosto corte, e con femmine prive diquell’ovopositore a spada che è invece presente negli ensiferi) della fauna ita-liana. Si tratta dei Pamphagus: P. sardeus in Sardegna, P. marmoratus in Sici-lia, P. ortolanii a Lampedusa. Le particolari condizioni climatiche delle regionida essi abitate consentono agli stadi giovanili dei Pamphagus di accrescersidurante l’inverno, raggiungendo così la condizione adulta all’inizio della pri-mavera, mentre la maggior parte dei nostri ortotteri matura in piena estate oaddirittura all’inizio dell’autunno.

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Calliptamus italicus ad ali aperte

Calliptamus italicus

Podisma pedestris

Pamphagus marmoratus

Oedipoda caerulescens

Pamphagus sardeus

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leguminose, comprese le specie più caratteristiche dei prati aridi. Selachinaapicalis, ad esempio, è frequente tra la primavera e l’inizio dell’estate sui cespidi Ampelodesmos, nei prati aridi di Calabria e di Sicilia. Alle graminacee delgenere Brachypodium risultano invece legate le cicadelle del genere Adarrus, icui adulti si rinvengono soprattutto in estate e in autunno: una decina di speciein tutto, nel nostro paese, e fra queste A. lesei, conosciuto solo dai prati aridiche si sviluppano sotto alla cima di Monte Lauro in Sicilia. Altrettanto localizza-to è A. aeolianus, che vive su Brachypodium ramosum in formazioni erbaceearide delle Isole Eolie. Per contro, diffuse in Italia sono altre specie del medesi-mo genere, come A. multinotatus, più continentale, e A. exornatus, più mediter-raneo. Sulle leguminose del genere Ononis, sempre in una fascia climatica diinfluenza mediterranea, si rinviene invece Austroagallia avicula. Interessante,dal punto di vista biogeografico, è il genere Mongolojassus che - come il suostesso nome ricorda - rappresenta un elemento di origine centroasiatica, che inepoca postglaciale ha accompagnato la colonizzazione del nostro paese daparte di elementi floristici di tipo steppico. Delle due specie italiane ci interessaqui M. meritalicus, una specie che è stata scoperta negli ultimi anni ’80 sui pra-ti aridi del Monte Pollino, oltre il limite superiore degli alberi.

Neurotteri. Questo ordine di insetti, particolarmente abbondante e ricco dispecie nelle regioni calde e aride dell’Africa e dell’Asia, è ben rappresentato neiprati aridi, in particolare da specie appartenenti alle famiglie degli ascalafidi e

Dermatteri. La comune predilezioneche le forficule (o forbicine) hanno pergli ambienti freschi non è condivisa daEuborellia moesta, una specie di colorenerastro, lunga un centimetro e mezzo,che vive sotto ai sassi nei prati aridi ditutta l’Italia pensinsulare e delle isole,mentre al Nord rappresenta un elemen-to termofilo caratterizzante aree xero-termiche come i Colli Euganei.

Embiotteri. Le embie sono un piccolo ordine di insetti dal corpo allungato,nerastro, vagamente rassomiglianti ad un coleottero stafilinide o ad una forfi-cula, ma senza elitre né pinza posteriore. Le loro ali, quando sono presenti,sono membranose. Le zampe anteriori terminano con tarsi molto sviluppati,all’interno dei quali si trovano abbondanti ghiandole produttrici di seta. Ilsecreto di queste viene utilizzato dalle embie per costruire, ai piedi degli albe-ri o sotto ai sassi, dei tubi che hanno la consistenza di una ragnatela un po’ fit-ta, all’interno dei quali esse vivono. Queste gallerie si allungano fino ai più vici-ni cespi di graminacee, di cui le embie si nutrono. Abbastanza frequenti neiprati aridi delle zone mediterranee, questi insetti sono stati segnalati, di recen-te, anche da alcune stazioni dell’Italia settentrionale.

Eterotteri. Numerose specie di eterotteri (cimici) frequentano questi ambienti.Si tratta per lo più di specie che vivono a spese della linfa delle piante (adesempio fra i pentatomidi, i ligeidi, i miridi), ma non mancano le specie zoofa-ghe. Una famiglia ricca di specie xerotermofile è quella dei tingidi, minuscolecimici la cui superficie dorsale (in particolar modo il protorace e le larghe emie-litre) ha un caratteristico aspetto reticolato o bolloso. Hanno specializzazionialimentari piuttosto strette e molte di esse risultato legate alle labiate tipichedei prati aridi. Una folta schiera di eterotteri termofili - alcuni dei quali, però,legati alla vegetazione arbustiva o arborea, e non a quella dei prati aridi - è sta-ta segnalata dalle oasi xerotermiche dei Colli Euganei e della fascia prealpina.

Omotteri. Un gruppo di insetti molto abbondante nelle formazioni erbacee, siaper numero di individui che per varietà di specie presenti, è quello degli Omot-teri, in particolare con il gruppo delle cicadelle. Agili animaletti provvisti di lun-ghe zampe posteriori che permettono loro di saltare, e spesso adorni di livreeverdi o brune che li rendono quasi invisibili tra le erbe, le cicadelle vivono di lin-fa, che succhiano grazie al loro apparato boccale specializzato. Molte specie diquesto gruppo vivono a spese di piante erbacee, tra cui le graminacee e le

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L’ascalafide Libelloides coccajus

Euborellia moesta

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88 dei mirmeleonidi. Gli ascalafi adulti hanno grandi ali macchiate di giallo o dinero e lunghissime antenne clavate; le loro larve, predatrici, si rinvengono alsuolo o sotto le pietre. I mirmeleonidi, o formicaleoni, hanno ali lunghe e stret-te, trasparenti o con piccole macchie brune; le loro larve vivono al suolo, dovesi appostano - in attesa di preda - in piccole buche circondate da un monticel-lo di terreno smosso, a forma di minuscolo vulcano.

Coleotteri Stafilinidi. Questi coleotteridal corpo allungato, di aspetto quasilarviforme per la brevità - talora estre-ma - delle loro elitre, sono frequenti neipascoli aridi, ma poche sono le specieche possono dirsi proprie di questeformazioni vegetali. Particolarmenteevidente, anche se non delle più tipi-che, è la presenza di alcuni rappresen-tanti del genere Ocypus come O.ophthalmicus, O. falcifer, O. sericeicol-

lis e O. fortunatorum (quest’ultimo solo nel Sud e nelle isole), nonché Tasgiusfalcifer, T. globulifer, T. morsitans. Si tratta infatti di specie piuttosto grandi (12-22 mm), che si possono osservare anche in attività sul terreno scoperto. Adessi si associano alcuni Quedius, come Q. boops, Q. semiaeneus e Q. semiob-scurus, sensibilmente più piccoli (7-8 mm).Nei prati aridi submontani della Valtellina e della Val Venosta, l’elemento piùtipico è peraltro Astenus anguinus, cui può aggiungersi Sepedophilus nigri-pennis, mentre le specie xerofile più caratteristiche dei prati aridi collinari dellafascia pedemontana, in Italia settentrionale, sono il congenere A. cribrellus,Stenus cribratus ed Aleochara spissicornis.Ben diversa è la comunità dei magredi dove, tra gli altri, si rinvengono alcunespecie di Bledius (B. secessus, B. baudii, B. agricultor), oltre a Carpelimuspunctatellus (che nella sua predilezione per gli ambienti aridi si allontana dal-le altre specie del genere, che frequentano invece suoli limosi prospicienti icorsi d’acqua), Meotica marchica e Chilomorpha longitarsis. Diversi rappre-sentanti di questa comunità dei magredi si possono peraltro ritrovare anchenelle cave abbandonate.Ancora diverso è il popolamento a stafilinidi degli ambienti aperti che si svilup-pano su suoli argillosi lungo la penisola, dove prevalgono, fra le specie xerofi-le, Platystethus burlei e diversi rappresentanti dei generi Achenium e Micrillus,che vivono nelle fessure del suolo. Notevole è il corpo assai appiattito degliAchenium, un adattamento morfologico da mettere sicuramente in rapportocon la peculiare geometria degli spazi in cui si muovono. Negli stessi ambien-

Questi coleotteri, di dimensioni medieo grandi e generalmente adorni divistose colorazioni, sono comunisoprattutto nelle regioni calde e aride(abbondano, ad esempio, nel MedioOriente) e nel nostro paese sono parti-colarmente diffusi nei prati aridi,soprattutto nelle steppe di tipo medi-terraneo delle regioni meridionali. Ilgenere maggiormente rappresentatoin questi contesti è Mylabris, connumerose specie, ad esempio M.obsoleta, M. variabilis, M. quadripunc-tata e M. fabricii; nelle steppe montanedegli Appennini è invece presente M.pusilla latialis, mentre M. connata, piùdiffusa in Francia meridionale, si spin-ge fino alle formazioni erbacee xerichedell’alta Valle di Susa. Gli adulti, che frequentano soprattutto ifiori di composite, labiate e legumino-se, sono attivi dalla tarda primaverafino alla prima metà dell’estate.In M. variabilis, che è una delle speciemeglio note dal punto di vista biologi-co, l’accoppiamento avviene sui fiori,nelle ore più calde della giornata. Lafemmina depone poi le uova - innumero di 30-60 - nel terreno, all’inter-no di una buca profonda circa tre cen-timetri, che scava con le sue mandibo-le, rimuovendo poi la terra smossamediante le zampe anteriori.

Le minuscole larve che ne schiudono(A) penetrano in una vicina buca delterreno che ospita le uova di una caval-letta: nel caso di Mylabris variabilis sitratta in genere di Dociostaurus maroc-canus o di Calliptamus italicus. Di que-ste uova di ortottero esse si nutrononel corso dei loro primi quattro stadilarvali (B), poi si trasformano in unquinto stadio (C) che non assume cibo,ma esce - forandolo - dal cannello cheospitava le uova di cavalletta e subisceuna muta, trasformandosi in uno stadioimmobile (D), dai tegumenti induriti. Inquesta condizione la Mylabris passal’inverno. Questo stadio immobile,peraltro, non è il consueto stadio dipupa, che dovrebbe dare origine all’a-dulto, ma è uno stadio quiescentesoprannumerario caratteristico di que-sta famiglia di coleotteri.A primavera, una nuova muta lo tra-sforma in un nuovo stadio larvale attivo(E), che si sposta nel terreno fino a por-tarsi a pochissima profondità, dovefinalmente si scava la celletta pupale incui si completerà la metamorfosi (F). Incapo a pochissime settimane ne usciràl’adulto, pronto ad iniziare la sua vita diinsetto floricolo. Le modalità di svilup-po di questi insetti, più complicaterispetto a quelle degli altri coleotteri,vengono definite ipermetamorfosi.

