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In questo numero PAG.2 1950, nostalgici a Lissone. Quei pellegrinaggi a Dongo Un gruppetto neofascista organizza trasferte sul Lago di Como per onorare il Duce. Polemiche in città PAG.3 1970, azienda caratese lancia un nuovo mezzo audiovideo Alla Orion Film nasce un apparecchio che vuol rivoluzionare le proiezioni di video didattici nelle scuole PAG. 3 1950, L’Otto marzo nisce a spintoni alla Gavazzi di Desio Comizio della onorevole Gina Fanoli (Pci) per la festa della donne. Ma si parla di politica e ne nasce una zua PAG.4 1980, Carlo Maria Martini nuovo arcivescovo di Milano Insediatosi in febbraio, il grande biblista indirizza ai fedeli ambrosiani la sua prima lettera pastorale l’ settembre PAG.5 1980, orrore a Monza. Ucciso l’uomo della diossina Un commando terrorista di Prima Linea fredda, sotto casa, Paolo Paoletti, direttore dell’Icmesa di Meda. PAG.12 1950, debutto a metà per il primo sciopero generale Il marzo, Cgil e Pci proclamano l’astensione dal lavoro contro il ministro Scelba. Picchetti e qualche rissa ma, alla ne, tutto liscio PAG.14 1971, Giuliano Fabbrica in vetta al Pizzo Cengalo Lo scalatore del Cai di Seregno, con un gruppo di lecchesi, apre una nuova via sui . metri della montagna LA PRIMA MORTE DEL LAMBRO: FLORA E FAUNA SONO DISTRUTTE Acque schiumose e maleodoranti in molti punti a causa degli scarichi industriali. Proteste diffuse, il comune di Monza mobilita gli esperti 1970, allarme inquinamento per il fiume della Brianza I l Lambro arriva a Monza biologicamente morto. Lo dicono i tecnici, incari- cati dal comune delle ve- rifiche di flora e fauna. Lo testimonia una coraggiosa inchie- sta del Cittadino, che ha seguito il corso del fiume da Monte San Pri- mo, alla sorgente, fino all’ingresso nella città della Corona ferrea. Siamo nel : fra i cittadini si va facendo largo una sensibilità nuo- va verso i temi dell’ambiente e del- la natura; si scopre la parola «eco- logia e un termine inglese, smog, che è un misto fra i vocaboli fumo e nebbia. Le acque schiumose e maleodo- ranti di quel fiume, distrutto da- gli scarichi forsennati di decine di aziende, preoccupano un nume- ro crescente di brianzoli e di am- ministratori locali. Si insediano le commissioni, parlano gli esperti e anche gli imprenditori compren- dono che così non si può andare avanti. Si comincia, poco alla volta, a disinquinare. servizi a pag.8/10 Una pioggia di voti da Erba a Muggiò: la Brianza è sem- pre più bianca. L’8 giugno del 1970, quando il ministero degli Interni dirama i risultati dei comuni brianzoli sparsi fra le province di Milano e Como, lo Scudocrociato, al governo nazionale, può gioire: la ter- ra briantea, un po’ ovunque, attribuisce alla Democrazia cristiana percentuali ben su- periori alla media lombarda, che si attesta intorno al 40% dei consensi. Si è votato domenica 7, per eleggere, per la prima volta, i consigli delle Regioni italia- ne, da poco istitituite. Ancora non si è capito bene a cosa serviranno, ma a Casa- tenovo come a Cesano, a Er- ba come a Mariano, la mag- gioranza dei cittadini torna a scegliere il partito dei catto- lici. Quello comunista, il Pci, che su base nazionale è il se- condo schieramento in Parla- mento, si deve accontentare del primato nella sola Limbia- te e del secondo posto quasi dappertutto. Alle sue spalle il Partito socia- lista italiano, cui mancano, da destra, i non pochi voti otte- nuti dal Partito Socialista Uni- tario di Saragat e, da sinistra, i consensi del Partito socialista di unità proletaria-Psiup. I laici del Partito Liberale e del Partito Repubblicano regi- strano, in Brianza, accoglien- za piuttosto tiepida, così come non sfonda il Movimento so- ciale italiano mentre crollano denitivamente i monarchici. A pagine 6 e 7 i risultati di 46 comuni. REGIONALI, HA VINTO LA DC BRIANZA n.02 Marzo 2010 euro 2,00 P uB B C À it li Questo spazio è a disposizione per la comunicazione di aziende e istituzioni per la pubblicità su Il Giornale della Memoria Associazione Storia & Territorio tel. 0362.285087 mail [email protected] OMAGGIO M organ alias Marco Ca- stoldi da Muggiò è oggi l’artista brianzo- lo più famoso, nel bene e nel male. Quarant’anni fa però un desiano pu- rosangue si accingeva a gareggiare ne Un di- sco per l’estate, kermes- se in cui si sdavano le migliori ugole italiane. Nel mag- gio del , il enne Giancarlo Cajani, commerciante, partecipa con una sua canzone al- la gara che vede ai nastri di partenza Bobby So- lo, Dorelli, Caterina Caselli, Mino Reitano e un giovanissimo Ba- glioni. servizio pag. 11 D iecimila copie volate vie in un paio di settimane. Telefo- nate, mail, richieste di abbo- namento: il numero uno del Giornale della Me- moria ha registrato un successo oltre ogni pre- visione. Grazie alla di- sponibilità di molti vo- lontari, cui va il sincero ringraziamento della redazione, che hanno portato il giornale da un capo all’altro della Brianza. E grazie anche ai quasi cinquanta esercizi com- merciali (leete l’elenco a pagina ) che hanno voluto «adottarci», di- ventando nostri distri- butori. GdM Brianza 2010 CAJANI: UNA VOCE BRIANZOLA FRA BAGLIONI E LA CASELLI MEMORABILE QUEL DEBUTTO GDM, UNA FESTA PER 10MILA Desio 1970

Il Giornale della Memoria

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mensile gratuito di divulgazione storica della Brianza. n.02 Marzo 2010

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Page 1: Il Giornale della Memoria

In questo numero

PAG.21950, nostalgici a Lissone. Quei pellegrinaggi a DongoUn gruppetto neofascista organizza trasferte sul Lago di Como per onorare il Duce. Polemiche in città

PAG.31970, azienda caratese lancia un nuovo mezzo audiovideoAlla Orion Film nasce un apparecchio che vuol rivoluzionare le proiezioni di video didattici nelle scuole

PAG. 31950, L’Otto marzo !nisce a spintoni alla Gavazzi di Desio Comizio della onorevole Gina Fanoli (Pci) per la festa della donne. Ma si parla di politica e ne nasce una zu!a

PAG.41980, Carlo Maria Martini nuovo arcivescovo di MilanoInsediatosi in febbraio, il grande biblista indirizza ai fedeli ambrosiani la sua prima lettera pastorale l’" settembre

PAG.51980, orrore a Monza. Ucciso l’uomo della diossinaUn commando terrorista di Prima Linea fredda, sotto casa, Paolo Paoletti, direttore dell’Icmesa di Meda.

PAG.121950, debutto a metà per il primo sciopero generale Il ## marzo, Cgil e Pci proclamano l’astensione dal lavoro contro il ministro Scelba. Picchetti e qualche rissa ma, alla $ne, tutto liscio

PAG.141971, Giuliano Fabbrica in vetta al Pizzo CengaloLo scalatore del Cai di Seregno, con un gruppo di lecchesi, apre una nuova via sui %.%&& metri della montagna

LA PRIMA MORTE DEL LAMBRO:FLORA E FAUNA SONO DISTRUTTEAcque schiumose e maleodoranti in molti punti a causa degli scarichi industriali. Proteste diffuse, il comune di Monza mobilita gli esperti

1970, allarme inquinamento per il fiume della Brianza

I l Lambro arriva a Monza biologicamente morto. Lo dicono i tecnici, incari-cati dal comune delle ve-rifiche di flora e fauna. Lo

testimonia una coraggiosa inchie-sta del Cittadino, che ha seguito il corso del fiume da Monte San Pri-mo, alla sorgente, fino all’ingresso nella città della Corona ferrea.Siamo nel !"#$: fra i cittadini si va facendo largo una sensibilità nuo-va verso i temi dell’ambiente e del-la natura; si scopre la parola «eco-logia% e un termine inglese, smog, che è un misto fra i vocaboli fumo e nebbia.Le acque schiumose e maleodo-ranti di quel fiume, distrutto da-gli scarichi forsennati di decine di aziende, preoccupano un nume-ro crescente di brianzoli e di am-ministratori locali. Si insediano le commissioni, parlano gli esperti e anche gli imprenditori compren-dono che così non si può andare avanti. Si comincia, poco alla volta, a disinquinare.

servizi a pag.8/10

Una pioggia di voti da Erba a Muggiò: la Brianza è sem-pre più bianca. L’8 giugno del 1970, quando il ministero degli Interni dirama i risultati dei comuni brianzoli sparsi fra le province di Milano e Como, lo Scudocrociato, al governo nazionale, può gioire: la ter-ra briantea, un po’ ovunque, attribuisce alla Democrazia cristiana percentuali ben su-

periori alla media lombarda, che si attesta intorno al 40% dei consensi.Si è votato domenica 7, per eleggere, per la prima volta, i consigli delle Regioni italia-ne, da poco istitituite. Ancora non si è capito bene a cosa serviranno, ma a Casa-tenovo come a Cesano, a Er-ba come a Mariano, la mag-gioranza dei cittadini torna a

scegliere il partito dei catto-lici. Quello comunista, il Pci, che su base nazionale è il se-condo schieramento in Parla-mento, si deve accontentare del primato nella sola Limbia-te e del secondo posto quasi dappertutto. Alle sue spalle il Partito socia-lista italiano, cui mancano, da destra, i non pochi voti otte-nuti dal Partito Socialista Uni-

tario di Saragat e, da sinistra, i consensi del Partito socialista di unità proletaria-Psiup. I laici del Partito Liberale e del Partito Repubblicano regi-strano, in Brianza, accoglien-za piuttosto tiepida, così come non sfonda il Movimento so-ciale italiano mentre crollano de!nitivamente i monarchici. A pagine 6 e 7 i risultati di 46 comuni.

REGIONALI, HA VINTO LA DC

BRIANZA

n.02Marzo 2010

euro 2,00 PuBBC Àitli

Questo spazio è a disposizione per la comunicazione

di aziende e istituzioni

per la pubblicità su Il Giornale della Memoria

Associazione Storia & Territoriotel. 0362.285087

mail [email protected]

OMAGGIO

Morgan alias Marco Ca-stoldi da Muggiò è oggi l’artista brianzo-

lo più famoso, nel bene e nel male. Quarant’anni fa però un desiano pu-rosangue si accingeva a gareggiare ne Un di-sco per l’estate, kermes-se in cui si s&davano le

migliori ugole italiane. Nel mag-gio del !"#$, il '(enne Giancarlo Cajani, commerciante, partecipa

con una sua canzone al-la gara che vede ai nastri di partenza Bobby So-lo, Dorelli, Caterina Caselli, Mino Reitano e un giovanissimo Ba-glioni. servizio pag. 11

Diecimila copie volate vie in un paio di settimane. Telefo-nate, mail, richieste di abbo-

namento: il numero uno del Giornale della Me-moria ha registrato un successo oltre ogni pre-visione. Grazie alla di-sponibilità di molti vo-lontari, cui va il sincero

ringraziamento della redazione, che hanno portato il giornale da un capo all’altro della Brianza.

E grazie anche ai quasi cinquanta esercizi com-merciali (le!ete l’elenco a pagina "#) che hanno voluto «adottarci», di-ventando nostri distri-butori. GdM

Brianza 2010CAJANI: UNA VOCE BRIANZOLA FRA BAGLIONI E LA CASELLI

MEMORABILE QUEL DEBUTTOGDM, UNA FESTA PER 10MILA

Desio 1970

Page 2: Il Giornale della Memoria

2Marzo 2010

Giorni fa, recandomi a Milano con il treno delle Nord, men-tre riguardavano le bozze del primo numero del giornale, non ho potuto far a meno di ascoltare la conversazione dei miei compagni di viaggio. Erano tre giovani, due ragazzi e una ragazza, poco più che ventenni, di Lurago d’Erba. Brillanti e carini, discutevano del più e del meno. Lei studiava in Cattolica, loro entrambi al Politecnico, pro-babimente ingegneria. Quando il treno è arrivato al-la stazione di Seveso, uno di loro, guardando fuori, si è ri-volto agli altri dicendo: «Ma sapete che una ventina d’anni fa, qui è esplosa una centrale nucleare?». Gli altri due hanno gettato un occhio meno distratto a quel-lo che si poteva osservare dal finestrino. «Mmmh, non si direbbe», gli ha risposto l’altro. Un dub-bio che ha spronato il primo a spiegare come del fatto gli avesse parlato il padre. Dopo poco la conversazio-ne si è spostata su altri argo-menti.Di una vicenda che, 34 anni fa, scosse l’Italia intera, in tre gio-vani brianzoli - futura classe dirigente di questa terra - ri-mane una nozione clamorosa-mente sbocconcellata. Della catastrofe ambientale che ha addirittura dato il no-me a una direttiva della Com-missione europea, non resta più nulla. Di una tragedia che ha colpi-to famiglie intere - da chi ha avute abbattute le case a chi ha abortito con il terrore di partorire figli deformi - non c’è la minima traccia nella memoria di tre studenti di atenei d’élite.Men che meno, si ricorda - ma tutti stavolta - che il diret-tore dell’Icmesa, la fabbrica della diossina, Paolo Paolet-ti, fu la prima vittima del ter-rorismo in Brianza. Ucciso a Monza, nel febbraio di trent’anni fa, da quella Pri-ma linea che oggi è diventata un film con attori di grido. G.C.

