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1 IL CASO LEHMAN BROTHERS IN ITALIA: UNA IPOTESI DI OBBLIGHI INFORMATIVI CONTINUATIVI POSTI A CARICO DELL’INTERMEDIARIO FINANZIARIO. ***** Il default della banca di affari americana Lehman Brothers è stato oggetto di una importante analisi anche da parte delle Corti merito italiane, soprattutto per ciò che attiene l’assolvimento degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario. Infatti a seguito della dichiarazione di insolvenza da parte dell’emittente americano intervenuta il 15 settembre 2008, il risparmiatore italiano si è trovato nella necessità di individuare la strategia più efficace al fine di ottenere la tutela dei propri diritti. Come evidenziato da autorevole dottrina le scelte per l’investitore erano sostanzialmente due: o perseguire la procedura fallimentare americana richiesta dalla Banca dopo la dichiarazione di insolvenza del 18 settembre 2008, oppure agire nei confronti dell'intermediario dal quale ha acquistato i titoli, rilevando violazioni degli obblighi di condotta descritti. 1 La via sicuramente da preferire è stata quella di una attenta analisi del pieno rispetto da parte degli intermediari italiani del pieno adempimento degli obblighi informativi dinanzi alla compravendita di titoli dell’emittente americano. L’impianto degli obblighi informativi è stato delineato nel Testo Unico della Finanzia agli articoli 21 e ss. Nonché dalla normativa regolamentare Consob. La dottrina nell’esaminare l’ampiezza di tale obbligo, lo ha qualificato quale come un duplice onere per l’intermediario di informare il cliente ed informarsi sulle aspettative derivanti dall’investimento nonché sull’ esperienza in ambito finanziario di quest’ultimo. L’attività di investimento, quindi, è preceduta da una serie di atti che sono prodromici alla sottoscrizione della concreta operazione. L’investitore, infatti, nel momento in cui accede alla prestazione di tali servizi, ad eccezione di quelli di consulenza in materia di investimento, dovrà preliminarmente sottoscrivere con l’intermediario un contratto di 1 V. Sangiovanni, Inadempimento contrattuale e responsabilità nel caso Lehman Brothers, in Il Corrierre del merito, 7,2010, 723

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IL CASO LEHMAN BROTHERS IN ITALIA: UNA IPOTESI DI

OBBLIGHI INFORMATIVI CONTINUATIVI POSTI A CARICO

DELL’INTERMEDIARIO FINANZIARIO.

*****

Il default della banca di affari americana Lehman Brothers è stato oggetto di una

importante analisi anche da parte delle Corti merito italiane, soprattutto per ciò che attiene

l’assolvimento degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario.

Infatti a seguito della dichiarazione di insolvenza da parte dell’emittente americano

intervenuta il 15 settembre 2008, il risparmiatore italiano si è trovato nella necessità di

individuare la strategia più efficace al fine di ottenere la tutela dei propri diritti.

Come evidenziato da autorevole dottrina le scelte per l’investitore erano sostanzialmente

due: o perseguire la procedura fallimentare americana richiesta dalla Banca dopo la

dichiarazione di insolvenza del 18 settembre 2008, oppure agire nei confronti

dell'intermediario dal quale ha acquistato i titoli, rilevando violazioni degli obblighi di

condotta descritti.1

La via sicuramente da preferire è stata quella di una attenta analisi del pieno rispetto da

parte degli intermediari italiani del pieno adempimento degli obblighi informativi dinanzi

alla compravendita di titoli dell’emittente americano.

L’impianto degli obblighi informativi è stato delineato nel Testo Unico della Finanzia agli

articoli 21 e ss. Nonché dalla normativa regolamentare Consob. La dottrina nell’esaminare

l’ampiezza di tale obbligo, lo ha qualificato quale come un duplice onere per

l’intermediario di informare il cliente ed informarsi sulle aspettative derivanti

dall’investimento nonché sull’ esperienza in ambito finanziario di quest’ultimo.

L’attività di investimento, quindi, è preceduta da una serie di atti che sono prodromici alla

sottoscrizione della concreta operazione. L’investitore, infatti, nel momento in cui accede

alla prestazione di tali servizi, ad eccezione di quelli di consulenza in materia di

investimento, dovrà preliminarmente sottoscrivere con l’intermediario un contratto di

1 V. Sangiovanni, Inadempimento contrattuale e responsabilità nel caso Lehman Brothers, in Il Corrierre del merito, 7,2010, 723

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intermediazione mobiliare, con il quale darà disciplina al futuro rapporto con quest’ultimo.

Questa peculiare tipologia di contratto appartiene alla categoria dei negozi normativi, i

quali pongono in essere il “quadro” dei futuri rapporti tra le parti. Come prescritto

dall’articolo 23 T.U.F. tale contratto deve avere forma scritta ed una copia sottoscritta dalle

parti deve essere consegnata al cliente.

A tale momento farà seguito la successiva fase esecutiva, che si estrinseca con la concreta

sottoscrizione delle operazioni di investimento, attraverso la predisposizione di ordini.

Queste due fasi che costituiscono il presupposto per la sottoscrizione di operazioni di

investimento sono caratterizzate da una attività di informazione, che la normativa primaria

di settore e quella regolamentare prevedono come obbligatoria e che è posta a carico

dell’intermediario.

Gli oneri informativi gravanti sull’intermediario sono posti a tutela dell’investitore quale

contraente debole, stante la asimmetria informativa che caratterizza tale rapporto.

Quest’ultima risiede in primo luogo nell’ampia possibilità per l’operatore professionale di

accedere ad un nucleo informativo sicuramente più ampio rispetto al comune investitore, il

quale non solo non possiede i necessari strumenti per discernere con completezza

l’operatività dei prodotti finanziari, ma soprattutto difetta di quella fondamentale

esperienza che attiene proprio alla professionalità dell’attività svolta.

L’investitore, quindi, necessita di informazioni, che gli sono necessarie nel momento in cui

opera sui mercati finanziari al fine di compiere scelte consapevoli.

La necessità di consapevolezza non attiene soltanto al grado di rischio che lo stesso

accetterà di assumere con la sottoscrizione del titolo, ma avrà riguardo anche alla

comprensione del meccanismo di funzionamento del titolo scelto.

In sintesi, colui che si determina a porre in essere un investimento dovrà comprendere se il

titolo è confacente al grado di rischio dallo stesso espresso, agli obiettivi che si prefigge e

se la propria esperienza e capacità patrimoniale siano adeguate all'operazione prescelta.

Il correttivo alla asimmetria informativa descritta è stato individuato nell’obbligo da parte

del contraente più forte, poiché maggiormente esperto, di informare adeguatamente il

cliente nel momento in cui lo stesso si determini a porre in essere operazioni di

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investimento.

Da un punto di vista normativo è possibile rinvenire un preludio della necessità di

informare il cliente investitore nella Legge n. 1 del 1991 la quale, all’art. 6 precisava che “

[…] nello svolgimento delle loro attività le società di intermediazione mobiliare: a)

devono comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità nella cura dell'interesse

del cliente; b) devono pubblicare e trasmettere ai singoli clienti un apposito documento

informativo contenente l'indicazione e la descrizione delle attività svolte nonchè l'elenco

dei soggetti appartenenti al proprio gruppo […]; c) devono stabilire i rapporti con il

cliente stipulando un contratto scritto nel quale siano indicati la natura dei servizi

forniti, le modalità di svolgimento dei servizi stessi e l'entità e i criteri di calcolo della

loro remunerazione, nonche' le altre condizioni particolari convenute con il cliente;

copia del contratto deve essere consegnata contestualmente al cliente; d) devono

acquisire preventivamente le informazioni sulla situazione finanziaria del cliente rilevanti

ai fini dello svolgimento delle attività di intermediazione mobiliare; e) devono operare in

modo che il cliente sia sempre adeguatamente informato sulla natura e sui rischi delle

operazioni, sulle loro implicazioni e su qualsiasi atto, fatto o circostanza necessari per

prendere consapevoli scelte di investimento o di disinvestimento.”

L’ampio impianto informativo previsto dalla norma poneva già le basi di quelli che oggi

sono definiti obblighi di condotta dell’intermediario.

Vediamo infatti che la norma prevede non solo obblighi informativi per le società di

intermediazione mobiliare caratterizzati da oneri di diligenza correttezza e professionalità,

ma impone altresì un obbligo di informazione “attiva” sulle caratteristiche delle operazioni,

affinchè il cliente compia scelte consapevoli e quindi comprenda ed accetti il solo grado di

rischio dallo stesso compreso. Vi è infine un importante accenno, sempre nella norma del

1991 ad un obbligo di informazione “passiva” da parte dell’intermediario il quale, una

volta informato il cliente sul prodotto finanziario (natura di esso, funzionamento tecnico e

rischio), deve anche assumere informazioni sulla situazione finanziaria di quest’ultimo. È

forse questo il più importante elemento che nel tempo ha trovato ampliamento e maggiore

specificazione, sia nella normativa primaria che regolamentare di settore.

