1
IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY DAL 23 OTTOBRE AL 5 NOVEMBRE PAG.3 Annotazioni ne, competitività industriale. Abbiamo già avviato un gruppo di lavoro per creare un nucleo struttu- rato, composto da funzionari dei tre ministeri. La sede sarà presso il ministero dello Sviluppo. Noi daremo gli indirizzi e poi la struttura funzionerà in maniera autonoma nell’avviamento dei progetti”. Nelle sue “passeggiate romane” della settima- na scorsa, Steve Ballmer, chief executive officer di Microsoft, ha avuto modo di vedere anche Nico- lais. “È stato un incontro friendly, molto amiche- vole, anche perché io ho insegnato all’Università di Washington e lui ci vive: così abbiamo avuto modo di parlare di cose in comune”. Un po’ più in comune, probabilmente, dell’open source. “In realtà, il centro del colloquio è stato proprio l’open source. Ballmer si rende perfettamente conto che la Pa italiana e probabilmente anche di altri Paesi, deve privilegiare l’open source. Tant’è vero che Microsoft intende avviare una serie di progetti dando priorità allo standard aperto. Abbiamo di- scusso di alcuni progetti, come biblioteche digitali on line o servizi al cittadino in zone remote, su cui sarà possibile lavorare insieme”. C’è una cosa che molti non hanno ancora capi- to: quale sarà il destino dell’Agenzia nazionale per la diffusione dell’innovazione? “Intanto abbiamo deciso di finanziarla con 5 milioni per garantirne la continuità. Era nata come agenzia per il trasfe- rimento tecnologico alle piccole e medie imprese. In realtà non si può pensare, col regionalismo esi- stente in Italia, di accentrare a livello centrale un simile impegno. Bisogna ridefinirne la mission, ad esempio la gestione di grandi progetti che vedano lavorare insieme grandi e piccole imprese, univer- sità, Stato. Stiamo aspettando di avere indicazioni dalle amministratori locali”. OPEN SOURCE «Non possiamo rinunciare all’open source. Lo hanno capito anche alla Microsoft» vantaggio competitivo in tutti i segmenti dell’economia nazionale. Con questo non voglio dire che gli investi- menti vanno distribuiti in tutti i settori, indistintamente. Ben venga una politica di incentivi programmati sulla base aree di indici di rilevanza, magari continuando a favorire la logica dei distretti industriali. E questo che intende per assecondare le attitudi- ni del Paese, continuare a incoraggiare la costituzio- ne di distretti e filiere? Puntare sui distretti significa non privilegiare un settore di mercato piuttosto che un altro, ma premiare un modello produttivo trasversale ai diversi segmenti del mercato. Questi raggruppamenti di imprese devono avere una caratteristica principale: quella di saper crea- re la massa critica ad alimentare un circolo virtuoso . Credo che questa sia la via giusta per ridare slancio alla nostra economia. Le misure presenti in finanziaria mirano a promuovere la collaborazione anche tra imprese lontane geograficamente ma vicine per rapporti e interessi. si tratta di un superamento dell’idea tra- dizionale di distretto industriale? Penso che la logica sottesa a questi due modelli sia sostanzialmente la stessa. D’altra parte anche il modello tradizionale di distretto industriale si basa su una comunanza di interessi, su un’affinità merceolo- gica delle aziende che li compongono. Se fino ad ora questa comunanza si ricercava soprattutto sulla base di una vicinanza geografica, la nuova legge mira a mette- re in rete aziende anche lontane geograficamente ma accomunate dalle stesse caratteristiche merceologiche e dagli stessi interessi di mercato. Dopo un periodo durante il quale non se ne era più sentito parlare, rispunta in finanziaria il progetto per la realizzazione di un’agenzia per la diffusione della tecnologia. A questo scopo sono sta- ti destinati 5 milioni di euro, che a partire dal 2007 serviranno a finanziarne la costituzione. Secondo lei si tratta di un progetto interessante? In genere noi siamo abbastanza contrari alla crea- zione di infrastrutture, anche se l’efficienza e l’utilità di un nuovo ente devono essere sempre messe alla prova prima di giudicare. In ogni caso, se questa agenzia do- vesse nascere sulla