Il nuclearea Seveso

EditorialeEDALLA BRIANZA A DONGO,PELLEGRINI NOSTALGICIUn gruppetto di lissonesi si reca segretamente sul luogo della morte del Duce. La notizia circola e scoppia un caso

L a guerra era finita da poco, con il suo cari-co di sangue e dolore, eppure in Brianza la nostalgia del vecchio

regime allignava ancora. Nel marzo del !"#$, a Lissone, c’era infatti chi si recava in pellegrinaggio sul Lago di Como, a Dongo, dove Benito Mussolini aveva finito i suoi giorni, giustiziato dal plotone parti-giano del comandante Valerio.Un piccolo gruppo di lissonesi in camicia nera (ma nascosta) raccol-ti davanti al muretto contro il quale il Duce aveva, secondo alcuni stori-ci, stretto a sé Claretta Petacci, nel momento fatale.Secondo quanto riportarono le cro-nache dell’epoca - il Cittadino del %# marzo del !"#$ - il gruppetto depose omaggio floreali, commuovendosi al ricordo dell’epilogo del Venten-nio, in quella stradina verdeggiante poco distante dal lago. La storia - dalla Marcia su Roma alla Spada dell’Islam, dalle bonifiche al-la battaglia del grano - aveva scelto, per la sua tragica conclusione, quel pezzetto amabile di Lombardia, fra la quiete delle montagne e lo spet-tacolo del Lago.Ricordi ancora vicini nel tempo, la cui ferita non si era rimarginata cer-to a nemmeno sei anni da Piazzale Loreto, quando i corpi di Claretta e del suo Ben penzolarono orribili-mente dalla tettoia del benzinaio.Il gruppo di nostalgici brianzoli, di ritorno dall’omaggio al Capo del fascismo vissero, si scrisse, un mo-mento di esaltazione e pare che vo-lessero intonare Giovinezza mentre si avviavano a recuperare l’auto che li aveva condotti fin lassù. Quindi fecero ritorno in paese, a confidare agli amici l’audacia del loro gesto. Il fatto non rimase confinato alla chiacchiera da bar ma, come spes-

1950 omaggio a Mussolini

Il numero

sono gli apparecchi telefonici presenti a Monza e nella Brian-za nel 1970. Ne dà notizia il Cittadino, riportando gli interventi dell’annuale assemblea degli industriali brianzoli, riuniti mar-tedì 20 settembre all’Istituto tecnico commerciale Mosè Bianchi.Il presidente, Vittorio Casanova, si lamenta pubblicamente del servizio telefonico della città e del circondario, de!nendolo «la-cunoso». Eppure quello sarà l’anno della teleselezione.

86milaso succede, passò di bocca in boc-ca, scandalizzando molti. Quelli che del Ventennio ricordavano solo il di-sastroso esito della Guerra, cui an-che Lissone aveva pagato un caro prezzo. Sul Cittadino apparve una ferma condanna che pareva l’iden-tikit dei nuovi fascisti. «Quel signore col cappello a larghe tese», si scrisse con un certo sde-gno, «quell’altro dalle frasi roboan-ti e sgrammaticate e quel piccolo gerarca scaduto SI DIANO PACE, rientrino di buon animo nel nuovo spirito democratico».

Una scena di Fascisti su Marte, film satirico diretto e interpretato da Corrado Guzzanti

Il paeseL’azienda

Grandi feste in alta Brianza. Il Corriere Lombardo del 31 gennaio 1950, racconta di come una piccola comunità, quella di Viganò, si sia stretta intorno al proprio parroco, don Vittorio Gaffuri, il più anziano sacerdote della diocesi. Fatto che, al quotidiano milanese della sera, doveva parere stra-ordinario, tanto da dedicare all’evento alcune righe colorite in cui si parla di «un centro prettamente rurale le cui strade non sono ancora percorse da tranvai e rare sono le automobili, ta-gliato fuori com’è da ogni importante arteria». Un paese dove «si campa beatamente fno a lungo e l’esempio lo sta dando il parroco, che in questi giorni ha celebrato i suoi 90 annidi vita, 66 dei quali dedicati alla vita sacerdotale». Insomma, in Brianza, lontano dal logorio della vita moderna e col conforto della fede, si campa bene e a lungo.

Tecnologia made in Brianza, anzi made in Carate. Il Cittadino del 31 gennaio 1970, nell’inserto L’opinione di Seregno, dà conto di una novità tecnica de-stinata a rinnovare la didattica nelle scuole italiane.

Si tratta di un «modernissimo apparato audiovisivo», denominato Visual 70, che è realizzato dalla Orion !lm diretta dall’ingegner Luigi Giachino e che, spiega il giornale, «vanta un’esperienza ventennale nel settore». Si tratta di un apparecchio «munito di schermo incorporato e con proiettore sonoro», destinato «a facilitare notevolmente la proiezione dei !lm ad uso didattico». Laddove prima occorreva un’aula apposita, ci sarà dorinnanzi Visual 70 e «si potrà assistere alle proiezioni in qualsiasi aula senza bisogno di oscurare l’ambiente».Imminente, secondo l’articolista, l’ingresso dell’apparecchio prodotto a Carate nelle scuole italiane, grazie all’approvazione data dal ministero della Pubblica istruzione.« Già !n d’ora sono in corso di preparazione alcuni !lmini adatti ai programmi scolastici», assicura il giornale.

NEL ’50 A VIGANÒ BRIANZA IL SACERDOTE PIÙ ANZIANO

A CARATE L’HIGH TECH TELEVISIVO

Page 3: Il Giornale della Memoria

3Marzo 2010

ColophoneC

il Giornale della Memoriamensile di divulgazione storica

Registrazione pressoil Tribunale di Monza.n. 1975 del 15/02/2010

Direttore responsabile: Giampaolo Cerri

RedazioneVia Giusti, 32/c20034 Giussano (MB)tel. 0362.285087 [email protected]

hanno collaborato: Leandro Cazzaniga,Martina Cerri, Beppe Citterio, Daniele Corbetta, Doranna Fumagalli, Sergio Giussani,Walter Giussani, Annagrazia Internò,Daniele Villa

Progetto gra!co e impaginazione: box313 (www.box313.net)

Editore: Associazione Culturale Storia e TerritorioVia Giusti, 32/c20034 Giussano (MB)tel. 0362.285087email: [email protected]

StampaA.G. BELLAVITE Via I maggio, 4123873 Missaglia (Lc)

Stampato su carta ecologica EFC,con inchiostri a base vegetale.

1970 stato civile

Fra le notizie di Stato civile di Lisso-ne, del 14 marzo 1970, troviamo an-che quella, tristissima, della scom-parsa di una bambina di soli dieci giorni, Elena Scaccabarozzi.

La piccola, racconta Il Cittadino con struggente delicatezza, era «venuta a tener compagnia al fratellino e si pensava di battez-zarla per Pasqua», invece improvvisamente,«si aggrava, viene portata all’ospedale di Vimercate e spicca il suo volo per il cielo per essere angelo tutelare di papà Pietro e della mamma Maria Carla che, desolati, ne piangono la dipartita».È invece festa grande nelle famiglie di altri neonati: Antonella Capozzi, Francesca Marenzi, Maurizio Lissoni, Lucia Salmaso, Marco Cereda, Davide Sironi, Franco Vena, Silvia Bramani, An-gelo Molteni, Gaetano Marana, Nicoletta Marta, Alberto Galim-berti, Daniele Cerizzi, Cristina Beretta, Enrico Cesana.Nello stesso periodo, ancora a Lissone, alcune giovani coppie convolano a nozze: Umbero Scaraveglieri con Carmela Laganà, quindi Roberto Palin con Beatrice Mapelli, Nevio Jacovino con Claudio Motta, Giuseppe Turrini con Livia Fumian. La redazione invita questi lissonesi, oggi quarantenni, e queste coppie, che festeggiano quattro decenni di matrimonio, a in-viarci foto e testimonianze.

NASCERE E SPOSARSI A LISSONE

Cresce la sensibilità ambientale in Brianza intorno agli anni ’!". Le cronache riportano le attività del Gruppo Natura e civiltà che fa opera di sensibilizzazione di#ondendo l’omonimo Bol-

lettino. A marzo di quell’anno a preoccupare è «una azione in corso da parte di alcuni comuni, atta a fare annullare alcuni vincoli emessi dal ministero della Pubblica istruzione per la conservazione del paesaggio e delle rive dei laghi briantei». Secondo il Bollettino, «il motivo è specu-lativo, a$nché sia libera la lottizzazione incontrollata». Gli antesignani degli attuali ambientalisti lanciano l’allarme: «Se questi vincoli verranno tolti per far comodo solo a una esigua minoranza che insiste, volta solo ad interessi egoistici e a facili e immediati guadagni, la bellezza dei laghi della Brianza verrebbe distrutta per sempre». Proteste anche contro «la riammissione, in provincia di Como ed altro-ve, della barbara usanza dell’uccellagione». E polemiche sul fatto che il %&!" «è l’Anno internazionale della Protezione della natura».

1970, la protesta

Solidarietà e furbizia (nel no-me della solidarietà). Succe-de a Seregno nella primavera

del %&!%. Il '! marzo si ha notizia di un gesto di grande onestà: un ot-tantenne, Carlo Besana, abitante in via Verdi '"&, si era recato a ri-scuotere «la sua modesta pensione di vecchia di lire ('.!"" bimestrale». A casa, contando i biglietti ricevuti alla Posta, si accorge di avere %""mi-la lire in più. Per il pensionato non agiatissimo, quasi il doppio di quan-to dispone ogni due mesi. Quanti avrebbero fatto spallucce! E invece, il signor Besana non ci pensa due volte, si rin)la il cappotto e riprende la via dell’u$cio postale per riconsegnare la cifra non dovuta a un impiegato che immaginiamo in ambasce.«Il fatto non sarebbe assurto agli onori della cronaca», scrive il Citta-dino, «se non fosse la prova che per

molta gente l’onestà vale molto di più di un gruzzolo posseduto o gua-dagnato con coscienza».Di segno completamente opposto la notizia che si puà leggere, di nuo-vo sulle pagine del giornale monze-se, il '* aprile %&!%. Notizia che parla di furbi intenzio-nati a far soldi usando come para-vento motivi caritativi.La Lega per la lotta contro i tumo-ri è infatti costretta a diramare una di$da perché in città sono segnalati dei falsi volontari «che girano per le case di Seregno, quali)candosi come mandati dalla Lega contro i tumori, richiedendo oblazioni e of-frendo oggetti vari».Con)dando sul buon cuore della gente, i falsari cercano di riempirsi le tasche.«La Lega», si legge, «di$da codeste persone e nel frattempo precisa la sua estraneità».

1971, bianco e neroUN 80ENNE CAMPIONE D’ONESTÀ E I FURBI DELLE FALSE RACCOLTE

RISCHIO CEMENTO, VOLONTARI AI SINDACI: MANTENETE I VINCOLI

DESIO, 8 MARZO CON RISSA ALLA GAVAZZI Nel fabbrica, il discorso della deputata comunista Fanoli. Contestazione e scontro. Così la festa del 1950 degenera

O tto marzo agitato a Desio. Alla fabbrica Gavazzi, la dire-zione concede all’onorevole Gina Fanoli, deputata comu-nista della zona, di poter tenere un discorso celebrativo all’interno del cortile dello stabilimento. I problemi iniziano quando la Fanoli, anziché stare sui

diritti delle donne, ricorda i fatti di Modena del mese di gennaio, quando la polizia aveva sparato sui dimostranti uccidendone cinque. Dal pubblico, un anonimo, si rivolge all’onorevole con questa espressione: «Ehi biondi-na, dica le cose vere come sono accadute e non travisi». Frase che scatena la bagarre, con alcuni militanti che assalgono il disturbatore. «Volò qual-che pugno», riporta il Cittadino del %+ marzo, nella rubrica Spinte e spunti, a commento di una ricostruzione di altro segno, diramata dalla stampa più orientata a sinistra.Ma il ferito più grave, scrisse il giornale, è una militante comunista, «una nanottola che ci coccola col nome di partigianella: partì all’assalto come un piccolo carro armato per poter schia#eggiare l’oramai immobile inter-rompente. Ma, ahimé, nella sua foga», prosegue l’articolo, «non vide un ostacolo anticarro rappresentato da un piede improvvisamente alzato per cui, per poco, questo piccolo panzer si rovesciava e ne aveva la peggio».

La curiosità

Prima ancora della mitica Linetti, negli anni ’50, i brianzoli co-nobbero un altro prodotto dalle virtù taumaturgiche, la bril-lantina Rinova che, sui giornali dell’aprile 1955, veniva scritta esattamente come il suo marchio: RI-NO-VA! Articoli che si mescolavano alle cronache, senza esplicito riferi-mento al fatto che si trattasse di pubblicità, anche perché allora la legge non poneva divieti.«Uomini e donne di tutta la città parlano con sincero entusiasmo della famosa brillantina», si leggeva, «avevano capelli grigi che li facevano sembrare 10 anni più vecchi. Oggi invece, dopo po-chi giorni, i capelli sono nuovamente del primitivo colore».

Quella miracolosa brillantina

Page 4: Il Giornale della Memoria

4Marzo 2010 IL SILENZIO

DELL’ASCOLTOIn febbraio il gesuita scelto da Giovanni Paolo II prende possesso della Cattedra di Ambrogio. A settembre, la prima lettera pastorale con cui richiama alla contemplazione

I nsediatosi a capo della Chiesa ambrosiana il 10 febbraio del 1980, Carlo Maria Martini rende nota la sua prima lette-ra pastorale l’8 settembre dello

stesso anno, nel giorno della Natività della Madonna. Si intitola La dimensione contem-plativa della vita. Quella dimensio-ne cui il gesuita si sarebbe dedicato nel 2002 quando, lasciata l’arcidio-cesi per raggiunti limiti d’età, si ri-tira a Gerusalemme. Da allora Mar-tini ha scritto diversi libri: Liberi di credere. I giovani verso una fede consapevole,(In Dialogo, 2008);Le ali della libertà. L’uomo in ri-cerca e la scelta della fede, (Piem-me, 2009) e Qualcosa di così perso-nale. Meditazioni sulla preghiera, (Mondadori, 2009).Ma sarà quella sua prima lettera pa-storale a rivelare alla Chiesa e ai fedeli ambrosiani la sua spiritualità. Ecco alcuni passaggi di quel documento

(...) Questo discorso sulla dimen-sione contemplativa della vita si dirige a ogni uomo e donna che intenda condurre un’esistenza or-dinata e sottrarsi a quella frattura tra lavoro e persona che minaccia oggi un poco tutti.(...) Lo sfondo generale di questa situazione è costituito da una cul-tura occidentale attuale, che ha un indirizzo prevalentemente prassi-stico, tutto teso al «fare», al «pro-durre», ma che genera, per con-traccolpo, un bisogno indistinto di silenzio, di ascolto, di respiro con-templativo. Ma entrambi gli orien-tamenti rischiano di rimanere su-perficiali. Sia l’attivismo frenetico, sia certe maniere di intendere la contemplazione possono rappre-sentare una «fuga» dal reale. Per far evolvere cristianamente questa situazione, non basterà risvegliare una ricerca di preghiera. Occorre-rà anche purificare, orientare, cri-stianizzare certe forme scorrette o insufficienti di ricerca. In partico-lare occorrerà evitare le generiche contrapposizioni tra azione, lotta, rivoluzione, da un lato, e contem-plazione, silenzio, passività, dall’al-tro. Bisognerà dare uno specifico orientamento cristiano sia all’azio-ne, sia alla contemplazione.Quanto qui diremo sull’impe-gno per rendere più cosciente la dimensione con-templativa del-la vita va dunque inteso nel quadro dell’impegno ge-nerale per un’ar-monica crescita dell’uomo, homo faber e homo sa-piens, secondo la sua piena misu-ra e capacità.(...) Ma pare venuto il momento di ricordare, in vista di una sequela di Cristo più intensa e armonio-

1980, s’insedia l’Arcivesco Martini

Il cardinale Carlo Maria Martini, torinese, 83 anni, vive fra Gerusalemme e Gallarate

sa, che l’abitudine alla contem-plazione e al silenzio feconda e arricchisce la preghiera vocale e comunitaria; che non si dà azio-ne o impegno che non sgorghi dalla verità dell’essere profondo dell’uomo che in Cristo è stato rinnovato ed esaltato; che pro-prio la coscienza e la libertà delle singole persone, con le loro con-vinzioni, le loro speranze e i loro

propositi, costitu-iscono l’autenti-cità e il pregio di ogni esistenza as-sociata nel nome del Signore.(...) Se in princi-pio c’era la Paro-la e dalla Parola di

Dio, venuta tra noi, è cominciata ad avverarsi la nostra redenzio-ne, è chiaro che, da parte nostra, all’inizio della storia personale di salvezza ci deve essere il silenzio:

il silenzio che ascolta, che accoglie, che si lascia animare. Certo, alla Parola che si manifesta dovranno poi corrispondere le nostre paro-le di gratitudine, di adorazione, di sup-plica; ma prima c’e il silenzio.Se, com’è avvenuto per Zaccaria, padre di Giovanni Batti-sta, il secondo mi-racolo del Verbo di Dio è quello di far parlare i muti, cioè di sciogliere la lingua dell’uo-mo terrestre ricurvo su se stesso nel canto delle meraviglie del Si-gnore, il primo è quello di far am-mutolire l’uomo ciarliero e disper-so (cfr. Lc 1, 20-22).«La Parola zittì chiacchiere mie»: così Clemente Rebora, nobile spi-rito di poeta milanese dei nostri tempi, descrive con rude chiarezza gli inizi della sua conversione.

