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IL BARATTO Michele De Lucia, Il baratto, il Pci e le televisioni: le intese e gli scambi con Berlusconi – Kaos Edizioni di Andrea Pugiotto * 1. Temerarietà Per dirla con il dizionario, «temerario» è colui che non ha timori, che – magari per eccesso di ardimento - non si preoccupa dell’effettiva consistenza di un pericolo. Non conosco Michele De Lucia, eppure mi sono fatto l’idea che si tratti di un giovane temerario. Solo un temerario, infatti , può acce tta re l’elezi one a tesoriere di Radicali Itali ani, certamente tra i lavori più usuranti sulla piazza. Solo un temerario può concorrere alla fon daz ione del l’asso cia zione Ant icl eri cal e. net , in un paese come il nos tro dov e la sudditanza culturale alla Chiesa di Roma si spinge, con gli atei-devoti, all’incarnazione di un ossimoro. Non stupisce, dunque, che De Lucia abbia scritto un libro temerario per una delle case edi tric i, la mil anese Kao s, a sua volta temera ria qua nt’ alt re mai . Non sapre i def inir e altrimenti un editore che, tra le altre cose, pubblica le opere di autori irregolari (come Ernesto Rossi, Giorgio Galli, Sergio Flamigni); fa quella che una volta si sarebbe detta “controinformazione” su cose vaticane (con una collana titolata In nome di dio) o stampa documenti integrali (nella collana Dossier) utili per meglio farsi un’idea di snodi cruciali della rec ente storia italiana; edita la raccolta deg li int erventi par lamentari di deput ati radicali (come Leonar do Sciascia, Enzo Tortora, Marco Pannella ); dedic a una collana (Dietro lo schermo della tv) per raccontare biografie non autorizzate di chi in televisione conta davvero o comunque ha potere (come Vespa, Costanzo, Baudo, Ferrara, Sgarbi). Il baratto ed il suo Autore si trovano certamente a proprio agio – mi pare di poter dire - in mezzo a questa libertaria compagnia. 2. Cosa racconta il libro e come lo racconta Di quale baratto si tratta (o, per meglio dire, baratti: sul preferibile uso del plurale tornerò dop o)? Il sottotito lo del volume ci aiu ta come un nav igatore satel lita re: «Il PCI e le televisioni: le intese e gli scambi fra il comunista Veltroni e l’affarista Berlusconi negli anni Ottanta». In realtà il libro copre un arco temporale più ampio: il decennio 1980-1990 è certamente il più scandagliato a fondo, ma l’indagine di De Lucia (o, per meglio dire, le sue ipotesi int erp ret ati ve) si spingono fino ad inc lud ere l’espe rie nza del Ber lusconi pol itic o ed a lambire l’ultima campagna elettorale del 2008. L’indagine muove – io credo – da un’intuizione di fondo. Quasi banale nella sua ovvietà, eppure ricca di potenzialità euristiche: la circostanza cronologica per cui, negli anni in cui Silvio Berlusconi costruisce il suo monopoli o telev isivo privato, il suo sparring-p artner principale all’interno dell’allora PCI è sempre Walter Veltroni. Il quale – come ama dire – non sa mai st at o comuni sta, ma è certamente st at o per lungo tempo vi ce e poi responsabile per il PCI del Dipartimento informazione e comunicazione di massa. E, in tale veste, ha partecipato in prima persona ad elaborare e gestire le strategie del suo partito in materia televisiva. L’intu izion e vien e messa a valo re attra verso una mole di infor mazio ni che, con pazie nza cer tos ina, l’Autore ricava da fon ti dir ett e: art icoli di sta mpa (pre valentement e di area comunista: Unità, Rinascita, il periodico della corrente migliorista Il Moderno), dispacci  ANSA, atti parlamentari, registrazioni di eventi conservate in quel formidabile pozzo di San Patrizio che è l’archivio audio (ora anche video) di Radio Radicale. L’intervento di De Lucia su questi materiali è ridotto all’essenziale. La scelta medotologica è di ordinarli e di cucirli in sequenza secondo una linea cronologica, facendoli parlare

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IL BARATTOMichele De Lucia, Il baratto, il Pci e le televisioni: le intese e gli scambi conBerlusconi – Kaos Edizioni

di Andrea Pugiotto *1.

