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Gioele Urso
Suicidio Culinario
Sommario
1. Dentro uno specchio 72. Comeilcinofilocornuto 123. Uncortilesullefinestre 164. Uccidersi ogni giorno un po’ 185. Come un becchino 276. Uff.. 317. Comeconunpescerosso 368. Logisticamente parlando 419. Vuoimangiare? 4610. I sogni sono desideri 5311. Qualcosadivivo 6012. “Così il nostro amore non avrà mai fine” 6413. Prigioniero del baccano 7014. Tuttositrasforma 7715. Io lo ammazzo 8216. Fuggireècomemorire 8717. Il salto nel vuoto 9318. Con l’olio all’aglio 9819. Alla lotta 10320. Un duello in punta di piedi 10821. Di notte 11222. Unastoriafragile 117
L’autore
GioeleUrsoènatonel1983,viveaPineroloefailgiornalista.Halavoratoinradio,intelevisione,scrivepergiornali,rivisteesiti online. Ha scritto un libro di narrativa ed il soggetto di due cortometraggichehannopartecipatoalTorinoFilmFestivaledal Piemonte Movie.Lasuamailè[email protected]
Quest’operaèdistribuitaconLicenzaCreativeCommonsAttri-buzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
prima edizione: luglio 2013
copertina a cura di: Luigi Spota
impaginazione a cura di: Carlotta Borasio
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1. DENTRO UNO SPECCHIO
Dallafinestrasivedevanoibalconideglialtripalazzi.Inunoc’era una donna: mora con i capelli corti. Le sue gambe erano bellissime. Il polpaccio nudo che andava a congiungersi con la cosciaeraeccitante.Erachinatainavanti.Ilsedereerasodo,ton-doeinvitante.Avevaunvestitoneroecorto,tempestatodifiorigialli. Si intravedeva un pizzico della mutandina che indossava. Non portava il reggiseno. Il vestito era legato all’altezza del collo.
Il suo sudore si andava mescolando lentamente con il deter-sivo al limone. Con le braccia tese in avanti e la testa volta verso lafinestra,lavavaipiattieguardavaquelladonna.Eraunvizio,nonun’ossessione,piuttostounatentazione:osservareconbra-maquellafemminaeracomeiltelegiornaledurantelacena.Dallaprimavoltacheaveva incrociatoquelladisinvolturanell’indos-sare vestitini al limite dell’erotico aveva scritto trame mentali su ipotetici amplessi.
Più volte aveva immaginato la casa di lei. Era partito dai muri
esterni per disegnare la piantina dell’appartamento, le finestreerano i suoi punti cardinali. La porta di ingresso doveva dare sul salone. La casa doveva essere piccola. Il tinello doveva essere a destradellaportaprincipale,eranolefinestrelachiaveditutto:
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quellapiùpiccoladovevaperforzacorrispondereadunambien-tepiccolo,mentrequellagrossaerasicuramentedellacameradaletto.Moreelamponiovunque,lastanzaperlanottedovevaessere
morbida,riccadipassione,dolcezzaeoscurità.Rasodappertut-to:quelloinfuocatodellelenzuolaequellotenebrosodeicuscini.Bianco,invece,ilcomòbombatoinpelle,biancol’armadio,bian-chi i comodini e bianca la testiera del letto.
Fuori facevacaldo. Ilfiumiciattoloera in secca.L’estate eratorrida,igiornalistidicevanochesarebbestatalapiùcaldadellastoria.Per lestradenonsi sentivanessunvociaredeipassanti,non si vedevano nemmeno i bimbi in bicicletta o al parco. Torino eradeserta.L’ultimoavampostoaiconfinidellamontagnasem-brava essere stato abbandonato. IlcontornodellaFIAT,privodistimoli, industrieepossibi-
lità,evidentementesieratrasferitoaBorghettoSantoSpiritoalamentarsidellapropriacondizioneinspiaggeaffollatedaoperaiin cassa integrazione e pensionati impegnati a svernare.
DapiccoloTorinoglipiaceva,maquandoseibambinounpo-stovalel’altroperchéquellochecontasonogliamici,igiochi,gli scherzi, la fantasia, la terra tra le unghie e anche il sanguesulleginocchia.Poibasta,Torinononglipiacevapiùperchéeratroppostretta,troppoborghese,troppoipocrita.Scappare?No,troppobanale,daperdenti,daradicalchic,megliomoriredinoiaesenzalavoro,senzaeditori,macontantodisprezzodascriveresenza voglia. E pazienza se si rimane imprigionati in una vita sceltasolamenteametà.
Glimancavaquellamanofattadarughe.Quelpalmoruvido
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efreddo.Quandoerabambino,suononnoeraancoragiovane.Icapellieranoscuri,gliocchialisempresulnaso,avoltesorrideva,spessoaveva lo sguardosevero.Ricordava le suebraccia forti.Eraunuomodifatica.Lemanidisuononnoeranofredde.Noneranomaicambiate.
Avevapersochili,capellieseverità,maquellemanieranosem-prelestesse.Gliannipassavanoequellastretta,chequandoerabambinoloconducevaovunqueecheloguidavailludendolodiesserealsicuro,nonlasentivapiù.Dovevafaredasolo.Ibam-biniseguono,avvoltidentrocinqueditaconilbracciotesoelatestachecadeall’indietro,nonsipongonoalcunadomanda.Sifidano,osservanoeconosconoilmondo.
Tuttiprimaopoisisentonosoli:ladomenicapomeriggio,ilsabatopomeriggio,il25dicembre,il31dicembreeancheilpri-mogennaio.Soloalbarnonsièmaisoliperchéqualcunoancorapiùsoloprontoafarecompagniasitrovasempre.
EratornatoascrivereusandoilTimesNewRoman.Finisco-noleepochenonquandoseneparlaalpassato,maquandosiesaurisce la dipendenza dai ricordi che ne scaturiscono. Aveva imparato a leggere per sentirsi meno solo. Il mondo di carta era il suo universo. Aveva scoperto luoghi antichi e visitato posti lontanissimiattraverso leparoledeisuoiautoripreferiti.Sieracostruitogiornodopogiorno,librodopolibro,unarealtàtuttasuanellaqualemoltoerapermessoepocoeraconcesso.Peròsisentiva solo.
Avevacercatoilconsensoel’accoglienzaattraversoilconfor-mismo. Era minuto. Non era alto. Aveva braccia piccole e senza forza.Isuoicapellieranostrani:primalunghifinoalfondodella
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schienaetuttisporchi,poicortiquasiafarvederelacute.Ica-pellisonocomeilpelopericani:belloobrutto,faladifferenza.Indossavacappelli:neri,grigioaquadri.Tondi,con lavisiera,con il bordo stretto o il bordo largo. Ilsuoarmadioerapienodigilet,neavevadituttiicolorimen-
tre il taglio era sempre lo stesso. Indossava le maglie con sopra i gilet; le camicie con sopra i gilet; i maglioni con sopra i gilet; a volte i girocollo con sopra i gilet.
Sieraconvintochedistinguendosidallamassa,purseguendolaeinseguendola,sarebbestatomenosolo.Invece,ungiornopas-seggiandoperlacittà,siresecontochecosìnonpotevaessere.Camminavaaiconfinidelcentro.Allasuadestrac’eralasta-
zione di Torino PortaNuova, alla sua sinistra le vie che por-tavanoapiazzaSanCarloe inmezzo,sotto iporticidiCorsoVittorioEmanuele,c’eralui.Passavaoreedoreapasseggiareperlacittà.Eraconvintocheservisseascriveremeglio.Stavaancoraaspettandodipartorirequel romanzo talmenteperfettoche loavrebberesopopolare,riccoemenosolo.Lagenteaffollavalapasseggiata.Unacoppiadituristiinbici-
clettalosuperò.Dovevanoesseredegliinglesi.Lisentìarrivaredadietroesiscostòperlasciarestrada.Aqualchemetrodidi-stanza unmendicante, il solito, chiedeva quattro spiccioli.Uncaneerastesoadormiresuunacopertaaquadrigiallierossi.Non gli aveva lasciato mai neppure una moneta. Fudurantequellapasseggiatachepreselasuadecisione.Uno specchio era poggiato su una piglia di cemento. Rettan-
golareedinverticale,grosso.Sopraunascrittachepermoltieraunalezionedivita,pertantiinvecesolounmessaggiopromo-zionale.Ognunopassandopotevaspecchiarsi.Chipervanità,chiperabitudine,chipercuriositàechipernecessità.Avevavisto
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farloadunbarbone.Nonostanteilcaldoel’afaquell’uomoin-dossava un cappotto ed un cappello scuro di lana. Pensò cheprobabilmenteinqualchefilmloavevagiàvisto.
Nonavevaalcunaintenzionedifermarsidavantiaquellospec-
chio. In casa ne aveva solo uno. Non era interessato a conoscere l’evoluzionedelsuovisoedelsuocorpo.Preferivavalutarloaspanne.Anchequelpomeriggiocercòditiraredrittosenzafer-marsi,maisuoiocchiinunriflessoinvolontariosicatapultaro-nosopraquellasuperficieriflettentenellospaziodiunsecondo,forsemeno.Sivide.Noneralui.Quellocheavevaintravistononglierapiaciuto.Glialtri,guardandolo,vedevanoquellocheavevavistolui?Laregolaera:mettereindiscussionetuttoetutti,tran-ne che se stessi. Eracomesesifossecatapultatofuoridallasuacarneedalle
sueossa.Comesesifossesedutoasorseggiareuncaffèinunodei tavolini del bar che si era lasciato alle spalle e vedendo pas-sareilsuo“IO”reale,avesseabbassatoleggermenteilgiornaleperguardarlo,dinascosto,senzafarsinotare.Ilcontenitorechegiudica il contenuto: come se il tonno giudicasse la scatoletta. Eradimagrito.Avevalabarbapiù lungadelsolito.Ilfisicoeramolliccio. Lo sguardo stanco e spento. Gli occhi avevano attorno un velo scuro. I pantaloni che indossava erano larghi e lunghi. Noneraquellochecredevadiessere.Proseguìsuisuoipassi.Camminòperparecchiotempoanco-
ra.Eraconfuso.Sifermòquandoilcielodivennescuro.Avevasete.
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2. COMEILCINOFILOCORNUTO
Dalfondodelvicolosivedevasolounapiccolasalita,incimauna scalinata ed una parete. Era buio. C’erano solamente alcune luci appese aimuri.Quel posto aveva l’odore diPraga, quellalontana dal baccano dei pub e dalla lussuria dei night.
Due persone stavano chiacchierando. In mano avevano un bicchiere. Non era più ora di aperitivo. Sorseggiavano un drink. Ametàstradavieraunaporta,erainferroesembravavecchia.Viuscìunuomosullaquarantina.Nonavevaunbell’aspetto.Ungrossopaiodiocchialiscurinascondevanounaleggeramalfor-mazione all’occhio destro. Aveva anche una grossa cicatrice sul sopracciglio.Loincrociòsullastradamentresaliva.
Voleva una birra. Aveva camminato tanto ed in silenzio. Aveva visto nascere una delle lune più belle che avesse mai potuto am-mirare.Pochiistantiprima,quandoavevaoltrepassatounvialealberato,sierafermatoconilnasoall’insù.Sierasedutounistan-teperguardarla,eranascostadanubiinnocue.Nonavrebberoversato nemmeno una goccia di pioggia. Quella sera il blu aveva voglia di ridere.
A poche centinaia di metri di distanza c’era un lunapark. Non giungeva più alcun suono. Evidentemente gli zingari avevano de-ciso di smettere di lavorare.
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Volevaunabirra.Diquelle chequandoprendi il boccale cisonolegoccechescivolanosullamano.Diquellechedopounpo’cheletieniticominciaafaremale.Diquellechequandolebuttigiùtidannounsollievotaledasentirelagolarinascere,lostomacogioireelamenteliberarsi.Diquellechesubitoappenafinita,vorrestiberneun’altra.Diquellecheunadopol’altradi-ventanotante,forsetroppeeavrestifattomeglioabernequal-cunainmeno.Diquellechesonosempreunabuonascusaeunabuonagiustificazioneperunerroreappenacommesso.
Un uomo sulla sessantina era seduto sulla scalinata. Era ben vestito.Elegante.Curato.Nell’ariac’erailprofumodelsuodo-pobarba. I suoi vestiti erano di ottima fattura. Stava parlandogesticolando vistosamente. Con le mani tracciava grossi cerchi nell’aria e ogni tanto estraeva una sigaretta da un pacchetto di lucky strike morbido.Tuttoilquartiereconoscevalasuastoria,oalmenoquellache
itanticonsideravanofossetale.Sidicevacheungiornotornan-do a casa dal lavoro avesse trovato la moglie intenta a tradirlo. Traumatico,sì,manonatalpuntodafarimpazzireunuomo.Amenocheiltradimentononfosseumiliante,mortificanteeinac-cettabile.Ladonnainfattierastatasorpresamentreconcedevalesue grazie al pastore tedesco che il marito le aveva regalato il na-taleprecedente.Quelmaledettoingrato,oltreamangiareasbafoacasasuaeacacareinogniangoloremotodell’appartamento,gli aveva anche scopato la moglie. C’era da chiedersi come mai avesse ancora un barlume di ragione. Grazie aDio in una grande città era solouna goccia in un
oceanoprofondo:nonmolticonoscevanolasuavicendaepo-chissimisapevanolaverità.
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Parlavabene l’italianoeforseancormeglio il francese.Nonera un poveraccio. Cercava solo compagnia. Aveva voglia di par-lare.“Iononhofattoilcarabiniere,mailmilitaresì.Sonostatounalpino,seimesiadAostaedaltrinovenellacasermadelpaesedicasa.Miopadremichiesesevolevofareilcarabinieri,maioglidissidino.Tornareindietrononsipuò,maseavessidettodisìmagarioggisarebbedifferente”-disse-“Iononsonoinbaliadinessuno.Sietevoiinbaliadimeedavoltemisentofuoriluogo”.Traluielasuabirrac’eraquell’uomo.Sifermòadascoltarlo
mentrequelfolleborghesegliraccontavadiquellavoltacheas-sistetteallavigiliadiPasquainPiazzaSanPietroaRoma.Poideisuoifigli:“Unoavràlasuaetà”.
Tra una media e l’altra aveva ascoltato per l’ennesima volta la
vitadiquelpazzointantiminispot,poidecisediandarevia.Iticchettii dei suoi tacchi sui sampietrini della strada erano alter-naticonilbattitodeisuoipensieri.Pazzosì,malucidoilcinofilocornuto.Eanchemoltotriste,soloeabbandonato.ComeJokerconBatman,anchequelborghesottoandatosa-
pevausciredallafolliaperconcedersiattimidinormalità.Comesestessecercandounpostonelqualerifugiarsi,ingradodiac-coglierlo in una dimensione che gli calzasse addosso come un vestitodibuonafatturasartoriale.Nonèunaquestionespirituale,madidimensioni:siècomodi
quandosonogiuste.Nellaperiferia, anorddellacittàc’eraunvecchiocinema.Nonavevalagalleria,masololaplatea.Russi,francesiopolacchi,avevasempreinprogrammafilmperintellet-tuali radical chic di centro-sinistra. Le poltroncine erano vecchie edicolorgranata,diquellechesitiranosuquandotialziegiùquandotisiedi;chesequellachehaidifiancoèliberaevuoipog-giarcilagiaccanonlopuoifare,amenochenonmettiduemat-
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tonidentroletasche.Lefileeranovicinissimel’unaconl’altra.Ilproblemaeranolegambe,levieeranodue:stareimmobiliperladuratadell’interofilmocambiareposizioneincontinuazione;culorottooschienaapezzi.E’unaquestionedidimensioni.
“Avoltemisentofuoriluogo”-avevadetto.Comeunapallot-tolaspezzailbersagliodicartaalpoligonoditiro,quelleparoleavevanocentratolasuacuriosità.Loavevanostimolato.Sempli-ci,masolenni.Vere.“Avoltemisentofuoriluogo”-forsecapitavaanchealui.Era
sordoilrumoredelloschiaffochericevevaognivoltachefacevaqualcosadisbagliato,giudiceinsindacabileerasuopadre:sisen-tivafuoriluogo.D’estatealmarerespiravaconaffannoquandogiocava a pallone. Non vedeva mai la palla. Spostava l’aria. Cor-revaalmassimo.Perdevasempre.Finoaquandohacominciatoabatterequel ragazzino tantopiù fortedi lui. Si sentiva fuoriluogo lo stesso. Ancoraadessosisentivafuoriluogo.Quandononcompren-
deva. Quando non aveva voglia. Quando non ascoltava. Quando non aveva intenzione di parlare. Quando non aveva interesse a confrontarsi.Quando era freneticonel cercare lo scontro conchiunque.
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3. UNCORTILESULLEFINESTRE
Quarto tetto, lato sud, zona centrale, tra i due comignoli.
“Andrea?” – urlava la vecchina. “Andrea?” – ripeteva la vecchina. “Andrea?” – insisteva la vecchina. Così tutto il pomeriggio fino a quando quel piccolo moccioso non la smetteva di giocare e dava retta per cinque mi-nuti alla vecchina.
Io la guardavo da sopra. Qualche metro più in su. Lei stava sul balcone quasi tutto il giorno. Spezzava i fagiolini in punta e in coda. Io sul tetto a cuocere qualche ora. Il bambino correva, urlava e calciava la palla. Poi calciava la palla, correva e urlava. Infine urlava, correva e calciava la palla. Zitto non stava mai.
Un violino stonato suonava dalla finestra del civico sei, quarto piano,
porta centrale. Era una delle solite lezioni di musica del pomeriggio. “No, no. Così non va bene. Ricominciamo con il solfeggio” – diceva il maestro, così il ragazzo posava il violino e cominciava a solfeggiare. Dito su, dito giù, dito giù, dito su; dito in la, dito in qua, dito in la, dito in qua. Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do. E così per un po’. “Bene, adesso suoniamo” – interrom-peva il maestro ed il ragazzo riprendeva il violino in mano e ricominciava a stonare.
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“Maiale” – diceva la vecchia pazza del civico sei, primo piano, porta a sinistra, e lo diceva in piemontese stretto al marito diabetico – “Sei un porco maiale. Non ti hanno insegnato l’educazione? Pervertito e maiale”. Ad occhio e croce doveva essere ubriaca già da un paio d’ore. Però aveva gusto nel bere. Una volta ho visto il fornitore della cantina della collina scaricare sotto casa un paio di casse di buon vino proprio per lei.
Quella donna era un mostro: per quello che diceva, per come lo diceva e per quello che appariva. Dal balcone che dava sul cortile faceva entrare i piccioni in cucina. In uno dei pochi momenti da sobria aveva raccontato che, quando sua madre viveva ancora con lei, i topi le giravano per casa. Era una cosa normale per una pazza ubriacona.
Aveva uno strano senso del kitsch. La signora del civico sei, primo piano, porta a destra, raccontava che una volta, entrata nella casa della sporca ubriacona, aveva visto una stanza stracolma di bambole di porcellana. Era-no ovunque: sul letto, sul davanzale, sui mobili. Tutte bianche, con i boccoli e vestite alla ottocentesca.
Ecco che dalla porta centrale, del secondo piano, del civico sei arrivava un acuto tenorile. Ad intonarlo era un falegname in pensione, appassionato di musica lirica a tal punto da cominciare a cantare appena sveglio e smet-tere dopo cena. L’anziano signore negli anni di onorata fedeltà alla sega circolare aveva subìto una menomazione del timpano dell’orecchio sinistro. Probabilmente portava le note così in alto per poterle sentire. Viveva in quell’appartamento insieme ad una signora che però a sua volta viveva in un altro appartamento: era l’unico modo che avessero i due per mantenere una relazione stabile tra di loro.
Secondo piano, facciata esterna, seconda finestra. Un divano, tanta polve-re, un televisore, un ragazzotto problematico, un computer e un’altra finestra che dava sul mondo.
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4. UCCIDERSI OGNI GIORNO UN PO’
Re-Beat Generation o Beat Generation 2.0: la sua rivoluzione culturale. Era convinto di essere il santone del nuovo millennio. ComeJackKerouacoCharlesBukowski,manel2013.Unaque-stioneperòerafarefintadiessereunmaledettoallaricercadiunpostonelmondo,un’altraerasembrareuntossicoscappatodicasa. Tom Hanks in Cast Away era conciato molto meglio.
Sdraiatosuldivanoapparivasfatto,magro,conicapellitroppolunghi e la barba vistosamente incolta. I pantaloni che normal-mente indossava erano troppo larghi, troppo vecchi e troppoconsumati. Dentro i cassetti non aveva una maglia che non aves-seunbucosulpettoosull’addome:fumavadasdraiato.
Sindaquandoeraunragazzinouscivasempreconun libroinmano,aveval’abitudinedileggereanchequandocamminava.Primariuscivaadribblarelagente,adessoandavaasbatterecon-trotutti.Unavoltaunabimbaglichiese:“macomefaialeggerecamminando?”-luilerispose-“Sonoioquellochenonvede.Glialtrimilascianoilpasso:stoleggendo,micascappando”.Inrealtàc’erastatountempoincuiluisapevasempredovemettevaipiediperchénonvolevaperdersiunmillimetro,unsecondo,ungrammodellarealtàchelocircondava.
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“Ilmondoètroppobelloperrimanererinchiusidentroicon-finidiunaProvincia.Cisonotroppisapori,troppicolori,troppiocchi,capelli,nasi,seniesederidavedereperlasciarseliscappa-re”-dicevaquandoancoralepiaghedellacommiserazionenongliavevanosegnato laschiena.Laveritàerachesiera lasciatosfuggiretuttelepossibilitàchesieracostruito.
Daqualchetempocipensavaspesso.Eraun’insinuazioneche
stava invadendo il suo cervello: “Se suicidandomi non posso as-sicurarmiunpostoinParadiso,tantovaleguadagnarseneunoneigironidell’Inferno”-consideravadavantialla tv,poiperònonavevamaiavutoilcoraggiodifarlo.
Noncisiimprovvisamica.Nonèchetraunasigarettael’altrafumatasulbalcone,sidecidedifareunsaltogiùsenzaprenderel’ascensore;eneppuresidecidedi farsi travolgeredauntrenoduranteunapasseggiatadomenicalelungoibinaridellaferrovia.Metodo,coraggioedeterminazione.Pertogliersilavitacivuolunmotivoapparentementevalidoperfarlo.
Ilcoltellochetaglialacarne,spezzaleveneeapreladigadelsangue che comincia a sgorgare lungo il polso. Il pugno chiuso. Losguardosulpolso.Levenesigonfiano.Leditapuntanocon-tro ilpalmodellamano.Senti leunghiechegraffiano lapelle.L’avambraccio che poggia sul tavolo. Li vedi i canali attraverso iqualipassalabenzinachemetteinmotoiltuocorpo.Stringiancora un po’. Sollevi il polso. Riesci a distinguere i tendini che collegano la mano al braccio.
A pochi centimetri hai messo il coltello. Quello a scatto che haicomprato la settimanascorsaal supermercato. Ilmanicoèin legno.La lamaèaffilatissima,nonèseghettata. Ilcoltelloè
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ancoradentrolacustodianeradistoffa.Lotirifuoriequandoloaprifaiattenzioneanontagliartilapuntadelpollice.Quellostesso dito che se dovesse andaremale qualcosa potresti nonusare mai più per tutta la tua vita. Con un colpo secco trancerai tutto,veneenervi:anchequelloulnareequellomediano.Megliodunquemorire.Il pugno chiuso.Lo sguardofisso sulla lamadel coltello.È
appuntita. Prendi in mano il coltello con la mano migliore. Senti ilmanicostrettotraleditaeilpalmo.Lotienitalmentefortechequasitifamale.Sentiilmetallofreddodellevitieilvuotodentroilqualepochiistantiprimaeraripiegatalalama.Guardiilpolsoeguardilalama.Deviesseredeterminato.Nonpuoifareunlavoroametà.