Possiamo anzi dire che la capacità di vivere un po’ del silenzio inte-riore connota il vero credente e lo stacca dal mondo dell’incredulità.L’uomo che ha estromesso dai suoi pensieri, secondo i dettami del-la cultura dominante, il Dio vivo che di sé riempie ogni spazio, non può sopportare il silenzio. Per lui, che ritiene di vivere ai margini del nulla, il silenzio è il segno terrifi-cante del vuoto. Ogni rumore, per quanto tormentoso e ossessivo, gli riesce più gradito; ogni parola, an-che la più insipida, è liberatrice da un incubo; tutto è preferibile all’es-sere posti implacabilmente, quan-do ogni voce tace, davanti all’or-rore del niente. Ogni ciarla, ogni lagna, ogni stridore è bene accetto se in qualche modo e per qualche tempo riesce a distogliere la men-te dalla consapevolezza spaventosa dell’universo deserto.L’uomo «nuovo» - cui la fede ha dato un occhio penetrante che ve-de oltre la scena e la carità un cuo-re capace di amare l’Invisibile - sa che il vuoto non c’è e il niente è eternamente vinto dalla divina In-finità; sa che l’universo è popola-to di creature gioiose; sa di essere spettatore e già in qualche modo partecipe dell’esultanza cosmica, riverberata dal mistero di luce, di amore, di felicità che sostanzia la vita inesauribile del Dio Trino.Perciò l’uomo nuovo, come il Si-gnore Gesù che all’alba saliva soli-tario sulle cime dei monti (cfr. Mc 1, 3; Lc 4; 42; 6, 12; 9, 28), aspira ad avere per sé qualche spazio immu-ne da ogni frastuono alienante, do-ve sia possibile tendere l’orecchio e percepire qualcosa della festa eter-na e della voce del Padre.Nessuno fraintenda, però: l’uomo «vecchio», che ha paura del silen-zio, e l’uomo «nuovo» solitamente convivono, con proporzioni diver-se, in ciascuno di noi. Ciascuno di noi è esteriormente aggredito da orde di parole, di suoni, di clamo-ri, che assordano il nostro giorno e perfino la nostra notte; ciascuno è

interiormente in-sidiato dal multi-loquio mondano che con mille fu-tilità ci distrae e ci disperde.In questo chiasso, l’uomo nuovo che è in noi deve lot-

tare per assicurare al cielo della sua anima quel prodigio di «un silen-zio per circa mezz’ora» di cui parla l’Apocalisse (8, 1); che sia un silenzio vero, colmo della Presenza, riso-nante della Parola, teso all’ascolto, aperto alla comunione.(...)Per intercessione di Maria, mo-dello di preghiera silenziosa, invo-co questo dono su di me e su tutti voi.+ CARLO MARIA Arcivescovo

«Se la Parola è venuta, ci deve essere il silenzio »

«Il niente è vinto dalla

divina Infinità»

Torinese, classe 1927, Carlo Maria Martini è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1944 all’età di 17 anni, ricevendo l’ordinazione sacerdotale nel 1952.Laureato in Teologia presso la Pontificia Università Gre-goriana nel 1958, continua gli studi in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico, dove insegna Criti-ca testuale. Eletto arcivescovo di Milano il 29 dicembre 1979 da papa Giovanni Paolo II, viene da lui consacrato il 6 gennaio successivo e il 10 febbraio 1980 fa l’ingresso in dioce-si ambrosiana come succes-sore del cardinale Giovanni Colombo.Creato cardinale il 2 febbra-io 1983, tre anni dopo diven-ta presidente Consiglio del-le Conferenze dei Vescovi d’Europa. Nel 2002 lascia l’Arcidiocesi per raggiunti limiti di età e si trasferisce a Gerusalem-me per studiare e pregare. Nel 2009 torna nel conven-to di Gallarate per curare il morbo di Parkinson che lo affligge.Nel portale della Diocesi, www.chiesadimilano.it, tutti i documenti dei 22 anni di ar-civescovato.

Da biblista a pastore

Di chi si parlaD

Page 5: Il Giornale della Memoria

5Marzo 2010

Alcuni chili di diossina (una decina) volatilizzati nell’aria e dispersi dal vento verso Seveso. Sabato 10 luglio, alle 12,37, esplode una valvola di si-curezza del reattore A-101 dell’Icmesa di Meda, stabili-mento chimico della società svizzera Givaudan, contro-lata Roche.La diossina è un potente ve-leno, usato fino a pochi an-ni prima dagli Americani in Vietnam come defoliante: a Meda lo si usa per produrre diserbanti.Nell’area interessata vivo-no circa 100mila persone. Seguirono sfollamento di cittadini dalla zona più a ri-schio, denominata «zona A», abbattimenti di case, di ani-mali, profonda bonifica dei terreni.Il governo consentì alle don-ne in stato interessante di in-terrompere la gravidanza. Chi non lo fece però partorì bambini sani.Molte persone ebbero danni temporanei alla pelle - clo-racne - e più permanenti al-la tiroide

Quasi 900 persone coinvol-te in tutt’Italia, Prima Linea nasce nel 1977 da un grup-po di fuoriusciti di Lotta continua, Potere operaio e Azione rivoluzionaria. Un gruppo che sceglie la lotta armata ma, differen-ziandosi dalle Brigate Ros-se, respinge la clandestinità per mantere un raccordo con i movimenti più estremi della sinistra italiana.In quattro anni, furono ucci-se 16 persone e ferite molte altre. Fra le vittime, anche i giudici Emilio Alessandri-ni e Guido Galli, uccisi a Milano. L’organizzazione si sciolse a Barzio (Lecco) nel 1981.Al gruppo e alla vita di uno dei suoi leader, Sergio Se-gio, il regista Renato De Maria ha dedicato un di-scusso film, intitolato La pri-ma linea.

Seveso,10 luglio ’76

Di che si parlaD

ORRORE A MONZA, ASSASSINATO L’UOMO ICMESA Paolo Paoletti, direttore dell’impianto della diossina, freddato da un commando di Prima Linea. Lavorava alla bonifica

1980, il terrorismo in Brianza

La Golf verde è nel cortile. Paolo Pao-letti, prima di met-terla in moto, apre il cancello che dà su

via Leyva a Monza. Martedì ! febbraio, giornata fred-da. Marco, suo " glio, otto anni, è stato appena lasciato da una vici-na, che lo accompagnerà a scuola. Anna Laura, sua moglie, è già sul pulman per Vimercate, dove inse-gna in un istituto tecnico.Paoletti apre il cancello, pensando alla giornata che l’attende alla pa-lazzina di Via San Carlo, a Seveso, sede dell’U# cio speciale, quello che da quattro anni sta seguen-do tutte le operazioni di boni" ca dei terreni investiti dalla diossina dell’Icmesa. Piero Paoletti, dello stabilimento killer della Givaudan di Ginevra era infatti il direttore e ora, ultimo e unico rappresentan-te dell’azienda svizzera, collabora-va con il ministero della Sanità. Da giorni, lavora alla messa a punto degli ulteriori interventi di boni" ca della zona A, più inqui-nata, a partire dalla riapertura di via Vignazzola che, con il parere della commissione presieduta dal senatore Cimmino, si annunciava imminente.Preso fra i suoi pensieri, l’uomo non fa caso a quell’uomo che sta in piedi, vicino al cancello che ha appena aperto per metà.Quanto vede la pistola, grossa, ne-ra, con i proiettili che luccicano nel tamburo, c’è solo il tempo di chiedersi perché.Una " ammata, un’altra e un’altra ancora. Sono le $,%& e Piero Pao-letti, '( anni, toscano di Orbetel-lo, chimico e dirigente d’azienda è già steso a terra, morto sul colpo, per una pistoletta che lo ha rag-giunto alla gola.L’omicida rinfodera l’arma e si ri-congiunge velocemente ad altre due persone che lo attendono po-co distante, un uomo e una donna.

Salgono su una %)$ grigio metal-lizzato e se ne vanno indisturba-ti, mentre la gente, richiamata dai colpi, li osserva dalle " nestre. Qualcuno fa in tempo ad appun-tarsi anche la targa della macchi-na: Miy!"#$". rubata a Milano, il giorno precedente.Così, con semplicità criminale, il terrore entra in Brianza, in una mattinata di febbraio di trent’anni fa. In Italia si spara, dappertutto e da tempo, ma quassù molti si sen-tono irragionevolmente al sicuro, come se la violenza, la morte e la follia possano fermarsi pochi chi-lometri più in giù.«Anche Monza è stata bagnata dal sangue di una delle innumerevoli vittime della spirale di terrore in-staurata negli ultimi anni dai pro-fessionisti dell’eversione politica», scriverà pochi giorni più tardi, sul Cittadino, un giovanissimo Miche-le Brambilla, oggi " rma di punta de La Stampa di Torino. Invece, come spiegherà una vo-

Riccardo Scamarcio nel film La prima linea, ispirato alla vita dell’ex terrorista Sergio Segio

Shock all’Hensemberg

Più o meno alla stessa ora dell’omicidio ma il giorno dopo, alcuni studenti attaccano accanto al portone dell’Istituto tecnico Hensemberg di Monza, un manifesto così intitolato: «Povero Paolo, hai ! nito d’ammazzare». Firma uno sconosciuto Collettivo per la controinformazione. Segno della follia dei tempi che non arma solo le mani dei terroristi ma alberga nelle teste di ragazzi a malapena diciottenni. La preside, coraggiosamente, lo stacca e lo manda in Procura. Monza però aveva già detto altro. Emanuele Cirillo, sindaco, tra i primi ad arrivare sul luogo del delitto parlà di un terrorismo «crudele, feroce, incoerente, esce dai canoni della stessa delinquen-za: è qualcosa di più e di peggio. È l’uomo che cessa di essere uomo per diventare bestia».Anche l’Azione cattolica dirama un comunciato, «richiamando fortemente il valore intangibile della vita umana, celebrato e annunciato solo pochi giorni fa nelle comunità cristiane». L’Ac invita «tutti i fratelli nella fede e gli uomini di buona volontà a intensi! care gli sforzi per costruire una convivenza civile fondata sul valore della persona umana, del rispetto del dialogo come metodo politico». Fa eco un nota del Movimento popolare, ambito di impegno politico degli aderenti a Comunio-ne e liberazione. Quelli di Mp parlano di un’ideologia che «non si commuove davanti alla morte, spesso ne ha bisogno perché in fondo l’uomo non pesa e non conta se non come strumento per un potere e per un ricatto», assicurando la loro presenza «per proclamare e difendere la dignità di ogni uomo, che per noi ha preso luce e consistenza nell’incontro con l’avvenimento cristiano, ma il cui valore è ben presente nel fondo di ogni uomo».

«HA FINITO DI UCCIDERE»

ce femminile all’Ansa di Milano, Prima linea ha cercato e colpito in Brianza un bersaglio di grande signi" cato politico: il direttore di una fabbrica associata, nell’imma-ginario colletivo, alla quintessenza del capitalismo più irresponsabile. «Buongiorno signorina», sussur-rerà quasi la terrorista, «siamo di Prima Linea e rivendichiamo l’uc-cisione di Paolo Paoletti, avvenuta questa mattina a Monza. Seguirà comunicato».Ma intanto il mondo s’accalca in-torno al povero corpo. Giungono da Milano, arrivano dal commis-sariato, dal consiglio comunale: il cortile della palazzina a tre piani che per dieci anni ha visto il di-rigente fare l’andirivieni con Se-veso, osserva ammutolito quella folla agitarsi presa dal panico, in-torno al cadavere. Da Vimercate torna anche lei, la signora Paoletti, al secolo Anna Laura Horloch. È toscana di Fi-renze, ha scelto di seguire il mari-

to su in Brianza, per il lavoro di lui. E accanto a lui ha vissuto i giorni duri dell’incidente, quando quel sabato di luglio, il reattore dello stabilimento, a Meda, era esplo-so. Era con lui, in ferie, quando dalla fabbrica l’avevano avvertito: «Dottore, dottore, è successo un disastro». E vedendo, ora, il cor-po insanguinato, probabilmente la donna ricorda il marito che cor-reva dal sindaco di Seveso, Fran-cesco Rocca, e di Meda, Fabrizio Malgrati, andando a cercarli a ca-sa. Per poi recarsi tutti insieme dai Carabinieri di Meda. E l’indoma-ni correre in macchina a Ginevra, con i campioni del terreno da far analizzare e tornare di " lata con il responso: nella nube sprigionata c’era diossina.E mentre le autorità si accalcano intorno a lei e il mondo intero le crolla addosso, forse, ripensa a quando i carabinieri, un giorno di luglio, vennero in quella casa e portarono Paolo in carcere. A Monza e poi a Desio, per un lun-go caldissimo mese, quando tutto e tutti erano contro di lui.Pensava che fosse finita, Anna Laura, sperava che con quella paura, quella vergogna, quel do-lore privato, tutto fosse " nito. Che in qualche modo, il suo uomo, il padre del suo Marco, lavorando duramente alla boni" ca, apprez-zato e stimato da tutti per il suo impegno e la sua dedizione, avesse riscattato quei giorni e quelli del dolore altrui, delle case abbando-nate, delle gravidanze interrotte, della rabbia e della paura.Chi avrebbe potuto pensare, all’orrore che, all’alba, si mette su un’utilitaria e che, dalla peri-feria milanese, si spinge " n lì, ad aspettare un cancello che si apre e un uomo che si a* accia, assorto nei suoi pensieri?Chi avrebbe pensato di vederse-lo strappare così, tre ton" sordi in una mattina di febbraio? Chi avrebbe immaginato di dare a Marco, una notizia del genere? Perché ancora ignaro, a scuola Marco Paoletti, segue la lezione.A Monza, nel pomeriggio di quel giorno, la stanca liturgia dell’in-dignazione: consiglio comunale straordinario, corteo dei lavora-tori in sciopero. Una giornata tragicamente nor-male, +& anni fa. Per il resto, alle %$, su Raiuno, c’è anche Happy Days, mentre al ci-nema Centrale danno Apocalipse Now