TemerarietàPer dirla con il dizionario, «temerario» è colui che non ha timori, che – magari per eccessodi ardimento - non si preoccupa dell’effettiva consistenza di un pericolo. Non conoscoMichele De Lucia, eppure mi sono fatto l’idea che si tratti di un giovane temerario.Solo un temerario, infatti, può accettare l’elezione a tesoriere di Radicali Italiani,certamente tra i lavori più usuranti sulla piazza. Solo un temerario può concorrere allafondazione dell’associazione Anticlericale. net, in un paese come il nostro dove lasudditanza culturale alla Chiesa di Roma si spinge, con gli atei-devoti, all’incarnazione diun ossimoro.Non stupisce, dunque, che De Lucia abbia scritto un libro temerario per una delle caseeditrici, la milanese Kaos, a sua volta temeraria quant’altre mai. Non saprei definirealtrimenti un editore che, tra le altre cose, pubblica le opere di autori irregolari (comeErnesto Rossi, Giorgio Galli, Sergio Flamigni); fa quella che una volta si sarebbe detta“controinformazione” su cose vaticane (con una collana titolata In nome di dio) o stampadocumenti integrali (nella collana Dossier) utili per meglio farsi un’idea di snodi crucialidella recente storia italiana; edita la raccolta degli interventi parlamentari di deputatiradicali (come Leonardo Sciascia, Enzo Tortora, Marco Pannella); dedica una collana(Dietro lo schermo della tv) per raccontare biografie non autorizzate di chi in televisioneconta davvero o comunque ha potere (come Vespa, Costanzo, Baudo, Ferrara, Sgarbi).Il baratto ed il suo Autore si trovano certamente a proprio agio – mi pare di poter dire - inmezzo a questa libertaria compagnia.

2.Cosa racconta il libro e come lo raccontaDi quale baratto si tratta (o, per meglio dire, baratti: sul preferibile uso del plurale torneròdopo)? Il sottotitolo del volume ci aiuta come un navigatore satellitare: «Il PCI e letelevisioni: le intese e gli scambi fra il comunista Veltroni e l’affarista Berlusconi negli anniOttanta».In realtà il libro copre un arco temporale più ampio: il decennio 1980-1990 è certamente ilpiù scandagliato a fondo, ma l’indagine di De Lucia (o, per meglio dire, le sue ipotesiinterpretative) si spingono fino ad includere l’esperienza del Berlusconi politico ed alambire l’ultima campagna elettorale del 2008.L’indagine muove – io credo – da un’intuizione di fondo. Quasi banale nella sua ovvietà,

eppure ricca di potenzialità euristiche: la circostanza cronologica per cui, negli anni in cuiSilvio Berlusconi costruisce il suo monopolio televisivo privato, il suo sparring-partner principale all’interno dell’allora PCI è sempre Walter Veltroni. Il quale – come ama dire –non sarà mai stato comunista, ma è certamente stato per lungo tempo vice e poiresponsabile per il PCI del Dipartimento informazione e comunicazione di massa. E, in taleveste, ha partecipato in prima persona ad elaborare e gestire le strategie del suo partito inmateria televisiva.L’intuizione viene messa a valore attraverso una mole di informazioni che, con pazienzacertosina, l’Autore ricava da fonti dirette: articoli di stampa (prevalentemente di areacomunista: Unità, Rinascita, il periodico della corrente migliorista Il Moderno), dispacci ANSA, atti parlamentari, registrazioni di eventi conservate in quel formidabile pozzo di San

Patrizio che è l’archivio audio (ora anche video) di Radio Radicale.L’intervento di De Lucia su questi materiali è ridotto all’essenziale. La scelta medotologicaè di ordinarli e di cucirli in sequenza secondo una linea cronologica, facendoli parlare

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direttamente senza interventi esegetici dell’Autore e riducendo al minimo le chiose acommento.Tornerò, alla fine del mio intervento, su questa scelta di metodo. Aggiungo che in molticasi il libro riproduce la copia anastatica del documento citato, per assicurare l’autenticitàdella fonte e la veridicità dell’informazione. Lo fa soprattutto con i documenti – come dire?