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Infatti non solo si è ritenuto importante informare il cliente sulla operazione, ma si è

percepito il bisogno che l’intermediario si informi anche sul cliente. Tale elemento troverà

un importante ampliamento nella successiva normativa che ha sostituito quella prevista

dalla legge n.1/91, la quale muovendo dall’obbligo di acquisire informazioni sulla

situazione finanziaria del cliente, è giunta a prevedere l’obbligo di valutare l’adeguatezza

dell’operazione a carico proprio dell’intermediario, il quale non solo ha oggi un duplice

onere di informare il cliente e di informarsi su di esso (in termini di esperienza, patrimonio,

grado di rischio espresso), ma dovrà anche compiere per esso valutazioni in termini di

adeguatezza del titolo prescelto da quest’ultimo o allo stesso proposto.

Vediamo infatti come già con il successivo D.Lgs 415/ 1996, riprendendo la precedente

previsione normativa la amplia confermandone i contenuti. Recita infatti l’art. 17 del C.d.

Decreto Eurosim che “nella prestazione dei servizi previsti dal presente decreto le imprese

d'investimento e le banche devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e

trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrita' dei mercati; b) acquisire le

informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre

adeguatamente informati; c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di

conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai

clienti trasparenza ed equo trattamento; d) disporre di risorse e di procedure, anche di

controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi; e) svolgere una

gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti

dei clienti sugli strumenti finanziari e sul denaro affidati. […]”.

Ribadito, quindi, l’obbligo per l’impresa di investimento di agire secondo diligenza e

correttezza nella prestazione di servizi di investimento, viene introdotto il concetto di

trasparenza, elemento che specifica ulteriormente il fine degli obblighi di informazione. A

ciò si aggiunge un ulteriore importante fine e cioè che tali obblighi di comportamento

vengano imposti all’intermediario non solo nell’interesse del singolo, ma anche a tutela

della integrità dei mercati, con ciò rafforzandone ulteriormente il rilievo giuridico e la

portata.

Infine, l’art. 21 del D. Lgs. 58 del 1998 (di seguito T.U.F.) giunge, infine, al

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completamento della normativa di protezione del contraente debole. Infatti tale norma

prevede che “nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i

soggetti abilitati devono:

a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse

dei clienti e per l’integrità dei mercati;

b) acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano

sempre adeguatamente informati;

c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti;

d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare

l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.

1-bis. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori, le

Sim, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione

armonizzate, gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del

testo unico bancario, le banche italiane e quelle extracomunitarie:

a) adottano ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero

insorgere con il cliente o fra clienti, e li gestiscono, anche adottando idonee misure

organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti;

b) informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale

e/o delle fonti dei conflitti di interesse quando le misure adottate ai sensi della lettera a)

non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli

interessi dei clienti sia evitato;

c) svolgono una gestione indipendente, sana e prudente e adottano misure idonee a

salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.

2. Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di

gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto

del

cliente ".

La norma, così modificata nel suo impianto dal successivo D. Lgs. 164 del 2007 che

6

recepisce la Direttiva c.d. Mifid2, prevede non soltanto gli obblighi di condotta già decritti,

ma impone un'informativa al cliente trasparente e che la stessa sia posta in essere attraverso

comunicazioni corrette e non fuorvianti.

Tale trasparenza deve estrinsecarsi in ogni momento dell’informazione, ivi compreso

quello che attiene i messaggi promozionali e pubblicitari i quali non devono essere

fuorvianti per l’investitore.

Gli obblighi informativi devono riguardare non solo gli aspetti sin qui descritti ma,

secondo il novellato art. 21 T.U.F., devono permettere una costante informazione del

cliente ed evitare possibili conflitti di interesse con l’intermediario o comunque renderne

edotto il cliente su quelli possibili.

L'intermediario, quindi ha l'obbligo di conoscere il proprio cliente nei termini precisati

(know your customer) e tale conoscenza renderà possibile la valutazione in termini di

adeguatezza (suitability) dell'operazione riguardo al profilo del cliente tracciato con le

informazioni dallo stesso fornite.3

A completamento della disciplina legislativa primaria si pone quella regolamentare

Consob, la quale precisa ed amplia detti obblighi.

L'articolo 28 Regolamento n.11522 del 1998 precisava che prima della stipulazione del

contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e prima dell’inizio della

prestazione di servizi di investimento e dei servizi accessori ad essi collegati, gli

intermediari autorizzati dovevano chiedere all’investitore notizie sulla sua esperienza in

materia di investimento in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, la propria

propensione al rischio e gli obiettivi di investimento nonché consegnare il documento sui

rischi generali legati all’operazione.

Al comma 2 si specificava ulteriormente che "gli intermediari autorizzati non possono

effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver

fornito all' investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni

della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare

consapevoli scelte di investimento o disinvestimento"

2 Direttiva 2004/39/CE, c.d. Direttiva Mifid 3 E. Guerinoni, Contratti di investimento e responsabilità degli intermediari finanziari, Wolter Kluver Italia srl, Milano, 2010, p. 54

7

Era ulteriormente previsto al comma 3 di tale norma che l’intermediario avrebbe informato

prontamente e per iscritto l’investitore se le operazioni in strumenti derivati e warrant

sottoscritte con fini diversi da quelli copertura abbiano generato perdite effettive o

potenziali pari al 50%.

Altresì il comma 4 prevedeva lo stesso obbligo qualora nell’ambito di una gestione del

patrimonio affidato si sarebbe verificato una riduzione da perdite effettive o potenziali pari

al 30% del controvalore totale del patrimonio.

Nella norma in esame viene disposto, inoltre, un obbligo di informazione attiva che si

sostanzia nella consegna del documento sui rischi generali dell’investimento, che è propria

della parte contrattuale professionale alla quale spetta la rimozione della asimmetria

informativa iniziale con il proprio cliente.

Un importante elemento innovativo è proprio quello evidenziato dai commi 3 e 4 della

norma nei quali vi è uno specifico obbligo di informazione attinente al risultato negativo di

alcune categorie di prodotti o servizi prestati dall’intermediario.

Il successivo articolo 29 invece, precisava come gli intermediari debbano astenersi

dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia,

oggetto, frequenza o dimensione. Dalla norma è possibile evincere quali siano gli elementi

su cui fondare la valutazione di adeguatezza. Nel merito si fa riferimento sia alle

caratteristiche del titolo, anche in termini di rischio, al peculiare strumento finanziario

prescelto, nonché alla entità dell'operazione in riferimento sia ai volumi di operazioni

solitamente trattati dall'investitore sia alla dimensione dell'operazione rispetto al

portafoglio dello stesso.4

Una simile valutazione di adeguatezza (suitability rule) da parte dell'intermediario è resa

possibile solo a seguito di un'accurata ricostruzione del profilo del proprio cliente resa

possibile unicamente dall'assolvimento di un'informativa passiva da parte dello stesso. In

caso di operazioni ritenute inadeguate, però, correva l'obbligo per l'intermediario di darne

notizia all'investitore, rimando nella facoltà del cliente di procedere alla operazione

attraverso un ordine scritto o se si tratta con ordine telefonico registrato su supporto

4 V. Sangiovanni, Op. Cit., 725 e ss.

8

magnetico

La disciplina sin qui descritta è stata innovata profondamente dal nuovo regolamento

Consob del 2007, il quale ridisegna gli obblighi di informazione.

Nel confermare l'obbligo che tutte le informazioni fornite al cliente debbano essere chiare,

corrette e non fuorvianti, l'art 27 del nuovo regolamento si premura di chiarire anche che le

stesse debbano essere fornite al cliente in una forma "comprensibile", al fine di agevolarne

la esatta comprensione. A tale scopo il successivo art. 28 detta quelle che sono le

condizioni affinché l'informativa abbia i caratteri richiesti dalla norma. Nel far questo,

l'intento della norma è rivolto chiaramente ad un tentativo di standardizzazione

dell'informazione, volto così a realizzare una full disclosure5.

Un ulteriore importante elemento della nuova delibera Consob è costituito dall'art. 34, il

quale precisa che in merito alle informazioni di cui all'art 27 dello stesso, gli intermediari

forniscono al cliente al dettaglio o comunque al potenziale cliente al dettaglio le

informazioni concernenti i termini del contratto in tempo utile e prima che esso si vincoli

con la sottoscrizione di qualsiasi contratto. Viene precisato al comma 5 che le informazioni

vengono fornite su supporto duraturo o tramite sito internet secondo quanto previsto

dall'art. 36 dello stesso regolamento.

