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Ripresa e spesa: qual è la ricetta giusta? Articolo a pag. 9 L’EDITORIALE di Diego Cordioli LUGLIO 2012 Registrazione al Tribunale di Verona n. 1838 NOTIZIARIO DI INFORMAZIONE DEL COMPRENSORIO VILLAFRANCHESE Miti e attualità L’estate divampa e al sole di luglio il nostro giornale continua a river- berare informazio- ni, proposte, iniziative culturali. Sotto l’ombrellone della comunicazione, lungo le spiagge della notizia, prose- guiremo a dare luce alle novità del nostro territorio. Due novelle ru- briche spiccano in questo numero estivo del nostro giornale: una in- terpreta il problema della precarietà risalendo al mito di Persefone: mito- logia e modernità vengono affiancate nel tentativo di comprendere meglio alcune questioni di stretta attualità. L’altra rubrica ha una vocazione tele- visiva: una conduttrice che lavora per la televisione alternerà interviste a personaggi più o meno noti, presen- tandoli a voi lettori con intrapren- denza e vivacità. Per questa prima edizione della rubrica, la conduttrice di Telearena e finalista di Miss Italia nel 2001, Elisabetta Gallina, inaugura la collaborazione con la nostra testa- ta con un’autointervista: intervistan- do se stessa, ci racconta della sua carriera e dei suoi progetti. Serietà, innovazione e cambiamento come sempre caratterizzano il nostro giornale, per il quale, da settembre, si prospetta una grossa evoluzione: al Giornale di Villafranca si affiancherà infatti una nuova testata. A fronte di questa instancabile prolificità di idee ed informazioni, la tiratura del no- stro giornale non poteva che aumen- Bar - Pasticceria - Caffetteria C. so Garibaldi, 79 - Villafranca di Verona (VR) tel. 045 2226007 www.pasticcerialadolcevita.com OGNI SABATO MUSICA LIVE CON BUFFET OFFERTO › segue pag. 2 Persefone, il pendolari- smo e la precarietà MITI & ATTUALITA’ articolo a pag. 22 Lupi, formiche, uomini e altre bestie articolo a pag. 17 GIUSTIZIA & LEGALITA’ Prova costume: alla ri- cerca del corpo perfetto SOCIETÀ & PSICOLOGIA articolo a pag. 12 L’integrazione dei bambini Rom articolo a pag. 16 SCUOLA & ISTRUZIONE Cannabis, capirne i danni per ridurne l’uso SOCIETÀ & DIPENDENZE articolo a pag. 11 In foto: Prof. Maurizio Zumerle Favorire la crescita e ridurre gli sprechi. Proposte e soluzioni per incentivare la ripresa economica Autointervista di una Miss IL SALOTTO DI ELISABETTA articolo a pag. 14

Il Giornale di Vllafranca

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Luglio 2012

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Page 1: Il Giornale di Vllafranca

Ripresa e spesa: qual è la ricetta giusta?

Articolo a pag. 9

L’ E D I TO R I A L Edi Diego Cordiol i

LUGLIO 2012Reg is t raz ione a l Tr ibuna le d i Verona n . 1838

N OT I Z I A R I O D I I N F O R M A Z I O N E D E L C O M P R E N S O R I O V I L L A F R A N C H E S E

Miti e attualità

L’estate divampa e al sole di luglio il nostro giornale continua a river-berare informazio-

ni, proposte, iniziative culturali. Sotto l’ombrellone della comunicazione, lungo le spiagge della notizia, prose-guiremo a dare luce alle novità del nostro territorio. Due novelle ru-briche spiccano in questo numero estivo del nostro giornale: una in-terpreta il problema della precarietà risalendo al mito di Persefone: mito-logia e modernità vengono affiancate nel tentativo di comprendere meglio alcune questioni di stretta attualità. L’altra rubrica ha una vocazione tele-visiva: una conduttrice che lavora per la televisione alternerà interviste a personaggi più o meno noti, presen-tandoli a voi lettori con intrapren-denza e vivacità. Per questa prima edizione della rubrica, la conduttrice di Telearena e finalista di Miss Italia nel 2001, Elisabetta Gallina, inaugura la collaborazione con la nostra testa-ta con un’autointervista: intervistan-do se stessa, ci racconta della sua carriera e dei suoi progetti. Serietà, innovazione e cambiamento come sempre caratterizzano il nostro giornale, per il quale, da settembre, si prospetta una grossa evoluzione: al Giornale di Villafranca si affiancherà infatti una nuova testata. A fronte di questa instancabile prolificità di idee ed informazioni, la tiratura del no-stro giornale non poteva che aumen-

Bar - Pasticceria - Caffetteria

C. so Garibaldi, 79 - Villafranca di Verona (VR)tel. 045 2226007

www.pasticcerialadolcevita.com

OGNI SABATOMUSICA LIVE

CON BUFFET OFFERTO

› segue pag. 2

Persefone, il pendolari-smo e la precarietà

MITI & ATTUALITA’

articolo a pag. 22

Lupi, formiche, uomini e altre bestie

articolo a pag. 17

GIUSTIZIA & LEGALITA’

Prova costume: alla ri-cerca del corpo perfetto

SOCIETà & PSICOLOGIA

articolo a pag. 12

L’integrazionedei bambini Rom

articolo a pag. 16

SCUOLA & ISTRUZIONE

Cannabis, capirne i danni per ridurne l’uso

SOCIETà & DIPENDENZE

articolo a pag. 11

In foto: Prof. Maurizio Zumerle

Favorire la crescita e ridurre gli sprechi. Proposte e soluzioni per incentivare la ripresa economica

Autointervistadi una Miss

IL SALOTTO DI ELISABETTA

articolo a pag. 14

Page 2: Il Giornale di Vllafranca

Primo Piano 3Primo Piano 07 122

A cura dei consiglieri comunali di minoranza Paolo Martari, Graziano Tovo, Alessandrino Dal Maso, Luciano Zanolli e Renzo PiazziA cura di Diego Cordioli

tare, raggiungendo quota 23 000 copie.Un numero importante che testimonia l’apprezza-mento generale del nostro giornale che deve al nostro entusiasmo e a quello dei lettori la sua ragione d’es-sere. Il Terzo Stormo ci continuerà ad accompagna-re e atterreremo sempre con loro sull’affascinante realtà dell’aeronautica mili-tare che ogni mese potre-mo capire sempre meglio. I meccanismi psicologici che regolano il nostro incon-scio, associati a tematiche di particolare interesse, come quello della percezione del proprio corpo, in questo numero, non smetteranno di occupare le nostre pa-gine, come la curiosità per la realtà scolastica, sociale, culturale e politica di Villa-franca e dintorni. La spinosa tematica dell’ospedale sarà ulteriormente sviluppata, come il dibattito sui temi economici, che ci interes-sano così da vicino. Come alcuni di voi già sapranno, da qualche mese potete trovare il Giornale di Villa-franca on line e seguirci sui social network. La realtà digitale ormai è familiare quasi a tutti e anche noi ci siamo proiettati nel mondo virtuale per rendere sem-pre visibili le nostre notizie, ovunque voi siate. Questo numero, in via eccezionale, vi terrà compagnia per due mesi: la nostra prossima uscita infatti sarà a settem-bre con tante novità e cam-biamenti che sapranno stu-pirvi e incuriosirvi. Anche quest’estate non smettete di seguirci e di partecipare, per rendere sempre vivace e vivo il dibattito ed essere parte attiva di un’informa-zione che non parla solo a voi, ma anche di voi.

Diego Cordioli

...continua da pag. 1

L’ E D I TO R I A L E

Il sindaco e la sua maggio-ranza hanno piegato l’intero bilancio comunale ad una scel-ta populista fatta con chiare finalità elettorali. Decidendo di eliminare il pagamento dell’I-MU sull’abitazione principale si sono infatti tolti ogni possi-bilità di gestire con maggiore flessibilità le “aliquote base” stabilite per le altre fattispecie (immobili) soggette ad IMU, au-mentandole o diminuendole a seconda dei casi. Così facendo hanno emulato due tra le più scriteriate scelte fatte dal go-verno Berlusconi: hanno tolto l’IMU sulla prima casa (come il Cavaliere tolse l’ICI, guarda caso poco prima delle elezio-ni), e hanno operato dei “tagli lineari” (come fece il ministro Tremonti), considerando tutti i proprietari di case alla stessa stregua. Con queste decisioni Supermario & Co. non hanno fatto alcuna distinzione tra chi è proprietario di grandi ville e chi invece possiede mini ap-partamenti, né tra chi avrebbe goduto di importanti detra-zioni (famiglie numerose, ad

esempio) e chi non ne avrebbe beneficiato. Dietro lo slogan della tutela della casa come bene essenziale hanno trovato un premio inatteso molti fur-betti, che avrebbero invece po-tuto (e dovuto) contribuire al gettito comunale. Ma al con-tempo, per tenere in (quasi) equilibrio i conti pubblici, han-no praticamente raddoppiato l’addizionale IRPEF, portata dallo 0,4% allo 0,7%, con un in-cremento del 75%. Non servo-no giochi di parole: si tratta di un’ulteriore imposta che grava su tutti coloro che non posso-no “nascondere” il loro reddi-to, cioè lavoratori dipendenti e pensionati. E’ dunque sotto gli occhi di tutti - basta fare due conti - che questa amministra-zione ha deciso di penalizzare le fasce più deboli del tessuto sociale, che già stanno portan-do sulle loro spalle gran parte del peso della crisi nazionale.Senza contare che chi non

è proprietario di casa, è “cor-nuto e mazziato”, perché non troverà alcun vantaggio nell’e-liminazione dell’IMU mentre

dovrà pagare quasi il doppio di IRPEF. Torna in mente la frase di

Don Lorenzo Milani, che di-ceva: “Non c’è nulla di più ingiusto che far parti uguali tra diseguali”. La maggioranza equipara situazioni molto di-verse tra loro e, seguendo un principio demagogico, auspica di lucrare un positivo risultato elettorale. Ma i cittadini di Vil-lafranca non sono allocchi, anzi sono fin troppo capaci di far di conto!Tuttavia, anche il nuovo in-

cremento dell’IRPEF comunale non basta a garantire il pareg-gio di bilancio. E così vengono programmati pesanti tagli a settori fondamentali dell’Ente, come l’istruzione, lo sport, la cultura,il turismo o i servizi produttivi. Mentre (è davvero curioso) si investe molto sul-la polizia locale (+45% della spesa corrente), creando una sproporzione enorme tra le somme che l’amministrazio-ne vuole impiegare per i vigili urbani e quelli per le struttu-re scolastiche e gli studenti

(+2%), che la dice lunga sulla prospettiva politica che orien-ta l’operato dell’attuale mag-gioranza. Il PD e le altre forze di opposizione non intendono accettare questa logica miope e iniqua. Anche a noi - come a tutti, del

resto - piacerebbe eliminare le tasse. Ma è doveroso ricerca-re delle soluzioni equilibrate, distribuendo il peso dell’im-posizione fiscale su chi può sopportarlo meglio, senza pu-nire oltremodo coloro che già stanno soffrendo. Proporremo quindi di non rincorrere la chi-mera dell’abolizione dell’IMU sulla prima casa, così legando-si mani e piedi a questa deci-sione. Ma anzi di esercitare la doverosa discrezionalità che ci consentirebbe di “registrare” le aliquote di IMU a seconda della fattispecie. Chiederemo perciò al consiglio comunale di non dare corso all’elimina-zione tout court dell’IMU sulla prima casa, ma di modellare la proposta per ridurne gli effetti al minimo, favorendo però an-che altre categorie sociali ed

evitando quindi di maggiorare l’addizionale IRPEF. Come?- dimezzando l’aliquota base

della prima casa (da 0,4% a 0,2%), che con le detrazioni di legge sarebbe praticamente esentata;- riducendo l’aliquota base

sulla “seconda casa” (da 0,76% a 0,5%) che venga data in uso o comodato a parenti di I gra-do in linea retta (è il caso di figli che, sposati o conviven-ti, vivono in appartamenti dei genitori spesso acquistati coi risparmi di una vita);- dimezzando l’aliquota base

per le associazioni di volonta-riato e le ONLUS (da 0,76% a 0,38%);- sfavorendo invece le uni-

tà immobiliari che rimangono sfitte, aumentando l’aliquota base da 0,76% a 0,9%;- riducendo l’aliquota base

che grava su negozi e immobili di imprese artigiane o piccole imprese (che attualmente ver-sano in un momento di parti-colare difficoltà finanziaria) in ragione delle disponibilità di bilancio.

Il bilancio del comune e le risposte dell’opposizione

“Nove anni di nulla”: così an-che Paolo Cerioni, presidente della Commissione consiliare per l’ospedale, ha ratificato il fallimento della politica sanita-ria regionale. Mentre a Vene-zia si approva il nuovo Piano Socio Sanitario, il presidente della provincia Miozzi, che è anche primo cittadino di Iso-la della Scala, sfrutta la dop-pia carica per radunare tutti i sindaci della vasta area a Sud di Verona per fare pressione sulla Regione affinchè tenga conto delle esigenze sanitarie di questo grande territorio. A fronte della presenza di 28 sindaci, Villafranca ed il suo primo cittadino si ritirano in disparte trincerandosi dietro il presunto diritto ad avere un ospedale con i reparti stabili-ti da una delibera vecchia di 10 anni (la famosa “3223” del 2002), che sta per essere su-perata dalla nuova program-mazione regionale. Il sindaco Faccioli anziché accettare la sfida di Miozzi e chiedere la solidarietà di tutti i sindaci per realizzare al Magalini un vero ospedale (anzi, incalzando la

Regione a programmare le in-frastrutture necessarie - stra-de e parcheggi in primis - per rendere il Magalini accessibi-le anche agli abitanti di Isola e dei comuni limitrofi), si è sentito offeso da questo “pro-tagonismo” di Miozzi ed ha scritto una lettera, che assu-me il sapore tragicomico della “lettera al Savonarola” inter-pretata da Benigni e Troisi nel celebre film “Non ci resta che piangere”. La tanto declamata filiera politica Regione-Pro-vincia-Comune non ha dato i frutti sperati e oggi dimostra nei fatti di non esistere più. A destare impressione anche il comportamento del consi-gliere Bendinelli (portato in palmo di mano dai pretoriani del PdL nelle ultime regionali, con grandi manifesti a difesa del Magalini, ed ora anche co-ordinatore cittadino PdL) che si è fatto latore in prima per-sona delle istanze della bassa veronese senza spendere una parola per Villafranca. Emer-ge con chiarezza l’isolamento politico del nostro comune e la debolezza strategica del

sindaco Faccioli, che preferi-sce giocare una sterile batta-glia “uno contro tutti” anziché fare squadra con gli altri co-muni. E’ ora di finirla con que-sto modo di fare politica! Lo stesso sindaco sostiene che si sarebbe aspettato che il dibat-tito si svolgesse in Conferen-za dei sindaci, dimenticandosi però che, nell’unica occasione in cui questo argomento era all’ordine del giorno (2 mesi fa), egli era l’unico sindaco as-sente. La Regione non ha idea di come riempire il nuovo edi-ficio del Magalini. Per questo proprio ora che la Regione sta definendo le linee guida sani-tarie, lo sforzo da fare sarebbe quello di elencare concreta-mente i servizi e le funzioni che vogliamo presenti nel Ma-galini e proporle unitariamen-te assieme a tutti i comuni del sud ovest veronese prima che vengano fatte le scelte definiti-ve. Un’operazione nella quale avrebbe dovuto impegnarsi la Commissione ospedale, riuni-ta una sola volta per grazia ri-cevuta, ma non più convocata. La maggioranza ha autonoma-

mente formulato una comuni-cazione sconclusionata e piena di contraddizioni, che non fissa nemmeno degli obiettivi certi. Come consiglieri di minoranza amaramente affermiamo che non sarà più possibile per noi assicurare la collaborazione finora offerta perché troppi sono stati gli errori compiuti sul tema dell’ospedale e della Commissione ad esso pre-posta. Non sfugge a nessuno poi che la maggioranza perde i pezzi. E’ fratturata in mille rivoli (da ultimo è arrivata la costituzione del gruppo consi-liare dei popolari-liberali), pie-na di beghe interne e di leader in cerca d’autore. Nemmeno dopo 24 ore dalla conferenza stampa di presentazione della lettera (comunque tardiva) in difesa del Magalini, la Lega si è dissociata ed ha attaccato le altre forze del centrodestra, dimenticando che l’Assesso-rato Regionale alla Sanità è sempre stato gestito da loro e che il vero protagonista della sanità veneta è ancora ades-so il sindaco di Verona Flavio Tosi. Nessun esponente della

maggioranza ha rilevato che l’ospedale non riguarda solo Isola della Scala e Villafranca, ma tutto il comprensorio del Sud-Ovest veronese, già for-temente penalizzato anche a livello dei minimi servizi di sicurezza come il medico sull’ambulanza. Né che si in-tenderebbe dar vita al servi-zio chirurgico utilizzando sale operatorie “da campo” nor-malmente assegnate alla Pro-tezione Civile per missioni di emergenza. Il che denota, pur-troppo, una palese carenza di una seria volontà ed impegno per realizzare un vero ospe-dale capace di offrire i servizi fondamentali per la gente del villafranchese. Sono iniziate le grandi manovre per la cam-pagna elettorale. Ne vedre-mo delle belle. Nel frattempo arrugginiscono le ruspe nel cantiere del Magalini, si fanno iniziative demagogiche come l’eliminazione dell’IMU sul-la prima casa, non si apre la Grezzanella e il PAT è di là da venire. Mentre inizia la sagra di San Pietro. Venghino, signori, venghino...

Gli errori della maggioranza nella gestione dell’ospedale

Sembra vincere la logica del risparmio su quella della sicurezza: anzichè tutelarsi da possibili danni di eventi sismici futuri, si preferisce ridurre i costi

Niente isolatori antisismici all’ospedale

Alla luce del terremoto che ha colpito l’Emilia e la Lombardia con la Provincia di Mantova, la scoperta che nel nuovo ospeda-le di Villafranca sono stati elimi-nati gli isolatori antisismici pre-visti nel progetto del 2007 lascia interdetti.Le motivazioni addotte sono di

tipo economico e tecnico. Essendo disponibili 40 milioni

di euro per finanziare la costru-zione del nuovo ospedale, non si capisce perchè il progetto appal-

tato abbia modificato il progetto originale portandolo a 31 milioni di euro. Si è arrivati poi ad asse-gnare la struttura per 23 milioni di euro e ci si chiede dove va-dano a finire i 17 milioni rispar-miati. Se tali risparmi servissero a completare la parte viaria ed i parcheggi e ad acquistare attrez-zature diagnostiche si potrebbe capire (non giustificare), ma nes-suno dice a cosa servono le eco-nomie. Per la parte tecnica se gli isolatori erano stati previsti nel progetto originale vuol dire che si attribuiva grande importanza alla sicurezza antisismica del fab-bricato. Nel capitolato speciale d’appalto agli art. 2-3 si vanifica l’intervento di progetto addu-cendo anche problemi di falda. A questo riguardo basterebbe leggere la relazione geologica per comprendere che si tratta di una scusa per eliminare gli iso-latori e costruire in modo tra-dizionale riducendo i costi. Ma così facendo non si garantisce più la sicurezza che era prevista nel progetto originale.Oltretutto non è vero che

ci sarebbero state infiltrazioni d’acqua, in quanto la platea di base, anche se costruita sotto falda, non avrebbe presentato problemi di infiltrazione d’acqua

poiché i sistemi costruttivi at-tuali mettono a riparo da que-sta evenienza. Si ha un bel dire nell’affermare che anche con queste modifiche il fabbricato ri-spetta le norme antisismiche, ma certamente il livello di protezio-ne non è uguale a quello previsto in partenza: il terremoto recente in Emilia e Lombardia conferma che il problema antisismico non è teorico ma concreto e molto vicino. Riportiamo passi della relazione tecnica che supporta-no la modifica del progetto.

“Nei fatti risulta quindi problema-tico e assolutamente non opportu-no confermare l’ipotesi progettuale che vede la realizzazione del vano, inferiore al piano seminterrato del nuovo corpo quintuplo, alla quota di calpestio posta a – 4,52 e per-tanto sotto il livello che talora la falda assume.Si ricorda che entro tale vano era

previsto di realizzare, con un’altez-za utile pari a 2,50 m., la parte strutturale di supporto degli iso-latori antisismici dell’intero corpo quintuplo. Tenuto conto di quanto sopra, parte dello spazio previsto per tale piano posto sotto il semin-terrato potrà risultare allagabile, a meno di realizzare pesanti e onerosi interventi di isolamento e

impermeabilizzazione, motivo per cui, alla luce della nuova evenienza, risulterà certamente più economi-co, e costruttivamente più semplice, modificare l’ipotesi progettuale di una struttura – poggiata su isola-tori – in una struttura di tipo “tra-dizionale” pur realizzata nel pieno rispetto delle nuove normative in fatto di antisismicità.La più bassa quota di riferimento

per l’impostazione del nuovo corpo di fabbrica, potrà essere quindi ri-veduta conseguentemente.”

“Per quanto attiene alla costru-zione del nuovo corpo quintuplo il progetto definitivo datato ottobre 2007 prevede un predimensiona-mento della struttura – schema statico che in accordo al D.M. del 2005 prevede la realizzazione di una platea poggiata su pali lunghi 20 m. e la realizzazione di un vano a quota – 4,52 avente altezza utile pari a m. 2,50 entro il quale vano sono realizzati i supporti degli iso-latori antisismici dell’intero corpo quintuplo. Alla luce delle conside-razioni riportate al precedente art. 2, come detto, non ha più ragione di essere confermata l’ipotesi di un volume con un piano di calpestio a – 4,52 per cui risulta convenien-te ipotizzare la costruzione di una struttura diversa.”

di Diego Cordioli

Nei tempi difficili di solito nascono le innovazioni ed i cambia-menti, utili non solo a superare difficoltà contingenti ma a marca-re un cambio di marcia nei comportamenti generali che porti ad una diversa attitudine nello stile di vita ed ad un costume diverso nei rapporti tra persone. Questi cambiamenti però avvengono se i talenti presenti nella società sanno dare non solo una in-terpretazione della realtà che corrisponda ai fatti, ma anche se riescono ad individuare le strade da percorrere per tracciare un futuro promettente. Trovare i talenti dovunque siano ed avvia-re il dialogo ed il confronto per far uscire il nostro Paese dalle difficoltà è un compito al quale non vogliamo sottrarci. A livello locale non si può prescindere da alcune considerazioni di fondo: il Comune e lo scenario economico e sociale. L’ente locale è una opportunità ed un motore di cambiamento per affrontare i problemi emergenti o è solo una entità burocratica che affatica ed appesantisce i processi economici e non intercetta ed aiuta le fasce sociali che sono entrate in difficoltà? L’analisi della situazio-ne attuale ci porta a considerare che per l’economia il Comune è un ente inutile o quasi. Per i bisogni delle famiglie, se interviene per i casi disperati, fa assistenza ma non prevede ed anticipa i fenomeni in atto, che stanno portando ad un impoverimento ve-loce del ceto medio e ad una sofferenza esponenziale delle nuove

generazioni senza lavoro. Come si recuperano i disoccupati di età media al mondo del lavoro? Ed i giovani come si qualificano per uscire dal ghetto della disoccupazione? Definire il nuovo ruolo che il Comune dovrà avere in futuro e cambiarne profondamente il funzionamento è la premessa. La seconda rivoluzione possibi-le che il Comune può fare senza investire risorse è la gestione del territorio: occupiamo altre centinaia di ettari di territorio agricolo per costruire case e capannoni o fermiamo l’espansione favorendo il recupero dell’esistente? La città è in grado di modi-ficare profondamente il modo di vivere e di rapportarsi dei suoi cittadini, riprogettando una città più bella e vivibile diversa dal presente, con isole pedonali estese e ciclabili per arrivare dap-pertutto? Utilizziamo le nuove tecnologie della comunicazione per la diffusione della informazione, della cultura e della parte-cipazione? La cultura, l’innovazione, la creatività le lasciamo a nicchie di esperti o nei ghetti scolastici o le facciamo diventare il motore di ogni sviluppo? La democrazia e la partecipazione possiamo trasformarle in una grande opportunità di condivisio-ne e di efficienza, sconfiggendo l’isolamento e la rassegnazione che distruggono la speranza e la voglia di rinascita? A queste do-mande vorremmo trovare risposte partendo da un confronto tra forze politiche, culturali, economiche e sociali. Ognuno per la propria parte non può sottrarsi alla responsabilità verso gli altri e verso le generazioni future.