 – più critici.Giusto qualche esempio, per dare l’idea. La lettera con cui Berlusconi chiede al leader socialista Craxi di far bloccare un’imminente ispezione della Guardia di Finanza presso ilsuo gruppo (22 aprile 1980). Il rapporto della Criminalpol dove si parla delle relazionipericolose tra Marcello Dell’Utri e il boss mafioso – ma elevato di recente al rango di eroe -Vittorio Mangano (13 aprile 1981). L’informativa della Guardia di Finanza sul ruolo di SilvioBerlusconi in un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia al resto della penisola eoltralpe (30 maggio 1983). La sentenza della Corte d’Appello di Venezia che condannaBerlusconi per falsa testimonianza, avendo mentito – in tribunale e sotto giuramento –sulla data della sua affiliazione alla Loggia P2 (23 ottobre 1990). Il rapporto della poliziaticinese sul coinvolgimento di Berlusconi in attività di riciclaggio (13 settembre 1991).

 Al lettore informato viene in mente una battuta del film Il caimano, quando Nanni Moretti –canticchiando un vecchio motivo, credo, di Adamo - si rivolge sarcastico alla giovaneregista che gli propone un copione sull’ascesa imprenditoriale e politica di SilvioBerlusconi: «Si grazie, però guarda, un film su Berlusconi proprio no, tutti sanno già tuttosu Berlusconi […]. Chi voleva sapere sa. Per chi non vuole capire…Dai, cosa vuoiinformare di più! Si sa tutto». E tuttavia, vedendo questi documenti uno dietro l’altro, inordinata fila indiana, una certa inquietudine sale. Ed è indubbiamente un merito del libro(ri)metterli in circolo in un paese smemorato come il nostro. Altrettanto vale per la ricca Appendice finale, che riproduce – come da titolo – una serie di«testuali parole» non agevolmente recuperabili altrove. Di questa appendice, raccomandola lettura di tre inediti assoluti.Il primo inedito è la conferenza stampa di Berlusconi, rubricata da De Lucia conl’anacoluto L’anticomunista nella patria del comunismo, che illustra i contenuti dell’accordo – su cui tornerò - tra Fininvest e tv sovietica (4 maggio 1988).Gli altri inediti sono i due minuetti tra Veltroni e Berlusconi, alla Festa dell’Unità di Milano(12 settembre 1986) e alla Commissione cultura della Camera in occasione dell’audizionedel presidente Fininvest (13 aprile 1988): in entrambe le occasioni sembra di assistere –se mi si concede il gioco di parole - ad un Valzer Veltroni.La narrazione dei fatti così confezionata dall’Autore suggerisce il consumarsi di più barattitra il funzionario comunista e l’affarista di potere. Io ne ho contati almeno tre: un barattoriuscito; un baratto tentato, un baratto inesplicato.

3.Il baratto riuscitoIl baratto riuscito è quello che si consuma tra il 1984 ed il 1985.Ricostruiamone il contesto. Nell’agosto del 1984 il monopolio berlusconiano della tvprivata è cosa fatta, con l’acquisto di Rete4 da Mondadori, che va ad aggiungersi aCanale5 e ad Italia1 già acquistato da Rusconi. E’ un trust cresciuto nell’illegalità: dal 1974la Corte costituzionale (con la sentenza n. 226) ha liberalizzato le trasmissioni private viaetere solamente in ambito locale, conservando il monopolio statale delle trasmissioni viaetere su scala nazionale.Per aggirare il divieto, le televisioni di Berlusconi ricorrono alla tecnica della cd.interconnessione: in pratica, la stessa trasmissione in precedenza videoregistrata, viene

trasmessa sull’intero territorio nazionale attraverso la contemporanea messa in onda diidentiche videocassette. L’anomalia di tale situazione di fatto, favorita dall’inerzialegislativa in materia ma comunque vietata dall’allora vigente codice postale, viene rilevata

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dalla Corte costituzionale e poi condannata da alcuni pretori (Torino, Roma, Pescara) cheordinano – si disse allora – di oscurare in ambito locale i relativi impianti televisivi privati.Oscurare un fico secco: in realtà i tre network nelle tre regioni interessate daiprovvedimenti pretorili possono comunque trasmettere a livello locale; ciò che è vietato èl’escamotage adoperato. Ma il Mago di Arcore sa come trasformare ad arte la realtà.