Dalla breve disamina che precede vediamo come la normativa regolamentare abbia

chiaramente optato per dettare chiari parametri di informazione in termini sia di

comprensibilità che di modalità di trasmissione al cliente.

L'art 37 della delibera Consob 16190 prevede che gli intermediari forniscono i propri

servizi di investimento, diversi dalla consulenza, sulla base di un apposito contratto scritto

di cui una copia è consegnata al cliente. La norma, nel suo prosieguo fornisce quello che

può essere definito il contenuto minimo di tale contratto con ciò precisando i contenuti

dell'art. 23 T.U.F..

Il nuovo regolamento Consob, rispetto al precedente del 1998, compie un importante

precisazione per ciò che attiene la valutazione di adeguatezza dell'operazione nei riguardi

del cliente (suitabilty rule).

5 Sul punto, si rinvia a R. Lener e P. Lucantoni, Il testo Unico della Finanza, a cura di M. Fratini, G. Gasparri, Utet 2012 Walter Kluvers Italia srl,2012, pag. 382 e ss.

9

Ricordiamo infatti come nel precedente regolamento all'art. 29 veniva previsto l'obbligo di

informare il cliente dell'inadeguatezza dell'operazione rispetto al proprio profilo. Tale

comunicazione poteva essere "forzata" dal cliente attraverso la trasmissione del proprio

ordine scritto o telefonico registrato. Attraverso quindi un "consenso informato del

cliente"6 l'intermediario poteva procedere alla operazione inadeguata.

La nuova delibera Consob, invece, ridisegna completamente il criterio dell'adeguatezza, in

primo luogo rendendolo applicabile soltanto ai contratti gestione di portafoglio o di

consulenza in materia di investimenti, ed infine con gli art. 39 e 40 vengono fissati

parametri che non sono superabili come nel precedente regolamento.7

Al fine di compiere un giudizio sulla adeguatezza dell'investimento, nei soli casi di servizi

in materia di investimenti e di gestione di portafogli, l'intermediario deve valutare, una

volta raccolte le informazioni dal proprio cliente, se l'operazione corrisponde ai suoi

obiettivi di investimento, sia se la stessa può essere sopportata in termini di rischio dal

cliente e se quest'ultimo abbia la necessaria esperienza per comprendere i rischi ad essa

connessi.

Quando invece si verte in ambito di servizi diversi da quelli di consulenza e gestione di

portafoglio, gli intermediari sono chiamati ad una valutazione di adeguatezza

dell'operazione secondo il dettato dell'art. 41 e 42 del Regolamento 16190. A tale scopo

devono richiedere al proprio cliente informazioni sulla sua conoscenza ed esperienza nel

settore finanziario rinviando ai commi 2, 5 e 7 del precedente art 39.

Sulla base di queste informazioni, raccolte secondo i prefati criteri, gli intermediari

verificheranno se il cliente sia dotato di sufficiente esperienza per comprendere la

rischiosità dell'operazione; e ove essa difetti possono dare avvertenza scritta di ciò al

cliente. Un importante elemento emerge dall'ultimo comma dell'art 42, il quale stabilisce

che se il cliente non fornisce le informazioni utili alla valutazione o risultino a ciò

insufficienti, l'intermediario darà comunicazione a quest'ultimo dell'impossibilità di porre

in essere la valutazione in oggetto. In ultima analisi. Sempre per ciò che attiene la nuova

6 R. Lener e P. Lucantoni, cit., pag. 386 7 R. Lener e P. Lucantoni, cit., pag. 386- 387

10

graduazione delle regole di condotta disposte dal regolamento Consob 16190/2007 si deve

dare conto anche della previsione della mera esecuzione d ordini (execution only) eseguita

nelle modalità ed alle condizioni di cui all'art. 43 a cui si rinvia.

Tutti gli elementi che precedono dimostrano come l’informazione prevista dall’articolo 21

del Testo Unico e specificata dalla delibera Consob del 2007, si allontana dalla semplice

comunicazione di caratteristiche inerenti un titolo finanziario, giungendo invece a

concretizzarsi in una informazione delineata sulla effettiva conoscenza e preparazione

dell’investitore.

Una informativa così delineata nel suo contenuto non si esaurisce nella sola fase iniziale

del rapporto contrattuale ma anzi si estende alla intera durata del contratto in quanto

proprio l'articolo 21 T.U.F prevede che l'intermediario operi affinché il cliente sia sempre

adeguatamente informato.8

Si è in presenza di una predisposizione di nozioni idonee non tanto a specificare una certa

operazione bensì a renderla effettivamente comprensibile al sottoscrittore sia in termini di

rischio assunto che di meccanismi di regolazione che vi sottendono.

Gli oneri di informazione passiva a carico dell’intermediario permettono di tracciare una

esatta definizione del proprio cliente in termini di preparazione ed esperienza, e sarà su tali

dati che il contraente professionale potrà compiere quelle valutazioni di adeguatezza e di

appropriatezza dell’operazione che normativa primaria e secondaria gli impongono. Tale

giudizio, comunque, non si fonderà unicamente sulle informazioni ottenute dal cliente ma

potrà essere anche integrato, come indicato dalla giurisprudenza, dalle precedenti

operazioni effettuate dal cliente. Infatti il profilo di rischio di un cliente può emergere

anche dalle scelte che sono state effettuate dallo stesso in passato e dalla composizione del

suo patrimonio, al fine di poter comparare l'operazione nuova con quelle che l'hanno

preceduta.9

Tale quadro di protezione del contraente debole, si completa con la evidente esigenza di

trasparenza che involve ogni attività affine con l’adempimento degli obblighi di condotta

esaminati.

8 F. Guerinoni, op.cit., pag. 55 9 Tribunale di Milano, 25.07.2005 in N.G.C.C. 11,2008,593

11

Infatti, trasparenza e correttezza dovranno essere alla base sia degli oneri informativi attivi

che passivi, anche in quel necessario momento di pubblicizzazione del prodotto finanziario

che dovrà sempre essere effettuata all’insegna della correttezza onde evitare di fuorviare il

cliente.

Recita infatti l’articolo 27 della delibera Consob 16190 che “Tutte le informazioni,

comprese le comunicazioni pubblicitarie e promozionali, indirizzate dagli intermediari a

clienti o potenziali clienti devono essere corrette, chiare e non fuorvianti”.

Ciò è reso possibile in primo luogo dalla conoscenza del prodotto da parte

dell’intermediario, il quale potrà così operare non solo una proposta chiara all’investitore

ma potrà altresì compiere una valutazione sulla appropriatezza-adeguatezza

dell’operazione alle sue conoscenze ed al grado di rischio che quest’ultimo ha manifestato.

Tali valutazioni dell’operazione, nei termini descritti, è quindi un ulteriore onere che deriva

dagli obblighi informativi posti a carico del contraente più forte. Tale passaggio mostra

come conseguenza logica del conoscere il proprio prodotto (Know your marchandise) sia

la conoscenza proprio cliente in termini, di obiettivi, propensione al rischio ed esperienza

(Know your costumer rule). Da questi due elementi di conoscenza potrà derivare la

valutazione sulle operazioni in termini di adeguatezza, basate sul al profilo del cliente

(suitability rule). Così, come sin qui tratteggiato, l’obbligo informativo appare essere

quell’elemento in grado di riscattare la debolezza contrattuale dell’investitore attraverso

una predisposizione di tutele volte non alla sua semplice informazione bensì rivolte alla

formazione di un consenso alle operazioni di investimento consapevole, affinchè esso si

assuma soltanto quei rischi compresi ed accettati evitando invece quelli occulti o non

chiaramente comprensibili al momento della sottoscrizione.

Premesso quanto sin qui esposto è necessario, adesso, cercare di chiarire il concetto di

informazione.

L’informazione, come abbiamo visto, assurge ad un significato più ampio rispetto a quello

ordinario, declinando persino a significati volti ad inglobare in sé l’effetto

dell’informazione stessa. Come evidenziato da autorevole dottrina, in questo ambito

l’informazione non equivale “a mera comunicazione”, ma identifica “l’attività

12

comunicativa funzionale alla conoscenza dell’operazione economica”.10

Questa attività è dunque necessaria ad un riequilibrio della asimmetria informativa, tipica

del rapporto tra intermediario e investitore, permettendo scelte consapevoli da parte di

quest’ultimo in ambito finanziario. Nell’analizzare il concetto di consapevolezza, creata

dall’adempimento di tali obblighi di condotta, non sfugge come essa possa aver luogo

soltanto laddove si faccia chiarezza sul rischio connesso al titolo oppure alla esatta

comprensione del prodotto finanziario e del meccanismo che vi sottende. Sembra, quindi,

che l’investitore informato riesca ad uscire dalla opacità del prodotto che andrà a

sottoscrivere per comprendere dinamiche funzionali e grado di rischio assunto con esso. Vi

è quindi un superamento di quei rischi definiti occulti o non percepibili, a favore di una

consapevole assunzione di quei rischi che sono funzionalmente fisiologici al prodotto.

