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Pier Ambrogio Curti Il lago di Como e il pian d'Erba www.liberliber.it Pier Ambrogio Curti Il lago di Como e il pian d'Erba www.liberliber.it

Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

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Page 1: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Il lago di Como e il pian d'Erba : escursio-ni autunnaliAUTORE: Curti, Pier AmbrogioTRADUTTORE:CURATORE:NOTE: Il testo è presente in formato immagine su"The Internet Archive" (https://www.archive.org/).CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Il lago di Como e il pian d'Erba : escur-sioni autunnali / P.A. Curti. - Milano : pressol'editore Gaetano Brigola, 1872. - 351 p., [18! c.di tav. ; 19 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1ª EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 3 novembre 2021

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DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Il lago di Como e il pian d'Erba : escur-sioni autunnali / P.A. Curti. - Milano : pressol'editore Gaetano Brigola, 1872. - 351 p., [18! c.di tav. ; 19 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1ª EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 3 novembre 2021

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Page 3: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:VIAGGI/ Escursioni e passeggiate

DIGITALIZZAZIONE:Barbara Magni, [email protected]

REVISIONE:Barbara Magni, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

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INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:VIAGGI/ Escursioni e passeggiate

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REVISIONE:Barbara Magni, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

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Page 5: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Indice generale

Liber Liber......................................................................4escursione prima.IL BARADELLO...........................................................5

Il Castello. - Uno sproposito di geografia. - Etimolo-gia del Baradello. - Un cenno geologico. - La storiadel castello. - Liutprando. - Barbarossa. - Camerlata. -Scopo del Baradello. - Napo della Torre. - La chiesadi San Carpoforo. - Lapide. - Villa Venini ora Castel-lini. - Il collegio alla Camerlata. - Opificî industriali. -Ville Larderia, Martignoni, Prudenziana e Carloni.. . .6

I...............................................................................6II.............................................................................7III............................................................................9IV..........................................................................14V............................................................................15

escursione seconda.IL GENEROSO............................................................17

La città di Como. - La chiesa di S. Fedele. - La basili-ca di S. Abbondio. - Il Teatro. - Il Camposanto. -L'albergo Volta. - Chiasso. - Il Crotto e le polpettedella Giovannina. - L'Albergo di Mendrisio. - Dottoree albergatore. - Il Monte Generoso. - Salita. - L'alber-go del dottor Pasta. - La cura dell'aria. - Geologia,flora e fauna. - Il dottor Pasta. - L'albergo del Genero-so. - Il tramonto. - Il Dosso-Bello. - La vetta. - Pano-

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4escursione prima.IL BARADELLO...........................................................5

Il Castello. - Uno sproposito di geografia. - Etimolo-gia del Baradello. - Un cenno geologico. - La storiadel castello. - Liutprando. - Barbarossa. - Camerlata. -Scopo del Baradello. - Napo della Torre. - La chiesadi San Carpoforo. - Lapide. - Villa Venini ora Castel-lini. - Il collegio alla Camerlata. - Opificî industriali. -Ville Larderia, Martignoni, Prudenziana e Carloni.. . .6

I...............................................................................6II.............................................................................7III............................................................................9IV..........................................................................14V............................................................................15

escursione seconda.IL GENEROSO............................................................17

La città di Como. - La chiesa di S. Fedele. - La basili-ca di S. Abbondio. - Il Teatro. - Il Camposanto. -L'albergo Volta. - Chiasso. - Il Crotto e le polpettedella Giovannina. - L'Albergo di Mendrisio. - Dottoree albergatore. - Il Monte Generoso. - Salita. - L'alber-go del dottor Pasta. - La cura dell'aria. - Geologia,flora e fauna. - Il dottor Pasta. - L'albergo del Genero-so. - Il tramonto. - Il Dosso-Bello. - La vetta. - Pano-

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Page 6: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

rama. - Ancora l'albergo di Mendrisio. - La Cantina diMendrisio. - L'Ospizio. - Vincenzo Vela. - Ligornetto.- Le cave di Arzo. - Le acque solforose di Stabio. -San Pietro di Castello. - Romanzo storico................18

I.............................................................................18II...........................................................................20III..........................................................................22IV..........................................................................24V............................................................................26VI..........................................................................31Ministro maggior della natura..............................32VII.........................................................................36VIII.......................................................................37

escursione terza.IL NINO........................................................................41

Brunate e la leggenda di Guglielmina. - La Grotta delMago. - Le ville Castiglioni, Sessa, Pertusati e Cor-naggia. - Villa Angiolini. - Villa Rattazzi. - U. Rattaz-zi e Maria Bonaparte Wyse. - Villa Pedraglio. - Leville Trubetzkoi, Ricordi e Artaria. - La villa Carenainabissata. - Blevio. - La villa Bocarmé e la Comton,ora Lattuada. - Il Pertugio di Blevio. - Il Buco del Na-sone. - Le ville Taglioni, Schuwaloff, Vigoni eSparks. - La Roda e Giuditta Pasta. - Adele Curti. - IlNino..........................................................................42

escursione quarta.L'OLMO.......................................................................50

San Fermo e i volontarî di Garibaldi. - Borgo Vico. -Villa Barbò. - Il Museo di monsignor Giovio e la villa

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rama. - Ancora l'albergo di Mendrisio. - La Cantina diMendrisio. - L'Ospizio. - Vincenzo Vela. - Ligornetto.- Le cave di Arzo. - Le acque solforose di Stabio. -San Pietro di Castello. - Romanzo storico................18

I.............................................................................18II...........................................................................20III..........................................................................22IV..........................................................................24V............................................................................26VI..........................................................................31Ministro maggior della natura..............................32VII.........................................................................36VIII.......................................................................37

escursione terza.IL NINO........................................................................41

Brunate e la leggenda di Guglielmina. - La Grotta delMago. - Le ville Castiglioni, Sessa, Pertusati e Cor-naggia. - Villa Angiolini. - Villa Rattazzi. - U. Rattaz-zi e Maria Bonaparte Wyse. - Villa Pedraglio. - Leville Trubetzkoi, Ricordi e Artaria. - La villa Carenainabissata. - Blevio. - La villa Bocarmé e la Comton,ora Lattuada. - Il Pertugio di Blevio. - Il Buco del Na-sone. - Le ville Taglioni, Schuwaloff, Vigoni eSparks. - La Roda e Giuditta Pasta. - Adele Curti. - IlNino..........................................................................42

escursione quarta.L'OLMO.......................................................................50

San Fermo e i volontarî di Garibaldi. - Borgo Vico. -Villa Barbò. - Il Museo di monsignor Giovio e la villa

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Gallia. - Villa Saporiti, già Villani. - Bonaparte e i de-putati di Como. - Palazzo Resta. - Ville Salazar, Bel-lotti, Mancini, Brivio, Belgiojoso, D'Adda e Pisa. -Villa Mondolfo. - L'Olmo del marchese Raimondi. -Caninio Rufo e Plinio il Giovane.............................51

escursione quinta.IL PERTUGIO DELLA VOLPE..................................56

Gite montane. - Il trovante dell'Alpe di S. Primo. - IlSarizzo. - Grotte e caverne. - Grumello. - Villa Cele-sia. - La Zuccotta e I Tre Simili. - Il signor G. B.Brambilla. - Villa Caprera del signor Loria. - La Ta-vernola e l'Albergo. - Villa Gonzales. - Il capitano DeCristoforis. - La Villa Bignami. - La Villa Blasis. - ACarlo Blasis. Versi. - Il Bisbino. - Il Pertugio dellaVolpe. - Marmi e pietre.............................................57

escursione sesta.LA VILLA D'ESTE......................................................68

Cernobbio. - Debitori e Monache. - Villa Bolognini. -Villa Lejnati. - Villa Belinzaghi. - Garrovo. - Il gene-ral Pino. - La villa d'Este. - Giorgio IV d'Inghilterra. -La principessa di Galles. - Suo processo. - Sua morte.- Sue opere alla villa d'Este. - L'Albergo della Reginad'Inghilterra. - L'acqua della Coletta........................69

I.............................................................................69II...........................................................................70III..........................................................................73IV..........................................................................76V............................................................................79VI..........................................................................83

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Gallia. - Villa Saporiti, già Villani. - Bonaparte e i de-putati di Como. - Palazzo Resta. - Ville Salazar, Bel-lotti, Mancini, Brivio, Belgiojoso, D'Adda e Pisa. -Villa Mondolfo. - L'Olmo del marchese Raimondi. -Caninio Rufo e Plinio il Giovane.............................51

escursione quinta.IL PERTUGIO DELLA VOLPE..................................56

Gite montane. - Il trovante dell'Alpe di S. Primo. - IlSarizzo. - Grotte e caverne. - Grumello. - Villa Cele-sia. - La Zuccotta e I Tre Simili. - Il signor G. B.Brambilla. - Villa Caprera del signor Loria. - La Ta-vernola e l'Albergo. - Villa Gonzales. - Il capitano DeCristoforis. - La Villa Bignami. - La Villa Blasis. - ACarlo Blasis. Versi. - Il Bisbino. - Il Pertugio dellaVolpe. - Marmi e pietre.............................................57

escursione sesta.LA VILLA D'ESTE......................................................68

Cernobbio. - Debitori e Monache. - Villa Bolognini. -Villa Lejnati. - Villa Belinzaghi. - Garrovo. - Il gene-ral Pino. - La villa d'Este. - Giorgio IV d'Inghilterra. -La principessa di Galles. - Suo processo. - Sua morte.- Sue opere alla villa d'Este. - L'Albergo della Reginad'Inghilterra. - L'acqua della Coletta........................69

I.............................................................................69II...........................................................................70III..........................................................................73IV..........................................................................76V............................................................................79VI..........................................................................83

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Page 8: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

VII.........................................................................85VIII.......................................................................87

escursione settima.IL PIZZO......................................................................89

Madama Musard. - La villa il Pizzo. - G. B. Spezianola fabbrica. - I conti Muggiasca. - Il Vicerè del RegnoLombardo-Veneto. - Migliorie. - La villa Curié.......90

escursione ottava.LA CASCATA DI MOLTRASIO.................................94

Il bacino di Moltrasio. - L'osteria del Caramazza. -Un mio episodio. - Villa dei signori Nulli. - La leg-genda della Ghita. - Perchè si nomi Moltrasio. - LaVignola dei Passalacqua. - E la villa Durini? - Geolo-gia. - La Cascata.......................................................95

I.............................................................................95II...........................................................................99III........................................................................104

escursione nona.MOMPIATTO.............................................................108

Perlasca. - Tradizione. - Villa Tanzi ora Taverna. -Torno. - Storia. - Gli Sposi annegati. - Ville Croff, Ri-ghini, Antonelli. - La chiesa di S. Giovanni e pia leg-genda. - Mompiatto. - Le sue monache. - La Pietrapendula e la Nariola................................................109

escursione decima.LA PLINIANA...........................................................115

Le vittime del lago. - La villa Matilde dei signoriJuva. - Villa Canzi. - La Pliniana. - Plinio il Giovanee il flusso e riflusso. - Spiegazione del fenomeno. - La

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VII.........................................................................85VIII.......................................................................87

escursione settima.IL PIZZO......................................................................89

Madama Musard. - La villa il Pizzo. - G. B. Spezianola fabbrica. - I conti Muggiasca. - Il Vicerè del RegnoLombardo-Veneto. - Migliorie. - La villa Curié.......90

escursione ottava.LA CASCATA DI MOLTRASIO.................................94

Il bacino di Moltrasio. - L'osteria del Caramazza. -Un mio episodio. - Villa dei signori Nulli. - La leg-genda della Ghita. - Perchè si nomi Moltrasio. - LaVignola dei Passalacqua. - E la villa Durini? - Geolo-gia. - La Cascata.......................................................95

I.............................................................................95II...........................................................................99III........................................................................104

escursione nona.MOMPIATTO.............................................................108

Perlasca. - Tradizione. - Villa Tanzi ora Taverna. -Torno. - Storia. - Gli Sposi annegati. - Ville Croff, Ri-ghini, Antonelli. - La chiesa di S. Giovanni e pia leg-genda. - Mompiatto. - Le sue monache. - La Pietrapendula e la Nariola................................................109

escursione decima.LA PLINIANA...........................................................115

Le vittime del lago. - La villa Matilde dei signoriJuva. - Villa Canzi. - La Pliniana. - Plinio il Giovanee il flusso e riflusso. - Spiegazione del fenomeno. - La

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Page 9: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Breva e il Tivano. - L'assassinio di Pier Luigi Farne-se. - Giovanni Anguissola. - La villa e l'attuale pro-prietaria...................................................................116

I...........................................................................116II.........................................................................122III........................................................................124IV........................................................................125

escursione undecima.DA MOLTRASIO A TORRIGIA...............................127

Orrido di Molina. - Lemna e la Colonia greca. - Unasventura nel 1863. - La villa Buttafava. - Pognana ePalanzo. - Premenù. - Ancora a Moltrasio. - Ville Sal-terio, Invernizzi, Tarchini-Bonfanti, De Plaisance. -Pensiero. - Rosiera. - Villa Pavia. - La Partenope. -Igea. - Villa Savoja. - La Minerva, ora villa Elena. -Villa Ostinelli-Turati. - Urio. - Ville Melzi, Jenny,Calcagnini, Taroni. - Sofia Fuoco. - G. B. Lampugna-ni. - Sonetto a Katinka Evers. - Ville Rocca, Taranto-la, Ottolini, Battaglia, Viglezzi. - Villa Sangiuliani. -Ville Lavizzari, Porro e Longoni. - Cantiere dei fratel-li Taroni. - Laglio. - Monumento a Giuseppe Franck. -Villa Galbiati. - Torrigia. - Villa Cetti. - La punta.. 128

escursione duodecima.IL BUCO DELL'ORSO..............................................136

Il dottor Casella di Laglio. - La brigatella. - La vista. -Il cammino. - Il Buco dell'Orso. - Sua scoperta. - De-scrizione. - Visite di dotti. - Le scarpe di S. Pietro. -Questioni geologiche. - Paleontologia. - Gallerie opozzi scoperti dopo. - La discesa............................137

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Breva e il Tivano. - L'assassinio di Pier Luigi Farne-se. - Giovanni Anguissola. - La villa e l'attuale pro-prietaria...................................................................116

I...........................................................................116II.........................................................................122III........................................................................124IV........................................................................125

escursione undecima.DA MOLTRASIO A TORRIGIA...............................127

Orrido di Molina. - Lemna e la Colonia greca. - Unasventura nel 1863. - La villa Buttafava. - Pognana ePalanzo. - Premenù. - Ancora a Moltrasio. - Ville Sal-terio, Invernizzi, Tarchini-Bonfanti, De Plaisance. -Pensiero. - Rosiera. - Villa Pavia. - La Partenope. -Igea. - Villa Savoja. - La Minerva, ora villa Elena. -Villa Ostinelli-Turati. - Urio. - Ville Melzi, Jenny,Calcagnini, Taroni. - Sofia Fuoco. - G. B. Lampugna-ni. - Sonetto a Katinka Evers. - Ville Rocca, Taranto-la, Ottolini, Battaglia, Viglezzi. - Villa Sangiuliani. -Ville Lavizzari, Porro e Longoni. - Cantiere dei fratel-li Taroni. - Laglio. - Monumento a Giuseppe Franck. -Villa Galbiati. - Torrigia. - Villa Cetti. - La punta.. 128

escursione duodecima.IL BUCO DELL'ORSO..............................................136

Il dottor Casella di Laglio. - La brigatella. - La vista. -Il cammino. - Il Buco dell'Orso. - Sua scoperta. - De-scrizione. - Visite di dotti. - Le scarpe di S. Pietro. -Questioni geologiche. - Paleontologia. - Gallerie opozzi scoperti dopo. - La discesa............................137

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Page 10: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

I...........................................................................137II.........................................................................138III........................................................................142IV........................................................................144V..........................................................................146VI........................................................................152VII.......................................................................154VIII.....................................................................155IX........................................................................158

escursione decimaterza.IL PIANO DEL TIVANO...........................................160

La Cavagnola. - Careno e Quarsano. - La Grotta dellaMasera. - Nesso. - Erno, Veleso, Gerbio. - Il Piano delTivano. - La brigata del Pian d'Erba. - Il Buco dellaNicolina. - Vallombria. - Il palazzo di Andefleda. - Lamarcia della partenza..............................................161

escursione decimaquarta.LA VALL'INTELVI....................................................166

Brienno. - Archigene fonda Argegno. - La Vall'Intel-vi. - Sua parte nella guerra decenne. - Diventa feudo.- La rivolta del 1806. - Cospirazione del 1833. - In-surrezione nel 1848. - Andrea Brenta. - I cospiratoridel 1854. - L'insurrezione e i volontarî del 1859....167

escursione decimaquinta.L'ISOLA COMACINA...............................................183

Le cascate di Camoggia. - Colono. - Sala. - Villa Bec-caria. - Zocca dell'Olio. - Isola Comacina. - La suastoria. - La processione e la Scorobiessa. - Isola. - Latorre del Soccorso. - Campo. - La villa Delmati. -

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I...........................................................................137II.........................................................................138III........................................................................142IV........................................................................144V..........................................................................146VI........................................................................152VII.......................................................................154VIII.....................................................................155IX........................................................................158

escursione decimaterza.IL PIANO DEL TIVANO...........................................160

La Cavagnola. - Careno e Quarsano. - La Grotta dellaMasera. - Nesso. - Erno, Veleso, Gerbio. - Il Piano delTivano. - La brigata del Pian d'Erba. - Il Buco dellaNicolina. - Vallombria. - Il palazzo di Andefleda. - Lamarcia della partenza..............................................161

escursione decimaquarta.LA VALL'INTELVI....................................................166

Brienno. - Archigene fonda Argegno. - La Vall'Intel-vi. - Sua parte nella guerra decenne. - Diventa feudo.- La rivolta del 1806. - Cospirazione del 1833. - In-surrezione nel 1848. - Andrea Brenta. - I cospiratoridel 1854. - L'insurrezione e i volontarî del 1859....167

escursione decimaquinta.L'ISOLA COMACINA...............................................183

Le cascate di Camoggia. - Colono. - Sala. - Villa Bec-caria. - Zocca dell'Olio. - Isola Comacina. - La suastoria. - La processione e la Scorobiessa. - Isola. - Latorre del Soccorso. - Campo. - La villa Delmati. -

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Dosso di Lavedo. - Balbianello e la villa Arconati. - Iltorrente Perlana. - La Madonna del Soccorso.........184

escursione decimasesta.LA TREMEZZINA.....................................................192

Le bellezze della Tremezzina. - Versi. - Villa. - Vil-leggiatura Carove e la Commedia di Plinio. - VilleTorri e Vacani. - Lenno. - Lapidi antiche. - L'abbaziadell'Acquafredda. - Il chiostro di S. Benedetto. - VilleLitta, Barbavara, Carmagnola e Carcano. - Bolvedro.- Villa Busca. - Le ville Spreafico, Scorpioni, Kramer,Gerli, Della Tela, De Orchi, Campagnani, Sala, Mai-noni, Guy, Giulini. - Il caffè di Tremezzo. - AlbergoBazzoni. - Hôtel garni. - Grianta. - La grotta.........193

escursione decimasettima.LA VILLA SOMMARIVA.........................................201

La villa Sommariva. - Suo primo proprietario. - Ope-re d'arte. - Giardino. - Carlotta di Prussia e il principedi Sax-Meiningen. - La Cadenabbia. - Albergo di Bel-vedere. - Ville Brentano, Noseda, Piatti, duca di San-gro e Seufferheld. - La Majolica. - L'albergo Righini.- Villa Ricordi. - Maxime Lari. - Questione filologica.................................................................................202

escursione decimottava.LA BELLAGINA.......................................................207

Lézzeno. - Villa Vigoni. - Villa e Cappelletta. - I SassiGrosgalli. - Il Buco de' Carpi. - Pietosa istoria. - VillaBesana. - S. Giovanni. - Ville Ciceri, Trotti e Poldi-Pezzoli. - Villa Luppia. - Villa Melzi. - Bellagio. - LaTragedia, villa di Plinio. - Il castello di Bellagio. -

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Dosso di Lavedo. - Balbianello e la villa Arconati. - Iltorrente Perlana. - La Madonna del Soccorso.........184

escursione decimasesta.LA TREMEZZINA.....................................................192

Le bellezze della Tremezzina. - Versi. - Villa. - Vil-leggiatura Carove e la Commedia di Plinio. - VilleTorri e Vacani. - Lenno. - Lapidi antiche. - L'abbaziadell'Acquafredda. - Il chiostro di S. Benedetto. - VilleLitta, Barbavara, Carmagnola e Carcano. - Bolvedro.- Villa Busca. - Le ville Spreafico, Scorpioni, Kramer,Gerli, Della Tela, De Orchi, Campagnani, Sala, Mai-noni, Guy, Giulini. - Il caffè di Tremezzo. - AlbergoBazzoni. - Hôtel garni. - Grianta. - La grotta.........193

escursione decimasettima.LA VILLA SOMMARIVA.........................................201

La villa Sommariva. - Suo primo proprietario. - Ope-re d'arte. - Giardino. - Carlotta di Prussia e il principedi Sax-Meiningen. - La Cadenabbia. - Albergo di Bel-vedere. - Ville Brentano, Noseda, Piatti, duca di San-gro e Seufferheld. - La Majolica. - L'albergo Righini.- Villa Ricordi. - Maxime Lari. - Questione filologica.................................................................................202

escursione decimottava.LA BELLAGINA.......................................................207

Lézzeno. - Villa Vigoni. - Villa e Cappelletta. - I SassiGrosgalli. - Il Buco de' Carpi. - Pietosa istoria. - VillaBesana. - S. Giovanni. - Ville Ciceri, Trotti e Poldi-Pezzoli. - Villa Luppia. - Villa Melzi. - Bellagio. - LaTragedia, villa di Plinio. - Il castello di Bellagio. -

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Marchesino Stanga vi edifica la villa e que' della Ca-vargna la distruggono. - Ercole Sfondrati la riedifica.- La Sfondrata. - La contessa di Borgomanero, tradi-zione. - La villa passa ai Serbelloni. - Parini vi ospita.- Ora mutata in albergo. - La Crella dei Frizzoni. - Pe-scaù. - La villa Giulia, ora albergo.........................208

escursione decimanona.IL SASSO RANCIO...................................................221

Il Monte degli Stampi e l'Arca di Noè. - Ville di Me-naggio. - Loveno. - Ville Pensa, Garovaglio, Alberti,Azeglio, Mylius-Vigoni. - Cardano. - Villa Galbiati. -La Val Cavargna. - Porlezza. - Fabbrica di vetro. - IlCastello di Menaggio. - La Sanagra. - Lapide romana.- Nobiallo. - Ligomana, Plesio e Naggio. - Il SassoRancio. - I cosacchi al Sasso Rancio......................222

escursione ventesima.LE FERRIERE DI DONGO.......................................228

Rezzonico e il suo Castello. - Il Castello di Musso. -Il Medeghino. - Le Tre Pievi. - Villa Manzi. - Dongo.- Casa Polti. - Villa del vescovo di Como. - Chiese diS. Stefano e S. Maria. - Valle dell'Albano. - Le minie-re di ferro. - I forni fusori. - Garzeno. - Brenzio. - LeFrate........................................................................229

escursione ventesimaprima.GRAVEDONA...........................................................235

Consiglio di Rumo e San Gregorio. - Pizzo di Gino. -Valle di Lesio. - Gravedona e la sua storia. - La chiesadi San Vincenzo. - S. Maria del Tiglio. - La Madonnasfolgorante. - Peglio. - Liro e i tre laghetti. - Il Sasso

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Marchesino Stanga vi edifica la villa e que' della Ca-vargna la distruggono. - Ercole Sfondrati la riedifica.- La Sfondrata. - La contessa di Borgomanero, tradi-zione. - La villa passa ai Serbelloni. - Parini vi ospita.- Ora mutata in albergo. - La Crella dei Frizzoni. - Pe-scaù. - La villa Giulia, ora albergo.........................208

escursione decimanona.IL SASSO RANCIO...................................................221

Il Monte degli Stampi e l'Arca di Noè. - Ville di Me-naggio. - Loveno. - Ville Pensa, Garovaglio, Alberti,Azeglio, Mylius-Vigoni. - Cardano. - Villa Galbiati. -La Val Cavargna. - Porlezza. - Fabbrica di vetro. - IlCastello di Menaggio. - La Sanagra. - Lapide romana.- Nobiallo. - Ligomana, Plesio e Naggio. - Il SassoRancio. - I cosacchi al Sasso Rancio......................222

escursione ventesima.LE FERRIERE DI DONGO.......................................228

Rezzonico e il suo Castello. - Il Castello di Musso. -Il Medeghino. - Le Tre Pievi. - Villa Manzi. - Dongo.- Casa Polti. - Villa del vescovo di Como. - Chiese diS. Stefano e S. Maria. - Valle dell'Albano. - Le minie-re di ferro. - I forni fusori. - Garzeno. - Brenzio. - LeFrate........................................................................229

escursione ventesimaprima.GRAVEDONA...........................................................235

Consiglio di Rumo e San Gregorio. - Pizzo di Gino. -Valle di Lesio. - Gravedona e la sua storia. - La chiesadi San Vincenzo. - S. Maria del Tiglio. - La Madonnasfolgorante. - Peglio. - Liro e i tre laghetti. - Il Sasso

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Page 13: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

acuto. - Domaso. - Gera. - Sórico...........................236escursione ventesimaseconda.REGOLEDO...............................................................242

Olgiasca. - Piona e il suo lago. - Colico e i suoi pa-droni. - Dorio, Carenno e Dervio. - Bellano. - Grossie Boldoni. - L'Orrido. - Il Sasso di Morcate. - Riva diGittana. - Varenna. - Albergo e villa Venini. - L'Uga ela Capuana. - Il Fiume Latte. - Regoledo...............243

escursione ventesimaterza.IL MERCATO DI LECCO.........................................249

Vassena. - Limonta. - La Pietra Luna. - Civenna. - IMarroni. - Perledo e la Regina Teodolinda. - Lierna. -Olcio. - Villa Pini. - Mandello. - Abbadia. - La Gessi-ma. - Lodovico Savelli. - Le Caviate e la Maddalena.- La strada militare. - Onno. - Parè. - Lecco. - Il Ma-glio. - Acquate e Pescarenico. - Il Galeotto. - Il Mer-cato di Lecco. - Le robiole. - Gli alberghi del Leond'Oro e della Croce di Malta...................................250

escursione ventesimaquarta.VALMADRERA.........................................................257

Malgrate. - Gli etimologisti. - Casa Agudio e i suoiospiti illustri. - La chiesa parrocchiale e il pittore Cor-nienti. - Valmadrera. - La Chiesa. - Il trovante utiliz-zato. - Le Cappelle della Via Crucis. - La villa del si-gnor Egidio Gavazzi. - La villa del signor Pietro Ga-vazzi........................................................................258

escursione ventesimaquinta.IL MONTE BARO.....................................................262

Bartesate, Villavergano, Figina. - La casa degli Umi-

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acuto. - Domaso. - Gera. - Sórico...........................236escursione ventesimaseconda.REGOLEDO...............................................................242

Olgiasca. - Piona e il suo lago. - Colico e i suoi pa-droni. - Dorio, Carenno e Dervio. - Bellano. - Grossie Boldoni. - L'Orrido. - Il Sasso di Morcate. - Riva diGittana. - Varenna. - Albergo e villa Venini. - L'Uga ela Capuana. - Il Fiume Latte. - Regoledo...............243

escursione ventesimaterza.IL MERCATO DI LECCO.........................................249

Vassena. - Limonta. - La Pietra Luna. - Civenna. - IMarroni. - Perledo e la Regina Teodolinda. - Lierna. -Olcio. - Villa Pini. - Mandello. - Abbadia. - La Gessi-ma. - Lodovico Savelli. - Le Caviate e la Maddalena.- La strada militare. - Onno. - Parè. - Lecco. - Il Ma-glio. - Acquate e Pescarenico. - Il Galeotto. - Il Mer-cato di Lecco. - Le robiole. - Gli alberghi del Leond'Oro e della Croce di Malta...................................250

escursione ventesimaquarta.VALMADRERA.........................................................257

Malgrate. - Gli etimologisti. - Casa Agudio e i suoiospiti illustri. - La chiesa parrocchiale e il pittore Cor-nienti. - Valmadrera. - La Chiesa. - Il trovante utiliz-zato. - Le Cappelle della Via Crucis. - La villa del si-gnor Egidio Gavazzi. - La villa del signor Pietro Ga-vazzi........................................................................258

escursione ventesimaquinta.IL MONTE BARO.....................................................262

Bartesate, Villavergano, Figina. - La casa degli Umi-

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Page 14: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

liati. - Ello. - Ville Prinetti, Annoni, De' Vecchi. - Lavilla Paolina. - La Bellavista del signor Cereda. - Gal-biate. - Palazzi Brioschi e Ballabio. - La villa San-chioli e l'eco polisillabo. - Case Curti e Riva. - Lachiesa di S. Michele. - La lapide di piazza. - Il MonteBaro. - Fiabe archeologiche. - L'effigie immobile. -La Rôcca di Re Desiderio. - La fanciulla nel pozzo. -Il Monte delle Crocette...........................................263

escursione ventesimasesta.LA VALLE DELL'ORO.............................................269

Corni di Canzo. - Civate. - Il monastero benedettino. -Il re Desiderio e Adelchi. - La tradizione del miraco-lo. - La Valle dell'Oro. - Barzaguta. - La cascata....270

escursione ventesimasettima.LA CASA DEL PARINI.............................................276

Annone. - La Squadra dei Mauri. - Suello. - Cesana eSan Fermo. - Bosisio. - La Chiesa e l'Oratorio - CasaBanfi. - Monumento ad Appiani e Parini. - Uno stre-gone dei tempi antichi. - La casa del Parini. - Lapidecommemorativa. - Onta lavata................................277

escursione ventesimottava.L'ISOLA DE' CIPRESSI............................................283

Il lago di Pusiano. - Il primo battello a vapore in Ita-lia. - Un mio processo. - Armi di pietra e palafitte la-custri. - Pusiano. - Villa Conti. - Scene di superstizio-ne. - La Processione del Venerdì Santo. - L'Isola de'Cipressi. - Il romanzo di Bertolotti.........................284

escursione ventesimanona.IL BEL DOSSO..........................................................292

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liati. - Ello. - Ville Prinetti, Annoni, De' Vecchi. - Lavilla Paolina. - La Bellavista del signor Cereda. - Gal-biate. - Palazzi Brioschi e Ballabio. - La villa San-chioli e l'eco polisillabo. - Case Curti e Riva. - Lachiesa di S. Michele. - La lapide di piazza. - Il MonteBaro. - Fiabe archeologiche. - L'effigie immobile. -La Rôcca di Re Desiderio. - La fanciulla nel pozzo. -Il Monte delle Crocette...........................................263

escursione ventesimasesta.LA VALLE DELL'ORO.............................................269

Corni di Canzo. - Civate. - Il monastero benedettino. -Il re Desiderio e Adelchi. - La tradizione del miraco-lo. - La Valle dell'Oro. - Barzaguta. - La cascata....270

escursione ventesimasettima.LA CASA DEL PARINI.............................................276

Annone. - La Squadra dei Mauri. - Suello. - Cesana eSan Fermo. - Bosisio. - La Chiesa e l'Oratorio - CasaBanfi. - Monumento ad Appiani e Parini. - Uno stre-gone dei tempi antichi. - La casa del Parini. - Lapidecommemorativa. - Onta lavata................................277

escursione ventesimottava.L'ISOLA DE' CIPRESSI............................................283

Il lago di Pusiano. - Il primo battello a vapore in Ita-lia. - Un mio processo. - Armi di pietra e palafitte la-custri. - Pusiano. - Villa Conti. - Scene di superstizio-ne. - La Processione del Venerdì Santo. - L'Isola de'Cipressi. - Il romanzo di Bertolotti.........................284

escursione ventesimanona.IL BEL DOSSO..........................................................292

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Page 15: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Corneno. - La Cà di strii. - Villa Besana. - Galliano. -Carella. - Mariaga. - Alpe di Carella. - Il Bel Dosso. -Villa Graziani. - Longone. - Osteria. - La Malpensata.- Penzano. - Bindella. - Villa Galimberti. - Proserpio.- Villa Baroggi. - Inarca..........................................293

escursione trentesima.LA VALLASSINA......................................................297

Il lago Segrino. - Canzo. - Il Vespetrò. - I Corni. - Lafontana del Gajumo. - La cascata della Vallategna. - Iltorcitojo Verza. - Scarenna. - La Casa dell'eremita. -Asso. - Lapide antica. - Arte. - La via al Pian del Ti-vano. - Pagnano, Fraino, Caglio, Gemù. - Il PonteOscuro. - Lasnigo. - Le donne della valle. - Le serve.- Onno. - San Carlo e la sua mula...........................298

escursione trentesimaprima.CASTELMARTE.......................................................305

Val di Giano. - Caslino e suoi cacini. - Mulino S.Marco. - Fabbrica di coltelleria. - Setificî Invernizzi,Castelletti, Prina e Mambretti. - Ademprivo. - Castel-marte. - Ville Bertoglio, Parravicini, Biondelli. - FuCastelmarte capo della Martesana? - Castrum Martis.- Giunteria archeologica. - Reliquie antiche...........306

escursione trentesimaseconda.PONTELAMBRO......................................................311

Mazonio. - La sua chiesa - Il pittor Ferrabini. - La Fu-sina. - Filatoio Ohli. - Zocco Romano. - Zocco Batti-sta. - La Bistonda. - L'annegato. - Pontelambro. -Case Guaita e Carpani. - Una lapide nel Camposanto.- Filatojo Bressi. - Villa Matilde. - La Plejade de' poe-

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Corneno. - La Cà di strii. - Villa Besana. - Galliano. -Carella. - Mariaga. - Alpe di Carella. - Il Bel Dosso. -Villa Graziani. - Longone. - Osteria. - La Malpensata.- Penzano. - Bindella. - Villa Galimberti. - Proserpio.- Villa Baroggi. - Inarca..........................................293

escursione trentesima.LA VALLASSINA......................................................297

Il lago Segrino. - Canzo. - Il Vespetrò. - I Corni. - Lafontana del Gajumo. - La cascata della Vallategna. - Iltorcitojo Verza. - Scarenna. - La Casa dell'eremita. -Asso. - Lapide antica. - Arte. - La via al Pian del Ti-vano. - Pagnano, Fraino, Caglio, Gemù. - Il PonteOscuro. - Lasnigo. - Le donne della valle. - Le serve.- Onno. - San Carlo e la sua mula...........................298

escursione trentesimaprima.CASTELMARTE.......................................................305

Val di Giano. - Caslino e suoi cacini. - Mulino S.Marco. - Fabbrica di coltelleria. - Setificî Invernizzi,Castelletti, Prina e Mambretti. - Ademprivo. - Castel-marte. - Ville Bertoglio, Parravicini, Biondelli. - FuCastelmarte capo della Martesana? - Castrum Martis.- Giunteria archeologica. - Reliquie antiche...........306

escursione trentesimaseconda.PONTELAMBRO......................................................311

Mazonio. - La sua chiesa - Il pittor Ferrabini. - La Fu-sina. - Filatoio Ohli. - Zocco Romano. - Zocco Batti-sta. - La Bistonda. - L'annegato. - Pontelambro. -Case Guaita e Carpani. - Una lapide nel Camposanto.- Filatojo Bressi. - Villa Matilde. - La Plejade de' poe-

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Page 16: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ti politici moderni, sonetti. - Affresco luinesco di-strutto. - Villa Carpani. - Lezza. - Carpesino. - Arcel-lasco. - Resica. - Filatoj Ronchetti e Mambretti. -Brugora...................................................................312

escursione trentesimaterza.SAN SALVATORE.....................................................325

I Geritt. - Mornico. - Crevenna. - Ville Bressi e Geno-lini. - Il torrente Bova. - La dara. - San Salvatore. - Ilconvento. - Il signor Boselli. - Giovanni Biffi. - Iltronco mellifero. - La villa Righetti........................326

escursione trentesimaquarta.IL BUCO DEL PIOMBO...........................................330

La strada. - Il Buco del Piombo. - Onde il nome? -Aneddoto. - Esterno. - Scopo. - Interno. - Iscrizione. -Concorso di gente. - I versi di Torti........................331

escursione trentesimaquinta.LA VILLA AMALIA.................................................335

La villa Amalia. - Guido Carpano e il convento di S.Maria degli Angeli. - L'avv. Rocco Marliani. - Il pa-lazzo, il giardino e il bosco. - Il monumento a Parini.- Monti e Foscolo ospiti. - Episodio della Maschero-niana. - La torre......................................................336

escursione trentesimasesta.ERBA..........................................................................342

Erba Superiore. - Il suo panorama. - La sua storia. - Ilcastello e la villa Valaperta. - Pravalle. - Il torrenteBocogna. - Villa Conti. - Erba Inferiore. - Pretura, uf-ficio telegrafico, albergo e botteghe. - Il caffè e gliamaretti. - Il teatro. - Ville Clerici e Brivio. - Vill'inci-

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ti politici moderni, sonetti. - Affresco luinesco di-strutto. - Villa Carpani. - Lezza. - Carpesino. - Arcel-lasco. - Resica. - Filatoj Ronchetti e Mambretti. -Brugora...................................................................312

escursione trentesimaterza.SAN SALVATORE.....................................................325

I Geritt. - Mornico. - Crevenna. - Ville Bressi e Geno-lini. - Il torrente Bova. - La dara. - San Salvatore. - Ilconvento. - Il signor Boselli. - Giovanni Biffi. - Iltronco mellifero. - La villa Righetti........................326

escursione trentesimaquarta.IL BUCO DEL PIOMBO...........................................330

La strada. - Il Buco del Piombo. - Onde il nome? -Aneddoto. - Esterno. - Scopo. - Interno. - Iscrizione. -Concorso di gente. - I versi di Torti........................331

escursione trentesimaquinta.LA VILLA AMALIA.................................................335

La villa Amalia. - Guido Carpano e il convento di S.Maria degli Angeli. - L'avv. Rocco Marliani. - Il pa-lazzo, il giardino e il bosco. - Il monumento a Parini.- Monti e Foscolo ospiti. - Episodio della Maschero-niana. - La torre......................................................336

escursione trentesimasesta.ERBA..........................................................................342

Erba Superiore. - Il suo panorama. - La sua storia. - Ilcastello e la villa Valaperta. - Pravalle. - Il torrenteBocogna. - Villa Conti. - Erba Inferiore. - Pretura, uf-ficio telegrafico, albergo e botteghe. - Il caffè e gliamaretti. - Il teatro. - Ville Clerici e Brivio. - Vill'inci-

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Page 17: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

no. - Mercato d'Incino. - Liciniforum. - Lapidi. - Nin-feo antico. - Fatti storici. - Il mercato del giovedì.. 343

escursione trentesimasettima.LA VILLA ADELAIDE.............................................349

Villa Maria. - Bucinigo. - Pomerio. - Villalbese. - Par-ravicino. - Ville Parravicini, Belgiojoso e Gariboldi. -La torre pendente. - Casiglio. - Carcano. - Battagliacontro il Barbarossa. - Orsenigo. - Il Carudo. - Le Li-sche Amare. - Alserio. - Castellazzo. - La Ca' de' la-dri. - La Retusa. - Tassera. - La villa Adelaide.......350

escursione trentesimottava.MONGUZZO.............................................................354

Pontenuovo. - Merone, Mojana, Rogeno, Casletto eGarbagnate Rota. - Nobero. - Le sue pesche. - Il Ca-volto. - Le fornaci. - Monguzzo. - Il suo castello e lasua storia. - I marchesi Rosales. - Villeggiatura Mon-dolfo........................................................................355

escursione trentesimanona.IL SOLDO..................................................................361

Il casolare del Monastero di Sant'Ambrogio di Cantù.- Il Soldo degli Appiani. - Villa Turati. - La casa, ilgiardino e il parco. - Gli acquedotti. - Casino rustico.- Orsenigo. - Casa Carcano. - Anzano. - Villa delmarchese Carcano. - Piccolo albergo. - Alzate. - Vec-chio castello. - Palazzo Clerici. - Fabbrica. - Brenna edon Antonio Daverio..............................................362

escursione quarantesima.INVERIGO.................................................................368

Lurago. - Villa Sormani-Andreani. - Lambrugo. - Vil-

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no. - Mercato d'Incino. - Liciniforum. - Lapidi. - Nin-feo antico. - Fatti storici. - Il mercato del giovedì.. 343

escursione trentesimasettima.LA VILLA ADELAIDE.............................................349

Villa Maria. - Bucinigo. - Pomerio. - Villalbese. - Par-ravicino. - Ville Parravicini, Belgiojoso e Gariboldi. -La torre pendente. - Casiglio. - Carcano. - Battagliacontro il Barbarossa. - Orsenigo. - Il Carudo. - Le Li-sche Amare. - Alserio. - Castellazzo. - La Ca' de' la-dri. - La Retusa. - Tassera. - La villa Adelaide.......350

escursione trentesimottava.MONGUZZO.............................................................354

Pontenuovo. - Merone, Mojana, Rogeno, Casletto eGarbagnate Rota. - Nobero. - Le sue pesche. - Il Ca-volto. - Le fornaci. - Monguzzo. - Il suo castello e lasua storia. - I marchesi Rosales. - Villeggiatura Mon-dolfo........................................................................355

escursione trentesimanona.IL SOLDO..................................................................361

Il casolare del Monastero di Sant'Ambrogio di Cantù.- Il Soldo degli Appiani. - Villa Turati. - La casa, ilgiardino e il parco. - Gli acquedotti. - Casino rustico.- Orsenigo. - Casa Carcano. - Anzano. - Villa delmarchese Carcano. - Piccolo albergo. - Alzate. - Vec-chio castello. - Palazzo Clerici. - Fabbrica. - Brenna edon Antonio Daverio..............................................362

escursione quarantesima.INVERIGO.................................................................368

Lurago. - Villa Sormani-Andreani. - Lambrugo. - Vil-

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Page 18: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

le Galli e Venini. - Inverigo. - L'arcivescovo Ariberto.- Bacco di Brianza. - L'albergo. - La Rotonda. - Il ca-stello e la villa Crivelli. - Il Gigante. - L'Orrido. - S.Maria della Noce. - Cremnago. - Villa Perego. - Il Ci-mitero......................................................................369

CONCLUSIONE........................................................375

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le Galli e Venini. - Inverigo. - L'arcivescovo Ariberto.- Bacco di Brianza. - L'albergo. - La Rotonda. - Il ca-stello e la villa Crivelli. - Il Gigante. - L'Orrido. - S.Maria della Noce. - Cremnago. - Villa Perego. - Il Ci-mitero......................................................................369

CONCLUSIONE........................................................375

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Page 19: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

P. A. CURTI

IL LAGO DI COMOE

IL PIAN D'ERBA

ESCURSIONI AUTUNNALI

ILLUSTRATE DA INCISIONI IN LEGNO.

Dal bel rapir mi sentoChe natura vi diè.

Parini.

MILANO,PRESSO L'EDITORE GAETANO BRIGOLA

-1872

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P. A. CURTI

IL LAGO DI COMOE

IL PIAN D'ERBA

ESCURSIONI AUTUNNALI

ILLUSTRATE DA INCISIONI IN LEGNO.

Dal bel rapir mi sentoChe natura vi diè.

Parini.

MILANO,PRESSO L'EDITORE GAETANO BRIGOLA

-1872

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Page 20: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

L'andare in villa, non molt'anni addietro, era di pochi,di que' felici soltanto che la fortuna aveva dalla nascitaprivilegiati, o ne' commerci arricchiti: ora gli è, può dir-si, dei più.

S'è così tornati alla manía del basso tempo antico,quando noi s'era colonia di que' famosi prepotenti cheerano i Romani. Cicerone - tanto per nominare qualcunod'universal conoscenza - che non era tra i più facoltosi,nè da patrizia famiglia nato, s'era appagato di una suavelleità e contava nientemeno che ventiquattro ville disua proprietà, quantunque invero non prediligesse che lesue case di Tusculo e di Pompei; e Cajo Plinio il Giova-ne, quello stesso che fu delle nostre parti, anzi della cittàdi Como, - senza dir del suo Tusci che egli aveva allependici dell'Appennino toscano, e del Laurentino chepossedeva in Romagna sul litorale del Mediterraneo frale città d'Ostia e di Laurento - lungo le sponde ridentis-sime di questo Lario, dove sto per accompagnare il miolettore, ne aveva due, l'una a Villa, che denominò Com-media, l'altra prossima a Bellagio, che denominò Trage-dia.

Io perfino, che divido le cure della vita fra le cause, iprocessi criminali e le umane lettere, ma che da Cicero-ne e da Plinio son per merito e ricchezza lontano quantoci corre dal gregario al generale, partecipe della febbreche ha i moderni invaso, mi son passata alla mia volta lafollia di una villa, piccola sì, ma a me bastevole: parvased apta mihi, come direbbe il gran lirico latino.

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L'andare in villa, non molt'anni addietro, era di pochi,di que' felici soltanto che la fortuna aveva dalla nascitaprivilegiati, o ne' commerci arricchiti: ora gli è, può dir-si, dei più.

S'è così tornati alla manía del basso tempo antico,quando noi s'era colonia di que' famosi prepotenti cheerano i Romani. Cicerone - tanto per nominare qualcunod'universal conoscenza - che non era tra i più facoltosi,nè da patrizia famiglia nato, s'era appagato di una suavelleità e contava nientemeno che ventiquattro ville disua proprietà, quantunque invero non prediligesse che lesue case di Tusculo e di Pompei; e Cajo Plinio il Giova-ne, quello stesso che fu delle nostre parti, anzi della cittàdi Como, - senza dir del suo Tusci che egli aveva allependici dell'Appennino toscano, e del Laurentino chepossedeva in Romagna sul litorale del Mediterraneo frale città d'Ostia e di Laurento - lungo le sponde ridentis-sime di questo Lario, dove sto per accompagnare il miolettore, ne aveva due, l'una a Villa, che denominò Com-media, l'altra prossima a Bellagio, che denominò Trage-dia.

Io perfino, che divido le cure della vita fra le cause, iprocessi criminali e le umane lettere, ma che da Cicero-ne e da Plinio son per merito e ricchezza lontano quantoci corre dal gregario al generale, partecipe della febbreche ha i moderni invaso, mi son passata alla mia volta lafollia di una villa, piccola sì, ma a me bastevole: parvased apta mihi, come direbbe il gran lirico latino.

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Page 21: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

La manía poi del viaggiare a solo titolo di divertimen-to è tutta propria dei nostri tempi; è il portato inevitabiledelle tante vie ferrate e de' vapori che solcano tutti imari; i Romani l'avevan pure, ma pel solo gusto mattodi tribolar le nazioni cui portavano la guerra e di svali-giarle interamente...

Ma io la piglio forse soverchio da lontano, per ispie-gare al mio lettore le ragioni di questo libro, nè va beneche l'annoi sin dal principio.

Volevo dire adunque che da noi, in Lombardia princi-palmente, non c'è caso: quando arriva l'autunno, si vuolproprio andare alla campagna; che noi della capitale -intendo la morale - si sognan tutto l'anno le rive del La-rio o i placidi e verdeggianti colli del Pian d'Erba, e bea-ti se ci possiamo andare! So di chi s'acconcia a scampa-gnare nella catapecchia della nutrice d'alcun suo bambo-lo; d'altri a condannarsi a starsene chiusi nelle case diMilano, purchè si creda che siasi alla campagna.

I viaggiatori che ci visitano, non ci lasciano se primauna giornata non abbiano passato sul lago di Como, per-correndolo su per i piroscafi che vanno e vengono da uncapo all'altro; e chi appena lo possa, si sofferma non po-chi giorni ne' diversi e veramente confortevoli alberghi,che si sono venuti stabilendo ne' varî punti di queste rivepopolate di paeselli e di ville leggiadre, che incantano disè anche coloro che han pur visto que' miracoli di naturache sono i golfi di Napoli e di Genova.

Nel Pian d'Erba, è vero, non ci vanno come noi; ma lacolpa è tutta nostra, che non siamo pur anco giunti a

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La manía poi del viaggiare a solo titolo di divertimen-to è tutta propria dei nostri tempi; è il portato inevitabiledelle tante vie ferrate e de' vapori che solcano tutti imari; i Romani l'avevan pure, ma pel solo gusto mattodi tribolar le nazioni cui portavano la guerra e di svali-giarle interamente...

Ma io la piglio forse soverchio da lontano, per ispie-gare al mio lettore le ragioni di questo libro, nè va beneche l'annoi sin dal principio.

Volevo dire adunque che da noi, in Lombardia princi-palmente, non c'è caso: quando arriva l'autunno, si vuolproprio andare alla campagna; che noi della capitale -intendo la morale - si sognan tutto l'anno le rive del La-rio o i placidi e verdeggianti colli del Pian d'Erba, e bea-ti se ci possiamo andare! So di chi s'acconcia a scampa-gnare nella catapecchia della nutrice d'alcun suo bambo-lo; d'altri a condannarsi a starsene chiusi nelle case diMilano, purchè si creda che siasi alla campagna.

I viaggiatori che ci visitano, non ci lasciano se primauna giornata non abbiano passato sul lago di Como, per-correndolo su per i piroscafi che vanno e vengono da uncapo all'altro; e chi appena lo possa, si sofferma non po-chi giorni ne' diversi e veramente confortevoli alberghi,che si sono venuti stabilendo ne' varî punti di queste rivepopolate di paeselli e di ville leggiadre, che incantano disè anche coloro che han pur visto que' miracoli di naturache sono i golfi di Napoli e di Genova.

Nel Pian d'Erba, è vero, non ci vanno come noi; ma lacolpa è tutta nostra, che non siamo pur anco giunti a

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Page 22: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

praticarvi strade un po' convenienti e, meno ancora, al-berghi; perchè tali davvero non ponno dirsi que' cheadesso se ne hanno arrogato il nome. Ma la locomotivanon tarderà guari a prolungarsi da Seregno almeno adErba, e sarà allora un'altra cosa; la Brianza superiorenon sarà più certo un mito pe' forestieri che saranno statinella nostra Italia, e il bisogno d'impiantarvi adatte sta-zioni verrà dietro per conseguenza.

Or bene; villeggianti e viaggiatori, nel soggiorno diquesti luoghi, si domandano bene spesso: dove si vaoggi? dove domani?

Il mio libro è la risposta.

Milano, maggio 1872.

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praticarvi strade un po' convenienti e, meno ancora, al-berghi; perchè tali davvero non ponno dirsi que' cheadesso se ne hanno arrogato il nome. Ma la locomotivanon tarderà guari a prolungarsi da Seregno almeno adErba, e sarà allora un'altra cosa; la Brianza superiorenon sarà più certo un mito pe' forestieri che saranno statinella nostra Italia, e il bisogno d'impiantarvi adatte sta-zioni verrà dietro per conseguenza.

Or bene; villeggianti e viaggiatori, nel soggiorno diquesti luoghi, si domandano bene spesso: dove si vaoggi? dove domani?

Il mio libro è la risposta.

Milano, maggio 1872.

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Page 23: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE PRIMA.IL BARADELLO.

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ESCURSIONE PRIMA.IL BARADELLO.

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Page 24: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Il Castello. - Uno sproposito di geografia. - Etimologia del Bara-dello. - Un cenno geologico. - La storia del castello. - Liut-prando. - Barbarossa. - Camerlata. - Scopo del Baradello. -Napo della Torre. - La chiesa di San Carpoforo. - Lapide. - Vil-la Venini ora Castellini. - Il collegio alla Camerlata. - Opificîindustriali. - Ville Larderia, Martignoni, Prudenziana e Carlo-ni.

I.Non è alcuno di noi che, giungendo la prima volta in

ferrovia alla Camerlata, non appena uscito dal vagone,non abbia rivolto lo sguardo a quella torre che sta di so-pra il colle che sogguarda alla stazione, e non sia corso aricordare le mille storie che nell'infanzia gli saranno sta-te raccontate dalla nonna o dalla fante intorno ad essa, econ certa curiosità non vi abbia per qualche istante tenu-to l'occhio, quasi a dirsi: non era dunque una panzanaquella che aveva udito del Castell Baravell, che così ap-punto nel nostro bisbetico dialetto abbiam travisato ilnome di Baradello. E siccome una volta almeno anchel'ultimo de' popolani s'è tolto lo spasso di visitare la cittàde' missoltini, - così chiamati que' dolcissimi pesci chedà il Lario, quando si misaltano o vengono disseccati -;così non è più adesso pel minuto popolo nostro un mito,una favola, un alcun che di immaginoso questo CastellBaravell, che ha udito le tante volte ne' suoi giornid'infanzia ricordare.

Ma siccome questo libro non è fatto unicamente per i

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Il Castello. - Uno sproposito di geografia. - Etimologia del Bara-dello. - Un cenno geologico. - La storia del castello. - Liut-prando. - Barbarossa. - Camerlata. - Scopo del Baradello. -Napo della Torre. - La chiesa di San Carpoforo. - Lapide. - Vil-la Venini ora Castellini. - Il collegio alla Camerlata. - Opificîindustriali. - Ville Larderia, Martignoni, Prudenziana e Carlo-ni.

I.Non è alcuno di noi che, giungendo la prima volta in

ferrovia alla Camerlata, non appena uscito dal vagone,non abbia rivolto lo sguardo a quella torre che sta di so-pra il colle che sogguarda alla stazione, e non sia corso aricordare le mille storie che nell'infanzia gli saranno sta-te raccontate dalla nonna o dalla fante intorno ad essa, econ certa curiosità non vi abbia per qualche istante tenu-to l'occhio, quasi a dirsi: non era dunque una panzanaquella che aveva udito del Castell Baravell, che così ap-punto nel nostro bisbetico dialetto abbiam travisato ilnome di Baradello. E siccome una volta almeno anchel'ultimo de' popolani s'è tolto lo spasso di visitare la cittàde' missoltini, - così chiamati que' dolcissimi pesci chedà il Lario, quando si misaltano o vengono disseccati -;così non è più adesso pel minuto popolo nostro un mito,una favola, un alcun che di immaginoso questo CastellBaravell, che ha udito le tante volte ne' suoi giornid'infanzia ricordare.

Ma siccome questo libro non è fatto unicamente per i

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Page 25: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

miei concittadini, non mi soffermerò più altro nè a rites-sere quella storia della prima fanciullezza, nè a sceverar-la dalle ubbie e dalle fole immaginate all'opportunitàdalle serve o bambinaie per aver savî i lor marmocchi;così ora toccherò al sodo ed a quel meglio che interessi.

Sia che tu movendo da Milano percorrendo il cammindi ferro che si ferma a Camerlata, sia che da Colico tuscenda col piroscafo per il lago infino a Como, il castel-lo Baradello ti si annunzia prestamente; perocchè eglitorreggi sovra il colle, o monte che meglio ti piaccia dichiamare, il qual si eleva fuori appena la porta che rie-sce appunto alla via che scorge a Camerlata e per di là aMilano.

Questo colle, io ti consiglio di ascendere, o lettore,nella gita che vorrai fare a Como, perocchè di là ti si pa-rerà avanti il più superbo panorama che si possa figura-re; miracolo di cielo e d'aria, vista di città e di paesi, dilago e di ville, di giardini e di poggi amenissimi, di pa-lagi e di chiese, di poveri tugurî e di vasti stabilimentiindustriali, di monti selvosi e di massi e vette cinericciee brulle d'Italia e di Svizzera, che gli è a pochi tratti didistanza, ed anche di Savoja, che si fa rappresentare dalnevoso Monte Rosa.

II.Sa ognuno di tutti noi come il monte Baradello chiu-

da il varco al Milanese, e non sia vero che girando intor-no ad esso si ritrovi la strada che passa a Chiasso, primo

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miei concittadini, non mi soffermerò più altro nè a rites-sere quella storia della prima fanciullezza, nè a sceverar-la dalle ubbie e dalle fole immaginate all'opportunitàdalle serve o bambinaie per aver savî i lor marmocchi;così ora toccherò al sodo ed a quel meglio che interessi.

Sia che tu movendo da Milano percorrendo il cammindi ferro che si ferma a Camerlata, sia che da Colico tuscenda col piroscafo per il lago infino a Como, il castel-lo Baradello ti si annunzia prestamente; perocchè eglitorreggi sovra il colle, o monte che meglio ti piaccia dichiamare, il qual si eleva fuori appena la porta che rie-sce appunto alla via che scorge a Camerlata e per di là aMilano.

Questo colle, io ti consiglio di ascendere, o lettore,nella gita che vorrai fare a Como, perocchè di là ti si pa-rerà avanti il più superbo panorama che si possa figura-re; miracolo di cielo e d'aria, vista di città e di paesi, dilago e di ville, di giardini e di poggi amenissimi, di pa-lagi e di chiese, di poveri tugurî e di vasti stabilimentiindustriali, di monti selvosi e di massi e vette cinericciee brulle d'Italia e di Svizzera, che gli è a pochi tratti didistanza, ed anche di Savoja, che si fa rappresentare dalnevoso Monte Rosa.

II.Sa ognuno di tutti noi come il monte Baradello chiu-

da il varco al Milanese, e non sia vero che girando intor-no ad esso si ritrovi la strada che passa a Chiasso, primo

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villaggio della Svizzera italiana: parrà strano nondimenoche a falsamente indicarlo fossero appunto due scrittoridi Como, e di quel valore che nessuno loro ricusa, comesono Paolo Giovio, lo storico, o storicone, come chi ilvoglia coll'Aretino corbellare1, e Gastone Rezzonicoprosatore e poeta non degli ultimi. Scrisse il primo, par-lando del Baradello: in edito jugo saxosae viae, quaetendit ad Helvetios; cantò il secondo:

minacciar dal giogoLo svizzero pedon che incerto movePer l'aspro calle i faticosi passi.

Di molto e molto si perdona al poeta, disse Orazio; èvero: ma forse non si è disposti ad accordargli la favolo-sa possa di Atlante di prendersi sulle spalle poderose unmonte per piantarlo, come gli garba, fuor del posto chegli ha assegnato madre natura.

Perchè si chiami Baradello, io potrei dirtene piùd'una, chè nulla è più agevole che immaginare origini,

1 Questo è il mordace epigramma od epitaffio che al ve-scovo di Nocera preparava quell'indemoniato:

Qui giace il Giovio storicone altissimo,Che di tutto sparlò, fuor che dell'asino,Scusandosi col dir: egli è mio prossimo.

Ma il Giovio era stato primo a scrivere di lui:

Qui giace l'Aretin poeta tosco,Di tutti parlò mal, fuor che di Dio,Scusandosi col dir: non lo conosco.

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villaggio della Svizzera italiana: parrà strano nondimenoche a falsamente indicarlo fossero appunto due scrittoridi Como, e di quel valore che nessuno loro ricusa, comesono Paolo Giovio, lo storico, o storicone, come chi ilvoglia coll'Aretino corbellare1, e Gastone Rezzonicoprosatore e poeta non degli ultimi. Scrisse il primo, par-lando del Baradello: in edito jugo saxosae viae, quaetendit ad Helvetios; cantò il secondo:

minacciar dal giogoLo svizzero pedon che incerto movePer l'aspro calle i faticosi passi.

Di molto e molto si perdona al poeta, disse Orazio; èvero: ma forse non si è disposti ad accordargli la favolo-sa possa di Atlante di prendersi sulle spalle poderose unmonte per piantarlo, come gli garba, fuor del posto chegli ha assegnato madre natura.

Perchè si chiami Baradello, io potrei dirtene piùd'una, chè nulla è più agevole che immaginare origini,

1 Questo è il mordace epigramma od epitaffio che al ve-scovo di Nocera preparava quell'indemoniato:

Qui giace il Giovio storicone altissimo,Che di tutto sparlò, fuor che dell'asino,Scusandosi col dir: egli è mio prossimo.

Ma il Giovio era stato primo a scrivere di lui:

Qui giace l'Aretin poeta tosco,Di tutti parlò mal, fuor che di Dio,Scusandosi col dir: non lo conosco.

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etimologie: mi basterà invece di accennare, come coloroche ne' varî nomi di radice greca che si trovano lungo illago ne' paesi - Lemna, Dorio, Nesso, Corenno, Colono,ecc. - presumono argomentare essere qui state coloniegreche, vogliano il nome di Baradello derivare dallevoci baris deile (βαρυς δειλη) ossia torre della bass'orao d'occidente, perchè dietro quelle giogaie tramonti ilsole; e chi invece dal celtico Barrdell, che significamonte piccolo; e infatti è nome pur dato all'altro monteBarr presso Lecco, tra Malgrate e Oggiono - Baro -, chePlinio, copiando Catone autore antico, non saprei conqual giudizio, pretende avesse sul suo culmine una cittàdenominata Barra, donde ne sarebbero venuti i Berga-maschi e il nome della Brianza.

Pei geologi può interessare per contrario il saperecome il colle Baradello si costituisca di pietra arenaria,non altrimenti che sono dell'egual roccia altre collinedella provincia, e, stando agli Atti della società patrioti-ca di Milano (Vol. III), se ne sarebbe nel passato trattoallume e giallamina.

III.Se veniamo alla storia, cose del pari malsicure ne se-

gnano i primordî del castello che sovraggiudica questomonte.

L'illustre autore della Storia della città e diocesi diComo, Cesare Cantù, che, del resto, di notizie del suolago e della Brianza ne ha diffuse per tanti libri, nè sarà

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etimologie: mi basterà invece di accennare, come coloroche ne' varî nomi di radice greca che si trovano lungo illago ne' paesi - Lemna, Dorio, Nesso, Corenno, Colono,ecc. - presumono argomentare essere qui state coloniegreche, vogliano il nome di Baradello derivare dallevoci baris deile (βαρυς δειλη) ossia torre della bass'orao d'occidente, perchè dietro quelle giogaie tramonti ilsole; e chi invece dal celtico Barrdell, che significamonte piccolo; e infatti è nome pur dato all'altro monteBarr presso Lecco, tra Malgrate e Oggiono - Baro -, chePlinio, copiando Catone autore antico, non saprei conqual giudizio, pretende avesse sul suo culmine una cittàdenominata Barra, donde ne sarebbero venuti i Berga-maschi e il nome della Brianza.

Pei geologi può interessare per contrario il saperecome il colle Baradello si costituisca di pietra arenaria,non altrimenti che sono dell'egual roccia altre collinedella provincia, e, stando agli Atti della società patrioti-ca di Milano (Vol. III), se ne sarebbe nel passato trattoallume e giallamina.

III.Se veniamo alla storia, cose del pari malsicure ne se-

gnano i primordî del castello che sovraggiudica questomonte.

L'illustre autore della Storia della città e diocesi diComo, Cesare Cantù, che, del resto, di notizie del suolago e della Brianza ne ha diffuse per tanti libri, nè sarà

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Page 28: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

certo l'ultima volta che a lui per esse ricorrerò, nel farcenno di questa torre quadrata che fra le ruine grandeg-gia di Baradello, la trovò mentovata nel documento diLiutprando re, che reca la data del 4 delle none d'apriledell'anno dell'incarnazione 800, primo del regno, indi-zione X, che, riferito in nota a pagina 103 (vol. I, edizio-ne Le Monnier), attesterebbe di assai doni da lui largitialla chiesa de' santi Carpoforo e compagni da lui fonda-ta. Al qual proposito commenta lo storico: Sebbenetroppi argomenti abbiamo addotti per giudicarlo, perciòvogliam fare stima che chi lo finse avrà procurato,quanto l'ignoranza glielo permetteva, di dargli aspettodi verità.

E soggiunge così le altre notizie che concernono ilfabbricato:

"L'abate Uspergense veramente ne attribuisce la fab-brica al Barbarossa; ma può ben essere che abbia il terri-bile imperatore fatto risorgere quel forte, smantellato daiMilanesi, allorchè Como distrussero. Il castello fu ab-battuto, sicchè nulla possiamo dedurre dalla sua forma:resta una torre massiccia, ma senza porta, nè altro carat-tere. Chi però ne guarda la solidità non troverà improba-bile tanta antichità sua. La tradizione aggiunge che unavia sotterranea guidasse di lassù sino al piano: fantasieapplicate ad ogni castello, e nel nostro la rende menoprobabile l'immensa difficoltà! Alla torre si avrà avutoaccesso per un ballatoio a quella finestra grande che èalla metà; e le fosse, che vogliono credere vestigia dellastrada segreta, saranno state cisterne per conservar

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certo l'ultima volta che a lui per esse ricorrerò, nel farcenno di questa torre quadrata che fra le ruine grandeg-gia di Baradello, la trovò mentovata nel documento diLiutprando re, che reca la data del 4 delle none d'apriledell'anno dell'incarnazione 800, primo del regno, indi-zione X, che, riferito in nota a pagina 103 (vol. I, edizio-ne Le Monnier), attesterebbe di assai doni da lui largitialla chiesa de' santi Carpoforo e compagni da lui fonda-ta. Al qual proposito commenta lo storico: Sebbenetroppi argomenti abbiamo addotti per giudicarlo, perciòvogliam fare stima che chi lo finse avrà procurato,quanto l'ignoranza glielo permetteva, di dargli aspettodi verità.

E soggiunge così le altre notizie che concernono ilfabbricato:

"L'abate Uspergense veramente ne attribuisce la fab-brica al Barbarossa; ma può ben essere che abbia il terri-bile imperatore fatto risorgere quel forte, smantellato daiMilanesi, allorchè Como distrussero. Il castello fu ab-battuto, sicchè nulla possiamo dedurre dalla sua forma:resta una torre massiccia, ma senza porta, nè altro carat-tere. Chi però ne guarda la solidità non troverà improba-bile tanta antichità sua. La tradizione aggiunge che unavia sotterranea guidasse di lassù sino al piano: fantasieapplicate ad ogni castello, e nel nostro la rende menoprobabile l'immensa difficoltà! Alla torre si avrà avutoaccesso per un ballatoio a quella finestra grande che èalla metà; e le fosse, che vogliono credere vestigia dellastrada segreta, saranno state cisterne per conservar

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Page 29: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

l'acqua."Dei tre castelli che fiancheggiavano la città di Como,

e che erano il Nuovo sopra San Martino, quel di Carna-sino e il Baradello, è certo che quest'ultimo fosse il me-glio importante.

L'opportunità del luogo (perocchè incomba alla città,e perchè non occupata da sue forze e da' suoi, la rocca lesi sarebbe potuto rivolger contro, se tenuta da nemici)non lascia dubitare che da antichissimo, e prima ancoradi re Liutprando, fosse una cittadella su quella cima eforse una di quelle ventotto che ricorda il Giovio esserestate oppugnate in queste parti da Marcello.

Federico Barbarossa la mise di poi in nuovo assetto, edovea chiudere nell'ampia sua cerchia il quartiere per laguarnigione ed anche il palazzo ove stanziava il podestàe dove pure albergarono quell'imperatore e la sua donna.

Non sarebbe difficile, a chi volesse studiarvi sulle rui-ne, assegnar il luogo del di lui palazzo, se esso fosse nelpiano eminente, o se alle falde: certo è dato argomentarecome esso dalle munizioni traesse il nome di Ca-merla-ta.

E ad altro vantaggioso scopo valeva eziandio la torredel Baradello, se vuolsi, com'io penso, aggiunger fede aquelle argute osservazioni dello storico testè citato, eche pure è prezzo dell'opera il riportare.

"Vi sarete accorti - scrive egli a pagina 47 del volumeprimo dell'opera succitata - come i luoghi principali fos-sero in punto di fortificazioni, così da resistere alla agi-tata fortuna. Ma poichè ognuno per sè era troppo poco o

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l'acqua."Dei tre castelli che fiancheggiavano la città di Como,

e che erano il Nuovo sopra San Martino, quel di Carna-sino e il Baradello, è certo che quest'ultimo fosse il me-glio importante.

L'opportunità del luogo (perocchè incomba alla città,e perchè non occupata da sue forze e da' suoi, la rocca lesi sarebbe potuto rivolger contro, se tenuta da nemici)non lascia dubitare che da antichissimo, e prima ancoradi re Liutprando, fosse una cittadella su quella cima eforse una di quelle ventotto che ricorda il Giovio esserestate oppugnate in queste parti da Marcello.

Federico Barbarossa la mise di poi in nuovo assetto, edovea chiudere nell'ampia sua cerchia il quartiere per laguarnigione ed anche il palazzo ove stanziava il podestàe dove pure albergarono quell'imperatore e la sua donna.

Non sarebbe difficile, a chi volesse studiarvi sulle rui-ne, assegnar il luogo del di lui palazzo, se esso fosse nelpiano eminente, o se alle falde: certo è dato argomentarecome esso dalle munizioni traesse il nome di Ca-merla-ta.

E ad altro vantaggioso scopo valeva eziandio la torredel Baradello, se vuolsi, com'io penso, aggiunger fede aquelle argute osservazioni dello storico testè citato, eche pure è prezzo dell'opera il riportare.