L’incantesimo ce lo ricorda De Lucia:«La Fininvest mette in scena una specie di “serrata” per impressionare i telespettatori: inPiemonte, Lazio e Abruzzo gli schermi dei tre network di Berlusconi vengono oscurati conla scritta “Per ordine del pretore è vietata la trasmissione in questa città dei programmi diCanale5, Italia1 e Rete4 regolarmente in onda nel resto d’Italia”. Nelle altre regioni, laFininvest scatena una martellante campagna di protesta televisiva, accusando lamagistratura di un “gravissimo attentato alle libertà costituzionalmente garantite”, attentato“che provoca gravissimi danni alle emittenti commerciali e alle industrie utenti dipubblicità”. Questa demagogica campagna di Berlusconi contro l’inesistente“oscuramento” mira a provocare una rivolta dell’opinione pubblica, e a prevenire il peggio:se anche le Preture di altre regioni applicassero la legge, il monopolio televisivo della

Fininvest crollerebbe in brevissimo tempo» [p.85-86]In soccorso all’amico Berlusconi interviene il Governo Craxi con un primo decreto leggenel 1984, bocciato però dal Parlamento perché ritenuto incostituzionale. Ne fa un secondonel 1985, poi convertito in legge. Per entrambi i decreti legge (come per il terzo, che verràemanato nel giugno 1985), si parlerà comunemente di decreti-Berlusconi: l’abitudine delnostro a servirsi di normative ad hoc ha radici lontane….Vengo al punto. Carte alla mano, De Lucia argomenta come per la conversione in leggedel secondo decreto si riveli decisivo l’atteggiamento parlamentare del PCI.Come insegno ai miei studenti, il decreto legge è fonte dalla natura provvisoria: entraimmediatamente in vigore ma va convertito dalle Camere entro 60 giorni. In casocontrario, decade e tutti i suoi effetti sono nulli, tamquam non essent (salvo sanatorialegislativa). Si poteva impedire la conversione in legge del secondo decreto Berlusconi? Sipoteva. Con l’ostruzionismo parlamentare. Il termine di decadenza era così ravvicinato chesarebbe bastato niente per riuscirci: approvato alla Camera, il testo approda al Senatovenerdì 1 febbraio e deve essere convertito entro la mezzanotte di lunedì 4 febbraio. E’quanto tentano i parlamentari radicali, demoproletari, della sinistra indipendente, contandoanche sul forte disagio politico della sinistra democristiana.Il PCI no. Alla Camera rinuncia all’ostruzionismo. Sceglie la strada dell’opposizione duttilee morbida. Presenta emendamenti. Al Senato, dove il Governo Craxi pone la questione difiducia, garantisce il numero legale delle sedute. Lascia l’aula del Senato al momento delvoto, accertandosi però che la presenza del gruppo missino garantisca la regolarità della

seduta. Salva così le apparenze, assicurando nel contempo la conversione in extremisdella normativa a salvataggio del monopolio Fininvest.Perchè? Ciò a cui il PCI guarda con primario interesse è la rete pubblica, piuttosto chepreoccuparsi dell’assetto della tv privata. Con DC e PSI - mentore l’allora ministro Gava(recentemente scomparso, ma già anche lui santo subito) - il PCI concorda il contenuto dialcuni emendamenti al decreto in conversione, che modificano i poteri di nomina al verticedella RAI: si tratta di un passaggio obbligato, per permettere al partito comunista di averefinalmente propri membri nel nuovo Consiglio di amministrazione della tv di Stato e – aseguire – un nuovo assetto che porti la Rete Tre ed il relativo tg nell’orbita di influenza delPCI.Ecco il baratto:

«In cambio del controllo della Terza rete Rai con annesso “Tg3”, Veltroni garantisce che ilsuo partito permetterà alla maggioranza di approvare in tempo utile il decreto-Berlusconi; il

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Pci otterrà Rai3 attraverso alcune modifiche dei poteri di nomina al vertice della tv diStato» [p.95]La cambiale verrà riscossa nel gennaio 1987, con la nomina di Angelo Guglielmi adirettore della terza rete e di Alessandro Curzi a direttore del relativo telegiornale. Unbaratto riuscito.

4.Il baratto tentatoIl secondo scambio configura un baratto tentato (ma non riuscito), che si consuma nellaseconda metà degli anni ottanta.Di questa fase, il libro di De Lucia ci racconta alcune cose, meno note delle precedenti maegualmente interessanti. Mettiamole in fila.1) Il fallimento del progetto veltroniano di creare una rete di televisioni regionali in ungrande network nazionale (Net). Fallimento cui segue la vendita a Fininvest di molte dellerelative emittenti distribuite in giro per l’Italia.In tal modo, il PCI non finisce per alimentare la rete dei network berlusconiani?2) Le frequenti inserzioni pubblicitarie di Fininvest pubblicate nel già citato Il Moderno.