Nella solitudine del tuo appartamento devi essere in grado senzapensaretroppodiinciderelatuacarnetalmenteinprofon-ditàdastaccarequasilamanodalrestodelcorpo.Nonèfacile.Mollilapresa,faiscivolareilcoltellotraleditaeloafferriconl’indiceedilpollice.Lofaidondolarecomesefosseunamatita.Sentilapuntagraffiarelasuperficiedeltavoloerimandituttoadun’altra volta. Per togliersi la vita ci vuol un motivo apparente-mentevalidoperfarlo.
Sulfrigoriferocisonoifarmaci.Sonodietroaitovagliolichemettiintavolaall’oradicena,vicinoaipiattidiplasticachehaicompratoperlagrigliatadel25aprile,sottoletegliedialluminiochetihalasciatotuamadrel’ultimavoltacheèvenutaacucinarea casa tua. Nellosgabuzzinocisonoifarmaci.Sonodentrounascatola
da scarpe nera. Sono ordinati a seconda delle dimensioni delle confezioni:scatolettepiccoleegrandisonoincastrateinmododa non occupare troppo spazio e da lasciare ben in vista il nome
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delprodottoelasuautilità.Inbagnocisonoifarmaci.Sonodentroilmobilettobluconil
coperchiobianco,quellonascostodall’accappatoio.Nelloscaffa-leinaltohaimessounaconfezionedicotoneeibastoncinipertogliereilcerumedalleorecchie;nelloscaffaleinbassogarzeecerotti;nelloscaffaledimezzocisonotreboccette:sonnifero,calmanti e lassativo. Le prendi tutte e tre. Tisorridelatazzachetiaspettasultavolodellacucina.Èun
ricordodiquandoeriunpiccino.Dentroversi il contenutoditutte e tre le boccette. Si riempie per un terzo. Aggiungi un po’ diCocaCola.Latazzaèpienaoltrelametà.Prendituttelemedi-cineinpolverechehaiincasaeleversidentro,mescoli.Guardileconfezionidipastigliechehaiincasaeneestraiunaperognipacchetto.Lesbriciolie lebuttidentro.Afferri ilmanicodellatazzaequandolasollevitisorrideadunpalmodaltuonaso.Tiritrovi occhi negli occhi con una tazza. Devi solo più bere. Pensi allanauseachetiverràespericheilsonniferoprendailsoprav-vento su tutto il resto. Posi la tazza sul tavolo. Per togliersi la vita civuolunmotivoapparentementevalidoperfarlo.
L’acquacaldascotta.Emanavapore.Lavascaèstracolma.Laschiumaformadellepiccolemontagnebianche.Tuttoilcorpoèimmersodentro.Ognisingolomuscolodeltuocorpoèrilassato.Sudi.Sullatuafrontesiformanodellepiccolegocciolinechenonasciughi con la mano. Ti bagni i capelli. Sentiilprofumodellemandorle.Nonhaiancorachiusoilru-
binettodell’acqua.Vuoicheticoprafinoallabbroinferiore.Ègiàdaunpo’ che sei sommerso.Pensi. Il calore ti fapensare.ChiudendogliocchiriesciadafferrareilricordodelletermediBudapest.
Voltando la testa vedi la sedia che poco prima di immergerti
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haimessovicinoallavasca.Soprac’èlavecchiaradiocheascol-ti incameradaletto,haancorailmangianastri.Staiascoltandocanzoni dei Buena Vista Social Club. Con un leggero sorriso in visotitornaallamentequelvecchioindianochehaivistoinunabettoladiAmsterdam.PoipensialleChevroletcubaneblu,giallee rosse.
Segui con lo sguardo il cavo dell’alimentazione della radio che finiscenellapresaelettricaalfondodellavasca,quellacheètrail lavandino e lo specchio. Basterebbe un semplice gesto per ac-cenderequellatensioneelettricaingradodibatterelaresistenzadella pelle e di ucciderti in pochi istanti. Dovresti solo allungare ilbraccio,afferrarelaradioelasciarlacaderedentrolavasca.Ibrani del lato A della cassetta terminano e tu decidi di pensarci suancoraunpo’.Giriilnastroeascoltiancoraqualchecanzone.Per togliersi la vita ci vuol un motivo apparentemente valido per farlo.
Suicidarsièunattovolontario,amenochenonsidecidadiuccidersi un po’ ogni giorno della propria vita.
Lui,dentroilsuomododimorire,c’eracadutopercaso.Di-stesosuldivanodellacucina,davantialtelevisore,coninmanoiltelecomando e sullo stomaco il posacenere. Zapping convulsivo. Girachetirigirasitrovòcatapultatoinunmondofattodapro-fumi,sapori,polverine,piantestraneeanimalimorti:unacucinadiunostudiotelevisivo.Ilprogrammaeradiquelliclassici:duebanconidacucina,duecuochieuneccentricochemoderavaladiscussione e intratteneva il pubblico. Niente di particolarmente interessante,anzidopopochiminutiavrebbecambiatotranquil-lamentecanale.Glifacevamontarelacarognavederequell’idiotacon la cravatta e i bottoni del colletto della camicia sbottonati.
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Ilconduttoreerapalesementeunodiquegli individuichenonaveva mai preso in mano una padella. Uno del tipo: “No perché iosonostatoinIndiaelihoimparatoacucinareconlespezie”,”Ipaesidell’esthannodeisaporimoltoforticherendonoriccalalorocucina”ecosìviaunastupidagginedopol’altra.Sivedevalontanounmigliocheall’estc’erastatosoloperandareafarsifarequalchelavoretto.Enonincucina.
Rimase in quello studio, senza cambiare canale ad ascoltaretuttoquellochedicevano,compresiqueglisquallididoppisensisuipesci,icetriolieifinocchi.Sapevacheabreveavrebberodet-toqualcosadiinteressanteedisconvolgenteperlasuavita.Epoierarapitodaicolori:ilrossodeipomodoritagliatiaquadratini,il verdedell’insalatanellevarie tonalità, l’argentodelle squamedeibranzini,l’orodellapastacotta.Irumori:ilfriggeredell’oliobollente,losbuffaredell’acquaprontaperlapasta,ilbatteredellacarnepercossa. Iprofumipoteva solo immaginarli,magari fa-cendo un salto nel passato dentro la cucina di sua nonna: l’acido dellasalsarossa,l’amarognolodellacipolla,lalibertàdellamenta.Lamentafacevapensareallalibertà,gliricordaval’odoredelme-dicinalecheusavadabambinoperstappareilnasoquandoeroraffreddato.Erespirareèlibertà.
Iminutipassavanoenoncambiavacanale,anzisiimmergevasemprepiù inquelmondofattodacomposizioniquasiartisti-che.Lafogliadibasilicosopraunpiattodimaccheronialsugo;ilprezzemolosopraglispaghettialloscoglio;lecremealfiancodei dolci.
Ad un certo punto il conduttore interruppe il suo viaggio mentale,evocativodiposticheavevapotutotoccareosoloim-
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maginare: le campagne del sud Italia in mezzo agli agrumi sici-lianiolemontagnedelnordricchedifunghi.Stop.Ilpiacioneconilmicrofonocatalizzòl’attenzioneèannunciò“L’AngolodelPiattone”.Era laprimavoltacheguardavaquella trasmissionetelevisivaenonavevalapiùpallideideadicosafosseil“Piatto-ne”.Musiche,luci,colori,grafiche,suoni,stupore,boati,applau-si. Quel pirla con i bottoni del colletto della camicia sbottonati aveva creato un’attesa talmente grande che non stava più nella pelle. Tutti erano in attesa di scoprire la natura del “Piattone” di quellasera.Si era issato dal divano, sedendosi e incrociando le gambe.
Aveva preso in mano il pacchetto di tabacco e cominciato a gi-rareunasigaretta.Erateso.Il“Piattone”dovevaesserequalcosadisupremo,qualcosadiirraggiungibileediprelibato.Pubblicità.
Lamagiadell’attesadel“Piattone”vennespezzataeamplifica-tanellostessoistante.Sialzòinpiedi,andòvicinoalfrigorifero,afferròlabottigliadiplasticadell’aranciatapienadiacquafrescaefeceunagrossagolata.Poinervosamentetornòversoildivanoesisedettetenendolatestatralemani.Latensioniloassalì,vole-vasaperequalemagicomondofossenascostodietroquelleottoletterechepartorivanounsuonocosìtondoesoave:“Piattone”.Nongli interessava assolutamentequaleprodotto fosse consi-gliatoperandareafarelacaccaconpiùregolaritàoqualeacquaavrebbedovutoacquistare,tantoisoldipermangiareeberenonècheabbondassero.Sisentivacomeunbambinochesorprendeigenitoribisbigliarequalcosacheriguardailregalodinataleil23dicembre:nonstapiùnellapelledalla curiositàdi saperecosatroverànellascatolaavvoltadaquellacartacoloratissimaepienadimacchinine,alberi,caseenuvole.Quandoerapiccinoleparetidellasuacamerettaeranopienediqueidisegni.Perchéquandosi
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èpicciniiregaliliimpacchettanoconlacartadaparati?Aipiedidel letto c’era un grosso tappeto peloso di color marroncino e sopra di esso era sistemato un cavallo a dondolo bianco.
Fissò la televisione.Avevapauradiperdere ilprogrammaalsuoritornodallapubblicitàedirimanerepertuttalavitaorfanodel“Piattone”.CameraPanoramica: lo studio,quando la regiadissolve dalla programmazione pubblicitaria alla diretta, è av-volto nell’ombra. Camera Totale: improvvisamente al centro un fasciodiluceilluminailconduttorechehalatestabassaequasiconfaticalasolleva.PrimoPiano:ilconduttorefissal’obiettivoeconimmensaserietàcominciaaraccontare:“Siamoall’ultimapuntatadi questa emozionante e faticosa edizionedell’Arte inCucina. Non potevamo dirvi arrivederci senza un ultimo regalo equest’annoabbiamodecisodiosare.Lo facciamosolamenteperripagaretuttol’affettochefinoadoggiciavetedimostrato”.Qualcuno chiama l’applauso dal pubblico che obbedisce senza esitare.
Il conduttore si volta e comincia a parlare. Punta una teleca-meracheèallasuadestra,piùlontanarispettoaquelladiprima:“Amici, promettetemi che quello che adesso vi faremovederenonlofaretemainellavostracucina.Avolteunpiattopuòave-relastessaforzadiunarouletterussa.Bastaancheunpiccolodettaglio e la linea sottile che divide la vita dalla morte viene oltrepassata”-aquestopuntounabrevepausadisospensioneequandotornaaparlarelofaconunaltrovigore-“Noiquestasera vi faremovedere come si cucina ilPescePalla”. Stupore.Unavelocepanoramicasulpubblicofotografalosconcertosuivolti delle persone. Dalla stanza dei bottoni della regia qualcuno lancia un vio-
lento stacco che porta i telespettatori a ridosso di un tavolo da
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cucina.Suqueltavoloc’eraunsolopiattoconsopraunpescerotondoegrosso.Buffodavedere.Qualcunoconunacameraamanofecefareilgirocompletodelpalloneconlesquame,finoatornare sui suoi occhi sbarrati.
La musica era alta e da una porta appena dietro al tavolone conilpesceuscìunuomoanziano,unasiatico,chelentamenteraggiunse il bancone. Gli applausi del pubblico in studio non finivanopiù.Ilgiapponeseunpo’imbarazzatocontinuavaadin-chinarsi senza alzare un secondo la testa. Pochi istanti di tortura eumiliazionemediaticaeloaffiancòilconduttore.“E’unospi-te importante quello di questa sera.AkutagawaAkinari è unodei pochi cuochi che ha il brevetto speciale di taglio del Pesce PallaoPesceKiller,sevogliamoutilizzareilnomecheglihan-no affibbiatonegli StatiUniti”. Il pubblico ebbeun attimodisbigottimento,dasopra ildivanosalìun“Ooooooo”di trentasecondi. “Perché lo chiamanoPesceKiller?Perché è estrema-mentepericoloso.Dovetesaperechecontieneunveleno,chesichiamatetradotossina,cheèingradodiuccidereinpochissimisecondi”.Figo,pensòl’aspirantesuicida.“Questovelenoècon-centratonelfegato,nelleovaieeneirenidelpesce,maamicinonsolo,perchél’insidiasinascondeanchenellapelle.Unaquantitàdivelenograndequantolatestadiunospillopuòessereletaleadunapersonaditagliamedia”.Stra-figoripensòsemprepiùesalta-to.“CucinareilPesceKillerèunaveraepropriaarte,AkutagawaAkinariciaiuteràascoprirla”.Latensioneeraaltissimainstudioeriuscivaasfondareilte-
levisore per prendere possesso di casa sua. Il cuoco giapponese conpazienzafecevederecomesipotevacucinareunbuonpiattoa base di Pesce Palla.
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5. COME UN BECCHINO
L’anziano cuoco era tempestato di colori. Il giapponese che in diretta televisiva avrebbe dovuto cucinare il Pesce Palla indossa-va un vistoso cappello nero con molte piccole macchioline rosse. Coprivaperinterolasuafronterugosa.Lagiacca,alcontrario,era interamente rossa ad eccezione del colletto e dei polsini. Poi c’era la cintura borchiata che andava a reggere un paio di calzoni neri coperti da un grembiule rossonero.
Stesosuldivanocongliocchifissisultelevisoreseguìattenta-mente ogni piccolo passaggio della procedura di preparazione. Ilvecchiettopresedauncontenitore ilPescePalla,nonera
propriounospettacolo.Adireilveroavederlocosìnonerapernulla invitante. In condizioni normali non lo avrebbe mangia-toneppuresottotortura.Eralungopiùomenoduepalmi,eragrigioargentoconqualchechiazzapiùchiaradistribuita lungol’intero corpo. Aveva due occhi grandissimi ed una bocca che sembravaquelladiunuomo,masenzalabbra.Laformaeraquel-ladiunaBalena,mainminiatura.Avevatrepinne:duelateraliedunasuldorsochericordavaquelladeglisquali.Eraancoravivo.Quandofusollevatosigonfiòadismisuraedivenneunpallo-ne. Muoveva gli occhi e la bocca in modo convulsivo. Quando lo poggiò sul banco della cucina come permagia quell’essere
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sisgonfiò.Cominciaronoaparlare,aspiegare ilprocessoedilprocedimentoeperqualcheminutonessunoguardòpiùilpescechemorìlentamente.
IlPesceKillerfupoggiatosopraunalastradimarmocheerabagnata ininterrottamente da un getto d’acqua freddo.Con lasicurezza tipicadichièconsapevolediquellochesta facendoilcuocopreseconlamanodestraunlungocoltelloeconquel-lasinistrafeceroteare l’animaleditrecentosessantagradiepoilo capovolse sul dorso. Avrebbe cominciato da una pinna. Era vicina alla coda e puntava in basso come se si trattasse di un piccolo timone. Il giapponese la chiuse tra il pollice e l’indice e condecisionelatranciòvia.Pochiistantidopofecelastessacosaconquellachesitrovavasuldorsodellabestiaeconleduelate-rali.Bagnòilpescesottoilgettod’acquaeloinciselateralmenteall’altezzadellabocca,successivamenteconuncolposeccoede-cisotroncòviailmusoedidentidell’animale.Ognipezzocheasportavalopulivaconattenzioneeloriponevadilato.Fusoloquandovennetranciatavialaboccachesiresecontocheilpesceaveva ripreso a muoversi.
Quelcuocoavevalaprecisionediunchirurgo,maanchelade-terminazionediunmacellaio.Sullaboccaappenaasportataversòdell’acquacalda.Poisipulìlemaniperqualchesecondoeripreseinmano ilpesce.Gli feceun’incisione lungo ildorsoecon lapuntadelcoltellocominciòasepararelapelle,sottilissima,dallacarne. Stava spogliando il Pesce Palla del suo vestito naturale. Era impressionante vedere come riuscisse a mantenere separati i due componentidellabestiasenzarovinarli,impiegandocisolamentepochi secondi. Era un becchino intento a spogliare il proprio cadavereperpoi ricomporloprimadella cerimonia funebre. Il
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pesceeranudo,senzabocca,macondueocchigrandissimi.Unavoltatoltatuttalapellelastesesullalastrabagnataecominciòaraschiarlaperportarevialeimpuritàetutteletossinevelenosecheavrebbepotutocontenere.Laspezzòindueelamisedilato.
Poifulavoltadegliocchi.Conlapuntadelcoltellofecelevasuibulbioculari,estrasseleduepallinenereefecedueincisioniorizzontali.Lapellecedetteefupiùfacilestaccarlapersepara-re la carne dalle interiora. Stava separando gli organi vitali dal-la struttura corporea del pesce. In mano gli rimase un grosso tranciodicarnegrigia,matalmentechiarachesembravaquasitrasparente.Conuncolpotranciòlacoda.Inciseilpescesututtoilcorpo,poiincentroeinverticale.Cominciòalavarlosottoilgettod’acquafredda.Pertrentainterminabilisecondilomassag-giòperintero.Poilomisedilatoinsiemeatuttiglialtripezzicheavevagiàseparato.
Dal bordo della lastra di marmo prese il blocco con le inte-rioraeconunaprecisionechirurgicaleseparòulteriormentedaquelpocodicarnecheancoralericopriva.Oltrechedelmaiale,anchedelPescePallanonsibuttavianiente.Gettògliorganiesimise a pulire maniacalmente la carne che aveva davanti. Teneva lamanoconirestidelpescesottol’acquaeconlapuntadelcol-tellolaraschiava,lastiravaelastrappava.Ormaidiquelbruttoessere che era sul banco da cucina solo sei minuti prima non rimanevano che pochi pezzi separati accuratamente.
Ilcuocoinfinepulìconcuralalastradimarmo,versòdell’ac-quabollenteelaraschiòconilcoltello.Poi,unoallavolta,presetutti i pezzi del pesce e li mise in ordine sul tavolo. Prese in mano unsecondocoltelloconlalamaancorapiùfineeco
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minciòatagliaretantepiccolestriscediPescePallachedispo-se lentamente e in modo ordinato su un piatto tondo. Quelle stri-scioline,accompagnateconqualchesalsagiapponesesarebberostateun’ottimacausadimorte,seleavessecucinatenelpeggiormodo possibile.
Passòlanottesulcomputeracercareininternetaltridettaglisuquelpiatto,suquelpesce,sualtripiattichesipotevanocuci-nareconquelpesce.Fuallafinediquellunghissimotravagliochecascòdentroalsuomodoidealeperuccidersi.
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6. UFF..
L’indomanimattinauscìdicasadibuon’ora.Sentivasulfisicole conseguenze di una notte intera davanti alla luce del computer. Ipensieriimpastati,gliocchipesanti,lavistaannebbiatael’azze-ramentodellasalivazione.Tirògiùunsorsoprepotented’acqua.Fupervasodaunfrescopiacerecheduròsolamentequalchese-condo.Avevabisognodiuncaffè.Entrònelbarsottocasaeneordinòuno,poipreseunaltropo’diacqua.Erastanco,sisentivapesante.
Durante la nottata aveva studiato il piano, tutto era perfet-to.Sarebbearrivatoalmercatoitticoalleprimeoredelmattino,avrebbebuttatounocchioadestraedunoamanca,unavoltain-dividuatounesemplaremortodiquellostranopesceloavrebbecomprato.Erafacilissimo,quasiunoscherzo.Prese il bus, la linea 4 quella che taglia Torino in verticale.
Quelmezzoeralasintesiperfettadellacittà:c’eranoglistranieridi Barriera e di San Salvario; i meridionali di Corso Giulio e di Mirafiori;quelli“bene”diPiazzaCastelloediPiazzaSanCarlo.Torinoeratuttasuquellalinea.Poteviosservaregenteleggere,mamme con i passeggini o pensionati con le borse della spesa.
Suquelbusunavoltarischiòanchediperderelavita.Doveva
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andareall’estremitàoppostadellacittàrispettoacasasua.AvevaappuntamentoperunavisitapressounaparafarmaciadiPiaz-zaRebaudengo.Eranole11.00delmattinoquandosalìsulbus.Solitamente stava in piedi. Nulla era più antipatico che discutere con un anziano per un posto a sedere. Simisevicinoallaportadimezzodelbus.Erafavista.Difron-
tealuic’eraunuomoconunabustabiancapienadifave.Imma-ginòquell’anzianosignoreprenderneunpaioinmanoedalzarsibrandendoleamodispadacontrodilui.Loimmaginòavanza-reminacciandolo.Sividepresoper icapellieconforza tiratoall’indietroeinbasso.Sentìchequalcunogliaprivalaboccaelocostringevaamordereedinghiottirelefave.Divennespettatorediquellascena.Sconvoltoraggelòdavantialsuocadaverestesoa terra con la testa sullo snodo in gomma del mezzo. Per non rischiareallaprimafermatasceseeaspettòilbussuccessivo.
Quellamattinasulbusnonc’eraalcunserialkillerdifavisti.Incontròqualchestudentessauniversitaria,qualcheimpiegatoedun plotone di pensionati. Quasi tutti stavano andando al merca-todiPortaPalazzo.Laleggendavolevachefosseilpiùgrandemercatocopertod’Europa.Trovaviditutto:cibo,vestiti,utensilie,senecessario,anchechiriuscivaariparartiunI-Phonecon20euro.Ovviochenonerailmercatoittico,madipescenetrovaviepureparecchio.InquelmercatosirifornivamezzaTorino,tracui l’intera comunità straniera.Quando entravi nella piazza diPortaPalazzoeriall’internodiunaltromondoconsapori,odo-riecoloridifferenti.Anchelelinguechesentivieranodipiùediverse. Quelmercato era avvolto da un forte pregiudizio. Lui, che
tuttoeratrannecheun leone,quandoentrava inquelpostosisentiva un super uomo. Si compiaceva del coraggio e di come
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avessegestitolasituazione.Dicomeavesseaffrontatoglisguar-di-perquisizionedegli avventori del posto edel suoocchiodauomo duro. Tutte balle.
APortaPalazzoquellamattinaritrovòicoloricheavevavistoqualche anno prima nelmercato cittadino di Valencia.Quellavalenciana era solo una tappa all’interno di un viaggio che gli costòparecchiafatica,machelocondusseapochichilometridaGibilterra. Era partito dalla sua Torino con la sua piccola utilita-ria.Quandosidecidediaffrontareunlungoviaggiosidevonosceglierebeneipropricompagniequell’automobilesieradimo-strata la migliore compagna che potesse desiderare. AvevaoltrepassatoBriancon,Gap,Barcellonaesierafermato
dopo ore di viaggio solamente aEl Puig, lamattina seguentesarebbe ripartito alla volta di Malaga. Aveva trascorso una notte inunapensione,avevabevutoqualchebirraefattoilbagnoinmare. Era il primo approccio con la Spagna dopo anni di esilio daquellanazione.RimaseungiornosoloaValenciaevidecheerabella.Faceva
moltocaldo.Gliamericanipagavanogiovaniuniversitariperfarsiraccontareisegretidelposto.C’eraanchechisirifugiavaall’in-ternodellechiesepercercareunpo’diristoro.Giròogniviadelcentrocittadinoecapitòquasipercasoall’internodelmercatopopolare. Si trovòdavanti a dialetti e colori dal gusto rionale.C’eranopoveraccienegri,comeaTorino.Soloannidoposisa-rebbe reso conto dellemille similitudini che quel posto avevacon il mercato di Porta Palazzo.
