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Il Gusto... della Vita - Giugno 2012

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Tradizione & Cultura della Buona Tavola - Rivista ufficiale dell'Associazione Cuochi della Provincia di Fermo

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1 della vita

...Editoriale del

Adolfo Leoni

di Adolfo Leoni di Nunzia Eleuteri

Il Gusto... della Vita.Dopo 17 numeri e quattro anni di lavoro,

trovo che il nome della rivista sia ancor più azzeccato. Oggi, più di prima. Oggi, nel mezzo di una crisi che sembra non aver fine. Oggi, con il lavoro che manca, con i giovani in cerca raminga d'occupazione, con i cinquantenni espulsi dal mercato, con le piccole imprese in difficoltà enorme, con le famiglie impaurite, con l'euro che strangola e le tasse (e i suoi esattori) che dilaniano la nostra gente.

Perché “azzeccato” allora se tutto induce al buio e se la speranza sembra tramontata?

Ai primi bagliori del caos, poche voci hanno detto che questa crisi non è tanto di bolle speculative (anche), di banche ingorde (anche), di un sistema egoista (anche), quanto invece di una crisi esistenziale, una crisi di significati che ha dimenticato l'eterna domanda: per cosa vale la pena di vivere, impegnarsi, lottare, soffrire, costruire?

Teilhard de Chardin scriveva: “Il pericolo maggiore che possa temere l'umanità oggi non è una catastrofe che venga dal di fuori, una catastrofe stellare, non è né la fame, né la peste; è invece quella malattia spirituale, la più terribile perché il più direttamente umano tra i flagelli, che è la perdita del gusto di vivere”.

Il Gusto di vivere... il Gusto... della Vita. Appunto. Baudelaire parlava dell'avvilimento del cuore. Che è la stessa cosa. Cuore avvilito, stanco, avviato ad abbracciare il nulla... Uno scatto ci vuole, invece, che ravvivi e faccia riesplodere questo nostro cuore dolente.

Ecco quel che manca, quel che va riproposto, rilanciato. Vissuto. “Vivere, non vivacchiare”, ricordava il beato Pier Giorgio Frassati.

I secoli ci raccontano che drammi, flagelli, calamità, hanno minato sempre l'esistenza umana. Ma ogni volta si è ripartiti con più slancio, con più voglia, perché al fondo, pur negli attimi peggiori, si capiva che la realtà aveva un non so che di positivo per cui valeva la pena di ricominciare. Sempre.

Come il sole di primo mattino che buca le nuvole fitte e rende d'argento lo specchio di mare; come il tramonto di

Mai titolofu più vero

fuoco sui Sibillini dopo giornate di gelo e di neve; come il sorriso di una madre a suo figlio; come lo sguardo del piccolo artigiano che rimira la sedia perfetta, tangibile, concreta, solida, realizzata nella sua bottega; come il contadino che vede spuntare dal suo campo il primo atteso germoglio; come il produttore che ha realizzato la più buona delle pesche sciroppate; come il pastaio che si compiace per l'ultima pasta provata; come il cuoco che ha centrato in pieno la sua ricetta; come il ristoratore che ha reso felice il suo cliente. Come, come come....

Il Gusto... della Vita, che significa dare senso alle cose, ritrovarsi intorno alla tavola, sentire l'altro amico. Che significa aiutarsi. Volersi bene. Riscoprire e tornare a far festa. Insieme.

Ce la possiamo fare. Cambiando marcia, guardando altro. Non scoraggiarti Italia, ha detto papa Benedetto XVI ad Arezzo. Non avvilirti, riaccendi il cuore, ritrova coraggio. Ma come? Con chi?

Forse guardando la nostra storia di solidarietà e chi ne è stata la radice, forse guardando i tuoi borghi, Terra di Marca, che parlano di comunità.

Magari affacciati dal balcone di Smerillo e volgendoci ai Monti Azzurri, ammirando i campi squadrati e ricchi di colori, che rammentano la presenza benedettina, commuovendoci dinanzi alla Crocefissione di Lorenzo Lotto nella chiesa medievale di Monte San Giusto, penetrando nei colori e nella festa dei quadri di Carlo e Vittore Crivelli a Monte San Martino, guardando le torri e le campane e gli armonici gironi che avviluppano i piccoli municipi.

E stupendoci del cuore che riprende man mano vigore. E voglia.

E gusto...di vivere.

Da questo numero la dottoressa Nunzia Eleuteri entra a far parte de Il Gusto... della Vita. Si occuperà della direzione editoriale della rivista con l'obiettivo di allargarne la presenza in tutta la Regione, soprattutto nelle Marche Sud (Macerata, Fermo, Ascoli Piceno). Le abbiamo chiesto di spiegarci il motivo della sua entusiastica adesione all'iniziativa.

Perché!“Perché mi trovo qui?" domanderà

qualcuno. è semplice: mi piace scrivere, mi piace leggere, mi piace conoscere, mi piace produrre, mi piace cucinare e mi piace mangiare bene, mi piace socializzare, mi piace tutto ciò che è bello. Brevemente: mi piace vivere.

E mi ha colpito questa rivista. Il suo titolo. La sua carta. La sua grafica. Il suo editoriale. Il suo contenuto.

Decisamente di... gusto. E subito ho chiesto chi fossero

gli ideatori e come lavorassero. ”Senza pretese impossibili ma con tanta passione”, è stata la risposta. E anch'essa non poteva non colpirmi.

Una rivista che parte dalla semplicità del cibo e ne abbraccia la complessità scrivendo di antichi borghi, di artigiani, di botteghe e vecchi lavori da riscoprire, di campi, di mare e monti, di teatri e cultura. Una rivista che parla la nostra lingua, che esalta il nostro gusto, che racconta il nostro lavoro, i nostri problemi e i nostri sorrisi, che valorizza il nostro territorio così straordinariamente ricco nella sua semplicità di sempre... Già. Il Gusto della Vita.

Quel gusto che stiamo perdendo e che dobbiamo recuperare. Come? Dove? Dalle nostre radici. Possiamo andare avanti e trarre linfa vitale per superare ogni momento difficile. Come le nostre piante. Dalle nostre radici. L'importante è non lasciarle seccare. Questo mi sono detta!!! E allora non basta apprezzare una iniziativa ma bisogna lavorarci, promuoverla e soprattutto CREDERCI. Vi ho risposto?

Ecco perché sono qui.

Nunzia Eleuteri

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2 il Gusto...

...Sommario

Direttore ResponsabileAdolfo Leoni

Direttore EditorialeNunzia Eleuteri

Progetto graficoe coordinamentoStudium Design

[email protected]

FotografoAngelo Cecchetti

Hanno collaboratoUgo Bellesi

Simone CipollariLiana CognigniStefano IsidoriMauro Nucci

Alessandro PazzagliaEleonora QuintavalleFrancesco SeghettiLeonardo Seghetti

P. Benedetto Maria TosoliniDavid Zallocco

Edito daAss. "Il Gusto... della vita"

sede legaleMontegiorgio (FM) via Cestoni, 39

sede operativaMorrovalle (MC)via Carducci, 12 tel. 0733 866909

P.Iva e C.F. 01979520440

[email protected]

StampaArtelito - Camerino

La rivista è stampata sucarta naturale ed

ecologica

n. 17 giugno 2012inserito nel Registro deiGiornali e dei Periodicidel Tribunale di Fermo il

21/10/2008

1...Editoriale del Gusto

3...Sarà il caso di riflettere

4...Incontri 6...Continua formazione

9...Maggiorana

10...Rosmarino

11...Gli orticelli... proliferano

11...Dalla Serbia con amore

12...Camera Commercio Fermo

14...Alessandro Circiello, un nome una garanzia

16...Le riso ricette

18... Il peccato finale

20...Cerreto medievale 23...La banana di Amantido

24...Il miele

26...Ars poetica, Ars culinaria

27...Dalle Sibille alle Sirene

29...Dacci oggi il nostro pane quotidiano

30...Il riso

31...Dal carro agricolo al carro di fuoco

32...Diario di bordo

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3 della vita

...Professione Cuoco

Alessandro Pazzaglia

Lungi da un banale spi r i to pa-t r iot t ico e da uno scia lbo e ins i -gnif icante campani l i smo, c'è un tema che da var i anni ci desta del le preoccupaz ioni. è quel -lo dei marchi, del le class i f iche, del le nominat ion ecc. s ia a l ivel -lo europeo che mondiale.

Se una giur ia mondiale di 837 esper t i formata da cuochi, r i s to -rator i , gast ronomi, g iornal i s t i , ha decretato per i l ter zo anno con-secut ivo che i l mig l ior r i s torante al mondo è i l NOMA di Copena-ghen del grande chef Rene Re-dzepi e che t ra i mig l ior i 50 del mondo ci sono solo t re i ta l iani a l 5°, 32 ° e 46° posto, qualcosa vor rà pur d i re. Come pure qual -cosa dicono i r i su ltat i d i a lcune competiz ioni mondial i d i gast ro -nomia dove le pr ime posiz ioni sono spesso appannaggio di a l -t re naz ioni (agl i u lt imi campio-nat i mondial i d i novembre 2012 l ' I ta l ia ha ottenuto un onorevole nono posto).

Se pensate che l 'autorevole “T ime” def in i sce Redzepi t ra i 10 0 personaggi più inf luent i a l mon-do e se un alt ro grande del la cucina mondiale, Fer ran Adr ià, aggiunge che sempre Redzepi (34enne) ha già lasciato i l segno

SARÀ IL CASO DI... RIFLETTERE?

nel la stor ia del la grande cuci -na t rasformando Copenaghen in una tappa imprescindibi le nel l 'at lante del la gast ronomia mondiale, è forse più che op-por tuno che tut t i noi operator i valut iamo bene la s i tuaz ione per decidere ins ieme i l da fars i .

Da molt i anni sosteniamo in ogni sede l ' impor tanza del la for-maz ione, ma la s i tuaz ione i ta-l iana e nost rana sembra andare in di rez ione opposta almeno in par te. S ia in az iende di picco-le -medie dimensioni come pure nel le grandi catene alberghiere s i fa sempre più r icorso a perso -nale poco qual i f icato por tando motivaz ioni pretestuose che non reggono al confronto. Al lora, a l cospetto di quei grandi prodott i che la natura e la sapienza uma-na ci danno e che molte par t i del mondo ci invid iano, come pure dinanz i a quel l ' immensa r icchez-za del la “dieta medi ter ranea”, non a caso def in ita “patr imonio del l 'umanità”, s iamo obbl igat i a r i f let tere e a confrontarci per mi -g l iorare.

S ia la stor ia che una sana co-scienza profess ionale ci insegna-no che c'è sempre da imparare.

Con st ima e af fetto

di Alessandro Pazzaglia

" The 50 Best Restaurants of the World 2012", le pr ime 10 posiz ioni

I PostoNomaCopenhagen, Danimarca I I PostoE l Cel ler de Can RocaGirona, Spagna

I I I PostoMugar i tzSan Sebast ian, Spagna

IV PostoD.O.M.Sao Paolo, B ras i le

V PostoOster ia FrancescanaModena, Ita l ia

VI PostoPer SeNew York, USA

VI I PostoAl ineaChicago, USA

VI I I PostoArzakSan Sebast ian, Spagna

IX PostoDinner By Heston B lumenthalLondra, Gran Bretagna

X PostoE leven Madison ParkNew York, USA

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...Incontri

Hotel Ristorante San Marco, martedì 5 giugno. Alessandro Pazzaglia e il suo team di Berrette bianche hanno chiamato a raccolta. E cuochi, ristoratori, sindaci e amministratori pubblici sono arrivati da ogni parte. Da Montemonaco a Porto San Giorgio. Dalla provincia nostra e da quelle altrui.

Il sindaco di Servigliano Maurizio Marinozzi è stato chiarissimo. Questa terra va raccontata, ha detto dopo l'esperienza che ha visto il suo comune vincitore televisivo a Mezzogiorno in famiglia. Va raccontata per tutte le sue potenzialità, per tutti i suoi pregi, per le mille ricchezze che vi si trovano. è l'emozione che debbono provare gli scandinavi e i cinesi, i tedeschi e gli statunitensi, la gente lombarda e quella sicula. Emozioni e sorrisi. Come dire: toccare le corde del cuore e della mente.