 Alcune di queste pagine di pubblicità sono riprodotte nel volume, così come vengonoripresi articoli del periodico, invero più adatti ad un bollettino aziendale Fininvest:«Il numero di febbraio de “il Moderno” (il mensile della corrente “migliorista” del Pci) scriveche “la Rivoluzione Berlusconi [è] di gran lunga la più importante, cui ancora qualcuno siostina a non portare il rispetto che merita per essere stato il principale agente dimodernizzazione, nelle aziende, nelle agenzie, nei media concorrenti. Una rivoluzione cheha trasformato Milano in capitale televisiva e che ha fatto nascere, oltre a una culturapubblicitaria nuova, mille strutture e capacità produttive”» [p.115]Il punto è che Il Moderno non arriva a vendere 500 copie: a che pro, allora, investirerisorse in una pubblicità priva di ritorni economici?3) La trasferta in URSS di una delegazione comunista guidata dal compagno GianniCervetti (Capogruppo comunista al Parlamento europeo, Membro della Direzione del PCI,coordinatore milanese della corrente migliorista), con al seguito Canale5 che, la sera del18 aprile 1987, trasmette da Mosca un’epica puntata del Maurizio Costanzo Show (tra gliospiti: un membro del Comitato centrale del PCUS, il viceministro della tv sovietica, unaballerina del Bolshoi, un astronauta sovietico, naturalmente il compagno Cervetti).4) Il contratto stipulato tra la tv di stato sovietica e Publitalia, che diventa così laconcessionaria esclusiva per le inserzioni pubblicitarie di tutte le aziende europee sullatelevisione sovietica. La conferenza stampa del 4 maggio 1988, con cui Berlusconiannuncia il clamoroso accordo, è interamente trascritta nell’appendice del volume. Come èanche riprodotto nel libro l’incredibile manifesto, realizzato in puro stile da realismo

sovietico, che celebra l’evento.Questi i fatti.Osserva, in merito, De Lucia:«La sbalorditiva intesa fra Berlusconi e il Partito comunista sovietico solleva variedomande, che restano tutte senza risposta. Perché l’acerrimo anticomunista Berlusconi faaffari con la patria del comunismo? Per quali strade il presidente della Fininvest è arrivatofino a Mosca? Chi ha fatto da trait d’union fra Berlusconi e il Pcus? Perché il Pci ha dato ilbenestare (impensabile un affare del genere senza il placet di Botteghe Oscure),incrementando ulteriormente il già enorme potere del monopolista della tv privata in Italia?E se è così, in cambio di cosa il partito del compagno Veltroni ha permesso all’ex piduista1816 di incassare miliardi dall’Urss e di acquisire prestigio sulla scena internazionale?» [p.

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 Anche il lettore si pone un interrogativo. Se il baratto è uno scambio diretto di un bene o diun servizio tra due parti, entrambe devono ricavarne un utile. Quale sia stato il ritorno per le aziende di Silvio Berlusconi è evidente.Ma quale sarebbe stato il tornaconto per il partito di Veltroni?Certamente un flusso di finanziamento illegale a favore del PCI: le spese per la pubblicità

ospitata da Il Moderno mascheravano contributi illeciti alla corrente migliorista. In tal sensovanno le testimonianze dei responsabili del periodico e del compagno Greganti, citate nelvolume, nonché gli esiti del processo di “Mani pulite” per le tangenti della Metropolitanamilanese. Ma la domanda attiene alla strategia di fondo del PCI. De Lucia, tra le righe,avanza un’ipotesi. Il nemico reale di Berlusconi è sempre stato il mercato, alle cui regole siè sistematicamente sottratto bussando alla porta della politica. Il PCI lo sa e tenta diaccreditarsi come sponda più solida e fruttuosa di quanto possano esserlo i tradizionalipadrini politici di Berlusconi, PSI in testa. Magari contando di ottenere in cambio dallaFininvest (che si avvia ad avere la diretta televisiva) la direzione di uno dei suoi tretelegiornali.E’ la ripetizione dello schema già proficuamente seguito sul versante RAI, a suggello così