Quali sono le nuove frontiere ?di Diego Cordioli

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La prima cosa da dire e da te-ner bene a mente, è che la po-litica riesce sempre a fare dei miracoli. Il 20 giugno 2012 a Ve-nezia la commissione sanità del-la Regione Veneto ha approvato il nuovo Piano Socio-Sanitario del Veneto 2012-2016. Il testo elaborato dalla Giunta del Ve-neto prevedeva che ogni ospe-dale Spoke (l’ospedale come l’abbiamo sempre inteso ) aves-se come bacino d’utenza dai 200.000 ai 300.000 utenti che gravitassero su di esso, ergo una USL. Ora con un emendamento presentato da Mauro Minardi (Pdl) e Graziano Azzalin (Pd), con la collaborazione di Cristia-no Corazzari (Lega Nord), si era deciso di dare a Rovigo due USL prima dell’approvazione del Pia-no in Consiglio Regionale. Sape-te quanti abitanti fa la provincia di Rovigo? 247.000. Come pote-te ben vedere si dice una cosa e poi se ne fa un’altra: la “solita politica”. La giustificazione? Il Polesine è una terra depressa o a bassa densità abitativa, come la chiamano loro. Qualcuno di voi è mai andato in provincia di Rovigo? Io ci sono stato qualche volta e se il Polesine è una terra “depressa” io sono il Presiden-te della Repubblica. Non voglio divulgarmi oltre. Ritorniamo ai nostri ospedali “Hub” e “Spoke” e che significano: ospedale at-trezzato per assistere 1.000.000 di abitanti, estremamente spe-cializzato (per fare un esempio, sarebbe quello che fa operazioni a cuore aperto) detto appunto Hub e ospedale Spoke, attrezza-to per 200.000-300.000 abitanti, con pronto soccorso e speciali-tà di base come: chirurgia gene-rale, medicina interna, oncologia, cardiologia, ostetricia, pediatria, ortopedia, neurologia, urologia, geriatria e servizi di diagnosi e cura. Ora, se andate a vedere le specialità di Borgo Roma, le tro-vate tutte e quindi sarebbe un Hub e lo stesso si può dire per Borgo Trento. Flavio Tosi avreb-be voluto -ed è comprensibile- che i due ospedali fossero due Hub proprio perché sono estre-mamente specializzati. Secondo il nostro parere di ospedali Hub in tutto il Veneto ce ne saran-no al massimo quattro. Flavio Tosi, sindaco di Verona e nume-

ro due della Lega, intervistato il 28 giugno scorso dal Corriere del Veneto, così diceva: “Il Mini-stero della Salute ha espresso il rischio di illegittimità del Piano. Credo che la logica conseguen-za sia di impugnare il Piano sa-nitario della Regione Veneto. Quello approvato è un atto po-liticamente grave. Su scelte così delicate si è venuta a creare una maggioranza alternativa compo-sta da Pdl e Pd. C’è stata da par-te di Zaia, la scelta condivisa e condivisibile, di far approvare il Piano. La V^ Commissione pre-sieduta dal presidente Padrin, ha fatto passare emendamenti che non stanno in piedi.” La logica conseguenza dell’approvazione del nuovo Piano è che uno de-gli ospedali, o Borgo Trento, o Borgo Roma, sarà declassato a Spoke e quindi certe specialità che sono il fiore all’occhiello dei due ospedali dovranno essere dirottate o sull’uno o sull’altro. Declassato non vuol dire che sarà demolito o che verranno adottate altre soluzioni fantasio-se, ma solo che gli investimenti saranno fatti in futuro solo su uno dei due ospedali e quindi l’altro riceverà meno fondi di adesso. Andare a dire questo a chi abita a Borgo Roma, a Cadi-david, a S. Martino Buon Albergo ecc. o dall’altra parte della città sarà molto dura. Come vedete, ognuno cerca di tirare l’acqua al proprio mulino e qui siamo in presenza di poteri molto forti; ma chi abbiamo noi a Venezia? Nessuno! Per capirci meglio, su questo Piano c’è stato uno scontro ai ferri corti tra Tosi e il governatore Zaia. Chi l’ha vinto? Io dico tutti e due, come al solito, mentre alcuni altri, tra cui anche noi, hanno perso. La sanità del Veneto ha un “buco”, cioè è in rosso. Cosa vuol dire questo? Le USL hanno com-prato macchinari e quant’altro che deve essere ripagato dagli utenti, cioè da noi, nel tempo; questi vengono chiamati am-mortamenti. L’unico dato che abbiamo trovato su internet è che l’importo di questo “buco”, a detta di qualcuno, secondo la propria campana, si aggira da 800.000.000 a 1.400.000.000 euro (da ottocento milioni a un miliardo e quattrocento milioni

di euro!) Leggendo finalmente il testo del nuovo Piano che ab-biamo trovato sul sito internet del Presidente della commissio-ne sanità del Veneto Padrin, ab-biamo scoperto che ci sono 25 anni di tempo per colmare l’im-porto di questi ammortamenti, sempre che in questi anni non se ne aggiungano di altri, che sarebbe come dire: per 25 anni facciamo con quello che abbia-mo. Se quanto scritto non corri-spondesse a realtà siamo imme-diatamente pronti a rettificare e ad ammettere la non conoscen-za adeguata di una materia mol-to complessa da comprendere a fondo. Tutto questo “ambara-dan” di cifre viene riportato su internet dai vari giornali di tutta Italia, dai vari partiti, con botte e risposte che dopo un po’ che si cerca di capire, fanno venire il mal di testa. Ogni anno ven-gono spesi nella sanità miliardi, miliardi e miliardi di euro e tut-to questo discorso serve anche per farvi avere un’idea di quanti soldi “girano” attorno alla sani-tà. I dati più importanti da sot-tolineare del nuovo Piano sono: i posti letto per acuti sono indi-cati al 3 per mille (il dato nazio-

nale indica il 4 per mille); que-sto vuol dire meno posti letto per malati acuti. Si nota inoltre: una riduzione del numero di ospedali e quindi di letti; una riduzione di USL (ad eccezione di Rovigo, come si è detto). La riabilitazione e la lungodegenza è stabilita allo 0.5 ogni mille abi-tanti (il dato nazionale indica 0,7 per mille). La sanità ha un po-sto d’onore nel piano di spen-ding review del governo Monti; si cercherà di risparmiare circa 5.000.000.000 di euro nei pros-simi 2 anni (dato ricavato da varie fonti internet), ma come ha già anticipato il ministro Bal-duzzi riguardo alla sanità: “è ne-cessaria una riduzione dei costi di gestione e una maggiore ap-propriatezza delle prestazioni”. Lasciamo stare che cosa signifi-chi tutto questo: perché prima di agire il governo interpellerà tutte le regioni e lo farà in tem-pi molto brevi, ma resta il fatto che i tagli saranno pesantissimi. Per quanto riguarda il nostro ospedale una cosa è certa: i soldi, cioè i 31.000.000 euro in moneta cartacea ci sono. Leg-gendo con molta attenzione le 150 pagine del nuovo Piano si

ha la netta sensazione che molti ospedali saranno riconvertiti in qualcos’altro. Il vero problema sarà nel chi deciderà e per quali ospedali opterà; per ora, a noi non rimane nient’altro che un buco per terra e una piccola gru, di cui per ora non sappiamo nulla e che perfino i nostri vec-chi pensionati che camminano sul Tione si sono stufati di anda-re a vedere. Anticipiamo qui infi-ne gli argomenti che tratteremo nei prossimi numeri: il nostro avancorpo dell’ospedale non è utilizzato nel modo corretto come invece dovrebbe. Ci sono tante cose strane: sale operato-rie non utilizzate, distretto non al suo posto, stanze non adope-rate e tanto altro che andremo a verificare. Il buco, che piano piano si sta allargando, in quale modo si sta facendo? La picco-la gru che di solito viene eret-ta per fare una casa, servirebbe per fare un ospedale? Abbiamo tante domande da porre a chi di dovere e vedremo quali rispo-ste riusciremo ad ottenere. Per saperlo, seguiteci nelle prossime edizioni del nostro giornale…

Ritorniamo a parlare, come promesso nel numero precedente, della saga del nostro amato ospedale.

Ospedali “Hub” e ospedali “Spoke”di Giorgio Negrini

La prima cosa da riportare e da sottolineare è che alcuni com-portamenti da parte di qualche consigliere sarebbero stati as-solutamente da censurare e da evitare: teatrini, battute da bar, derisioni improprie, motteg-gi, facezie e quant’altro si sono sprecati. Per la verità, anche tra il pubblico presente, ad un certo punto, è incominciato a serpeg-giare un po’ di fastidio, perché si

è abituati a sentire certe irrisioni solo a manifestazioni burlesche come quelle della rivista della compagnia Aurora. Ritornando alle cose serie, è

importante cercare di capire di cosa si è discusso.E’ stata presentata da tutta la

maggioranza una mozione che aveva l’obiettivo di non far pa-gare l’IMU ai villafranchesi visto che già si pagherebbero troppe tasse. L’opposizione si è opposta con due motivazioni: la prima era che se non fosse stata pagata l’IMU si sarebbe dovuto aumen-tare l’IRPEF per incamerare i soldi necessari per rimanere con il bilancio dentro i parametri del Patto di Stabilità Europeo.La seconda ragione per cui

l’opposizione era contraria alla mancata riscossione dell’IMU era che si sarebbero tassati i redditi dichiarati per il 92% dei pensionati e dei lavoratori di-pendenti. Pur cercando di capire

fino in fondo il problema, du-rante la discussione, abbastan-za concitata, non si è riusciti a propendere né per l’una né per l’altra soluzione.E’ stato anche evidenziato

dall’opposizione che soltanto due comuni della provincia di Verona non hanno applicato l’I-MU: Villafranca e Marano di Val-policella, che risultano essere due comuni “virtuosi”, cioè che hanno il bilancio precedente in attivo; ma ci sono molti altri co-muni in attivo o in pareggio di bi-lancio che hanno applicato l’IMU e, a titolo di esempio, la stessa Verona nel 2010 era in attivo di più di 3.000.000 di Euro. Come mai tutti questi altri hanno tro-vato equo applicarla? Sono così insensibili verso i loro concit-tadini? Secondo la minoranza la soluzione sarebbe stata quella di applicare una parte di IMU e una parte di IRPEF perché in questo modo l’introito sarebbe stato

più giusto. Chi evade il fisco lo fa soprattutto non dichiarando il vero reddito: magari possiede la mega villa ma dichiara un red-dito bassissimo; in questo modo, anche se non fossero entrati i soldi dall’IRPEF, sarebbero di si-curo entrati dall’IMU. Questi riportati sopra sono due esempi delle motivazioni addotte dalla maggioranza e dall’opposizione. A noi è sorto un dubbio: per

capire quanto avrebbe portato in cassa l’applicazione dell’IMU, anche alla tariffa più bassa, sa-rebbe bastato prendere il dato dell’ICI, quando era applicata, e aumentarla secondo i nuovi pa-rametri dell’IMU, per compren-dere invece a quanto sarebbe ammontato l’importo dell’IRPEF, sarebbe bastato prendere i dati dell’anno precedente con l’au-mento della nuova percentuale.Con i due importi in mano sa-

rebbe stato molto facile capire se era una buona mossa politica

quella di non far pagare l’IMU. Se questi calcoli, che non crediamo siano stati fatti, fossero invece stati eseguiti, avremmo potuto capire meglio la decisione porta-ta avanti dalla maggioranza e for-se si sarebbe potuta raggiungere l’unanimità.Invece la totale unanimità da

parte di tutti i consiglieri è sta-ta raggiunta solo quando è stata presentata la mozione di aiuto a una cinquantina di famiglie mo-rose o in procinto di sfratto, pur avendo esse in casa figli piccoli o con disabilità. In questa circo-stanza, a dire il vero, da parte di tutti è stato richiesto l’impiego di maggiori risorse. Questo caso è stato utile anche per capire questo: quando le cose si fanno insieme, trovare una soluzione è molto facile. La divisione porta solo contrasti e difficoltà: è op-portuno tenerlo sempre a men-te, in futuro.

Giovedì 5 luglio 2012 si è tenuto il Consiglio comunale a Villafranca: all’ordine del giorno 12 punti,

tra cui le proposte di esenzione dal pagamento dell’IMU e di aumento dell’IRPEF al 7 per mille

IMU no, IMU ni ma IRPEF si!

di Giorgio Negrini

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Riportiamo quanto detto in Consi-glio comunale sul bisogno di abbas-sare le tasse e spendere meglio

“Esprimiamo il nostro voto favorevole a questo bilancio per i seguenti motivi: siamo stati tra i consiglieri comunali che hanno voluto fortemente una notevole riduzione delle tasse comunali. Infatti i consiglieri co-munali di maggioranza (quindi i meriti non sono solo del sindaco o di un singolo am-ministratore) hanno voluto togliere l’IMU per la prima casa in quanto riteniamo as-surdo tassare un bene fondamentale per i cittadini come la prima casa, oppure si de-vono tassare le grandi proprietà. La prima casa è un bene frutto di grandi sacrifici da parte delle famiglie e su cui i giovani e tante famiglie devono purtroppo pagare anche mutui non sempre agevolati. Non abbiamo inoltre aumentato la tassa rifiuti. Riteniamo poi positivo, in questo momento difficile per le famiglie, le imprese, i lavo-ratori e i giovani, aver mantenuto un buon livello dei servizi nelle politiche sociali, per dare il giusto sostegno ad anziani, famiglie, giovani, disabili e persone in difficoltà. Lo stesso livello soddisfacente è stato assicu-rato nei servizi scolastici: abbiamo mante-nuto in vigore le convenzioni con le scuole materne e gli asili nido integrati con forti sostegni economici, aiutando giovani cop-pie e famiglie. Abbiamo dato input positi-

vi anche per opere pubbliche importanti, come la realizzazione della circonvallazio-ne di Dossobuono, il completamento del-la Grezzanella (1^ stralcio), la copertura della piastra polivalente a Dossobuono, il restauro di Palazzo Bottagisio (3^ stral-cio), l’impegno per realizzare i marciapie-di di Rizza e sistemare via del Capitel ai Caluri. Certo, possiamo e dobbiamo fare ancora meglio, deve essere abbassata l’ad-dizionale Irpef e secondo noi è possibile attraverso un’ulteriore riduzione di spese comunali non fondamentali e chiedendo agli organizzatori dei concerti in Castello di versare al Comune un contributo di 3- 5 euro per spettatore, visto che l’anno scor-so sono venute alcune decine di migliaia di spettatori. Per questo motivo chiediamo a sindaco e assessore al bilancio di incarica-re gli uffici e i consiglieri comunali disponi-bili per presentare una proposta per prov-vedere a togliere le spese non essenziali e abbassare l’addizionale Irpef ”.

Maurizio Facincani, Stefano Pre-domo e Franco Frustoli

Dello stesso parere il consigliere Arianna Residori, che aggiunge: “bisogna rivedere il bilancio e trovare a tutti i costi una soluzione per abbassare l’Irpef ”

In maggioranza vi sono sensibilità diverse

Page 4: Il Giornale di Vllafranca

07 12Attualità6

A cura di Diego Cordioli

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Ci si domanda perchè tra i cit-tadini e le istituzioni non corra buon sangue e ci si dimentica che il discredito che il popolo riserva alle classi dirigenti non nasce dall’animo anarchico e disfattista dell’homo italicus, ma da episodi ben precisi e da com-portamenti che dimostrano una scarsa serietà e responsabilità di chi deve decidere sul nostro futuro. Se analizziamo il casel-lo autostradale di Dossobuono nato con l’intento di migliorare la viabilità da e per l’aeroporto ed il raccordo tra due autostra-de, possiamo concludere che tanto progetto non ha retto una sola estate alle obiezioni degli abitanti di Dossobuono che giustamente oltre a sotto-lineare l’impatto ambientale che avrebbe colpito una realtà già gravemente compromessa (per la presenza di un aeroporto e due autostrade), non dimostrava

ad una analisi dei flussi veicolari una utilità tale da giustificare la sua realizzazione. Ci si domanda allora come nascano i progetti in questo paese e se non sia il caso di stabilire delle regole di trasparenza che consentano fin dalla fase iniziale di confrontarsi con le popolazioni interessate. C’è una opacità di fondo che poi provoca rabbia e risentimento, perchè succede troppo spesso che la gente venga messa al cor-rente della costruzione di manu-fatti o infrastrutture ad alto im-patto ambientale quando le cose sono già avanti nel processo de-cisionale e la presenza di deci-sori diversi da quelli istituzionali viene vissuta come un disturbo o peggio come una interferenza inammissibile. Per il casello autostradale di

Dossobuono nella mia veste di consigliere comunale di questa comunità non sono stato infor-mato attraverso le vie ufficiali ma sono venuto a conoscenza di questa iniziativa quasi per caso e per vie non istituzionali. L’ammi-

nistrazione comunale interpella-ta sul tema è stata reticente ed ha negato ancora nell’ottobre 2011 di essere a conoscenza di questo progetto che la Provincia di Verona aveva esaminato nel-la sua fattibilità già nel mese di Settembre 2011. I confronti avu-ti con il sindaco testimoniavano che le cose erano già abbastanza avanti e che era inutile disturba-re i manovratori perchè tanto il casello si sarebbe fatto comun-que. Come mai non si è potuto avere un confronto fin dall’inizio di questo progetto, per mette-re sul tavolo costi e benefici ed avere un rapporto franco con chi quel progetto doveva poi sopportare?Perchè non c’è stata traccia

fin dall’inizio di quella valuta-zione ambientale che già nei documenti comunali segnala la grave precarietà e degrado del territorio attorno all’abitato di Dossobuono? Ci voleva la re-azione della gente che ha dato una risposta sorprendente ed emblematica alle iniziative che

il Comitato contro il casello ha portato avanti senza distinzio-ni di sorta, per rendersi conto che il degrado ambientale è la prima e fondamentale preoccu-pazione di chi vive in un deter-minato territorio? Il Consiglio comunale ha visto una prima retromarcia del sindaco quando il tema della valutazione dell’im-patto ambientale è stato messo al primo posto nell’esame dei costi-benefici di questo proget-to. Ora siamo arrivati all’epilogo: ci è stato comunicato in Consi-glio comunale del 5 Giugno, nel modo estemporaneo e bizzoso che contraddistingue il capo di questa amministrazione, che il casello non si fa più...e pace all’a-nima sua. Come si vede anche l’epilogo della storia è avvenuto

nelle segrete stanze senza un confronto trasparente. Il risulta-to per Dossobuono e la sua gen-te è straordinario, non solo per aver evitato una autentica scia-gura ambientale, ma perchè da questo episodio nasce la consa-pevolezza che un futuro migliore non verrà dagli scienziati chiusi nei loro uffici ma dalla gente co-mune che vuole per sé e per i propri figli un ambiente sano e pulito. A Dossobuono vogliamo un parco pieno di alberi che si estenda tra l’abitato e l’aeropor-to, le barriere antirumore lungo l’autostrada che taglia il paese e piste ciclabili che ci consentano di muoverci senza usare la mac-china. Visto il risultato ottenuto per il casello arriveremo presto a questi traguardi.

Il casello scomparsodi Renzo Piazzi

Quello che è successo a Dos-sobuono nel corso di questi ultimi 5 mesi rappresenta un qualcosa di unico nella storia di questo paese.Risale infatti al 15 Marzo la pri-

ma assemblea pubblica indetta dal locale Circolo di Legambien-te per informare i cittadini del progetto della costruzione di un

nuovo casello sulla A22 a ridos-so del nostro centro abitato.Oltre a informare i cittadini

(compito che dovrebbe spetta-re ai nostri amministratori) l’in-tento era anche quello di met-tere in contatto tutti quei cit-tadini che a livello individuale si stavano muovendo per cercare di capire il perchè si volesse co-struire un casello autostradale in centro a un paese.Chi ha provato a livello indi-

viduale a contattare l’ammini-strazione comunale per avere delle informazioni si è trovato di fronte all’ennesimo muro di gomma tipico del nostro “Bel Paese”o al massimo ha avuto come risposta che non c’èra al-cun progetto definitivo.Un vecchio provverbio dice

che “l’unione fa la forza” ed è quello che è successo la sera del 15 Marzo, quando la sala del palazzo comunale di Dossobuo-no non è stata sufficiente a con-tenere tutti i cittadini che sono

accorsi per partecipare all’as-semblea pubblica.La serata, alla quale hanno

partecipato anche alcuni consi-glieri provinciali e comunali, si è conclusa con la costituzione ufficiale del Comitato “No al ca-sello autostradale in Dossobuo-no”, che si è posto come primo obiettivo una raccolta di firme contro la costruzione del nuovo casello. Nei giorni successivi è partita la campagna di raccolta di firme che è stata svolta con l’insostituibile lavoro di tanti cit-tadini che con il “porta a por-ta” e con i presìdi davanti alla chiesa e al mercato settimanale sono riusciti in un paio di mesi a raccogliere più di 2500 firme di cittadini residenti e votanti.Di grande impatto è stata an-

che l’iniziativa fatta il 25 Aprile, dove circa 800 dossobuonesi “armati” di biciclette hanno invaso le vie del paese conclu-dendo la pedalata in un campo adiacente l’area interessata dalla

costruzione del casello.L’ultima iniziativa in ordine

cronologico si è svolta presso la Baita degli Alpini di Dossobuo-no, dove sono intervenuti dei professionisti nel campo della tutela e della prevenzione della salute, che hanno ulteriormente ribadito che l’aumento di certe patologie è strettamente corre-lato all’aumento del traffico.In questo caso bisogna ricor-

dare che ancora oggi l’aeropor-to “Catullo” di cui nessuno met-te in dubbio l’utilità sociale, sta operando in assenza della Valu-tazione di impatto ambientale e che comunque a Dossobuono stiamo ancora aspettando le opere di compensazione e mi-tigazione ambientale, cosi come sta scritto sul documento VAS (Valutazione ambientale strate-gica) del comune di Villafranca.E’ chiaro che la notizia del-

lo spostamento del casello da Dossobuono a Isola Alta è sta-ta accolta dal Comitato con un

sospiro di sollievo, ma i recenti articoli apparsi sui giornali locali ci fanno pensare che è più che mai opportuno tenere alta l’at-tenzione, per cui state pure cer-ti che il Comitato nei prossimi mesi non andrà in vacanza. Cosa ci insegna questa storia?

In questi mesi passati a racco-gliere firme e a parlare diret-tamente con i cittadini abbiamo visto tante persone, che pur sottoscrivendo la nostra peti-zione, ci dicevano che era tutto inutile e che se qualcuno in alto aveva deciso di costruire un ca-sello in quel posto, niente e nes-suno li avrebbe fermati.In un momento storico come

questo, dove la fiducia dei citta-dini nei confronti della politica è ai minimi storici, i cittadini di Dossobuono hanno dimostrato che quando i problemi sono co-muni e sono sentiti dalla popo-lazione è possibile far cambiare idea anche ai politici (2500 voti, non sono poi cosi pochi).