L'assessore fermano Daniele Fortuna, ha parlato invece di un diritto alla diversità, di una battaglia contro l'omologazione gastronomica e dei gusti. è un rischio molto concreto, da combattere con

decisione. Altrimenti, saremo eguali a tutti, da Shangai a New York, da Helsinki a Praga.

No al livellamento, invece. L'assessore provinciale al turismo Guglielmo Massucci ha difeso l'agricoltura, quella buona, e ha lodato i cuochi del fermano per la grande opera che stanno svolgendo. Il presidente Alessandro

Pazzaglia è tornato sul suo pallino: formazione formazione, formazione.

Il nostro direttore Adolfo Leoni ha spaziato. Anche lui ha un pallino. Lo chiama impasto. Lega arte e storia, piatti tradizionali e bellezze naturali. Un pacchetto da proporre nella sua organicità. Non si può ragionare per schemi e comportamenti stagni. Siamo Sibille e sirene insieme. Il ristoratore offre il piatto migliore ma anche l'arco trecentesco, il castello medievale così come il dipinto di Lorenzo Lotto. Chi pensa di vincere la battaglia con le tecniche di comunicazione senza ricorrere all'anima dei luoghi, alla suggestione dei borghi, all'evocazione di visi di tempi passati e moderni, è già sconfitto in partenza.

"InCOnTRI"Carlo Cambi ha dato buca. Per motivi di salute. L'incontro dei cuochi a Servigliano c'è stato lo stesso.

Diventando un momento di confronto.

F.I.C. Ass.ne Cuochi della Provincia di Fermo via Legnano, 2 - 63018 Porto Sant’Elpidio tel. (+39) 330 650208

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...Incontri

Leoni ha contestato chi pensa che avere una strada più ampia significa avere più clienti. Ha rimarcato invece che l'attrazione fatale viene da altro. Viene da proposte originali, da locali tipici, da ambienti che il turista, il residente, l'uomo insomma, cerca come alternativa alla routine quotidiana e banalizzante. Emozione e sorrisi. Comunità che si ritrovano, festa. E Terra di Marca. Cioè: qualità, soprattutto. E in ogni senso.

Il neo direttore editoriale Nunzia Eleuteri ha presentato il progetto di espansione del Il Gusto della...Vita nelle due province confinanti: Ascoli e Macerata. Ha invitato cuochi, ristoratori e amministratori pubblici a farne un veicolo di promozione territoriale.

F.I.C. Ass.ne Cuochi della Provincia di Fermo via Legnano, 2 - 63018 Porto Sant’Elpidio tel. (+39) 330 650208

Molto seguito (oltre 50 cuochi e amministratori) il mini convegno delle 19. Moltissimo la cena (150 persone e forse più). Menù di livello: salumi, formaggi, trippa e coratella, risotto mantecato ai fiori di zucca e maccheroncini tirati a mano in salsa umido, maialino e agnello farcito, zuppa inglese, Falerio dei Colli Ascolani, Rosso Piceno, Ametista (vino spumante).

Originalità e bontà. E servizio impeccabile: quello degli studenti dell'Istituto alberghiero di Porto Sant'Elpidio.

Ok. Alla prossimaD.Z.

Dopo l'estate l'Associazione Cuochi Fermo organizza e propone un concorso di PASTICCERIA!L'iniziativa e rivolta a tutti gli operatori del settore,

chiunque fosse interessato può telefonare al 330 650208.

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...Formazione continua

F.I.C. Ass.ne Cuochi della Provincia di Fermo via Legnano, 2 - 63018 Porto Sant’Elpidio tel. (+39) 330 650208

Il Prof. Leonardo Seghetti ha tenu-to una lezione sulla necessità di un continuo aumento di conoscenze nella professione del “cuoco” soprattutto sull’acquisto dei pro-dotti di utilizzo in cuci-na. Il percorso affron-tato ha riguardato la conoscenza dell’olio di oliva extravergine, delle sue caratteri-stiche, in particolare quelle organoletti-che che sono respon-sabili degli abbina-menti gastronomici. “Ad ogni piatto il suo

L'insegnamento di Leonardo Seghetti28 febbraio 2012 ristorante la Cascina di Porto San Giorgio, serata promossa dalla Federazione Italiana Cuochi sezione della provincia di Fermo. Un costante aggiornamento per gli chef. Una bella iniziativa che ha visto protagonista il dr Leonardo Seghetti, esperto nutrizionista, docente universitario.

olio di oliva extravergine” ha esor-dito il professore: come già messo in evidenza dagli antichi romani che

COnTInUA FORMAZIOnE

utilizzavano le diverse tipologie di oli per i diversi piatti e addirittura nell’impiego cosmetico. Un piatto

che deve essere insa-porito abbisogna di oli con caratteri deci-si di fruttato, amaro e piccante, soprattutto se il piatto è ricco di carboidrati e protei-ne come un classico piatto di sagne e ceci ecc. Così come in un piatto con pesce cru-do l’olio deve essere delicato per non al-terare il profumo del “mare” e così via.

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...Formazione continua

Spesso non si conosce nulla per quanto riguarda l’olio in frittura; qual è il punto di fumo, le sue caratteristiche.

Altro argomento trattato è stato il pane a cui spetta il primo posto sulla tavola delle famiglie italiane. Oggi nella ristorazione si assiste

molto di frequente alla produzione panaria

direttamente nel ristorante. Il cuoco spesso non conosce

nulla delle farine utilizzate; non conosce la provenienza di quel grano che origina la farina, non conosce le varie tipologie in funzione del tasso di abburattamento: farina tipo OO, O, 1, 2, 3 e loro utilizzazione nella produzione panaria e di dolci. Non è bene informato sui miglioranti spesso aggiunti alle farine seppur dichiarati in etichetta.

Il professore successivamente si è soffermato sulla pasta secca e su come si valuta la qualità che spesso non è in funzione del prezzo ma si identifica valutando dei semplici parametri come ad esempio il rilascio dell’amido durante la cottura.

A conclusione, il professor Seghetti ha fatto il punto sulle classiche e moderne tecniche di cottura che fortemente condizionano l’elaborazione di un piatto.

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...Erbe Aromatiche

MAGGIORANA

RipRendiamo con questo numeRo de “il Gusto…della Vita” a paRlaRe di eRbe aRomatiche e il peRiodo staGionale che stiamo attRaVeRsando ci induce a sceGlieRe due eccellenze del nostRo teRRitoRio, che poi RitRoViamo puntualmente in numeRosi piatti della nostRa tRadizione. ci RifeRiamo alla maGGioRana e al RosmaRino, due eRbe aRomatiche che tRoViamo immancabilmente neGli oRti di città e di campaGna e che in questi mesi hanno il massimo RiGoGlio.

di Ugo Bellesi

La maggiorana ama i terreni asciutti e si trova a suo agio nel clima mediter-raneo temperato per cui prospera me-glio al di sotto dei 700 metri. Si tratta di una pianta erbacea perenne, origina-ria dell’Asia, che inizia la fioritura (ha fiori bianchi ma anche rosati) tra aprile e maggio; proprio prima della fioritura raggiunge la massima profumazione; tuttavia è utilizzabile tutto l’anno per i nostri piatti preferiti. Se invece si vuole essiccarla per l’inverno è opportuno raccogliere i rametti tra settembre e ottobre per poi appendere i mazzi in zona ventilata e all’olbra. è opportuno conservare le foglie secche in baratto-li di vetro; molti usano conservare an-che le infiorescenze.

TONNO eMAGGIORANAINGREDIENtI- 2 etti di tonno- mezzo bicchiere di maionese- un cucchiaio di maggiorana- un ciuffetto di mentuccia- 4 fette di pane abbrustolito- sale q.b.

ESECuzIONEFrullare il tonno sott’olio, la maggiora-na e la mentuccia con la maionese e aggiustare di sale. Una volta ottenuta una salsa cremosa farla riposare nel frigo per 30’ e poi servirla su fette di pane abbrustolite.

TRIppA IN uMIdOINGREDIENtI- 6 etti di trippa- 1 etto di lardo- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva- 1 cipolla media- 2 spicchi d’aglio- 1 costa di sedano- 1 carota- 4 cucchiai di maggiorana- 2 foglie di salvia- 1 ciuffetto di mentuccia e prezzemolo- 2 bicchieri di vino bianco secco- 300 gr di passata di pomodori- ½ etto di parmigiano- sale q.b.

ESECuzIONECon il lardo macinato e l’olio fare un soffritto con il trito di cipolla, prezze-molo, aglio, sedano, carota e le erbe aromatiche. Terminata la rosolatura aggiungere la trippa tagliata a lista-relle. Aggiustare di sale e quindi versa-re il vino; una volta evaporato portare avanti la cottura con l’aggiunta dei pomodori. Se occorre di tanto in tanto versare qualche cucchiaio di acqua calda per non farla asciugare trop-po; la cottura va fatta a lungo e con fuoco basso. La trippa va servita con parmigiano.

Da sempre la maggiorana è cono-sciuta come medicamento naturale. Molto usata dagli egiziani, i greci (per i quali questa era l’erba preferita da Afrodite, dea dell’amore) la impie-gavano sia come medicamento che per profumi e cosmetici. Babilonesi ed egiziani si massaggiavano con un preparato a base di erbe noto come “reale unguentum” nella cui compo-sizione entrava anche la maggiorana. Anticamente per gli sposi, anziché fiori d’arancio, si preparavano corone di maggiorana da mettere in testa al rito nuziale. La medicina popolare nei pa-esi occidentali un tempo riteneva che la maggiorana fosse utile per curare indigestioni, coliche e artriti. Attual-

mente nei paesi dell’Africa del nord viene usata contro la dissenteria. Da noi spesso viene preparato un infuso di maggiorana da impiegare come toni-ficante quando si fa il bagno. Un tem-po la medicina popolare consigliava l’applicazione di impacchi a base di foglioline di maggiorana fritte contro dolori reumatici e torcicollo.

In cucina ha numerosi impieghi, a partire dalla pizza, ma anche nei mi-nestroni, nella trippa, nei ripieni, negli umidi e nei piatti di carne. La maggio-rana è molto simile all’origano per cui spesso in cucina si può sostituire l’una all’altro.

Ma vediamo alcune ricette.

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...Erbe Aromatiche

ROSMARINOSi trova in tutta l’area mediterranea

ed anche nelle zone costiere (è per questo che il suo nome significa “ru-giada del mare”) preferendo terreni assolati. La fioritura dura quasi tutto l’anno ed anche i rametti si possono cogliere e utilizzare freschi per 12 mesi. Anticamente veniva bruciata perché si riteneva che purificasse l’aria, tanto che i romani la utilizzavano spesso al posto dell’incenso nelle cerimonie re-ligiose. Si iniziò ad usarla come condi-mento della carne perché si riteneva che le foglioline del rosmarino avesse-ro la proprietà di conservarla meglio.

Per i romani il rosmarino era simbolo di fedeltà per cui la capigliatura delle spose veniva adornata con rametti di questa pianta. E ancora nel Medioevo nei cortei nuziali gli invitati portavano mazzetti di rosmarino. Nel medioevo

era famoso un balsamo chiamato “Ac-qua della regina Isabella”. Secondo la leggenda nel 1200 alla 70enne regina Isabella d’Ungheria, da parte di un monaco, fu regalato un unguento a base di rosmarino che la guarì dai suoi reumatismi. Da qui la fama di questo prodotto che, se zuccherato, diven-tava un ottimo liquore; altrimenti era un semplice profumo. Ai nostri giorni l’infuso di rosmarino stimola le funzio-ni stomatiche, combatte le vertigini, l’asma e l’inappetenza. Un decotto a base di rosmarino, salvia e menta, inserito nell’acqua del bagno ha pro-prietà stimolanti. è controindicato per le donne in gravidanza; è preferibile non assumerlo a cena perché potreb-be provocare insonnia.