Prima Linea, 16 morti

Page 6: Il Giornale della Memoria

Arnaldo Forlani, al centro,

segretario della Democrazia

Cristiana nel 1970

6Marzo 2010

BR

IAN

ZA

197

0

LISTA VOTI %

LOMBARDIADC 2.138.141 40,90PCI 1.210.068 20,53PSI 648.696 12,41PSU 376.436 7,20PLI 310.324 5,94MSI 195.791 3,74PSIUP 188.585 3,61PRI 125.767 2,41PDIUM 31.119 0,60UN.AUT. D’IT. 3.389 0,06

LISTA VOTI %

ALBIATEDC 1.223 50,79PCI 451 18,73PSI 300 12,46PSU 128 5,32PLI 89 3,70MSI 49 2,03PSIUP 114 4,73PRI 33 1,37PDIUM 15 0,62UN.AUT. D’IT. 6 0,25

ALZATE BRIANZADC 889 52,42PCI 297 17,18PSI 220 12,72PSU 144 8,33PSIUP 101 5,84PLI 36 2,08MSI 23 1,33PRI 11 0,64PDIUM 8 0,46

ARCOREDC 3.643 48,23PCI 1.551 20,53PSI 1.183 15,66PSU 390 5,16PLI 314 4,16MSI 211 2,79PSIUP 132 1,75PRI 96 1,27PDIUM 25 0,33UN.AUT. D’IT. 8 0,11

BARZANÒDC 1.105 53,18PCI 408 19,63PSI 186 8,95PSU 120 5,77PLI 109 5,25PSIUP 91 4,38MSI 32 1,54PRI 20 0,96PDIUM 7 0,34

7 giugno. Le prime elezioni regionali

È DC DA ERBA A MUGGIÒLo Scudocrociato domina in Brianza con percentuali superio- ri a quelle ottenute in Lombardia dove è il partito più votato con oltre il 40 per cento dei consensi. Il Pci vince a Limbiate ed è seconda forza in tutto il territorio

BARLASSINADC 1.387 44,76PCI 620 20,01PSI 359 11,58PSU 290 9,35 PSIUP 139 4,49PLI 127 4,10MSI 104 3,36PRI 57 1,84PDIUM 12 0,39UN.AUT. D’IT. 4 0,13

BERNAREGGIODC 2.361 40,52PCI 1.712 29,38PSI 925 15,87PSU 267 4,58PSIUP 206 3,54PLI 137 2,35PRI 113 1,94MSI 84 1,44PDIUM 17 0,29UN.AUT. D’IT. 5 0,09

BESANADC 4.465 61,54PCI 941 12,97PSI 888 12,24PSU 329 4,53PLI 239 3,29PSIUP 201 2,77MSI 79 1,09PRI 76 1,05PDIUM 24 0,33UN.AUT. D’IT. 14 0,19

BIASSONODC 2.569 57,22PCI 784 17,46PSI 521 11,60PSU 199 4,43PLI 164 3,65PSIUP 101 2,25PRI 65 1,45MSI 60 1,34PDIUM 16 0,36UN.AUT. D’IT. 11 0,24

BOVISIO MASCIAGODC 2.821 44,47PCI 1.349 21,26PSI 803 12,66PSU 492 7,76PLI 331 5,22MSI 233 3,67PSIUP 162 2,55PRI 127 2,00PDIUM 18 0,28UN.AUT. D’IT. 8 0,13

BRIOSCODC 1.468 60,14PCI 364 14,91PSI 329 13,48PSU 102 4,18PSIUP 81 3,32PLI 35 1,43MSI 32 1,33PRI 19 0,78PDIUM 9 0,37UN.AUT. D’IT. 2 0,08

CABIATEDC 1.959 58,62PSI 593 17,74PCI 318 9,52PSU 176 5,27PLI 114 3,41PSIUP 75 2,24MSI 61 1,83PRI 33 0,99PDIUM 13 0,39

CANTÙDC 9.596 50,48PCI 3.577 18,82PSI 2.279 11,99PSU 1.427 7,51PLI 777 4,09PSIUP 669 3,52MSI 312 1,64PRI 275 1,45PDIUM 98 0,52

CARATE BRIANZADC 4.729 52,70PCI 1.475 16,44PSI 1.105 12,31PLI 616 6,87PSU 932 4,37MSI 231 2,57PSIUP 204 2,27PRI 156 1,74PDIUM 51 0,57UN.AUT. D’IT. 14 0,16

CARUGODC 1.417 59,35PCI 286 11,65PSI 241 9,82PSU 175 7,13PLI 121 4,93PSIUP 77 3,14MSI 58 2,36PRI 26 1,06PDIUM 14 0,57

CASATE NOVODC 3.620 72,28PCI 398 7,95PSI 384 7,67

PLI 219 4,37PSU 179 3,57PSIUP 93 186PRI 57 1,14MSI 40 0,80PDIUM 18 0,36UN.AUT. D’IT. 3.389 0,06

CESANADC 639 71,56PCI 74 8,29PSI 59 6,61PSU 52 5,82PSIUP 36 4,03PLI 14 1,57PRI 8 0,90MSI 7 0,78PDIUM 4 0,45

CESANO MADERNODC 8.832 48,19PCI 4.348 23,72PSI 1.618 8,83PSU 1.299 7,09PRI 697 3,80PLI 531 2,90PSIUP 475 2,59MSI 428 2,34PDIUM 81 0,44UN.AUT. D’IT. 20 0,11

ERBADC 4.344 45,98PCI 1.341 14,19PSI 1.132 11,98PSU 797 8,44PLI 751 7,95PSIUP 422 4,47MSI 365 3,86PRI 248 2,62PDIUM 48 0,51

GIUSSANODC 5.767 53,35PSI 1.616 14,94PCI 1.458 13,49PLI 612 5,66PSIUP 531 4,91PSU 487 4,51MSI 174 1,61PRI 108 1,00PDIUM 44 0,41UN.AUT. D’IT. 14 0,13

INVERIGODC 2.167 51,52PSI 617 14,67PCI 485 11,53PSU 345 8,20PLI 204 4,85PSIUP 196 4,66

Prima Giunta

Si eleggeva il Consiglio regionale lombardo nella elezione del 1970, la prima dopo la nascita dei nuovi enti amministrativi.Dall’urna uscì una maggioranza abbastanza forte per il partito che governava l’Italia, vale a dire la Democrazia cristiana.Ai primi di luglio il nuovo Consiglio riunito elegge, proprio dalle !la scudocrociate, il primo presidente dell’assemblea: è un av-vocato 41enne di Seregno, Gino Colombo, segretario della Dc milanese e già membro del Consiglio nazionale del partito dal ’69. In regione ha raccolto più di 28mila preferenze, di cui 548 a Monza. Ma ci vorranno ancora due settimane per eleggere il presidente della Giunta: sarà Piero Bassetti, classe 1928, boc-coniano, già consigliere comunale e assessore a Milano.

BASSETTI PRESIDENTE

Page 7: Il Giornale della Memoria

7Marzo 2010

A A MUGGIÒ ri a quelle ottenute in Lombardia dove è il partito Limbiate ed è seconda forza in tutto il territorio

MSI 107 2,54PRI 61 1,45PDIUM 24 0,57

LENTATEDC 3.236 42,90PCI 2.341 31,04PSI 1.024 13,58PSU 365 4,84PSIUP 228 3,02PLI 141 1,87PRI 115 1,52MSI 73 0,97PDIUM 17 0,23UN.AUT. D’IT. 3 0,04

LESMODC 1.298 53,55PCI 397 16,38PSI 325 13,41PSU 134 5,53PLI 92 3,80PSIUP 79 3,26MSI 51 2,10PRI 36 1,49PDIUM 8 0,33UN.AUT. D’IT. 4 0,17

LIMBIATEPCI 6.305 39,54DC 4.654 29,18PSI 1.951 12,23PSU 917 5,75PSIUP 762 4,78PLI 642 4,03MSI 409 2,56PRI 210 1,32PDIUM 77 0,48UN.AUT. D’IT. 20 0,13

LISSONEDC 8.497 48,33PCI 3.030 17,24PSI 1.824 10,38PLI 1.337 7,61PSU 1.171 6,66PRI 694 3,95PSIUP 584 3,32MSI 305 1,73PDIUM 112 0,64UN.AUT. D’IT. 26 0,15

MARIANO COMENSE DC 4.489 48,38PCI 1.647 17,75PSI 1.524 16,43PLI 478 5,15PSU 471 5,08PSIUP 383 4,13MSI 148 1,60PRI 92 0,99PDIUM 46 0,50

MEDADC 5.196 48,87PCI 2.232 20,99PSI 1.338 12,58PSU 662 6,23PLI 405 3,81PSIUP 325 3,06MSI 235 2,21PRI 182 1,71PDIUM 51 0,48UN.AUT. D’IT. 7 0,07

MERATEDC 4.101 58,09PSI 852 12,07PCI 782 11,08

PLI 441 6,25PSU 385 5,45PSIUP 230 3,26MSI 146 2,07PRI 90 1,27PDIUM 33 0,47

MONZADC 28.951 41,69PCI 13.337 19,20PSI 8.341 12,01PSU 6.030 8,68PLI 5.421 7,81MSI 2.478 3,57PRI 2.272 3,27PSIUP 2.134 3,07PDIUM 419 0,60UN.AUT. D’IT. 68 0,10

MUGGIÒDC 3.786 39,89PCI 3.495 36,82PSI 892 9,40PSIUP 397 4,18PSU 350 3,69PLI 272 2,87MSI 158 1,66PRI 102 1,07PDIUM 32 0,34UN.AUT. D’IT. 8 0,08

OGGIONODC 2.241 57,65PSI 450 11,58PCI 403 10,37PSU 230 5,92PLI 211 5,43PSIUP 184 4,73MSI 92 2,37PRI 52 1,34PDIUM 24 0,62

PADERNO DUGNANODC 7.851 38,50PCI 6.985 34,26PSI 2.036 9,99PSU 1.185 5,81PSIUP 887 4,35PLI 511 2,51PRI 434 2,13MSI 409 2,01PDIUM 72 0,35UN.AUT. D’IT. 20 0,10

RENATEDC 996 55,27PCI 332 18,42PSI 186 10,32PSU 88 4,88PLI 77 4,27PSIUP 67 3,72MSI 30 1,66PRI 18 1,00PDIUM 6 0,33UN.AUT. D’IT. 2 0,11

SEREGNODC 10.115 48,93PCI 3.739 18,09PSI 2.546 12,31PSU 1.090 5,27PLI 1.004 4,86MSI 813 3,93PRI 606 2,93PSIUP 595 2,88PDIUM 122 0,59UN.AUT. D’IT. 44 0,21

SEVESODC 4.438 48,83PCI 2.027 22,30PSI 967 10,64PSU 712 7,83PLI 317 3.49PSIUP 210 2,31MSI 193 2,12PRI 150 1,65PDIUM 58 0,64UN.AUT. D’IT. 16 0,18

SOVICODC 2.153 57,31PSI 600 15,97PCI 542 14,43PLI 132 3,51PSU 124 3,30PSIUP 82 2,18MSI 58 1,54PRI 47 1,25PDIUM 16 0,43UN.AUT. D’IT. 3 0,08

TRIUGGIODC 2.284 61,80PCI 578 15,64PSI 421 11,39PSU 179 4,84PSIUP 75 2,03PLI 75 2,03MSI 31 0,84PRI 30 0,81PDIUM 21 0,57UN.AUT. D’IT. 2 0,05

VAREDODC 2.820 44,89PCI 1.279 20,36PSI 1.023 16,28PSU 394 6,27PRI 229 3,65PLI 208 3,31PSIUP 161 2,56MSI 123 1,96PDIUM 33 0,53UN.AUT. D’IT. 12 0,19

VEDUGGIODC 1.053 49,41PSI 420 19,71PCI 399 18,72PSIUP 75 3,52PSU 75 3,52PLI 55 2,58MSI 29 1,36PRI 14 0,66PDIUM 8 0,38UN.AUT. D’IT. 3 0,14

VERANODC 2.048 58,99PCI 485 13,97PSI 458 13,19PSU 117 3,37PSIUP 111 3,20PLI 111 3,20MSI 88 2,53PRI 34 0,98PDIUM 17 0,49UN.AUT. D’IT. 3 0,09

VERDERIO INF.DC 471 56,21PSI 132 15,75PCI 127 15,16PSIUP 51 6,09PSU 20 2,39PLI 18 2,15

MSI 12 1,43PRI 4 0,48PDIUM 3 0,36

VERDERIO SUP.DC 362 54,27PCI 188 28,19PSI 57 8,55PSIUP 32 4,80PLI 10 1,50PSU 8 1,20MSI 5 0,75PDIUM 3 0,45PRI 2 0,30

VERTEMATEDC 882 58,45PCI 269 17,83PSI 137 9,08PSIUP 87 5,77PSU 62 4,11PLI 28 1,86MSI 22 1,46PRI 17 1,13PDIUM 5 0,33

VIGANÒDC 392 61,64PCI 97 15,25PSI 58 9,12PSIUP 28 4,40PSU 25 3,93PLI 16 2,52MSI 9 1,42PRI 6 0,94PDIUM 5 0,79

VILLASANTADC 3.187 53,89PCI 1.025 17,33PSI 670 11,33PSU 410 6,93PLI 305 5,16PSIUP 130 2,20MSI 89 1,50PRI 74 1,25PDIUM 16 0,27UN.AUT. D’IT. 8 0,14

VIMERCATEDC 5.793 49,79PCI 2.769 23,80PSI 1.395 11,99PSU 493 4,24PLI 421 3,62PSIUP 373 3,21PRI 198 1,70MSI 156 1,34PDIUM 24 0,21UN.AUT. D’IT. 13 0,11

CERNUSCO SUL NAVIGLIO MAGGIOREDC 2.138.141 40,90PCI 1.210.068 23,14PSI 648.696 12,41PSU 376.436 7,20PLI 310.324 5,94MSI 195.791 3,74PSIUP 188.585 3,61PRI 125.767 2,41PDIUM 31.119 0,60UN.AUT. D’IT. 3.389 0,06

Alle regionali del 1970, par-tecipano i grandi partiti che 24 anni prima avevano ge-stito il passaggio dalla mo-narchia alla repubblica.C’è la Democrazia Cri-stiana-Dc, partito cattolico e centrista, che governa a li-vello nazionale ininterrotta-mente dal 1948, anno in cui vinse le elezioni politiche contro i due principali par-titi d’opposizione il Partito socialista italiano-Psi e il Partito Comunista Italia-no-Pci, uniti nel Fronte po-polare. Anche loro concor-rono separatamente per il nuovo consiglio regionale, solo che i rapporti di forza sono invertiti: i comunisti, all’epoca ancora fautori del socialismo reale che domi-na in mezzo mondo, sono la prima forza. Il Psi, che anco-ra pendola fra riformismo e massimalismo, è il terzo par-tito italiano. Ci sono poi due altre liste che si richiamo al sociali-smo: quella del Partito so-cialista unitario-Psu, che raccoglie la tradizione so-cialdemocratica italiana (e che alle politiche prece-denti s’era unito al Psi) e il Partito socialista di unità proletaria-Psiup, nato nel 1964 da una scissione da si-nistra del Psi, dopo la scelta di quel partito di andare al governo insieme allo scudo-crociato.Alla destra della Dc, trovia-mo il Partito liberale italia-no- Pli, erede dell’omonima tradizione, ma anche il Par-tito repubblicano italiano-Pri, che custodisce gli ideali mazziniani.Non mancano neppure i sa-voiardi del Partito di uni-tà monarchica-Pdium e, alla destra estrema, il Mo-vimento sociale italiano-Msi che, per il suo irrisol-to rapporto con il fascismo, viene definito «fuori dall’ar-co costituzionale», volen-do intendere con questa espressione i partiti che si riconoscono nella costitu-zione del 1946 e quindi an-tifascisti.L’Unione degli autonomisti d’Italia cerca di proiettare su base nazionale le istanze già note in Val d’Aosta, Alto Adige e Sardegna.