scorta di esperimenti del passato, che miravano alla creazione di un ente che facilitasse il trasferimento tecnologico, ritengo che si tratti di espe- rienze superate. Tuttavia, se l’agenzia fosse un soggetto utile a met- tere in contatto il mondo accademico e della ricerca da una parte e quello dell’impresa dall’altro, sviluppando nuove sinergie che tutt’ora mancano nel Paese, potreb- be essere un progetto interessante cui guardare con attenzione. Ma stiamo parlando di qualcosa che ancora non conosciamo nel dettaglio. Bisogna aspettare che vengano emanati i regolamenti che daranno attuazione alla legge finanziaria, solo allora si potranno avere maggiori elementi per giudicare. E.G. GRUPPI DI IMPRESE Puntare sui distretti significa premiare un modello produttivo trasversale ai diversi segmenti «M i sono sforzato di vedere i fondi in Finanziaria destinati all’in- novazione tecnologica di questa Finanziaria: ahimè, una delusione drammatica. I lettori devono sapere che il 40% della spesa della Pa non è destinato ai servizi alla comunità ma al- l’automantenimento; in una impresa normale i costi di autogestione sono il 10, il 15%. Una enormità di risorse vengono bruciate, c’è un drammatico spazio per risparmi da destinare alla promozione delle tec- nologie. Invece il governo prende la scorciatoia di aumentare le tasse: è sbagliato l’impianto, è sbagliata la filosofia, che è quella di una parte politica che ha perso storicamente la sfida». Lucio Stanca, oggi senatore di Forza Italia, è stato ministro per l’In- novazione e le Tecnologie nel governo Berlusconi. Il suo giudizio sulle prime mosse del governo nei confronti delle imprese è di quelli senza appello. “Quanto a Bersani, lo ha detto lo stesso vicepremier Rutelli che il suo sembra “dirigismo sovietico”: è lo Stato che sceglie 5 settori strategici e decide dove investire per l’innovazione. Un approccio top down non è una politica sbagliata, è una non-politica: è il mercato che deve scegliere, e il governo deve soste- nere le iniziative che ritiene più promettenti. Altro punto: io ho impiegato degli anni per riuscire a creare LUCIO STANCA Giudizio senza appello sulle mosse del governo nei confronti delle imprese per l’ex ministro per l’Innovazione e le Tecnologie del governo Berlusconi questo fondo dei fondi, per aiutare il venture capital, che in Italia è depresso, marginale. Per questo aveva- mo creato questo fondo di 100 milioni per abbassare il livello di rischio dei fondi privati, per incentivarli a finanziare di più le piccole aziende nella fase di start- up, di crescita. Dopo mesi, avevamo avuto l’ok della Ue. Era tutto pronto. Perché il governo non lo ha fatto partire? Ha preso questi cento milioni, li ha messi in un nuovo fondo che sta scritto solo sulla carta. Per- ché? Lo chiedo attraverso il suo giornale, vorrei una risposta dal ministro dello Sviluppo economico”. Recentemente la commissaria europea Viviane Reding è tornata a criticare l’Italia per il ritardo nella diffusione della banda larga. Perché siamo in queste condizioni? Noi italiani vediamo sempre il bicchiere mezzo vuoto... Il commissario Reding ha riconosciuto che l’Italia ha fatto dei notevoli sforzi nell’e-government. Ha detto che dopo il Lussemburgo l’Italia è oggi il Paese più avanzato in Europa. Ma siccome è una buo- na notizia, non passa, mentre ci concentriamo sulla cattiva notizia, che è quella che in Italia la diffusione della larga banda è inferiore alla media europea. Ammetterà che è una pessima notizia. Sì, ma bisogna vedere il punto di partenza. Il Paese non ha il cavo, le case non sono raggiunte dalla fibra ottica in molte situazioni, ma negli ultimi anni, con il governo Berlusconi, avevamo tassi crescita della larga banda tra i più alti in Europa. Poi non si può dire “piove governo ladro”: c’è il settore privato, e anche lì c’è qualcosa che non va bene, nel far sì che il mer- cato produca la velocità di infrastrutturazione di cui il Paese ha bisogno. Ma il governo non può tirarsi fuori da questo problema. Dopo di che è vero che bisogna fare le autostrade digitali, ma bisogna anche avere le automobili, l’e-gov, la sanità, insomma i servizi pub- blici e non solo