"Vi sarete accorti - scrive egli a pagina 47 del volumeprimo dell'opera succitata - come i luoghi principali fos-sero in punto di fortificazioni, così da resistere alla agi-tata fortuna. Ma poichè ognuno per sè era troppo poco o

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Page 30: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

per difendersi o per offendere, formavano una manieradi federazione, o fosse colla città principale, o contro diquella; ed era perciò mestieri usar qualche guisa per co-municarsi uno all'altro i pericoli, le decisioni, le avven-ture. L'età nostra adopera meravigliosi telegrafi, che col-la velocità dello sguardo tramandano a centinaia di mi-glia con esattezza le notizie; allora vi si doveva supplirecon grossolane maniere. Se ti fai a considerare, o lettore,le nostre parti, vedrai delle torri sulle punte, sui poggi,d'onde lontano possa la vista; or quelli appunto erano iposti su cui stavano le scolte per esplorare la campagnae per ricevere e tramandare i segni telegrafici. Accadevaun bisogno? doveasi chiamare a parlamento, alle armi?comunicar un ordine, una notizia? Bandiere di colore di-verso e variamente sciorinate, o meglio una o più fiam-me disposte ne' luoghi e nelle guise convenute, e repli-cate di vedetta in vedetta, propagavano abbastanza rapi-damente le novelle.

"Per questo erano stabilite le torri in modo che unaguardasse l'altra. Al Baradello, se vogliamo toglierlocome centro de' segni, corrisponde, verso il lago, Torno,o piuttosto quel colle presso Pognana che chiamano laCollina della Guardia; indi Argegno, oppure la Cava-gnola, che potevano comunicare alla Val Intelvi; poiBellagio, che da una parte alla Valassina, dall'altra alramo di Lecco, da sera mandava il cenno alla Val Me-naggio e pel castello di Grandola al lago di Lugano, esuperiormente a Rezzonico, donde alla torre d'Olonio,posta all'imboccatura della Valtellina. Da quella potea

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per difendersi o per offendere, formavano una manieradi federazione, o fosse colla città principale, o contro diquella; ed era perciò mestieri usar qualche guisa per co-municarsi uno all'altro i pericoli, le decisioni, le avven-ture. L'età nostra adopera meravigliosi telegrafi, che col-la velocità dello sguardo tramandano a centinaia di mi-glia con esattezza le notizie; allora vi si doveva supplirecon grossolane maniere. Se ti fai a considerare, o lettore,le nostre parti, vedrai delle torri sulle punte, sui poggi,d'onde lontano possa la vista; or quelli appunto erano iposti su cui stavano le scolte per esplorare la campagnae per ricevere e tramandare i segni telegrafici. Accadevaun bisogno? doveasi chiamare a parlamento, alle armi?comunicar un ordine, una notizia? Bandiere di colore di-verso e variamente sciorinate, o meglio una o più fiam-me disposte ne' luoghi e nelle guise convenute, e repli-cate di vedetta in vedetta, propagavano abbastanza rapi-damente le novelle.

"Per questo erano stabilite le torri in modo che unaguardasse l'altra. Al Baradello, se vogliamo toglierlocome centro de' segni, corrisponde, verso il lago, Torno,o piuttosto quel colle presso Pognana che chiamano laCollina della Guardia; indi Argegno, oppure la Cava-gnola, che potevano comunicare alla Val Intelvi; poiBellagio, che da una parte alla Valassina, dall'altra alramo di Lecco, da sera mandava il cenno alla Val Me-naggio e pel castello di Grandola al lago di Lugano, esuperiormente a Rezzonico, donde alla torre d'Olonio,posta all'imboccatura della Valtellina. Da quella potea

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Page 31: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

propagarsi all'altra torre, che si vede ancora sopra Sa-molaco, donde al castel di Gordona, feudo vescovile, eda quel di Chiavenna; e per la Valtellina al castello di Do-mosolo; e per le torri, poste principalmente sul verticedegli angoli salienti, fino alla serra che chiudeva i riso-luti Bormini. Volgendo a nord-ovest, rispondeva al Ba-radello la torre di San Nicolao a sopracapo di Mendri-sio, poi forse l'erta ed amena cima di San Salvatore, vi-sibile a tutto il Ceresio; poi pel monte Cenere tramanda-vasi il cenno a Bellinzona, al Verbano, alla Chiusa (laciosa) dei Lombardi. Verso mezzodì era la posta a Can-tù, donde propagavasi al Milanese ed alla rôcca delMontorfano, che può a' lontanissimi confini della Brian-za vedersi. I castelli posti tra mezzo apprendevano lenovelle di que' principali."

Il Castello di Baradello è ricordato come arnese cheassai figura nelle lotte guelfe e ghibelline del secolo de-cimoterzo. Sono note le guerresche fazioni de' Torriani ede' Visconti. I primi, comunque usciti dalla Valsássinadella provincia di Como, pur essendo di parte guelfa,s'erano legati a Milano con amicizia veramente larga.Avversi essi ai nobili, ch'erano stati cacciati, ed eletti acapitani del popolo, li combattevano con coraggio e va-lore, e se crudeli nelle ore solenni della pugna, eranomiti nondimeno e generosi dopo di essa; onde la storiaregistrò quel che Martino della Torre ebbe a dire quandonon volle trucidare i ghibellini da lui fatti prigionieri:"Poichè non ho potuto dar la vita, a nessuno vo' toglier-la." Ma espiarono tanta generosità; soccombendo a' Vi-

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propagarsi all'altra torre, che si vede ancora sopra Sa-molaco, donde al castel di Gordona, feudo vescovile, eda quel di Chiavenna; e per la Valtellina al castello di Do-mosolo; e per le torri, poste principalmente sul verticedegli angoli salienti, fino alla serra che chiudeva i riso-luti Bormini. Volgendo a nord-ovest, rispondeva al Ba-radello la torre di San Nicolao a sopracapo di Mendri-sio, poi forse l'erta ed amena cima di San Salvatore, vi-sibile a tutto il Ceresio; poi pel monte Cenere tramanda-vasi il cenno a Bellinzona, al Verbano, alla Chiusa (laciosa) dei Lombardi. Verso mezzodì era la posta a Can-tù, donde propagavasi al Milanese ed alla rôcca delMontorfano, che può a' lontanissimi confini della Brian-za vedersi. I castelli posti tra mezzo apprendevano lenovelle di que' principali."

Il Castello di Baradello è ricordato come arnese cheassai figura nelle lotte guelfe e ghibelline del secolo de-cimoterzo. Sono note le guerresche fazioni de' Torriani ede' Visconti. I primi, comunque usciti dalla Valsássinadella provincia di Como, pur essendo di parte guelfa,s'erano legati a Milano con amicizia veramente larga.Avversi essi ai nobili, ch'erano stati cacciati, ed eletti acapitani del popolo, li combattevano con coraggio e va-lore, e se crudeli nelle ore solenni della pugna, eranomiti nondimeno e generosi dopo di essa; onde la storiaregistrò quel che Martino della Torre ebbe a dire quandonon volle trucidare i ghibellini da lui fatti prigionieri:"Poichè non ho potuto dar la vita, a nessuno vo' toglier-la." Ma espiarono tanta generosità; soccombendo a' Vi-

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Page 32: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

sconti nella battaglia di Desio, Napo della Torre ed altridi sua famiglia vennero chiusi in una gabbia del Castel-lo Baradello, ed ivi così fieramente trattati da empir digemiti la valle ed a far iscrivere al Cronista: In castro deBaradello quasi canes tractati sunt.

IV.Sovra il colle medesimo del Baradeìlo vedesi ancora

a' dì nostri quella chiesa, che più sopra ho menzionata,sacra a San Carpoforo, che si vuole in paese sia stataeretta ne' primi secoli dell'êra cristiana. La tradizionepretende che in origine fosse tempio pagano dedicato aMercurio, e venisse poi convertita in chiesa cristiana evi fossero deposti e venerati i santi avanzi di Esanto,Cassio, Severo, Secondo, Licinio e Carpoforo, che si di-cono qui presso martirizzati per la fede, sotto l'impero diMassimiano Erculeo. Siccome poi nella medesima chie-sa sarebbe, giusta la pia tradizione, sepolto anche Felice,pur chiamato santo e che fu il primo vescovo di Como,così alla esistenza di tutte queste preziose e venerate re-liquie rese testimonianza una latina lapide, che or piùnon sussiste, ma che letta in addietro così suonava:

Huc veniens discat quæ corpora sancta requiratHoc altare tenet, sex tanto lumine splendent.Hic sunt Carpoforus, tum Cassius, atque Secundus,Et simul Exantus, Licinius atque Severus.Hi spernendo viri mortem pro nomine Christi,Nec metuendo mori, simul hic voluere reponi.

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sconti nella battaglia di Desio, Napo della Torre ed altridi sua famiglia vennero chiusi in una gabbia del Castel-lo Baradello, ed ivi così fieramente trattati da empir digemiti la valle ed a far iscrivere al Cronista: In castro deBaradello quasi canes tractati sunt.

IV.Sovra il colle medesimo del Baradeìlo vedesi ancora

a' dì nostri quella chiesa, che più sopra ho menzionata,sacra a San Carpoforo, che si vuole in paese sia stataeretta ne' primi secoli dell'êra cristiana. La tradizionepretende che in origine fosse tempio pagano dedicato aMercurio, e venisse poi convertita in chiesa cristiana evi fossero deposti e venerati i santi avanzi di Esanto,Cassio, Severo, Secondo, Licinio e Carpoforo, che si di-cono qui presso martirizzati per la fede, sotto l'impero diMassimiano Erculeo. Siccome poi nella medesima chie-sa sarebbe, giusta la pia tradizione, sepolto anche Felice,pur chiamato santo e che fu il primo vescovo di Como,così alla esistenza di tutte queste preziose e venerate re-liquie rese testimonianza una latina lapide, che or piùnon sussiste, ma che letta in addietro così suonava:

Huc veniens discat quæ corpora sancta requiratHoc altare tenet, sex tanto lumine splendent.Hic sunt Carpoforus, tum Cassius, atque Secundus,Et simul Exantus, Licinius atque Severus.Hi spernendo viri mortem pro nomine Christi,Nec metuendo mori, simul hic voluere reponi.

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Page 33: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

At talem numquam potuit quis cernere tumbamHic sanctis, sanctus locus est, multum venerandus,Quem nullus cædat, potius sed dona rependat.Extat et hic Felix divinis ductus habenis,Verum divinum studuit qui dicere primumComi nempe bonus, primus fuit iste patronus:In cœlis felix merito sit nomine Felix2.

Il medesimo re Liutprando, che più sopra ho nomina-to, e il quale restaurò questo tempio e gli fe', come giàdissi, molti doni, vuolsi vi facesse da Roma trasferireeziandio i corpi de' santi Giacinto e Proto.

Mette conto a chi ha asceso il Baradello il visitarequesti interessanti avanzi. Si conserva tuttavia l'absiderotonda, la torre del campanile quadrata, la confessionesotto l'altare, o scurolo, come si direbbe dal volgo, odaltrimenti cripta. All'altare poi si ascende per due latera-li gradinate.

V.Ora il Baradello non è più calpesto da militi catafratti,

ma percorso da allegre villanelle e da operosi contadini,perciocchè sia tutto ricinto di fertili colli e vi si scorgano2 "Chi ricerca le sante spoglie, qui venga e le ritroverà. Questo altare le chiudein numero di sei che splendono di immensa luce. Qui sono Carpoforo, Cassio eSecondo, unitamente ad Esanto, Licinio e Severo. Costoro, dispregiando pelnome di Cristo la morte, nè temendo morire, vollero qui essere collocati. Nes-suno potè mai dividerli nella tomba: santo e molto venerando essendo questoluogo, che ognuno rispetti ed anzi onori di doni. Qui da divino consiglio fu purtrasferito Felice, che pel primo predicò la divina parola; perocchè egli fu il pri-mo patrono di Como; onde tenendo fede al nome di Felice, è meritamente feli-ce su nei cieli."

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At talem numquam potuit quis cernere tumbamHic sanctis, sanctus locus est, multum venerandus,Quem nullus cædat, potius sed dona rependat.Extat et hic Felix divinis ductus habenis,Verum divinum studuit qui dicere primumComi nempe bonus, primus fuit iste patronus:In cœlis felix merito sit nomine Felix2.

Il medesimo re Liutprando, che più sopra ho nomina-to, e il quale restaurò questo tempio e gli fe', come giàdissi, molti doni, vuolsi vi facesse da Roma trasferireeziandio i corpi de' santi Giacinto e Proto.

Mette conto a chi ha asceso il Baradello il visitarequesti interessanti avanzi. Si conserva tuttavia l'absiderotonda, la torre del campanile quadrata, la confessionesotto l'altare, o scurolo, come si direbbe dal volgo, odaltrimenti cripta. All'altare poi si ascende per due latera-li gradinate.

V.Ora il Baradello non è più calpesto da militi catafratti,

ma percorso da allegre villanelle e da operosi contadini,perciocchè sia tutto ricinto di fertili colli e vi si scorgano2 "Chi ricerca le sante spoglie, qui venga e le ritroverà. Questo altare le chiudein numero di sei che splendono di immensa luce. Qui sono Carpoforo, Cassio eSecondo, unitamente ad Esanto, Licinio e Severo. Costoro, dispregiando pelnome di Cristo la morte, nè temendo morire, vollero qui essere collocati. Nes-suno potè mai dividerli nella tomba: santo e molto venerando essendo questoluogo, che ognuno rispetti ed anzi onori di doni. Qui da divino consiglio fu purtrasferito Felice, che pel primo predicò la divina parola; perocchè egli fu il pri-mo patrono di Como; onde tenendo fede al nome di Felice, è meritamente feli-ce su nei cieli."

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Page 34: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

signorili ville. A fianco della suddescritta chiesa di S.Carpoforo sorge la villa de' signori Venini, ora acquista-ta dal signor Castellini che ha un suo florido collegio dimaschile educazione a Camerlata. Non più l'all'erta del-le scolte parte dall'ampia torre, ma la canzone rustica dichi vi alberga si diffonde da quelle coltivate alture; nonarmi accolgonsi, ma istrumenti di agricoltura; ed allabassa Camerlata non fortilizî più si ritrovano, ma gliedifizî operosi della ferrovia; e più in giù, nella vallata,alla destra di Como, opificî industriali; e al piede delcolle, verso Garzola, la magnifica villa Larderia, ricca diacque che le scaturigini del monte le somministrano; poiquelle altre de' Martignoni, della Prudenziana e del dot-tor Carboni. Così ai frequenti gridi di guerra che perquelle vaghe pendici s'udivano ripercossi dagli echi de'monti circostanti, è succeduto il sibilo prolungato edacuto, ma pacifico, della locomotiva che annunzia l'arri-vo o che saluta la partenza di tanti e quotidiani viaggia-tori; alle agitazioni delle fazioni e alle intestine discor-die tennero dietro le tranquille cure e i riposi, a' qualiquesti beati recessi, privilegiati da natura, sembrano uni-camente destinati.

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signorili ville. A fianco della suddescritta chiesa di S.Carpoforo sorge la villa de' signori Venini, ora acquista-ta dal signor Castellini che ha un suo florido collegio dimaschile educazione a Camerlata. Non più l'all'erta del-le scolte parte dall'ampia torre, ma la canzone rustica dichi vi alberga si diffonde da quelle coltivate alture; nonarmi accolgonsi, ma istrumenti di agricoltura; ed allabassa Camerlata non fortilizî più si ritrovano, ma gliedifizî operosi della ferrovia; e più in giù, nella vallata,alla destra di Como, opificî industriali; e al piede delcolle, verso Garzola, la magnifica villa Larderia, ricca diacque che le scaturigini del monte le somministrano; poiquelle altre de' Martignoni, della Prudenziana e del dot-tor Carboni. Così ai frequenti gridi di guerra che perquelle vaghe pendici s'udivano ripercossi dagli echi de'monti circostanti, è succeduto il sibilo prolungato edacuto, ma pacifico, della locomotiva che annunzia l'arri-vo o che saluta la partenza di tanti e quotidiani viaggia-tori; alle agitazioni delle fazioni e alle intestine discor-die tennero dietro le tranquille cure e i riposi, a' qualiquesti beati recessi, privilegiati da natura, sembrano uni-camente destinati.

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ESCURSIONE SECONDA.IL GENEROSO.

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ESCURSIONE SECONDA.IL GENEROSO.

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Page 36: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

La città di Como. - La chiesa di S. Fedele. - La basilica di S. Ab-bondio. - Il Teatro. - Il Camposanto. - L'albergo Volta. - Chias-so. - Il Crotto e le polpette della Giovannina. - L'Albergo diMendrisio. - Dottore e albergatore. - Il Monte Generoso. - Sali-ta. - L'albergo del dottor Pasta. - La cura dell'aria. - Geologia,flora e fauna. - Il dottor Pasta. - L'albergo del Generoso. - Iltramonto. - Il Dosso-Bello. - La vetta. - Panorama. - Ancoral'albergo di Mendrisio. - La Cantina di Mendrisio. - L'Ospizio.- Vincenzo Vela. - Ligornetto. - Le cave di Arzo. - Le acquesolforose di Stabio. - San Pietro di Castello. - Romanzo stori-co.

I.Discesi dalla facile e coltivata eminenza del Baradel-

lo, non s'aspetti il lettore ch'io lo conduca subitamente allago e quivi il tragga al piroscafo che fumiga, ardentedella sua corsa quotidiana a Colico, o il faccia entrarenel burchiello, come vorrebbe il navicellaio, che ci sol-lecita, il berretto nell'una e la catena della barcanell'altra mano.

Como ha ben altro ad intrattenerlo per un giorno, eanche più, quando ami le cose veder per bene, non giàsolo per la futile soddisfazione di poter dire: "ho visto."

Fuor le mura avrà a vedere la chiesa di S. Fedele e lavicina fabbrica di macchine idrauliche del Regazzoni; labasilica di Sant'Abbondio, contemporanea a quella di S.Carpoforo, che ha già visitata sul Baradello, e che servìdi cattedrale insino al 1013, in cui il vescovo Albericov'ebbe a collocare i monaci retti dalla regola di S. Bene-

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La città di Como. - La chiesa di S. Fedele. - La basilica di S. Ab-bondio. - Il Teatro. - Il Camposanto. - L'albergo Volta. - Chias-so. - Il Crotto e le polpette della Giovannina. - L'Albergo diMendrisio. - Dottore e albergatore. - Il Monte Generoso. - Sali-ta. - L'albergo del dottor Pasta. - La cura dell'aria. - Geologia,flora e fauna. - Il dottor Pasta. - L'albergo del Generoso. - Iltramonto. - Il Dosso-Bello. - La vetta. - Panorama. - Ancoral'albergo di Mendrisio. - La Cantina di Mendrisio. - L'Ospizio.- Vincenzo Vela. - Ligornetto. - Le cave di Arzo. - Le acquesolforose di Stabio. - San Pietro di Castello. - Romanzo stori-co.

I.Discesi dalla facile e coltivata eminenza del Baradel-

lo, non s'aspetti il lettore ch'io lo conduca subitamente allago e quivi il tragga al piroscafo che fumiga, ardentedella sua corsa quotidiana a Colico, o il faccia entrarenel burchiello, come vorrebbe il navicellaio, che ci sol-lecita, il berretto nell'una e la catena della barcanell'altra mano.

Como ha ben altro ad intrattenerlo per un giorno, eanche più, quando ami le cose veder per bene, non giàsolo per la futile soddisfazione di poter dire: "ho visto."

Fuor le mura avrà a vedere la chiesa di S. Fedele e lavicina fabbrica di macchine idrauliche del Regazzoni; labasilica di Sant'Abbondio, contemporanea a quella di S.Carpoforo, che ha già visitata sul Baradello, e che servìdi cattedrale insino al 1013, in cui il vescovo Albericov'ebbe a collocare i monaci retti dalla regola di S. Bene-

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Page 37: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

detto e la cattedrale aprì in città nel Duomo attuale, chepur interessa di visitare, come uno dei più insigni monu-menti architettonici di Lombardia, autore Lorenzo degliSpazzi di Valtellina, compiuto poi da Tomaso Rodari diMaroggia, del quale son forse le due porticine dei fian-chi, di squisitissimo lavoro. Ammirerà in esso diversibuoni quadri, fra cui il Natale di Gesù; l'Adorazione deiMagi; i santi Cristoforo e Sebastiano e lo stupendo S.Girolamo di Bernardino Luini; lo Sposalizio di Maria ela Fuga in Egitto di Gaudenzio Ferrari. Nè lasci di dareuno sguardo al Pretorio, che sta a lato del Duomo; alsantuario del Crocifisso, per la fama che vi chiama a mi-gliaja i divoti; al Liceo, dove è interessante il gabinettodi fisica, in cui si trovano macchine che servirono a quelsovrano intelletto scopritore della pila, ad AlessandroVolta vuo' dire, al quale nella piazzetta prossima al lagovenne eretta una statua, mediocre opera di Pompeo Mar-chesi; al Teatro, architettato dal Cusi, ampliato dal Ru-spini e co' bei dipinti del Pagliano e dello Speluzzi.Veda anche il Camposanto, architettato dal Tatti, e in cuisi chiudono lodevoli monumenti, fra cui uno lodatissimod'Antonio Tantardini di Milano.

Il ricapito poi per l'intera giornata e per quanto ti av-verrà di passare in Como, non andrai errato ad eleggerloall'albergo Volta che, in riva al lago, sta presso al luogod'imbarcazione sui piroscafi. Ammodernato, vi si intro-dussero tutte le lautezze d'un albergo di prim'ordine, e ilforestiero di qualunque nazione e di qualunque più ele-vata condizione non può che trovarsi a suo bell'agio.

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detto e la cattedrale aprì in città nel Duomo attuale, chepur interessa di visitare, come uno dei più insigni monu-menti architettonici di Lombardia, autore Lorenzo degliSpazzi di Valtellina, compiuto poi da Tomaso Rodari diMaroggia, del quale son forse le due porticine dei fian-chi, di squisitissimo lavoro. Ammirerà in esso diversibuoni quadri, fra cui il Natale di Gesù; l'Adorazione deiMagi; i santi Cristoforo e Sebastiano e lo stupendo S.Girolamo di Bernardino Luini; lo Sposalizio di Maria ela Fuga in Egitto di Gaudenzio Ferrari. Nè lasci di dareuno sguardo al Pretorio, che sta a lato del Duomo; alsantuario del Crocifisso, per la fama che vi chiama a mi-gliaja i divoti; al Liceo, dove è interessante il gabinettodi fisica, in cui si trovano macchine che servirono a quelsovrano intelletto scopritore della pila, ad AlessandroVolta vuo' dire, al quale nella piazzetta prossima al lagovenne eretta una statua, mediocre opera di Pompeo Mar-chesi; al Teatro, architettato dal Cusi, ampliato dal Ru-spini e co' bei dipinti del Pagliano e dello Speluzzi.Veda anche il Camposanto, architettato dal Tatti, e in cuisi chiudono lodevoli monumenti, fra cui uno lodatissimod'Antonio Tantardini di Milano.

Il ricapito poi per l'intera giornata e per quanto ti av-verrà di passare in Como, non andrai errato ad eleggerloall'albergo Volta che, in riva al lago, sta presso al luogod'imbarcazione sui piroscafi. Ammodernato, vi si intro-dussero tutte le lautezze d'un albergo di prim'ordine, e ilforestiero di qualunque nazione e di qualunque più ele-vata condizione non può che trovarsi a suo bell'agio.

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Era indispensabile codesta indicazione; il lasciarla sa-rebbe stata mancanza verso il lettore, ingiustizia versochi ha dotato Como di uno stabilimento, senza cui ave-vasi ragione, scesi appena dalla Camerlata, difilarsi paripari al vapore, per ire in traccia d'albergo o alla Reginad'Inghilterra presso Cernobbio, o alla Cadenabbia, o aBellagio od a Menaggio.

II.Una passeggiata conviene ora che facciamo insieme,

la quale avrei volontieri riservata, per procedere ordina-tamente, allorchè giunti a mezzo del lago, che or misuroda Como a Bellagio, ci sarebbe occorso di scendere dal-la barca o dal vapore ad Argegno, per metterci dentro laValle Intelvi. Ma siccome non intendo di abusare dellegambe del mio lettore, nè farlo inerpicare di troppo super le balze di San Fedele, così per giungere all'egualmeta, approfittando delle mutate condizioni politicheche ricondussero fra noi e i nostri vicini della Svizzerale migliori relazioni d'amicizia, perchè già della medesi-ma famiglia, onde non sia più mestieri ricorrere a passa-porti o ad altri documenti personali, usciamo di Como,montiamo adagiati in carrozza il facile pendiodell'Olimpino, varchiamo il confine italiano, e, oltrepas-sato Chiasso...

Ma no; prima di oltrepassarlo, d'una promessa ho asdebitarmi.

Chiasso era dapprima una borgata, che sembrava fatta

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Era indispensabile codesta indicazione; il lasciarla sa-rebbe stata mancanza verso il lettore, ingiustizia versochi ha dotato Como di uno stabilimento, senza cui ave-vasi ragione, scesi appena dalla Camerlata, difilarsi paripari al vapore, per ire in traccia d'albergo o alla Reginad'Inghilterra presso Cernobbio, o alla Cadenabbia, o aBellagio od a Menaggio.

II.Una passeggiata conviene ora che facciamo insieme,

la quale avrei volontieri riservata, per procedere ordina-tamente, allorchè giunti a mezzo del lago, che or misuroda Como a Bellagio, ci sarebbe occorso di scendere dal-la barca o dal vapore ad Argegno, per metterci dentro laValle Intelvi. Ma siccome non intendo di abusare dellegambe del mio lettore, nè farlo inerpicare di troppo super le balze di San Fedele, così per giungere all'egualmeta, approfittando delle mutate condizioni politicheche ricondussero fra noi e i nostri vicini della Svizzerale migliori relazioni d'amicizia, perchè già della medesi-ma famiglia, onde non sia più mestieri ricorrere a passa-porti o ad altri documenti personali, usciamo di Como,montiamo adagiati in carrozza il facile pendiodell'Olimpino, varchiamo il confine italiano, e, oltrepas-sato Chiasso...

Ma no; prima di oltrepassarlo, d'una promessa ho asdebitarmi.

Chiasso era dapprima una borgata, che sembrava fatta

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apposta per beneficio di noi Lombardi, che volevamosdrucciolar fuori dalle mani de' nostri passati dominato-ri, quando, per un capriccio di poliziotto, per un sospettogenerato da cattiva digestione del direttore di polizia diMilano, ci volevano agguantare. Al di là de' pilastriniche per mezzo di una trave abbarrano il confine, Chias-so si distende, per mezzo diviso dalla strada che condu-ce a Capolago ed a Lugano, fiancheggiato da erbosi col-li e da montagne popolate da paeselli e casolari, comebranco di pecore pascenti3, direbbe il nostro Manzoni.Ora Chiasso ha bel rilievo da una nascente fabbrica ditabacchi, che prepara sì eccellenti cigari, da sembrareche lo faccia espressamente a rendere ancora più insop-portabili quelli che a noi dà la Regía; ha un albergo; eper noi, che non abbiamo l'agio di soggiornarvi, ha ilCrotto della Giovannina, deliziosissimo chalet, d'archi-tettura svizzera, che il mio ottimo ed ospitale amico, ilcolonnello federale Costantino Bernasconi, ha fabbrica-to, ma che alla barba sua prese il nome dalla sua condut-trice, e che io raccomando a chi transita per Chiasso,non a' gaudenti della vicina Como, che già vi corrono ladomenica a chiedere le polpette della Giovannina, resecelebri oramai, e che farebbero venire l'acquolina... no,volevo dire l'absinzio in bocca al chiarissimo autore del-la Giovinezza di Giulio Cesare, perchè di color mogano,com'ei le brama.

La promessa era appunto quella di segnalare questo

3 Promessi Sposi, Cap. VIII.

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apposta per beneficio di noi Lombardi, che volevamosdrucciolar fuori dalle mani de' nostri passati dominato-ri, quando, per un capriccio di poliziotto, per un sospettogenerato da cattiva digestione del direttore di polizia diMilano, ci volevano agguantare. Al di là de' pilastriniche per mezzo di una trave abbarrano il confine, Chias-so si distende, per mezzo diviso dalla strada che condu-ce a Capolago ed a Lugano, fiancheggiato da erbosi col-li e da montagne popolate da paeselli e casolari, comebranco di pecore pascenti3, direbbe il nostro Manzoni.Ora Chiasso ha bel rilievo da una nascente fabbrica ditabacchi, che prepara sì eccellenti cigari, da sembrareche lo faccia espressamente a rendere ancora più insop-portabili quelli che a noi dà la Regía; ha un albergo; eper noi, che non abbiamo l'agio di soggiornarvi, ha ilCrotto della Giovannina, deliziosissimo chalet, d'archi-tettura svizzera, che il mio ottimo ed ospitale amico, ilcolonnello federale Costantino Bernasconi, ha fabbrica-to, ma che alla barba sua prese il nome dalla sua condut-trice, e che io raccomando a chi transita per Chiasso,non a' gaudenti della vicina Como, che già vi corrono ladomenica a chiedere le polpette della Giovannina, resecelebri oramai, e che farebbero venire l'acquolina... no,volevo dire l'absinzio in bocca al chiarissimo autore del-la Giovinezza di Giulio Cesare, perchè di color mogano,com'ei le brama.

La promessa era appunto quella di segnalare questo

3 Promessi Sposi, Cap. VIII.

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simpatico recesso, a pochi passi dal paese, lungo l'acquadella Falopia che scorre in sottil vena, protettodall'ombra di superbi tigli, fatto più bello e più fresco dauna cascata pittoresca, e più ricerco pel suo vino diChambery che vi si beve. Non dimenticherò l'ora che viho passata, nè il ballo della sera, dove al suonodell'organetto, uomini e donne di tutte le condizioni re-pubblicanamente ballonzolavano e si turbinavano in cer-te polke e in certi waltzer, che direbbonsi impossibili, seveduti non li avessi. Vidi colà l'elegante dalla cravattabianca irreprensibile e il contrabbandiere in manica dicamicia rimboccata all'insù del gomito, la guardia di fi-nanza italiana e lo svizzero carabiniere, l'impiegato e ilcontadino, l'operaja e la sguajata manutengola del frodo;una baraonda, insomma, vispa, matta e rumorosa da co-municarvi, anche vostro malgrado, il buon umore el'allegria.

III.Dopo ciò, tiriamo dritto.Passiamo Balerna, villa un dì del vescovo di Como,

rivendicata ora dal Comune, e arrestiamoci in Mendrisioall'albergo che dal paese assunse il nome d'Albergo diMendrisio, del signor Bernardino Pasta, che, primad'essere albergatore fu un egregio pittor di genere, leopere del quale andavan spesso assai lodate alle esposi-zioni di belle arti nel palazzo di Brera a Milano. Sonoquivi le pazienti cavalcature che ci devono condurre sul

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simpatico recesso, a pochi passi dal paese, lungo l'acquadella Falopia che scorre in sottil vena, protettodall'ombra di superbi tigli, fatto più bello e più fresco dauna cascata pittoresca, e più ricerco pel suo vino diChambery che vi si beve. Non dimenticherò l'ora che viho passata, nè il ballo della sera, dove al suonodell'organetto, uomini e donne di tutte le condizioni re-pubblicanamente ballonzolavano e si turbinavano in cer-te polke e in certi waltzer, che direbbonsi impossibili, seveduti non li avessi. Vidi colà l'elegante dalla cravattabianca irreprensibile e il contrabbandiere in manica dicamicia rimboccata all'insù del gomito, la guardia di fi-nanza italiana e lo svizzero carabiniere, l'impiegato e ilcontadino, l'operaja e la sguajata manutengola del frodo;una baraonda, insomma, vispa, matta e rumorosa da co-municarvi, anche vostro malgrado, il buon umore el'allegria.

III.Dopo ciò, tiriamo dritto.Passiamo Balerna, villa un dì del vescovo di Como,

rivendicata ora dal Comune, e arrestiamoci in Mendrisioall'albergo che dal paese assunse il nome d'Albergo diMendrisio, del signor Bernardino Pasta, che, primad'essere albergatore fu un egregio pittor di genere, leopere del quale andavan spesso assai lodate alle esposi-zioni di belle arti nel palazzo di Brera a Milano. Sonoquivi le pazienti cavalcature che ci devono condurre sul

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Generoso; perocchè non abbia detto ancora che lo scopodella nostra passeggiata è l'ascesa al Generoso.

E sarà bene che ci informiamo dapprima se l'albergoche sta sopra a questo monte abbia ancora qualche ca-mera in libertà; perchè avvenga non di rado che inglesi eamericani, tedeschi e francesi, italiani e svizzeri, tantoin numero vi si trovino, da non lasciarvi uno de' cento epiù letti che vi stanno; e in tal caso il signor Pasta Ber-nardino di Mendrisio, fratello al dottor Carlo Pasta, ch'èl'albergatore del Generoso, vi potrà allora ospitare de-gnamente; perocchè vi abbia adesso allestito il proprioalbergo di tutti i conforti della vita.

Ad ogni modo, salvo a ridirne nel ritorno dal Genero-so, noi possiamo farvi qui l'asciolvere nostro, mentrestaccansi gli asini ed i muli dalla greppia e vi s'adattanole selle per le signore, e troveremo il nostro conto. Lavia ne richiamerà almen due ore; l'aria del monte ne ren-derà acuto l'appetito; sarà bene pertanto seguire il mioavviso.

Intanto che facciamo onore alla buona colazione checi dà il signor Pasta, discorriamo un po' del Generoso,che dovremo ascendere fra breve.

Esso è il monte più alto di quel gruppo delle Prealpiche sorge fra le valli di Mendrisio e d'Intelvi, e De Wel-den ne misurò l'altezza barometrica della punta meridio-nale fino a metri 1740, e il ticinese Lavezzari quella del-la punta settentrionale fino a metri 1733 sopra il livello

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Generoso; perocchè non abbia detto ancora che lo scopodella nostra passeggiata è l'ascesa al Generoso.

E sarà bene che ci informiamo dapprima se l'albergoche sta sopra a questo monte abbia ancora qualche ca-mera in libertà; perchè avvenga non di rado che inglesi eamericani, tedeschi e francesi, italiani e svizzeri, tantoin numero vi si trovino, da non lasciarvi uno de' cento epiù letti che vi stanno; e in tal caso il signor Pasta Ber-nardino di Mendrisio, fratello al dottor Carlo Pasta, ch'èl'albergatore del Generoso, vi potrà allora ospitare de-gnamente; perocchè vi abbia adesso allestito il proprioalbergo di tutti i conforti della vita.

Ad ogni modo, salvo a ridirne nel ritorno dal Genero-so, noi possiamo farvi qui l'asciolvere nostro, mentrestaccansi gli asini ed i muli dalla greppia e vi s'adattanole selle per le signore, e troveremo il nostro conto. Lavia ne richiamerà almen due ore; l'aria del monte ne ren-derà acuto l'appetito; sarà bene pertanto seguire il mioavviso.

Intanto che facciamo onore alla buona colazione checi dà il signor Pasta, discorriamo un po' del Generoso,che dovremo ascendere fra breve.

Esso è il monte più alto di quel gruppo delle Prealpiche sorge fra le valli di Mendrisio e d'Intelvi, e De Wel-den ne misurò l'altezza barometrica della punta meridio-nale fino a metri 1740, e il ticinese Lavezzari quella del-la punta settentrionale fino a metri 1733 sopra il livello

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del mare4. Vien chiamato eziandio Mendrisone e Calva-gione, con quest'ultimo nome venendo designato da'valligiani del versante lombardo; ed appartiene tantoalla Svizzera italiana che alla nostra Lombardia, perchèappunto pria di giungere sulla vetta sta la pietra che di-vide i due territorj. Ma siccome a noi insegnano gli sta-tistici che nel dire de' confini d'un paese, non si abbadi aque' limiti temporanei che può imporre la politica con-tingente, così certo non andò lontano dal vero chi ilMonte Generoso, per la maraviglia del panorama di cuidispone da' suoi culmini, ebbe a chiamarlo il Righi lom-bardo, a simiglianza di quello svizzero, che ergesi al disopra di Zurigo, dove, malgrado la sua antica celebrità ela vista de' sottoposti laghi di Zug, dei Quattro Cantoni,di Loverz e di Sempach, e de' monti elvetici, non haperò l'ampiezza dell'orizzonte e la serenità del Genero-so, ricinto non da brulle roccie, ma da monti coperti diverzura e di fiori, e sorridente alle acque del Lario e delCeresio che si vedono scorrergli ai piedi, e più lontano aquelle del lago di Varese coi vicini laghetti di Biandron-no, di Monate, di Comabbio e di Muzzano, e più lonta-no ancora a quelle del Verbano.

4 Vedi Bullettino del Club alpino Italiano (che si pubblica, in Torino), N. 13 delsecondo semestre 1868, in un articolo dell'ingegnere Edoardo Kramer. Nellospecchio delle ordinate che si vede in fine, oltre la misura fattane dal De Wel-den, si dà quella di Dufour, che è di soli metri 1698; di Oriani, che è di metri1738, e del Lavizzari, che è di metri 1739.

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del mare4. Vien chiamato eziandio Mendrisone e Calva-gione, con quest'ultimo nome venendo designato da'valligiani del versante lombardo; ed appartiene tantoalla Svizzera italiana che alla nostra Lombardia, perchèappunto pria di giungere sulla vetta sta la pietra che di-vide i due territorj. Ma siccome a noi insegnano gli sta-tistici che nel dire de' confini d'un paese, non si abbadi aque' limiti temporanei che può imporre la politica con-tingente, così certo non andò lontano dal vero chi ilMonte Generoso, per la maraviglia del panorama di cuidispone da' suoi culmini, ebbe a chiamarlo il Righi lom-bardo, a simiglianza di quello svizzero, che ergesi al disopra di Zurigo, dove, malgrado la sua antica celebrità ela vista de' sottoposti laghi di Zug, dei Quattro Cantoni,di Loverz e di Sempach, e de' monti elvetici, non haperò l'ampiezza dell'orizzonte e la serenità del Genero-so, ricinto non da brulle roccie, ma da monti coperti diverzura e di fiori, e sorridente alle acque del Lario e delCeresio che si vedono scorrergli ai piedi, e più lontano aquelle del lago di Varese coi vicini laghetti di Biandron-no, di Monate, di Comabbio e di Muzzano, e più lonta-no ancora a quelle del Verbano.

4 Vedi Bullettino del Club alpino Italiano (che si pubblica, in Torino), N. 13 delsecondo semestre 1868, in un articolo dell'ingegnere Edoardo Kramer. Nellospecchio delle ordinate che si vede in fine, oltre la misura fattane dal De Wel-den, si dà quella di Dufour, che è di soli metri 1698; di Oriani, che è di metri1738, e del Lavizzari, che è di metri 1739.

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IV.Ma le nostre cavalcature scalpitano, le nostre guide

attendono: affrettiamoci. Quando discenderemo domani,occuperemo la giornata nel visitare gli interessanti din-torni del piano.

La via che scegliamo è la migliore. Se non abbiamoaspettato ad andare sul Generoso dalla parte diVall'Intelvi, a causa del cammino dirupato, mai più nonci vorremmo noi avventurare per l'erta e non meno diffi-cile via di Maroggio sul lago di Lugano e che passa perRovio. Pigliamo adunque questa stradicciuola che ciscorge a Salorino: sarà la più facile, la più amena.

Breve è il tratto che riesce a quel montano paesello, epresto lasciatolo addietro, s'entra in una valle e quindi inboschi di castagni e faggi, poi si traversano praterie, sirasentano burroni, si aprono prospettive mirabili ed in-cantevoli: dappertutto si svolgono quadri d'una naturaagreste, ma piena di poesia, onde legittima è l'estasi de-gli artisti, che ad ogni istante vi rinvengono trovate esoggetti a studî ed a schizzi. A quando ridente, a quandosevera, sia che si presentino verdi tappeti smaltati di fio-ri, sia che si parino avanti roccie ed abissi, la via riesceognora interessante, ed è appena se dal tumulto degli af-fetti che vi tenzonano nell'anima, tutta occupata dallepiù svariate sensazioni, ora liete or melanconiche, e sedalle or sublimi ed or terrene imagini, che vi avvicenda-no il sorriso e la volontà del piangere, l'inno e l'ana-creontica, vi richiama il tintinnío della campanella del

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IV.Ma le nostre cavalcature scalpitano, le nostre guide

attendono: affrettiamoci. Quando discenderemo domani,occuperemo la giornata nel visitare gli interessanti din-torni del piano.

La via che scegliamo è la migliore. Se non abbiamoaspettato ad andare sul Generoso dalla parte diVall'Intelvi, a causa del cammino dirupato, mai più nonci vorremmo noi avventurare per l'erta e non meno diffi-cile via di Maroggio sul lago di Lugano e che passa perRovio. Pigliamo adunque questa stradicciuola che ciscorge a Salorino: sarà la più facile, la più amena.

Breve è il tratto che riesce a quel montano paesello, epresto lasciatolo addietro, s'entra in una valle e quindi inboschi di castagni e faggi, poi si traversano praterie, sirasentano burroni, si aprono prospettive mirabili ed in-cantevoli: dappertutto si svolgono quadri d'una naturaagreste, ma piena di poesia, onde legittima è l'estasi de-gli artisti, che ad ogni istante vi rinvengono trovate esoggetti a studî ed a schizzi. A quando ridente, a quandosevera, sia che si presentino verdi tappeti smaltati di fio-ri, sia che si parino avanti roccie ed abissi, la via riesceognora interessante, ed è appena se dal tumulto degli af-fetti che vi tenzonano nell'anima, tutta occupata dallepiù svariate sensazioni, ora liete or melanconiche, e sedalle or sublimi ed or terrene imagini, che vi avvicenda-no il sorriso e la volontà del piangere, l'inno e l'ana-creontica, vi richiama il tintinnío della campanella del

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vostro ronzino, o l'inciampar di esso in qualche ciottoloimportuno.

Non temere, gentile compagna della nostra peregrina-zione; nessun pericolo si presenta lungo tutta la via; affi-dati secura alla robusta guida che fiancheggia la tua co-moda cavalcatura, e tutta e interamente godi del nuovospettacolo che ti si offre davanti.

Ma il filo telegrafico che d'un tratto si vede, ti invita aseguirne il corso e presto ti fa scorgere primi i fumajuo-li, che mandando dalle loro gole colonne di fumo, av-vertono che la meta è vicina, che l'abitato è imminente.

Ecco, l'albergo si affaccia finalmente; ecco.... lo vediin tutta la sua estensione. Tanta grandiosità ti fa maravi-gliato e corri subito a pensare quanto ardimento sia statoquello di chi osò escogitarlo a tanta altezza, poichè sia-mo a 1209 metri sul livello del mare5, e quanta fede ab-bia egli avuto nella sua impresa da avventurare tantafortuna.

Questo coraggioso fu il signor Carlo Pasta.

V.Vorrei descrivere l'albergo magnifico a cui siamo arri-

vati; ma prima ne reclama l'attenzione nostra la personadel suo proprietario. Egli è venuto incontro a ricevercidel miglior garbo possibile; è di lui dunque che primadobbiamo intrattenerci.

Il signor Carlo Pasta non è soltanto albergatore: egli è

5 Lavizzari, pag. 14.

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vostro ronzino, o l'inciampar di esso in qualche ciottoloimportuno.

Non temere, gentile compagna della nostra peregrina-zione; nessun pericolo si presenta lungo tutta la via; affi-dati secura alla robusta guida che fiancheggia la tua co-moda cavalcatura, e tutta e interamente godi del nuovospettacolo che ti si offre davanti.

Ma il filo telegrafico che d'un tratto si vede, ti invita aseguirne il corso e presto ti fa scorgere primi i fumajuo-li, che mandando dalle loro gole colonne di fumo, av-vertono che la meta è vicina, che l'abitato è imminente.

Ecco, l'albergo si affaccia finalmente; ecco.... lo vediin tutta la sua estensione. Tanta grandiosità ti fa maravi-gliato e corri subito a pensare quanto ardimento sia statoquello di chi osò escogitarlo a tanta altezza, poichè sia-mo a 1209 metri sul livello del mare5, e quanta fede ab-bia egli avuto nella sua impresa da avventurare tantafortuna.

Questo coraggioso fu il signor Carlo Pasta.

V.Vorrei descrivere l'albergo magnifico a cui siamo arri-

vati; ma prima ne reclama l'attenzione nostra la personadel suo proprietario. Egli è venuto incontro a ricevercidel miglior garbo possibile; è di lui dunque che primadobbiamo intrattenerci.

Il signor Carlo Pasta non è soltanto albergatore: egli è

5 Lavizzari, pag. 14.

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il dottor Pasta. Non è quindi a cercarsi se in lui l'idea dirizzare questo magnifico stabilimento sia stata pullulatadall'interesse unicamente: egli, se da esso fosse statomosso soltanto, non l'avrebbe osato; vorrei dire di più,sarebbe stato temerario. Medico dotto, egli vagheggiò lasua impresa anche a beneficio di chi vorrebbe poi ricer-care il ristauramento della salute alla salubrità dell'aere.Sì, quassù sul Generoso non si viene per cure termali; ilbuon dottore lascia che le acque di queste balze scenda-no pei due versanti e si gittino per una parte nel Lario,per l'altra nel Ceresio; la cura ch'egli vi offre è quelladell'aria, ed è la meno incomoda, la meno dispendiosa,la più certa. Qui si allargano i polmoni che la bevono, sirinnova l'appetito, si rintegrano le forze, si alleggeriscedalle cure lo spirito, e si discende poi con tanto tesoro disalute e di buon umore da sfidare e le umide brume del-la bassa e il cumulo, non meno infesto, delle cure citta-dine.

Lettore, se a te sono aperte le discipline delle scienzenaturali, il tuo cammino può fornirti inoltre larga mate-ria ad osservazioni e studî. Le condizioni geologichedelle roccie e l'abbondanza dei fossili possono esercitareassai spesso il tuo martello, se geologo; come la ricchis-sima flora ad ogni momento può arricchire la tua raccol-ta, se botanico.

La natura delle roccie è la calcarea grigia basicadell'êra giurassica; più in su per altro si incontrano ban-chi estesi stratificati di calcare rosso ammonitico, e piùin su ancora altri banchi di un calcare bianco, più comu-

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il dottor Pasta. Non è quindi a cercarsi se in lui l'idea dirizzare questo magnifico stabilimento sia stata pullulatadall'interesse unicamente: egli, se da esso fosse statomosso soltanto, non l'avrebbe osato; vorrei dire di più,sarebbe stato temerario. Medico dotto, egli vagheggiò lasua impresa anche a beneficio di chi vorrebbe poi ricer-care il ristauramento della salute alla salubrità dell'aere.Sì, quassù sul Generoso non si viene per cure termali; ilbuon dottore lascia che le acque di queste balze scenda-no pei due versanti e si gittino per una parte nel Lario,per l'altra nel Ceresio; la cura ch'egli vi offre è quelladell'aria, ed è la meno incomoda, la meno dispendiosa,la più certa. Qui si allargano i polmoni che la bevono, sirinnova l'appetito, si rintegrano le forze, si alleggeriscedalle cure lo spirito, e si discende poi con tanto tesoro disalute e di buon umore da sfidare e le umide brume del-la bassa e il cumulo, non meno infesto, delle cure citta-dine.

Lettore, se a te sono aperte le discipline delle scienzenaturali, il tuo cammino può fornirti inoltre larga mate-ria ad osservazioni e studî. Le condizioni geologichedelle roccie e l'abbondanza dei fossili possono esercitareassai spesso il tuo martello, se geologo; come la ricchis-sima flora ad ogni momento può arricchire la tua raccol-ta, se botanico.

La natura delle roccie è la calcarea grigia basicadell'êra giurassica; più in su per altro si incontrano ban-chi estesi stratificati di calcare rosso ammonitico, e piùin su ancora altri banchi di un calcare bianco, più comu-

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nemente detto majolica, atto a mutarsi in calce eccellen-te. Sulle vette del Generoso, nella roccia di calcare fo-sco si scoprirono conchiglie, spirifere, terebratule epentacriniti, e nel calcare rosso molte specie di ammo-niti.

Se poi si voglia erborizzare, verrà in copia sotto manol'aconito, l'arnica, la genziana, la belladonna, l'assenzio,i rododendri, le rose, gli anemoni, le primule soavi, i ra-nuncoli, le achillee, le sassifraghe, le cinerarie, i candidiasfodeli, il nero veratro, le dafni alpine, le rute, le peo-nie, le silene, le betulle, le orchidee, i crisantemi corim-bosi, e cento altre specie di piante, che io non sapreienumerare, ma delle quali il dotto Lavizzari ha tenutoesatto conto colla nomenclatura di Linneo e d'altri bota-nici6. Tutti però, anche al nostro occhio profano, col loroabito roseo o cilestro, giallo oppur bianco, violaceo onero, fra tappeti di verzura e con tutte le gradazionidell'iride, cospirano a smaltarci il cammino, a rallegrarcila vista, a profumarci l'aere, a compiere l'incanto di sìdiverse scene. Fra' cespugli s'ode il zirlare del tordo, super gli alberi il gorgheggiare dell'usignuolo e il trillardella capinera; mentre dai greppi inaccessibili modulanoi loro canti il passero solitario e il codirosso, e lontanolontano s'ode l'intermittente suono delle campanelle del-le mandre pascolanti sulla montagna.

A tutto ciò aggiungi l'azzurra vôlta de' cieli, limpida epura come tra' monti, il bacio dell'aure che ti refrigerano6 Il Monte Generoso ed i suoi dintorni, del dottor Luigi Lavizzari. Lugano, ti-pografia Veladini, 1869.

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nemente detto majolica, atto a mutarsi in calce eccellen-te. Sulle vette del Generoso, nella roccia di calcare fo-sco si scoprirono conchiglie, spirifere, terebratule epentacriniti, e nel calcare rosso molte specie di ammo-niti.

Se poi si voglia erborizzare, verrà in copia sotto manol'aconito, l'arnica, la genziana, la belladonna, l'assenzio,i rododendri, le rose, gli anemoni, le primule soavi, i ra-nuncoli, le achillee, le sassifraghe, le cinerarie, i candidiasfodeli, il nero veratro, le dafni alpine, le rute, le peo-nie, le silene, le betulle, le orchidee, i crisantemi corim-bosi, e cento altre specie di piante, che io non sapreienumerare, ma delle quali il dotto Lavizzari ha tenutoesatto conto colla nomenclatura di Linneo e d'altri bota-nici6. Tutti però, anche al nostro occhio profano, col loroabito roseo o cilestro, giallo oppur bianco, violaceo onero, fra tappeti di verzura e con tutte le gradazionidell'iride, cospirano a smaltarci il cammino, a rallegrarcila vista, a profumarci l'aere, a compiere l'incanto di sìdiverse scene. Fra' cespugli s'ode il zirlare del tordo, super gli alberi il gorgheggiare dell'usignuolo e il trillardella capinera; mentre dai greppi inaccessibili modulanoi loro canti il passero solitario e il codirosso, e lontanolontano s'ode l'intermittente suono delle campanelle del-le mandre pascolanti sulla montagna.

A tutto ciò aggiungi l'azzurra vôlta de' cieli, limpida epura come tra' monti, il bacio dell'aure che ti refrigerano6 Il Monte Generoso ed i suoi dintorni, del dottor Luigi Lavizzari. Lugano, ti-pografia Veladini, 1869.

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e fanno stormir le frondi, le liste argentee dei laghi cheti vengono poco a poco apparendo, mano mano che sa-lendo domini l'orizzonte, e ti scompajono quindi dietroun colle, per ricomparirti dipoi più estesi.

Io vi consiglio adunque la cura dell'aria del Generosoper una ventina di giorni almeno. Dai primi di maggio atutto settembre lo stabilimento del dottor Pasta è a vo-stra disposizione; con riserva, io credo, che lo sia tuttol'anno, quando la ragione e la moda pe' viaggiatori vitrarranno non interrotto concorso, e una via di ferro,come ho udito dirsi che intendasi di fare, ne agevolerà lasalita.

Questo brav'uomo del dottor Pasta diventa ben prestol'amico e il consigliero de' suoi ospiti. Di gentili e apertemaniere, colto non solo ma dotto, voi vivete tranquillianche sul più leggiero incomodo di salute. Tutto ciò co-stituisce il segreto che attira tanto concorso aquest'albergo, sì che non valse a rattenere in Mendrisiopiù d'un Inglese, cui fu dall'alto telegrafato essere tutteoccupate le camere dell'albergo e i più che cento suoiletti.

Stretta la mano al simpatico albergatore, sul piazzalestesso che sta davanti all'albergo, malgrado che la salitavi abbia per avventura un po' affaticati, pure non potetea meno di rivolgervi a scorrere d'un'occhiatatutt'all'intorno il superbo e pittoresco orizzonte che vi sischiera davanti.

Ma esso vi basti per ora: di quell'orizzonte, ed anchedi meglio, ci occuperemo nella gita che faremo sulla

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e fanno stormir le frondi, le liste argentee dei laghi cheti vengono poco a poco apparendo, mano mano che sa-lendo domini l'orizzonte, e ti scompajono quindi dietroun colle, per ricomparirti dipoi più estesi.

Io vi consiglio adunque la cura dell'aria del Generosoper una ventina di giorni almeno. Dai primi di maggio atutto settembre lo stabilimento del dottor Pasta è a vo-stra disposizione; con riserva, io credo, che lo sia tuttol'anno, quando la ragione e la moda pe' viaggiatori vitrarranno non interrotto concorso, e una via di ferro,come ho udito dirsi che intendasi di fare, ne agevolerà lasalita.

Questo brav'uomo del dottor Pasta diventa ben prestol'amico e il consigliero de' suoi ospiti. Di gentili e apertemaniere, colto non solo ma dotto, voi vivete tranquillianche sul più leggiero incomodo di salute. Tutto ciò co-stituisce il segreto che attira tanto concorso aquest'albergo, sì che non valse a rattenere in Mendrisiopiù d'un Inglese, cui fu dall'alto telegrafato essere tutteoccupate le camere dell'albergo e i più che cento suoiletti.

Stretta la mano al simpatico albergatore, sul piazzalestesso che sta davanti all'albergo, malgrado che la salitavi abbia per avventura un po' affaticati, pure non potetea meno di rivolgervi a scorrere d'un'occhiatatutt'all'intorno il superbo e pittoresco orizzonte che vi sischiera davanti.

Ma esso vi basti per ora: di quell'orizzonte, ed anchedi meglio, ci occuperemo nella gita che faremo sulla

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vetta di questo monte; ora piuttosto uno sguardo all'edi-ficio.

La sua ortografia non presenta a primo aspetto ele-ganza di linee architettoniche; ma in compenso il suo di-segno è pieno di armonia e severo. Sorge a tre piani daun terrazzo, entro il quale sono praticati sotterranei,dove è la cucina, la panatteria ed altri locali di servizio.Dalla parte opposta al piazzale d'ingresso ve ne ha un al-tro con giardino, e da dove l'occhio si spazia lungo ilpiano lombardo, giù per la china della valle del Po. Qui-vi è collocato un telescopio inglese, intorno al qualesono sempre i numerosi ospiti in traccia del più dilettopunto di vista. Le città, le grosse borgate, le migliaja divillaggi, i santuari co' loro acuminati campanili, le ferro-vie, le lunghe linee delle più vaste strade e quelle de'fiumi, e i bacini de' laghi coi fumiganti piroscafi che lisolcano, sono disseminati nel più stupendo panorama.

Entrati nell'albergo, tutto ammirar dobbiamo distri-buito colla migliore intelligenza. V'è una vasta sala dapranzo, dove tutti i numerosi ospiti convengono all'oraindetta per la table d'hôte; una per la lettura, e vi stannolibri e giornali d'ogni nazione; un'altra assai ben intesapel bigliardo; e tutte adorne di bei quadri e di specchi eaddobbate con semplicità ed eleganza.

I tre piani superiori hanno ognuno una propria salacomune di ricevimento e numerose camere con elegantisuppellettili ed assai soffici letti.

Ho già detto più sopra che i comforts di questo stabi-limento sono completati da un servizio telegrafico: la

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vetta di questo monte; ora piuttosto uno sguardo all'edi-ficio.

La sua ortografia non presenta a primo aspetto ele-ganza di linee architettoniche; ma in compenso il suo di-segno è pieno di armonia e severo. Sorge a tre piani daun terrazzo, entro il quale sono praticati sotterranei,dove è la cucina, la panatteria ed altri locali di servizio.Dalla parte opposta al piazzale d'ingresso ve ne ha un al-tro con giardino, e da dove l'occhio si spazia lungo ilpiano lombardo, giù per la china della valle del Po. Qui-vi è collocato un telescopio inglese, intorno al qualesono sempre i numerosi ospiti in traccia del più dilettopunto di vista. Le città, le grosse borgate, le migliaja divillaggi, i santuari co' loro acuminati campanili, le ferro-vie, le lunghe linee delle più vaste strade e quelle de'fiumi, e i bacini de' laghi coi fumiganti piroscafi che lisolcano, sono disseminati nel più stupendo panorama.

Entrati nell'albergo, tutto ammirar dobbiamo distri-buito colla migliore intelligenza. V'è una vasta sala dapranzo, dove tutti i numerosi ospiti convengono all'oraindetta per la table d'hôte; una per la lettura, e vi stannolibri e giornali d'ogni nazione; un'altra assai ben intesapel bigliardo; e tutte adorne di bei quadri e di specchi eaddobbate con semplicità ed eleganza.

I tre piani superiori hanno ognuno una propria salacomune di ricevimento e numerose camere con elegantisuppellettili ed assai soffici letti.

Ho già detto più sopra che i comforts di questo stabi-limento sono completati da un servizio telegrafico: la

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posta poi vi giunge quotidiana colle lettere e coi giorna-li.

Se si chiede poi quale il trattamento, la risposta siriassume in una parola: squisito. La cucina vi è ottima escelta; latte, burro e miele freschissimi sempre e sapori-tissimi, quali possono fornire l'erbe aromatiche e i fioridella montagna onde si nutrono mandre ed alveari; edopo tutto, la vostra borsa non si spaventi: i prezzi visono moderatissimi.

L'albergo, insomma, è accessibile a tutti, ed è giàmolto che in mezzo a tanta letizia non si cacci il roditorepensiero che poi vi si abbia a far iscontare in danaro glisplendidi orizzonti, le poetiche passeggiate e il sottile esalutare aere bevuto.

VI.Cominciamo ora le nostre escursioni, poichè ci siamo

riposati e rifocillati col copioso pranzo. Come, chiedere-te voi, ora che il sole tramonta?

- Precisamente perchè il sole tramonta.Entriamo in questo sentiero quasi orizzontale che

fiancheggia l'albergo e guida in dieci minuti alla spiana-ta dal lato occidentale del monte.

Qui esso declina, qui sotto scintilla l'onda del lago diLugano, ripercossa dai raggi del sole che piega al tra-monto.

La scena è stupenda che ti si distende davanti. Nuvo-letti frangiati d'oro o porporini vagano là sul confine

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posta poi vi giunge quotidiana colle lettere e coi giorna-li.

Se si chiede poi quale il trattamento, la risposta siriassume in una parola: squisito. La cucina vi è ottima escelta; latte, burro e miele freschissimi sempre e sapori-tissimi, quali possono fornire l'erbe aromatiche e i fioridella montagna onde si nutrono mandre ed alveari; edopo tutto, la vostra borsa non si spaventi: i prezzi visono moderatissimi.

L'albergo, insomma, è accessibile a tutti, ed è giàmolto che in mezzo a tanta letizia non si cacci il roditorepensiero che poi vi si abbia a far iscontare in danaro glisplendidi orizzonti, le poetiche passeggiate e il sottile esalutare aere bevuto.

VI.Cominciamo ora le nostre escursioni, poichè ci siamo

riposati e rifocillati col copioso pranzo. Come, chiedere-te voi, ora che il sole tramonta?

- Precisamente perchè il sole tramonta.Entriamo in questo sentiero quasi orizzontale che

fiancheggia l'albergo e guida in dieci minuti alla spiana-ta dal lato occidentale del monte.

Qui esso declina, qui sotto scintilla l'onda del lago diLugano, ripercossa dai raggi del sole che piega al tra-monto.

La scena è stupenda che ti si distende davanti. Nuvo-letti frangiati d'oro o porporini vagano là sul confine

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dell'orizzonte, dove il Rosa lo chiude colle sue cimecandide di neve; lunghe strisce del color della viola inaltre parti listano il firmamento; il rancio del lemboestremo si muterà fra breve nel rosso di fuoco, ondesembra che il

Ministro maggior della naturapria di calar dietro i monti, ne baci d'un ardente bacio iculmini più sublimi.

Voi riguardate a quel solenne occaso, nel silenzio reli-gioso di quell'ora; e dalla valle sottoposta, dove l'ombregiganti si distendono, sorge e viene insino a voi la squil-la vespertina del villaggio che saluta il dì che muore.

La brezza aleggia più sollecita e viva...Il sole è sceso dietro la linea de' lontani monti: la luna

gli succede nell'impero del firmamento. - Ritorniamoall'albergo.

Se t'arresti più giorni sul Generoso, non obbliarel'altra vaghissima escursione al Dosso-Bello, da dove tisi offriranno le ridenti sponde del Lario, colla fila noninterrotta di paesi e di ville, e ti verrà dato rivedere dalunge la terra che già visitasti del Baradello, e la strisciadel fumo che libera la locomotiva che da Camerlatamuove per Monza e Milano.

L'indomani affréttati alla escursione più vagheggiata,fino alla vetta cioè del Generoso. È la meta di quantitraggono al già descritto albergo: e ben ne vale la pena.Sono alquanto più di cinquecento metri di altitudine a

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dell'orizzonte, dove il Rosa lo chiude colle sue cimecandide di neve; lunghe strisce del color della viola inaltre parti listano il firmamento; il rancio del lemboestremo si muterà fra breve nel rosso di fuoco, ondesembra che il

Ministro maggior della naturapria di calar dietro i monti, ne baci d'un ardente bacio iculmini più sublimi.

Voi riguardate a quel solenne occaso, nel silenzio reli-gioso di quell'ora; e dalla valle sottoposta, dove l'ombregiganti si distendono, sorge e viene insino a voi la squil-la vespertina del villaggio che saluta il dì che muore.

La brezza aleggia più sollecita e viva...Il sole è sceso dietro la linea de' lontani monti: la luna

gli succede nell'impero del firmamento. - Ritorniamoall'albergo.

Se t'arresti più giorni sul Generoso, non obbliarel'altra vaghissima escursione al Dosso-Bello, da dove tisi offriranno le ridenti sponde del Lario, colla fila noninterrotta di paesi e di ville, e ti verrà dato rivedere dalunge la terra che già visitasti del Baradello, e la strisciadel fumo che libera la locomotiva che da Camerlatamuove per Monza e Milano.

L'indomani affréttati alla escursione più vagheggiata,fino alla vetta cioè del Generoso. È la meta di quantitraggono al già descritto albergo: e ben ne vale la pena.Sono alquanto più di cinquecento metri di altitudine a

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Page 51: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

montarsi (531); il cammino richiede almeno un'ora emezza.

Non isgomentarti, o lettore, delle prime asperità dellevie aperte sul fianco orientale del monte; più agevole sirende di poi la salita, mercè le cure del dottor Pasta.Sono cinque anfratti che avrai a percorrere, ma dolci,senza vepri nè ciottoloni, in mezzo a pascoli ubertosi,ricchi di mandre, che vedete liberamente pascolare, sìche non la sete, ma piuttosto la curiosità di trovarvi fraroccie calcari una fonte a un chilometro dall'albergo, vitrae a gustar la limpida linfa che vi sorge.

Ma lieti e non affaticati, eccoci pervenuti alla vetta.L'ho già detto: la punta meridionale è a 1740 metri sullivello del mare e la settentrionale è di sei metri più de-pressa.

Qui sul molle e verde tappeto sediamo, perocchè leinfinite meraviglie che ad un tratto si rivelano all'ester-refatto sguardo sieno troppe, e convenga una ad una di-stinguerle ed ammirarle.

Ah! voi vi sentite ora maggiori di quel che siete, qua-si numi che imperate al creato, nel veder tanta e sì stu-penda natura svolgersi sotto di voi. Ne' giorni estivi,mentre sul vostro capo si distende limpida e serena lavôlta de' cieli, vedreste adunarsi i nembi sotto de' vostripiedi, scoppiar gli uragani, guizzar le folgori, e l'illusio-ne della vostra divinità vi parrebbe più vera.

Ecco: la vetta, come dissi, è partita in due distinteprominenze, l'una dall'altra distante di circa trecentometri; questa che sogguarda al Lario segna il principio

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montarsi (531); il cammino richiede almeno un'ora emezza.

Non isgomentarti, o lettore, delle prime asperità dellevie aperte sul fianco orientale del monte; più agevole sirende di poi la salita, mercè le cure del dottor Pasta.Sono cinque anfratti che avrai a percorrere, ma dolci,senza vepri nè ciottoloni, in mezzo a pascoli ubertosi,ricchi di mandre, che vedete liberamente pascolare, sìche non la sete, ma piuttosto la curiosità di trovarvi fraroccie calcari una fonte a un chilometro dall'albergo, vitrae a gustar la limpida linfa che vi sorge.

Ma lieti e non affaticati, eccoci pervenuti alla vetta.L'ho già detto: la punta meridionale è a 1740 metri sullivello del mare e la settentrionale è di sei metri più de-pressa.

Qui sul molle e verde tappeto sediamo, perocchè leinfinite meraviglie che ad un tratto si rivelano all'ester-refatto sguardo sieno troppe, e convenga una ad una di-stinguerle ed ammirarle.

Ah! voi vi sentite ora maggiori di quel che siete, qua-si numi che imperate al creato, nel veder tanta e sì stu-penda natura svolgersi sotto di voi. Ne' giorni estivi,mentre sul vostro capo si distende limpida e serena lavôlta de' cieli, vedreste adunarsi i nembi sotto de' vostripiedi, scoppiar gli uragani, guizzar le folgori, e l'illusio-ne della vostra divinità vi parrebbe più vera.

Ecco: la vetta, come dissi, è partita in due distinteprominenze, l'una dall'altra distante di circa trecentometri; questa che sogguarda al Lario segna il principio

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Page 52: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

dell'Italia; quella che al Ceresio segna il principio dellaSvizzera. Su quest'ultima veggonsi gli avanzi di un se-gnale trigonometrico che servì per la triangolazione ini-ziata dagli astronomi ai tempi del primo regno d'Italia.

Qui posiamo, esclama pure il Lavizzari, sotto il cielodi Dante, di Colombo, di Leonardo, di Raffaello, di Ga-lileo; qui viviamo sul suolo di Lutero, di Haller, diRousseau, di Bernouilli, di Saussure. Qui l'anello delledue nazioni; qui la terra dei vulcani tocca la terra deighiacciai; qui cessano i lauri, i mirti; qui incominciano ilicheni, gli abeti; qui la rosa delle Alpi si intreccia collapeonia peregrina; qui il ranuncolo glaciale s'annoda allasilena insubrica; qui infine la flora del Mediterraneo sisposa alla flora germanica.

Girate ora lentamente lo sguardo all'intorno del va-stissimo orizzonte. Da questa parte, che direi italiana,voi vedete dalle montagne della Valtellina, giù giù, se-guendo la linea del lago di Como, tutta la lunga sequeladi quelle, verdeggianti per lo più, che costituisconol'ultimo contrafforto delle Alpi, e dietro le altre sul cuipendio s'adagia Bellagio e più giù la Pliniana, il Monco-dine o Grigna, il Monte Campione ed il Monte Serada o,come più popolarmente è detto, il Resegone, onorato dimirabile descrizione da Manzoni.

Pervenuto il vostro occhio alla città dei Plinii e diVolta, più in là sospingendolo, per una infinita serie dipunti biancheggianti, che sono altrettanti paesi, vi trova-te a Monza, quindi a Milano, subito di essa avvertiti dal-la freccia ardita dell'aguglia principale del suo Duomo;

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dell'Italia; quella che al Ceresio segna il principio dellaSvizzera. Su quest'ultima veggonsi gli avanzi di un se-gnale trigonometrico che servì per la triangolazione ini-ziata dagli astronomi ai tempi del primo regno d'Italia.

Qui posiamo, esclama pure il Lavizzari, sotto il cielodi Dante, di Colombo, di Leonardo, di Raffaello, di Ga-lileo; qui viviamo sul suolo di Lutero, di Haller, diRousseau, di Bernouilli, di Saussure. Qui l'anello delledue nazioni; qui la terra dei vulcani tocca la terra deighiacciai; qui cessano i lauri, i mirti; qui incominciano ilicheni, gli abeti; qui la rosa delle Alpi si intreccia collapeonia peregrina; qui il ranuncolo glaciale s'annoda allasilena insubrica; qui infine la flora del Mediterraneo sisposa alla flora germanica.

Girate ora lentamente lo sguardo all'intorno del va-stissimo orizzonte. Da questa parte, che direi italiana,voi vedete dalle montagne della Valtellina, giù giù, se-guendo la linea del lago di Como, tutta la lunga sequeladi quelle, verdeggianti per lo più, che costituisconol'ultimo contrafforto delle Alpi, e dietro le altre sul cuipendio s'adagia Bellagio e più giù la Pliniana, il Monco-dine o Grigna, il Monte Campione ed il Monte Serada o,come più popolarmente è detto, il Resegone, onorato dimirabile descrizione da Manzoni.

Pervenuto il vostro occhio alla città dei Plinii e diVolta, più in là sospingendolo, per una infinita serie dipunti biancheggianti, che sono altrettanti paesi, vi trova-te a Monza, quindi a Milano, subito di essa avvertiti dal-la freccia ardita dell'aguglia principale del suo Duomo;

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indi vi si presenta la valle del Po e nel fondo l'azzurra li-nea degli Appennini. Convergete la pupilla a destra evedrete Varese, Arona, Novara, Torino: Crema, Cremo-na e Vigevano le vedrete del pari al manco lato, o in di-rezione su per giù di Milano.