L’infuso di foglie e fiori è tonico, dige-stivo e febbrifugo; invece applicato al

viso e al collo attenua le rughe. Il de-cotto di foglie e fiori ha azione espet-torante e antiartritico; invece il de-cotto con solo i rametti e miele è utile contro i raffreddori. Il tè di rosmarino è ottimo per calmare i disturbi di stoma-co (i greci lo usavano per “rinfrescare” la memoria).

Nelle Marche il rosmarino viene im-piegato in tutte le preparazioni in po-tacchio, ma anche negli arrosti, sia alla griglia che al forno, come pure nella zuppa di ceci

E vediamo ora alcune ricette.

TORTAAl ROSMARINO (1)

INGREDIENtI- 1 etto di farina di granturco- 1 etto di farina di grano- 1 etto di gherigli di noci- 1 etto di zucchero- 1 etto di miele al rosmarino- 3 uova- 1 cucchiaio di lievito- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva- 2 rametti di rosmarino- 2 chiodi di garofano- burro e sale q.b.

ESECuzIONEDopo aver unito olio e miele fare un impasto con due uova, la farina di grano e di granturco, il lievito, le noci tritate, i chiodi di garofano macinati e un pizzico di sale. Ottenuta una pasta morbida e consistente la si dispone in uno stampo da forno imburrato e infa-rinato. Nel frattempo si monta la chia-ra dell’uovo rimasto con lo zucchero e un pizzico di sale, aggiungendo poi 5 gherigli di noci e il rosmarino tritato. Il tutto va poi disposto sopra l’impasto che era nello stampo e si manda al forno a 150° per un’ora.

ZuccA eROSMARINO (2)

INGREDIENtI- 6 etti di zucca- 2 cucchiai di olio extravergine di oliva- 2 spicchi d’aglio- 1 bicchiere di vino bianco- 2 cucchiai di foglie di rosmarino fre-sco- sale e pepe q.b.

ESECuzIONEIn un tegame far indorare nell’olio i due spicchi d’aglio e quindi toglierli aggiungendo la zucca tagliata a fet-tine. Versare il vino e far evaporare, quindi portare avanti la cottura a fuo-co basso. Aggiustare di sale e pepe e unire il rosmarino tritato.

1) Ceccantini G. e altri, Cent’erbe, Firenze 19962) Castellani F., Le ghiotte erbe, Cingoli 2006

il RosmaRino è una pianta aRomatica peRenne che può RaGGiunGeRe i due metRi di altezza.ha foGlie lineaRi sempReVeRdi e fioRi a GRappoli di coloRe azzuRRo-Violetto.

di Ugo Bellesi

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11 della vita

Aprile scorso. Tipicità. Tanta gente. E nuove scoper-te. Come la cucina serba.

I Cuochi della Provincia di Fermo si sono confrontati con i colleghi dell'altra sponda adriatica. Ognuno ha messo a disposizione dell'altro i suoi prodotti tipici e l'altro li ha rein-terpretati con le proprie ricette. I cuochi fermani hanno molto apprezzato le capacità e la professionalità dei col-leghi serbi, che hanno potuto mettere a disposizione solo formaggio e carne in quanto gli altri prodotti, per una serie di disguidi, non sono arrivati a destinazione.

Poco male. Ci sarà tempo per rifarsi.

Dalla Serbiacon amore

...Veri cuochi ...A Tipicità

GlI ORTIcellI...pROlIFeRANO.

i cuochi, i veri cuochi (ne abbiamo discusso approfonditamente in passato, soffermandoci sui requisiti minimi...) sono da sempre grandi cultori delle materie prime, di ottima qualità, quale imprescindibile presupposto per realizzare piatti impeccabili sotto molteplici punti di vista, e mettono sempre al primo posto la sana e corretta alimentazione. la storia professionale non si improvvisa, nella nostra vita federativa questi richiami ce li facciamo da almeno un trentennio. probabilmente, non andando lontano dalla verità, c'è sempre qualcuno che, seppur nel mezzo di una crisi che stiamo vivendo, anziché fare squadra per affrontare sfide sempre più difficili (cose che predichiamo da una vita e fortunatamente alcuni l'hanno capito e ci hanno ascoltato, tanto da farsene portavoce) coltiva il suo orticello. Grazie ad aiuti e con la com-plicità di soggetti non motivati da quella trasparente passione che la grande famiglia delle berrette bianche federcuochi ha sempre issato sul pennone più alto. lo diciamo con tanta amarezza. credo che non si possa e non si debba giocare in proprio. credo che sia importante il confronto, il dibattito, la crescita comune. per questo iniziammo molti anni fa il lavoro associativo. nel 2011, proprio su questa rivista, invi-tammo chi avesse avuto il piacere di conoscere le attività da noi svolte in questo lungo lasso di tempo a chiederne documentazione.

certo, dire pane al pane e vino al vino non ti fa mai essere “primo cittadino”. ma non è questo l'obiettivo. ci lusinga invece, con docu-menti alla mano, che certe nostre tesi, proposte e dibattute in tempi in cui lo facevamo in solitudine (vedi la sinergia fra il mondo della formazione e quello del lavoro, vedi le molteplici componenti ognuna per le proprie specificità coinvolte nel progetto di una sana e corretta alimentazione, vedi la vitale importanza della cultura dell'ospitalità, con premi e premiazioni che si sono sprecati negli ultimi tempi) sono e stanno passando anche se nessun riconoscimento ci è stato dato. poco male.

tutto ciò ci inorgoglisce e ci aiuta ad andare avanti. siamo consape-voli che la nostra neutralità in alcuni frangenti ci abbia penalizzato. siamo comunque fieri della nostra dignità e per questo continueremo a professare quel motto: “ama e fa ciò che vuoi” ovviamente in questo caso si parla di professione e territorio.

di Alessandro Pazzaglia

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12 il Gusto...

...Cinque pesci...Camera Commercio Fermo

Una serie di manifestazioni di set-tore, a partire dalla moda per finire, ma non perché di minore importan-za, con l'enogastronomia, in grado di promuovere su palcoscenici in-ternazionali le eccellenze prodotte dalle tante aziende artigiane ed in-dustriali della Provincia di Fermo.

Una serie di manifestazioni alle quali la Camera di Commercio, at-traverso la sua Azienda Speciale, Fermo Promuove, ed in sinergia con la Regione Marche, la Provincia di Fermo e le Associazioni di catego-ria ha dato un decisivo supporto, sufficiente a proiettare le eccellen-ze di cui si faceva cenno su vetrine di grandissimo impatto. Fin dalla

sua nascita, del resto, la Camera di Commercio di Fermo, ha inteso supportare la crescita del comparto produttivo “Attraverso una promo-zione integrata che mettesse in luce tutto ciò che di bello e di buono sanno fare i nostri imprenditori – ha detto il presidente, Graziano Di Bat-tista – ed ecco allora che al Micam e all'Obuv, due fiere di spessore mondiale per la calzatura, abbia-mo fatto conoscere alle migliaia di visitatori le eccellenze della nostra enogastronomia; così come al Me-rano Winefestival&Gourmet abbia-mo portato le migliori creazioni del nostro Artigianato artistico in una vetrina, unica nel suo genere per la

qualità dei produttori vitivinicoli pro-venienti da tutto il mondo. Faccio i complimenti alle nostre aziende - ha aggiunto il presidente camerale - perché, seppur di piccole dimen-sioni, sanno far apprezzare le ec-cellenze della gastronomia ferma-na, così come faccio i complimenti all'Associazione Cuochi ed al duo presidente Alessandro Pazzaglia, oltre che a tutti i nostri grandi chef, perché attraverso la professionalità, passione per il lavoro ed amore per la propria terra, sanno trasformare le stesse eccellenze in altrettante pietanze che, oltre al gusto, susci-tano emozioni capaci di fidelizza-re l'ospite e creare ricchezza per

Il presidente Di Battista insieme al Ministro Corrado Clini a Tipicità

Il presidente Di Battista nei momenti di inaugurazione della fiera Tipicità.

Merano Winefestival&Gourmet,Micam di Milano,Obuv Mir Kozhy a Mosca,Agrifood a Verona,poi ancora Tipicità a Fermo.

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...Camera Commercio Fermo

due settori, quello della ristorazione e dell'accoglienza, in continua crescita”, ha finito il presidente Di Battista. Sull'argomento, questo il pensiero di Nazzareno Di Chia-ra, presidente dell'Azienda Speciale, Fermo Promuove: “La presenza delle nostre aziende del comparto enoga-stronomico in manifestazioni fieristiche di altri compatti economici, come la calzatura e i cappelli, è un ulteriore tassello del programma della Camera di Commercio”, ha detto il presidente Di Chiara. “Tutto ciò nel rispetto di un progetto più ampio, condiviso da Regione Marche, per la promozione complessiva del territorio, comprese le sue peculiarità a livello ambientale e storico artistico. è così che, dopo il Merano Winefestival, e l'hospitality al Micam e all'Obuv a Mosca, grazie all'impegno di Fermo Promuove e delle Associazioni di categoria, stiamo riu-scendo nell'intendo di promuovere il Fermano nella sua complessità. Credo a tutto vantaggio - finisce Di Chia-ra - delle aziende e più in generale dell'economia del territorio”.

Mauro NucciUfficio Stampa Camera di Commercio Fermo

Imprenditori russi gustano alcune delle eccellenze dell'eno-gastronoia Fermana, durante Obuv Mir Kozhy (fiera interna-zionale della calzatura) dello scorso marzo.

I presidenti Di Battista e Di Chiara nei padiglioni del Merano Winefestival&Gourmet

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F.I.C. Ass.ne Cuochi della Provincia di Fermo via Legnano, 2 - 63018 Porto Sant’Elpidio tel. (+39) 330 650208

14 il Gusto...

L'Associazione Cuochi della Provincia di Fermo ha organizzato per il 7 e 8 maggio scorsi un corso di cucina al top sul tema "Finger-Food & Cucina creativa". A tenerlo è stato proprio Circiello che ha incantato gli allievi dimostrando ancora una volta capacità straordinarie, grande passione e umiltà.

Il quotidiano La Repubblica ha scritto: “La sua cucina è il risultato di un giusto equilibrio tra la tradizione e la nuova concezione gastronomica, che porta ad alleggerire le pietanze. Ne nasce una cucina creativa di territorio, rivisitata, che lascia spazio a preparazioni coniugate con prodotti di varia provenienza, sempre nel rispetto delle fondamentali regole di etica culinaria: delicatezza e leggerezza di contenuto”.

Di seguito vi proponiamo alcune ricette eseguite dallo chef Alessandro Circiello durante il corso.

alessandro CirCielloun nome, una garanzia

Il grande cuoco, premiato nel 2010 come migliore chef dell'anno da Solidus cioè dall'ente che raggruppa le associazioni professionali più importanti nell'ambito dell'ospitalità e dell'accoglienza Italiana promossa dal Mi-nistero del Turismo, è stato a Fermo per una due giorni di scuola intensa e importante.

...Alessandro Circiello

RISO SCAMPI E LIquIRIzIAIngredienti per 4 persone• 280 g Scampi puliti• 320 g Riso vialone nano• 20 g Liquirizia• Timo• 150 g Olio extra vergine d'oliva• 500 ml bisque di scampi

ProcedimentoTostare il riso in padella e bagnare con la bisque. Mentre il riso cuoce lentamente, nel tegame prendere gli scampi puliti e privi del budello interno, condire con un rametto di timo, olio extra vergine d'oliva.Quindi scottare velocemente in padella antiaderente per pochi istanti.Cotto il riso lo andremo a mantecare con un filo di olio extra vergine di oliva, senza usare grassi animali come il burro. Stendere il riso sul piatto, ed adagiare lo scampo su un lato del riso. Finiremo il piatto con una grattata di liquirizia fatta al momento.

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15 della vita

...Alessandro Circiello

tRIGLIE FRIttE IN zuCCHEROIngredienti• n. 1 Triglie• 200 g Sciroppo di glucosio• n. 1 Porro• 400 g Finocchi

ProcedimentoAvvolgere i filetti di triglie sfilettati e squamati nel porro sbianchito, tamponare con carta assorbente e friggere in zucchero a 160 ° C e per alcuni minuti, accompagnare con finocchi padellati a falde.Suggerimento a cura della S.I,S.A. Società Italiana Scien-za dell'Alimentazione, su questa tecnica di cottura tratta da la salute vien mangiando®."Con questo pesce di fondale ricco di proteine del pesce e vitamine, applicando questa cottura indiretta median-te le fibre del porro in glucosio, zucchero aldoesoso natu-rale che tiene le alte temperature, quindi questa tecnica può considerarsi una frittura alternativa".

