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TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO -SEZIONE DI LATINA- INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO -2005- IL GIUDICE AMMINISTRATIVO, GARANTE DI LEGALITA’ E DI GIUSTIZIA NELL’AMMINISTRAZIONE Relazione del Presidente Franco BIANCHI IL GIUDICE AMMINISTRATIVO, GARANTE DI LEGALITA’ E DI GIUSTIZIA NELL’AMMINISTRAZIONE Page 1 of 20 n. 69/90 - Aureli

IL GIUDICE AMMINISTRATIVO, GARANTE DI LEGALITA’E DI GIUSTIZIA … · INDICE: 1) Breve escursus del sistema italiano di Giustizia Amministrativa. Il Giudice Amministrativo, garante

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TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

-SEZIONE DI LATINA-

INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO

-2005-

IL GIUDICE AMMINISTRATIVO, GARANTE DI LEGALITA’ E DI

GIUSTIZIA NELL’AMMINISTRAZIONE

Relazione del Presidente Franco BIANCHI

IL GIUDICE AMMINISTRATIVO, GARANTE DI LEGALITA’ E DI

GIUSTIZIA NELL’AMMINISTRAZIONE

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INDICE:

1) Breve escursus del sistema italiano di Giustizia Amministrativa.

Il Giudice Amministrativo, garante di legalità e di giustizia nell’Amministrazione.

E’ questo l’argomento della inaugurazione odierna. Davanti al Giudice Amministrativo

le istanze di giustizia crescono annualmente nell’ordine dell’8-10%. Per meglio

comprendere il ruolo attuale del Giudice Amministrativo italiano, necessita un

rapidissimo escursus sul nostro sistema di Giustizia Amministrativa.

Partiamo dal 1865. Una Legge la n. 2248, all. E) abolì i Giudici Amministrativi. Si

optò, a quel tempo, per un sistema a Giudice unico. Tutte le controversie contro la P.A.

furono devolute al Giudice Ordinario. Questa idea piace ancora oggi a taluni, che

auspicano una unica giurisdizione per tutte le controversie. Sono scelte di politica

ordinamentale e costituzionale che non possiamo affrontare in questa sede. Approvata

la legge ci si accorse che molte posizioni dei cittadini, relative a licenze, autorizzazioni

varie, nulla osta, permessi ed altro, erano rimaste prive di tutela giurisdizionale. Non

costituendo esse diritto civile o politico, il Giudice ordinario (di allora) non riusciva a

rendere giustizia. L’obiettivo politico che si era inteso conseguire, era quello di erigere

il Giudice Ordinario a baluardo contro lo strapotere della P.A.. Tale obiettivo era

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fallito!

Per molti provvedimenti della P.A., il povero cittadino non trovava, infatti, un Giudice

cui rivolgersi. Doveva accontentarsi dei (semplici) ricorsi amministrativi, da presentare

alla stessa Amministrazione che gli aveva creato guai. Possiamo immaginare con quale

fiducia!

Si corse ai ripari nel 1889. Con altra Legge (n. 5992), si affidò al Consiglio di

Stato la competenza a giudicare sui ricorsi contro gli atti ed i provvedimenti della P.A.

(aventi ad oggetto non già diritti civili e/o politici verso la P.A., affidati al Giudice

Ordinario, bensì interessi degli individui e degli Enti), per la cui tutela non vi era più un

Giudice.

Nasce così il Sistema Italiano di Giustizia Amministrativa, chiamato sistema

dualistico. E’ quello ancora vigente. Questo sistema prevede due Giudici distinti di pari

importanza, per le cause contro la P.A.: il G.O. per le controversie fra cittadini e P.A.

in tema di diritti soggettivi pieni e il G.A. in tema di interessi legittimi. Cosa sono gli

interessi legittimi?

Sono passati più di 100 anni e nessuno riesce a dare una definizione certa di

interesse legittimo. Tutti però hanno capito che il sistema italiano di giustizia

Amministrativa –complessità a parte- è davvero garantista per il cittadino, molto più di

altri ordinamenti europei a giurisdizione unica.

La scelta di questo sistema, tipicamente italiano, non fu né casuale né bizzarra: si

volle contrapporre allo strapotere degli Apparati pubblici, (politici e non) un Giudice

speciale, competente, cui affidare nel contempo, la tutela dello interesse pubblico (cui

deve mirare ogni azione della P.A. e, nel contempo) di quello privato (sottostante e

correlato ad esso, ugualmente protetto dall’ordinamento).

Naque così la categoria dell’interesse legittimo, differenziata sì dal diritto

soggettivo (quale posizione giuridica) ma ritenuto anch’esso meritevole di tutela

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dinnanzi ad un Giudice.

