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Il delegato delle Filippine sul cambiamento climatico
Naderev «Yeb» Sano, che già lo scorso anno ha messo in
allerta i funzionari delle Nazioni unite sui pericoli
dell'inazione sul cambiamento climatico, ha lanciato un
forte appello per azioni più concrete dopo i danni causati
dal tifone Haiyan nel suo Paese, arrivando a dichiarare lo
sciopero della fame per tutta la durata della conferenza a
sostegno della sua causa.
Sano ha ribadito il suo appello per un «risultato
significativo», durante la Convenzione quadro delle
Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) che si
sta tenendo a Varsavia, in Polonia, ha raccontato
all'assemblea che Haiyan non solo ha devastato il suo
Paese, ma anche la sua città natale di Tacloban. Da un
primo bilancio il numero di morti dovuti alla tempesta è di circa 10.000 persone, ma il presidente
delle Filippine, Benigno Aquino III, ha dichiarato alla Cnn martedì che è probabile un numero di
vittime tra 2.000 e 2.500. «Faccio fatica a trovare le parole, anche per le immagini che vediamo ai
telegiornali», ha detto Sano, mentre visibilmente
cercava per mantenere la sua compostezza. «E faccio
fatica a trovare le parole per descrivere come mi sento
per le vittime.
Persino ora mi tormento in attesa di notizie sulla sorte
dei miei stessi parenti. Ciò che mi dà nuova forza e
grande sollievo è che mio fratello ci ha comunicato che
lui è sopravvissuto alle frane. Negli ultimi due giorni,
ha raccolto i corpi dei morti con le sue stesse mani. È
molto affamato e stanco poiché le scorte di cibo hanno
difficoltà ad arrivare nelle zone più colpite».
Per solidarietà, Sano, a fine del suo discorso ha
manifestato la volontà di astenersi dal mangiare per
tutta la durata della conferenza.
«Questo processo sotto l'egida dell'Unfccc è stato chiamato con molti, molti nomi - ha detto Sano -.
È stato definito una farsa. È stato chiamato "un inutile incontro annuale ad alta intensità di carbonio
per frequent flyers". È stato chiamato davvero con
molti nomi. E questo fa male. Ma siamo in grado
di dimostrare il contrario. L'Unfccc può anche
essere definito il progetto per salvare il pianeta. È
stato addirittura chiamato "salvare il domani oggi"
un paio di anni fa. E oggi, diciamo, "mi riguarda,
noi possiamo dimostrare che si sbagliano!"».
Sano ha enunciato un appello simile durante la
riunione Unfccc dello scorso anno, a Doha, in
Qatar, chiedendo «nessuna'altra scusa» sia
all'Unfccc sia ai legislatori.
Democracy Now ha riferito che a seguito della
conclusione delle osservazioni di Sano di
quest'anno, tre attivisti sono stati cacciati dalla sessione, dopo aver mostrato uno striscione in cui
esprimevano solidarietà con le Filippine.
Il video tradotto in italiano e montato con
le immagini del tifone Haiyan e del
discorso del delegato può essere visto
qui. (Elaborazione e sottotitoli in italiano
del video sono di Roberto Cazzolla Gatti)
La speranza, adesso, è che questo
ennesimo disastro naturale non diventi,
nuovamente, un buon affare per tutte le
associazioni umanitarie che lucrano sulle
tragedie, come avvenuto ad Haiti col
terremoto del 2010 e a Banda Aceh con
lo tsunami del 2004. Probabilmente,
sarebbe più utile un intervento coordinato
dalle Nazioni unite per portare aiuti alimentari e sanitari in questa prima fase (i cui fondi sono già
sufficienti per farlo, visto quanto elargiscono gli Stati annualmente) e, piuttosto che sperperare
denaro dei cittadini per farli confluire nelle tasche dei manager delle associazioni, sarebbe molto un
aiuto molto più concreto se ciascuno di noi, commosso da quelle scene di devastazione e dalle
parole del delegato filippino, utilizasse i propri soldi soldi per rendere più sostenibile la propria
quotidianità, perché è questo che fa la differenza per quella gente dall'altra parte del mondo.
Il clima interessa tutto il pianeta e i suoi mutamenti sono causati non dalle azioni dei filippini (che
solo ora insieme ai Paesi emergenti stanno sviluppando un'economia basata sul carbone e sul
petrolio), ma dalla lunga storia industriale dell'Occidente. Quei due, cinque o dieci euro che
avremmo donato per «salvare i bambini filippini dal tifone», invece di regalarli ai portafogli delle
associazioni (dei fondi inviati in soccorso della popolazione di Haiti solo il 20 per cento è giunto a
destinazione nel 2010!), potrebbero essere utili
ad acquistare cibo a chilometro 0 e biologico,
prevalentemente vegetariano, che riduce le
emissioni di gas climalteranti, a comprare
legname e carta riciclati, che evitano la
deforestazione proprio in quei paesi orientali, a
non acquistare prodotti con olio di palma, che
inquina e distrugge le foreste del mondo, a
scegliere prodotti tropicali equo-solidali (o
meglio, evitare l'acquisto di molti come caffè e
cacao non certificati), a spostarsi di più con i
mezzi pubblici e usare energia rinnovabile. Ad
acquistare meno, molto meno e incentivare le
tecniche contraccettive per ridurre la popolazione mondiale.
Tutte azioni che anche se più impegnative e costose permettono davvero di fare la differenza, non
solo ora per le Filippine, ma anche per tutti i disastri futuri. D'altra parte la scusa per non agire è
semplicemente dovuta alla maggior semplicità nel mandare un SMS donando €2, che non si sa poi
dove vadano a finire (se guardiamo al passato, confluiscono nell'auto o nella barca nuova del
direttore della Onlus che ha ricevuto più donazioni), piuttosto che sentirsi meno a posto con la
propria coscienza e iniziare ad agire in prima persona nel quotidiano. Non cambia niente
nell'economia domestica poiché si può attingere al fondo «Tifone delle Filippine», «Uragano del
Bangladesh», «Terremoto di Haiti 2», «Tsunami dell'Indonesia» e di tutte quelle catastrofi che
verranno o... no. Ma questo dipende anche da ciascuno di noi, se sceglieremo di evitare di
sperperare denaro nell'industria della solidarietà e incominceremo a essere noi davvero solidali.
«Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo», diceva Ghandi. Sii tu l'aiuto che vorresti
inviare nel mondo, direi...
Roberto Cazzolla Gatti, Biologo ambientale ed evolutivo