Poi, a sfondo di quella ove avete distinta Torino, ve-dete le cime del Rosa e del Bianco incoronati di perpetuigeli, il Monviso, il Cenisio, l'Ortlerspitz, il Mischabel, ilPizzo della Bernina, lo Spluga, il Medelser, il Lucma-gno, il Gottardo, il Galenstock, il Wetterhorn, il Fünste-raarhorn, l'Eiger, il Mönch, la Jungfrau, il Bietschœrner,l'Aletschkorn, il Fletschorner, il Mittagshorn, il Weiss-mies, il Cervino, il Winterberg ed altri moltissimi, chedalla vetta di questo Generoso vide e nominò quel rino-mato naturalista che è G. Studer, nel suo Panorama desAlpes, disegnato sullo stesso nel 23 settembre 1869, eche io sono lieto di possedere.

Verso ponente poi la vista riesce per avventura piùpittoresca, dominando sulla vasta regione montuosa chedalla Val Sássina si stende alla Val Cavargna, scorgen-dovisi l'estremità del lago di Lugano col villaggio diPorlezza, un breve tratto di quel di Como verso Bella-gio, e belle ondulazioni di monti, e vallate disseminatedi villaggi, di prati e di boschi, coi più graziosi contrastidi luce e d'ombra, da innamorare un pittore.

L'intrepido passeggiero, dove il voglia, potrà nel suosoggiorno sul Generoso pigliarsi un bel dì lo spasso discendere dalla sua vetta alla Vall'Intelvi, prendendo ilsentiero che mena ad Orimento, indi a San Fedele o a

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indi vi si presenta la valle del Po e nel fondo l'azzurra li-nea degli Appennini. Convergete la pupilla a destra evedrete Varese, Arona, Novara, Torino: Crema, Cremo-na e Vigevano le vedrete del pari al manco lato, o in di-rezione su per giù di Milano.

Poi, a sfondo di quella ove avete distinta Torino, ve-dete le cime del Rosa e del Bianco incoronati di perpetuigeli, il Monviso, il Cenisio, l'Ortlerspitz, il Mischabel, ilPizzo della Bernina, lo Spluga, il Medelser, il Lucma-gno, il Gottardo, il Galenstock, il Wetterhorn, il Fünste-raarhorn, l'Eiger, il Mönch, la Jungfrau, il Bietschœrner,l'Aletschkorn, il Fletschorner, il Mittagshorn, il Weiss-mies, il Cervino, il Winterberg ed altri moltissimi, chedalla vetta di questo Generoso vide e nominò quel rino-mato naturalista che è G. Studer, nel suo Panorama desAlpes, disegnato sullo stesso nel 23 settembre 1869, eche io sono lieto di possedere.

Verso ponente poi la vista riesce per avventura piùpittoresca, dominando sulla vasta regione montuosa chedalla Val Sássina si stende alla Val Cavargna, scorgen-dovisi l'estremità del lago di Lugano col villaggio diPorlezza, un breve tratto di quel di Como verso Bella-gio, e belle ondulazioni di monti, e vallate disseminatedi villaggi, di prati e di boschi, coi più graziosi contrastidi luce e d'ombra, da innamorare un pittore.

L'intrepido passeggiero, dove il voglia, potrà nel suosoggiorno sul Generoso pigliarsi un bel dì lo spasso discendere dalla sua vetta alla Vall'Intelvi, prendendo ilsentiero che mena ad Orimento, indi a San Fedele o a

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Castiglione in due ore e mezza; da dove potrà andareper San Fedele e Luino ad Osteno, che si specchia nelleonde del Ceresio, oppure per Dizzasco ad Argegno, chesi specchia in quelle del Lario.

Ma noi dobbiamo rifare la nostra strada, riedereall'albergo del dottor Pasta, dove le cavalcature ci atten-dono per ridiscendere a Mendrisio.

VII.E poichè siam di nuovo all'Albergo di Mendrisio del

signor Bernardino Pasta, ch'era una vera necessità perquesta grossa borgata (la quale vi rammenta la Gismon-da di Silvio Pellico), le lautezze che offre e le comoditàche lo fanno raccomandatissimo ai touristes, v'invoglia-no certo a fermarvi una o più giornate.

Nè vi troverete pentiti, da che le vicinanze hanno nondubbie attrattive per chi a viaggi od anco alle escursionidi piacere non pone scopo il materiale diletto soltanto,ma la ricreazione dello spirito eziandio.

A coloro che di quest'ultima sono poco curanti e pre-feriscono il primo, additerò le rinomate cantine di Men-drisio stesso, e avanti tutte quella che si denomina ilCrotto del monte Generoso, e il buon vino parrà loromigliore per la vaghezza del luogo.

Agli altri indicherò visitare dapprima l'Ospizio diMendrisio stesso, aperto agli infermi del Canton Ticino,giusta il volere del suo fondatore, il conte Alfonso Tur-coni. Quivi ammireranno un pregevolissimo bassorilie-

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Castiglione in due ore e mezza; da dove potrà andareper San Fedele e Luino ad Osteno, che si specchia nelleonde del Ceresio, oppure per Dizzasco ad Argegno, chesi specchia in quelle del Lario.

Ma noi dobbiamo rifare la nostra strada, riedereall'albergo del dottor Pasta, dove le cavalcature ci atten-dono per ridiscendere a Mendrisio.

VII.E poichè siam di nuovo all'Albergo di Mendrisio del

signor Bernardino Pasta, ch'era una vera necessità perquesta grossa borgata (la quale vi rammenta la Gismon-da di Silvio Pellico), le lautezze che offre e le comoditàche lo fanno raccomandatissimo ai touristes, v'invoglia-no certo a fermarvi una o più giornate.

Nè vi troverete pentiti, da che le vicinanze hanno nondubbie attrattive per chi a viaggi od anco alle escursionidi piacere non pone scopo il materiale diletto soltanto,ma la ricreazione dello spirito eziandio.

A coloro che di quest'ultima sono poco curanti e pre-feriscono il primo, additerò le rinomate cantine di Men-drisio stesso, e avanti tutte quella che si denomina ilCrotto del monte Generoso, e il buon vino parrà loromigliore per la vaghezza del luogo.

Agli altri indicherò visitare dapprima l'Ospizio diMendrisio stesso, aperto agli infermi del Canton Ticino,giusta il volere del suo fondatore, il conte Alfonso Tur-coni. Quivi ammireranno un pregevolissimo bassorilie-

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Page 55: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

vo in istucco dello scultore Pietro Bernasconi, e una sta-tua rappresentante il Turconi medesimo, alla lode dellaquale basta pronunziare il nome del suo autore: Vincen-zo Vela. - Tanto nomini nullum par elogium!

E poichè v'ho proferito il suo nome, come non visitar-ne l'elegante edificio, o villa, in Ligornetto, che sta amezz'ora da Mendrisio e sorge in piccola eminenza tuttorecinto da giardini, e dove quell'egregio si ritrasse trop-po presto ad onorato riposo? La cupola che si eleva nelmezzo piove la luce sull'ampio locale, dove l'illustre ar-tefice raccolse i modelli delle opere principali sue, che ilresero così illustre, da divider egli meritamente col to-scano Dupré lo scettro della italiana scultura.

Poi potrete visitare le cave de' marmi di Arzo, chesono di un rosso variegato, e le acque solforose di Sta-bio efficacissime e che solo han d'uopo d'avere decentistabilimenti che le ministrino, per conseguire fama edaffluenza maggiori; e finalmente la storica chiesa di SanPietro presso Castello, che dista pure non più dimezz'ora da Mendrisio.

La rinomanza della chiesuola non è soltanto per labella vista che vi si gode di parecchie terre svizzere elombarde, ma altresì per un'orrenda strage avvenutavi inque' miserevoli tempi che ardevano le ire fratricide de'Guelfi e de' Ghibellini.

Gli è un soggetto da romanzo, e però chiuderò la pas-seggiata nostra, col toglierla di netto dal Lavizzari e ri-petervela adesso.

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vo in istucco dello scultore Pietro Bernasconi, e una sta-tua rappresentante il Turconi medesimo, alla lode dellaquale basta pronunziare il nome del suo autore: Vincen-zo Vela. - Tanto nomini nullum par elogium!

E poichè v'ho proferito il suo nome, come non visitar-ne l'elegante edificio, o villa, in Ligornetto, che sta amezz'ora da Mendrisio e sorge in piccola eminenza tuttorecinto da giardini, e dove quell'egregio si ritrasse trop-po presto ad onorato riposo? La cupola che si eleva nelmezzo piove la luce sull'ampio locale, dove l'illustre ar-tefice raccolse i modelli delle opere principali sue, che ilresero così illustre, da divider egli meritamente col to-scano Dupré lo scettro della italiana scultura.

Poi potrete visitare le cave de' marmi di Arzo, chesono di un rosso variegato, e le acque solforose di Sta-bio efficacissime e che solo han d'uopo d'avere decentistabilimenti che le ministrino, per conseguire fama edaffluenza maggiori; e finalmente la storica chiesa di SanPietro presso Castello, che dista pure non più dimezz'ora da Mendrisio.

La rinomanza della chiesuola non è soltanto per labella vista che vi si gode di parecchie terre svizzere elombarde, ma altresì per un'orrenda strage avvenutavi inque' miserevoli tempi che ardevano le ire fratricide de'Guelfi e de' Ghibellini.

Gli è un soggetto da romanzo, e però chiuderò la pas-seggiata nostra, col toglierla di netto dal Lavizzari e ri-petervela adesso.

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VIII.L'avo dell'illustre letterato Virunio Pontico della fa-

miglia dei Busioni di Mendrisio, era Pietro, uomo d'altoaffare; e Margherita sua moglie era ornamento delledonne de' suoi tempi. La loro figlia Lavinia colla rarasua bellezza destava tale ammirazione, che vedevasi co-stretta ad evitare il pubblico sguardo. Invaghitosi perdu-tamente di costei il ghibellino Vizzardo Rusca, diman-dolla sposa, rinunciando alla dote, e offrendosi non soloalla pace, ma ad imbrandire le armi contro i nemici dellafamiglia di lei. La supplichevole inchiesta fu negata daigenitori; ma Vizzardo, non perdendo la speranza, e va-gando di nottetempo al modo degli innamorati intornoalla dimora della fanciulla, udì una sera da una stanzaterrena i genitori di Lavinia dire che avrebbero piuttostostrozzata colle mani loro la figlia, anzichè concederlasposa a Vizzardo. Questi, fremendo d'amore e di sde-gno, diessi ad ordire il feroce disegno di esterminare tut-ta la nemica famiglia. Egli uccise nove figli di Pietro;ma non potè raggiungere Lavinia, che il padre aveva na-scosta entro un sotterraneo, ove rimase finchè Vizzardofu ucciso. Il costui cadavere fu trascinato sulla sepolturadei nove innocenti e quivi lasciato in pasto alle fiere.Frattanto moriva il padre, il quale fu sepolto in marmo-reo avello nella chiesa di San Sisinio alla Torre, sovraun poggio presso Mendrisio.

I Ghibellini andavano tessendo insidie a Giorgio, av-venente fanciullo, decimoquinto figlio di Pietro, e che fu

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VIII.L'avo dell'illustre letterato Virunio Pontico della fa-

miglia dei Busioni di Mendrisio, era Pietro, uomo d'altoaffare; e Margherita sua moglie era ornamento delledonne de' suoi tempi. La loro figlia Lavinia colla rarasua bellezza destava tale ammirazione, che vedevasi co-stretta ad evitare il pubblico sguardo. Invaghitosi perdu-tamente di costei il ghibellino Vizzardo Rusca, diman-dolla sposa, rinunciando alla dote, e offrendosi non soloalla pace, ma ad imbrandire le armi contro i nemici dellafamiglia di lei. La supplichevole inchiesta fu negata daigenitori; ma Vizzardo, non perdendo la speranza, e va-gando di nottetempo al modo degli innamorati intornoalla dimora della fanciulla, udì una sera da una stanzaterrena i genitori di Lavinia dire che avrebbero piuttostostrozzata colle mani loro la figlia, anzichè concederlasposa a Vizzardo. Questi, fremendo d'amore e di sde-gno, diessi ad ordire il feroce disegno di esterminare tut-ta la nemica famiglia. Egli uccise nove figli di Pietro;ma non potè raggiungere Lavinia, che il padre aveva na-scosta entro un sotterraneo, ove rimase finchè Vizzardofu ucciso. Il costui cadavere fu trascinato sulla sepolturadei nove innocenti e quivi lasciato in pasto alle fiere.Frattanto moriva il padre, il quale fu sepolto in marmo-reo avello nella chiesa di San Sisinio alla Torre, sovraun poggio presso Mendrisio.

I Ghibellini andavano tessendo insidie a Giorgio, av-venente fanciullo, decimoquinto figlio di Pietro, e che fu

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poi padre di Virunio Pontico7; volevano farlo divoraredai mastini, che a tal uopo nutrivano. A Margherita rie-scì di celare il prediletto Giorgio ne' suoi poderi di Besa-zio presso il monte San Giorgio. Ma nel tornarsene acasa l'afflitta e irrequieta donna, di nuovo corse indietroper rivedere il figlio, e non avendolo tantosto colà trova-to, cadde svenuta, nè si riebbe se non quando il rivide.Diede allora al figlio molto denaro ed un gomitolo direfe (marsupium pecuniarum auri et glomum rephi tra-dit)8, comandandogli di fuggire tanto lungi che nonudisse più il nome del suo paese. Giorgio recossi a Na-poli; e mentre da parecchi anni viveva in molto favoredella regina Giovanna, la madre, caduta in potere deglispietati nemici, veniva tratta da Mendrisio al castello diCapolago, e quivi sul lato sinistro della via crudelmentesospesa ad un'arbore. L'infelice Margherita, in procintodi morte, implorava contro gli uccisori de' nove inno-centi suoi figli un vendicatore. Udito l'orrendo fatto, An-tonio, altro suo figlio, maggiore di Giorgio, radunò lasua fazione, e nella notte di Natale, entrato nella chiesadi San Pietro in Castello, trucidò uomini, donne, fan-ciulli ed il sacerdote all'altare; vi lasciò più di cento ca-7 Nato nel 1490, in Belluno, fu uomo erudito nelle lettere greche e latine. Se-condo il costume de' letterati di que' tempi, si impose questo nome togliendolodalla famiglia Da Ponte quivi illustre. Fu precettore de' figli di Lodovico Sfor-za, compose molte opere in greco e latino, che ignoro se pubblicate, e si meritòche Belluno gli decretasse una statua di bronzo.8 Sussiste tuttavia in Lombardia una frase imaginosa, che riesce identica a que-sta simbolica tradizione del gomitolo di refe consegnato da Margherita al fi-gliuolo Giorgio. Va distante un gomitolo di refe significa appunto presso noi:va molto e molto lontano.

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poi padre di Virunio Pontico7; volevano farlo divoraredai mastini, che a tal uopo nutrivano. A Margherita rie-scì di celare il prediletto Giorgio ne' suoi poderi di Besa-zio presso il monte San Giorgio. Ma nel tornarsene acasa l'afflitta e irrequieta donna, di nuovo corse indietroper rivedere il figlio, e non avendolo tantosto colà trova-to, cadde svenuta, nè si riebbe se non quando il rivide.Diede allora al figlio molto denaro ed un gomitolo direfe (marsupium pecuniarum auri et glomum rephi tra-dit)8, comandandogli di fuggire tanto lungi che nonudisse più il nome del suo paese. Giorgio recossi a Na-poli; e mentre da parecchi anni viveva in molto favoredella regina Giovanna, la madre, caduta in potere deglispietati nemici, veniva tratta da Mendrisio al castello diCapolago, e quivi sul lato sinistro della via crudelmentesospesa ad un'arbore. L'infelice Margherita, in procintodi morte, implorava contro gli uccisori de' nove inno-centi suoi figli un vendicatore. Udito l'orrendo fatto, An-tonio, altro suo figlio, maggiore di Giorgio, radunò lasua fazione, e nella notte di Natale, entrato nella chiesadi San Pietro in Castello, trucidò uomini, donne, fan-ciulli ed il sacerdote all'altare; vi lasciò più di cento ca-7 Nato nel 1490, in Belluno, fu uomo erudito nelle lettere greche e latine. Se-condo il costume de' letterati di que' tempi, si impose questo nome togliendolodalla famiglia Da Ponte quivi illustre. Fu precettore de' figli di Lodovico Sfor-za, compose molte opere in greco e latino, che ignoro se pubblicate, e si meritòche Belluno gli decretasse una statua di bronzo.8 Sussiste tuttavia in Lombardia una frase imaginosa, che riesce identica a que-sta simbolica tradizione del gomitolo di refe consegnato da Margherita al fi-gliuolo Giorgio. Va distante un gomitolo di refe significa appunto presso noi:va molto e molto lontano.

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daveri. Questa inaudita strage avvenne nel 1390, quandogià da dieci anni Antonio e Giorgio erano andati in lon-tano esilio. Lavinia, innocente causa di sì miserandi fat-ti, ricoveratasi a Belluno, ove il fratello Giorgio era ca-pitano del presidio, si consacrò a vita claustrale e fu se-polta nella chiesa di San Francesco. Antonio, andandoperegrino al Santo Sepolcro per espiare, secondo l'usode' tempi, i suoi delitti, perì in mare.

Compiuta così questa gioconda camminata, rifaccia-mo ora la strada e riconduciamoci, piena l'anima di sìsvariate impressioni, a Como; nè più deviamo quindin-nanzi dal proposito delle nostre escursioni per le soleterre dal Lario e per quelle dall'Éupili bagnate.

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daveri. Questa inaudita strage avvenne nel 1390, quandogià da dieci anni Antonio e Giorgio erano andati in lon-tano esilio. Lavinia, innocente causa di sì miserandi fat-ti, ricoveratasi a Belluno, ove il fratello Giorgio era ca-pitano del presidio, si consacrò a vita claustrale e fu se-polta nella chiesa di San Francesco. Antonio, andandoperegrino al Santo Sepolcro per espiare, secondo l'usode' tempi, i suoi delitti, perì in mare.

Compiuta così questa gioconda camminata, rifaccia-mo ora la strada e riconduciamoci, piena l'anima di sìsvariate impressioni, a Como; nè più deviamo quindin-nanzi dal proposito delle nostre escursioni per le soleterre dal Lario e per quelle dall'Éupili bagnate.

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ESCURSIONE TERZA.IL NINO.

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ESCURSIONE TERZA.IL NINO.

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Page 60: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Brunate e la leggenda di Guglielmina. - La Grotta del Mago. - Leville Castiglioni, Sessa, Pertusati e Cornaggia. - Villa Angioli-ni. - Villa Rattazzi. - U. Rattazzi e Maria Bonaparte Wyse. -Villa Pedraglio. - Le ville Trubetzkoi, Ricordi e Artaria. - Lavilla Carena inabissata. - Blevio. - La villa Bocarmé e la Com-ton, ora Lattuada. - Il Pertugio di Blevio. - Il Buco del Nasone.- Le ville Taglioni, Schuwaloff, Vigoni e Sparks. - La Roda eGiuditta Pasta. - Adele Curti. - Il Nino.

Dovrei dedicare questa escursione, più che alla comu-ne de' miei lettori, a que' beati gaudenti che si chiamanfelici allora che hanno potuto snidare alcun luogo, in cuiil buon vino, o la specialità di qualche intingolo o mani-caretto li han solleticati. Essi vi danno una fama, una ce-lebrità, che si conserva anche quando la ragione più nonne esista affatto.

E i beati gaudenti intraprendono pellegrinaggi apposi-ti per visitare queste stazioni epicuree: testimonio que-sto Nino, a cui traggono non soltanto i buongustai dellavicina Como, ma e da' paesi più alquanto lontani e per-fin da Milano. Una bella giornata di primavera o d'esta-te, una festa, il ferragosto, deve essere consacrata aqualche baldoria che già abbia il suo principale obbietti-vo nella tavola e più ancora nel buon vino? La brigataoperaja di Milano o di Como per acclamazione eleggesubito d'andare al Nino.

Seguiamoli noi pure. Avremo noi di tal guisa occasio-ne, più che di deliziarci del buon vino, di rapidamentepercorrere le ville che sono sulla destra sponda del lagoinfino alle sette città di Blevio, che così designansi per

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Brunate e la leggenda di Guglielmina. - La Grotta del Mago. - Leville Castiglioni, Sessa, Pertusati e Cornaggia. - Villa Angioli-ni. - Villa Rattazzi. - U. Rattazzi e Maria Bonaparte Wyse. -Villa Pedraglio. - Le ville Trubetzkoi, Ricordi e Artaria. - Lavilla Carena inabissata. - Blevio. - La villa Bocarmé e la Com-ton, ora Lattuada. - Il Pertugio di Blevio. - Il Buco del Nasone.- Le ville Taglioni, Schuwaloff, Vigoni e Sparks. - La Roda eGiuditta Pasta. - Adele Curti. - Il Nino.

Dovrei dedicare questa escursione, più che alla comu-ne de' miei lettori, a que' beati gaudenti che si chiamanfelici allora che hanno potuto snidare alcun luogo, in cuiil buon vino, o la specialità di qualche intingolo o mani-caretto li han solleticati. Essi vi danno una fama, una ce-lebrità, che si conserva anche quando la ragione più nonne esista affatto.

E i beati gaudenti intraprendono pellegrinaggi apposi-ti per visitare queste stazioni epicuree: testimonio que-sto Nino, a cui traggono non soltanto i buongustai dellavicina Como, ma e da' paesi più alquanto lontani e per-fin da Milano. Una bella giornata di primavera o d'esta-te, una festa, il ferragosto, deve essere consacrata aqualche baldoria che già abbia il suo principale obbietti-vo nella tavola e più ancora nel buon vino? La brigataoperaja di Milano o di Como per acclamazione eleggesubito d'andare al Nino.

Seguiamoli noi pure. Avremo noi di tal guisa occasio-ne, più che di deliziarci del buon vino, di rapidamentepercorrere le ville che sono sulla destra sponda del lagoinfino alle sette città di Blevio, che così designansi per

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Page 61: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

celia quelle frazioni d'un unico villaggio che si sparpa-gliano sul monte, infino a quella punta sporgente, checon quella che ha di fronte, e che denominasi del Pizzo,accenna al fine del primo bacino del lago, il quale si vie-ne ripartendo in tanti bacini, tutti aventi peculiari bellez-ze, qual più vasto, qual meno.

Pigliam la barca pertanto, e il nostro uomo costeggipur lentamente questa sponda, su cui poggia il Nino; chèpria di giugnervi, avremo a parlar di più cose.

E poichè ci siamo, vedete là su in alto del monte ilpaesello di Brunate. A me che amo raccogliere le leg-gende popolari, come ad un geologo balzerebbe il cuoredi gioja alla scoperta d'un petrefatto, o ad un numismati-co il ritrovare una medaglia antica, non è possibile pas-sar oltre senza narrarvi che lassù raccontino le comari,come la figliuola di un possente re d'Inghilterra, a cuifanno il nome di Guglielmina, avesse un bel dì (l'epocaperò non sanno e tutt'al più se ne sbarazzano colla frased'uso: ne' tempi antichi) a fuggire dalla reggia di suo pa-dre, e per farvi vita santa ricoverasse a Brunate e vi mo-risse poscia in odore di santità. E la pia leggenda ha sìfonde le radici, che le madri alle quali il latte faccia di-fetto, la invocano protettrice. Quale poi sia la relazioneche corra fra la santa giovinetta ed il latte, nè esse losanno dire, nè m'accingo a indovinarlo.

Alla falda del monte v'è la Grotta del Mago che po-trebbesi visitare, costituita di banchi calcarei che s'inca-vernano; ma siccome non mi fu detto perchè mai cosìcon nome di mistero nominata, voghiamo avanti.

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celia quelle frazioni d'un unico villaggio che si sparpa-gliano sul monte, infino a quella punta sporgente, checon quella che ha di fronte, e che denominasi del Pizzo,accenna al fine del primo bacino del lago, il quale si vie-ne ripartendo in tanti bacini, tutti aventi peculiari bellez-ze, qual più vasto, qual meno.

Pigliam la barca pertanto, e il nostro uomo costeggipur lentamente questa sponda, su cui poggia il Nino; chèpria di giugnervi, avremo a parlar di più cose.

E poichè ci siamo, vedete là su in alto del monte ilpaesello di Brunate. A me che amo raccogliere le leg-gende popolari, come ad un geologo balzerebbe il cuoredi gioja alla scoperta d'un petrefatto, o ad un numismati-co il ritrovare una medaglia antica, non è possibile pas-sar oltre senza narrarvi che lassù raccontino le comari,come la figliuola di un possente re d'Inghilterra, a cuifanno il nome di Guglielmina, avesse un bel dì (l'epocaperò non sanno e tutt'al più se ne sbarazzano colla frased'uso: ne' tempi antichi) a fuggire dalla reggia di suo pa-dre, e per farvi vita santa ricoverasse a Brunate e vi mo-risse poscia in odore di santità. E la pia leggenda ha sìfonde le radici, che le madri alle quali il latte faccia di-fetto, la invocano protettrice. Quale poi sia la relazioneche corra fra la santa giovinetta ed il latte, nè esse losanno dire, nè m'accingo a indovinarlo.

Alla falda del monte v'è la Grotta del Mago che po-trebbesi visitare, costituita di banchi calcarei che s'inca-vernano; ma siccome non mi fu detto perchè mai cosìcon nome di mistero nominata, voghiamo avanti.

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Page 62: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Qui appena usciti dalla cinta del nuovo porto - il qua-le, se risponde forse meglio al bisogno cittadino e varràfors'anco a infrenare certe piene che in passato troppospesso han nuociuto alla parte di Como che si curva in-torno al lago, certo poi le ha rapito anche parte della vi-sta del lago stesso, e il discapito mi par grande -, passatoil borgo di Sant'Agostino, incominciano le ville.

E prima la Castiglioni, indi la Sessa, poi la Pertusati;e questa che s'avanza sul promontorio detto di Geno è lavilla dei Marchesi Cornaggia, dove un giorno era unconvento di Umiliati, che durò dal 1225 al 1516, tramu-tatosi poi in lazzaretto pei colpiti dalla peste, onde futravagliata non solo Como, ma Lombardia tutta sul finirdel secolo XVI.

Svolta la punta di Geno, si nicchia, come in un angoloche fa il monte, la villa Angiolini; ma più in vista vi tiendietro quella che assume il nome da quell'eminenteuomo di Stato che è il commendatore Urbano Rattazzi, acui ingiustamente tiene Lombardia il broncio per averleestese sollecitamente quelle leggi amministrative cheaveva il Piemonte e che le sarebbero pervenute egual-mente più tardi, se non dovevano essere un'irrisione ilpatto dello Statuto patrio che vuol la legge eguale pertutti e l'unità nazionale; senza aggiungere che taluno de'lombardi deputati d'allora avesse fatto nel Parlamentosuonare alta la voce che, fossero state anche ottime leleggi austriache che si avevano prima, per ciò solo sidovessero mutare. Il più liberale di quanti ministri ebbe-ro Piemonte ed Italia, è sventura che scribivendoli pio-

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Qui appena usciti dalla cinta del nuovo porto - il qua-le, se risponde forse meglio al bisogno cittadino e varràfors'anco a infrenare certe piene che in passato troppospesso han nuociuto alla parte di Como che si curva in-torno al lago, certo poi le ha rapito anche parte della vi-sta del lago stesso, e il discapito mi par grande -, passatoil borgo di Sant'Agostino, incominciano le ville.

E prima la Castiglioni, indi la Sessa, poi la Pertusati;e questa che s'avanza sul promontorio detto di Geno è lavilla dei Marchesi Cornaggia, dove un giorno era unconvento di Umiliati, che durò dal 1225 al 1516, tramu-tatosi poi in lazzaretto pei colpiti dalla peste, onde futravagliata non solo Como, ma Lombardia tutta sul finirdel secolo XVI.

Svolta la punta di Geno, si nicchia, come in un angoloche fa il monte, la villa Angiolini; ma più in vista vi tiendietro quella che assume il nome da quell'eminenteuomo di Stato che è il commendatore Urbano Rattazzi, acui ingiustamente tiene Lombardia il broncio per averleestese sollecitamente quelle leggi amministrative cheaveva il Piemonte e che le sarebbero pervenute egual-mente più tardi, se non dovevano essere un'irrisione ilpatto dello Statuto patrio che vuol la legge eguale pertutti e l'unità nazionale; senza aggiungere che taluno de'lombardi deputati d'allora avesse fatto nel Parlamentosuonare alta la voce che, fossero state anche ottime leleggi austriache che si avevano prima, per ciò solo sidovessero mutare. Il più liberale di quanti ministri ebbe-ro Piemonte ed Italia, è sventura che scribivendoli pio-

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Page 63: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

vutici in Milano, e impossessatisi de' nostri giornali, ab-biano potuto sostituirne l'opinione e, facendo la storia aloro talento, avessero a presentare questo illustre perso-naggio, dal cuore pari allo ingegno eccellente, poco mend'un nemico del paese. Il tempo che non è così grullo eche non giura nelle parole di questi sicofanti, farà la giu-stizia.

È in questa leggiadra casina che Maria BonaparteWyse, bella e colta consorte sua, e fra le più riputatescrittrici francesi, dettò le più lodate pagine della suaLouise de Kelner, in cui tanta parte è trasfusa delle ama-rezze, onde l'anima sua generosa venne dagli stolti ab-beverata.

Se recinto da maggiori simpatie, alle quali avrebbeavuto diritto Urbano Rattazzi, nella quiete di codestasua villa, dopo le lotte parlamentari e le cure di Stato, visarebbe più frequente venuto a ritemprare lo spirito erinnovare le forze.

Tien dietro, a poca distanza, la villa Pedraglio, e poici si affaccia il sospirato Nino.

Diamovi gli ordini pel pranzo, indi proseguiamo a co-steggiare questa sponda.

Il principe Trubetzkoi, colle mine si preparò lo spazioentro la dura roccia del monte per rizzarvi un casino distile nordico, onde colla più sciagurata freddura fu chia-mato del principe Turbascogli; non è forse la posturapiù allegra ad una villa; l'arido sasso che incumbe non viconcede quella gajezza di pensiero, che tutta invece viispira la villa Mylius, che, se al vero non mi appongo, è

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vutici in Milano, e impossessatisi de' nostri giornali, ab-biano potuto sostituirne l'opinione e, facendo la storia aloro talento, avessero a presentare questo illustre perso-naggio, dal cuore pari allo ingegno eccellente, poco mend'un nemico del paese. Il tempo che non è così grullo eche non giura nelle parole di questi sicofanti, farà la giu-stizia.

È in questa leggiadra casina che Maria BonaparteWyse, bella e colta consorte sua, e fra le più riputatescrittrici francesi, dettò le più lodate pagine della suaLouise de Kelner, in cui tanta parte è trasfusa delle ama-rezze, onde l'anima sua generosa venne dagli stolti ab-beverata.

Se recinto da maggiori simpatie, alle quali avrebbeavuto diritto Urbano Rattazzi, nella quiete di codestasua villa, dopo le lotte parlamentari e le cure di Stato, visarebbe più frequente venuto a ritemprare lo spirito erinnovare le forze.

Tien dietro, a poca distanza, la villa Pedraglio, e poici si affaccia il sospirato Nino.

Diamovi gli ordini pel pranzo, indi proseguiamo a co-steggiare questa sponda.

Il principe Trubetzkoi, colle mine si preparò lo spazioentro la dura roccia del monte per rizzarvi un casino distile nordico, onde colla più sciagurata freddura fu chia-mato del principe Turbascogli; non è forse la posturapiù allegra ad una villa; l'arido sasso che incumbe non viconcede quella gajezza di pensiero, che tutta invece viispira la villa Mylius, che, se al vero non mi appongo, è

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tra le meglio intese del lago. Casa e giardino vi sonoegregiamente distribuiti.

Le ville Ricordi e Artaria hanno del pari i loro pregi:presso a queste era la villa Carena, ma un bel dì del no-vembre 1868 inabissò nelle ore meridiane, volendo for-tuna che nessuno degli uomini che vi lavoravano peris-se, perchè appena usciti. Fosse lezione ai molti che trop-po spesso, ad ampliamento di loro possessi, invadonociò che spetta al lago, il quale non attende a' loro como-di, ma viene il dì che si ripiglia i suoi diritti!

Eccoci a Blevio.È paese alpestre che non mette conto di ascendere, da

che le belle ville che adornan la sponda ci seducano me-glio; a meno che non vogliate visitar quella che più su èdei signori Bocarmé e che dicono meritevole di vedersi,e la villa e vaghissimo giardino già Comton ed ora spet-tante al signor F. L. Lattuada, negoziante di Milano; ospingendosi ancora più su, noncuranti delle asprezze delcammino, non vi prenda curiosità di cercare il Pertugiodi Blevio, lunga galleria orizzontale alta un braccio alpiù e occupata dalle acque colatizie della montagna. Sedi siffatte naturali cose voi siete amanti, non lasciate al-lora di volgere la vostra attenzione all'altro speco, ospacco verticale, che da quegli alpigiani vien designatocol nome di Buco del Nasone, opportunamente difeso damacigni onde non vi precipitino dentro gli armenti chevi pascolano vicino. Forse nel fondo di tale speco si po-trebbero rinvenire fossili, se fosse possibile di praticarviindagini.

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tra le meglio intese del lago. Casa e giardino vi sonoegregiamente distribuiti.

Le ville Ricordi e Artaria hanno del pari i loro pregi:presso a queste era la villa Carena, ma un bel dì del no-vembre 1868 inabissò nelle ore meridiane, volendo for-tuna che nessuno degli uomini che vi lavoravano peris-se, perchè appena usciti. Fosse lezione ai molti che trop-po spesso, ad ampliamento di loro possessi, invadonociò che spetta al lago, il quale non attende a' loro como-di, ma viene il dì che si ripiglia i suoi diritti!

Eccoci a Blevio.È paese alpestre che non mette conto di ascendere, da

che le belle ville che adornan la sponda ci seducano me-glio; a meno che non vogliate visitar quella che più su èdei signori Bocarmé e che dicono meritevole di vedersi,e la villa e vaghissimo giardino già Comton ed ora spet-tante al signor F. L. Lattuada, negoziante di Milano; ospingendosi ancora più su, noncuranti delle asprezze delcammino, non vi prenda curiosità di cercare il Pertugiodi Blevio, lunga galleria orizzontale alta un braccio alpiù e occupata dalle acque colatizie della montagna. Sedi siffatte naturali cose voi siete amanti, non lasciate al-lora di volgere la vostra attenzione all'altro speco, ospacco verticale, che da quegli alpigiani vien designatocol nome di Buco del Nasone, opportunamente difeso damacigni onde non vi precipitino dentro gli armenti chevi pascolano vicino. Forse nel fondo di tale speco si po-trebbero rinvenire fossili, se fosse possibile di praticarviindagini.

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Presso alla chiesa parrocchiale di Blevio è la villa diquella famosa danzatrice che fu Maria Taglioni, la qua-le, fabbricandola, sperò passarvi gli ozî dell'età matura,quivi pascendosi delle floride memorie che le avrebberorichiamate le corone d'alloro, i ritratti e tante altre opimespoglie de' suoi teatrali trionfi, che qui depose. Ma lafortuna, bizzarra e spesso crudele iddia, volle disporrealtrimenti.

Così chi avrebbe detto al principe Schuwaloff, che vieresse vicino una graziosa villa con architettura russa,che di essa, come d'ogni altra pompa e commodità mon-dana, sarebbe stato sì presto schivo, e colla religionegreca de' suoi padri, l'avesse ad abbandonare per render-si barnabita in Milano, e poscia in Parigi, ove scrisse Lamia conversione e la mia vocazione, ivi morendo nel1859?.... Legata egli questa sua villa del lago a' suoicompagni di religione, veniva da essi venduta a queldotto intelletto di donna che fu Cristina Trivulzio princi-pessa di Belgiojoso, autrice di lodate opere dettatenell'idioma francese, e spentasi soltanto nel passatoanno 1871. Ora toccò la villa in eredità alla figlia Mariamaritata al marchese Trotti.

Tengon dietro le ville Belvedere Vigoni e la Sparks,questa d'architettura svizzera; ambe leggiadre, e con pe-culiari caratteristiche che le rendono interessanti allospettatore.

Un'altra villa succede, che ricorda pure entusiasmiteatrali: La Roda è detta e fu di quella grande artistacantante che si nomò Giuditta Pasta. Apparteneva prima

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Presso alla chiesa parrocchiale di Blevio è la villa diquella famosa danzatrice che fu Maria Taglioni, la qua-le, fabbricandola, sperò passarvi gli ozî dell'età matura,quivi pascendosi delle floride memorie che le avrebberorichiamate le corone d'alloro, i ritratti e tante altre opimespoglie de' suoi teatrali trionfi, che qui depose. Ma lafortuna, bizzarra e spesso crudele iddia, volle disporrealtrimenti.

Così chi avrebbe detto al principe Schuwaloff, che vieresse vicino una graziosa villa con architettura russa,che di essa, come d'ogni altra pompa e commodità mon-dana, sarebbe stato sì presto schivo, e colla religionegreca de' suoi padri, l'avesse ad abbandonare per render-si barnabita in Milano, e poscia in Parigi, ove scrisse Lamia conversione e la mia vocazione, ivi morendo nel1859?.... Legata egli questa sua villa del lago a' suoicompagni di religione, veniva da essi venduta a queldotto intelletto di donna che fu Cristina Trivulzio princi-pessa di Belgiojoso, autrice di lodate opere dettatenell'idioma francese, e spentasi soltanto nel passatoanno 1871. Ora toccò la villa in eredità alla figlia Mariamaritata al marchese Trotti.

Tengon dietro le ville Belvedere Vigoni e la Sparks,questa d'architettura svizzera; ambe leggiadre, e con pe-culiari caratteristiche che le rendono interessanti allospettatore.

Un'altra villa succede, che ricorda pure entusiasmiteatrali: La Roda è detta e fu di quella grande artistacantante che si nomò Giuditta Pasta. Apparteneva prima

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Page 66: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

a madama Ribier, la crestaja che a Milano fu ricerca datutto il mondo elegante e accumulò gran fortuna. Venutapoi alle mani della celebre cantante, per la quale Belliniscrisse la Norma e la Sonnambula, cioè i suoi insuperaticapolavori musicali, la ampliò d'assai, vi fabbricò, vi di-spose giardini ed ombre, e fino a certo tempo vi accolseanche ospiti e amici, fra cui sovente quella gentile e ri-nomata poetessa che fu Adele Curti, troppo presto rapitaalle lettere, e troppo presto e ingiustamente dimenticata,anche da chi ipocritamente si scagliò su colui che fu cre-duto averne con offesa d'amore accelerato il fine, su co-lui che invece non ha cessato ancora d'amarla, testimonîquesti versi, che di lui si leggono stampati sulla strennaedita in Napoli, intitolata Il Vesuvio, a scopo di benefi-cenza, e dettati ventiquattro anni dopo quella immaturamorte.

Sovente l'ora quando è fatta bruna,A te pensando che ogni dì più adoro,Io chieggo ai raggi dell'argentea luna,Se il tuo bel peplo è della luce loro.

Ed alle stelle che la notte aduna,Se son le gemme del tuo serto d'oro,E se dal ciel se ne dispicca alcuna,Io tremo e quasi per dolcezza moro.

Chè penso allor che tu fedel mantengaQuella promessa che mi festi pia,E che ti prego dal Signor m'ottenga.

E che la stella fuggitiva siaL'anima tua, che dall'empireo venga

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a madama Ribier, la crestaja che a Milano fu ricerca datutto il mondo elegante e accumulò gran fortuna. Venutapoi alle mani della celebre cantante, per la quale Belliniscrisse la Norma e la Sonnambula, cioè i suoi insuperaticapolavori musicali, la ampliò d'assai, vi fabbricò, vi di-spose giardini ed ombre, e fino a certo tempo vi accolseanche ospiti e amici, fra cui sovente quella gentile e ri-nomata poetessa che fu Adele Curti, troppo presto rapitaalle lettere, e troppo presto e ingiustamente dimenticata,anche da chi ipocritamente si scagliò su colui che fu cre-duto averne con offesa d'amore accelerato il fine, su co-lui che invece non ha cessato ancora d'amarla, testimonîquesti versi, che di lui si leggono stampati sulla strennaedita in Napoli, intitolata Il Vesuvio, a scopo di benefi-cenza, e dettati ventiquattro anni dopo quella immaturamorte.

Sovente l'ora quando è fatta bruna,A te pensando che ogni dì più adoro,Io chieggo ai raggi dell'argentea luna,Se il tuo bel peplo è della luce loro.

Ed alle stelle che la notte aduna,Se son le gemme del tuo serto d'oro,E se dal ciel se ne dispicca alcuna,Io tremo e quasi per dolcezza moro.

Chè penso allor che tu fedel mantengaQuella promessa che mi festi pia,E che ti prego dal Signor m'ottenga.

E che la stella fuggitiva siaL'anima tua, che dall'empireo venga

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Page 67: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

A raccoglier la stanca anima mia.

Giuditta Pasta in questi suoi diletti recessi della Rodatrascorse i suoi anni provetti, ma afflitti però da dome-stici lutti. Ella anche vi morì. Un suo busto, opera egre-gia dello scalpello del milanese Antonio Tantardini, fuda' Comensi collocato nel loro casino.

Ma l'ora del pranzo ci richiama al Nino.La mensa, noi, stando in barca, la vediamo apparec-

chiata sotto un pergolato che dà sul lago; così al dilettodei cibi avrem congiunto quello non meno grato dellavista.

Risparmio la descrizione del Nino: è un'osteria, unrestaurant, quel che volete chiamarlo, di volgare archi-tettura a cui chi giunge non fa attenzione. Vi si sbarca, sipon piede su d'un terrazzo, dove son disposte tavole perchi vi mangerà o beverà; v'è buona cucina, v'è buonacantina; chi ci viene, lo sa, se ne approfitta; nè parte,come da tanti altri luoghi, disilluso.

D'altre specialità, che non sieno brigate, canti, giuo-chi alla morra, suoni di qualche menestrello che capitada Como, non vi saprei dire veramente.

Il Nino è il ritrovo della buona classe borghese, perdefinirlo in due parole; come per la haute volée è l'alber-go della Regina d'Inghilterra, che sta alquanto più in sunella sponda opposta, ed al quale riserbo condurre il let-tore in una prossima escursione.

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A raccoglier la stanca anima mia.

Giuditta Pasta in questi suoi diletti recessi della Rodatrascorse i suoi anni provetti, ma afflitti però da dome-stici lutti. Ella anche vi morì. Un suo busto, opera egre-gia dello scalpello del milanese Antonio Tantardini, fuda' Comensi collocato nel loro casino.

Ma l'ora del pranzo ci richiama al Nino.La mensa, noi, stando in barca, la vediamo apparec-

chiata sotto un pergolato che dà sul lago; così al dilettodei cibi avrem congiunto quello non meno grato dellavista.

Risparmio la descrizione del Nino: è un'osteria, unrestaurant, quel che volete chiamarlo, di volgare archi-tettura a cui chi giunge non fa attenzione. Vi si sbarca, sipon piede su d'un terrazzo, dove son disposte tavole perchi vi mangerà o beverà; v'è buona cucina, v'è buonacantina; chi ci viene, lo sa, se ne approfitta; nè parte,come da tanti altri luoghi, disilluso.

D'altre specialità, che non sieno brigate, canti, giuo-chi alla morra, suoni di qualche menestrello che capitada Como, non vi saprei dire veramente.

Il Nino è il ritrovo della buona classe borghese, perdefinirlo in due parole; come per la haute volée è l'alber-go della Regina d'Inghilterra, che sta alquanto più in sunella sponda opposta, ed al quale riserbo condurre il let-tore in una prossima escursione.

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ESCURSIONE QUARTA.L'OLMO.

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ESCURSIONE QUARTA.L'OLMO.

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Page 69: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

San Fermo e i volontarî di Garibaldi. - Borgo Vico. - Villa Barbò.- Il Museo di monsignor Giovio e la villa Gallia. - Villa Sapo-riti, già Villani. - Bonaparte e i deputati di Como. - PalazzoResta. - Ville Salazar, Bellotti, Mancini, Brivio, Belgiojoso,D'Adda e Pisa. - Villa Mondolfo. - L'Olmo del marchese Rai-mondi. - Caninio Rufo e Plinio il Giovane.

La meta di questa escursione è pel contrario un cotalpo' aristocratica. Non prometto ai lettori di condurli allascoperta d'un Crotto, o di qualche elegante albergo: lanostra passeggiata non va che di pochi passi fuor delsobborgo Vico, che si distende sulla destra sponda dellago, il qual può dirsi in questo suo primo bacino unaserie non interrotta di ville, che si riflettono con femmi-nile civetteria nelle onde.

Ci basti all'uopo noleggiare un burchiello, e così, toc-cando appena dei remi, farlo avanzare lentamente. Nè vidarò l'incomodo di scendere ad ogni tratto, chè mi sentod'informarvi d'ogni cosa interessante rimanendo in barcaseduti.

Quel filare di piante è il pubblico passeggio della cit-tà; più dietro e per la via che vi fu praticata forsetrent'anni fa, si ascende a S. Fermo dove ne' primi digiugno 1859 audacemente i volontarî di Garibaldi attac-carono gli austriaci di Urban e li ruppero con prodigi in-finiti di valore.

Dopo la chiesa di S. Giorgio, che precede al pubblicopasseggio, incomincia il Borgo Vico e con esso la villadei marchesi Barbò da Soresina, dove un giorno sorse la

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San Fermo e i volontarî di Garibaldi. - Borgo Vico. - Villa Barbò.- Il Museo di monsignor Giovio e la villa Gallia. - Villa Sapo-riti, già Villani. - Bonaparte e i deputati di Como. - PalazzoResta. - Ville Salazar, Bellotti, Mancini, Brivio, Belgiojoso,D'Adda e Pisa. - Villa Mondolfo. - L'Olmo del marchese Rai-mondi. - Caninio Rufo e Plinio il Giovane.

La meta di questa escursione è pel contrario un cotalpo' aristocratica. Non prometto ai lettori di condurli allascoperta d'un Crotto, o di qualche elegante albergo: lanostra passeggiata non va che di pochi passi fuor delsobborgo Vico, che si distende sulla destra sponda dellago, il qual può dirsi in questo suo primo bacino unaserie non interrotta di ville, che si riflettono con femmi-nile civetteria nelle onde.

Ci basti all'uopo noleggiare un burchiello, e così, toc-cando appena dei remi, farlo avanzare lentamente. Nè vidarò l'incomodo di scendere ad ogni tratto, chè mi sentod'informarvi d'ogni cosa interessante rimanendo in barcaseduti.

Quel filare di piante è il pubblico passeggio della cit-tà; più dietro e per la via che vi fu praticata forsetrent'anni fa, si ascende a S. Fermo dove ne' primi digiugno 1859 audacemente i volontarî di Garibaldi attac-carono gli austriaci di Urban e li ruppero con prodigi in-finiti di valore.

Dopo la chiesa di S. Giorgio, che precede al pubblicopasseggio, incomincia il Borgo Vico e con esso la villadei marchesi Barbò da Soresina, dove un giorno sorse la

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Page 70: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

celebre villa denominata il Museo del già ricordato Pao-lo Giovio, vescovo di Nocera, che, a' suoi giorni, avevail poco invidiabile coraggio di altamente proclamareaver egli a propria disposizione due penne, l'una d'oroper chi ben lo pagava, di ferro l'altra per chi ciò non fa-ceva: su per giù del resto il mal vezzo di certi giornalistid'oggidì di mia conoscenza, che senza quel coraggio didirlo, han tuttavia quell'altro di farlo. Or bene il Giovio,lo storicone altissimo dell'Aretino, in quella sua villa ac-cumulato aveva quante preziosità potè racimolare, siaper doni avuti spontaneamente, sia per premi imposti ericatti. Nella prefazione alle sue opere Ritratti d'uominiillustri ne fece una lunga descrizione, che, comunque in-teressante, risparmio al lettore, del quale debbo già ditroppo esercitar la pazienza col narrargli delle ville chesussistono realmente adesso. L'abate Gallio demolì nel1616 il Museo, e la villa che ne sorse sulle rovine sichiamò la Gallia, che ultimò il marchese Fossani, ed habuone pitture del Morazzone e del Bianchi.

Segue la villa Saporiti, che un dì apparteneva ai mar-chesi Villani e figurò allora nel processo intentatosi aLondra contro Carlotta di Brunswick, regina d'Inghilter-ra, del quale dirò parte a parte nella ventura escursione,e narra Cesare Cantù che vi alloggiasse nel 1797 il ge-nerale Bonaparte, prescelta per l'eleganza del suo am-mobigliamento, e che ai deputati di Como che gli si era-no presentati, porgesse franche assicurazioni che non sa-rebbero ni francesi, ni tedeschi, ma italiani. Dopo i Vil-lani ebbero la villa i Battaglia.

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celebre villa denominata il Museo del già ricordato Pao-lo Giovio, vescovo di Nocera, che, a' suoi giorni, avevail poco invidiabile coraggio di altamente proclamareaver egli a propria disposizione due penne, l'una d'oroper chi ben lo pagava, di ferro l'altra per chi ciò non fa-ceva: su per giù del resto il mal vezzo di certi giornalistid'oggidì di mia conoscenza, che senza quel coraggio didirlo, han tuttavia quell'altro di farlo. Or bene il Giovio,lo storicone altissimo dell'Aretino, in quella sua villa ac-cumulato aveva quante preziosità potè racimolare, siaper doni avuti spontaneamente, sia per premi imposti ericatti. Nella prefazione alle sue opere Ritratti d'uominiillustri ne fece una lunga descrizione, che, comunque in-teressante, risparmio al lettore, del quale debbo già ditroppo esercitar la pazienza col narrargli delle ville chesussistono realmente adesso. L'abate Gallio demolì nel1616 il Museo, e la villa che ne sorse sulle rovine sichiamò la Gallia, che ultimò il marchese Fossani, ed habuone pitture del Morazzone e del Bianchi.

Segue la villa Saporiti, che un dì apparteneva ai mar-chesi Villani e figurò allora nel processo intentatosi aLondra contro Carlotta di Brunswick, regina d'Inghilter-ra, del quale dirò parte a parte nella ventura escursione,e narra Cesare Cantù che vi alloggiasse nel 1797 il ge-nerale Bonaparte, prescelta per l'eleganza del suo am-mobigliamento, e che ai deputati di Como che gli si era-no presentati, porgesse franche assicurazioni che non sa-rebbero ni francesi, ni tedeschi, ma italiani. Dopo i Vil-lani ebbero la villa i Battaglia.

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Page 71: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Sul terreno della Badia di Vico fu eretto il palazzo deiconti Resta; più indietro è la villetta elegante dei contiSalazar; ancora lungo il lago sorge quella de' Bellotti;poi quella de' nobili Mancini, dei conti Belgiojoso, deimarchesi Brivio, de' marchesi D'Adda, del banchierePisa, e finalmente del conte Sebastiano Mondolfo, checoll'orgoglio legittimo consentito dal merito, giusta ilconcetto d'Orazio, sume superbiam quæsitam meritis,può come il romano Oratore vantarsi incominciare da sèla nobiltà. Colle ingenti somme da lui consacrate a scopidi beneficenza, coll'ajutare nazionali imprese, egli, trie-stino, s'è conquistato la cittadinanza milanese e la bene-merenza nostra.

In questa sua villa, che siede sulle rive ridenti del La-rio, trovò nell'acquisto un prezioso e grandioso dipintodel pittor Bossi, rappresentante l'ingresso del generalPino in Milano da Porta Romana alla testa dell'armataitaliana reduce dalle campagne napoleoniche del nord.Interessantissimo riesce principalmente un tal quadroper tutte le foggie di vestir popolare che vi si riscontranonelle molteplici figure che lo popolano, e più ancora peri ritratti dei principali personaggi che vi sono rappresen-tati. Vi si ammirano altresì quattro pregevolissimi ac-querelli del Migliara, resi ancora più interessanti, perchèistoriati da quattro diversi episodî di quel tristissimo tu-multo che finì coll'eccidio dell'infelice ministro Prina,onde si bruttò la storia della mia città.

E così eccoci giunti ora alla meta della nostra odiernaescursione: all'Olmo.

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Sul terreno della Badia di Vico fu eretto il palazzo deiconti Resta; più indietro è la villetta elegante dei contiSalazar; ancora lungo il lago sorge quella de' Bellotti;poi quella de' nobili Mancini, dei conti Belgiojoso, deimarchesi Brivio, de' marchesi D'Adda, del banchierePisa, e finalmente del conte Sebastiano Mondolfo, checoll'orgoglio legittimo consentito dal merito, giusta ilconcetto d'Orazio, sume superbiam quæsitam meritis,può come il romano Oratore vantarsi incominciare da sèla nobiltà. Colle ingenti somme da lui consacrate a scopidi beneficenza, coll'ajutare nazionali imprese, egli, trie-stino, s'è conquistato la cittadinanza milanese e la bene-merenza nostra.

In questa sua villa, che siede sulle rive ridenti del La-rio, trovò nell'acquisto un prezioso e grandioso dipintodel pittor Bossi, rappresentante l'ingresso del generalPino in Milano da Porta Romana alla testa dell'armataitaliana reduce dalle campagne napoleoniche del nord.Interessantissimo riesce principalmente un tal quadroper tutte le foggie di vestir popolare che vi si riscontranonelle molteplici figure che lo popolano, e più ancora peri ritratti dei principali personaggi che vi sono rappresen-tati. Vi si ammirano altresì quattro pregevolissimi ac-querelli del Migliara, resi ancora più interessanti, perchèistoriati da quattro diversi episodî di quel tristissimo tu-multo che finì coll'eccidio dell'infelice ministro Prina,onde si bruttò la storia della mia città.

E così eccoci giunti ora alla meta della nostra odiernaescursione: all'Olmo.

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Page 72: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Possiamo lasciare la barca.Codesta villeggiatura, veramente principesca, oscura

tutte le altre in grandiosità e ricchezza. Anche la villache su questa dell'Olmo o ben presso sorgeva, a' tempidi Plinio, ed era di Caninio Rufo, non era di certo infe-riore, se non all'odierna grandiosità, certo alla sua ame-nità e vaghezza; e poichè mi son proposto di ricordarestorici fatti e tradizioni che si collegano a queste ville la-riane, mi si permetta che io qui trascriva il brano di Pli-nio il Giovane9, nel quale l'amico Caninio Rufo intrattie-ne di questa sua villa:"C. Plinio a Caninio Rufo.

"Che fa Como, tua e mia delizia? Che quell'amenissi-ma tua villetta? che quel portico, dove è sempre prima-vera? Che quell'ombroso boschetto di platani? Che quelverde e lucidissimo canale? Che quel sottoposto ed utillago? Che quel molle e pur saldo stradon gestatorio?Che quel bagno tutto quanto riempito e circondato disole? Che quel tinello per molti e l'altro per pochi? Chele stanze da giorno e quelle da notte? Ti godi forse a vi-cenda or le une or le altre? O, come il solito, ne sei di-stolto da frequenti corse, a fine di attendere a' tuoi nego-zi? Se tu ne godi, sei felice e beato; non sei che volgo sene fai senza."

Distrutta, non si sa come nè quando, la villetta di Ca-ninio Rufo, ora questa più vasta vi sorge, che dicesidell'Olmo. La fabbricò il marchese Innocenzo Odescal-9 C. Plinii. Epistol., Lib. 1-3.

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Possiamo lasciare la barca.Codesta villeggiatura, veramente principesca, oscura

tutte le altre in grandiosità e ricchezza. Anche la villache su questa dell'Olmo o ben presso sorgeva, a' tempidi Plinio, ed era di Caninio Rufo, non era di certo infe-riore, se non all'odierna grandiosità, certo alla sua ame-nità e vaghezza; e poichè mi son proposto di ricordarestorici fatti e tradizioni che si collegano a queste ville la-riane, mi si permetta che io qui trascriva il brano di Pli-nio il Giovane9, nel quale l'amico Caninio Rufo intrattie-ne di questa sua villa:"C. Plinio a Caninio Rufo.

"Che fa Como, tua e mia delizia? Che quell'amenissi-ma tua villetta? che quel portico, dove è sempre prima-vera? Che quell'ombroso boschetto di platani? Che quelverde e lucidissimo canale? Che quel sottoposto ed utillago? Che quel molle e pur saldo stradon gestatorio?Che quel bagno tutto quanto riempito e circondato disole? Che quel tinello per molti e l'altro per pochi? Chele stanze da giorno e quelle da notte? Ti godi forse a vi-cenda or le une or le altre? O, come il solito, ne sei di-stolto da frequenti corse, a fine di attendere a' tuoi nego-zi? Se tu ne godi, sei felice e beato; non sei che volgo sene fai senza."

Distrutta, non si sa come nè quando, la villetta di Ca-ninio Rufo, ora questa più vasta vi sorge, che dicesidell'Olmo. La fabbricò il marchese Innocenzo Odescal-9 C. Plinii. Epistol., Lib. 1-3.

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Page 73: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

chi di Como su' disegni di quell'illustre architetto ticine-se che fu Simone Cantoni10, vi profuse stucchi, dorature,specchi e dipinti. V'è in una sala una gran fascia di figu-re scolpite da quell'emulo di Canova che fu Thorwald-sen, e vi sono mille altre preziose cose d'arte.

Toccò questa villa in eredità al marchese Giorgio Rai-mondi, che generosissimo vi menò lungo tempo la vita;ma dopo le sventure toccate alla insurrezione nostra del1848, fra le proprietà sequestrate dalla stoltezza de' pro-consoli austriaci, questa fu pure dell'Olmo, che, a som-mo dispregio delle cose nostre e in odio del Raimondi,le dorate sale convertirono in caserma, e sallo Iddio diqual modo conciassero tutte quelle preziosità.

Sciolti dopo i sequestri, di tanti guasti stomacato for-se il marchese Raimondi, piacendosi d'altre sue comodee non profanate villeggiature, questa più non curò e, sela voce non erra, non ricuserebbe dallo spropriarsene.

Qualche regnante o gran ricco che aspiri a trovarsilungo il Lario una delizia - poichè nella amenità di que-ste terre e di queste acque si danno convegni principi ericchi d'ogni nazione -, vi troverebbe alla villeggiaturadell'Olmo il suo conto, e la villeggiatura dell'Olmo ritor-nar potrebbe tuttavia a' suoi giorni di prosperità e splen-dore.

10 Ne dettai la biografia nell'Ingegnere Architetto, giornale che si pubblica inMilano da B. Saldini.

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chi di Como su' disegni di quell'illustre architetto ticine-se che fu Simone Cantoni10, vi profuse stucchi, dorature,specchi e dipinti. V'è in una sala una gran fascia di figu-re scolpite da quell'emulo di Canova che fu Thorwald-sen, e vi sono mille altre preziose cose d'arte.

Toccò questa villa in eredità al marchese Giorgio Rai-mondi, che generosissimo vi menò lungo tempo la vita;ma dopo le sventure toccate alla insurrezione nostra del1848, fra le proprietà sequestrate dalla stoltezza de' pro-consoli austriaci, questa fu pure dell'Olmo, che, a som-mo dispregio delle cose nostre e in odio del Raimondi,le dorate sale convertirono in caserma, e sallo Iddio diqual modo conciassero tutte quelle preziosità.

Sciolti dopo i sequestri, di tanti guasti stomacato for-se il marchese Raimondi, piacendosi d'altre sue comodee non profanate villeggiature, questa più non curò e, sela voce non erra, non ricuserebbe dallo spropriarsene.

Qualche regnante o gran ricco che aspiri a trovarsilungo il Lario una delizia - poichè nella amenità di que-ste terre e di queste acque si danno convegni principi ericchi d'ogni nazione -, vi troverebbe alla villeggiaturadell'Olmo il suo conto, e la villeggiatura dell'Olmo ritor-nar potrebbe tuttavia a' suoi giorni di prosperità e splen-dore.

10 Ne dettai la biografia nell'Ingegnere Architetto, giornale che si pubblica inMilano da B. Saldini.

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Page 74: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE QUINTA.IL PERTUGIO DELLA VOLPE.

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ESCURSIONE QUINTA.IL PERTUGIO DELLA VOLPE.

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Page 75: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Gite montane. - Il trovante dell'Alpe di S. Primo. - Il Sarizzo. -Grotte e caverne. - Grumello. - Villa Celesia. - La Zuccotta e ITre Simili. - Il signor G. B. Brambilla. - Villa Caprera del si-gnor Loria. - La Tavernola e l'Albergo. - Villa Gonzales. - Ilcapitano De Cristoforis. - La Villa Bignami. - La Villa Blasis. -A Carlo Blasis. Versi. - Il Bisbino. - Il Pertugio della Volpe. -Marmi e pietre.

Alla campagna, non è sempre a paesi, a mercati, a vil-le che si ami, a ragion di piacevole passeggiata, andare;ma assai spesso ben anco a cert'altri luoghi, dove o lanatura li rese interessanti, o la loro postura concede chesi godano panorami od estesi orizzonti. Nè sono cotaliescursioni le meno piacevoli, anzi il più spesso sonoquelle che divertono meglio. Il lago di Como e il Piand'Erba, che noi dobbiamo percorrere allegramente insie-me, ti presentano, amico lettore, molti e amenissimipunti di tal fatta, che saran certo anche per te deliziosemete a gite, a refezioni allegre, come lo sono per tanti.

D'ordinario infatti vi si va recando il necessario per lacolazione: è così buono anche il più semplice compana-tico quando è ammanito dall'appetito, reso più acuto dallungo cammino fatto a piedi o sul dosso di qualche muloo asinello, e dalla fresca brezza che spira sempre dallefrondose selvette, onde si vestono le nostre colline, i no-stri monti. E quelle chiare, dolci e fresche linfe che sca-turiscono improvvise dai massi, e, formantisi in rivolet-ti, scendono così seducenti di balza in balza, che t'invi-tano a gustarle o nel palmo della mano, o alla foggia dei

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Gite montane. - Il trovante dell'Alpe di S. Primo. - Il Sarizzo. -Grotte e caverne. - Grumello. - Villa Celesia. - La Zuccotta e ITre Simili. - Il signor G. B. Brambilla. - Villa Caprera del si-gnor Loria. - La Tavernola e l'Albergo. - Villa Gonzales. - Ilcapitano De Cristoforis. - La Villa Bignami. - La Villa Blasis. -A Carlo Blasis. Versi. - Il Bisbino. - Il Pertugio della Volpe. -Marmi e pietre.

Alla campagna, non è sempre a paesi, a mercati, a vil-le che si ami, a ragion di piacevole passeggiata, andare;ma assai spesso ben anco a cert'altri luoghi, dove o lanatura li rese interessanti, o la loro postura concede chesi godano panorami od estesi orizzonti. Nè sono cotaliescursioni le meno piacevoli, anzi il più spesso sonoquelle che divertono meglio. Il lago di Como e il Piand'Erba, che noi dobbiamo percorrere allegramente insie-me, ti presentano, amico lettore, molti e amenissimipunti di tal fatta, che saran certo anche per te deliziosemete a gite, a refezioni allegre, come lo sono per tanti.

D'ordinario infatti vi si va recando il necessario per lacolazione: è così buono anche il più semplice compana-tico quando è ammanito dall'appetito, reso più acuto dallungo cammino fatto a piedi o sul dosso di qualche muloo asinello, e dalla fresca brezza che spira sempre dallefrondose selvette, onde si vestono le nostre colline, i no-stri monti. E quelle chiare, dolci e fresche linfe che sca-turiscono improvvise dai massi, e, formantisi in rivolet-ti, scendono così seducenti di balza in balza, che t'invi-tano a gustarle o nel palmo della mano, o alla foggia dei

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Page 76: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

biblici soldati di Gedeone, o nella barchettina di cuojo.Qui lungo il lago di Como avviene che nelle corse

montane che si fanno si trovino altre curiosità, che, an-che senza essere geologi e naturalisti, richiamanol'attenzione; quali, a mo' d'esempio, enormi massi o tro-vanti di granito, staccati dal monte e per nulla aventi afare colla natura della roccia di esso. Celebre è quello, acagion d'esempio, che scorgesi a sinistra del lagosull'alpe di S. Primo e che molti traggono a vedere, equelli che vedremo sul monte che sovrasta a Blevio. Lapresenza di tali trovanti ci attesta de' cataclismi avvenu-ti, come i fossili e le conchiglie, che su per le vette diqueste Prealpi si trovano, ne lascian credere che vera-mente un giorno fosse questa nostra Lombardia tuttaquanta un mare.

Ma di secoli da quel tempo devono essere trascorsi acentinaja.

Diffatti massi erratici si sfruttano dall'industria perfabbriche, e in commercio si conoscono sotto il nome disarizzo; tanto l'uomo sa trar profitto di tutto!

Richiamano altresì l'attenzione e de' geologi e deiprofani certe grotte e pozzi e caverne che si trovano,come il Pertugio detto della volpe, al quale è diretta lanostra peregrinazione odierna; il Buco di Blevio e quel-lo appellato del Nasone che gli stanno rimpetto; quellodell'Orso su Torrigia, a cui pure ne ho destinata un'altra;e la Grotta della Masera sopra Careno e Premenù sopraPognana, e il Buco della Nicolina e quello di Vallombriasovra il piano del Tivano, dove pure condurrò più avanti

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biblici soldati di Gedeone, o nella barchettina di cuojo.Qui lungo il lago di Como avviene che nelle corse

montane che si fanno si trovino altre curiosità, che, an-che senza essere geologi e naturalisti, richiamanol'attenzione; quali, a mo' d'esempio, enormi massi o tro-vanti di granito, staccati dal monte e per nulla aventi afare colla natura della roccia di esso. Celebre è quello, acagion d'esempio, che scorgesi a sinistra del lagosull'alpe di S. Primo e che molti traggono a vedere, equelli che vedremo sul monte che sovrasta a Blevio. Lapresenza di tali trovanti ci attesta de' cataclismi avvenu-ti, come i fossili e le conchiglie, che su per le vette diqueste Prealpi si trovano, ne lascian credere che vera-mente un giorno fosse questa nostra Lombardia tuttaquanta un mare.

Ma di secoli da quel tempo devono essere trascorsi acentinaja.

Diffatti massi erratici si sfruttano dall'industria perfabbriche, e in commercio si conoscono sotto il nome disarizzo; tanto l'uomo sa trar profitto di tutto!

Richiamano altresì l'attenzione e de' geologi e deiprofani certe grotte e pozzi e caverne che si trovano,come il Pertugio detto della volpe, al quale è diretta lanostra peregrinazione odierna; il Buco di Blevio e quel-lo appellato del Nasone che gli stanno rimpetto; quellodell'Orso su Torrigia, a cui pure ne ho destinata un'altra;e la Grotta della Masera sopra Careno e Premenù sopraPognana, e il Buco della Nicolina e quello di Vallombriasovra il piano del Tivano, dove pure condurrò più avanti

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il lettore, e la Tana Selvatica sopra Grandola in Val Me-naggio e Biancamonda sopra Villeso, per non dir di tut-te.

E siccome mi piace serbare un po' d'ordine in questenostre escursioni, e far in modo che nulla sfugga allanostra osservazione (s'intende nulla del meglio), così,rammentandomi che siam rimasti alla villa del marcheseRaimondi, denominata l'Olmo, passiamo in rassegna legraziose e ricche ville che si vengono succedendo: ciparrà più corta la via, per giungere al Pertugio.

Se vi pare di variare, qui potete farne senza della bar-ca; perocchè è una buona via abbastanza larga per tra-scorrervi la carrozza e farvi pure lo scambio conquell'altra che le venisse incontro per ricondurvi al sen-tiero che si sale alla montagna. Io per altro ho promessodi accennarvi a tutte queste leggiadre casine che si spec-chiano come vaghe odalische nel lago, e tiro dritto inbarca.

La prima che s'incontra è il Grumello, villa ora delgenovese banchiere Celesia, ma che prima fu dei Gallioe poi de' Giovi. Ha vicino la sua darsena, come, quale inun modo, quale in un altro, l'hanno tutte; perocchè averla villa lungo il lago e non possedere la sua lancia, o lagondola, o il canotto, o il piccino ed agile sandolino chesfiora appena l'acqua, è quanto non averla. La più partedelle passeggiate è sul lago, e sovr'esso si trascorre sem-pre al mattino, meno al meriggio, indispensabilmenteprima o dopo il desinare. Con taluna di queste snelle im-barcazioni si va al mercato di Como, si passa alla posta

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il lettore, e la Tana Selvatica sopra Grandola in Val Me-naggio e Biancamonda sopra Villeso, per non dir di tut-te.

E siccome mi piace serbare un po' d'ordine in questenostre escursioni, e far in modo che nulla sfugga allanostra osservazione (s'intende nulla del meglio), così,rammentandomi che siam rimasti alla villa del marcheseRaimondi, denominata l'Olmo, passiamo in rassegna legraziose e ricche ville che si vengono succedendo: ciparrà più corta la via, per giungere al Pertugio.

Se vi pare di variare, qui potete farne senza della bar-ca; perocchè è una buona via abbastanza larga per tra-scorrervi la carrozza e farvi pure lo scambio conquell'altra che le venisse incontro per ricondurvi al sen-tiero che si sale alla montagna. Io per altro ho promessodi accennarvi a tutte queste leggiadre casine che si spec-chiano come vaghe odalische nel lago, e tiro dritto inbarca.