In questo sistema, costituiva grave rovescio della medaglia, la necessità di adire

due Giudici, consecutivamente, per ottenere piena tutela degli interessi lesi.

Il proprietaro di un area illegittimamente occupata, requisita, espropriata, per esempio,

era costretto a rivolgersi prima al Giudice Amministrativo per ottenere, se gli andava

bene, l’annullamento dell’atto ablatorio e successivamente al G.O. per ottenere il

ristoro dei danni materiali che aveva subito (a causa di un atto illegittimo della P.A.). Il

sistema è oggi cambiato. Lo vedremo subito.

Nel 1948, si approva la Costituzione repubblicana: con gli artt. 24 e 113, si avalla

il sistema dualistico di tutela del cittadino nei confronti della P.A.. La Costituzione

recepisce il criterio del riparto della giurisdizione fra G.O. e G.A., in base alla

posizione giuridica tutelata, salvo le “particolari materie” di giurisdizione esclusiva del

G.A., fissate con legge.

Nel 1971 (con la L. n. 1034 -di questa citiamo il numero-) con la nascita delle

Regioni si dà, finalmente, attuazione all’art. 125 Cost. che prevedeva l’istituzione di

Tribunali Amministrativi di Primo Grado in ogni Regione. Nascono così i T.A.R. quali

Giudici Amministrativi di primo grado.

Il Consiglio di Stato, resta solo Giudice di appello, a parte la sua “nobile” attività

consultiva, della quale non parlerò. Si istituzionalizza, anche nel processo

amministrativo, il doppio grado di giudizio. La scelta non era imposta dalla

Costituzione, ma tanto si volle.

Arriviamo subito all’anno 2000, in agosto in pieno Giubileo, entra in vigore altra

Legge (n. 205) che, trasforma radicalmente il processo amministrativo.

Il sistema dualistico (tutto italiano) di Giustizia Amministrativa riceve nell’anno

2000 (ad opera della L. n. 205), un colpo mortale, tanto da far dubitare la stessa

Corte di Cassazione ed altri G.O. della costituzionalità della legge. Si

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introduce un nuovo sistema di riparto della giurisdizione tra G.O. e G.A., basato non

più, sulle situazioni giuridiche tutelate, ma su blocchi di materie. La giurisdizione

esclusiva, ossia vuoi per i diritti che per interessi, viene estesa a blocchi di materie

importanti e rilevantissime nella attuale società, quali 1) appalti di lavori e forniture in

qualsiasi settore della P.A. allargata; 2) i servizi pubblici, tipologia complessa e vasta;

3) l’edilizia e l’urbanistica, che include notoriamente tutto il governo del territorio (con

esclusione dei soli profili ambientali e di tutela naturale e paesaggistica).

Il sistema dualistico italiano di Giustizia amministrativa recepito nell’art. 113

Cost., I comma (osservarono i commentatori) è sostanzialmente superato da un nuovo

sistema in cui il G.A. è diventato il giudice prevalente della P.A., quale giudice della

funzione pubblica, con poteri cognitori estesi sia ai diritti, che agli interessi legittimi,

nonché a diritti patrimoniali conseguenziali ivi incluso il risarcimento del danno (in

tutte le forme consentite dall’ordinamento codicistico per l’attività illegittima ed illecita

della P.A.).

Le novità, definite epocali, apportate dalla L. n. 205/00 determinarono un ciclone

di plausi ed entusiasmi fra i giuspubblicisti ed in vasti settori politici e culturali; anche

le nostre due precedenti Cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario hanno

risentito del ciclone. Si vide, nella novella legislativa, la fine di un serio problema per

noi giudici Amministrativi, e la fine di un forte disagio per tutti i cittadini.

Oggettivamente parlando, sembrava un bel vantaggio veder concentrati presso un solo

giudice, il G.A., nelle materie dell’edilizia, dell’urbanistica e dei servizi pubblici, tutti

indistintamente le controversie, sia in materia di diritti pieni, che di interessi legittimi.

Il ciclone si è subito spento!

E’ intervenuta, a luglio scorso, la Corte Costituzionale che ha ricondotto i limiti

della giurisdizione amministrativa, alle norme costituzionali.