A Valencia aveva visto una grassa e giovane donna nera ur-lare slogan e prezzi per attirare l’attenzione delle persone sulle borsechestavavendendo;avevavistounfricchettonespagnolointortare giovani turiste con l’unico scopo di portarsele a letto;
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aveva visto altri italiani perdersi in compere a loro avviso vantag-giosissime.Inquelmercatoavevaritrovatoisaporidellegrandipiazzeperifericheepopolarinellequalisimischianoleculturee le popolazioni: processi interculturali che a volte avvengono prima tra i poveri e gli emarginati che all’interno delle stanze dei Parlamenti. Inquelviaggio inSpagnaaveva scopertochec’eranoanco-
rapersonechesi sforzavanodiviverefelicianchesenzasoldi.Quelli erano gli anni della crisi economica. Aveva lasciato un’I-talia in piena depressione isterica avvolta dalla sindrome di chi troppo ha voluto senza poterselo permettere e aveva trovato una Spagnapienadifamiglieprivedidenaro,maricchedifiglieor-gogliose delle proprie tradizioni. IlgiornodopoValencia, arrivòaMalaga.Lacittàera in fe-
sta,erainpienosvolgimentolatradizionaleFeria:duesettimanedi baldoria e eccesso. Il centro cittadino era stracolmo di gente ubriacadivino,birra, sangria egioia.Giovanieanziani simi-schiavano perfettamente. Tutti avevano messo momentanea-mentedilatoiproblemi.Inperiferiainveceuninteroquartiereera stato addobbato a Luna Park. C’erano le giostre per i bambi-ni,iristoranti,lediscoteche.Avevaanchevistounabandamusi-cale passare in mezzo alla via cantando ogni singolo brano della tradizioneclassicapopolarespagnola,accompagnatadalleurlaedalladanzadicolorochepasseggiavano.Inquelviaggioavevariscopertol’importanzadinonambire,madiapprezzare.
InqualchemodoquellamattinagiuntoaPortaPalazzoavevaritrovato ladignità tipicadi chinonhamolto,mapossiede lostessountesoro.Coninmentequelricordodelpassatosimiseagiraretra lebancarelleallaricercadellasuacena.Entrònellaparte copertadelmercato, si avvicinòalpiùgrossobancodel
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pescepresenteechiese:“UnPescePallagrazie,ilpiùgrossocheha per cortesia”.
“Scusi?” - gli rispose sorpreso il vecchio commerciante. “Guardivorreicucinarequalcosadiparticolarepercenaque-
sta sera e ieri ho visto in tv una ricetta speciale a base di Pesce Palla”“Hocapito,maiononpossovenderglielo”“Guardi che lo so cucinare” - disse stizzito.“No,maleinonhacapito.Fossepermelovendereisenzapro-
blemi”-sospiròecominciòafissarlodrittonegliocchi-“QuaalNordmangiamosemprelesolitecose:branzino,trota,spigola.IlfattoècheilPescePallaèillegale.Èdall’iniziodeglianninovantachenonsipuòpiùvendere.Dunque ionon lepossovenderealcun Pesce Palla. Se vuole le do un branzino”. Ilpianoperfettochedurantelanotteavevaescogitatoerasal-
tatoinpochissimiistanti,sieraarenatodavantialprimoostacolo.Erastatostupidoanonconsiderarequell’evenienza.Davantialladurarealtàfecedietrofrontetornòindirezionedeltram4.
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7. COME CON UN PESCE ROSSO
Eradeluso,arrabbiato,affrantoescoraggiato.Avevasfioratoconlapuntadelleditailpianoperfettoesivedevacostrettoadabbandonarlopercolpadiundettaglio insignificante.Avrebbedovuto escogitare un piano d’emergenza oppure aspettare di sbattereinunaltromodopersuicidarsimenocomplessoefat-tibile.ChepoiquelloconilPescePallanonerapernullacom-plessosenonfossestatoperquellamaledettalegge.Ilproblemaerachesieragiàabituatoall’ideadellarouletterussaculinaria.Per lui sarebbe stato come un gioco: come una scommessa su unapartitadicalcioedinpiùnonavrebbesporcato,urlato,datofastidioanessunoechiloavrebbetrovatononavrebbesubitoiltrauma di vederlo penzolare da una trave o spiaccicato per terra dopounvolodiqualchedecinadimetri.SenzaPescePallaperònon ci sarebbe stata alcuna roulette russa culinaria.
Ripercorseall’inversoleviecheavevaattraversatopocoprima,maquestavoltasenzalafrenesiadichidevecorrereincontroallapropriameta.Senzalafrettadichihapaurachel’ultimoesempla-remortodelsuoobrobriodeimarifossevenduto.Sisoffermòascrutareivisidellepersone,notòcomemoltiuominidicoloresembravanougualitradiloro.Unamico,unavolta,glidissechequellapercezionefossedovutaadunaquestionecromosomicao
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unacosadelgenere.Osservòcontenerezzalevecchietteintenteafarelaspesa.Donnepienedivita,maconsumatedaessa.An-ziane colorate di grigio e vestite di nero impegnate a trainare il lorocarrellino.Buttòunocchiodimalinconiaairagazziniche,tagliatalascuola,facevanopassareiltempoazzannandounpez-zo di pizza.
Arrivato alla fermata del tram tirò fuori dalla sua borsa unlibroecominciòaleggere.Portavasemprequalcosadaleggereovunqueandasse,erailsuosegretopernonlitigaretroppoconilmondochelocircondava.Preferivarifugiarsiinunasanaletturache ascoltare discorsi inutili. Iltramarrivònelgirodipochiminuti.Salìecongioiavideche
nonerapieno.Sisarebbeanchepotutosedere,manonlofece.Aqualchemetrodidistanzadueragazzinestavanochiacchierando:“Io sono una porca!” - disse la più smaliziata all’altra. Quella ra-gazzaavràavutomenodiventidueanni.Eramoraconicapelliricci e la carnagione scura. Il suo seno non era ancora maturo. Sapevacomerendersiappetibilemegliodimoltedonne,persinopiù grandi di lei. Cercava di attirare l’attenzione degli uomini che laincuriosivano,avevaseteefamedisessoetrasgressione.Sape-vacomefareseppurnonfosseancoraunafemmina.EraattrattodaquellapiccolaLolita.Origliòilorodiscorsi.Glicrebbedentrola voglia di possederla.
InviaSanFrancescod’Assisi,salìunadonna.Indossavaunagonnaafiori edunamagliettanera.Aveva lo sguardodelpu-dore.Isuoiocchieranofierietimidiallostessotempo.Riuscìadintercettarelasuaespressionenelriflessodellabachecadegliorariaffissasullaparetedeltram.Ladonnaeradifrontea lui,maglivolgevalespalle.Acolpirloinunprimomomentononfu
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labellezzadiquellafemmina,mailpescerossocheportavaconsé. Teneva in mano una vaschetta rettangolare e trasparente con sopra un coperchio blu. Con pazienza ed una certa illusione la donnacercòdisistemareilcontenitoresuunasuperficiepiattaconlasperanzachefosseabbastanzafermadacustodireilsuopesciolino,mabastaronopochi istantiperfarlecapirechenonera una buona idea. Tirò fuori dalla borsetta un pacchetto difazzolettinidicartaecominciòapuliretuttal’acquacheavevaversatoedunavoltafinitopresenuovamenteinmanolavaschet-ta. Cercava di assecondare i movimenti del tram. Sperava che il conducente andasse un pochino più piano.
Stavaassistendoadunparadosso.Unadonna, all’apparenzasanadimenteeancherispettabile,andavaingiroconunpescerosso.Conuncane,ok.Avevagiàvistoancheungattoalguinza-glio,manonunpescerosso.Cominciòadimmaginareunbuonmotivoperilqualequelladonnafossestataindottaadusciredicasaconilsuopescerosso.Forselostavaportandodalveterina-rio; o magari era un regalo; oppure lo stava portando all’anziana nonna che era stata ricoverata la notte prima in ospedale; e se invece lo stava riportando al negozio in cui lo aveva comprato? Comeavevafattoanonpensarciprima?Unnegozio.“Vendonopitoni,topi,ragni,lucertole,scimmieeuccellirari,vuoichenonvendanounPescePalla”-stavapensando.Sì,ilsuoPescePallalo avrebbe comperato in un negozio di animali e lo avrebbe al-levato.
Tornò in fretta e furia a casa.Era inpreda aduna sorta difrenesia, la stessacheavevaavutoappenaarrivatoaPortaPa-lazzo.NonavevalapiùpallidaideadidovepotesseacquistareilsuoPesceKiller,maadifferenzadellamattinanonavevaalcuna
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intenzione di perdere tempo ed energia. Si mise davanti al com-puterecominciòacercaretuttiiposticheaTorinovendevanoesemplaridiPescePalla.Stampòlamappadellacittàconindicatisopraipuntidiinteresse.Tracciòinmentel’itinerariocheavreb-bepercorsoesibuttòallaricerca.
Nelprimonegoziodoveandòfeceunbuconell’acqua:nonavevanoPesci Palla.A gestirlo era un ragazzo che avrà avutoun trentacinque,quarant’anni. Il localeera il tipicomarketperanimali.Avevatutto:cuccepercaniegatti,collari,lettiere,sabbievarie,cibidituttiitipi,laneperacquarieviadicendo,manonavevaanimalisenonqualchepiccolatartaruga.Ilnegoziosuccessivoavevaunavastagammadipesci,tracuiil
suoobiettivo,mailproprietarioerarestionelvenderli.Sitrovavadavanti al tipico animalista che piuttosto di mettere in pericolo la vita di un animale preferiva perdere denaro. Sembrava unoappenauscitodal 1968: capelli lunghi e castani, barba incolta,occhialisulnaso,unamagliettaverdemilitaresottounacamiciaafiori.Pertuttoiltempochegliparlòcontinuòagesticolareconunretino:“Noperchédevisaperecheilprezzoèlacosamenoimportante.UnPescePalladevevivere inunacquariogrande,moltogrande,dedicatoesclusivamenteoquasialui.Nonèsem-plice.EsistonosiaPesciPallad’acquadolce,ched’acquasalma-stra,ched’acquamarina...Ilprezzoèlacosamenoimportante.L’importanteèinformarsibeneesaperequellochesifaquandosicompraunanimale“difficile”comequesto”.Inqualchemodoquelcanedatartufovestitodafigliodeifioriloavevabeccato,fuperquestocheforseglisuggerìunatartarugamarina,maluinonvolevafarsiunbrodo.
Il terzo negoziante degli scrupoli di coscienza non aveva mai sentito parlare. Vendere, vendere e vendere. Era quello il suo
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intento principale. Per lui un Pesce Palla era come un lingot-tod’oro.“Alloraragazzomièarrivatoquestamattinaunpescepiccolopiccolodiacquadolce-salmastraetelopossodareper10euro,manonsoperquantoriusciràavivere.Diciamochesevuoiprovarea ripercorrere leormediSanFrancescoèquellochefaalcasotuo.Seinvecelovuoifigoediacquasalatanonusciraidaquisenonmiavrailasciatoalmeno100eurini..dueper200..econunacquariodacentolitripotremmoarrivareancheaquattroesemplari!”.
Erasudatoenervoso.Avevagiratolacittàinlungoedinlargoe non aveva ancora in mano il suo esemplare di Pesce Palla. La decisionenoneradellepiùsemplici.Allafineoptòperilnego-zionelqualeavevavistoilpescepiùgrosso,piùsanoecheeradisposto a venderglielo.
Non aveva grosse esigenze sulla bestia che avrebbe dovuto prendere: non interessava il colore e la sua cucciolata. Gli interes-savano invece le prospettive di vita perché avrebbe dovuto vivere abbastanza da diventare ciccione. Nonavevamaiavutounpesceincasa,neppureuncane,un
gatto,unatartaruga,unuccello,untopo.Unporcellinod’indiasì.UscìdaquelnegozioconunPesceKillertuttosuoeconunacquario enormeperché aveva letto cheper le tartarughevalechepiùgrossoèl’acquario,piùcrescono.Avevaanchetantociboperpesciedunretinoperprenderloquandosarebbemorto.
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8. LOGISTICAMENTE PARLANDO
L’acquariocheavevaacquistatoeraveramentetroppogrosso.Trovargli una sistemazione all’interno del piccolo appartamento nelqualevivevasarebbestataunaveraepropriaimpresa.
Casasuaoccupavaunasuperficiediappenacinquantametriquadri.Tuttoerasistematoinmododaottimizzarelospazionelmigliore dei modi. La sua era una casa IKEA style. Era alla ri-cerca del materasso per il letto di camera la prima volta che si imbattéinunadiesse.Inquell’appartamentodacatalogotuttoeraincastratoallaperfezione,erasolol’ideadiavereilgabinettoin linea d’aria a distanza di un metro tra la cucina e la camera da letto che non gli piaceva molto. Abitavatraquellequattromuradaqualcheannoormai.Sitro-
vavabene.Ilsuoquartiereeraunmondoperfettoabitatodagen-te stranaeconqualcheproblemacomunquerisolvibile.Avevaimparato ad essere un ottimo vicino. Nessuno poteva immagina-recheall’internodellasuascatolacranicafiorisseroideemalateesuicidacomesefosseroboccioliinprimavera.Glipiaceva ilfiumiciattolochevedevadallafinestra,glipia-
cevanoivialialberati,glipiacevanolepanchineconivecchietti,gli piacevano gli studenti universitari. Da pochi mesi erano stati inaugurati i nuovi alloggi per gli erasmus: bellissimi, luccican-
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ti,moderni,completi.Ilquartiereeradiventatogiovaneeluiinqualche occasione era anche riuscito a guadagnarci in compa-gnia, quella sotto le lenzuola.Adorava le ragazze inglesi.Unavolta durante una vacanza estiva aveva conosciuto una donna di Dover:erasullaquarantina,avevagliocchiazzurried icapellicortiecastani.Ilfisicoerasnello,eraaltaeavevadellegambechelasciavano a bocca aperta. Un piacevole ricordo.Avevasolounapeccaquellacasa:eraumida.Ilfiumed’inver-
noerasemprepieno,scorrevaveloceepotente,sigonfiavaconl’acquadellepiogge.Suimuridellacasasivedevanoleimprontescuredelpassaggiodell’umidità.Sullesueossasentivailpesodiognisingolagocciachecadendodentroilfiumeloavevaancorapiù rinvigorito.
Eracortoilcorridoioprincipale.Sudiessosiaffacciavanotreporte. Nella parete di destra vi era una grossa libreria che occu-pavabuonapartedello spazio: erafitta.Vi erano libri diognigenere:saggistorici,biografie,libridiarteedifilosofia,maperbuona parte era occupata da romanzi. I gialli di Agatha Christie chetantoavevaamatonellesueestatisicilianeeranoinalto,vi-cinoailibridiBariccoedaquellidiIanFlemingcheavevacom-pratoconfrenesiatuttiinsiemedopoaverlicercatiinvanonellebibliotechecittadine.Liavevatrovatiadunmercatinodell’usato,avenderlieraunuomoanzianosenzafiglienipoti:“Nonvogliocheimieilibrifiniscanonellemanidellesuoreodiunbiblioteca-riostatale.Devonoessereaccarezzatidaditavogliosedilettere,parole,virgole,spaziepuntiacapo.Devonoessereamati”.Licompròelilesseinpochissimigiorni.
Sempre sulla destra del corridoio vi era una piccola cassapanca inlegno.Eraunoggettoanticocostruitodamaniespertechissàquantianniprimaequalestoriaracchiudessedentro.Sulfondo
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diunavecchia cantina, inun angolo,magari era stata custodediqualchesventurato.Oforse inmontagna,vicinoallastufaalegna accesa da uno stanco allevatore aveva protetto le coperte dell’inverno.Eraunmobilesemplicissimo,mastraordinariamen-tebello.Quellacassaeraresaancorapiùbelladaimilledifettichela segnavano. Sopra di essa aveva posto una coperta a scacchi e dentromettevalecopiedeigiornalicheperqualchestranomoti-vo pensava potessero tornargli utili.Ilpavimentoeradiquellidiunavolta.Unabiancaeunanera,
poi di nuovo bianca e ancora nera: tantemattonelle quadratecomponevano una enorme scacchiera sulla quale si muovevaognigiornoperandare incamera, in salaoppurealgabinetto.NonerailRe,ilcavallool’alfiere.Sisentivaunsemplicepedone:umileeprontoalsacrificioedallasofferenzaperlasuaRegina.
La prima porta che affacciava sul corridoio era quella dellasua stanza da letto. Un ambiente piccolissimo che era riuscito amodellareadimmagineesomiglianzadellasuapersonalità.Illettooccupavaquasi tutto lospaziodellacamera.Eraun lettosemplice,diquellichesivendevanoneglianninovanta:inlegno,ricoperto da una plastica lucida, senza alcuna intarsiatura par-ticolaree spigoloso.Minimalista.Anche inquella stanzaavevamesso una libreria, omeglio, in principio quelmobile dovevaserviredadepositodi “CiapaPuer”, soprammobili e ricordinivari,mainbrevissimotempodivenneildepositodeilibridaleg-gere. Comprava libri in continuazione con il risultato di averne in casaunaquantitàaltissimadinonletti.
In camera non aveva un armadio. Non c’era lo spazio. Aveva provatoqualsiasidisposizionepossibileeimmaginabilepertro-vare anche solo un piccolo buco da tappare con un armadio ad un’anta,manulla.
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Inquelminuscoloalloggiotrovareunacollocazioneperilsuoacquariodacentolitrisarebbestataunaveraepropriaimpresa.Inproporzionequelpesceavrebbeavutounacasapiùgrandedellasua,manonselasarebbepotutagoderepermoltotempo.Avrebbe volutometterlo vicino alla finestra inmodo che il
pesce prendesse luce. Gli avevano raccontato che le piante per crescere bene devono essere esposte alla luce e si era convinto che lo stesso valesse anche per le bestie. Poche storie. Quel pesce sarebbedovutodiventareunporcello,unmaiale,unvitello,unbueequalsiasimezzoperraggiungere il suoobiettivosarebbestato valido.
Cominciòapensare.Andòsulbalconeeconungestovelo-ceeautomaticospostòlasediadasottoiltavolino.Sisedetteeacceseunasigaretta.Osservavalastanzacheavevadifronte.Insalonequell’acquariononavrebbepotutometterlo.Nonavevaabbastanza spazio. Non c’era nemmeno un mobile con una su-perficieabbastanzaampiaecondellegambeabbastanzasolideedanchesecifossestatosarebbesortocomunqueunproblemamolto pratico: il salone era comunicante con il tinello. Metti che cominciasseapuzzarequelcoso?Lapistasalone-tinelloeraas-solutamente da scartare. Sullaspallasentìbattereunagoccia.Stavacominciandoapio-
vere.Sarebbearrivatounpiccolotemporaleestivooforsesolouna di quelle pioggerelle fastidiose che servono a farti sudareildoppio.Rimiselasediasottoiltavolino,spenselasigarettaerientròincasa.Andòincameradalettoecominciòaguardarsiattorno.No.
Nonavrebbepotutometterlo inquella stanza.Aveva il sonnotroppo leggeroper teneredifiancoal lettouno strumentoda
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baccano.Coninstanzalapompadelriciclodell’acqua,l’elettri-citàequelcosobruttoagirareperlavascanonavrebbesicura-mentepiùchiusoocchio.Giànonèchedormissetanto.Noncimisemoltoascartareanchequestasecondaopzione.Rimanevadunqueunsolopostodovemetterel’acquariodelsuoPescePal-la:ilcorridoio.Lavecchiacassapancaeraperfetta.Inpiùsarebbestato in vista, se qualcuno fosse andato a trovarlo lo avrebbevisto,nessunoavrebbemaisospettatodelsuopiano.Ilmigliormodopernasconderequalcosaèmetterloinbellavista.
Montòl’acquario,loriempìdiacqua,attivòilcircuitodiricicloediedecorrente.Cosìebbeiniziolasualentamorte.
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9. VUOI MANGIARE?
Quelpescestavasulfondodell’acquario,immobileeguardava.Lui aveva preso uno sgabello di legno e si era seduto vicino. I due si stavano studiando. Si temevano.
IlPescePallaerafermo.Conilventrenontoccavalasabbiadelfondaledell’acquario.Ognitantomuovevagliocchi,manondistoglieval’attenzionedalsuoobiettivo,piuttostosembravaungesto incontrollato del bulbo oculare. Passarono minuti interi immobiliaguardarsi.Eranounodifronteall’altro,manessunodeidueavevaintenzioneditirarefuorilapistoladallafondina.Quello non era il giorno del duello. Si erano appena incontrati all’internodelSaloon.Unoavevacercatofortementel’altro.Unosolo dei due aveva deciso per entrambi di legare il proprio desti-noaquellodell’altro.Eracomesefosserofermialbancone.Luiconunabirragelida
edunpiattodifagioli,l’altro,ilPescePalle,avevaappenafattovibrare con un colpo della spalla la porta a spinta. Tutti e due eranoconsapevolichedaquell’incontrononnesarebbevenutofuorinulladibuono.
Bastòunmuoverdipinneperspezzarel’incantesimodiquelmomento.Illorointimoduellostavaperavereinizio.Ilpescevirò
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allasuadestraecominciòanuotarecomeavolerdarelespallealsuopadrone:“Basta,iomenevado..mihairotto!”.Nuotavadentrol’acquarioconl’intentodiscoprirequalefossel’ambientenelqualeavrebbedovutovivere,matenendobenapertosempreunocchioconsapevolechequalcunoinquelprecisoistantestavaosservando ogni suo singolo gesto. Un guardone. Duecolpidipinnaesidiresseversounapiccolaanforainterra
cotta,feceduegiriattornoadessaesi immersetra lealghediplastica.Sifermòqualcheistante,comeanascondersidaquellosguardoindiscretoefastidioso.Isuoienormiocchirotondiera-nonascostitralefogliefinte,mentreilrestodelcorpoeracom-pletamente allo scoperto. Quel genio di un pesce si stava nascon-dendodietroadundito.L’acquaerasalmastra:ilcommercianteche gli aveva venduto la struttura si era assicurato con lui che ogni piccolo dettaglio fosse rispettato. La buona riuscita dellasua operazione era strettamente legata al rispetto di ogni singolo dettaglio. Tutto aveva un ordine ben stabilito. Nessun passaggio poteva essere saltato o invertito. Quel maledetto essere era come ilmeccanismodiunorologio.La suaobesità eradirettamenteproporzionaleallacuraconlaquale loavrebbeaccudito ilsuopadrone.
L’avido commerciante nel pomeriggio aveva utilizzato poche paroleperunsoloaspetto,ilregimealimentarediquellosqual-lidoesseremarino:“Questipescisonoduriamorire,mangianoqualsiasicosa:glidiaquestoestiatranquillo!”–egliporseungrosso barattolo. Sull’etichettadellaconfezionevieradisegnatoungrossopesce
tondo coperto di spilli enormi circondato da molluschi ignari. Era un’esplosione nucleare di colori e scritte composte da carat-teriimprobabili.Ilbludelmareeraelettrizzante.Inquellafoto
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ilpesceapparivaanchebello.Nonassomigliavapernullaaquelcoso che si ritrovava in corridoio.
Il barattolo era stracolmo di animali secchi e spappolati: gam-beri, cozzee lumache.Quando la sera loaprìperversarepar-tedelcontenutodentrol’acquariol’odorediquelcompostolonauseò,eraacreearrivavadrittoalcervello inpochi istanti. Ilsolo pensiero di doversi suicidare mangiando un pesce cresciuto nutrendosidigamberielumachesecchegliprovocòilvoltasto-maco. Evidentemente la nausea venne anche a quel coso chenuotavanell’acquario:ilpescekillersirifiutòcategoricamentedimangiare.
Ilcibogalleggiavasull’acquaformandopiccolechiazzevicineeduniformi.Eracomese,abordodiunaereo,stesseguardandol’oceanodalfinestrino.Isolotti,campicoltivati,risaie,iltuttoav-volto dall’azzurro del mare. Il Pesce Palla navigava basso ed ogni tantobuttavaunocchio in alto.Eradiffidente.Non sifidava.Chissàacosastavapensando.Chissàsestavapensando.