Quelle sigle scomparse

Le parole della storia L

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8Marzo 2010

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Un’immagine attuale del Lambro nei pressi di Milanodopo una piena

1971 Industriali

Il Cittadino, nell’edizione del Meridiano Lissonese del 10 aprile 1971, annuncia che «gli imprenditori di Monza e Brianza accon-sentono alle opere contro l’inquinamento».Si parla di un nuovo servizio di consulenza offerto dall’Associa-zione industriali di Monza e Brianza agli associati che vogliono mettere a norma gli impianti produttivi, per quanto riguarda gli scarichi aerei e refl ui. Si cita una commissione presieduta da un accademico di Pavia, il professor Paolo Berbenni, direttore dell’Istituto di chimica idrogeologica e di una «un servizio gra-tuito di consulenza tecnica, allo scopo di fornire alle ditte inte-ressate le migliori indicazioni in materia di depurazione degli scarichi industriali».È il segno che ormai fra i cittadini e nella politica si è diffusa la coscienza che il problema ambientale non può essere più riman-dato. E anche la classe imprenditoriale accetta responsabilmen-te di investire in quella che, molti decenni dopo, sarebbe stata defi nita la sostenibilità.Pochi giorni prima, il 3 aprile, ancora il Cittadino aveva dato

notizia di un’importante decisione del Mediocredito Lombardo presieduto dal professor Giordano Dell’Amore «ridurre le tas-se al 5% il tasso di interesse dei prestiti contratti per la realizza-zione di impianti antinquinamento da parte di medie e piccole industrie, in considerazione dell’importanza di tali impianti ai fi ni del miglioramento delle condizioni ambientali, soprattutto in Lombardia».L’articolo si chiude con una chiosa un po’ polemica del giornale monzese che, nell’incipit, aveva defi nito «lodevole» l’iniziativa. Riferendosi all’importanza degli ammodernamenti citati, il gior-nale aggiunge: «Specialmente se nella pratica troverà riscontro quanto è scritto sulla carta e che cioè di norma il Microcredito stesso agevolerà le ditte interessate senza esigere garanzie reali e con procedure snelle». Come se fra il valore di certi annunci e la concreta applicazione, passasse una buona dose di burocrazia e richieste patrimoniali molto esose. Manzonianamente si potrebbe scrivere che queste sono le ban-che, o meglio erano le banche del 1971.

Non c’erano le pol-veri sottili ad ag-gredire i nostri polmoni, forse perché il pm10 era

un dato noto solo ai tecnici di la-boratorio e, con tutta probabilità, non si era usi misurarne la presenza nell’aria che respiravamo. La parola inquinamento comin-ciavamo a conoscerla proprio in quegli anni, così come il termine «ecologia». Non era l’aria a preoccupare all’ini-zio del 1970 ma l’acqua. Anche per-ché gli effetti nefasti degli scarichi - schiume, solidi, morie di pesci - erano molto ben visibili, al contra-rio dei veleni pulviscolari di certe lavorazioni.A preccupare, nel febbraio di qua-rant’anni fa era il Lambro, ridotto a cloaca. Davvero una situazione aldilà del tollerabile se anche il Cit-tadino, foglio cattolico e modera-to, inizia a occuparsene sempre più spesso.Nell’edizione del 21 febbraio, il giornale monzese sguinzaglia il collaboratore Sergio Nava a osser-vare, a fotografare e a raccontare il fiume dalle sorgenti, da Monte San Primo a Piano di Rancio fino alla città della Corona ferrea. Ne esce un reportage che, malgra-do il biancoenero e l’invecchiamen-to della carta di quattro decenni, impressiona ancora.E se quando le acque del Lamber entrano nel Lago di Pusiano nien-te sembra preoccupare - la natura è intatta e lo sguardo si riposa su gorghi e salti del fiume che scende a valle, in mezzo a un profumo di vita - nel tratto a valle, le cose co-minciano a cambiare, e molto.All’ombra della storica basilica di Agliate, l’antico fiume, il figlio del-

Inquinamento a livelli record

ALLERTA LAMBRO, IL FIUME È MORTOQuarant’anni fa in Brianza comincia a diffondersi una nuova sensibilità ambientale. Preoccupano aria e acqua mentre la situazione del Figlio delle Alpi appare quasi compromessa

le Alpi citato da Plinio, mostra un aspetto preoccupante anche all’oc-chio del profano. «Le acque melmose», scrive Nava, «rilfettono a fatica il romantico scenario che le fiancheggia». Ma il colore non è il solo elemento che trasforma il fiume: «La fitta coltre schiumosa provocata dagli scarichi industriali ha anche la particolarità di puzzare tremendamente».In uno dei punti più suggesttivi del-la Brianza, a due passi da una delle chiese più belle, testiomonianza di

un romanico che tutto il mondo guarda, il Lambro è già morente.Più a valle, il «cronista verde» del Cittadino, armato di macchina fo-tografica, indugia sulle acque in zona Taboga, tradizionale mete di comitive nelle domeniche e nei giorni di festa. «Hanno dovuto cedere imponen-ti contro un nemico micidiale: la puzza», va giù duro l’articolista, ricordando come, non molti an-ni prima, proprio in quel punto, il corso del Lambro facesse funzio-

nare molti mulini mentre, oggi, «passa ora acqua pregna di scorie chimiche».Ma è da quel punto in avanti, verso Monza, che il fiume spaventa. Da certe rogge che ne alimentano le acque, spiega il giornale mon-zese, arriva l’aggressione più dura alla vita residua del corso d’acqua e quello che scorre sotto i ponti monzesi «è ormai un fiume mor-to», come le schiume grigie che vi galleggiano testimoniano.Ma anche le analisi di laboratorio

SCARICO SELVAGGIO ADDIO, ORA LE AZIENDE SI METTONO IN REGOLA

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AlbavillaErba

Eupilio

Pusiano

Cesana

Bosisio

MeroneAlserzo

AnzanoMonguzzo

Rogeno

Costamasnaga

Lambrugo

Lurago

Nibionno

FIUME LAMBRO

Inverigo Veduggio

BrioscoArosio

GiussanoBesana

Casatenovo

Triuggio

Verano

Carate

AlbiateCorrezzana

Sovico

Macherio

Biassono

Vedano Villasanta

Arcore

Lesmo

Monza

DA MONTE SAN PRIMO A MONZA

Il Lambro, nel 1970, presentava problemi di inquinamento crescenti man mano che scendeva a valle dalla sorgente.I primi segnali, soprattutto dovuti agli scarichi civili, si registravano sui laghi ma la situazioni precipitava quando il corso del fiume raggiungeva la Brianza più industrializzata, da Inverigo in giù, e stavolta per via degli scarichi delle imprese.Già ad Albiate la situazione appariva compromessa e il Lambro entrava a Monza oramai biologicamente morto.

9Marzo 2010

Le parole della storia L

La scoperta dello smogLa parola nacque in un con-vegno scentifico londine-se sulla salute pubblica nel 1905: smog, ovvero smoke, cioè fumo, e fog, vale a dire nebbia. In Inghilterra era il prodotto di qualche secolo di Rivoluzione industriale e tanto carbone bruciato per produrre energie e riscal-dare gli ambienti.In Italia, negli anni ’70, con l’affermarsi della prima sen-sibilità ecologista, si scopre che quella coltre che abbrac-cia le città del Triangolo in-dustriale (Milano, Genova e Torino) non è propriamen-te foschia ma un coctayil di veleni derivati dalla combu-stione.Il Wwf, la cui sezione italiana apre i battenti nel ’66, avvia le sua campagne di sensibi-lizzazione

Nelle estati degli anni ’50, i laghi (qui Segrino) e i fiumi brianzoli si trasformavano spesso i luoghi di balneazione

Natura minacciata

Paura per le tartarughine dell’alta Brianza. L’allarme lo lancia il Cittadino del 20 giugno 1970, che rivela come la rarissima spe-cie sia minacciata dall’inquinamento. Piccole colonie di esse abitando dove si forma il Lambro (Ponte Nuovo), in zone acquitrinose poco lontano dal Lago di Pusiano e nel Lago di Alserio.La specie Emys orbicularis , della famiglia delle Emididi, è ra-rissima perché, oltre alla minaccia ambientale , «impiega circa 20 anni a raggiungere la piena maturità sessuale».Di dimensioni ridottissime -14-16 centimetri di lunghezza – han-no una «corazza è di colore bruno verde sul dorso con picco-le macchie gialle, il piastrone invece è giallo chiaro». L’autore dell’articolo assicura che questa tartaruga, oltre che in Italia, è diffusa nell’Europa meridionale.Diffi cile, quasi impossibile osservarle «se non appostandosi con il binocolo», le tartarughine dei laghi brianzoli «nuotano veloci nelle acque torbide e fangose e stanno immobili sulle rive a godere il sole».

confermano quelle a vista. Lo stesso Cittadino cita i lavori di un certo prof. Vendegna sulle acque del fiume all’ingresso di Monza. Dati desolanti: l’ossigeno 65% del-la saturazione. Il Bod cioè Bioche-mical oxygen demand, che indica il fabbisogno di ossigeno di un’acqua per ossidare le sostanze organiche degradabili in essa presenti, tra-mite i microrganismi aerobici, 40 milligrammi per litro; il residuo fis-so a 180° è pari a 510/690 mg/l; le tracce dei detersivi sono fra 1,0/1,4 mg/litro come Alchibenzensolfo-nati-Abs, sostanze tipiche dei sapo-ni non biodegradabili dell’epoca. Una situazione che finisce, inevita-bilmente, per allarmare le autorità. Il Cittadino del 12 dicembre, ripor-ta infatti l’allarme del Comune di Monza,che convoca una riunione col sindaco Vittorio Pavia.Al tavolo, secondo quanto riporta il giornale monzese, ci sono «gli assessori Galbiati e Penati, il se-gretario generale Caimmi, il vice-segretario generale Cerutti, l’uf-ficiale sanitario Scaglione, il dott. Arnoldi, l’ing. Rausa, l’avvocato Perfetto e il perito Monguzzi».Si affronta il problema a 360 gradi. A cominciare dalla fognatura di cui si esaminano «le possibili carenze» e viene prospettata «l’opportunità di adottare norme particolari per gli allacciamenti e per le caratteri-stiche degli scarichi». Ma quello che emerge dal tavolo del sindaco è la carenza legislativa: mancano regole certe per combat-tere l’inquinamento e colpire gli in-quinatori. Non manca, in quell’inizio di in-verno del 1970, la volontà politica perché evidentemente si è diffu-sa, anche fra la gente di Brian-za, la consapevolezza che le cose non possono essere lasciate al lo-ro corso. «Pur potendo contare su un apparato legislativo carente», si scrive, «è stata espressa la fer-ma intenzione di normalizzare la situazione per quanto riguarda il territorio monzese con l’auspicio che l’inquinamento del Lambro, a monte fuori dai confini sia posto rimedio in sede regionale». Insomma, lo storico fiume non si riporta in vita agendo su un pezzo del suo corso a valle ma interve-nendo su tutto il suo lungo fluire. E soprattutto, il Lambro deve di-ventare un’emergenza regionale, visto che il nuovo ente è nato e si è insediato dal giugno dello stes-so anno. Alla riunione comunale,

i tecnici esibiscono nuovi dati sul-la presenza della fauna nel fiume. Tutto bene a Megrelio, Barni e Lesnigo. Quando il Lambro scen-de più giù, ad Asso, S.Calocero, Caslino e Ponte Lambro, comin-cia l’impoverimento e la scompar-sa di alcune forme di vita. Già nei laghi, il Pusiano «cantato» da Emilio Gadda e l’Alserio, «la

fauna si impoverisce sempre più e compaiono le forme di vita più resistenti alla mancanza di ossige-no», scrivono.Da lì in poi, la situazione si fa dram-matica di ansa in ansa, di pescaia in pescai. Il rapporto parla chiaro: «A Monza e fino a 15 chilometri a monte di Milano, l’inquinamento è fortissimo e prevalentemente di

PUSIANO E ALSERIOSOS TARTARUGHE

natura tossica». Alle stazioni di Carate e Canoni-ca e Monza, continuano i biologi, «non si registra dal 1967 più alcuna fauna e il Lambro arriva alla città di Milano come morto».I latini l’avevano chiamato Lam-pros cioè lucente e trasparente ma quel fiume morto e maleodorante non riluce più

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10Marzo 2010

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Prima che l’incuria e forse il dolo degli uomini pro-ducessero lo scempio del

gasolio che annerisce le acque del Lambro, come ci è toccato di vedere in questi giorni, Regio-ne Lombardia e Parco Valle del Lambro avevano siglato un ac-cordo importante per la tutela del fi ume.A gennaio è stata infatti fi rmata una convenzione fra le due isti-tuzioni che riconosce, spiega un comunicato «il Parco come ente coordinatore e attuatore degli in-terventi di regolazione idraulica e di rinaturazione lungo tutto il bacino del Lambro».La riqualifi cazione del fi ume è in-fatti , spiega il presidente Emilia-no Ronzoni, «la vera innovativa scommessa del Parco per arrivare a un fi ume più pulito, più natura-le, più vivo». La convenzione, che è probabil-mente un anticipo del «Contratto di fi ume» vero e proprio, conter-rà tutte le azioni che, nella con-divisione con i comuni e le As-sociazioni, concorreranno a far rinascere il fi ume. «Già sono arrivati fi nanziamenti per oltre 5 milioni di euro», fanno sapere da Ponte, sede del Parco, «e altri ne arriveranno se sapremo portare a termine un percorso che è fatto di assunzione concreta di responsabilità». Ronzoni osserva che «sarebbe il primo caso in Italia in cui un Par-co viene riconosciuto come una sorta di autorità idraulica di ba-cino. Per essere pronti all’appun-tamento il Parco si è dotato di un Dipartimento di riqualifi cazione fl uviale che già oggi si avvale di competenze qualifi cate, della col-laborazione con il Politecnico di Milano e del prezioso apporto di conoscenza e esperienza di asso-ciazioni ambientaliste locali». Al risanamento del Lambro si la-

PARCO E VOLONTARILE NUOVE SENTINELLE ANTINQUINAMENTOConvenzione fra regione ed ente Parco attribuisce a quest’ultimo la vigilanza del Lambro. Primo passo verso il contratto di fiume. In passato, sul risanamento piani e crisi

Domani avvenne

Il caso

Fare affari con l’inquinamen-to. Nell’aprile del 1971, co-me dà conto, si capisce che per disinquinare aria e ac-qua ci vorranno ingenti in-vestimenti, imprese, capita-li. Quanto basta per farci una fiera. A Milano la mettono subito in calendario: si svol-gerà dal 14 al 19 novembre di quell’anno e sarà intitola-ta «Prima Mostra-convegno antinquinamento». A realizzarla è il Comis, sot-to la presidenza del senatore avvocato Mario Dosi.