Con una sentenza (la n. 204/2004) di tipo manipolativo o forse sostitutivo, la Corte ha

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spazzato via, definitivamente, la giurisdizione esclusiva del G.A. nelle materie (nuove)

dell’edilizia, dell’urbanistica e dei servizi pubblici, in quanto non compatibili con il

criterio costituzionale (art. 103) del riparto di giurisdizione tra i due giudici. Onorevoli,

Deputati e Senatori: Il legislatore, dice la Corte Costituzionale, non è tributario di una

assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’assegnare questa o quella materia alla

giurisdizione esclusiva del G.A., bensì ha il potere, più limitato di individuare non già

“blocchi” di materie, ma “particolari”, ossia “determinate” materie, da affidare, in

esclusiva -sia per la tutela di diritti che di interessi- al G.A.. La Costituzione vuole –

aggiunge la Corte- che il G.A. resti il Giudice ordinario dell’Amministrazione, tutte le

volte in cui questa esercita una funzione o potestà pubblica.

E’ iniziata, in tutta Italia, la serie di congressi, ove si scontrano e confrontano i

fautori dell’ampliamento o della restrizione della giurisdizione amministrativa. Non

dirò una parola, al riguardo.

I G.A. devono, intanto ubbidire, con convinzione, e serenità a questa sentenza.

La Sentenza, ha lanciato un monito severo al Parlamento, ed ha ricondotto la

giurisdizione del G.A. nei limiti previsti dalla Costituzione vigente. Questa non

depotenzia, affatto, il ruolo del G.A., ma lo irrobustisce, lo esalta, riconducendolo alla

Costituzione.

Vi dico il perché di questo personale ottimismo!

La sentenza riafferma, oggi, dopo 60 anni dalla Costituzione, (quando molti ne mettono

in discussione gli stessi principi cardini) la piena dignità del Giudice Amministrativo,

quale Giudice Ordinario dell’Amministrazione (intesa nel senso più lato possibile) tutte

le volte in cui questa agisce nell’esercizio di una potesta pubblica. La. P.A., fuori da

questi ambiti potestativi, opera (lo possiamo, lo dobbiamo ammettere), come un

qualunque individuo; è corretto, quindi, ritenere che i suoi atti, se lesivi, siano portati –

come è sempre avvenuto dal 1899- davanti al G.O.. La Corte in questo modo ha fatto

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giustizia di talune tendenze, riconoscendo che la giurisdizione è funzionalmente unica,

anche quando gli apparati di giudici restano duplici o molteplici. Anche questo è un

monito per il Legislatore –a mio sommesso avviso.. Nessuno tocchi il G.A. –dice la

Corte Costituzionale- perchè la sua presenza, nell’ordinamento, conferma il principio

dell’unità funzionale della giurisdizione.

In secondo luogo, la sentenza riconosce formalmente la legittimità della scelta del

Legislatore di aver voluto affidare al G.A., -togliendolo al G.O., badate bene- il

risarcimento del danno derivante dall’attività illegittima della P.A.. Dice la Corte: bene

ha fatto il Legislatore a garantire al cittadino una tutela piena ed effettiva anche nel

processo amministrativo.Ogni volta che si va davanti al G.A.; circa 1500 volte l’anno,

nella nostra circoscrizione, si chiede oggi (di norma) non solo la demolizione dell’atto,

ma il risarcimento del danno materiale subito. La resa di giustizia, che già da qualche

anno il cittadino esige dal G.A., è dunque, anche di tipo riparatorio patrimoniale. Il

tema del risarcimento è così divenuto di particolarissimo interesse per il P.A.. Non

tratteremo oggi questo tema, salvo che il dibattito non lo introduca.

2) Le ragioni costituzionali della centralità del G.A..

Tra i cittadini di ogni ceto ed età si diffonde sempre più la mentalità di poter

chiedere giustizia, al T.A.R., nei confronti del potere.

La crescente istanza di legalità e giustizia non trova il naturale rimedio nel

pluralismo delle istituzioni politiche, incapaci di assorbire le istanze stesse perchè

motivate essenzialmente dal bisogno primario di conservazione. Non trova rimedio,

nemmeno nelle istituzioni sociali che pure, con toni alti, denunciano e chiedono legalità

e giustizia. Restano le istituzioni giudiziarie che decidono.

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Il potere di decidere è insito nell’attività giudiziaria: è il Giudice che mette la parola

fine. Nemmeno i regimi assoluti, quando hanno tentato di condizionare i giudici, hanno

offuscato, nei sudditi, la convinzione (o meglio l’illusione) di poter ricorrere ad un

Giudice contro l’illegalità.

La giurisdizione è il luogo di definizione delle liti. In questa opera, se debitamente

approfondita, il giudice coglie la realtà e conosce le istituzioni e le comunità nei cui

confronti opera.