L’impegno ed il successo del Comitato “No al casello autostradale in Dossobuono”. L’interesse e la partecipazione

dei cittadini hanno fatto fare marcia indietro ad una decisione politica non condivisa dagli abitanti di Dossobuono

La democrazia nasce sempre dal basso

di Renzo Piazzi

Page 5: Il Giornale di Vllafranca

Economia & Finanza 9

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Ripresa e spesa: qual è la ricetta giusta?

I tagli di spesa, che erano ai primi posti nell’agenda del Go-verno, arrivano ora che il clima di incertezza sociale è giunto a livelli insostenibili. Prima di ta-gliare si dovrebbe ripristinare il senso di equità e di giustizia cominciando a far pagare alla classe dirigente degli ultimi 30 anni il debito pubblico che è stato creato. I nomi ci sono, al-cuni sono defunti ma gli eredi sono rimasti ed i debiti si tra-smettono. In contemporanea con i tagli qualche avvocato che voglia farsi carico di questa pub-blica battaglia c’è? Forse no, ma si sa, è troppo difficile andare contro il mondo dei forti, è più facile tagliare le pensioni dei

tanti che non contano niente! Le pensioni d’oro sono diritti acquisiti, quelle della massa, no. Eppure, alcuni tagli importanti vanno fatti, ma non generaliz-zando. A quanto pare si comin-cerà con i dipendenti pubblici. Ora, è vero che buona parte del bilancio statale è occupato dai costi dei dipendenti e quindi è giusto verificare le spese, ma la verifica va fatta guardando alla produttività. Ci sono uffici in cit-tà che con 15 persone fanno il lavoro che in altre città è fatto da 200 persone e tutti prendo-no lo stesso stipendio! Tagliare è difficile perché nessuno vuole assumersene la responsabilità: è una missione impossibile. Biso-gnerebbe ridurre gli sprechi ma si sa che, quando un’impresa fal-lisce, sono i creditori a venire danneggiati, non i debitori che, anzi, ripuliti dei debiti possono ripartire. Occorre un federali-smo della spesa per un control-lo politico ed economico locale. Ma fintanto che, circa un milio-ne di persone vivono di politica e creano consenso alla politica, sarà impossibile ridurre la casta

che può contare su qualche mi-lione di tifosi. Ci sono risparmi in teoria possibili: presidenti e amministratori di enti che po-trebbero essere tagliati con un semplice accorpamento, distac-chi sindacali che potrebbero essere eliminati tornando a rendere efficienti uffici, magari sotto-organico, che non ve-dono il lavoratore da anni. Ci sono tribunali, caserme, univer-sità ed ospedali che se poco efficienti andrebbero accorpati. C’è un patrimonio pubblico svi-lito, non utilizzato, mentre lo Stato paga affitti salatissimi, per beni di cui spesso potrebbe fare a meno. Ci sono costi che lo Stato subisce per la sua ineffi-cace azione commerciale ( non compra bene, paga tardi, ecc). La ripresa passa anche da que-sti ritorni all’efficacia dell’azione di controllo dello Stato che ha mille controllori e nessuno che paghi. La Corte dei Conti è qua-si inutile come, quasi inutile, è la giustizia italiana, così come viene gestita dai magistrati con il concorso di molti altri. Sareb-be necessario calafatare di nuo-

vo la barca Italia, mantenendo la struttura portante democra-tica, ma togliendo tutte le in-crostazioni che le impediscono di navigare. Dobbiamo essere consapevoli che la spesa pubbli-ca produce e rilancia i consumi; in un certo modo crea crescita. Si potrebbero aumentare gli sti-pendi più bassi e questo cree-rebbe ripresa, ma è una crescita malata, non sempre etica e non sostenibile. La crescita in un si-stema di mercato aperto, globa-le, si ottiene lasciando liberi gli attori economici di interpreta-re al meglio le necessità umane, ponendo poche regole morali che a livello mondiale tutti de-

vono rispettare (ad es. investire in una finanza telematica globale va a vantaggio di chi possiede la migliore tecnologia). Se no, che si torni a dosi crescenti di protezionismo e di autarchia. E poi bisogna decidere: se si vuole che un Paese cresca veramen-te occorre investire in cultura, non solo nello studio del greco, ma anche in tecnologia, in agri-coltura ecc., ed occorrerebbe dargli delle quote in Parlamento. Ricordiamo che solo la cultura crea vera crescita e sicurezza, non quella armata della polizia, ma quella sicurezza e quella fidu-cia che vengono dal conoscere e dal saper gestire le cose.

di Maurizio Zumerle

A cura di Diego Cordioli

No a patrimoniali, si alla detas-sazione ad imprese e ai lavoratori

Gli ultimi dati nazionali di questi giorni mostrano come la disoc-cupazione giovanile sia in au-mento, quella degli adulti viene dichiarata stabile, ma non si dice che è esplosa la cassa integrazio-ne con migliaia di lavoratori che non lavorano più, prendono una parte del salario e non fanno niente di utile per la società civile e si avviliscono. Il solito disastro all’italiana coperto dai media istituzionali e da dati medi na-zionali che non dicono come sia la realtà locale o quella di certe famiglie. Il Governo ci mette la sua, affrontando una riforma che invece di togliere certi nodi, as-surdi, nel mercato concorren-ziale, dice che si può licenziare, ma che occorre pagare. Invece no, se non ci sono motivazioni non si deve licenziare, ma se ci sono le ragioni, perché pagare? C’è da aggiungere l’ideologi-

smo di certi partiti e sindacati che sembrano associazioni a fa-vore dei lavoratori disoccupa-ti a carico dello Stato, che non sanno far altro che chiedere patrimoniali ed altre tasse pre-dicando una finta solidarietà de-magogica da cui non se ne esce. Vanno cercate soluzioni che si-

ano economicamente sostenibili per chi fa impresa, che vuol dire, in questo sistema, essere compe-titivi nel rapporto qualità/prezzi e va sfatato il mito venduto per anni che l’imprenditore italiano sia una sorta di schiavista quan-do invece è un lavoratore di-versamente abile e un po’ pazzo. Premesso che ladri ed imbroglio-ni ci sono sempre stati in ogni ambito, e che la globalizzazione consente a costoro spazi inim-maginabili, va sostenuto chi vuol fare impresa, distinguendo le im-prese sul mercato da quelle che vivono alle spalle del mercato. La voglia di patrimoniale che ogni

tanto affiora non serve a niente se non si chiude la voragine del-la spesa pubblica inefficiente, se non si fanno tagli. E’ inutile chie-dere sacrifici agli italiani se poi permangono le poltrone d’oro, le pensioni d’oro, le auto d’oro e le aziende con mercati protetti. Queste non sono rappresentate certo dai privilegi dei tassisti o dei parrucchieri o delle migliaia di altri lavoratori autonomi che pur riuniti in corporazioni di medioevale memoria, lavorano e rischiano 24 ore al giorno. Il lavo-ro si crea se uno ha un prodotto che il mercato chiede con una qualità ed un prezzo proporzio-nati. Questo è il sistema per creare posti di lavoro veri, eco-nomicamente produttivi e che garantiscono il pagamento delle tasse e del debito pubblico, in una parola garantiscono svilup-po ed occupazione. E questo o si riesce ad ottenere in Europa, o si deve ottenere in Italia.

di Maurizio Zumerle

Prof. Maurizio Zumerle

Nato nel 1955 in provincia di Verona, laureato in Economia all’Uni-versità di Padova a 22 anni, docente di Economia Aziendale, Dottore

Commercialista dal 1983, pubblicista, ha assunto svariati incarichi professionali privati e pubblici, assumendo il ruolo di Presidente di varie associazioni non lucrative, culturali ed in ambito economico-

finanziario, in particolare quella degli azionisti di Cariverona dove ha maturato l’idea di fondare una banca a prevalente rilevanza territoria-

le. Conseguentemente ha fondato e guidato i primi passi del Credito Veronese Spa. In seguito, rilevando una carente informazione economi-

ca indipendente ha fondato, otto anni fa, il mensile VERONAECONO-MIA che è attualmente presente on-line come quotidiano e di cui è il direttore responsabile. Ha dato vita a diverse altre iniziative pubbliche e private, ha collaborato con diversi giornali professionali e generalistici,

ha organizzato convegni a livello nazionale su temi economici di grande interesse, ha condotto varie conferenze e tavole rotonde con

personaggi illustri e di grande autorevolezza, dall’ ex presidente della Corte Costituzionale al presidente dell’INPS,e più recentemente con il giornalista economico Oscar Giannino, con il patrocinio di vari enti territoriali ed una lettera di plauso della Presidenza della Repubblica.

Attualmente presiede la prima associazione di piccoli azionisti di Cattolica assicurazioni, da lui stesso costituita sei anni fa, a cui hanno fatto seguito varie associazioni simili, con le quali ha contribuito ad

un certo rinnovamento nella governance. Attualmente oltre al giornale economico ed all’ attività professorale è impegnato professionalmente in varie società private in settori diversificati che lo tengono sempre

costantemente presente nel tessuto economico e sociale veronese.

La disoccupazione, oggi e domani, rappresenta il futu-ro di tanti giovani e dei padri di famiglia. Cosa si può fare?

Page 6: Il Giornale di Vllafranca

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A cura di Diego Cordioli

MEDICINA GERIATRICA a cura del Dott. Garzotti Dirigente Medico I° livello presso 1^ Geriatria O.C.M. Borgo Trento

Responsabile di Struttura Semplice di Malattie Reumatiche dell’Anziano Specialista in Medicina Interna

Cari lettori, visto il periodo mi è sem-brato opportuno trattare, anche nella mia rubrica, un argomento che, a mio avviso, non è mai abbastanza considera-to e che porta in questa stagione ad un aumento considerevole degli accessi al Pronto Soccorso per problematiche le-gate allo stato di disidratazione. Bisogna innanzitutto premettere che la disidratazione è un evento frequente nel soggetto anziano, anche a prescindere dalla stagione.Una serie di condizioni legate all’ incapa-cità di mantenere un adeguato equilibrio idro-elettrolitico, un ridotto senso della sete ed una alterata capacità del rene di concentrare le urine e di rispondere ad importanti ormoni coinvolti nella rego-lazione della quantità di acqua nel nostro corpo (Adiuretina; Aldosterone) rendo-no l’anziano più vulnerabile alla disidra-tazione nei periodi estivi.A queste cause poi, si aggiungono situa-zioni di non autosufficienza che possono impedire di bere, in autonomia, la quan-tità di acqua necessaria. Inoltre l’utilizzo di farmaci spesso assunti dall’anziano, quali ad esempio i diuretici ed i lassativi, possono far precipitare un equilibrio idro-elettrolitico che nei mesi estivi è già messo a dura prova dalle con-dizioni climatiche. L’articolo ha l’obiettivo di sensibilizzare la famiglia nell’attuare tutte quelle misu-re preventive che possono modificare le abitudini dell’anziano ed allontanare il rischio della disidratazione. Partico-lare attenzione dovrebbe essere rivol-ta all’anziano che presenta condizioni cliniche quali: disfagia, deterioramento cognitivo e deficit funzionali. Importante poi ricordare che l’anziano, diversamen-te dal giovane, spesso incorre in due tipi

di disidratazione. Una cronica, dovuta ad una costante riduzione di introito di li-quidi, per cui l’organismo si trova in una condizione di rischio di disidratazione. La seconda, acuta, dove condizioni con-tingenti precipitano un equilibrio idro-elettrolitico già instabile.

Quanto deve essere l’apporto idri-co fisiologico?Molti studi concordano nel dire che la quantità minima giornaliera non dovreb-be essere inferiore a 1500cc. Bisogna ri-cordare che la percentuale di acqua del corpo è mediamente del 60 % e che la sua assunzione è legata a fattori ambien-tali, culturali, alimentari (acqua contenu-ta negli alimenti) ed attività fisica. Come si perde l’acqua? Le cause fisiologiche sono: urina (valu-tata in circa 1500cc die), sudore, feci, evaporazione dalla cute ed il vapore ac-queo emesso durante l’espirazione con variazioni sensibili legate alle condizioni ambientali e dell’organismo. Patologie gastro-intestinali possono, tramite il vo-mito e la diarrea, accentuare in modo significativo la quota di liquidi persa.

Quando si parla di disidratazione?Una riduzione dell’1-2% di acqua cor-porea basta a provocare una riduzione delle capacità fisiche e cognitive. Un calo del 3% è indice di disidratazione con forte accentuazione della sete. Una di-minuzione fino al 7% porta al collasso cardio-circolatorio.

Qual è la sintomatologia legata alla disidratazione?I sintomi sono all’inizio molto aspecifici, il soggetto lamenta stanchezza, difficol-

tà di concentrazione, crampi muscolari, riduzione della performance psico-fisica, vertigini, accentuazione del senso di sete, contrazione della diuresi con uri-ne scure, secchezza di pelle e mucose, infossamento dei bulbi oculari, stipsi, tachicardia, ipotensione arteriosa, son-nolenza, torpore fino al collasso cardio-circolatorio. Sottolineo che nell’anziano il sintomo d’esordio più frequente è la confusione mentale e la progressione dei sintomi è generalmente più rapida e grave e porta frequentemente all’ospe-dalizzazione.

Come prevenire la disidratazione e le secondarie complicanze?La prima cosa da fare è individuare gli anziani a rischio. Le famiglie in cui sono presenti anziani che presentano alcu-ne di queste patologie: deterioramento cognitivo (demenza), riduzione dell’ au-tonomia, inappetenza e calo del peso corporeo, difficoltà nella comunicazione verbale, diabete, infezioni delle vie uri-narie, respiratorie, gastroenteriche con vomito, diarrea e febbre o stato depres-sivo, dovrebbero essere sensibilizzate, adeguatamente informate ed istruite sul problema disidratazione. I famigliari devono osservare l’eventuale presenza dei sintomi d’esordio che ho elencato precedentemente, ponendo attenzione a cute e mucose, valutando la reattività del soggetto e controllando facili para-metri quali la frequenza cardiaca al polso, la pressione arteriosa e la quantità ed il colore delle urine.

Quanto, quando e cosa bere? E la dieta? La letteratura consiglia un introito di li-quidi giornaliero tra i 1500cc e i 2500cc

die, suddivisa in circa 70 % durante i pa-sti e il 30% lontano dai pasti. La maggior percentuale durante i pasti è motivata dal fatto che i liquidi aiutano la masticazione e deglutizione nell’anziano. Dovrebbero essere evitate le bevande alcoliche che accentuano la diuresi e perciò la perdita di liquidi. La caffeina non sembra con-troindicata, ma sarebbero preferibili be-vande come il tè per la maggior quantità di acqua. Attenzione alle bibite con alto contenuto di zucchero negli anziani dia-betici ed obesi. Una regola fondamentale è quantificare l’introito di liquidi. Frasi del tipo: “beve abbastanza!”, non sono accettabili. Bisogna, in modo semplice, misurare la quantità d’acqua. Facendo in modo che l’anziano assuma l’acqua da una bottiglia da 1500cc a lui riservata e che la consumi nell’arco della giornata. L’eccedente a tale quantità sarà sempre raccomandabile. Naturalmente la dieta deve essere ricca di tutti quei cibi in cui la componente idrica è alta. Occorre però precisare che il contenuto di acqua degli alimenti è estremamente variabile: frut-ta, ortaggi, verdura e latte sono costituiti per oltre l’85% da acqua; carne, pesce, uova, formaggi freschi ne contengono il 50-80%; pane e pizza sono costituiti per il 20-40% da acqua; pasta e riso cotti ne contengono il 60-65%. Infine, biscotti, fette biscottate, grissini e frutta secca ne contengono meno del 10%. Sono pochi gli alimenti caratterizzati dalla pressoché totale assenza di acqua (olio, zucchero).

Spero che questi consigli vi siano utili per preservare il benessere dei vostri anziani mantenendo un idoneo equili-brio idro-elettrolitico durante la stagio-ne estiva. Buone vacanze!

Il pericolo disidratazione nell’anziano

Per porre i vostri quesiti, potete scrivete direttamente al Dott. Garzotti alla mail [email protected] o alla redazione del giornale a [email protected]

UROLOGIA a cura del Dott. Pecoraro Primario di Urologia presso l’Ospedale di Isola della Scala Specialista in Urologia

La ringrazio per la domanda perché mi consente di affrontare un tema mol-to sentito dalle nostre parti dove l’u-so della bicicletta è “fortunatamente” molto diffuso.Intanto chiariamo che con la prostata noi ci nasciamo. E’ una ghiandola che svolge importanti funzioni. Poi con l’e-tà si può ingrossare e talvolta causare disturbi urinari (circa il 30% dei casi).

Chissà perché quando si cominciano ad avere disturbi urinari anche molto lievi al paziente viene spesso consiglia-to di: non mangiare cibi piccanti e/o non bere alcolici e/o non andare in bi-cicletta. Ossia tutta una serie di divieti (inutili)! Non vi è alcuna dimostrazio-ne scientifica che possa giustificare tali consigli. Così come può capitare che una persona possa avere disturbi di-

gestivi mangiando qualcosa di piccante e non per questo vietiamo a tutte le persone questo tipo di cibo, lo stesso dicasi per la bici. Può succedere cioè che tra tanti ciclisti qualcuno abbia dei disturbi dopo una lunga pedalata. Eb-bene, consiglieremo a qualche persona una sella più adatta a lui (ci sono del-le selle studiate apposta o addirittura personalizzate) ma non si può vietare

l’uso della bici a tutti quelli che come si usa dire “hanno la prostata” perché, ripeto, non vi è alcunché di scientifico che produca un danno alla prostata. Pertanto l’uso della bici va incoraggiato e non vietato perché fa bene alla salute in quanto attività fisica e se utilizzata anche per gli spostamenti cittadini al posto dell’auto aiuta a rendere più pu-lita l’aria che respiriamo.

Per porre i vostri quesiti, potete scrivere direttamente al Dott. Pecoraro alla mail [email protected] o alla redazione del giornale a [email protected]

Egregio dott. PecoraroAndare in bicicletta quando, come si dice, “si ha la prostata”, può essere pericoloso?T. G., Villafranca

Considerata un passatempo salutare e naturale, meno noci-va delle sigarette e sempre più diffusa, soprattutto tra i giovani, la cannabis risulta ampiamente sottostimata riguardo ai rischi legati al suo consumo da parte, ad esempio, della popolazione britannica. Il dato emerge dal re-cente report della British Lung Foundation intitolato “The Im-pact of cannabis on our lungs”, secondo il quale il rischio di can-cro al polmone associato al con-

sumo di cannabis sarebbe 20 vol-te più alto rispetto a quello asso-ciato al fumo di sigaretta. Secon-do un sondaggio condotto su un campione di mille volontari e in base ai dati raccolti attraverso la revisione della letteratura scien-tifica esistente, contenuti nel Re-port, gli inglesi attribuiscono un maggiore rischio di sviluppo del tumore al tabacco, nonostante le numerose prove scientifiche che associano il consumo di cannabis a patologie quali la tubercolosi, il cancro al polmone, bronchiti e malattie cardiovascolari. Il 32% degli intervistati (pari a circa 1/3 della popolazione britannica), in-fatti, non ritiene che fumare can-nabis sia dannoso per la salute. Una percentuale che sale a circa il 40% nella fascia di età compre-sa trai 35 e i 40 anni. Gli autori dello studio sotto-

lineano come siano in partico-lare i giovani a fumare cannabis senza sapere che, per esempio, ogni spinello fumato aumenta la probabilità di sviluppare un cancro tanto quanto un intero pacchetto da 20 sigarette. La spiegazione di questa moltipli-cata nocività sta nella modalità

di consumo che nel caso della cannabis prevede boccate più profonde e prolungate, per cui un fumatore di cannabis assume una quantità circa quattro volte superiore di catrame e cinque volte superiore di monossido di carbonio rispetto a un fumatore di sigarette. Bisogna aumentare la divulgazione di linee di indiriz-zo per la salute pubblica riguar-do ai danni della cannabis e delle sostanze stupefacenti soprattut-to tra i più giovani. In Canada, come d’altronde nei paesi occi-dentali, la cannabis è la sostanza psicoattiva illecita maggiormente diffusa. Studi recenti effettuati sulla popolazione generale, in-fatti, suggeriscono che almeno un canadese su dieci è un attivo consumatore di cannabis e che la fascia di età maggiormente a rischio è quella che oscilla tra i 16 e i 29 anni. Questo studio, condotto da un gruppo di ricer-catori canadesi, ha come obietti-vo primario quello di individuare gli interventi più adatti per i con-sumatori di cannabis, soprattut-to da un punto di vista sanitario, viste le numerose conseguenze sulla salute che possono scatu-

rire dal consumo di tale sostan-za. Inoltre, lo studio ha cercato di individuare la disponibilità e l’efficacia del trattamento con-tro l’uso di cannabis attraverso l’utilizzo di interventi brevi (BIs da Brief Interventions) che, se-condo gli studiosi, possono esse-re considerati valide alternative ai comuni trattamenti contro questa dipendenza. I partecipanti allo studio, reclutati presso cam-pus universitari nell’area metro-politana di Toronto, sono stati in tutto 134 studenti ritenuti forti consumatori di cannabis i quali sono stati suddivisi in 4 gruppi: 2 hanno seguito interventi brevi con diverse modalità di sommi-nistrazione (orale o scritta), 2 costituivano i rispettivi gruppi di controllo. I pazienti sono stati valutati, dopo 3 mesi di follow up, sulla base di ripetute analisi che hanno riscontrato, nel campione totale, una diminuzione del nu-mero medio dei giorni relativi al consumo di cannabis. Nel com-plesso i risultati del presente studio indicano che gli interventi brevi (BIs), se adottati con un’al-ta frequenza risultano fattibili e producono dei buoni risultati

nel breve termine. Sono tuttavia necessari, secondo i ricercatori, ulteriori studi che comprenda-no un campione di pazienti più ampio e basato su dati e misure non auto-riportati. Inoltre, vale la pena sottolineare che l’uso di cannabis aumenta il rischio di psicosi, in particolare della schi-zofrenia. Dei ricercatori svedesi hanno effettuato uno studio di follow-up con una durata di 35 anni al fine di valutare come va-ria il rischio di disturbi psicotici tra coloro che hanno fatto uso o meno di cannabis. Lo studio ha preso in esame di 50.087 uomi-ni svedesi reclutati per un anno (1969-1970) per l’obbligo di ad-destramento militare, di cui oltre il 93% con età pari a 18-19 anni. Tutti i soggetti hanno completa-to due questionari non anonimi, uno relativo alle condizioni so-ciali e l’altro avente informazioni relative all’uso di alcol, tabacco e altre sostanze. Da quest’ultimo sono state ottenute informa-zioni sulla cannabis, la frequen-za di consumo nella vita è stata classificata come segue: mai, 1 volta, 2-4, 5-10, 11-50 e >50 vol-te. Il numero di soggetti inclusi nell’analisi finale è stato 41.943. Stimando l’incidenza dei disturbi psicotici e confrontati tra colo-ro che hanno avuto una storia di consumo di cannabis, è stato in-dividuato un totale di 322 casi di schizofrenia, 149 di psicosi breve e 126 di altre psicosi non affet-tive. Circa il 10% dei soggetti ha dichiarato di aver fatto sempre uso di cannabis e in corrispon-denza della schizofrenia e della psicosi breve è risultato un Odd Ratio più alto rispetto a coloro che non ne avevano fatto uso. La ricerca ha evidenziato che vi è un’associazione dose-dipen-dente tra l’uso di cannabis ed il rischio di schizofrenia e questo è di circa 4 volte superiore per i soggetti con più altra frequenza di consumo. La ricerca confer-ma la forte associazione tra le due componenti, quindi il rischio di schizofrenia è significativa-mente maggiore per coloro che fanno un uso di cannabis.