L’adempimento di obblighi informativi, pertanto, rende un investitore consapevole delle

scelte che assume e ciò al fine di compiere scelte che sono vicine non solo alla sua

propensione di rischio ma anche alle sue possibilità economiche.

Si può, quindi, tracciare quelli che sono gli elementi che caratterizzano la costruzione

dell’obbligo informativo in questione. Si è in presenza di un obbligo che porta non solo

l’intermediario ad esporre i propri prodotti finanziari secondo correttezza e chiarezza,

agevolando così la trasparenza, ma anche di un obbligo di conoscenza del proprio cliente,

che porta non solo a comprendere il grado di rischio che questo intende assumersi, ma la

possibilità economica di cui esso dispone; elementi quest’ultimi assolutamente necessari

affinché l’intermediario possa pervenire ad un giudizio di adeguatezza del prodotto al

profilo del cliente.

I brevi passaggi che precedono trovano riscontro nell’impianto di disclosure voluta dal

legislatore per ciò che attiene l’informazione finanziaria. Affinché tale disclosure si

realizzi occorrerà che l’intermediario, come detto, conosca i prodotti finanziari proposti

(know your marchandise), abbia tracciato il profilo di competenza e di rischio del proprio

cliente (know your customer) e quindi, una volta adempiuto tale duplice attività

informativa, attraverso tutti i dati raccolti potrà evitare operazioni distanti dal profilo del

10 F. greco, La regola dell’informazione nel nuovo regolamento Consob, in ilcaso.it, Sez. II, Doc. 82/2007;

13

proprio cliente e quindi ad esso inadeguate o inappropriate (suitability rule).

La trattazione esposta, pur senza pretesa di completezza, tratteggia l’indole di protezione

che caratterizza gli obblighi di condotta descritti, in quanto da essa emerge un concetto di

informazione capace di condurre l’investitore a scelte animate da consapevolezza.11

Come è stato autorevolmente osservato attraverso una informazione chiara ed esaustiva il

legislatore abbia avuto come obbiettivo quello di riscattare il risparmiatore dalla sua

naturale posizione di debolezza.12

Solo attraverso una informazione capace di rendere edotto il cliente è possibile permettere

allo stesso di compiere operazioni ad esso vantaggiose.

E’ innegabile, quindi, che l’apparato di obblighi posto a carico del contraente più forte

rispetto a quello più debole ha, nel momento decisionale dell’investitore una rilevanza

assoluta, poiché è solo attraverso tale procedimento che quest’ultimo decide la propria

strategia operativa.

La Giurisprudenza ha contribuito in modo determinante sulla puntualizzazione di tale

obblighi e sulla loro dettagliata modulazione.

E’ nella fase operativa di tali adempimenti, infatti, che si pongono i maggiori quesiti sul

corretto adempimento degli oneri informativi da parte dell’intermediario. Un primo aspetto

che deve essere analizzato è il chiaro contenuto che tale onere deve avere.

Ciò che preme evidenziare è che, alla luce dell’analisi sin qui svolta, non è sufficiente dare

informazioni sull’operazione all’investitore, ma è necessario che quest’ultimo si

adeguatamente informato.

Il concetto di adeguatezza dell’informazione riassume quel duplice obbligo di condotta che

grava sull’intermediario, il quale deve delineare l’informativa sul cliente che ha davanti in

termini di adeguatezza. E’ quindi una vera e propria personalizzazione dell’informazione

quella che emerge da tali obblighi, in termini di esperienza, obiettivi e grado di rischio che

il cliente espone.

Ne coglie l’espressione proprio la giurisprudenza la quale precisa che “ognuna delle cause

per le quali l’operazione può apparire inadeguata va specificatamente posta all’attenzione

11 F. Durante, Intermediari finanziari e tutela de risparmiatori, Milano, Giuffrè, 2009, 106 e ss. 12 F. Greco, Op. Cit.

14

dell’investitore e spiegata dettagliatamente nel suo intrinseco contenuto, onde porre

l’investitore stesso nella condizione di valutare pienamente l’opportunità di procedere o

meno all’investimento”. Prosegue la decisione in esame precisando che “né è sufficiente a

ritenere che la banca adempia i propri obblighi informativi verso l’investitore disposti a

carico dell’intermediario dalla citata disciplina di settore, la circostanza dell’avvenuta

consegna al cliente del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti

finanziari atteso che quest’ultimo contiene appunto, indicazioni ed informazioni di

carattere generale non riferite all’investimento specifico”.13

La prefata decisione enuclea chiaramente il principio secondo cui il cliente deve essere

informato sui rischi specifici dell’investimento e nel far questo opportunamente richiama

l’insegnamento della Suprema Corte la quale precisa con chiarezza quelli che sono gli

elementi necessari di una corretta attività di informazione rivolta al cliente.

Il principale dovere dell’operatore, secondo gli ermellini, è quello di “farsi parte attiva

nella richiesta all’investitore di notizie circa la sua esperienza e la sua situazione

finanziaria, gli obiettivi dell’investimento e la propensione al rischio, sia di informare

adeguatamente il cliente al fine di porre il risparmiatore nella condizione di effettuare

consapevoli e ragionate scelte di investimento o disinvestimento”.14

Ciò, sempre secondo Giudici di legittimità, induce “a ritenere che le informazioni debbano

essere modellate alla luce della particolarità del rapporto con l’investitore, in modo da

soddisfare le specifiche esigenze proprie di quel singolo rapporto”.

L’obbligo informativo quindi deve tradursi principalmente in un’attenta e puntuale

illustrazione al cliente dei meccanismi del prodotto affinché, prima di sottoscriverlo, lo

stesso abbia ricevuto corrette informazioni sulla idoneità dello strumento finanziario

rispetto alle proprie finalità.15

Questi obblighi, come abbiamo detto, sono letti dalla giurisprudenza di merito come

un’informazione attiva, la quale si sostanzia nel dovere di comunicare al cliente le

informazioni possedute dagli intermediari sul prodotto offerto, al quale si aggiunge quello

13 Corte di Appello di Palermo, 15 marzo 2013 in www.ilcaso.it, sez. Giur., 8774. 14 Cassazione Civile sez. I del 25.06.2008 n. 17340 in Pluris Cedam. 15Tribunale di Pescara, 03 ottobre 2012 in www.ilcaso.it, sez. Giur., 7967

15

di informazione passiva che si sostanzia nel dovere per l’intermediario di acquisire ogni

elemento necessario alla completa conoscenza delle caratteristiche dell’investitore e della

sua propensione al rischio.16

Muovendo da questo duplice aspetto vi sono state decisioni che hanno ritenuto

concretamente adempiuti tali obblighi solo allorquando l’investitore abbia pienamente

compreso le caratteristiche dell’operazione, poiché la conoscenza che l’informazione

realizza deve avere connotato di effettività e l’intermediario deve verificare la

comprensione da parte del cliente delle caratteristiche della operazione proposta sia in

termini di rischi che di adeguatezza. 17 Infatti, precisa la Suprema Corte, che “il duplice

riferimento alle informazioni adeguate e necessaria e la direzione dell’obbligo nei

confronti del cliente inducono a ritenere che le informazioni debbano essere modellate alla

luce della particolarità del rapporto con l’investitore, in modo da soddisfare le specifiche

esigenze proprie di quel singolo rapporto.”18

L’informazione quindi, deve essere prestata all’investitore secondo le sue caratteristiche e

peculiarità in termini di esperienza e di obiettivi, tratteggiata al preciso rapporto che si va

concretizzando tra le parti.

Si ritiene adempiuto tale obbligo solo quando l’investitore ha maturato e pienamente

compreso sia le caratteristiche dell’operazione, sia quando abbia raggiunto una conoscenza

effettiva di essa, con la necessità di una successiva verifica da parte dell’intermediario di

tale esatta comprensione delle caratteristiche dell’operazione proposta.19 Ciò in quanto la

prestazione di informativa al cliente non solleva lo stesso da ogni rischio connesso al titolo,

ma in un’ottica di consapevolezza della propria scelta, lo aiuta unicamente a gestirlo nel

modo migliore.20

Quanto al concreto contenuto che l’informazione deve avere è facilmente desumibile dalle

decisioni esaminate che esso non può sostanziarsi in una semplice consegna di

documentazione attinente al rischio.