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SANDWICH DI tONNOIngredienti• 300 g tonno rosso• 100 g pane casareccio• 100 g puntarelle• 300 g broccolo cimone• 30 g cicerchia• 300 g carote• ghiaccio q.b.• olio extra vergine d'oliva q.b.• cerfoglio q.b.• n. 1 arancia• 50 g germogli di lenticchie• 50 g germogli rapa rossa• 10 g Fibra

EsecuzioneScaloppare il trancio di tonno ed inserirlo a due fettine di pane tagliato sottile dallo spessore poco più grande di alcune fette di prosciutto, è preferibile per facilitare l'operazione porre il pane in friser prima di tranciarlo; a parte marinare le puntarelle con succo dì arancia e ghiaccio. Cuocere i broccoli in acqua bollente, raffred-darli in acqua e ghiaccio e poi emulsionarli con un frul-latore ad immersione con acqua di cottura e poco olio e fibra in modo da ottenere una salsa spumosa riservarli caldi e croccanti, cuocere sempre a parte la cicerchia, raffreddare dopo la cottura e spadellare.ComposizioneDorare in padella ben calda il sandwinch, lasciandolo al centro poco cotto. Accompagnare il tutto con l'emul-sione di broccoli a giro piatto, disponendo il sandwich su un'insalatina di puntarelle, cerfoglio, ultimare con i due germogli ed accompagnare da un centrifugato di caro-te per le puntarelle.

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Simone Cipollari, nato a Fermo diplomato ITIS informatica ma appassionato di cucina dalla nascita, ha conseguito di recente anche il diploma all’istituto al-berghiero di Sant’Elpidio a Mare.Dopo diverse esperienze in agriturismi e ristoranti del fermano, è ora cuoco nella Rosticceria Lu GRECIu di Porto San Giorgio.

Ingredienti per 4 persone• 50 gr riso integrale• 1 pomodoro rosso maturo• 6 foglie di basilico• olio extravergine d’oliva• sale q.b.

ProcedimentoLessare il riso in acqua bollente, scolare e lasciare raffred-dare. Pelare i pomodori, privarli dei semi e tagliarli a cubet-ti, unire al riso e al basilico tritato condire con sale ed olio e riempire 4 stampini. Lasciar raffreddare in frigorifero per almeno 2 ore.Rovesciare sul piatto e servire con un filio d’olio a crudo e 1 foglia di basilico.

TORTInOTRICOLORE

RISOTTO CIABUSCOLOE MISTRÀIngredienti per 4 persone• 320 gr di riso carnaroli• 300 gr ciabuscolo igp• 1 bicchierino di mistrà• mezza cipolla• 1 lt di brodo vegetale• olio extravergine d’oliva• sale q.b.

Procedimento Far rosolare la cipolla in olio extravergine d’oliva, aggiun-gere il ciabuscolo cubettato, far cuocere per qualche mi-nuto e sfumare con mezzo bicchierino di mistrà.Far tostare il riso, sfumare nuovamente con il mistrà rimasto, aggiungere il brodo e portare a cottura.

LE RISO RICETTE)

di Simone Cipollari

...Ai fornelli

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17 della vita

Ingredienti per 4 persone• 100 gr di riso arborio• 50 gr di cioccolato fondente• 30 gr di cioccolato bianco• 1 baccello di vaniglia• 20 gr di zucchero• latte• panna vegetale• pane grattugiato• olio per friggere.

ProcedimentoLessare il riso in acqua bollente dove aggiungerete lo zucchero e la vaniglia. Tritare il cioccolato fondente ed aggiungere panna. Unire il riso ben caldo al composto di panna e cioccolato. Far raffreddare per circa mezz’ora in frigorifero.Modellare quattro palline con il riso ed inserire al cuore un pezzetto di cioccolato bianco, impanare passando la pallina nel latte e pane grattugiato per almeno tre volte.Friggere in olio bollente e servire caldi con crema pasticcera o crema chantilly.

Ingredienti per 4 persone• 1 petto di pollo intero• 160 gr di riso basmati• 1 carota• 1 costa di sedano• ½ cipolla• 2 zucchine• 1 bicchiere di vino bianco• curry• olio extravergine di oliva• sale q.b.

ProcedimentoFar soffrigere sedano, carota e cipolla con l’olio, aggiungere il petto di pollo tagliato a cubetti e far rosolare, sfumare con il vino, aggiungere a 5 minuti dalla fine le zucchine a pezzettini ed il curry.Lessare il riso in acqua bollente, scolare e d adagiarlo nel piatto accanto al pollo.

PETTO DI POLLOAL CURRYCOn RISO BASMATI

SUPPLìAL CIOCCOLATO

...Ai fornelli

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18 il Gusto...

...AIS Fermo

di Stefano Isidori (sommelier AIS Sez. Fermo)

come possiamo resistere al richiamo della sensazione organolettica primor-diale? la dolcezza! che ci riporta im-mancabilmente alla memoria le piacevoli sensazioni del primo alimento, preso di-rettamente dal seno materno: il latte! che ci ha accompagnato durante la crescita, inebriandoci di sublime piacere, ogni vol-ta che davanti ai nostri occhi si presenta-va il “dolce”!

eh sì, i dolci, siano essi i tradizionali, o le elaborazioni moderne, create dalla fantasiosa combinazione dei più svariati ingredienti dolci dagli attuali pasticceri… non si riesce proprio a dire: “no, grazie”!

ma cosa bere con i dolci? Che cosa con-sigliano i sommelier? che cosa posso consigliarvi io? ai fini dell’abbinamento, il filo conduttore dei dessert è la straordi-naria dolcezza, che richiede, per concor-danza la dolCeZZa nel vino.

con opportune variabili, in considera-zione degli “altri ingredienti” che com-pletano la preparazione e ne influenzano il profilo sensoriale, che lo rendono: sem-plice o strutturato, ricco di grassezza o tendenza amarognola, di aromaticità o di speziatura.

i numerosi ingredienti (farina, burro, uova, latte, panna, frutta secca o fresca, confetture e marmellate, cioccolato, spe-zie e aromi), la fantasia e la tecnica di pre-parazione consentono di creare una miria-de di dolci diversi …

tutto ciò permette di VaRiaRe la scel-ta del vino: da spumanti leggeri, dolci e aromatici, vendemmie tardive, vini passi-ti o liquorosi … e se la dolcezza è appena accentuata, anche un vino amabile o solo abboccato.

dovremo ricercare, per ap-prontare l’abbinamento, anche altri caratteri nel vino, oltre alla “dolcezza”, regina delle sensa-zioni nei dessert: la freschez-za gustativa per bilanciare la grassezza; l’alcol, più o meno interessante, per bilanciare la succulenza, indotta o intrinseca che sia; la morbidezza da po-lialcoli per contrastare l’even-tuale tendenza acida della frut-ta fresca oppure la tendenza amarognola (cacao, cioccolato, tostatura di frutti secchi o ca-ramello); oltre ad aromaticità e pai, di solito molto lungo nei dolci, da trovare nei terpeni delle uve aromatiche, oppu-re ottenuta da appassimenti, o altre tecniche che apportano impronte olfattive rilevanti nel vino (invecchiamento, aggiunta di liquori, distillati o mistelle).

per capirci, su una fetta di pandoro, soffice e delicato, una coppa di asti spu-mante, mentre su una fetta di panforte, ricco d’ingredienti (frutta secca, vaniglia, cannella, cacao, ecc.) intenso e di grande

persistenza gusto olfattiva, la scelta andrà su un vino caldo e strutturato, tipo un Vin santo del chianti classico.

i dolci si differenziano già dal-le “paste” con cui sono realizzati, possono essere: impasti lievitati, per preparare panettoni, pandoro, colombe, croissant e babà; la pasta frolla, indispensabile per preparare crostate, tartellette e la mitica pastie-ra napoletana; la pasta brisée, simile alla frolla, ma con un gusto più neu-tro; la pasta sfoglia, grassissima ma utile per millefoglie, diplomatiche e cannoli; quella Choux difficile da fare, ma deliziosa quando si trasfor-ma in bignè e profiterole! non dimen-tichiamo gli impasti montati: merin-ghe, plum cake e pandispagna! e poi: biscotti e pasticceria da tè, pasta di mandorle e frutta martorana, ecc.! il tutto farcito e arricchito da creme e salse, frutti e cioccolata, confetture e canditi, panna e frutta secca, e la fantasia dello chef che incrementa queste golosità! e i dolci al cucchia-io? anche loro creano una piacevole “acquolina in bocca”: bavaresi, pan-ne cotte e budini, zuccotti e tortini! i dolci fritti tipici in tutta italia del pe-riodo carnevalizio e non solo: frittel-le, bomboloni, la nostra”cicerchiata” e le “castagnole”!

ecco, come vedete fantasia, ingredienti, tradizione, tecniche di preparazione ren-dono il mondo dei dolci particolarmente variegato.

il peCCato…finaleEh, si! È proprio il “peccato” che si è soliti fare alla fine di un pasto! Difficilmente si riesce a resistere al richiamo di “dolcissime” visioni elaborate da Chef Pasticceri che sembra lo facciano apposta per metterci in difficoltà! E poi … il rimorso velato ci attanaglia l’anima, per la coscienza di aver trangugiato un sostanzioso carico calorico!

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...AIS Fermo

ma andiamo al sodo! le proposte! ini-ziamo dal più classico: il pandoro o la tor-ta paradiso, dalle dolci note delicatamen-te profumate, chiama il più classico degli abbinamenti con l’asti, ma anche con un Colli piacentini Malvasia, spumanti dol-ci, aromatici e freschi, leggeri, delicati e persistenti. Valido anche per la colomba e il panettone, ricchi di buona aromaticità e speziatura, anche se la maggior presen-za d’ingredienti (canditi e uvetta, gocce di cioccolato e mandorle) potrebbe richiede-re un vino dolce più strutturato come un Moscadello di Montalcino.

crostate e tartellette con frutta fresca: le percezioni si arricchiscono con la grassez-za della frolla e la leggera tendenza aci-da della frutta (mitigata dalla gelatina), stappiamo un alto adige Moscato rosa (ma anche altri rossi aromatici e freschi, con discreta sapidità e morbidezza)! se sulla frolla trovano posto noci o nocciole (sbrisolona mantovana) il vino dolce deve essere più ricco come un erbaluce di Ca-luso passito! con la brisée si prepara una splendida “tarte tatin” con le mele, non dolcissima e finemente aromatica, pro-viamoci una albana di romagna passito! altra leccornia è la zuppa inglese, aro-matica, grassa, succulenta e persistente, chiede un vino importante e sicuramente fresco e aromatico come un Cinque terre sciacchetrà!

con la pasta sfoglia si preparano delizio-si dolci tradizionali: saint’honoré, torta diplomatica, millefoglie, oltre che dolci, sono grassi (panna, uova e latte), succulenti (fragranza della sfoglia) e aromatici (bagna, cioccolato e spezie), vogliono vini dolci ar-ricchiti di aromi, morbidezza da polialcoli e strutturati. caratteri che troviamo nei vini attaccati da muffa nobile: sauternes (fran-cia) o un Muffato italiano!

e il classico strudel? speziatissimo, aro-matico, succulento, dolce, grasso, fragran-te, di lunga persistenza. da tradizione proviamo un alto adige Moscato Giallo passito!

profiteroles, croquenbouche, bignè ripieni di creme varie, di grande succu-lenza, aromaticità, speziatura, grassezza, chiamano vini dolci molto profumati e ricchi di corpo come una Malvasia delle lipari.

bavaresi e simili, creme caramel, semi-freddi e panne cotte, sono preparazioni particolari: sicuramente grassi (burro, panna, latte, uova), a volte con leggere note tostate amaricanti del caramello di zucchero o della frutta secca utilizzata … chiamavo vari tipi di vini, sempre dolci, ma più o meno importanti in base alla loro composizione. una “panna cotta” con frutti di bosco (leggera tendenza acida) potremmo servire un Moscato di scan-zo; sul creme caramel (leggera tendenza amara) un passito di pantelleria, che ri-chiama con i suoi profumi il caramello di zucchero. sul tiramisù (più profumato e persistente) il più impegnativo Muscat de rivesaltes (Roussillon)! con lo zabaione accompagnato da biscotti secchi (ricco dei profumi del marsala) o lo stesso Marsala superiore ambra oppure uno stupendo tokaji aszu 5 puttonios!

finiamo con i croccanti e i torroni, ol-tre ai “buoni” denti, sono particolarmente dolci, succulenti, strutturati e aromatici … dal gelido canada, apprezziamo un ei-swein … particolarissimo vino ottenuto da uve ghiacciate!!

dopo tutto ciò, sperando di avervi in-dotto la voglia di “azzannare” un pezzet-to di quel “peccaminoso” dolce che sta li davanti a voi, dicendovi: “mangiami!!! mangiami!!!” vi consiglio di fare come me! domani due ore di palestra, bruceremo le calorie! e la sera? un bel pezzo di torta!! che domani si tornerà in palestra …

a tutti i “golosi”

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20 il Gusto...