I meloidi Alessandro Minelli 89

Ocypus falcifer

A B C D E F

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ti sono presenti anche alcuni Stenus, in particolare S. hospes, e soprattuttodiversi Astenus, alcuni dei quali hanno una distribuzione geografica ristretta.Gli Stenus salgono spesso sulla vegetazione bassa, dove danno la caccia adaltri minuscoli insetti, che localizzano grazie ai loro occhi molto grandi e spor-genti e che catturano proiettando su questi il loro labbro inferiore mobile emolto sviluppato. Quest’ultima singolare specializzazione, che non si ritrova inalcun altro insetto adulto (nemmeno nei generi di stafilinidi più strettamenteaffini a Stenus), li accomuna, in un certo senso, agli stadi giovanili, acquatici,delle libellule, che utilizzano un simile metodo di caccia.Vanno ricordate infine le Myrmoecia, stafilinidi mirmecofili legati alle formichedel genere Tapinoma.

Coleotteri Meliridi. La maggior parte dei rappresentanti di questa famiglia, lecui larve vivono per lo più nel terreno o sotto cortecce, frequenta i fiori: suiprati aridi delle Alpi sono comuni tre piccole specie nere, Dasytes erratus, D.lombardus e D. alpigradus, che si avvicendano, nell’ordine, dalle regioni diNord-Ovest a quelle di Nord-Est. Il congenere D. subaeneus abita i prati piùsecchi delle Alpi Marittime e Cozie ed anche molti rilievi appenninici, fino adoltre 2000 metri; in Trentino lo si ritrova anche a quote inferiori. I prati aridi diuna fascia vegetazionale più bassa ospitano soprattutto Enicopus hirtus eDanacaea nigritarsis, spesso associati ad Attalus nourricheli, molto comunenelle regioni meridionali.

Coleotteri Scarabeidi. Fra i coleotteri scarabeidi coprofagi, i prati aridi ospi-tano una percentuale elevata di specie che presentano cure parentali com-plesse. Queste prevedono l’allestimento di nidi pedotrofici, che contengonouna riserva di cibo (escrementi) per lo sviluppo della larva. In base al compor-tamento, si distinguono due categorie: gli ipocopridi (Onthophagus, Copris,Bubas) scavano gallerie sotto gli escrementi e le riempiono di cibo, mentre itelecopridi (Scarabaeus, Sisyphus, Gymnopleurus) fabbricano una pallina disterco e la trasportano lontano dalla massa escrementizia prima di sotterrarla.Queste due strategie riducono la competizione nei confronti di quei coprofagiche depongono le uova direttamente nello sterco (endocopridi: Aphodius), marappresentano anche una serie di adattamenti alle condizioni aride. Infatti losterco si mantiene fresco a lungo nel suolo, mentre quello rimasto in superficiesi dissecca. Molte specie di scarabeidi telecopridi sono diventati assai rari inItalia e numerose popolazioni sembrano essersi estinte (soprattutto fra quelledel genere Gymnopleurus). Ciò può dipendere da molti fattori, tra cui l’abban-dono della pastorizia brada e lo smisurato aumento della cornacchia grigia edello storno che predano assai facilmente questi insetti e vengono favoriti daldegrado ambientale.

90 91Coleotteri Tenebrionidi. La presenzadi diversi rappresentanti di questa fami-glia, sotto i sassi e tra le zolle, rivelaimmediatamente il carattere caldo esecco dell’ambiente. Basterà ricordareche delle oltre 15000 specie di tene-brionidi finora descritte la maggior partevive in zone calde, generalmente aride espesso subdesertiche e perfino deserti-che, mentre in Italia il gruppo è rappre-sentato da sole 258 specie; di queste,peraltro, la maggior parte si rinvienesolo in Sicilia, in Sardegna o lungo lecoste dell’Italia meridionale. Più a Nord,i tenebrionidi si fanno sporadici e - fuoridai litorali - sono rappresentati da unpiccolo gruppo di generi dall’ecologiaspecializzata, per lo più corticicoli. Manei prati aridi la situazione è differente.Qui, soprattutto dove la vegetazioneerbacea tende ad essere più rada, com-paiono tra le zolle i rappresentanti deigeneri Asida, Opatrum, Pedinus.

Coleotteri Cerambicidi, Crisomelidie Curculionidi. Numerosi rappresen-tanti di queste famiglie, tutti fitofagi,frequentano i prati aridi, risultandospesso specializzati nei confronti digeneri diversi di leguminose, di labiateo di altre piante. Tra i cerambicidi, lecui larve sono in genere xilofaghe,vanno segnalati i Dorcadion, dal corpobreve e tozzo, incapaci di volare, le cui larve si sviluppano a spese di radici (digraminacee soprattutto) ed i cui adulti si rinvengono spesso al suolo, ai piedidella vegetazione erbacea. Un gruppo di crisomelidi ben rappresentato, sia pernumero di specie che di individui, è quello dei minuscoli alticini, i cui adulti sonoin grado di compiere lunghi balzi, grazie alla potente muscolatura delle zampeposteriori. Assai più grande (10-13 mm), pesante e incapace di volare è inveceTimarcha pratensis, diffusa un tempo nei prati aridi dal Carso al Piemonte, in unareale che negli ultimi decenni si è notevolmente frammentato e ridotto.

Asida sabulosa

Pedinus fallax

Dorcadion arenarium

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Il dittero tefritide Urophora cardui depone le uova nello stelo dei cardi selvatici causando la formazione diuna vistosa galla

ricoperto da setole e peli, che frequentano ambienti aperti, aridi e soleggiati. Gliadulti se ne stanno sugli steli più alti, da qui compiono brevi spostamenti eintercettano in volo gli insetti floricoli nei quali iniettano la saliva contenenteneurotossine con funzione immobilizzante e enzimi proteolitici predigestivi. Lespecie del genere Laphria, riconoscibili per il corpo di grosse dimensioni rico-perto da una peluria fitta e per la maggior parte nera, predano anche coleottericon esoscheletro molto chitinizzato, e predatori come le cicindele.Tra le specie più appariscenti che frequentano i prati aridi c’è Asilus crabro-niformis, grande e potente predatore di cavallette, di api, di vespe sociali e dicoleotteri, con particolare predilezione per gli scarabeidi coprofagi del genereAphodius. Gli adulti si possono osservare da luglio fino ai primi di ottobre.Sempre tra i ditteri, i più attivi e vistosi frequentatori dei fiori, nei prati aridi, sonosenza dubbio i sirfidi. Durante lo stadio larvale essi presentano una notevolediversità di stili di vita, nutrendosi ad esempio di afidi, o vivendo a spese disostanze in decomposizione in ambienti umidi. Fra le quasi cinquecento specieitaliane di questa famiglia, non poche sono termofile e nei prati aridi delle regio-ni settentrionali si ritrovano con popolazioni largamente separate dall’arealeprincipale, più meridionale. È il caso, ad esempio, di Merodon albifrons, diEupeodes flavipes, di Pipizella maculipennis. Legato ai festuceti è poi Paragusfinitimus, una specie molto rara e probabilmente a rischio di scomparsa nelnostro paese, dal quale è segnalata per due sole stazioni.

Lepidotteri. Tra le farfalle diurne spic-ca il caratteristico Papilio machaon,ma la famiglia che conta il maggiornumero di specie tipiche dei prati aridiè senza dubbio quella dei licenidi: inparticolare, numerose specie delgenere Polyommatus.Due di queste specie, P. galloi e P.humedasae, sono state descritte solonegli anni ’70; entrambe sono forte-mente localizzate ed esclusive di pratiaridi, in due angoli d’Italia assai lontani tra loro. P. galloi è nota esclusivamenteda due aree montuose dell’Italia meridionale, l’una sul Monte Pollino, l’altra sul-le montagne di Orsomarso, mentre P. humedasae è conosciuta solo da unaristretta area prativa a Festuca vallesiaca della Valle d’Aosta. Si stima che cia-scuna delle due specie sia rappresentata in natura da poche migliaia di individui.Leguminose del genere Onobrychys sono le piante nutrici di P. humedasae e,probabilmente, anche della sua congenere; gli adulti frequentano, oltre ai fiori diqueste piante, anche quelli di altre leguminose, dei Sedum e di varie composite.

Ditteri. Molto numerosi sono i rappresentanti di quest’ordine d’insetti, pronti adapprofittare delle opportunità di alimentazione offerte dalle vistose fioriture deiprati aridi. Molti di essi, peraltro, si spostano veloci verso altri ambienti, quandoè il momento di trovare un luogo adatto alla deposizione delle uova. Le stessepiante dei prati aridi sono comunque il teatro dell’intero ciclo biologico di alcu-ni tefritidi, le cui femmine depongono le uova negli steli o nei giovani capolinidei cardi selvatici e di altre composite: le larve si svilupperanno nei tessuti dellapianta compromettendone seriamente la fruttificazione, aiutate in quest’operaanche dai grossi coleotteri curculionidi del genere Larinus. Da un punto di vistaeconomico, l’attività di questi insetti può essere importante. I cardi selvatici,ignorati dagli animali al pascolo perché troppo spinosi, tendono infatti a diven-tare sempre più abbondanti, proprio per la selezione positiva a cui sono sog-getti. Pertanto, nei prati aridi in cui vi sia una qualche attività di pascolamento,anche stagionale, ogni fattore naturale atto a contenere l’espansione dei cardi,come appunto i Larinus e diversi tripetidi, non può essere visto che con favore.Tra gli altri ditteri che frequentano questi ambienti vanno ricordati alcuni rap-presentanti della famiglia dei conopidi, piuttosto vistosi per le vivaci colora-zioni e per la forma, spesso bizzarra, dell’addome. Le loro larve vivono a spe-se di imenotteri nidificanti al suolo.Gli asilidi sono ditteri predatori di media e grossa taglia con corpo allungato,

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Polyommatus galloi

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Oltre ai licenidi vanno ricordati alcunininfalidi, la cui presenza in questiambienti è piuttosto abituale, comeHipparchia semele e Chazara briseisnelle praterie della fascia prealpina, oPyronia cecilia e Melanargia arge inquelle appenniniche, nonché gli esperi-di, amanti di aree più calde e assolate,quali l’ubiquista Erynnis tages, Spialiasertorius, Thymelicus acteon, T. lineolae diverse specie del genere Pyrgus.Ospiti dei prati naturali e dei pascolialpini ed appenninici che si estendonodalle vallate ai limiti superiori dellavegetazione, spiccano le numerosespecie del genere Erebia, caratterizzatedai colori bruno scuri.In questi habitat gli eteroceri (o farfallenotturne) sono abbondantemente rap-presentati con numerose specie appar-tenenti a tutte le famiglie. Nei prati xero-termici di pianura e pedemontani, adesempio, si rinvengono numerosi geometridi dei generi Scopula e Idaea.; neiprati xerofili e mesofili di montagna merita di essere ricordata, invece, la famigliadei nottuidi, con diverse specie di Plusia e generi affini.