Dal lato dell’intermediario, lo stesso deve acquisire correttamente gli elementi necessari

16 Tribunale di Genova, 26.02.2011, in www.ilcaso.it., sez. Giur., 6520 17 Tribunale di Bari, 09.11.2010, in www.ilcaso.it., sez. Giur., 2856 18 Cass. civ. Sez. I, 25.06.2008, n. 17340 in pluris cedam 19 Tribunale di Milano, 20 marzo 2006, conforme Tribunale di Brindisi 18 luglio 2007 e Tribunale di Firenze, 06 luglio 2007in www.ilcaso.it 20 Tribunale di Parma, 24 maggio 2007, tribunale di Parma 21 marzo 2007 in www.ilcaso.it

16

per conoscere i propri prodotto (Known your marchandise) ed in tal senso la

giurisprudenza ha precisato che l’intermediario deve in ciò adempiere al proprio obbligo in

termini professionali. A titolo di esemplificazione si può far riferimento all’obbligo di

conoscere il contenuto dell’offering circular, senza poter basare la propria conoscenza su

semplici dati offerti da media in termini di comunicazione di massa.21 La mancata

conoscenza da parte dell’intermediario di tale documento, che costituisce il principale

documento informativo con il quale vengono esposte agli investitori istituzionali le

caratteristiche delle obbligazioni emesse sull’euromercato, rappresenta infatti una grave

violazione informativa, con ovvie gravi ripercussioni per il cliente.22 In estrema sintesi il

Tribunale di Genova chiarisce che vige a carico degli intermediari un obbligo di

conoscenza che è maggiore della semplice informazione e che l’investitore non avrà

possibilità di acquisire.23

Per l’adempimento dell’obbligo informativo posto a carico dell’intermediario, quindi, non

appare quindi sufficiente la semplice consegna del documento sui rischi generali

dell’investimento, ma ciò deve arricchirsi di tutti quei necessari elementi utili a rendere

edotto l’investitore della complessiva operazione e dei suoi caratteri. Alcune decisioni di

merito hanno precisato come sia dovere dell’intermediario informare il cliente di tutte le

caratteristiche del titolo che proprio l’offering circular espone, in particolare laddove essa

metta in risalto gravi posizioni debitorie dell’emittente il titolo24; rilevando inoltre come

l’adempimento di tali obblighi non debba risolversi con la comunicazione di informazioni

in forma eccessivamente semplificata, che non garantisce effettiva conoscenza in capo al

cliente.25

Anche per ciò che attiene, poi, la consegna del documento generale sui rischi

dell’investimento è comunque necessaria la effettiva prova che quello consegnato al cliente

sia conforme ai modelli predisposti dalla Consob, in quanto è insufficiente una semplice

dichiarazione da parte dell’investitore di aver ricevimento un documento recante tale

21 Tribunale di Rimini, 21 novembre 2006, in www.ilcaso.it 22 Tribunale di Rimini, 22 marzo 2006, in www.ilcaso.it 23 Tribunale di Genova, 12 aprile 2005, in www.Ilcaso.it 24 Tribunale di Ancona 12 aprile 2007, in www.ilcaso.it 25 Tribunale di Milano, 28 marzo 2007, in www.ilcaso.it

17

denominazione.26

L’obbligo informativo dell’intermediario, quindi, nella sua forma c.d. attiva, si estrinseca

non solo nella consegna del suddetto documento rischi, ma nella comunicazione di ulteriori

determinanti dati quali le caratteristiche del titolo, il rischio ad esso connesso, la natura del

titolo, il rating riconosciuto ad esso dalle maggiori agenzie, affinché la scelta posta in

essere sia frutto di una attenta e complessiva disamina delle complessive caratteristiche

dell’operazione27. Del tutto insufficiente, in termini di contenuto, sarà quell’informazione

che si sostanzia in una mera avvertenza, del tutto generica, fornita dall’intermediario, che

impedirà al cliente la formazione di una effettiva conoscenza dell’operazione.28

Può quindi concludersi che solo attraverso l’adempimento da parte dell’intermediario di

una completa ricognizione sulle caratteristiche del proprio cliente ed una esatta

ricostruzione delle caratteristiche del titolo ad esso proposto in termini di meccanica

funzionale dello stesso e livello di rischiosità in termini speculativi, quest’ultimo porrà in

essere scelte consapevoli e conformi ai propri obiettivi e confacenti al livello di rischio

voluto e compreso. Tale scelta dovrà essere oggetto, poi, di una valutazione di adeguatezza

da parte dell’intermediario rispetto al profilo di soggettivo di esso disegnato dalle

informazione che il cliente stesso gli ha fornito.

Tali obblighi informativi si sono, oggi, ancor più delineati con chiarezza attraverso il

nuovo regolamento Consob n. 16190, il quale ha prestato massima attenzione alla esatta

individuazione della clientela in termini di cliente retail o professionale, con ciò superando

ogni precedente incertezza sulla classificazione della clientela, la quale ha assunto

particolare rilevanza per ciò che attiene la dichiarazione di operatore qualificato ex art 31

regolamento Consob n.11522/98 che permetteva all’intermediario di non adempiere agli

obblighi sin qui descritti in caso di rapporto con clienti appunto qualificati.

Gli obblighi sin qui delineati tracciano chiaramente un impianto informativo che si evolve

sia nella fase prodromica che di esecuzione dell’investimento.

E’ possibile però interrogarsi sulla possibile esistenza dei obblighi continuativi di

26 Tribunale di Milano, 16 febbraio 2009, in www.ilcaso.it 27 Tribunale di Mantova 31 marzo 2009, Tribunale di Forli 21 marzo 2009, in www.ilcaso.it 28 Corte di Appello di Torino, 31 marzo 2009, in www.ilcaso.it

18

informazione a carico dell’intermediario, giungendo persino a divenire un obbligo di

"monitoraggio" dell'andamento del titolo. Ove si propendesse per quest'ultima soluzione

occorrerebbe comprendere quale sia il dato su cui l'intermediario deve basare il proprio

giudizio e decidere se il titolo stia subendo deprezzamenti importanti oppure percepire la

prossimità di un'insolvenza da parte dell'emittente dello stesso.

Questo aspetto mette in luce un importante dato all'interno del default della banca Lehman

Brothers e cioè il mantenimento di un alto e rassicurante giudizio di rating da parte delle

principali agenzie sino a pochi giorni prima della dichiarazione di insolvenza.

Vi è, poi, un ulteriore elemento che ha caratterizzato l'analisi del default della Banca

d'affari americana nella giurisprudenza di merito italiana e cioè la pattuizione tra cliente ed

intermediario in via convenzionale di obblighi informativi ulteriori rispetto a quelli di

legge, stante l'inserimento del titolo Lehman Brothers tra quelli indicati dal Consorzio

"Patti Chiari".

L'iniziativa Patti Chiari è stata descritta come "una iniziativa che ha visto una notevole

adesione nel settore dell'intermediazione finanziaria e che consisteva nella formazione di

un elenco delle obbligazioni a basso rischio e a basso rendimento, finalizzato a fornire

informazioni specifiche in ordine agli strumenti finanziari compresi nell'elenco stesso, in

modo tale da orientare il cliente nella scelta; sicché l'inserimento di un determinato titolo

in quell'elenco rappresenta uno strumento informativo, ulteriore e specifico, suscettivo di

fornire ai risparmiatori informazioni finanziarie dettagliate su quel determinato titolo

come su altro, aventi analoghe caratteristiche, inseriti nell'elenco in questione; tanto ciò è

vero che le banche aderenti a tale iniziativa hanno adottato la prassi di fornire ai propri

clienti un'informativa specifica sull'elenco e sui titoli nel medesimo ricompresi. [...]"29.

I parametri secondo i quali le obbligazioni possono essere inserite in tale elenco sono "un

rating elevato non inferiore ad "A-" [...]" nonché la prescrizioni di" avere una bassa

variabilità del prezzo di mercato ossia l'elenco prevede l'inclusione solo dei titoli che

presentano il rischio di una riduzione di valore inferiore al 5% su base annuale, rischio

misurato secondo la metodologia del Value at risk."30

29 Tribunale di Novara, 23 giugno 2011 in www.ilcaso.it 30 Tribunale di Milano 211 marzo 2011, in www.ilcaso.it

19

L'inserimento di un titolo nell'elenco profilato dal Consorzio Patti Chiari, quindi, lo

individua come un titolo a basso rischio ed a basso rendimento; facendo nascere però tra

sottoscrittore e istituto di credito aderente un obbligo informativo di tipo convenzionale

ulteriore a quello ordinario.