Torna in mente la preghiera normanna: “Ecco là io vedo mio padre, ecco là io vedo mia madre e le mie sorelle e i miei fratelli, ecco là io vedo tutti i miei parenti defunti, dal principio ...”.

La terra, le radici, la festa...Ma non è nebbia quella che si adagia

e s'allunga tra gli alberi. ttt fumo, che dilaga, probabilmente di fuochi e di cucine. O di vanghe al lavoro, nonostante il giorno di ricorrenza. Vanghe particolari.

Mi piace immaginare che, in quell'agglomerato minuscolo, qualcuno vibri colpi decisi per ridestare antichi cavalieri. “Questi condottieri – scrisse Chesterton – possono svelare il mistero della destrezza e della vittoria, essi cavalcano alti nel fondo della storia, ma non potranno tornare”.

Certo che non torneranno! Ma vagheggiare quel mondo non è peccato, non è pazzia, specie nell'odierna babele. Ed il loro esempio, sì, permane e si ripropone. Volendolo.

Cerreto è più sotto. I miei amici Errabundi Musici (sono bravissimi) stanno suonando. Già da ieri. è la seconda edizione di una festa nata quasi per caso, sottovoce, senza clamore, senza troupe televisive, senza finzioni. Molto dovuto a questi giovani appassionati. Compivano il decennale, l'altr'anno. Le auto non possono scendere nel borgo. L'Associazione

CerretoMedievaleUna proposta diventata Festa di popolo

Rivivi Cerreto ha impedito il traffico. Si va a piedi, qualcuno in bus ma fa male a prenderlo. Perde molto. Ci sono le querce e le roverelle ai lati della strada, e campi di grano. Più tardi scorgeremo le lucciole, le stavo cercando sin dall'anno passato. La cosa che più m'era piaciuta.

Ripenso a Pasolini e alle sue poesie sulla campagna e sui valori perduti, e alla giovane poetessa suicida Anna Pozzi e ai sui alberi e animali descritti appassionatamente. Per strada c'è silenzio. Qualcosa impone rispetto per la natura. è la natura stessa a parlare. Non è ideologia ambientalista o strane idee pensate allo scrittoio e nate nei talk show. è impatto invece con un mondo che s'impone e altrimenti ci sfuggirebbe.

Inizio a scorgere il piccolo cimitero composto eppoi le prime case. Arrivano già le voci. Che sanno di festa, di gruppi, di amicizia. Tanti i giovani che hanno scelto questo Cerreto Medievale. Il suo sapore di comunità. Numerosi i singoli e i gruppi in costume che hanno animano la due giorni (Fabio Di Cocco, Hocus Pocus, Paolo Lova, I Giullari di Nessuno, Zambra Mora, Fortebraccio veregrense, Jan, I Giullari di Davide Rossi). Negli spazi tra le poche case è stato allestito un mercato e c'è chi mostra il vecchio mestiere del maniscalco.

C'è spazio e tempo anche per mangiare. La nostra cucina è sempre ambita, i vini ricercati, i turisti s'affollano ai tavoloni in attesa di essere serviti.

Gli Errabundi, smessa la divisa, nei giorni scorsi hanno lavorato sodo insieme agli amici dell'Associazione per pulire, sistemare, rendere accogliente il Borgo. La piccola chiesa affrescata è aperta alle visite. Alle 22, nella radura ricavata tra gli alberi, si schierano gli armigeri. La gente fa cerchio, non c'è amplificazione. Fa nulla, abbiamo scelto così, meno sofisticato e spettacolare, più immediato, più vero.

Il liuto accompagna la lettura dei miei racconti che narrano del giorno di festa, che ricordano

Dall'alto, nella prima sera di domenica 27 maggio, il borgo medievale di Cerreto (frazione di Montegiorgio) sembra immerso nella bruma. Come nelle scene migliori del 13° Guerriero di John McTiernan.

...Il borgo medievale

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21 della vita

la saga del Graal e dei cavalieri erranti, che parlano di Guerino il Meschino. Che rievocano le sotterrate memorie dei Brunforte, dei Mainardi, degli Offoni. Dell'Impero. Uno, su tutti, sembra colpire il pubblico, meglio, quella comunità di uomini formatasi senza volerlo, spontaneamente. Una storia d'amore nata a Cerreto, immaginata in quel piccolo centro. Storia di altri tempi, altri personaggi. Lui, un guerriero; lei, una duchessa. Impediti in un'altra vita da volontà cattive, ritrovatisi casualmente in questa vita come sorretti da un mistero che si svela a volta a volta. Con un filo rosso ininterrotto a legarli, ieri come oggi. E un finale ancora tutto da scrivere o riscrivere. 40 minuti di magia. Un evento. Un'invocazione. Anzi un'evocazione. E un applauso al liutaio, agli Errabundi, a Fortebraccio, ai personaggi delle storie le cui anime aleggiano. Poi le comitive iniziano a prendere la strada di casa. La festa volge al termine. Non da solo risalgo. Ancora affiancato dal grano, dalle lucciole, da occhi amici.

Antico e contemporaneo, dai cavalieri ghibellini arrivo a Renato Zero, ai suoi e "Miei Miti", che stasera non sono andati via. Anzi, si stanno risvegliando. “Svegliami - dice il testo - se c'è musica che quest'anima ha voglia di emozioni. Svegliami meravigliami con lo spirito delle tue invenzioni.

Scuotimi non deludermi nel mercato di questo assurdo tempo. Toccami attraversami fino all'anima o non mi svegliare più”. E torna anche Chesterton e la sua domanda: “Di braccia robuste finite in cenere, un grande viso rivolto alla notte – perché accostarsi ad un sudario informe scuotendo da cumuli di secoli la polvere, per scorgere tracce di eroi e di luce?” La risposta sta nel finale: per scorgere nuova LUCE. Grazie, Errabundi. Grazie, Cerreto. A volte la fantasia può diventare realtà. Sicuramente è la fuga di un prigioniero da una prigione troppo stretta. E comunque sempre una prigione...

...Il borgo medievale

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23 della vita

...Cinema e cibo

La banana di Amantido

di Eleonora Quintavalle

Banana Joe è una commedia diretta da Steno nel 1982 e il nome del suo protagonista, un commerciante di banane (interpretato da Bud Spencer) che vive nel piccolissimo villaggio di Amantido, dove il frutto in questione è quasi venerato. Perlomeno da Joe, che sostiene siano state le banane a farlo diventare forte e robusto.In effetti la banana è un frutto ricco di vitamine, sali minerali e carboidrati, nonché di proprietà nutrienti, ri-mineralizzanti e stimolanti per la pelle. è commestibile per circa l'80% e può essere consumato sia crudo che cotto. Oltre al frutto vero e proprio, in alcune parti del mondo, come in Bengala o in Birmania, vengono utilizzati a scopi alimentari anche i fiori e il cuore tenero del tronco di banano.Un altro modo in cui viene consumato il frutto è l'essiccazione, che gli conferisce un colore scuro e un gusto molto intenso e particolare. Per Joe le banane non sono solamente un alimento, ma una vera e propria unità di misurazione del mondo (“Quante banane verrebbe a costare una scuola?”). Ad Amantido non ci sono soldi e Banana Joe cerca di aiutare gli abitanti scambiando il suo frutto preferito con beni di prima necessità, fronteggiando l'arduo problema della svalutazione.Come accade anche nella realtà: i commercianti di banane ricavano guadagni esigui nonostante il frutto in questione sia uno degli alimenti più consumati al mondo. Per questo motivo, in alcuni stati, la banana è disponibile come articolo del commercio equo (o fair trade), che si contrappone alle pratiche di vendita basate sullo sfruttamento e sulle multinazionali che agiscono nell'ottica del profitto.Un po' quello per cui si batte Banana Joe dall'inizio del film, contrapponendosi al boss mafioso Torsilio, che cerca di controllare il commercio della frutta e costruire un casinò nel cuore vergine di Amantido.Joe cucina la banana in mille modi differenti (fritta, allo spiedo...) propinandola ogni mattina ai ragazzi del villaggio. Una di queste ricette, estiva e anni '80 come il film di Steno, è quella della Banana Split, uno dei più famosi dessert del mondo.

La banana è un frutto che appare in numerosi film, ma solo in uno è così importante da contaminarne anche il titolo.

Ecco gli ingredienti per la ricetta più classica e tradizionale:

• 1 banana• 1 pallina di gelato alla fragola• 1 pallina di gelato al cioccolato• 1 pallina di gelato alla vaniglia• 80 gr di cioccolato fondente• 2 cucchiai di confettura di fragole• 150 ml di panna fresca• 3 ciliegie candite• granella di nocciole• scagliette di cioccolatoPer preparare la banana split bisogna iniziare con la prepa-razione dei due topping.Per quello al cioccolato: tritare il cioccolato fondente e farlo sciogliere a bagnomaria, aggiungendo circa 30 ml di panna fresca e mescolando di continuo.Per il topping alla fragola, invece, bisogna passare con un colino i due cucchiai di confettura, così da eliminare i semi ed ottenere un'ottima purea.La restante panna fresca andrà dunque montata.tagliare poi la banana in senso longitudinale (da qui lo split del nome, che in inglese significa spaccatura) e disporla su di un piatto ovale. Al centro andranno le tre palline di gelato: alla fragola, alla vaniglia e al cioccolato. A questo punto bisognerà decorare, a piacere, con i due topping preparati in precedenza e a panna montata. Guarnire infine la banana split con la granella di nocciole, le scagliette di cioccolato e le tre ciliegie candite.

Banana Split

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24 il Gusto...

...Miele

di Francesco e Leonardo SeghettiIl MIele

La conformazione orografica del terri-torio Piceno: elevate montagne (i monti Sibillini), altopiani, dolci colline, valli e l’in-fluenza mitigatoria del mare sul clima, han-no concesso una ricchezza di paesaggi che offrono eccezionali essenze mellifere. Infatti piante come l’eucalipto, l’acacia, il tiglio, il castagno, i fruttiferi delle valli, non-ché le foraggere quali sulla e lupinella, le estese coltivazioni di girasole, consentono di poter produrre mieli monoflora caratte-ristici di una sola specie botanica o il clas-sico millefiori, blend di più essenze.

Dal nettare rubato ai fiori dall’ape, at-traverso una serie di trasformazioni elabo-rate e complesse si arriva al prodotto mie-le, alimento di gusto dolce, con sfumature di aroma e sapore più o meno marcati, delle specie botaniche sopraddette.

L’apicoltura picena vanta una lunga tradizione, tramandata da generazioni a generazioni, tant’è che non viene conside-rato un mestiere, ma rappresenta l’amore per un territorio e per uno straordinario in-stancabile insetto: l’ape. Spesso il lavoro dell’uomo è gravoso, ma la passione miti-ga lo sforzo, soprattutto nello spostamento delle arnie nei vari ambienti, alla ricerca del campo fiorito, di alberi fioriti, che pos-sono contribuire alla produzione di questo delizioso e prelibato nettare.