Se questo è vero, in generale, per le istituzioni giudiziarie lo è ancor di più per le

istituzioni di giustizia amministrativa che si interpongono tra i cittadini, gli apparati di

potere e tra gli stessi apparati in lite tra loro per risolvere la controversia, e, nel

contempo, orientare l’esercizio della funzione pubblica. Comune contro Comune;

Comune contro Regione; Regione contro Stato e viceversa e via dicendo. Anche queste

controversie hanno i T.A.R. come Giudici.

E’ oggetto della giustizia amministrativa l’esercizio della funzione pubblica. Esso

(oggetto) lo ritroviamo non nel singolo processo, ma negli effetti che le sentenze

producono sull’esercizio della funzione pubblica, la quale risente del sindacato

giudiziario. La nostra Costituzione (artt. 24 e 113) garantisce ai cittadini un sindacato,

nei confronti di tutti gli atti di amministrazione, con i quali si faccia esercizio di potestà

pubbliche. Nasce da qui la posizione centrale delle istituzioni di giustizia

amministrativa ed è questo il fondamento costituzionale dei TT.AA.RR. e del

Consiglio di Stato.

3) Il Giudice Amministrativo nel ruolo di garante di legalità e giustizia

nella Amministrazione.

Le recenti riforme costituzionali (mi riferisco al Titolo V della Costituzione) nel

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loro complesso hanno esaltato il principio dell’autonomia, definendo un tipo di Stato

“federale” -si dice- (tutto da attuare ancora) fondato sul decentramento e sul pluralismo

dei pubblici poteri che oggi appartengono ai vari Soggetti del Governo territoriale.

Questi Soggetti sono (i Comuni, le Provincie, le Città Metropolitane, le Regioni, lo

Stato). Taluni di questi godono di autonomia legislativa, altri godono di autonomia

statutaria, regolamentare, finanziaria nell’esercizio delle funzioni di governo loro

proprie. Si è voluta questa Riforma per meglio rapportare il governo territoriale alle

esigenze delle collettività locali. E’ facile capire che queste forme spinte di

“decentramento” e di “autonomia” mal tollerano i controlli, di legittimità e di merito,

preventivi o successivi, da parte di organi esterni e sopraordinati.

La riforma costituzionale ha, infatti, spazzato via tutti i precedenti controlli

sull’attività amministrativa. Gli atti, i provvedimenti amministrativi, i Regolamenti, gli

Statuti e quant’altro, appena approvati e pubblicati, diventano oggi immediatamente

esecutivi. Resta un unico rimedio per il cittadino leso: il ricorso (costoso e traumatico,

nonostante tutto) al T.A.R.!

Da qui nasce la centralità del Giudice amministrativo ed il suo ruolo di Garante di

legalità e di giustizia dell’Amministrazione.

Il Giudice Amministrativo, nell’attuale sistema di giustizia, non è però un P.M.;

non grava su di esso l’obbligo di iniziativa giudiziaria; essa appartiene soltanto al

ricorrente, il quale, se vuole una “resa di giustizia” conforme a Costituzione e legge,

deve avere la voglia personale e la capacità (del suo avvocato, s’intende) di prospettare

la controversia, in maniera quanto più possibile completa, sia nei motivi di fatto, sia nei

motivi di diritto, in modo che il Giudice possa trovare la regola di legge più adatta.

Il Giudice deve cogliere le deviazioni della azione amministrativa esplorando fatto

e norme, le quali si “illuminano vicendevolmente” (parole testuali del grande Maestro

Abbamonte). E’ questa l’essenza del sindacato affidato al G.A..

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Il Giudice Amministrativo, forte del potere istruttorio, che oggi la Legge gli

riserva, non esercita a pieno il ruolo –come vuole la Costituzione- di garante di legalità

e di giustizia (nell’Amministrazione), se non ricostruisce il fatto nei suoi presuposti,

elementi e nei fini che hanno dato i contenuti alla funzione amministrativa esercitata e

finita sotto accertamento giudiziale. Il G.A., fermo sull’atto, stante il tipo di processo

impugnatorio, deve, però andare oltre lo schermo dell’atto, che sovente offusca le

ragioni vere dell’azione amministrativa. Lo sappiamo tutti cosa si nasconde, spesso,

dietro gli atti dell’Amministrazione.

Signori Amministratori non sono i G.A. a picconare il sistema di gestione della Vostra

Comunità territoriale: è la Costituzione, che vuole un sindacato penetrante, accordando

ai cittadini tutela nei confronti di tutti gli atti amministrativi, nessuno escluso (artt. 24 e

113) i quali atti amministrativi devono perseguire sempre, il buon andamento

dell’Amministrazione, nonché assicurare giustizia e legalità (art. 100). L’eccesso di

potere, costante parametro di legalità e giustizia, presente nelle nostre Sentenze ed

Ordinanze, deve essere dunque scovato e represso. L’eccesso di potere –da non

confondere mai con l’abuso di potere- è l’applicazione ipocrita della legge. Anche

queste parole, direi testamentarie, sono del Prof. Abbamonte (Lunga vita all’insigne

Maestro).