Alcune decisioni di merito hanno evidenziato la questione nei termini che seguono. In

particolare il Tribunale di Torino ha evidenziato come l'inserimento nell'ordine di

investimento della nota che il titolo fa parte dell'elenco di obbligazioni a basso rischio-

rendimento redatto nell'ambito del progetto Patti Chiari e che " in base agli andamenti di

mercato il titolo potrà uscire dall'elenco successivamente alla data dell'ordine. Il cliente

sarà tempestivamente informato se il titolo subisce una variazione significativa del livello

di rischio [...]." se "sottoscritto da entrambe le parti e aggiuntivi rispetto a quello,

standardizzato, tipico dell'ordine di investimento, costituisce una vera e propria

pattuizione contrattuale ed integra dunque una fonte di obblighi di natura convenzionale

specificamente assunti dalla Banca nei confronti del suo cliente investitore."31

Tale obbligo deriva, secondo alcune decisioni di merito dal fatto che "la stessa adesione al

Consorzio Patti Chiari, abbia comportato per gli istituiti di credito l'assunzione nei

confronti dei propri clienti di specifici obblighi informativi, ulteriori a quelli contenuti

nella normativa di riferimento, tra cui l'obbligo espressamente previsto dalla guida

pratica, sopra citata, al Consorzio Patti Chiari (pag. 25 guida) di informare il cliente in

caso di aumento del rischio rilevante, ciò a dire dall'area del basso rischio a un livello di

rischio significativo, entro due giorni dall'accadimento."32

Appare confermata, quindi, la possibilità di concordare, in via convenzionale tra le parti,

ulteriori obblighi informativi di tipo continuativo, fondati come detto sulla rilevanza della

loro indicazione sugli ordini di negoziazione, i quali assumono rilievo soprattutto laddove

si verifichi un deterioramento significativo del valore del titolo.

E' quindi da considerarsi tardiva, in un simile contesto informativo di tipo convenzionale

una informativa al cliente caratterizzata dalla semplice comunicazione del default

dell'emittente e la decisione di far uscire il titolo dal proprio elenco da parte del Consorzio

31 Tribunale di Torino, 22 dicembre 2010, in www.ilcaso.it, Sez.I, Doc. 2839/11 32 Tribunale di Novara, Ult. Cit., Tribunale di Torino Cit.

20

patti Chiari.33

Quanto precede conferma come sia determinante per l'investitore entrare in possesso in

modo tempestivo delle informazioni su di un titolo, anche per ciò che attiene il suo

downgrading inerente il rating ed il suo conseguente aumento di rischio, ciò soprattutto al

fine di porre in essere provvidenziali disinvestimenti, utili a diminuire possibili perdite.

Può quindi concludersi che circa gli obblighi di informazione continuativi si affrontano due

correnti giurisprudenziali, una minoritaria che li ritiene esistenti a carico dell'intermediario

e l'altra maggioritaria che nega l'esistenza di un obbligo di monitoraggio del titolo a favore

del cliente. Anche a livello normativo, sia primario che regolamentare, viene confermata

l'ipotesi di obblighi continuativi di informazione solo in alcune ipotesi precise, come il

contratto di gestione o di consulenza, oppure per prodotti finanziari derivati ed a fronte di

perdite rilevanti.

Tornando brevemente ad analizzare l’ampiezza dell’informazione rivolta all’investitore un

orientamento maggioritario ha chiaramente escluso una continuità di obblighi informativi

per l'intermediario, ritenendolo esistente solo nei casi di erogazione di servizi di

consulenza o gestione di portafoglio.34 Secondo tale impostazione, infatti, un simile

ampliamento degli obblighi informativi "finirebbe col porre a carico dell'intermediario un

obbligo informativo particolarmente ampio e gravoso e dai confini oggettivamente incerti.

Egli infatti, sarebbe tenuto (al di fuori di ogni rapporto di consulenza o gestione

patrimoniale) a monitorare costantemente l'andamento dei singoli investimenti di tutti i

suoi clienti a comunicare loro ogni "modifica rilevante" delle informazioni a suo tempo

fornite su ogni singolo strumento finanziario negoziato".35

La motivazione su cui tale prospettazione si fonda, riguarda la mancata conclusione di

contratti per servizi di gestione o consulenza con l'intermediario. Fuori da tale ipotesi non

sono individuabili obblighi informativi continui, in quanto non sussiste "l'obbligo in capo

all'intermediario di informare il cliente in relazione alla progressiva perdita di valore dei

titoli acquistati in precedenza. Tale obbligo discenderebbe dall'art. 28 comma 4 del

33 Tribunale d Milano, Ult. Cit. 34 E. Guerinoni, Op. Cit., pag. 68, G. Bersani, La Responsabilità degli intermediari finanziari, Utet, Wolters Kluwer Italia srl, Milano, 2008 pag. 137 35 Tribunale di Torino, 20 novembre 2012 in www.ilcaso.it

21

Regolamento Intermediari. In realtà la citata normativa trova applicazione limitatamente

ai rapporti di gestione patrimoniale e non ai rapporti di negoziazione di strumenti

finanziari".36

Rileva infatti, nel merito che "L'attività di consulenza finanziaria che si accompagna

implicitamente al contratto di negoziazione e che appare implicitamente sottesa ai tre

momenti dell'obbligo di informarsi, informare e valutare l'adeguatezza dell'ordine

impartito, trova un limite invalicabile, per l'appunto, nella negoziazione finalizzata

all'acquisto o al disinvestimento, dovendosi escludere, per i resto, che gravi

sull'intermediario in tali casi un obbligo specifico di monitorare l'andamento del titolo (e

quindi della situazione finanziaria dell'emittente) al fine di suggerire all'investitore di

intervenire sul mercato per ridurre eventuali conseguenze negative collegabili a probabili

default".37

Occorre dare atto, però, anche di un diverso orientamento che movendo dalla lettura

dell'art. 21 T.U.F., ritiene non esaurito il dovere di informazione nei riguardi del cliente,

nella sola fase iniziale della negoziazione.38 In particolare il Tribunale di Cosenza,

confermando tale ipotesi, ha stabilito che " la banca era tenuta ad informare il cliente

sull'andamento del titolo anche successivamente al suo acquisto. Non soltanto in base al

principio generale di buona fede nell'esecuzione del contratto (artt.1175 e 1375 c.c.), ma

anche in base a specifiche disposizioni normative. L'art.21, lett. b, del t.u.i.f. (che

costituisce norma primaria rispetto al regolamento Consob), nell'imporre agli

intermediari di operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati, al

fine di consentire ad essi di effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento

(art. 28, co.2 del reg. Consob) si riferisce ai servizi di investimento indicati all'art.1 co. 5

del t.u.i.f. senza alcuna distinzione tra le varie tipologie di servizi (tra cui rientrano anche

le negoziazioni di strumenti finanziari per conto proprio e di terzi".39

Una decisione più recente ha, invece, ricostruito l'obbligo di una informazione di tipo

36 Tribunale di Lucera, 21dicembre 2006, Doc. 1282/2008 in www.ilcaso.it, conformi Tribunale di Ravenna, 29 luglio 2011Doc.6995/2012 e

Tribunale di Savona, 09 maggio 2007, Doc. 1079/2007, Tribunale di Mantova, 14 aprile 2005, Doc. 946/2005, Tribunale di Milano18 ottobre 2006 Doc. 477/2006, Tribunale di Milano, 29 aprile 2006 Doc. 287/2006 in www.ilcaso.it 37 Tribunale di Parma, 09 gennaio 2008, Sez. I, Doc. 1132/2008 in www.ilcaso.it 38 Tribunale di Roma, 25 maggio 2005 cit. 39 Tribunale di Cosenza, 01 marzo 2006, Sez. I, Doc. 361/2006 in www.ilcaso.it

22

continuo secondo una diversa interpretazione.

Muovendo dalla considerazione che con la sottoscrizione di un contratto di negoziazione,

"la banca si è assunta l'obbligo di "accompagnare" i risparmiatori nell'investimento del loro

denaro", statuisce che "la figura socio istituzionale delle banche generalmente preposte a

prestare ai consociati i servizi di assistenza e cura e amministrazione del risparmio,

consente di inquadrare le mere esecuzioni di ordini nella più nozione del mandato, con la

conseguente causa di gestione patrimoniale del portafoglio". 40 Da tale considerazione la

decisone in esame ritiene fondare l'accertamento dell'esatto adempimento degli obblighi

previsti dalla legge. Ciò premesso il tribunale di Cosenza conclude che "gli intermediari

non si devono limitare a raccogliere la volontà del risparmiatore di investire il proprio

denaro, ma devono accompagnarlo, quasi "accudirlo" costantemente nella gestione

dell'investimento sia nella fase precedente che in quella successiva all'operazione".41

Chiariti quali siano, in estrema sintesi, le argomentazioni del dibattito sorto sull'ampiezza

degli obblighi informativi posti a carico dell'intermediario, occorre interrogarci in quali

elementi concreti si sostanzia tale obbligo continuativo di informazioni nei riguardi del

cliente.