La prima che s'incontra è il Grumello, villa ora delgenovese banchiere Celesia, ma che prima fu dei Gallioe poi de' Giovi. Ha vicino la sua darsena, come, quale inun modo, quale in un altro, l'hanno tutte; perocchè averla villa lungo il lago e non possedere la sua lancia, o lagondola, o il canotto, o il piccino ed agile sandolino chesfiora appena l'acqua, è quanto non averla. La più partedelle passeggiate è sul lago, e sovr'esso si trascorre sem-pre al mattino, meno al meriggio, indispensabilmenteprima o dopo il desinare. Con taluna di queste snelle im-barcazioni si va al mercato di Como, si passa alla posta

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del paese a dare e ritirar le lettere, si rasenta la sponda osi traversa per le visite, si va incontro a' piroscafi per ve-dervi i passeggieri, o per la sola voluttà di farsi cullaredalle grosse onde che nel moversi ne fan le ruote; si fan-no infine le escursioni di piacere; insomma si san sem-pre trovare le occasioni d'essere in barca; così che possadirsi, senza dare nell'iperbole, che gran parte della gior-nata la si passi sovra il lago.

Eccovi questa villa che è al di là della strada: è laZuccotta e appartiene al signor Giovan Battista Bram-billa, banchiere di Milano. Innanzi ad essa sarei tratto afarvi un po' di maldicenza, non a danno del suo ultimopossessore, ma a beneficio del suo antecessore, semprenell'interesse della storia; ma preferisco rimandarvi aquel libretto divertentissimo che dettò quello svegliatoingegno di Defendente Sacchi, molti e molti anni fa, al-lorchè la Zuccotta era venuta alle mani di quel furbissi-mo abate che fu il professore Pietro Configliachi. Il li-bretto ha per titolo I tre Simili, e ci dice come qualmentela villa la Zuccotta, acquistata co' danari d'una signora,rimanesse invece con mirabile artificio proprietà delloabate. L'è tutta una rappresentazione di prestidigitazioneda disgradare Cagliostro. A' tempi in cui usciva questastoria per le stampe, gli Austriaci erano qui nell'apogeodella loro dominazione; epperò dovette stamparsi allamacchia e passarsi dall'uno all'altro, quasi un numero ri-voluzionario della Giovine Italia.

Questa villa era stata edificata dai signori Volpi; ilConfigliachi, da uomo di sottile ingegno, ne l'aveva di

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del paese a dare e ritirar le lettere, si rasenta la sponda osi traversa per le visite, si va incontro a' piroscafi per ve-dervi i passeggieri, o per la sola voluttà di farsi cullaredalle grosse onde che nel moversi ne fan le ruote; si fan-no infine le escursioni di piacere; insomma si san sem-pre trovare le occasioni d'essere in barca; così che possadirsi, senza dare nell'iperbole, che gran parte della gior-nata la si passi sovra il lago.

Eccovi questa villa che è al di là della strada: è laZuccotta e appartiene al signor Giovan Battista Bram-billa, banchiere di Milano. Innanzi ad essa sarei tratto afarvi un po' di maldicenza, non a danno del suo ultimopossessore, ma a beneficio del suo antecessore, semprenell'interesse della storia; ma preferisco rimandarvi aquel libretto divertentissimo che dettò quello svegliatoingegno di Defendente Sacchi, molti e molti anni fa, al-lorchè la Zuccotta era venuta alle mani di quel furbissi-mo abate che fu il professore Pietro Configliachi. Il li-bretto ha per titolo I tre Simili, e ci dice come qualmentela villa la Zuccotta, acquistata co' danari d'una signora,rimanesse invece con mirabile artificio proprietà delloabate. L'è tutta una rappresentazione di prestidigitazioneda disgradare Cagliostro. A' tempi in cui usciva questastoria per le stampe, gli Austriaci erano qui nell'apogeodella loro dominazione; epperò dovette stamparsi allamacchia e passarsi dall'uno all'altro, quasi un numero ri-voluzionario della Giovine Italia.

Questa villa era stata edificata dai signori Volpi; ilConfigliachi, da uomo di sottile ingegno, ne l'aveva di

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molto abbellita; ma chi la ridusse alla vaghezza d'oggidìfu l'odierno proprietario di essa signor Brambilla, cheelevandola fino al sommo della collina e occupando par-te del Cereseto, che il Cantù dice lodato per fichi squisi-ti, la fece tra le migliori onde il lago si pompeggia. Qui-vi accolse oggetti di pittura e di scultura, e deve essereper lui di non poca soddisfazione nel vederli innanzi asè, ripensare che ognun di essi rappresenta una commis-sione da lui data a questo o a quell'artista, e da lui datain tempo, quando cioè può valere altresì a beneficenza.Queste cose sono omai così poco e da' pochi comprese,che rilevarle, per lo scrittore è un dovere.

Più avanti il medesimo signor Brambilla, traendo par-tito da qualche spazio concessogli dal capriccioso lago,fabbricò un bellissimo palazzino, che, in omaggio al Ti-tano d'Italia, intolò Caprera, e non è a dirsi come lo for-nisse d'elegante suppellettile. L'una sola di queste villeoh come appagherebbe le aspirazioni di molti! Ora essadivenne proprietà del ricchissimo signor Loria, che lagrande fortuna ammassata ne' commerci in Egitto sfruttadegnamente fra noi. Il suo palazzo di Milano è tra le mi-gliori e suntuose opere architettoniche del nostro tempo.

Dalla Caprera alla Tavernola, già degli Stagnoli, oradi proprietario tedesco, non corrono che pochi passi.Quivi è facile trovare chi vi affitti, se bramate gustarvigli ozî lacuali, molto più poi che ora vi si è stabilito unalbergo. Il luogo è bello, comoda la casa, proprie le sup-pellettili, splendide le vicinanze. Non sarà certo inop-portuna questa mia designazione. Essa venne architetta-

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molto abbellita; ma chi la ridusse alla vaghezza d'oggidìfu l'odierno proprietario di essa signor Brambilla, cheelevandola fino al sommo della collina e occupando par-te del Cereseto, che il Cantù dice lodato per fichi squisi-ti, la fece tra le migliori onde il lago si pompeggia. Qui-vi accolse oggetti di pittura e di scultura, e deve essereper lui di non poca soddisfazione nel vederli innanzi asè, ripensare che ognun di essi rappresenta una commis-sione da lui data a questo o a quell'artista, e da lui datain tempo, quando cioè può valere altresì a beneficenza.Queste cose sono omai così poco e da' pochi comprese,che rilevarle, per lo scrittore è un dovere.

Più avanti il medesimo signor Brambilla, traendo par-tito da qualche spazio concessogli dal capriccioso lago,fabbricò un bellissimo palazzino, che, in omaggio al Ti-tano d'Italia, intolò Caprera, e non è a dirsi come lo for-nisse d'elegante suppellettile. L'una sola di queste villeoh come appagherebbe le aspirazioni di molti! Ora essadivenne proprietà del ricchissimo signor Loria, che lagrande fortuna ammassata ne' commerci in Egitto sfruttadegnamente fra noi. Il suo palazzo di Milano è tra le mi-gliori e suntuose opere architettoniche del nostro tempo.

Dalla Caprera alla Tavernola, già degli Stagnoli, oradi proprietario tedesco, non corrono che pochi passi.Quivi è facile trovare chi vi affitti, se bramate gustarvigli ozî lacuali, molto più poi che ora vi si è stabilito unalbergo. Il luogo è bello, comoda la casa, proprie le sup-pellettili, splendide le vicinanze. Non sarà certo inop-portuna questa mia designazione. Essa venne architetta-

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ta da quel valoroso che è il Tatti.La villa Gonzales vi succede. Sorge a testimonio di

quanto possa l'ingegno anche sopra la nascita e l'educa-zione di convenzione. Il Gonzales, datosi agli appalti efattosi più volte milionario, qui si aveva preparato deli-ziosissimi ozî e riposi dalle annuali fatiche. Spiegò ilgusto de' gran signori dalla natività: le sue allogazioniartistiche non sono state mai a casaccio, ma presiedutedalla intelligenza. Il Fasanotti, principe de' nostri paesi-sti, della villa del Gonzales fece uno de' soliti suoi capo-lavori. Fu l'onore allora della pubblica mostra di bellearti di Brera; ora lo è della superba casa del signor Gon-zales. Fra gli altri molti oggetti d'arte che vi accolse,evvi il bellissimo Ismaele dello Strazza e un bel quadrodi Sebastiano De Albertis, raffigurante la morte del ca-pitano De Cristoforis, avvenuta nella fazione di S. Fer-mo già ricordata. Ma, tanta delizia, contro la comuneaspettazione, ora da lui fu ceduta a ricco straniero; tantoè vero che l'uomo propone e Iddio dispone.

Poi la villa Bignami, eseguita dietro disegnodell'architetto Clerichetti, e basta per dirla di buona ar-chitettura; e quindi la Cima, che deve la sua esistenza algenerale Pino, di cui dissi già addietro e avrò a dire nel-la prossima escursione ancora. Fu in questa villa chequel famoso vi moriva nell'anno 1826.

Dietro di queste ultime ville, al di là della strada car-rozzabile, che ho già sopra ricordata, presso il torrentedella Breggia, che passando nella Vall'Intelvi, viene pre-sto a buttarsi nel lago, una graziosa villetta, che per me

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ta da quel valoroso che è il Tatti.La villa Gonzales vi succede. Sorge a testimonio di

quanto possa l'ingegno anche sopra la nascita e l'educa-zione di convenzione. Il Gonzales, datosi agli appalti efattosi più volte milionario, qui si aveva preparato deli-ziosissimi ozî e riposi dalle annuali fatiche. Spiegò ilgusto de' gran signori dalla natività: le sue allogazioniartistiche non sono state mai a casaccio, ma presiedutedalla intelligenza. Il Fasanotti, principe de' nostri paesi-sti, della villa del Gonzales fece uno de' soliti suoi capo-lavori. Fu l'onore allora della pubblica mostra di bellearti di Brera; ora lo è della superba casa del signor Gon-zales. Fra gli altri molti oggetti d'arte che vi accolse,evvi il bellissimo Ismaele dello Strazza e un bel quadrodi Sebastiano De Albertis, raffigurante la morte del ca-pitano De Cristoforis, avvenuta nella fazione di S. Fer-mo già ricordata. Ma, tanta delizia, contro la comuneaspettazione, ora da lui fu ceduta a ricco straniero; tantoè vero che l'uomo propone e Iddio dispone.

Poi la villa Bignami, eseguita dietro disegnodell'architetto Clerichetti, e basta per dirla di buona ar-chitettura; e quindi la Cima, che deve la sua esistenza algenerale Pino, di cui dissi già addietro e avrò a dire nel-la prossima escursione ancora. Fu in questa villa chequel famoso vi moriva nell'anno 1826.

Dietro di queste ultime ville, al di là della strada car-rozzabile, che ho già sopra ricordata, presso il torrentedella Breggia, che passando nella Vall'Intelvi, viene pre-sto a buttarsi nel lago, una graziosa villetta, che per me

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Page 81: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ha grandissimo valore, attrae il vostro sguardo. Tersico-re vorrebbe esser detta, perocchè essa appartenga al suopiù celebre sacerdote vivente, a Carlo Blasis vuo' dire,che congiuntamente a quella somma artista che fu An-nunziata Ramaccini, che gli è compagna, portò la R.scuola di perfezionamento di ballo di Milano aquell'altezza e fama che ognun sa. Nel Blasis l'insegna-mento egregio non fu l'effetto soltanto delle tecniche no-zioni apprese alla sua volta in giovinezza, ma il fruttoaltresì di quella coltura onde erudì lo spirito, e delle dot-trine estetiche nelle quali è maestro e per le quali potèdonare alle lettere e all'arte sua un preziosissimo Ma-nuale della danza, un filosofico volume Sull'uomo fisi-co intellettuale e morale, e infinità d'altri lavori di scien-za e di erudizione, che il resero l'indispensabile collabo-ratore di non so quanti giornali artistici italiani ed esteri.

Mi conceda il lettore che io dedichi all'amico la ver-sione d'un enfatico carme latino che il direttore del Pro-pagateur du Var, Dario De Rossi, pubblicava in onore dilui. È sì raro che periodici francesi riconoscano il meritode' nostri, che chi legge avrà caro che le pagine di prosaora alterni con versi che sì onorevolmente testimonianod'un nostro concittadino.

Non mai, se il dolce di Calliope labbroMi sorridesse, o da Polinnia il dottoArtificio non fosse a me negatoDe' carmi, o pur se d'imitar col cantoMi fosse Orfeo da pio destin concesso;Non mai, Blasis, potria le tue virtudi

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ha grandissimo valore, attrae il vostro sguardo. Tersico-re vorrebbe esser detta, perocchè essa appartenga al suopiù celebre sacerdote vivente, a Carlo Blasis vuo' dire,che congiuntamente a quella somma artista che fu An-nunziata Ramaccini, che gli è compagna, portò la R.scuola di perfezionamento di ballo di Milano aquell'altezza e fama che ognun sa. Nel Blasis l'insegna-mento egregio non fu l'effetto soltanto delle tecniche no-zioni apprese alla sua volta in giovinezza, ma il fruttoaltresì di quella coltura onde erudì lo spirito, e delle dot-trine estetiche nelle quali è maestro e per le quali potèdonare alle lettere e all'arte sua un preziosissimo Ma-nuale della danza, un filosofico volume Sull'uomo fisi-co intellettuale e morale, e infinità d'altri lavori di scien-za e di erudizione, che il resero l'indispensabile collabo-ratore di non so quanti giornali artistici italiani ed esteri.

Mi conceda il lettore che io dedichi all'amico la ver-sione d'un enfatico carme latino che il direttore del Pro-pagateur du Var, Dario De Rossi, pubblicava in onore dilui. È sì raro che periodici francesi riconoscano il meritode' nostri, che chi legge avrà caro che le pagine di prosaora alterni con versi che sì onorevolmente testimonianod'un nostro concittadino.

Non mai, se il dolce di Calliope labbroMi sorridesse, o da Polinnia il dottoArtificio non fosse a me negatoDe' carmi, o pur se d'imitar col cantoMi fosse Orfeo da pio destin concesso;Non mai, Blasis, potria le tue virtudi

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Page 82: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Degnamente narrar onde risplendi,Siccome astro fulgente in sul creato.A la palestra le solerti membraAd addestrar tu insegni, e tu la danzaGuidi ed al piede la cadenza, e il modo,E la posa ed il gesto e ogni movenza,Memore ancor dell'arte prisca, apprendi.

Il diviso dall'orbe irto britanno,Ammira e plaude; e quei che pria ColomboSotto l'ardente sol scopriva audaceDopo acerbe fortune e l'aspra genteDelle Esperidi e quei che del SequanoFlutto nobil si fa, popol di Francia,Inclito in armi e nel civil costume,Blasis, dal genio tuo, da tanta altezzaDi tua mente commossi, al ciel la lodeDel tuo nome innalzar e della terraItala che ti fu larga nodriceE della tua s'onora inclita fama.

Te la Gloria sublima e il tuo sembianteRitrae nel marmo. - A che ricordo io maiQueste povere cose? - Oh! non da menoDe' più gagliardi ingegni, osasti primoTu dell'uomo indagar le meraviglieNote appena ridir ed ogni motoDell'animo a che valga e i nostri petti,L'abito di natura, onde agli officiC'informiam della vita ed alle eccelseRegioni ci estolle, o in giù trascinaE ci offusca le menti e il corpo solve;Che mai possa la donna e quanto ingegno

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Degnamente narrar onde risplendi,Siccome astro fulgente in sul creato.A la palestra le solerti membraAd addestrar tu insegni, e tu la danzaGuidi ed al piede la cadenza, e il modo,E la posa ed il gesto e ogni movenza,Memore ancor dell'arte prisca, apprendi.

Il diviso dall'orbe irto britanno,Ammira e plaude; e quei che pria ColomboSotto l'ardente sol scopriva audaceDopo acerbe fortune e l'aspra genteDelle Esperidi e quei che del SequanoFlutto nobil si fa, popol di Francia,Inclito in armi e nel civil costume,Blasis, dal genio tuo, da tanta altezzaDi tua mente commossi, al ciel la lodeDel tuo nome innalzar e della terraItala che ti fu larga nodriceE della tua s'onora inclita fama.

Te la Gloria sublima e il tuo sembianteRitrae nel marmo. - A che ricordo io maiQueste povere cose? - Oh! non da menoDe' più gagliardi ingegni, osasti primoTu dell'uomo indagar le meraviglieNote appena ridir ed ogni motoDell'animo a che valga e i nostri petti,L'abito di natura, onde agli officiC'informiam della vita ed alle eccelseRegioni ci estolle, o in giù trascinaE ci offusca le menti e il corpo solve;Che mai possa la donna e quanto ingegno

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Page 83: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

E nelle membra sue vigore accolga;Quali rifulgan per sapere e qualiAlla patria devoti emergan fortiNelle battaglie eroi, o la lor vitaAbbian dell'Arti al sacro culto intesa.

Quanto fai, quanto scrivi, a te le mentiConcilia, o Carlo, e raddolcisce i pettiEd è fama così che la prestanzaDe' tuoi modi squisiti abbia lasciatiRicordevoli molti; al par di piantaChe frondosa al venir di primaveraS'incorona di fiori e nell'estivaStagion pendon dai rami i dolci pomi.Quivi de' lor melodïosi cantiEmpion l'aure gli augelli e qui per lungoCammino il vïator stanco riposaE le forze a la fresca ombra rintegra.

O dell'Italia onor, de la severaSofia decoro, lungamente viviAll'arte e a' tuoi, felice! e quando avraiGrande e incolume i tuoi giorni compiuti,Te Clio, te Euterpe e la virtù non mortaDe la tua patria adducano immortaleSovra nuvola ardente in grembo al cielo!

Ma qui ne è forza balzar dalla barca e ascendere ilmonte che nomano il Bisbino. Badiam però che la suasommità sia libera e serena; perocchè quando essa si in-corona di nubi, gli è indizio che il cielo si turberà, chenon tarderà guari a piovere a dirotto:

Se il Bisbin mette il cappello,

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E nelle membra sue vigore accolga;Quali rifulgan per sapere e qualiAlla patria devoti emergan fortiNelle battaglie eroi, o la lor vitaAbbian dell'Arti al sacro culto intesa.

Quanto fai, quanto scrivi, a te le mentiConcilia, o Carlo, e raddolcisce i pettiEd è fama così che la prestanzaDe' tuoi modi squisiti abbia lasciatiRicordevoli molti; al par di piantaChe frondosa al venir di primaveraS'incorona di fiori e nell'estivaStagion pendon dai rami i dolci pomi.Quivi de' lor melodïosi cantiEmpion l'aure gli augelli e qui per lungoCammino il vïator stanco riposaE le forze a la fresca ombra rintegra.

O dell'Italia onor, de la severaSofia decoro, lungamente viviAll'arte e a' tuoi, felice! e quando avraiGrande e incolume i tuoi giorni compiuti,Te Clio, te Euterpe e la virtù non mortaDe la tua patria adducano immortaleSovra nuvola ardente in grembo al cielo!

Ma qui ne è forza balzar dalla barca e ascendere ilmonte che nomano il Bisbino. Badiam però che la suasommità sia libera e serena; perocchè quando essa si in-corona di nubi, gli è indizio che il cielo si turberà, chenon tarderà guari a piovere a dirotto:

Se il Bisbin mette il cappello,

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Corri a prendere l'ombrello;

così avvertono, a mo' di sentenza, quelli del luogo.Sulle sue pendici seggono le grosse terre di Piazza e

di Rovenna, dove è anche una bella chiesa e dove, nonricordo in qual tempo dell'anno, è una sagra a cui corregran gente, ma più ancora al Santuario sulla vetta.

Più in su è il Pertugio della Volpe.La vista che al di fuori ci si offre è incantevole: vale-

va la pena di venirvi. Ma descrivervi il panorama nonmi calza, da che la descrizione è esaurita per chi montòsul Generoso. Tuttavia a chi non garba il maggior inco-modo di salire fin lassù, questa vista del Pertugio dellaVolpe lo paga certo del minor disturbo.

Entriamo adesso. È una grotta che s'addentra assai eassai: i banchi calcarei che vi sorgono e la rendono ine-guale, vi palliano la lunghezza. Fu misurata novecentometri: sarà vero? Io non mi sto fra coloro che si mostrantroppo increduli, nè mi voglio, San Tomaso novello,metter la mano a sindacare. Parmi migliore civiltà arren-dermi a chi me la spara grossa... e saran dunque nove-cento metri di lunghezza, e voi credetevi, o lettori; e seno, pigliatevi il gomitolo del villano di Barnabò Viscon-ti e misuratela a vostro talento.

Vuolsi ricca questa grotta - alla quale per avventuraqualche volpe snidata ha dato il nome - di alabastri ve-nati; ma già questi monti che fiancheggiano il vaghissi-mo Lario sono sì larghi depositari di marmi e pietre cheinteressano il naturalista e lo speculatore, che se

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Corri a prendere l'ombrello;

così avvertono, a mo' di sentenza, quelli del luogo.Sulle sue pendici seggono le grosse terre di Piazza e

di Rovenna, dove è anche una bella chiesa e dove, nonricordo in qual tempo dell'anno, è una sagra a cui corregran gente, ma più ancora al Santuario sulla vetta.

Più in su è il Pertugio della Volpe.La vista che al di fuori ci si offre è incantevole: vale-

va la pena di venirvi. Ma descrivervi il panorama nonmi calza, da che la descrizione è esaurita per chi montòsul Generoso. Tuttavia a chi non garba il maggior inco-modo di salire fin lassù, questa vista del Pertugio dellaVolpe lo paga certo del minor disturbo.

Entriamo adesso. È una grotta che s'addentra assai eassai: i banchi calcarei che vi sorgono e la rendono ine-guale, vi palliano la lunghezza. Fu misurata novecentometri: sarà vero? Io non mi sto fra coloro che si mostrantroppo increduli, nè mi voglio, San Tomaso novello,metter la mano a sindacare. Parmi migliore civiltà arren-dermi a chi me la spara grossa... e saran dunque nove-cento metri di lunghezza, e voi credetevi, o lettori; e seno, pigliatevi il gomitolo del villano di Barnabò Viscon-ti e misuratela a vostro talento.

Vuolsi ricca questa grotta - alla quale per avventuraqualche volpe snidata ha dato il nome - di alabastri ve-nati; ma già questi monti che fiancheggiano il vaghissi-mo Lario sono sì larghi depositari di marmi e pietre cheinteressano il naturalista e lo speculatore, che se

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Page 85: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

n'avrebbero a scrivere volumi. Intanto godono gran rino-manza il marmo bianco di Olgiasca che prolungasi sullariva opposta del lago, ove presso Musso già esistevaneuna cava; quello nero di Varenna; la pietra di Moltrasioche riducesi anche a lamine sottili per grondaie di tetti epavimenti; le lumachelle della Tremezzina e il sarizzoche ho testè accennato, e il marmo bindellino che è nelletto del Varrone, e moltissimi sassi calcari che alimen-tano attivissime fornaci.

E qui basti e discendiamo, perchè l'ora si fa tarda.

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n'avrebbero a scrivere volumi. Intanto godono gran rino-manza il marmo bianco di Olgiasca che prolungasi sullariva opposta del lago, ove presso Musso già esistevaneuna cava; quello nero di Varenna; la pietra di Moltrasioche riducesi anche a lamine sottili per grondaie di tetti epavimenti; le lumachelle della Tremezzina e il sarizzoche ho testè accennato, e il marmo bindellino che è nelletto del Varrone, e moltissimi sassi calcari che alimen-tano attivissime fornaci.

E qui basti e discendiamo, perchè l'ora si fa tarda.

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ESCURSIONE SESTA.LA VILLA D'ESTE.

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ESCURSIONE SESTA.LA VILLA D'ESTE.

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Page 87: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Cernobbio. - Debitori e Monache. - Villa Bolognini. - Villa Lejna-ti. - Villa Belinzaghi. - Garrovo. - Il general Pino. - La villad'Este. - Giorgio IV d'Inghilterra. - La principessa di Galles. -Suo processo. - Sua morte. - Sue opere alla villa d'Este. -L'Albergo della Regina d'Inghilterra. - L'acqua della Coletta.

I.Un giorno m'accadde di dire che un libro ben curioso

sarebbe quello che s'avesse a fare Dei misteri del lagodi Como. Già il lettore che mi ha seguíto ne ha per av-ventura intraveduto taluno; ma siccome questo volume èdestinato a tutt'altro fine, non mi farò a rivelarli adesso,limitandomi però a riassumere quelli che sono già cadutinel dominio della storia, e che per conseguenza nonponno più esser misteri.

D'altronde, so che il titolo di Misteri del lago diComo piacque ad altro scrittore e li ha dettati; non li holetti, - come si può giungere a tutto? - ma suppongo chesaranno indubbiamente una storia immaginosa, sul teno-re delle altre congeneri, - e allora non era quella la miaintenzione11.

Io voleva con quel pensiero alludere alle cento miste-riose scene cui furono teatro le varie ville che si stendo-no dall'una e dall'altra sponda del lago; scene d'amore,scene di crimini, di romanzo e di assisie, burlevoli e piùche serie, che a raccorle ed ammannirle vi vorrebbe la

11 I Misteri del Lario, Racconto di Giuseppe Arnaud. Milano, 1867, pubblicatonel giornale La Lombardia.

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Cernobbio. - Debitori e Monache. - Villa Bolognini. - Villa Lejna-ti. - Villa Belinzaghi. - Garrovo. - Il general Pino. - La villad'Este. - Giorgio IV d'Inghilterra. - La principessa di Galles. -Suo processo. - Sua morte. - Sue opere alla villa d'Este. -L'Albergo della Regina d'Inghilterra. - L'acqua della Coletta.

I.Un giorno m'accadde di dire che un libro ben curioso

sarebbe quello che s'avesse a fare Dei misteri del lagodi Como. Già il lettore che mi ha seguíto ne ha per av-ventura intraveduto taluno; ma siccome questo volume èdestinato a tutt'altro fine, non mi farò a rivelarli adesso,limitandomi però a riassumere quelli che sono già cadutinel dominio della storia, e che per conseguenza nonponno più esser misteri.

D'altronde, so che il titolo di Misteri del lago diComo piacque ad altro scrittore e li ha dettati; non li holetti, - come si può giungere a tutto? - ma suppongo chesaranno indubbiamente una storia immaginosa, sul teno-re delle altre congeneri, - e allora non era quella la miaintenzione11.

Io voleva con quel pensiero alludere alle cento miste-riose scene cui furono teatro le varie ville che si stendo-no dall'una e dall'altra sponda del lago; scene d'amore,scene di crimini, di romanzo e di assisie, burlevoli e piùche serie, che a raccorle ed ammannirle vi vorrebbe la

11 I Misteri del Lario, Racconto di Giuseppe Arnaud. Milano, 1867, pubblicatonel giornale La Lombardia.

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penna di Sue o di Dumas, di Ponson du Terrail - poichèv'ha anche il terribile - o di Gaborieau, i romanzieri allamoda in Francia.

Ora in questa mia escursione non chiamerò il lettoread assistere a scene misteriose, ma ad uno storico avve-nimento; quantunque il processo cui fece luogo fu benlungi dallo squarciare interamente il velo di tutto quantosi compì fra le pareti della villa d'Este.

II.E prima di tutto non lasciamoci passare queste altre

che ci conducono alla nostra meta; esse hanno tuttol'interesse al nostro sguardo: eleganti, graziose ne acci-vettano a far omaggio anzitutto alla bellezza, poi a mon-signor Milione.

La prima è rappresentata nella villa Bolognini, dallapiù leggiadra e graziosa creatura, cui stia a maravigliasulla bellissima testa la corona ducale; la madre sua, di-venuta principessa, ebbe la dedica d'un magnifico ro-manzo di Balzac, in cui le è dato tributo altresì di spiri-to, e quel messere in fatto di spirito poteva ben esseregiudice competente.

Ma qui ci troviamo in Cernobbio: una parola del pae-se.

Il nome di esso lo si fa derivare da cœnobium, ceno-bio, da un monastero che v'era di cluniacensi, e credoche sia una delle migliori e incontrovertibili etimologie.Ai cluniacensi succedettero le monache; ma sembra che

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penna di Sue o di Dumas, di Ponson du Terrail - poichèv'ha anche il terribile - o di Gaborieau, i romanzieri allamoda in Francia.

Ora in questa mia escursione non chiamerò il lettoread assistere a scene misteriose, ma ad uno storico avve-nimento; quantunque il processo cui fece luogo fu benlungi dallo squarciare interamente il velo di tutto quantosi compì fra le pareti della villa d'Este.

II.E prima di tutto non lasciamoci passare queste altre

che ci conducono alla nostra meta; esse hanno tuttol'interesse al nostro sguardo: eleganti, graziose ne acci-vettano a far omaggio anzitutto alla bellezza, poi a mon-signor Milione.

La prima è rappresentata nella villa Bolognini, dallapiù leggiadra e graziosa creatura, cui stia a maravigliasulla bellissima testa la corona ducale; la madre sua, di-venuta principessa, ebbe la dedica d'un magnifico ro-manzo di Balzac, in cui le è dato tributo altresì di spiri-to, e quel messere in fatto di spirito poteva ben esseregiudice competente.

Ma qui ci troviamo in Cernobbio: una parola del pae-se.

Il nome di esso lo si fa derivare da cœnobium, ceno-bio, da un monastero che v'era di cluniacensi, e credoche sia una delle migliori e incontrovertibili etimologie.Ai cluniacensi succedettero le monache; ma sembra che

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l'aria del lago e queste naturali maraviglie delle sue riverendano infiammabili gli animi, ardenti i cuori, e che lepovere recluse fossero facilmente spinte a voluttà e gustipoco ascetici, se non soltanto qui, ma anche altrove,come vedremo, l'autorità regia, o l'ecclesiastica, se nedovette ingerire e mandarle a menare quella vita altrove.Le monachelle di Cernobbio furono cacciate dal loro ri-dente soggiorno da quel nemico di cocolle e di veli chefu Giuseppe II.

La cronaca ha serbato memoria d'un solo avvenimen-to di questa borgata, che pare dovesse essere un tempopiù popolosa e forte. Narrasi che nel 1433 alcuni uominidi Cernobbio fossero stati tratti per debiti nelle carceridi Bellagio; che ad altri loro conterranei fosse entrato ilruzzolo di liberarneli, e là recatisi di cheto, ne li avesse-ro cavati a forza. Era duca di Milano allora quel prepo-tente di Filippo Maria Visconti, il marito della sventura-tissima Beatrice di Tenda, che, avuto sentore appenadell'avvenimento, mandò ad istituire il processo, speran-do scoprire i colpevoli; ma poichè la sapienza di quegliinquisitori non giunse a darli nelle mani, il Visconti fecesommaria vendetta, desolando tutta la terra di Cernob-bio, ch'era assai più industriosa, e consegnando alle for-che quanti avevano osato opporgli resistenza.

L'industria maggiore de' suoi abitanti è in oggi la pe-sca e i nauli, guidando essi cioè le imbarcazioni de' mol-ti che affluiscono a bearsi delle delizie del Lario, ed ese-guendo i trasporti di pietre, calce e derrate.

Ho dato omaggio alla bellezza: ora alla ricchezza.

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l'aria del lago e queste naturali maraviglie delle sue riverendano infiammabili gli animi, ardenti i cuori, e che lepovere recluse fossero facilmente spinte a voluttà e gustipoco ascetici, se non soltanto qui, ma anche altrove,come vedremo, l'autorità regia, o l'ecclesiastica, se nedovette ingerire e mandarle a menare quella vita altrove.Le monachelle di Cernobbio furono cacciate dal loro ri-dente soggiorno da quel nemico di cocolle e di veli chefu Giuseppe II.

La cronaca ha serbato memoria d'un solo avvenimen-to di questa borgata, che pare dovesse essere un tempopiù popolosa e forte. Narrasi che nel 1433 alcuni uominidi Cernobbio fossero stati tratti per debiti nelle carceridi Bellagio; che ad altri loro conterranei fosse entrato ilruzzolo di liberarneli, e là recatisi di cheto, ne li avesse-ro cavati a forza. Era duca di Milano allora quel prepo-tente di Filippo Maria Visconti, il marito della sventura-tissima Beatrice di Tenda, che, avuto sentore appenadell'avvenimento, mandò ad istituire il processo, speran-do scoprire i colpevoli; ma poichè la sapienza di quegliinquisitori non giunse a darli nelle mani, il Visconti fecesommaria vendetta, desolando tutta la terra di Cernob-bio, ch'era assai più industriosa, e consegnando alle for-che quanti avevano osato opporgli resistenza.

L'industria maggiore de' suoi abitanti è in oggi la pe-sca e i nauli, guidando essi cioè le imbarcazioni de' mol-ti che affluiscono a bearsi delle delizie del Lario, ed ese-guendo i trasporti di pietre, calce e derrate.

Ho dato omaggio alla bellezza: ora alla ricchezza.

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Page 90: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Questa è rappresentata in Cernobbio dalle due villedei banchieri Lejnati e Belinzaghi, che vi raccolsero inesse tutte le opportune comodità della vita.

Più oltre un cancello vi annuncia il parco della Villad'Este.

Il cardinal Gallio, che si pretende nato in Cernobbio,fabbricò questa villa che è fra le più grandi e sontuosedel lago; tanto così che or fan due anni l'imperatrice ditutte le Russie vi trovava comodo albergo. Passò di poiin proprietà ai conti Calderari, onde da Garrovo, che sichiamava dapprima, si nomò poscia da essi, infino al dìche Carolina Amelia Elisabetta di Brunswick, principes-sa di Galles, venuta in Italia nell'anno 1816, eleggendolaa propria stanza, vi impose il nome di Villa d'Este, chele rimane ancora.

Il general Pino, che sposava una donna dei Calderari,riceveva con essa anche la villa; e un bel dì che l'affet-tuosa sposa attendeva in quegli ozj il marito, fece, sullealture onde si chiude il recinto della villa e che per feli-ce combinazione rassomigliavano in minori proporzionia quelle su cui a Tarragona di Spagna si distendevano ifortilizî che il marito aveva coll'armi italiane espugnati,rizzare tanti fortini che imitassero in piccolo que' mag-giori, così preparando al marito la più grata sorpresa. Epoichè meglio si ravvivassero in lui quelle grate e glo-riose memorie, disponeva che gli alunni del collegio mi-litare di Milano, istituito a San Luca dal generale Teulié,vi venissero a far loro armeggiamenti, attacchi e fuochicon mirabilissimo effetto.

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Questa è rappresentata in Cernobbio dalle due villedei banchieri Lejnati e Belinzaghi, che vi raccolsero inesse tutte le opportune comodità della vita.

Più oltre un cancello vi annuncia il parco della Villad'Este.

Il cardinal Gallio, che si pretende nato in Cernobbio,fabbricò questa villa che è fra le più grandi e sontuosedel lago; tanto così che or fan due anni l'imperatrice ditutte le Russie vi trovava comodo albergo. Passò di poiin proprietà ai conti Calderari, onde da Garrovo, che sichiamava dapprima, si nomò poscia da essi, infino al dìche Carolina Amelia Elisabetta di Brunswick, principes-sa di Galles, venuta in Italia nell'anno 1816, eleggendolaa propria stanza, vi impose il nome di Villa d'Este, chele rimane ancora.

Il general Pino, che sposava una donna dei Calderari,riceveva con essa anche la villa; e un bel dì che l'affet-tuosa sposa attendeva in quegli ozj il marito, fece, sullealture onde si chiude il recinto della villa e che per feli-ce combinazione rassomigliavano in minori proporzionia quelle su cui a Tarragona di Spagna si distendevano ifortilizî che il marito aveva coll'armi italiane espugnati,rizzare tanti fortini che imitassero in piccolo que' mag-giori, così preparando al marito la più grata sorpresa. Epoichè meglio si ravvivassero in lui quelle grate e glo-riose memorie, disponeva che gli alunni del collegio mi-litare di Milano, istituito a San Luca dal generale Teulié,vi venissero a far loro armeggiamenti, attacchi e fuochicon mirabilissimo effetto.

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Page 91: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Ma la Villa d'Este fu teatro a scene più importanti diquesta, per lo scandalo che ne fu fatto per Europa tutta,e che rivelò il famoso processo che si compì in Londranel 1820; e siccome da tutti si chiede come, perchè equando venne dato alla villa il nome che essa ha, come eperchè il nome di Regina d'Inghilterra fu imposto al bel-lissimo albergo che nel giardino venne edificato dal ba-rone Ciani, che tutta la villa acquistò e vi fabbricò perentro casini, dominato, com'era solito a dir egli, dal maldella pietra; così mette conto che io narri questa storiascandalosa e più scandaloso processo, compendiandolada' Processi Celebri che la resero ne' suoi particolari.

III.La vita di disordine e di dissipazione, cui, dopo

d'essere uscito nel 1781 dalla minorità, s'era interamenteabbandonato quel Giorgio Augusto Federico, principe diGalles, erede presuntivo della corona d'Inghilterra e chefu poi Giorgio IV, rimase così notoria, che di poco ag-giunse a popolarizzarla il bel romanzo di Gozlan.

I suoi banchetti ricordavano le cene dell'impero diRoma: Fox, Sheridan, Brummel, Erskine, Grey e Russelne erano i compiacenti compagni nelle orgie, negli stra-vizzi, nelle vergogne, come erano i più eleganti che co-stituivano la fashion inglese. Superbi equipaggi, amantidi gran prezzo, dispendî pazzi in giardini e palazzi, eperfino giunterie di giuoco si alternavano co' stravizzinelle più ignobili taverne: non una tradizione in lui di

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Ma la Villa d'Este fu teatro a scene più importanti diquesta, per lo scandalo che ne fu fatto per Europa tutta,e che rivelò il famoso processo che si compì in Londranel 1820; e siccome da tutti si chiede come, perchè equando venne dato alla villa il nome che essa ha, come eperchè il nome di Regina d'Inghilterra fu imposto al bel-lissimo albergo che nel giardino venne edificato dal ba-rone Ciani, che tutta la villa acquistò e vi fabbricò perentro casini, dominato, com'era solito a dir egli, dal maldella pietra; così mette conto che io narri questa storiascandalosa e più scandaloso processo, compendiandolada' Processi Celebri che la resero ne' suoi particolari.

III.La vita di disordine e di dissipazione, cui, dopo

d'essere uscito nel 1781 dalla minorità, s'era interamenteabbandonato quel Giorgio Augusto Federico, principe diGalles, erede presuntivo della corona d'Inghilterra e chefu poi Giorgio IV, rimase così notoria, che di poco ag-giunse a popolarizzarla il bel romanzo di Gozlan.

I suoi banchetti ricordavano le cene dell'impero diRoma: Fox, Sheridan, Brummel, Erskine, Grey e Russelne erano i compiacenti compagni nelle orgie, negli stra-vizzi, nelle vergogne, come erano i più eleganti che co-stituivano la fashion inglese. Superbi equipaggi, amantidi gran prezzo, dispendî pazzi in giardini e palazzi, eperfino giunterie di giuoco si alternavano co' stravizzinelle più ignobili taverne: non una tradizione in lui di

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Page 92: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

quella moralità e austerità, nella quale era stato nellafanciullezza cresciuto in corte. Carlton-House fu il tea-tro di tanto scialacquo e dissolutezza.

Non bastavano a sì grandi follie nè la rendita fattaglidi cinquantamila lire sterline, nè i redditi del ducato diLancaster. A capo di tre anni di sua maggiorità egli ave-va già inoltre creato a sè un debito di mezzo milione disterline, vale a dire dodici milioni e cinquecentomilafranchi. Insorsero i creditori, il re Giorgio III si ricusavadi pagare, lo scandalo crebbe, e la Camera dei Comuni,dopo un dibáttito scandaloso, finì col votare una sommadi 161,000 sterline (4,025,000 fr.) per pagarne i debiti.

Incappato dipoi nelle reti di una signora Fitz-Hubert,cattolica irlandese, costei giunse a farsi segretamentesposare, sebbene un tal matrimonio fosse colpito di nul-lità, contrario essendo alle leggi del regno, queste nonpermettendo a' principi della famiglia reale di contrarloprima de' venticinque anni; oltre che il matrimonio delprincipe ereditario con una cattolica lo escludeva dallasuccessione al trono.

Aumentati inoltre i suoi debiti, dai quali punto nonaveva ristato, fino alla ingente somma di 642,890 sterli-ne, a meglio cioè di sedici milioni di franchi, parve algoverno non esservi altro riparo che un matrimonio le-gale.

A vincere gli aperti rifiuti opposti dal principe, fuadoperato James Harvis, più tardi conte di Malmesbury,esperto negoziatore durante le guerre della repubblica edell'impero francese, le cui Memorie, lasciate dopo mor-

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quella moralità e austerità, nella quale era stato nellafanciullezza cresciuto in corte. Carlton-House fu il tea-tro di tanto scialacquo e dissolutezza.

Non bastavano a sì grandi follie nè la rendita fattaglidi cinquantamila lire sterline, nè i redditi del ducato diLancaster. A capo di tre anni di sua maggiorità egli ave-va già inoltre creato a sè un debito di mezzo milione disterline, vale a dire dodici milioni e cinquecentomilafranchi. Insorsero i creditori, il re Giorgio III si ricusavadi pagare, lo scandalo crebbe, e la Camera dei Comuni,dopo un dibáttito scandaloso, finì col votare una sommadi 161,000 sterline (4,025,000 fr.) per pagarne i debiti.

Incappato dipoi nelle reti di una signora Fitz-Hubert,cattolica irlandese, costei giunse a farsi segretamentesposare, sebbene un tal matrimonio fosse colpito di nul-lità, contrario essendo alle leggi del regno, queste nonpermettendo a' principi della famiglia reale di contrarloprima de' venticinque anni; oltre che il matrimonio delprincipe ereditario con una cattolica lo escludeva dallasuccessione al trono.

Aumentati inoltre i suoi debiti, dai quali punto nonaveva ristato, fino alla ingente somma di 642,890 sterli-ne, a meglio cioè di sedici milioni di franchi, parve algoverno non esservi altro riparo che un matrimonio le-gale.

A vincere gli aperti rifiuti opposti dal principe, fuadoperato James Harvis, più tardi conte di Malmesbury,esperto negoziatore durante le guerre della repubblica edell'impero francese, le cui Memorie, lasciate dopo mor-

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Page 93: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

te, forniscono i più curiosi particolari circa il modo dalui usato per condurlo ad accogliere l'offertogli partito.

I creditori, all'uopo sollecitati e divenuti a lui insop-portabili, determinarono finalmente l'adesione del prin-cipe al matrimonio, ch'egli chiamava il proprio suicidio.

Gli venne fidanzata Carolina Amelia Elisabetta diBrunswick, figlia di quel duca di Brunswick che nel1792 forzò audacemente le frontiere di Francia.

Mirabeau aveva attestato di lei esser amabilissima,spiritosa, bella e assai vivace; ma il signor di Malme-sbury nel 1794, quando fu conchiuso il matrimonio (2dicembre), la trovò, oltre che già di più di ventisei anni,se abbastanza bella e con due stelle di occhi, anche uncotal po' triviale, con denti mezzo guasti e spalle imper-tinenti.

La cronaca del paese mormorava di lei, come di don-na leggiera, avida di piaceri, e la faceva eroina d'una ro-manzesca fuga con un giovine uffiziale della corte delpadre.

Ne completeranno il breve schizzo che ne ho fattoqueste bizzarre particolarità che si leggono nel giornaledello stesso conte di Malmesbury.

"- Il principe, madama, - le disse questo abile nego-ziatore un giorno - è assai delicato per ciò che riguardala nettezza. - Il giorno dopo la principessa comparve as-sai bene lavata dalla testa ai piedi."

"Ho avuto, scrive lo stesso Malmesbury, due colloquîcolla principessa Carolina, uno sulla pulizia e sulla de-

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te, forniscono i più curiosi particolari circa il modo dalui usato per condurlo ad accogliere l'offertogli partito.

I creditori, all'uopo sollecitati e divenuti a lui insop-portabili, determinarono finalmente l'adesione del prin-cipe al matrimonio, ch'egli chiamava il proprio suicidio.

Gli venne fidanzata Carolina Amelia Elisabetta diBrunswick, figlia di quel duca di Brunswick che nel1792 forzò audacemente le frontiere di Francia.

Mirabeau aveva attestato di lei esser amabilissima,spiritosa, bella e assai vivace; ma il signor di Malme-sbury nel 1794, quando fu conchiuso il matrimonio (2dicembre), la trovò, oltre che già di più di ventisei anni,se abbastanza bella e con due stelle di occhi, anche uncotal po' triviale, con denti mezzo guasti e spalle imper-tinenti.

La cronaca del paese mormorava di lei, come di don-na leggiera, avida di piaceri, e la faceva eroina d'una ro-manzesca fuga con un giovine uffiziale della corte delpadre.

Ne completeranno il breve schizzo che ne ho fattoqueste bizzarre particolarità che si leggono nel giornaledello stesso conte di Malmesbury.

"- Il principe, madama, - le disse questo abile nego-ziatore un giorno - è assai delicato per ciò che riguardala nettezza. - Il giorno dopo la principessa comparve as-sai bene lavata dalla testa ai piedi."

"Ho avuto, scrive lo stesso Malmesbury, due colloquîcolla principessa Carolina, uno sulla pulizia e sulla de-

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Page 94: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

cenza, ed un altro sul riserbo nel parlare. Ho procurato,per quanto può farlo un uomo, di convincerla della ne-cessità di porre molta attenzione in tutte le parti del suoabbigliamento, sia in quello che si vedeva, sia in quelloche rimaneva ascoso... Sapevo che portava delle sottanegrossolane, delle camicie ruvide e delle calze di filo, enon fossero neppure ben pulite e cambiate abbastanza difrequente!... È singolare come su questo punto sia statatrascurata la sua educazione e come sua madre, benchèinglese (Augusta, sorella di re Giorgio III), vi abbia fattopoca attenzione. L'altro nostro colloquio versò sul modoleggiero con cui parlava della duchessa (sua madre),burlandosi sempre di lei e dinanzi a lei... Ella capiscetutto ciò, ma lo dimentica..."

Questi erano gli sposi: vediamo i frutti di tal connu-bio.

IV.Il principe di Galles mandava a Greenwich, a ricevere

la sua sposa, lady Jersey sua recente amante, ciò che sta-biliva fin dai primi momenti in costei una acerrima ne-mica di Carolina, perchè non le aveva dissimulato frizzipungenti che non si perdonano.

Trovo scritto che la prima notte di matrimonio fu de-gna di questi sponsali. Dopo alcune ore, il principe ab-bandonava il letto nuziale, senza dissimulare il suo tur-bamento, la sua collera e il suo disgusto. Che pensaredei misteri di questa notte? Si parlò d'ubbriachezza, di

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cenza, ed un altro sul riserbo nel parlare. Ho procurato,per quanto può farlo un uomo, di convincerla della ne-cessità di porre molta attenzione in tutte le parti del suoabbigliamento, sia in quello che si vedeva, sia in quelloche rimaneva ascoso... Sapevo che portava delle sottanegrossolane, delle camicie ruvide e delle calze di filo, enon fossero neppure ben pulite e cambiate abbastanza difrequente!... È singolare come su questo punto sia statatrascurata la sua educazione e come sua madre, benchèinglese (Augusta, sorella di re Giorgio III), vi abbia fattopoca attenzione. L'altro nostro colloquio versò sul modoleggiero con cui parlava della duchessa (sua madre),burlandosi sempre di lei e dinanzi a lei... Ella capiscetutto ciò, ma lo dimentica..."

Questi erano gli sposi: vediamo i frutti di tal connu-bio.

IV.Il principe di Galles mandava a Greenwich, a ricevere

la sua sposa, lady Jersey sua recente amante, ciò che sta-biliva fin dai primi momenti in costei una acerrima ne-mica di Carolina, perchè non le aveva dissimulato frizzipungenti che non si perdonano.

Trovo scritto che la prima notte di matrimonio fu de-gna di questi sponsali. Dopo alcune ore, il principe ab-bandonava il letto nuziale, senza dissimulare il suo tur-bamento, la sua collera e il suo disgusto. Che pensaredei misteri di questa notte? Si parlò d'ubbriachezza, di

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Page 95: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

trasporti lubrici, di scoperte umilianti.... Checchè ne sia,è certo che il principe, ubbriaco come un facchino, pas-sò la maggior parte della notte sdraiato, non nel letto nu-ziale, ma su d'un tappeto.

Dopo tutto, il 7 febbrajo 1796, nove mesi successivi aquella notte, Carolina dava alla luce la principessa Caro-lina Carlotta Augusta di Galles.

Ma non fu codesto un anello di ricongiunzione fra idue sposi. Il principe di Galles continuò a vivere separa-to dalla moglie; anzi, dopo due lettere scambiatesi fraessi, come a specie di convenzione d'una separazione difatto, la principessa di Galles si ritrasse a Black-Heat nelDevonshire, da cui di rado si toglieva per comparire acorte; intenta, del resto, alle cure della propria bambina.

Nel 1804 cominciò la maldicenza, incitata da ladyJersey, a esercitarsi a di lei danno. Disse di scandalosiamori suoi con lord Eardley, e si pretese che WilliamBilly Austin, fanciulletto da lei caritatevolmente ricove-rato e amato, fosse il frutto di adulteri amori.

La delicata investigazione che si istituì l'assolse com-pletamente, e si trovò che il fanciullo era invece dellospedale di Brownlow-Street, ed erano suoi genitori So-fia Austin e un falegname di Deptfort, conchiudendosiche i di lei accusatori avrebbero meritato di essere pro-cessati con tutta la severità delle leggi.

Ma ciò non avendo giovato a ritornarle tutta la reve-renza dovuta al suo grado, molto più che l'investigazio-ne e i suoi risultamenti erano stati tenuti segreti, ella nereclamò al re suo suocero, invocando la pubblicità di

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trasporti lubrici, di scoperte umilianti.... Checchè ne sia,è certo che il principe, ubbriaco come un facchino, pas-sò la maggior parte della notte sdraiato, non nel letto nu-ziale, ma su d'un tappeto.

Dopo tutto, il 7 febbrajo 1796, nove mesi successivi aquella notte, Carolina dava alla luce la principessa Caro-lina Carlotta Augusta di Galles.

Ma non fu codesto un anello di ricongiunzione fra idue sposi. Il principe di Galles continuò a vivere separa-to dalla moglie; anzi, dopo due lettere scambiatesi fraessi, come a specie di convenzione d'una separazione difatto, la principessa di Galles si ritrasse a Black-Heat nelDevonshire, da cui di rado si toglieva per comparire acorte; intenta, del resto, alle cure della propria bambina.

Nel 1804 cominciò la maldicenza, incitata da ladyJersey, a esercitarsi a di lei danno. Disse di scandalosiamori suoi con lord Eardley, e si pretese che WilliamBilly Austin, fanciulletto da lei caritatevolmente ricove-rato e amato, fosse il frutto di adulteri amori.

La delicata investigazione che si istituì l'assolse com-pletamente, e si trovò che il fanciullo era invece dellospedale di Brownlow-Street, ed erano suoi genitori So-fia Austin e un falegname di Deptfort, conchiudendosiche i di lei accusatori avrebbero meritato di essere pro-cessati con tutta la severità delle leggi.

Ma ciò non avendo giovato a ritornarle tutta la reve-renza dovuta al suo grado, molto più che l'investigazio-ne e i suoi risultamenti erano stati tenuti segreti, ella nereclamò al re suo suocero, invocando la pubblicità di

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tutto. The Book, che ne fu la raccolta degli atti, compar-ve; ma giunto al potere Perceval, che era stato consiglie-ro alla principessa di quella pubblicazione, ne scongiuròlo scandalo e soppresse il libro, e diè egualmente soddi-sfazione a Carolina, operando in guisa che Giorgio III ei due fratelli del principe di Galles le facessero solennivisite, e che una decisione del consiglio di Stato ne con-fermasse l'innocenza.

Ma gli odî del marito crebbero a dismisura, ed ei letolse la figlia. Ricorse ella, ebbe nuova riconfermad'incolpabilità, ma non riebbe la figliuola.

Le fu interdetto allora ricomparire a corte, non poten-do il principe, divenuto reggente per la demenza del pa-dre, incontrarsi con lei. Ne chiese ragione a lui medesi-mo, ma non n'ebbe risposta tampoco.

La figlia Carlotta veniva destinata dal reggente alprincipe d'Orange, erede presuntivo del trono de' PaesiBassi; dovendo mal suo grado obbedirvi, in capo listadelle persone che dovevano invitarsi al matrimonio lagiovinetta scrisse il nome della madre. Giorgio gliela ri-tornò radiandone il nome; ma Carlotta alla sua voltacancellò un nome: era quello del futuro sposo, e rinviòal padre la lista. Ella andava sposa poco dopo al duca diSassonia Coburgo.

La principessa di Galles risolse allora di abbandonarl'Inghilterra.

Il Parlamento le fissava l'appannaggio d'annue lirecinquantamila sterline; essa non ne accettò che trenta-cinquemila, e partiva il 9 aprile 1814, assumendo il

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tutto. The Book, che ne fu la raccolta degli atti, compar-ve; ma giunto al potere Perceval, che era stato consiglie-ro alla principessa di quella pubblicazione, ne scongiuròlo scandalo e soppresse il libro, e diè egualmente soddi-sfazione a Carolina, operando in guisa che Giorgio III ei due fratelli del principe di Galles le facessero solennivisite, e che una decisione del consiglio di Stato ne con-fermasse l'innocenza.

Ma gli odî del marito crebbero a dismisura, ed ei letolse la figlia. Ricorse ella, ebbe nuova riconfermad'incolpabilità, ma non riebbe la figliuola.

Le fu interdetto allora ricomparire a corte, non poten-do il principe, divenuto reggente per la demenza del pa-dre, incontrarsi con lei. Ne chiese ragione a lui medesi-mo, ma non n'ebbe risposta tampoco.

La figlia Carlotta veniva destinata dal reggente alprincipe d'Orange, erede presuntivo del trono de' PaesiBassi; dovendo mal suo grado obbedirvi, in capo listadelle persone che dovevano invitarsi al matrimonio lagiovinetta scrisse il nome della madre. Giorgio gliela ri-tornò radiandone il nome; ma Carlotta alla sua voltacancellò un nome: era quello del futuro sposo, e rinviòal padre la lista. Ella andava sposa poco dopo al duca diSassonia Coburgo.

La principessa di Galles risolse allora di abbandonarl'Inghilterra.

Il Parlamento le fissava l'appannaggio d'annue lirecinquantamila sterline; essa non ne accettò che trenta-cinquemila, e partiva il 9 aprile 1814, assumendo il

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Page 97: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

nome di contessa di Wolfenbüttel.Si diresse dapprima al suo paese natio; quindi partì

per la Svizzera, visitò l'Italia, la Grecia, la Turchia, laPalestina, Tunisi; poi si stabiliva a Pesaro, e da ultimo aquesta villa Calderari sul lago di Como, che ricevette dalei, come già sa il lettore, il nome di Villa d'Este.

V.Quale fosse la vita della principessa di Galles all'este-

ro, e principalmente su queste rive del lago, non ne èspenta la memoria fra noi. V'hanno di molti ancora cherammentano averla veduta, che si trovarono ai licenziosiballi cui ella assisteva alla Barona presso Milano, che lariconobbero ai veglioni della Scala con travestimentiimpossibili o toalette sconvenienti; come moltissimi nelevano a cielo ancora gli atti infiniti di una inesauribilegenerosità e carità.

Queste sponde del Lario echeggiano tuttavia degliinni riconoscenti alle sue splendide beneficenze. Ella al-largò e compì la via che da Como metteva alla sua resi-denza e spese assai denaro in altre opere vantaggiose aquel paese.

Se non che l'odio del marito e l'ira de' nemici da leilasciati in Inghilterra non s'erano tenuti paghi di sua par-tenza: essi la seguivano nelle sue peregrinazioni, nel suovolontario esilio. Neppur si volle informarla della mortedella figliuola, neppur di quella del suocero Giorgio III,avvenuta il 29 gennajo 1820, da lei sapute entrambe sol-

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nome di contessa di Wolfenbüttel.Si diresse dapprima al suo paese natio; quindi partì

per la Svizzera, visitò l'Italia, la Grecia, la Turchia, laPalestina, Tunisi; poi si stabiliva a Pesaro, e da ultimo aquesta villa Calderari sul lago di Como, che ricevette dalei, come già sa il lettore, il nome di Villa d'Este.

V.Quale fosse la vita della principessa di Galles all'este-

ro, e principalmente su queste rive del lago, non ne èspenta la memoria fra noi. V'hanno di molti ancora cherammentano averla veduta, che si trovarono ai licenziosiballi cui ella assisteva alla Barona presso Milano, che lariconobbero ai veglioni della Scala con travestimentiimpossibili o toalette sconvenienti; come moltissimi nelevano a cielo ancora gli atti infiniti di una inesauribilegenerosità e carità.

Queste sponde del Lario echeggiano tuttavia degliinni riconoscenti alle sue splendide beneficenze. Ella al-largò e compì la via che da Como metteva alla sua resi-denza e spese assai denaro in altre opere vantaggiose aquel paese.

Se non che l'odio del marito e l'ira de' nemici da leilasciati in Inghilterra non s'erano tenuti paghi di sua par-tenza: essi la seguivano nelle sue peregrinazioni, nel suovolontario esilio. Neppur si volle informarla della mortedella figliuola, neppur di quella del suocero Giorgio III,avvenuta il 29 gennajo 1820, da lei sapute entrambe sol-

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Page 98: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

tanto a caso.S'inasprì ancor più la persecuzione contro di lei

coll'avvenimento di suo marito Giorgio IV al trono. Ilsuo nome fu tolto dalle preghiere della liturgia britanni-ca, e le fu messa, per così dire, a' fianchi una commis-sione segreta che ne spiasse la vita.

E questa nella sua permanente inchiesta, stabilita frapersone influenti in Milano, raccoglieva fatti, circostan-ze, nomi e testimonianze terribili contro di lei.

Carolina, reclamando contro le misure summentovateprese in Inghilterra contro di lei, minacciava recarsi aLondra a reclamare i suoi privilegi di regina; ve la aiz-zavano i whigs che avrebbero voluto suscitar con ciògravi imbarazzi al nuovo regno; sconsigliavanla i toriescollo spauracchio d'uno scandaloso processo. Nulla te-mendo Carolina, sullo scorcio del maggio 1821, arrivòin Francia, deliberata d'incarnare il proprio progetto.

Lord Hutchinson le venne incontro, e da parte di lordLiverpool, ministro di Giorgio IV, le offriva aumentarlel'appannaggio fino a 50,000 lire sterline all'anno, purchèrestasse fuor d'Inghilterra, non assumesse titolo di regi-na, nè altro spettante alla famiglia reale d'Inghilterra.

Ella rispose a questa proferta, imbarcandosi sul pa-chebotto inglese Principe Leopoldo per Londra.

Sbarcata sul suolo inglese, vi fu accolta colle dimo-strazioni più onorifiche dovute a regina e con entusiasmiche l'accompagnarono fino alla capitale, dove passandoinnanzi alla residenza reale, la folla emise all'indirizzodi Giorgio IV formidabili grugniti, modo col quale que-

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tanto a caso.S'inasprì ancor più la persecuzione contro di lei

coll'avvenimento di suo marito Giorgio IV al trono. Ilsuo nome fu tolto dalle preghiere della liturgia britanni-ca, e le fu messa, per così dire, a' fianchi una commis-sione segreta che ne spiasse la vita.

E questa nella sua permanente inchiesta, stabilita frapersone influenti in Milano, raccoglieva fatti, circostan-ze, nomi e testimonianze terribili contro di lei.

Carolina, reclamando contro le misure summentovateprese in Inghilterra contro di lei, minacciava recarsi aLondra a reclamare i suoi privilegi di regina; ve la aiz-zavano i whigs che avrebbero voluto suscitar con ciògravi imbarazzi al nuovo regno; sconsigliavanla i toriescollo spauracchio d'uno scandaloso processo. Nulla te-mendo Carolina, sullo scorcio del maggio 1821, arrivòin Francia, deliberata d'incarnare il proprio progetto.

Lord Hutchinson le venne incontro, e da parte di lordLiverpool, ministro di Giorgio IV, le offriva aumentarlel'appannaggio fino a 50,000 lire sterline all'anno, purchèrestasse fuor d'Inghilterra, non assumesse titolo di regi-na, nè altro spettante alla famiglia reale d'Inghilterra.

Ella rispose a questa proferta, imbarcandosi sul pa-chebotto inglese Principe Leopoldo per Londra.

Sbarcata sul suolo inglese, vi fu accolta colle dimo-strazioni più onorifiche dovute a regina e con entusiasmiche l'accompagnarono fino alla capitale, dove passandoinnanzi alla residenza reale, la folla emise all'indirizzodi Giorgio IV formidabili grugniti, modo col quale que-

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gli eccentrici isolani esprimono disapprovazione; maquesta marcia trionfale veniva arrestata dal ministero incui sedeva lord Liverpool, il quale la sera del sei giugnopresentava alla Camera dei Lord un messaggio reale,mentre lord Castelreagh faceva altrettanto alla Cameradei Comuni, quivi depositando un sacco verde conte-nente i documenti d'accusa contro la regina, che nelmessaggio e nelle parole de' ministri veniva tuttaviachiamata la principessa di Galles. L'accusa era di adulte-rio.

L'impressione prodotta fu grave, poichè si temessenon fosse per riuscire a rinnovare i tempi d'Anna Bolenae Giovanna Grey; ma lord Liverpool temperavala, di-cendo che il fatto d'un adulterio commesso all'estero conuno straniero non costituisse che un'ingiuria in linea ci-vile; e voleva con ciò rassicurare i nobili lord che non sisarebbe trattato di pena di morte.

Carolina intanto aveva preso alloggio in Branden-burg-House.

Ecco il bill delle pene e delle penalità (Bill of painsand penalties), che lord Liverpool lesse nel Parlamento:

"Atteso che nell'anno 1814 S. M. Carolina Maria Eli-sabetta, allora principessa di Galles, ed ora regina sposad'Inghilterra, residente allora a Milano, prese al suo ser-vizio il nominato Bartolomeo Bergami o Pergami, stra-niero, di bassa condizione, essendo stato domestico; at-teso che dopo d'essere il detto Bergami entrato al servi-zio di S. A. R. vi fu tra di loro un'intimità sconvenientee ributtante, e che non solo S. A. R. lo innalzò ad un po-

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gli eccentrici isolani esprimono disapprovazione; maquesta marcia trionfale veniva arrestata dal ministero incui sedeva lord Liverpool, il quale la sera del sei giugnopresentava alla Camera dei Lord un messaggio reale,mentre lord Castelreagh faceva altrettanto alla Cameradei Comuni, quivi depositando un sacco verde conte-nente i documenti d'accusa contro la regina, che nelmessaggio e nelle parole de' ministri veniva tuttaviachiamata la principessa di Galles. L'accusa era di adulte-rio.

L'impressione prodotta fu grave, poichè si temessenon fosse per riuscire a rinnovare i tempi d'Anna Bolenae Giovanna Grey; ma lord Liverpool temperavala, di-cendo che il fatto d'un adulterio commesso all'estero conuno straniero non costituisse che un'ingiuria in linea ci-vile; e voleva con ciò rassicurare i nobili lord che non sisarebbe trattato di pena di morte.

Carolina intanto aveva preso alloggio in Branden-burg-House.

Ecco il bill delle pene e delle penalità (Bill of painsand penalties), che lord Liverpool lesse nel Parlamento:

"Atteso che nell'anno 1814 S. M. Carolina Maria Eli-sabetta, allora principessa di Galles, ed ora regina sposad'Inghilterra, residente allora a Milano, prese al suo ser-vizio il nominato Bartolomeo Bergami o Pergami, stra-niero, di bassa condizione, essendo stato domestico; at-teso che dopo d'essere il detto Bergami entrato al servi-zio di S. A. R. vi fu tra di loro un'intimità sconvenientee ributtante, e che non solo S. A. R. lo innalzò ad un po-

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Page 100: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

sto eminente nella sua casa e lo ammise a rapporti confi-denziali colla propria persona, ma gli conferì anche gliattestati più straordinarii di favore e di distinzione, otte-nendo per lui ordini cavallereschi e titoli onorifici, con-ferendogli un preteso ordine di cavalleria, che S. A. R.erasi arbitrata di istituire, senza averne nè il diritto, nè lafacoltà; atteso che la detta A. R., dimenticando semprepiù l'elevatezza del suo rango ed i suoi doveri verso V.M., non avendo più alcun riguardo al suo onore ed alsuo carattere, si è condotta col detto Bergami in altre oc-casioni, tanto in pubblico che in privato, con una fami-gliarità indecente ed una singolare libertà nei diversipaesi visitati da S. A. R., e che finalmente ha avuto rap-porti licenziosi, umilianti ed adulteri col detto Bergami,che durarono per lungo lasso di tempo, durante il sog-giorno di S. A. R. all'estero, con grande scandalo e diso-nore della famiglia reale e di questo regno;

"Volendo, per tali motivi, manifestare la nostra intimaconvinzione che con questa condotta scandalosa, diso-norante e viziosa, S. M. la regina ha violati i suoi doveriverso V. M. e si è resa indegna dell'alto rango di reginasposa di questo regno; volendo attestare un giusto ri-spetto alla dignità della corona ed all'onore della nazio-ne; noi umilissimi e fedelissimi sudditi di V. M., lordispirituali e temporali, e così pure i deputati della Came-ra dei Comuni, raccolti in Parlamento, supplichiamo V.M. di ordinare quanto segue:

"Che sia ordinato dalla Eccellentissima Maestà del re,coll'avviso e il consenso dei lordi spirituali e temporali e

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sto eminente nella sua casa e lo ammise a rapporti confi-denziali colla propria persona, ma gli conferì anche gliattestati più straordinarii di favore e di distinzione, otte-nendo per lui ordini cavallereschi e titoli onorifici, con-ferendogli un preteso ordine di cavalleria, che S. A. R.erasi arbitrata di istituire, senza averne nè il diritto, nè lafacoltà; atteso che la detta A. R., dimenticando semprepiù l'elevatezza del suo rango ed i suoi doveri verso V.M., non avendo più alcun riguardo al suo onore ed alsuo carattere, si è condotta col detto Bergami in altre oc-casioni, tanto in pubblico che in privato, con una fami-gliarità indecente ed una singolare libertà nei diversipaesi visitati da S. A. R., e che finalmente ha avuto rap-porti licenziosi, umilianti ed adulteri col detto Bergami,che durarono per lungo lasso di tempo, durante il sog-giorno di S. A. R. all'estero, con grande scandalo e diso-nore della famiglia reale e di questo regno;

"Volendo, per tali motivi, manifestare la nostra intimaconvinzione che con questa condotta scandalosa, diso-norante e viziosa, S. M. la regina ha violati i suoi doveriverso V. M. e si è resa indegna dell'alto rango di reginasposa di questo regno; volendo attestare un giusto ri-spetto alla dignità della corona ed all'onore della nazio-ne; noi umilissimi e fedelissimi sudditi di V. M., lordispirituali e temporali, e così pure i deputati della Came-ra dei Comuni, raccolti in Parlamento, supplichiamo V.M. di ordinare quanto segue:

"Che sia ordinato dalla Eccellentissima Maestà del re,coll'avviso e il consenso dei lordi spirituali e temporali e

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dei deputati della Camera dei Comuni, riuniti nel Parla-mento al presente convocato, e per la loro autorità, chela detta Maestà Carolina Amalia Elisabetta, quando siapassato questo atto, abbia ad essere spogliata del titolodi regina e di tutti i diritti, privilegi, prerogative ed esen-zioni che le appartengono come regina sposa di questoregno; che sia dichiarata incapace ad esercitare alcunodi questi diritti, a godere alcuna di queste prerogative, edi più che il matrimonio fra S. M. il re e la detta Caroli-na Amalia Elisabetta, sia coll'atto presente sciolto persempre, totalmente annullato e reso vano sotto tutti irapporti ed in tutte le conseguenze."

VI.Il processo fu iniziato e consiglieri della regina furo-

no i signori Brougham, che fu poi illustre ministro, Den-man, il dottor Lushington, John Williams, Tindal e Wil-das.

Facciamo grazia a' lettori delle particolarità della pro-cedura e di quanto deposero i testimonî, molti de' qualichiamati da Milano e dalle sponde del Lario circa gliscandali su di esse compiuti dalla regina Carolina: sonoparticolarità indecenti che offenderebbero il senso mora-le loro; ma d'altra parte resta monumento imperiturodella ingratitudine di molti, tra i quali di un TeodoroMaiocchi e di una Dumont cameriera, che furono bene-ficati da quella donna dissoluta ma ad un tempo di gene-rosissimo cuore. Parve si mettessero in sodo gli amori

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dei deputati della Camera dei Comuni, riuniti nel Parla-mento al presente convocato, e per la loro autorità, chela detta Maestà Carolina Amalia Elisabetta, quando siapassato questo atto, abbia ad essere spogliata del titolodi regina e di tutti i diritti, privilegi, prerogative ed esen-zioni che le appartengono come regina sposa di questoregno; che sia dichiarata incapace ad esercitare alcunodi questi diritti, a godere alcuna di queste prerogative, edi più che il matrimonio fra S. M. il re e la detta Caroli-na Amalia Elisabetta, sia coll'atto presente sciolto persempre, totalmente annullato e reso vano sotto tutti irapporti ed in tutte le conseguenze."