“Mangia. Dai mangia. Mangia dai. E dai mangia. Ma vuoi mangiare?Guardachelosochehaifame.Cosavuoiilcaviale?Io altronon tipossodare epoi comunqueunpesce sei.Dai,mangia. E mangia. Cosa ti costa? Prova ad assaggiare. Non puoi saperesetipiaceoppureno”–passòminutiinterminabilisedu-todavantiaquelgrossoacquarioinmezzoalcorridoiodicasa.Una scena palesemente patetica: un uomo dalla media intelligen-zachesisforzavadiconvincereunpesceafarecena.Ripetendopoi a modo rosario la stessa cantilena. “Mangia e dai mangia e mangia dai e vuoi mangiare”. Incitamenti e scongiuri miscelati tra loro in una poco dignitosa recita degna del miglior comico in-volontario.Intantoiminutipassavanoequellachedovevaessere
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la prima cena del suo Pesce Palla non si stava consumando e la preoccupazione cresceva.
Il suo amico dai rasta potenti era abituato a vedere il mondo daunaprospettivadifferente.Inquelmomentoperluiilmondoerapiùtondodelsolito,erasemi-sferico.Eraanchemenonitidoneicolorisenonaddiritturapiùscuro.Nonpercepivalaprofon-ditàdellastanzachestavaspiando.
Il suo amico dai rasta potenti abitava solamente un piano so-pra di lui. Era un tipo alternativo che aveva dedicato la sua vita alle questioni che solitamente non interessano gli altri. Avevasemprevotatoasinistraconvintochequellafosselastradaperarrivare ad una sorta di pace sociale e si era sempre operato nella ricercadelbenecomune.Facevailvolontarioinunapiccolaas-sociazione che gestiva un localino nella provincia di Torino. Uno diqueipostiapertiechiusiallostessotemponeiqualivieniinvi-tato,maquandoarrivitifannosentireunospitesgradito.Unodiqueipostineiqualilabirraèachilometrizero,lacarneèallevatadietrol’angolo,iprodottisonoequosolidalieneiqualipaghilatesseraaprezzopienoancheil30dicembre,quelladell’annoincorso ovviamente.
Il suo amico dai rasta potenti aveva la strana abitudine di guar-darlodallospioncino:perquestoperluiilmondoerailluminatodaunaprospettivadiversa.Avevascopertoquelpuntodivistadopounaseratapassataabereefumare,unadiquellesereincuiancheunpiccolodettagliopuòdiventareimportanteedesilaran-te.Presoiltabacco,presalamagliaedilportafoglisierastanca-mente diretto verso la porta d’ingresso. Scivolando su una palla datennisfinìspalmatocontrolaportaequandoaprìgliocchivide il pianerottolo tondoe ravvicinato,deformato allo stessomodo in cui adesso stava guardando il suo amico seduto vicino
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adungrossoacquario.Eraunflashtroppograndeperlasciarselosfuggireedèperquestocheognivoltacheneaveval’occasionesifiondavasuquelforovetratoperspiare,osservareerubareunpo’diintimitàalsuoultimocompagnodisbronzeancorasanodimente.Quellospioncinoeraunpo’comesefosseunagrossavaginanellaqualecercarequalcosasenzaneppuresaperecosa.
Lamanigliaroteò,laportasispalancò,l’attaccapannivibrò,ilpescesivoltò,l’aspirantesuicidasbuffò:“Tubussarenonseneparla mai vero?”“Macosastai facendo?Seidiventato ilpreteconfessoredei
pesci?Questocosobruttoèunpescevero?”“Non dovresti continuare a guardare dentro lo spioncino”“E’perchédevobussaresehovistochenonstaifacendonulla
di importante?”“Perchétuinquelcazzodibuconondovrestimetterenaso”
- obiezione accolta vostro onore. L’amico dai rasta potenti in-dossòlasuamigliorespressionedaebeteedopoavercipensa-toqualchesecondodisse:“Comunquecimettol’occhio,nonilnaso..Evabehcontenonsipuòpiùfarepropriouncazzo….”.
IlPescePallaannoiatogiròlepinneesirinchiusedentrolasuapiccolacaverna.Eradapocheoreinquellacasaegiànonnepo-teva proprio più. Quella spolverata di cibo sgradevole gli aveva sporcatol’acqua,glisembravadiessereinunostagno.Ederaunbenechequelcosogalleggiassesopralasuatesta,quandoeraalnegozio aveva visto una tartaruga con la testa tutta cosparsa da gamberetti:sugliocchi,sopralezampe,dentroilguscio.Eranoinquietantidavederequeiduebipedi inpiedidavanti
al suo mare. Probabilmente erano di un altro mondo. Qualche esemplarediqueicosistraniloavevagiàvisto,mafacevanoin-
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dubbiamentemenochiassodiquesti.Unodeiduelostavaguar-dandodaunperiododitempocheormaireputavaincalcolabile,l’altro emetteva suoni anche sgradevoli: gli estremi per conside-rarli un pericolo c’erano tutti. “Megliochenonmangi”–lacavernaeratalmentestrettache
il pesce si rese subito conto che sarebbe stato il caso di mantene-re un regime alimentare controllato altrimenti sarebbe giunto al punto in cui una volta entrato non sarebbe più uscito. Anche se qualcosaloavrebbesgranocchiatovolentieri.
“Sì,comunqueilpescenonmangiaequestoèunproblema”–disseall’amicodairastapotenti.“Tranquillo. Mia nonna diceva che uno mangia quando ha
fame,nelsensochesenonvuolemangiare, tantoprimaopoimangia,perchéglivienefameedevemangiare”–avevafumato.Queltiziochesembravaundreadunicoerametodico:quandodovevalavorarenonfumava,intuttiglialtrimomentiinvecesì.Lapossibilitàdivederlocongrandiocchirossi,lentoneimovi-menti,paresifaccialiartificialiemerendinecaramelloseinmanoera molto alta. “IononhocompratounPescePannella,iohopresounPesce
Palla!Nonvogliouncosochefaccialoscioperodellafame..”“MaèunPescePalla?Maalloraseipirla..”–disseconiltono
dichitifacapirecheilproblemanonsussisteperchélasoluzioneèaportatadimano–“Quelpescenonmangiailmangime:quelpesce mangia altro!”“…e altro che…?” – rispose istintivamente. In quell’istante
peròlarispostapassòsuunlivellosecondarioperchésiritrovòaprecipitaredaquellatorredipregiudizieluoghicomunicheneglianni,mattonedopomattone,piastrelladopopiastrella,avevaco-struito e decorato: anche una persona all’evidenza inutile almeno
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unavoltanellavitapuòessereutile.Forseunaconclusionetrop-poaffrettataseconsideratocheancoranongliavevaspalancatoleportedeilautibanchettiperilsuopesciolino,macomunqueun cambiamento di prospettiva epocale in ogni caso. L’amico lo presepermano e lo portò davanti al computer.
Digitòsulmotorediricercaladomandachiave:cosamangiailpescepalla?Siaprìunafinestracondiversi link:alimentazionepesce palla; cosa mangia un pesce palla nano???; pesce palla d’ac-quadolce;helppescepalla!!;mangiapescepallainunbistellatospecializzato di Tokyo; ecc. Insieme cominciarono ad aprire e chiudere siti internet, a leggere informazioni utili e anche no,avedere fotoevideodipescichemangiavano.Poiunforum:Carm3la aveva il loro stesso problema: “Il mio pesce palla non mangia,cosadevofare..pleaseaiutatemi..v.v.t.t.t.t.t.b”.IlmioesuoeroesichiamavaGino87:“Primadituttoseèconqualchealtro pesce, quello è un po’ un problema perché i Pesci Pallac’hannounostranocarattere.Dettoquestoprovaainfilarciden-tro alla vasca dove lo tieni larve di zanzare o carne di mitili come le cozze o le vongole. Qualcosa di vivo insomma”.
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10. I SOGNI SONO DESIDERI
Isognisonodesideri.Isognitutti.Nonsoloquellichesifan-noadocchiapertisperandochequalcosaaccada,maanchequelliche si fannonel caldo della propria camera da letto, di notte,quandoallafinestrac’èsololalunaavvoltadallestelle.
Iltappodellabottigliadiwhiskyeraancoraperterraametàstradatrailtavoloeildivano.Siconfondevatralechiazzedellemattonelle:alcunenere,alcunebianche,alcunegranata.Quandosieratrascinatoalettoneavevabevutagiàmetà.Erastataunadiquelleserericamateappostaperesagerare.Eraconcilianteilgustodelwhisky:amarognoloeinfiammante.Ipiccolisorsicheingerivaandavanoadaccendere le feriteche siportavadentroperchésedigiornosipotevanoignorare,dinotteeraimpossibile.
Era nel suo letto e tutto attorno era buio. Non vi era alcuno spiraglio di luce che potesse permettere al suo occhio di fare conoscenza con l’ambiente che lo circondava. Era assoluta l’oscurità, come quella degli abissi nella quale vivono creature che nessuno conosce.
Era ancora sdraiato quando lentamente girò la testa alla sua destra. Con una mano cercò di tastare la superficie del materasso sul quale si era risve-gliato. Le sue dita fecero una scoperta piacevole. I suoi polpastrelli tastarono
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la pelle morbida e ancora sudata della donna che aveva al suo fianco. I suoi occhi cominciarono a vedere nuovamente. La sua memoria gli rammentò la verità.
Vide il viso candido di lei. Aveva gli occhi chiusi e le labbra leggermente aperte. Una ciocca di capelli le copriva parzialmente gli occhi. Era quasi impercettibile il movimento del suo respiro. Rimase qualche secondo a guar-darla. Altre volte aveva visto quel volto e quei capelli: lunghi, castani e mos-si. Altre volte aveva visto quei seni piccoli e sodi. Adorava il gusto dei suoi capezzoli. Adorava morderli. Adorava sentire la sua carne sotto la lingua.
Lei aveva labbra esperte. Labbra che sapevano rapirti. Erano sottili e carnose allo stesso tempo. Erano innocenti. Erano la fonte primaria dell’ec-citazione che lo conquistava. Le si avvicinò. Dormiva di un sonno profondo. Le diede un bacio delicato. La sfiorò con dolcezza e le sollecitò i sensi con un solo assaggio della sua lingua.
La svegliò anche se non avrebbe voluto. A lui sarebbe bastato sapere che avrebbe potuto guardarla dormire sempre. Lei gli sorrise e lo baciò. Era quello l’amore? Lentamente poggiò la mano sul suo petto e cominciò ad accarezzarlo. Lei lo toccava e lui la guardava. L’eccitazione cresceva. Si sollevò e con una mano lo spinse in giù. Si avvicinò con la bocca al suo petto. Cominciò a baciargli i capezzoli. Lui le palpò i seni e poi con la mano scese fino ad accarezzarle il sedere. Era sodo.
L’eccitazione cresceva. La sua mano le accarezzò i glutei con sempre mag-giore voglia fino a prenderla con forza e portarsela al di sopra. La voleva. Voleva sentirla gemere. Voleva vederla mordersi le labbra di piacere. Voleva il suo sguardo addosso.
Lei si abbassò lentamente e con la lingua gli sfiorò le labbra. Il suo ventre
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si strusciò sul suo sesso. Lei lo afferrò e lo strofinò al suo. Poteva sentire la sua eccitazione. Percepiva con forza la voglia di fare l’amore che avevano tutti e due. Era la magia della passione.
Lei lentamente scese lungo tutto il suo corpo e con labbra esperte cominciò a baciarlo alla fonte del piacere. Con la lingua percorse tutta la lunghezza del suo sesso. Più volte e sempre di più. Poi in bocca fino a che non si ingrossò ancora di più. Poi ripercorse di nuovo tutta la lunghezza del suo sesso con la lingua. L’eccitazione crebbe. Con forza la prese e la portò sotto di se e dopo essere entrato dentro cominciò a scavare. Su e giù e poi su e giù. Fino a che la sua bocca non si aprì ancora un po’. Poi ancora su e giù, ma lentamente e senza fretta. Con il bacino le disegnò dentro dei piccoli cerchi. Voleva sentire i suoi gemiti profondi.
Le loro fronti erano sempre più bagnate. Lei gli sussurrò di fermarsi.
Non voleva che quel piacere terminasse. Voleva che continuasse ancora per un po’. Lui riprese piano. Entrò e uscì sentendo la punta del suo sesso venire fuori e poi rientrare. Così e ancora un po’. Poi un po’ più forte e sempre di più fino ad interrompersi per creare il piacere finale con l’intensità e la voglia.
Labottiglia che avevafinitoprimadi addormentarsi era sulletto.Senzatappo.Conlamanocercòalsuofiancoquelcorpocheavevapossedutopochiistantiprima.Nontrovònulla.Strin-se nel pugno le lenzuola. Si rese conto che era stato solamente un sogno. Aveva bisogno di bere. I suoi piedi nudi calpestarono il tappo della bottiglia. Per poco non cadde a terra come un po-veroubriacosenzadignità.Afferròlabottigliadiaranciatachequalchemeseprimaavevaconvertitoall’acquaenebuttògiùunsorso,poiunaltroeinfineunaltroancora.Sigettòsuldivanoesifecesommergeredairicordi.
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Stava leggendo un vecchio romanzo sul tram la prima volta chelavide.Adognifermatadistoglievalosguardodallepagineingiallitediqueltestocompratotralebancarellediunmercatinoeguardavafuori.Erasempreincercadidettagli.Eranoiparti-colariquellichegliservivano.Inprincipioleifuundettaglio,unparticolare:una corsa senza freniverso la fermata;unbracciosollevato a coprire con un giornale la testa dalla pioggia; il balzo sulmezzopubblico;leguancerosseunpo’acausadelfreddo,unpo’perlacorsacontroiltempo;quelsospirodisollievo.Laprimavoltachel’avevavistaleisipreparòascenderedal
tram a pochi metri da corso San Maurizio. Il suo viso era spigo-loso: ilnasoeraaquilino,gliocchigrandimasottilie ilmentoappuntito.Eraaltaemagra.Daquelgiornocifuronoaltrevoltein cui la vide. Di notte e di giorno. Ancora adesso che tutto era finitocontinuavaadincontrarla,anchesesolamentenelladimen-sione dei suoi sogni.
Eranoverdie rossi,oggisonogialli.CentinaiadichilometridirotaiepercorronoTorino.Èlacittàconlaretetranviariapiùestesa d’Italia ed anche la più antica. Duecentoventi chilometri diestensione;quattrocentosettantachilometridicavisotterranei;seicentonovantasei scambi; centosettantacinque semafori; diecilinee,laprimanel1871;cinquantafermate.All’inizioitramera-notrainatidaiquadrupedi,poiarrivòl’elettricità.
Ilconducentestavasedutoall’internodiunacabinaaformadiesagonospezzato.Conungrossofaropostoinaltoealcentro.Ilparabrezzasembravaunadelle tantefinestrechesiaffaccia-nosuicanalidiAmsterdam:eralungoerettangolare.Daquellaposizionel’uomosoloalcomandodominavalacittàlungoquei
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duecentoventi chilometri divisi per dieci.
A dominare l’interno dei tram d’inizio secolo era il legno: sul pavimento, sui finestrini e perfino i seggiolini erano in legno.Eranoelegantissimiebellissimi.Secondolui,avevalunghibaffineri e arrotondati il primo uomo che era salito su un tram a To-rino. Se lo immaginava elegante e aristocratico. E la prima donna la vedeva con una gonna larga e piena di pizzi.
Leiavevainmanounlibro,laprimavoltacheluipensòdies-sersiinnamorato.Unodiqueiromanzichesitrovanoinedicolaabassoprezzo.Avevalacopertinagialla,iltitoloscrittoinrossoedunafotografiascontornataalcentro.Pertuttoiltragittononave-vamaialzatolosguardodallepaginediquelromanzetto.Avevafantasticatosucomesarebbepotutaandarelalorostoriasefosseiniziatasuuntramnel1896.
Il tramsi sarebbe fermato inPiazzaCastello. Il conducentedallesuefinestreavevanotatounavecchiettaconilbracciode-stro alzato e un cesto nella mano sinistra. Qualche passo dietro dileiunaragazzaconuncappelloriccodifioriedunabitolungoescuro.Faticosamentelavecchiettaerasalitapassandoattraver-solaporticinaanteriore,ilconducentesieratoltoilcappelloinsegno di rispetto ed era arrossito dalla vergogna dei suoi pen-sieriquandoavevavistoilvisodellagiovaneragazzaallespalledell’anziana signora. Il trameraaffollato.Ognipostoeraoccupato.Infondoera
sedutolui:unabombettaintesta,l’ombrelloalbracciodestroelaGazzetta del Popolo sulle gambe. Era assorto nella lettura della primapagina:fittadiCrispieprivadiGiolitti.“Pregosignora,lecedoilposto”-dissealzandosiall’anzianadonnaquandoan-
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cora si trovava in testa al tram. Non riusciva a togliere gli occhi didossodaquelladolcefanciulla.Lavecchiettafeceunsorrisograto e con lo stesso braccio che aveva usato per chiamare il tram feceungestodilusinga.Laragazza,testachinaepassilenti,laseguiva.“Laringrazio,èstatogentile.Nonèsempliceaigiorninostri trovare ragazzi educati come lei ha dimostrato di essere” -osservòlasignorache,porgendoilcestoallaragazza,continuòdicendo, questa volta rivolta a lei - “Tieni tu. Sei giovane, haibraccia fortied iohogambedeboliper reggerequelpeso”. Ilpugno di entrambi era chiuso sulla cinghia di cuoio che scendeva dal tetto del tram.
Unodifronteall’altroguardavanofuori.Siincontraronoperlaprimavoltasulfinestrinodeltram.Perunafrazionedisecon-do,chepoidivennemillefrazionidisecondounitetutte insie-me,ilorosguardiintentiaosservareilororiflessiimpressitraletrasparenzesiincrociarono.Primascapparonoforseperpudoreoperpaura,distolserolosguardocomequandosiallontanalamanodaunasuperficiechescotta;poisicercarononuovamentepercuriosità.Sulvetrobagnatodelfinestrinodiqueltramnac-quelalorostoria.
Giornodopogiorno;corsadopocorsa;fermatadopoferma-ta; libro dopo libro; battuta dopo battuta; sorriso dopo sorriso; allusionedopoallusione;caffèdopocaffè;desideriodopodesi-derio;litigiodopolitigio;giornaledopogiornale;filmdopofilm;canzonedopocanzonenacque,crebbeefinìlalorostoriad’a-more.Quelragazzoinpiedivicinoallafanciullaconilcappelloafioriches’eraimmaginatofosseesistitaveramenteinun’altraepoca aveva consumato un sogno. Quella ragazza che nella sua vitaquotidianasicoprivalatestadallapioggiaconungiornalee
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chenellesuefantasiesostenevailcestodiun’anzianavecchiettaavevapotutoamarla,conoscerlaerimpiangerla.
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11. QUALCOSA DI VIVO
“Qualcosadivivoinsomma”,maanchecongelatopensòcheandassebenelostesso.Ecomunque,inognicaso,quelqualcosagli costava un occhio della testa.
Iduebinaridineoncheeranoaffissialsoffittodelsupermer-catoloilluminavanodiluceartificiale.Lalungafiladifrigoriferironfava.Primac’eranoleverdure:piselli,carote,carciofitagliatiapezzettini,patatefritteealforno,cavoli,finocchi.Poic’eranolepastepronte:allaamatriciana,allacarbonara,all’arrabbiata,conilpesto,aiquattroformaggi.Pizzediognigenereediognimarca:diavola,capricciosa,quattrostagioni,aiformaggi,altonnoeov-viamentelamargherita.Infineilpesce:totaniinteri,totanitagliatiastriscioline,totaniadanelli,polpo,seppie,merluzzo,salmone,fruttidimare,insalatadimare,polpadigranchio,cozze.
Nella destra aveva un pacco di cozze sgusciate mentre nel-lasinistraavevaunpaccodicozzecongelate,maconilguscio.Qualche minuto prima nella destra aveva una retina di cozze appena morte e nella sinistra aveva un biglietto per prenderne uncartocciodiquellemortedaunpo’menotempo.“Qualeèmeglioprenderesecondolei?”-chiesealpescivendolo,unuomosuicinquant’anni,conicapelligrigiel’accentodellaValdiSusa.
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Con una buona dose di scazzo addosso il burbero commesso dabanconerispose-“Mafacciaunpo’lei”.L’aspirantesuicida lofulminòconunosguardocaricodidi-
sprezzo che avrebbe potuto riassumere in un’eruzione dai con-tenutidelgenere:“checazzorispondicosìchevienilautamentepagatoancheperdarerettaalledomande,seppuridiote,chetifaccioio?Guarda,bruttovecchiodimerda”-equisipotrebbeaprireunaparentesisull’etàanagraficacheassegna lostatusdivecchioadunindividuo-“cheseseifrustratodalfattoche laseraquandotorniacasatuamogliescappaperchépuzzidipescechenessunotipuòsopportare,nonèmicacolpamia”.Avrebbepotuto rispondergli così servendogli dritto sulnasounganciodialetticocheloavrebbeindubbiamentesteso,masilimitòadunsemplicissimo: “Come?”.“Miscusieh”- rispose ilpescivendolo,manotarebeneche
quel“miscusi”noneraun“miscusi”delgenerelechiedoscusa,maeraun“miscusi”deltipo“sentanonmifacciaperderetem-poemirispondainfretta”-“maleihamaicucinatounpiattodi cozze?”.
L’aspirante suicida aveva appreso nel bel mezzo di una lezio-ne della vita impartitagli da un pescivendolo che evidentemente nonavevalafacciadiunocheèingradodicucinareunpiattodicozze: “No”. “E allora crede che faccia la differenza il tipo di cozze che
prenderà?”-sentenziòl’uomoconfaretrionfale.Saggezzapo-polare.Praticitàdell’uomodellaValdiSusa.Avevaragioneilpe-scivendolo.Aprìlecinqueditadellamanodestraefecericadereilsacchettodiretinaalfondodelcestometallicodalqualeleavevapresequalcheminutoprima.
Adessosiritrovavadavantialfrigoriferocondueconfezioni
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di cozze in mano. Nella destra aveva un pacco di cozze sgusciate mentrenellasinistraavevaunpaccodicozzecongelate,maconilguscio.Unadonnadellepulizie,guidandounadiquellemacchineche siusanonei supermercatiperpulire ilpavimento, si stavaavvicinando.Erabassagrassaeavevaicapelliriccievoluminosi,probabilmente tinti. Indossava un grembiule verde con il collet-toazzurro.Noneragiovane,maavevailsenogrossoe,comelamiglioreSerenaGrandi, tra leduemammelle sinascondeva lamedagliettachestavaal fondodiunasottilee lungacollanina.Probabilmentesefossestatagiovaneeconqualchechilogram-moinmenosarebbeancherisultataunbeldonninoaffascinante.“Sipuòtoglierepercortesia?Cosìmagaririescoapassareemene vado anche a casa ad un’ora decente” - disse la donna. “Haragione..solochestavocercandodicapire..”-balbettò
lui. “E’semplice.E’unaquestionedirazioni:selefaiandaretutte
prendiquelloadestra;altrimentiquelloasinistra”-abbozzòunsorrisoesfilòvia.
Analisi criticadei fatti edegli elementi: il pesce chemangiacozzeèunosolo;mangeràunpaiodicozzealgiorno;doveva-noperforzaavereilguscioaltrimentiquelcosodisgustosononavrebbe avuto nulla da rosicchiare. Deduzione logica a seguito dell’analisicriticadeifattiedeglielementi:lecozzesenzaguscionon servivanoanulla equelle con il guscio le avrebbepotutescongelare un poco alla volta. Decisione successiva alla dedu-zionelogicaaseguitodell’analisicriticadeifattiedeglielementi:eraallacassaconinmanolecozzesurgelateconilguscio,piùunpacco di merendine al cioccolato.