Cannabis: capirne i danni effettivi per limitarne il consumo tra i giovani

di Fiorella Calò

Prof. Giovanni SerpelloniPresidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento Politiche Antidroga

La cannabis, ritenuta da molti una “non droga”, produce effetti collaterali insospettabili

A cura della dott.ssa Fiorella Calò

Società & Dipendenze 11

Page 7: Il Giornale di Vllafranca

Elezioni comunali

Società & PsicologiaSocietà & Psicologia 13

di Giuliana Guadagnini

La percezione corporea è la percezione del no-stro corpo vivente e finito vissuto come integro e vitale. Per Sant’Agostino la bellezza era sinonimo di armonia geometrica delle forme. Per Aristote-le era simmetria e ordine. Recenti teorie relati-ve all’immagine corporea spostano il problema dall’immagine alla modalita con la quale l’individuo percepisce i propri confini corporei. L’immagine di un limite ha funzione capitale nell’economia e nell’ organizzazione psichica. Essa non è dunque una funzione mentale (come lo schema corporeo dei neurologi), ma ha una funzione psicologica di stabilizzazione sia nel rapporto dell’individuo a se stesso, sia nel rapporto dell’individuo con l’al-tro. I giovani, ma spesso anche le persone adul-te, sono totalmente attratti dal perseguimento di una spasmodica e martellante cura del corpo. La perfezione fisica sembra rappresentare ormai un canone imprescindibile del quale non si puo fare a meno: lo si nota tra i ragazzi per cui è fondamen-tale seguire le mode del momento per essere “in”; tra le donne più mature che, terrificate dall’avan-zare del tempo, ricorrono a prodotti di bellezza o ad interventi di chirurgia plastica e lo si nota moltissimo in televisione, nella quale non ha più successo la persona di talento ma quella più at-traente. La bellezza è tutto? Al giorno d’oggi si, o perlomeno questo è il pensiero di gran parte dei giovani, che attribuiscono a questo valore un’ ec-cessiva importanza, rendendolo la base delle loro relazioni sociali e personali. Gli adolescenti ten-dono a confrontarsi continuamente con modelli imposti dalla moda, dai mass media e da internet, nei quali ritrovano degli esempi da emulare. La ricerca del punto di riferimento perfetto, la crisi evolutiva e la fragilità tipica dell’adolescenza, la ri-chiesta della perfezione, portano molti ragazzi/e a chiudersi in se stessi, rendendoli persone insicure, con difficoltà di relazione, con problematiche per il loro aspetto ed il loro vissuto corporeo e non riescono a sentirsi a proprio agio in alcune del-le situazioni che la vita propone. La spiegazione di questi comportamenti va ricercata anche nella mancanza di autostima. Nella societa dei consumi e dell’immagine chi non è stato “baciato da madre natura” è o sembra, costretto a fare il massimo per migliorarsi. Questo non rappresenta un mo-mento di crescita e formazione personale, ma ben si una materializzazione della persona, che si trova spesso a non accettarsi così com’è. Tutto ciò può sfociare in malattie gravi, quali anoressia e bulimia. Questi sono casi estremi, ma gran parte delle vol-te la causa è la ricerca di una bellezza assoluta, che viene espressa dalla società attraverso esempi di magrezza estrema o bellezza quasi fantastica. Man-giare è una cosa naturale. Per vivere ci dobbiamo alimentare e la sensazione di fame serve a ricor-darcelo. Se questo bisogno fondamentale del no-stro organismo non viene assecondato, riusciamo a fatica a concentrarci su qualcos’altro. Il cibo però ha anche altre funzioni e significati. Non mangiamo solo per fame ma anche per piacere, per stare in compagnia, per la gioia del sapore e spesso anche per consolarci, per rilassarci quando siamo tesi e per combattere l’ansia. Cibarsi diventa un proble-ma solo quando perdiamo il controllo sul nostro

comportamento alimentare, sia quando mangiamo troppo che troppo poco e quando il cibo occupa gran parte dei nostri pensieri e delle nostre emo-zioni. Nel caso dell’anoressia i pensieri diventano una vera ossessione e l’autocontrollo diventa la preoccupazione dominante. “Cosa posso mangia-re? Quanto? Quando?” Poi col tempo tante cose perdono di importanza: si trascurano gli amici, il divertimento, si diventa apatici e svogliati. Dietro all’insoddisfazione per il proprio corpo si nascon-de spesso l’insoddisfazione per sé come persona e per il proprio modo di vivere.Anche sempre più ragazzi si confrontano con i canoni di bellez-za maschile che vengono proposti dai mass media. Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui è in aumento il numero di maschi che soffrono di un disturbo del comportamento alimentare. I ragazzi che per la prima volta si sottopongono ad una dieta, spesso lo fanno per migliorare le loro prestazioni sportive o per sviluppare un fisico pa-lestrato. La riduzione del peso può avere anche come obiettivo quello di fare colpo sulle ragazze. Così può nascere il tentativo di raggiungere una identità tramite un’ alimentazione estremamente controllata e seguendo diete non equilibrate. Ap-profondiremo ora in dettaglio i disturbi alimentari: anoressia, bulimia, obesità, binge eating disorder, ortoressia, bigoressia, drunkoressia e parleremo anche dell’utilizzo di pillole dimagranti.

Tra quelli che vengono definiti disturbi del com-portamento alimentare, spicca sicuramente l’ano-ressia. La caratteristica principale dell’anoressia nervosa è il rifiuto del cibo, ma chi soffre di tale di-sturbo ha sempre un’ intensa fame e appetito. Il ri-fiuto di mangiare nasce dalla forte paura di ingras-sare e dalla necessità di controllare l’alimentazio-ne. Per evitare di ingrassare chi soffre di anoressia nervosa mette in atto una serie di comportamenti come: seguire una dieta ferrea, fare esercizio fisico in maniera eccessiva, indursi il vomito dopo aver mangiato anche piccole quantità di cibo. Si distin-guono due forme di anoressia nervosa: l’anoressia restrittiva, forma in cui il dimagrimento è causato dal digiuno e dall’intensa attività fisica, e l’anoressia con bulimia, forma in cui la persona mette in atto comportamenti che insieme al digiuno servono a diminuire il peso corporeo (abuso di lassativi e/o diuretici, vomito). La percezione ed il valore attri-buiti all’aspetto fisico ed al peso corporeo risul-tano distorti in questi soggetti. Alcuni si sentono grassi in riferimento alla totalità del loro corpo, altri pur ammettendo la propria magrezza, per-cepiscono come “troppo grasse” alcune parti del corpo. Nei soggetti con anoressia nervosa i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla for-ma fisica e dal peso corporeo. Per quanto riguarda invece la bulimia, essa è

caratterizzata da un circolo autoperpetuante di preoccupazione per il peso e le forme corporee. Alla dieta ferrea si alternano abbuffate e il vo-mito autoindotto. La dieta ferrea è la principale responsabile della comparsa delle abbuffate che in una prima fase possono dare piacere perché allen-tano la tensione del dover seguire in modo ferreo la dieta, col passare del tempo determinano però

Dott.ssa Giuliana Guadagnini

Psicologa clinica – Sessuologa Specializzata in Psicologia Giuridica Civile e PenalePerfezionata in diagnosi e trattamento dei Disturbi

del Comportamento AlimentarePerfezionata in Psicogeriatria e PsicogerontologiaIscrizione Albo Psicologi Veneto N° 3438 sez. A

Iscrizione Albo Federaz. Italiana Sessuologia Scientifica

Per contattare direttamente la Dott.ssa Guadagnini:[email protected]

Prova costume: alla ricerca del corpo perfetto Il vissuto corporeo e la riflessione sulla percezione di noi stessi e su come ci vedono gli altri

A cura della dott.ssa Giuliana Guadagnini

emozioni negative (paura di ingrassare, senso di colpa, vergogna, disgusto) che a loro volta possono innescare nuove abbuffate.L’obesità è una malattia cronica determinata

da un eccesso di massa grassa distribuita in maniera differente nei vari distretti corporei e nei diversi soggetti. Per alcuni è una con-dizione che si associa a malattie metaboliche, vascolari, oncologiche, per altri è concausa delle stesse. L’orientamento comune è che al di sopra di un certo peso coporeo la si debba considerare una patologia cronica al pari del diabete e dell’ipertensione arteriosa. I soggetti obesi hanno un’aspettativa di vita qualitativa e quantitativa ridotta; la prevalen-za dell’obesità è in aumento in tutti i Paesi occidentali.Il Binge Eating Disorder, ovvero Disturbo da

Alimentazione Incontrollata, viene diagnosti-cato in persone che di solito sono in sovrap-peso e che manifestano alcuni sintomi di pa-tologia del comportamento alimentare senza però rientrare nella diagnosi di Bulimia Ner-vosa. E’ caratterizzato da abbuffate, assenza di vomito compensatorio, presenza di un senso di vergogna (anziché di colpa) per il fatto di non riuscire a controllare la propria alimen-tazione. Questi individui non presentano mai un peso normale.L’ortoressia, dal greco “orthos” costitui-

sce una sorta di ossessione per i cibi “giu-sti”, “corretti” identificata e studiata da un medico statunitense, Robert Bratman, come una nuova forma di dipendenza dal cibo, si caratterizza per la presenza di una preoc-cupazione eccessiva per la purezza del cibo che si assume ed un immenso timore per le conseguenze mediche di un’alimentazione scorretta. Nelle persone ortoressiche sono facilmente riscontrabili tratti di personalità di tipo ossessivo.Nella bigoressia, il termine deriva dall’ingle-

se “big” e dal greco “orexis”, appettito, e si-gnifica letteralmente “fame di grossezza”. E’ la dispercezione, tipicamente maschile, per cui il

corpo viene costantemente visto come troppo rachitico, magro, esile. La tendenza del bigoressico è pertanto il potenziamento muscolare ossessivo, coniugato con un’attenzione maniacale per l’alimentazione che presenta alcuni punti di contatto con l’anoressia.Il termine drunkoressia è stato inventato dai giornalisti del “New York

Times” anche se non è ancora riconosciuto dalla medicina ufficiale. Indica un nuovo anomalo e pericoloso comportamento alimentare diffuso fra gli adolescenti: mangiare poco fino ad arrivare anche a digiunare per poter assumere forti quantità di alcolici: si rinuncia al cibo per poter bere mag-giormente. Innalzare il metabolismo corporeo è il modo più efficace per favorire il

dimagrimento, per questo motivo, ormai da numerosi anni, si sono diffuse “pillole dimagranti”, spesso a base di caffeina, efedrina o amfetamine. Gra-zie a queste sostanze il tasso metabolico aumenta ed i chili superflui se ne vanno in fretta, ma non senza effetti collaterali. In termini medici si parla più correttamente di anoressizzanti, vocabolo che non si riferisce tanto all’a-noressia intesa come disturbo alimentare, quanto piuttosto alla capacità di attenuare la sensazione di appetito. Questo effetto antifame può essere ot-tenuto stimolando il centro ipotalamico della sazietà o inibendo quello del-la fame. I più conosciuti farmaci antifame sono i derivati amfetaminici. Molti, come la fenfluramina, fendimezatrina e la dexfenfluramina, non vengono più utilizzati a tale scopo, per il rischio di gravi effetti collaterali a livello cardia-co e polmonare. Comunque sarebbero prescrivibili per un massimo di tre mesi consecutivamente solo ai pazienti obesi e vanno prescritti soltanto da medici esperti che devono valutare anche le condizioni psichiche e car-diovascolari del paziente in questione. Gli effetti collaterali dei farmaci in questione sono nausea, palpitazioni, ansia, nervosismo, euforia, stitichezza e secchezza delle fauci nei casi più lievi, fino ad arrivare alla morte.

12 07 12

Elezioni comunaliA cura della dott.ssa Giuliana Guadagnini

Page 8: Il Giornale di Vllafranca

14 L’arma Azzurra07 12

Meteorologia: che tempo farà? Le valutazioni climatiche: preoccupazione di molti, all’avvicinarsi delle attese vacanze

del Colonnello Roberto Poni

Quante volte, ciascuno di noi, si è (oppure ha) posto questa domanda? Lascio a ognuno la risposta che ritiene più oppor-tuno darsi!Tuttavia, ritengo conveniate su

come il dato cresca in maniera esponenziale con l’approssimar-si della sospirata, meritata e at-tesissima vacanza estiva che per noi italiani, guarda caso, tradizio-nalmente corrisponde al mese di agosto: “lavoro non ti cono-sco”! A parte la voglia di relax ed evasione che caratterizza le nostre ferie, mi è venuta l’idea di parlarvi di una scienza, di tanto si tratta, chiamata meteorologia o fisica dell’atmosfera.Fin dai tempi antichi l’uomo ha

appreso che i fattori meteorolo-gici a cui andiamo incontro, nel bene o nel male, costituiscono un elemento fondamentale alla

base della ciclicità e periodicità della nostra vita: dal weekend all’evento a cui teniamo in par-ticolar modo, il cui pieno gio-vamento è spesso fortemente legato alla variabilità e sempre più imprevedibilità degli eventi atmosferici.Mi viene in mente, per esem-

pio, di quante volte, a causa della mancanza di neve, “una settima-na bianca sia diventata una setti-mana in bianco”!Altresì, è comprovato come gli

stessi fattori meteorologici, più o meno, a seconda della singo-la sensibilità, influenzino gli stati d’umore costituendo, di fatto, una variabile determinante an-che nella “normale e banalissima quotidianità” fino ad arrivare, tutt’altro che raramente, a veri e propri casi di meteopatia.Non a caso, per molti, se non

per tutti, analogamente al medi-co, al meccanico e chi più ne ha più ne metta, esiste il “meteoro-logo di fiducia”. Questo già dai tempi per chi come me, ahimè ormai non più troppo giovane, davanti alla televisione, aspet-tava le previsioni del famoso e compianto Colonnello Bernac-ca, poi divenuto capostipite della particolare e non invidiabile ca-tegoria dei “pronostici sbagliati” che possono costare molti “fi-schi alle orecchie”!Prima che i nostri due Sottuf-

ficiali specializzati in meteorolo-gia, già noti e apprezzati dai te-lespettatori di Telearena, vi spie-ghino, finalmente, “come nasce una previsione”, voglio lasciarvi con un “pensiero ad alta voce” ma, se preferite, prendetelo pure come un sincero e spassio-nato suggerimento!

Cari lettori, nell’era della tec-nologia in cui è, forse in manie-ra troppo semplice, possibile acquisire, sempre e comunque, ogni qualsivoglia informazione - anche su piogge, sole, “Scipio-ne” e “Caronte” - quando ci chiederemo “che tempo farà?”

ricordiamoci pure dei vecchi e saggi proverbi popolari che, in quanto tali, “non sbagliano mai” e, allora, con agosto alle porte “San Lorenzo dalla gran calura, ben poco dura”!Buone vacanze a tutti e “il bel tempo vi accompagni”.

Si dice che non tanto tempo fa il Parla-mento inglese abbia abrogato una leg-ge risalente al 1677, in base alla quale tutti i meteorologi che sbagliavano le previsioni dovessero essere condan-nati al rogo!Da allora nelle previsioni del tempo sono stati fatti dei “passi da gigante”, tanto da arrivare a una precisione tra il 90 e il 95% in quelle a breve termine. Ma spesso ci si chiede come nasca una previsione.Per rispondere a questa domanda partiamo da alcuni cenni storici. Il ter-mine meteorologia, composto greco delle parole meteora e logia, che in-sieme significano letteralmente studio

dei fenomeni celesti, fu usato per la prima volta da Aristotele per indicare quella dottrina che studia l’atmosfe-ra terrestre e tutti quei fenomeni di varia natura che si verificano in essa. Ad oggi, l’espressione meteorologia identifica quella branca dell’aerofisica che si occupa dei fenomeni limitati alla troposfera (la fascia atmosferica più vicina al suolo) come venti, movimenti di masse d’aria e precipitazioni.I primi rudimentali strumenti meteo-rologici furono dei dispositivi usati in India nel IV secolo A.C. per misurare la quantità di pioggia, ma bisognerà attendere l’antichità classica, con lo stesso Aristotele, per parlare della pri-

ma serie sistematica di osservazioni e di considerazioni da potersi definire veramente meteorologiche. Le prime osservazioni sistematiche furono pre-valentemente dedicate allo studio dei venti sui mari, per la loro grande in-fluenza sulla navigazione.Tralasciando secoli di storia e viaggian-do “nel tempo” evitando “volumi e vo-lumi di nozioni, dati e quant’altro” ar-riviamo al periodo delle guerre mon-diali, quando la meteorologia ricevette un fortissimo impulso dettato dalla necessità di previsioni sempre più af-fidabili, grazie al crescente progresso tecnico e allo sviluppo dell’aviazione, sia civile che militare.Detto ciò, proviamo in breve a spiega-re il percorso per arrivare a fare una previsione.Innanzitutto, si parte da dati oggetti-vi, ossia dall’analisi della massa d’aria che è quanto le stazioni meteoro-logiche rilevano, mediante una stru-mentazione apposita. La rilevazione, fatta in maniera periodica e sistema-tica, viene trasformata ed elaborata in un messaggio in codice, costituito da lettere e numeri (detto SYNOP). In esso saranno codificati dati meteo, come: la direzione e la forza del vento, la temperatura, l’umidità, la pressione

atmosferica, le nubi, oltre ai fenomeni in atto, quali pioggia, temporali, neve. Questi dati verranno successivamente inviati al Centro Nazionale di Mete-orologia e Climatologia Aeronautica (C.N.M.C.A.) con sede a Pratica di Mare (Roma), che, oltre ai bollettini delle stazioni meteorologiche nazio-nali (che sono circa 180), riceve anche i bollettini delle stazioni meteorolo-giche dei paesi facenti parte dell’Or-ganizzazione Meteorologica Mondiale (O.M.M.).Tutti questi dati vengono elaborati (nei centri di previsione) per mezzo di ela-boratori elettronici, i quali sviluppano dei modelli matematici e delle carte che riproducono i processi atmosferi-ci. Successivamente, dall’analisi di que-ste carte da parte del meteorologo e dall’integrazione con le immagini da satellite pregresse, attuali e previste, verrà elaborata la previsione che risul-terà tanto più attendibile quanto più saremo vicini al dato di partenza (dato rilevato dalle stazioni meteorologi-che), tanto che si parlerà di previsione per i primi tre giorni, mentre parlere-mo di “tendenza” quando ci si riferisce a periodi superiori.

Come nasce una previsione.... A cura del Primo Maresciallo Giuseppe Magistri e Maresciallo di 1^ Classe Claudio Zanini

Il salotto di Elisabetta

A cura di Diego CordioliA cura di Elisabetta Gallina

Inaugurare questo angolo del personaggio intervistando me stessa è una scelta che inizial-mente mi lasciava perplessa.Penso che la parola “perso-

naggio” non si addica a me che da sempre mi sento “una come tanti” e mettere sottosopra la prospettiva per cui solitamente le domande le formulo io per gli altri, mi ingarbugliava i pensieri.Poi, a ripensarci, è una sfida che

mi appassiona, che rientra in quei capitoli della vita in cui si risveglia in me la naturale propensione a scegliere la strada secondaria ri-spetto alla via maestra. Mi piace l’idea di far trasparire quei pen-sieri che spesso mi fanno cercare il riflettore dello studio televisivo per capire se ciò che mi succede sia la realtà o se invece sia prota-gonista inconsapevole di un biz-zarro “Truman Show”. Diciamo che i riflettori sono arrivati sul serio ma in maniera consapevole, nel sano equilibrio di una profes-sione fatta troppo spesso di pro-totipi ma che, vi assicuro, può es-sere al contrario interpretata in maniera semplice grazie a grandi nuotate in vasche di umiltà.

Da finalista a Miss Italia nel lontano 2001 a conduttrice di un programma tutto tuo su Telearena...come sei arri-vata a questo traguardo?

Mentirei se dicessi che lo so-gnavo sin da piccola e che in que-sti undici anni non ho pensato ad altro. Miss Italia è stata una grande soddisfazione ma anche un approccio duro con il mondo cinico dello spettacolo. Mi ha aiu-tata a capire che nella vita non mi piace sentirmi un numero, essere schiava di un’immagine e da quel tragico 11 settembre 2001 (gior-no successivo alla finale) la mie scelte di vita mi portarono verso ben altri orizzonti, anche molto lontani. Decisi che avrei finito di studiare e che avrei assecon-dato quello spirito di “cittadina del mondo” che da sempre mi anima. Ho viaggiato parecchi anni alla ricerca di me stessa e di una dimensione diversa da una Verona che a 19 anni mi andava stretta. Inghilterra, Scozia, Israele, Canada: questi sono i luoghi prin-

cipali che mi hanno permesso di mettermi in gioco, di crearmi una cultura trasversale e di scalfire con ancora più forza il cliché di “donna, bionda e che fa Gallina di cognome”. L’assistente di volo è la professione che maggiormente ha creato un connubio ideale tra viaggio, lavoro, profonda cono-scenza del genere umano e oc-casione unica per visitare luoghi che uno stile di vita tradiziona-le non permette. Sono figlia dei tempi che corrono e con essi due anni fa è arrivato inesorabile il fallimento della compagnia ae-rea nella quale per motli aspetti vedevo tracciato il mio futuro.In momenti di grandi incertez-

ze continuano fortunatamente le collaborazioni mai cessate negli anni con Telearena che, con un palinsesto rinnovato, decide di in-vestire in nuove sfide e in nuove risorse. Con la timida insicurezza di trovarmi a gestire qualcosa al di sopra delle mie capacità, parte il nuovo salottino dei veronesi, il “Sei a casa” ... sempre in diretta, sempre con ospiti diversi, sem-pre in interazione telefonica con i telespettatori. Quasi quattro-cento dirette in otto mesi e la risposta vivace del pubblico che ha ripagato ampiamente gli sfor-zi, la costanza e le energie di chi ha voglia di costruire un micro-cosmo apprezzato e compatibile ai gusti di chi sceglie di seguirti in una giungla di proposte.

Quest’estate presenti un tour itinerante in tutta la provincia in cui allo spet-tacolo viene affiancato un concorso di bellezza...come ci si sente dall’altra parte della barricata?

Essere stata Miss mi aiuta a comprendere la grammatica dei pensieri delle ragazze in concor-so e ad essere l’interfaccia che io stessa avrei voluto trovare nelle mie esperienze.Credo fortemente nel came-

ratismo femminile e, nonostante le buone intenzioni non sempre vengano ripagate, sarò alleata le-ale delle mie future colleghe.

Che consigli ti sentiresti di dare alle future Miss?

Consiglio di chiarire i propri obiettivi e di lanciarsi con gran-

de dedizione in tutti i canali che portano a quello. E’ difficile a 16 anni capire cosa

si voglia fare da grandi ma è im-portante avere lo slancio per im-parare, mettersi in gioco, provare più esperienze possibili per defi-nire i propri sogni.Va bene fare la Miss ma è im-

portante capire a cosa si vuole arrivare, mettendosi alla prova davanti a un pubblico e ad una giuria. Una volta vinta la fascia desiderata cosa sono capace di fare? E’ uno dei quesiti che a me ha sempre dato la giusta carica: dizione, recitazione, teatro (all’e-stero ho recitato in inglese e in ebraico), speakeraggio... tutto e nulla di ben definito. Un baga-glio di conoscenze che hanno rimpolpato il curriculum di po-tenzialità e che ora mi fa senti-re più completa nel desiderio di diventare una professionista del mio campo. E’ importante rimanere coerenti con i propri principi e quelli si hanno grazie ad una famiglia solida alle spalle e al confronto con il mondo che ci circonda. Parlando di concorsi di bellezza, nella finale di Miss Italia ho rischiato di essere eliminata perchè mi opposi a sfilare con una pelliccia! L’amore per gli ani-mali e di coloro che li amano è sul podio nella mia scala di valori.