ECOLOGIAFA BUSINESS

vora da molti anni.Le cronache del luglio 1988, par-lano di un provvedimento del Governo, su proposta dell’allora ministro dell’Ambiente, il socia-lista Giorgio Ruff olo. Si trattava di «un piano quinquennale per i bacini idrografi ci Lambro, Seveso e Olona». Il piano prevedeva nel quinquennio 1988-92 interventi per un ammontare di 4.800 miliar-di di lire (2.400 milioni di euro) su un’area dichiarata ad alto rischio, che comprende circa la metà del territorio della Lombardia.

«Il piano», dichiarò a Repubblica il ministro, «è particolarmente im-portante perché cerca di disinqui-nare un’ area in cui vivono 5 mi-lioni di italiani, un’ area che pesa anche sull’ inquinamento del Po e dell’ Adriatico».Ma sempre secondo le cronache di quegli anni - ancora Repubblica del 3 marzo 1989 - il Giunta regio-nale lombarda, capitanata dal dc Bruno Tabacci, andò in crisi pro-prio sull’attuazione di quel Piano e sulla ripartizione dei relativi in-terventi sul territorio

Lotta ai fumi

La notizia arriva in luglio (del 1970), tanto che il Cittadino del 18, nell’attacco, può usare un pizzico di ironia: «Con questo caldo, scrivere di riscaldamento...».Siamo a Seregno e si parla di un’ordi-nanza del sindaco emanata nel maggio dell’anno prima, per intervenire sull’in-quinamento prodotto dagli impianti in base al diverso tipo di combustibile uti-lizzato. Un provvedimento non nuovo ma che evidentemente molti fanno fatica ad applicare.«L’ordinanza n.21», scrive il giornale, «commina sanzioni pecuniarie e minac-ciava di impedire l’uso degli impianti ali-mentati con combustibili non rispondenti

a precise caratteristiche». Ma cosa stabiliva l’ordinanza? Dei para-metri relativi soprattutto ai combustibili. Per il distillato di petrolio, come allora ve-niva chiamato il gasolio, olio combustibi-le con viscosità fi no a 5° Engler a 50°C e contenuto di zolfo non superiore al 3 per cento. Per gli oli con viscosità 3-5° Engler a 50°C è obbligatorio l’impiego del preri-scaldatore, così da ottenere una viscosità di 3° Engler all’uscita dello stesso.E perché ancora si usava in molti impianti il vecchio carbone - micidiale come in-quinante e infatti oggi vietatissimo - il sin-daco di Seregno, corroborato dai tecnici, stabiliva una serie di paletti.

Il coke metallurgico e il gas dovevano avere «materie volatili fi no al 2 per cento e contenuto di zolfo non superiore all’1 per cento»; «l’antracite propriamente det-ta con materie volatili fi no al 10 per cen-to e cottenuto di zolfo non superiore al 2 per cento».Materiali volatili più alti sono ammes-si per «impianti dotati di ampie camere di combustione e di mezzi meccanici di ricaricamento», mentre l’utilizzo dei co-siddetti agglomerati, mattonelle e ovuli, soprattutto per stufe destinati ai singoli locali, i materiali «volatili fi no al 13 per cento e contenuto di zolfo non superiore al 2 per cento».

SEREGNO, IL SINDACO DICHIARA GUERRA AL RISCALDAMENTO FUORILEGGE

La Cementeria di Bulciago in una foto tratta da La Brianza, De Biasi e Gadda Conti, ed. Lea,Roma 1961

Non ci sono parole per defi-nire l’orrore del Lambro che ribolle di gasolio. Le anatre incatramate dall’on-da oleosa lavate dai vigili del fuoco ci ricordano i gabbiani morenti di tanti disastri am-bientali a largo delle coste oceaniche. In ogni caso un salto indie-tro. Come hanno documenta-to queste pagine: 40 anni fa i brianzoli si resero conto che così non si poteva più andare avanti, che quel fiume morto e maleodorante era un disa-stro innanzitutto per loro e per i loro figli, che le ragioni dell’impresa, del lavoro, del benessere di tutti, dovevano coniugarsi con quelle della natura.Da quegli anni, per il Lam-bro, si fecero molte cose, fino a renderlo nuovamente vivo.Speriamo che l’orrore dello sversamamento di Villasanta susciti in tutti un nuovo amore alla natura e al paesaggio di questa terra. GdM

Il passato che tornaI

La lezione di Villasanta

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Che cosa accadevaC

11Marzo 2010un desiano

fra baglioni e bobbY sologiancarlo Cajani, giunto alla ribalta con Tuffati con me, oggi è imprenditore del turismo ma non smette di cantare di sergio giussani

1970, a Un disco per l’estate

se quella che si è chiusa è sta-ta una delle edizioni sanre-mesi più segnate dalle po-

lemiche lo si deve senza dubbio anche a un brianzolo di Muggiò: Marco Castoldi, in arte Morgan, con la sua incauta intervista a Max sull’uso delle droghe. C’è stata però un’epoca in cui gli artisti brianzoli avevano un’imma-gine più soft e certamente più ge-nuina. Il Cittadino del 23 maggio 1970, per esempio, tesseva le lo-di di un artista in grande ascesa.

«Giancarlo Cajani il cantante che vola», si scriveva, celebrandone l’imminente partecipazione a Un disco per l’estate - grande concorso di quegli anni con tutti i big nazio-nali, da Claudio Baglioni a Cate-rina Caselli a Bobby Solo a Mino Reitano - «è desiano purosangue, di 24 anni».«Dopo un’esperienza acquisita in un famoso locale dalla luce soffusa all’ombra del Duomo di Milano», scriveva il giornale monzese, «è entrato nell’ingranaggio della po-

non era stato un venerdì come tanti altri, per la città di Mug-giò, quello del 6 novembre

1970. Al teatro Zenith, infatti, era anda-to in scena La famm comincia a mezza-nott, della compagnia teatrale milanese diretta da Piero Mazzarella. Le vendite dei biglietti, per accaparrarsi i posti mi-gliori, erano iniziate alcuni giorni pri-ma, presso il Bar Commercio di piazza Garibaldi e il Bar Sport di via San Roc-co. La recita era stata un successo: il ta-lento di Mazzarella, spesso troppo sem-plicemente etichettato come un attore comico dialettale, si era rivalato anche allora capace di trasmettere valori profondi soprattutto attraverso la sua ironia. Eppure quando la compagnia, nelle settimane seguen-ti, si esibisce a Seveso, la pièce lumbard riscuote al-cune sonore critiche. Alcuni cittadini autodefinitisi «vecchi cattolici», che avevano polemizzato già per la proiezione in città del film Teorema di Pier Paolo Pasolini, prendono carta e penna e scrivono al Cor-riere di Seveso, inserto locale del Cittadino. «Non è ora di finirla?», scrivono. «Non si è ancora spenta l’eco delle polemiche suscitate doverosamen-te e giustamente in merito alla proiezione del film di

Pasolini che subito, rincorrendo a un teatro comico dialettale del quale non critichiamo gli attori come tali ma certa trama sboccata e saporosa comunque di doppisensi, si è ancora impartita, questa volta a tutti gli spettatori, una lezione della quale avrebbero fatto a meno».I censori vanno giù duro: «Fanciulle alla moda con abiti ridotti ai minimi termini e più», dettagliano, «situazioni familiari abnormi, accenni tutt’altro che vaghi ad invereconde propensioni maschili ed altre hanno provocato rimostranze fra quei genitori (vecchi cattolici?) i quali

avevano diritto ad un sano divertimento che non la-sciasse nel cuore dei loro figli torbidi ricordi forieri nei più deboli di future situazioni non desiderabili».Si parla di «attori indubbiamente dotati ma non si ricorderanno per le loro trame e per quelle innocue scenette da ringhiera e da cortile tipiche della Milano popolare». Moralisti? Neanche a parlarne, rifiutano di porsi «sul piedistallo di un puritanesimo falso e bu-giardo» e garantiscono di mobilitarsi «solo ed esclu-sivamente per una questione di morale generale e di buon gusto».«Perché ricercare il tutto esaurito», si chiedono, «ricor-rendo a fatti e frasari inopportuni?». S.G.

Ve lo immaginate oggi Ga-briele Muccino che viene a dibattere con le poche

decine di spettatori di un cinefo-rum? Quarant’anni fa poteva ac-cadere di incontrare, a Seregno, uno dei registi più stimati della scena cinematografica italiana.Fu così il 10 novembre del 1970 al teatro San Rocco. Si trattava di Ermanno Olmi che nel 1962 aveva vinto il premio del-la critica alla Mostra del cinema di Venezia, con la sua opera d’esori-dio, Il posto, ambientato nella vi-cina Meda. Come raccontanto le cronache, il regista che avrebbe vinto la Pal-ma d’oro a Cannes, otto anni do-po, con L’Albero degli zoccoli, si in-trattenne con gli appassionati a discutere sulla sua ultima fatica dell’epoca: I recuperanti. Il dibattito, dagli aspetti più tecnici cari ai cinefili, si allargò «alle diffi-coltà e ai disagi che una guerra può creare». S.G.

1970 Muggiò e seveso 1970 seregno

«sPeTTaColi sCollaCCiaTi», il TeaTro MILANES fa disCuTere

il CineforuM? Col MaesTro

polare manifestazione canora per la quale ha inciso appositamente il suo Tuffati con me, oramai inserito in tutti i juke boxes».Giancarlo Caiani, senza la «j» che si usava nell’italiano di quarant’anni fa, vive ancora a Desio, si occupa di turismo ma continua a suonare per passione, con frequenti parte-cipazioni alle trasmissioni di re-vival su Antenna3, Telelombardia. «Prima di giungere a Un disco per l’estate», ricorda, «avevo vinto con-corsi per dilettanti e quindi, sotto

la guida del maestro Amadori, ave-vo studiato per perfezionare il mio timbro di voce fino ad essere preso in considerazione da una casa di-scografica milanese con cui incisi una decina di dischi».«Ai tempi», dice Caiani, «ero l’uni-co in zona a partecipare a manife-stazioni canore di questo tipo, non credo ci fossero altri concorrenti che risiedessero in Brianza». L’unica voce brianzola nel circo ca-noro quindi, anche se l’artista di Desio confessa che, sin dagli esor-di, ha sempre considerato il canto come una passione e non come una professione: «Non mi ritengo certo “animale da palcoscenico”», si schermisce, «la differenza la si vede una volta saliti sul palco, e quello è un dono innato». Degli inizi rimpiage solo lo steo-reotipo positivo del musicista che, all’epoca, era visto come «una per-sona genuina, che cantava per di-vertire e divertirsi, proponendo musica di qualità e comunicando messaggi profondi». Secondo Caiani, oggi «il mondo della musica sta vivendo un mo-mento di crisi ma», osserva, «ogni generazione ha il suo momento e sento che i giovani hanno bisogno di comunicare: la figura del can-tautore, modello anni ’60-’70, sta tornando». Segue con interesse i talent-show, stile Amici e X-Factor, perché crede «permettano a chi ha davvero la passione per la musica di potersi esprimere e crescere ar-tisticamente».E giura che neanche in quel lonta-no ’70 «si è mai montato la testa».«Bisogna capire i propri limiti e arrivare fin dove è possibile», dice con grande serenità

Il 28 febbraio 1970 adriano Celentano e Claudia Mori vincono la XX edizione del Festival di Sanremo con la canzone Chi non lavora non fa l’amore. È il 26 agosto quando sull’Iso-la di Wight oltre mezzo mi-lione di giovani si riunisce per assistere all’Isle of Wight Festival 1970, all’interno del quale suonano molti artisti tra cui i doors, Miles davis e Jimmy Hendrix. Quest’ul-timo verrà ritrovato mor-to nel suo appartamento di Londra il 18 settembre. Non sono tutt’oggi precisamente conosciute le cause. Il 1 ottobre a Milano il con-certo dei rolling stone al Palalido crea non pochi di-sagi dati dalla presenza di soli 6mila biglietti. La polizia è costretta ad intervenire per fermare la folla di persone che non è riuscita a entrare. La fama che accompagnava gli Stones nel tour europeo del ’70 era diabolica e in-quietante, reduce dall’esibi-zione di Altamont il gruppo rappresentava il lato oscuro del rock, con chiari riferi-menti all’uso delle droghe e al culto di Satana. lucio battisti pubblica l’al-bum Emozioni

un anno a suon di rock

La discografia di giancarlo Caiani con la Arlecchino di Milano. Ultimo a destra: Tuffati con me