Lanotte,quandosialzòdal lettoperandarealgabinetto,si
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trovòtraleditadeipiediunadellecartaccecheavevastrappatoalle merendine divorate durante il pomeriggio in attesa che il Pe-sce Palla si decidesse a mangiare. Si era ripetuta la stessa scena cheavevagiàvistoilgiornoprimo:luisedutovicinoall’acquarioedilkillerdiffidenteintentoagirareattornoalcibo.Questavoltaperòlacosanonduròtroppoalungo.
Dopounperiododi studio che a lui sembrò lunghissimoenelqualemangiòmezzopacchettodideliziosemerendine allacremaedalcioccolato,ilpescecominciòagirareconaffannoefrenesiaattornoallacozzasurgelata.Ognitantoprovavaatastareilgustoelaconsistenzadiquellacosacheormainongalleggiavapiùnell’acquadelsuomare.Siavvicinavaesiallontanava,comeungattochescoprel’acqua.Poicominciòatrascinarlaasuondipiccolimorsifinoallasuacaverna,unapiccolagrottadiplasticagrande abbastanza per contenere il Pesce Palla e la sua cozza. Si nascoseladentroecominciòarosicchiare.Identicominciaronoad incidere il guscio duro della cozza. Il rumore non era invaden-te,maerainquietante.Ilsuokillerconlesuefaucisieramessoallavoro,adessolasuamorteeraancorapiùvicina.
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12. “COSÌ IL NOSTRO AMORE NON AVRÀ MAI FINE”
“Staiattentomidisseedioglirisposi:Papàdicosadevostareattento.Luimiguardòeripeté:Staiattento”.Aveva le lacrimeagli occhi mentre lo raccontava. Era un uomo robusto e basso. Con i capelli corti ed una vistosa calvizie sulla nuca. Negli anni aveva coltivato con attenzione un pizzo che era diventato lun-ghissimoeappuntito.Erasempreallegroedibuonumore,manonquelgiorno.
Cornettiallacrema,saccottinialcioccolato,cannoliallapannainvetrina.Albanconesemprequalcuno:cappuccini,caffèoma-rocchino.Alfondodellasalaqualchetavolino.Ilsolitoavventorecon il giornale aperto e la colazione davanti che si lamenta del Governo e delle tasse che “sono sempre di più ed a pagare siamo semprenoi”.Allaradiounpo’dimusica.Fuoripioveva.
“Sembra l’altro ieri” - aggiunse l’uomo mentre riempiva un bicchierinocondell’acquagasataeriponevaunatazzinadicaffèsopra un piattino color pistacchio.
“Ma se nei cornetti oltre alla marmellata mettessimo anche uno strato di nutella?” - lo interruppe una cliente abituale in pre-daadunraptusdigolositàculinaria.Ladonnaindossavaunpaio
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diocchialidallamontaturatonda,grossaescura.“E perché no?” - le rispose l’uomo. Dirigeva il locale in punta
di tazzina:decideva,ordinavae impartiva,masenzaarroganzao prepotenza. Poi rivolgendosi nuovamente all’aspirante suicida chestavacontemplandoilcaffèdisse-“Amianto”.“Bruttabestiaquella”-rispose.L’amiantoeraunkillerancora
peggioredelPescePalla.Unassassinoinvisibilechenonfacevadistinzionitrauomini,donneobambini.Eraquellapolverechesi introduce come un ladro di notte nei polmoni dei lavoratori. Rubavasecondi,minuti,ore,giorni,mesi,anniallevittime;ruba-vavolti,voci,profumi,sensazioniailoroparenti.“Nessunarigasuigiornali,nessunrisarcimento,maancorpeg-
gionessunprocesso.Miricordolesueparolecomesefosseieri”–econcluseconunsospiroprofondo.
Ilmomentopassòinunsecondo,comequandoarrivailtem-porale nel mezzo di una giornata di sole in estate. “Cose da paz-zi”-disseconunforteaccentomeridionalel’uomocheerase-duto al fondodella sala. Si alzò, lasciò il giornale aperto sullapaginaincuiera,pagòeuscìdallocale.Lapaginaeradominatadallafotografiadiunavilletta.Ilmurodicintaeraaltoefattodamattonirossi.Ilcancelloerainferrobattutoechiuso.Inprimopianoilnastrobiancoerossocheavevanoaffissoicarabinieriquando avevano posto sotto sequestro l’abitazione. L’articoloraccontavadi comeunacoppiadifidanzatini, avevanoappenacompiutosediciannientrambi,avesserodecisoditogliersilavitaper poter vivere il loro amore. Il giornalista spiegava che i genito-rideidueragazziavevanomostratoqualcheperplessitàsuquellaprecocerelazione,almenonelmodoincuieravissuta,perchéeradiventata totalizzante. Vivevano esclusivamente l’uno per l’altra. Negliultimitempi,dicomuneaccordo,leduefamiglieavevano
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decisodiporredeifreniaiduesedicennicheavevanodatose-gniconcretidiunprogressivodistaccodallarealtà:ilrendimentoscolasticoeracrollato, levisitedegliamicieranodiventateunararità,ipranziinfamigliasembravanoesseresolamenteunpeso.Queste erano le indiscrezioni che erano trapelate. Ilmacabroritrovamentoloavevafattoilpadredellaragazzi-
na,ancheperchéilteatrodell’estremoattod’amoreeral’abita-zionedellafanciulla.L’uomoerarincasatodalturnoinfabbricanelprimopomeriggio,alle15circasecondoquantoriferitodagliinquirenti. I duegiovani suicida avevano studiato il piano conestrema attenzione perché avevano atteso il periodo giusto per commettereilfollegestovistochesolitamente,causacassain-tegrazione,l’uomoerapiùacasacheinazienda.Avevanoattesoilprimogiornodeitre,inquelmese,chesarebbedovutoandarea lavorare. Entratonell’abitazioneilsignortaldeitaliavevacercatolafi-
glia.Avevanotatoconstuporecomenonfosseinsalottoastu-diaredavantiallatelevisione,eraun’abitudinecheavevacercatopiùvoltedifarletogliere.Interpretò,nonostanteildivietochelefamiglieavevanoimposto,comeunpresagiodisventurailfattodi non aver trovato in casa neppure il fidanzatino della figlia.Noneramaicapitatocheidueuscisseronelleorepomeridiane,nemmeno per andare a bere una cioccolata calda al bar vicino. Secondolaricostruzionechel’uomoavevafornitoaicarabi-
nieri,primadisalirealpianosuperioredellavilletta,sierarecatoal bagno del pian terreno per lavarsi le mani. Poi dopo aver preso unpacchettodigrissinieunpezzodiformaggio,ancoraman-giando,sieradirettoversolacameradalettodellafiglia.Laportaerasocchiusa.Laradioeraaccesa,maabassovolume,disotto-fondo.Eraevidentechelafigliafosseincamerasua.“Amore?”-domandòl’uomochenonricevettealcunarisposta.
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Non accelerò il passo.Non alzò la voce.Non insistettenelchiamarelafiglia.Ilsuocuoreperòcominciòabattere.Quandoaprìlaportasiritrovòdavantiadunospettacolosconvolgente.Basta un secondo per morire. I due ragazzini si erano impiccati allatravedelsoffittodellacameradalettodellapiccoladonna.Noneranoafianco,maunodifronteall’altro.L’ultimacosachevideroiduegiovaniprimadiconcluderelalorobrevevitafuronogliocchil’unodell’altra.Ilpadrecercòuncoltello,sigettòsullafigliaelatirògiù.Lostessofececonilragazzo.Poichiamòisoc-corsi,matuttoormaierainutile.Icarabinieritrovaronounsolobigliettino,firmatodaentram-
bi i suicida. Pochissime parole:
“Cosìilnostroamorenonavràmaifine”
Queidueragazziavevanodecisodibloccare l’attimo, ilmo-mento.Avevanocapitocheilloroamorenonsarebbemaifinitosolamenteseavesserofermatoquell’istante.Noneranolefami-glieafarloropaura.Noneranoirivali.Afarloropauraeralavitastessa.E’lavita,ilnormalesvolgersideifatti,chepuòdistrugge-reunsentimentoanchesoloperbanalità.
E lui cosa avrebbe mai scritto nel suo bigliettino? Chi lo avreb-be trovato? Come avrebbe reagito costui? Magari sarebbe stato il suovicinodairastapotenticheconl’intentodiandareafareduechiacchiere sarebbe entrato nell’abitazione al suo solito modo: occhionellospioncinoemanoallamanigliadellaporta,comesempre aperta. Sarebbe entrato e probabilmente non avrebbe neppurenotatochedall’acquariomancavailPescePalla.“Hey!Nonimmaginioggicosamièsuccesso..”-avrebbeprobabilmen-te detto dirigendosi verso la cucina. Avrebbe preso dalla libreria
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unvolumeeavrebbecominciatoaleggerelaquartadicoperti-na:erasemprealla ricercadiqualcosadinuovoequell’angolodella casa era un vero e proprio paradiso per i lettori incalliti. PrimaavrebbepresounlibrodiFruttero&Lucentini,poiunodiStephenKing,maallafineavrebbeoptatoperunclassicocomeil Dracula di Bram Stoker. Psicologicamente si sarebbe preparato ad un duello dialettico volto alla concessione in prestito del libro consapevolediaverepochissimepossibilitàdispuntarla:“Que-staèunanuovauscita?Dracula!Bello!Mailetto!Melopresti?”- avrebbe detto in attesa di una risposta che non sarebbe arriva-ta.Allarmatosarebbeandatoincucinasenzaaccelerareilpasso,senzaalzarelavoce,senzainsisterenellarichiesta.
In cucina avrebbe trovato il corpo senza vita dell’amico. Gli effettidell’avvelenamentodaPescePallainduconomancanzadifiato,sensazionedi“testa leggera”,paralisiebattito irregolare.I sintomi più gravi insorgono rapidamente, quellimeno graviistantaneamente.
Il cadavere sarebbe stato a terra. Il panico si sarebbe impos-sessato del suicida ai primissimi sintomi. La paralisi gli avrebbe impeditoqualsiasispostamento.Sarebbecadutocomeunpesomortoconlatestadentroilpiattocheavevaafrettaterminatodimangiare. Come un sacco vuoto sarebbe crollato sul pavimento ed in pochissimo tempo sarebbe morto. Ilvicinodai rastapotentiavrebbefattocaderea terra ilvo-
lumedelDracula di Stoker e si sarebbefiondato sul cadaverecontaminando la scena del crimine. Niente. Battito assente. Re-spiro assente. Nessuna risposta agli stimoli. Avrebbe constatato lamorteeavrebbeconaffannochiamatoisoccorsieicarabinieriche a loro volta avrebbero stabilito l’ora del decesso. Sui giorna-li l’indomaniavrebberoraccontatodiquellabizzarramortedaavvelenamentodatetrodotossina,unapotenteneurotossinadal
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nomedisuogiàtetro.Avrebberoscrittodelvicinodicasacheaveva trovato il cadavere e del suicidio culinario. I carabinieri avrebberodiffusoallastampalepocherighelasciatedalsuicidacomecommiatodaquestatristevita.
“Unbigliettino?E’vero,inquesticasisidevelasciareunbi-gliettino”-pensòlui.L’ipotesidinonlasciareneppureunarigaera da escludersi. In assenza di un bigliettino i carabinieri avreb-beropotutotranquillamenteipotizzareunincidenteoppureunomicidio in pieno stile CSI New York. Nella sua mente vedeva giàgliagentideiRISvestiticonquelleridicoletutinebiancheamettereasoqquadrotuttacasa.No,meglioevitareunpericolodel genere: lasciare un biglietto era cosa giusta e saggia. Dovevapensarebenealcontenutodelsuoultimoscritto, in
fondo quel bigliettino sarebbe stata considerata la sua ultimaopera,forselapiùimportante.Avrebbetrasformatoquelbigliet-tinoinuntestamentoletterario:quelloscrittotantoperfettodacolmare di rimpianto gli occhi dei suoi mancati lettori. Nei salotti della “Torino come si deve” avrebbero parlato di lui. Sui giornali avrebberotracciatoilsuoprofilodiscrittoreincompresoeconilpassaredeglianniqualcunoavrebbestilizzatounasuafotografiaper imprimerla su una linea di magliette come era successo a Che Guevara.Soloorasirendevacontodiquantofosseroimportantiquelleparole.Qualcunoleavrebbeanalizzate:lostile,ilmessag-gio,quellocheeranascostotralerighe.Qualcosaavrebbedovu-tometterlotralerighe,giustopernondeludere.Quellepocheparole diventavano sempre più pesanti.
Laseratornatoacasapreseilblocchettodicarta,lasuapennapreferitaedisuopugnocominciòascrivere:“scusate....”-co-minciavamale,meglioriprenderedacapo..
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13. PRIGIONIERO DEL BACCANO
Quellavibrazione,minchiacherotturadicazzo.Inquelnuovomarenonsiriuscivaproprioadormire.Tuttovibravafacendounbaccanochenemmenoinmezzoall’oceanoquandoèaffondatoilTitanic.Suobis-nonnoc’eraquellaseraquandoeraaffondatoil Titanic. Era una delle tante volte che con la sua spedizione si eraperso.Suobis-nonnofacevailPescePallaEsploratore,soloche si perdeva in continuazione. Le sue spedizioni duravano me-diamenteduevolteinpiùdiquellochesarebberodovutedurare.
Ecomunqueavibrareeralagrotta.Ballava:all’occhioimper-cettibilmente,all’orecchiomostruosamente.Minchiaseballava.Prenderesonnoinquellecondizionierapraticamenteimpossibi-le.Inqualecarcereerastatorinchiuso?Avevacommessoqualcheatroce reato senza rendersene conto? Dall’oggi al domani era statocatapultatodallasuarealtà,adun’altrarealtà:comeerastatopossibile?
Inquestonuovomaredetentivoilsoleerasempreacceso,duecoglioni.Tuttalagalassiaerabuia,tranneilsuomarecheerail-luminatodaunalucebluperenne,duepalle.Quellalucetagliaval’aria,precipitavanell’acquaedesplodeva inmare.Nonpotevafarealtrocherifugiarsinellagrottachevibrava.
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Evidentemente lo avevano portato in un’altra galassia. Lo ca-pivadalsole.Nell’aggregatoredimondidentroilqualeeranato,ilsoleeradiverso:erapiùlungoesottile;oraeratondo,piùpic-colo e imprigionato all’interno di una patina trasparente. Doveva esseredistantelitrielitrid’acquadacasasua,probabilmenteloavevanoportatoadovestevicinoallasuperficie.
Capirechecosafosseaccadutooraeraunaquestionepriori-taria.Ibipedianchequestavoltaciavevanomessolozampinosicuramente,neavevaavvistatiunpaioappenaloavevanorin-chiusoinquelmare.Eranostatimacabri.Dovevanoessereatrociassassini.Gliavevanogettato,quasiintesta,icorpisbriciolatidigamberetti,cozzeealtrimolluschi.Chenonfossequellalafineche avevano immaginato anche per lui? Maledetti bastardi. Come sipuòesserecosìcrudeli?
Eranoalcunigiornichesitrovavainquellanuovaedestenuan-tecondizione.Unodiqueiduebipedierarimastoasorvegliarloda vicino. Più e più volte lo aveva rivisto. Raramente si allontana-va lasciandolo libero di muoversi senza preoccupazioni. Avevavistoaltribipediquandoeraacasasua,maeranodiver-
si,menocruenti.Probabilmenteilsuomareprecedentedovevaesserevicinoaqualcheinsediamentodiquestiesseriomagarierasulla via delle migrazioni. Li aveva visti talmente da vicino che avevaimparatoaconoscerelelororealisembianze:occhisferici,fronti largheemusostretto.Piùsiavvicinavanopiùdiventanobrutti.Nessunodiessiperòavevamai invaso il suo territorio,eranosemprerimastialdifuorideiconfiniprestabiliti.
Suo padre invece gli aveva raccontato più volte la storia del
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loroquadrisavoloediquandosieraritrovatoocchinegliocchicon un bipede invasore. Erano passati tantissimi anni e all’epoca lalorofamigliavivevaancoranelmareceleste,quelloimmensoepiùchiaro.Luinonavevamaivisto ilmarecelesteequandogli raccontavanodiquel luogosentivavibrare lepinne:eraunposto troppo grande e anche solo ad immaginarlo aveva paura di perdercisidentro.Laquadrisavolaeilquadrisavolovivevanoinunapiccolagrottaepresidiavanoilrecintodellalorotranquillità:l’unacuravaipesciolini,l’altroandavaognigiornoafaticarepersfamarelenumerosebocchechecomponevanolafamiglia.Ilsuoantenato,ungiorno,duranteunadellesuesolitebattute
di caccia, notò qualcosa di strano al confine delmare celeste:qualcosachegalleggiavatraiduemondi.Incuriositosiavvicinòilpiùpossibile.Pinnatadopopinnataarrivòapochissimimetridagliinvasori.Rimaseincantatodallalucedelsole,moltopiùlu-minosarispettoacomelapercepivadallasuagrotta,sidimenticòdegli invasori e del pericolo. Guardava in su con gli stessi occhi diquando,ancoraPescePallina,avevavistoper laprimavoltailbattelloarrugginitoinfondoalmare.Quellanaveeral’unicaprova della vittoria di centinaia di anni prima del mondo ittico controquellobipede.Assortonellabellezzadiquellaluce,ilsuoquadrisavolo,nonsireseminimamentecontodelsopraggiunge-rediunbipedepinnatoche,impugnandounatrappolaperpesci,lo stavapercatturare.Fucosì chevennedeportatoechenonvide mai più la sua dolce pesciolina.
Fu in quelmomento che per la sua famiglia iniziò l’eternopellegrinaggiolontanodalmareceleste.Tuttinacqueroinmaripiccoli,luoghiibridieconfinatistrangolatidallaconfusioneedalrumore.Qualcunovirestòimprigionatoanchepertuttalavita.Altriinvecefuronodeportati.
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Finoaquelgiornolasuafamigliaiproblemipiùgrossiliave-vaavuticonun’altrarazzaancorapiùferocedeibipedi.Luieraancoraunpesciolinopallina.Ilpadrecometuttelemattine,ap-penasiaccendevailsole,uscivadallagrottaincercadiqualcosapercolazione.Anchequelgiorno,pochiistantiprimadell’alba,arrivòilsolitobipede:ilsolesorseneltempodiunclickecomin-ciaronoapioverecozzedalcielo.Suopadresifiondòcomeunfulminesullepredeeleportòunaadunaall’internodellatanadifamiglia.Anchequelgiornotuttiquantiavrebberopotutogusta-re la colazione. Quellamattina però, finito di rosicchiare, il prode genitore
mise ilmuso fuori dalla grotta: una sgranchita alle pinne, dueboccatedibollicinedinascostodallacompagna,qualchechiac-chiera con gli altri maschi del mare e uno sguardo agli altri mon-dicheeranopartedell’aggregatore.C’erailmondodeipennuti,piumatidiognicolore,prontiacinguettarealsorgeredelsoleeasmetterealcalaredelletenebre;poic’eranoletartarughe,im-mensamentegrandi,diffidentieatrattistupide.Qualcunomor-moravachenelmarecelestefosseroancorapiùgrandi.Adoravaguardareiroditori:nonstavanomaifermi,sempreacorrere,gi-rare,mangiare.Poic’eranoiviziati,icani:ipiùamatiecoccolatidaibipedi,eranosempreallorofianco.Ognimondoeraseparatodaglialtri,traicomponentidiognunodiessituttofilavaliscio,c’erapace.Perunsolomondononvalevaquestastraordinariaenaturale separazione.
Solamente un lucchetto non scattò. Le due dita del bipedecustodedeiconfininonfeceropressionesuunsolo lucchetto,maquelladistrazioneperpocononcancellò la storia interadiunagenerazione.La serratura aperta eraquelladelleportedel
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mondo dei gatti: creature pericolose e ambigue. Carine e tenere conibipedi;ferociconipesci,gliuccellieiroditori.
Tutto avvenne in un brevissimo attimo. Suo padre stava discu-tendoconalcunivicinidiquantofossefreddal’acquadelmare,daanniletemperaturenoneranocosìbasse.Soprattuttoinquellastagione.IlPescePallanuovo,quelloesploratorecheeraarrivatorelativamentedapocotempo,glistavaraccontandodiquellavol-ta che un suo compagno di viaggio era andato a sbattere contro un cumulo di ghiaccio nel mare del nord. Cominciarono a ridere acrepapelletantochelasuapescepallina,intentaasistemarelagrottadopolanotte,lanciòunurloammonitoreinducendoilpa-dreavoltarsiversocasaperrisponderle.Lastizzadellafemminasalvòlavitaatuttiimaschidelmare.Istintivamentesollevòlosguardoversoilcieloevideunazam-
pa pelosa arrivare con forza nella sua direzione. Si scansò. Sigonfiòdicolpoepoisisgonfiòinunsecondo.Glialtrimaschiimpiegaronoqualchesecondopercomprenderecosastessesuc-cedendo e poi si lanciarono ognuno dentro la propria grotta. Allostessomodofecesuopadre.
Diquelmomentosiricordavasoloilbaccano.Ilpadredentrolagrotta,lamadresenzarespiro,ifratellinianascondersisottolealgheelui,quattoquatto,aguardarefuoridallafessura.Ilgattocheperdeval’equilibrioesischiantavaperterra,poiunoscattofurentefinoasottounoscaffaleinmetallo.Ilbipederuggenteconun’astainmanochecercavadibastonareilfelino,sicatapul-tòsulgattoelorinchiusenuovamentedentroilsuomondo.
Aveva vissuto in quell’universo aggregatore dimondi diffe-rentifinoapocheoreprima.Guardavaconodioilbipedechelostavasorvegliandoepensavaallasuapesciolinapallina:aquanto
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erabuffaquandosigonfiavaarrabbiataegalleggiavacomeunpallonevoltandogli lepinne;aquellavoltache,aspracomeunlimone,loavevapunto;diquandoavevamandatoaquelpaeseunafemminadibipede.
Si trovava prigioniero di una galera? Quale bestiale reato gli
imputavano per meritarsi la galera? Quando era stato rapito? Era confuso.Cercavadiricordare,manonriusciva.Oppurechefossearrivatalatantoattesaapocalisse?Chesifosserealizzatalaprofe-ziadelPescePallasuperiore?Cheluifossel’unicosuperstitedellafinedelmondo?Sarebbetoccatoaluiilcompitodiripopolareimarideivarimondi?Ecomeavrebbefattosenzanemmenounacompagna? Sarebbe arrivato il Pesce Palla supremo in suo soc-corsoformandounanuovapesciolinapallinadaunasualisca?Secosìdovevaessereavrebbevolutochealmenoquestanuovacompagna assomigliasse un po’ al suo amore.
Infacciaavevapelicomeigatti.Lesuegambeeranocoperteda una custodia colorata come il cobalto. Quella custodia era sempre uguale. Il bipede era mutevole. La parte alta della sua vita era di un’altra pelle che ogni giorno cambiava: dal colore dei po-modoridimare,aquellodellealghe,poilatonalitàdellabarrieracorallina,maancheleombredicuisonoformatigliabissi.Avevail dono dei rettili.
Quell’essere viveva con il giorno. Quando era buio si avvol-gevainfittimantidentroiqualisinascondeva.DalsuomondotuttoazzurroilPescePallacercavadistudiarequellocheeradi-ventato il suo principale nemico. Osservava ogni sua mossa sin dal mattino. Spesso il bipede stava lontana dalla portata della sua vista,eracomesesinascondesse.Avolteperlunghiperiodidi
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tempononavevatracciadelcustode:nonlovedeva,nonlosen-tiva e non sentiva il suo odore. Sapeva solo che più volte durante lagiornataentravadentrounforocheeratappatodaunpezzodilegno.Quelbipedepassavainterminabilioredentroquelbucoeneuscivafuorisemprecondelcibo.