Va bene lo studio e la pre-parazione...vogliamo dire che l’immagine non conta nel mondo dello spettacolo?

Sarebbe ipocrita dire che la bellezza non conta, ma al giorno d’oggi noi donne siamo avvantag-giate da mille espedienti per ri-sultare gradevoli. La differenza si fa con altro, non uniformandoci alle figure plastiche che continua-no a propinarci.Ma sono certa che il pubblico

non apprezzi e anzi, “subisca” questo mercato saturo di belli involucri. Sento che in un futuro prossimo ci sarà un’inversione di tendenza verso il naturale, il genuino: una semplicità in cui le persone possano finalmente tornare a rivedersi. E’ vero che un’immagine d’impatto apre facil-mente più porte all’inizio, ma poi occorrono il doppio degli sforzi per scrollarsi di dosso pregiudizi e convincere che l’ingresso age-volato lo si è meritato sul serio.

Domanda che tutti pensa-no, ma che nessuno osa: il tuo cognome non ti ha mai creato disagi?

Inevitabilmente “Gallina” è un cognome non facile da portare, specialmente da donna e spe-cialmente da piccoli. Certo, in tenera età tendevo a storpiarlo nella pronuncia, declinandolo in “vallina” o “pallina”...in molti mi proposero di acquisire un “nome d’arte” ma mi opposi sempre a questa idea e per me il cogno-me rappresenta tuttora un trat-to distintivo e motivo di orgoglio. Ho talmente esorcizzato questo aspetto che colleziono galline da tutte le parti del mondo...non potete immaginare quanto sia gettonata nelle tradizioni estere!

Progetti per il futuro?

Specialmente al giorno d’oggi fare progetti a lungo termine è divenuta impresa da veri teme-rari. La crisi ha creato gravi dif-ficoltà a tutti ma forse ha toc-cato meno quelle persone che

come me non hanno mai visto nella stabilità l’approdo finale. Il mio essere in continua ricerca difficilmente mi ha lasciato trop-po tempo nello stesso luogo; ho sempre stipulato “contratti a termine” con le mie esperienze di vita proprio per non lasciarmi alle spalle i non-vissuti. Spero che questa regressione permetta a tanti di reinventarsi, di ricomin-ciare da capo, di creare delle svolte e chissà, magari diventare il mio “personaggio” da intervi-stare nei prossimi appuntamenti in questa rubrica. Per quello che mi riguarda non ho mai chiesto al mio disegno divino di svelar-mi quali linee traccerà, di certo posso solo ringraziare chi mi ha sempre supportato, la mia buo-na stella, tutti coloro che hanno percepito e apprezzato la mia essenza anche attraverso il tubo catodico e tutti quelli che nell’ef-fimero del mondo televisivo mi hanno invece aperto a grandi e inaspettati scorci di vita.

Alla prossima!

Autointervista di una MissElisabetta Gallina ci racconta il suo percorso, dal concorso di Miss Italia al salottino di TeleArena, alla nostra

nuova rubrica “Il salotto di Elisabetta”, dove intervisterà per noi i personaggi più in vista della nostra città

di Elisabetta Gallina

15

A cura del Terzo Stormo

Page 9: Il Giornale di Vllafranca

17Giustizia & Legalità

A cura del Dott. Enrico Buttitta

Lo stimolo a scrivere mi è stato dato da una notizia apparsa recen-temente su un quotidiano di Vero-na: un ragazzino si ustiona mentre, insieme a due coetanei, brucia un formicaio adoperando dell’alcool. Questo gesto sfortunato confer-ma quanto il dominio dell’uomo sul mondo naturale e sugli animali alimenti la nostra presunzione di superiorità su tutti gli esseri vi-venti. Eppure fin dagli albori della civiltà grandi filosofi e pensatori hanno sostenuto idee diverse da quella della sovranità illimitata dell’uomo sugli altri animali: mi li-mito a ricordare Pitagora, Platone e Plutarco, che sosteneva il valore della vita di ogni essere vivente, poiché gli animali, essendo esseri “animati”, sono dotati di sensibili-tà e di intelligenza come gli umani. San Francesco d’Assisi amò Dio in tutti gli esseri viventi ed espres-se il suo amore nel “Cantico delle Creature”, mentre San Francesco di Paola, secoli dopo, fondò un ordine votato alla perpetua vita quaresimale, all’ascetismo ed all’a-stensione dal consumo di carne animale, compresi i pesci. Leonar-do da Vinci era famoso per la sua pietà per gli animali e dimostrava

questo amore liberando gli uccel-li che vedeva prigionieri in gabbia. Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro, umanisti e seguaci di Plato-ne, auspicavano il ritorno dell’uo-mo all’armonia con la natura e la cessazione delle violenze sugli animali, così come Voltaire, Jeremy Bentham e Peter Singer. Il con-cetto di “umanità” che abbraccia tutti gli esseri viventi del filoso-fo Montaigne ed il suo odio per ogni crudeltà sono ancora molto attuali. Eppure nel nostro Paese sono migliaia, ogni anno, i casi di maltrattamenti, uccisioni arbitra-rie e torture di animali e fino a pochi anni fa i responsabili di que-sti atti correvano rischi assoluta-mente trascurabili di essere puniti dalla legge. Solo recentemente la legge n. 189 del 20 luglio 2004 ha introdotto nuove norme dirette a garantire anche agli animali una tutela giuridica in quanto esseri vi-venti, titolari di veri e propri dirit-ti individuali. Prima della riforma, le uniche norme che tutelavano gli animali miravano non tanto a proteggerli quanto a far sì che non venisse violato il sentimento di pietà di cui erano oggetto, op-pure si puniva penalmente la loro uccisione solo per il danno arre-cato al proprietario se si trattava di animali altrui e solo in seguito a denuncia. La riforma ha introdot-

to nuovi tipi di reato, tra cui l’ucci-sione di animali (art. 544 bis C.p.), che punisce con la reclusione da quattro mesi a due anni chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale. Il reato sussiste anche se l’uccisione dell’animale, pur se avvenuta per necessità, è effettuata in maniera crudele e si può configurare an-che in caso di uccisione provocata da abbandono o incuria, se gli ani-mali vengono lasciati senza cibo o acqua. Particolarmente innovativo è il rapporto tra animale e pa-drone che emerge dalla legge del 2004. Grazie a questa legge non esiste più, infatti, un rapporto tra oggetto (l’animale) e titolare di un diritto di proprietà (il padrone), in quanto si prende atto della natura di essere vivente dell’animale, in grado di percepire sofferenze non solo di carattere fisico. La Corte di Cassazione ha espresso inoltre l’innovativo principio in base al quale “l’animale, condotto al se-guito o trasportato in auto, richie-de la stessa attenzione e diligenza che normalmente si usa verso un minore”. In molti casi la legge parla di animali senza specificare, quindi è punita l’uccisione, ad esempio, di un animale randagio o (almeno in teoria) di una innocua formica di campagna. La legge del 2004 ha introdotto anche il reato di mal-

trattamento di animali (art.544 ter C.p.), che punisce con la reclu-sione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro, chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale o lo sottopone a sevi-zie, a comportamenti, a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche. Allo stesso modo è punito chi som-ministra agli animali sostanze stu-pefacenti o vietate o li sottopone a trattamenti che producono un danno alla loro salute. Anche chi organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che compor-tino strazi o sevizie ad animali è punito e la pena è aumentata se i fatti sono commessi nell’eserci-zio di scommesse clandestine o per trarne profitto o se da essi deriva la morte dell’animale. Per chi organizza gare clandestine o combattimenti la pena (art.544 quinquies C.p.) è altissima: da uno a tre anni di reclusione e la multa da 50.000 a 160.000 euro. Anche chi alleva o addestra animali de-stinati al combattimento è punito e la pena, da tre mesi a due anni di reclusione e da 5.000 a 30.000 euro di multa, coinvolge anche i proprietari o i detentori degli animali impiegati nei combatti-menti, se sono consenzienti. An-che l’abbandono di animali è vie-

tato: chiunque abbandoni animali domestici o animali che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito dall’art.727 C.p. con l’ar-resto fino ad un anno o con l’am-menda da 1.000 a 10.000 euro. Nello stesso modo viene punito chi tiene gli animali in condizio-ni di sofferenza o comunque in condizioni non compatibili con la loro natura. L’Italia è stato anche il primo Paese in Europa a sanci-re il divieto di utilizzo a fini com-merciali di pelli e pellicce di cani e gatti. La legge italiana in materia di tutela degli animali subisce delle deroghe in caso di attività rego-late da norme specifiche come la caccia, la pesca, la macellazione di animali, l’attività circense, la spe-rimentazione scientifica ecc. Leggi speciali sono previste anche per alcune manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalle regioni. L’uccisione degli animali è consen-tita se è decisa da un veterinario o se è necessaria per porre fine alle sofferenze dovute a malattie o lesioni incurabili. Accanto alla legge e al diritto che vanno verso una sempre maggiore tutela degli animali in quanto esseri viventi è però importante che a mutare sia la mentalità di tutti noi e che ci si impegni nei confronti di un anima-le, occupandosi del suo benesse-re e dei suoi bisogni, prendendo anche tutti i provvedimenti ne-cessari per impedire che fugga o che possa far male o danneggiare altre persone o altri animali. Altre prescrizioni sono previste dalla legge sulla lotta al randagismo; è previsto che il proprietario debba far identificare con microchip e iscrivere il proprio cane nell’ana-grafe regionale nel secondo mese di vita, o che debba usare sempre il guinzaglio ad una misura non su-periore a mt. 1,50 durante la con-duzione nelle aree pubbliche e nei luoghi aperti al pubblico. Lo Stato e le regioni possono poi promuo-vere l’integrazione dei programmi didattici delle scuole, al fine di in-segnare agli alunni il rispetto per gli animali. E’ fondamentale che si sviluppi in ognuno di noi una nuo-va consapevolezza; la tutela delle specie animali non umane può divenire mezzo e tramite per la costruzione di una nuova società portatrice di valori fondanti qua-li il rispetto e la tolleranza verso tutti gli esseri viventi e, in partico-lare, verso i più deboli.

di Enrico Buttitta

Lupi, formiche,uomini e altre bestie

Scuola & Istruzione 07 1216

A cura della Dott.ssa Anna Lisa Tiberio

di Anna Lisa Tiberio

Ci si interroga sulle azioni da intrapren-dere per facilitare e orientare l’inseri-mento dei bambini Rom a scuola ed, allo stesso tempo, emerge con forza come le dinamiche territoriali influiscano sulla reale integrazione sociale e scolastica. E, con la stessa forza, si evidenzia che il loro inserimento è spesso difficoltoso. Ogni ente deve assumersi le responsabilità di propria competenza e creare reti proget-tuali per garantire la necessaria coesione sociale attraverso una valorizzazione delle diverse culture. Per superare pregiudizi e facilitare l’integrazione è doveroso cono-scere la cultura di diversa appartenenza e permettere ai minori di riappropriarsene, valorizzando anche la musica e le tradi-zioni orali. È necessario lavorare sul bicul-turalismo, interrogandosi sui modelli edu-cativi e didattici da utilizzare nei percorsi di inserimento scolastico. Il confronto con la cultura zingara, nato spesso a partire da pregiudizi e diffidenze reciproche, fa emergere il bisogno di conoscenze e stru-menti specifici da utilizzare nel proprio agire quotidiano, oltre che il desiderio di uno spazio di confronto e di scambio.Riprendendo quanto scritto da Maria

Grazia Dicati Barison, “è importante no-tare che nella programmazione educativa il primo argomento da prendere in con-siderazione è la situazione ambientale e il gruppo di appartenenza dei bambini Rom e nella programmazione didattica è necessario analizzare le caratteristiche degli alunni e delle loro famiglie. Il mon-do zingaro non è costituito da una real-tà omogenea ed uniforme, basti pensare

alla diversità tra l’etnia dei Rom e quel-la dei Sinti ed ancora alla specificità dei numerosi sottogruppi che appartengono all’una o all’altra etnia. Ognuno di essi si contraddistingue per attività lavorative, livello economico, lingua, integrazione nel tessuto socio-ambientale, motivazione ed impegno nel rapporto con le istituzioni e con la scuola. Il conoscere la situazione di partenza degli alunni, dovrebbe aiutarci ad utilizzare accorgimenti, strategie, materiali che, nel rispetto dei riferimenti teorici pe-dagogici e didattici, siano di supporto nel momento in cui si attua la programmazio-ne degli obiettivi cognitivi e di alcune unità di lavoro. Se gli elementi che concorrono a determinare una situazione di partenza così differenziata rispetto ai bambini non zingari sono cultura, lingua e situazione di emarginazione, quest’ultima viene rico-nosciuta, mentre non sempre si accetta una diversità culturale se non negli aspet-ti più folkloristici e appariscenti e si nu-trono dubbi e perplessità anche per una presunta diversità linguistica: si è increduli sul fatto che bambini nati in Italia non co-noscano la lingua italiana. Ma considerare l’aspetto del disagio e dell’emarginazione come momento che contraddistingue la realtà dei bambini zingari è riduttivo e ri-schioso. E’importante poi riconoscere che il raggiungimento di un adeguato livello di apprendimento favorisce il proseguimen-to degli studi oltre la scuola primaria e rappresenta una condizione fondamentale perché si attui l’integrazione: più l’alunno è in ritardo rispetto ai compagni e più è difficile e problematica la partecipazio-ne e l’inserimento. Bisogna stare attenti anche a non interpretare le difficoltà di comportamento dei bambini zingari non come disturbi della personalità ma piutto-

sto come inevitabili disagi dovuti al cambiamento del contesto culturale. Normalmente la scuola e il contesto familiare sono due microsistemi che appartengono ad un macrosistema nel quale il bambino si riconosce e si ritrova, quando invece è un bam-bino zingaro che si presenta a scuo-la c’è uno sradicamento nel quale non sono riconoscibili i parametri appresi nell’ambito del proprio am-biente socio culturale. Un contribu-to importante ci viene offerto da studi e ricerche (Vygotskij Bruner) dove si evidenzia che la cultura rap-presenta un mezzo che consente la trasmissione da una generazione all’altra delle istruzioni per la co-noscenza del mondo, una specie di codice genetico.” Per garantire il diritto-dovere allo studio dei minori Rom si sente la necessità di attivare un tavolo tecnico provinciale interistituzionale che faciliti le regolari iscrizioni secondo le sca-denze previste dalla normativa, che attivi percorsi di formazione rivolti a chi appar-tiene al “sistema scuola”, elabori strategie riguardanti l’accoglienza e la facilitazione dell’apprendimento della lingua italiana e dei contenuti disciplinari e sviluppi moda-lità per la diffusione dei materiali prodot-ti in workshop, convegni, seminari con il supporto dell’Ufficio Scolastico Territo-riale, dell’Ufficio Scolastico della Direzio-ne per il Veneto e della Facoltà di Scienze della Formazione Primaria. Si deve inoltre definire una bozza di modello di proto-collo provinciale d’accoglienza, insieme a pratiche condivise in tema di inserimento degli alunni appartenenti ad altre culture, per favorire un clima d’accoglienza nella scuola e promuovere approcci collegati

alla relazione interculturale, incentivare modalità di relazione e coinvolgimento delle famiglie di alunni appartenenti ad altre culture e fornire indicazioni ai do-centi sui percorsi metodologici-didattici da intraprendere. Ci si propone anche di predisporre materiale informativo desti-nato alle famiglie Rom e Sinti per facilitare l’iscrizione a scuola dei figli, di elaborare un Vademecum per le scuole, progettando percorsi facilitati per l’apprendimento del-la lingua italiana e dei contenuti disciplina-ri, che tengano conto delle attitudini, della cultura e degli interessi degli alunni noma-di, privilegiando attività di tipo laborato-riale e percorsi di orientamento specifici per facilitare le scelte alla fine del primo ciclo di studi. Molto importante sarà mo-nitorare azioni messe in atto dai singoli istituti in sinergia con gli enti preposti al fine di far emergere un modello qualitati-vo, efficace ed efficiente e divulgare, all’in-terno di seminari, il documento “La via italiana per la scuola interculturale e l’in-tegrazione degli alunni stranieri”, la “Carta dei Valori delle cittadinanze dell’integra-zione” e tutta la normativa del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca e le direttive del Parlamento europeo. L’edu-cazione interculturale non è una disciplina di studio rivolta solo o soprattutto agli alunni stranieri Rom e Sinti ma una nuova modalità di analizzare il contesto educati-vo e di ripensare le finalità, gli obiettivi e i contenuti dei processi formativi. A livello educativo e didattico ciò può essere tra-dotto negli obiettivi del decentramento e della valorizzazione delle differenze all’in-terno di un quadro di ricerca delle comu-nanze. La finalità è quella di riuscire a sen-tirsi uguali nella diversità ed accogliere il conflitto, vivendo la scuola come luogo di tutti e per tutti, compresi i bambini Rom e Sinti. E così non li chiameremo più “figli del vento” ma figli della nostra scuola e della nostra società.

Inclusione sociale e scolastica dei bambini RomLe famiglie e i minori Rom rappresentano con le loro specifiche necessità e culture, una minoranza intorno alla quale è doveroso ed urgente concentrare una rete qualificata di servizi per raggiungere i risultati positivi nel campo dell’educazione e dell’inserimento sociale

La tutela degli animali da parte della legge n.189/2004 che punisce gli abusi ai loro danni e ne fa dei titolari di diritti individuali

Page 10: Il Giornale di Vllafranca

19Giovani

A cura di Diego Cordioli

Aziende

PUBLIREDAZIONALE

07 1218

AdolescenDay, la giornata degli adolescentiUna giornata dedicata ai loro bisogni, alle loro aspettative e alle loro risorse

L’obiettivo di AdolescenDay è la tutela della salute psico-fisica degli adolescenti, l’espressione dei loro bisogni, dei loro so-gni, delle loro preferenze e l’attivazione di sinergie di azione, nel pubblico e nel privato, che promuovano la realizzazione di una rete di servizi efficace e coordinata. Il benessere dei ragazzi abbraccia un raggio di azione che comprende numerose sfide comportamen-tali: l’alimentazione, l’alcool, la sessualità, la relazione con i pari. AdolescenDay si occu-pa di diritti, cioè degli interessi riconosciuti ai giovani e tutelati dalla legge: le regole non vissute come “limiti”, ma come confini di spa-zi entro i quali i ragazzi possono esprimersi in autonomia. Rendere i ragazzi protagonisti in prima persona della propria crescita ha evidenziato quanto le loro risorse possano essere convogliate in una dimensione posi-tiva: i ragazzi dialogano maggiormente e ma-turano la capacità del confronto, rimodulano positivamente il conflitto della sfida adole-scenziale e assorbono in maniera morbida il concetto di regole, responsabilità e “auto-tutela”. La sfida adolescenziale di oggi mira ad ottenere ragazzi consapevoli dei propri diritti e protagonisti della loro crescita. Il termine “adolescenti” comprende alcuni momenti della minore età, nei quali la legge considera il minore sufficientemente consa-pevole delle proprie azioni, nonché i primi momenti della maggiore età in cui il maggio-renne si approccia, per quanto giuridicamen-te responsabile, ad una realtà sociale e rela-zionale confusa e precaria: si è adolescenti anche se maggiorenni. AdolescenDay perciò: considera gli adolescenti soggetti attivi di

diritti e vuole valorizzarne le risorse; offre loro la possibilità di acquisire autonomia; li porta alla consapevolezza che le proprie “ri-vendicazioni” non sono le ”pretese dell’età”, ma diritti che devono conoscere, esercitare, saper difendere. E diffondere: perché il con-cetto di conoscenza del diritto comporta il riconoscimento e il rispetto del diritto degli altri. Il percorso che AdolescenDay propone come guida ai diritti degli adolescenti toc-ca alcuni ambiti: la sessualità, come diritto, interesse cioè riconosciuto e tutelato dalla legge anche agli adolescenti; l’età per gli atti sessuali; la percezione della propria intimità e l’equilibrio con la propria identità; le diffe-renze di genere; l’orientamento sessuale; la prevenzione dell’abuso, della violenza e dello stalking; oltre che la prevenzione delle malat-tie sessualmente trasmesse, delle gravidanze indesiderate e dell’interruzione volontaria di gravidanza. Le emozioni e i bisogni: co-municarli al mondo dei pari, alla famiglia, alla scuola, ai consultori, alla rete dei servizi e diritto ad avere ascolto e risposte. L’alimen-tazione e la forma fisica: come diritto ad un corpo sano e armonico, dove bellezza è sinonimo di salute. L’impegno sportivo, mu-sicale, sociale, scolastico, lavorativo e la par-tecipazione a forme di aggregazione, anche social network, tutti ambiti di formazione, crescita e realizzazione della personalità e del carattere e della capacità di relazionarsi con gli altri. AdolescenDay, alla seconda edi-zione, ha avuto esiti notevoli perché ha dato impulso ad un lavoro che ha portato nuove e più consone metodologie d’intervento da parte degli operatori, la maggiore frequen-tazione da parte dei ragazzi dei servizi, im-pegni concreti da parte delle scuole e degli

amministratori, con feed-back positivi in ter-mini di crescita psicologica, relazionale e di benessere personale. Sono state attuate in più regioni d’Italia iniziative e collaborazioni con istituzioni pubbliche e private, consulta-bili sul sito www.adolescenday.it e già sono in corso incontri e programmi preparatori delle terza edizione dell’evento prevista per il 18 maggio 2013. Sono state organizzate manifestazioni, momenti di studio e appro-fondimento su tematiche di interesse gio-

vanile, professionisti hanno offerto attività e consulenze gratuite, scuole, comuni e Asl hanno partecipato non solo dando soste-gno e pubblicizzazione, ma anche scegliendo AdolescenDay come riferimento e giornata di presentazione di attività e progetti svolti a favore dei ragazzi. Particolare attenzione è stata posta al modo di comunicare con gli adolescenti. Per ulteriori informazioni e contatti: [email protected] www.adolescenday.it

Avv. Mara Romandini

Se è vero che, nei momenti difficili, l’impor-tante è agire e non stare a guardare, questo la Rete degli studenti medi l’ha capito bene. Lo scorso 30 Maggio, come molti sanno, un forte terremoto colpì l’Emilia, dando così il via a continue e frequenti scosse. Gruppi di volontari scesero e scendono tuttora a dare il proprio aiuto, occupandosi dei bambini o spostando macerie. La Rete, per svariati motivi legali e burocratici, non potendo fare altrettanto, non si è arresa. Partendo dall’idea che sia dovere di ognu-no aiutare i propri concittadini in caso di necessità, anche con poco, si voleva asso-lutamente fare qualcosa. Ecco che quindi, a livello nazionale e di conseguenza anche villafranchese, si è pensato ad una raccolta fondi, efficace ed accessibile a tutti. A Villa-franca la raccolta si è concentrata all’inter-

no del Liceo Medi e dell’Istituto Carlo Anti: ai ragazzi, a cui si sono uniti anche più pro-fessori, è stato chiesto di donare una qual-siasi cifra per aiutare i terremotati in Emilia e, dopo soli due giorni, si è arrivati ad un totale intorno agli ottocento euro. I fondi verranno ora investiti nel progetto “Adotta un pezzo di futuro”, a cui tutto il sindacato ha deciso di aderire. La scelta non è casua-le: la Rete nasce per difendere e rimarca-re i diritti degli studenti, tra cui quello di poter svolgere le lezioni in una struttura adeguatamente costruita ed a norma di legge. Ecco perché ci si assicurerà che i sol-di vengano spesi per la ricostruzione della scuola elementare emiliana di San Felice sul Panaro, fortemente danneggiata dalle scosse di terremoto. Villafranca, come si è visto, pur essendo una sezione della Rete

da poco presente, si impegna già molto: ol-tre a questo progetto difatti, di recente si è partecipato al Congresso nazionale del sindacato tenutosi a Firenze dove, al con-trario di molte altre città, Verona è riuscita a portare tutti i delegati richiesti. Il nome della Rete non deve però trarre in inganno: il termine “Medi” non sta, al contrario di quanto molti credono, per il nome del li-ceo villafranchese, ma deriva semplicemen-te dal fatto che, trattandosi di un sindacato rivolto ai liceali, esso è composto da ragaz-zi che stanno “a metà strada” tra la scuola primaria e l’università. Si tratta insomma di una semplice coincidenza. Inoltre, nono-stante l’estate, il sindacato non si prenderà pause: per Luglio è prevista una settimana di campeggio in Campania, all’insegna della partecipazione attiva in proposte ed attivi-

tà, quali idee per il nuovo anno, discussio-ne su determinate tematiche e l’ascolto di importanti ospiti, ma anche all’insegna del relax, con concerti e momenti di comuni-tà. Il campeggio è aperto a chiunque voglia partecipare: per ulteriori informazioni ba-sterà rivolgersi ai componenti della Rete, presente anche su Facebook. Nel nuovo anno scolastico molti studenti di quinta li-ceo saranno già migrati verso l’università, dove probabilmente dedicheranno il loro tempo all’UDU, sindacato universitario: sia-mo dunque alla ricerca di nuove forze. Già da questa estate chiunque possa essere in-teressato può contattarci: non richiediamo nessun obbligo d’impegno, ma solo la voglia di conoscerci e di rendersi utili, per quanto possibile, per migliorare le cose.