Oltre al miele si producono anche la pappa reale, propoli, polline, sostanze che

moltiplicano le proprietà del miele. Fino all’ottocento, il miele è stato il dolcificante primario nell’alimentazione umana, oggi trova utilizzo sia in medicina, in gastrono-mia e nell’estetica. Il miele e composto da acqua, zuccheri semplici, enzimi, vitami-ne, sali minerali, sostanze ormonali, ecc... Assunto per via orale, grazie alle sue pro-prietà antisettiche, è ausiliario ed efficace nella lotta contro tutte le infezioni della bocca, della gola e dei bronchi; inoltre è indicato anche per l’apparato circolato-rio, per le vie urinarie ed intestinali.

Secondo la legge 753/82 e successive modificazioni 179/2004, per miele si inten-de: “il prodotto alimentare che le api do-mestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, con sostanze specifiche proprie, immagazzinano e la-sciano maturare nei favi dell’alveare.”

Da questa semplice definizione si evin-ce chiaramente che il miele, a seconda dell’origine si distingue in:

- miele di nettare, ottenuto princi-palmente dal nettare dei fiori;

- miele di melata, ottenuto princi-palmente dalle secrezioni provenienti da parti vive di pianta o che si trovano sulle stesse.

Il NEttARE è un liquido zuccherino secre-to da organi ghiandolari chiamati “netta-ri” situati nel fiore alla base dei petali o in posizioni diverse che si ritrovano su altre parti della pianta. La secrezione del net-tare è influenzata da diversi fattori, alcuni collegati alla pianta, quali i caratteri ge-netici, anatomia e fisiologia, altri collegati all’ambiente quali la temperatura, umidi-tà, vento, irraggiamento solare, altitudine, latitudine ecc... che a volte diventano fat-tori limitanti. La secrezione nettarifera nelle 24 ore può variare da qualche microgram-mo a qualche grammo, in dipendenza di quanto detto.

La COMPOSIzIONE DEL NEttARE, seppur proveniente da differenti specie botani-che è simile nei suoi costituenti principa-li: acqua e zuccheri. Comunque per ogni specie botanica , il nettare è abbastanza costante, soprattutto per quanto riguarda lo stato fisico, colore e caratteristiche or-ganolettiche.

La MELAtA deriva anch’essa dalla linfa delle piante, ma non secreta; è prodotta in seguito all’intervento di insetti parassiti che succhiano la linfa delle piante; detti parassiti utilizzano parte dei componenti della linfa (sostanze azotate) e dal loro in-testino viene escreta la melata zuccherina che attrae le api. Le piante interessate alla produzione di melata sono principalmen-te conifere quali il pino, larice ed abeti, alcune decidue come la quercia, faggio,

Almeno 1000 api al lavoro, di cui ognuna passa circa 5000 fiori, consentono di produrre un solo chilogrammo di miele; ciò fa capire che solo in ambienti particolarmente incontaminati e ricchi di fiori, si è potuta diffondere una delle più antiche e nobili arti agricole, l’APICOLTURA.

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25 della vita

...Miele

grazie alla attività enzimatica degli enzimi secreti dall’ape, si assiste ad una modifica-zione degli zuccheri, in particolare grazie all’invertasi, si ha la scissione della mole-cola del saccarosio in fruttosio e glucosio. Questi due fenomeni portano ad un livel-lamento nella composizione dei mieli, con perdita di acqua e modificazioni ad opera degli enzimi sugli zuccheri.

Nel caso di mieli di melata ed uniflo-ra, dove l’influenza della materia prima è maggiore, si verificano situazioni differen-ziate. In un secondo momento, dopo circa venti minuti, la goccia viene depositata nelle celle, dove continua la perdita di ac-qua, in modo da ottenereun miele maturo e stabile con umidità inferiore al 18 %; a questo punto la cella viene sigillata dalle stesse api con cera.

Quando i favi sono pieni l’operazione successiva è rappresentata dall’estrazione del miele mediante centrifugazione, se-gue la purificazione mediante decantazio-ne-filtrazione e l’invasettamento. La prima operazione della lavorazione del miele è la disopercolatura che consiste nell’elimi-nare gli opercoli di cera che chiudono le celle contenenti il miele; l’operazione vie-ne effettuata con dei coltelli, tagliando

pioppo, ma anche le nettarifere come tiglio, salice, acero, castagno, robinia, al-beri da frutto e piante erbacee quali me-dica e girasole.

Dal punto di vista compositivo la mela-ta è ricca di zuccheri ed a differenza del nettare contiene numerose enzimi secreti dall’insetto che consentono la sintesi di al-cuni zuccheri assenti nella linfa delle pian-te. Infatti nella melata si trovano numerosi oligosaccaridi tra cui il trisaccaride mele-zitosio.

L’ape bottonatrice succhia atraverso l’apparato boccale (simile ad una probo-scide) le soluzioni zuccherine che vengono raccolte nella borsa melaria, qui inizia la trasformazione del nettare o della melata ad opera dell’ape con l’arricchimento di secrezioni capaci di provocare modifica-zioni significative rispetto all’origine.

L’ape bottonatrice, rientra nell’alveare e qui inizia il processo di formazione del miele, passando ad un’ape di casa la goccia di nettare o melata raccolta. La stessa goccia viene passata da un’ape all’altra per circa venti minuti dove si as-siste ad una riduzione considerevole del contenuto di acqua e nello stesso tempo,

tutta la superficie del favo. Segue l’estra-zione mediante l’uso di smielatori centrifu-ghi; successivamente si opera la decanta-zione o filtrazione, operazioni necessarie per la purificazione delle particelle di cera e la liberazione delle bolle d’aria. Le due operazioni possono essere utilizzate en-trambe o l’una esclude l’altra.

Dopo tali operazioni il miele è pronto per essere invasettato a temperatura am-biente; a volte si opera un leggero riscal-damento ma ciò può provocare danni termici. Nell’industria del miele dopo l’in-vasettamento generalmente si esegue la pastorizzazione.

Da quanto detto, appare evidente che, l’instancabile insetto “ape” rappresenta un utile indice di qualità dell’ambiente in cui opera. Per tale motivo è necessario sal-vaguardare il nostro ambiente e con esso tutto ciò che rappresenta la biodiversità. Per quanto riguarda il miele è bene che sia consumato quello fresco e non pastoriz-zato, dove i caratteri organolettici, specie se miscela di più essenza, risultano, dopo il trattamento termico tutti molto simili a dif-ferenza di quelli monoflora o millefiori, che non subiscono trattamenti e rappresenta-no l’identità del territorio.

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26 il Gusto...

...Ars Poetica

il sottoscritto ha l'impressione di trovarsi dentro “Eyes Wide Shut” di Kubrick: una stanza dietro l'altra, il timore di trovarsi dietro l'angolo una bellissima donna nuda mascherata. in realtà dietro l'angolo c'è solo una cosa da scoprire: la poesia di antonio santori. perché a lui è dedica-ta questa serata, come gli è stato dedicato il po-meriggio di studi a sant'elpidio a mare, e doma-ni gli sarà dedicata l'intera mattinata a fermo.

quello che è stato probabilmente uno dei più grandi poeti italiani della sua generazio-ne, un animatore culturale che ha elevato la terra di marca ai massimi livelli della ricerca poetica e filosofica nazionale e internaziona-le, è tornato a vivere stasera attraverso i suoi versi, letti dai maggiori poeti contemporanei. un momento conviviale seguito da un rea-ding, inseriti all'interno del primo convegno di studi sull'opera poetica di antonio, orga-nizzato dall'omonima associazione culturale. si può entrare nel palazzo e vedere aggirarsi per le stanze alcuni dei più grandi esperti na-zionali della letteratura italiana armati di piatto e calice, intenti a riempirli di quello che offre il buffet, preparato dalla forneria totò e servito in prima persona dalla sua responsabile cristina cassetta. all'ingresso la padrona di casa, ceci-lia Romani adami, intrattiene gli ospiti seduta su una comoda poltrona. elegante eppur sobria, come dovrebbero essere elegantissimi gli ospiti. anfitrione è anche il conte Giacomo, che saluta, invita, accompagna.

però, si sa, siamo tra poeti e letterati: l'elegan-za è profondamente soggettiva. così abbiamo un filippo davoli, spontaneo come sempre, con l'immancabile sigaretta in mano, che esibisce una maglia nera sotto un completo scuro; oppure un diego poli, una delle menti più brillanti e mul-tiformi del cenacolo, vestito con un completo di velluto a costine marrone ed una cravatta che dire “fantasiosa” è dir poco: è decorata con una specie di acquerello che ritrae una donna con un'ampia gonna ed un ombrello; in un angolo, il suo zainet-to targato “università di macerata”. il Vecchio, impegnato nella ricerca di Gianfranco lauretano per dirgliene quattro sulla sua interpretazione di pavese (“i cattolici come sempre vogliono aver ra-gione”), indossa un pantalone grigio, coordinato con la maglia che veste. luigi martellini, anche lui in abito grigio, sfoggia una cravatta Regimen-

tal, come francesco scarabicchi, che può render-lo tranquillamente adatto per una serata poetica come per un consiglio d'amministrazione. cesare catà, smesso il suo colore preferito: il celeste, in-dossa un pullover scuro e, incredibilmente, anche un'esile cravatta. di Vito punzi, germanista, po-eta e scrittore, si può dire che la sua barba nera e folta lo fa assomigliare ad un contestatore, ma moderato, fine anni sessanta.

stabilmente seduta al tavolo più ampio la ma-drina dell'evento, maria luisa spaziani, attor-niata da quanti vogliono da lei un'opinione illu-minante sul ruolo della poesia in questo mondo che sembra non volerla più (perché inutile). Gli altri girano, anche grazie alla disposizione del buffet: piccoli tavolini circolari e divani sono gli appoggi per mangiare, il che favorisce la circui-tazione delle persone, e delle idee. tra un capan-nello e l'altro si discute di tutto: dal futuro degli e-book alla correttezza di questo o quel critico, dalla bontà della mousse alla fragola al “ma non si poteva fare una cosa normale? che so: due penne all'arrabbiata”.

in effetti il buffet è particolare, colmo di ele-menti tipici della cucina marchigiana, rielaborati in modo da renderli più sfiziosi. se di arte dob-biamo parlare, di arte dobbiamo, letteralmen-te, cibarci. nella sala centrale, la prima in cui ci si imbatte all'arrivo, troviamo un ampio tavolo imbandito, ospitante un bel vassoio di affettati tipici marchigiani, accompagnati da dei cracker ai cinque cereali e dei grissini al mais e ai semi di girasole. ai lati di questi “pezzi classici” ci sono invece degli involtini di bresaola e stracchino e delle punte di asparagi avvolte da delle fette di prosciutto. a completare la composizione ve-diamo dei “crostini fantasia” (con sopra fragole all'aceto balsamico, zucchine e zafferano, compo-sta di pecorino e pere, ecc...) e delle mousse salate (ai pomodorini essiccati o alle olive verdi).

spostandoci nella sala a sinistra la prima cosa che si coglie è una piramide, alla cui base trova posto l'arista di maiale (cotta al sale) condita con della frutta secca o con un'insalatina primavera. a farle compagnia c'è la torta salata agli spinaci. man mano che si sale si incontrano le omelette alle zucchine e agli asparagi, i sandwich mignon farciti e, in vetta, i croissant salati ai cinque cere-ali, anch'essi farciti.

nella sala a destra, che dà su di un piccolo ter-razzino, trovano posto i dolci: tanti, colorati, ap-petitosi e corposi. oltre ai pasticcini mignon, ad attirare l'attenzione di tutti sono le piccole cioto-le contenenti le mousse: fragola e limone, frutti di bosco e caffè, bacio e nocciola; dense al tocco del cucchiaino, fluide una volta giunte in bocca. di contorno la frutta, che in questa stagione vuol dire, essenzialmente, fragole: da sole (condite con liquori e zucchero) oppure accompagnate dalla crema chantilly.

da non trascurare la scelta dei vini. i bianchi, abbinati alla parte salata del buffet, sono tipica-mente regionali: il passerina frizzante, il falerio, per finire, il Verdicchio. è un rosso invece quello che si accosta ai dolci: l'ametista.