Come detto, anche nei paragrafi che precedono, ciò che assume importanza in tale ambito è

una informativa che permetta non soltanto l'investimento ma anche il disinvestimento. In

tale concezione assoluto rilievo assunto dalla tempestiva comunicazione al cliente di

importanti perdite di valore del titolo. La Corte di Appello di Brescia, prendendo in esame

la questione ha evidenziato come un importante ribasso registrato dalle obbligazioni (nel

caso in esame Argentine) sui mercati l'intermediario avrebbe dovuto darne tempestiva

informazione al cliente in modo che lo stesso potesse adottare quelle misure che riteneva

più opportune; "il non avervi provveduto costituisce a parere della Corte, ulteriore

inadempimento degli obblighi incombenti all'intermediario in relazione alla prestazione di

servizi di investimento".42

L'obbligo di comunicare le perdite di valore di un titolo sul mercato, oppure del

40 Tribunale di Salerno, 11 ottobre 2012 in www.ilcaso.it 41 Tribunale di Salerno Cit. 42 Corte di Appello di Brescia, 20 giugno 2007, Sez. I, Doc.1074/2007, in www.ilcaso.it

23

peggioramento del giudizio di rating con conseguente downgrading, sembrano quindi

essere gli elementi in grado di caratterizzare la continuità degli obblighi informativi nei

riguardi del cliente, giungendo sino a configurarlo come un obbligo di monitoraggio.

Affinché ciò sia possibile, però, occorre che l'intermediario possa tempestivamente

percepire i prodromici sintomi di una insolvenza dell'intermediario. Il parametro a cui fare

riferimento resta secondo opinione maggioritaria il giudizio espresso dalle agenzie di

rating.

Proprio tale elemento ha assunto un fondamentale rilievo nell'analisi giurisprudenziale

italiana in merito al default della Banca Lehman Brothers. La questione infatti si è posta

nei seguenti termini: come poteva l'intermediario presumere o percepire l'insolvenza di tale

emittente e quindi eventualmente comunicarla, se a ciò era tenuto, al proprio cliente?

Uno dei più importanti aspetti della questione è stato infatti, come più volte detto, il fatto

che le agenzie di rating internazionali hanno mantenuto giudizi rassicuranti sulle

obbligazioni Lehman sino a pochi giorni prima del default.

Muovendo da tale assunto, il Tribunale di Savona, esaminando una domanda giudiziale

inerente il default in oggetto assume che la banca convenuta " non si trovava e non

avrebbe potuto trovarsi in una condizione di osservatorio privilegiato in relazione alle

condizioni finanziarie della Lehman Brothers, nonostante gli impegni specificatamente

assunti nei confronti degli attori". In altri termini, conclude il Tribunale sul punto, la banca

" non era in condizione di apprezzare al meglio la situazione". Precisa, infine, il giudicante

che "le principali agenzie internazionali hanno accordato nel 2007 alle obbligazioni

Lehman Brothers il rating A+ ed A fino al giorno del default, rendendo palese che il

mercato finanziario non aveva mai avvertito, prima dell'irreparabile, i sintomi del default;

diversamente il rating sarebbe precipitato ben prima, come avvenne per i bond

argentini".43

La sentenza richiamata puntualizza il preciso quadro di elementi secondo il quale

l'intermediario sia esente da responsabilità nel caso di mancata informazione del possibile

default del titolo. Precisa infatti che la Banca non è osservatore privilegiato e conferma il

43 Tribunale di Savona, 18 maggio 2010, in wwwilcaso.it, in senso conforme Corte di Appello di Trieste, 11 maggio 2012 n. 275 in Le Società, 11, 2012, 1201 e ss., Tribunale di Rimini, 27 marzo 2013, in www.ilcaso.it

24

fondamentale ruolo del giudizio di rating all'interno della valutazione sulla solvibilità di un

emittente.

Il default della banca di affari americana era quindi imprevedibile e si è palesato come del

tutto improvviso.44

L'argomento riconduce nuovamente ad esaminare quale possa essere un elemento in grado

di segnalare elementi di pericolo su di un titolo.

La semplice flessione del prezzo, se accompagnata dalla stabile permanenza di un rating

positivo, non è stato ritenuto elemento tale da permettere la formulazione di ipotesi di

rischio per l'intermediario.45

A tale tesi si è opposta altra opinione giurisprudenziale la quale ritenendo opportuno dover

accertare se vi fossero le condizioni, nel caso del titolo Lehman, per azionare l'obbligo di

informazione verso il cliente, ha indagato sulla esistenza di elementi in grado di far

percepire tale rischio di insolvenza dell'emittente.

Rileva nel merito il Tribunale di Catanzaro come "è sufficiente osservare che già nel mese

di maggio 2008 la stampa specializzata nel settore dell'economia e della finanza [...]

segnalava le gravissime difficoltà in cui versava la Lehman Brothers a causa della forte

crisi scoppiata sui mercati finanziari a cagione dei mutui subprime"46. La decisone, nel

citare alcune fonti di stampa, evidenzia come le difficoltà della Lehman Brothers fossero

note al mercato. Conclude sul punto la decisone che " in un contesto siffatto le oscillazioni

del titolo Lehman Brothers - che si noti è sempre stato a basso rischio- indubbiamente

costituiscono indici di aumento del rischio con conseguente passaggio del titolo dall'area

del basso rischio ad un livello di rischio significativo; e con relativo obbligo della banca

intermediaria di informare la propria clientela di tale oscillazione, onde consentire di

disinvestire o di vendere al meglio i titoli".

La decisione in commento aggiunge un importante elemento alla disamina sin qui svolta,

mettendo in risalto come fosse possibile cogliere indici presuntivi delle difficoltà

finanziarie dell'istituto di credito americano al di là delle valutazioni di rating.

44 Tribunale di Venezia, 5 novembre 2011, Sez. I, Doc. 1924/2009 in www.ilcaso.it ed in I contratti, 3,2010, 221 e ss. 45 Tribunale di Novara, sent. N. 519 del 23 giugno 2011, in www.ilcaso.it 46 Tribunale di Catanzaro, 19 ottobre 2011, in www.ilcaso.it

25

L'esistenza di ulteriori indici di rilevamento di insolvenza è stata valutata anche in altre

decisioni giurisprudenziali sul caso, le quali hanno considerato ad esempio la valutazione

dell'andamento dei C.D.S. (credit default swap) una metodologia quasi tipo sperimentale, e

che comunque anche sulla base di tale indice difficilmente sarebbe stato possibile per

l'intermediario avere una reale percezione del rischio default della Lehman Brothers. Il

mantenimento del giudizio di rating all'interno di margini di sicurezza sino all'imminenza

dell'insolvenza e l'incertezza di criteri di valutazione del rischio diversi dall'apprezzamento

del rating, non avrebbero permesso, secondo il giudicante, la tempestiva percezione delle

problematiche della Banca americana.47

Autorevole dottrina ha evidenziato come la prossimità di una insolvenza da parte

dell'emittente Lehman Brothers poteva essere percepita già alcuni mesi prima da indicatori

quali il VaR (Value at Risk) o gli indici riferiti ai C.D.S. (Credit Default Swap). Attraverso

tali indici, la banca avrebbe potuto elaborare autonome valutazioni di rischio, data la

semplice reperibilità delle informazioni per un operatore qualificato.48

La tempestiva rilevazione di problematiche finanziarie di un emittente assume ancor più

rilievo all'interno della questione che vede inserito il titolo Lehman all'interno di quelli

ritenuti a basso rischio dal Consorzio Patti Chiari.

L'inserimento di tale titolo all'interno della lista stilata da tale Consorzio ha fatto sorgere

per l'intermediario ulteriori obblighi informativi precisati anche dalla giurisprudenza di

merito.

L'adesione a tale consorzio ha infatti impegnato l'istituito di credito aderente ad una chiara

informativa prima, durante e dopo le scelte di investimento.49

Questo obbligo informativo di tipo continuativo, sorge per tale via tra le parti ed ha natura

convenzionale.50

La formulazione di tale convenzione è rilevabile proprio dalla dizione che in molti casi al

vaglio della giurisprudenza è stata rilevata sull'ordine con il seguente tenore: "il titolo fa

parte dell'elenco di obbligazioni a basso rischio -rendimento emesso alla data dell'ordine

47 Tribunale di Novara, 23 giugno 2011 cit. 48 F. Parrella, L'informativa successiva alla compravendita di strumenti finanziari, in Le Società, 11/2012, 1211 49 Tribunale di Reggio Calabria cit. 50 Tribunale di Novara 23 giugno 2011 cit.