Gli studenti medi per il terremoto dell’Emilia Iniziative di solidarietà verso i terremotati e altri progetti, come un campeggio in Campania, promosso dai giovani della Rete degli studenti medi

Negli ultimi anni sono sempre più le famiglie che si affidano all’acqua potabile che esce dal rubinetto di casa. Sono numerosi anche colo-ro che preferiscono acquistarla, tanto che noi italiani siamo i primi consumatori al mondo di acqua minerale in bottiglia. Specifico in bottiglia, perché di acqua minerale in Italia se ne può trovare anche negli acquedotti. Un po’ di dati: solo il 13% degli italiani consuma esclusivamente acqua da rubinetto (dati Federconsumatori di Pisa). Solo il 24,5% consuma esclusivamente acqua minerale in bottiglia (dati Aqua Italia, istituto indipendente). Possiamo quindi conside-rare che la stragrande maggioranza ( 62.5%) usa per dissetarsi sia acqua del rubinetto, sia acqua in bottiglia. Premesso che la scelta di affidarsi all’una o all’altra soluzione dipende dalle convinzioni di ogni singolo, il fatto di utilizzare entrambe le “fonti” significa incer-tezza e diffidenza . E’ vero che se una delle due scelte fosse dannosa alla salute o al portafoglio, sarebbe meglio schierarsi da una parte ben definita del fronte.RUBINETTO O BOTTIGLIA?Analizziamo i pro ed i contro delle due alternative:Acqua del rubinetto:Pro: Più economica; più comoda; più sicura (analisi giornaliere da parte degli enti locali)Contro: sapore talvolta sgradevole a causa di presenza di cloro e minerali o metalli; talvolta elevato contenuto di calcare (a Villafranca soprattutto); presenza di residui di metalli e sabbia che in assenza di filtri specifici, passano dal rubinetto.Acqua da bottiglia:Pro: Gusto gradevole; possibilità di averla frizzante; etichetta che riporta i dati salienti (non si sa di quale campione); provenienza da fonti pure e montane (non sempre).Contro: Costo elevato; mancanza di controlli sullo stato delle botti-glie durante il trasporto e lo stoccaggio (caldo, luce, ecc...); controlli eseguiti a campione; utilizzo di bottiglie spesso senza possibilità di riutilizzo integrale (la plastica viene differenziata ma è sempre un rifiuto); costi accessori per l’approvvigionamento; poca praticità per la fruibilità (continui acquisti o disponibilità di depositi in luoghi freschi e asciutti).•Il mercato delle acque minerali vale 3,2 miliardi di euro.•In 15 anni (1988-2003) il consumo italiano è più che raddoppiato (da 80 a 182 litri), un fenomeno unico al mondo.• Con 182 litri pro capite all’anno, l’Italia è balzata in pochi anni al primo posto nel mondo per consumo di minerale.•Il consumo pro capite di 182 litri l’anno significa consumare 22 litri di petrolio e 108 litri d’acqua (utilizzati per la produzione e il trasporto), oltre all’emissione di 23 kg di CO2.Quanto paga e quanto inquina mediamente in un anno una famiglia di 4 persone che consuma acqua in bottiglie di plastica nella misura di 1 litro a testa al giorno, in Italia?•Costo medio dell’acqua: € 400,00•Consumo di petrolio per fare le bottiglie: litri 32•Consumo di acqua per fare le bottiglie: litri 560•Acqua sprecata nelle varie fasi di lavorazione: litri 3.360•Consumo di carburante per il trasporto delle casse d’acqua: litri 32A tutto questo vanno aggiunti i costi ingenti per lo smaltimento delle bottiglie di plastica e l’inquinamento ambientale, derivante an-che dall’emissione dei gas immessi nell’aria dai veicoli preposti al trasporto dell’acqua (fonte Federconsumatori di Pisa).

L’acqua, risorsa importante e bene comuneBottiglia o rubinetto ? Questo è il dilemma che milioni di italiani si pongono

LA SOLUZIONE A TUTTO ESISTE:C’è un modo per bere sicuro, economico e pratico: purificare l’acqua del rubinetto senza la necessità di allacciarsi alla rete idrica. Risparmio sull’acquisto delle acque minerali. Riduzione dell’inquinamento da trasporto e confezionamento di acque minerali.Evita la scomodità del trasporto delle casse di acqua.

Caratteristiche generali :1. sistema di filtraggio a doppia tecnologia e ad elevatissima durata (fino a 6 mesi) monitorata elettronicamente;2. elevata velocità di filtraggio fino ad 1 litro/min;3. sistema gasatore con bombola CO2 per preparare fino a 80 litri di acqua gassata;4. sistema di bypass per regolare il livello di filtraggio per modificare la durezza dell’acqua e le caratteristiche organolettiche in funzione dell’utilizzatore e del tipo di acqua potabile in ingresso;5. autodiagnosi e supervisione del sistema, con interfaccia utente a LED multicolore che segnala: - erogazione acqua in corso; - gasatura in corso; - esaurimento filtro; - esaurimento bombola CO2; - stato del dispositivo UVc.

Possibilità di funzionamento con batteria ricaricabile (12 ore di ricarica), fino a 20gg di autono-mia. Pratica caraffa “a scomparsa” da 1.8 Lt.-Conforme alla Normativa Europea ed Italiana di settore.Accessori in dotazione:-1 cilindro CO2 per gasatore-2 bottiglie di vetro da 2 litri-2 bottiglie in plastica per bombola CO2-2 cartucce composite filtranti sterilizzate.-1 alimentatore 12 V

Sistema di disinfezione, basato sulla tecnologia UV-c, che può abbattere la carica batterica, ove presente, fino a valori superiori al 99%.Il doppio sistema consente la riduzione degli agenti organici e inorganici (solventi, pesticidi, cloro, piombo, zinco, rame, arsenico, metalli pesanti, calcare, ecc).Assorbimento massimo in fase di erogazione dell’acqua 4.6W

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A cura di Francesco BommartiniA cura di Diego Cordioli

I Tesori di Villafranca

A cura di Elisa Zanola

Il primo orologio della TorreRico Bresaola ci racconta le storie e le vicende del primo pubblico orologio simbolo della nostra città

Oltre due anni fa avevo appena terminato il “servizio attivo” quando accettai di buon grado l’incarico con-feritomi dal presidente provinciale dell’ Associazione Nazionale del Fante di rivitalizzare la locale sezione che dopo due grandi presidenti, il compianto Angelo Negrini e l’ormai novantenne dott. Gabriele Mortari, si stava “spegnendo”. Raccolto un gruppetto di fanti e amici dei fanti, siamo ripartiti. Ci furono da subito evi-denti le difficoltà, di cui peraltro soffrono (o sono desti-nate a soffrire) tutte le associazioni combattentistiche e d’arma con la sospensione della Leva, di andare avanti. Con l’intento di riaggregare chi abbia fatto il militare e chi ancora condivide quegli ideali di servizio, di uni-tà nazionale e amor patrio che sono tanta parte della nostra cultura, ci siamo detti che occorreva, oltre che presenziare alle solite cerimonie, darci degli obiettivi a beneficio della comunità. Con che cosa cominciare? L’i-dea ce la diede l’amico Gaetano Zanotto di Povegliano, esperto in materia per aver già restaurato l’orologio del campanile del suo paese. Lui mi propose:“perchè non restaurate anche voi il vostro orologio che giace abban-donato in un magazzino e in serio pericolo di essere gettato via?”Andammo a vederlo e non vi nascondo che all’inizio

rimasi personalmente assai perplesso e sfido chiunque a non esserlo stato: guardate la foto di come era! Ma poi Gaetano ha insistito sulla fattibilità del progetto e mi ha fatto conoscere, assicurandone la collaborazione, il signor Paolo Francesco Forlati, esperto in orologeria antica e Agostino Vigolo, valente ed “illuminato” fabbro. E così siamo partiti. Effettuate le dovute richieste, ab-biamo atteso il “via libera” e ad onor del vero devo dire che la nostra proposta fu accolta subito con fiducia e stima sia da parte degli organi tecnici del comune che degli amministratori ed in particolare dal sindaco e dall’assessore alla cultura Maria Cordioli. Avuto, nel mese di marzo di quest’anno, il beneplacito dalla So-printendenza con le relative prescrizioni, siamo potuti partire sia con il restauro che con la ricerca storica. Ma facciamo un passo indietro. Nella prima relazione del 2010 di quell’ammasso di ferri arrugginiti e spezzati, con l’occhio dell’appassionato, così descriveva l’orolo-gio il nostro esperto Paolo Francesco Forlati: “Classico segnatempo della seconda metà dell’800, con suoneria delle ore e delle mezze ore a seghetto. La struttura del telaio è in ferro (ghisa) di tipo a gabbia, di forma parallelepipeda, sostenuta agli angoli da robusti sup-porti fusi con evidenziate colonne eclettiche di classico richiamo e con piedi di appoggio a terrra di egual stile. Le traverse metalliche sono fissate classicamente con viti a chiocciola mentre i leveraggi godono di bloccaggi fioriti di piacevole gusto. Il verlo (barilotto avvolgi cor-da) è di legno in giusto adattamento alla corda in cana-pa intrecciata che sostiene il peso motore. Lo scappa-mento (organo regolatore temporario) è a Cheville ma contrariamente ai tradizionali è di tipo “radiale”, messo in modo che il pendolo oscilli trasversalmente, il che è più pratico per la taratura e l’aggiustamento dell’orario. Attraverso il raro scappamento ed i meravigliosi del-fini di supporto alla carica manuale con manovella fusi artisticamente e simbolo della località di provenienza, la Francia Corta, posso confermare che questo straordi-nario vecchio orologio, che organizzò per primo l’italica comunità di Villafranca, proviene da Rovato e sembra della ditta Frassoni. “ Ci mettemmo all’opera andando a

recuperalo e lo portammo da Agostino Vigolo in quel di Vanoni Remelli, mentre l’amico Mario Bonamente di Mozzecane, nella sua officina, effetuava la difficile ope-razione di saldare i traversi in ghisa, Agostino smontava l’orologio e dopo averlo tutto contrassegnato, perchè ogni pezzo va rimesso solo ed esclusivamente al suo posto, viti comprese, ne eseguiva la singola “spazzola-tura” e pulizia. Quasi subito emerse la scritta “Ditta premiata con medaglia d’argento” e la data “1890”, il che ci consentì di restringere il campo di ricerca sto-rica. Anche qui, avuta la necessaria autorizzazione, ho consultato i registri delle deliberazioni di Giunta e di Consiglio dell’epoca, custoditi nell’archivio comunale. Dalla lista delle spese ho potuto accertare che l’oro-logio è stato effettivamente acquistato nel 1890 dalla ditta Pietro Frassoni, che fu pagato in tre rate annue, complessivamente Lire 944,40 e che originariamente batteva solo l’ora. Nello stesso anno risultano acquistati anche il quadrante e le relative lampade per l’illumina-zione (per Lire 496,14) nonchè la cornice in pietra (per Lire 511,31). Solo nel 1903 si è provveduto all’acquisto di una seconda campana per il suono delle mezze ore e sono state eseguite le necessarie modifiche all’orologio.Dalla consultazione dei documenti si deduce anche

che l’orologio è stato in funzione sino al 1921 allorchè ne è stato proposto l’acquisto di un altro più moder-no a carica settimanale. E poi si entra nel campo delle ipotesi. E’ verosimile pensare che una volta sostituito, l’orologio sia stato “rudemente” calato a terra, come lo dimostrano tutti i traversi spezzati e sia rimasto ab-bandonato in un angolo della Torre stessa. Miracolosa-mente “sopravvissuto” sino agli inizi degli anni ‘90, per i lavori di restauro del Mastio e di sostituzione della scala interna della Torre, deve essere stato portato nel

magazzino di via dei Cipressi dove infine l’avevamo tro-vato. Ma torniamo ai lavori sull’orologio: sotto la super-visione ed i consigli del sig. Forlati, Agostino Vigolo non solo ha completato la pulizia ed il restauro dell’esisten-te, ma ha effettuato anche il rifacimento delle importan-ti parti mancanti, tra le altre: alcuni ingranaggi, il freno di ricarica del suono delle ore, il pendolo, le lancette del quadrante di regolazione ed i pesi motori. Questi ultimi sono stati i più laboriosi perchè oltre che a ricostruirli di forma simile agli originali, per il buon funzionamento dell’orologio, si doveva trovarne anche il peso esatto. Si è proceduto così a tentativi, aggiungendo zavorra finchè il pendolo non è partito. Occorre qui ringraziare i “gommisti” Lino Prandini e Giorgio di Vulgomme, per il piombo gentilmente donato. Un ringraziamento va pure alla pittrice Fides Sometti di Povegliano, che ha “rinfrescato” il quadrante interno di regolazione ed “un monumento” va ad Agostino Vigolo che ha anche costruito il “basamento” per l’orologio che infine era pronto. Questa è la sua storia e la storia del suo restau-ro. Come ormai ben sapete la sera dell’ 11 luglio du-rante il concerto del Risorgimento, i fanti hanno ricon-segnato ai villafranchesi il loro primo pubblico orologio della Torre, restaurato e funzionante. Che bella emozio-ne è stata sentirne ancora “la voce” dopo novant’anni di silenzio! L’orologio, in attesa della sistemazione nella sua naturale sede, palazzo Bottagisio, è ora visitabile all’ingresso del museo Nicolis e non nella biblioteca co-munale come originariamente si era indicato. Conclusa questa “mission”, noi fanti di Villafranca ci apprestiamo a pensarne un’altra ma siamo ancora in pochi e urgono rinforzi. Non chiederemo molto del vostro tempo, solo quello che potrete dare (e la quota di dieci euro di iscri-zione all’anno). Vi aspetto e a presto!

di Rico BresaolaCorso Garibaldi, 2/A - Villafranca di Verona (VR)

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ne di montagna: ed ecco servito il Burrone Giovannelli, sempre più gradito sia dagli amanti l’avventu-ra, impegnati nei vari percorsi di scalata, sia da chi l’avventura e la fatica la lascia volentieri agli altri, ma vuole comunque godersi una giornata immerso nei boschi e cir-condato dal verde.Passando allo sport un po’ più ago-nistico, parliamo ora del basket che, nonostante sia ancora un’atti-vità recente (la squadra è nata da poco più di tre anni), sta avendo una crescita rapida ed importan-te; le vittorie e, di conseguenza, le soddisfazioni cominciano ad essere sempre più numerose, per la gioia di tutto il gruppo che agli inizi spesso ha subìto sonore bato-ste dovute principalmente all’ine-sperienza.Arriviamo infi ne all’evento princi-pe dell’associazione, la festa dello sport: nel cammino che porta ai tre

giorni della festa sono stati svolti il torneo di calcetto “RIZZA-CUP Asfa” e il torneo di basket “MEMORIAL GIANNI LONGHI” , con l’aggiunta del pat-tinaggio per i più pic-cini. Durante la festa invece le novità sono state rappresentate dai gonfi abili e dal “CAL-CIO BARIZZA” mini-torneo di calcio balilla.I gonfi abili sono stati un vero e proprio di-vertimento per tutti i bambini, liberi di sal-tare qua e là senza dover subire i continui richiami delle mamme, le quali a loro volta non erano os-sessionate dal “odìo ’ndo elo fi nìo me fi ol ?”.Concludiamo il nostro resoconto annuale dell’attività Polisportiva

dando un caloroso benvenuto ai nuovi membri del direttivo sorto dopo le elezioni, e ringraziando coloro che fi no ad oggi hanno dato il loro signifi cativo contri-buto per il buon svolgersi delle attività.

Page 12: Il Giornale di Vllafranca

“Il posto fisso, che monotonia!”. Così tuonò il padre Zeus dall’alto dell’Olimpo quando stabilì che Per-sefone avrebbe dovuto trascorrere parte della sua vita nel regno degli Inferi e parte sulla terra. E ancora: “Serve più flessibilità” saettò l’arci-stufo dio quando decise la gestio-ne condivisa del bell’Adone…

Ma partiamo dall’inizio.Persefone si ammirava nello spec-

chio d’acqua del lago di Pergusa, vicino a Enna: era bellissima, come poteva essere altrimenti? Era la fi-glia di Demetra, la dea delle messi, e di Zeus, il signore dell’Olimpo. Dove camminava faceva rinverdire i prati, dove si posava, sbocciare i fiori. Attorno a lei era primavera senza fine, la madre portava a ma-turazione il grano e i frutti: insie-me erano le forze che muovevano la natura, l’eterna giovinezza e la fertilità, insomma, la vita. Giocava spensierata con le amiche, racco-gliendo fiori e ornandosi i capelli, ignara che Ade, il dio degli Inferi, le aveva messo gli occhi addosso da sotto la terra, pronto ad emergere con la sua biga per rapirla ancora fanciulla, contro la sua volontà. Le amiche che erano con lei furono punite dalla madre disperata, che vagò per giorni e notti in cerca della figlia. Demetra, dea dell’agri-coltura e dei raccolti, che deliziava tutto l’anno di bel tempo e ferti-lità la terra e i suoi abitanti, reagì al dolore del rapimento impeden-do la crescita delle messi e scate-nando un inverno freddo e senza fine. Zeus giunse ad un accordo col fratello Ade, per cui Persefone avrebbe dovuto essere restituita alla madre, per non far morire tut-ti i viventi, piante, animali e uomini compresi. Ade, prima di lasciarla an-dare, diede a Persefone un succoso melograno, per trattenerla: infatti

chi mangiava i frutti degli Inferi era costretto a rimanervi per l’eterni-tà. La ragazza, però, non mangiò il frutto intero, solo sei semi. Il mito racconta che così si giunse ad un ulteriore accordo: sarebbe rimasta accanto allo sposo negli Inferi solo per un numero di mesi equivalen-te al numero di semi di melograno da lei mangiati, potendo trascorre-re con la madre il resto dell’anno. Demetra accoglieva con gioia il pe-riodico ritorno di Persefone sulla terra, facendo rifiorire la natura in primavera ed in estate. Intristiva all’abbandono della bella figlia, e la terra con essa cadeva per mesi in una morte apparente.

È un mito molto famoso, bello e completo: ci sono la gioia e il dolo-re, la vita e la morte, l’odio e l’amo-re, la luce e il buio, e tutti gli oppo-sti che caratterizzano ogni aspetto della vita.

Ma… c’è anche il precariato! Sì, perché Proserpina, questo era

il nome latino della donna conte-sa tra gli Inferi e la terra, diventa precaria, senza un posto fisso: deve spostarsi per volere superiore, per evitare danni maggiori. Lei che sta-va così bene sulla terra, è costretta a trascorrere sei mesi all’anno in un luogo mortifero, tra le braccia di un tetro dio che comanda sui fantasmi.

Ma non è neppure finita qui: un al-tro racconto mitologico relativo a Persefone la vede concorrente con Afrodite (la Venere romana) nel rapporto con il bellissimo Adone, di cui si era invaghita irrimediabil-mente, insoddisfatta del “matrimo-nio infernale” frutto di una violen-za bruta. Zeus, che oltre ad esse-re il re dell’Olimpo è anche il più interpellato giudice nel dirimere le questioni tra dei, semidei ed eroi, per non scontentare nessuna, pre-ferisce affidarlo separatamente ad entrambe, lasciando a lui un breve periodo di libertà.

Ricapitolando, tro-viamo Persefone/Pro-serpina contesa tra il marito e la madre, con un amore diviso con la rivale Afrodite, pure bellissima, che le sottrae, a periodi alterni, il bell’Adone. Deve essere, la sua, un’ esistenza vera-mente travagliata, fat-ta di instabili equilibri e di spostamenti con-tinui: dualità, precaria-to, flessibilità e pendo-larismo! Non c’è pace neppure per una dea che finisce per avere una vita non molto dissimile da quella di molti di noi!

È significativo il fat-to che in tutti i miti classici ogni medaglia abbia il suo rovescio, dove c’è gioia c’è an-che tristezza, il suc-cesso di uno diventa la sconfitta di un altro, tutto sembra essere retto da forze oppo-ste. Che sia proprio questa l’essenza della vita? Giacomo Leo-pardi, grande poeta e sommo filosofo, scri-veva, nel 1833 il Can-to “Amore e morte”. Alcuni versi (vv.1-9):

“Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte / ingenerò la sorte. Cose quaggiù sì belle / altre il mondo non ha, non han le stelle. Na-sce dall’uno il bene, / nasce il piacer maggiore che per lo mar dell’essere si trova; / l’altra ogni gran dolore, / ogni gran male annulla.”

Sembra proprio una condizione esistenziale la dualità, e dunque la precarietà, nell’eterno oscillare delle vicende tra due opposti. Ogni

sicurezza sembra momentanea, la provvisorietà guadagna terreno in ogni settore delle attività umane.

Accettare, nell’esistenza indivi-duale, che ogni luna abbia una fac-cia scura, che ogni vita abbia in sé l’andare alla morte, è un pensiero con cui, nell’età adulta, si deve fare i conti e che si deve metabolizzare. Risparmiamo i bambini da questa consapevolezza: è giusto che viva-

no l’infanzia nella se-renità di una sicurez-za e stabilità immagi-naria. Risparmiamo gli anziani, che questa dimensione di tran-sizione l’hanno ben presente. Ma l’adulto non può pensare di essere stabilmente onnipotente, eterna-mente giovane, per-fettamente autosuffi-ciente, perennemen-

te innamorato, indiscutibilmente intelligente: tutti gli assoluti sono fuori luogo. Siamo esseri mutevoli, oscillanti, non sempre per nostra scelta, spesso indipendentemente dai nostri progetti e desideri. Chi ha il dono della fede sa che è per un disegno che spesso sfugge nel suo senso profondo; chi si dibatte nelle faccende della vita senza so-stegni trascendenti fatica di più. Ma tutto è sempre in continuo diveni-re, tutto scorre: l’unica via d’uscita è la resilienza, la capacità di affron-tare le avversità della vita, di supe-rarle e di uscirne rinforzati e ad-dirittura migliori. Una sfida difficile, ma inevitabile e sommamente af-fascinante. Come Persefone, dopo un lungo periodo buio vedremo la luce; dopo il lungo inverno, con la gioia di Demetra farà ritorno la primavera.