E’ in questo senso che si coglie la centralità della posizione riservata dalla

Costituzione al Giudice Amministrativo, il quale la realizza, nel suo ambito territoriale,

giorno per giorno, esercitando il suo potere sotto gli occhi delle Autorità e dei Cittadini

che vedono nelle sentenze rese la reale misura della tutela dei singoli nei confronti del

potere.

Per la verità, al T.A.R. di Latina e Frosinone, noi (qui il plurale maiestatis è

d’obbligo, perché tutte le nostre decisioni, nessuna esclusa, sono sempre collegiali)

oltre che rendere giustizia sotto gli occhi delle Autorità e dei cittadini, cerchiamo di

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guardare negli occhi le Autorità ed i ricorrenti e di essere, a nostra volta, guardati negli

occhi, attraverso un’attività istruttoria penetrante che, forse, mi si permetta, spesso è

mancata nel processo amministrativo. Mi riferisco alle consulenze, alle verificazioni

tecniche da noi guidate, alle ispezioni dei luoghi per carpire de visu lo stato dei fatti

controverso, alla audizione, in camera di consiglio, delle parti e dei loro legali e tecnici

di fiducia, per percepire “de audito” i più salienti punti controversi della causa.

Questa attività ci distoglie un pò, ed appesantisce il lavoro; ma l’utilità che se ne trae,

nella resa di giustizia, è davvero grande. Siamo appassionati ed entusiasti di questo

“modus decidendi”; e mi sembra che lo siano anche i Signori Avvocati.

Il privilegio e la garanzia di questo sindacato penetrante non sta, solo, nel far

emergere, “in toto”, il fatto controverso nella sua oggettiva realtà, e nel confrontarlo

con i canoni costituzionali del buon andamento, della legalità e della giustizia

nell’Amministrazione, ma nel radicare, nelle Autorità amministrative emananti

(Consigli, Giunte Comunali, Sindaci, Dirigenti, ecc.) un approccio nuovo allo

svolgimento della attività amministrativa, più conscio delle responsabilità che si

assumono e più fortificato dallo impegno profuso nella predisposizione ed emanazione

dell’atto. Essi sanno che in caso di giudizio, davanti al T.A.R., non saranno solo i legali

a vedersela con il Giudice, ma saranno essi stessi a guardare ed essere guardati negli

occhi dai Giudici, i quali chiederanno loro, nell’Aula di giustizia, di giustificare l’atto e

con esso il potere pubblico esercitato.

Il Giudice amministrativo solo così percepisce e vive la centralità della sua

funzione giustiziale e diventa, in questo modo, garante di legalità e giustizia, mediando,

in nome della legge, tra cittadino e Autorità.

Un siffatto accertamento giudiziale reca un altro vantaggio: agevola la

realizzazione di un altro principio vigente, dal 1993, nel nostro ordinamento: quello

della separazione tra attività politica di programmazione e di indirizzo, oggi affidata ai

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soggetti politici, e attività amministrativa gestionale, affidata ai soggetti burocratici.

Questi ultimi, dovendo essi stessi spiegare, direttamente al giudice, la ratio dei loro atti,

e la finalità con essi perseguita, mettono più attenzione nella motivazione dell’atto,

giustificando debitamente il potere esercitato e trovano più forti ragioni di autonomia e

di opposizione nei confronti delle Autorità politiche, proprio come vuole la legge. Non

è poco, per i tempi che corrono!

La funzione amministrativa, che di per sè implica l’esercizio discrezionale di

potestà, nel perseguimento di un interesse pubblico, è l’oggetto costante del giudizio

amministrativo, che deve far emergere il rispetto della generale trasparenza e

razionalità delle funzioni pubbliche esercitate.

Le norme sul procedimento amministrativo e sulla semplificazione della funzione

pubblica sono certamente strumenti straordinari di garanzia, “ex ante”, di legalità e

giustizia. Quando non bastano (e purtroppo accade sovente anche a causa

dell’abolizione di tutti i controlli) viene in aiuto il G.A. nella sua funzione

equilibratrice tra cittadino ed Autorità, ovvero tra interesse individuale privato ed

interesse pubblico.

Il corretto esercizio del potere da parte di Voi Amministratori pubblici oggi siete

in tanti ad ascoltare e Vi ringrazio, è la prima garanzia di legalità della funzione

pubblica e degli interessi dei singoli.