26

e redatto nell'ambito del progetto Patti Chiari. N.B. in base agli andamenti di mercato il

titolo potrà uscire dall'elenco successivamente alla data dell'ordine. Il cliente sarà

tempestivamente informato se il titolo subisce una variazione significativa di rischio..."51

Se l'intermediario si assume in via convenzionale tale obbligo, nei casi in cui gli ordini

riportino la dizione emarginata, si rende nuovamente necessario esaminare quali siano le

circostanze che azioni tale obbligo.

Abbiamo già dato conto di come la giurisprudenza ritenga elemento di assoluto rilievo, in

tale ipotesi, del giudizio di rating rispetto ad altri indicatori di rischio default.

Non sono però mancate ipotesi contrarie ad essa. Vediamo infatti che accertato l'obbligo

informativo continuativo nei termini precisati, il Tribunale di Torino abbia messo in

rilievo come " 1) dalla curva dei prezzi del titolo Lehman oggetto di causa si evince che il

giorno mercoledì 10 settembre 2008 il prezzo del titolo era pari a 91,6373, mentre il

giorno successivo giovedì 11 settembre il prezzo era sceso a 82,667 salvo il girono

ancora successivo venerdì 12 settembre 2008 risalire ad 87,5357; 2) che queste

oscillazioni, riferite al titolo che è sempre stato a basso rischio come il titolo Lehman,

senza dubbio costituiscono, secondo quanto indicato dalla clausola contenuta nell'ordine

di investimento, "indici di significativa variazione del livello di rischio";3) che in questo

contesto, dunque, alla luce del rigoroso obbligo che ha ritenuto di assumersi nei confronti

della propria cliente la banca medesima avrebbe dovuto avvisare di tale oscillazione la

cliente "tempestivamente" e cioè , onde consentirle di disinvestire e di vendere al "meglio i

titoli, quantomeno il venerdì 12 settembre, data in cui le obbligazioni avevano ancora un

punteggio di 87,5357 e data di ultima apertura delle borse prima del crack avvenuto il

successivo lunedì 15 settembre 2008".52

La decisione sembra chiaramente evidenziare quale possa essere un elemento in grado di

attivare l'obbligo di avvisare il cliente nel caso di specie, e cioè una variazione del prezzo

di non scarso rilievo soprattutto se riferita ad un titolo sempre rimasto a basso rischio.

A conferma di tale opinione si è proceduto a ricostruire i parametri secondo i quali un

51 Cit. in Tribunale di Torino, sent. N. 7674 del 21 dicembre 2010, conforme Tribunale di Novara sent. N. 519 del 2011, Tribunale Reggio Calabria 02

dicembre 2011 cit. 52 Tribunale di Torino sent. 7476/2010 cit., In senso conforme Tribunale di Reggio Calabria, 01 dicembre 2011 cit.

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titolo fosse ritenuto idoneo a far parte della lista Patti Chiari e permanga in essa. Un primo

parametro è il rating elevato " non inferiore ad A- ". Il secondo risiede nella bassa

variabilità del prezzo di mercato. Più precisamente "l'elenco prevede l'inclusione solo dei

titoli che presentano il rischio di una riduzione di valore inferiore al 5% su base annuale,

rischio misurato secondo la metodologia del Value at risk"53

Sempre in tema di quali potessero essere elementi dal quale l'intermediario poteva ritenere

probabile il dissesto della Lehman Brothers il Tribunale di Salerno ha ritenuto che gli stessi

potevano essere desunti dal fatto che "già nell'agosto del 2007 la Lehman Brothers

Holding aveva licenziato circa 1200 dipendenti, registrando una perdita di 25 milioni di

dollari ed una riduzione di avviamento di circa 27 milioni di dollari. Nell'arco del 2008, la

Lehman Brothers aveva accumulato perdite sui titoli garantiti da mutui per 2,8 miliardi di

dollari. Già alla fine di agosto 2008 le azioni Lehman avevano perso il 73% del loro

valore."54

La sentenza prende in esame un acquisto di titoli Lehman Brothers del 20 febbraio 2008,

ritenendo che i dati macro economici citati dimostravano già al momento dell'acquisto di

titoli che la Società Lehman era economicamente compromessa.

Tornando quindi al quesito iniziale, e cioè se al di là del giudizio di rating vi fossero altri

indicatori in grado far presagire le difficoltà economiche della Banca americana, vediamo

come dall'importante contributo giurisprudenziale analizzato emergano quelli che possono

essere definiti indici presuntivi di un possibile default dell'emittente Lehman, e quindi

azionare gli obblighi informativi verso il proprio cliente.

Vi sono stati, inoltre, casi giurisprudenziali sempre inerenti il titolo Lehman Brothers che

hanno posto in risalto ulteriori importanti elementi di analisi. Uno di questi, rileva la

genericità dell'informazione prestata all'investitore avendogli comunicato unicamente il

rating. Secondo il giudicante l'intermediario avrebbe dovuto dare una completa

informazione sulla natura del titolo acquistato, evidenziando la differenza tra un

investimento in obbligazioni di uno stato sovrano europeo ed invece uno in titoli

corporate, cioè di una società esposta a rischio di default. L'operazione veniva inoltre

53 Tribunale di Milano, 22 marzo 2011 in www.ilcaso.it 54 Tribunale di Salerno 20 ottobre 2012 cit.

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ritenuta inadeguata per oggetto tipo e dimensione riguardo al cliente, rilevando come nel

caso in esame difettasse sull'ordine la sottoscrizione di clausole di inadeguatezza.55

Nello stesso altra giurisprudenza ha rilevato come "non può avere alcun rilievo che la

Lehman Brothers fosse valutata dalle principali agenzie di rating come un soggetto

solvibile e che il suo merito di credito si collocasse in categoria A come lo stato italiano.

Costituisce dato notorio- come ha insegnato la recente vicenda del salvataggio dello stato

Greco ad opera della Banca Centrale Europea- che l'investimento in titoli emessi da una

società corporate è, indipendentemente dal rating, assai più rischioso rispetto a quello in

obbligazioni emesse da uno stato sovrano che fa parte dell'unione europea e che fruisce

quindi della rete di protezione degli stati membri [...]."56

Il passaggio non è di poca importanza, in quanto specifica un necessario aspetto

dell'informativa dovuta al cliente ed al contempo ridimensiona la portata del valore del

giudizio di rating. Infatti, in merito a quest'ultimo, viene chiarito come per quanto alto, si

riferisce comunque ad una società corporate esposta a possibili rischi di default. Ciò

chiarifica come al di là della portata del giudizio in oggetto, occorre che lo stesso abbia

riferimento sempre alla tipologia di emittente. Nei casi in oggetto, a tale proposito si è

chiarito come benché la Lehman Brothers avesse giudizi vicini a quelli dello stato italiano

rimaneva comunque un emittente corporate, ben diverso da uno stato sovrano, con ovvie

ricadute sulle garanzie dei titoli emessi dagli stessi.

A conclusione di questa lunga analisi di alcuni casi inerenti il default della Banca Lehman

Brothers, è possibile tentare di rispondere ai quesiti iniziali. In primo luogo la

giurisprudenza ha chiarito come sia possibile che cliente e intermediario concordino

obblighi informativi continui in via convenzionale, attraverso clausole che impegnino

quest'ultimo a dare avviso di possibili mutamenti di rischio o valore del titolo. Nel cercare

poi di individuare quali potessero essere indicatori di rischio tali da far presagire

l'insolvenza di un emittente l'importante contributo giurisprudenziale sin qui esposto ha

chiarito come vi siano possibili elementi in grado di far percepire tali fenomeni. E' forse

possibile andare oltre il giudizio di rating e prendere in considerazione fenomeni indicatori

55 Tribunale di Udine, 5 marzo 2010 in Corriere del merito, 7, 2010, 712 e ss. 56 Tribunale di Venezia, 24 giugno 2010 in www.ilcaso.it

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come i Credit default Swap o metodi come in Value at risk, oppure elementi più semplici

quali fatti storici come perdite di valore del titolo, gravi oscillazioni di prezzo su titoli

ritenuti sicuri o ancora dati come licenziamenti per crisi di settore, o come lo scoppio della

crisi dei mutui subprime.

Da qui potrà discendere, ove previsto, un obbligo di informazione sul deterioramento del

rischi di un emittente che dovrà essere assolto con tempestività, al fine di permettere la

riduzione di perdite di valore per l'investitore.