pubblici. In questo senso il richiamo della Reding è utilissimo, serve più attenzione su questi temi da maggioranza e opposizione, pubblico e privato, grandi imprese e piccoli operatori. Guardando al passato, modificherebbe qualco- sa del lavoro svolto con il governo Berlusconi? Sicuramente bisogna essere equilibrati e avere capacità critica su quello che si è fatto, ma noi abbia- mo fatto un grossissimo lavoro partendo da zero. Si poteva fare di più, destinare più risorse all’innova- zione. Non tanto per la ricerca pubblica, siamo quasi a livello europeo, il problema è che manca la ricerca privata, e qui più che fondi, bisogna dare incentivi per le imprese. Poi si poteva fare di più anche sulla strumentazione normativa. Abbiamo fatto uno sforzo a fine legislatura, il codice dell’amministrazione digi- tale non riguarda solo la Pa: la firma digitale, la racco- mandata digitale, l’archiviazione digitale riguardano anche l’impresa. Certo, se avessi anticipato questo sforzo all’inizio della legislatura oggi probabilmente avremmo goduto noi stessi di questi risultati. Quest’anno la ripresa economica ha toccato anche il nostro Paese. Lei pensa che porti con sé anche un rilancio dei settori più innovativi, e della competitività internazionale dell’Italia? Il ciclo positivo va a beneficio anche di chi non è sulla frontiera dell’innovazione, quando la marea s’alza solleva tutte le barche, quelle più veloci e anche quelle meno veloci. Ma per avere capacità strutturale di crescita, cosa che non abbiamo da 10-15 anni, tra i tanti fattori il più importante è la capacità di produrre e, soprattutto, la capacità di usare innovazione. Ci sono esempi, l’Australia o il Canada, che non sono campioni nel creare innovazione, le moderne tecnologie, ma le usano al meglio. È questo lo sforzo da fare. ERRORI COMMESSI Noi avremmo potuto anticipare a inizio legislatura gli sforzi sulla strumentazione normativa Paolo Barbieri L’affondo del senatore Lucio Stanca (FI): operazione deludente Congelati sulla carta i 100 milioni che avevano già l’ok della Ue «Perché non far partire il fondo per le start up?» Il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, boccia Italia e Francia sul fronte degli investimenti in ricerca e innovazione. “Nonostante questi siano due paletti fondamentali della nostra strategia per la crescita - ha detto il ministro dell’Economia dell’esecutivo europeo - nell’Unione europea ci sono molte differenze tra Paese e Paese. E Italia e Francia - ha aggiunto - non hanno buoni dati, e devono assolutamente migliorare questo aspetto”. Almunia - intervenuto ad un dibattito organizzato dall’Unice, la Confindu- stria europea - ha respinto le critiche di molti industriali che accusano la Commissione Ue di essere un ostacolo alla competitività per le troppe regole che vengono fissate. “Si dice che è colpa di Bruxelles, ma non è così’’, ha risposto, spiegando che “almeno la metà degli ostacoli ala concorrenza vengono dalle normative nazionali. Da parte nostra - ha proseguito - noi stiamo studiando il modo di ridurre e semplificare le regole”. Almunia: Italia e Francia bocciate in innovazione «La missione del Governo è moderniz- zare il Paese, e per fare ciò sono necessarie risorse umane per la ricerca, una cultura ‘indu- striale’ e una pubblica amministrazione che non sia di ostacolo o intralcio». Lo ha detto il sottosegretario per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, la senatrice Beatrice Magnolfi, intervenendo, a Firenze, alla convention sul futuro dell’Information and communication technology in Italia (Ict), organizzata dal Consorzio nazionale interu- niversitario per le telecomunicazioni (Cnit). “In Italia, negli ultimi tempi - ha ricordato il sottosegretario - si è assistito ad uno sviluppo del settore: si è passati infatti da un -0,4% del Pil del primo semestre 2005 a oltre l’ 1% nel primo semestre 2006, ma si è ancora lontani dalla media europea che supera il 2%. L’in- novazione deve essere di sistema, in special modo nell’Ict. Nella pubblica amministrazione bisogna lavorare di più sull’interoperabilità e sull’integrazione delle banche dati”. Magnolfi: primo obiettivo modernizzare il Paese