Girano belle donne per il palazzo, anche mol-to ricercate e... velate. “attenzione” è la parola d'ordine: attenzione a come si mangia, attenzio-ne a come si parla, attenzione a quello di cui si parla. femminilità e fascino, mai trascurati per tutta la serata.

Verso le dieci e mezzo le auliche fauci vengo-no richiamate all'ordine: giusto il tempo di capi-re come funziona il termos del caffè (e giusto il tempo di godersi qualche liquore) e tutti di sot-to, nell'androne, dove è allestita la sala d'ascolto. qui, ad accogliere gli ospiti ed il pubblico ci sono il presidente dell'associazione, Walter Junior cas-setta, e cristina Romiti, moglie di santori. dopo un breve saluto iniziale si comincia con il jazz del trombettista (flicorno) samuele Garofoli ed il chitarrista andrea solarino. a leggere le poesie saranno gli stessi poeti; un gruppo, non sempre eccelso nella declamazione a dir la verità, formato da: maria luisa spaziani, cesare catà, alessan-dro ceni, filippo davoli, Guido Garufi, Gianfran-co lauretano, antonio malagrida, luigi martelli-ni, massimo morasso, enrico piergallini, lucilio santoni e francesco scarabicchi.

stranezze e curiosità di un convivio poetico, in cui l'aria è stata resa più leggera da una gran-de assente: la politica e tutti gli omiccioli che la rappresentano.

antonio, ci sei! eri diverso anche in questo!

David Zallocco

aRs poeticaaRs culinaRiaa Palazzo Romani Adamiè venerdì 11 maggio. Sono i giorni del ricordo di Antonio Santori. Siamo a Palazzo Romani Adami, centro storico di Fermo.La cornice è stupenda, labirintica: “sembra il castello di Kafka” esclama l'italianista Matteo Maria Vecchio, preoccupato di non trovare la sala dove si mangerà. Letti e cimeli, comodini e tavolini, librerie e lampade: tutto disposto ad arte per ricreare un ambiente intimo e casalingo.

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Questa l'originalissima idea del Mastro Birraio di Comunanza Mauro Massacci egregiamente e tenacemente supportato dal titolare dell'azienda agricola Antonio Dionisi e dallo chef Emilio Pasqualini. Arricchire il litorale di Grottammare della nuovissima esperienza agricolo-artigianale dell'entroterra piceno.

E cosa c'è di meglio che gustare una deliziosa birra davanti ad uno spumeggiante mare?

Cosa c'è di meglio che gustare una pietanza in assoluta sintonia con la sua birra?

Cosa c'è di meglio che essere “saziati” solo da prodotti tipici locali?

Allora ecco “Come le fate” Agri-Birreria Gourmet. C'è una luna magica in cielo la sera del sei giugno, serata pre-inaugurale del nuovo locale. Una luna magica che sposa alla perfezione la magia delle fate... Cominciamo la degustazione.

è la SIBIllA a darci il benvenuto. Una birra bionda che accompagna degnamente la tipica “coppa maritata” con mozzarella e ortaggi fritti. Pane del panificio Massacci di Comunanza, mozzarella del Caseificio Sabelli.

Ci piace sapere di mangiare prodotti locali: è la ciliegina sulla torta di questa innovativa idea; sponsorizzare le aziende locali e creare quella rete di cui da tanto “Il Gusto...della Vita” si fa promotore per lo sviluppo del territorio. La bellissima realtà delle Marche Sud... Altroché sporche!!! Meravigliose Marche Sud...

E proseguiamo con la LuNILIA, una birra bianca che ci viene servita con una salsiccia di pollo al coriandolo e guanciale con mostarda di limone. Una assoluta sintonia di gusto.

sei biRRe, sei fate, un nuoVo locale. a GRottammaRe

è la SILESIA la mia preferita. Un sapore dolce dovuto alla sua aromatizzazione al miele e agli agrumi. Servita al fianco di una fantastica insalata di pecorino dell'azienda Fontegranne con ciauscolo di Villa Funari condita con olio rigorosamente estratto da olive ascolane Silvestri e scaglie di frutta secca. Eccellente. Ma si sa ... de gustibus ...

Arriva la LADEISI, buonissima birra alla mela rosa dei Sibillini, birra né filtrata né pastorizzata. Pensate quanto lavoro e quanto prodotto utilizzato per creare

questa fantasiosa birra dei Sibillini che vi verrà servita con spezzatino di maiale alle mele rosa e olio di oliva ascolana. Tutto rigorosamente autoctono.

E arriva la rossa: LALCINA. Una doppio malto. Ma spiegano che, in realtà, il malto utilizzato è di tre tipi, prodotto dall'azienda agricola Dionisi di Comunanza e tostato in tre modi diversi. Con la rossa Lalcina assaggiamo un hamburger di carne rigorosamente di razza marchigiana con cipolla.

Non poteva che darci la buonanotte una scura. La CARMENtA. Ammostata con castagne dei Sibillini. Non semplici castagne ma caldarroste. Castagne tostate che ritroviamo con castrato brasato.

E ora non ci resta che salutare gli ideatori, la luna, le sei fate, i sei piatti abbinati e le sei birre ... Territoriali. Orgogliosamente territoriali.

Importantissima testimonianza di fiducia nel futuro e nella grande potenzialità che il nostro territorio può esprimere, anche se a fatica, in questo momento. Ma sempre con determinazione e speranza! Complimenti. Forza, ragazzi!

Siamo con voi!!!

Nunzia Eleuteri

dalle sibille alle siRene...

...Birra

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28 il Gusto...

...Il Sorriso

Ci piace approfondire e non fermarci alla superficie... Così, avendo a cuore l'esaltazione del gusto della vita, an-diamo a visitarla in un tardo pomeriggio di sole. Dicevano di una nuova struttura all'avanguardia e abbiamo voluto toccare con mano.

Porto San Giorgio, via Pompeiana, 41. Una serie di edifici, una bella e rigogliosa fontana e un grande parcheggio al centro.

L'esterno rosso fa pensare più ad un simpatico e vivace lo-cale per giovani che ad una clinica odontoiatrica. Invece, di questo si tratta.

All'ingresso, un grande acquario marino che mette a suo agio il paziente e lo rilassa. Questa la prima impressione: relax. Cura della persona. Benessere. Impressione che di-venta certezza quando all'interno ci si sente protetti da pareti di un colore pastello delicatissimo: “Verde acqua”. Non siamo precisi in questa descrizione e il direttore sani-tario sorride. Giuliano Iuvalé ha una lunga esperienza alle spalle cominciata a Bologna e solidificata, per decenni, nel fermano. Poi, la scelta di osare qualcosa di nuovo, di aprire un locale dove sperimentare quella che viene definita “la nuova odontoiatria”. Cosa lo ha spinto? La sua passione per il lavoro che va oltre la mera professionalità: “Il mettere in sinergia più specialisti fornendo un servizio di qualità, alta professionalità e a prezzi contenuti, con un'attenzione par-ticolare al sociale”. Questa la sua risposta.

Che sia un appassionato del suo lavoro, il direttore Iuvalé lo dimostra subito mentre ci fa da cicerone attraverso la sua creatura. Diversi gli studi dentistici, diversi gli uffici sani-tari, una sala chirurgica attrezzata di tutto punto, un vero e proprio pronto soccorso odontoiatrico, eppoi defibrillatori, macchine per elettrocardiogrammi, ecc. ecc. ecc. fino ad una zona relax con tanto di “cielo stellato” che fa riaffiorare quella sensazione di protezione, benessere e cura provata già all'ingresso.

Sette dentisti, cinque assistenti, due tecnici di laboratorio, una psicologa, due medici dell'università di Camerino, tutti impegnati in quella sinergia che mira all'ottimizzazione del servizio. Il campo d'azione va dal cavo orale all'osteopatia sino alla fisioterapia.

Nata lo scorso anno, la Clinica Cida Sorriso, nei suoi 400 metri quadrati, ha risposto già a 1600 pazienti e il diretto-re Iuvalé non intende fermarsi qui. Tra le altre cose ha già chiesto la certificazione di qualità ISO 9001 e sta firmando convenzioni con aziende locali intenzionate a dare buoni servizi ai propri dipendenti.

Giuliano Iuvalè parla entusiasta del suo progetto di per-mettere a più persone possibili di sorridere senza vergo-gna. "Un giorno senza un sorriso è un giorno perso" disse Charlie Chaplin.

E ora anche noi sorridiamo compiaciuti. E anche questo è Il Gusto ... della vita.

Nunzia Eleuteri

Il SORRISOgusto della vita!

Avevamo sentito parlare di un nuovo modo di prendersi cura della bocca. Sì, ci avevano parlato della Clinica Cida sorriso. Avevamo anche notato la pubblicità su di un sito internet.

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...Pane quotidiano

il pane! è una parola di dio che percorre tutta la bibbia e che marca le varie fasi di crescita dell’uomo nella storia della salvezza che dio ho progressivamente rivelato. in questo senso non va trat-tato come una pagnotta, ma come un concetto carico di senso per comprendere il senso delle cose, della storia, del lavoro umano e di tutto quello che riguarda la vita del corpo e dello spirito.

alimento base, comprende in sé tutto il senso della vita uma-na, della fatica del lavoro e dell’allegria della mensa, della sof-ferenza per la sua mancanza e della gioia rassicurante per la sua abbondanza. tempi e stagioni per la semina e la mietitura crea-no solidarietà tra le persone; ansia e attesa quando le condizioni della vita sono precarie ed insicure. società e civiltà nascono e si sviluppano nella storia attorno al bisogno di procurarsi il pane, ricchezza e benessere per tutti. conquiste di terre, bisogno di pace e sicurezza per una vita sana e tranquilla hanno messo da sempre in subbuglio la terra e resa inquieta la storia dell’umanità.

in senso biblico il pane delle primizie è diventato offerta di ringraziamento a dio in un primitivo rito agreste; abramo fa of-frire da merlkisedek pane e vino in ringraziamento per la vitto-ria riportata contro i predatori; con mosè, nella pasqua ebraica, il pane azzimo spezzato fa presente la liberazione dalla schiavitù d’egitto per opera di dio che salva il suo popolo; finalmente Gesù dà a questo stesso pane spezzato il valore della sua morte e ri-surrezione, consacrandolo suo corpo dato in sacrificio. assieme al vino, tutto questo è diventato per noi la pasqua della salvezza.

daCCi oGGi il nostro pane Quotidiano(Vangelo di Matteo 6,11)

perché questo? Gesù si è sacrificato duemila anni fa, ma attra-verso il segno del pane e del vino, il memoriale della sua morte arriva, attraverso i secoli fino a me, perché anch’io ne mangi, cioè riceva il frutto della sua salvezza. il pane è diventato corpo di cri-sto e mangiare questo pane è comunicare alla morte e risurrezione del signore, se fatto con fede, con la costante attenzione ad una vita morale evangelica e alla carità fraterna.

ecco allora che possiamo ben comprendere il discorso di Gesù sul pane che si trova nel Vangelo di Giovanni al capitolo sesto. dopo la moltiplicazione dei pani, la folla vuole assolutamente far-lo re del pane; fugge e, raggiunto dalla folla, proclama: Voi mi cercate perché avete mangiato quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. E ancora di seguito: Io sono il pane della vita. Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

con questo significato pregnante, il pane ormai non è più pa-gnotta imbottita ma rappresenta la nostra vita: noi siamo quel-lo che mangiamo. per questo sulla nostra mensa non deve starci soltanto il pane di ogni giorno che ci guadagniamo con il sudore della nostra fronte, ma anche il pane dello spirito per nutrire tutto il nostro essere: è quello che chiediamo nel padre nostro, di rice-vere e mangiare il pane della parola di dio e il pane della carità fraterna.

p benedetto maria tosolini

Signore ti domando due cose: tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane, perché una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: “Chi è il Signore?” oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e abusi del nome del mio Dio. (Pr 30,8-9).

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30 il Gusto...