Imenotteri Aculeati. Le scolie, citate più sopra, sono solo le più vistose, perdimensioni e per livrea, fra le molte specie di imenotteri aculeati i cui adulti fre-quentano le fioriture dei prati aridi, dalla fascia prealpina fino alle regioni meri-dionali. Abbondanti, in particolare, sono i crisididi dalle splendide livree metalli-che, ma soprattutto gli sfecidi e gli apoidei. Simili nei loro costumi floricolidurante lo stadio adulto, questi due gruppi si differenziano nettamente tra loroper quanto riguarda la dieta che assumono durante la vita larvale. Essi si svi-luppano, infatti, all’interno di nidi approntati dalla madre, che nel caso degli sfe-cidi vengono approvviggionati con piccole prede paralizzate, mentre nel casodegli apoidei le scorte accumulate a vantaggio della prole sono rappresentateda polline raccolto sui fiori. Alcuni sfecidi sono specializzati nella cattura di pre-de tipiche dei prati aridi, come Tachysphex costae che rivolge le sue attenzionialle mantidi, oppure Dolichurus corniculus che si occupa di blatte. Frequenti,peraltro, sono anche i rappresentanti dei generi Cerceris, Liris, Tachytes e Bem-bicinus, sempre fra gli sfecidi, e Nomada e Colletes tra gli apoidei.

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Hipparchia semele

Chazara briseis

Pyronia cecilia

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Tra i fattori ecologici che maggiormentecondizionano la vita dei vertebrati neiprati aridi, la peculiare struttura dellavegetazione è uno dei più rilevanti. Neiprati aridi la copertura vegetale è piut-tosto bassa, dell’ordine dei decimetri, espesso discontinua; è rappresentataper lo più da steli eretti e foglie sottili digraminacee annuali, che realizzano unacopertura solo parziale del terreno.Spesso, inoltre, i prati aridi interessanosuperfici piane o leggermente ondula-te, anche per estensioni considerevoli. In queste condizioni, quindi, animali ditaglia relativamente grande sono facilmente visibili, anche a distanze conside-revoli; d’altra parte, è anche vero che essi stessi possono facilmente vedere,anche su ampie superfici. Per molti vertebrati, quindi, la vista è uno dei sensipiù importanti, sia nella comunicazione tra conspecifici, sia nell’attività di ali-mentazione, sia ancora nelle strategie di difesa dai possibili predatori. Si pensi,ad esempio, agli elaborati e stereotipati voli nuziali con cui i passeriformi piùtipici dei prati aridi marcano i loro territori, alle lunghe perlustrazioni aeree dimolti rapaci predatori e necrofagi e alla prevalenza di toni bruni e di disegniscreziati nella colorazione di molti rettili, uccelli e mammiferi terricoli. In questispazi ampi e poco strutturati, comunque, anche la comunicazione sonora èspesso sviluppata, come nel caso dei complessi e diversificati canti territorialidi molti uccelli steppici o nelle manifestazioni d’allarme di alcuni mammifericoloniali. In questi territori omogenei e poveri di potenziali rifugi, inoltre, moltivertebrati manifestano stili di vita elusivi, alternando periodi di attività all’apertoa periodi in cui rimangono nascosti, fermi tra la vegetazione più fitta o in inter-stizi e gallerie nel sottosuolo.Altra caratteristica dei prati aridi che condiziona la vita dei vertebrati è la forteinsolazione che raggiunge il suolo, soprattutto nella calda estate mediterraneadelle regioni più meridionali. L’intensa luminosità dell’ambiente, spesso accen-tuata dal carattere roccioso dei suoli, può comportare un disturbo diretto agliocchi, soprattutto per animali principalmente crepuscolari. Ancor maggiore è il

97I vertebratiLUCIO BONATO

La limitata altezza della vegetazione condizionala presenza dei vertebrati nei prati

Biancone (Circaetus gallicus)

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■ Prati aridi alpini

I prati aridi che si sviluppano nella regione alpina, in particolare nei fondivalledelle maggiori valli glaciali e negli altopiani più aridi, ospitano comunità di ver-tebrati non particolarmente specializzate, dove prevalgono le specie generica-mente associate ad ambienti prativi aperti.Il prispolone (Anthus trivialis), ad esempio, è tra i passeriformi più diffusi duran-te la stagione estiva. Questo piccolo uccello, dal piumaggio poco appariscen-te, si insedia nei prati montani più ampi, dove siano presenti anche alberi iso-lati. Nidifica a terra, tra l’erba o tra rocce emergenti, e si alimenta pure a terra,raccogliendo insetti e semi con il suo becco delicato. Particolarmente funzio-nale in questo habitat è il tipico volo ritualizzato durante il quale i maschi emet-tono il loro canto territoriale: una ascesa quasi verticale dalla cima di un albe-ro isolato, per alcuni metri, e una successiva discesa a spirale, fino a tornareallo stesso posatoio.Anche lo stiaccino (Saxicola rubetra) colonizza gli ampi prati montani, dalle pra-terie più aride e sassose ai pascoli umidi. Il suo aspetto e il suo comportamen-to sono però più appariscenti. Con una tipica postura eretta e oscillando spes-so la coda, si posa frequentemente sugli steli erbacei più alti o su altri elementiemergenti, controllando a vista il territorio circostante. Quando si sposta, inol-tre, volando basso sul prato, mette in evidenza le macchie bianche sul dorsodelle ali e della coda, che contrastano con i prevalenti toni scuri del piumaggio.

rischio diurno di surriscaldamento e disidratazione per gli animali stessi e per iloro rifugi, al quale peraltro fa riscontro una veloce dissipazione notturna delcalore in ambienti così esposti. Alcune specie, quindi, presentano particolariadattamenti comportamentali e anatomici che riducono questi rischi. Alcune,ad esempio, limitano la loro attività alle ore notturne o crepuscolari, rimanendonascoste durante il giorno, come nel caso dei pochi anfibi che si avventuranoin questi ambienti e di alcuni mammiferi; per molti uccelli, invece, il piumaggiorealizza un ottimo isolamento termico, mentre il tegumento corneificato deirettili limita la perdita di acqua dal loro corpo. D’altra parte, l’intensa e diffusainsolazione offre condizioni ideali per animali ectotermi come questi ultimi, chedipendono dal riscaldamento solare per la loro attività.Anche la scarsità di acqua superficiale, fattore che caratterizza fortemente iprati aridi, condiziona la vita dei vertebrati. Questi ambienti sono infatti preclu-si ai pesci e alla quasi totalità degli anfibi, mentre ospitano numerose specie direttili, uccelli e mammiferi, animali ampiamente affrancati dall’acqua. I verte-brati che vivono regolarmente nei prati aridi hanno una buona tolleranza fisio-logica verso l’indisponibilità di acqua, risparmiandola nei loro processi diescrezione e recuperandola principalmente dal cibo.In Italia, poche sono le specie di vertebrati che vivono esclusivamente nei pra-ti aridi e solo le aree più ampie e più stabili, che si trovano principalmente nel-le regioni meridionali e nelle grandi isole, ospitano queste specie. La maggiorparte dei vertebrati che frequentano i prati aridi italiani, invece, si ritrova in unagamma più ampia di condizioni ambientali, spesso anche meno estreme perquanto riguarda i fattori più limitanti quali l’aridità ed il tipo di copertura vege-tale. Molte di queste specie, inoltre, frequentano i prati aridi solo per particola-ri esigenze biologiche e quindi solo in limitati periodi del giorno o dell’anno, adesempio per alimentarsi o per nidificare, mentre necessitano di condizioniambientali diverse per esplicare altre attività vitali.In ambito italiano, inoltre, le comunità di vertebrati che vivono nei prati aridipresentano una forte diversificazione geografica, non solo per la notevole ete-rogeneità delle condizioni climatiche regionali attuali, dai territori montani del-le Alpi alle coste delle isole mediterranee, ma anche e soprattutto per la note-vole complessità e diversità della storia biogeografica del territorio italiano.Ecco, quindi, che specie diverse di lucertole o di serpenti o di piccoli mammi-feri, con ruolo ecologico simile, vivono nei prati aridi di regioni diverse e alcu-ne forme sono endemiche di territori limitati. Tra tutti i vertebrati che vivono neiprati aridi italiani, vengono di seguito presentate alcune specie particolarmen-te legate a questi ambienti. Vengono trattate più estesamente le specie chevivono nei prati aridi in modo esclusivo o prevalente e che presentano caratte-ristiche anatomiche, modalità fisiologiche e moduli comportamentali partico-larmente funzionali a queste condizioni ambientali.

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Stiaccino (Saxicola rubetra)

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Tra i serpenti, la vipera comune (Vipera aspis), pur presente anche a quotemaggiori, è maggiormente diffusa sui versanti più assolati e secchi della fasciacollinare, soprattutto dove esiste una copertura vegetazionale varia e parzial-mente arbustiva. È strettamente terricola. Gli adulti cacciano piccoli mammife-ri mentre i giovani si nutrono soprattutto di lucertole. Durante il morso, i dentianteriori specializzati iniettano nella preda una saliva velenosa; la preda puòessere trattenuta oppure rilasciata e successivamente rintracciata, quando ilveleno ha fatto effetto, seguendo la sua traccia odorosa.In questi stessi prati aridi prealpini, con alberi e arbusti sparsi, vivono l’ortola-no (Emberiza hortulana) e lo strillozzo (Emberiza calandra), due passeriformiche nei secoli scorsi erano ben più diffusi nell’Italia settentrionale. Durante lastagione riproduttiva, i maschi territoriali sostano a lungo sulla cima di alberiisolati, emettendo il loro canto, semplice ma potente. Le femmine, dal piu-maggio mimetico brunastro e screziato, covano a terra, su nidi costruiti intrec-ciando fili d’erba.A differenza di queste due specie diurne, il succiacapre (Caprimulgus euro-paeus) è un uccello particolarmente adattato all’attività notturna. Durante leore di luce se ne sta immobile a terra o appollaiato sugli alberi: il piumaggioscreziato e la postura raccolta e immobile lo rendono molto mimetico. La suaattività comincia puntualmente al sopraggiungere della notte: in primavera imaschi emettono da un posatoio un canto vibrante, monotono e continuo; neiloro voli sfarfallanti, inoltre, battono sonoramente le ali e possono assumere

101Comune nei prati montani durante la stagione calda è anche il fanello (Car-duelis cannabina). È un passeriforme principalmente granivoro, che si nutre aterra tra l’erba, utilizzando il suo becco corto e robusto. Spesso diverse cop-pie costruiscono i nidi anche molto vicini, sfruttando i pochi arbusti disponibilinei territori adatti. Al di fuori della stagione riproduttiva, il fanello frequentaugualmente terreni aperti ma tollera una maggiore varietà di condizioniambientali, manifestando un comportamento gregario che è alquanto vantag-gioso in questi ambienti privi di copertura arborea.Tra gli altri vertebrati che vivono nei prati aridi della regione alpina ma che fre-quentano spesso anche ambienti diversi, ricordiamo il marasso (Vipera berus)e alcuni mammiferi come la lepre alpina (Lepus timidus) e l’arvicola delle nevi(Chionomys nivalis).Tra gli uccelli, inoltre, si segnalano l’allodola (Alauda arvensis), lo spioncello(Anthus spinoletta), il codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochrurus), il cul-bianco (Oenanthe oenanthe), l’averla piccola (Lanius collurio) e lo zigolo giallo(Emberiza citrinella).