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12Marzo 2010

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Peppone abitava in Brianza. Nel !"#$, il Partito comunista italiano poteva con-tare a Monza e nel

circondario su di un seguito im-portante. Alle elezioni del !"#$ vinte, in tutt’Italia, dalla Democrazia Cri-stiana di Alcide De Gasperi, il Fronte Popolare, che riuniva co-munisti e socialisti, aveva registra-to risultati importanti in quello che poi diventerà il capoluogo e in molti importanti comuni brian-zoli (vedi box sotto). Ma sarà pro-prio due anni dopo, nel marzo del ’%&, che Pci e Cgil dettero la prima vera prova di forza sul territorio brianteo, con lo sciopero generale proclamato il '' marzo.La mobilitazione fu in tutta Italia e seguì un fatto di cronaca piuttosto grave: l’uccisione di due militanti della Cgil da parte dei carabinieri a Lantella, presso Vasto, in provincia di Chieti (vedi colonnino a fianco), avvenuta il giorno precedente. Alla fine del ’#", la Cgil di Giusep-pe Di Vittorio aveva infatti lancia-to in tutta Italia il Piano per il lavoro. E nella primavera del ’%&, manife-stazioni e scioperi avevano agitato le campagne italiane, repressi con decisione dal ministro degli Interni del tempo, Mario Scelba. Il " gennaio, a Modena, la polizia aveva aperto il fuoco durante il tentativo degli operai di prende-re le Fonderie Riunite serrate dalla proprietà in risposta agli scioperi. Bilancio tragico: sei morti e %& fe-riti. Quindi il cruento epilogo del-la manifestazione abruzzese, che spinse il sindacato a giocare la car-ta dello sciopero generale.La Brianza non fece eccezione, con una seria di scioperi, più o meno violenti, con picchettaggi e reazio-ni, anche decise, da parte delle ma-estranze più vicine alla Dc.La notizia dello sciopero arrivò nelle sezioni comuniste e nelle camere del lavoro brianzole il '! marzo sera.I militanti fecero passare la voce di casa in casa, gli attivisti si riuniro-no nei circoli e nelle case del popo-lo: l’agitazione sarebbe scattata a sera, con l’inizio del turno di notte di alcune fabbriche, proseguendo il giorno successivo.Come riportano le cronache dell’epoca, a Muggiò, un’auto con altoparlanti comincia a girare le vie cittadine nel tardo pomerig-gio, invitando allo sciopero. E l’azione si intensifica a sera quan-do, intorno alle '', alcune centina-ia di persone uscirono dal cinema

Mobilitazione generale di Cgil e Pci

QUEL GIORNO CHE MEZZA BRIANZA SCIOPERÒIl 22 marzo del 1950, come in tutta Italia, manifestazioni per l’uccisione di tre braccianti in Abruzzo. Picchetti, botte, resistenze. Da Muggiò ad Arcore, la cronaca della giornata

Un’immagine aerea dello stabilimento Carrozzi di Bellusco, uno dei teatri dello sciopero

Le prime urne

Fu lo scontro elettorale più duro e dif! cile della sto-ria repubblicana. Dopo le consultazioni del giugno ’46 per l’elezione della Costituente, gli italiani furo-no chiamati alle urne per eleggere il Parlamento e scegliere indirettamente la forza politica cui af! dare il governo degli anni seguire.In Brianza, ! no a quel momento la Dc di De Gaspe-ri e il Pci di Togliatti alleato ai socialisti di Nenni si equivalevano. Anzi, fra le due forze della sinistra storica, il rapporto di forza era invertito. A Monza, nelle elezioni della Costituente , la Dc ave-

va sì avuto 19.465 voti ma i socialisti si erano attestati a quota 13.723 mentre i comunisti avevano raccolto 6.693 consensi. Alle prime politiche i due partiti si uniranno sotto le insegne di Garibaldi e del Fronte PopolareNel voto del 18 aprile, dopo una campagna elettorale dai toni molto aspri ma senza violenze - se si eccettua un ceffone che il parroco di San Fruttuoso assestò a un militante socialista che voleva strappare manifesti - il partito di De Gasperi si affermò sia Monza sia in Brianza. In città, dove andò a votare ben il 97% degli aventi diritto, la Dc ottene il 57% dei consensi mentre i socialcomunisti rimasero al 29,47. Più forte l’affermazione nel territorio brianteo: dove lo scudocrociato arrivò al 60,49% e il Garibaldi stellato del Fronte ottene il favore del 30,22 % dei cittadini

LO SCUDO CONTRO GARIBALDI

dell’oratorio per la proiezione se-rale. In alcuni comuni, proprio quella notte, anonime mani pen-nellano sui muri della case slogan antigovernativi, inneggiando alla mobilitazione «contro le leggi li-berticide».Con i primi turni delle fabbriche brianzole, lo sciopero entra nel vi-vo: con un’abile regia, gli sciope-ranti si presentano a picchettare i cancelli delle principali aziende del territorio.

Alla Bianchi di Desio, i manifestan-ti arrivano intorno alle ",(&: urla, improperi, spintoni. Il gruppetto di scioperanti è piccolo - ripor-tano le cronache dell’epoca, spe-cialmente quelle del Cittadino - e quanti sono alle macchine, sopraf-fatti da tanta veemenza, decidono che è meglio sospendere il lavoro e uscire. Poco dopo, il gruppo si sposta alla Gavazzi. In testa c’è il segretario della Camera del lavoro e un mi-

litante molto noto che, si scrisse, era soprannominato Gussina. Sa-rà proprio quest’ultimo protagoni-sta dell’irruzione. Raggiunta alla centrale elettrica dello stabilimen-to, il sindacalista toglie la corrente ai macchinari mentre i suoi com-pagni urlano allo sciopero. Il Cittadino, giornale cattolico e fi-lodemocristiano, offre anche una ricostruzione pittoresca del Gus-sina che entra «scamiciato e be-stiemmiando» nel reparto della

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13Marzo 2010

Nella foto, un manifesto del terzo congresso della Cgil, che si svolse a Napoli (1952)

Alla Camera

La domanda di autorizzazione a procedere porta la data del 30 maggio 1950 e la ! rma del Guardasigilli dell’epoca, At-tilio Piccioni.Il ministro trasmette alla presidenza della Camera gli atti di una denuncia che arriva dalla Pretura di Monza contro il de-putato Aldo Buzzelli del Pci.vAl parlamentare si contestano le contravvenzioni agli arti-coli 18 e 113 del Testo unico di pubblica sicurezza del 1931, relativamente a un comizio non autorizzato, tenuto a Muggiò, durante gli scioperi del 22 marzo. L’atto della Camera mostra la richiesta del procuratore di Monza, Lepore, che fa riferi-mento al rapporto dei Carabinieri di Lissone, il numero 60 del 24 marzo. Scriveva il magistrato che Buzzelli «teneva un

pubblico comizio in occasione dello sciopero generale indetto in quel giorno, comizio di cui non era stato dato tempestivo preavviso al questore di Milano». Il deputato monzese «effet-tuò senza incidenti il comizio non potuto impedire dalla forza pubblica, perché questa veniva richiamata in altro luogo da disordini che stavano accadendo».La Commissione risponde il 30 settembre, relatore il deputato Capalozza, rigettando all’una-nimità la richiesta, «in ottemperanza alla costante prassi seguita in proposito». Questa volta comunisti e democristiani avevano votato assieme.

L’AUTORIZZAZIONE NEGATA

tessitura, urlando alle operaie di uscire. E invece, a sorpesa, le don-ne non si lasciano sopraffare: non vogliono saperne delle sciopero e restano incollate alle macchine. Una determinazione alla quale i manifestanti non sono preparati, tant’è vero che, dopo un’oretta di inutili pressioni, lasciano il campo e la produzione riprende. Non è così alla Gubra, dove i sindacalisti, rinforzati da alcuni scioperanti del-la Bianchi, e guidati da un altro mi-litante molto in vista, Panze detto Partigianella, riescono a far uscire gli operai. In quella convulsa giornata di mar-zo, accade spesso che, temendo danni alle macchine o il trascen-dere dei confronti, siano gli stessi direttori di stabilimento a sospen-dere il lavoro. È così alla Target-ti e alla Formenti di Seregno con la promessa, fatta a mezza voce, di pagare comunque la giornata perduta. Fatti che i Carabinieri della tenen-za di Desio si limitano a osservare un po’ alla lontana, probabilmente in osservanza di un ordine che ar-riva dal ministero degli Interni.E d’altra parte, aldilà delle violen-ze verbali e di qualche scaramuc-cia, l’azione dei militanti comuni-sti non è mai trascesa. Salvo, proprio a Desio, dove Carlo Cattaneo, militante democristia-no che si è fermamente opposto allo sciopero, viene duramente malmenato da alcuni manifestanti riconducibili alla Camera del lavo-ro. Episodio simile, ma più blando, si svolge alla Ronzoni di Seregno, dove a un lavoratore che si oppo-ne allo sciopero viene strappata di mano la bici e scaraventata lonta-no. Nella stessa cittadina, alla Bel-lù, un certo signor Verdi, anche lui poco incline ad aderire, finisce per essere malmenato. Astensione riuscita alla Trincia Villa e alla Co-pitra dove, secondo le cronache, ad aprire le porte agli scioperanti sarebbe stata la portinaia, notoria-mente militante. Alla vicina Pio Colombo, ce n’è anche per un’operaia, strattonata fino a strapparle il grembiule.In alcune aziende, proprietari e direttori decidono invece di schie-rarsi dalla parte dei lavoratori che non vogliono scioperare: e il cor-teo dei manifestanti trova i cancelli sprangati. Alla Magnoni, sempre a Seregno, alla blindatura degli in-gressi si risponderà sdradicando il campanello. Poco più in là, al Sa-ponificio Silva, stessa scena: urla, insulti ma poi i manifestanti lascia-no il campo.Ovviamente ci sono anche azien-de dove la mobilitazione registra immediate adesioni, come nel ca-so della Dell’Acqua.Sciopero riuscito, con le buone o con le cattive, in tutti gli stabi-limenti di Cavenago, alla Carozzi di Bellusco, alla Sacit di Arcore, all’Industria milanese Calze di Bu-snago, alla Brivio di Cornate, alla Manifattura di Bernareggio.Mobilitazione a macchia di leopar-do in altre aziende del territorio. Ambienti democristiani, nei giorni successivi, diffondono alcune per-centuali relative alle maestranze «non aderenti». A Trezzo, la Ditta Rolla vide il !""% dei lavoratori alle macchi-ne, alla Castellini, ci si fermò al #" mentre alla Perego e alla Sicka si scese al $". Record di scioperi al-la Bassetti, dove le adesioni tocca-rono quota %"%. Spostandosi alla

Gilera di Arcore, fabbrica di note-vole tradizione sindacale, si regi-strarono &"% di scioperanti, così come alla Falk. In controtendenza invece la Veribelli, dove tutti lavo-rarono regolarmente, così come alla Lamperti di Vimercate mentre al Lanificio, nella stessa cittadina, scioperarono solo '$ dipendenti su !"". Fallisce invece la mobilitazio-ne alle Torciture riunite di Carnate e alla Gargantini di Bernareggio.La mobilitazione culminò nella

mattinata del ((, con un comizio che il deputato del Pci, Aldo Buz-zelli, tenne nella piazza principale di Muggiò. Non essendo il comi-zio autorizzato, i carabinieri lo de-nunciarono al Pretore di Monza.Lo sciopero generale rappresentò forse l’apice delle tensioni politi-che che arrivavano dal ’)*. A differenza di altre zone del Paese (si registrò un morto a Parma, uno ad Avezzano e uno a S.Severo), in Brianza non scorse il sangue.

Per trovare mobilitazioni di quel-la portata, occorrerà attendere il !#%# con l’Autunno caldo che por-terà, l’anno successivo, alla conces-sione dello Statuto dei lavoratori. Ma probabilmente, lo scontro in-terno alle fabbriche briantee ac-celererà anche il processo di sepa-razione in seno al sindacato (già iniziato con la Libera Cgil di Giu-lio Pastore) e che condurrà, pochi mesi dopo, il '" aprile dello stesso anno, alla nascita della Cisl.

Luoghi della storia

Il Piano del lavoro lanciato da Giuseppe Di Vittorio alla fine del 1949 puntava soprattutto a sostenere i la-voratori dell’agricoltura. In particolare, si reclamava, tra l’altro, l’applicazione in agri-coltura del cosiddetto Lodo De Gasperi, che introduceva una nuova ripartizione dei dei raccolti fra proprietari e mezzadri a favore di questi ultimi. Altro nodo riguardava la messa a coltura di possedi-menti ex-boschivi. Il ministro degli Interni, Ma-rio Scelba, usò la mano pe-sante, reprimendo in tutta Italia le manifestazioni, an-che perché convinto che, dietro il sindacato, si agitas-se l’anima eversiva dei Pci.A Lantelle, borgo di mille anime, della provincia tea-tina più prossima al Molise, le agitazioni erano comin-ciate già alcuni giorni pri-ma di quel drammatico 21 marzo. Quel giorno, però, i braccianti tentarono di as-salire il municipio, alla cui difesta stava un pugno di carabinieri. Negli scontri, due sciope-ranti furono raggiunti da colpi mortali di moschetto.