di una pax televisiva utile a tutti. A tutti, tranne al pluralismo dell’informazione, soffocato daun duopolio complementare, consociativo, non concorrenziale. Alla resa dei conti, si tratta di una strategia che non assegnerà al PCI alcun seriodividendo. Basta guardare agli eventi successivi. L’acquisto della Mondadori nel 1989(che, in quel momento, significa l’acquisizione anche del gruppo Caracciolo-L’Espresso).L’approvazione della legge Mammì nel 1990 (benché incostituzionale, come sancirà lasentenza n. 420/1994 della Corte). Sono tutte operazioni condotte in tandem con le forzedel pentapartito.Quando poi le televisioni Fininvest cominciano a trasmettere i telegiornali nazionali indiretta, l’affermazione programmatica di Fedele Confalonieri è inequivoca: «La nostrainformazione sarà omogenea al mondo che vede nei Craxi, nei Forlani e negli Andreotti,l’accettazione della libertà». Infatti alla direzione dei tg berlusconiani andranno giornalisticomunque riconducibili a quella area politica (Mentana, Fede, Liguori).Così come, in tutte le consultazioni elettorali (europee, nazionali, amministrative) svoltesiin quegli anni, Fininvest – grazie alla trasmissione di spot elettorali, preclusi alla RAI –agevolerà sempre candidati e partiti del CAF. Un baratto tentato, dunque, ma non riuscito(al PCI).5.Il baratto inesplicatoIl libro, infine, ci racconta di un terzo baratto che, in realtà, tale non è. Ripeto: un barattodistribuisce vantaggi ad entrambi i barattieri. Qui, invece, il lettore assiste a regali

unilaterali a favore dell’affarista Berlusconi, ora “sceso in campo” personalmente con unproprio partito.Sono gli anni che vanno dal 1984 ad oggi. E’ in questo arco cronologico che De Luciaripercorre alcune opzioni politiche tutte favorevoli all’imprenditore e politico Berlusconi,tutte compiute dal centrosinistra (di cui Veltroni è soggetto di primo piano, comevicepresidente del governo Prodi I prima, come segretario DS poi).Il catalogo è questo.1) Il voto nella Giunta per le elezioni della Camera dei deputati nel 1994 (a maggioranzacentrodestra) e nel 1996 (a maggioranza centrosinistra) sui ricorsi contro l’eleggibilità diSilvio Berlusconi per incompatibilità con il mandato parlamentare (in quanto soggettobeneficiario di concessioni pubbliche in materia televisiva). In entrambe le occasioni i

parlamentari del PDS-DS votano contro la fondatezza dei ricorsi, garantendo così il seggioal leader di Forza Italia.

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2) La campagna referendaria della primavera 1995 avente ad oggetto alcuni quesitiabrogativi di norme della legge Mammì, promossa da settori non parlamentari dellasinistra. Campagna referendaria cui il PDS finirà per aderire, ma con scarsa convinzione(fino all’ultimo cercherà di evitare il voto popolare tentando un accordo parlamentare suuna nuova legge) e con scarsa mobilitazione (alle urne si recherà solo il 55% degli elettori;

i no vinceranno con lo scarto abissale di 3.737.000 voti).3) L’approvazione, nel 1997, della legge Maccanico di riforma del sistema televisivo.Osserva De Lucia:«La normativa è l’approdo di dieci mesi di trattative politiche fra il governo Prodi-Veltroni eil titolare del partito-azienda nonché capo dell’opposizione parlamentare. La “riforma” è unnuovo baratto, un altro pasticcio partitocratico confezionato per aggirare le misureantitrust, una operazione di pura cosmesi: istituisce una Authority per le telecomunicazioni(lottizzata fra i partiti, compreso quello berlusconiano), e stabilisce che Mediasettrasferisca dall’etere al satellite una delle sue tre reti (Rete4), ma ciò avverrà solo quandole stessa Authority accerterà che in Italia la diffusione di antenne paraboliche siacongrua…E’ una nuova sceneggiata, una riforma che non riforma niente: infatti