■ Prati aridi prealpini

I prati aridi dei versanti meridionali delle Prealpi e delle aree collinari adiacentiospitano una comunità di vertebrati piuttosto ricca, con specie ben adattatealle locali condizioni xerotermiche.

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Piccolo di ortolano (Emberiza hortulana) nel nido Succiacapre (Caprimulgus europaeus)

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ed erano geneticamente differenziate dalle altre popolazioni europee. Tutta-via, le popolazioni italiane hanno sofferto di una diffusa ibridazione dovutaalle frequenti immissioni di individui provenienti da altre regioni europee, unapratica connessa all’attività venatoria che viene esercitata tradizionalmentesu questa specie.Tra i piccoli roditori che frequentano gli ambienti aperti, l’arvicola campestre(Microtus arvalis) è particolarmente tollerante verso condizioni semiaride.Questa specie, ampiamente diffusa in Europa, ha colonizzato solo la porzio-ne nord-orientale dell’Italia. Vive per lo più nel sottosuolo, scavando gallerienei substrati più argillosi e soffici, ricercando le radici e i tuberi di cui si nutre.Nel sottosuolo alleva pure i piccoli, all’interno di una camera che imbottiscecon l’erba raccolta all’esterno. L’elevata prolificità dell’arvicola campestre,così come quella di altre arvicole, è bilanciata da una altrettanto alta mortalitàdovuta alla predazione, ad opera soprattutto di uccelli rapaci.Possibile predatore di piccoli vertebrati è il biacco (Hierophis viridiflavus), unserpente che frequenta una grande varietà di ambienti ma che preferiscearee erbose e rocciose piuttosto asciutte e assolate. Staziona nei prati aridisoprattutto durante le giornate primaverili, per riscaldarsi a lungo al sole. Aconfronto di altri serpenti, è molto agile e mordace quando viene disturbato.La sua colorazione è maculata di giallo e nero in alcuni individui, ma com-pletamente melanica in altri, con consistenti differenze tra popolazioni diregioni diverse.

una posizione che espone le evidenti macchie bianche della coda. Le femmi-ne covano a terra, tra l’erba, senza costruire un nido. Il succiacapre, specieinsettivora e termofila, è presente in Italia solo nei mesi più caldi mentre sver-na nell’Africa tropicale.Altre specie meno tipiche ma comunque ben diffuse in questi ambienti preal-pini sono il ramarro occidentale (Lacerta bilineata) e alcuni rapaci quali la poia-na (Buteo buteo) e il gheppio (Falco tinnunculus).

■ Prati aridi padani

I pochi lembi di prati aridi rimasti nella pianura Padana (dossi, sabbioni, gravee magredi) costituiscono spesso dei siti di rifugio per vertebrati altrove quasiscomparsi. Inoltre, offrono un habitat ottimale per alcune specie presenti inItalia solo stagionalmente.La lepre europea (Lepus europaeus) è un mammifero particolarmente adatta-to agli ambienti aperti, dai prati pingui e fitti a quelli più aridi dotati solo di unacopertura parziale. Strettamente erbivora, ha pelliccia mimetica e padiglioniauricolari estremamente allungati. Per sfuggire ai predatori, inoltre, la lepreutilizza una gamma di complesse strategie comportamentali, da una posturaimmobile e raccolta con cui si nasconde tra l’erba alle traiettorie zigzaganticon cui si dà alla fuga. Popolazioni autoctone di questa specie erano un tem-po diffuse in tutta l’Italia settentrionale, in particolare nella Pianura Padana,

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Ramarro occidentale (Lacerta bilineata) Lepre europea (Lepus europaeus)

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Tra gli altri rettili, la lucertola campe-stre (Podarcis sicula) è una tipica pre-senza in questi lembi di prati aridi nel-l’ambito della pianura Padana. Ampia-mente diffusa nell’Italia peninsulare edin particolare nelle regioni più meridio-nali, essa è invece ecologicamente piùesigente nell’Italia settentrionale equindi limitata ai litorali e ai pochi sitiadatti dell’entroterra. Qui predilige isubstrati grossolani, almeno in partesabbiosi, ricoperti da erbe basse erade. Vive principalmente a terra,arrampicandosi solo occasionalmente:a terra si termoregola, fuggendo all’interno di cespugli se disturbata, si muovecon circospezione cacciando artropodi e gasteropodi o ancora rincorre i suoisimili nelle dispute per la spartizione del territorio.Tra gli uccelli più tipici dei prati padani, l’allodola (Alauda arvensis) è ben adat-tata per alimentarsi e nidificare a terra, tra l’erba rada, riducendo comunque lapossibilità di essere contattata da possibili predatori. Ha una colorazione bru-nastra fittamente macchiettata di scuro ed è silenziosa quando è a terra. Hainoltre l’abitudine di raggiungere il nido non atterrando direttamente su di essoma posandosi ad una certa distanza e raggiungendolo poi camminando tral’erba, in modo da non svelarne la posizione a possibili osservatori. Durante laprimavera, i maschi si esibiscono in un canto potente e durevole, che accom-pagna un lento volo ascendente, fino ad una altezza di decine di metri dal suo-lo, e termina con una discesa a terra veloce e silenziosa.Più breve e discreto è invece il canto del saltimpalo (Saxicola torquata). Que-sta specie predilige ambienti aperti con alberi e arbusti sparsi. Durante la sta-gione riproduttiva, i maschi si posano sulle cime degli alberi isolati, controllan-do a vista il territorio circostante ed emettendo le loro strofe di canto. Da que-sti punti, inoltre, con la loro postura eretta ostentano un piumaggio contrasta-to nero, bianco e rosso. In questi stessi prati, altri elementi più bassi, comesteli d’erba o paletti, sono invece utilizzati come posatoi per individuare a vistainsetti e altre possibili prede tra l’erba e quindi catturarle con un breve volo.Presenza temporanea in questi stessi prati è quella del falco cuculo (Falcovespertinus). Gruppi di decine di individui di questo rapace vi sostano solo peralcuni giorni, tra aprile e maggio, durante la loro migrazione dalle savane suda-fricane alle steppe eurasiatiche settentrionali dove nidificano. I prati aridi dell’I-talia settentrionale offrono loro la possibilità di alimentarsi di grossi insetti,come ortotteri e coleotteri: appostandosi su qualche albero spoglio o libran-

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Saltimpalo (Saxicola torquata)

Lucertola campestre (Podarcis sicula)

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semi o piccoli invertebrati. D’inverno lepispole si mantengono spesso in grup-petti: silenziose quando sono posate,durante i loro rapidi voli emettono inve-ce continuamente dei semplici suoni dicontatto per mantenersi unite.La starna (Perdix perdix) è uno degliuccelli tradizionalmente più legatiall’ambiente agricolo della PianuraPadana. È una specie prettamente ter-ricola: cammina e razzola al suolo peralimentarsi di semi e altro materialevegetale, spesso mantenendosi ingruppi familiari; sfugge ai predatoripreferibilmente correndo e nascon-dendosi a terra; solo se necessario, sialza in un corto volo poco sostenuto.La starna è attualmente in netto decli-no, per i drastici cambiamenti ambien-tali indotti dalle tecniche agricole moderne e per l’intenso prelievo venatorio dicui è stata oggetto. Molte delle popolazioni attualmente esistenti non sono ingrado di automantenersi e persistono solo grazie alle continue immissioni pra-ticate nell’ambito della loro gestione venatoria. Nel contesto della PianuraPadana, i lembi di prati aridi che rimangono costituiscono spesso importantiaree di rifugio per questa specie. Condizioni ambientali più estreme sono quelle ricercate dall’occhione (Burhinusoedicnemus), un uccello particolarmente adattato alle aree semidesertiche, concopertura erbosa discontinua e con arbusti radi. Nell’ambito dell’Italia setten-trionale, i prati aridi e i greti che cingono i maggiori corsi d’acqua della pianurapadano-veneta costituiscono gli unici siti favorevoli al suo insediamento. L’oc-chione è comunque presente anche nel resto dell’Italia in altri habitat simili.Altri vertebrati che si possono ritrovare comunemente in questi ambienti sonoalcuni rettili quali il ramarro occidentale (Lacerta bilineata) e la lucertolamuraiola (Podarcis muralis) e uccelli tra cui il beccamoschino (Cisticola juncidis)e il cardellino (Carduelis carduelis).

■ Prati aridi carsici

La regione del Carso, per la sua peculiare localizzazione e per la sua storiabiogeografica, ospita attualmente una fauna in parte diversa rispetto al restodell’Italia settentrionale. Alcune specie di origine illirica, in particolare, trovano

dosi in volo, individuano le loro prede dall’alto e scendono quindi a terra percatturarle con gli artigli ed il becco uncinato. I maschi e le femmine che com-pongono questi gruppi in sosta presentano piumaggi molto diversi: nei primiprevale il color lavagna, nelle seconde il fulvo.L’albanella reale (Circus cyaneus) è invece presente solo durante i mesi inver-nali. Questo grande rapace, dopo aver nidificato nell’Europa settentrionale edorientale, migra nelle regioni europee più meridionali, svernando anche nellaPianura Padana. Predilige ampi territori aperti, quali coltivi, incolti e prati. Lasua tecnica di caccia consiste nel perlustrare a lungo e con sistematicità lasuperficie del terreno, con un volo basso, mantenendosi a meno di un metro dialtezza, per avventarsi poi con le zampe piuttosto lunghe sui piccoli vertebratiche si muovono a terra o tra la vegetazione bassa.Un altro rapace che frequenta regolarmente questi ambienti nella stagioneinvernale è lo smeriglio (Falco columbarius). È un piccolo falco, capace di unvolo rapido e dotato di vista molto acuta. Caccia principalmente piccoli pas-seriformi che si alimentano nei prati o nei coltivi. Nella stagione più calda siporta invece nelle più estreme regioni settentrionali dell’Eurasia, dove si ripro-duce negli ambienti aperti di tundra, spesso nidificando al suolo.In questi stessi ambienti prativi della Pianura Padana sverna anche la pispola(Anthus pratensis), un passeriforme che nidifica solo a Nord delle Alpi. Comealtre specie affini, ha un piumaggio bruno, fittamente screziato di scuro nelleparti superiori, ed è quindi poco visibile quando zampetta a terra alla ricerca di

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Falco cuculo (Falco vespertinus)

Starna (Perdix perdix)

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Lucio BonatoL’occhione

Nell’ambito dei caradriiformi, un gruppodiversificato di uccelli legati principal-mente alle zone umide, l’occhione (Burhi-nus oedicnemus) si distingue per la suaecologia tutta particolare. Questa specievive in ambienti aridi e caldi, su substratipietrosi o comunque nudi, dove la vege-tazione è rappresentata al più da erbe, incondizioni che vanno da quelle steppichea quelle semidesertiche. In Italia, quindi, l’occhione è presentesolo in aree ristrette e frammentate, dovepersistono queste condizioni ambientali.È il caso, in particolare, dei greti più ampie indisturbati dei fiumi padani e veneto-friulani, delle aree dunali e dei versantipiù brulli della campagna toscana elaziale, delle steppe pascolate pugliesi,lucane, siciliane e sarde. Le popolazionidell’Italia settentrionale sono migratrici,spostandosi a Sud al di fuori della sta-gione riproduttiva, mentre quelle dell’Ita-lia peninsulare e delle grandi isole sonoper lo più sedentarie.