Ilsuonemico,ilsuocustodepassavalamaggiorpartedeltem-po a giocare con un marchingegno strano che era di gran lunga il suopreferito.Rifugiatonellasuatanabattevaconleditasuquelgiocattolo scuro che si illuminava ogni volta che apriva il guscio. Sembravaunacozza,solochenonavevainmezzolacarne:erauna cozza di solo guscio.
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14. TUTTOSITRASFORMA
L’attimopiù difficile da raccontare è quello dell’attesa.Unafrazionedisecondoouninsiemedisettimanechepuòcambiareil senso delle cose o il corso delle vicende. Lo spazio tra l’idea e l’azionenelqualenon sipuò fare altro cheosservare enontoccare.Guardarsi attorno emeditare.Cristo aspettò trentatréanni prima di essere messo al palo dal popolo che era venuto a redimereemaiglipassòperlatestadicambiareidea.
Quandoentròdentro lovideadistanzadiduemilaannian-corasuquelpezzodilegnoalfondodell’enormesala.Amavalechiese,manonlareligione.Eral’atmosferaquellachecontava.Entravadentro,sisedevaalfondoeguardava.Eralaprimavoltachemettevapiede inquellachiesa: facevanosolofunerali,maiunmatrimonio.Acolpirlofulaprospettivaconlaqualeavevanosistematolacroceedildipinto:ungiocoquasitridimensionale.SembravacheilCristosulleassiincrociatesfondasseilconfinedell’opera: a destra c’era il soldato romano che per primo rico-nobbecheGesùfosseilfigliodiDio,alsuofiancounangelo;asinistra c’erano Maria e Giuseppe; in alto un tripudio di creature in trepidante attesa. Sisedettesuunaseggiolainlegno.Fuavvoltodaunamantella
difreddo.Laluceerapoca:soloaibordidellastanzavieranodel-
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lecandele,ilrestolofacevanoifinestronicheeranoinaltosottoilsoffitto.Vieranoduefiledipancheinlegnocheformavanoun largo corridoio centrale ed in ognuna vi erano due libri dalla copertina rossa: erano i canti.
Quasi davanti al Cristo una donna era inginocchiata con le manigiunteepregava.L’avevavistaentrarequalchesecondopri-ma di lui. Con lo sguardo l’aveva osservata mentre cercava un postoasederesopraunadellepanche.Dopoqualcheminutosiera alzata e posta sull’inginocchiatoio. Aveva i capelli lisci e bian-chi. Avvolta in un cappotto marroncino parlava con il Signore contuttal’intensitàchepotesseusciredalsuoesilecorpo.Unagiovanecoppiadiragazzieraunpaiodifiledavantialui.
Lei aveva i capelli rossi e lisci. Discutevano. Sussurravano parole. Glifecerotenerezzaepensòchesudiloroavrebbepotutoscri-vereunracconto,probabilmenteinun’altravitaloavrebbefatto.Ilpreteerainsacrestia,sistavapreparandoperlamessa.Ave-
vavistodisfuggital’altofunzionarioterrenodellastruttura:eraunuomobassoemoltomagro,portavagliocchialiederaingob-bitodall’età.Indossavaungiacconescuroperripararsidalfreddoed era in compagnia di un uomo di colore.
NoneraentratoinquellachiesaperritrovaresestessooperfarepaceconilSignore.CredevainDio,malofacevaamodosuo. Non credeva che esistesse un uomo barbuto pronto a de-cidere dall’alto dei cieli del futuro di ognuno.Qualche giornoprimaunconoscentegliavevaraccontatodiquandounuomodurante un viaggio in treno gli aveva rivelato di aver incontrato la Madonna: “Un tipo anche lucido. Uno a posto. Prima che mi dicesse della Madonna non mi era mica passato per la testa che fossefuori”.
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“Echecosanesaitu?”-domandò,infondomagariinqualchemodo quello laMadonna l’aveva vista veramente.Non quellavera,maquellainsognoperchéno.Micatutteleanimepossonoessere accolte in Paradiso dalla Madonna in persona. E se poi in-vecelaMadonnafosseveramentedentroilsognodiquell’uomo?Fuinmezzoaquelpensierochesiresecontocheanchesecifossestataluinonl’avrebbemaivistaperchénonavrebbepotutomai ambire al perdono del Signore.
Ilsuononsarebbestatounattimodidebolezza,mailcapoli-nea di un lungo viaggio. Persino Giuda Iscariota si sarebbe potu-to appellare al momentaneo sbandamento se gli avessero abbuo-nato il tradimento contro Gesù. Il traditore dopo aver venduto il figliodelSignorepresodallosconfortosiimpiccòadunalbero,mafuanchetravoltodaglieventi.Lacena,itrentadenari,ilcantodelgallo,iromanichearrestaronoilCristo.Infondocommiseunerrore,grave,manecessarioperchésenzanoncisarebbestatoil riscattodalpeccatooriginale. Inqualchemodo fu indotto afarloesenonfossestatoluiatradire,sarebbestatoqualcunaltro.Futravoltodaqueipensieri.
ChifuatrovareGiudaimpiccatoall’albero?Chilotirògiùelopoggiòdelicatamenteaterra?Chiorganizzòilsuofuneraleedinquantiviandarono?Chiraccolselemonetecheavevagettatoneltempiounavoltaresosicontodell’errorecommesso?Morìsolo,senza la grazia di nessuno. Anche lui sarebbe morto in solitudine.
Alsuofuneralenoncisarebbestatalaressa.Forsesarebbean-datoqualcheparente.Erastatounmaestronelcrearsiunrecintodiprotezioneinvalicabile.Alcuniamici,reducideiricordifelicidellagioventù,sisarebberoritrovatidavantialcimitero.Nessuna
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funzione in chiesa, nessun prete a raccontare di quanto fossebravo,attentoegeneroso.Itacchiinlegnodellescarpeelegantinonavrebberomarciatoper lacittà incorteo,masisarebberosporcatidelfangodelMonumentalediTorino.Traalberi,ghiaiae angeli in pietra in un angolo vi sarebbe stata una piccola lapide in marmo bianco. “Polvere eravate e polvere tornerete” gli ave-vanoinsegnatoquandoerapiccolo.Noncredevanellareincar-nazioneeneppurenelparadisoonelpurgatorio.Credevachegiàquestavita fosseunvero inferno.Eraaffascinatodalpensierochelesuecarniconiltempopotesserofondersiconlaterraediventareconcimeperpiante,fiorioerbacce:quellasarebbestatala sua reincarnazione.
Lentamente il suo corpo rinchiuso dentro una cassa di legno sarebbestatodepositatosulfondodellabuca.Qualcunoavrebbelanciatol’ultimarosarossasopralabaraprimachefossegetta-to il primo pugno di terra. Un pugno dopo l’altro lo avrebbero copertoerinchiusofinoalpuntoincuiillimitedellafossafossecoinciso con l’iniziodella superficie. Inquelpreciso istante incui lasuavitaterrenafinivasarebbeiniziatoilsuoprocessodirinascita attraverso la decomposizione.
Aveva bene impresse in mente le mattonelle bianche e rettan-golari che coprivano il bancone del laboratorio di chimica della sua scuola. Ifinestronichedavanosulparcheggiodell’istituto.L’insegnantebasso,ricciolinoeconibaffi.Quelprincipiodicon-servazione,“nullasicreaenullasidistrugge,matuttositrasfor-ma”,diLavoisiercheeravalidoperognicosa.Tuttositrasforma:l’amoreinodiooabitudine;l’odioinossessioneoindifferenza;l’abitudineinaffettoorepulsione.Cosìluisisarebbetrasformatodauomoinconcime,poiinerba,infiore,inpolline,inalbero,in
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brucoedinfarfalla.Lasuavitanonsarebbemaifinita.
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15. IO LO AMMAZZO
Era mostruoso. Quel bipede era la cosa più raccapricciante cheavessevistoinvitasua.Nonavevacontegno,nonavevaele-ganza, non aveva riserbo, non avevapudore. Sempre la stessascena, ognimattina lo stesso desolante e scabroso spettacolo:quelcososuduezampesialzavadalsuomassospugnosoepas-sava nudodavanti al suomare tenendo in bellamostra quellacosapenzolantedallaqualesputavaacqua.Minchiachebaccano.Anchequandopisciavafacevabaccano.
Per il suo aguzzino ogni giorno cominciava sempre nello stes-so modo: era di una monotonia tale che il Pesce Palla sarebbe stato ingradodi inanellare l’ordineperfettodiognisuomovi-mentogiàdopounpaiodigiornidiprigionia.Laprimacosachecercavaeral’acqua.Quandosisvegliavalaprimacosachevolevaeral’acqua.L’unicaimprovvisazionecheilbipedesiconcedevaeralapisciata:avolteprima,avoltedopoilprimosorsodiacqua.
Acqua,doccia,faccia;tazzina,zucchero,caffé;sigaretta,gior-nale,defecata;strada,bar,ilsolito;spesa,mozzarelle,spinacine;sigaretta,accendino,boccata;suola,cenere,tabacco;casa,cena,telegiornale. Quell’essere era prigioniero delle consuetudini. Azioniequivalentiadanellidiunacatenadipaura.
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Il bipede conosceva benissimo il territorio che aveva deciso dioccupare,sidissetavaesibagnavainunasorgentesituatadifrontealsuomare.Vieraunaroccialucidadallaqualeconungestomagicoriuscivaafareuscireacquaunpo’comequandoilSignoreordinòaMosèdiandaresuunmonteeimporreallarocciadisgorgare.Mosèdovettebattereconilsuobastoneunmassoperduevolte,albipedebastòsollevareunalevetta.
Ognimattinaunacozza.Avolteeragiàsveglio,ilPescePalla,altrevolteinveceeraancorarinchiusonellasuagrotta,maognimattinailbipedesacrificavaunacozzaall’internodelsuomare.Lui,conprontezzaeattentoanonfarsicatturare,laportavanellasua tana per rosicchiarla lentamente. Quando al sorgere del sole aprivagliocchiprimadelritosacrificaleriuscivaadassistereallacerimonia in tutta la sua maestosa interezza. Quando invece il sacrificioavvenivaneglistessiattimiincuiluieraintentoador-mire,nesentivasolamenteglieffettidevastantisulsuomondo.
Assistere al passaggio di una creatura da un mondo ad un al-tro:eccocosaerailritosacrificale.Lavittimasuperavaiconfinidella terra e dell’aria per essere sommersa tra le sacche del mon-do marino. Il bipede teneva le cozze in un masso bianco dalla formarettangolare:aprivailgusciodelmassoedaessospuntavaun leggerobagliore che svaniva soloquando lo chiudeva.Eracomel’ostricacheproteggealsuointernounaperla,quandosiapre irradia il bagliore del tesoro che nasconde tutto intorno ad essa. Inquell’enormemassobiancocustodiva lecozzecherapiva
neivarimondichetenevasottoilsuogiogoequandoleliberavalegettavanelmaredelPescePalla.Lofacevaconrabbia.Nonle
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lasciavasolamentecadereoscivolareinacqua,malegettavacontuttalasuaforza.Lecozzesiadagiavanonellasabbiadelfondale.Il pesce killer rimaneva nascosto all’interno delle rocce ricoper-tedialghefinoachenonvedevachel’esseresieraallontanatoe solamente a quel punto usciva, nuotava fino alla sua preda,l’afferravaconidentielatrascinavanelsuonascondiglio.Do-veva usare prudenza. Non doveva commettere alcun errore che svelassealbipedeilsuorifugio.Nonvolevadiventareunapredatroppofaciledacatturare.
Ilfascinodiquelsacrificioerachegiungevadirettamentedalcielo,comelamannachecaddeinsoccorsodelpopolodiIsraeleduranteilpellegrinaggioneldeserto:esequelbipedeinvecediunnemicofosseunacreaturadivina?Ilgestoeravirile:conlacozzainunamanosiavvicinavaalconfinedeiduemondielascagliavaversoilfondodelmare.Lapotenzaeranecessariaperinfrangereilconfinetraariaeacqua.IlPescePallaeraincuriositoeaffascinatodaquellatragicasorte:malacozzaalmomentodelsacrificioeravivaomorta?Qualesaràstatoilsuoultimopen-siero? Prima di essere catturata in che mondo viveva? Quando il bipede le aveva cacciate?
Sulfondodellagrottac’eraquelcherestavadiqueigrossigu-sci neri rosicchiati.Era conciatamale, la prima era quella cheavevasubitolasortepeggiore.Vittimadifame,rabbia,rancoreerimorso.Sieraabbattutosudiessaconlefaucivoracichesaavere solo chi non mangia da talmente tanto tempo da non riu-scire a mostrare più rispetto per la vita che ha tra i denti. Rosic-chiavaquelgusciocomeseogniaffondodellesuefauciandasseaconficcarsidentrolacarnedelsuorapitore.Strattonavaquellacozzaconlastessaforzaconlaqualeavrebbepercossochinon
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sierasovrapposto tra luie lasuasortemaledettaavvisandolo,mettendoloinguardia,difendendolo.Icrampilovincevanoper-chésisentivaimpotenteeinutile,nonerastatoabbastanzafortedarimanerealsuopostofinoaquandosarebbestatonecessario.Erasoloinquelmare.Nonavevapiùnessuno.Loavevanoco-
strettoallasolitudine,all’esilioforzato.Nonsivolevarassegnare,nonvolevamorire.Lasolitudineglifacevapaura.Dovevarosic-chiare, rosicchiare e rosicchiare.Queiguscidi cozzepotevanoessere la sua salvezza. Non sarebbe diventato un mostro. Non avrebbepermessoaqueidentidiprendereilsopravventosulsuocorpo e sulla sua mente.
Quando le cozze impattavanocon l’acqua si formava comeunasaccavuotaall’internodelmare,nellaqualeessesiinfilavanoprimadisbatteresulfondale.Ilcaosduravapochissimisecondi.Tuttopoitornavaallanormalità.Eracomequandoilfelinoave-vatentatodiinvadereilmondonelqualevivevaconsuopadre:unpugnodurocheimpattavacontrounasuperficiescomposta.Ricordava il fracassochequellazampa feceall’internodel suomondo.Irumoridiventaronoperqualchefrazionedisecondoirriconoscibili e mischiati tra di loro. Le bolle vagavano per il marecomequandoimpattanoviolentementecontrounoscoglioocomequandosiformanoletempeste.Gliavevanoraccontatodiquandoilmare,quelloceleste,diventagrosso,cattivoel’unicacosadafareèrifugiarsiinunagrottapernoncorrereilpericolodidisperdersiprigionieridellacorrente.ÈilmareilveroDio,èlui che comanda.
Il Pesce Palla passava le sue giornate a studiare il suo custode. Volevascoprireognicosadilui,capirequalifosseroisuoipuntideboliecomefareperscapparedaquelmondo.Luivolevafug-
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gire. Voleva tornare a casa. Voleva rivedere la sua pesciolina.
Come uno stratega delle truppe ittiche di liberazione dei mari studiavalastrategiaperlafugadaquelmondo.Civolevaunpia-noedovevaessereperfettoperchénonsipotevapermetteredicommettere alcun errore. Era consapevole che avrebbe avuto a disposizioneunasolapossibilitàperevadere,nonavrebbeavutouna seconda chance se non avesse giocato la partita al meglio dellesuepossibilità.Chelasuaprigioniafossedovutaadunapunizione,allafine
del mondo o alla colonizzazione del suo mare da parte di una razzaaliena,avrebbedovutoassolutamentetrovareunasoluzio-ne.Tratuttelepossibilitàperòunaeraquellochevalutavapiùverosimile: doveva trattarsi di un rapimento. Non poteva esserci alcunaaltraspiegazione.Giàaltrisuoicompagnieranoscompar-sidalmondonelqualevivevanotuttiinsieme:pescichedalmat-tinoallaserasparivanoedeiqualinonvierastatamaipiùtraccia.Pescichenessunoavrebbemaipiùvistoedeiqualinessunoebbepiù alcuna notizia. Stavacercandodiaffidarsiallalogicaperdecifrareunmistero
del quale era il principale protagonista.Ora sapeva che i suoicompagni scomparsi erano stati deportati dal loro mare: doveva scoprireperqualedannataragioneeperchéfossegiuntoancheil suo momento. Studiaval’avversarioeancheilterrenosulqualeavrebbedo-
vutocombattere.Individuavaipuntidiforzadellasuaprigioneequellisuiqualiavrebbepotutocercarediesercitareunapressioneperraggiungerelalibertà.
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16. FUGGIREÈCOMEMORIRE
Infondoallaviadicasasua,dopol’incrociodellascuolaele-mentare,c’eraunparcheggio.Erapropriodavantiallapanette-rianellaquale suononnogli comprava la focacciadamangia-renell’intervallo a scuolaquandoerapiccino. Inquello stessoparcheggioaveva fuso l’autoradio il giornostesso incui avevaritiratolasuaprimaautomobiledalconcessionario.Anchequelgiornononvi eraunposto libero,quasi tutti gli spazi traccia-tisull’asfaltoeranooccupatidalleautomobilideiresidentidellazona.Lasuaattenzioneperòfuattrattadaunfurgoncinocheeraalfondodelparcheggio.
Si trattava di un vecchio modello della Volkswagen, era diquellichenegliannisessantautilizzavanoglihippiepervincerelalororivoluzioneculturale.Laprimachevidefuunaragazza,bellissima: aveva gli occhi da cerbiatta e le labbra carnose. Il suo seno,nascostosottounmaglioncinodicotoneviola,eramorbi-doegeneroso.Icapellieranomossi,maliavevaraccoltilungodue trecce che le cadevano sulle spalle. Aveva un sorriso malizio-so che le donava una lucentezza straordinaria.
Fu qualchemomento dopo che vide il suo vicino dai rastapotenti.Era luichestavaparlandoconquellasplendidaragaz-
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za.Eradavanti al cofanodel furgonechecontrollava il livellodell’olio,dopoavrebbeaggiuntounpo’d’acquaeavrebbefattoilpieno.Sorpreso,rallentòvistosamenteilpasso.L’amico,intentonellarevisionedelmezzo,lovideeconunampiogestodelbrac-ciolosalutòegliindicòdiavvicinarsi.
Il vicino dai rasta potenti prese uno straccio che aveva poggia-tosullabatteriadelfurgoneecominciòapulirsilemani.Avevauno strano sorriso in volto. Sembrava sereno come mai non lo avevavistoprima.L’amicocominciòaraccontare:“Matul’haimai visto SantaMaradona?”. “No,cherobaé?”-rispose.“E’bello.E’ambientatoaTorino.E’unfilm.Lohascrittola
miaprofessoressadiSemioticadelTestodell’università”“Equindi?”-domandòaccendendosiunasigaretta,adessoera
curioso di capire dove volesse arrivare il suo amico. “Racconta della storia di due amici. Due laureati che non tro-
vanolavoro.Unofacolloquiel’altrocazzeggiaallagrande.To-rinoèbellissimainquelfilm.Tièmaicapitatodivedereunfilmambientatonellatuacittà?”“Sì,èstrano”“Comunquepoiunodeiduesiinnamoradiunatipaspagno-
la..” - si interruppe inmodo brusco, arricciò le sopracciglia econtinuò-“..ahno,quelloèAndata+Ritorno.InSantaMarado-nalatipaètorinese,fal’attrice.Inizianounastoriaepoisuccedeun casino”. “Equindi?”-ri-domandòancorapiùincuriositoeancheun
po’infastidito,nonglipiacevanoidiscorsisenzacapoecoda.“Vabeh..lastorianellospecificonontelaraccontochema-
gariungiornotiprendeiltripetelovuoivedere..”-allungòlamano,sifecedarelasigarettaefeceduenote-“Comunquealla
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fine si vedeunfilmnelfilm.UnvecchioWestern: iduecow-boy sono nel bel mezzo di una sparatoria e sono alle corde. La situazioneèdiquellechetifannovenireunpo’distrizzanellemutande,nonhannotroppepossibilitàdicavarsela.Siamoallaresadeiconti:devonouscirealloscoperto,probabilmentesaràl’ultimacosachefarannonellalorovita.Decidonodipartireperl’Australia.Noncredochel’avrannomaifatto”.“Equindi?”-domandòperlaterzavolta.“EquindivadoinAustralia”-dissespezzandol’aria.Unafra-
se,unaconfessione,diunaviolenzainaudita.“EcivaiconunfurgoneinAustralia?”“Abbiamo intenzione di prendercela con un po’ di calma.. In-
tantopartiamoioelei”-epuntòilditoversolasplendidaragazzacheavevavistoprima-“Stradafacendodovremmoraccattareingiroancoraqualcuno.Abbiamoungancioconunpaiodiperso-neinFrancia.InAustraliaciarriveremo,magarinonsubito,maciarriveremo.QuandosaròaSidneytimanderòunacartolina”.
Non gli aveva chiesto neppure perché avesse deciso di andar-seneviadall’oggialdomaniecomeavevaconosciutoquellafem-mina.Abbandonaretutto:illavoro,lacasa,leamicizie,lafami-glia,leabitudini,ilcafféalbarlamattina,unlettomorbido,queltot di donne che ogni tanto abbracciava sotto le lenzuola. Era affascinatodalcoraggioconilqualetuttaunavitasipuòmetteredi lato senza alcun rimorso o salvagente.
Ilsuoamicostavascappando?Scappareèunpo’comesuici-darsi?Andaredaun’altrapartepercercarequellesoddisfazionichenonsi trovanoacasapropriaèunpo’comemangiareunpiattodiPescePalla?Epoiscapparedacosa?Dalleinsoddisfa-zioni odalle proprie responsabilità? Scapparedaunadonna e
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daunastoriachefiniscemale?Scapparedaunapromozionesullavorochenonarriva?LodicevabeneFreccia:“scapparedaunpaesinodiventimilaanimeèunpo’comescapparedasestessi”.
Quella sera riprese in mano le bozze del suo bigliettino di ad-dio.Rilessegliappunticheinqueigiorniavevascritto.Nonglieramaipiaciutalasuacalligrafiaancheperchénonavevarealmentemaicapitoqualefossequellavera:avoltelelettereeranotondeelarghe,altrevoltestretteelunghe.Laverascritturadipendedallapenna:seiltrattoèmorbidoeilpolsoèliberolamanocomponeinpienaautonomia.L’inchiostrodevescivolarecomel’acquadiunfiumeelapuntadalqualeescedeveesserecomeillettopulito.
Stracciòlebozze,calpestògliappuntiesirifugiòalfreddosulbalcone.Mai comequella sera si resecontodi sentirsi solo. Ilsenso di vuoto che percepiva gli riempiva lo stomaco. Quel che aveva perso lo aveva sostituito con la rabbia.
“Sarebbebello ritrovarsi inuncaffè letterarioa leggereunastoriaincresciosaimmaginandodisfiorarsi”-esesifosserolimi-tatiadunincontroinunalibreriaeadunasfrenatanottedisessoforsesarebbestatomeglio.Inveceno,aquelbigliettinoscrittoinpuntadicalamaioseguìilcorteggiamentoepoil’amore.Ahl’amore.Èsemprecolpadell’amore:ticonquista,titravolge,tifasognare e ti incasina la vita.
Forsenelsuoultimocapolavoroavrebbedovutoscrivereque-sto.Pocheparole:“ètuttacolpadell’amore”.Moltoermetico.Leanziane signore dei salotti buoni di Torino sarebbero diventate matte. I topi che portavano sulle spalle si sarebbero svegliati. Al Circolo dei lettori avrebbero organizzato reading delle sue opere.
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L’assessore avrebbe sganciato i soldi per indire un concorso a suo nome. Giovani scrittori torinesi si sarebbero ispirati a lui che perònonavrebbegodutodinulladituttoquesto.