Noi giudici amministrativi non disconosciamo i gravi ostacoli che (Voi) incontrate

nel corso del procedimento e le responsabilità, anche di tipo patrimoniale, che oggi

assumete nell’esercizio della Vostra attività. La comprensione (alta) del giudice non lo

esime, tuttavia, dall’annullare atti e trarne le conseguenze anche di tipo risarcitorio, in

presenza di vizi di legittimità che deviano l’azione amministrativa e recano danni ai

cittadini. Molti atti, troppi, cadono ancora, nelle nostre aule, per il più antico dei vizi di

legittimità; ossia il difetto di motivazione. Ricordatevi che motivare l’atto non significa

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fare una esercitazione letteraria per rendere, in bella forma, l’atto stesso; significa

invece, giustificare il potere esercitato, nell’interesse pubblico, (indicando, come recita

l’art. 3 L n. 241, i presupposti di fatto e di diritto nonché le risultanze emerse nel corso

dell’istruttoria).

Mi piace osservare -e quando mi capita, abondo- che pur con tutte le copernicane

trasformazioni dell’Ordinamento e della P.A., vige sempre, per tutti i soggetti che

operano nell’Amministrazione, il principio costituzionale che ogni attività, senza

eccezione alcuna, va sempre finalizzata al perseguimento dell’interesse collettivo o

pubblico, che dir si voglia. E’ bene esercitata la potestà pubblica, se è soddisfatto

l’interesse pubblico. E’ questo il connotato vero della P.A., pur nella sua nuova veste e

nei suoi nuovi fini. E se qualcuno dice che oggi tutto è cambiato, rispondiamo pure che

nulla è cambiato!

La stella polare dell’interesse pubblico è sempre più alta e brillante. L’interesse

pubblico è la guida per ogni operatore!

Pensiamo agli interessi pubblici che deve tutelare un Comune: l’ambiente,

l’urbanistica, la viabilità, l’istruzione, i servizi pubblici, la riscossione delle imposte,

ecc.. Non bastano i soldi per tutto! Si rischia il dissesto!

E in caso di conflitto, quale interesse pubblico prevale? Lo stabilisce il titolare del

potere, motivando i propri atti, a giustificazione del potere esercitato. Se nasce un

contenzioso, la parola passa al G.A., giudice della funzione pubblica, il quale entra in

campo per tutelare in via diretta l’interesse pubblico e, in via mediata, quello privato.

L’istruttoria penetrante -nei sensi ricordati- compiuta dal G.A., con consulenze,

verificazioni, audizioni, ispezione dei luoghi, appare spesso come una sorta di

investigazione diretta sui soggetti operanti e giù critiche alla G.A. da parte dei Soggetti

interessati, i quali arrivano anche a tacciare i giudici ed i provvedimenti giudiziali di

invasività delle scelte politiche ed amministrative compiute! Può darsi che qualche

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giudice ecceda; in tal caso il biasimo è giustificato!

Il biasimo generalizzato (ed è tanto di moda in questi anni) è, invece, il segno negativo

dei tempi perchè si dimentica che il G. per tradizione, storia e Costituzione è il Giudice

(Ordinario) della funzione pubblica; esso rifiuta istintivamente il coinvolgimento

diretto nell’Amministrazione attiva ed è, a dir però spaventato, dal poter sostituire

l’Amministrazione. E’ un “credo” fermo di noi G.A. quello di lasciare

all’Amministrazione la “riserva” dell’Amministrazione.

E’ questa la soglia invalicabile per noi G.A.. E’ un dato genetico che ci portiamo

appresso! Eppoi, gli Avvocati, al pari dei Giudici, sono i garanti delle competenze

intangibili della P.A.! Con questo ho terminato. Spero di essere riuscito a trasmettervi i

principi basilari del sistema italiano di Giustizia Amministrativa. Quando si conoscono

i cardini di un sistema, si è sulla strada giusta per conoscere il funzionamento globale

dell’intero sistema.

Con questi sentimenti, forti dell’impegno ad assicurare la credibilità del processo

Amministrativo, in termini di celerità, imparzialità, equilibrio, effettività, tutti valori da

riferire ormai al Superiore ordinamento giuridico europeo ed al cittadino europeo e con

l’auguriio di rincontrarci di qui ad un anno -che Dio lo voglia- dichiaro aperto, per il

T.A.R. di Latina e di Frosinone l’Anno Giudiziario 2005.

4) La Giustizia amministrativa nella sua dimensione quantitativa: dati

nazionali, pontini e ciociari.