l’opposizione di centro-destra, raccolta intorno a Berlusconi, in sede di voto parlamentareaccorda alla legge Maccanico una docile astensione» [p.201]Il giudizio non suoni eccessivamente severo: ricordo che la legge Maccanico saràdichiarata incostituzionale dalla Corte con sentenza n. 466/2002.4) La mancata approvazione, nelle due legislature a maggioranza di centrosinistra (1996-2001; 2006-2008), di una adeguata normativa antitrust e sul conflitto di interessi, tali dapermettere un necessario aggiornamento delle regole sulla ineleggibilità e incompatibilitàparlamentari.Il lettore vorrebbe capire il senso (se ha un senso) di una simile strategia. E cerca nellepagine del libro di De Lucia la risposta adeguata, ma non la trova. Al di là del genericorichiamo alla politica della carota e del bastone, come costante nelle strategie della sinistraex-comunista verso Berlusconi, il libro non si spinge.Né soddisfa la chiosa finale secondo la quale«al leader del Partito democratico l’assetto televisivo italiano in fondo pare andar benecosì com’è, del resto proprio Veltroni è stato uno egli architetti del duopolio Rai-Mediaset,riunito ormai in un vero e proprio monopolio (“Raiset”)» [p.208]Il volume di De Lucia si chiude, così, con la ricostruzione di un gigantesco baratto cheresta inesplicato. E che molto di più assomiglia ad una resa senza condizioni delcentrosinistra veltroniano al leader del principale partito della coalizione a lui avversa.6.L’affarista di potere e il funzionario comunista

Una volta letto il libro, ci si accorge che ad entrambi i suoi protagonisti De Lucia non fasconto alcuno.Di Silvio Berlusconi – fin dal primo capitolo, il più biografico – non si omette nulla. Laricchezza iniziale dall’origine controversa, utilizzata in spericolati investimenti immobiliari(Milano2, Olbia2). La minuscola Banca Rasini (dove lavora come funzionario il padre,Berlusconi senior) indicata come sportello del riciclaggio di denaro di Cosa Nostra nel nordItalia. L’iscrizione alla Loggia P2. Il liberismo a parole smentito dalla vocazione al trust,creato e difeso grazie all’inerzia legislativa. Le enormi risorse economiche accumulateattraverso il monopolio del settore pubblicitario (vero hardcore di Fininvest).L’indebitamento stimabile in circa 4.500 miliardi di lire che, unitamente all’avviodell’inchiesta “Mani pulite”, lo induce a scendere in politica. La capacità di ottenere sempre

al momento giusto interventi legislativi ad hoc, dapprima per interposti partiti, oradirettamente in proprio.

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Impressiona la perfetta simmetria tra le parole, le opere (e le omissioni) dell’imprenditore edel politico Berlusconi. La Weltanschauung è sempre la stessa. Il gradimento deglispettatori, come il voto degli elettori, legittima agli occhi del nostro l’aggiramento o laviolazione delle regole («è meglio avere una legge sulla televisione, o è meglio avere latelevisione?» domanda sornione Berlusconi). I pretori che “oscurano” le reti Fininvest,

come i giudici che pretendono di processare il Presidente del Consiglio, indicati comefaziosi Torquemada di cui il nostro è ovviamente una vittima, perseguitato comeimprenditore prima, come politico poi. Le procedure parlamentari piegate alla bisogna (conla complicità dei Presidenti d’Aula); il Governo amico che ricorre alla decretazioned’urgenza ed al voto di fiducia; l’aggiramento delle sentenze della Corte costituzionale:accade nel 1984-1985 (con i tre decreti in materia radiotelevisiva) non diversamente dalluglio 2008 (con il decreto legge che introduce il cd. lodo Alfano). La situazione di fatto chediventa prassi e di cui la regola normativa deve limitarsi a prendere atto: vale per ilmonopolio di tre reti televisive private, come anche per l’enorme conflitto di interessidell’attuale Presidente del Consiglio.Berlusconi è Berlusconi. E’ sempre stato così, suggerisce correttamente De Lucia. Anche