Persefone, il pendolarismo e la precarietàInterpretare le sfide e le problematiche contemporanee attraverso il mito: si inaugura con la figura di Persefone questa nuova rubrica, la cui attualità passa per il recupero dell’immaginario antico

A cura di Francesco BommartiniA cura di Diego Cordioli

Miti & Attualità

A cura di Roberta Isoli

23Cultura dell’Alimentazione

A cura dell’Istituto Alberghiero “A. Berti” di Verona

Angelo Berti nacque ad Ostiglia (Mantova) il 16 gennaio 1909; l’in-fanzia e l’adolescenza le visse nel-la trattoria gestita dalla mamma, ottima cuoca, dalla quale appre-se i primi elementi del “mangiar materno”, in tal modo la cucina mantovana, casereccia, senza orpelli, divenne sangue del suo sangue. Sentì presto il bisogno di evadere verso nuove esperienze che meglio si adattassero alla sua irresistibile sete di conoscenza di altre avvincenti realtà culinarie esistenti oltre i confini nativi. Lo troviamo nelle principali città d’I-talia, nei luoghi di villeggiatura più impensati e poi in Svizzera e infi-ne in Francia e qui avvenne un’e-sperienza eclatante: in pochi mesi, al contatto con i maggiori chef della capitale francese, assimilò l’arte di quella prodigiosa cucina e raffinò le sua capacità di cuoco moderno. Nel frattempo si era sposato con Livia Tassi di Revere (Mantova), sarta valente. La guer-ra sembrò distruggere i program-mi di Berti. Lo troviamo a Revere (Mantova) nel ‘45, esercente di un caffè trattoria e della prima “ba-lera” del dopoguerra: il “Dancing Azzurro” e aderente nello stesso tempo, alle idee di rinnovamento del Paese conseguenti alla lotta di Liberazione. Era il momento

degli “americani”: tra di essi aveva molti amici; cercava uno sbocco per la sua fantasia, ma era ancora presto. L’assestamento dell’Italia sembrava avanzare, la trattoria bar non gli dava soddisfazione; capì l’andamento delle cose e ri-uscì a trasformare una ex colo-nia fluviale in un “camping” sulle rive del Po di fronte alla Rocca di Ostiglia. Purtroppo una lite con l’amministrazione comunale degli anni ’50 lo costrinse ad abban-donare il camping di proprietà comunale, riducendolo in condi-zioni assai precarie. Tempi duri e difficili. Aprì allora un piccolo lo-cale, trattoria tipica, nella centrale piazza Grazioli di Revere, poi gli nacque l’idea della “Taverna degli artisti”. Non aveva mezzi per re-alizzarla. Un colpo di fortuna gli fece spiccare il gran salto. Con l’i-nizio del cosiddetto “boom eco-nomico” i tempi erano maturi. Anno 1957: un concorso culina-rio a carattere nazionale, organiz-zato a Bologna, lo vede vincitore del primo premio. La notizia si rincorse da provincia a provincia. L’ascesa stava per cominciare. Si avvalse della stima di un grande maestro: Casali di Cesena. Co-minciò così il gioco delle cono-scenze: i presidenti degli EPT di Mantova e dintorni, personaggi come l’On.Usvardi, il senatore Aimoni (ex presidente della Pro-vincia di Mantova), l’On.Caru-

so, in quel tempo segretario del comune capoluogo e tanti altri protagonisti della politica, dell’ar-te, del giornalismo. Fuori dalle mura avvenne l’incontro decisi-vo per la sua breve restante vita: quello con Dino Villani. Senza abbandonare la tradizione di cui era vigile difensore ed esperto cultore, reinventò la cucina rina-scimentale, ovviamente adattata ai nostri gusti. Ed allora arrivò il grande big-bang del pranzo man-tegnesco, nella Sala dei Cavalli di Palazzo Tè a Mantova; il pranzo realizzato da Angelo Berti e of-ferto dal Comitato “Mostra del Mantegna” in onore dei giorna-listi italiani e stranieri il 23 set-tembre 1961. In quell’occasione c’era anche Giorgio Gioco che aiutava Angelo Berti a realizzare questo importantissimo banchet-to e ne parlò tutta la stampa sia italiana che estera. Da ricordare anche: il pranzo degli 800, realiz-zato a Grazzano Visconti per la “Sagra” dei Visconti di Modrone, la grande rassegna delle “Diete gastronomiche” al Circolo della Stampa di Milano in occasione del “Symposium sull’alimentazio-ne dell’uomo moderno” presso la Fondazione Carlo Erba; il pran-zo in costume nel Palazzo Ducale di Revere per festeggiare l’incon-tro dei giovani pittori e dei gior-nalisti del “Premio Revere”. Nel frattempo lo colse un male che

non perdona; nonostante ciò sta-va scrivendo un libro sulla cucina rinascimentale da lui interpretata, stava costruendo nella mente il gigantesco e macchinoso ban-chetto in costume che avrebbe dovuto consegnare all’Arena di Verona, rinverdendo la fama del pranzo di Trimalcione, stava pen-sando all’istituzione di una scuola alberghiera nella sua Revere, città d’adozione, ma che tanto amava.Purtroppo la morte, interrom-pendo i suoi progetti non lo ri-sparmiò e lo colpì senza scampo il 16 Gennaio 1964. Angelo Berti si serviva della gastronomia come mezzo per realizzare relazioni umane tendenti a diventare pub-bliche e ad interessare e conqui-stare larghi e profondi strati di persone per scopi civili. Vincenzo Buonassisi di Berti scrisse: “Ca-

pitò, certo, l’occasione buona, al momento giusto, il famoso pran-zo dei Gonzaga che lui rifece con gusto di grande artigiano, con piglio di autentico condottiero. Ma allora non mi resi conto di quanto fosse sua, intimamente, la conoscenza della cucina rinasci-mentale, la passione di riportarla in una dimensione moderna”. La fotografia che è sulla tomba di Angelo Berti lo ritrae mentre si toglie il cappello in segno di sa-luto. Non un saluto di addio ma di benvenuto: il saluto della buo-na accoglienza nella quale c’era tutto il suo carattere ed il suo programma. Gli alunni, ne trag-gano insegnamento, e siano fieri dell’Istituto professionale di Stato per i servizi alberghieri di Verona, a cui è stato intitolato.

del Prof. Eugenio Ghiraldi

Angelo Berti, gastronomo umanistaIn queste righe vogliamo far conoscere chi era e cosa ha fatto per meritare giustamente l’intitolazione all’ Istituto alberghiero che prepara alunni che andranno a lavorare nel settore della ristorazione e del turismo italiano ed estero

ProcedimentoMettete in una casseruola: burro, ca-rote tagliate a fettoline, sedano, cipol-le, prezzemolo, il tutto finemente tri-tato. Mettetevi a cuocere il luccio ben pulito ed infarinato e cuocetelo lenta-mente. Aggiungete a mezza cottura un bicchiere di vino rosso, fate evaporare e bagnate con un mezzo bicchiere di brodo. Prima di servire, passate la sal-sa al setaccio.

Ricetta tratta dal libro “LA CUCINA DEI GONZAGA” di Angelo Berti

Franco Angeli Editore - pag. 91

Ricetta originale di Angelo Berti:Luccio al buon gusto

Ricetta rivisitata: Sfogliatina con Luccio in salsa aromatica in guazzetto di verdure

Ingredienti per 4 persone1 luccio di circa 1,2 kg.1 carota - costa di sedano - 1 cipolla 4 spicchi d’aglio2 foglie di alloroolio extravergine d’oliva50 gr. di acciughe250 gr. di peperoni verdi a sigaretta sott’aceto50 gr. di capperi sotto sale

Per la sfogliatina: 40 gr. di burro sciolto 80 gr. di albume 60 gr. di farina bianca 20 gr. di olio d’oliva sesamo q.b., poca senape carta da forno

Per il guazzetto di verdure:50 gr. di carote50 gr. di porro50 gr. di funghi champignonsscalogno brodo vegetaledadolata di 1 pomodoroqualche fogliolina di basilico purea di patate con erba cipollina sale e pepe

Procedimento per la sfogliatina:Preparate 8 sfogliatine impastando il burro, l’albume, la senape, la farina e l’olio. Sopra ad un foglio di carta da forno, con un pennello, stendete a velo l’impasto così ottenuto formando dei dischi del diametro di circa 8 cm e ricopriteli con alcuni semi di sesamo. Infornate a forno caldo a 180° per 3 o 4 minuti finché i dischi imbiondiscono.

Procedimento per il luccio:Lessate il luccio in acqua salata con l’aggiunta di una carota, una costa di sedano, una cipolla, due spicchi d’aglio e le foglie d’alloro. Cuocete il luccio per 30 minuti per ogni kg. A cottura ultimata preparate la salsa mettendo sul fuoco una padel-la con abbondante olio extravergine, due spicchi d’aglio e le acciughe tritate finemente. Quando l’olio è bollente, versate peperoni e capperi tritati. Lasciate bollire piano piano per cinque minuti e versate sul luccio. Fate riposare in frigorifero per almeno 12 ore. Mondate le verdure, tagliatele a dadini piccoli, ponetele in una casseruola a cuocere con poco brodo vegetale, oppure cuocetele a vapore. Insaporite le verdure con poco olio d’oliva e con poco sale e pepe, poi con il basilico e il pomodoro a dadini. In un piatto stendete la sfogliatina, mettete sopra il luccio, quindi ricoprite con un’altra sfogliatina, guarnite il piatto con le verdurine, il pomodoro tagliato a dadini e con un filo d’olio extravergine d’oliva.

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della Prof.ssa Roberta Isoli

Page 13: Il Giornale di Vllafranca

A cura di Diego CordioliA cura di Diego Cordioli

Benessere & Relax 07 1224

A cura del Centro Olistico Il Soffio A cura del Cenrto Olistico Il Soffio

Benessere & Relax 25

COS’E’ IL METODO RIO ABIERTO? Rio Abierto è nato in Argentina negli anni ’50 da un’elaborazione delle antiche conoscenze an-dine della psicologa Maria Adela Palcos. Rio Abierto significa “fiume aperto”. È un sistema di lavoro che si struttura attraverso il movimento con la musica e mira ad integrare Corpo-Mente-Emozioni-Spirito Rio Abierto si fa scalzi per migliorare la sensazione di connessione con Madre Terra e facilitare lo scarico di tensioni fisiche e stress mentale, e in cerchio, perché il cerchio è una forma archetipica che dinamizza l’energia e favorisce il contatto tra i partecipanti. Il movimento accompagnato dalla musica è ad imitazione; chi partecipa copia i movimenti dell’Istruttrice. Lo scopo è di portare il partecipante a sperimentare nuove posture e con esse una nuova percezione di sé.

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CHE COS’E’ LO YOGA? Yoga significa unione: unione di corpo e mente, di mente e respiro. Ma non solo. Yoga è vivere te-nendo conto che siamo in contatto con gli altri esseri viventi e l’ambiente che ci circonda e che possiamo vivere in armonia solo rispettando certe leggi. Chi abbraccia lo Yoga si addentra in una via straordinaria che porta a riscoprire l’unione con il nostro vero Sé, l’unione con il Divino, qualunque sia la Sua forma, attraverso quel sacro tempio che è il nostro corpo.LA PRATICA YOGA Impareremo esercizi e semplici posture (asana) legate a vari periodi dell’anno e alle diverse difficoltà stagionali, al fine di disintossicare corpo, mente ed emozioni. Useremo posture ed esercizi lenti e progressivi per stendere la muscolatura e liberare la respirazione (pranayama). Ci faremo condurre da varie tecniche di rilassamento, dando importanza all’ascolto e alla consapevolezza, per trovare un equilibrio interiore e andare verso la realizzazione della nostra vera natura.Serate esperienziali gratuite presso il Centro IL SOFFIO: martedì 18 e 25 settembre ore 20,00

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Nogara, Isola della Scala, Povegliano (VR), Bonferraro (MN), Ostiglia (MN) e Porto Mantovano.

Via Biadego, 6 - 37131 Verona (VR)

Il Centro Olistico IL SOFFIO nasce dall’esigenza di unire gli sforzi di Operatori della salute di diversa scuola interessati ad una visione olistica dell’essere umano, non come speculazione teorica, ma come esperienza dell’Essere. In primo piano viene con-siderato pertanto il benessere della persona inteso come equilibrio globale e perciò fisico, mentale, emozionale e spirituale. In questo senso si muovono le differenti proposte di attività di gruppo: yoga, biodanza, incontri di meditazione, seminari Reiki, seminari e workshop per la ricerca interiore e le relazioni; accanto a ciò, le sessioni individuali con la consulenza della Dott.ssa Laura Belligoli, pedagogista, Reiki Master e mediatrice familiare. Tali consulenze si svolgono attraverso colloqui su temi personali privati ed emotivamente significativi per l’interlocutore e si propongono di aiutare a ritrovare benessere e serenità interiore.Le problematiche di chi chiede aiuto possono andare dall’indecisione di fronte ad una scelta importante, a un disagio specifico nei confronti di una situazione, dal bisogno di essere incoraggiati in vista di una prova impegnativa, al senso di vuoto di un mo-mento di crisi esistenziale.Presso il Centro sono disponibili anche le consulenze del Dott. Claudio De Santi, medico omeopata (cell. 335 8323446).Il Centro è anche sede dell’Associazione Olos-La Scienza della meditazione che si propone di promuovere e divulgare la cono-scenza della Meditazione come esperienza dell’Essere, attraverso varie proposte che aiutino ad avvicinarsi con semplicità e in modo gioioso al profondo contatto con se stessi che le tecniche di meditazione possono aiutare a sperimentare.

Centro Olistico “Il SoffioCHE COS’E’ LA BIODANZA? Creata da Rolando Toro, di origine Cileno, psicologo, antropologo e poeta, la Biodanza è un sistema di esercizi studiati per favorire l’integrazione personale e l’incontro umano, basato su esperienze indotte dalla musica, dall’emozione e dal movimento/danza. Ebbe inizio verso gli anni ‘60, dopo lunghe e accurate ricerche che gli permisero di creare questo metodo. Esso consiste in un insieme di esercizi e di musiche studiate appositamente e che si basano su di un modello teorico che permette di alzare il tono di salute, migliorare la comunicazione con l’altro e riuscire ad sviluppare i nostri potenziali genetici. Si fa in gruppo e non è necessario saper danzare, ma solo avere tanta voglia di divertirsi e di riscoprire la “gioia di vivere”. Rolando Toro definì la Biodanza “La danza della vita”.

Serate esperienziali gratuite presso il Centro IL SOFFIO: giovedì 13 e 20 settembre ore 20:30Inizio corso di di Biodanza presso il Centro IL SOFFIO: giovedì 27 settembre dalle 20:00 alle 22:30INFOLINE: Cecilia Francisconi 333 1715424

Biodanza, emozioni in movimento

FESTIVAL

30.09.12COLONIE DI BORGHETTO,VALEGGIO SUL MINCIO (VR)

9:30-10:00 Benvenuto e presentazione

10:15-11:15 Meditazione del Chakra del Cuore

11:30-12:30 Presentazione del corso Learning Love

12:45-14:00 Pausa pranzo

14:15-15:15 SALA 1: Giochiamo con la musica e il colore SALA 2: Meditazione Nadabrahma

15:30- 16:30 SALA 1: Meditazione Nataraj SALA 2: Meditazione Chakra Sounds

16:45-17:45 Meditazione Kundalini

18:00-19:00 Meditazione Vipassana

19:15-20:15 Aperitivo OlosGiovani + pausa cena

20:30-23:30 Trance Dance

INFOLINE: Laura 349 4567903 - Oriana 333 5640070

SCOPRIRE LA MEDITAZIONE

Il mondo degli dei greci, con le sue vicende leggendarie e i suoi miti, esercita ancora oggi su noi, uomini e donne occidentali, un forte influsso attraverso il suo potere ar-chetipico. Gli dei sono uno specchio in cui possiamo vedere riflessa la nostra “immagine” e le “maschere” che indossiamo, spesso inconsapevolmente, per corrispondere alle aspettative del mondo esterno, al fine di trovare un nostro spazio all’interno di questa grande famiglia umana, così ben rappresentata dalla famiglia dell’Olimpo, proprio come fosse un gioco di ruoli. Le attività si basano sul lavoro dell’analista junghiana americana Jean S. Bolen. MITICI PERCORSI si sviluppa attraverso 3 proposte: La Danza delle Dee, La Danza dell’Olimpo e Mitiche relazioni, in cui gli archetipi vengono esplorati attraverso tecniche introspettive e dinamiche, quali la visualizzazione, la danza, la meditazione, i giochi di ruolo e l’espressione creativa.

LE PROPOSTE AL CENTRO IL SOFFIO1. La Danza delle Dee. Workshop – Domenica 26 agosto ore 17-21,30 e Venerdì 21 settembre ore 18-22,30 2. La Danza dell’Olimpo. Un viaggio nelle relazioni attraverso il mito Workshop – Domenica 21 ottobre 2012 ore 9-18 3. Mitiche relazioni. Serata esperienziale – Venerdì 12 ottobre 2012 ore 20,30-22,30

LE CONDUTTRICI Renata D’Amico, scrittrice e counselor relazionale, conduce percorsi di crescita personale ed espressione creativa. Laura Belligoli, pedagogista, mediatrice familiare e Reiki Master. INFOLINE 349 4567903 – [email protected]

Mitici percorsi. Le Dee dentro la Donna. Gli Dei dentro l’Uomo

COUNSELING INDIVIDUALE, ORGANIZZATIVO E DI GRUPPO

Il counseling è una relazione d’aiuto che si prefigge lo scopo di fa-cilitare nella persona la consapevolezza e confidenza con le aree emotive, cognitive e corporee nel percepire se stessa, le relazioni e l’ambiente che la circonda. Obiettivo del counseling è quello di porre il soggetto nella condizione di libera espressione narrati-va, creativa e costruttiva del suo mondo di rappresentazioni gra-zie al quale riconoscere e assegnare valore al proprio sentire. Il counseling sia individuale che in piccoli gruppi è basato sull’ascol-to empatico, sull’effetto specchio, sul dialogo emotivo tra vissuti, rappresentazioni, convinzioni che il soggetto custodisce in sé con una chiave di lettura spesso stereotipata e disfunzionale.

PROFESSIONAL COACHINGIl coaching è una partnership che si stabilisce tra un coach e un cliente al fine di permettere a quest’ultimo di riconoscere e at-tingere alle proprie risorse per realizzare gli obiettivi e i progetti in cui lo stesso crede fermamente, sia in ambito personale che professionale. Il coach è un trainer motivazionale che assiste, stimola, sfida il cliente a perseguire con i propri mezzi le proprie realizzazioni. Con il coaching e il teamcoaching, persone e orga-nizzazioni apprendono la capacità di andare oltre quei limiti che spesso ostacolano il cambiamento e che sono la causa di molti arresti progettuali oltre che di abbassamento di autostima e auto-efficacia. Sessione dimostrativa gratuita chiamando il 3492866139

Da ottobre 2012 al Centro IL SOFFIO

Coachmed: coaching e meditazione, discipline per una realizzazione olistica

Dott.ssa Rosella EgioneProfessional Coach

Tecniche Integrate per la Crescita e lo Sviluppo

Personale e ProfessionaleVerona Via Magellano 8 -

a Villafranca di Verona presso il Centro Olistico IL SOFFIO

AGOSTO

Sabato 4 ore 15-18L’arte di essere bambini. Giochiamo con il corpo e con il coloreTema: IL CUORE, riconoscere tutte le emozioni - con Sara Baciga e Pietro Spec-chia – per bambini dai 5 ai 7 anni

Domenica 19 agosto ore 15-19Pomeriggio di meditazione con Dar-vesh Silvano Bontempi

Domenica 26 agosto ore 17-21,30La Danza delle Dee. Un viaggio nel femminile per uomini e donneWorkshop esperienziale con Renata D’A-mico e Laura Belligoli

SETTEMBRE

Giovedì 6 settembre ore 20HappyMedHour…un aperitivo asso-lutamente speciale! A cura dello Staff OlosGiovani dell’Ass. OLOS-LA SCIENZA DELLA MEDITA-ZIONE

Venerdì 7 e 28 settembre ore 20-23,30Seminario serale di Costellazioni Familiari con Hari Gunter Leone

Mercoledì 12 e 19 settembre ore 20,30Serata gratuita di presentazione del Metodo Rio Abierto con Chiara Scalfo

Giovedì 13 e 20 settembre ore 20,30Serata gratuita di presentazione Biodanza con Cecilia Francisconi

Martedì 18 e 25 settembre ore 20Serata gratuita di presentazione del corso Yoga con Tosho Maurizio Padovani

Venerdì 21 settembre ore 18-22,30La Danza delle Dee. Un viaggio nel femminile per uomini e donneWorkshop esperienziale con Renata D’A-mico e Laura Belligoli

Domenica 23 ore 15-19 settembrePomeriggio di meditazione con Dar-vesh Silvano Bontempi

Mercoledì 26 ore 19,30 settembreCena cosmica “GIOVE” con Vange Toniolo e Silvana Sartori

Giovedì 27 ore 20,30 settembreInizio corso Biodanza con Cecilia Francisconi

Il Centro Olistico Il Soffio si trova in Corso Garibaldi, 91 a Villafranca di Verona, adiacente alla stazione ferroviaria.

Tutte le informazioni sul sito del Centro: www.centroilsoffio.it Infoline: 349 4567903 - [email protected]

C E N T R O O L I S T I C O

C E N T R O O L I S T I C O

Page 14: Il Giornale di Vllafranca

Dal 20 al 22 giugno 2012 si è svolta in Brasile, a Rio de Janei-ro, organizzata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la Conferenza Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile, denomi-nata anche Rio+20, in quanto sono passati 20 anni dal Vertice della Terra di Rio de Janeiro del 1992.Secondo quanto previsto la

Conferenza si poneva l’obiet-tivo generale di verificare lo stato di attuazione degli impe-gni internazionali assunti negli ultimi due decenni, analizzare i progressi compiuti, raccogliere le sfide emergenti e stimolare i governi dei singoli paesi a rinno-vare l’impegno politico per uno sviluppo sostenibile, attraverso uno sforzo congiunto da parte dei governi e dell’ intera socie-tà civile. Sette le aree di azione considerate prioritarie: l’ener-gia, le città sostenibili, il lavoro, la sicurezza alimentare, l’acqua,

la salvaguardia degli oceani e la prontezza di reazione ai disastri naturali. Dai governi che hanno preso parte ai lavori ci si aspet-tavano provvedimenti chiari e mirati a promuovere lo svilup-po sostenibile. Venti anni fa il Vertice della Terra aveva sensi-bilizzato le coscienze e l’opinio-ne pubblica aprendo le porte ad impegni dei governi per la dife-sa del clima, della biodiversità, per la lotta alla desertificazione e molto altro ancora. Impegni tuttavia di volta in volta disatte-si e continuamente rinviati.Anche quest’anno dai gover-

ni non sono stati presi impe-gni precisi, ma solo promesse, rimandando sostanzialmente le decisioni per la difesa dell’am-biente e per lo stop alle emis-sioni inquinanti ad un accordo da realizzarsi entro il 2015. Nel frattempo le emissioni di gas serra cresceranno con il con-sueto corredo di uragani, allu-vioni, siccità e deforestazione, così come presumibilmente cresceranno disparità tra i po-poli, miseria, carestie, malnu-

trizione e malattie. Altro che energia pulita, città sostenibili, lavoro, sicurezza alimentare ed acqua per tutti!Sempre a Rio negli stessi

giorni della conferenza ONU si svolgeva una conferenza al-ternativa sugli stessi temi con la presenza di associazioni che praticano localmente e quoti-dianamente progetti economici sostenibili, di sindacati, espo-nenti del mondo scientifico e leader delle popolazioni indi-gene brasiliane, con centinaia di comunità di base ed agricole in lotta per il diritto alla terra, organizzazioni impegnate in at-tività educative e sociali, contro la deforestazione, per il diritto all’acqua, all’istruzione ed alla salute.Il risultato complessivo è

sconcertante: due mondi diver-sissimi (i governi da una parte e le comunità dall’altra) hanno approfondito contemporanea-mente e nella stessa città tema-tiche comuni senza dialogare tra di loro.Si avverte crescere una mag-

giore consapevolezza del fatto che non è sostenibile il nostro modello di sviluppo organizza-to per produrre sempre di più, consumando continuamente risorse limitate ed in esauri-mento. E’ necessario acquisire il senso della misura e del limi-te imposti dal solo pianeta che abbiamo a disposizione: la terra.Le numerose associazioni am-

bientaliste e non, unitamente ai singoli gruppi della società civile hanno preso le distanze dal testo finale della conferenza ONU. Secondo loro si tratta di un documento ufficiale medio-cre, non all’altezza dello spirito e delle aspettative dell’evento, né all’altezza dell’importanza e dell’urgenza delle questioni affrontate. Gli impegni assunti per i prossimi negoziati sono fragili e generici e non garanti-scono risultati. Il direttore ge-nerale del WWF International Jim Leape, ha dichiarato:“Rio+20 era una Conferenza

sulla vita; sulle future genera-zioni; sulle foreste, gli oceani, i fiumi e i laghi da cui tutti noi di-

pendiamo per avere cibo, acqua ed energia. Era una Conferenza per affrontare la pressante sfi-da di costruire un futuro che ci possa sostenere. Sfortuna-tamente, i leader del pianeta riuniti qui hanno perso di vista questa urgente motivazione. Ma l’urgenza di agire non è

cambiata. E la buona notizia è che lo sviluppo sostenibile è una pianta che ha messo radi-ci; crescerà nonostante la de-bole leadership politica qui a Rio. Infatti un’emozionante lea-dership cresce nelle comunità, nelle città, nei governi e nelle imprese che stanno gettando le fondamenta per proteggere l’ambiente, alleviare la povertà e portare il pianeta verso un futuro più sostenibile.Abbiamo bisogno di azione

ovunque: da individui, villag-gi, città, Paesi, piccole e grandi imprese e movimenti e orga-nizzazioni della società civile. Dobbiamo tutti prenderci la responsabilità che i leader del pianeta hanno fallito a Rio e raddoppiare i nostri sforzi.”