Mi piace, ora, darvi la dimensione quantitativa della G.A., in campo nazionale, in

terra pontina e ciociara.

La Legge n. 205 del 2000, con le sue rilevantissime modifiche sul processo

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amministrativo, è entrata in vigore nell’agosto del 2000. I dati statistici che prendiamo

a riferimento sono del 2003 in campo nazionale e del 2004 in sede locale.

Il processo rappresenta, come è agevole intuire, il momento patologico

dell’attività amministrativa: esso rivela, di norma, i mali che affliggono la Legislazione

e l’Amministrazione, causati da normative inadeguate o da applicazioni non perfette di

normative pur buone.

Con l’applicazione della legge n. 205, il contenzioso ebbe, nell’immediato, una

contrazione, rispetto ai 100.000 ricorsi annui, consolidati, dovuta al trasferimento della

giurisdizione sul Pubblico Impiego contrattualizzato al Giudice del lavoro. Ora il

contenzioso ha ripreso a crescere ed il numero complessivo di ricorsi ha raggiunto di

nuovo la quota precedente.

Nel 2003, un cittadino su 726, ha proposto, a torto o a ragione, un ricorso

giurisdizionale davanti al T.A.R. contro una P.A.. La necessità di ricorrere è

determinata essenzialmente dal progressivo peggioramento tecnico della legislazione e

dalla dispersione di competenze tra tanti Enti ed Organi. Complessivamente, in tale

anno, il contenzioso amministrativo è aumentato in primo grado, dell’8% ed in appello

del 18%.

Al T.A.R. di Latina i dati sono oscillanti. Dal 1996 al 2004 questa è la sequenza. 1674

– 1311 – 1228 – 1264 – 1950 – 1499 – 1458 – 1347 – 1325. Mancano annualmente

circa 350-400 ricorsi, che pur di competenza di Latina, sono proposti al T.A.R. di

Roma.

Questi ricorsi, in assenza di eccezione di incompetenza, restano incardinati a Roma. Il

nostro Ordinamento, non vi meravigliate, consente anche di poter scegliere il Giudice.

Solo le parti possono muovere eccezioni e riportare la causa dinnanzi al Giudice

naturale. Ma se non lo fanno le parti, il giudice scelto non può sollevare, d’ufficio,

l’incompetenza territoriale. Qualche sospetto di incostituzionalità della norma, è forse

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ravvisabile!

Vorremmo auspicare una inversione di tendenza del contenzioso, perchè se questo

accadrà, significherà che le leggi e la loro applicazione, da parte dei multiformi

soggetti che ora compongono la P.A., saranno ispirate al bene generale, pubblico e

collettivo. La riforma dell’Ordinamento costituzionale e del sistema amministrativo,

con il decentramento “spinto”, e con le maggiori autonomie locali ed i maggiori poteri

amministrativi, soprattutto in questa fase di avvio, non consente di poter effettuare

previsioni ottimistiche.

Vedete, la stessa (ben nota) legge sul procedimento amministrativo (la n.

241/1990) ha fatto anch’essa lievitare il contenzioso e ciò non può non sorprendere se

si pensa che il suo obiettivo primario era proprio quello di normalizzare l’attività

amministrativa, renderla più trasparente, più partecipata, meno autoritativa, meno

unilaterale, più proporzionata al contemperamento degli interessi pubblici e privati. In

ogni caso, diciamolo, si tratta di una legge di avanzata civiltà giuridica. Gli effetti

positivi si avranno più in là nel tempo. Nella giungla delle norme vigenti, continua la

“caccia all’errore” che tanto paralizza l’Amministrazione e spesso nulla porta al

privato.

La produttività del Giudice Amministrativo di I° grado è aumentata, nella misura

del 36% nell’anno 2003. Il T.A.R. di Latina è esattamente nella media nazionale per

produttività. Nel 2004 a Latina, sono state pubblicate, in totale 1461 Sentenze e 913

Ordinanze cautelari: ognuno dei magistrati ha quindi scritto 450 Sentenze e 300

Ordinanze. Sono stati emessi, inoltre, 111 decreti ingiuntivi, respingendone

solo 47: 140 Ordinanze e Decreti Presidenziali di vario tipo. Nonostante la grave

carenza di organico, dovuta al collocamento anticipato al riposo di un magistrato ed al

trasferimento di altro magistrato, transitato al Consiglio di Stato, la produttività del

T.A.R. di Latina, nel 2004, è aumentata di ben 98 sentenze.