VI.Il processo fu iniziato e consiglieri della regina furo-

no i signori Brougham, che fu poi illustre ministro, Den-man, il dottor Lushington, John Williams, Tindal e Wil-das.

Facciamo grazia a' lettori delle particolarità della pro-cedura e di quanto deposero i testimonî, molti de' qualichiamati da Milano e dalle sponde del Lario circa gliscandali su di esse compiuti dalla regina Carolina: sonoparticolarità indecenti che offenderebbero il senso mora-le loro; ma d'altra parte resta monumento imperiturodella ingratitudine di molti, tra i quali di un TeodoroMaiocchi e di una Dumont cameriera, che furono bene-ficati da quella donna dissoluta ma ad un tempo di gene-rosissimo cuore. Parve si mettessero in sodo gli amori

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suoi con Bergami, aiutati da una sorella di lui, che figu-rò col nome di contessa Oldi, dal fratello creato prefettodi palazzo alla villa d'Este e dalla madre che assunse ilnome di madama de Livris.

Si parlò del teatro erettosi in questa villa del nostrolago, delle rappresentazioni che vi si diedero, in cui laregina era sempre l'amante di Bergami, e certi giuochidetti del turco Maometto di eccessiva libertà e licenza.

Ciò che per altro fu notato e sorprese, fu il fatto di da-nari e promesse dati e fatte ai testimonî da parte d'uomi-ni indettati col governo; onde al popolo inglese e ai di-fensori della regina rimase presa a revocar in dubbio leaccuse e proclamarne la innocenza.

"In quanto alla villa d'Este, disse il Solicitor generalnella sua requisitoria, le deposizioni si accumulano. Lànon provengono soltanto dai domestici della regina. Da-gli operai, dagli artigiani, impiegati accidentalmentenella casa o nel giardino, si attestano tali intimità chenon lasciano il più piccolo dubbio sul commesso adulte-rio."

Si seppe tuttavia che de' molti testimonî chiamati daCernobbio a Londra a deporre in processo, la più parte,memore de' ricevuti beneficî, non le rese ingrata merce-de.

In quanto alla generosità, alla carità e alla bontà dellaprincipessa, messa dai dibattimenti in piena evidenza, ilmedesimo Solicitor general fu costretto dire: "Io sonolontano dal voler contestare queste virtù alla regina.Quando rammento di che illustre casa è rampollo, non

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suoi con Bergami, aiutati da una sorella di lui, che figu-rò col nome di contessa Oldi, dal fratello creato prefettodi palazzo alla villa d'Este e dalla madre che assunse ilnome di madama de Livris.

Si parlò del teatro erettosi in questa villa del nostrolago, delle rappresentazioni che vi si diedero, in cui laregina era sempre l'amante di Bergami, e certi giuochidetti del turco Maometto di eccessiva libertà e licenza.

Ciò che per altro fu notato e sorprese, fu il fatto di da-nari e promesse dati e fatte ai testimonî da parte d'uomi-ni indettati col governo; onde al popolo inglese e ai di-fensori della regina rimase presa a revocar in dubbio leaccuse e proclamarne la innocenza.

"In quanto alla villa d'Este, disse il Solicitor generalnella sua requisitoria, le deposizioni si accumulano. Lànon provengono soltanto dai domestici della regina. Da-gli operai, dagli artigiani, impiegati accidentalmentenella casa o nel giardino, si attestano tali intimità chenon lasciano il più piccolo dubbio sul commesso adulte-rio."

Si seppe tuttavia che de' molti testimonî chiamati daCernobbio a Londra a deporre in processo, la più parte,memore de' ricevuti beneficî, non le rese ingrata merce-de.

In quanto alla generosità, alla carità e alla bontà dellaprincipessa, messa dai dibattimenti in piena evidenza, ilmedesimo Solicitor general fu costretto dire: "Io sonolontano dal voler contestare queste virtù alla regina.Quando rammento di che illustre casa è rampollo, non

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dubito punto che le possieda in tutta l'estensione mostra-ta dalla lettera della testimone (la Dumont). Ma gli è an-dare troppo oltre il dire che la generosità più elevata, lacarità più estesa, la sensibilità più squisita, non possanocambiarsi nel cuore di una donna con un attaccamentoignobile e colpevole."

La difesa degli avvocati della regina, quella di Brou-gham principalmente, parve splendida; i lordi Erskine,Gray, Rosselyn, Harrowby, King e l'Arcivescovo diThuam vi aggiunsero nelle discussioni proprî e vigorosiargomenti in favore.

Si trattava finalmente di venire alla definitiva letturadel bill: l'agitazione era immensa, impazientissimo ilpubblico di vederne il risultamento, perocchè tutto di-pendesse da essa. Lo scrutinio fu aperto: cent'otto mem-bri avevano votato in favore, novantasette contro. Nonfu più permesso allora di pensare a mandare alla Came-ra dei Comuni un atto votato con nove voci di maggio-ranza; e lord Liverpool si vide forzato a mettere ai votiil rinvio del bill a sei mesi. Era questa la formola consa-crata per non parlarsene più e mettere a dormire persempre il processo.

Questa accorta mozione venne votata il nove settem-bre alla unanimità.

VII.La vittoria fu dunque della regina: essa fu salutata dal

popolo con frenetica gioia, e le si fecero le più pazze di-

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dubito punto che le possieda in tutta l'estensione mostra-ta dalla lettera della testimone (la Dumont). Ma gli è an-dare troppo oltre il dire che la generosità più elevata, lacarità più estesa, la sensibilità più squisita, non possanocambiarsi nel cuore di una donna con un attaccamentoignobile e colpevole."

La difesa degli avvocati della regina, quella di Brou-gham principalmente, parve splendida; i lordi Erskine,Gray, Rosselyn, Harrowby, King e l'Arcivescovo diThuam vi aggiunsero nelle discussioni proprî e vigorosiargomenti in favore.

Si trattava finalmente di venire alla definitiva letturadel bill: l'agitazione era immensa, impazientissimo ilpubblico di vederne il risultamento, perocchè tutto di-pendesse da essa. Lo scrutinio fu aperto: cent'otto mem-bri avevano votato in favore, novantasette contro. Nonfu più permesso allora di pensare a mandare alla Came-ra dei Comuni un atto votato con nove voci di maggio-ranza; e lord Liverpool si vide forzato a mettere ai votiil rinvio del bill a sei mesi. Era questa la formola consa-crata per non parlarsene più e mettere a dormire persempre il processo.

Questa accorta mozione venne votata il nove settem-bre alla unanimità.

VII.La vittoria fu dunque della regina: essa fu salutata dal

popolo con frenetica gioia, e le si fecero le più pazze di-

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Page 104: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

mostrazioni, con voci di morte ai testi Maiocchi e Du-mont.

La plebe, portando queste sue gazzarre ovunque, vo-leva che tutti vi pigliassero parte, e, ritrovandoli sul suocammino, obbligò molti aderenti del re ad unirsi ai pro-prî entusiasmi; ma lord Lauderdale, cui fu arrestata dallaplebe la carrozza, costretto da essa a gridare: Viva Caro-lina! se ne trasse con molta disinvoltura e spirito, dicen-do: Vi auguro a tutti una moglie come la principessa Ca-rolina.

Ma durarono poco i popolari saturnali.La regina s'era ritirata ancora a Brandenburg-House.

Volendo ella nel maggio 1821 reclamare di nuovo i di-ritti di regina sposa, e pretendere d'essere pur ella inco-ronata, l'Attorney general respinse il reclamo, che nel dilei interesse era stato presentato dal suo avvocato Brou-gham, sul motivo che nessuna legge accordasse alla re-gina sposa il diritto agli onori dell'incoronazione; equando nel dì medesimo della stessa si presentò a cia-scuna delle porte dell'abbazia di Westminster, dove ve-niva celebrata, le si chiese rispettosamente il bigliettod'entrata e le fu ricusato l'ingresso. Ella allora,nell'allontanarsi, attendevasi una dimostrazione popola-re; ma non raccolse che urli e fischi sul suo passaggio.Andate a fidarvi dell'aura popolare!

L'umiliazione di Westminster fu per Carolina il colpomortale. Il 30 luglio successivo cadeva malata, uscendodal teatro di Drury-Lane. Si vociferò che fosse stata av-velenata in una limonata che vi aveva bevuta, quando

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mostrazioni, con voci di morte ai testi Maiocchi e Du-mont.

La plebe, portando queste sue gazzarre ovunque, vo-leva che tutti vi pigliassero parte, e, ritrovandoli sul suocammino, obbligò molti aderenti del re ad unirsi ai pro-prî entusiasmi; ma lord Lauderdale, cui fu arrestata dallaplebe la carrozza, costretto da essa a gridare: Viva Caro-lina! se ne trasse con molta disinvoltura e spirito, dicen-do: Vi auguro a tutti una moglie come la principessa Ca-rolina.

Ma durarono poco i popolari saturnali.La regina s'era ritirata ancora a Brandenburg-House.

Volendo ella nel maggio 1821 reclamare di nuovo i di-ritti di regina sposa, e pretendere d'essere pur ella inco-ronata, l'Attorney general respinse il reclamo, che nel dilei interesse era stato presentato dal suo avvocato Brou-gham, sul motivo che nessuna legge accordasse alla re-gina sposa il diritto agli onori dell'incoronazione; equando nel dì medesimo della stessa si presentò a cia-scuna delle porte dell'abbazia di Westminster, dove ve-niva celebrata, le si chiese rispettosamente il bigliettod'entrata e le fu ricusato l'ingresso. Ella allora,nell'allontanarsi, attendevasi una dimostrazione popola-re; ma non raccolse che urli e fischi sul suo passaggio.Andate a fidarvi dell'aura popolare!

L'umiliazione di Westminster fu per Carolina il colpomortale. Il 30 luglio successivo cadeva malata, uscendodal teatro di Drury-Lane. Si vociferò che fosse stata av-velenata in una limonata che vi aveva bevuta, quando

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moriva il 7 agosto; ma la sua morte fu dichiarato invece,officialmente, che fosse stata in causa di infiammazioneintestinale. La malevola insinuazione era la naturaleconseguenza degli odî che universalmente si conosceva-no nutrirsi dal sovrano contro di lei.

I suoi beni espresse ella medesima il desiderio chepassassero alle mani di William Austin, il trovatello, peril quale aveva subíto in addietro i primi strali della ca-lunnia, e che la sua salma venisse trasportata in patria,essendosi preparato il seguente epitaffio:

"Qui giace Carolina Amelia Elisabetta di Brunswick,vilipesa regina d'Inghilterra."

Sulle sponde del Lario la sua memoria, ho già detto, ècongiunta a molte opere di generosità e beneficenza edalla via che ella aprì da Como fino alla sua villa d'Esteche aveva eletta a sede de' suoi poco regali amori; e pelfilosofo rimane oggetto di meditazione per la stranacontraddizione ch'ella presentò di grandezza e di bassez-za, di carità e di corruzione, di virtù e di colpe.

VIII.In questi ultimi anni, nel fianco destro del giardino

della Villa d'Este, il baron Ciani eresse un magnifico al-bergo, che dal personaggio che que' luoghi abitò, assun-se il nome di Regina d'Inghilterra, e vi è condotto contutte quelle commodità onde van lodati gli alberghi dellaSvizzera. Magnifiche piante formano avanti ad esso unaspecie di grato e fresco luogo di passeggio e lettura.

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moriva il 7 agosto; ma la sua morte fu dichiarato invece,officialmente, che fosse stata in causa di infiammazioneintestinale. La malevola insinuazione era la naturaleconseguenza degli odî che universalmente si conosceva-no nutrirsi dal sovrano contro di lei.

I suoi beni espresse ella medesima il desiderio chepassassero alle mani di William Austin, il trovatello, peril quale aveva subíto in addietro i primi strali della ca-lunnia, e che la sua salma venisse trasportata in patria,essendosi preparato il seguente epitaffio:

"Qui giace Carolina Amelia Elisabetta di Brunswick,vilipesa regina d'Inghilterra."

Sulle sponde del Lario la sua memoria, ho già detto, ècongiunta a molte opere di generosità e beneficenza edalla via che ella aprì da Como fino alla sua villa d'Esteche aveva eletta a sede de' suoi poco regali amori; e pelfilosofo rimane oggetto di meditazione per la stranacontraddizione ch'ella presentò di grandezza e di bassez-za, di carità e di corruzione, di virtù e di colpe.

VIII.In questi ultimi anni, nel fianco destro del giardino

della Villa d'Este, il baron Ciani eresse un magnifico al-bergo, che dal personaggio che que' luoghi abitò, assun-se il nome di Regina d'Inghilterra, e vi è condotto contutte quelle commodità onde van lodati gli alberghi dellaSvizzera. Magnifiche piante formano avanti ad esso unaspecie di grato e fresco luogo di passeggio e lettura.

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Vi si aggiunse uno stabilimento idroterapico, fornitodi doccie a soffioni, al quale poteva giovare e l'acqua deltorrente Garrovo, che dava prima il nome al luogo, equella leggiermente magnesiaca, che sul colle sovra-stante ha la sua sorgente e si denomina della Coletta; maforse più che a cura di malattia, vi traggono numerosigli stranieri a ricercarvi soggiorno ameno e tranquillo.

La facilità di recarsi a Como, a cui muove più volte algiorno un omnibus; quella di aversi pure più volte algiorno corrispondenze e giornali; la strada Regina, ab-bastanza valevole a percorrerla in carrozza; l'agio dipasseggiate montane e di gite sul lago; la non ampiezzadel bacino, che permette di solcarlo e traversarlo in po-chi minuti, senza tema di pericoli, rendono quest'albergoassai frequentato. Difeso dai venti troppo impetuosi dalpromontorio di Pizzo che gli sta a fianco, anche a chimeglio si piace di solitudine e silenzio è convenienteasilo; ed io più d'una volta vi cercai riposo e quiete dalletumultuose cure dell'avvocare e dai cittadini rumori.

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Vi si aggiunse uno stabilimento idroterapico, fornitodi doccie a soffioni, al quale poteva giovare e l'acqua deltorrente Garrovo, che dava prima il nome al luogo, equella leggiermente magnesiaca, che sul colle sovra-stante ha la sua sorgente e si denomina della Coletta; maforse più che a cura di malattia, vi traggono numerosigli stranieri a ricercarvi soggiorno ameno e tranquillo.

La facilità di recarsi a Como, a cui muove più volte algiorno un omnibus; quella di aversi pure più volte algiorno corrispondenze e giornali; la strada Regina, ab-bastanza valevole a percorrerla in carrozza; l'agio dipasseggiate montane e di gite sul lago; la non ampiezzadel bacino, che permette di solcarlo e traversarlo in po-chi minuti, senza tema di pericoli, rendono quest'albergoassai frequentato. Difeso dai venti troppo impetuosi dalpromontorio di Pizzo che gli sta a fianco, anche a chimeglio si piace di solitudine e silenzio è convenienteasilo; ed io più d'una volta vi cercai riposo e quiete dalletumultuose cure dell'avvocare e dai cittadini rumori.

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ESCURSIONE SETTIMA.IL PIZZO.

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ESCURSIONE SETTIMA.IL PIZZO.

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Madama Musard. - La villa il Pizzo. - G. B. Speziano la fabbrica.- I conti Muggiasca. - Il Vicerè del Regno Lombardo-Veneto. -Migliorie. - La villa Curié.

A Parigi, al Bois de Boulogne, che è il convegno dellecarrozze più ricche, de' campioni dello Sport e de' pas-seggianti e che noi diremmo il corso di quella grandecapitale, nazionali e stranieri ammirano e seguono sem-pre collo sguardo avido e maravigliati, fra gli altri, unequipaggio elegantissimo a cui sono attelate pariglie disuperbi cavalli, che traggono sempre una gentile signo-ra, che "la dev'essere ben ricca" esclamano semprequanti l'osservano. Le toalette di essa rispondono allosfarzo dell'equipaggio.

- A chi appartengono equipaggio e toalette? - ognunodomanda e la curiosità è ben naturale.

- A madama Elisa Musard - vi si risponde subito datutte parti, chè a Parigi non v'ha persona, io credo, chelo ignori.

Ed ella, madama Musard, la moglie di tale che otten-ne una speciale celebrità musicale, è la proprietaria puredi questa principesca villa che, procedendo dall'albergodella Regina d'Inghilterra, che abbiamo appena lasciato,in poco volger di remi vi si presenta sulla punta spor-gente nel lago e che con quella che le sta di fronte diTorno, chiude il primo bacino del lago, il quale abbiamooramai tutto quanto percorso e visitato.

Chi la vide in passato questa magnifica villa, più nonla riconoscerebbe; tanto la ricca signora la ingentilì, re-

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Madama Musard. - La villa il Pizzo. - G. B. Speziano la fabbrica.- I conti Muggiasca. - Il Vicerè del Regno Lombardo-Veneto. -Migliorie. - La villa Curié.

A Parigi, al Bois de Boulogne, che è il convegno dellecarrozze più ricche, de' campioni dello Sport e de' pas-seggianti e che noi diremmo il corso di quella grandecapitale, nazionali e stranieri ammirano e seguono sem-pre collo sguardo avido e maravigliati, fra gli altri, unequipaggio elegantissimo a cui sono attelate pariglie disuperbi cavalli, che traggono sempre una gentile signo-ra, che "la dev'essere ben ricca" esclamano semprequanti l'osservano. Le toalette di essa rispondono allosfarzo dell'equipaggio.

- A chi appartengono equipaggio e toalette? - ognunodomanda e la curiosità è ben naturale.

- A madama Elisa Musard - vi si risponde subito datutte parti, chè a Parigi non v'ha persona, io credo, chelo ignori.

Ed ella, madama Musard, la moglie di tale che otten-ne una speciale celebrità musicale, è la proprietaria puredi questa principesca villa che, procedendo dall'albergodella Regina d'Inghilterra, che abbiamo appena lasciato,in poco volger di remi vi si presenta sulla punta spor-gente nel lago e che con quella che le sta di fronte diTorno, chiude il primo bacino del lago, il quale abbiamooramai tutto quanto percorso e visitato.

Chi la vide in passato questa magnifica villa, più nonla riconoscerebbe; tanto la ricca signora la ingentilì, re-

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staurando e riducendo a nuovo la casa e le scuderie, e viprofuse cospicue somme nell'arricchire il bel giardino acui natura prestò i più opportuni e vaghi accidenti di ter-reno.

Fabbricata a mezzo circa il secolo decimosesto daGian Battista Speziano da Cremona, senatore, e fatto al-tresì per tanti meriti patrizio di molte città, fra cui diquella di Como, vi apportò tutto l'amore ch'egli avevaalla scienza agricola; e compiuta la parte del fabbricato,vi avrebbe eziandio raccolto quanto di peregrine produ-zioni gli fosse dato, se non fosse stato da morte arrestatonella esecuzione del suo concetto. Passò di poi ai contiMuggiasca, e quel che di questa famiglia fu vescovo diComo, e di essa si piacque approfittando della pendicedel monte a cui la villa s'addossa, vi ingrandì il giardino,usando anche delle mine per aprirvi sentieri e vie, ondepoterlo tutto percorrere agevolmente.

Il conte Giacomo Muggiasca, nipote di lui, poichè fumorto, la villa fu acquistata dall'arciduca Ranieri, vicerèdel Regno Lombardo-Veneto, finchè sopravvenute lefortune politiche e l'italiana indipendenza, che ne reseromal proprio alla famiglia sua, che si aveva alienate lesimpatie del paese, il possedimento, la signora Musardla comperò.

Mai non sarà sembrato a questa signora di dovervi ri-trovare tanta negligenza di coltivazione e di abitato,pensando riceverla da principesca famiglia, e certo vidovette profondere egregie somme per ridurla alla con-dizione presente. Infatti, per dir del solo giardino, non vi

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staurando e riducendo a nuovo la casa e le scuderie, e viprofuse cospicue somme nell'arricchire il bel giardino acui natura prestò i più opportuni e vaghi accidenti di ter-reno.

Fabbricata a mezzo circa il secolo decimosesto daGian Battista Speziano da Cremona, senatore, e fatto al-tresì per tanti meriti patrizio di molte città, fra cui diquella di Como, vi apportò tutto l'amore ch'egli avevaalla scienza agricola; e compiuta la parte del fabbricato,vi avrebbe eziandio raccolto quanto di peregrine produ-zioni gli fosse dato, se non fosse stato da morte arrestatonella esecuzione del suo concetto. Passò di poi ai contiMuggiasca, e quel che di questa famiglia fu vescovo diComo, e di essa si piacque approfittando della pendicedel monte a cui la villa s'addossa, vi ingrandì il giardino,usando anche delle mine per aprirvi sentieri e vie, ondepoterlo tutto percorrere agevolmente.

Il conte Giacomo Muggiasca, nipote di lui, poichè fumorto, la villa fu acquistata dall'arciduca Ranieri, vicerèdel Regno Lombardo-Veneto, finchè sopravvenute lefortune politiche e l'italiana indipendenza, che ne reseromal proprio alla famiglia sua, che si aveva alienate lesimpatie del paese, il possedimento, la signora Musardla comperò.

Mai non sarà sembrato a questa signora di dovervi ri-trovare tanta negligenza di coltivazione e di abitato,pensando riceverla da principesca famiglia, e certo vidovette profondere egregie somme per ridurla alla con-dizione presente. Infatti, per dir del solo giardino, non vi

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trovò che produzioni spontanee delle nostre rive lacuali,e tolti i cinquecento cipressi, anche la selva, bella senzadubbio, non constava che di pini, di abeti, di lecci, diquercie, di faggi, di alberi, di piante insomma tutt'altroche peregrine.

Ora, mercè del signor Villoresi, che vi è preposto acura, migliorò, anche da questo lato d'assai e d'assai lavilla. Piante esotiche, arbusti rari, fiori ed erbe vaghissi-me e forestiere vi introdusse e coltivò, con quell'amore edottrina che si può dire tradizionale nella sua famiglia.Tuttavia la villa del Pizzo, per essere di quella rinoman-za e valore a cui ha diritto di aspirare, non ha d'altro bi-sogno che di essere arricchita nel palazzo, già sontuosa-mente addobbato, d'oggetti d'arte insigni, ciò cui del re-sto la ricchezza sfondolata della signora del luogo puòfacilmente provvedere; ella che d'altronde con intelli-gente generosità s'acquistò già tanti titoli alla beneme-renza di queste terre circostanti.

Confina colla villa del Pizzo quella modernissima,dell'inglese Curié, il quale la nicchiò nella specie di senoche forma la punta che si protende nel lago. Con enormespesa rivestì la nuda roccia e la rese tutta quanta verdeg-giante per belle e preziose piante, e intorno alla ricchis-sima casa seppe praticarvi un bel giardino ed un elegan-te parco.

Quivi colla intelligente opera di Gioachimo Curti, chefu padre della poetessa Adele, già per me ricordata inuna precedente escursione, adunò preziosità artistiche;ma resosi defunto chi s'era di questo luogo così compia-

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trovò che produzioni spontanee delle nostre rive lacuali,e tolti i cinquecento cipressi, anche la selva, bella senzadubbio, non constava che di pini, di abeti, di lecci, diquercie, di faggi, di alberi, di piante insomma tutt'altroche peregrine.

Ora, mercè del signor Villoresi, che vi è preposto acura, migliorò, anche da questo lato d'assai e d'assai lavilla. Piante esotiche, arbusti rari, fiori ed erbe vaghissi-me e forestiere vi introdusse e coltivò, con quell'amore edottrina che si può dire tradizionale nella sua famiglia.Tuttavia la villa del Pizzo, per essere di quella rinoman-za e valore a cui ha diritto di aspirare, non ha d'altro bi-sogno che di essere arricchita nel palazzo, già sontuosa-mente addobbato, d'oggetti d'arte insigni, ciò cui del re-sto la ricchezza sfondolata della signora del luogo puòfacilmente provvedere; ella che d'altronde con intelli-gente generosità s'acquistò già tanti titoli alla beneme-renza di queste terre circostanti.

Confina colla villa del Pizzo quella modernissima,dell'inglese Curié, il quale la nicchiò nella specie di senoche forma la punta che si protende nel lago. Con enormespesa rivestì la nuda roccia e la rese tutta quanta verdeg-giante per belle e preziose piante, e intorno alla ricchis-sima casa seppe praticarvi un bel giardino ed un elegan-te parco.

Quivi colla intelligente opera di Gioachimo Curti, chefu padre della poetessa Adele, già per me ricordata inuna precedente escursione, adunò preziosità artistiche;ma resosi defunto chi s'era di questo luogo così compia-

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ciuto da erogarvi tanto denaro nel fabbricarsi la villa, epassata questa al figlio che milita allo straniero, è appe-na se egli la visiti qualche giorno entro l'anno; e però chiva a vederla non vi rinviene quel non so che di indefini-to che rivela la vita e la presenza del nume famigliare.

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ciuto da erogarvi tanto denaro nel fabbricarsi la villa, epassata questa al figlio che milita allo straniero, è appe-na se egli la visiti qualche giorno entro l'anno; e però chiva a vederla non vi rinviene quel non so che di indefini-to che rivela la vita e la presenza del nume famigliare.

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ESCURSIONE OTTAVA.LA CASCATA DI MOLTRASIO.

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ESCURSIONE OTTAVA.LA CASCATA DI MOLTRASIO.

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Il bacino di Moltrasio. - L'osteria del Caramazza. - Un mio episo-dio. - Villa dei signori Nulli. - La leggenda della Ghita. - Per-chè si nomi Moltrasio. - La Vignola dei Passalacqua. - E la vil-la Durini? - Geologia. - La Cascata.

I.Io l'ho già detto in non so quale mio scritto, che del

lago di Como, di questa privilegiata parte d'Italia, bene-detta dal sorriso della natura, preferisco il bacino di Tor-no, che è il secondo del lago, e lo preferisco pure a quel-lo sì decantato della vaghissima Tremezzina; e delle ra-gioni di siffatta predilezione, a non ripetermi, non mifarò qui inutile espositore.

Basti tuttavia a solo complemento di questo esordio ildire che, sebben più angusto tale bacino e meno ricerca-to dell'altro, lo si può nondimeno meglio godere, percor-rendolo in ogni senso, senza tema d'essere sorpresi amezzo dalla tempesta, e liberi da quella soggezione chetroppo aristocratici villeggianti impongono, e che vi ri-chiede l'impegno di toalette e riguardi che vi infastidi-scono e attossicano gli ozj autunnali.

Nel bacino di Torno, anzi proprio dicontro a questopaese, dove il battello a vapore fa la sua prima ordinariasosta dopo avere lasciato Como, si adagia il bel villag-gio di Moltrasio colle sue ville che si specchianonell'onde, coll'ampia strada della Regina che lo divideper mezzo, colle sue case scaglionate su per il decliviodella montagna, co' suoi crotti estivi pei dilettanti del

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Il bacino di Moltrasio. - L'osteria del Caramazza. - Un mio episo-dio. - Villa dei signori Nulli. - La leggenda della Ghita. - Per-chè si nomi Moltrasio. - La Vignola dei Passalacqua. - E la vil-la Durini? - Geologia. - La Cascata.

I.Io l'ho già detto in non so quale mio scritto, che del

lago di Como, di questa privilegiata parte d'Italia, bene-detta dal sorriso della natura, preferisco il bacino di Tor-no, che è il secondo del lago, e lo preferisco pure a quel-lo sì decantato della vaghissima Tremezzina; e delle ra-gioni di siffatta predilezione, a non ripetermi, non mifarò qui inutile espositore.

Basti tuttavia a solo complemento di questo esordio ildire che, sebben più angusto tale bacino e meno ricerca-to dell'altro, lo si può nondimeno meglio godere, percor-rendolo in ogni senso, senza tema d'essere sorpresi amezzo dalla tempesta, e liberi da quella soggezione chetroppo aristocratici villeggianti impongono, e che vi ri-chiede l'impegno di toalette e riguardi che vi infastidi-scono e attossicano gli ozj autunnali.

Nel bacino di Torno, anzi proprio dicontro a questopaese, dove il battello a vapore fa la sua prima ordinariasosta dopo avere lasciato Como, si adagia il bel villag-gio di Moltrasio colle sue ville che si specchianonell'onde, coll'ampia strada della Regina che lo divideper mezzo, colle sue case scaglionate su per il decliviodella montagna, co' suoi crotti estivi pei dilettanti del

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Page 114: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

buon vino, massime con quello del Caramazza, osteria econvegno de' buongustai di Como che il preferisconoeziandio al Nino, co' suoi rigagnoli, colla sua cascata,col suo orrido...

Ma non anticipiamo l'argomento... M'ho degli obbli-ghi verso Moltrasio da adempiere dapprima: or ringra-zio l'occasione che mi si porge di sdebitarmi.

Era l'aprile del 1859. I tempi erano grossi, l'orizzontepolitico nero, le nubi presso a squarciarsi, la folgore ascoppiare; o, per uscir dal figurato, stava per incomin-ciare la guerra delle armi sardo-francesi contro l'Austria,che doveva redimere l'Italia dalla oppressione straniera.La polizia austriaca vedeva dovunque congiure e con-giurati, e a buoni conti andava pazzamente facendo raz-zia de' liberali che, non potendo varcare colle altre mi-gliaia i confini per ingrossare le fila dell'esercito pie-montese, rimanevano ad agitar il paese, a tener viva lafiamma della rivoluzione che non cessava di lavorarealla cheta. Impossibile pertanto che un pensiero non sidegnasse da essa di concedere pure a me, che più d'unavolta m'aveva fatto l'esagerato onore di chiamare ne'suoi segreti processi verbali corifeo della rivoluzione.

Aveva in que' giorni arrestato già un mio fratello, e imiei concittadini alla notizia scrollavano la testa; e l'unl'altro si mormorava: hanno preso un granchio, dovevaessere l'altro; e declinavano il mio nome. In verità sigiunse a mettermi nel cuore una puntura di rimorso, euna mattina, a scandagliare il terreno sul quale mi trova-va, e all'occorrenza pronto a pagare di me l'equivoco

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buon vino, massime con quello del Caramazza, osteria econvegno de' buongustai di Como che il preferisconoeziandio al Nino, co' suoi rigagnoli, colla sua cascata,col suo orrido...

Ma non anticipiamo l'argomento... M'ho degli obbli-ghi verso Moltrasio da adempiere dapprima: or ringra-zio l'occasione che mi si porge di sdebitarmi.

Era l'aprile del 1859. I tempi erano grossi, l'orizzontepolitico nero, le nubi presso a squarciarsi, la folgore ascoppiare; o, per uscir dal figurato, stava per incomin-ciare la guerra delle armi sardo-francesi contro l'Austria,che doveva redimere l'Italia dalla oppressione straniera.La polizia austriaca vedeva dovunque congiure e con-giurati, e a buoni conti andava pazzamente facendo raz-zia de' liberali che, non potendo varcare colle altre mi-gliaia i confini per ingrossare le fila dell'esercito pie-montese, rimanevano ad agitar il paese, a tener viva lafiamma della rivoluzione che non cessava di lavorarealla cheta. Impossibile pertanto che un pensiero non sidegnasse da essa di concedere pure a me, che più d'unavolta m'aveva fatto l'esagerato onore di chiamare ne'suoi segreti processi verbali corifeo della rivoluzione.

Aveva in que' giorni arrestato già un mio fratello, e imiei concittadini alla notizia scrollavano la testa; e l'unl'altro si mormorava: hanno preso un granchio, dovevaessere l'altro; e declinavano il mio nome. In verità sigiunse a mettermi nel cuore una puntura di rimorso, euna mattina, a scandagliare il terreno sul quale mi trova-va, e all'occorrenza pronto a pagare di me l'equivoco

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Page 115: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

preteso dalla pubblica carità, osai picchiare all'ufficiodel consigliere M... commissario superiore di polizia neltemuto palazzo di Santa Margherita. Avevo una scusa,mancando di carta di sicurezza - arnese indispensabile aquei tempi di non compianta memoria tanto pel ladroche per il galantuomo - e però entrato da quel signoremanifestai il mio bisogno.

Il consigliere M... era un buon tedesco, una moscabianca tra i cagnotti polizieschi; nè appena avevo apertobocca, che così m'apostrofava:

- Ma ella è malato; m'avevano detto ch'ella fosse incampagna a curare la sua salute, perchè mo' è tornato?

- Hanno arrestato mio fratello, temevo non fosse unequivoco.

- Ma no, no, suo fratello uscirà oggi o domani, ed ellaè molto malato, vada in campagna... e alzatosi mi fe'senza perditempo disporre la mia carta di sicurezza econsegnandomela, tornò a dirmi:

- Dunque la vada, curi la sua salute.Guardai commosso in faccia al buon tedesco, gli

strinsi la mano e risposi:- Anderò; ma dove in avvenire potesse aver bisogno

di me, la mi comandi - e me ne andai.Anche in Polizia gli impiegati tedeschi non erano i

peggiori; se valesse la pena di rammentar nomi, si ve-drebbe che le più nefaste memorie di que' tempi si lega-no a nomi sventuratamente nostrali.

Qualche ora dopo ebbi un altro amichevole avvisoche riguardava la mia salute; ond'è che quantunque mi

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preteso dalla pubblica carità, osai picchiare all'ufficiodel consigliere M... commissario superiore di polizia neltemuto palazzo di Santa Margherita. Avevo una scusa,mancando di carta di sicurezza - arnese indispensabile aquei tempi di non compianta memoria tanto pel ladroche per il galantuomo - e però entrato da quel signoremanifestai il mio bisogno.

Il consigliere M... era un buon tedesco, una moscabianca tra i cagnotti polizieschi; nè appena avevo apertobocca, che così m'apostrofava:

- Ma ella è malato; m'avevano detto ch'ella fosse incampagna a curare la sua salute, perchè mo' è tornato?

- Hanno arrestato mio fratello, temevo non fosse unequivoco.

- Ma no, no, suo fratello uscirà oggi o domani, ed ellaè molto malato, vada in campagna... e alzatosi mi fe'senza perditempo disporre la mia carta di sicurezza econsegnandomela, tornò a dirmi:

- Dunque la vada, curi la sua salute.Guardai commosso in faccia al buon tedesco, gli

strinsi la mano e risposi:- Anderò; ma dove in avvenire potesse aver bisogno

di me, la mi comandi - e me ne andai.Anche in Polizia gli impiegati tedeschi non erano i

peggiori; se valesse la pena di rammentar nomi, si ve-drebbe che le più nefaste memorie di que' tempi si lega-no a nomi sventuratamente nostrali.

Qualche ora dopo ebbi un altro amichevole avvisoche riguardava la mia salute; ond'è che quantunque mi

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sentissi perfettamente, pure udendomi, come Don Basi-lio, gridare che brutta cera! bisognava ben che vi cre-dessi, e me ne andassi non a letto, come quel messeredella commedia di Beaumarchais e di Rossini, ma sì apigliare un po' l'aria balsamica della Svizzera.

L'importante era il varcare i confini; passaporto nonavevo nè potevo chiedere, se non per la gattabuia,dov'erano già stati dati ordini di ricevermi; dunque presila via di Como e precisamente mi diressi a questo belpaese di Moltrasio, da dove a notte una guida m'avrebbefatto passare la montagna per discendere nel Mendri-siotto.

Una bella villetta fiancheggiata da due torricelle a fi-nestrelle a sesto acuto, come un castello tradizionale delmedio evo, si fa innanzi dipinta a nuovo e bagna i proprîpiedi nell'acque del Lario: allora apparteneva al signorNulli, bravo e onesto commerciante di Milano, che in uncolla sua giovane sposa mi accolse, non dirò soltantocon patriarcale ospitalità, ma perfino con entusiasmo, ingrazia della causa che ad essi mi conduceva. Non fu ma-niera di cordialità e cortesia che non mi usassero questieccellenti cuori, e così mi disposero a calcar la viadell'esilio, che per sommo di ventura non doveva esseremolto lungo, quantunque subito amareggiato da gravemalattia.

Oh! io mi rammenterò tutta la vita quella giornata dame trascorsa nella villa di Moltrasio! il mio pensiero edil mio cuore la rammenta con dolcezza e con sincera ri-conoscenza.

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sentissi perfettamente, pure udendomi, come Don Basi-lio, gridare che brutta cera! bisognava ben che vi cre-dessi, e me ne andassi non a letto, come quel messeredella commedia di Beaumarchais e di Rossini, ma sì apigliare un po' l'aria balsamica della Svizzera.

L'importante era il varcare i confini; passaporto nonavevo nè potevo chiedere, se non per la gattabuia,dov'erano già stati dati ordini di ricevermi; dunque presila via di Como e precisamente mi diressi a questo belpaese di Moltrasio, da dove a notte una guida m'avrebbefatto passare la montagna per discendere nel Mendri-siotto.

Una bella villetta fiancheggiata da due torricelle a fi-nestrelle a sesto acuto, come un castello tradizionale delmedio evo, si fa innanzi dipinta a nuovo e bagna i proprîpiedi nell'acque del Lario: allora apparteneva al signorNulli, bravo e onesto commerciante di Milano, che in uncolla sua giovane sposa mi accolse, non dirò soltantocon patriarcale ospitalità, ma perfino con entusiasmo, ingrazia della causa che ad essi mi conduceva. Non fu ma-niera di cordialità e cortesia che non mi usassero questieccellenti cuori, e così mi disposero a calcar la viadell'esilio, che per sommo di ventura non doveva esseremolto lungo, quantunque subito amareggiato da gravemalattia.

Oh! io mi rammenterò tutta la vita quella giornata dame trascorsa nella villa di Moltrasio! il mio pensiero edil mio cuore la rammenta con dolcezza e con sincera ri-conoscenza.

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Qualche anno dopo, io elessi a stanza autunnale unavilla prossima a Moltrasio, nel vicin paesello d'Urio:corsi difilato, come voleva il cuore, alla villetta delledue torricelle; ma colà più non erano i signori Nulli...

Essa è ora di ragione dei conti Belgiojoso, e v'hannoappiccicato, come s'usa a tante, un nome, e vien detta IlPensiero. Per me, l'ho detto, essa sarà sempre un pensie-ro di gratitudine.

Rifaceva allora la via nel mio burchiello, che il Bella-sio spingeva avanti lentamente, quasi ei pure non voles-se turbare il mio silenzio e la mia penosa meditazione;poi l'accorto barcaiuolo, che sapeva un cotal po' de' mieigusti prediletti, presumendo fosse tempo di finirla colleubbie, venne a rompere il silenzio.

II.- Vede? Anche qui a quello scoglio - e sospendendo

un tratto i remi, mi indicava una scogliera che dal latomanco del paese si protende un cotal poco - si raccontauna storiella, una di quelle ch'ella piacesi d'ascoltare. -

Il Bellasio (così chiamato per avventura, altro essen-do il suo vero nome, perchè venuto da Bellagio, borgatapiù in su del lago, che visiteremo, e la quale sta a capodella punta che divide il Lario in due rami, l'uno chescende infine a Como, l'altro che spingesi infino a Lec-co, da dove poi le sue acque ripiglian il diritto primitivo,uscendo di sotto il ponte col nome anteriore di Adda ecolla qualità di fiume) era un valente barcaiuolo ed a lui

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Qualche anno dopo, io elessi a stanza autunnale unavilla prossima a Moltrasio, nel vicin paesello d'Urio:corsi difilato, come voleva il cuore, alla villetta delledue torricelle; ma colà più non erano i signori Nulli...

Essa è ora di ragione dei conti Belgiojoso, e v'hannoappiccicato, come s'usa a tante, un nome, e vien detta IlPensiero. Per me, l'ho detto, essa sarà sempre un pensie-ro di gratitudine.

Rifaceva allora la via nel mio burchiello, che il Bella-sio spingeva avanti lentamente, quasi ei pure non voles-se turbare il mio silenzio e la mia penosa meditazione;poi l'accorto barcaiuolo, che sapeva un cotal po' de' mieigusti prediletti, presumendo fosse tempo di finirla colleubbie, venne a rompere il silenzio.

II.- Vede? Anche qui a quello scoglio - e sospendendo

un tratto i remi, mi indicava una scogliera che dal latomanco del paese si protende un cotal poco - si raccontauna storiella, una di quelle ch'ella piacesi d'ascoltare. -

Il Bellasio (così chiamato per avventura, altro essen-do il suo vero nome, perchè venuto da Bellagio, borgatapiù in su del lago, che visiteremo, e la quale sta a capodella punta che divide il Lario in due rami, l'uno chescende infine a Como, l'altro che spingesi infino a Lec-co, da dove poi le sue acque ripiglian il diritto primitivo,uscendo di sotto il ponte col nome anteriore di Adda ecolla qualità di fiume) era un valente barcaiuolo ed a lui

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più d'una volta mi son mostrato avido di leggende e diracconti, come quegli che pur la storia anedottica d'ogniterra del Lario e d'ogni villa aveva sulle dita; mi avevamesso un giorno il ticchio di descrivere quella storia de'misteri del lago, della quale già feci cenno; e vi so direche se tempo e volontà m'avessero bastato, se ne sareb-bero dettati più volumi tutti pieni e palpitanti d'interesse.Dal santo chiodo e dalla gamba d'un de' bambini truci-dati dal Re Erode, conservati nella chiesa di San Gio-vanni Battista di Torno, al processo della regina Caroli-na d'Inghilterra; dagli sposi annegati, ricordati dalla bal-lata del Cantù, al processo B.... e alla conversione delprincipe Petrovich di Schuvaloff, fattosi poscia barnabi-ta e di cui si veggono le ville sulla sponda opposta vici-no a Blevio e che ho già rammentate, sapeva il Bellasiotutto; e più d'una volta me ne aveva fatto curiosa imban-digione, nè era sempre stata infruttifera a lui la parlanti-na.

- E che si narra intorno a quella scogliera? - chiesi al-lora al barcaiuolo.

Questi incrociò di nuovo i suoi due remi e più lenta-mente ancora adoperandoli, incominciò:

- Erano i tempi antichi. La Ghita era una bella monta-nina che abitava una casipola lassù presso alla cascata diMoltrasio.

- La cascata? - interrogai io, come uomo che fossenuovo a quella locale particolarità.

- Che? non c'è stato a veder la cascata di Moltrasio?La ci vada che ne sarà contento.

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più d'una volta mi son mostrato avido di leggende e diracconti, come quegli che pur la storia anedottica d'ogniterra del Lario e d'ogni villa aveva sulle dita; mi avevamesso un giorno il ticchio di descrivere quella storia de'misteri del lago, della quale già feci cenno; e vi so direche se tempo e volontà m'avessero bastato, se ne sareb-bero dettati più volumi tutti pieni e palpitanti d'interesse.Dal santo chiodo e dalla gamba d'un de' bambini truci-dati dal Re Erode, conservati nella chiesa di San Gio-vanni Battista di Torno, al processo della regina Caroli-na d'Inghilterra; dagli sposi annegati, ricordati dalla bal-lata del Cantù, al processo B.... e alla conversione delprincipe Petrovich di Schuvaloff, fattosi poscia barnabi-ta e di cui si veggono le ville sulla sponda opposta vici-no a Blevio e che ho già rammentate, sapeva il Bellasiotutto; e più d'una volta me ne aveva fatto curiosa imban-digione, nè era sempre stata infruttifera a lui la parlanti-na.

- E che si narra intorno a quella scogliera? - chiesi al-lora al barcaiuolo.

Questi incrociò di nuovo i suoi due remi e più lenta-mente ancora adoperandoli, incominciò:

- Erano i tempi antichi. La Ghita era una bella monta-nina che abitava una casipola lassù presso alla cascata diMoltrasio.

- La cascata? - interrogai io, come uomo che fossenuovo a quella locale particolarità.

- Che? non c'è stato a veder la cascata di Moltrasio?La ci vada che ne sarà contento.

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Io fermai dentro di me che vi sarei andato all'indoma-ni.

Il Bellasio proseguì:- Dunque la Ghita in sul pomeriggio d'una giornata

era andata giù a Cernobbio a trovare non so qual parentee fra una parola e l'altra il tramonto approssimava e l'oradella cena pur con esso. - Che ti fermi, Ghita, a mangia-re con noi un bocconcino? le dice quella parente. - Sì,no, è troppo tardi, m'aspetta la mamma - risponde la fo-rosetta e intanto la chinava la faccia fatta rossa comeuna melagrana. Gli è che la Ghita, come ella può benefigurarsi, aveva a casa il suo Tonio che l'attendeva, unpezzo di giovinotto che le invidiavan tutte le ragazze. -To', siedi: sono agoni che due momenti fa ballonzolava-no ancora vivi sul tagliere. - E la Ghita, mal resistendo,si sedeva sur un trespolo di legno intorno a un desco sucui fumava una soda polenta e gli agoni esalavano unafragranza provocante. L'ora così si era fatta tarda, quan-do la Ghita si accommiatò. Ben è vero che qualcunol'accompagnò un piccol tratto di strada fino alla puntadel Pizzo, ove è adesso la villa del passato Vicerè ech'ella sa; ma, qui giunta, sentendo venir da lunge comeuno zufolare d'uomo e credendo che si fosse il proprioTonio che le venisse all'incontro, licenziava l'uomo chel'aveva accompagnata col pretesto che in due salti ellasarebbe a casa, nè voleva di tanto dargli più incomodo efatica.

E la Ghita camminava.La strada allora non era come la vede adesso, così

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Io fermai dentro di me che vi sarei andato all'indoma-ni.

Il Bellasio proseguì:- Dunque la Ghita in sul pomeriggio d'una giornata

era andata giù a Cernobbio a trovare non so qual parentee fra una parola e l'altra il tramonto approssimava e l'oradella cena pur con esso. - Che ti fermi, Ghita, a mangia-re con noi un bocconcino? le dice quella parente. - Sì,no, è troppo tardi, m'aspetta la mamma - risponde la fo-rosetta e intanto la chinava la faccia fatta rossa comeuna melagrana. Gli è che la Ghita, come ella può benefigurarsi, aveva a casa il suo Tonio che l'attendeva, unpezzo di giovinotto che le invidiavan tutte le ragazze. -To', siedi: sono agoni che due momenti fa ballonzolava-no ancora vivi sul tagliere. - E la Ghita, mal resistendo,si sedeva sur un trespolo di legno intorno a un desco sucui fumava una soda polenta e gli agoni esalavano unafragranza provocante. L'ora così si era fatta tarda, quan-do la Ghita si accommiatò. Ben è vero che qualcunol'accompagnò un piccol tratto di strada fino alla puntadel Pizzo, ove è adesso la villa del passato Vicerè ech'ella sa; ma, qui giunta, sentendo venir da lunge comeuno zufolare d'uomo e credendo che si fosse il proprioTonio che le venisse all'incontro, licenziava l'uomo chel'aveva accompagnata col pretesto che in due salti ellasarebbe a casa, nè voleva di tanto dargli più incomodo efatica.

E la Ghita camminava.La strada allora non era come la vede adesso, così

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bella che la fu un vero beneficio di quella donna carita-tevole che è stata la principessa di Galles, la regina cheper tanto tempo fu la nostra provvidenza; la strada erasu e giù serpeggiante fra la boscaglia, fitta, scura, chechi non fosse stato del paese non ci avrebbe certo a not-te trovato il conto di uscirne, e se incauto si fosse un po'tenuto verso il lago, avrebbe corso anche il rischio difiaccarvi il collo; perocchè prima che Monsù Curiéavesse fabbricato la sua bella palazzina, là vi stavanobronchi, massi e precipizî pericolosi mascherati da lianee spine secolari.

Era la Ghita giunta poco più avanti ove è appunto lavilla Curié, che sentissi da una voce sconosciuta intima-re:

- Alto, chi va là?- Son io, son la Ghita di Moltrasio - rispondeva sgo-

menta la fanciulla.E l'incognito ridendo allora di un riso satanico, ve-

nendole incontro, le diceva:- Ah! ah! a quest'ora qui la Ghita di Moltrasio? Sei

venuta ne' miei domini ed è giusto che paghi il tuo pe-daggio - e stendeva ver lei la mano.

Diede la giovinetta un salto indietro e intimava al te-merario:

- Statevi un po' sul vostro e lasciatemi ir oltre, perchèè tardi e sono attesa.

Lo sconosciuto rispose con un ghigno da demonio emosse invece innanzi risoluto per abbrancarla; ma laGhita, lesta più ancor di lui, in un attimo, fatto in cuore

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bella che la fu un vero beneficio di quella donna carita-tevole che è stata la principessa di Galles, la regina cheper tanto tempo fu la nostra provvidenza; la strada erasu e giù serpeggiante fra la boscaglia, fitta, scura, chechi non fosse stato del paese non ci avrebbe certo a not-te trovato il conto di uscirne, e se incauto si fosse un po'tenuto verso il lago, avrebbe corso anche il rischio difiaccarvi il collo; perocchè prima che Monsù Curiéavesse fabbricato la sua bella palazzina, là vi stavanobronchi, massi e precipizî pericolosi mascherati da lianee spine secolari.

Era la Ghita giunta poco più avanti ove è appunto lavilla Curié, che sentissi da una voce sconosciuta intima-re:

- Alto, chi va là?- Son io, son la Ghita di Moltrasio - rispondeva sgo-

menta la fanciulla.E l'incognito ridendo allora di un riso satanico, ve-

nendole incontro, le diceva:- Ah! ah! a quest'ora qui la Ghita di Moltrasio? Sei

venuta ne' miei domini ed è giusto che paghi il tuo pe-daggio - e stendeva ver lei la mano.

Diede la giovinetta un salto indietro e intimava al te-merario:

- Statevi un po' sul vostro e lasciatemi ir oltre, perchèè tardi e sono attesa.

Lo sconosciuto rispose con un ghigno da demonio emosse invece innanzi risoluto per abbrancarla; ma laGhita, lesta più ancor di lui, in un attimo, fatto in cuore

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un voto alla Madonna a tutela del suo onore, spiccò unsalto per quei burroni, e quel tristo che la stava per af-ferrare, nè pel bujo aveva avvertito l'imminenza del pe-ricolo, fallendogli il piede, giù egli pure precipitò.

Si sentiva tosto dopo un lungo grido come d'uomo cuisia tocco una terribile percossa, ed un giovane che muo-veva da Moltrasio e l'udiva, com'era ben naturale inquella generale quiete della sera, affrettando i passi peril sentiero della foresta, giunto presso alla scoglieradove il fatto era accaduto, presago in cuore che la sven-tura avesse toccato la fanciulla dell'amor suo, si diè achiamarla.

- Ghita! Ghita! -La voce infatti della fanciulla gli rispose. Oh! era lei,

proprio lei, chè nel cadere per quei burroni la sua gonnas'era impigliata fra i rovai e le liane e l'avevan impeditadi rovinare giù nel lago sfracellata, dove era andato in-vece a piombare il suo turpe tentatore.

Tonio, il fidanzato della Ghita, espertissimo di que'greppi, avvertita dapprima la fanciulla che non si avessead agitare, ma cercasse d'attenersi ad alberelli i più ro-busti, si condusse cautamente presso ad essa e proten-dendole la mano, poichè l'ebbe ad afferrare, giunse inbreve a districare la sua Ghita e condurla a salvamento;e dopo udito il tristo caso, quando presa la sua barcavenne sotto alla scogliera a cercarvi il mal capitato, nèegli, nè i suoi compagni che recavano accesi de' legniresinosi, ritrovarono il cadavere. Solo un feltro galleg-giava là vicino e la gente del paese andò divisa nel pen-

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un voto alla Madonna a tutela del suo onore, spiccò unsalto per quei burroni, e quel tristo che la stava per af-ferrare, nè pel bujo aveva avvertito l'imminenza del pe-ricolo, fallendogli il piede, giù egli pure precipitò.

Si sentiva tosto dopo un lungo grido come d'uomo cuisia tocco una terribile percossa, ed un giovane che muo-veva da Moltrasio e l'udiva, com'era ben naturale inquella generale quiete della sera, affrettando i passi peril sentiero della foresta, giunto presso alla scoglieradove il fatto era accaduto, presago in cuore che la sven-tura avesse toccato la fanciulla dell'amor suo, si diè achiamarla.

- Ghita! Ghita! -La voce infatti della fanciulla gli rispose. Oh! era lei,

proprio lei, chè nel cadere per quei burroni la sua gonnas'era impigliata fra i rovai e le liane e l'avevan impeditadi rovinare giù nel lago sfracellata, dove era andato in-vece a piombare il suo turpe tentatore.

Tonio, il fidanzato della Ghita, espertissimo di que'greppi, avvertita dapprima la fanciulla che non si avessead agitare, ma cercasse d'attenersi ad alberelli i più ro-busti, si condusse cautamente presso ad essa e proten-dendole la mano, poichè l'ebbe ad afferrare, giunse inbreve a districare la sua Ghita e condurla a salvamento;e dopo udito il tristo caso, quando presa la sua barcavenne sotto alla scogliera a cercarvi il mal capitato, nèegli, nè i suoi compagni che recavano accesi de' legniresinosi, ritrovarono il cadavere. Solo un feltro galleg-giava là vicino e la gente del paese andò divisa nel pen-

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sare a chi spettasse. I più dicevan che ei fosse un con-trabbandiere della Svizzera vicina, altri invece e le co-mari affermarono, pel contrario, che potesse essere ildemonio, e che la Ghita fosse stata salva per il voto allaMadonna. Certo è che ancora la sera, quando il tempomena burrasca, proprio come quella notte che avvenne iltriste caso, vedesi un fuoco errare su quel greppo, e chipassando lo vede si fa il segno della croce, perchè o lospirito del contrabbandiere o il demonio in persona ècondannato a qui far la penitenza.

Il Bellasio gittò i remi: io sorrisi per la conclusionedella storiella e m'accorsi che eravamo giunti agli sca-glioni della casa de' miei eccellenti amici, i signori Tu-rati di Urio, che mi ospitavano cordialmente.

III.Come avevo stabilito, all'indomani m'avviai a Moltra-

sio di nuovo, alla ricerca della cascata che m'aveva ac-cennato il barcaiuolo. Attraversando il paese scaglionatosu quel pendio, io, studioso dell'antico, ricordai come glietimologisti pretendano derivare il nome del paese daMonte Raso, e misurandone tutta la lunghezzacoll'occhio vedevo l'ampio palazzo dei conti Passalac-qua, detto la Vignola, architettato da Felice Soave consoverchia semplicità, con giardino avanti di esso a varîpiani che discendono al lago sempre fiancheggiati da ci-pressi. Volgevo poi lo sguardo da l'un lato e dall'altrodella villa e cercavo indovinare dove mai avesse potuto

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sare a chi spettasse. I più dicevan che ei fosse un con-trabbandiere della Svizzera vicina, altri invece e le co-mari affermarono, pel contrario, che potesse essere ildemonio, e che la Ghita fosse stata salva per il voto allaMadonna. Certo è che ancora la sera, quando il tempomena burrasca, proprio come quella notte che avvenne iltriste caso, vedesi un fuoco errare su quel greppo, e chipassando lo vede si fa il segno della croce, perchè o lospirito del contrabbandiere o il demonio in persona ècondannato a qui far la penitenza.

Il Bellasio gittò i remi: io sorrisi per la conclusionedella storiella e m'accorsi che eravamo giunti agli sca-glioni della casa de' miei eccellenti amici, i signori Tu-rati di Urio, che mi ospitavano cordialmente.

III.Come avevo stabilito, all'indomani m'avviai a Moltra-

sio di nuovo, alla ricerca della cascata che m'aveva ac-cennato il barcaiuolo. Attraversando il paese scaglionatosu quel pendio, io, studioso dell'antico, ricordai come glietimologisti pretendano derivare il nome del paese daMonte Raso, e misurandone tutta la lunghezzacoll'occhio vedevo l'ampio palazzo dei conti Passalac-qua, detto la Vignola, architettato da Felice Soave consoverchia semplicità, con giardino avanti di esso a varîpiani che discendono al lago sempre fiancheggiati da ci-pressi. Volgevo poi lo sguardo da l'un lato e dall'altrodella villa e cercavo indovinare dove mai avesse potuto

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sorgere quella del baron Durini, citata dall'abate Amo-retti nel suo Viaggio da Milano ai tre laghi, dove questoautore lasciò scritto trovarvisi una magnifica raccoltaornitologica.

Passai il paese, e a mano manca, fuori appena di esso,nella parte superiore allo stesso si presenta infatti quelgrande scoscendimento e la cascata d'acqua che que' delluogo chiamano l'Orrido di Moltrasio, ma che non ne hale condizioni, essendo ben lungi dall'ispirar orrore, e dacui scende un torrente che attraversando il paese lo ren-de veramente pittoresco.

Il lettore ne ha l'idea nel disegno veritiero che ne hatratto felicemente il mio amico Curioni: le mie parolenon gli apprenderanno gran che di più.

Il geologo qui ritrova un grandissimo interesse, e que-sta linea non interrotta di montagne, che comincia dopoCernobbio e procede lungo il lago, è di un calcare bigioazzurrognolo e dell'epoca giurassica, di struttura fossile,opportunissima alle costruzioni, facilmente sfogliantesiin lastroni fin della grossezza di mezzo metro e conqualche rara striscia di calcareo cristallino bianco equalche vena di litantrace. È conosciuta in pratica colnome di pietra di Moltrasio e quivi cavansi altresì le ar-desie onde copronsi i tetti in molti luoghi.

I cataclismi formidabili in secoli antidiluviani imper-versarono certamente in tutte queste località, e le ammo-niti che ritrova col suo martello il geologo, pesci e rettiliche si rinvengono sulle cime di queste montagne, reli-quie dell'Ursus Spæleus raccolte in grotte, crepacci spa-

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sorgere quella del baron Durini, citata dall'abate Amo-retti nel suo Viaggio da Milano ai tre laghi, dove questoautore lasciò scritto trovarvisi una magnifica raccoltaornitologica.

Passai il paese, e a mano manca, fuori appena di esso,nella parte superiore allo stesso si presenta infatti quelgrande scoscendimento e la cascata d'acqua che que' delluogo chiamano l'Orrido di Moltrasio, ma che non ne hale condizioni, essendo ben lungi dall'ispirar orrore, e dacui scende un torrente che attraversando il paese lo ren-de veramente pittoresco.

Il lettore ne ha l'idea nel disegno veritiero che ne hatratto felicemente il mio amico Curioni: le mie parolenon gli apprenderanno gran che di più.

Il geologo qui ritrova un grandissimo interesse, e que-sta linea non interrotta di montagne, che comincia dopoCernobbio e procede lungo il lago, è di un calcare bigioazzurrognolo e dell'epoca giurassica, di struttura fossile,opportunissima alle costruzioni, facilmente sfogliantesiin lastroni fin della grossezza di mezzo metro e conqualche rara striscia di calcareo cristallino bianco equalche vena di litantrace. È conosciuta in pratica colnome di pietra di Moltrasio e quivi cavansi altresì le ar-desie onde copronsi i tetti in molti luoghi.

I cataclismi formidabili in secoli antidiluviani imper-versarono certamente in tutte queste località, e le ammo-niti che ritrova col suo martello il geologo, pesci e rettiliche si rinvengono sulle cime di queste montagne, reli-quie dell'Ursus Spæleus raccolte in grotte, crepacci spa-

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ventosi, burrati e fenditure, e questo dirupamento mede-simo di Moltrasio con quelli di Molina, di Nesso, diBellano ed altri molti, rivelano que' tremendi sconvolgi-menti naturali, per i quali si esercita lo studio ed anco lafantasia di tanti indagatori della natura, così spesso tra-viati dalle disparate dottrine e dai sistemi.

La Cascata di Moltrasio è del più bello e singolare ef-fetto.

Una grossa massa d'acqua gittasi da una grande altez-za fra una immensa spaccatura di montagna. Superior-mente alla caduta sonvi fertili e popolati piani; onde ra-sente al punto di caduta evvi una casipola che, a chi ri-guarda dal basso, molto aggiunge alla vaghezza pittoricadel luogo. L'acqua, rovesciandosi spumeggiante perquelle dirupate frane, forma in basso un piccolo bacinosu cui corrono, come ponte, alcune tavole, dove sempreil visitatore si arresta nell'ammirazione di quella gran-diosa naturale maraviglia. Alberi ed alberelli, rampicantiverdi e rossi e muschio rivestono qui e qua i grossi mas-si della frana e prestansi mirabilmente a compiere unamagnifica scena.

Piena la testa, più che del frastuono dell'acque caden-ti, delle profonde impressioni lasciatemi dalla vista di sìimponenti bellezze, ritornai sul mio cammino, raccoltonelle più svariate meditazioni, nullamente distratto tam-poco da quell'altro miracolo di cielo ed acqua, di colli emonti, di ville e casali, di giardini e di colti che mi stavatutt'all'intorno e che costituisce giustamente l'oggettodell'ammirazione e dello stupore anche del forestiero

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ventosi, burrati e fenditure, e questo dirupamento mede-simo di Moltrasio con quelli di Molina, di Nesso, diBellano ed altri molti, rivelano que' tremendi sconvolgi-menti naturali, per i quali si esercita lo studio ed anco lafantasia di tanti indagatori della natura, così spesso tra-viati dalle disparate dottrine e dai sistemi.

La Cascata di Moltrasio è del più bello e singolare ef-fetto.

Una grossa massa d'acqua gittasi da una grande altez-za fra una immensa spaccatura di montagna. Superior-mente alla caduta sonvi fertili e popolati piani; onde ra-sente al punto di caduta evvi una casipola che, a chi ri-guarda dal basso, molto aggiunge alla vaghezza pittoricadel luogo. L'acqua, rovesciandosi spumeggiante perquelle dirupate frane, forma in basso un piccolo bacinosu cui corrono, come ponte, alcune tavole, dove sempreil visitatore si arresta nell'ammirazione di quella gran-diosa naturale maraviglia. Alberi ed alberelli, rampicantiverdi e rossi e muschio rivestono qui e qua i grossi mas-si della frana e prestansi mirabilmente a compiere unamagnifica scena.

Piena la testa, più che del frastuono dell'acque caden-ti, delle profonde impressioni lasciatemi dalla vista di sìimponenti bellezze, ritornai sul mio cammino, raccoltonelle più svariate meditazioni, nullamente distratto tam-poco da quell'altro miracolo di cielo ed acqua, di colli emonti, di ville e casali, di giardini e di colti che mi stavatutt'all'intorno e che costituisce giustamente l'oggettodell'ammirazione e dello stupore anche del forestiero

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più disilluso.

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più disilluso.

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ESCURSIONE NONA.MOMPIATTO.

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ESCURSIONE NONA.MOMPIATTO.

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Perlasca. - Tradizione. - Villa Tanzi ora Taverna. - Torno. - Storia.- Gli Sposi annegati. - Ville Croff, Righini, Antonelli. - Lachiesa di S. Giovanni e pia leggenda. - Mompiatto. - Le suemonache. - La Pietra pendula e la Nariola.

La giornata è serena: lasciamo la sponda di Moltrasioe volgiamo la lancia alla opposta di Torno.

Il piroscafo ha già toccato la punta di Geno, su cuisiede la villa Cornaggia e già dirizza la prora verso Cer-nobbio, per venire a deporre passeggieri nel burchio del-la Regina d'Inghilterra, dell'albergo, s'intende, del qualeci siamo già intrattenuti.

La riga di bianco fumo che lascia addietro di sè il va-pore ci avverte che va sollecito; affrettiamo, che lo ve-dremo passare dinnanzi a noi e giungeremo in tempo difarci cullare dalle grosse onde che solleva col volgeredelle ampie sue ruote, e passeremo in rivista i passeg-gieri che muovono ai diversi punti del lago.

Intanto eccoci in faccia la villa Taverna sulla spondadestra: dirizziamo la punta della lancia alla volta di essa,se vogliamo trovarci al sito in cui il piroscafo rallenta; lacampanella della fermata suona e noi possiamo godercidello spettacolo che ci siamo ripromessi.

Il paesello vicino è Perlasca, terricciuola già fiorenteper l'industria della lana che vi si esercitava, ammencitaora di molto nelle guerre astute e ladre, direbbe il Torti,de' passati tempi. Vi è ancora una casetta in cui la tradi-zione pretende siavi nato Benedetto Odescalchi, quegliche fu pontefice sotto il nome di Innocenzo XI, da sol-

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Perlasca. - Tradizione. - Villa Tanzi ora Taverna. - Torno. - Storia.- Gli Sposi annegati. - Ville Croff, Righini, Antonelli. - Lachiesa di S. Giovanni e pia leggenda. - Mompiatto. - Le suemonache. - La Pietra pendula e la Nariola.

La giornata è serena: lasciamo la sponda di Moltrasioe volgiamo la lancia alla opposta di Torno.

Il piroscafo ha già toccato la punta di Geno, su cuisiede la villa Cornaggia e già dirizza la prora verso Cer-nobbio, per venire a deporre passeggieri nel burchio del-la Regina d'Inghilterra, dell'albergo, s'intende, del qualeci siamo già intrattenuti.

La riga di bianco fumo che lascia addietro di sè il va-pore ci avverte che va sollecito; affrettiamo, che lo ve-dremo passare dinnanzi a noi e giungeremo in tempo difarci cullare dalle grosse onde che solleva col volgeredelle ampie sue ruote, e passeremo in rivista i passeg-gieri che muovono ai diversi punti del lago.

Intanto eccoci in faccia la villa Taverna sulla spondadestra: dirizziamo la punta della lancia alla volta di essa,se vogliamo trovarci al sito in cui il piroscafo rallenta; lacampanella della fermata suona e noi possiamo godercidello spettacolo che ci siamo ripromessi.

Il paesello vicino è Perlasca, terricciuola già fiorenteper l'industria della lana che vi si esercitava, ammencitaora di molto nelle guerre astute e ladre, direbbe il Torti,de' passati tempi. Vi è ancora una casetta in cui la tradi-zione pretende siavi nato Benedetto Odescalchi, quegliche fu pontefice sotto il nome di Innocenzo XI, da sol-

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dato ch'era dapprima. Quivi ad ogni modo era la villeg-giatura degli Odescalchi e quivi egli veniva al diverti-mento della caccia, come lasciò ricordato in un suoscritto.

Fu nel secolo scorso che venne edificata la villa Tan-zi, ora denominata dall'attuale suo possessore conte Lo-dovico Taverna, patrizio milanese, che l'eredò da unconte Tanzi, senz'altra ragione, dicesi, che quella dellasimpatia, con un bel gruzzolo insieme di denaro per larelativa manutenzione. Fu l'incarnazione di uno di queibei sogni di una notte d'estate che facciamo noi popola-ni, e la cui realtà non avrà già recato tutta quanta la sor-presa al già ricco patrizio, che avrebbe fatta a noi. Era inaddietro la più bella villa del lago: ora si conserva sem-pre fra quelle che attraggono meglio l'attenzione, senzapretendere al primitivo vanto. Delle due ale sporgentidel fabbricato, una non è internamente ultimata ancora.Accrescono pregio i giardini disposti maestrevolmente,con serre chiudenti peregrinità botaniche e fiori d'ognispecie, su tutti ottenendovi culto speciale la rosa in infi-nite sue varietà, e ve ne aggiungono eziandio belle edesotiche piante. Nè ciò faccia maraviglia, da che il conteTaverna si piacque di orticoltura e giardinaggio, e Lom-bardia gli va debitrice dell'introduzione di più d'una del-le piante ornamentali, venute poscia in voga tra noi, etra le quali quella bellissima tussilaginea, detta il Farsu-gium grande.

Ma ecco il vapore ci è alle spalle; sostiamo.Gustata la voluttà di questi sobbalzi dell'onda, progre-

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dato ch'era dapprima. Quivi ad ogni modo era la villeg-giatura degli Odescalchi e quivi egli veniva al diverti-mento della caccia, come lasciò ricordato in un suoscritto.

Fu nel secolo scorso che venne edificata la villa Tan-zi, ora denominata dall'attuale suo possessore conte Lo-dovico Taverna, patrizio milanese, che l'eredò da unconte Tanzi, senz'altra ragione, dicesi, che quella dellasimpatia, con un bel gruzzolo insieme di denaro per larelativa manutenzione. Fu l'incarnazione di uno di queibei sogni di una notte d'estate che facciamo noi popola-ni, e la cui realtà non avrà già recato tutta quanta la sor-presa al già ricco patrizio, che avrebbe fatta a noi. Era inaddietro la più bella villa del lago: ora si conserva sem-pre fra quelle che attraggono meglio l'attenzione, senzapretendere al primitivo vanto. Delle due ale sporgentidel fabbricato, una non è internamente ultimata ancora.Accrescono pregio i giardini disposti maestrevolmente,con serre chiudenti peregrinità botaniche e fiori d'ognispecie, su tutti ottenendovi culto speciale la rosa in infi-nite sue varietà, e ve ne aggiungono eziandio belle edesotiche piante. Nè ciò faccia maraviglia, da che il conteTaverna si piacque di orticoltura e giardinaggio, e Lom-bardia gli va debitrice dell'introduzione di più d'una del-le piante ornamentali, venute poscia in voga tra noi, etra le quali quella bellissima tussilaginea, detta il Farsu-gium grande.