Molte sono le peculiarità biologiche,comportamentali e anatomiche dell’oc-chione che consentono a questa speciedi sopravvivere e riprodursi in questiambienti aperti, aridi e caldi.Quando l’occhione è in volo, il disegnobianco e nero delle sue ali è piuttostoappariscente, ma quando si ferma aterra e chiude le ali il suo piumaggioestremamente sobrio e mimetico lo ren-de poco distinguibile dal substrato.Questa livrea mimetica è comune aimaschi e alle femmine e ciò è in rappor-to al fatto che entrambi i sessi parteci-pano alternativamente alla cova delleuova. Mentre gli adulti possono semprecontare sulle loro capacità di volo perfuggire a possibili predatori, i pulcininon ancora in grado di volare adottanoun’altra strategia, estremamente fun-zionale in questi ambienti uniformi epiatti: all’allarme dato dai genitori, siappiattiscono istintivamente a terra,allungando il collo in avanti. Anche il

nido è poco visibile: solitamente duesole uova, molto screziate, deposte suun semplice avvallamento.L’occhione è attivo soprattutto di notte,quando la temperatura è più bassa etollerabile, i predatori sono meno effi-cienti e molti invertebrati di cui si nutrehanno la possibilità di uscire in superfi-cie. È nelle notti di primavera che imaschi si contendono i territori e cor-teggiano le femmine, lanciando i lorosuoni acuti e lamentosi. È di notte chegli occhioni si alimentano, aggregando-si nelle aree più ricche di cibo, doveraccolgono gasteropodi, lombrichi,insetti e altri piccoli animali. Un occhiorelativamente grande, dotato di un’iridemolto contrattile, è quindi ottimale perpassare dall’intensa luce diurna delleassolate distese pietrose alla luce fiocadella notte. Durante il dì, invece, gli occhioni sonopoco attivi, rimangono elusivi e vigili,pronti a correre velocemente con le loro

zampe lunghe e robuste. Durante la sta-gione riproduttiva, gli adulti in covarimangono ore sotto il sole, talvolta conil becco aperto per facilitare la dissipa-zione del calore, proteggendo le uovadall’eccessivo riscaldamento. Mentre unadulto cova, l’altro rimane di guardia neipressi: al sopraggiungere di un predato-re, lancia un grido d’allarme, attira l’at-tenzione dell’intruso correndo e volandoe consente quindi al compagno di allon-tanarsi con discrezione dal nido,nascondendosi dentro al cespuglio piùvicino.Come in altre parti dell’Europa, anche inItalia l’occhione è oggi in pericolo. I con-tingenti riproduttivi italiani sono stimatiin alcune centinaia di coppie ed il trendè negativo. La conversione di terrenisteppici, prima incolti o solo pascolati,in aree agricole o urbanizzate è tra lecause più rilevanti di questa situazione,assieme al disturbo diretto nei territori dinidificazione.

Occhione (Burhinus oedicnemus) Nido di occhione nei magredi friulani

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mente grandi, protetti da particolari sporgenze sopraciliari, gli consentono dicacciare a vista in ambienti particolarmente assolati, muovendosi a terra. I suoidenti posteriori sono inoltre in grado di inoculare una saliva velenosa nelle prede.

■ Prati aridi appenninici collinari

I prati aridi della penisola italiana che si trovano a quote più basse ospitanoalcuni vertebrati particolarmente adattati alle condizioni calde e asciutte,spesso tipicamente mediterranee, che caratterizzano questi ambienti.Il mustiolo (Suncus etruscus), ad esempio, è un piccolo toporagno non più lun-go di 5 cm e che raggiunge al più 2 g di peso ed è quindi tra i più piccoli mam-miferi esistenti al mondo. Le sue dimensioni ridotte gli consentono di muover-si e rifugiarsi nei depositi pietrosi più superficiali, sfruttando anche stretti per-tugi. Il muso allungato del mustiolo termina con un naso molto sensibile che gliconsente di individuare gli artropodi terricoli di cui si nutre. Relativamente agi-le e piuttosto aggressivo, riesce a catturare prede anche di dimensioni para-gonabili alle proprie, come i grossi ortotteri che abbondano nei prati aridi.Nonostante i toporagni siano per lo più legati ad ambienti forestali, il topora-gno nano (Sorex minutus) può utilizzare anche i prati aridi appenninici cometerreno di caccia. Come gli altri toporagni, il suo intenso metabolismo e la for-te dispersione termica della sua superficie corporea gli impongono di alimen-tarsi con altissima frequenza. A differenza di altre specie, però, caccia più fre-

qui il loro limite occidentale di distribuzione. Tra queste, anche alcuni vertebra-ti tipici dei prati aridi.È questo il caso della lucertola adriatica (Podarcis melisellensis), una specie adareale ristretto, limitata ai prati pietrosi ed asciutti della fascia costiera dalmatae che raggiunge a Nord il Carso Triestino. È una piccola e gracile lucertola, lacui colorazione dorsale varia da individuo ad individuo sia nella tonalità, che vada bruno chiaro a verde, sia nell’estensione della maculatura. Rispetto allalucertola muraiola (Podarcis muralis) e ad altre specie affini, la lucertola adriati-ca è maggiormente adattata a queste condizioni aride: preferisce infatti areepiù assolate e si arrampica meno frequentemente, muovendosi invece preva-lentemente a terra alla ricerca di insetti e altri artropodi.Predatore specializzato di lucertole è il serpente gatto europeo (Telescopusfallax). È una specie distribuita nella regione mediterranea orientale e raggiun-ge ad Ovest il Carso italiano. Questo serpente caccia principalmente al crepu-scolo, anche di notte durante l’estate, soprattutto su terreni rocciosi. Ricercale sue prede nei loro rifugi, in cavità nel suolo o nelle fessure tra i sassi, oppu-re le segue cautamente all’aperto quando sono attive. Trattenendole in bocca,le uccide con il veleno iniettato dai denti posteriori.Altro predatore di lucertole è il colubro lacertino (Malpolon monspessulanus).Tipico delle coste mediterranee, in Italia questo serpente è presente con certez-za solo sulla costa ligure occidentale, ma è ben diffuso anche lungo la costa dal-mata ed è quindi possibile che raggiunga il Carso Triestino. Gli occhi relativa-

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Colubro lacertino (Malpolon monspessulanus)Lucertola adriatica (Podarcis melisellensis)

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gire ai predatori. Il piumaggio degliadulti, sia nei maschi sia nelle femmi-ne, presenta disegni complessi: spic-cano in particolare una maschera fac-ciale contrastata, un evidente collarenero sul petto e una barratura castanasui fianchi, tutti elementi coinvolti nellacomunicazione visiva tra gli individui.Così come per altri galliformi di inte-resse venatorio e legati agli ambientiagro-pastorali tradizionali, le popola-zioni autoctone di questa specie han-no subito una contrazione e sono statelocalmente rimpiazzate da animali rila-sciati di origine alloctona o ibrida.I versanti erbosi con alberi e arbustiisolati offrono condizioni favorevolianche alla tottavilla (Lullula arborea),un piccolo passeriforme affine all’allo-dola. Come quest’ultima, la tottavilla è molto mimetica quando è a terra peralimentarsi di semi o di invertebrati. Anch’essa nidifica al suolo, tra l’erba. Nel-la stagione riproduttiva, il maschio marca il proprio territorio con una caratteri-stica esibizione aerea, che consiste di ascese e discese a spirale e di voli sfar-fallanti accompagnati da liquidi trilli.Più legata al terreno è invece la monachella (Oenanthe hispanica). È un uccel-lo che frequenta terreni piuttosto accidentati, rocciosi, con radure erbose dis-seminate di arbusti. Su queste superfici si muove solitamente con voli brevi ebassi, a pochi decimetri di altezza, mettendo in evidenza il disegno contrasta-to bianco e nero del dorso della coda. Durante la primavera, i maschi emetto-no il loro canto ponendosi in evidenza su qualche masso o su altri punti emer-genti ed ostentando il loro piumaggio fortemente contrastato nero e fulvo. Lefemmine, invece, più mimetiche, covano su nidi sistemati tra i sassi. Stretta-mente insettivora e con un areale riproduttivo mediterraneo, questa specie èpresente in Italia solo durante la stagione calda, mentre trascorre l’inverno asud del Sahara.Frequente sui terreni asciutti ed erbosi dell’Italia peninsulare è anche il calandro(Anthus campestris), piccolo uccello dal piumaggio dimesso color sabbia equindi molto mimetico quando è posato sulla terra nuda. Principalmente inset-tivoro, il calandro caccia zampettando velocemente al suolo, ondeggiando lacoda per bilanciarsi: ricerca a vista insetti ed altri invertebrati e li rincorre conbrevi accelerate per catturarli prontamente con il suo becco sottile. Durante la

quentemente in superficie. Individua leprede mediante l’olfatto e l’udito e leuccide a morsi anche grazie alla suasaliva velenosa.Tra i serpenti che vivono su questistessi versanti collinari caldi, il colubrodi Riccioli (Coronella girondica) è unatipica specie della regione mediterra-nea occidentale che raggiunge anchela penisola italiana ed in particolarel’Appennino settentrionale. Snello,solitamente non più lungo di mezzometro, dal colore chiaro maculato dibruno, questo serpente è attivo siadurante il dì che al crepuscolo. Si muo-ve al suolo, cacciando soprattuttolucertole e gechi.Predatore specializzato di serpenti è ilbiancone (Circaetus gallicus), un gran-