il fondo per le start up?» «Perché non far partire · Era nata come agenzia per il trasfe- ... «Perché non far partire il fondo per le start up? ... Francia sul fronte degli

  • Upload
    lynhan

  • View
    215

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGYDAL 23 OTTOBRE AL 5 NOVEMBREPAG.3

Annotazioni

ne, competitività industriale. Abbiamo già avviato un gruppo di lavoro per creare un nucleo struttu-rato, composto da funzionari dei tre ministeri. La sede sarà presso il ministero dello Sviluppo. Noi daremo gli indirizzi e poi la struttura funzionerà in maniera autonoma nell’avviamento dei progetti”.

Nelle sue “passeggiate romane” della settima-na scorsa, Steve Ballmer, chief executive officer di Microsoft, ha avuto modo di vedere anche Nico-lais. “È stato un incontro friendly, molto amiche-vole, anche perché io ho insegnato all’Università di Washington e lui ci vive: così abbiamo avuto

modo di parlare di cose in comune”. Un po’ più in comune, probabilmente, dell’open source. “In realtà, il centro del colloquio è stato proprio l’open source. Ballmer si rende perfettamente conto che la Pa italiana e probabilmente anche di altri Paesi, deve privilegiare l’open source. Tant’è vero che Microsoft intende avviare una serie di progetti dando priorità allo standard aperto. Abbiamo di-scusso di alcuni progetti, come biblioteche digitali on line o servizi al cittadino in zone remote, su cui sarà possibile lavorare insieme”.

C’è una cosa che molti non hanno ancora capi-

to: quale sarà il destino dell’Agenzia nazionale per la diffusione dell’innovazione? “Intanto abbiamo deciso di finanziarla con 5 milioni per garantirne la continuità. Era nata come agenzia per il trasfe-rimento tecnologico alle piccole e medie imprese. In realtà non si può pensare, col regionalismo esi-stente in Italia, di accentrare a livello centrale un simile impegno. Bisogna ridefinirne la mission, ad esempio la gestione di grandi progetti che vedano lavorare insieme grandi e piccole imprese, univer-sità, Stato. Stiamo aspettando di avere indicazioni dalle amministratori locali”.

OPEN SOURCE«Non possiamo rinunciare all’open source. Lo hanno capito anche alla Microsoft»

vantaggio competitivo in tutti i segmenti dell’economia nazionale. Con questo non voglio dire che gli investi-menti vanno distribuiti in tutti i settori, indistintamente. Ben venga una politica di incentivi programmati sulla base aree di indici di rilevanza, magari continuando a favorire la logica dei distretti industriali.

E questo che intende per assecondare le attitudi-ni del Paese, continuare a incoraggiare la costituzio-ne di distretti e filiere?

Puntare sui distretti significa non privilegiare un settore di mercato piuttosto che un altro, ma premiare un modello produttivo trasversale ai diversi segmenti del mercato. Questi raggruppamenti di imprese devono avere una caratteristica principale: quella di saper crea-re la massa critica ad alimentare un circolo virtuoso . Credo che questa sia la via giusta per ridare slancio alla nostra economia.

Le misure presenti in finanziaria mirano a promuovere la collaborazione anche tra imprese lontane geograficamente ma vicine per rapporti e interessi. si tratta di un superamento dell’idea tra-dizionale di distretto industriale?

Penso che la logica sottesa a questi due modelli sia sostanzialmente la stessa. D’altra parte anche il modello tradizionale di distretto industriale si basa su una comunanza di interessi, su un’affinità merceolo-gica delle aziende che li compongono. Se fino ad ora questa comunanza si ricercava soprattutto sulla base di una vicinanza geografica, la nuova legge mira a mette-re in rete aziende anche lontane geograficamente ma accomunate dalle stesse caratteristiche merceologiche e dagli stessi interessi di mercato.

Dopo un periodo durante il quale non se ne era più sentito parlare, rispunta in finanziaria il progetto per la realizzazione di un’agenzia per la

diffusione della tecnologia. A questo scopo sono sta-ti destinati 5 milioni di euro, che a partire dal 2007 serviranno a finanziarne la costituzione. Secondo lei si tratta di un progetto interessante?

In genere noi siamo abbastanza contrari alla crea-zione di infrastrutture, anche se l’efficienza e l’utilità di un nuovo ente devono essere sempre messe alla prova prima di giudicare. In ogni caso, se questa agenzia do-vesse nascere sulla scorta di esperimenti del passato, che miravano alla creazione di un ente che facilitasse il trasferimento tecnologico, ritengo che si tratti di espe-rienze superate.