“Ètuttacolpadell’amore..hascritto..Capisce?”-vedevagiàl’anziana vicina del piano di sotto che con una fortissima ca-denza pugliese rivelava al sadico giornalista le sue ultime parole riportate su carta gialla invecchiata.L’indomanisulquotidianodellacittàasettecolonneiltitolo
sarebbe stato: “Che volto ha l’amore colpevole?”. Una pagina interariccadifotoperspiegarecomequestasicuramentegiova-ne promessa della letteratura italiana si era tolta la vita lasciando soloquellepocheparoleatentaredispiegareilgesto.
Nei giorni successivi il cronista, un uomo sulla cinquantinaconicapelligrigi,ilsigaroel’ariadaborgheseavrebbecontinua-to ad aggirarsi dalle parti di casa sua raccontando ogni singolo particolare e accrescendo il suo mito.Truppedigiornalistiavrebberopiazzatoifurgoniconlepa-
rabole nel parcheggio del suo palazzo. Avrebbero messo sotto torchio lasuavicinaanziana,semprequelladelpianodisotto:“Avevamaisospettatocheilragazzoavessemaniesuicidadique-sto genere?”
“Mah.. io non escluderei la via dell’intossicazione” - avrebbe risposto la vecchietta.
“Laviadell’intossicazione!”-vedevagiàlacopertinadellibrodelfamosogiornalistadellaretepubblica:sfondoblu,scrittainbianco. Avrebbe venduto milioni di copie. Il suo caso sarebbe diventatoquellodell’anno.
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Ladomenicapomeriggio invecesarebbestata lavoltadi lei,il volto dell’amore colpevole. Dopo mesi di ricerche e discus-sioni la sua amante si sarebbe fatta avanti e avrebbe accettatoun’intervista sull’emittente privata nazionale. Con la conduttrice avrebberipercorsoletappedel loroamorefinoallacrisieallaseparazione.Tutte cazzateovviamente.Equinel suo fantasti-care cominciava anche a rodere. Non avrebbe mai e poi mai vo-lutoconcederleunavetrinatantoimportantecomequelladelladomenica pomeriggio nella prima emittente privata nazionale. Anche perché alla comparsata e intervista sarebbe seguita una carrieralampoperleieallafineavrebbeoscuratoilsuotalentodi scrittore deceduto.
No,“E’tuttacolpadell’amore”nonandavabene.Enocavolo,questastoriadellaribaltarubatalofacevaimbestialire.Altrocheamore: “era tutta colpa della....” - ma meglio non pensarci. E in-vecesìchedovevapensarci:micaavrebbepotutopermetterechedopotuttolosforzochestavafacendo,compresomorire,fosse-roglialtriaguadagnarci!Lavedevagià:conilsenopush-uppatoe con una scollatura da vertigine avvolta in un abitino di cotone rosa e stretto; capelli raccolti in coda; rossetto rosso e mascara da paura. Un calciatore non ci avrebbe messo nulla a puntar-la. Il procuratore del calciatore milionario avrebbe combinato ilfidanzamento, iservizifotografici, leospitatedellacoppia intelevisioneeviadicendofinoallarottura.Leisarebbediventataun’attricedifictionepoidopoqualcheannosisarebbelimitataaqualchepresenzaoccasionalecomeopinionistafrivola.Magarileavrebberooffertodipartecipareaunrealityshow,piùlacasadel“GrandeFratello”che“L’Isoladeifamosi”.Unsuccessoenor-me tessuto grazie a lui che era tre metri sotto terra.
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17. IL SALTO NEL VUOTO
Mangia oggi che rimangi domani il Pesce Palla era diventato un vero e proprio ciccione. Tondo e pieno di carne stava assu-mendoicontornidelkillerperfetto.L’aspirantesuicidafornivacozzeinquantitàedilpesciolinorosicchiava,mangiavaestudia-va il suo nemico. Ormai era tanto che si trovava prigioniero di quelmareeilsuounicoobiettivoeral’evasione.Nonerafacileperò,anzilasituazioneavevaiconnotatidell’impresaimpossibi-le. Si rendeva conto che il suo mondo non era compatibile con quellodimezzonelqualesarebbedovutonecessariamentepas-sarepertornaredallasuafamiglia.Serealmentelasuaintenzioneeraquelladifuggireavrebbedovutotrovareilmododifarefuoriilsuorapitore,sommergereilmondodimezzodiacquaeritro-varelastradadicasa.Primopassoobbligatoriodellasuadifficileimpresaversolalibertàeral’eliminazionedelbipede.
Ilterrenosulqualeavrebbedovutocombatterelabattaglialoconosceva abbastanza bene. La strategia avrebbe dovuto consi-deraretrelivellidimovimento:ilsuomare,ilmondodimezzoelagalassiadentrolaqualeentravaspessoquell’essereripugnante.
La battaglia più complessa l’avrebbe dovuta combattere den-troilsuomare.L’attaccodecisivol’avrebbedovutosferraresulsuoterrenopreferito:l’acqua.Avrebbeavutoadisposizioneuna
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solapossibilità,seavessesbagliatoilsuopianosarebbeandatoinfrantumipersempre,masisarebbepotutorifugiarenellasuagrotta dove mai e poi mai il suo rapitore lo avrebbe potuto cattu-rareeuccidere.Dovevasolocapirecomefareaucciderlo.Unavoltafattofuoriilbipedeavrebbetentatolafugagiocan-
dosi il tutto per tutto anche se con il vantaggio di non avere più alcunafrettavistocheerarimastosoloinquell’universo.Avreb-betentatounsaltocomeavevavistofareadaltripesciinmarivicino alla sua casa precedente. Non era un numero che aveva nellesuecorde,madiversamentenonavrebbepotutofare.Infine avrebbe dovuto tentare l’avventura più pericolosa di
tutta la sua vita: sarebbe dovuto andare alla scoperta di un mon-dochenonavevalapiùpallidaideadicomefosseedacosafossecomposto.Se fosseriuscitoa tornareacasasarebbediventatol’eroe di tutti i mondi del mondo. Doveva mettersi all’opera. Un passoallavoltaavrebbefattotutto.
Arrotolato all’interno della sua grotta aveva studiato i punti debolidelsuonemico.Fisicamenteerapiùgrossodiluiederaanchepiùforte,madiversevolteavevadimostratosofferenzaedebolezza.IlPescePallalaluceinfondoaltunnell’avevavistaunaseraquandounaltrobipedeeragiuntoinquell’universo.
Ilsuorapitoreel’altroavevanoconfabulatopertuttalasera.Primaavevanosacrificatoinsiemedellecozzeallalorodivinitàepoi si erano adagiati su un masso spugnoso. Emettevano suoni strani:avolteeranomusicali,altrevolteeranospigolosi;avolteeranotenui,altrevolteeranostridulidiabolicioarmonici.Sem-brava che tra loro la sintonia regnasse. Erano sereni e non stava-no tramando nessun attacco e nessuna battuta di caccia. Sotto-valutavano il mondo che stava loro intorno o sopravvalutavano
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lepropriecapacità.
Dopoilsacrificioeilconseguentepastosieranomessiaos-servare un masso: era uno strumento magico che aveva una vita propria. Probabilmente era una creatura superiore. Era un masso scurochecambiavacoloreedemettevasuoni,conoscevalalorolingua perché emetteva gli stessi suoni che il pesce aveva sentito uscire dalle loro bocche. Era una creatura unica perché in grado dirapire l’attenzionedeidueperperiodi lunghissimi, lofacevacon lunghi discorsi che dovevano solamente essere ascoltati op-pureconmelodiemusicali.Lamusicacheemettevaquelladivini-tàdegliumanil’avevagiàsentitaprimadiessererapito.Somiglia-va alle melodie che in alcuni angoli remoti del mare si possono ascoltare. Suoni coinvolgenti e concilianti.
Quel masso scuro che emetteva suoni e cambiava colore aveva una supremazia sui due. Quando il masso comunicava con loro utilizzando la loro lingua dovevano solamente ascoltarlo, nonpotevanoporredomandeeancheseloavesserofattononavreb-bero ricevuto alcuna risposta. A volte i suoni emessi dal masso eranoancheseverieviolenti,ma lorononpotevanofarealtrocheascoltareeinsilenzioobbedire.Lascalagerarchicaquandoilmasso si illuminava e cominciava a parlare con loro era capovol-ta. Lui era il Dio e loro erano i sudditi.
Da dentro la grotta riusciva a vedere i due sul masso spugnoso. Ilmassomagicoeradifrontealoroeilpesceriuscivaadominaredalfondodelsuomarelascenasenzaalcunostacolo.Nonvole-valasciarenullaalcaso.Ilsuopianodovevaessereperfettoper-ché non poteva permettersi di commettere alcun errore. Anche unsolosbaglioeperluisarebbestatalafine.Ancoranonaveva
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compresoinchemodopotessefarefuoriilsuonemico.Sapevasolocheerafondamentaleucciderlo.Adargli larisposta,però,fuilmassomagico...
Il masso stava raccontando al bipede ed al suo compagno di quantofossebelloeprofondoilmare,manonquellocheave-va sempre conosciuto il Pesce Palla bensì quello che avevanovissuto e scoperto i suoi antenati prima che venissero deportati intantimaripiùpiccoli.Perunabuffaleggedeldestinolui,na-scostonellasuagrotta,stavaguardandoperlaprimavoltaquelladistesainfinitadiacquaprofondaeazzurra.Eracomesestesseguardandol’infinito:maalloraesistevaveramente?Invitasuaavolte aveva anche dubitato dei racconti che i più saggi gli ave-vanonarrato,maadessoavevalaprovacheunpostonelqualetornare c’era.
Suquelmare,daquelmasso, riusciva avederequella stessacosabizzarracheavevaingannatoilsuoquadrisavolo,solochelavedevadallaprospettivaopposta:l’unol’avevavistadalprofon-dodelleacque,luilastavavedendocomepermagiainequilibriosull’acqua.Sopradiessavieranotantibipedigioiosiefestanti.C’era il sole che illuminava l’azzurro e lo rendeva brillante. Avolteperòilmassomagicoraccontavaanchel’altromondo,
quelloaluipiùfamiliare.Vedevaalghe,rocceecaverne.Vieranopiante strane che lui non aveva mai potuto neppure toccare e le speciedipescieranomoltepiùdiquelcheluiavessemaivistotutte insieme. Sembrava bello. Ibipedivivevanoinequilibrioaldisopradelmareinserenità.
Iduemondieranoseparati,sisfioravanosolamenteesequalcheumanosiimmergevainacqualofacevasoloperqualcheistanteenonandavamaiinprofondità.
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Lapacefuinterrottadicolpo.Iversideibipedisitrasformaro-no da armoniosi in strazianti nel giro di pochissimi istanti. I loro dentisiserrarono,iloroocchisispalancarono,lelorofrontisipiegarono,ilorogestidiventaronoaffrettatieaffannati.Nonfuchiarodacosafossestataspezzatalapacefinoalmomentoincuiilmassomagicononfecevederequell’enormepescecheuscivadalprofondodelmareperavventarsisuibipedi.Eralungoquantoquellacosachegalleggiavainequilibriosul
mareesullaquale loroeranopoggiatifinoapochiminutipri-ma. La testa era enorme ed era in grado di contenere un bipede interonellasuaboccaspalancata.Isuoidentieranoaffilatielamascellaerapotente.Gliumanieranoterrorizzatidaquelpesceenorme che li aveva attaccati: loro avevano invaso il suo mare e luilipunivaunoperuno,innomedituttiipescicheibipediave-vanorapitoemagariancheucciso.Adognimorsochesferraval’acquadiventavasemprepiùscura.
Il suo bipede rapitore e il compagno rimasero seduti ad osser-varequelracconto.Cheilmassomagicoavessevolutolanciareun avvertimento al suo nemico? Oppure il messaggio era per lui? AncheilPescePallaavrebbepotutosferrareunattaccomortaleaquell’umano:avrebbepotutoattendereunmomentopropizioeconisuoidentiavrebbepotutotentaredimorderlo,sbranarlo,rosicchiarloeinfineucciderlo.Eccol’illuminazione:loavrebbeuccisoconunmorsofamelico.
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18. CON L’OLIO ALL’AGLIO
Eradiventatopropriounbelciccione.AltrochePescePalla,sembravaunosqualo.Eranomesicheognigiornoglirifilavaunpaiodicozze:unalamattinaeunalasera.Identidiquelcoso,semprepiùbrutto,eranoaffilatissimiederavoracissimo.Man-giava che faceva paura.Era stato bravo: aveva accudito il suokiller in modo meticoloso ed ora ne vedeva i risultati.
Ogni mattina alle 7.30 suonava la sveglia che lui spegneva im-mediatamente,eraunviziochesiportavadietrosindaquandoera piccino: sentirla suonare per la seconda volta gli metteva ad-dosso una carica di angoscia che poi non riusciva a togliersi per tuttalagiornata.Inmodostanco,masenzatrascinarsiscendevadallettoeandavaincucinadoveprendevadalfrigoriferolabot-tigliadell’acquachelaseraprimaavevariempitoenebuttavagiùunsorsopienochegli rinfrescava tutta lagolae labocca.Poiunavelocesciacquataallafacciaeviaarifilarelaprimacozzaaquell’obrobriodellanatura.
Avevaimmaginatopergiornateinterequelmomentomagico:ilmomentoincuiufficialmenteavrebbedecretatoilpescepron-toperesserecucinato.Quelverdettoarrivòqualcheseraprimaquandounsuovecchiocompagnodiscritturaeragiuntodisor-
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presaacasasua.Avevaunabottigliainmano,unCalusoPassitod.o.cdel2001,mezzolitro:“Perqualchegiornosonofermoincittàehopensatodivenireatrovareunvecchioamicoamantedel vino” - aveva dettoGianni quando lui gli aveva aperto laporta.
Giannierauntipostrano.Daqualcheannovivevascrivendoegirandol’Italia.Avolteviaggiavaperpresentareisuoilavori,altrevolteperscrivernedialtri.Erauntalentoinnato,avevauntoccodipennacheinpochipossedevano.Iltoccoperònonba-stasenonsihannogliocchigiusticoniqualiosservarel’univer-so che ci circonda.
“OmioDiocosacifaidaquesteparti”-risposeconungenu-inoentusiasmo-“Nonrimaneresullaporta,entra.Cosamihaiportato?”“E’unabottigliachemihannoregalatoquandohopubblicato
ilprimoromanzo,avevovogliadiberla!”-disseavanzandoperilcorridoio,maquandogiunseall’altezzadell’acquariosifermòeconstuporedisse:“Madonnaquantoègrossostocoso..chetelovuoifarealforno?”.“Nonèun’ideacheescludoapriori”-risposel’aspirantesui-
cida in modo secco e poi lo condusse in cucina.
Quella notte dopo aver salutato l’amico si mise con la sedia vicinoall’acquario,propriocome ilprimogiornoche loavevaportatoinquellacasa.Eradifficileammetterecheuntantinosieraancheaffezionatoalsuopesce.Rimaseaguardalopertantotempoepertantotempopensòacosaavevafattofinoaquelmomentoeacosaavrebbeancorapotutofarefinoall’istanteincuisisarebbetoltolavita.Cercòdiimmaginareeindividuareil
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momentoincuiilsuodestinocambiòtragittorispettoaquellodi Gianni. Anche lui aveva le carte in regola per diventare un grandescrittore.Ancheluiavrebbevolutoraccontarestorie,visi,paesaggiedemozioni.L’amicoerariuscitoarealizzareunsogno,lui no: si era perso nel momento in cui stava cominciando a salire lacollinadelsuccesso.Lavitaècondizionatadallenostrescelte.
Pensòall’indomaniquandocon la retina loavrebbepescatodall’acquario.Immaginava ilpescespegnersi lentamente inunaseriedi convulsionied infine lui che loavrebbemangiatobencotto.Unpianoperfettochenonprevedevaalcunintoppo.Sem-bravano passati solamente pochi giorni dalla sera in cui guardan-do la televisione aveva deciso di inscenare il suo suicidio culina-rio.
L’ultimanotteprimadimorireèunanotteparticolareperchéèl’ultima.Chilavivenellasuatotaleconsapevolezzaèconsciodelfattochenonvenesaràun’altra.Èduradormire.Cisirigiranelletto in continuazione. Si pensa. Si pensa. Si pensa ancora. Le ore passano e l’ultimo giorno arriva senza accorgersene. Finiscipernonchiudereocchio,cheèunpeccatoperché,es-
sendolasuaunasceltaconsapevole,forseavrebbepreferitoad-dormentarsiavvoltonelpiumonedelsuolettoefarsicullarenelmondodeisognisenzatroppifronzoli.Nulla.Passòlasuaultimanotte sveglio.
Preparòconcuralamocadelcaffèelomisesulfornelloim-mediatamente. Quella mattina non diede nulla da mangiare al PescePalla.Guardòfuoridallafinestra.Imuratorieranogiàallavoro.Levecchietteavevanogiàstesoipanni.Inegoziaveva-nogiàaperto.Sieraripropostodiandarealsupermercatopre-
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sto.VolevacucinareilPescePallasenzatroppefinezze,inmodosemplice, eper farequestodovevaper forza comprare alcunecose:unaretinadilimoni,delprezzemolo,unatestadiaglioedeipomodorini.
Una volta tornato a casa avrebbe cominciato a preparare gli ingredienti.Prendereunlimone,glialtrinovecheavetenellare-tinalibutterannocolorochevitroverannoqualchegiornodoposenzavitastesosulpavimento,etagliarloinduemetàchemet-terete a bagno nell’acqua.Tagliare a cubetti i pomodorini cheavete comprato e metterli in un contenitore. Tritare il prezzemo-lo.Prepararel’olioall’aglio:prenderel’aglioetagliarloafettinecheimmergeretenelfrullatorecondell’oliodioliva,poistartalfrullatoreel’olioèfatto.Fecetuttoquesto.L’olioavevainondatolacucinadiprofumo.Lascodellaconilimonierasultavolo.Ilpomodoroerainfrigo.NonrimanevacheprendereilPescePal-la,attenderelasuamorteecucinarlo.
Coninmanoilretinosiavvicinòlentamenteall’acquario.Era-noquelli isuoiultimitrentaoquarantapassi, il tragittoche loavrebbe condotto alla porta che da tanto tempo aveva sperato di poteraprire.Ilpesceeranascostonellagrotta,avrebbedovutofarlouscire,maquellononsarebbestatounproblema.Eranudodavantialsuonemico.Isuoiocchieranospecchiatiinquellidelduellante.Nonvieranopistoleeneppureriflessilestipersalvarela pelle.
Eraunduelloatipico.Incampononvieranolestesseforze.Ilcontenderenoneraunadonnacomeneivecchifilm.Lapolverenonerasollevatadalventoenonvieraalcunalocandanellaqua-lerifugiarsi.Eraunduellopsicologicotraluieilsuopescekiller.
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Giuntoadunpassodall’acquario,cominciòafissare l’acquaazzurra. Il braccio era diventato di colpo pesante. Sentiva che la nucastavaperesploderglidaunmomentoall’altro.Lasciòcadereil retino per terra. Si sedette in mezzo al corridoio sul pavimento gelido.Poggiòlatestacontroilmuro.Chiusegliocchielipuntòversoilsoffitto.Feceunasmorfiadidolore.Ringhiòdirabbia.Capìdinonessereingradodiuccidereneppureilsuokiller.Glisiaprìunaferitaalcentrodellostomaco.Lacasaerainvasadalprofumodell’aglio.Perqualcheoraquellasarebbestatalaprovaindelebile della sua vigliaccheria.
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19. ALLA LOTTA
Quandounpescevaallaguerranonèmaisolo.Unononèuno,matuttiinsiemesimuovonocomesefosserounosolo.Cosìperònoneraperlui.Igrandimitidellastoriaitticacheavevanoconquistatoleestremitàdelmareloavevanopotutofaregrazieallacoesione,allasolidarietà,allaforzamoraledelgruppo,allastrategia e all’organizzazione. Erano stati in grado di trasmettere laforzadiunideale.
C’erachistudiavailnemico,chianalizzavailterritorio,chicol-laudavalearmi,chiandavainavanscoperta,chisioccupavadellescortealimentariechideiferiti.Infinec’erapurechisiassumevalaresponsabilitàdidare l’estremosalutoaicompagnicaduti inbattaglia. Lui da solo doveva osservare il suo avversario e i campi dibattaglia,escogitarelestrategiedell’attaccoeimezziconiqua-liattuarlo,avanzareeindietreggiareperindividuareipuntidebolidel suo nemico e vincere.
Rinchiuso all’interno della sua grotta giorno dopo giorno si era impegnatonelmoltiplicare la forzacon laqualesinutriva.I suoi denti erano diventati potenti come tenaglie. I gusci delle cozze li frantumava inpochisecondi: rabbiaedeterminazioneeranogliingredientidelsuopiattoforte.Unavoltanutritosiget-
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tavaacapofittosuqualsiasisuperficieadattaalrosicchiamento.Isuoidentinonavrebberoperdonato,nonavrebberolasciatoilminimo scampo al suo rapitore che presto sarebbe diventato la sua vittima.
Una volta ucciso quell’essere, sarebbe fuggito e tornato nelsuo mare. La sua pesciolina appena lo avrebbe rivisto sarebbe scoppiata in un pianto dolcissimo. I suoi piccoli gli avrebbero nuotatoincontro.Nell’incredulitàgeneraleluisarebbeavanzatoverso la sua grotta. Lentamente, con il petto all’infuori. Si sa-rebbegodutoogniattimodelsuoritorno.Nonsisarebbefattoprendere dalla foga, dalla frenesia, dalla felicità.Non avrebbepersoperstradanessuncommento,volto,sguardoditutticoloroche gli stavano intorno. Un giorno avrebbe raccontato ai suoi nipotini:rapimento,fugaeritorno.
Ilsuonemicofinoaquelgiornoloavevavistoprevalentemen-teforte,veloceesquillante,masuccessequalcosacheribaltòda-vantiaisuoiocchiloscenario.Fuunamattina.L’odorenell’ariaera acre. La luce del sole era più luminosa del solito. Aveva visto ilbipedepassareattraversolafessuracheloimmettevanell’altromondo molto prima di tutti gli altri giorni. Durante il periodo di buioerapassatospessodavantialsuomare.Avevafattoavantieindietro per un numero di volte impressionante. Sembrava ner-voso.
Una volta rientrato nella sua grotta e preso possesso della sua tana, il bipede, cominciò a tagliuzzare quelli che all’apparenzasembravanovegetali,macheinrealtàdovevanoesserecreaturediqualchemondoalpescesconosciutoperchél’ambientefuin-vasodaunodoreforteesgradevole.
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Quell’uomo,quandosiavvicinòalsuomare,conbuonepro-babilitàavevainmanoun’arma:eralungaeconlapuntasferica,gliricordavaunavecchiamedusa.Sulvolto,ilbipede,avevaunastrana espressione che non aveva mai visto prima in nessun altro: si leggevanosoprapaura, rassegnazione, infelicità.Perqualcheistanteilsuonemicorimasefermo,immobiledavantialui.IlPe-scePalladadentrolagrottalostavaguardandodrittonegliocchi,l’altro,senzadistoglierelosguardodalsuo,sollevòilbraccioconilqualeimpugnavasaldamentel’arma.Ilpescesisentìinperico-lo,capìchequalcosastavaperaccadere,mapoilovidecrollare.Ilbipedesiaccasciòaterraeconlemani,ormailibere,sipreselatestaecominciòascuoterla.Poiemiseversistraziantienonsimosse più per molto tempo.
Eralaprimavoltachevedevadalbassoedacosìvicinoilsuorapitore. Era a poche pinnate da lui. Era vicinissimo ai suoi denti. Nonsisentivapiùinpericolo.Iruolinellafrazionediunapin-natasieranoribaltati.Leditadiunamanodiquell’essereeranoincontattoconl’acqua.Potevavedereognimillimetrodellasuapelle.Inquelmomentoilsuonemicosieratrasformatoinunapredaperfetta.Uscìdalla grotta come soloSalvatoreGiulianosapevafarequandoerarifugiatosullemontagnesiciliane.Silen-zioso e senza fretta. Proprio comeun ladro, un evasore o uncacciatore.Essereinmezzoallagente,davantiall’evidenza,senzache nessuno riesca ad accorgersene.