Ma ecco il vapore ci è alle spalle; sostiamo.Gustata la voluttà di questi sobbalzi dell'onda, progre-

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diamo verso la meta della nostra odierna peregrinazione.Questo paese è Torno col suo bel promontorio. Ebbe

un dì stabilimento degli Umiliati che vi fabbricavanopanni. Narra il Cantù, che mentre Francesi e Svizzericombatteano contro i Tedeschi, i Tornaschi favorirono iprimi, e quando rimasero sconfitti alla Bicocca (1522),resistettero ancora, come Brescia nel 1849, e ne corserla sorte. Perocchè il governatore di Como assalse e man-dò a ruba e fuoco Torno, neppur la chiesa risparmiando;e restò memoria d'una fanciulla che il fior verginale sal-vò dirupandosi da una finestra e perendo colla patria. Lostesso Cantù verseggiò un'altra pietosa romanza o storiadi sposi annegati, sotto il titolo: I morti di Torno. Io mifo lecito ridurla a prosa.

Linda, la bella fanciulla di Torno, era fidanzata a Fer-nando, quando questi aveva dovuto partir soldato per laguerra. Si scambiarono i due giovani i giuramentid'amore, e, mentre Fernando era alla guerra, ella atten-dea e pregava la Vergine e i santi pel suo ritorno. Un dìfinalmente, reduce Fernando dalla Spagna, spediva let-tera a Linda che le annunziava la sua venuta al paese frasette dì. Ognuno immagina la gioia della poveretta a talnovella, ognuno le ansie di sì lunga settimana: alla finespuntò l'alba dell'ultimo giorno. Spia tutte le navi, i bat-telli che solcano il lago; ma egli non viene: finalmente,alla militare assisa che è in un burchio, più col cuore checoll'occhio lo divina, lo riconosce... è lui. Ma intanto sullago si è ingrossato un fiero temporale, il tuono scoppia,l'acqua diluvia, è un tempo d'inferno. L'amato burchio

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diamo verso la meta della nostra odierna peregrinazione.Questo paese è Torno col suo bel promontorio. Ebbe

un dì stabilimento degli Umiliati che vi fabbricavanopanni. Narra il Cantù, che mentre Francesi e Svizzericombatteano contro i Tedeschi, i Tornaschi favorirono iprimi, e quando rimasero sconfitti alla Bicocca (1522),resistettero ancora, come Brescia nel 1849, e ne corserla sorte. Perocchè il governatore di Como assalse e man-dò a ruba e fuoco Torno, neppur la chiesa risparmiando;e restò memoria d'una fanciulla che il fior verginale sal-vò dirupandosi da una finestra e perendo colla patria. Lostesso Cantù verseggiò un'altra pietosa romanza o storiadi sposi annegati, sotto il titolo: I morti di Torno. Io mifo lecito ridurla a prosa.

Linda, la bella fanciulla di Torno, era fidanzata a Fer-nando, quando questi aveva dovuto partir soldato per laguerra. Si scambiarono i due giovani i giuramentid'amore, e, mentre Fernando era alla guerra, ella atten-dea e pregava la Vergine e i santi pel suo ritorno. Un dìfinalmente, reduce Fernando dalla Spagna, spediva let-tera a Linda che le annunziava la sua venuta al paese frasette dì. Ognuno immagina la gioia della poveretta a talnovella, ognuno le ansie di sì lunga settimana: alla finespuntò l'alba dell'ultimo giorno. Spia tutte le navi, i bat-telli che solcano il lago; ma egli non viene: finalmente,alla militare assisa che è in un burchio, più col cuore checoll'occhio lo divina, lo riconosce... è lui. Ma intanto sullago si è ingrossato un fiero temporale, il tuono scoppia,l'acqua diluvia, è un tempo d'inferno. L'amato burchio

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avanza lentamente lottando colle onde, e Linda, a seguirmeglio il progresso di esso, a meglio vedere il suo bene,vola su d'un'eminenza che sta lungo il lago; ma giunta amezzo dell'erta, per l'erba molle e bagnata, il piè le sci-vola, e giù dalla china precipita nell'onde. La vide Fer-nando e la conobbe, nè curando il furiare dei flutti, sislancia in mezzo ad essi, drizzando il nuoto verso la suafidanzata. Invano facevano forza di remi i battelli spic-catisi dal lido e il burchio dove era Fernando, per acco-starsi agli infelici sposi che non si videro più ricompari-re. Solo la dimane se ne ritrovarono i corpi: erano ab-bracciati insieme nell'amplesso castissimo di morte. Làvenne posta una croce a memoria del pietosissimo casoe il barcaiuolo che vi transita prega loro la requie eterna.

Poichè siam presso al porto, ecco vedete là su è la vil-la Croff: vi stan presso le ville Righini e l'Antonelli adestra, due operosi negozianti milanesi che raggranella-rono gran fortuna e procacciaronsi questi agî signorili; asinistra sono la casa e i giardini a cedriere sporgenti sullago appartenenti ai signori Ruspini e da' quali si godedi bellissimo panorama. Nella casa di questi signori diComo, fra qualche altro oggetto d'arte è un marmo egre-giamente scolpito dal Tantardini di Milano, del qualeabbiamo già ammirato in Como altre opere commende-voli.

Scesi a terra, ci si para avanti la chiesa del paese e piùsu l'altra dedicata a San Giovanni Battista, intorno allaquale è pure una leggenda. Narrasi da que' pescatori cheal tempo delle crociate un arcivescovo tedesco tornando

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avanza lentamente lottando colle onde, e Linda, a seguirmeglio il progresso di esso, a meglio vedere il suo bene,vola su d'un'eminenza che sta lungo il lago; ma giunta amezzo dell'erta, per l'erba molle e bagnata, il piè le sci-vola, e giù dalla china precipita nell'onde. La vide Fer-nando e la conobbe, nè curando il furiare dei flutti, sislancia in mezzo ad essi, drizzando il nuoto verso la suafidanzata. Invano facevano forza di remi i battelli spic-catisi dal lido e il burchio dove era Fernando, per acco-starsi agli infelici sposi che non si videro più ricompari-re. Solo la dimane se ne ritrovarono i corpi: erano ab-bracciati insieme nell'amplesso castissimo di morte. Làvenne posta una croce a memoria del pietosissimo casoe il barcaiuolo che vi transita prega loro la requie eterna.

Poichè siam presso al porto, ecco vedete là su è la vil-la Croff: vi stan presso le ville Righini e l'Antonelli adestra, due operosi negozianti milanesi che raggranella-rono gran fortuna e procacciaronsi questi agî signorili; asinistra sono la casa e i giardini a cedriere sporgenti sullago appartenenti ai signori Ruspini e da' quali si godedi bellissimo panorama. Nella casa di questi signori diComo, fra qualche altro oggetto d'arte è un marmo egre-giamente scolpito dal Tantardini di Milano, del qualeabbiamo già ammirato in Como altre opere commende-voli.

Scesi a terra, ci si para avanti la chiesa del paese e piùsu l'altra dedicata a San Giovanni Battista, intorno allaquale è pure una leggenda. Narrasi da que' pescatori cheal tempo delle crociate un arcivescovo tedesco tornando

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da Palestina ne riportasse un santo chiodo e la gambad'uno degli Innocenti. Fermatosi a Torno, ebbe sì conti-nuamente contrario il vento, che gli parve riconoscere inciò la volontà del cielo ch'ivi lasciasse quelle sante reli-quie, e le depose infatti nella chiesa suddetta di SanGiovanni.

Per questo calle montiamo, montiamo, onde raggiun-gere l'altipiano a cui siamo diretti, a Mompiatto. Nè lun-ga, nè aspra la salita: rivoletti d'acqua limpida scendonolungo il cammino, che presto ci scorge avanti la chiesache sta in cima e dov'era già un chiostro di vergini. Qui-vi però le monachelle, più che a mattinar lo sposo divi-no, come direbbe l'Alighieri, ed attendere a vita contem-plativa, s'abbandonavano ad amori e baldorie poco ca-noniche e meno caste; tal che S. Carlo Borromeo, chealle monache ed a' frati solea spesso riveder le bucce, nelo chiuse, e le suore trasferì al Sacro Monte di Varese apiù severa disciplina. L'episodio ricorda la novella pri-ma della terza giornata del Decamerone del Boccaccio,fondata sulla vecchia tradizione del contado toscano chepresso a Lamporecchio fosse un convento di monache,che pel vezzo di divertirsi come quelle di Mompiatto,ebbero il convento demolito ed esse furono trasferite al-trove.

Sull'ameno altipiano del Mompiatto vengono soventele brigatelle villeggianti ad asciolvere allegramente; mapiù matte e curiose sono quelle che vi chiama quella sa-gra che al due luglio vi si celebra e dove è tutta la gior-nata il più lieto via vai, su e giù per l'erte viuzze,

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da Palestina ne riportasse un santo chiodo e la gambad'uno degli Innocenti. Fermatosi a Torno, ebbe sì conti-nuamente contrario il vento, che gli parve riconoscere inciò la volontà del cielo ch'ivi lasciasse quelle sante reli-quie, e le depose infatti nella chiesa suddetta di SanGiovanni.

Per questo calle montiamo, montiamo, onde raggiun-gere l'altipiano a cui siamo diretti, a Mompiatto. Nè lun-ga, nè aspra la salita: rivoletti d'acqua limpida scendonolungo il cammino, che presto ci scorge avanti la chiesache sta in cima e dov'era già un chiostro di vergini. Qui-vi però le monachelle, più che a mattinar lo sposo divi-no, come direbbe l'Alighieri, ed attendere a vita contem-plativa, s'abbandonavano ad amori e baldorie poco ca-noniche e meno caste; tal che S. Carlo Borromeo, chealle monache ed a' frati solea spesso riveder le bucce, nelo chiuse, e le suore trasferì al Sacro Monte di Varese apiù severa disciplina. L'episodio ricorda la novella pri-ma della terza giornata del Decamerone del Boccaccio,fondata sulla vecchia tradizione del contado toscano chepresso a Lamporecchio fosse un convento di monache,che pel vezzo di divertirsi come quelle di Mompiatto,ebbero il convento demolito ed esse furono trasferite al-trove.

Sull'ameno altipiano del Mompiatto vengono soventele brigatelle villeggianti ad asciolvere allegramente; mapiù matte e curiose sono quelle che vi chiama quella sa-gra che al due luglio vi si celebra e dove è tutta la gior-nata il più lieto via vai, su e giù per l'erte viuzze,

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d'uomini e donne e di fanciulli; ed in cima si merendasotto gruppi di annose piante; si gozzoviglia e canta fin-chè calano da' più alti monti le ombre, e alla chiesa diSan Giovanni spirano i tocchi dell'avemmaria vesperti-na.

Su questo monte, che s'eleva sovra tutte queste villeche si schierano da Blevio infino a Torno, attira poi lacuriosità la Pietra pendula, di forma conica, sulla cuipunta sta in bilico un trovante o masso granitico di duemetri d'altezza e di cinque di diametro, che pretendesiformi sistema col Poncione di Blevio, che gli abitantichiamano Nariola, altro masso più enorme che sporgesul pendio che tocca appena d'una estremità la terra,solo sorretto dalla punta d'una roccia calcare, sicchèguardato di fianco, sembra prossimo a rovinare.

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d'uomini e donne e di fanciulli; ed in cima si merendasotto gruppi di annose piante; si gozzoviglia e canta fin-chè calano da' più alti monti le ombre, e alla chiesa diSan Giovanni spirano i tocchi dell'avemmaria vesperti-na.

Su questo monte, che s'eleva sovra tutte queste villeche si schierano da Blevio infino a Torno, attira poi lacuriosità la Pietra pendula, di forma conica, sulla cuipunta sta in bilico un trovante o masso granitico di duemetri d'altezza e di cinque di diametro, che pretendesiformi sistema col Poncione di Blevio, che gli abitantichiamano Nariola, altro masso più enorme che sporgesul pendio che tocca appena d'una estremità la terra,solo sorretto dalla punta d'una roccia calcare, sicchèguardato di fianco, sembra prossimo a rovinare.

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ESCURSIONE DECIMA.LA PLINIANA.

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ESCURSIONE DECIMA.LA PLINIANA.

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Page 134: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Le vittime del lago. - La villa Matilde dei signori Juva. - VillaCanzi. - La Pliniana. - Plinio il Giovane e il flusso e riflusso. -Spiegazione del fenomeno. - La Breva e il Tivano. - L'assassi-nio di Pier Luigi Farnese. - Giovanni Anguissola. - La villa el'attuale proprietaria.

I.Non erano più i giorni gloriosi della celebre danzatri-

ce, di Maria Taglioni... Il tempo, questo terribile deva-statore della bellezza e del valore, aveva già da un pezzochiuso i battenti de' più cospicui teatri a quella grandeartista che aveva stancato i plausi dei pubblici più diffi-cili d'Europa, ed eletto soggiorno in Parigi, lasciava de-serta la sua vaghissima villa di Blevio, la quale si spec-chia nell'onda del Lario.

Non erano dunque più gli ammiratori e gli amici diquella illustre alunna di Tersicore che animavano di loropresenza nell'agosto 1868 i freschi recessi della suntuo-sa villeggiatura; ma sì i vispi figliuoli di mia sorella, acui era stata locata, ed io che, dopo un'arringa al Tribu-nale di Como, ero venuto ad abbracciarli, io di fiancoalla mia buona Emilia, sorridevo alla bravura di Giulio edi Gigi suoi che maneggiavano il remo, come se fosseronati e cresciuti sempre su quelle sponde e facevano vo-lare il canotto, leggiero come un alcione, sulla quietafaccia del lago.

Avevamo già lasciato addietro quelle ville che al pie-de di Blevio abbiam passato in rassegna; già sussurrato

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Le vittime del lago. - La villa Matilde dei signori Juva. - VillaCanzi. - La Pliniana. - Plinio il Giovane e il flusso e riflusso. -Spiegazione del fenomeno. - La Breva e il Tivano. - L'assassi-nio di Pier Luigi Farnese. - Giovanni Anguissola. - La villa el'attuale proprietaria.

I.Non erano più i giorni gloriosi della celebre danzatri-

ce, di Maria Taglioni... Il tempo, questo terribile deva-statore della bellezza e del valore, aveva già da un pezzochiuso i battenti de' più cospicui teatri a quella grandeartista che aveva stancato i plausi dei pubblici più diffi-cili d'Europa, ed eletto soggiorno in Parigi, lasciava de-serta la sua vaghissima villa di Blevio, la quale si spec-chia nell'onda del Lario.

Non erano dunque più gli ammiratori e gli amici diquella illustre alunna di Tersicore che animavano di loropresenza nell'agosto 1868 i freschi recessi della suntuo-sa villeggiatura; ma sì i vispi figliuoli di mia sorella, acui era stata locata, ed io che, dopo un'arringa al Tribu-nale di Como, ero venuto ad abbracciarli, io di fiancoalla mia buona Emilia, sorridevo alla bravura di Giulio edi Gigi suoi che maneggiavano il remo, come se fosseronati e cresciuti sempre su quelle sponde e facevano vo-lare il canotto, leggiero come un alcione, sulla quietafaccia del lago.

Avevamo già lasciato addietro quelle ville che al pie-de di Blevio abbiam passato in rassegna; già sussurrato

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Page 135: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

mentalmente un vale alla memoria del povero figliodell'Inghilterra12, che assueto al mare, credette far troppoa sicurtà colle onde del Lario, le quali ogni anno recla-mano il tributo di vittime umane; passata innanzi allavilla Taverna ed a Torno; già svolto i giardini dei signoriRuspini che fiancheggiano vagamente Torno; rasentatala villa Matilde dei signori Juva, piccola ma elegante, dacui uscivano note dolcissime di canto, come le sa rende-re quella esimia dilettante, che a valore potrebbesi direartista, che è la signara Matilde Branca, la quale ne è laproprietaria; e quindi la villa dell'ingegnere Canzi archi-tettata sul far de' palagi di Venezia, con finestre e loggiedi terra cotta, come ne è la balaustrata: quattro colpi diremo, ed ecco ci trovammo nel pieno ed austero senodella Pliniana.

- La Pliniana! esclamò Emilia.Infatti ci riconoscemmo in grado di vederne il fabbri-

cato intero. Un grandioso loggiato d'ordine dorico pro-spetta il lago e serve di vestibolo al palazzo che si ad-

12 Una lapide incastrata nel muro di cinta d'un giardi-no ricorda il dolorosissimo caso di Enrico Lok, annega-to in cospetto de' proprî parenti e della moglie, che nullapoterono fare per lui!GULIELMUS LOKANGLUSSUBMERSUSIN CONSPECTUPARENTUMET CONJUGIS14 SEPT. 1832 AET. 33

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mentalmente un vale alla memoria del povero figliodell'Inghilterra12, che assueto al mare, credette far troppoa sicurtà colle onde del Lario, le quali ogni anno recla-mano il tributo di vittime umane; passata innanzi allavilla Taverna ed a Torno; già svolto i giardini dei signoriRuspini che fiancheggiano vagamente Torno; rasentatala villa Matilde dei signori Juva, piccola ma elegante, dacui uscivano note dolcissime di canto, come le sa rende-re quella esimia dilettante, che a valore potrebbesi direartista, che è la signara Matilde Branca, la quale ne è laproprietaria; e quindi la villa dell'ingegnere Canzi archi-tettata sul far de' palagi di Venezia, con finestre e loggiedi terra cotta, come ne è la balaustrata: quattro colpi diremo, ed ecco ci trovammo nel pieno ed austero senodella Pliniana.

- La Pliniana! esclamò Emilia.Infatti ci riconoscemmo in grado di vederne il fabbri-

cato intero. Un grandioso loggiato d'ordine dorico pro-spetta il lago e serve di vestibolo al palazzo che si ad-

12 Una lapide incastrata nel muro di cinta d'un giardi-no ricorda il dolorosissimo caso di Enrico Lok, annega-to in cospetto de' proprî parenti e della moglie, che nullapoterono fare per lui!GULIELMUS LOKANGLUSSUBMERSUSIN CONSPECTUPARENTUMET CONJUGIS14 SEPT. 1832 AET. 33

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Page 136: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

dossa al monte con giardino a varii piani, i quali s'innal-zano fino ad una specie di romitaggio, in cui la solitudi-ne profonda e l'isolamento assoluto della villa ispiranogravi, melanconiche o appassionate meditazioni. Un tor-rente che le sta a lato, dall'altezza di novanta metri balzacon bell'effetto dalle roccie e rumoreggia transitando perl'atrio, per confondersi da ultimo colle acque del lago.

- Fu Plinio forse qui ad abitare ed a lasciarvi il suonome? - mi domandò Antonietta, la mia eccellente e af-fettuosa nipote.

- No - rispos'io. - Plinio il Giovane lasciò nelle operesue la descrizione della fontana intermittente, che avraiveduta nella villa e di cui anzi fa cenno la lapide latinache vi avrai scorta, ma non capita, e che qui chiama lacuriosità del forastiero; ma la villa non appartenne mai aquell'illustre.

- Ah sì, la fontana che ha il flusso e riflusso come ilmare e che è inesauribile.

- Essa ha infatti un'intermittenza; or cresce a ricolma-re un bacino, ed ora, ad occhio veggente, scema; maquesto flusso e riflusso non è regolare come quello delmare, nè poi è tutta vera la credenza ch'essa sia inesauri-bile. Vuolsi inoltre ch'essa abbia relazione col Buco delpiombo, che si vede all'opposto versante della montagnache sogguarda il Piano d'Erba, ma non sono che suppo-sizioni codeste.

Ora udite quale spiegazione ne dia il detto Plinio, nongià per dirvi che l'abbia azzeccata giusta; ma per darviun saggio della scienza fisica d'allora: la traduzione dal

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dossa al monte con giardino a varii piani, i quali s'innal-zano fino ad una specie di romitaggio, in cui la solitudi-ne profonda e l'isolamento assoluto della villa ispiranogravi, melanconiche o appassionate meditazioni. Un tor-rente che le sta a lato, dall'altezza di novanta metri balzacon bell'effetto dalle roccie e rumoreggia transitando perl'atrio, per confondersi da ultimo colle acque del lago.

- Fu Plinio forse qui ad abitare ed a lasciarvi il suonome? - mi domandò Antonietta, la mia eccellente e af-fettuosa nipote.

- No - rispos'io. - Plinio il Giovane lasciò nelle operesue la descrizione della fontana intermittente, che avraiveduta nella villa e di cui anzi fa cenno la lapide latinache vi avrai scorta, ma non capita, e che qui chiama lacuriosità del forastiero; ma la villa non appartenne mai aquell'illustre.

- Ah sì, la fontana che ha il flusso e riflusso come ilmare e che è inesauribile.

- Essa ha infatti un'intermittenza; or cresce a ricolma-re un bacino, ed ora, ad occhio veggente, scema; maquesto flusso e riflusso non è regolare come quello delmare, nè poi è tutta vera la credenza ch'essa sia inesauri-bile. Vuolsi inoltre ch'essa abbia relazione col Buco delpiombo, che si vede all'opposto versante della montagnache sogguarda il Piano d'Erba, ma non sono che suppo-sizioni codeste.

Ora udite quale spiegazione ne dia il detto Plinio, nongià per dirvi che l'abbia azzeccata giusta; ma per darviun saggio della scienza fisica d'allora: la traduzione dal

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Page 137: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

latino è del Paravia:"C. Plinio a Licinio.

"Io ti ho recato dalla mia patria il regaluccio di unaquistione, la quale è degnissima della profondità del tuoingegno. Scaturisce da un monte una sorgente, scorre frasassi, si raccoglie in un loghicciuolo fabbricato per ce-narvi; quivi dimorata un tantino, va a perdersi nel lagodi Como (in Larium lacum decidit). Mirabile è la suanatura; tre volte al giorno con invariabili aumenti e di-minuzioni si alza ed abbassa. Ciò si vede apertamente,nè può vedersi senza un grande diletto. Colà presso tusiedi e mangi, e bevi anche a quella medesima fonte, dache è freschissima; ed essa intanto a certi e misurati in-tervalli o cala o cresce. Poni all'asciutto un anello o che-chessia, l'acqua a poco a poco lo bagna, e tutto final-mente il ricopre, e si scopre di nuovo e bel bello rimaneall'asciutto. Se ti fermi ad osservar questo giuoco, il ve-drai rinnovarsi e due e tre volte. È forse un qualche oc-culto vento, che la bocca e le fauci della sorgente orapre, or chiude, secondo che entra cacciando l'acqua, oesce cacciato da questa? Il che noi veggiamo avvenir neifiaschi e in tutti i vasi di questo genere, i quali non han-no una libera e súbita uscita. Poichè ancor questi, ben-chè capovolti e inchinati, rattenuti da non so qual ventocontrario, ritardano il liquore, il qual non esce in certaguisa che a frequenti singhiozzi! Forse le leggidell'oceano son le medesime che quelle del fonte? E perla stessa cagione che quello ora s'innalza, or s'abbassa,

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latino è del Paravia:"C. Plinio a Licinio.

"Io ti ho recato dalla mia patria il regaluccio di unaquistione, la quale è degnissima della profondità del tuoingegno. Scaturisce da un monte una sorgente, scorre frasassi, si raccoglie in un loghicciuolo fabbricato per ce-narvi; quivi dimorata un tantino, va a perdersi nel lagodi Como (in Larium lacum decidit). Mirabile è la suanatura; tre volte al giorno con invariabili aumenti e di-minuzioni si alza ed abbassa. Ciò si vede apertamente,nè può vedersi senza un grande diletto. Colà presso tusiedi e mangi, e bevi anche a quella medesima fonte, dache è freschissima; ed essa intanto a certi e misurati in-tervalli o cala o cresce. Poni all'asciutto un anello o che-chessia, l'acqua a poco a poco lo bagna, e tutto final-mente il ricopre, e si scopre di nuovo e bel bello rimaneall'asciutto. Se ti fermi ad osservar questo giuoco, il ve-drai rinnovarsi e due e tre volte. È forse un qualche oc-culto vento, che la bocca e le fauci della sorgente orapre, or chiude, secondo che entra cacciando l'acqua, oesce cacciato da questa? Il che noi veggiamo avvenir neifiaschi e in tutti i vasi di questo genere, i quali non han-no una libera e súbita uscita. Poichè ancor questi, ben-chè capovolti e inchinati, rattenuti da non so qual ventocontrario, ritardano il liquore, il qual non esce in certaguisa che a frequenti singhiozzi! Forse le leggidell'oceano son le medesime che quelle del fonte? E perla stessa cagione che quello ora s'innalza, or s'abbassa,

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Page 138: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

eziandio questa fonticella con alterna vicenda ora spor-ge, or s'arresta? O forse come i fiumi, che scaricandosiin mare, sono dagli avversi venti e dall'impeto dell'ondarisospinti, evvi qualcosa che ritarda per qualche istanteil corso di questo fonte? O hanno gli interni canaliun'assegnata misura, per cui, mentre si rimettono le per-dute acque, il rivo si fa più scarso e lento, e rimesse chesiano, corre più spedito e copioso? Od evvi, non so qua-le, interno ed occulto recipiente, che quando è vuoto de-sta e sospinge la fonte, quando è pieno la ritarda e lasoffoca? Or tu che il puoi, fa d'investigar le cagioni cheproducono questo fenomeno. Per me è anche troppo, seti ho a sufficienza dimostrato com'esso avvenga. Ad-dio13."

L'Amoretti invece, nel suo Viaggio da Milano ai trelaghi, dopo aver notato come i movimenti dell'acqua ab-biano un'esatta relazione con lo spirare del vento, sì cheincominciando su que' monti a spirare il ponente versola nona ora del mattino, che quei del lago chiamano laBreva, a quell'ora eziandio incomincia a crescer l'acquanella fonte; dice questo crescimento potersi generalmen-te calcolare di tre in quattro ore. Infatti ad un'ora, al Ti-vano del mattino succede il vento che procede da Comoe si denomina la Breva14. Simile interviene alla sera. Più13 C. Plinii Cæcilii Secundi. Epistol. Lib. IV, Cap. XXX.14 Tivano è così detto sul lago il vento boreale o di tramontana. Ordinariamenteè regolare, facendosi sentire in tempo di notte e cessando alla mattina poco pri-ma dell'alzarsi del sole. Cessa egualmente la sua regolarità a mezzo il settem-bre. Lo stesso dicasi della Breva che succede al Tivano, e che si fa sentire dopoil meriggio, aiutando le imbarcazioni che a vela spiegata ritornano da Como.

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eziandio questa fonticella con alterna vicenda ora spor-ge, or s'arresta? O forse come i fiumi, che scaricandosiin mare, sono dagli avversi venti e dall'impeto dell'ondarisospinti, evvi qualcosa che ritarda per qualche istanteil corso di questo fonte? O hanno gli interni canaliun'assegnata misura, per cui, mentre si rimettono le per-dute acque, il rivo si fa più scarso e lento, e rimesse chesiano, corre più spedito e copioso? Od evvi, non so qua-le, interno ed occulto recipiente, che quando è vuoto de-sta e sospinge la fonte, quando è pieno la ritarda e lasoffoca? Or tu che il puoi, fa d'investigar le cagioni cheproducono questo fenomeno. Per me è anche troppo, seti ho a sufficienza dimostrato com'esso avvenga. Ad-dio13."

L'Amoretti invece, nel suo Viaggio da Milano ai trelaghi, dopo aver notato come i movimenti dell'acqua ab-biano un'esatta relazione con lo spirare del vento, sì cheincominciando su que' monti a spirare il ponente versola nona ora del mattino, che quei del lago chiamano laBreva, a quell'ora eziandio incomincia a crescer l'acquanella fonte; dice questo crescimento potersi generalmen-te calcolare di tre in quattro ore. Infatti ad un'ora, al Ti-vano del mattino succede il vento che procede da Comoe si denomina la Breva14. Simile interviene alla sera. Più13 C. Plinii Cæcilii Secundi. Epistol. Lib. IV, Cap. XXX.14 Tivano è così detto sul lago il vento boreale o di tramontana. Ordinariamenteè regolare, facendosi sentire in tempo di notte e cessando alla mattina poco pri-ma dell'alzarsi del sole. Cessa egualmente la sua regolarità a mezzo il settem-bre. Lo stesso dicasi della Breva che succede al Tivano, e che si fa sentire dopoil meriggio, aiutando le imbarcazioni che a vela spiegata ritornano da Como.

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cresce il vento, più si alza la fonte; l'aria è affatto placi-da, e la fonte punto non s'altera. Or come fa egli il ventoa produrvi sì fatte cose? L'Amoretti, premesso che invetta a' monti soprastanti alla fonte Pliniana v'ha dellecaverne o pozzi naturali, che penetrano nel seno delmonte e vi mantengono degli interni serbatoi d'acqua,spiega il fenomeno in questo modo: "Siavi in seno delmonte uno o più recipienti d'acqua, corrispondenti allebocche superiori, i quali all'orlo abbiano delle uscite cheportano alla Pliniana. Soffiando il vento perpendicolar-mente, comprime l'acqua e la spinge all'orlo in maggiorcopia, e quindi più copiosi sono i canaletti pei quali por-tasi alla fonte. Quando il vento cessa, l'acqua si rimette alivello, e l'interno laghetto, a cui il monte ne sommini-stra cogli incessanti stillicidi, torna a ricolmarsi d'acqua,che il seguente vento torna a respinger fuori. Ma quandoun forte vento ha soffiato lungamente, più d'un giornosta la fonte senz'alterazione, perchè l'interno recipientedi tropp'acqua è stato privato, e il consueto spazio ditempo non basta a riempirlo nuovamente. Se questaspiegazione non soddisfa pienamente, quella mi sembraalmeno che soffra minori difficoltà15."

- Ma allora chi fabbricò la Pliniana, se il luogo non fudi Plinio? - chiesero in coro i miei nipoti.

- La è tutta una storia - risposi io.- Contala, zio; contala.Giulio e Gigi macchinalmente appena muovevano il

15 Amoretti. Viaggio da Milano ai tre laghi. Milano, 1817, pag. 271.

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cresce il vento, più si alza la fonte; l'aria è affatto placi-da, e la fonte punto non s'altera. Or come fa egli il ventoa produrvi sì fatte cose? L'Amoretti, premesso che invetta a' monti soprastanti alla fonte Pliniana v'ha dellecaverne o pozzi naturali, che penetrano nel seno delmonte e vi mantengono degli interni serbatoi d'acqua,spiega il fenomeno in questo modo: "Siavi in seno delmonte uno o più recipienti d'acqua, corrispondenti allebocche superiori, i quali all'orlo abbiano delle uscite cheportano alla Pliniana. Soffiando il vento perpendicolar-mente, comprime l'acqua e la spinge all'orlo in maggiorcopia, e quindi più copiosi sono i canaletti pei quali por-tasi alla fonte. Quando il vento cessa, l'acqua si rimette alivello, e l'interno laghetto, a cui il monte ne sommini-stra cogli incessanti stillicidi, torna a ricolmarsi d'acqua,che il seguente vento torna a respinger fuori. Ma quandoun forte vento ha soffiato lungamente, più d'un giornosta la fonte senz'alterazione, perchè l'interno recipientedi tropp'acqua è stato privato, e il consueto spazio ditempo non basta a riempirlo nuovamente. Se questaspiegazione non soddisfa pienamente, quella mi sembraalmeno che soffra minori difficoltà15."

- Ma allora chi fabbricò la Pliniana, se il luogo non fudi Plinio? - chiesero in coro i miei nipoti.

- La è tutta una storia - risposi io.- Contala, zio; contala.Giulio e Gigi macchinalmente appena muovevano il

15 Amoretti. Viaggio da Milano ai tre laghi. Milano, 1817, pag. 271.

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loro remo; noi lentamente intanto approssimandociognor più al silenzioso palazzo e di pochi tratti discostidallo scalo della Riviera, sospeso ogni altro movimento,il canotto sostò, ed io m'accinsi a dire la storia che miveniva domandata.

II.- Mi bisogna far viaggiare la vostra mente da queste

rive a Piacenza, e farvi dar addietro, meglio certo di tresecoli, all'anno 1547.

Pier Luigi Farnese, da non molto creato duca di Pia-cenza e di Parma da papa Paolo III, teneva stanza inquella città ed era da essa che esercitava la sua tirannicasignoria. Se egli avesse virtù alcuna, hanno gli storici ta-ciuto; all'incontro il Varchi ne lasciò orribile pittura de'suoi difetti, che del resto erano anche proprî del tempo,e il Segni poi, altro storico fiorentino, non so con qualfondamento di verità, ce lo descrisse storpio di mani e dipiedi, sicchè bisognava aiutarlo fino al mangiare; e tut-tavia rotto a tutti i vizî.

Proprio a que' giorni Spagna e Francia tenevanl'occhio sul paese nostro, e Carlo V imperatore l'aveva amorte col Farnese, e perchè lo stimava, se non promoto-re, complice almeno dell'attentato di Gian Luigi del Fie-sco contro Genova, e perchè, ciò che più gli cuoceva,scorgesse in lui propensione maggiore per Francia, tantopiù che il Pontefice aveva ottenuto a Orazio Farnese permoglie Diana, figlia naturale del re di Francia Enrico II.

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loro remo; noi lentamente intanto approssimandociognor più al silenzioso palazzo e di pochi tratti discostidallo scalo della Riviera, sospeso ogni altro movimento,il canotto sostò, ed io m'accinsi a dire la storia che miveniva domandata.

II.- Mi bisogna far viaggiare la vostra mente da queste

rive a Piacenza, e farvi dar addietro, meglio certo di tresecoli, all'anno 1547.

Pier Luigi Farnese, da non molto creato duca di Pia-cenza e di Parma da papa Paolo III, teneva stanza inquella città ed era da essa che esercitava la sua tirannicasignoria. Se egli avesse virtù alcuna, hanno gli storici ta-ciuto; all'incontro il Varchi ne lasciò orribile pittura de'suoi difetti, che del resto erano anche proprî del tempo,e il Segni poi, altro storico fiorentino, non so con qualfondamento di verità, ce lo descrisse storpio di mani e dipiedi, sicchè bisognava aiutarlo fino al mangiare; e tut-tavia rotto a tutti i vizî.

Proprio a que' giorni Spagna e Francia tenevanl'occhio sul paese nostro, e Carlo V imperatore l'aveva amorte col Farnese, e perchè lo stimava, se non promoto-re, complice almeno dell'attentato di Gian Luigi del Fie-sco contro Genova, e perchè, ciò che più gli cuoceva,scorgesse in lui propensione maggiore per Francia, tantopiù che il Pontefice aveva ottenuto a Orazio Farnese permoglie Diana, figlia naturale del re di Francia Enrico II.

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Riuscì facile pertanto all'imperatore di soffiar dentro gliodî de' nobili Piacentini, che lamentavano la passata li-bertà, e la tirannide attuale mal sapevano comportare, esi tramò allora una congiura ch'ebbe a capi Girolamo eCamillo Pallavicino, Agostino Landi, Giovanni Anguis-sola e Gian Luigi Confalonieri. Si pretese poi da chi sipiace di stranezze e di bisticci che i nomi loro fosserogià preconizzati nella parola Plac (Placentia), che abbre-viata si leggeva impressa nella moneta del Duca.

Ai dieci di settembre di quell'anno 1547, que' congiu-rati, con alcuni loro aderenti, in numero di trentasettepersone, portanti soppanni armi coperte, côlta l'ora cheil Duca avesse pranzato e i suoi ministri fossero pure atavola, entrarono alla spicciolata nella cittadella, ove di-morava Pier Luigi, nullamente impediti dagli svizzeriche vi stavano a custodia e che di nulla certo erano insospetto.

Vuolsi che il Farnese fosse stato, per avvisi venuti daMilano e da Roma, prevenuto della trama; ma quandoincalza il destino, invano vi si vuole porre ostacolo: egliallora non vi pose attenzione.

Mentre adunque taluni de' congiurati, uccidendo alcu-ni labardieri svizzeri e tedeschi, si impodestarono delleporte della cittadella e della sala, Giovanni Anguissolacon due fidati suoi compagni penetrò in quest'ultimadove stava Pier Luigi in ragionamenti con Cesare Fo-gliano, e fattoglisi sopra, con poche pugnalate lo freddò,senza provare resistenza; perocchè il Duca, a causa disua intemperanza, si fosse reso quasi infermo agli atti.

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Riuscì facile pertanto all'imperatore di soffiar dentro gliodî de' nobili Piacentini, che lamentavano la passata li-bertà, e la tirannide attuale mal sapevano comportare, esi tramò allora una congiura ch'ebbe a capi Girolamo eCamillo Pallavicino, Agostino Landi, Giovanni Anguis-sola e Gian Luigi Confalonieri. Si pretese poi da chi sipiace di stranezze e di bisticci che i nomi loro fosserogià preconizzati nella parola Plac (Placentia), che abbre-viata si leggeva impressa nella moneta del Duca.

Ai dieci di settembre di quell'anno 1547, que' congiu-rati, con alcuni loro aderenti, in numero di trentasettepersone, portanti soppanni armi coperte, côlta l'ora cheil Duca avesse pranzato e i suoi ministri fossero pure atavola, entrarono alla spicciolata nella cittadella, ove di-morava Pier Luigi, nullamente impediti dagli svizzeriche vi stavano a custodia e che di nulla certo erano insospetto.

Vuolsi che il Farnese fosse stato, per avvisi venuti daMilano e da Roma, prevenuto della trama; ma quandoincalza il destino, invano vi si vuole porre ostacolo: egliallora non vi pose attenzione.

Mentre adunque taluni de' congiurati, uccidendo alcu-ni labardieri svizzeri e tedeschi, si impodestarono delleporte della cittadella e della sala, Giovanni Anguissolacon due fidati suoi compagni penetrò in quest'ultimadove stava Pier Luigi in ragionamenti con Cesare Fo-gliano, e fattoglisi sopra, con poche pugnalate lo freddò,senza provare resistenza; perocchè il Duca, a causa disua intemperanza, si fosse reso quasi infermo agli atti.

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Il popolo e il capitano delle milizie ducali Alessandroda Terni avrebbero voluto accorrere al parapiglia in for-tezza; ma i congiurati ne avevano prevenuto il colpo al-zando il ponte, e Agostino Landi, rappresentando al po-polo il fatto e a lui mostrando il cadavere di Pier Luigi,gridò Libertà, Libertà, Imperio, ed annunziò l'imminentevenuta, per S. M. Cattolica, di don Ferrante Gonzaga,governatore di Milano, colle truppe di Cesare, il qualedue giorni dopo infatti capitò e prese possesso della cittàa nome dell'imperatore.

Così si intendeva la libertà allora in Italia, e così pote-va dire di noi con ragione alcun tempo dopo il Filicaia:

Per servir sempre o vincitori o vinti.

III.Poco frutto veramente raccolse del perpetrato assassi-

nio il conte Giovanni Anguissola. Perocchè, se egli ven-ne a rifugiarsi a Milano sotto le tende di Carlo V, il qua-le malgrado l'aver attizzato la congiura, non era peròmeno parente suo per la figliuola Margherita data in mo-glie ad Ottavio figlio di Pier Luigi, e se fu poi nominatoal governo di Como; non egli potè tuttavia far tacere ilgrido della coscienza che l'accusava assassino, comun-que le sue mani si fossero insanguinate del sangue di untiranno.

Papa Paolo III aveva risentito acerbissimo dolore del-la uccisione del figliuolo, e il re di Francia egualmente;nè si ritenne dal dissimularne i fieri risentimenti, se lo

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Il popolo e il capitano delle milizie ducali Alessandroda Terni avrebbero voluto accorrere al parapiglia in for-tezza; ma i congiurati ne avevano prevenuto il colpo al-zando il ponte, e Agostino Landi, rappresentando al po-polo il fatto e a lui mostrando il cadavere di Pier Luigi,gridò Libertà, Libertà, Imperio, ed annunziò l'imminentevenuta, per S. M. Cattolica, di don Ferrante Gonzaga,governatore di Milano, colle truppe di Cesare, il qualedue giorni dopo infatti capitò e prese possesso della cittàa nome dell'imperatore.

Così si intendeva la libertà allora in Italia, e così pote-va dire di noi con ragione alcun tempo dopo il Filicaia:

Per servir sempre o vincitori o vinti.

III.Poco frutto veramente raccolse del perpetrato assassi-

nio il conte Giovanni Anguissola. Perocchè, se egli ven-ne a rifugiarsi a Milano sotto le tende di Carlo V, il qua-le malgrado l'aver attizzato la congiura, non era peròmeno parente suo per la figliuola Margherita data in mo-glie ad Ottavio figlio di Pier Luigi, e se fu poi nominatoal governo di Como; non egli potè tuttavia far tacere ilgrido della coscienza che l'accusava assassino, comun-que le sue mani si fossero insanguinate del sangue di untiranno.

Papa Paolo III aveva risentito acerbissimo dolore del-la uccisione del figliuolo, e il re di Francia egualmente;nè si ritenne dal dissimularne i fieri risentimenti, se lo

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stesso suo ambasciatore in pieno palazzo a Coira ebbe atirare all'Anguissola una stoccata, che per altro no'l tolseda questo mondo. Anche il sicario che in abito da fratelungo tempo fu veduto aggirarsi nelle circostanze diComo, aspettando luogo e tempo per iscannarlo, ed altriemissarî, con non dissimili propositi, se non vennero acapo del loro truce mandato, mantennero pur semprenell'Anguissola quella paura continua e quelle agitazioniche gli dovevano turbar l'esistenza.

Fu allora che nel 1570 egli elesse questo luogo, ove èla fonte da Plinio il Giovane descritta, a edificarvi que-sta villa, e dove, malgrado le naturali bellezze, la casca-ta e la magnificenza dell'edifizio, pure è impossibile di-fendere l'animo da un certo senso di malinconia.

Ben poco il conte Giovanni Anguissola potè goderedegli ozî non gai che qui egli si era preparato; la villaposcia venne acquistata dal conte Fabio Visconti Borro-meo, indi dai Canarisi, sinchè pervenne al principe Emi-lio Belgiojoso, dove un amor tempestoso gli abbreviòuna vita che era dapprima sembrata così sorridente edelegante, passando per tal modo la proprietà della Pli-niana alla figliuola sua che impalmò il milanese marche-se Lodovico Trotti.

IV.La mia storia era finita.I miei nipoti ripresero taciturni il remo, virarono la

barca e si scostarono dall'austero luogo.

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stesso suo ambasciatore in pieno palazzo a Coira ebbe atirare all'Anguissola una stoccata, che per altro no'l tolseda questo mondo. Anche il sicario che in abito da fratelungo tempo fu veduto aggirarsi nelle circostanze diComo, aspettando luogo e tempo per iscannarlo, ed altriemissarî, con non dissimili propositi, se non vennero acapo del loro truce mandato, mantennero pur semprenell'Anguissola quella paura continua e quelle agitazioniche gli dovevano turbar l'esistenza.

Fu allora che nel 1570 egli elesse questo luogo, ove èla fonte da Plinio il Giovane descritta, a edificarvi que-sta villa, e dove, malgrado le naturali bellezze, la casca-ta e la magnificenza dell'edifizio, pure è impossibile di-fendere l'animo da un certo senso di malinconia.

Ben poco il conte Giovanni Anguissola potè goderedegli ozî non gai che qui egli si era preparato; la villaposcia venne acquistata dal conte Fabio Visconti Borro-meo, indi dai Canarisi, sinchè pervenne al principe Emi-lio Belgiojoso, dove un amor tempestoso gli abbreviòuna vita che era dapprima sembrata così sorridente edelegante, passando per tal modo la proprietà della Pli-niana alla figliuola sua che impalmò il milanese marche-se Lodovico Trotti.

IV.La mia storia era finita.I miei nipoti ripresero taciturni il remo, virarono la

barca e si scostarono dall'austero luogo.

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Intanto le ombre scendevano giganti sul palazzo e ne'giardini: al mio povero occhio, non armato inquell'istante dell'occhialino, parve per quella tetragginee per le liane della cascata veder qualcosa che si agitas-se, forse lo sparnazzare di qualche augello notturno, el'immaginazione, ch'io medesimo avevo eccitata col ri-chiamo di truci fatti antichi, mi raffigurò lo spettro delprimo signore di quel luogo, dell'assassino, cioè, di PierLuigi Farnese.

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Intanto le ombre scendevano giganti sul palazzo e ne'giardini: al mio povero occhio, non armato inquell'istante dell'occhialino, parve per quella tetragginee per le liane della cascata veder qualcosa che si agitas-se, forse lo sparnazzare di qualche augello notturno, el'immaginazione, ch'io medesimo avevo eccitata col ri-chiamo di truci fatti antichi, mi raffigurò lo spettro delprimo signore di quel luogo, dell'assassino, cioè, di PierLuigi Farnese.

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ESCURSIONE UNDECIMA.DA MOLTRASIO A TORRIGIA.

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ESCURSIONE UNDECIMA.DA MOLTRASIO A TORRIGIA.

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Page 146: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Orrido di Molina. - Lemna e la Colonia greca. - Una sventura nel1863. - La villa Buttafava. - Pognana e Palanzo. - Premenù. -Ancora a Moltrasio. - Ville Salterio, Invernizzi, Tarchini-Bon-fanti, De Plaisance. - Pensiero. - Rosiera. - Villa Pavia. - LaPartenope. - Igea. - Villa Savoja. - La Minerva, ora villa Elena.- Villa Ostinelli-Turati. - Urio. - Ville Melzi, Jenny, Calcagni-ni, Taroni. - Sofia Fuoco. - G. B. Lampugnani. - Sonetto a Ka-tinka Evers. - Ville Rocca, Tarantola, Ottolini, Battaglia, Vi-glezzi. - Villa Sangiuliani. - Ville Lavizzari, Porro e Longoni. -Cantiere dei fratelli Taroni. - Laglio. - Monumento a GiuseppeFranck. - Villa Galbiati. - Torrigia. - Villa Cetti. - La punta.

Perchè ci tratterremmo ancora in questo seno dellaPliniana così severo e malinconico? Solo ne' giorni piùardenti del luglio potrebbe fornirci un freschissimo re-cesso: or che siamo in pieno autunno, della frescura nonabbiam troppo bisogno.

E poi, le dolorose memorie che di questa parte con-servo, mi fanno dire coll'Epico latino: Eheu fuge... fugelitus avarum.

È vero che a pochi tratti avvi l'Orrido di Molina, chenon è tempo certo sprecato il visitare e che è dato argo-mentare non esistesse in addietro, se nessuno degli scrit-tori del lago ne fa menzione. È veramente orrido, comeinvece quello di Moltrasio, che non lo è, ho preferito,per maggior verità, appellare Cascata. L'acqua si preci-pita per un burrone dall'altezza d'una cinquantina di me-tri e mette i brividi addosso a chi vi guarda.

Presso a Lemna - paese, il cui nome greco, come altriche troveremo lungo il lago, rivela la presenza un giorno

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Orrido di Molina. - Lemna e la Colonia greca. - Una sventura nel1863. - La villa Buttafava. - Pognana e Palanzo. - Premenù. -Ancora a Moltrasio. - Ville Salterio, Invernizzi, Tarchini-Bon-fanti, De Plaisance. - Pensiero. - Rosiera. - Villa Pavia. - LaPartenope. - Igea. - Villa Savoja. - La Minerva, ora villa Elena.- Villa Ostinelli-Turati. - Urio. - Ville Melzi, Jenny, Calcagni-ni, Taroni. - Sofia Fuoco. - G. B. Lampugnani. - Sonetto a Ka-tinka Evers. - Ville Rocca, Tarantola, Ottolini, Battaglia, Vi-glezzi. - Villa Sangiuliani. - Ville Lavizzari, Porro e Longoni. -Cantiere dei fratelli Taroni. - Laglio. - Monumento a GiuseppeFranck. - Villa Galbiati. - Torrigia. - Villa Cetti. - La punta.

Perchè ci tratterremmo ancora in questo seno dellaPliniana così severo e malinconico? Solo ne' giorni piùardenti del luglio potrebbe fornirci un freschissimo re-cesso: or che siamo in pieno autunno, della frescura nonabbiam troppo bisogno.

E poi, le dolorose memorie che di questa parte con-servo, mi fanno dire coll'Epico latino: Eheu fuge... fugelitus avarum.

È vero che a pochi tratti avvi l'Orrido di Molina, chenon è tempo certo sprecato il visitare e che è dato argo-mentare non esistesse in addietro, se nessuno degli scrit-tori del lago ne fa menzione. È veramente orrido, comeinvece quello di Moltrasio, che non lo è, ho preferito,per maggior verità, appellare Cascata. L'acqua si preci-pita per un burrone dall'altezza d'una cinquantina di me-tri e mette i brividi addosso a chi vi guarda.

Presso a Lemna - paese, il cui nome greco, come altriche troveremo lungo il lago, rivela la presenza un giorno

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di una colonia greca, quella forse che vi si dice dedottada Giulio Cesare - e giù al piede ove era un gruppo dicase e una villa, una notte dell'ottobre 1863, ospite io aUrio in casa della signora Ostinelli-Turati, sulla spondaopposta era un furiare di pioggia e di vento, e gli echidei monti avevan dopo, in mezzo al silenzio succeduto,ripercosso dall'una all'altra sponda un forte e cupo ru-more. Ognun che l'intese si domandò che avesse potutoessere. L'indomani mattina il sole riapparso illuminava aLemna uno spaventoso disastro. Le acque infiltrandositra la roccia e la terra sovrapposta ve l'avevano staccatainteramente; sicchè nel colmo della notte tutta quantascivolando improvvisamente in basso e producendo unborro, o lavina, aveva abbattuto e invaso tutti i sottopo-sti casolari, seppellendovi sotto ben quarantacinque per-sone. Anche la villa Buttafava fu nella massima parteriempita di fango, e tale ne fu l'orrore della scena, che iproprietarî se ne debbono essere disgustati e fu detto in-fatti che non vi volessero più ritornare.

Io visitai quel tristissimo e toccante spettacolo l'indo-mani e vidi più di un cadavere sterrarsi, più d'un orfanodesolarsi, più d'un superstite reso quasi stupido dal dolo-re.

Tutto il terreno franato e melmoso giaceva là; la roc-cia era nuda e da essa scendeva un rivolo d'acqua.

Più avanti sull'alto vi sono i villaggi di Pognana e diPalanzo (nome pur greco quest'ultimo), ma deserti assai,perchè la più parte de' loro abitanti emigrano mercantigirovaghi. Nulla poi offrono che chiamino a visitarli, se

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di una colonia greca, quella forse che vi si dice dedottada Giulio Cesare - e giù al piede ove era un gruppo dicase e una villa, una notte dell'ottobre 1863, ospite io aUrio in casa della signora Ostinelli-Turati, sulla spondaopposta era un furiare di pioggia e di vento, e gli echidei monti avevan dopo, in mezzo al silenzio succeduto,ripercosso dall'una all'altra sponda un forte e cupo ru-more. Ognun che l'intese si domandò che avesse potutoessere. L'indomani mattina il sole riapparso illuminava aLemna uno spaventoso disastro. Le acque infiltrandositra la roccia e la terra sovrapposta ve l'avevano staccatainteramente; sicchè nel colmo della notte tutta quantascivolando improvvisamente in basso e producendo unborro, o lavina, aveva abbattuto e invaso tutti i sottopo-sti casolari, seppellendovi sotto ben quarantacinque per-sone. Anche la villa Buttafava fu nella massima parteriempita di fango, e tale ne fu l'orrore della scena, che iproprietarî se ne debbono essere disgustati e fu detto in-fatti che non vi volessero più ritornare.

Io visitai quel tristissimo e toccante spettacolo l'indo-mani e vidi più di un cadavere sterrarsi, più d'un orfanodesolarsi, più d'un superstite reso quasi stupido dal dolo-re.

Tutto il terreno franato e melmoso giaceva là; la roc-cia era nuda e da essa scendeva un rivolo d'acqua.

Più avanti sull'alto vi sono i villaggi di Pognana e diPalanzo (nome pur greco quest'ultimo), ma deserti assai,perchè la più parte de' loro abitanti emigrano mercantigirovaghi. Nulla poi offrono che chiamino a visitarli, se

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Page 148: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

pur non interessi Premenù, che è uno dei soliti bacini opozzi che su quest'Alpi si incontrano, ma non ha specialiparticolarità.

Ritraversiamo pertanto il lago e ritorniamo al sorrisodella opposta sponda.

Da Moltrasio a Torrigia non è che una serie di leggia-dri palazzini. Disseminate per il paese vi sono case civilidi villeggiatura; rasente il lago vi sono quelle dei signoriSalterio, poi degli Invernizzi, a cui fa seguito la villa delbarone Tarchini-Bonfanti, distintissimo medico milane-se.

Usciti appena dal primo paese, ci si offrono i due cor-pi di casa costituenti la villa della Duchessa di Piacenza,illustre dama francese che s'innamorò dell'Italia, o, ameglio dire, della nostra Lombardia, e da tanti anni divi-de il suo soggiorno fra Milano e il lago di Como. Dellavilla Pensiero dei conti Belgiojoso, che le vien dopo, giàparlai nella escursione alla Cascata di Moltrasio; cosìpassiamo a quella che succede, e che si denomina Ro-siera: essa appartiene a Giovanni Casati, uno de' miglio-ri coreografi de' nostri tempi, e il nome che le fu impo-sto ricorda appunto una delle più applaudite sue compo-sizioni coreografiche date nel massimo teatro milanese.

Un grazioso chalet svizzero, ch'era prima del nobileVitali, fu ceduto ai signori Pavia e continua la lunga egraziosa sequela delle ville. Dopo di esso sorge la Parte-nope, che colla vicina Minerva venne fabbricata dal si-gnor Ambrogio Robiati, per condurvi il suo collegiod'educazione maschile che aveva in Milano, e dove lar-

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pur non interessi Premenù, che è uno dei soliti bacini opozzi che su quest'Alpi si incontrano, ma non ha specialiparticolarità.

Ritraversiamo pertanto il lago e ritorniamo al sorrisodella opposta sponda.

Da Moltrasio a Torrigia non è che una serie di leggia-dri palazzini. Disseminate per il paese vi sono case civilidi villeggiatura; rasente il lago vi sono quelle dei signoriSalterio, poi degli Invernizzi, a cui fa seguito la villa delbarone Tarchini-Bonfanti, distintissimo medico milane-se.

Usciti appena dal primo paese, ci si offrono i due cor-pi di casa costituenti la villa della Duchessa di Piacenza,illustre dama francese che s'innamorò dell'Italia, o, ameglio dire, della nostra Lombardia, e da tanti anni divi-de il suo soggiorno fra Milano e il lago di Como. Dellavilla Pensiero dei conti Belgiojoso, che le vien dopo, giàparlai nella escursione alla Cascata di Moltrasio; cosìpassiamo a quella che succede, e che si denomina Ro-siera: essa appartiene a Giovanni Casati, uno de' miglio-ri coreografi de' nostri tempi, e il nome che le fu impo-sto ricorda appunto una delle più applaudite sue compo-sizioni coreografiche date nel massimo teatro milanese.

Un grazioso chalet svizzero, ch'era prima del nobileVitali, fu ceduto ai signori Pavia e continua la lunga egraziosa sequela delle ville. Dopo di esso sorge la Parte-nope, che colla vicina Minerva venne fabbricata dal si-gnor Ambrogio Robiati, per condurvi il suo collegiod'educazione maschile che aveva in Milano, e dove lar-

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gheggiò cospicue somme a beneficio... di chi le compe-rò di poi a prezzi d'assai inferiori. La Partenope è dive-nuta ora proprietà del conte Gamberini di Imola, chev'ampliò il giardino, abbellì la casa, tutto informandoalle proprie comodità. La Minerva ha mutato ora nome,quello assumendo di villa Elena, essendo al presenteposseduta dalla russa contessa Elena Goloubtzoff nataPahlen, sorella di quella generosissima contessa Samoy-loff, che per tanti anni erogò in Milano gran parte delsuo patrimonio in beneficenze. Essa pure sta annetten-dovi locali e migliorie e vi fa erigere scuderie che man-cavano, poichè da qualche anno la via che corre dietroalla villa fu resa carrozzabile infino a Torrigia.

Tra la Partenope e la Minerva, l'editore e libraio Gae-tano Brigola di Milano si fabbricò la sua graziosa Igea,e può dire che il commercio librario, da lui con tanta in-telligenza esercitato, hæc otia fecit. - Anche l'ing. cav.Savoja vi eresse a fianco un elegante casino.

Fa séguito alla Minerva la villa della signora Osti-nelli-Turati, due nomi che ricordano due notorie case li-brarie, la prima di Como, la seconda di Milano, nellaquale, come già dissi al lettore, ebbi ospitalità cordialis-sima e più d'una volta, perchè ad amici della tempra de'Turati rifiutare è offesa. Vuolsene ammirare la bella ebuona architettura del cav. Dupuy.

Vien presso il paesello di Urio, a fianco del qualescorre il torrente Strona e una grandiosa villa che già ap-parteneva ai Melzi e poscia di padrone in padrone capitòalle mani dell'avvocato Peduzzi, che la va affittando,

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gheggiò cospicue somme a beneficio... di chi le compe-rò di poi a prezzi d'assai inferiori. La Partenope è dive-nuta ora proprietà del conte Gamberini di Imola, chev'ampliò il giardino, abbellì la casa, tutto informandoalle proprie comodità. La Minerva ha mutato ora nome,quello assumendo di villa Elena, essendo al presenteposseduta dalla russa contessa Elena Goloubtzoff nataPahlen, sorella di quella generosissima contessa Samoy-loff, che per tanti anni erogò in Milano gran parte delsuo patrimonio in beneficenze. Essa pure sta annetten-dovi locali e migliorie e vi fa erigere scuderie che man-cavano, poichè da qualche anno la via che corre dietroalla villa fu resa carrozzabile infino a Torrigia.

Tra la Partenope e la Minerva, l'editore e libraio Gae-tano Brigola di Milano si fabbricò la sua graziosa Igea,e può dire che il commercio librario, da lui con tanta in-telligenza esercitato, hæc otia fecit. - Anche l'ing. cav.Savoja vi eresse a fianco un elegante casino.

Fa séguito alla Minerva la villa della signora Osti-nelli-Turati, due nomi che ricordano due notorie case li-brarie, la prima di Como, la seconda di Milano, nellaquale, come già dissi al lettore, ebbi ospitalità cordialis-sima e più d'una volta, perchè ad amici della tempra de'Turati rifiutare è offesa. Vuolsene ammirare la bella ebuona architettura del cav. Dupuy.

Vien presso il paesello di Urio, a fianco del qualescorre il torrente Strona e una grandiosa villa che già ap-parteneva ai Melzi e poscia di padrone in padrone capitòalle mani dell'avvocato Peduzzi, che la va affittando,

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finchè capiti qualche gran signore che se ne invaghiscae la ristauri e perfezioni, di che ha veramente bisognoper essere detta fra le più interessanti del lago. Evvi an-che molto terreno addetto, attissimo a convertirsi in belgiardino, ed ha al piede una bella darsena, che all'uopobasterebbe a tramutarsi essa sola in villa.

Quella detta Jenny, che seguita, è dei signori Uboldi;quindi la villa Calcagnini, e dopo altre due spettanti aisignori Taroni, una cioè al di là della strada, l'altra diqua e respiciente il lago.

Sofia Fuoco, or fa qualch'anno rinomata danzatrice,uscita dagli insegnamenti del Blasis, si raccolse qui aCarate in una comoda villetta a riposarsi sui conquistatilauri teatrali. - Quivi si tramutò pure da una villeggiatu-ra suburbana di Monza, ch'ebbe cara finchè fu rallegratadal sorriso dell'unica figliuoletta Giuditta, leggiadra, spi-ritosa e di sè assai promettente, il mio amico dottor G.B. Lampugnani; ma rapitagli questa da inesorabil morte,più non volle rivederla, ricercando i conforti di tanta jat-tura a queste amenissime rive. Alla consorte sua,quell'esimia artista cantante che fu Katinka Evers, laquale ne divideva inconsolabile il dolore, io in quel suodomestico lutto rivolsi questo sonetto.

Alle lagrime il fren, povera afflitta,Lascia libero pur, che n'hai ben d'onde:No, non basta il saper che a più giocondeRegïoni volò la tua Giuditta.

Solo t'è in cor la verità confitta

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finchè capiti qualche gran signore che se ne invaghiscae la ristauri e perfezioni, di che ha veramente bisognoper essere detta fra le più interessanti del lago. Evvi an-che molto terreno addetto, attissimo a convertirsi in belgiardino, ed ha al piede una bella darsena, che all'uopobasterebbe a tramutarsi essa sola in villa.

Quella detta Jenny, che seguita, è dei signori Uboldi;quindi la villa Calcagnini, e dopo altre due spettanti aisignori Taroni, una cioè al di là della strada, l'altra diqua e respiciente il lago.

Sofia Fuoco, or fa qualch'anno rinomata danzatrice,uscita dagli insegnamenti del Blasis, si raccolse qui aCarate in una comoda villetta a riposarsi sui conquistatilauri teatrali. - Quivi si tramutò pure da una villeggiatu-ra suburbana di Monza, ch'ebbe cara finchè fu rallegratadal sorriso dell'unica figliuoletta Giuditta, leggiadra, spi-ritosa e di sè assai promettente, il mio amico dottor G.B. Lampugnani; ma rapitagli questa da inesorabil morte,più non volle rivederla, ricercando i conforti di tanta jat-tura a queste amenissime rive. Alla consorte sua,quell'esimia artista cantante che fu Katinka Evers, laquale ne divideva inconsolabile il dolore, io in quel suodomestico lutto rivolsi questo sonetto.

Alle lagrime il fren, povera afflitta,Lascia libero pur, che n'hai ben d'onde:No, non basta il saper che a più giocondeRegïoni volò la tua Giuditta.

Solo t'è in cor la verità confitta

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Page 151: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Che tu la chiami ed ella non risponde,Che col tuo bacio il suo più non confonde.Ch'ella per sempre t'ha quaggiù relitta.

Era sì bella, sì gentil, modestaE del suo spirto le virtù supremeCosì colpian ogni persona onesta;

Che nell'acerbo duol che il cor ti preme,Altra parola non so dir che questa:Povera madre, lagrimiamo insieme.

Qui pure in Carate hanno ville il signor Rocca, che ri-staurò la propria recentemente; il conte Alfonso Viscon-ti, che dall'angustia dello spazio seppe trarre il migliorpartito, e però chiamolla Ripiego ed ha assai leggiadraarchitettura; il Battaglia, il cav. dott. fisico FrancescoViglezzi, il Tarantola e la Ottolini, tutti accorrenti dallaricca Milano; e qui la contessa Sangiuliani, presso laquale a sera convengono i villeggianti a conversari edanze. Al suo giardino la piena del lago ritolse, or faqualch'anno, un chiosco ch'era in riva e che con tutto ilmobiglio una bella notte scomparve, a nuova prova cheil Lario non patisce gli si rubi terreno. Quindi si schiera-no in bella mostra le ville Lavizzari, Porro e Antongini,or passata quest'ultima in proprietà del nostro bravo ge-nerale Longoni, che ne abbelliva casa e giardino col mi-glior gusto, e che dopo le cure ed esercitazioni militariquivi

Scende del campo a tergereIl nobile sudor16.

16 Manzoni. Adelchi.

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Che tu la chiami ed ella non risponde,Che col tuo bacio il suo più non confonde.Ch'ella per sempre t'ha quaggiù relitta.

Era sì bella, sì gentil, modestaE del suo spirto le virtù supremeCosì colpian ogni persona onesta;

Che nell'acerbo duol che il cor ti preme,Altra parola non so dir che questa:Povera madre, lagrimiamo insieme.

Qui pure in Carate hanno ville il signor Rocca, che ri-staurò la propria recentemente; il conte Alfonso Viscon-ti, che dall'angustia dello spazio seppe trarre il migliorpartito, e però chiamolla Ripiego ed ha assai leggiadraarchitettura; il Battaglia, il cav. dott. fisico FrancescoViglezzi, il Tarantola e la Ottolini, tutti accorrenti dallaricca Milano; e qui la contessa Sangiuliani, presso laquale a sera convengono i villeggianti a conversari edanze. Al suo giardino la piena del lago ritolse, or faqualch'anno, un chiosco ch'era in riva e che con tutto ilmobiglio una bella notte scomparve, a nuova prova cheil Lario non patisce gli si rubi terreno. Quindi si schiera-no in bella mostra le ville Lavizzari, Porro e Antongini,or passata quest'ultima in proprietà del nostro bravo ge-nerale Longoni, che ne abbelliva casa e giardino col mi-glior gusto, e che dopo le cure ed esercitazioni militariquivi

Scende del campo a tergereIl nobile sudor16.

16 Manzoni. Adelchi.

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Page 152: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

È nello stesso paese di Carate che i fratelli Taronihanno operoso cantiere per la costruzione di ogni sortad'imbarcazione del lago: navi, battelli, canotti, gondole,lancie, quattrassi e sandolini, tutto vi si fa e con bellaeleganza.

E così eccoci giunti a Laglio, altro paesello montano,senza alcuna particolarità, come tutti gli altri che discor-riamo, costituiti dalla chiesa e suo campanile, da casu-pole di pescatori e tutt'al più da una osteriuccia, dove sieccettui il dottor Casella, del quale avverrà nella prossi-ma escursione che più intrattenga il lettore.

È fuori di Laglio che fu collocato il monumento pira-midale ad un medico, Giuseppe Franck, che, transitandosul piroscafo, ognuno crede possa essere di Pietro, l'illu-stre, il quale lasciò molte opere della sua scienza, mache non è; essendo invece eretto a Giuseppe, figlio, au-tore per altro egli pure, ma di meno riputate opere dimedicina: nè si comprende perchè abbiasi voluto fune-star con quel segno funebre il sorriso di questa sponda.

Affrettiamoci invece a esaminare la villa che succedeed è de' Galbiati, che ci avvicina a Torrigia, dove allapunta sporgente nel lago sorge la villa dei signori Cetti,alla famiglia de' quali appartenne il gesuita FrancescoCetti, che a mezzo il secolo scorso insegnò e dettò operelodatissime di storia naturale.

Qui, in antico, forse perchè il lago restringesi, era unatorre che diede per avventura nome al paese, turris re-gia, che aveva un faro, buono a dirigere a notte le im-barcazioni. Ora a notte questo tratto pescoso di lago è

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È nello stesso paese di Carate che i fratelli Taronihanno operoso cantiere per la costruzione di ogni sortad'imbarcazione del lago: navi, battelli, canotti, gondole,lancie, quattrassi e sandolini, tutto vi si fa e con bellaeleganza.

E così eccoci giunti a Laglio, altro paesello montano,senza alcuna particolarità, come tutti gli altri che discor-riamo, costituiti dalla chiesa e suo campanile, da casu-pole di pescatori e tutt'al più da una osteriuccia, dove sieccettui il dottor Casella, del quale avverrà nella prossi-ma escursione che più intrattenga il lettore.

È fuori di Laglio che fu collocato il monumento pira-midale ad un medico, Giuseppe Franck, che, transitandosul piroscafo, ognuno crede possa essere di Pietro, l'illu-stre, il quale lasciò molte opere della sua scienza, mache non è; essendo invece eretto a Giuseppe, figlio, au-tore per altro egli pure, ma di meno riputate opere dimedicina: nè si comprende perchè abbiasi voluto fune-star con quel segno funebre il sorriso di questa sponda.

Affrettiamoci invece a esaminare la villa che succedeed è de' Galbiati, che ci avvicina a Torrigia, dove allapunta sporgente nel lago sorge la villa dei signori Cetti,alla famiglia de' quali appartenne il gesuita FrancescoCetti, che a mezzo il secolo scorso insegnò e dettò operelodatissime di storia naturale.

Qui, in antico, forse perchè il lago restringesi, era unatorre che diede per avventura nome al paese, turris re-gia, che aveva un faro, buono a dirigere a notte le im-barcazioni. Ora a notte questo tratto pescoso di lago è

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Page 153: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

occupato dalle reti, che calate vi avvertono di loro pre-senza coll'agitarsi continuo de' campanelli, scossidall'onde o dal vento, i cui suoni scorrendo monotonisulla superficie del lago, producono un singolare effettoper chi ignora che stanno a segnale de' pescatori.

E qui fermandosi la via carrozzabile, arrestiamoci an-che noi; rimanendoci una interessante escursione a com-piere da qui, prima di allontanarci.

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occupato dalle reti, che calate vi avvertono di loro pre-senza coll'agitarsi continuo de' campanelli, scossidall'onde o dal vento, i cui suoni scorrendo monotonisulla superficie del lago, producono un singolare effettoper chi ignora che stanno a segnale de' pescatori.

E qui fermandosi la via carrozzabile, arrestiamoci an-che noi; rimanendoci una interessante escursione a com-piere da qui, prima di allontanarci.

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Page 154: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE DUODECIMA.IL BUCO DELL'ORSO.

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ESCURSIONE DUODECIMA.IL BUCO DELL'ORSO.

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Page 155: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Il dottor Casella di Laglio. - La brigatella. - La vista. - Il cammi-no. - Il Buco dell'Orso. - Sua scoperta. - Descrizione. - Visitedi dotti. - Le scarpe di S. Pietro. - Questioni geologiche. - Pa-leontologia. - Gallerie o pozzi scoperti dopo. - La discesa.

I.Per l'escursione attuale mi risparmio la fatica d'intrat-

tenervi del Buco dell'Orso con nuovo scritto: parmi nedirà meglio quello che ne dettai nell'anno 1864, quando,come già feci sapere, essendo ospite ad Urio, consegnainel seguente articolo le impressioni in me prodotte e leanaloghe osservazioni. Doveano essere allora sì pochi igiorni che m'eran dati ai riposi autunnali, che neppureavevo fatto conto di procacciarmi questi nuovi e studiosiricreamenti, a' quali or chiamo a parte il lettore.