de rapace dal piumaggio chiaro che perlustra in volo prati e arbusteti dellecolline mediterranee per cogliere di sorpresa questi animali mentre se nestanno fermi al sole per termoregolarsi. Li cattura e li blocca con i suoi poten-ti artigli e li uccide poi sul posto con il suo becco uncinato. Durante la stagio-ne riproduttiva, trasporta in volo i serpenti uccisi, penzolanti dal becco, fino alnido che è solitamente situato su un albero in aree boschive. Poiché la dispo-nibilità di queste prede è fortemente ridotta al di fuori della stagione calda, ilbiancone abbandona in autunno l’Europa e passa l’inverno nelle steppe afri-cane del Sahel, in Africa.Analogo è il comportamento migratorio dell’averla capirossa (Lanius senator),un passeriforme che sverna egualmente nel Sahel e frequenta le regionimediterranee solo durante la stagione estiva. Questa specie prediligeambienti caldi, aridi e arbustati e si insedia quindi particolarmente nelle zonecollinari dell’Appennino. Il suo piumaggio adulto è fortemente contrastato dibianco, nero e rosso. Il disegno è in parte differente tra le popolazioni peninsu-lari e quelle di Corsica e Sardegna. È un predatore di grossi insetti, che cattu-ra con il suo robusto becco leggermente uncinato all’apice. In condizioni diabbondanza alimentare non consuma subito le prede ma le infilza o le sistemasu spine e rametti di arbusti, conservandole come riserva.Presenza stabile sui versanti aridi dell’Appennino settentrionale è invece quel-la della pernice rossa (Alectoris rufa). Come altri galliformi, questa specie simuove principalmente a terra, tra l’erba, volando solo se disturbata e per sfug-

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Averla capirossa (Lanius senator) Calandro (Anthus campestris)

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vivono nei prati aridi delle colline appenniniche. Tra i rettili, ricordiamo il ramar-ro occidentale (Lacerta bilineata), la vipera comune (Vipera aspis) e il biacco(Hierophis viridiflavus). Tra gli uccelli, i più comuni sono la poiana (Buteobuteo), il gheppio (Falco tinnunculus), l’assiolo (Otus scops), il succiacapre(Caprimulgus europaeus), il passero solitario (Monticola solitarius), lo zigolonero (Emberiza cirlus) e lo strillozzo (Emberiza calandra).

■ Prati aridi appenninici montani

Altri vertebrati, meno termofili, vivono negli ambienti prativi aperti, spesso roc-ciosi e ventosi, che si sviluppano lungo l’Appennino alle quote maggiori.Il colubro liscio (Coronella austriaca), in particolare, tende qui a sostituire il simi-le colubro di Riccioli (Coronella girondica). Queste due specie di serpenti sonomolto simili per aspetto: tuttavia, mentre il colubro di Riccioli è più termofilo elimitato alle regioni mediterranee, il colubro liscio tollera condizioni più frescheed è quindi diffuso nella maggior parte dell’Europa. Entrambi si nutrono in pre-valenza di lucertole e vivono quindi in ambienti aperti prevalentemente erbosi.Analogamente, il culbianco (Oenanthe oenanthe) è un piccolo uccello similealla monachella (Oenanthe hispanica). Come quest’ultimo, è caratterizzato dauna vistosa coda con un disegno contrastato bianco e nero. Frequentaanch’esso terreni erbosi e rocciosi accidentati, nidificando e cacciando a ter-ra e volando solitamente molto basso sulla superficie. Tuttavia, mentre la

stagione riproduttiva, i maschi sorvola-no ripetutamente i loro territori prativicon un tipico volo ondulato, marcandole fasi discendenti di questo volo consemplici suoni staccati. È una tipicaspecie migratrice, presente in Italiasolo nella stagione estiva. Analogo è ilcomportamento migratorio della qua-glia (Coturnix coturnix). Questo piccolouccello elusivo vive da aprile a settem-bre in buona parte dell’Europa, Italiacompresa, dove nidifica in aree prativee agricole, preferendo coperture erbo-se continue e non troppo aride. Qui,

nascosti tra l’erba, i maschi emettono i loro netti e penetranti canti trisillabici. Ininverno invece vive principalmente in Africa, a sud del Sahara, in ambienti piùspiccatamente aridi e steppici. La migrazione avviene di notte, in gruppi, convolo attivo, diretto e con poche soste.I versanti collinari più brulli, intercalati da pareti rocciose e calanchi, offronocondizioni ambientali favorevoli al lanario (Falco biarmicus), un rapace tipicodell’ambiente semidesertico africano ma presente anche nella penisola italia-na, a Nord fino all’Appennino Emiliano. Di corporatura robusta, ha una colora-zione più pallida di altri falchi, senza evidenti differenze tra i due sessi, e conun tipico cappuccio color sabbia. Durante la stagione riproduttiva, le coppieperlustrano in volo ampi terreni steppici principalmente alla ricerca di piccoliuccelli, spesso cooperando per spaventarli e catturarli in volo. In Italia, questaspecie ha subito un notevole declino numerico nel recente passato, anche acausa del disturbo diretto operato dall’uomo ai siti di nidificazione.Tra le numerose specie di pipistrelli che vivono nella penisola italiana, ilvespertilio maggiore (Myotis myotis) e il vespertilio di Blyth (Myotis blythii) sonoquelle che frequentano più regolarmente ambienti aperti come i prati aridi.Dopo il tramonto, escono dai loro rifugi diurni e iniziano a volare lenti e bassi,a non più di qualche metro di altezza dal suolo. Scandagliano la superficie congli echi dei loro ultrasuoni, individuando così grossi insetti e altri artropodi chesi muovono al suolo o tra l’erba, per poi catturarli al volo oppure fermandositemporaneamente a terra. Nonostante le due specie siano morfologicamentemolto simili e formino anche colonie riproduttive miste, le loro preferenze estrategie alimentari sono piuttosto differenti: il vespertilio maggiore cacciaprincipalmente su prati più radi e più bassi, raccogliendo soprattutto carabidie altri insetti terragnoli; il vespertilio di Blyth, invece, caccia soprattutto tra leerbe più alte, raccogliendo cavallette e coleotteri volatori. Molte altre specie

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Vespertilio maggiore (Myotis myotis)

Biacco (Hierophis viridiflavus)

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■ Prati aridi della penisola italiana meridionale

Ancora più estreme possono essere le condizioni di aridità nella parte piùmeridionale della penisola italiana, soprattutto nelle fasce litorali e nell’entro-terra, a bassa quota, in relazione ai caratteri spiccatamente mediterranei delclima. Prati propriamente aridi sono qui piuttosto frequenti e spesso ancheestesi. Queste condizioni sono alquanto selettive, ma alcune specie di verte-brati vi sono particolarmente adattate.La testuggine greca (Testudo graeca) e la testuggine di Hermann (Testudo her-manni), ad esempio, vivono sui substrati sabbiosi più prossimi alle coste.Ricoperti da una pelle coriacea e impermeabile e dotati di un carapace osseoin cui possono ritrarsi completamente, questi animali sono ben protetti controla disidratazione e contro l’attacco di predatori. Possono quindi muoversianche durante le ore di luce, per alimentarsi di piante. Le popolazioni italianesono in declino a causa dell’alterazione dei loro habitat originari e dell’intensoprelievo di individui destinati alla cattività.Nei prati rocciosi più prossimi alle coste mediterranee può vivere anche ilrospo smeraldino (Bufo viridis), tra gli anfibi italiani quello che riesce maggior-mente a tollerare i substrati aridi. La sua pelle, finemente maculata di verde oli-va su fondo grigio, è grinzosa, verrucosa e può rimanere asciutta a lungo. Ilrospo smeraldino rimane nascosto nel suolo durante il dì, contratto ed appiat-tito in una piccola nicchia spesso ricavata sotto un sasso, a contatto con ter-

monachella è termofila e limitata a stazioni propriamente mediterranee, il cul-bianco la sostituisce a quote maggiori lungo tutto l’Appennino, oltre che nelresto dell’Europa.Le più estese praterie appenniniche sono territori di caccia per il gheppio (Fal-co tinnunculus), un falco ampiamente diffuso in Italia, capace di adattarsi adambienti anche diversi, dalle rupi montane alle piane agricole ed urbanizzate,ma che esige comunque estesi terreni erbosi per predare piccoli mammiferi egrossi insetti. Grazie alla sua vista acuta e alla notevole abilità di volo, ricercale prede perlustrando il terreno da una altezza di diversi metri, spesso sostan-do in volo stazionario vibrando velocemente le ali oppure rimanendo immobilead ali spiegate sfruttando le brezze.In alcune aree montane dell’Appennino centrale, caratterizzate da una spicca-ta aridità, vivono le uniche popolazioni italiane della vipera di Orsini (Viperaursinii). Più piccola e meno velenosa di altre vipere, questa specie caccia prin-cipalmente ortotteri muovendosi al suolo, tra l’erba, principalmente nelle orediurne. La specie è presente in diverse regioni isolate dell’Europa meridionalee dell’Asia occidentale e alcune sue caratteristiche morfologiche differisconoda una regione ad un’altra; anche le sue preferenze ambientali ed alimentarisono talvolta marcatamente diverse.Altre specie comuni nelle praterie aride d’alta quota dell’Appennino sono il pri-spolone (Anthus trivialis), lo spioncello (Anthus spinoletta), il codirosso spazza-camino (Phoenicurus ochrurus) e lo stiaccino (Saxicola rubetra).