Tuttavia, se l’agenzia fosse un soggetto utile a met-tere in contatto il mondo accademico e della ricerca da una parte e quello dell’impresa dall’altro, sviluppando nuove sinergie che tutt’ora mancano nel Paese, potreb-be essere un progetto interessante cui guardare con attenzione. Ma stiamo parlando di qualcosa che ancora non conosciamo nel dettaglio. Bisogna aspettare che vengano emanati i regolamenti che daranno attuazione alla legge finanziaria, solo allora si potranno avere maggiori elementi per giudicare. E.G.

GRUPPI DI IMPRESEPuntare sui distretti significa premiare un modello produttivo trasversale ai diversi segmenti

«Mi sono sforzato di vedere i fondi in Finanziaria destinati all’in-novazione tecnologica di questa

Finanziaria: ahimè, una delusione drammatica. I lettori devono sapere che il 40% della spesa della Pa non è destinato ai servizi alla comunità ma al-l’automantenimento; in una impresa normale i costi di autogestione sono il 10, il 15%. Una enormità di risorse vengono bruciate, c’è un drammatico spazio per risparmi da destinare alla promozione delle tec-nologie. Invece il governo prende la scorciatoia di aumentare le tasse: è sbagliato l’impianto, è sbagliata la filosofia, che è quella di una parte politica che ha perso storicamente la sfida». Lucio Stanca, oggi senatore di Forza Italia, è stato ministro per l’In-novazione e le Tecnologie nel governo Berlusconi. Il suo giudizio sulle prime mosse del governo nei confronti delle imprese è di quelli senza appello. “Quanto a Bersani, lo ha detto lo stesso vicepremier Rutelli che il suo sembra “dirigismo sovietico”: è lo Stato che sceglie 5 settori strategici e decide dove investire per l’innovazione. Un approccio top down non è una politica sbagliata, è una non-politica: è il mercato che deve scegliere, e il governo deve soste-nere le iniziative che ritiene più promettenti. Altro punto: io ho impiegato degli anni per riuscire a creare

LUCIO STANCAGiudizio senza appello sulle mosse del governo nei confronti delle imprese per l’ex ministro per l’Innovazione e le Tecnologie del governo Berlusconi

questo fondo dei fondi, per aiutare il venture capital, che in Italia è depresso, marginale. Per questo aveva-mo creato questo fondo di 100 milioni per abbassare il livello di rischio dei fondi privati, per incentivarli a finanziare di più le piccole aziende nella fase di start-up, di crescita. Dopo mesi, avevamo avuto l’ok della Ue. Era tutto pronto. Perché il governo non lo ha fatto partire? Ha preso questi cento milioni, li ha messi in un nuovo fondo che sta scritto solo sulla carta. Per-ché? Lo chiedo attraverso il suo giornale, vorrei una risposta dal ministro dello Sviluppo economico”.

Recentemente la commissaria europea Viviane Reding è tornata a criticare l’Italia per il ritardo nella diffusione della banda larga. Perché siamo in queste condizioni?

Noi italiani vediamo sempre il bicchiere mezzo vuoto... Il commissario Reding ha riconosciuto che l’Italia ha fatto dei notevoli sforzi nell’e-government. Ha detto che dopo il Lussemburgo l’Italia è oggi il

Paese più avanzato in Europa. Ma siccome è una buo-na notizia, non passa, mentre ci concentriamo sulla cattiva notizia, che è quella che in Italia la diffusione della larga banda è inferiore alla media europea.

Ammetterà che è una pessima notizia.Sì, ma bisogna vedere il punto di partenza. Il Paese

non ha il cavo, le case non sono raggiunte dalla fibra ottica in molte situazioni, ma negli ultimi anni, con il governo Berlusconi, avevamo tassi crescita della larga banda tra i più alti in Europa. Poi non si può dire “piove governo ladro”: c’è il settore privato, e anche lì c’è qualcosa che non va bene, nel far sì che il mer-cato produca la velocità di infrastrutturazione di cui il Paese ha bisogno. Ma il governo non può tirarsi fuori da questo problema. Dopo di che è vero che bisogna fare le autostrade digitali, ma bisogna anche avere le automobili, l’e-gov, la sanità, insomma i servizi pub-blici e non solo pubblici. In questo senso il richiamo della Reding è utilissimo, serve più attenzione su questi temi da maggioranza e opposizione, pubblico e privato, grandi imprese e piccoli operatori.