nel 1994 (aggiungo io, perché nel libro non viene ricordato), quando i Radicali gli feceroun’apertura di credito politico, ora fortunatamente ritirata.Quanto a Veltroni, invece, De Lucia insiste molto – per amore di verità – sulla suabiografia di funzionario comunista. Ad esempio, ricordandone l’intervista concessa all’Europeo nel 1989:«Alla domanda se si consideri ancora comunista, il futuro segretario del Partitodemocratico risponde gonfiando il petto: “Certo. Io sono comunista. Non ho nessunaabiura o nessuna abdicazione da fare rispetto alla storia di cui anch’io, nel mio piccolo,sono espressione. Non c’è alcun elemento di trasformismo, insomma, e nessun imbarazzoa essere quello che sono”» [p.148]Non lo fa solo come contrappunto alle opposte recenti “prese di distanza” autobiografichedi Veltroni. Gli serve, semmai, per poter assumere la categoria della cd. doppiezzatogliattiana come chiave interpretativa delle strategie politiche veltroniane. Doppiezzatogliattiana: si tratta di una categoria molto impegnativa e a suo modo ricca di storia, chenon saprei adoperare con proprietà. Mi limito semplicemente a segnalare che, nella suaversione originaria, la doppiezza togliattiana ottenne (dal punto di vista dell’alloraSegretario del PCI, s’intende) risultati anche epocali. Nella più recente declinazioneveltroniana, invece, approda a sconfitte pesanti nel settore radiotelevisivo (e non solo).7.Un libro obiettivo?Questo, in conclusione, è Il baratto. E’ un libro documentato? Certamente sì. E’ un libro

che merita la lettura? Certamente sì.E’ un libro obiettivo?La scelta di metodo fatta da De Lucia intende accreditarlo come tale: ricerca analitica dellefonti, tendenziale separazione del fatto narrato dal commento, riscontro scrupoloso deldocumento che avvalora gli snodi decisivi della ricostruzione proposta.La premessa sottintesa è che la descrizione di un evento ha una sua verità, diversamentedalla valutazione dell’evento, inevitabilmente soggettiva. L’assunto di partenza è che i fattiparlino da soli. La regola di fondo è che la descrizione della realtà coglie il vero ed offre allettore il dato da valutare in autonomia. Secondo questa impostazione, la mediazionedell’Autore interviene solo in seconda battuta, come proposta interpretativa persuasivaproprio perché avvalorata dai dati raccolti.

Si tratta di un atteggiamento epistemologico di nobile tradizione. Lo si ritrova nel cinema (ilneorealismo), nella letteratura (il verismo), nella filosofia (il positivismo), nel giornalismo (la

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5/17/2018 Il Baratto Tra Berlusconi e Il Pci Anni 80 - slidepdf.com

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tradizione anglosassone del fatto separato dal commento; l’esperienza – non a caso – diRadio Radicale).Tanto di cappello. Eppure inviterei i lettori comunque al disincanto: perché anche il fattonon è mai un dato oggettivo, ma è sempre un accadimento problematico, suscettibile per questo di differenti interpretazioni.

Ce lo ricorda, in una delle sue indagini, il commissario Montalbano:«Se uno, passando per una strada, vede un omo caduto sul marciapiede, istintivamente èportato a domandarsi: per quale motivo quest’uomo è caduto qui? Ma, sostiene Pessoa,questo è già un errore di ragionamento e quindi una possibilità di errore di fatto. Quelloche passava non ha visto l’uomo cadere lì, l’ha visto già caduto. Non è un fatto che l’omosia caduto in quel punto. Quello che è un fatto è che egli si trova lì per terra. Può darsi chesia caduto in un altro posto e l’abbiano trasportato sul marciapiede. Può essere tante altrecose, sostiene Pessoa. (…) Poi gli tornò a mente un altro esempio che confortava il primo.Sostiene Pessoa (…) che se un signore, mentre fuori piove e lui se ne sta in salotto, vedeentrare nella camera un visitatore bagnato, inevitabilmente è portato a pensare che ilvisitatore sia con gli abiti zuppi d’acqua perché è stato sotto la pioggia. Ma questo

pensiero non può essere considerato un fatto, dato che il signore non ha visto con i suoiocchi il visitatore in strada sotto la pioggia. Può darsi invece che gli abbiano rovesciato uncatino pieno d’acqua dentro casa» [A. Camilleri, Sostiene Pessoa, in Id., Gli arancini diMontalbano, Mondadori, Milano 1999, p. 71-72]. --------------------------------------------------------------------------------NOTE* Il testo riproduce l’intervento orale svolto alla presentazione dell’omonimo libro tenutasi aFerrara (Biblioteca Ariostea, Sala Agnelli) il 17 settembre 2008, con la partecipazione diMichele De Lucia (Tesoriere di Radicali Italiani e Autore del libro), Gian Pietro Testa(Giornalista), Mario Zamorani (Segretario dell’Associazione Radicali Ferrara).