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Vipera di Orsini (Vipera ursinii) Rospo smeraldino (Bufo viridis)

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119118 riccio fresco e umido. Esce in superfi-cie solo durante la notte o nelle giorna-te piovose. Per la riproduzione, tutta-via, dipende dall’ambiente acquatico:le larve riescono comunque a svilup-parsi nelle pozzanghere effimere che siformano durante la primavera mediter-ranea.Anche il coniglio selvatico (Oryctola-gus cuniculus) è spesso presente inquesti ambienti litoranei asciutti,coperti da macchie erbose e arbustive, così come in altri ambienti prativi del-l’entroterra, pascolati o coltivati. Più piccolo della lepre, ha orecchie e zampemeno allungate rispetto a quest’ultima. Il coniglio selvatico ha inoltre una gran-de capacità di scavare gallerie nel suolo e muoversi in complessi sistemi ditane sotterranee. Fortemente coloniali, i conigli escono all’aperto soprattuttodi notte, per alimentarsi di erbe e bulbi, pronti a dare l’allarme tambureggiandosul terreno con i piedi posteriori e a fuggire velocemente a balzi.Le radure aride più rocciose sono frequentate anche dai gechi, in particolaredal geco verrucoso (Hemidactylus turcicus) e dal geco comune (Tarentola mau-ritanica). Il primo è più piccolo e pallido, il secondo più grande e bruno scuro.Nascosti tra gli anfratti rocciosi durante il dì, di notte si muovono all’aperto,arrampicandosi sulle superfici rocciose grazie alla notevole aderenza garantitadai cuscinetti specializzati delle loro dita. Cacciano insetti e altri artropodi avista, grazie ai grandi occhi dotati di palpebre fisse e di pupille verticali.Anche il geco di Kotschy (Cyrtopodion kotschyi) vive in ambienti simili. Si trat-ta però di una specie mediterranea prettamente orientale e la sua presenza inItalia è limitata ai bassopiani pietrosi ed aridi della penisola Salentina, dovepuò essere localmente anche abbondante. A differenza di altri gechi, le suedita sono meno specializzate per l’adesione e le sue capacità di arrampicarsisono quindi più limitate.Il colubro leopardino (Elaphe situla) è un serpente che vive nelle più estremeregioni meridionali dell’Italia, dalla Puglia alla Sicilia orientale. A differenza di altrespecie affini, la sua livrea è molto vistosa, sia negli stadi giovanili sia in età adul-ta, ed è caratterizzata da una marcata maculatura nera e mattone su un colore difondo grigio chiaro. Più termofilo di altre specie, frequenta aree assolate, asciut-te e rocciose. Qui si muove a terra, durante il giorno, alla ricerca di piccoli mam-miferi che trattiene con i denti e talvolta soffoca avvolgendoli con il suo corpo.Tra i più colorati uccelli della fauna italiana, il gruccione (Merops apiaster) èspecializzato nel catturare in volo grossi insetti che frequentano le macchie e iprati aridi, soprattutto quelli dell’Italia peninsulare. Il becco sottile e allungato

Geco comune (Tarentola mauritanica)

Gruccione (Merops apiaster)

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alla manovrabilità delle lunghe ali edella coda forcuta, ricercando a vistanon solo prede vive da cogliere di sor-presa ma anche animali morti.Una dieta basata fondamentalmentesulle carogne è invece quella del capo-vaccaio (Neophron percnopterus), unavvoltoio in forte diminuzione nellapenisola italiana e oggi limitato allearee meridionali più aride e rocciose.Qui è presente solo durante la stagio-ne calda, mentre passa l’inverno nelle steppe africane. Individua le carognedall’alto e le avvicina quindi saltellando a terra. La faccia gialla completamen-te priva di penne e il becco relativamente lungo e uncinato gli permettono diraggiungere anche le parti più interne delle carogne, inaccessibili ad altri ani-mali.Tipici passeriformi delle lande sassose ed erbose dell’Italia meridionale sonola calandra (Melanocorypha calandra) e la calandrella (Calandrella brachy-dactyla). Affini all’allodola (Alauda arvensis), sono due specie ben più termofileed i loro areali riproduttivi sono limitati alle penisole e alle isole mediterranee.Entrambe hanno piumaggio dimesso e si alimentano a terra, zampettando allaricerca di semi e artropodi. Più grande e con il becco più robusto la calandra,più piccola e con il becco più sottile la calandrella. In primavera, i maschi siesibiscono in voli canori complessi e continui, a qualche decina di metri dialtezza: mentre le esibizioni della calandra sono più ricche di traiettorie circo-lari e spirali, quelle della calandrella sono caratterizzate da una più frequentealternanza di ascese e discese. I suoni, inoltre, sono diversi. Mentre la calan-dra permane sugli stessi territori durante tutto l’anno, vagando in piccoli stor-mi durante l’inverno, la calandrella migra a sud del Sahara.Frequente in questi stessi prati aridi è anche la cappellaccia (Galerida cristata),che è comunque meno termofila e ha quindi colonizzato gran parte dell’Europa.I maschi sono fortemente territoriali durante la stagione riproduttiva ed emetto-no i loro canti sia da posatoi presso il suolo sia durante le lunghe e sfarfallantievoluzioni aeree. Alcune penne sul vertice del capo sono particolarmente allun-gate e vengono erette quando gli individui si fronteggiano, posati a terra a brevedistanza, in atteggiamento aggressivo oppure durante il corteggiamento. Il bec-co, piuttosto lungo e leggermente curvato, permette alla cappellaccia di ricerca-re e raccogliere il cibo con notevole precisione, ad esempio scavando nel suolo,catturando insetti in volo e manipolando semi coriacei per romperne il guscio.Un tempo diffusa in buona parte dell’Italia peninsulare, la lepre italica (Lepuscorsicanus) è oggi limitata ad alcune aree più isolate dell’Appennino meridio-

permette al gruccione di catturare con sicurezza anche prede potenzialmentepericolose come bombi e altri imenotteri e di renderli poi inoffensivi battendolisui rami. Lo stesso becco, inoltre, durante la primavera, viene usato intensa-mente per scavare tunnel e piccole camere all’interno di depositi di argilla esabbia, in corrispondenza di scarpate verticali o anche su versanti nudi adebole pendenza. Dentro queste camere buie e relativamente fresche deponele uova e alleva i piccoli. La sua presenza in Italia è limitata alla stagione calda,mentre trascorre l’inverno nell’Africa tropicale.Il grillaio (Falco naumanni) è una specie di falco particolarmente adattata alledistese steppiche. La sua dieta è basata principalmente sui grossi insetti, qua-li le cavallette, che abbondano in questi ambienti. In inverno le ricerca per lopiù nelle savane e nelle praterie dell’Africa centro-meridionale, in estate invecenei territori steppici presenti dall’Europa mediterranea all’Asia centrale, dove siriproduce. In Italia, le maggiori colonie nidificano sulle mura e sui tetti di alcunicentri storici della Puglia e della Basilicata, tra le Murge e la Lucania. In questistessi ambienti urbani i grillai si concentrano di notte per dormire, mentredurante il dì si disperdono nelle distese agricole e nei pascoli circostanti peralimentarsi. La specie nidifica anche in Sicilia e in Sardegna.Tra gli altri rapaci che frequentano i più estesi prati aridi dell’Italia meridionale,il nibbio reale (Milvus milvus) è presente tutto l’anno. Pur nidificando principal-mente in valli boscose impervie, questa specie necessita per l’alimentazionedi ampie distese aperte. Perlustra questi territori con volo lento e alto, grazie

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Calandrella (Calandrella brachydactyla)

Grillaio (Falco naumanni)

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nale, dal Lazio alla Sicilia. Questa spe-cie di lepre, esclusiva dell’Italia, ècaratterizzata da dimensioni più picco-le e da una pelliccia più rossiccia suldorso e più contrastata sui fianchirispetto alla lepre europea (Lepuseuropaeus). La sua diffusione origina-ria si è fortemente contratta a causadella caccia diretta e delle numeroseintroduzioni di ceppi alloctoni.Molti altri vertebrati vivono nei prati ari-di della parte più meridionale dellapenisola italiana. Tra i rettili si segnala-no il ramarro occidentale (Lacerta bili-neata), la lucertola campestre (Podar-cis sicula), il cervone (Elaphe quatuorli-neata), il biacco (Hierophis viridiflavus)e la vipera comune (Vipera aspis). Tragli uccelli, l’occhione (Burhinus oedic-nemus), l’assiolo (Otus scops), il passero solitario (Monticola solitarius), il car-dellino (Carduelis carduelis), lo zigolo nero (Emberiza cirlus), lo zigolo capinero(Emberiza melanocephala) e lo strillozzo (Emberiza calandra).

■ Prati aridi siciliani

La fauna che caratterizza gli ambienti prativi asciutti della Sicilia è in gran par-te la stessa che vive nelle parti più meridionali della penisola italiana. Tuttavia,alcuni vertebrati particolarmente adattati a queste condizioni ambientali sonoesclusivi della Sicilia o comunque più diffusi in quest’isola che altrove.È il caso della lucertola di Wagler (Podarcis wagleriana), che vive solo in Siciliae in alcune isole circostanti. È la lucertola più comune negli ambienti prativiaperti ed asciutti dell’entroterra, mentre tende a essere sostituita lungo lecoste dalla lucertola campestre (Podarcis sicula). Si muove principalmente aterra, cacciando artropodi del suolo. Durante la stagione primaverile, ilmaschio presenta una vivace colorazione, con il dorso verde e maculato discuro ed il ventre arrossato.La crocidura siciliana (Crocidura sicula) è un piccolo insettivoro simile peraspetto ed abitudini ad altri toporagni che vivono in Italia, ma endemico dellaSicilia e di alcune isole circostanti. Pur frequentando un’ampia varietà di habi-tat, anche forestali, caccia frequentemente in aree di gariga e in prati aridi:muovendosi tra l’erba e nelle cavità più superficiali, ricerca possibili prede gra-

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Prati aridi su substrato carbonatico, spesso affiorante, presso Capo d’Otranto (Puglia)

Strillozzo (Emberiza calandra)

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lonizzazione naturale della Sicilia nonsembra probabile, data la sua seden-tarietà e la sua scarsa attitudine alvolo. Simile ad una quaglia per aspettoed abitudini, la quaglia tridattila è sololontanamente imparentata con i gal-liformi e rappresenta, nei loro confron-ti, un caso di convergenza evolutivaper adattamento a condizioni di vitasimili. Peculiare è il comportamentoriproduttivo: le femmine emettono suo-ni nasali e cupi per attirare i maschi,mentre sono questi ultimi ad occuparsidella cova.Altri vertebrati siciliani frequentanocomunemente i prati aridi, oltre chealtri ambienti. Tra i rettili, la lucertolacampestre (Podarcis sicula), il ramarroorientale (Lacerta viridis), il geco verru-coso (Hemidactylus turcicus), il geco comune (Tarentola mauritanica), il biacco(Hierophis viridiflavus), il colubro leopardino (Elaphe situla) e la vipera comune(Vipera aspis). Tra gli uccelli, il nibbio reale (Milvus milvus), il gheppio (Falco tin-nunculus), il grillaio (Falco naumanni), il lanario (Falco biarmicus), l’occhione(Burhinus oedicnemus), la calandra (Melanocorypha calandra), la calandrella(Calandrella brachydactyla), la tottavilla (Lullula arborea), il saltimpalo (Saxicolatorquata), il passero solitario (Monticola solitarius), l’averla capirossa (Laniussenator), lo zigolo nero (Emberiza cirlus) e lo strillozzo (Emberiza calandra).