Guardando al passato, modificherebbe qualco-sa del lavoro svolto con il governo Berlusconi?

Sicuramente bisogna essere equilibrati e avere capacità critica su quello che si è fatto, ma noi abbia-mo fatto un grossissimo lavoro partendo da zero. Si poteva fare di più, destinare più risorse all’innova-zione. Non tanto per la ricerca pubblica, siamo quasi a livello europeo, il problema è che manca la ricerca privata, e qui più che fondi, bisogna dare incentivi per le imprese. Poi si poteva fare di più anche sulla strumentazione normativa. Abbiamo fatto uno sforzo a fine legislatura, il codice dell’amministrazione digi-tale non riguarda solo la Pa: la firma digitale, la racco-mandata digitale, l’archiviazione digitale riguardano anche l’impresa. Certo, se avessi anticipato questo sforzo all’inizio della legislatura oggi probabilmente avremmo goduto noi stessi di questi risultati.

Quest’anno la ripresa economica ha toccato anche il nostro Paese. Lei pensa che porti con sé anche un rilancio dei settori più innovativi, e della competitività internazionale dell’Italia?

Il ciclo positivo va a beneficio anche di chi non è sulla frontiera dell’innovazione, quando la marea s’alza solleva tutte le barche, quelle più veloci e anche quelle meno veloci. Ma per avere capacità strutturale di crescita, cosa che non abbiamo da 10-15 anni, tra i tanti fattori il più importante è la capacità di produrre e, soprattutto, la capacità di usare innovazione. Ci sono esempi, l’Australia o il Canada, che non sono campioni nel creare innovazione, le moderne tecnologie, ma le usano al meglio. È questo lo sforzo da fare.

ERRORI COMMESSINoi avremmo potuto anticipare a inizio legislatura gli sforzi sulla strumentazione normativa

Paolo Barbieri

L’affondo del senatore Lucio Stanca (FI): operazione deludenteCongelati sulla carta i 100 milioni che avevano già l’ok della Ue

«Perché non far partireil fondo per le start up?»

Il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, boccia Italia e Francia sul fronte degli investimenti in ricerca e innovazione. “Nonostante questi siano due paletti fondamentali della nostra strategia per la crescita - ha detto il ministro dell’Economia dell’esecutivo europeo - nell’Unione europea ci sono molte differenze tra Paese e Paese. E Italia e Francia - ha aggiunto - non hanno buoni dati, e devono assolutamente migliorare questo aspetto”. Almunia - intervenuto ad un dibattito organizzato dall’Unice, la Confindu-stria europea - ha respinto le critiche di molti industriali che accusano la Commissione Ue di essere un ostacolo alla competitività per le troppe regole che vengono fissate. “Si dice che è colpa di Bruxelles, ma non è così’’, ha risposto, spiegando che “almeno la metà degli ostacoli ala concorrenza vengono dalle normative nazionali. Da parte nostra - ha proseguito - noi stiamo studiando il modo di ridurre e semplificare le regole”.

Almunia: Italia e Franciabocciate in innovazione

«La missione del Governo è moderniz-zare il Paese, e per fare ciò sono necessarie risorse umane per la ricerca, una cultura ‘indu-striale’ e una pubblica amministrazione che non sia di ostacolo o intralcio». Lo ha detto il sottosegretario per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, la senatrice Beatrice Magnolfi, intervenendo, a Firenze, alla convention sul futuro dell’Information and communication technology in Italia (Ict), organizzata dal Consorzio nazionale interu-niversitario per le telecomunicazioni (Cnit). “In Italia, negli ultimi tempi - ha ricordato il sottosegretario - si è assistito ad uno sviluppo del settore: si è passati infatti da un -0,4% del Pil del primo semestre 2005 a oltre l’ 1% nel primo semestre 2006, ma si è ancora lontani dalla media europea che supera il 2%. L’in-novazione deve essere di sistema, in special modo nell’Ict. Nella pubblica amministrazione bisogna lavorare di più sull’interoperabilità e sull’integrazione delle banche dati”.

Magnolfi: primo obiettivomodernizzare il Paese