Dopo le fatiche autunnali, qui venuto a ragion solo diriposo, a me sarebbe bastato il solo aspetto di questotranquillo lago, sospinto nelle ore mattutine verso Comodall'immanchevole soffio del Tivano e nelle ore pomeri-diane di colà respinto dalla Breva, quasi a giovamentodelle cento vele che riconducono a' paeselli delle rivierechi è corso per la mercanzia alla città; sarebbe bastata lavoluttà di scivolarne la piana superficie sul burchio o sulcanotto, mollemente adagiato in traccia della curiosaemozione che vi dà l'onda agitata, come la lasciano i pi-roscafi percorrenti la lunghezza del lago; sarebbe basta-to in una parola il dolce far niente che ha sì reconditedolcezze per chi tutto l'anno si trova nel mare magnum

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Il dottor Casella di Laglio. - La brigatella. - La vista. - Il cammi-no. - Il Buco dell'Orso. - Sua scoperta. - Descrizione. - Visitedi dotti. - Le scarpe di S. Pietro. - Questioni geologiche. - Pa-leontologia. - Gallerie o pozzi scoperti dopo. - La discesa.

I.Per l'escursione attuale mi risparmio la fatica d'intrat-

tenervi del Buco dell'Orso con nuovo scritto: parmi nedirà meglio quello che ne dettai nell'anno 1864, quando,come già feci sapere, essendo ospite ad Urio, consegnainel seguente articolo le impressioni in me prodotte e leanaloghe osservazioni. Doveano essere allora sì pochi igiorni che m'eran dati ai riposi autunnali, che neppureavevo fatto conto di procacciarmi questi nuovi e studiosiricreamenti, a' quali or chiamo a parte il lettore.

Dopo le fatiche autunnali, qui venuto a ragion solo diriposo, a me sarebbe bastato il solo aspetto di questotranquillo lago, sospinto nelle ore mattutine verso Comodall'immanchevole soffio del Tivano e nelle ore pomeri-diane di colà respinto dalla Breva, quasi a giovamentodelle cento vele che riconducono a' paeselli delle rivierechi è corso per la mercanzia alla città; sarebbe bastata lavoluttà di scivolarne la piana superficie sul burchio o sulcanotto, mollemente adagiato in traccia della curiosaemozione che vi dà l'onda agitata, come la lasciano i pi-roscafi percorrenti la lunghezza del lago; sarebbe basta-to in una parola il dolce far niente che ha sì reconditedolcezze per chi tutto l'anno si trova nel mare magnum

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Page 156: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

della città, perchè potessi dire ottimamente impiegati ipochi giorni concessi; ma pure distrazione novella, im-preveduta mi attendeva. Lascerò ora i simpatici ritrovidi parecchie ville che mi si dischiusero amicamente eche valsero tanto a ingannare deliziosamente le ore dellasera, lunghe, interminabili alla campagna; lascerò ledanze e le musiche da cui eran bandite le ricercate toa-lette, e piuttosto vi dirò di quella spedizione che feci inallegra compagnia al Buco dell'Orso, spedizione che in-teressa tanto il profano, quanto chi si piace di geologi-che novità.

II.A noi fu guida in questa alpestre escursione il bravo

dottor Giuseppe Casella, medico condotto di Laglio ed'altre terre vicine.

Chi sa quanti nell'udire tal nome si rammenteranno digiorni amenamente passati sul Lario! Perocchè il dottoreCasella, colto e socievole quant'altri mai, è una vera for-tuna per quanti passano i bei giorni di ottobre ne' paesidi questo incantevole bacino: egli direbbesi il trattod'unione fra l'una famiglia e l'altra, l'autore de' progettidi gite e di comitive; senza lui non seguirebbero le ilaricarovane che pellegrinano al Piano del Tivano; senza luiinfine non avremmo compiuta l'ascesa al Bucodell'Orso.

Egli aveva data la posta alle varie famiglie villeggian-ti ad Urio, Carate e Laglio per la mattina del 5 d'ottobre

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della città, perchè potessi dire ottimamente impiegati ipochi giorni concessi; ma pure distrazione novella, im-preveduta mi attendeva. Lascerò ora i simpatici ritrovidi parecchie ville che mi si dischiusero amicamente eche valsero tanto a ingannare deliziosamente le ore dellasera, lunghe, interminabili alla campagna; lascerò ledanze e le musiche da cui eran bandite le ricercate toa-lette, e piuttosto vi dirò di quella spedizione che feci inallegra compagnia al Buco dell'Orso, spedizione che in-teressa tanto il profano, quanto chi si piace di geologi-che novità.

II.A noi fu guida in questa alpestre escursione il bravo

dottor Giuseppe Casella, medico condotto di Laglio ed'altre terre vicine.

Chi sa quanti nell'udire tal nome si rammenteranno digiorni amenamente passati sul Lario! Perocchè il dottoreCasella, colto e socievole quant'altri mai, è una vera for-tuna per quanti passano i bei giorni di ottobre ne' paesidi questo incantevole bacino: egli direbbesi il trattod'unione fra l'una famiglia e l'altra, l'autore de' progettidi gite e di comitive; senza lui non seguirebbero le ilaricarovane che pellegrinano al Piano del Tivano; senza luiinfine non avremmo compiuta l'ascesa al Bucodell'Orso.

Egli aveva data la posta alle varie famiglie villeggian-ti ad Urio, Carate e Laglio per la mattina del 5 d'ottobre

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Page 157: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

al paese di Torrigia: si diceva che le leggiadre signore,che avrebbero fatto parte della brigata, sarebbero venutein abito d'amazzone, perocchè i greppi su cui avevasi ainerpicare, le boscaglie che si dovevano transitareavrebbero dilaniato crinolini e gonne, e di ciò pure ci ri-promettevamo spettacolo sollazzevole; ma di questofummo compiutamente delusi: al mattino ci trovammoal convegno in una ventina soltanto, le amazzoni brilla-rono per la loro assenza: una sola non era mancata, ma ilsuo costume,... di vestiario... ah! il suo costume non eraquello che avevamo vagheggiato.

Il dottor Casella diè il segno della partenza e ci prece-dette, e noi ci difilammo dietro a lui. Difilammo è la pa-rola sola che conviene, perocchè non appena usciti diTorrigia fosse mestieri mettersi per l'angusto sentiero de'monti. Presto una viuzza di ciottoli e di pietruzze acumi-nate provò il nostro coraggio, perchè difficilmente vi sipotesse reggere; ma vinte le prime scabrosità, si asceseliberamente per le mille anfrattuosità di quella monta-gna. E qui notiamo, poichè ne viene il destro, come siaquesta di roccia calcarea bigia azzurrognola, continua-zione più o meno eguale di quella che incomincia appe-na fuor di Cernobbio e si prolunga fino all'insù del lago,costituita di tante sovrapposizioni o grosse lastre dellospessore talvolta d'oltre il mezzo metro, che valgono as-sai opportunamente alle costruzioni, sostituendo la ma-teria laterizia con moltissimo vantaggio di resistenza e

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al paese di Torrigia: si diceva che le leggiadre signore,che avrebbero fatto parte della brigata, sarebbero venutein abito d'amazzone, perocchè i greppi su cui avevasi ainerpicare, le boscaglie che si dovevano transitareavrebbero dilaniato crinolini e gonne, e di ciò pure ci ri-promettevamo spettacolo sollazzevole; ma di questofummo compiutamente delusi: al mattino ci trovammoal convegno in una ventina soltanto, le amazzoni brilla-rono per la loro assenza: una sola non era mancata, ma ilsuo costume,... di vestiario... ah! il suo costume non eraquello che avevamo vagheggiato.

Il dottor Casella diè il segno della partenza e ci prece-dette, e noi ci difilammo dietro a lui. Difilammo è la pa-rola sola che conviene, perocchè non appena usciti diTorrigia fosse mestieri mettersi per l'angusto sentiero de'monti. Presto una viuzza di ciottoli e di pietruzze acumi-nate provò il nostro coraggio, perchè difficilmente vi sipotesse reggere; ma vinte le prime scabrosità, si asceseliberamente per le mille anfrattuosità di quella monta-gna. E qui notiamo, poichè ne viene il destro, come siaquesta di roccia calcarea bigia azzurrognola, continua-zione più o meno eguale di quella che incomincia appe-na fuor di Cernobbio e si prolunga fino all'insù del lago,costituita di tante sovrapposizioni o grosse lastre dellospessore talvolta d'oltre il mezzo metro, che valgono as-sai opportunamente alle costruzioni, sostituendo la ma-teria laterizia con moltissimo vantaggio di resistenza e

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di spesa17. L'ombra e la frescura vi è procurata dai fre-quenti castani isolati o da macchioni, che vedevamo damontanine e garzonetti flagellati per farne cadere i giàmaturi frutti. Fuor di costoro non eran rotti que' solennisilenzi che dalla lontana campanella delle capre che sco-razzavano per i più alti dirupi, o dalla monotona cantile-na delle fanciulle che pascolavano su qualche altipianole loro magre giovenche. A tratti noi sostavamo a ripi-gliar lena, ad attendere i più tardi e ad ammirare i mara-vigliosi punti prospettici che ci si venivano mano manopresentando. Di fronte vedevamo il villaggio di Careno,più su quello di Zelbio, a destra Lemna, Molina e l'orri-do suo, a manca Nesso e la punta di Cavagnola, e quan-do, voltandosi alquanto a manca la montuosa via, noi ri-guardavamo in basso, scorgevamo Brienno e più in làArgegno, il capoluogo della Valle Intelvi, e quei paesellieziandio che dal greco nome accusano quali colonie vistanziassero un giorno.

Una colonna di denso fumo dal mezzo del lago svol-gevasi lungamente per l'aere e pareva come una nuvolaleggiera adagiarsi sulla costiera che ne stava dirimpetto,e noi seguendola coll'occhio potemmo appena distingue-

17 Questa roccia è quella stessa che forma il secondo dei cinque gruppi, di cuipare si componga la zona giurese nelle Alpi Lombarde e che giace tra l'arena-ria rossa di Varenna, di S. Martino e d'Introbbio che le sta sotto, e il calcare bi-gio azzurrognolo talvolta arenaceo con fossili (Viggiù, Arzo, Saltrio) che lo ri-copre. (Dott. Emilio Cornalia: Su alcune caverne ossifere dei monti del Lagodi Como, inserte nei Nuovi Annali delle Scienze naturali di Bologna, fascicolodi gennaio e febbraio 1850 e riprodotte da lui nel Manuale della provincia diComo per l'anno bisestile 1852.)

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di spesa17. L'ombra e la frescura vi è procurata dai fre-quenti castani isolati o da macchioni, che vedevamo damontanine e garzonetti flagellati per farne cadere i giàmaturi frutti. Fuor di costoro non eran rotti que' solennisilenzi che dalla lontana campanella delle capre che sco-razzavano per i più alti dirupi, o dalla monotona cantile-na delle fanciulle che pascolavano su qualche altipianole loro magre giovenche. A tratti noi sostavamo a ripi-gliar lena, ad attendere i più tardi e ad ammirare i mara-vigliosi punti prospettici che ci si venivano mano manopresentando. Di fronte vedevamo il villaggio di Careno,più su quello di Zelbio, a destra Lemna, Molina e l'orri-do suo, a manca Nesso e la punta di Cavagnola, e quan-do, voltandosi alquanto a manca la montuosa via, noi ri-guardavamo in basso, scorgevamo Brienno e più in làArgegno, il capoluogo della Valle Intelvi, e quei paesellieziandio che dal greco nome accusano quali colonie vistanziassero un giorno.

Una colonna di denso fumo dal mezzo del lago svol-gevasi lungamente per l'aere e pareva come una nuvolaleggiera adagiarsi sulla costiera che ne stava dirimpetto,e noi seguendola coll'occhio potemmo appena distingue-

17 Questa roccia è quella stessa che forma il secondo dei cinque gruppi, di cuipare si componga la zona giurese nelle Alpi Lombarde e che giace tra l'arena-ria rossa di Varenna, di S. Martino e d'Introbbio che le sta sotto, e il calcare bi-gio azzurrognolo talvolta arenaceo con fossili (Viggiù, Arzo, Saltrio) che lo ri-copre. (Dott. Emilio Cornalia: Su alcune caverne ossifere dei monti del Lagodi Como, inserte nei Nuovi Annali delle Scienze naturali di Bologna, fascicolodi gennaio e febbraio 1850 e riprodotte da lui nel Manuale della provincia diComo per l'anno bisestile 1852.)

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Page 159: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

re ch'essa liberavasi da uno dei battelli a vapore che inquell'ora drizzava la prua verso la punta di Torrigia, pe-rocchè noi dovessimo essere in quell'istante a seicentometri sopra il livello del lago.

Il mattino si faceva alto, e noi, chiedendo consiglioalla voce imperiosa dello stomaco nostro, ci credevamovicini alla meta, ma questa pareva discostarsi ognor più:essa ci era come il fatale miraggio del deserto.

Poi si giunse dove il monte s'addentra e si formacome un letto torrenziale: colà la via si faceva più sca-bra e il nostro attento duce ne faceva avvertiti che nondovessimo riguardar in basso se temevamo delle vertigi-ni, perchè paresse che a noi di sotto la valle si sprofon-dasse quasi a picco. Fuvvi un tratto di strada che era tut-ta pietra brulla e alquanto declive: a noi fu però mestierid'addoppiare le precauzioni; una voce sola era sorta asegnale di scoraggiamento, ma la parola e l'esempiod'altri vinsero quelle paure, e dieci minuti dopo, per unsentiero apertoci fra virgulti ed arbusti, ci trovammo in-nanzi al Buco dell'Orso. Il viaggio aveva durato un'ora emezzo. Italiam! Italiam! gridammo noi pure, che ci ve-devamo giunti allo scopo del nostro pellegrinaggio, e inquest'inno di gioia c'entravan certo di molto gli acuti sti-moli della fame. All'essere poetico preferisco l'essereveritiero.

Ci sedemmo allora sui massi che sono sparsi avantil'ingresso della caverna, e tratte le nostre copiose prov-vigioni, ci diemmo ad asciolvere con un appetito chemeglio s'accostava alla voracità, mescendoci del buon

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re ch'essa liberavasi da uno dei battelli a vapore che inquell'ora drizzava la prua verso la punta di Torrigia, pe-rocchè noi dovessimo essere in quell'istante a seicentometri sopra il livello del lago.

Il mattino si faceva alto, e noi, chiedendo consiglioalla voce imperiosa dello stomaco nostro, ci credevamovicini alla meta, ma questa pareva discostarsi ognor più:essa ci era come il fatale miraggio del deserto.

Poi si giunse dove il monte s'addentra e si formacome un letto torrenziale: colà la via si faceva più sca-bra e il nostro attento duce ne faceva avvertiti che nondovessimo riguardar in basso se temevamo delle vertigi-ni, perchè paresse che a noi di sotto la valle si sprofon-dasse quasi a picco. Fuvvi un tratto di strada che era tut-ta pietra brulla e alquanto declive: a noi fu però mestierid'addoppiare le precauzioni; una voce sola era sorta asegnale di scoraggiamento, ma la parola e l'esempiod'altri vinsero quelle paure, e dieci minuti dopo, per unsentiero apertoci fra virgulti ed arbusti, ci trovammo in-nanzi al Buco dell'Orso. Il viaggio aveva durato un'ora emezzo. Italiam! Italiam! gridammo noi pure, che ci ve-devamo giunti allo scopo del nostro pellegrinaggio, e inquest'inno di gioia c'entravan certo di molto gli acuti sti-moli della fame. All'essere poetico preferisco l'essereveritiero.

Ci sedemmo allora sui massi che sono sparsi avantil'ingresso della caverna, e tratte le nostre copiose prov-vigioni, ci diemmo ad asciolvere con un appetito chemeglio s'accostava alla voracità, mescendoci del buon

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vino e dell'acqua limpida e fresca che ci forniva una pol-la della caverna stessa.

III.Poichè fummo tutti rifocillati, ci disponemmo ad en-

trare nella profonda cavità, e tutti allora accendemmo ilmoccolo, di che ognun di noi doveva esser munito arompere le tenebre e godere delle bellezze naturali dellanatura, e dello spettacolo di che noi eravamo materia anoi stessi.

A noi aveva il Casella saviamente consigliato di ser-virci di questi moccoli anzi che di torcie a vento o di le-gni resinosi, e perchè meno incommodi a portarsi fraquelle sassose latebre, e perchè ci avrebbero risparmiatod'ingoiarci l'esecrabile fumo che le altre fiaccole avreb-bero mandato per quelle volte. Perdevamo così del pit-toresco, ma innanzi tutto curar ne piacque il più conve-niente, e pur di questo vogliamo essere riconoscentiall'esperto mentore nostro.

Il Casella e don Baldassare Bernasconi, buon prete diLaglio della più eccellente pasta, che aveva voluto unir-si alla brigata, ci andavano innanzi rischiarando ed addi-tando le traccie che avevamo a seguire, perocchè e i fre-quenti massi colà trascinati in antico dalle correnti o làsfranati dalla vôlta superiore, tutti investiti d'un'argillaumida e sdrucciolevole, e le filtrazioni dell'acqua cheformavano rigagnoli, e le stalattiti della vôlta rendesserolento e pericoloso il passo. Dapprima avevamo trovato il

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vino e dell'acqua limpida e fresca che ci forniva una pol-la della caverna stessa.

III.Poichè fummo tutti rifocillati, ci disponemmo ad en-

trare nella profonda cavità, e tutti allora accendemmo ilmoccolo, di che ognun di noi doveva esser munito arompere le tenebre e godere delle bellezze naturali dellanatura, e dello spettacolo di che noi eravamo materia anoi stessi.

A noi aveva il Casella saviamente consigliato di ser-virci di questi moccoli anzi che di torcie a vento o di le-gni resinosi, e perchè meno incommodi a portarsi fraquelle sassose latebre, e perchè ci avrebbero risparmiatod'ingoiarci l'esecrabile fumo che le altre fiaccole avreb-bero mandato per quelle volte. Perdevamo così del pit-toresco, ma innanzi tutto curar ne piacque il più conve-niente, e pur di questo vogliamo essere riconoscentiall'esperto mentore nostro.

Il Casella e don Baldassare Bernasconi, buon prete diLaglio della più eccellente pasta, che aveva voluto unir-si alla brigata, ci andavano innanzi rischiarando ed addi-tando le traccie che avevamo a seguire, perocchè e i fre-quenti massi colà trascinati in antico dalle correnti o làsfranati dalla vôlta superiore, tutti investiti d'un'argillaumida e sdrucciolevole, e le filtrazioni dell'acqua cheformavano rigagnoli, e le stalattiti della vôlta rendesserolento e pericoloso il passo. Dapprima avevamo trovato il

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suolo piano, poi s'era venuto abbassando con inclinazio-ne sensibile, che ci obbligava a passare carpone per unangusto varco o pertugio, onde poter progredire.

Come fummo giunti per entro una certa galleria piùvasta, ci compiacemmo volgere addietro lo sguardo e ri-guardarci scambievolmente, e in verità tutti que' ventigiovani, quale in piedi, quale assiso su d'enorme sasso,tutti il moccolo acceso alla mano, presentavano una sce-na curiosa, strana, suscitatrice di un mondo di idee.

Fu qui che il dottor Casella, a renderci più importantela gita, a farci comprendere tutto l'interesse che avevapreso la scienza alla scoperta di quella grotta che a luiprimo era dovuta, ad incoraggiarci a percorrerla intera-mente, ce ne venne raccontando per filo e per segnoquella storia, che noi procaccerem modo di riassumeresotto brevità.

Era la state del 1841, quando ad esso dottor Casella,che aveva udito parlare della esistenza d'una grotta su-periormente a Torrigia, cui la tradizione popolare, che lacredeva antica tana di orsi, aveva imposto il nome diBuco dell'Orso, prese vaghezza di rintracciarla. Asso-ciatosi alcuni amici, percorse la montagna, sinchè ap-punto sul versante del monte che sovrasta a Brienno, adue terzi di esso, rivolta a N. N. E., la discopriva. Si pre-sentava quella caverna quasi un ampio crepaccio aperto-si nella roccia, alto metri 2,7, largo quattordici e profon-do dieci, e pareva a prima giunta non dovesse aprirel'adito ad un lungo cammino. Sgominate le tenebre chevi regnavan perpetue col mezzo di faci ch'egli aveva

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suolo piano, poi s'era venuto abbassando con inclinazio-ne sensibile, che ci obbligava a passare carpone per unangusto varco o pertugio, onde poter progredire.

Come fummo giunti per entro una certa galleria piùvasta, ci compiacemmo volgere addietro lo sguardo e ri-guardarci scambievolmente, e in verità tutti que' ventigiovani, quale in piedi, quale assiso su d'enorme sasso,tutti il moccolo acceso alla mano, presentavano una sce-na curiosa, strana, suscitatrice di un mondo di idee.

Fu qui che il dottor Casella, a renderci più importantela gita, a farci comprendere tutto l'interesse che avevapreso la scienza alla scoperta di quella grotta che a luiprimo era dovuta, ad incoraggiarci a percorrerla intera-mente, ce ne venne raccontando per filo e per segnoquella storia, che noi procaccerem modo di riassumeresotto brevità.

Era la state del 1841, quando ad esso dottor Casella,che aveva udito parlare della esistenza d'una grotta su-periormente a Torrigia, cui la tradizione popolare, che lacredeva antica tana di orsi, aveva imposto il nome diBuco dell'Orso, prese vaghezza di rintracciarla. Asso-ciatosi alcuni amici, percorse la montagna, sinchè ap-punto sul versante del monte che sovrasta a Brienno, adue terzi di esso, rivolta a N. N. E., la discopriva. Si pre-sentava quella caverna quasi un ampio crepaccio aperto-si nella roccia, alto metri 2,7, largo quattordici e profon-do dieci, e pareva a prima giunta non dovesse aprirel'adito ad un lungo cammino. Sgominate le tenebre chevi regnavan perpetue col mezzo di faci ch'egli aveva

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seco recate, percorso quel tratto testè da me ricordato,parevagli avesse qui il suo termine l'antro che decorava-si di belle stalattiti e corrispondenti stalagmiti, comeveggonsi frequenti nelle varie grotte che s'aprono nellemontagne che costeggiano questo lago. Se non che, pie-gando a destra alquanto, trovava quel pertugio che rive-lavagli prolungarsi ulteriormente la caverna, e cacciato-visi animosamente dentro, si era veduto in quella piùampia galleria che sì pittorescamente a noi offeriva lospettacolo di una processione che ritraeva del misteriosoe dell'infernale, siccome a me rammentava il facile de-scensus Averni di Virgilio. Le cristallizzazioni or bian-che, or grigie, or giallognole, bizzarre e spesso traspa-renti, venivano riflesse da quella luce con bell'effetto;ma nulla di più interessante erasi offerto fin là, se si ec-cettui un cupo rumorío che richiamò pur la nostra atten-zione, prodotto dallo scorrere di una fiumana dietro lenon grosse pareti a destra dell'antro e che in verità sgo-menta, poichè sembra che agevolmente possa dischiu-dersi un varco e irrompere ad allagar lo speco. Questarecondita corrente viene a gittarsi in un lago, che vietòla prima volta al Casella, ed a' suoi compagni, come locontese anche a noi, di andar più oltre. Dalla boccadell'antro a questo speco la lunghezza è di passi 370 ometri duecento.

IV.Da quel dì il Buco dell'Orso fu scopo a frequenti pel-

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seco recate, percorso quel tratto testè da me ricordato,parevagli avesse qui il suo termine l'antro che decorava-si di belle stalattiti e corrispondenti stalagmiti, comeveggonsi frequenti nelle varie grotte che s'aprono nellemontagne che costeggiano questo lago. Se non che, pie-gando a destra alquanto, trovava quel pertugio che rive-lavagli prolungarsi ulteriormente la caverna, e cacciato-visi animosamente dentro, si era veduto in quella piùampia galleria che sì pittorescamente a noi offeriva lospettacolo di una processione che ritraeva del misteriosoe dell'infernale, siccome a me rammentava il facile de-scensus Averni di Virgilio. Le cristallizzazioni or bian-che, or grigie, or giallognole, bizzarre e spesso traspa-renti, venivano riflesse da quella luce con bell'effetto;ma nulla di più interessante erasi offerto fin là, se si ec-cettui un cupo rumorío che richiamò pur la nostra atten-zione, prodotto dallo scorrere di una fiumana dietro lenon grosse pareti a destra dell'antro e che in verità sgo-menta, poichè sembra che agevolmente possa dischiu-dersi un varco e irrompere ad allagar lo speco. Questarecondita corrente viene a gittarsi in un lago, che vietòla prima volta al Casella, ed a' suoi compagni, come locontese anche a noi, di andar più oltre. Dalla boccadell'antro a questo speco la lunghezza è di passi 370 ometri duecento.

IV.Da quel dì il Buco dell'Orso fu scopo a frequenti pel-

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legrinaggi del dott. Casella, e quando nel settembre1850 vi ritornò con don Vincenzo Barelli, proposto allo-ra di Laglio, e con altri suoi amici, il caso lo favorì, poi-chè, avendo messo allo scoperto un frammento di costo-la uscente da quell'intonaco argilloso, lui e il Barelliconsigliava a tentare altre escavazioni, che procacciaro-no infatti alcuni denti smisurati ed altre ossa gigante-sche, che si ravvisarono come appartenenti ad animali,la cui specie ora più non esiste. Qualche tempo dopo ilCasella vi scopriva un immane cranio, e questo, come leossa già scoperte, veniva riconosciuto essere stato diorso, che Blumenbach e i naturalisti designano col nomedi Ursus Spæleus. Queste spoglie petrefatte vennero dalCasella donate al civico Museo di Milano, dove, per lararità di esse, il cranio venne formato in gesso ed inviatoad altri gabinetti di scienze naturali: tutte poi coordinatevalsero alla ricomposizione d'uno scheletro che è di ungrande interesse per la paleontologia.

La curiosità nel Casella e nel prete Barelli di ulterioriindagini crebbe allora ognor più, e trasportatevi due na-vicelle, o scarpe di S. Pietro, come si chiamano quelleimbarcazioni da quei del lago18, poterono navigare trelaghetti, l'ultimo de' quali, lungo circa cinquanta brac-cia, non fu possibile percorrerlo tutto quanto, perchè lavôlta vien così declinandosi al pelo dell'acqua che18 Le scarpe di S. Pietro, così appellate forse da ciò che il principe degli Apo-stoli, alla chiamata di Cristo, camminò sul lago di Tiberiade, non sono altroche due imbarcazioni a foggia di lunga spola da tessitore, collegate insieme,oblunghe, cioè, e strette. Chiuse tutte e reggendovisi sopra, quasi servendosi discarpa, è impossibile che anche per bufera si affondino.

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legrinaggi del dott. Casella, e quando nel settembre1850 vi ritornò con don Vincenzo Barelli, proposto allo-ra di Laglio, e con altri suoi amici, il caso lo favorì, poi-chè, avendo messo allo scoperto un frammento di costo-la uscente da quell'intonaco argilloso, lui e il Barelliconsigliava a tentare altre escavazioni, che procacciaro-no infatti alcuni denti smisurati ed altre ossa gigante-sche, che si ravvisarono come appartenenti ad animali,la cui specie ora più non esiste. Qualche tempo dopo ilCasella vi scopriva un immane cranio, e questo, come leossa già scoperte, veniva riconosciuto essere stato diorso, che Blumenbach e i naturalisti designano col nomedi Ursus Spæleus. Queste spoglie petrefatte vennero dalCasella donate al civico Museo di Milano, dove, per lararità di esse, il cranio venne formato in gesso ed inviatoad altri gabinetti di scienze naturali: tutte poi coordinatevalsero alla ricomposizione d'uno scheletro che è di ungrande interesse per la paleontologia.

La curiosità nel Casella e nel prete Barelli di ulterioriindagini crebbe allora ognor più, e trasportatevi due na-vicelle, o scarpe di S. Pietro, come si chiamano quelleimbarcazioni da quei del lago18, poterono navigare trelaghetti, l'ultimo de' quali, lungo circa cinquanta brac-cia, non fu possibile percorrerlo tutto quanto, perchè lavôlta vien così declinandosi al pelo dell'acqua che18 Le scarpe di S. Pietro, così appellate forse da ciò che il principe degli Apo-stoli, alla chiamata di Cristo, camminò sul lago di Tiberiade, non sono altroche due imbarcazioni a foggia di lunga spola da tessitore, collegate insieme,oblunghe, cioè, e strette. Chiuse tutte e reggendovisi sopra, quasi servendosi discarpa, è impossibile che anche per bufera si affondino.

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l'imbarcazione non vi può passare. La lunghezza quindiaccessibile si valuta a trecento metri.

Dopo Casella e Barelli la curiosità dei dotti fu viva-mente eccitata, e da allora trassero a visitar il Bucodell'Orso e il dottor Emilio Cornalia, che ne lasciòun'accurata descrizione già per noi citata, e l'abate Anto-nio Stoppani, che vi consacrò pure una parte nella suaPaleontologia Lombarda, a cui rimandiamo il lettore perle più proprie informazioni della scienza, e il dott. Gio-vanni Omboni, e il prof. F. De Filippi, e il professor L.Patellani, e i fratelli Villa. A complemento anzi di que-sto scritto, io verrò spiccando alle memorie del Cornaliaquel tanto che giovi a somministrare più esatte quellenotizie che hanno più stretta attinenza colla scienza, ecosì io pure avrò agevolato il cómpito che mi sono pro-posto, e il lettore vi avrà di certo guadagnato, più checon una semplice e inconcludente narrazione. Riferiròciò che riguarda alle condizioni del suolo ed alle causeche produssero l'agglomeramento delle ossa fossili di-scoperte: le sole indagini, credo io, che interessi di isti-tuire in argomento.

V."Giunti al punto di maggior declivio, scrive adunque

il dottor Cornalia, il suolo comincia a rialzarsi tutto co-perto di massi accatastati l'uno sull'altro. È tra questi gi-ganteschi, ma ancor mal fermi macigni, che bisognaavanzarsi. Qui pure cominciano i depositi di argilla al-

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l'imbarcazione non vi può passare. La lunghezza quindiaccessibile si valuta a trecento metri.

Dopo Casella e Barelli la curiosità dei dotti fu viva-mente eccitata, e da allora trassero a visitar il Bucodell'Orso e il dottor Emilio Cornalia, che ne lasciòun'accurata descrizione già per noi citata, e l'abate Anto-nio Stoppani, che vi consacrò pure una parte nella suaPaleontologia Lombarda, a cui rimandiamo il lettore perle più proprie informazioni della scienza, e il dott. Gio-vanni Omboni, e il prof. F. De Filippi, e il professor L.Patellani, e i fratelli Villa. A complemento anzi di que-sto scritto, io verrò spiccando alle memorie del Cornaliaquel tanto che giovi a somministrare più esatte quellenotizie che hanno più stretta attinenza colla scienza, ecosì io pure avrò agevolato il cómpito che mi sono pro-posto, e il lettore vi avrà di certo guadagnato, più checon una semplice e inconcludente narrazione. Riferiròciò che riguarda alle condizioni del suolo ed alle causeche produssero l'agglomeramento delle ossa fossili di-scoperte: le sole indagini, credo io, che interessi di isti-tuire in argomento.

V."Giunti al punto di maggior declivio, scrive adunque

il dottor Cornalia, il suolo comincia a rialzarsi tutto co-perto di massi accatastati l'uno sull'altro. È tra questi gi-ganteschi, ma ancor mal fermi macigni, che bisognaavanzarsi. Qui pure cominciano i depositi di argilla al-

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ternantisi con croste stalattitiche e strati di sabbie eghiaie; le quali stratificazioni solo nelle parti più internesi mostrano con ordine disposte, lasciando là prendereprecisa idea de' loro rapporti. Altrove o l'uno o l'altrodegli strati manca, il fossilifero rimanendo il più costan-te. Le pareti dello speco e i massi più voluminosi che neingombrano il suolo mostrano le striature che le correntirovinose e trascinanti ciottoli sogliono imprimere allasuperficie delle roccie che ne sopportano e frenano gliurti. Al di sopra di questi massi, e lungo tutti i fianchidella grotta, una crosta stalattitica vela agli occhidell'osservatore la natura del terreno; la qual crosta inalcuni luoghi arriva alla grossezza di 0.08 e più. Spacca-ta, mostra una serie di zone o strati d'un bell'alabastrocristallizzato a varî colori, traccie delle successive depo-sizioni.

"Più s'interna il torrente, di cui prima s'udiva solo ilfragore tra i sassi profondo, e più comparisce alla super-ficie aggirandosi per un piano leggermente declive. - Dilà poco un lago di qualche estensione occupa tutto ilfondo che solo con un istrumento adattato alle angustiedel luogo si può traghettare. A nuoto non vi si regge:l'acqua non ha più di 7 gr. R.19.

".... Fra la prima raccolta d'acqua e la seconda esisto-no, come io prevedeva, altre argille che bisognerà smuo-vere con regolari scavi... È nelle vicinanze del primolago, ove non è necessaria una istraordinaria innonda-19 Per altro il dottor Casella ci assicurò d'avere il primo laghetto passato a nuo-to in una delle prime sue visite.

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ternantisi con croste stalattitiche e strati di sabbie eghiaie; le quali stratificazioni solo nelle parti più internesi mostrano con ordine disposte, lasciando là prendereprecisa idea de' loro rapporti. Altrove o l'uno o l'altrodegli strati manca, il fossilifero rimanendo il più costan-te. Le pareti dello speco e i massi più voluminosi che neingombrano il suolo mostrano le striature che le correntirovinose e trascinanti ciottoli sogliono imprimere allasuperficie delle roccie che ne sopportano e frenano gliurti. Al di sopra di questi massi, e lungo tutti i fianchidella grotta, una crosta stalattitica vela agli occhidell'osservatore la natura del terreno; la qual crosta inalcuni luoghi arriva alla grossezza di 0.08 e più. Spacca-ta, mostra una serie di zone o strati d'un bell'alabastrocristallizzato a varî colori, traccie delle successive depo-sizioni.

"Più s'interna il torrente, di cui prima s'udiva solo ilfragore tra i sassi profondo, e più comparisce alla super-ficie aggirandosi per un piano leggermente declive. - Dilà poco un lago di qualche estensione occupa tutto ilfondo che solo con un istrumento adattato alle angustiedel luogo si può traghettare. A nuoto non vi si regge:l'acqua non ha più di 7 gr. R.19.

".... Fra la prima raccolta d'acqua e la seconda esisto-no, come io prevedeva, altre argille che bisognerà smuo-vere con regolari scavi... È nelle vicinanze del primolago, ove non è necessaria una istraordinaria innonda-19 Per altro il dottor Casella ci assicurò d'avere il primo laghetto passato a nuo-to in una delle prime sue visite.

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zione affinchè il livello delle acque s'elevi molto ev'abbandonino i loro depositi, che si osserva il maggiorenumero di strati.

"Superiore a tutti si ha uno strato di ghiaia, mista asabbia nereggiante. I ciottoli sono in parte della calcareache forma il monte, in parte di roccie d'altra natura.Questa sabbia si vede solo in siti limitati. È dovuta cer-tamente alle ultime innondazioni che saranno state lepiù parziali. - Al di sotto delle ghiaie (ed ove queste nonesistono, direttamente allo scoperto) si trova la primacrosta stalagmitica che s'estende quasi uniformementeda per tutto. Dopo il deposito calcareo havvi uno stratoconsiderevole di un'argilla cinericcia d'una purezza ed'una finezza straordinaria. È compenetrata da moltaumidità, sicchè lasciasi facilmente tagliare con una la-mina da coltello e si spoglia in straterelli orizzontali esi-lissimi e paralleli. È si tenace da parere elastica, e noncontiene nè sabbie, nè ciottoli, nè avanzi organici; que-sto deposito arriva anche a un metro di potenza, e lui ol-trepassato si trova un'altra argilla di color bruno. Questostrato è piccolo (0m 1) e di poca importanza mancandoin più luoghi. L'un deposito però è sempre assai distintodall'altro. Ove l'argilla cinerea manca, la bruna è copertadirettamente dalla crosta calcarea. Lo strato che più ditutto deve attirare la nostra attenzione è il sottopostofossilifero. Consta di un'argilla tutta distinta, grossolana,mista a del tritume calcareo; il suo colore è il gialliccioper ossido ferrico; la sua durezza varia, in alcune partigià compatta passando ad una marna in attualità di for-

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zione affinchè il livello delle acque s'elevi molto ev'abbandonino i loro depositi, che si osserva il maggiorenumero di strati.

"Superiore a tutti si ha uno strato di ghiaia, mista asabbia nereggiante. I ciottoli sono in parte della calcareache forma il monte, in parte di roccie d'altra natura.Questa sabbia si vede solo in siti limitati. È dovuta cer-tamente alle ultime innondazioni che saranno state lepiù parziali. - Al di sotto delle ghiaie (ed ove queste nonesistono, direttamente allo scoperto) si trova la primacrosta stalagmitica che s'estende quasi uniformementeda per tutto. Dopo il deposito calcareo havvi uno stratoconsiderevole di un'argilla cinericcia d'una purezza ed'una finezza straordinaria. È compenetrata da moltaumidità, sicchè lasciasi facilmente tagliare con una la-mina da coltello e si spoglia in straterelli orizzontali esi-lissimi e paralleli. È si tenace da parere elastica, e noncontiene nè sabbie, nè ciottoli, nè avanzi organici; que-sto deposito arriva anche a un metro di potenza, e lui ol-trepassato si trova un'altra argilla di color bruno. Questostrato è piccolo (0m 1) e di poca importanza mancandoin più luoghi. L'un deposito però è sempre assai distintodall'altro. Ove l'argilla cinerea manca, la bruna è copertadirettamente dalla crosta calcarea. Lo strato che più ditutto deve attirare la nostra attenzione è il sottopostofossilifero. Consta di un'argilla tutta distinta, grossolana,mista a del tritume calcareo; il suo colore è il gialliccioper ossido ferrico; la sua durezza varia, in alcune partigià compatta passando ad una marna in attualità di for-

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mazione. Questo strato contiene dei ciottoli, taluni an-che voluminosi, arrotondati, per lo più ellittici e deposticol loro piano massimo orizzontale. Questi noduli nonappartengono tutti al calcare bituminoso della monta-gna, ma altresì a roccia di diversa natura, e vanno mistia frammenti di stalattiti. L'argilla gialla costituisce unostrato di circa 0m 4 di spessore, ed è in essa che si rinvie-ne la massima parte delle ossa. Continuando gli scavi,dopo questo strato si trova un'altra crosta stalagmiticasimile per natura e potenza alla prima, sotto la quale siripete un'argilla eguale alla fossilifera e che del pari con-tiene ossa sebbene in minore abbondanza. È però piùcompatta, come più anteriore; ed i fossili sono maggior-mente petrificati. La potenza di questo strato non la co-nosco; poggiando direttamente sul masso, varierà secon-do i luoghi. Nuovi siti tentati potranno in avvenire forni-re differenti cifre per la potenza di questi strati; dipen-dendo questi dagli accidenti del suolo.

"La natura e i rapporti di questi strati ci chiarisconosufficientemente del modo con cui si depositarono e del-le cause che li produssero. Una corrente alquanto forte,e quale appunto sarà stata la più antica, fu quella che de-pose l'argilla ocracea. Lo provano la sua estensione, iciottoli che contiene, le grosse ossa cilindriche che tra-volse. Gli altri strati indicano correnti più miti, che du-rarono però più tempo; infatti sono più limitati in esten-sione e composti di finissimo limo esenti di ciottoli e dighiaie.

"Questi depositi poi occuparono lungo spazio di tem-

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mazione. Questo strato contiene dei ciottoli, taluni an-che voluminosi, arrotondati, per lo più ellittici e deposticol loro piano massimo orizzontale. Questi noduli nonappartengono tutti al calcare bituminoso della monta-gna, ma altresì a roccia di diversa natura, e vanno mistia frammenti di stalattiti. L'argilla gialla costituisce unostrato di circa 0m 4 di spessore, ed è in essa che si rinvie-ne la massima parte delle ossa. Continuando gli scavi,dopo questo strato si trova un'altra crosta stalagmiticasimile per natura e potenza alla prima, sotto la quale siripete un'argilla eguale alla fossilifera e che del pari con-tiene ossa sebbene in minore abbondanza. È però piùcompatta, come più anteriore; ed i fossili sono maggior-mente petrificati. La potenza di questo strato non la co-nosco; poggiando direttamente sul masso, varierà secon-do i luoghi. Nuovi siti tentati potranno in avvenire forni-re differenti cifre per la potenza di questi strati; dipen-dendo questi dagli accidenti del suolo.

"La natura e i rapporti di questi strati ci chiarisconosufficientemente del modo con cui si depositarono e del-le cause che li produssero. Una corrente alquanto forte,e quale appunto sarà stata la più antica, fu quella che de-pose l'argilla ocracea. Lo provano la sua estensione, iciottoli che contiene, le grosse ossa cilindriche che tra-volse. Gli altri strati indicano correnti più miti, che du-rarono però più tempo; infatti sono più limitati in esten-sione e composti di finissimo limo esenti di ciottoli e dighiaie.

"Questi depositi poi occuparono lungo spazio di tem-

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po a formarsi e furono separati da lunghi intervalli,come ne sono prova i ripetuti e grossi strati stalagmiticiinterposti. La corrente attuale è del certo un tenue avan-zo di quelli, cui gli strati descritti devono la loro esisten-za, e che altre volte avrà sempre o assai di frequente oc-cupato tutto il lume della caverna. Che se anche attual-mente le acque venissero a crescere a dismisura e la cre-pa già esistente non bastasse ad inghiottire quelle che ametà della caverna si inabissano, esse, occupato tutto ilprimo basso fondo, si alzerebbero a segno di livello dauscire dall'apertura attuale della grotta.

"Nel vedere questa successione di strati tanto simili aquelle descritte per le caverne ossifere di Francia, diGermania, di Ungheria, ecc. ecc., ricorre subito allamente la possibilità della presenza di ossa fossili. Que-ste che io rinvenni, e delle quali sotto il rapporto paleon-tologico parlerò poi, hanno nel Buco dell'Orso due modidistinti di giacitura, che però accennano ad una medesi-ma causa: le correnti.

"L'uno di essi già indicai per incidenza: la giacituracioè nel deposito dell'argilla giallastra inferiore alle pri-me due. È sulla fine di questo strato che esse si deposi-tarono, ed anzi molte giacciono alla sua superficie tral'argilla gialla e la bruna. Alcune anzi trovansi già inquest'ultima, e il colore bigio che assunsero indica laloro giacitura.

"Anche la seconda argilla, quella che giace al di sottodella più antica crosta stalattitica, contiene questo avan-zo organico, ma in minor copia: una sola mezza mascel-

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po a formarsi e furono separati da lunghi intervalli,come ne sono prova i ripetuti e grossi strati stalagmiticiinterposti. La corrente attuale è del certo un tenue avan-zo di quelli, cui gli strati descritti devono la loro esisten-za, e che altre volte avrà sempre o assai di frequente oc-cupato tutto il lume della caverna. Che se anche attual-mente le acque venissero a crescere a dismisura e la cre-pa già esistente non bastasse ad inghiottire quelle che ametà della caverna si inabissano, esse, occupato tutto ilprimo basso fondo, si alzerebbero a segno di livello dauscire dall'apertura attuale della grotta.

"Nel vedere questa successione di strati tanto simili aquelle descritte per le caverne ossifere di Francia, diGermania, di Ungheria, ecc. ecc., ricorre subito allamente la possibilità della presenza di ossa fossili. Que-ste che io rinvenni, e delle quali sotto il rapporto paleon-tologico parlerò poi, hanno nel Buco dell'Orso due modidistinti di giacitura, che però accennano ad una medesi-ma causa: le correnti.

"L'uno di essi già indicai per incidenza: la giacituracioè nel deposito dell'argilla giallastra inferiore alle pri-me due. È sulla fine di questo strato che esse si deposi-tarono, ed anzi molte giacciono alla sua superficie tral'argilla gialla e la bruna. Alcune anzi trovansi già inquest'ultima, e il colore bigio che assunsero indica laloro giacitura.

"Anche la seconda argilla, quella che giace al di sottodella più antica crosta stalattitica, contiene questo avan-zo organico, ma in minor copia: una sola mezza mascel-

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la inferiore e qualche osso della gamba (genere Ursus)io vi trovai in tutto fino ad ora. Questi pezzi sono piùche gli altri alterati.

"Le ossa robuste e solide sono le più numerose; le piùfragili andarono quasi tutte perdute. Sebbene anche del-le prime alcune siano abbondantissime, altre invece rareassai. Così, per esempio, mentre che raccolsi molte ossadel carpo e del tarso, e falangi (persin le unghiali), e pic-coli molari, trovai appena una vertebra caudale e qual-che incisivo. Forse perchè queste parti assai facili a stac-carsi dal restante scheletro vennero dalle prime correntiin altre direzioni trascinate e altrove deposte. Una provache queste ossa debbono la loro attuale giacitura allecorrenti, la trovo in ciò che la maggior parte si ricettanei piccoli seni che formano le rientranti e sporgenti pa-reti della grotta, e che rimangono per opera de' massi di-fesi dall'impetuosa corrente. Ivi l'acqua, perdendo di suaforza e diffondendosi più tranquilla, potè deporre le ossafin là travolte. Un altro modo di trovarsi le ossa nelBuco dell'Orso merita attenzione, giacchè spiega l'origi-ne d'una natura particolare di roccie: impasto di ossami,di frantumi calcari e di marne da tempo celebri lungo lerive del Mediterraneo, intendo dire delle breccie ossife-re. Su quei grossi macigni che dissi occupare per lungotratto e molto spessore il suolo della caverna, l'acqua at-tualmente non scorre o scorrerà solo nelle epoche dimassima innondazione, mentre che in tempi più remotifacilmente avrà raggiunto quel livello e vi avrà sopratrascinate le sostanze che travolgeva. Ma le ossa, e le

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la inferiore e qualche osso della gamba (genere Ursus)io vi trovai in tutto fino ad ora. Questi pezzi sono piùche gli altri alterati.

"Le ossa robuste e solide sono le più numerose; le piùfragili andarono quasi tutte perdute. Sebbene anche del-le prime alcune siano abbondantissime, altre invece rareassai. Così, per esempio, mentre che raccolsi molte ossadel carpo e del tarso, e falangi (persin le unghiali), e pic-coli molari, trovai appena una vertebra caudale e qual-che incisivo. Forse perchè queste parti assai facili a stac-carsi dal restante scheletro vennero dalle prime correntiin altre direzioni trascinate e altrove deposte. Una provache queste ossa debbono la loro attuale giacitura allecorrenti, la trovo in ciò che la maggior parte si ricettanei piccoli seni che formano le rientranti e sporgenti pa-reti della grotta, e che rimangono per opera de' massi di-fesi dall'impetuosa corrente. Ivi l'acqua, perdendo di suaforza e diffondendosi più tranquilla, potè deporre le ossafin là travolte. Un altro modo di trovarsi le ossa nelBuco dell'Orso merita attenzione, giacchè spiega l'origi-ne d'una natura particolare di roccie: impasto di ossami,di frantumi calcari e di marne da tempo celebri lungo lerive del Mediterraneo, intendo dire delle breccie ossife-re. Su quei grossi macigni che dissi occupare per lungotratto e molto spessore il suolo della caverna, l'acqua at-tualmente non scorre o scorrerà solo nelle epoche dimassima innondazione, mentre che in tempi più remotifacilmente avrà raggiunto quel livello e vi avrà sopratrascinate le sostanze che travolgeva. Ma le ossa, e le

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voluminose di preferenza, e i grossi tritumi di roccia,percorsi alcuni dei meati esistenti tra i massi, vi si impe-gnarono e valsero anzi ad arrestare alla lor volta le sor-vegnenti materie che tenevano la medesima via. Il limo,le sabbie sottili, ecc. passaron oltre per quella specie difiltro. Queste ossa così non restarono circondatedall'argilla che invase le altre. Che se però andarono pri-ve d'una materia meccanicamente deposta, valsero ad at-tirare e trattenere chimicamente le particelle di carbona-to calcare che le acque del torrente o stillanti conteneva-no, e di esse se ne fecero involucro e cemento. Io stesso,non senza fatica, introducendo delle picche tra gli inter-stizi dei macigni, riuscii a staccare molte ossa disordina-tamente aggruppate e cementate da un calcare grossola-no e cavernoso. Così ha origine una breccia, alla cui for-mazione noi siamo contemporanei e presenti, simile alledescritte da Cuvier20 e da altri. - Così anche questomodo di trovarsi delle ossa è spiegato dalle correnti. Lequali sono provate altresì dalla mancanza di coproliti,dalla mancanza di quello strato di terra nera, bitumino-sa, comune in altre grotte e che s'attribuisce allo sfascia-mento delle parti molli dell'animale; finalmente dallamancanza delle ossa di animali che avrebbero potutoservire di cibo a quei primi feroci abitatori della caver-na21."

20 Ossements fossiles. Tom. IV.21 Su alcune caverne ossifere, ecc., superiormente citate.

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voluminose di preferenza, e i grossi tritumi di roccia,percorsi alcuni dei meati esistenti tra i massi, vi si impe-gnarono e valsero anzi ad arrestare alla lor volta le sor-vegnenti materie che tenevano la medesima via. Il limo,le sabbie sottili, ecc. passaron oltre per quella specie difiltro. Queste ossa così non restarono circondatedall'argilla che invase le altre. Che se però andarono pri-ve d'una materia meccanicamente deposta, valsero ad at-tirare e trattenere chimicamente le particelle di carbona-to calcare che le acque del torrente o stillanti conteneva-no, e di esse se ne fecero involucro e cemento. Io stesso,non senza fatica, introducendo delle picche tra gli inter-stizi dei macigni, riuscii a staccare molte ossa disordina-tamente aggruppate e cementate da un calcare grossola-no e cavernoso. Così ha origine una breccia, alla cui for-mazione noi siamo contemporanei e presenti, simile alledescritte da Cuvier20 e da altri. - Così anche questomodo di trovarsi delle ossa è spiegato dalle correnti. Lequali sono provate altresì dalla mancanza di coproliti,dalla mancanza di quello strato di terra nera, bitumino-sa, comune in altre grotte e che s'attribuisce allo sfascia-mento delle parti molli dell'animale; finalmente dallamancanza delle ossa di animali che avrebbero potutoservire di cibo a quei primi feroci abitatori della caver-na21."

20 Ossements fossiles. Tom. IV.21 Su alcune caverne ossifere, ecc., superiormente citate.

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VI.Il dottor Casella portò diversa opinione da quella del

Cornalia circa alla causa di queste ossa riunite, ritrovateda quest'ultimo nelle correnti, e noi, riferendola, pensia-mo poter egli alla sua volta avere ragioni forse maggioridi probabilità. Crede egli adunque che queste ossa pos-sano aver appartenuto ad animali antidiluviani, giacchèper la loro mostruosa grandezza appartengono a specieora affatto perduta. Su di che io penso non esservi con-troversia, ed anzi nell'opera di Figuier La Terre avant ledéluge, parlando appunto dell'Ursus Spæleus, reca la de-scrizione e il disegno del cranio di tal animale scopertodal Casella, regalato al Museo Civico di Milano, e daquesto, come già avvertimmo, distribuito in esemplari digesso a varî gabinetti di scienze naturali, come lo ripro-dusse istessamente nella sua Paleontologia l'abate Anto-nio Stoppani. A quell'epoca tali animali avranno permolte generazioni trovato rifugio in questa caverna, esuccessivamente in essa terminata la loro esistenza o pervecchiaia, o per alluvione, o per qualunque altra causadipendente dai grandi sconvolgimenti geologici. Questecongetture non torrebbero egualmente che le correnti,introdottesi poscia nella caverna, abbiano ravvolte quel-le ossa di que' sedimenti che valsero o alla loro fossiliz-zazione, od a determinare quelle condizioni nelle qualisi rinvennero a' dì nostri. E mi pare ancor più probabileuna tale supposizione in quanto mi sembri assai arduol'immaginare che le correnti intime del monte possano

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VI.Il dottor Casella portò diversa opinione da quella del

Cornalia circa alla causa di queste ossa riunite, ritrovateda quest'ultimo nelle correnti, e noi, riferendola, pensia-mo poter egli alla sua volta avere ragioni forse maggioridi probabilità. Crede egli adunque che queste ossa pos-sano aver appartenuto ad animali antidiluviani, giacchèper la loro mostruosa grandezza appartengono a specieora affatto perduta. Su di che io penso non esservi con-troversia, ed anzi nell'opera di Figuier La Terre avant ledéluge, parlando appunto dell'Ursus Spæleus, reca la de-scrizione e il disegno del cranio di tal animale scopertodal Casella, regalato al Museo Civico di Milano, e daquesto, come già avvertimmo, distribuito in esemplari digesso a varî gabinetti di scienze naturali, come lo ripro-dusse istessamente nella sua Paleontologia l'abate Anto-nio Stoppani. A quell'epoca tali animali avranno permolte generazioni trovato rifugio in questa caverna, esuccessivamente in essa terminata la loro esistenza o pervecchiaia, o per alluvione, o per qualunque altra causadipendente dai grandi sconvolgimenti geologici. Questecongetture non torrebbero egualmente che le correnti,introdottesi poscia nella caverna, abbiano ravvolte quel-le ossa di que' sedimenti che valsero o alla loro fossiliz-zazione, od a determinare quelle condizioni nelle qualisi rinvennero a' dì nostri. E mi pare ancor più probabileuna tale supposizione in quanto mi sembri assai arduol'immaginare che le correnti intime del monte possano

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avere trascinate le ossa intatte e giganti, quali si videroalcune di esse. L'ipotesi del dottor Cornalia ci obblighe-rebbe inoltre a premettere l'esistenza di un'altra località,da dove le correnti abbian potuto impodestarsi di quelleossa per poi qui trascinarle; mentre la capacità di questatana porge maggior argomento a credere che servisseprima a ricovero di orsi, come gli abitatori di questimonti per tradizione ne ebbero sempre credenza, sel'appellarono il Buco dell'Orso, assai prima che il dottorCasella discoprisse le ossa e queste si riconoscesserodella specie Ursus, anzi da tempo immemoriale. Il qualargomento della tradizione deve essere di importantissi-ma significazione in questa tesi.

VII.Il medesimo dottor Cornalia, in questo lodato suo stu-

dio intorno ad Alcune caverne ossifere dei monti dellago di Como, ne dedusse le seguenti conclusioni, che èprezzo dell'opera il trascrivere, perchè speciali nellamassima parte al Buco dell'Orso di cui parliamo.

1.º Anche in Lombardia esistono caverne ossifereidentiche a quelle di Germania, Francia, Inghilterra. An-che fra noi è la calcarea giurese che le offre.

2.º Le grotte di questi monti, appendici ad una catenadelle nostre Prealpi (catena Ceresia), riconoscono forseuna sola epoca e una sola causa: l'emersione delle roccieche rialzarono e sconvolsero il calcare bigio.

3.º Gli strati che si depositarono nelle caverne spetta-

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avere trascinate le ossa intatte e giganti, quali si videroalcune di esse. L'ipotesi del dottor Cornalia ci obblighe-rebbe inoltre a premettere l'esistenza di un'altra località,da dove le correnti abbian potuto impodestarsi di quelleossa per poi qui trascinarle; mentre la capacità di questatana porge maggior argomento a credere che servisseprima a ricovero di orsi, come gli abitatori di questimonti per tradizione ne ebbero sempre credenza, sel'appellarono il Buco dell'Orso, assai prima che il dottorCasella discoprisse le ossa e queste si riconoscesserodella specie Ursus, anzi da tempo immemoriale. Il qualargomento della tradizione deve essere di importantissi-ma significazione in questa tesi.

VII.Il medesimo dottor Cornalia, in questo lodato suo stu-

dio intorno ad Alcune caverne ossifere dei monti dellago di Como, ne dedusse le seguenti conclusioni, che èprezzo dell'opera il trascrivere, perchè speciali nellamassima parte al Buco dell'Orso di cui parliamo.

1.º Anche in Lombardia esistono caverne ossifereidentiche a quelle di Germania, Francia, Inghilterra. An-che fra noi è la calcarea giurese che le offre.

2.º Le grotte di questi monti, appendici ad una catenadelle nostre Prealpi (catena Ceresia), riconoscono forseuna sola epoca e una sola causa: l'emersione delle roccieche rialzarono e sconvolsero il calcare bigio.

3.º Gli strati che si depositarono nelle caverne spetta-

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no o all'epoca quadernaria, o all'epoca attuale.4.º I fossili del Buco dell'Orso (quadernari) vi furono

strascinati dalle correnti. Lo strato dei fossili, il sito pro-fondo assai ove si rinvengono (continuamente umido etenebroso), la mancanza di molte circostanze fanno pre-ferire quest'opinione all'altra che ammette aver queglianimali vissuto là entro; - opinione che si adatta assaipiù ai depositi moderni delle altre grotte.

5.º I varî depositi richiesero molto tempo a formarsi.La loro potenza, l'alternanza colle croste stalagmitiche,lo stato vario di fossilizzazione delle ossa in rapportocolla profondità lo provano.

6.º Le ossa trovate spettano quali a specie ancora vi-venti tra noi, quali a specie perdute, e quali finalmentead animali che ora vivono solo in paese più meridionale.

VIII.In quanto a me, pellegrino recente al Buco dell'Orso,

pago degli studî per altri fatti, mi bastava di constatarli,ma arrestandomi però sulla sponda del primo lago, per-chè non avevo avvertito dapprima tampoco alla probabi-lità di tragittare quelle acque interne, e però non avevoprovveduto le opportune imbarcazioni. Quivi nella pare-te friabile incidemmo io e i miei compagni i nostrinomi, espressione di quella contentezza che ci avevadato la longanimità di avventurarci per quelle cavità te-nebrose ed aspre. Seduti poscia su questi umidi massi adasciugarci il sudore della fronte che ci gocciava, prodot-

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no o all'epoca quadernaria, o all'epoca attuale.4.º I fossili del Buco dell'Orso (quadernari) vi furono

strascinati dalle correnti. Lo strato dei fossili, il sito pro-fondo assai ove si rinvengono (continuamente umido etenebroso), la mancanza di molte circostanze fanno pre-ferire quest'opinione all'altra che ammette aver queglianimali vissuto là entro; - opinione che si adatta assaipiù ai depositi moderni delle altre grotte.

5.º I varî depositi richiesero molto tempo a formarsi.La loro potenza, l'alternanza colle croste stalagmitiche,lo stato vario di fossilizzazione delle ossa in rapportocolla profondità lo provano.

6.º Le ossa trovate spettano quali a specie ancora vi-venti tra noi, quali a specie perdute, e quali finalmentead animali che ora vivono solo in paese più meridionale.

VIII.In quanto a me, pellegrino recente al Buco dell'Orso,

pago degli studî per altri fatti, mi bastava di constatarli,ma arrestandomi però sulla sponda del primo lago, per-chè non avevo avvertito dapprima tampoco alla probabi-lità di tragittare quelle acque interne, e però non avevoprovveduto le opportune imbarcazioni. Quivi nella pare-te friabile incidemmo io e i miei compagni i nostrinomi, espressione di quella contentezza che ci avevadato la longanimità di avventurarci per quelle cavità te-nebrose ed aspre. Seduti poscia su questi umidi massi adasciugarci il sudore della fronte che ci gocciava, prodot-

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to dal trascinarci a fatica collo stomaco pieno, e rimasticolà alquanto, ripigliammo poscia la processione del ri-torno. Qualche moccolo veniva già meno, sollecitammoquindi i passi rifacendo il cammino percorso.

E fu nel ritorno, a distanza di forse sessanta a settantametri dell'uscita, che il buon prete Bernasconi mi facevaaccorto della esistenza di un pozzo od apertura, per laquale si poteva calare in una galleria, sottoposta a quellache percorrevamo e dentro cui mostravasi pronto a cala-re, quando noi ne avessimo esternato il desiderio, sicco-me quegli che già vi fosse altre volte disceso, ciò cheper altro non volemmo, accontentandoci di quegli schia-rimenti ch'egli e il Casella ci fornirono. Io mi intratterròalcun poco di questo pozzo, da che le precedenti relazio-ni del Buco dell'Orso non ne abbiano fatto ancora parolae da che potrebbe valere d'argomento ad altre indagini ediscussioni geologiche. La discesa adunque è di circaquindici metri, e la galleria alla quale si riesce ne per-corre circa quaranta, sempre nel senso stesso della lun-ghezza della galleria superiore verso N. N. E., e semprea massi e piano ineguali, come è superiormente. Quasiin corrispondenza a questo pozzo se ne vede un altronella galleria sottoposta, per il quale si cala ad una terzagalleria, scendendovi per circa altri venti metri. In que-sta non è calato ancora alcuno, perchè presenta per av-ventura pericolo di franamento, nè sarebbe prudentel'esporsi a vedersi chiusa l'uscita e impossibilitato il ri-torno. Converrebbe all'occorrenza prendere le maggioriprecauzioni ed essere assistiti da più. Tuttavia nel fondo

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to dal trascinarci a fatica collo stomaco pieno, e rimasticolà alquanto, ripigliammo poscia la processione del ri-torno. Qualche moccolo veniva già meno, sollecitammoquindi i passi rifacendo il cammino percorso.

E fu nel ritorno, a distanza di forse sessanta a settantametri dell'uscita, che il buon prete Bernasconi mi facevaaccorto della esistenza di un pozzo od apertura, per laquale si poteva calare in una galleria, sottoposta a quellache percorrevamo e dentro cui mostravasi pronto a cala-re, quando noi ne avessimo esternato il desiderio, sicco-me quegli che già vi fosse altre volte disceso, ciò cheper altro non volemmo, accontentandoci di quegli schia-rimenti ch'egli e il Casella ci fornirono. Io mi intratterròalcun poco di questo pozzo, da che le precedenti relazio-ni del Buco dell'Orso non ne abbiano fatto ancora parolae da che potrebbe valere d'argomento ad altre indagini ediscussioni geologiche. La discesa adunque è di circaquindici metri, e la galleria alla quale si riesce ne per-corre circa quaranta, sempre nel senso stesso della lun-ghezza della galleria superiore verso N. N. E., e semprea massi e piano ineguali, come è superiormente. Quasiin corrispondenza a questo pozzo se ne vede un altronella galleria sottoposta, per il quale si cala ad una terzagalleria, scendendovi per circa altri venti metri. In que-sta non è calato ancora alcuno, perchè presenta per av-ventura pericolo di franamento, nè sarebbe prudentel'esporsi a vedersi chiusa l'uscita e impossibilitato il ri-torno. Converrebbe all'occorrenza prendere le maggioriprecauzioni ed essere assistiti da più. Tuttavia nel fondo

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della terza inferiore galleria sentesi il mugghio dellecorrenti ancor più forte che non nella prima o superiore.Forse è la corrente stessa della galleria superiore cheviene a scaricarsi e che forse esce da quelle latébre pelversante del monte e alimenta l'acqua o fonte detta ilVermocane, che serve a mettere in movimento il mulinoche è di poco sopra Brienno.

Nella galleria intermedia si trovarono e vi sono purealtre ossa della stessa specie che nella superiore, conquesto solo divario che quelle della galleria superioresonosi trovate intatte, perchè ravvolte nelle stratificazio-ni argillose che le hanno preservate dal contattodell'aria, e quelle invece della galleria intermedia si veg-gono parte in istato di decomposizione, o tarlate, perchènon vennero ricoperte da veruno strato. Io ho avuto nel-le mani ed esaminate e le une e le altre, come si conser-vano dal dottor Casella, e credetti nella predetta mia os-servazione di ravvisare un'induzione di più che avvaloral'ipotesi del Casella, anzi che quella del Cornalia; peroc-chè se il rinvenirsi di tali ossa fosse l'effetto esclusivodelle correnti, tutte indistintamente le ossa sarebbersi ri-trovate involute dai sedimenti argillosi: mentre invece èlecito di inferire che i petrefatti della galleria superioresaranno stati ricoperti da tali strati per i depositi che viavranno fatto le correnti, e quelli della galleria interme-dia, immuni dal passaggio di esse, saranno rimasti nellostato primitivo, dove cioè saranno morti gli orsi che inquella caverna debbono necessariamente un tempo averavuto ricovero.

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della terza inferiore galleria sentesi il mugghio dellecorrenti ancor più forte che non nella prima o superiore.Forse è la corrente stessa della galleria superiore cheviene a scaricarsi e che forse esce da quelle latébre pelversante del monte e alimenta l'acqua o fonte detta ilVermocane, che serve a mettere in movimento il mulinoche è di poco sopra Brienno.

Nella galleria intermedia si trovarono e vi sono purealtre ossa della stessa specie che nella superiore, conquesto solo divario che quelle della galleria superioresonosi trovate intatte, perchè ravvolte nelle stratificazio-ni argillose che le hanno preservate dal contattodell'aria, e quelle invece della galleria intermedia si veg-gono parte in istato di decomposizione, o tarlate, perchènon vennero ricoperte da veruno strato. Io ho avuto nel-le mani ed esaminate e le une e le altre, come si conser-vano dal dottor Casella, e credetti nella predetta mia os-servazione di ravvisare un'induzione di più che avvaloral'ipotesi del Casella, anzi che quella del Cornalia; peroc-chè se il rinvenirsi di tali ossa fosse l'effetto esclusivodelle correnti, tutte indistintamente le ossa sarebbersi ri-trovate involute dai sedimenti argillosi: mentre invece èlecito di inferire che i petrefatti della galleria superioresaranno stati ricoperti da tali strati per i depositi che viavranno fatto le correnti, e quelli della galleria interme-dia, immuni dal passaggio di esse, saranno rimasti nellostato primitivo, dove cioè saranno morti gli orsi che inquella caverna debbono necessariamente un tempo averavuto ricovero.

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Come poi queste gallerie inferiori siensi formate, iocredo di spiegare dicendo, che tutte le probabilità con-ducono a ritenere che prima non fosse che una sola edampia caverna, che poi per la caduta di massi dalla vôltasiansi venute facendo; perocchè percorrerebbero essenell'egual senso della galleria superiore quasi la medesi-ma lunghezza.

Siccome recentissima sia la scoperta di questi altridue pozzi, così chiamar io reputo su di essi l'attenzionedei nostri geologi e massime del Cornalia, dello Stoppa-ni e dell'Omboni, i quali forse da una novella loro visitaal Buco dell'Orso potrebbero trarre materia a nuovi studînon infecondi di buoni risultamenti per la geologia.

IX.Finalmente, dopo un'ora che eravamo rimasti

nell'antro, lieti, ma inzaccherati e molli degli stillicidiche non avevamo potuto evitare e de' rigagnoli nei qualiil piede non aveva fatto a meno di scivolare, via gettan-do la stearica che tuttavia ardeva,

Uscimmo quindi a riveder le stelle....

come direbbe Dante, o a meglio esser precisi, a rivederil più limpido sole, il quale era ormai giunto al merig-gio.

Allora riconoscemmo qualche disertore della nostrabrigatella che, dati pochi passi appena nella oscurità del-la caverna, era tosto ritornato addietro; scambiata qual-che celia e riposatici ancora alquanto, ripigliammo il

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Come poi queste gallerie inferiori siensi formate, iocredo di spiegare dicendo, che tutte le probabilità con-ducono a ritenere che prima non fosse che una sola edampia caverna, che poi per la caduta di massi dalla vôltasiansi venute facendo; perocchè percorrerebbero essenell'egual senso della galleria superiore quasi la medesi-ma lunghezza.

Siccome recentissima sia la scoperta di questi altridue pozzi, così chiamar io reputo su di essi l'attenzionedei nostri geologi e massime del Cornalia, dello Stoppa-ni e dell'Omboni, i quali forse da una novella loro visitaal Buco dell'Orso potrebbero trarre materia a nuovi studînon infecondi di buoni risultamenti per la geologia.

IX.Finalmente, dopo un'ora che eravamo rimasti

nell'antro, lieti, ma inzaccherati e molli degli stillicidiche non avevamo potuto evitare e de' rigagnoli nei qualiil piede non aveva fatto a meno di scivolare, via gettan-do la stearica che tuttavia ardeva,

Uscimmo quindi a riveder le stelle....

come direbbe Dante, o a meglio esser precisi, a rivederil più limpido sole, il quale era ormai giunto al merig-gio.

Allora riconoscemmo qualche disertore della nostrabrigatella che, dati pochi passi appena nella oscurità del-la caverna, era tosto ritornato addietro; scambiata qual-che celia e riposatici ancora alquanto, ripigliammo il

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primitivo sentiero.La discesa a Torrigia fu naturalmente più presta che

non era stata la faticosa salita, e consolata alla pendicedel monte dalla apparizione della leggiadra fanciulla deldottor Casella che ne veniva incontro a scusare la noninvolontaria mancanza alla gita.

Se rivolgendo indietro lo sguardo alla asperità dellavia, ai disagi del camminare fra i dirupati meandri dellacaverna dell'Orso, io posso essere indotto a dire che nonvi tornerei una seconda volta, per l'adipe che un cotalpoco mi si è messa intorno ad accusare l'età che avanzaa gran passi, è altresì indubitabile che io, che tutti chemi furono compagni in quella gita, conchiudemmo sin-ceramente assicurando d'essere lietissimi d'averla fatta.