...Il riso

tONDO O COMuNE

Riso corto e tondeggiante ideale per dolci e minestre ed è il riso con la cottura più veloce: 12 o 13 minuti. Le qualità più diffuse sono: Auro, il Balilla, il Cripto, Retio, Originario, il Pierrot, il Raffaello, il Rubino e il Selenio.

FINO

I suoi chicchi sono affusolati e lunghi. Ottimo per tim-balli e supplì. Cuoce in 14 minuti ed è molto apprezzato per la sua estrema versatilità in cucina. Le varietà più diffuse sono: l'Ariete, il Cervo, il Drago, l'Europa, il Loto, il Razza 77, URB, il Ribe, il Ringo, il Rizzotto, il Sant'An-drea, lo Smeraldo e il Veneria.

SEMIFINO

A chicchi semiallungati e tondeggianti di media grandezza, la sua buona capacità di rilasciare l'ami-do fa sì che si presti alla preparazione di minestroni, supplì, timballi e risotti in cui è prevista la mantecatu-ra. Cuoce in 13-15 minuti. Tra le varietà si segnalano l'Italico, il Lido, il Maratelli, il Padano, il Romeo, il Rosa Marchetti e il Vialone nano.

IL RISOSuPERFINO

Dai chicchi grandi e molto lunghi, tiene bene la cot-tura e rilascia pochissimo amido, tanto da lasciare acqua di cottura quasi limpida. Per questo è indicato nella preparazione di insalate e di piatti come la pa-ella, in cui i chicchi debbono rimanere ben sgranati. Tra le sue varietà ci sono l'Arborio, il Baldo, il Carnaroli, il Corallo e il Roma.

BASMATI

Non è una varietà di riso ma una precisa specie che cresce in India e Pakistan. Simile al superfino, ha una forma più allungata, è ancora più sottile di questa va-rietà. Questa tipologia di riso ha la particolarità di fare restare sodi, separati e non appiccicosi i chicchi dopo la cottura. Al fine di non far rompere i chicchi sottili del Basmati è utile lasciarlo in ammollo in acqua per un tempo variabile da 40 a 120 minuti.

RISO PARBOIlED

è un trattamento di precottura a cui può venire sot-toposto il riso fino o superfino. A seguito di questo trat-tamento il riso ha una superiore resistenza alla cottura ed i chicchi restano facilmente sgranati. è indicato quindi per le insalate di riso ma assolutamente idoneo anche per preparazioni quali pilaf e timballi. Assorbe meno grassi in cottura, risultando particolarmente di-geribile.

Il riso è il seme di una pianta di cereali fra le più diffuse al mondo e innumerevoli sono le sue varietà. Ovunque il riso viene classif icato in base alla dimensione del chicco e in Italia le varie-tà più diffuse vengono divise in quattro categorie: tondo comune, f ino, semifino e superfino.

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31 della vita

...I ricordi

Ben conservato, è tutto di legno, tranne la sala e i cerchioni del-le grandi ruote, dai colori sgargianti, decorato con motivi floreali da abili mani d’artista.

Il carro agricolo di mio padre Federico è del 1938, uscito dalla bottega di Argeo Achilli di Montegiorgio.

La bottega era su via Mazzini, nella contrada di San Nicolò: dalla strada si potevano seguire l’operosità e la tenacia della lavorazione, ad esempio, piegare la fascia di ferro impressa a caldo direttamente sul legno, man mano, avanzando lungo la curvatura della ruota, fumante, tra vapori e colpi di maglio.

Il cerchione di ferro tracciava il percorso sulle strade brecciate e diffondeva un suono stridente, schiacciando i bianchi sassi di fiume rotolanti.

Infatti, il carro si usava per trasportare carichi, soprattutto, su strada e meno in mezzo ai campi. Trainare il carro, già pesante di per sé, era uno sforzo maggiore per la coppia delle mansuete mucche bianche di razza marchigiana al giogo. In tempi più re-moti, veniva trainato da una coppia di buoi, caricando anche 16 quintali di ghiaia o di legna. Attraverso i campi si usava la treggia o la piattina, sempre di legno, ma più spartane e più leggere.

Si trasportavano carichi di grano, granoturco, sacchi di farine, di olive, cassette di uva, di mele e di patate.

Si partiva al mattino di buon’ora, venivano sistemati sul carro sacchi di iuta pieni di grano e di granoturco, ben contenuti dalle alte sponde, si aggiogavano le mucche e si andava al mulino.

Fino agli anni ’60, dalla contrada di Castagneto si risaliva in pa-ese e si proseguiva per il mulino di Secondo Vita, sotto al cimitero, sulla strada per Monte Vidon Corrado, o si andava da Mario Ma-rozzi, nell’edificio di fronte al bivio per Rapagnano. Ambedue era-no mulini elettrici, mentre, a Piane di Montegiorgio, vicino al fiume Tenna, funzionava il mulino ad acqua, con la macina di pietra, appartenuto, prima, alla famiglia Marozzi, poi, a Lautizi Oreste.

Si tornava indietro col carro pieno di sacchi di tessuto bianco colmi di farina di grano tenero per il pane, per la pasta sfoglia, pizza, frittelle e dolci casarecci.

Insieme si riportavano sfarrati di granturco e farine più grosso-lane per gli animali.

Questi erano spostamenti impegnativi, perché bisognava con-durre le mucche col carro su strada, tenendo presente le loro esi-

genze e bizzarrie. Tuttavia, ricorrere al carro era sempre un se-gno di buoni raccolti, di granai pieni, di considerevoli disponibilità agricole e familiari.

Gli spostamenti si effettuavano seguendo le condi-zioni climatiche e stagionali più favorevoli: durante le giornate serene, evitando, comunque, le ore più as-solate per non far accaldare le mucche, e prima che arrivasse l’inverno.

Nelle nostre campagne della media Valle del Tenna, si faceva-no le provviste per l’inverno, sia per la famiglia sia per gli animali.

Si cercava di essere previdenti, rifornendosi di un po’ di tutto: farine, patate, olio, vino, cachi, mele e grappoli di uva di Santa Maria e malvasia che, in tralci o legati alle canne, pendevano da soffitti di molte cantine e cucine.

Nei mesi di dicembre e gennaio, con l’uccisione del maiale, ar-rivava un’altra riserva, in questo caso di saporite carni e gustosi salami e salsicce. Anche le salsicce e i salami pendevano, come festoni, da canne fissate al soffitto della cucina, vicino al camino. Dovevano restare appesi per giorni e giorni ad asciugarsi e matu-rare, favoriti dal calore del focolare.

Tutto ruotava intorno al camino acceso, sia per cucinare sia per rifocillarsi e ripararsi dal rigore dei mesi invernali, tra l’altro, unica fonte di riscaldamento dell’abitazione.

Lì davanti, i bambini facevano pure il bagno, nella tinozza di lat-ta, uscendone con la pelle arrossata, per lo strofinio e per il calore dell’acqua e del fuoco.

Il camino era sempre acceso, con tizzoni e brace rossi, scop-piettanti, fanfaluche e fiamme che risalivano, avvolgenti, come quelle del “Carro di fuoco” del pittore marchigiano Enzo Cucchi.

Enzo Cucchi, famoso esponente della Transavan-guardia, vive a Roma ma è nato a Morro d’Alba (AN), la località del buon vino “Lacrima di Morro d’Alba”.

Il “Carro di fuoco” è un olio su tela del 1981, Collezione D’Ercole Roma, che, insieme ad altre opere di Cucchi e a quelle di Osval-do licini, di Monte Vidon Corrado, e Scipione (Gino Bonichi), di Macerata, è stato esposto nella mostra “Il segno marchigiano nell’arte del Novecento. Scipione, licini, Cucchi” al Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro, nell’estate 2008.

Una pittura surreale e visionaria che lega i tre artisti: colori, sog-getti e scelte di una figuratività piena di memorie e di miti, molto spesso evocanti la propria terra d’origine, le Marche.

dal cARROAGRIcOlOal cARROdi FuOcOUn carico di farine,frutta e idee.di Liana Cognigni

Carro agricolo di Federico Cognigni

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Gabriele D'Annunzio

32 il Gusto...

L'INVItO. Che annuncia “Il salotto di Gabriele D'Annun-zio”. Un cartoncino giallo, con l'immagine di una donna giovane e bionda la cui mano destra fluttua leggera tra capelli e probabili fiori; e il Vate, nella posa classica, la fron-te appoggiata alla mano destra, la manica della giacca che lascia vedere il polsino della camicia trattenuto da un “gemello”.

IL LuOGO. Villa Il Cannone, antico fortilizio a Marina Pal-mense di Fermo, prende il nome dalla bocca di fuoco che sorvegliava la costa fermana. Qui, a due passi dal mare, il futuro Comandante fiumano, a quel tempo giornalista di costume, trascorse la luna di miele con Maria Harduin, ospi-te dell'amico conte Ernesto Garulli.

I PROtAGONIStI. Andrea lombardinilo, docente di comu-nicazione istituzionale e dell'informazione nella facoltà di Scienze sociali dell'Università D'Annunzio di Chieti-Pescara, e massimo esperto del Poeta; Clara Renzi, cantante lirica, concertista in tutto il mondo; Maria Chiara Virgili, pianista e direttore artistico di affermate stagioni concertistiche; Pa-olo Santarelli, autore di copioni teatrali per opere liriche in forma narrata.

GLI OSPItI. Una sessantina di persone con il gusto del bell'incontro, dei luoghi raffinati, della cultura e della ta-vola.

L'ORGANIzzAtORE. L'Academia Elpidiana di Studi Storici diretta dal dr Giovanni Martinelli che per l'occasione ha coinvolto il Club di Papillon Marche Sud con la partecipa-zione del Governatore Pio Mattioli.

Mettete insieme tutti questi elementi e ne verrà fuori una serata d'eccezione. Come quella di venerdì 27 aprile quan-do “Il salotto di Gabriele D'Annunzio” è stato “aperto” per un momento di cultura, di musica e di gastronomia.

Andrea Lombardinilo ha incantato la platea (tra gli altri anche l'arcivescovo emerito di Fermo mons. Cleto Bellucci) ricostruendo la vicenda umana, esistenziale, giornalistica e poetica del Vate.

Al termine dell'interessante “lezione”, la comitiva è scesa nelle originali sale da pranzo per gustare un menù d'ecce-zione: tortino di asparago verde su fonduta, fantasia di frit-tura mista, risotto alle rose, fragole e champagne; chitarrine all'abruzzese; lepre alla D'Annunzio; parrozzo d'Abruzzo e semifreddo alle rose e fragole. Il tutto innaffiato da Trebbia-no e Montepulciano d'Abruzzo.

Tra una portata e l'altra la soprano Renzi e la pianista Vir-gili hanno proposto momenti musicali d'eccezione.

Un modo accattivante di fare cultura, valorizzando aspet-ti della storia fermana intrecciata a grandi personaggi del passato.

A. Le.

Amo la festa, piena di colori e di voci.

Amo la gente che scende dall’ovest e quella che sale dall’est.

Amo il profumo delle spezie e dei formaggi,

le lunghe tavolate dell’unico giorno di spreco,

ed il vino che scappa, ondeggiante, dai boccali di legno.

Amo le radure dove sorgono gli accampamenti pieni di vita e dove

posso fare all’amore con la mia donna.

Amo la festa che mi parla di un uomo fatto di carne e di sangue,

di istinto e ragione, di cuore e di forza.

Mai saremo cittadini perfetti della fredda e perfetta

repubblica d’Utopia.

Amo la festa intrisa di sacro e di mistero, di realtà che si svelano

attimo su attimo.

Dove un principio primo entra in ogni granello dell’esistenza.

Lega l’attimo presente alla più lontana stella dell’universo.

Amo la festa che mi insegna un altro tempo.

Il tempo della campana e dell’eterno ritorno.

La campana, che fuga i demoni e scaccia le tempeste,

che parla un linguaggio universale,

che avverte dei pericoli incombenti, che è simbolo di rinnovamento.

L’eterno ritorno non è un tempo che divora i suoi figli,

non è la falce che miete cattiva.

è resurrezione, l’eterno ritorno,

è gioia e ricoscimento.

Le radici, la terra, la festa. La mia fede.

La Festa

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