A Lantellela miccia

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Giuliano Fabbrica, classe ’46, in un momento della spedizione al Cengalo nel febbraio 1971

1986, una nuova scuolaALPITEAM, L’ARRAMPICATADIVENTA RECUPERO SOCIALEUna scuola d’alpinismo diversa dalle altre. Nasce nel 1986, per iniziativa di Felice Damaggio, Alpiteam, scuola lombarda di alpinismo, che coltiva una singolare diversità. La compongono persone che desiderano mettere sempre in discussione le proprie attività, caratteristica che spesso porta a realizzare progetti innovativi. Come quella di mettersi a di-sposizione di ogni gruppo o comunità che desiderino andare in montagna, anche se non si tratta di soci Cai. Una particolarità che non piace agli organi centrali del Cai, i quali decidono di non riconoscere la scuola. Ma Felice e i suoi amici vanno dritti per la loro strada, anzi per il loro sentiero. Nel 1987, Alpiteam esordisce in attività di volon-tariato: gli istruttori progettano e organizzano un corso all’Arca di Como, comunità per il recupero dei tossicodipendenti cui viene insegnata l’arrampicata. Un’iniziativa che spinge l’allora vicesegretario del Cai Gabriele Bianchi, consapevole dell’importanza del progetto, a riconosce-re Alpiteam come «scuola sperimentale d’alpinismo». Un’espe-rienza, quella di chi fugge la dipendenza dalle sostanze sulle pareti prealpine, la cui fama ha fatto il giro del mondo. Nel 2002, anno internazionale delle montagne, le dedicano an-che un !lm, Il silenzio dentro, che partecipa anche alla sesta edizione del Cervino International !lm festival. Info: [email protected]

Ad inverno inoltrato, nel febbraio del !"#! cinque ragazzi par-tono per aprire una via sulla parete nord

del Pizzo Cengalo, monte delle Alpi Orientali sito lungo la linea di confine tra l’Italia e la Svizzera, la cui vetta supera i $.$%% metri. Il più giovane fra questi, all’epo-ca venticinquenne, di cognome fa Fabbrica, e di nome Giuliano, nato a Robbiano, ma seregnese d’adozione. È proprio lui che, con le parole e con gli occhi, mi racconta quel mi-tico passaggio che parte da lontano e riporta ad un alpinismo dal sapo-re leggendario, irripetibile. La mente del gruppo si chiama Gianni Rusconi che, con il fratello Antonio, ha già all’attivo altre sali-te invernali: i due da tempo stanno progettando in gran segreto la sa-lita al Cengalo. «In quel periodo», spiega Giuliano, «nessuno doveva sapere quello che stavamo organizzando, altrimen-ti altri alpinisti avrebbero cercato di “rubarci la via”, organizzando l’ascesa prima di noi: l’obiettivo era ambito da molti. Così si andava in Val Bondasca, con il binocolo si studiava il percorso, poi si perlu-strava da sotto la montagna». Siamo nell’autunno del !"#% e nei mesi precedenti il «Gianni» ha mes-so a dura prova la qualità di Giu-liano, testando le sue capacità, la resistenza e non per ultimo il co-

raggio: «Durante l’estate, Gianni mi portò con sé, allenandomi e tenendo d’occhio i miei progressi. Non solo: era d’obbligo abituarsi a viaggiare con carichi pesanti sulle spalle, così la domenica si andava a camminare sui Corni di Canzo con zaini pesantissimi. E all’epoca pesavo &% chili…». Nel frattempo la fase preparatoria non conosceva sosta: il sabato e la domenica erano i giorni designati per l’oscuro lavoro, che consisteva anche nel costruire una caverna di ghiaccio, un igloo, posizionato alla base del Cengalo, campo base per l’attrezzatura dei cinque temerari, che uscendo allo scoperto, fissaro-no per il '& dicembre la data d’ini-zio dell’ascesa. Gianni Rusconi, Antonio Rusco-ni, Giorgio Tessari (appartenenti al Cai di Valmadrera), il tedesco Heinz Steinkotter e il nostro Giu-liano Fabbrica erano dunque pron-ti per la partenza. «Lavoravo in un negozio d’abbi-gliamento», continua Giuliano, «e sotto Natale il mio aiuto al grup-po fu piuttosto limitato. Ripresi il giorno di S. Stefano, ma il $ gen-naio eravamo già di ritorno, scon-fitti dal maltempo. La neve non ci diede tregua. La voce della spedi-zione sul Cengalo si sparse, ma il distacco organizzativo era ormai incolmabile ed eravamo decisi a riprovarci».Il ( febbraio fu il giorno giusto, entrato di diritto nella memoria

Alpinisti brianzoli

FABBRICA DI CORAGGIOTrentanove anni fa, il seregnese Giuliano Fabbrica apre una nuova via sui 3.300 metri del Pizzo Cengalo. Con un gruppo protagonista di altre grandi imprese di Daniele Corbetta

alpina. «Il Cai di Seregno mi la-sciò di stucco: si presentarono !) persone a Bondo, che ci aiutaro-no a raggiungere a piedi l’igloo, trasportando il materiale neces-sario per la partenza». I cinque, armati di immensi zaini farciti di

corde, cibarie e del restante ne-cessario, affrontano la scalata del Pizzo Cengalo, la cui parete nord è completamente dimenticata dal sollievo del sole. Fabbrica racconta la sua storia con grande semplicità, divertendosi mentre parla e dimo-

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15Marzo 2010

1922, Cai SeregnoQUEI QUATTRO AMICI CON LA PASSIONE PER LE VETTEUna sezione seregnese del Club Alpino Italiano nasce il 2 luglio 1922, per opera di Giuseppe Bellù, Antonio Trabattoni, Alfon-so Rossi e Alessandro Silva. I 65 soci iniziali sono protagoni-sti di gite, escursioni e mostre fotogra!che, assolute novità per l’epoca. Nel 1936 si cambia nome in Centro Alpinistico Italiano e inizia a diffondersi l’idea di costruire un rifugio in alta mon-tagna. Fu scelta la Valmalenco, meta classica per i seregnesi: nel 1938 nacque così il rifugio «Elia e Antonio Longoni», fratelli seregnesi caduti durante la Grande Guerra. Nel 1946 gli af!liati sono 255: nello stesso anno è costruito lo Sci-Cai, la prima sezione a iscriversi alla Federazione Sci. Nel 1970 arriva anche il Gruppo Alpinistico Giovanile, tra i primi in Italia. L’anno d’oro è senz’altro il 1971, quando il presidente è Giancarlo Allegria, protagonista di un prezioso sostegno alle iniziative di scalata. Si apre una via invernale sulla parete nord del Pizzo Cengalo (Fabbrica) e la spedizione «Valmadrera Alaska» (sempre Fabbrica). Il 1974 vede nascere la sottosezio-ne di Albiate, che poi si staccherà. Ma lo stesso anno riserva anche la tragica morte sul Pizzo Diavolo di Renzo Cabiati, 20enne all’epoca. Nel 1975 Giuliano Fabbrica (nella foto, il secondo da sinistra), Felice Damaggio e Camilla Sala istituiscono la Scuola d’alpi-nismo «Renzo Cabiati». Oggi i soci sono 572 e diverse le attività: sci, snowboard, escursionismo e mountain-bike.

strando tutto il suo entusiasmo: «Nella fase preparatoria e nel per-corso che mi ha portato all’attac-co della parete», rivela lo scalatore, «ero gasatissimo. Mi chiedevo co-me fosse possibile che un alpinista del calibro di Gianni Rusconi aves-se scelto proprio me per parteci-pare ad un’esperienza del genere, quasi non riuscivo a crederci». Poi la scalata: «L’inizio è stato molto duro; in breve tempo compresi che ero chiamato ad assolvere il mio ruolo al !""%, tutti i giorni. A differenza di altri sport non era permesso tirarsi indietro, neanche per un minuto, ne avrebbero paga-to tutti le conseguenze». Ma come è possibile che ad un ragazzo così giovane, perlopiù all’esordio, non sia venuto neanche un dubbio sulle proprie capacità? Non si sia abbandonato neanche per un secondo alla paura, allo sco-ramento o alle difficoltà? La rispo-sta di Fabbrica, che mi guarda drit-

to negli occhi: «Ho sempre avuto una fiducia ceca in Gianni (Rusco-ni, ndr). Ero tranquillo, mi dicevo “tanto c’è il Gianni”, andrà tutto come previsto. Lui mi ha scelto per partecipare a questa impresa, significa che ce la posso fare». Ru-sconi, il mentore del compositore, supervisore della partituta. I due si conobbero nel !#$%, quan-do il seregnese si iscrisse alla scuola d’alpinismo del Cai di Valmadrera, di cui Rusconi era istruttore. Le qualità del giovane non passa-rono inosservate, il corso sfociò in amicizia, a cui seguì un addestra-mento personale. E proprio il rap-porto tra questi uomini è la chiave di volta del successo dell’impresa. Fabbrica più che la soddisfazione per quello che è stato fatto, ama ricordare il gusto di stare insieme e la perfetta armonia che si era cre-ata tra i cinque scalatori. La scalata durò dodici giorni, nei quali gli alpinisti trovarono un sin-

cronismo perfetto nei movimen-ti, a partire dallo stare in tenda, un minuscolo riparo dove spesso capitava di dover dormire seduti. Dove per bere una tazza di the ci si impiegava un’ora facendo scio-gliere la neve, e ci si cibava di sala-me, pane secco, grana e biscotti. Fabbrica ricorda le ore d’attesa con gli occhi puntati sui capocordata, spesso Gianni ma anche Steinkot-ter, i più esperti, interrotte soltan-to da una fetta di bresaola estratta dal taschino e da qualche espres-sione nel dialetto lecchese. La sera, in bivacco, prima di cori-carsi, tocca di nuovo alla musica: con la piccola armonica, Fabbrica suona due o tre canzoni, prima di abbracciare, esausto, il buio del-la notte. «Durante la salita della parete trovammo bel tempo», ri-corda lo scalatore, «ma una volta giunti al termine della via si sca-tenò una tormenta. Della vetta ricordo ben poco, eravamo allo

stremo delle forze, debilitati dalla dissenteria, senza cibo e in mezzo alla bufera. Così non ci godemmo la cima e iniziammo la discesa per la via normale». L’arrivo alla Capanna Luigi Gian-netti non fu dei più agevoli: neve e nebbia accompagnarono i cinque, che poterono tuttavia rifocillarsi per ripartire l’indomani. Merco-ledì !$ febbraio !#&! la Via Attilio Piacco era tracciata. «Iniziai a capire cosa avevamo fat-to», rammenta, «la stanchezza mi passò di colpo, ero freschissimo. Realizzai che io, un signor nessu-no, ero stato catapultato in una re-altà che potevo gestire».Nell’estate dello stesso anno, lo stesso gruppo a eccezione di Steinkotter, sostituito da Elio Scartabelli e Rino Zocchi, scalò il Monte Sant’Elia in Alaska, per-correndo la via tracciata dal Duca degli Abruzzi nel !%#!. Il capolavoro arrivò nel !#&', con la prima invernale del grande «die-dro Philipp-Flamm» («tutti tenta-vano, noi ci siamo riusciti», osser-va), che porta sulla parete ovest della Civetta, sulle Dolomiti. Il segreto? «Niente di particolare, credo solo che si siano incontrate persone semplici e determinate, con grosse capacità tecniche, vo-glia di soffrire e di stare insieme. E consapevoli dei rischi della salita, sapendo bene che in montagna è vietato barare». Si parla anche di rinunce e sacrifici. Di quando Giuliano appallottolava fogli di giornale per allenare i mu-scoli delle mani e la madre glieli stirava per continuare, delle corse nei campi prima di andare al lavo-ro, del continuo esercizio fisico in casa con ciò che si trovava, del fa-ticoso acquisto dell’attrezzatura, della paraffina strofinata sui vestiti per renderli impermeabili e delle serate senza uscire con gli amici: la storia di un alpinismo che non c’è più. Ma tutto ciò fa parte della vita del dandy de Milan, appellativo da-togli dai ragazzi di Valmadrera.Fabbrica oggi ha i capelli grigi, ma negli occhi non c’è malinconia: «Non appena smetterò di lavora-re», dice, «tornerò al mio grande amore» . Al quale non è mai riu-scito dire di no

Sulla stampa

Le cronache locali diedero grande spazio all’im-presa di Giuliano Fabbrica, eletto a simbolo dell’orgoglio della città di Seregno. Era sabato 20 febbraio 1971 quando Il Cittadino diffuse la notizia: «Un valente giovane di Sere-gno, Giuliano Fabbrica, 24 anni, è tra i cinque scalatori che hanno aperto sulla parete nord del Pizzo Cengalo (…) una direttissima battezzata “via Attilio Piacco”». Segue la cronaca dell’evento, con tanto di de-scrizione delle fasi salienti della scalata. Il pezzo si chiude con i complimenti allo scalato-re di Robbiano: «A Giuliano Fabbrica, la nostra redazione porge le congratulazioni più fervide per la brillante impresa portata a termine». Né mancano di esprimersi le autorità seregnesi dell’epoca: il sindaco Giancarlo Mariani e l’as-sessore allo sport Ferruccio Busini: «A nome dell’amministrazione comunale e di tutti i citta-dini seregnesi e nostro personale formuliamo le più vive congratulazioni per la sua grandissima riuscita impresa alpinistica». E ovviamente non «buca» l’intervento nemme-no il Cai di Seregno, nella persona di Giancar-lo Allegria, più volte citato con affetto da Fab-

brica: «Noi amanti della montagna, preferiamo operare nel silenzio, nell’ombra», scrive Alle-gria, «siamo, per natura, contrari ad ogni sorta di pubblicità. Ma, di fronte a quanto fatto dal no-stro giovane socio Fabbrica Giuliano, sentiamo il dovere di congratularci pubblicamente con lui per la grande impresa compiuta, unitamente ai fratelli Rusconi, Tessari, Steinkotter». L’elogio del Club alpino seregnese non termi-na qui: «La sua passione», prosegue la nota del presidente, «le sue sofferenze, i suoi sacri!ci, e la sua intima gioia, siano d’esempio e contribui-scano a portare nuovi giovani in montagna». Le celebrazioni non !niscono qui: la presa del Pizzo Cengalo non è cosa di tutti i giorni. Il sabato seguente, 27 febbraio 1971, il giornale monzese può offrire ai lettori un’intervista al-lo scalatore, rientrato in città. Eccone l’incipit: «L’eco della stupenda e superba impresa com-piuta dal ventiquattrenne Giuliano Fabbrica, abitante in via Tasso, con altri cinque amici nel-la conquista del Pizzo Cengalo, non si è ancora spenta in città…». Erano i tempi in cui degli eroi si poteva dire an-che l’indirizzo.

E IL CITTADINO FESTEGGIAL’EROE CHE VIVE IN VIA TASSO

È morto nell’agosto scorso nella sua casa di Lecco, alla bellissima età di 100 anni.Ma la sua leggenda, per gli ap-passionati delle montagne lombarde, durerà in eterno. Riccardo Cassin, veneto, stabilitosi nel 1926 a Leccosi forma sulle pareti delle Grigne.Pratogonista indiscusso, ne-gli anni ’30, della stagione dei «sesto grado», Cassin arrampica sulle Dolomiti e sulle Alpi Occidentali. Nel 1934 conquista la Piccolis-sima delle Cime di Lavare-do. L’anno dopo scala il fan-tastico spigolo sud-est della Torre Trieste e, con Vittorio Ratti, apre una via di estre-mo ardimento sulla parete nord della Cima Ovest di Lavaredo.Nel 1937 punta sul Pizzo Ba-dile. In tre giorni completa l’ascesa dell’enorme parete nord-est. Una salita con un tempo im-possibile che costa la vita, per sfinimento, ai comaschi Molteni e Valsecchi, morti lungo la discesa. Fra 4 e il 6 agosto 1938, con Tizzoni ed Esposito, attacca il massiccio del Bianco, com-piendo la prima salita dello sperone Walker della parete nord delle Grandes Jorasses. Nel dopoguerra, viene cla-morosamente escluso dalla spedizione nazionale al K2 capitanata da Ardito Desio ma si rifà nel 1958 guidando quella che porta sulla vetta del Gasherbrum IV, Walter Bonatti e Carlo Mauri. Nel 1987, a 78 anni, Cassin ripeté la salita al Badile.

Cassin, il re delle Grigne

Altri protagonistiA

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Marina, CentroTim,Carate

Elisa&Laura, Bread&Coffee, Mariano Comense

Rosella, l’Angolo dolce,Giussano

Grazia, L’Ortolano,Tregasio

Veronica, Il Circolo,Mariano C.se

Antonio, Un mondodi Libri, Seregno

Orietta e Giovanni, PanificioMaggioni, Villa Raverio

Giuliana, Ul Cartè,Paina

Valeria, Bar Le Sorelle,Carate

Maria Teresa e Laura, edicola Parisi, Seregno

Aurelio, Il Mio

Macellaio,Villa Raverio

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