Unapinnataadestra,unaasinistraeilPescePallasiavvici-nava quatto quatto alle dita del suo rapitore circumnavigandol’interoperimetrodelsuomare.Avevainmenteallaperfezionequellocheavrebbedovutofare.Gustavagiàilsaporedellacarne
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diquell’essereimmondocheavevaosatoportarlolontanodallasuafamiglia.Sarebbediventatofamelico.
Il piano d’attacco sarebbe cambiato radicalmente a pochi cen-timetri dall’obiettivo quando si sarebbe lanciato a testa bassacontroilsuonemicosferrandoilcolpomortale.Avrebbeemu-latoilpiùcoraggiosodeicavalieri, ilpiùamatodeicondottieri.Conl’elmettoincapoavrebbeordinatolacaricaeavrebbefattobrecciatralefilaavverse.
Non si fece prendere dal panico o dalla paura: uscito dallagrottasiavvicinòinsilenzioversoquellamanopenzolante.Ilbi-pedenonalzòciglio.LosguardodelPescePallaeravigileprontoadunaritiratastrategicaincasodinecessità,maquell’uomononsimosse.Nullasembravaingradodiridestarlodaquell’improv-visosconfortoomalore.Giuntoalladistanzadallaqualenessunosipuòpiùdifenderescattòversolamanodelsuorapitore,aprìlabocca,affilòidenti,potenziòlefauci,sicaricòdirabbia,grondòdicoraggioesbattéfortissimamentecontroilvetrodell’acquario.
“Machediamineèstato”-dissel’aspirantesuicidagirandosiverso l’acquario.Ebbe solamente il tempo di vedere il grossoPesce Palla scappare lestissimamente dentro la cavernetta di pla-stica.
Ilpianoperfettocheavevastudiatoilpinnatoerafallitomi-seramente. Il bipede evidentemente era una creatura magica e potente:erariuscitoatrasformarel’ariainbarriera.Laquestionesifacevaseria,avevasottovalutatoilsuonemico?Probabilmentesì.Ilpesceavevaimmaginatounaviadifugapiùsimileadunapasseggiata che ad un’evasione. Il morale della truppa era bassis-
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simo.
L’aspirantesuicidasialzòeconlostessoincedereconcuisieraavvicinatoall’acquariosiallontanò,consapevoleancheluidiaverfallito.Entrambiavevanocredutochelarealtàfossemoltopiùsemplicedellalorofantasia.
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20. UN DUELLO IN PUNTA DI PIEDI
Il poliziotto era steso a terra con la faccia immersanel suosangue.Gliocchieranoaperti,maimmobili.Sicapivachefosseancora vivo solamente dal leggero movimento delle labbra. Re-spirava. Eraunvisonoto,conosciuto.Si trattavadiunodegliagenti
migliori del dipartimento di New York City. Lo aveva sempre considerato un uomo imbattibile e indistruttibile. Aveva impa-rato che quel suomoderno supereroe aveva la risposta giustaadognidomandachelacriminalitàorganizzatastatunitenseglimettesse involontariamente davanti.
Il poliziotto era steso su una barella del pronto intervento a pagamento americano. Sulla bocca aveva una mascherina dell’os-sigeno e attorno ad esso medici e paramedici intenti a tappare il buco che aveva sulla schiena e a pulire il sangue che ne sgorgava fuori.Dicevano che aveva perso tantissimo sangue.Dicevanoche non sarebbe riuscito a sopravvivere.
Il poliziotto era steso su un lettino all’interno di una sala ope-ratoria. Due medici gli rovistavano dentro lo stomaco per cercare dimettereordineinmezzoatuttoilcasinocheavevafattoilpro-iettile.Isuoiocchiadessoeranochiusi,serrati,malaboccaera
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inarcatainunasmorfiadidolore,probabilmenteinvolontaria.
Il poliziotto era in mezzo ai corridoi e dentro le stanze del suo dipartimento.Discutevaconisuoicolleghi,quellicheavevatan-toamato,rispettatoeonoratoduranteillavorodituttiigiorni.Metteva a posto le situazioni parlando con loro senza lasciare ametàdiscorsichestavacorrendoilrischiodinonpoteremaiterminare realmente.
Il poliziotto rischiava di morire.
Avevavistoqueldannatopoliziottoinunnumerodipuntatediquel telefilmchemaiavevaosato realmentecontare.Cono-scevaquelpersonaggiocomesestesso.Stimavaquell’uomo:eracazzuto,intelligente,divertente,preparato.Eraimbattibile.Ave-vacredutochefosseimbattibileperchéadessosiritrovavastesosuldivanoaguardarelapuntatanellaqualesarebbemorto.
Gliamicidelpoliziottoraccontavanodiquantofossebravoilpoliziotto.Inemicidelpoliziottoraccontavanodiquantofosseun avversario duro il poliziotto. Il prete del poliziotto raccontava diquantofossecredenteilpoliziotto.Lamogliemortadelpo-liziottoinsognoalpoliziottosostenevadiquantofossestatoilmarito migliore il poliziotto. E lui si commosse.
Era sul divano con la pancia all’aria che piangeva per la mor-te del poliziotto.Era dolorosopiangere. Piangere era difficile.Perluiversarelacrimeeraquasiimpossibile.Provavamalefisicoquandopiangeva.Sentivatrafiggersiilcostato,spaccarsiilcuore,aprirsi lo stomaco. La pancia gli ballava.
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Quelle lacrime che tracciavano le sue guance erano la prova di quantofossestupido.Eranoannichenonpiangeva.Nonriusci-vaapiangeredall’ultimavoltachelofeceperunmotivoperilqualevalevaveramentelapenafarlo,eadessolofacevadavantial televisore per la morte di un personaggio trito e ritrito di un telefilmamericano?No,nonpotevaesserecosì.
Solo poche ore prima sarebbe stato pronto a pescare un Pesce Palla da dentro un acquario che teneva in corridoio per cuci-narselo con i pomodorini e l’olio all’aglio e adesso si metteva a piangeredavantiadunpoliziottodiuntelefilmchemoriva?No,evidentemente era ancora scosso. Era riuscito a vedere gli occhi apalladiquelpescementrescappavadopoavercomeuncretinourtatoilvetrodell’acquarioattrattodallesueditaenonloavevaucciso.Quelcosobrutto,tondo,adessoanchegrasso,nonmeri-tava di vivere. E lui non lo aveva ucciso.
Ma perché non lo aveva ucciso? Non aveva avuto il coraggio di prenderlo con il retino e di guardarlo dritto nelle palle degli occhi mentre agonizzante e boccheggiante spirava il suo ultimo respiro?Oavevaavutopaurachequellapescasarebbestata lacausa della naturale conseguenza del suo ultimo di respiro?
Lasera,primadibuttarsisuldivano,nonavevaservitoinac-qualacozzachesolitamentedavapercenaalpesce.Avevadecisoche la causa della morte del suo killer sarebbe stata la denutrizio-ne.Quelpescesarebbemortodifame.Ciavrebbemessoforsequalchegiornoinpiù,masicuramentenonciavrebbemessotan-topiùdelprevisto.Esenonfossemortodifame,sarebbemortoperchénonavendonulladarosicchiare, i suoidentisarebberocresciuti a tal punto da impedirgli di aprire e chiudere la bocca.
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Era stato un vigliacco?Forse, sicuro è che lo sarebbe statoancoradipiùafarmorirequelpoveropesceattuandoilpianodiriserva,maeranecessario.Avevadecisochevistochenoneroin grado di uccidere neppure un pesce sarebbe necessariamente morto da solo.
Sitrattavadiunpianosecondario,masembravaperfettoper-ché lo liberava dal peso di compiere una scelta e lo legava in qualchemodoaldestinodiunaltroesserevivente.
Il poliziotto era steso su un letto dentro una camera d’ospe-dale, al suo fianco c’era una donna bionda,magra e alta. Luiaveva gli occhi chiusi e lei pregava tenendo in mano un rosario. Il poliziottoaprìgliocchi,mosseleditaeladonnatralelacrimelobaciòteneramenteinfronte.Ilpoliziottononeramorto.
Eadessodiventavaunvalzer,unasfida,manonpiùunduello.
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21. DI NOTTE
Lasuaprimastorial’avevascrittasopraifoglidiunavecchiaagendaconunapennablu.Capitavachedinottesifacevasve-gliaredalla frenesiadiunastoria.Venivaassalitodall’iniziodelraccontoederatravoltofinoallafinediesso.Succedevaquandoormai le luci erano spente e le coperte gli coprivano il viso. Sua madrenonlovedevamaiscrivereperchélofacevasemprequan-doleierafuoriperlavoro.Scrivereeralasuacura,scrivereeralasua terapia.
Erabellomettereuncddentroillettore,ascoltarelamusicainsottofondoecomporreapennatrameesoggettichemagarines-suno avrebbe neppure letto. Ascoltava Guccini e lo immaginava mentreguardandofuoridaunafinestradicasa,sedutoaltavolocondavantiunquaderno,scrivevailtestodellesuecanzoni.Scri-vereèraccontareanchequalcosadelpropriovissuto.Scrivereèdonare agli altri le proprie emozioni ed i propri pensieri.
Lasuaagendaeraincucina,chiusadatroppotempodentrouncassetto.Erabluconfoglibianchiarighe.Eradel1994quandoancora lo spazio era dedicato alle pagine bianche e non alle spon-sorizzazionidellebanche.Inquelcassetto,difiancoall’agenda,c’era una penna nera dalla punta sottile e generosa nell’inchio-
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stro. Si era convertito al nero che era giovanissimo. Non amava scrivere inblu, lo trovavapocoelegante.Nellostessocassettodifianco all’agenda e allapennaneradallapunta sottile avevarinchiuso anche la sua passione per la composizione letteraria.
Aveva smesso di scrivere da un giorno all’altro. Scrivere signi-ficaprimadituttofareiconticonsestessi,essereapostoconlapropriacoscienza.Nonriuscivapiùadescriverelarealtàchelocircondavaperchéavevapauradiguardarlainfaccia.
C’erastatountemponelqualeunacoppiadiinnamoratisedutasullapancadiunachiesasarebbestatafontediispirazioneperunraccontooforsesolamenteperunascena.Magarisarebbecorsoacasa,avrebbetiratofuorilasuaagendadalcassettoeavrebbecominciatoascrivereimmaginandopensieri,movimenti,azioni,devastazioni,tradimentieavvicinamenti.Scrivereperòvuoldirericonoscereesaperriconoscere.Eraperquellocheavevasmessodi scrivere perché non riusciva più a vedere il bello che c’era in mezzo al brutto. Non riusciva più a setacciare l’oro dalla sabbia. Nonriuscivapiùacrederechepotesseesisterequalcosaditantomagnificoetantopuro.
Scrivereèaccettarechecipossaessereunasperanzaperognu-nodinoiperchéquandosimettonoinsiemelettere,paroleefrasisi creano contesti e mondi che devono essere alternativi e più bellidiquellineiqualiviviamo.Luinonerapiùingradodifarlooforsenonneavevapiùvoglia.Sierarinchiusoinunatorrealtae circondata dal mare. Vedeva sbarre tutto intorno e nessuna via d’uscita,maanchesefosseriuscitoascapparedall’esilionelqualesieracostrettoavrebbecomunquedovutoaffrontaregliscoglicon il rischio enorme di essere scagliato contro di essi.
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Il suo amico Gianni sapeva ancora scrivere perché non guar-davailmondochegligiravaintornocongliocchidelgiudizio,perchésapevacoglierelesfumatureesapevacommuoversida-vanti al sorriso di un bambino. Lui si sentiva in colpa a piangere davantiaduntelefilm,commuoversidavantiadunbimbo,unacoppiafeliceounavecchiettacheglisorridevasarebbestatounlusso.
Il suo ultimo racconto era stato una storia d’amore. Un amo-re tormentatoedifficile.Una storianellaquale ilprotagonistascappava dalla sua vita perché aveva perso la donna che aveva amato. Era stato ingannato. Aveva deciso che sarebbe stato me-glio partire per andare da un’altra parte convinto che la distanza e la lontananza gli avrebbero restituito la pace che adesso cercava. Banale,cometuttelestoried’amorereali.Quellechefiniscono.Quellechenonhannonulladibuonodaraccontare.Ilcopioneèsemprelostesso:leieluisiinnamorano,leioluidecidonochelastoriadevefinire,leioppureluivafuoriditestaedecidediscap-pare, andare via.Daquell’ultimo raccontobasta, aveva chiusol’agenda,l’avevaripostanelcassettoeavevaattesochediventassegrigio polvere.
Leideemiglioriglivenivanosempredinotte.Sindaquandoeraunragazzinoalleprimearmiconiferridelmestierediscrit-tore si era convinto che uno dei dieci comandamenti dell’ottimo scrittorefosse:seun’ideativienedinotteedècosìtravolgentedanonpermettertidiaddormentartinuovamentealzatiescrivi,seinvecehail’ispirazione,maseicombattutoconilsonno,mettitiadormire,seèveramentebuonal’indomanisaràancorasedutaafiancodeltuolettoadaspettarediesserescritta.
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Quellanottedopoaverpiantoperunpoliziottoquasimortoinun telefilmpoliziesco americanoedopoaver fallitonell’as-sassiniodelsuoassassinoricevetteunavisita.Eraun’amica,unavecchiaamica.Nonlavedevadaunavita,all’incircadaquandoerastatostroncatodaunamorefinito.Lasuaamicaeraentrataincasasenzabussareallaporta,avevatrovatoaperto.Noneraandata subito da lui perché prima si era diretta in cucina e aveva apertoilcassettodovesapevafosseripostal’agendaconlapennainsieme alla passione per la composizione letteraria. La vide pie-nadipolvere,conlepagine,untempobianche,adessoingiallite.Lasuaamicanonsiarrabbiò,silimitòafareunsorrisodidisap-provazione.Unodiqueisorrisichevoglionodire:“Tiholasciatoappena un momento e guarda cosa hai combinato”. Poirichiuseilcassettoepercorseilcorridoiofinoaraggiunge-
re la camera da letto. Vide sdraiato nel letto un ragazzo che vaga-mentesomigliavaaquellocheuntempoavevaconosciutoeconilqualeavevacondivisoimiglioriannidellasuavita.Dormivaapancia ingiù inunaposizionesguaiataemaleducata.Afiancononavevaunadonna,maunabottigliadivinorosso.Puzzava.Aveva la barba lunga. I vestiti per terra. Nemmeno un libro sul comodino. Quello non era il suo vecchio amico. Quello era la bruttacopiadelsuovecchioamico,maleisisedettelostessodifiancoaluieconl’indicedellamanodestraglitoccòlaspallaelosvegliò.
Lui alzò la testa.Aveva labocca impastatadall’alcool eunafortenauseachesalivadallostomaco.Avrebbevomitatovolen-tieri.Leiloguardòmentreconariaschifataecongliocchichiusiinghiottiva la saliva che aveva in bocca. Poi dopo un breve ranto-locrollònuovamenteconlatestasulcuscino,maleisempreconl’indicedellamanodestraglitoccòlaspallaelosvegliò.
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Luiallungòilbraccioeconilpollicefecepressionesull’inter-ruttore della lampada che teneva sul comodino. La luce lo abba-gliòeinunafrazionedisecondoisuoiocchiapertisirichiusero.Poigrugnì,fececomeamasticareesisollevòdallettofacendosileva sulle braccia e compiendo uno sforzo immane. Si alzò ebarcollandoandòversolacucina.Leiloseguìsenzadirenulla.
Bevveacannadallabottigliadell’acquacomesefosseappenatornatodaunviaggioneldeserto lungoquarant’anni.L’acquaeracosìpura.Leirimasefermaallaportaaguardarlo.Ilsuovec-chioamicoavevalerughecosìaccentuateemarcate,sembravainvecchiatodiquarant’anni,giustoiltempodelviaggioneldeser-to.Chiusoilfrigoriferoandòversoilbagno,leilolasciòpassareementre lui si stava sciacquando la faccia cominciò aparlare:“Nonmiriconosci?Sonoio,latuavecchiaamica..èdaunavitache non mi cerchi. Guarda che io ci sono sempre stata. Sei tu che non mi hai più voluta. Non pensi che sarebbe il caso che mi cercassi nuovamente? Io sono parte di te. Io sono un’idea. La tuaidea.Edèorachericominciascrivere.Èorachericomincia vivere”.
Fuinquell’istantecheglivenneinmentelastoriadiunazin-garella. Una storia che scrisse tutta in una notte. Una notte che bruciòconlapassionediun’idea.Ilcomandamentorecitavacheseun’ideativienedinotteedècosìtravolgentedanonpermet-terti di addormentarti nuovamente la devi scrivere. L’indomani per le mani aveva un racconto di una decina di pagine. Aveva trascorsol’interanotteascrivereederafelice.Lasuaamicaseneandòviaquandoscrisselaparolafine,maeraprontaatornareperché adesso lui l’aveva nuovamente accolta.
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22. UNASTORIAFRAGILE
Il Pesce Palla rinchiuso nella sua grotta continuava a pensare giornodopogiornoaquantofossestatostupidolanciareunat-taccoinmodocosìavventato.Avevarischiatodibuttarealventounpianoperfetto.Èdifficilefarsicogliere incontinuazionedalampidigeniotattico-tecnici-militaricomequellocheavevaavu-to.Peròforsenontuttoeraperduto.
Il bipede lo aveva visto sicuramente,mamagari non avevacompreso le sue intenzioni.Magari avevapensatochesi fossetrattato di un incidente, come quelli che capitano ai piccioniquandovedonounafinestrachiusaevoglionouscire,solocheloro sonopiùcocciuti e ciprovanofinoallo sfinimento.Micasonofurbicomeipescipallachecapisconosubitochesitrattadiuna magia dei bipedi per mantenere i mondi sotto il loro potere.
IlPescePallaavrebbedovutocomprenderefinoachepuntofosseingradodiergerelesuebarriereilbipederapitore.Avrebbepotuto emulare il pesce gigante che aveva visto nel cubo lumino-so:quelportentodellanaturaerariuscitoasaltarefuoridalmare,azzannareibipedietornaresott’acqua.Luiavrebbedovutofarelastessacosa:saltarealdisopradellabarrierainvisibile,centrareilpuntodeboledelbipede,azzannarloepoiscappare.
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Nelmentreavrebbepotutocontinuaretranquillamentearo-sicchiarequalsiasicosatrovasse,vistocheperunbelpo’ditem-po non ne vide di cozze. Tornarono solo il giorno in cui dentro ilsuomondogiunseunnuovoPescePallina.Quandoarrivòilsecondo rapito tornarono anche le cozze, doppia razione.Luicheerailpiùgrossoel’imperatorediquelmaremangiavafinchépoteva,l’altrosiaccontentavadegliavanzi.
Loaddestròcomesefosseunverosoldato.Lofececrescerenelregimemilitaredelsuomare.Gliinculcòbenimpressonellamentecheipescidiquelmare,ovverolorodue,avevanounsoloscoponellavita:evadere,ancheacostodifarevittime.Glispie-gòletatticheelocondusseinestenuantisedutediallenamento.Nulladovevaesserelasciatoalcaso,soprattuttoadessocheeranoindue.Glisvelòisuoipianieconilpassaredeltemponestu-diaronodinuoviinsieme.Siaffezionòaquelpesceesiaffezionòanche a tutti gli altri che giunsero. Anche se molti non erano della loro razza diventarono buoni amici e compagni nel lavoro e nella lotta.
Quelmarecambiò.Diventòpiùgrande,piùalto,piùlimpido,piùossigenato:semplicementepiùbello.IlPescePallaperònoncambiòmaiidea,tuttiipescicheentrarononelsuoimperoeb-beroinculcatobenimpressonellamentecheinquelmarevieraunsoloscoponellavita:evadere,ancheacostodifarevittime.
NoncambiòsoloilmaredelPescePalla,macambiòancheilmondodelsuonemico.Anchequellodivennepiùluminoso,piùgrande,piùlimpido,riccodinuoviesemplaridellastessaspeciedel bipede: divenne più bello.
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Ilcambiamentocominciòunanottequandoilbipedesialzòedopoessersibagnatoinvisocominciòadisegnaresuun’algabianca. Per tutta la notte quell’uomo rimase accovacciato conla testachinasuquelle foglie.E lo feceper tutta laduratadelbuioecontinuaafarloancoraoggi.IlPescePallaadessoavevauna storia da raccontare ai suoi nipoti e ai suoi sudditi. Era la storia del suo rapimento e del mondo che conosceva prima di finireinquestonuovomare.Eralastoriadellasuafugabloccatadall’incantesimodiunuomocheinqualchemodoerariuscitoasoggiogare sotto le sue pinne. Era la storia della nascita del suo impero.Eralastoriadellafaticadiviveredasoloinunmarechenessunoavevamaiesplorato,diinsegnarel’artedellaguerraepoiquelladellacostruzionediunasocietàall’internodiunterritoriocondivisotraetniedifferenti.Eralastoriadellaconvivenzacivi-le,quellacheavevaimpostonelsuomare.MailPescePallaeraanche consapevole di aver visto un uomo cambiare.
Quella che vi ho raccontato è una storia fragile come un bicchiere di cri-stallo sulla tavola del Natale in una casa piena di bambini. Si tratta della storia di un uomo che un giorno capisce di non riconoscersi più. È una storia comune a tante persone.
Passando sotto i portici di Corso Vittorio Emanuele a Torino, all’altez-za di quelli che fanno angolo con via Sacchi, vi è uno specchio. Una mattina guardandosi lui non si riconobbe. Pensò di essere cambiato e di non essere più all’altezza di quello che era stato, ma quella mattina quello specchio non gli permise di vedere se stesso. Lui vide riflessa la sua immagine, ma non la sua anima.
Lui non era cambiato, aveva solamente seppellito sotto un mare di pol-vere il suo vero essere. Aveva rinchiuso dentro un cassetto i suoi sentimenti. Aveva messo davanti a se stesso gli altri, ponendo in secondo piano i suoi
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desideri, la sua volontà, le sue esigenze. Può una donna essere più importante del proprio essere? Può un lavoro essere messo davanti alla propria famiglia? Può una delusione essere più forte dei propri amici? Può il destino beffardo essere più attraente della propria ambizione?
Sdraiato sul proprio divano guardando una trasmissione di cucina aveva iniziato un percorso che aveva concluso sempre sullo stesso divano, in lacrime. Aveva guardato in faccia la morte perché aveva bussato alla sua porta, ma quando questa stava per aprire si era tirato indietro.
Dalla zingarella in avanti più volte la sua amica “idea” era tornata a trovarlo. Aveva scritto racconti su racconti e poi un romanzo. Era tornato a leggere, amava porsi domande, immaginare situazioni, percorsi, possibilità. Aveva ricominciato a parlare con la propria coscienza e con la propria ani-ma senza paura delle risposte che avrebbero potuto dargli. Aveva abbattuto i muri di rabbia. Aveva capito che a volte le persone ti feriscono senza volerlo e altre persone sono solamente stronze. Era riuscito a comprendere che a volte è meglio fare spallucce piuttosto che arrabbiarsi e che dopo aver litigato con qualcuno è meglio telefonargli per chiedere scusa anche se si ha ragione, riba-dendo però prima di riattaccare che i torti si dividono a metà. Aveva capito che non è vero che la gloria si calcola in base al numero dei nemici: più nemici si hanno, più domande ci si deve porre. Aveva capito che è meglio ascoltare che parlare e che un sorriso non fa male. Un gesto gentile non costa nulla.
In quel tragitto aveva capito che è bello guardare il mondo, ancora di più se lo si fa con gli occhi di un gatto.