RIO+ 20: Conferenza ONU sullo sviluppo sostenibileOccasione sprecata: ma lo sviluppo sostenibile ha già messo radici e crescerà nonostante la debolezza mostrata a Rio dai leader politici

A cura di Diego CordioliA cura di Diego Cordioli

Ambiente 07 1226

GLOSSARIO AMBIENTALE a cura di Luigi Facincani

Per green economy si intende in generale un’economia rispettosa dell’am-biente, che attribuisce alla tutela e alla salvaguardia di tutte le risorse am-bientali la stessa importanza che attribuisce al raggiungimento del profitto, indispensabile per garantire la sopravvivenza di un’attività economica.Al giorno d’oggi si definisce economia verde, o forse più propriamente economia ecologica, un modello teorico di sviluppo economico che ana-lizza i benefici di un certo regime di produzione (aumento del Prodotto Interno Lordo) rapportandoli all’impatto ambientale generato dall’intero ciclo di trasformazione delle materie prime a partire dalla loro estrazione, passando per il loro trasporto, la loro trasformazione in prodotti finiti e per finire alla loro definitiva eliminazione o smaltimento.Questo modello propone come soluzione misure economiche, legislative, tecnologiche e di educazione pubblica in grado di promuovere uno sviluppo sostenibile attraverso: efficienza energetica, abbattimento delle emissioni di gas serra, riduzione dell’inquinamento locale e globale, utilizzo di risorse rinnovabili (biomasse, l’energia eolica, l’energia solare, l’energia idraulica) e procedendo al più profondo riciclaggio di ogni tipo di scarto domestico o industriale, evitando il più possibile sprechi di risorse. Si tratta dunque di un modello fortemente ottimizzato dell’attuale economia di mercato.

A cura di Elisa Zanola

I nostri Amici Animali 27

Green Economy

di Luigi Facincani

Green Hill finalmente sotto sequestroLa mattina dell’ 8 luglio 2012 ha visto la messa sotto sequestro di Green Hill, l’allevamento di beagle di Montichiari (BS) destinati alla vivisezione, da parte del Corpo Forestale dello Stato, con le accuse di “maltrattamento di animali”

PUNTI di DISTRIBUZIONE del GIORNALE

Il Giornale è inoltre disponibile presso le edicole di VILLAFRANCA DI VERONA e nei seguenti punti di distribuzione:Redazione de “Il GIORNALE DI VILLAFRANCA” via L. Prina, 71

MBE - Mail Boxes Etc. via Napoleone III, 6

Municipio di Villafranca corso Garibaldi 24

Liceo E. Medi Via Magenta, 9

Ospedale “Magalini” - Via Ospedale, 2

Distretto A.S.L.22 - Via Ospedale, 5 (di fronte alla struttura ospedaliera)

Casa di Riposo “Morelli-Bugna” - Via Rinaldo da Villafranca, 16

Centro Sociale CIRICUPE - Via Rinaldo da Villafranca, 9

Supermercati Martinelli - Via Don Fumano, 3 / Viale del Lavoro, 1

Uffici INPS - Via Marconi, 18

Piscine Comunali - Via Olimpia, 1

Staz. di servizio AGIP di Bernabeni - Via Mantova

Staz. di servizio AUTOGRILL - Via Sommacampagna

Il Giornale è inoltre disponibile presso le edicole di DOSSOBUONO, QUADERNI, PIZZOLETTA, ROSEGAFERRO, ALPO.

Una trentina di forestali, con carabinieri, questura e polizia locale, sono entrati dentro l’al-levamento e hanno cominciato un meticoloso controllo di tut-ti i cani, che sono stati contati, numerati, identificati e chippati quando privi di microchip. Alla struttura sono stati posti i sigilli e per il momento nessun cane può essere fatto riprodurre o essere venduto o ceduto. L’affi-damento giudiziario dei cani per ora è a carico della stessa Green Hill, oltre che di Asl e Comune di Montichiari. Sembra quasi una beffa che a doversi prendere

cura dei cani in un caso di mal-trattamento siano i proprietari dell’azienda stessa e coloro che dalle istituzioni locali hanno fat-to di tutto per aiutarne i traffici, senza ascoltare le richieste di mi-lioni di persone che ne chiedeva-no invece la chiusura. Purtroppo questa è la prassi nella maggior parte dei sequestri di animali in situazioni di maltrattamento. Al-cune associazioni si stanno inve-ce offrendo per essere i garanti legali e poter vigilare seriamente sul futuro dei cani, ma soprat-tutto per esserne affidatarie nel momento in cui, si spera, il se-

questro che per il momento è “probatorio” diventi definitivo. Tra queste anche associazioni già impegnate nel recupero di animali dai laboratori. Quella del sequestro di Green Hill resta comunque una buonissima noti-zia per tutti quegli animalisti che hanno lottato a lungo per salva-re i cani dell’allevamento, ma è importante stare all’erta, perché Green Hill non è chiuso. Non ancora, perlomeno. In caso il se-questro che per ora è solo a fini di indagine possa diventare un concreto sequestro degli animali con affido, allora verranno stu-

diati i metodi per dare casa agli animali che potranno essere dati in adozione. Purtroppo in Italia di strutture con animali poste sotto sequestro e rapidamente tornate a regolare attività ce ne sono molte. Così come ci sono ancora circhi che girano con ani-mali “sequestrati” dentro i loro carrozzoni. Per questo motivo la mossa della Procura di Brescia non è indicativa della chiusura dell’allevamento e deve solo es-sere uno stimolo per mantenere alta l’attenzione su chi in questo momento si trova a decidere il destino dei cani di Green Hill.

Per più di due anni gli attivisti si sono battuti in mille modi per far conoscere questo allevamento, per rendere tutti partecipi del triste destino di migliaia di cani nati in una fabbrica e destinati alla vivisezione, per intaccare il velo di segretezza dietro a cui i vivisettori pensano di poter fare tutto quello che vogliono alle loro vittime. La speranza è quella di poter mettere al più presto la parola fine a questo allevamento e in questo modo intaccare il si-stema della vivisezione, che ogni anno macina un milione di vite animali nella sola Italia.

Articolo dal sito internet http://www.fermaregreenhill.net/

Page 15: Il Giornale di Vllafranca

Sport Villafranchese 07 1228 Sport 29

A cura di Elisa ZanolaA cura di Elisa Zanola

Menga-Menga: su mezzi senza motoreConclusa la VI^ Edizione della Menga-Menga. Quando sport e spettacolo diventano cultura

Bravi, bravi, bravi! E’ difficile trovare un articolo

su un giornale che inizi così di questi tempi, ma è obbligatorio dire bravo a chi se lo merita. Come ogni anno da quando è iniziata, la menga-menga riporta ogni volta il sorriso, il diverti-mento, la gioia dei giovani per le vie di Villafranca. Non c’è assolutamente paragone con la sfilata dei carri allegorici del Carnevale; ogni ragazzo o ra-gazza si inventa un personaggio, una storia con la propria imma-ginazione in questa corsa com-petitiva di mezzi non a moto-re, che andrebbe documentata

come minimo in un libro. Sissi-gnori, sono così tanti gli spunti che ognuno di loro dà ai citta-dini di Villafranca di tutte le età, dai più piccini ai più vecchi che escono sulla strada per vedere questi “matti giovani”, che non si può non dire che l’allegria di questa sfilata non abbia parago-ni con nessun altro evento. E un bravo anche a Luca Zamperini, assessore alle Politiche Giova-nili, che era in mezzo a loro: un giovane tra i giovani e che so-prattutto sta bene in mezzo a loro. Si dice che una fotografia vale mille parole: non resta che ammirarle.

Foto di Jessica Vago gentilmente offerte da Don Michele

Dal 27 giugno al 3 luglio il “Lamacchi-Tosoni” ha ospitato le Nazionali italiane under 16 maschile e femminile, in vista delle finali europee di hockey su prato che si sono disputate a Valencia in Spagna per le ragazze dal 3 Luglio (Eurohockey youth Championship), mentre i ragazzi sono andati a Zagabria e hanno giocato dal 4 Luglio(Eurohockey Youth Trophy). Appare una cosa semplice organizzare e partecipare a queste manifestazioni inter-nazionali, ma considerando il particolare momento economico che sta vivendo il nostro Paese e non solo, tutto si compli-ca. In fase di programmazione questi capi-toli di spesa per la federazione subiscono un colpo di “mannaia” per mano dell’ au-sterity imposta. Di fronte alla scelta tra inviare a Zagabria e a Valencia due for-mazioni senza averle preparate, oppure organizzare un camp unico per “maschi e femmine” nel quale contenere i costi e chiedere una piccola quota di parteci-pazione agli atleti stessi, è stata scelta la seconda opzione. Così dopo il Consiglio Federale del 4 giugno, Brà, Villafranca e Padova hanno dato il proprio benesta-re per ospitare il camp e sono partite le richieste alle forze armate per poter usufruire di tende militari per l’occasione.

La burocrazia e i tempi sembravano va-nificare le azioni del Consiglio, ma il Sin-daco M. Faccioli di Villafranca il 25 giugno ha raccolto il disperato S.O.S lanciato dal Consigliere Federale M.Saviatesta e in ac-cordo con la Protezione Civile ha fatto installare 8 tende per accogliere gli atleti con l’accordo che se la terra fosse tor-nata a tremare, le prime tende destinate all’emergenza eventuale sarebbero state proprio quelle di Villafranca. Il 26 giugno ci sono state le varie conferme a chi già comunque si stava muovendo per allesti-re al meglio il camp, così i dirigenti delle società di hockey di Villafranca e alcuni genitori si sono presi una settimana di ferie per garantire ai giovani la loro pre-senza sul camp 24 ore al giorno, gestendo oltre alla cucina anche un’ improvvisata ma efficiente lavanderia, raccogliendo le richieste dei ragazzi e dei tecnici che han-no imposto un accurato e mirato regime alimentare. Il camp si è rivelato subito molto efficiente e ha garantito un ottimo supporto ai 3 allenamenti giornalieri che sono stati gestiti al meglio, visto che non c’erano tempi morti dovuti agli sposta-menti con i mezzi, grazie al fatto che il camp è stato realizzato accanto agli spo-gliatoi. E’ da sottolineare che solo grazie

alla manovalanza volontaria e all’apporto di sponsor privati si sono potuti abbatte-re i costi, infatti stoviglie monouso sono state omaggiate dalla Linpac plastics di S. Giovanni Lupatoto, C2 ha fornito frutta, la Paluani, da sempre attenta alle manife-stazioni sportive, ha curato la colazione degli atleti e Nicolis project ha dispensa-to materiale tecnologico per fare la video analisi e seguire le partite degli Europei di calcio nel tempo libero. Dal 27 giugno al 1 luglio i 49 ragazzi si sono allenati in modo duro, con la speranza nel cuore di poter far parte dei 36 che sono andati a Zagabria e Valencia. A Valencia le Azzurre U16 si sono misurate con Olanda-Irlan-da-Rep.Ceca-Spagna-Polonia-Belgio-Rus-sia. Una fase finale molto dura dove non retrocedere già di per sé era un risultato apprezzabile. A Zagabria c’erano buone possibilità di “staccare” uno dei 2 biglietti disponibili per accedere il prossimo anno alla categoria superiore e l’Italia se lo è dovuto sudare contro Bulgaria-Polonia-Slovenia-Croazia-Rep.Ceca. La squadra dell’Hockey Villafranca si è resa disponi-bile a fare domenica 1 luglio, 2 amiche-voli test per gli Azzurri. La prima partita è stata vinta dall’ Hockey Villafranca 7-3 la seconda, dagli Azzurrini 8-7. Al termi-

ne delle 2 partite, come in una sorta di “Grande Fratello”, si è colta nell’aria una forte emozione e tensione, il momen-to tragico era giunto e sono arrivati i nomi di chi sarebbe tornato a casa e di chi avrebbe difeso i colori azzurri. Per i primi di certo non è stato un fallimento, ma un arrivederci a presto, perché sono giovani e ancora hanno molte possibilità di migliorare nella tecnica e ancora un pò di tempo per terminare lo sviluppo fisi-co. Sicuramente dopo l’amarezza finale portano con loro un’esperienza comun-que importante sia come atleti che come persone. Un arricchimento personale che non ha prezzo, sia per loro che per i ragazzi e le ragazze che sono partiti per l’Europa. Indipendentemente dal risultato sul campo hanno già vinto! Hanno avu-to la meglio contro la crisi che avrebbe potuto negare loro anche questo sogno, hanno vinto contro la burocrazia e il tem-po che impediva loro l’arrivo delle tende, hanno vinto grazie alla solidarietà delle fa-miglie dei dirigenti dell’Hockey Villafranca, hanno vinto grazie a quelle aziende ve-ronesi che hanno dato il loro appoggio e grazie all’impegno del sindaco e dello staff... Grazie Villafranca!

Hockey Villafranca verso l’EuropaDopo il camp, i ragazzi di Mauro Merlini hanno gareggiato a Zagabria il 4 luglio mentre il team femminile guidato da Marco Saviatesta è volato alla volta di Valencia lo scorso 3 luglio

Via Quadrato, 26 - Villafranca (VR)tel. 045.6300349 - cell. 347.2436156

Il 19 agosto prossimo avrà luogo il 2° trofeo organizzato dal gruppo ciclistico Le Sdinse Vil-lafranca che, sposando il progetto Paluanilife ha voluto così intitolare le proprie gare. Il progetto Paluanilife, è rivolto ai ragazzi per trasmettere loro lo spirito del divertimento facendo sport all’aria aperta, nel rispetto dei valori di genuinità e correttezza sportiva. Una alimentazione ade-guata e tanto movimento, sono la base di uno stile di vita sano.Partiamo dall’inizio, con la nascita nel 2005 del

gruppo ciclistico Le Sdinse dall’idea di alcuni amici che trovandosi abitualmente a pedalare, decisero di fare una divisa uguale ed affiliarsi ad un ente riconosciuto. Nell’arco di breve tempo, le nuove divise e il nome particolare dato alla società si fanno notare sui percorsi ciclistici e il piccolo gruppo diventa una bella squadra di tesserati e simpatizzanti. Nel 2010 la svolta, con l’affiliazione alla Federazione Ciclistica Italiana e la volontà del Consiglio Direttivo del gruppo di promuovere il ciclismo a livello giovanile, cosa che nel comune di Villafranca mancava da circa vent’anni. E’ così che nel 2011, viene organizzata la prima gara per esordienti di età 13 e 14 anni.La manifestazione dello scorso anno, ha visto

al via 152 atleti divisi in due categorie, apparte-nenti a 29 società sportive provenienti dalle pro-vince di Verona, Trento, Bolzano, Vicenza, Treviso, Mantova e Parma riscuotendo un grandissimo successo grazie anche alla prestigiosa presenza al momento delle premiazioni del campione Da-miano Cunego, beniamino dei ragazzi che hanno potuto fotografarsi assieme a lui. Il 19 agosto

partirà invece la seconda edizione. L’impegno del gruppo ciclistico Le Sdinse quest’anno è no-tevole in quanto saranno in programma 5 gare che vedranno al via le categorie esordienti 13 anni, esordienti 14 anni, allievi 15 anni, ragazze esordienti e ragazze allievi con un numero com-plessivo di 450 atleti. Nelle due gare femminili verranno assegnati i titoli di campionesse pro-vinciali che indosseranno la relativa maglia. La provenienza sarà da tutto il Veneto e Trentino Alto Adige. Inoltre nuovo circuito, più lungo e più veloce. Viene abbandonato il circuito del centro storico, in quanto la chiusura totale del centro per l’intera giornata e la carovana di atleti, ac-compagnatori e genitori avrebbero sicuramente arrecato parecchi disagi. Viene trasferito il tutto a nord del paese, con partenza e arrivo precisa-mente in via Adamello e punto logistico presso il centro fitness Body Energie, sede peraltro del gruppo sportivo Le Sdinse. Il circuito arriverà a toccare la località Ganfardine per poi ritornare attraversando la zona industriale. Un bel circuito di quasi 7 chilometri, adatto ai velocisti. Si inizia con la prima gara alle 8.30 per terminare senza interruzione verso le ore 17 con le premiazioni.Nell’area di partenza a arrivo sarà allestito uno

spazio ristoro con possibilità di pranzare per tutti coloro che vorranno godersi una giornata di ciclismo.Qualsiasi altra informazione potrà essere otte-

nuta visitando il sito www.lesdinse.com o scri-vendo a [email protected].

2° trofeo LE SDINSE VILLAFRANCA - PALUANILIFE

Page 16: Il Giornale di Vllafranca

“Farinel el frutarol de San Roco”Care amiche, cari amici, ben ritrovati. Rieccoci al nostro appuntamento con la “Villafranca de ‘na ‘olta” e sarà la storia “de ‘n frutarol” a riportarci indietro nel tempo. Questa volta tocca a Giacomo Dalfini detto “Farinel”. La sua era (ed è tuttora) una dinastia “de frutaroi”, lo era infatti suo padre Gaetano che visse e lavorò sempre assieme con il suo inseparabile fratello Danilo. Giacomo, classe 1909, era il secondo di quattro fratelli, il primo era Bruno che pure abbracciò la professione del padre (“el frutarol”) e dopo di lui c’era Danilo, appassionato ciclista di buon talento che non trovò l’anima gemella (rimase da sposare) ed infine Nello che invece, diventato stimato professore, insegnò anche nella sua Villafranca. E non posso non parlare, anche se bur brevemente, di Danilo, almeno di quella gara che, vuoi per la sfortuna vuoi per l’assonanza del soprannome, lo rese famoso: “su la curva del castel casca en tera Farinel”. Erano gli anni di Binda e Girardengo e molti giovani cercavano la gloria e un futuro con la bicicletta. Secondo alcuni quella corsa era un’edizione della Mantova-Milano. Poiché le strade non erano ancora asfaltate e poi si sa, non erano esclusi colpi bassi, papà Gaetano era preoccupato e non voleva assolutamente che Danilo partecipasse alla gara tanto che alla vigilia gli nascose una ruota della bicicletta da corsa, sepellendola nel letamaio. Non si seppe mai come ma Danilo riuscì ad averne una in prestito ed a presentarsi puntualmente al via. Figuratevi la faccia del padre quando seduto all’ “Ostaria delle culate” (sul corso pressappoco dove oggi c’è la bottega di “Baeto”) e convinto di aver impedito al figlio di partecipare alla corsa, se lo ritrovò “tra le gambe”. Danilo infatti, rimasto sempre con i primi e ormai a poche decine di metri dal traguardo volante posto nella piazza del proprio paese, anticipava tutti nello scatto ma nell’affrontare a tutta velocità la curva che immetteva sul corso scivolò sullo sterrato finendo rovinosamente tra i tavoli dell’osteria, proprio tra le gambe del padre. Come recita la nota filastrocca, il traguardo l’avrebbe tagliato “Ricciolina con la sporta della margarina”. Ma torniamo a Giacomo “Farinel”. Egli trascorse la giovinezza con il padre ed i fratelli “a far l’ortolan”, come si sarebbe dovuto più propriamente dire, visto che allora non vendevano altro che patate, cipolle, rape, radici amare (naone) e di frutta solo qualche mela bacata. Era una vita dura e di sacrificio, sveglia ben prima dell’alba per andare, con cavallo e carretto, a Verona in piazza Isolo a far acquisti ( gli ex mercati generali di viale del Lavoro furono inaugurati solo nel 1951) e poi direttamente al mercato. Ogni giorno una piazza diversa: tra le altre Castelnuovo, Peschiera, Bussolengo ed il mercoledì naturalmente Villafranca. E se rimaneva merce invenduta, occorreva fare il giro di corti e borgate. Tornati a casa poi non era finita, ore a “cavar buti de patate”. Giacomo dopo aver svolto il servizio di leva fu richiamato per la guerra. Tre anni di Albania, Grecia ed Africa. Tornato in patria nel ‘42 fece appena in tempo a sposarsi con la Carmela Rizzini che fu fatto prigioniero dai tedeschi e spedito in campo di concentramento in Germania. Il suo fisico così temprato dal lavoro e dalle fatiche gli consentì di sopravvivere alle percosse ed agli stenti e finalmente, alla fine della guera, di tornare a casa. Il suo matrimonio fu allietato dalla nascita prima di Valeria e poi di Pietro e Gaetano che subentrati insieme nell’attività di famiglia (come il padre e lo zio) stanno ora “addestrando” la quarta generazione di “farinei”. Giacomo dotato di acume negli affari e di pronta parola, come si conviene ad ogni venditore, attraversò gli anni del boom economico sempre con la medesima dedizione al lavoro e spirito di sacrificio. Nella foto degli anni ‘60, è quello al centro col cappello (mentre quello che gli è vicino è Mao Gnechi) e, come si vede dalla frutta in esposizione sul “bancheto”, poteva ormai ben chiamarsi “ el frutarol”. Egli è stato di sicuro un “personaggio” della “Villafranca de ‘na ‘olta, quando i perseghi i se mandaa tuti a Verona par i siori e de fruta sul bancheto se vendea solo qualche pomo ocià (mele troppo mature) parchè quei sani i costaa masa e no i g’avea marcà” Alla prossima, Rico BresaolaVia Napoleone III, 6 - 37069 Villafranca di Verona (VR) - Tel. 045.6305207 - Fax 045.6305176 - [email protected]

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Numero chiuso in redazione il 23/07/2012