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I rimedi approntati dal Legislatore (riti accelerati e vari rimedi di natura

processuale ed organizzativa) sono utili ma non adeguati, dal punto di vista strutturale,

rispetto alla domanda di giustizia: 400 Giudici amministrativa in servizio, non tutti

impegnati nell’attività giudiziaria, non ce la fanno! Nel 2004, a Latina, così come in

campo nazionale, pur essendo in servizio solo 3 Magistrati su 5, sono stati decisi più

ricorsi rispetto a quelli introitati.

Come sapete, tutto il personale alle dipendenze della P.A., contrattualizzato,

quanto al contenzioso –eccetto le procedure di assunzione- è passato al giudice

ordinario. E’ rimasto al Giudice amministrativo il contenzioso per talune categorie

(alcuni dicono forti) di pubblici dipendenti: magistrati, avvocati dello Stato, militari e

corpi di polizia, carriera prefettizia e diplomatica professori universitari. Tali

trasferimento di giurisdizione al Giudice Ordinario ha ridotto anche a Latina, il

contenzioso sul pubblico impiego. Tale contenzioso in campo nazionale, nel 2003, ha

raggiunto l’11,7%; a Latina, nel 2004, il 14% (185 ricorsi).

La materia dell’edilizia ed urbanistica occupa in campo nazionale il primo posto

nel contenzioso amministrativo, con una % del 25%.

Segue al secondo posto, la materia Igiene, Sanità ed Ecologia, ed al terzo posto

l’Attività della P.A.. A Latina, i ricorsi in edilizia ed urbanistica, nel 2004 hanno

raggiunto la percentuale del 43,5% che è quasi doppia di quella nazionale. Il

contenzioso in edilizia ed urbanistica subirà nei prossimi anni un generalizzato arresto,

a causa del recente condono edilizio che sospende tutti i provvedimenti amministrativi,

giurisdizionali pendenti nella materia. Un numero consistente di ricorsi (sui 3000)

pendenti in materia edilizia, nel corrente anno e nel 2006 scompariranno dall’arretrato,

divenendo essi improcedibili, per l’avvenuta presentazione delle domande di nuovo

condono. Il T.A.R. di Latina sta effettuando, iniziando dal 2004 ed andando a ritroso,

una vasta attività istruttoria, a tappeto, rivolta ai ricorrenti ed ai Comuni, per conoscere

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se, dopo il provvedimento sanzionatorio irrogato (sanzione finanziaria, sospensione

lavori, demolizione, acquisizione) sia stata o meno presentata, per lo stesso immobile

sanzionato, una domanda di sanatoria edilizia o di condono. Partiranno, in questi

giorni, migliaia di O.P.I. (Ordinanze Presidenziali Istruttorie) dirette ai Comuni delle

provincie di Latina e Frosinone, ai quali viene assegnato un tempo di 120/180 giorni

per inviare la relativa documentazione di condono. Si tratta di un impegno massiccio

per gli stessi Comuni che dovranno attrezzarsi al meglio per adempiere alla richiesta

istruttoria.

E’, ancora elevato, il numero dei ricorsi per l’esecuzione del giudicato o di

sentenze di I° grado (esecutive) non sospese dal Consiglio di Stato; è questo un chiaro

sintomo dell’inottemperanza delle Amministrazioni Pubbliche di fronte alle sentenze

del Giudice.

Quanto agli esiti, i ricorsi in I° grado sono accolti per il 57,98%.

In concreto, un pò di più di un provvedimento su due, emesso dalla Pubblica

Amministrazione (tra quelli portati in giudizio) è illegittimo!

Il T.A.R., più accoglista è la Sicilia con l’80% (questo potrebbe significare che la

P.A. in Sicilia sbaglia più frequentemente). Segue la Campania con il 71,65% e la

Calabria con il 62%. Nel Lazio, si accolgono, in I° grado il 45%. I T.A.R. meno

accoglisti sono quello di Trento (28,16%), della Valle d’Aosta (26%), della Toscana

(32%). Questo può significare che la P.A. a Trento, ad Aosta ed in Toscana opera più

legittimamente!

Le sentenze di I° grado appellate sono il 10,54%. Di queste, il 43,41% è riformato

in appello. Ne consegue che le sentenze di I° grado diventano definitive nella

percentuale del 97,10%. La Giustizia Amministrativa la si fa prevalentemente in I°

grado.

E’ ovvio che i casi più importanti arrivano in Consiglio di Stato che esplica

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mirabilmente -va riconosciuto- un importante ruolo di nomofilachia nell’ambito della

Giustizia Amministrativa.

Concludo, ringranziandovi ancora di cuore, anche per la pazienza e l’attenzione

con la quale mi avete ascoltato.

BIBLIOGRAFIA

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