■ Prati aridi sardi

Il lungo isolamento geografico che ha segnato la storia della Sardegna ha for-temente condizionato la fauna attuale di questa grande isola. Specie esclusi-ve o comunque assenti nel resto dell’Italia si ritrovano anche nelle comunitàdi vertebrati che attualmente vivono nei territori steppici di quest’isola. Inol-tre, la relativa estensione e il buon grado di naturalità di queste aree permet-te la sopravvivenza in Sardegna di specie altrimenti scomparse nel resto del-l’Italia.Ad esempio, la crocidura rossiccia (Crocidura russula) è un piccolo toporagnopresente in Sardegna con una forma evolutivamente differenziata rispetto allealtre popolazioni europee e nord-africane. Colonizza terreni particolarmentecaldi e asciutti, coperti da vari tipi di vegetazione sia arbustiva sia erbacea.

125zie alla sensibilità tattile e olfattiva del suo muso allungato e riesce a sopraffa-re a morsi anche animali relativamente grandi come ragni, lombrichi e scolo-pendre. La sua intensa e continua attività si contrappone ad una attesa di vitadi poco più di un anno.Nelle aree sabbiose o comunque aride, soprattutto lungo i bassi litorali, viveinvece il gongilo (Chalcides ocellatus), una lucertola dalla morfologia piuttostospecializzata, adatta a fuggire agilmente, insinuarsi nel groviglio della vegeta-zione più bassa o infossarsi nella sabbia. Ha infatti collo grosso, tronco allun-gato, coda ingrossata alla base e zampe funzionali ma relativamente piccole.Le squame che rivestono la superficie corporea sono uniformemente lisce; lamaggior parte di esse è di colore fulvo chiaro, ma alcune portano una macchiabianca contornata di nero. È un predatore di artropodi, attivo durante il dì tran-ne che nelle ore più assolate e calde.Tra i rapaci che cacciano negli ambienti aperti spicca l’aquila di Bonelli (Hie-raaetus fasciatus), specie tipicamente mediterranea, piuttosto rara e in diminu-zione. Dalle gole rocciose e dai versanti accidentati dove nidifica, questo rapa-ce si porta su versanti ed altopiani aridi e spogli, per cacciare principalmenteconigli e uccelli terricoli.Specie un tempo tipica delle praterie aride a palma nana delle coste meridio-nali della Sicilia, la quaglia tridattila (Turnix sylvatica) si è estinta nell’isola ai pri-mi del Novecento, probabilmente a causa dell’intenso prelievo venatorio. Laspecie oggi vive ancora lungo le coste dell’Africa nord-occidentale, ma la rico-

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Gongilo (Chalcides ocellatus)

Zigolo nero (Emberiza cirlus)

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Attiva soprattutto al crepuscolo e all’alba, si muove alla ricerca di artropodi. Èparticolarmente attiva in superficie durante la stagione riproduttiva primaveri-le, quando comunica con gli altri individui mediante marcature odorose esquittii sottili.Anche la lepre sarda (Lepus capensis) è evolutivamente differenziata dalle lepriche vivono nel resto dell’Italia. Più piccola e meglio adattata ai terreni aridi e alclima mediterraneo rispetto alle altre specie, è di origine africana ed è possibi-le sia stata introdotta dall’uomo in tempi storici.Sui terreni aridi, accidentati e pietrosi, soprattutto sui versanti dei rilievi inter-ni, vive la pernice sarda (Alectoris barbara). È un uccello terricolo e quasiesclusivamente vegetariano: si alimenta di germogli e semi che ricerca nellemacchie discontinue di erbe e arbusti. A differenza delle altre pernici italiane,ha una colorazione meno contrastata, più mimetica nell’ambiente in cui vive,ma comunque caratterizzata da disegni complessi, con un capo grigio e bru-no e con i fianchi ampiamente barrati. La specie è diffusa anche negliambienti aridi dell’Africa settentrionale. I versanti spogli più estesi della parte nord-occidentale della Sardegna sonoregolarmente sorvolati dal grifone (Gyps fulvus), un grande avvoltoio scom-parso dal resto dell’Italia e che mantiene qui la sua ultima popolazione natu-rale italiana. Silenzioso e lento, veleggia per ore sui versanti assolati, allaricerca di carogne fresche, allontanandosi anche parecchio dai suoi rifugi edalle pareti rocciose dove nidifica.

126 127La sua dieta specializzata di spazzino lo lega agli ampi territori prativi e pie-trosi dove pascolano pecore e mufloni. Ha becco grande, alto e uncinatoall’apice, per staccare e ingoiare pezzi di carne anche piuttosto grandi. Il piu-maggio del capo e dell’intero collo sono ridotti ad un corto piumino, più adat-to per introdurre la testa nelle carogne.Nelle pianure steppiche dell’interno si riproduce ancora la gallina prataiola(Tetrax tetrax), una specie appartenente ad un gruppo, quello delle otarde,particolarmente adattato ad estesi territori pianeggianti, aridi ed aperti. Lepopolazioni sarde sono sedentarie: in queste distese prative compiono le lorospettacolari parate nuziali, nidificano e trascorrono anche i mesi invernali.Assieme ad un piccolo nucleo presente nel Tavoliere pugliese, costituisconole ultime popolazioni di questa specie rimaste in Italia.Altre specie che frequentano i prati aridi sono, tra i rettili, la lucertola tirrenica(Podarcis tiliguerta), la lucertola campestre (Podarcis sicula), il biacco (Hie-rophis viridiflavus) ed il gongilo (Chalcides ocellatus); tra gli uccelli, il nibbioreale (Milvus milvus), l’aquila di Bonelli (Hieraaetus fasciatus), il gheppio (Fal-co tinnunculus), il grillaio (Falco naumanni), l’occhione (Burhinus oedicne-mus), il succiacapre (Caprimulgus europaeus), la calandra (Melanocoryphacalandra), la calandrella (Calandrella brachydactyla), la tottavilla (Lullula arbo-rea), il saltimpalo (Saxicola torquata), il passero solitario (Monticola solitarius),l’averla capirossa (Lanius senator), lo zigolo nero (Emberiza cirlus) e lo strilloz-zo (Emberiza calandra).

Lepre sarda (Lepus capensis) Pernice sarda (Alectoris barbara)

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Lucio BonatoLa gallina prataiola

In Sardegna la chiamano “pudda campi-na”, in Sicilia invece la ricordano come“pitarra”. Nei secoli scorsi la gallina pra-taiola (Tetrax tetrax, vedi foto) era diffusanelle pianure agricole e negli altopianipascolati dell’Italia peninsulare e dellesue isole maggiori, come testimoniano gliscritti di nobili cacciatori e naturalisti, daFederico II di Svevia ad Ulisse Aldrovan-di. Oggi, invece, le popolazioni italiane diquesta specie sono ridotte al lumicino.Un migliaio di individui vive ancora inSardegna, nelle piane solitarie e pocoantropizzate tenute ancora come pasco-li estensivi, tra la Nurra e il Campidano.Alcune decine di coppie rimangono inol-tre in Puglia, ai piedi del Gargano, inun’area steppica e desolata del Tavolie-re, tra le più aride della penisola italiana.Cause concomitanti di questo declinosono state la caccia intensa, praticatafino a pochi decenni fa anche abusiva-mente durante la stagione riproduttiva,ma anche i drastici cambiamenti nelletecniche agricole e zootecniche, conl’affermazione delle monocolture cereali-cole, dei pascoli intensivi e dei tratta-menti con fitofarmaci e antiparassitari.

La gallina prataiola viveva originariamen-te nelle steppe temperate che ricopriva-no ampie aree pianeggianti della regionepaleartica. Si era adattata anche ai terre-ni pascolati meno sfruttati e alle disteseagricole meno disturbate che caratteriz-zavano nei secoli scorsi i paesaggi agro-pastorali dell’area mediterranea. Oggi lepopolazioni più consistenti e stabilirimangono nell’entroterra della penisolaiberica e nei bassopiani russi e kazaki. Per molti aspetti la gallina prataiola èestremamente adattata alle condizioniclimatiche e alla struttura del paesaggiodelle distese steppiche. Il suo interociclo vitale, d’altra parte, si svolge inquesti ambienti aperti e relativamentearidi. Molte popolazioni sono sedentarie,ma anche quelle che migrano regolar-mente tra l’Europa continentale e il baci-no del Mediterraneo sono legate a questistessi ambienti durante tutto l’anno. La sua dieta è generalista ed opportuni-sta. Camminando lentamente, la gallinaprataiola raccoglie semi, germogli efoglie, vari invertebrati che si muovono aterra o tra l’erba, occasionalmenteanche piccoli vertebrati. Inghiotte anche

pietruzze e gusci di chiocciole, che laaiutano nel triturare i tessuti vegetali piùcoriacei. L’acqua che riesce a ricavaredai tessuti più succulenti delle piante lepuò essere sufficiente per lunghi periodi. In questi ambienti aperti e uniformi, inol-tre, alcuni adattamenti morfologici ecomportamentali concorrono ad una effi-cace difesa dai possibili predatori. Colloeretto e zampe ben allungate, la gallinaprataiola controlla a vista il territorio cir-costante tenendo il capo sopra il limitedelle erbe, pronta ad abbassarsi veloce-mente per nascondersi. La femmina covale uova in una piccola depressione delterreno, mantenendo il suo dorso bruna-stro e screziato, mimetico, a livello delterreno circostante; spesso, inoltre, piegaverso se stessa le erbe circostanti percoprirsi. Funzionale ad una difesa daipredatori è anche il comportamento gre-gario: al di fuori della stagione riprodutti-va, decine o anche centinaia di individuidi entrambi i sessi e di diversa età si spo-stano mantenendosi in gruppo.Durante la stagione riproduttiva, imaschi difendono i territori da altrimaschi e vi attirano le femmine. Le loro

peculiari parate (vedi disegno), princi-palmente visive ma anche sonore,rispondono alla necessità di comunicarela loro posizione anche a notevoledistanza in un territorio solitamente piat-to e coperto d’erba. I maschi si portanoin punti prescelti, gonfiano le penne delcollo, saltellano ritmicamente e apronoimprovvisamente le ali durante i loro bal-zi. Ostentano così, ritmicamente, i dise-gni contrastanti bianchi e neri del collo edelle ali, al di sopra della coperturaerbosa. I messaggi visivi vengono inol-tre rafforzati da quelli sonori: note aspree scoppiettanti emesse a becco aperto,tambureggiamenti prodotti dalle zampesul terreno, un caratteristico fruscìo pro-dotto dalla settima penna remigantedurante la chiusura dell’ala.Progetti di conservazione sono statiavviati negli ultimi anni, allo scopo di sal-vaguardare le ultime popolazioni sarde epugliesi della gallina prataiola: associa-zioni ambientaliste come il WWF hannopromosso l’istituzione di aree protette efinanziamenti europei alle comunitàlocali hanno permesso di avviare azionidi tutela per gli habitat steppici.

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