Ma prima di chiudere la presente escursione, mi sentoin debito di porgere le mie scuse a quelle cortesi leggi-trici che ho per avventura fatto sbadigliare, loro tenendoun linguaggio arido e tutto di scienza, esse che si atten-devano amenità di racconto. Ma che farci? Il libro è fat-to per tutti i lettori, massime se il libro è del genere delmio; epperò molteplici e svariatissimi i gusti, e nell'ollapotrida degli argomenti non doveva dimenticare i palatidei geologi e dei naturalisti. D'altronde fra le molte ca-verne che ho già avvertito su questi monti, mi verrà per-donato se almeno scientificamente trattando di una, avròchiarito la natura, assai somigliante, delle altre.

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primitivo sentiero.La discesa a Torrigia fu naturalmente più presta che

non era stata la faticosa salita, e consolata alla pendicedel monte dalla apparizione della leggiadra fanciulla deldottor Casella che ne veniva incontro a scusare la noninvolontaria mancanza alla gita.

Se rivolgendo indietro lo sguardo alla asperità dellavia, ai disagi del camminare fra i dirupati meandri dellacaverna dell'Orso, io posso essere indotto a dire che nonvi tornerei una seconda volta, per l'adipe che un cotalpoco mi si è messa intorno ad accusare l'età che avanzaa gran passi, è altresì indubitabile che io, che tutti chemi furono compagni in quella gita, conchiudemmo sin-ceramente assicurando d'essere lietissimi d'averla fatta.

Ma prima di chiudere la presente escursione, mi sentoin debito di porgere le mie scuse a quelle cortesi leggi-trici che ho per avventura fatto sbadigliare, loro tenendoun linguaggio arido e tutto di scienza, esse che si atten-devano amenità di racconto. Ma che farci? Il libro è fat-to per tutti i lettori, massime se il libro è del genere delmio; epperò molteplici e svariatissimi i gusti, e nell'ollapotrida degli argomenti non doveva dimenticare i palatidei geologi e dei naturalisti. D'altronde fra le molte ca-verne che ho già avvertito su questi monti, mi verrà per-donato se almeno scientificamente trattando di una, avròchiarito la natura, assai somigliante, delle altre.

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ESCURSIONE DECIMATERZA.IL PIANO DEL TIVANO.

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ESCURSIONE DECIMATERZA.IL PIANO DEL TIVANO.

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La Cavagnola. - Careno e Quarsano. - La Grotta della Masera. -Nesso. - Erno, Veleso, Gerbio. - Il Piano del Tivano. - La bri-gata del Pian d'Erba. - Il Buco della Nicolina. - Vallombria. - Ilpalazzo di Andefleda. - La marcia della partenza.

Se si piglia il piroscafo che vien da Como, allorquan-do in faccia ad Argegno la campanella suona e l'impie-gato grida - Argegno e Cavagnola - voi, se volete visita-re il Piano del Tivano, è qui che dovete scendere, purchènon prenda capriccio all'Amministrazione di far sosta aNesso, come accade in qualche stagione, perchè allora èa Nesso che converrà smontare.

Ma d'ordinario la gita al Piano del Tivano non è chel'effetto di amichevoli concerti e spesso ben anco accadache l'andarvi sia combinato da amici che villeggino lun-go il lago di Como e da amici che villeggino nel versan-te opposto del Tivano, cioè nel Pian d'Erba. Il convegnoallora è più allegro e il lettore che mi segue lo vedrà.

Ad ogni modo, se a questo convegno egli giunga colmezzo del vapore che vien da Como e ne smonti allaCavagnola, non lasci di visitarne la modesta osteria: vibeverà buon vino; se no da un pozzo che è nella cantinane faccia trarre acqua che troverà freschissima, come innessun'altra parte del lago.

Da Cavagnola, retrocedendo per un sentiero praticatofra' boschi, giungerà a Nesso, punto di convegno dellabrigata che sale al Tivano; ma se non è giunta ancora evuol visitare più giù qualche terra fino ai limiti di Po-gnana, che ho mentovato già con Palanzo e Lemna, oltre

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La Cavagnola. - Careno e Quarsano. - La Grotta della Masera. -Nesso. - Erno, Veleso, Gerbio. - Il Piano del Tivano. - La bri-gata del Pian d'Erba. - Il Buco della Nicolina. - Vallombria. - Ilpalazzo di Andefleda. - La marcia della partenza.

Se si piglia il piroscafo che vien da Como, allorquan-do in faccia ad Argegno la campanella suona e l'impie-gato grida - Argegno e Cavagnola - voi, se volete visita-re il Piano del Tivano, è qui che dovete scendere, purchènon prenda capriccio all'Amministrazione di far sosta aNesso, come accade in qualche stagione, perchè allora èa Nesso che converrà smontare.

Ma d'ordinario la gita al Piano del Tivano non è chel'effetto di amichevoli concerti e spesso ben anco accadache l'andarvi sia combinato da amici che villeggino lun-go il lago di Como e da amici che villeggino nel versan-te opposto del Tivano, cioè nel Pian d'Erba. Il convegnoallora è più allegro e il lettore che mi segue lo vedrà.

Ad ogni modo, se a questo convegno egli giunga colmezzo del vapore che vien da Como e ne smonti allaCavagnola, non lasci di visitarne la modesta osteria: vibeverà buon vino; se no da un pozzo che è nella cantinane faccia trarre acqua che troverà freschissima, come innessun'altra parte del lago.

Da Cavagnola, retrocedendo per un sentiero praticatofra' boschi, giungerà a Nesso, punto di convegno dellabrigata che sale al Tivano; ma se non è giunta ancora evuol visitare più giù qualche terra fino ai limiti di Po-gnana, che ho mentovato già con Palanzo e Lemna, oltre

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Nesso troverà un piccol gruppo di case, poi a egual di-stanza Careno, e a egual distanza ancora Quarsano. Maimportanza tutti questi luoghi non hanno, ove eccettui laGrotta della Masera sopra Careno, che può essere altropunto di passeggiata per chi brama di variare. Ma questagrotta non ha nè ossa fossili, come il Buco dell'Orso cheabbiamo non ha guari visitato, e neppur ossa d'animalidell'epoca nostra, come il Pertugio della Volpe che ab-biamo visto del pari: tutt'al più alcune ammoniti che in-teressano il geologo. Nondimeno ha la particolarità diun lago e fa veramente piacere su in alto la scoperta d'uncapace bacino d'acqua; qui esso si sprofonda per uncammino di un quarto d'ora ed ha per fine una voragine.

Ma ritorniam presto sui nostri passi, onde non farciaspettare da coloro che ci attendono a Nesso.

E Nesso, rimpetto a tutti i paeselli che ho testè nomi-nati, è grossa borgata e si distende per tre fila di casesulla montagna con bell'effetto per chi la riguarda dallago: il torrente vi passa per mezzo con fragore ches'ode anche lontano. Que' del paese vogliono che la lorochiesa prepositurale sia stata fondata da Sant'Ermagora:i passeggeri invece, e massime quelli che dai piroscafiosservano Nesso, ricordano che Gian Battista Bazzoni,morto in età assai provetta e dell'amicizia del quale mionoravo, come ne son ricordevole del cuore, che avevaal par dell'ingegno eccellente, lo illustrò col suo Falcodella Rupe, romanzo, che forse quarant'anni fa ebbe lapropria voga, nè vuol essere ancora dimenticato.

Ma raccoltici tutti in Nesso, acceleriamo i passi alla

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Nesso troverà un piccol gruppo di case, poi a egual di-stanza Careno, e a egual distanza ancora Quarsano. Maimportanza tutti questi luoghi non hanno, ove eccettui laGrotta della Masera sopra Careno, che può essere altropunto di passeggiata per chi brama di variare. Ma questagrotta non ha nè ossa fossili, come il Buco dell'Orso cheabbiamo non ha guari visitato, e neppur ossa d'animalidell'epoca nostra, come il Pertugio della Volpe che ab-biamo visto del pari: tutt'al più alcune ammoniti che in-teressano il geologo. Nondimeno ha la particolarità diun lago e fa veramente piacere su in alto la scoperta d'uncapace bacino d'acqua; qui esso si sprofonda per uncammino di un quarto d'ora ed ha per fine una voragine.

Ma ritorniam presto sui nostri passi, onde non farciaspettare da coloro che ci attendono a Nesso.

E Nesso, rimpetto a tutti i paeselli che ho testè nomi-nati, è grossa borgata e si distende per tre fila di casesulla montagna con bell'effetto per chi la riguarda dallago: il torrente vi passa per mezzo con fragore ches'ode anche lontano. Que' del paese vogliono che la lorochiesa prepositurale sia stata fondata da Sant'Ermagora:i passeggeri invece, e massime quelli che dai piroscafiosservano Nesso, ricordano che Gian Battista Bazzoni,morto in età assai provetta e dell'amicizia del quale mionoravo, come ne son ricordevole del cuore, che avevaal par dell'ingegno eccellente, lo illustrò col suo Falcodella Rupe, romanzo, che forse quarant'anni fa ebbe lapropria voga, nè vuol essere ancora dimenticato.

Ma raccoltici tutti in Nesso, acceleriamo i passi alla

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Page 181: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

volta del Piano del Tivano. Pigli chi vuole la sua caval-catura e su e su.

Si arriva dapprima ad Erno, quindi a Veleso, poscia aGerbio: il divertimento della salita è indescrivibile. Noici facciamo spettacolo di noi stessi; la lunga fila dellacarovana, or si vede spuntar da un greppo, or interrom-persi, or riapparire. Quando è un cappellino da signorache domina, quando è un gruppo di amici; io resto ulti-mo, poichè mi piaccia godere dell'effetto curioso. Poi siintendono parole interrotte che pervengono da chi è incapo della fila, poi più spiccate di chi segue, poi un gri-do di chi incespica, uno scroscio di risa, un commento,uno scherzo: è un assieme lieto, piacevole, artistico.

Il Tivano, per chi nol sa, è un'alta montagna che sieleva tra la Valassina ed il lago di Como: ecco perchè ivilleggianti del Pian d'Erba si dan la posta con quelli dellago per ritrovarsi tutti in cima al monte e vi traggono,mettendosi per la via che, oltrepassato Canzo, Asso eLasnigo, s'inoltra appunto per la Valassina.

Sulla vetta è una grande spianata erbosa a 1280 metrisul livello del mare, ed è questa che si designa col nomedi Piano dei Tivano.

I nostri contadini ci hanno preceduto colle gerla pienedel pranzo; hanno disposto il luogo dove assiderci: maque' del pian d'Erba sono essi arrivati? Attendiamoli eintanto racconciamo le nostre toalette scomposte dalladisagiata cavalcatura.

La piccola banda musicale seco noi venuta apre a untratto i suoi concerti; sono gli amici che giungono trafe-

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volta del Piano del Tivano. Pigli chi vuole la sua caval-catura e su e su.

Si arriva dapprima ad Erno, quindi a Veleso, poscia aGerbio: il divertimento della salita è indescrivibile. Noici facciamo spettacolo di noi stessi; la lunga fila dellacarovana, or si vede spuntar da un greppo, or interrom-persi, or riapparire. Quando è un cappellino da signorache domina, quando è un gruppo di amici; io resto ulti-mo, poichè mi piaccia godere dell'effetto curioso. Poi siintendono parole interrotte che pervengono da chi è incapo della fila, poi più spiccate di chi segue, poi un gri-do di chi incespica, uno scroscio di risa, un commento,uno scherzo: è un assieme lieto, piacevole, artistico.

Il Tivano, per chi nol sa, è un'alta montagna che sieleva tra la Valassina ed il lago di Como: ecco perchè ivilleggianti del Pian d'Erba si dan la posta con quelli dellago per ritrovarsi tutti in cima al monte e vi traggono,mettendosi per la via che, oltrepassato Canzo, Asso eLasnigo, s'inoltra appunto per la Valassina.

Sulla vetta è una grande spianata erbosa a 1280 metrisul livello del mare, ed è questa che si designa col nomedi Piano dei Tivano.

I nostri contadini ci hanno preceduto colle gerla pienedel pranzo; hanno disposto il luogo dove assiderci: maque' del pian d'Erba sono essi arrivati? Attendiamoli eintanto racconciamo le nostre toalette scomposte dalladisagiata cavalcatura.

La piccola banda musicale seco noi venuta apre a untratto i suoi concerti; sono gli amici che giungono trafe-

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lanti dalla Valassina, che si son visti spuntare dall'ultimoanfratto, e la musica nostra li annunzia.

Allora saluti, strette di mano, baci fra donne, discorsi,complimenti, pettegolezzi narrati e scambiati: in cinqueminuti que' del Pian d'Erba han narrato a que' del lago lestorielle tutte del mercato di Lecco, di quello di Incino,gli episodî erotici, i cancans d'ogni villa; e di ricambiohanno fatto altrettanto que' del lago con essi.

Ma l'appetito ne reclama. Per un po' si tace, intentitutti a smascellare; poi si ripiglia il chiaccherio, si faanzi, maggiore, a seconda che i fiaschi di buon vino sivuotano. Levate le mense improvvisate, incominciano ledanze sull'erboso piano e le due brigate qui convenute simescono a vivaci polcke, a più concitati valzer, a piùvorticose galoppe.

Ma anche questa vetta ha le sue curiosità per chi lasale e cerca di più utile che il ballare sulle ineguali zolle.Il naturalista vi ravvisa le torbe miste a enormi larici eda petrolio, e conviene che l'altipiano potesse un giorno,come fu scritto, essere stato un lago: i curiosi corrono avedere il Buco della Nicolina, che è una grande grotta,come le tante altre che ho diggià ricordate. Quando èstata assai piovosa la stagione, vi si vedono le acque chevi sono dentro scolate; ma deve essere ben profonda, senessuno n'ha saputo trovare il fine.

Un miglio infatti a distanza di questo Piano del Tiva-no e ad ostro del medesimo, è un'altra pianura circonda-ta da scoscesi monti, che solo si vede in tempo d'estateabitata da' pastori colle mandre numerose; essa appellasi

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lanti dalla Valassina, che si son visti spuntare dall'ultimoanfratto, e la musica nostra li annunzia.

Allora saluti, strette di mano, baci fra donne, discorsi,complimenti, pettegolezzi narrati e scambiati: in cinqueminuti que' del Pian d'Erba han narrato a que' del lago lestorielle tutte del mercato di Lecco, di quello di Incino,gli episodî erotici, i cancans d'ogni villa; e di ricambiohanno fatto altrettanto que' del lago con essi.

Ma l'appetito ne reclama. Per un po' si tace, intentitutti a smascellare; poi si ripiglia il chiaccherio, si faanzi, maggiore, a seconda che i fiaschi di buon vino sivuotano. Levate le mense improvvisate, incominciano ledanze sull'erboso piano e le due brigate qui convenute simescono a vivaci polcke, a più concitati valzer, a piùvorticose galoppe.

Ma anche questa vetta ha le sue curiosità per chi lasale e cerca di più utile che il ballare sulle ineguali zolle.Il naturalista vi ravvisa le torbe miste a enormi larici eda petrolio, e conviene che l'altipiano potesse un giorno,come fu scritto, essere stato un lago: i curiosi corrono avedere il Buco della Nicolina, che è una grande grotta,come le tante altre che ho diggià ricordate. Quando èstata assai piovosa la stagione, vi si vedono le acque chevi sono dentro scolate; ma deve essere ben profonda, senessuno n'ha saputo trovare il fine.

Un miglio infatti a distanza di questo Piano del Tiva-no e ad ostro del medesimo, è un'altra pianura circonda-ta da scoscesi monti, che solo si vede in tempo d'estateabitata da' pastori colle mandre numerose; essa appellasi

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Vallombria. Ora in una di quelle montagne si riscontrauna forte e profonda spaccatura, per la quale vien dettoche un dì essendo penetrato un cane, vi sarebbe posciauscito per il Buco della Nicolina.

Se mi chiedete poi se anco quassù si piaccia la tradi-zione di voler favoleggiare; anche quassù, vi risponde-rei. Perocchè senza darvi ragion di sorta, gli alpigiani vinarrino seriamente come vi fosse ai tempi antichi fab-bricato un gran palazzo abitato da Andefleda, mogliedel goto re Teodorico. Qualche cialtrone si sarà divertitoalle spalle di questa buona gente, dandole a bere questafiaba, e la poco spiritosa giunteria trovò presa in queglianimi semplici e per essi si è fatta pretta e indiscutibilestoria.

Ma l'aura imbruna; il cammino che ci resta a scenderevuol più ore: rifocillati e rinnovati di forze, salutiamo gliamici dell'opposto versante e disponiamoci a partire.

La marcia della partenza suona, le resinose torcie avento ardono e si squassano; i lampioni si accendono ene dan nuovo e inatteso spettacolo; succede un bisbigliodi voci che si salutano, baci che scoccano, addii che sivanno ripetendo e allontanando delle due comitive e chegli echi ripercuotono, la canzone si intuona da una partee dall'altra per gli opposti versanti, la secondano tutti, eallegramente si riprendono i sentieri che ci tornano aNesso, dove i nostri barcaiuoli ne attendono per ricon-durci alle nostre ville.

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Vallombria. Ora in una di quelle montagne si riscontrauna forte e profonda spaccatura, per la quale vien dettoche un dì essendo penetrato un cane, vi sarebbe posciauscito per il Buco della Nicolina.

Se mi chiedete poi se anco quassù si piaccia la tradi-zione di voler favoleggiare; anche quassù, vi risponde-rei. Perocchè senza darvi ragion di sorta, gli alpigiani vinarrino seriamente come vi fosse ai tempi antichi fab-bricato un gran palazzo abitato da Andefleda, mogliedel goto re Teodorico. Qualche cialtrone si sarà divertitoalle spalle di questa buona gente, dandole a bere questafiaba, e la poco spiritosa giunteria trovò presa in queglianimi semplici e per essi si è fatta pretta e indiscutibilestoria.

Ma l'aura imbruna; il cammino che ci resta a scenderevuol più ore: rifocillati e rinnovati di forze, salutiamo gliamici dell'opposto versante e disponiamoci a partire.

La marcia della partenza suona, le resinose torcie avento ardono e si squassano; i lampioni si accendono ene dan nuovo e inatteso spettacolo; succede un bisbigliodi voci che si salutano, baci che scoccano, addii che sivanno ripetendo e allontanando delle due comitive e chegli echi ripercuotono, la canzone si intuona da una partee dall'altra per gli opposti versanti, la secondano tutti, eallegramente si riprendono i sentieri che ci tornano aNesso, dove i nostri barcaiuoli ne attendono per ricon-durci alle nostre ville.

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ESCURSIONE DECIMAQUARTA.LA VALL'INTELVI.

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ESCURSIONE DECIMAQUARTA.LA VALL'INTELVI.

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Brienno. - Archigene fonda Argegno. - La Vall'Intelvi. - Sua partenella guerra decenne. - Diventa feudo. - La rivolta del 1806. -Cospirazione del 1833. - Insurrezione nel 1848. - AndreaBrenta. - I cospiratori del 1854. - L'insurrezione e i volontarîdel 1859.

Vale davvero consacrare una buona giornata a percor-rere questa alpestre, ma bella e simpatica parte del terri-torio comasco.

Noi proseguendo il cammino nostro da Torrigia, lun-go la sinistra sponda del lago, per certo tratto di riva nonrinveniamo più nè ville, nè case; le prime che romponola monotonia di quelle roccie, non più così fiorenti everdeggianti, come quelle che abbiamo lasciate, sono icasolari del montuoso Brienno. Quivi furono trovateiscrizioni romane, di cui una rammenta un Archigene,dal quale si vuol derivata la denominazione del non di-scosto paese di Argegno e ne lo si dà per fondatore.Null'altro offre che valga ricordare.

È da Argegno che si entra in Vall'Intelvi per due vie;l'una sulla sinistra del torrente Telo che va a Sant'Anna eSchignano; l'altra sulla destra, per la quale ponno ascen-dere carri, e riesce a San Sisino, a Castiglione e a SanFedele, e da cui si può andare a Lugano: ambe poi belledi alpestri bellezze.

È dall'ultima via che si accede al Calvagione, o monteGionaro, che è quello che conosciamo già col nome diGeneroso.

Tutta la Vall'Intelvi è bella di prospetti, di naturali

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Brienno. - Archigene fonda Argegno. - La Vall'Intelvi. - Sua partenella guerra decenne. - Diventa feudo. - La rivolta del 1806. -Cospirazione del 1833. - Insurrezione nel 1848. - AndreaBrenta. - I cospiratori del 1854. - L'insurrezione e i volontarîdel 1859.

Vale davvero consacrare una buona giornata a percor-rere questa alpestre, ma bella e simpatica parte del terri-torio comasco.

Noi proseguendo il cammino nostro da Torrigia, lun-go la sinistra sponda del lago, per certo tratto di riva nonrinveniamo più nè ville, nè case; le prime che romponola monotonia di quelle roccie, non più così fiorenti everdeggianti, come quelle che abbiamo lasciate, sono icasolari del montuoso Brienno. Quivi furono trovateiscrizioni romane, di cui una rammenta un Archigene,dal quale si vuol derivata la denominazione del non di-scosto paese di Argegno e ne lo si dà per fondatore.Null'altro offre che valga ricordare.

È da Argegno che si entra in Vall'Intelvi per due vie;l'una sulla sinistra del torrente Telo che va a Sant'Anna eSchignano; l'altra sulla destra, per la quale ponno ascen-dere carri, e riesce a San Sisino, a Castiglione e a SanFedele, e da cui si può andare a Lugano: ambe poi belledi alpestri bellezze.

È dall'ultima via che si accede al Calvagione, o monteGionaro, che è quello che conosciamo già col nome diGeneroso.

Tutta la Vall'Intelvi è bella di prospetti, di naturali

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bellezze, di vegetazione; essa è anche interessante pergli episodî delle sue sommosse, che attestano i suoi abi-tatori animosi e teneri di libertà.

Vollero alcuni derivato il suo nome dall'intelligenzade' suoi figli, quasi Val d'Intelletto; ma chi nelle cartedell'ottavo secolo la trovò indicata col nome di Intellavi,la volle parola corrotta da Inter lacus, sorgendo essa di-fatti fra il Lario ed il Ceresio.

Nella guerra decenne, incominciata col 1118 ed ulti-mata il 1127 fra Milano e Como, e nella quale le terredel Lario si scissero parteggiando per quella o per que-sta città, questi alpigiani furono utilissimi difensori diComo, e poscia, al tempo della dominazione spagnuola,divennero le loro terre feudo dei Marliani.

Bartolomeo Passerini, curato di Ramponio, terra dellaVall'Intelvi, nel 1806, indegnato che Napoleone tradissela libertà facendosi imperatore, alzò il vessillo della ri-bellione: lo seguirono gli altri curati di Dizasco e Cera-no e seco loro trassero altri generosi; ma privi di armi ed'ogni altro mezzo, pochi gendarmi bastarono a disper-derne il manipolo: e carcerati tutti, decapitati i capi, glialtri, dopo breve carcere, rimisero in libertà.

Di sè non diè a parlare la Vall'Intelvi se non nel 1833,quando essa ruminando una sollevazione ad ajutar laGiovine Italia, il governo Austriaco vi mandò il com-missario Piccinini ad arrestare un Piazzoli, che si davaper l'anima della cospirazione in quella parte; ma unafucilata stese morto il commissario, il Piazzoli riparò inIsvizzera e ogni cosa fu ultimata.

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bellezze, di vegetazione; essa è anche interessante pergli episodî delle sue sommosse, che attestano i suoi abi-tatori animosi e teneri di libertà.

Vollero alcuni derivato il suo nome dall'intelligenzade' suoi figli, quasi Val d'Intelletto; ma chi nelle cartedell'ottavo secolo la trovò indicata col nome di Intellavi,la volle parola corrotta da Inter lacus, sorgendo essa di-fatti fra il Lario ed il Ceresio.

Nella guerra decenne, incominciata col 1118 ed ulti-mata il 1127 fra Milano e Como, e nella quale le terredel Lario si scissero parteggiando per quella o per que-sta città, questi alpigiani furono utilissimi difensori diComo, e poscia, al tempo della dominazione spagnuola,divennero le loro terre feudo dei Marliani.

Bartolomeo Passerini, curato di Ramponio, terra dellaVall'Intelvi, nel 1806, indegnato che Napoleone tradissela libertà facendosi imperatore, alzò il vessillo della ri-bellione: lo seguirono gli altri curati di Dizasco e Cera-no e seco loro trassero altri generosi; ma privi di armi ed'ogni altro mezzo, pochi gendarmi bastarono a disper-derne il manipolo: e carcerati tutti, decapitati i capi, glialtri, dopo breve carcere, rimisero in libertà.

Di sè non diè a parlare la Vall'Intelvi se non nel 1833,quando essa ruminando una sollevazione ad ajutar laGiovine Italia, il governo Austriaco vi mandò il com-missario Piccinini ad arrestare un Piazzoli, che si davaper l'anima della cospirazione in quella parte; ma unafucilata stese morto il commissario, il Piazzoli riparò inIsvizzera e ogni cosa fu ultimata.

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A maggiori avvenimenti fu teatro invece negli anni1848 e 1859, quando la causa dell'italiana indipendenzafu intrapresa seriamente; ma a narrarli mi valgo di quan-to ne scrisse Gaetano Ferrabini e stampò a beneficiodella famiglia di Andrea Brenta, perocchè per essere ilFerrabini mio cognato, non m'è tolto dal ricordarlocome fervente patriota, egli essendo stato animoso vo-lontario nelle fazioni patrie allo Stelvio, dopo d'averavuto nelle cinque giornate di Milano mutilato più d'undito della destra mano dalle sciabole poliziesche. Comein quel di congiunto, metto franca la mano e senza scru-poli nel suo sacco22.

Argegno e la sua vallata singolarmente sono assaimemorabili, come dissi, per la loro insurrezionedell'autunno 1848, quando volevasi, rivoluzionando tut-ta la parte montuosa della Lombardia, ritentare il nostroriscatto.

Quell'ardimentoso rivolgimento, che si potrebbe ap-pellare l'ultimo disperato sforzo della Lombardia pervendicarsi a libertà, perchè già chiusa colla peggio lamale augurata campagna combattuta dall'armi sardecontro gli Austriaci colla capitolazione di Milano, fuiniziato in Argegno da Andrea Brenta, nativo di Varen-na, ostiere e fornajo di San Fedele d'Intelvi, ove si stabi-lì fin dal 1833; uomo, che comunque di volgar condizio-ne, era nondimeno distinto per l'ardore di patriottici sen-timenti e degno al certo di più vasto ed importante arrin-22 Argegno e la Vall'Intelvi, negli anni 1848 e 1859 per Gaetano Ferrabini. Mi-lano 1860. Tip. Fratelli Borroni.

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A maggiori avvenimenti fu teatro invece negli anni1848 e 1859, quando la causa dell'italiana indipendenzafu intrapresa seriamente; ma a narrarli mi valgo di quan-to ne scrisse Gaetano Ferrabini e stampò a beneficiodella famiglia di Andrea Brenta, perocchè per essere ilFerrabini mio cognato, non m'è tolto dal ricordarlocome fervente patriota, egli essendo stato animoso vo-lontario nelle fazioni patrie allo Stelvio, dopo d'averavuto nelle cinque giornate di Milano mutilato più d'undito della destra mano dalle sciabole poliziesche. Comein quel di congiunto, metto franca la mano e senza scru-poli nel suo sacco22.

Argegno e la sua vallata singolarmente sono assaimemorabili, come dissi, per la loro insurrezionedell'autunno 1848, quando volevasi, rivoluzionando tut-ta la parte montuosa della Lombardia, ritentare il nostroriscatto.

Quell'ardimentoso rivolgimento, che si potrebbe ap-pellare l'ultimo disperato sforzo della Lombardia pervendicarsi a libertà, perchè già chiusa colla peggio lamale augurata campagna combattuta dall'armi sardecontro gli Austriaci colla capitolazione di Milano, fuiniziato in Argegno da Andrea Brenta, nativo di Varen-na, ostiere e fornajo di San Fedele d'Intelvi, ove si stabi-lì fin dal 1833; uomo, che comunque di volgar condizio-ne, era nondimeno distinto per l'ardore di patriottici sen-timenti e degno al certo di più vasto ed importante arrin-22 Argegno e la Vall'Intelvi, negli anni 1848 e 1859 per Gaetano Ferrabini. Mi-lano 1860. Tip. Fratelli Borroni.

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go. Disceso costui, poco dopo la metà dell'ottobre, adArgegno con soli quattro determinati compagni (fra cuipiacemi segnalare il prete don Francesco Cavalli, in al-lora parroco del luogo di Pigra), vi disarmò subito la im-periale gendarmeria, e cacciandosi poi nella vallata, lafaceva insorgere tutta quanta.

Que' gendarmi disarmati si portavano di cheto aComo, ove riferivano l'accaduto al comandante militaredi questa città, generale Wimpfen. Il 27 di quel mese,ordinati da costui, giungevano ad Argegno, trasportatidai battelli a vapore, più di 700 Austriaci affin di repri-mere quel movimento. - Avviaronsi essi per la strada adestra della valle; ma giunti appena al luogo detto Ca-vrano, o Crotto del Piazza, poco oltre la chiesa di S. Si-sino, dovettero far sosta, perchè salutati da ben nudritamoschetteria dei nostri quivi destramente imboscati,quantunque non fossero questi che in numero di sette.Erano costoro il Brenta medesimo, i quattro suoi com-pagni, e Bernarda Niceforo e Grandi Andrea detto Bo-tris di Argegno, i quali eransi ad essi aggiunti. - Si im-pegnò allora uno scambio non interrotto di fucilate, chelasciò credere a quelli di parte avversa che assai più nu-merosi fossero i sollevati coi quali avevano a fare, e nons'ebbe in quel primo scontro a lamentare dai nostri alcundanno, nè a perdere, ciò che meglio importava, la posi-zione.

Il mattino del dì susseguente (28), gli Austriaci ripre-sero primi il fuoco, senza osare, per altro, avanzarsi ol-tre il summentovato luogo, certo sospettando che l'avvi-

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go. Disceso costui, poco dopo la metà dell'ottobre, adArgegno con soli quattro determinati compagni (fra cuipiacemi segnalare il prete don Francesco Cavalli, in al-lora parroco del luogo di Pigra), vi disarmò subito la im-periale gendarmeria, e cacciandosi poi nella vallata, lafaceva insorgere tutta quanta.

Que' gendarmi disarmati si portavano di cheto aComo, ove riferivano l'accaduto al comandante militaredi questa città, generale Wimpfen. Il 27 di quel mese,ordinati da costui, giungevano ad Argegno, trasportatidai battelli a vapore, più di 700 Austriaci affin di repri-mere quel movimento. - Avviaronsi essi per la strada adestra della valle; ma giunti appena al luogo detto Ca-vrano, o Crotto del Piazza, poco oltre la chiesa di S. Si-sino, dovettero far sosta, perchè salutati da ben nudritamoschetteria dei nostri quivi destramente imboscati,quantunque non fossero questi che in numero di sette.Erano costoro il Brenta medesimo, i quattro suoi com-pagni, e Bernarda Niceforo e Grandi Andrea detto Bo-tris di Argegno, i quali eransi ad essi aggiunti. - Si im-pegnò allora uno scambio non interrotto di fucilate, chelasciò credere a quelli di parte avversa che assai più nu-merosi fossero i sollevati coi quali avevano a fare, e nons'ebbe in quel primo scontro a lamentare dai nostri alcundanno, nè a perdere, ciò che meglio importava, la posi-zione.

Il mattino del dì susseguente (28), gli Austriaci ripre-sero primi il fuoco, senza osare, per altro, avanzarsi ol-tre il summentovato luogo, certo sospettando che l'avvi-

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Page 189: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

saglia del giorno innanzi accennasse ad una più estesapartecipazione di tutti i valligiani. - Con molto accorgi-mento erano i nostri gagliardi qua e là distribuiti, e die-tro le macchie degli alberi o gli accidenti del terrenomontuoso mascherati; sorprendente era la lestezza cheusavano nel ricaricare le bocche da fuoco; ed a tantopervenne da ultimo il loro ardimento, che il summento-vato Andrea Grandi, balzato solo fuor d'una macchia,stringendo sempre il proprio moschetto, simulando chealtri molti il seguitassero, li andava ad alta voce chia-mando ed eccitando a buttarsi su' nemici; a tal che que-sti ne furono sgomentati in guisa che gli fuggirono da-vanti. E così finalmente procedettero le cose in quelgiorno, che verso le due pomeridiane gli Austriaci, iquali già contavano perdite e feriti in buon dato, si tro-varono costretti a volger le spalle e discendere precipito-si e nella massima confusione, raccogliendosi a malapena in Argegno. - Avevano però prima gli infami, se-guendo il barbaro loro costume, appiccato il fuoco aventotto cascinali e a due crotti, di cui uno del Piazza, lerovine del quale veggonsi ancora oggidì.

In Argegno, a rifarsi della vergognosa ritirata, usaro-no con quei terrieri, senza riguardo a sesso ed età, ognimodo di violenze, mali trattamenti e minaccie; e tolticon loro sette uomini del paese quali ostaggi, nelle per-sone di Antonio Cresseri, Francesco Peroni, AdrianoBalzaretti, Santo Scotti, Giovanni Rigatti, GiovanniSanti ed altro di cui non si ha il nome, s'imbarcarono esi ricondussero a Como.

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saglia del giorno innanzi accennasse ad una più estesapartecipazione di tutti i valligiani. - Con molto accorgi-mento erano i nostri gagliardi qua e là distribuiti, e die-tro le macchie degli alberi o gli accidenti del terrenomontuoso mascherati; sorprendente era la lestezza cheusavano nel ricaricare le bocche da fuoco; ed a tantopervenne da ultimo il loro ardimento, che il summento-vato Andrea Grandi, balzato solo fuor d'una macchia,stringendo sempre il proprio moschetto, simulando chealtri molti il seguitassero, li andava ad alta voce chia-mando ed eccitando a buttarsi su' nemici; a tal che que-sti ne furono sgomentati in guisa che gli fuggirono da-vanti. E così finalmente procedettero le cose in quelgiorno, che verso le due pomeridiane gli Austriaci, iquali già contavano perdite e feriti in buon dato, si tro-varono costretti a volger le spalle e discendere precipito-si e nella massima confusione, raccogliendosi a malapena in Argegno. - Avevano però prima gli infami, se-guendo il barbaro loro costume, appiccato il fuoco aventotto cascinali e a due crotti, di cui uno del Piazza, lerovine del quale veggonsi ancora oggidì.

In Argegno, a rifarsi della vergognosa ritirata, usaro-no con quei terrieri, senza riguardo a sesso ed età, ognimodo di violenze, mali trattamenti e minaccie; e tolticon loro sette uomini del paese quali ostaggi, nelle per-sone di Antonio Cresseri, Francesco Peroni, AdrianoBalzaretti, Santo Scotti, Giovanni Rigatti, GiovanniSanti ed altro di cui non si ha il nome, s'imbarcarono esi ricondussero a Como.

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Page 190: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Di quei sette statichi, i quali non è a dirsi a quali equanti insulti e tormenti avessero, contro il diritto dellegenti, a patire per opera di quei sicarî piuttosto che sol-dati, basterà rammentare come venissero tenuti per bendue intere giornate colle mani legate al tergo e senzacibo, e non ne fossero poi rimessi liberi che sei; l'altro, ilCresseri, uomo di avanzata età, ammogliato e con figli,essendo barbaramente fucilato in Como a' 17 novembredi quell'anno, perchè lo si volle ritenere proprietario diuna pistola sguernita di acciarino, rinvenuta dietro unmuricciolo in Argegno presso cui s'era trovato nel mo-mento del di lui arresto. - In quella stessa occasione chel'infelice Cresseri veniva messo a morte, questi avevasia compagno di pena un tal De Maestri di Orzinovi, in-colpato d'aver donate dodici lire a due giovani di una fa-miglia ungherese.

Il Comitato della Emigrazione Italiana residente inLugano, al quale avevano fatto ricapito dal precedenteagosto gran parte di coloro che avevano anteposto l'esi-glio al ritornare sotto gli artigli dell'Austria, venuto a co-gnizione di quella sollevazione, nella speranza avesseessa a prendere più vaste proporzioni, decretò sostener-la; e mandò a tale uopo danaro, armi e munizioni, e piùdi 400 militi, de' quali il maggior numero disertori dallebandiere dell'Austria, capitanati una parte dal generaleD'Apice, l'altra dal comandante Arcioni.

Nella Chiesa di S. Sisino, posta a breve distanza so-pra Argegno, venne istituito un governo insurrezionaleper la provincia di Como, il quale assumesse la direzio-

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Di quei sette statichi, i quali non è a dirsi a quali equanti insulti e tormenti avessero, contro il diritto dellegenti, a patire per opera di quei sicarî piuttosto che sol-dati, basterà rammentare come venissero tenuti per bendue intere giornate colle mani legate al tergo e senzacibo, e non ne fossero poi rimessi liberi che sei; l'altro, ilCresseri, uomo di avanzata età, ammogliato e con figli,essendo barbaramente fucilato in Como a' 17 novembredi quell'anno, perchè lo si volle ritenere proprietario diuna pistola sguernita di acciarino, rinvenuta dietro unmuricciolo in Argegno presso cui s'era trovato nel mo-mento del di lui arresto. - In quella stessa occasione chel'infelice Cresseri veniva messo a morte, questi avevasia compagno di pena un tal De Maestri di Orzinovi, in-colpato d'aver donate dodici lire a due giovani di una fa-miglia ungherese.

Il Comitato della Emigrazione Italiana residente inLugano, al quale avevano fatto ricapito dal precedenteagosto gran parte di coloro che avevano anteposto l'esi-glio al ritornare sotto gli artigli dell'Austria, venuto a co-gnizione di quella sollevazione, nella speranza avesseessa a prendere più vaste proporzioni, decretò sostener-la; e mandò a tale uopo danaro, armi e munizioni, e piùdi 400 militi, de' quali il maggior numero disertori dallebandiere dell'Austria, capitanati una parte dal generaleD'Apice, l'altra dal comandante Arcioni.

Nella Chiesa di S. Sisino, posta a breve distanza so-pra Argegno, venne istituito un governo insurrezionaleper la provincia di Como, il quale assumesse la direzio-

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Page 191: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ne del movimento e delle operazioni militari; e allora fuche molti altri paesi del lago insorsero del pari, e corse-ro ad ajutare la insurrezione.

Così provocati in più audace e considerevole modogli Austriaci, ritornati in grosso corpo, tentarono essi piùvolte di penetrare nella Valle, non per le vie di Argegnosoltanto, sibbene da varie altre direzioni; ma furonosempre e gagliardamente dovunque respinti con gravis-simi loro danni, finchè nel giorno 3 novembre, dopoaver sostenuto con quelli del lago un breve fuoco, riu-scirono, scortati da due guide di Finanza - Pensa e Mel-loni - che a loro vergogna van ricordati, a salire per ilBisbino, e avanzandosi a rapida marcia, pervennero poiad impadronirsi delle vette dei monti che fiancheggianoa sinistra la parte della Vall'Intelvi, la qual si chiama diSchignano, dal paese di tal nome - ciò che non sarebbestato loro possibile certamente, se il generale D'Apice,che fin dal giorno avanti occupava co' suoi 200 bravisoldati quelle cime, veduti da lontano gli Austriaci, nonavesse fatto retrocedere la sua truppa infino a Schigna-no. -

È la gente di questo paese assai rimarchevole perislancio, per coraggio e per costanza in tutto che riguar-da alla patria libertà: e dove il D'Apice avesse fatto de-bito assegnamento su di essa, avrebbe indubbiamentetrovato nella medesima un validissimo appoggio. Maegli, riuniti e fatti schierare sulla piazza comunale tuttigli uomini suoi, che sommavano, come si è detto, a me-glio di 400, ordinò loro la marcia di ritirata per le gole

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ne del movimento e delle operazioni militari; e allora fuche molti altri paesi del lago insorsero del pari, e corse-ro ad ajutare la insurrezione.

Così provocati in più audace e considerevole modogli Austriaci, ritornati in grosso corpo, tentarono essi piùvolte di penetrare nella Valle, non per le vie di Argegnosoltanto, sibbene da varie altre direzioni; ma furonosempre e gagliardamente dovunque respinti con gravis-simi loro danni, finchè nel giorno 3 novembre, dopoaver sostenuto con quelli del lago un breve fuoco, riu-scirono, scortati da due guide di Finanza - Pensa e Mel-loni - che a loro vergogna van ricordati, a salire per ilBisbino, e avanzandosi a rapida marcia, pervennero poiad impadronirsi delle vette dei monti che fiancheggianoa sinistra la parte della Vall'Intelvi, la qual si chiama diSchignano, dal paese di tal nome - ciò che non sarebbestato loro possibile certamente, se il generale D'Apice,che fin dal giorno avanti occupava co' suoi 200 bravisoldati quelle cime, veduti da lontano gli Austriaci, nonavesse fatto retrocedere la sua truppa infino a Schigna-no. -

È la gente di questo paese assai rimarchevole perislancio, per coraggio e per costanza in tutto che riguar-da alla patria libertà: e dove il D'Apice avesse fatto de-bito assegnamento su di essa, avrebbe indubbiamentetrovato nella medesima un validissimo appoggio. Maegli, riuniti e fatti schierare sulla piazza comunale tuttigli uomini suoi, che sommavano, come si è detto, a me-glio di 400, ordinò loro la marcia di ritirata per le gole

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che transitano al territorio della Svizzera.Perchè mai questo generale aveva egli lasciato sco-

perto il passo alla Valle dalla parte del Bisbino?.... Per-chè non ha poi riparato a tale mancanza approfittandodelle magnifiche posizioni che avrebbe potuto agevol-mente tenere con duecento militi valenti come quelli cheerano sotto i proprî comandi, ed ardentissimi inoltre dibattersi per la libertà d'Italia, e da dove si sarebbe potutodi leggieri, non che impedire al nemico d'inoltrarsi, re-spingerlo e sbaragliarlo quantunque assai superiore diforze; ed ordinava invece, all'appressarsi degli Austriaci,l'abbandono vigliacco di quel campo senza colpo ferire,lasciando così ai medesimi libera la via a discenderenella insorta vallata, che metteva poi tutta in loro balíaed in preda alle loro vendette?

Operò così il D'Apice per codardia, ovvero per tradi-mento?.... Non si potè da alcuno asserire se per l'una oper l'altro; soltanto corse voce allora che forti dissidîfossero nati tra lui e il comandante Arcioni: certo è cheegli bruttò la sua fama con quel fatto, che ridusse quellanobile insurrezione alle proporzioni d'una inutile fazio-ne, che valse a nuovo pretesto alla bestiale ferocia deinostri oppressori.

Perdurando nella lotta con tanto vigore ed entusiasmofino allora sostenuta, ed alla quale avevan già presa par-te energica molti altri paesi del lago, è a credersi che,caldi com'erano tuttavia in quei giorni gli animi lombar-di, si sarebbe tradotta in fatto la idea preconcetta di redi-mere nuovamente colla rivoluzione la Lombardia. Pe-

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che transitano al territorio della Svizzera.Perchè mai questo generale aveva egli lasciato sco-

perto il passo alla Valle dalla parte del Bisbino?.... Per-chè non ha poi riparato a tale mancanza approfittandodelle magnifiche posizioni che avrebbe potuto agevol-mente tenere con duecento militi valenti come quelli cheerano sotto i proprî comandi, ed ardentissimi inoltre dibattersi per la libertà d'Italia, e da dove si sarebbe potutodi leggieri, non che impedire al nemico d'inoltrarsi, re-spingerlo e sbaragliarlo quantunque assai superiore diforze; ed ordinava invece, all'appressarsi degli Austriaci,l'abbandono vigliacco di quel campo senza colpo ferire,lasciando così ai medesimi libera la via a discenderenella insorta vallata, che metteva poi tutta in loro balíaed in preda alle loro vendette?

Operò così il D'Apice per codardia, ovvero per tradi-mento?.... Non si potè da alcuno asserire se per l'una oper l'altro; soltanto corse voce allora che forti dissidîfossero nati tra lui e il comandante Arcioni: certo è cheegli bruttò la sua fama con quel fatto, che ridusse quellanobile insurrezione alle proporzioni d'una inutile fazio-ne, che valse a nuovo pretesto alla bestiale ferocia deinostri oppressori.

Perdurando nella lotta con tanto vigore ed entusiasmofino allora sostenuta, ed alla quale avevan già presa par-te energica molti altri paesi del lago, è a credersi che,caldi com'erano tuttavia in quei giorni gli animi lombar-di, si sarebbe tradotta in fatto la idea preconcetta di redi-mere nuovamente colla rivoluzione la Lombardia. Pe-

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rocchè, alimentata la sollevazione e mantenuto inviola-bile quel centro d'opposizione per alcuni mesi ancora,avrebbe di non poco contribuito alla campagna che siaprì nel marzo del successivo anno; e divergendo partedelle forze nemiche e costituendo un nucleo importante,sarebbe stato un freno ai tradimenti che disonestarono inquell'epoca il nome italiano e la nostra causa, ed un ec-citamento a non vederla finita nella giornata infelice diNovara.

I pochi dei nostri, quelli cioè di Argegno e della val-lata cui s'erano collegati alcuni Ungheresi disertoridell'Austria, trovatisi soli nel vasto campo, distesisi incatena pel monte S. Bernardo, sperarono un momento,dandosi a molestare il nemico che loro stava di fronte,di potersi ancora sostenere. Ma dopo poche ore di acca-nito combattimento, scarsi troppo di numero, privi di chisapesse con valentia dirigerli, difettosi affatto di viveri edisperando soccorsi, cessarono, ma onoratamente, dalloro gagliardo e generoso proposito.

Gli Austriaci, cui erano toccate nei diversi fatti diquella rivoluzione considerevoli perdite, baldanzosi ditrovarsi finalmente - senza alcun loro merito - padronidi quei luoghi, si diedero a fare stragi e mal governo.

Il Casino, detto dei Signori, posto sulla cresta dellamontagna alla destra di Schignano e che dà alla Svizze-ra, fu da loro saccheggiato: la povera osteria del Brenta,noto ad essi per il promotore di quella sollevazione, soq-quadrarono tutta quanta e poi diedero alle fiamme, sìche fu tolta alla diserta famiglia di lui, che s'era di là in-

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rocchè, alimentata la sollevazione e mantenuto inviola-bile quel centro d'opposizione per alcuni mesi ancora,avrebbe di non poco contribuito alla campagna che siaprì nel marzo del successivo anno; e divergendo partedelle forze nemiche e costituendo un nucleo importante,sarebbe stato un freno ai tradimenti che disonestarono inquell'epoca il nome italiano e la nostra causa, ed un ec-citamento a non vederla finita nella giornata infelice diNovara.

I pochi dei nostri, quelli cioè di Argegno e della val-lata cui s'erano collegati alcuni Ungheresi disertoridell'Austria, trovatisi soli nel vasto campo, distesisi incatena pel monte S. Bernardo, sperarono un momento,dandosi a molestare il nemico che loro stava di fronte,di potersi ancora sostenere. Ma dopo poche ore di acca-nito combattimento, scarsi troppo di numero, privi di chisapesse con valentia dirigerli, difettosi affatto di viveri edisperando soccorsi, cessarono, ma onoratamente, dalloro gagliardo e generoso proposito.

Gli Austriaci, cui erano toccate nei diversi fatti diquella rivoluzione considerevoli perdite, baldanzosi ditrovarsi finalmente - senza alcun loro merito - padronidi quei luoghi, si diedero a fare stragi e mal governo.

Il Casino, detto dei Signori, posto sulla cresta dellamontagna alla destra di Schignano e che dà alla Svizze-ra, fu da loro saccheggiato: la povera osteria del Brenta,noto ad essi per il promotore di quella sollevazione, soq-quadrarono tutta quanta e poi diedero alle fiamme, sìche fu tolta alla diserta famiglia di lui, che s'era di là in-

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volata e ramingava altrove, la speranza perfino del ritor-no: fucilarono un tal Domenico Ceresa detto Tardett diSchignano, che tentava sottrarre alla loro rapacità i pro-prî armenti, ed un Ungherese che, diretto alla Svizzera,si era per quelle vie smarrito.

La insurrezione per tal guisa soffocata, ebbero la Val-le Intelvi ed Argegno a deplorare in seguito, oltre adenormi contribuzioni, la carcerazione e la morte di pa-recchi individui che furono dei più risoluti, il cui arrestoavvenne nella festa di Pasqua del 1849 in una osteria diCasasco, chiamata del Foino, dove i medesimi trovavan-si tuttora armati; e ciò in seguito a delazione fatta dallaGendarmeria di Castiglione di Intelvi all'I. R. ComandoMilitare di Como. - Costoro erano: Andrea Brenta, Giu-seppe Manzoni, detto Rossin, un disertore ungherese,Giovanni Pizzala, Niceforo e Luigi Bernarda, uno sviz-zero ed un varesotto.

Meno i primi tre, che furono fucilati nel sesto giornodopo la suddetta Pasqua, cioè a mezzo l'aprile (14), glialtri ottennero poi la libertà, perchè s'avesse anche il do-vere di proclamare l'austriaca clemenza. Taluni di questiultimi per altro, onde assicurarsi della vita, dovettero to-sto emigrare, conscî che l'Austria non perdona e nonoblía.

Brenta, il caldo patriota, l'iniziatore di quell'insurre-zione, andò incontro alla morte da coraggioso ed intre-pido, siccome aveva vissuto. Egli contava soli 37 anni.Sul luogo del supplizio, che fu il piano della Camerlata,stringendo la croce, simbolo del comune riscatto, rivolse

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volata e ramingava altrove, la speranza perfino del ritor-no: fucilarono un tal Domenico Ceresa detto Tardett diSchignano, che tentava sottrarre alla loro rapacità i pro-prî armenti, ed un Ungherese che, diretto alla Svizzera,si era per quelle vie smarrito.

La insurrezione per tal guisa soffocata, ebbero la Val-le Intelvi ed Argegno a deplorare in seguito, oltre adenormi contribuzioni, la carcerazione e la morte di pa-recchi individui che furono dei più risoluti, il cui arrestoavvenne nella festa di Pasqua del 1849 in una osteria diCasasco, chiamata del Foino, dove i medesimi trovavan-si tuttora armati; e ciò in seguito a delazione fatta dallaGendarmeria di Castiglione di Intelvi all'I. R. ComandoMilitare di Como. - Costoro erano: Andrea Brenta, Giu-seppe Manzoni, detto Rossin, un disertore ungherese,Giovanni Pizzala, Niceforo e Luigi Bernarda, uno sviz-zero ed un varesotto.

Meno i primi tre, che furono fucilati nel sesto giornodopo la suddetta Pasqua, cioè a mezzo l'aprile (14), glialtri ottennero poi la libertà, perchè s'avesse anche il do-vere di proclamare l'austriaca clemenza. Taluni di questiultimi per altro, onde assicurarsi della vita, dovettero to-sto emigrare, conscî che l'Austria non perdona e nonoblía.

Brenta, il caldo patriota, l'iniziatore di quell'insurre-zione, andò incontro alla morte da coraggioso ed intre-pido, siccome aveva vissuto. Egli contava soli 37 anni.Sul luogo del supplizio, che fu il piano della Camerlata,stringendo la croce, simbolo del comune riscatto, rivolse

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al popolo efficaci parole di fede sulla redenzione dellapatria nostra, e moriva, come muoiono gli eroi, ricusan-do aver bendati gli occhi, poichè il morir per la patrianon l'atterriva, e gridando: Viva Italia! Lo stesso ufficia-le austriaco, che dovette comandare di far fuoco sopra dilui, fu talmente commosso da cotanto patriottismo ed in-trepidezza, ch'ebbe a dire, che se gli fosse stato possibi-le, avrebbe voluto ad ogni costo salvar la vita di quelmagnanimo. - Mentre veniva tradotto al luogo della ese-cuzione, al Giuseppe Manzoni che doveva subir l'egualpena e che si lamentava di dover per quel modo morire,così francamente parlava il Brenta: Taci, e tienti conten-to, chè anche tu hai fatta la tua parte!

Queste prove d'eroismo si rinnovarono fortunatamen-te spesso tra noi in questi ultimi anni di lotta; e si vor-rebbe che a perpetua memoria si scolpissero i nomi e ifasti gloriosi in marmorei monumenti, e che il paese nonfosse così trascurato, siccome si mostra, della poveracondizione delle famiglie de' suoi martiri. Chi finora hapensato a quella, per esempio, numerosa del Brenta? -Egli lasciava nella desolazione e nella miseria la mogliee nove teneri figli, che ancora attendono che la patriapaghi inverso di essi il debito della riconoscenza.

Ridotta la Valle Intelvi ed Argegno al silenzio, gittatinella costernazione per la morte di tanti suoi valorosi,non si diedero i loro abitatori a vigliacco avvilimento;ma chiusi nelle più generose aspirazioni, tenendol'occhio alla capitale d'onde muovevano quotidianamen-te esempî di ostinata opposizione contra l'austriaco go-

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al popolo efficaci parole di fede sulla redenzione dellapatria nostra, e moriva, come muoiono gli eroi, ricusan-do aver bendati gli occhi, poichè il morir per la patrianon l'atterriva, e gridando: Viva Italia! Lo stesso ufficia-le austriaco, che dovette comandare di far fuoco sopra dilui, fu talmente commosso da cotanto patriottismo ed in-trepidezza, ch'ebbe a dire, che se gli fosse stato possibi-le, avrebbe voluto ad ogni costo salvar la vita di quelmagnanimo. - Mentre veniva tradotto al luogo della ese-cuzione, al Giuseppe Manzoni che doveva subir l'egualpena e che si lamentava di dover per quel modo morire,così francamente parlava il Brenta: Taci, e tienti conten-to, chè anche tu hai fatta la tua parte!

Queste prove d'eroismo si rinnovarono fortunatamen-te spesso tra noi in questi ultimi anni di lotta; e si vor-rebbe che a perpetua memoria si scolpissero i nomi e ifasti gloriosi in marmorei monumenti, e che il paese nonfosse così trascurato, siccome si mostra, della poveracondizione delle famiglie de' suoi martiri. Chi finora hapensato a quella, per esempio, numerosa del Brenta? -Egli lasciava nella desolazione e nella miseria la mogliee nove teneri figli, che ancora attendono che la patriapaghi inverso di essi il debito della riconoscenza.

Ridotta la Valle Intelvi ed Argegno al silenzio, gittatinella costernazione per la morte di tanti suoi valorosi,non si diedero i loro abitatori a vigliacco avvilimento;ma chiusi nelle più generose aspirazioni, tenendol'occhio alla capitale d'onde muovevano quotidianamen-te esempî di ostinata opposizione contra l'austriaco go-

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verno, stettero aspettando che suonasse nuovamentel'ora della riscossa. Impazienti per altro taluni de' sunno-minati, fra cui l'Andrea Grandi e un de' Bernarda,nell'atto che dalla Svizzera, nell'anno 1854, stavano ri-portando alle loro case le armi che avean ricevuto dalpartito d'azione in Lugano, venivano arrestati e tradottinelle segrete di Mantova, da dove, dopo la tortura inqui-sitoria di quei famigerati che furono Sanchez e Pichler,uscirono condannati agli ergastoli di Padova, da cui ven-nero liberati dall'amnistia del 1857, prima conseguenzadel congresso di Plombières.

Dieci anni durò la dolorosa prova e l'aspettazione de-gli animi: spuntò finalmente il 1859.

Voci di guerra, mosse primamente dalle sponde dellaSenna, corsero presto anche le rive del Lario: il tempodella rivincita si appressava, quello dell'espiazione perl'Austria era imminente.

Non tardò essa a scoppiare: noi tutti salutammo felicie benedicemmo la terribile distruggitrice dell'uman ge-nere, la grande sventura dei popoli, la guerra: era essal'unico mezzo onde porre fine alla sventura ancora piùgrande e deplorabile, la oppressione straniera.

Sul principiar della guerra di quell'anno, Argegno, frai più ardenti paesi di Lombardia, fremeva attendendo ilmomento propizio di infrangere alla sua volta, e persempre, il giogo della schiavitù.

Son note le ragioni che servirono a rompere le ostilitàfra Piemonte ed Austria, ad allearsi Sardegna e Francia;son noti i gloriosi combattimenti dell'armi alleate: io

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verno, stettero aspettando che suonasse nuovamentel'ora della riscossa. Impazienti per altro taluni de' sunno-minati, fra cui l'Andrea Grandi e un de' Bernarda,nell'atto che dalla Svizzera, nell'anno 1854, stavano ri-portando alle loro case le armi che avean ricevuto dalpartito d'azione in Lugano, venivano arrestati e tradottinelle segrete di Mantova, da dove, dopo la tortura inqui-sitoria di quei famigerati che furono Sanchez e Pichler,uscirono condannati agli ergastoli di Padova, da cui ven-nero liberati dall'amnistia del 1857, prima conseguenzadel congresso di Plombières.

Dieci anni durò la dolorosa prova e l'aspettazione de-gli animi: spuntò finalmente il 1859.

Voci di guerra, mosse primamente dalle sponde dellaSenna, corsero presto anche le rive del Lario: il tempodella rivincita si appressava, quello dell'espiazione perl'Austria era imminente.

Non tardò essa a scoppiare: noi tutti salutammo felicie benedicemmo la terribile distruggitrice dell'uman ge-nere, la grande sventura dei popoli, la guerra: era essal'unico mezzo onde porre fine alla sventura ancora piùgrande e deplorabile, la oppressione straniera.

Sul principiar della guerra di quell'anno, Argegno, frai più ardenti paesi di Lombardia, fremeva attendendo ilmomento propizio di infrangere alla sua volta, e persempre, il giogo della schiavitù.

Son note le ragioni che servirono a rompere le ostilitàfra Piemonte ed Austria, ad allearsi Sardegna e Francia;son noti i gloriosi combattimenti dell'armi alleate: io

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non mi arresterò a tener conto di essi, onde venir difilatoall'argomento mio.

Giunse il 26 maggio: in quel mattino un battello a va-pore percorreva il lago annunciando ai varî paesi d'ambele sponde, allo scopo di farli insorgere, la vittoria ripor-tata dal corpo del prode Garibaldi a Malnate, terra fraVarese e Como. Ognuno sa come il fatato Nizzardo,spiccatosi coi Cacciatori delle Alpi da lui comandati dalnucleo dell'esercito alleato, si fosse condotto pei paesidel Lago Maggiore a Varese, e di là avesse incominciatouna serie di gloriosi combattimenti, di fatti d'armi arditie fortunati: e però la notizia che si diffondeva era di nondubbia importanza.

Don Battista Rosati, vicario della parrocchialed'Argegno, uomo svisceratissimo della sua patria, italia-no in cui fu sempre calda la fede della redenzione diessa, e che molto si adoperò nei tempi difficili a propa-garla in quei dintorni, onde vi fosse prontezza d'ajuti nelgiorno del cimento, messosi in un burchio, andò incon-tro a quel piroscafo per aver nuove da Como, e vi rac-colse infatti la fausta novella.

Ritornato costui alla sponda d'Argegno, non è a dirsicon quale accento di giubilo e di entusiasmo gridasse a'suoi conterranei: Figliuoli, viva Italia! - l'ora segnatadalla Provvidenza è giunta - vittoria di Garibaldi aMalnate - il generale Garibaldi colle sue valorose trup-pe è in vicinanza di Como. - Ringraziamo Iddio, e fac-ciamo tosto il dover nostro.

E la gente d'Argegno fu pronta e sollecita alla riscos-

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non mi arresterò a tener conto di essi, onde venir difilatoall'argomento mio.

Giunse il 26 maggio: in quel mattino un battello a va-pore percorreva il lago annunciando ai varî paesi d'ambele sponde, allo scopo di farli insorgere, la vittoria ripor-tata dal corpo del prode Garibaldi a Malnate, terra fraVarese e Como. Ognuno sa come il fatato Nizzardo,spiccatosi coi Cacciatori delle Alpi da lui comandati dalnucleo dell'esercito alleato, si fosse condotto pei paesidel Lago Maggiore a Varese, e di là avesse incominciatouna serie di gloriosi combattimenti, di fatti d'armi arditie fortunati: e però la notizia che si diffondeva era di nondubbia importanza.

Don Battista Rosati, vicario della parrocchialed'Argegno, uomo svisceratissimo della sua patria, italia-no in cui fu sempre calda la fede della redenzione diessa, e che molto si adoperò nei tempi difficili a propa-garla in quei dintorni, onde vi fosse prontezza d'ajuti nelgiorno del cimento, messosi in un burchio, andò incon-tro a quel piroscafo per aver nuove da Como, e vi rac-colse infatti la fausta novella.

Ritornato costui alla sponda d'Argegno, non è a dirsicon quale accento di giubilo e di entusiasmo gridasse a'suoi conterranei: Figliuoli, viva Italia! - l'ora segnatadalla Provvidenza è giunta - vittoria di Garibaldi aMalnate - il generale Garibaldi colle sue valorose trup-pe è in vicinanza di Como. - Ringraziamo Iddio, e fac-ciamo tosto il dover nostro.

E la gente d'Argegno fu pronta e sollecita alla riscos-

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Page 198: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

sa. Avendo a capo quel medesimo prete, parecchi, de'quali i nomi sono: Plinio Peroni, Giacomo Bernarda,Tomaso Spinelli, Antonio, Luigi e Santino fratelli Rosa-ti, Costante Ambrosoli, Pasquale Grandi, Carlo Fraquel-li, Antonio Visini, Giacomo e Antonio fratelli Grandi,Ernesto Bernarda, Carlo Patriarca, Andrea Grandi, Eu-genio Zucchi, G. B. Bosisio ed Eugenio Bernarda - ri-strettisi insieme, disarmarono in quel Comune i soldatiaustriaci, i finanzieri e i gendarmi; indi percorrendo lavalle, dove si unì loro, prestando energico ajuto, un gio-vane milanese, l'ingegnere Tizzoni, che per lavori cen-suari colà si ritrovava, operarono dovunque il disarmodelle guardie di Finanza, fecero l'arresto del commissa-rio di dette guardie in San Fedele d'Intelvi, signor Duri-ni, uomo che si rese indegno del nome italiano e della il-lustre famiglia alla quale appartiene; e sarebbero purriusciti ad arrestare anche quelle due guide di Finanza,Pensa e Melloni, che nella rivoluzione della Vall'Intelvinel 1848 si erano infamati guidando gli Austriaci nelladetta valle per la via del Bisbino, se costoro, avvertendoal pericolo che lor sovrastava, non se ne fossero in tem-po sottratti. Essi vennero catturati in appresso per curadella R. Questura di Como.

Cotali atti della gente di Argegno devono dirsi disommo ardimento, considerato che nel giorno 26 mag-gio si compivano da quel solo paese, mentre le altre ter-re del lago se ne stavano ancora titubanti a cagione chel'Urban, generale dell'Austria, aveva in Como concen-trato un corpo di oltre dodicimila uomini, e si mostrava

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sa. Avendo a capo quel medesimo prete, parecchi, de'quali i nomi sono: Plinio Peroni, Giacomo Bernarda,Tomaso Spinelli, Antonio, Luigi e Santino fratelli Rosa-ti, Costante Ambrosoli, Pasquale Grandi, Carlo Fraquel-li, Antonio Visini, Giacomo e Antonio fratelli Grandi,Ernesto Bernarda, Carlo Patriarca, Andrea Grandi, Eu-genio Zucchi, G. B. Bosisio ed Eugenio Bernarda - ri-strettisi insieme, disarmarono in quel Comune i soldatiaustriaci, i finanzieri e i gendarmi; indi percorrendo lavalle, dove si unì loro, prestando energico ajuto, un gio-vane milanese, l'ingegnere Tizzoni, che per lavori cen-suari colà si ritrovava, operarono dovunque il disarmodelle guardie di Finanza, fecero l'arresto del commissa-rio di dette guardie in San Fedele d'Intelvi, signor Duri-ni, uomo che si rese indegno del nome italiano e della il-lustre famiglia alla quale appartiene; e sarebbero purriusciti ad arrestare anche quelle due guide di Finanza,Pensa e Melloni, che nella rivoluzione della Vall'Intelvinel 1848 si erano infamati guidando gli Austriaci nelladetta valle per la via del Bisbino, se costoro, avvertendoal pericolo che lor sovrastava, non se ne fossero in tem-po sottratti. Essi vennero catturati in appresso per curadella R. Questura di Como.

Cotali atti della gente di Argegno devono dirsi disommo ardimento, considerato che nel giorno 26 mag-gio si compivano da quel solo paese, mentre le altre ter-re del lago se ne stavano ancora titubanti a cagione chel'Urban, generale dell'Austria, aveva in Como concen-trato un corpo di oltre dodicimila uomini, e si mostrava

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disposto, bestiale siccome era, a far man bassa con chi-chessia avesse mostrato di partecipare al generale com-movimento; talchè da tutti si dicevano impazziti gli abi-tanti di Argegno.

I battelli a vapore del lago, che fin dal mattino di queldì si emanciparono dal servizio austriaco, ebbero in det-to giorno e nel susseguente ad unico sito di stazione lariva di Argegno: nè vi fu modo, finchè gli Austriaci ri-masero, che si riconducessero a Como, dov'erano istan-temente richiamati, perchè il capitano di uno di essi, loScannagatta, che collo scampanellar del suo piroscafo econ efficace parola avea contribuito potentemente a ban-dir quella sommossa, risoluto ad ogni audace impresa,seppe persuadere il rifiuto. - E gli abitanti di questo pae-se furono i primi altresì che, partendo la notte dal 27 al28, si portarono a Como per ricevervi festosamentel'invitto Garibaldi e la valorosa sua armata, alla quale siunirono tosto come volontarî ventitrè di essi Argegnesi.E qui è da notarsi che la popolazione di Argegno, som-mando soltanto a 650 anime, forniva con quei 23 volon-tarî un ben importante contingente alla guerra nazionale.

Onore pertanto a questa valorosa terra, onore a' suoianimosi abitanti!...

A coloro che, leggendo questo libro, avranno doman-dato a questa Escursione la semplice descrizione di luo-ghi, o romanzesche leggende, io penso che la narrazioneche ho fatto invece di antichi e gloriosi fatti e della pa-triottica partecipazione di questa amena e magnifica val-le all'epopea della italiana indipendenza, penso che sarà

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disposto, bestiale siccome era, a far man bassa con chi-chessia avesse mostrato di partecipare al generale com-movimento; talchè da tutti si dicevano impazziti gli abi-tanti di Argegno.

I battelli a vapore del lago, che fin dal mattino di queldì si emanciparono dal servizio austriaco, ebbero in det-to giorno e nel susseguente ad unico sito di stazione lariva di Argegno: nè vi fu modo, finchè gli Austriaci ri-masero, che si riconducessero a Como, dov'erano istan-temente richiamati, perchè il capitano di uno di essi, loScannagatta, che collo scampanellar del suo piroscafo econ efficace parola avea contribuito potentemente a ban-dir quella sommossa, risoluto ad ogni audace impresa,seppe persuadere il rifiuto. - E gli abitanti di questo pae-se furono i primi altresì che, partendo la notte dal 27 al28, si portarono a Como per ricevervi festosamentel'invitto Garibaldi e la valorosa sua armata, alla quale siunirono tosto come volontarî ventitrè di essi Argegnesi.E qui è da notarsi che la popolazione di Argegno, som-mando soltanto a 650 anime, forniva con quei 23 volon-tarî un ben importante contingente alla guerra nazionale.

Onore pertanto a questa valorosa terra, onore a' suoianimosi abitanti!...

A coloro che, leggendo questo libro, avranno doman-dato a questa Escursione la semplice descrizione di luo-ghi, o romanzesche leggende, io penso che la narrazioneche ho fatto invece di antichi e gloriosi fatti e della pa-triottica partecipazione di questa amena e magnifica val-le all'epopea della italiana indipendenza, penso che sarà

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stato di largo compenso, come sarà di più efficace ecci-tamento a percorrerla ed ammirarla.

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stato di largo compenso, come sarà di più efficace ecci-tamento a percorrerla ed ammirarla.

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ESCURSIONE DECIMAQUINTA.L'ISOLA COMACINA.

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ESCURSIONE DECIMAQUINTA.L'ISOLA COMACINA.

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Le cascate di Camoggia. - Colono. - Sala. - Villa Beccaria. - Zoc-ca dell'Olio. - Isola Comacina. - La sua storia. - La processionee la Scorobiessa. - Isola. - La torre del Soccorso. - Campo. - Lavilla Delmati. - Dosso di Lavedo. - Balbianello e la villa Arco-nati. - Il torrente Perlana. - La Madonna del Soccorso.

Riconducendoci ad Argegno, e da qui movendoall'insù del lago, seguendo la medesima sponda, dobbia-mo questa volta proporre a meta della nostra peregrina-zione questa Isola Comacina, un dì più famosa certo diquello non lo sia oggidì. Vi troveremo importanti me-morie di storici avvenimenti, che non sarà, per chi hacuore e amor di studî, discaro di ricordare.

Intanto lungheggiando questa sponda, la sua severità,che ebbe, a vero dire, il suo principio dalla punta di Tor-rigia, è divertita dalle bellissime cascate di Camoggia, lecui acque con molto fragore balzan dalle alture e spu-meggianti si gettano nel lago. Una semplice casetta dacontadino sta al piede del monte e testimonia che vi hachi sfrutta e que' pascoli e que' boschi.

Dopo un certo tratto silenzioso e disabitato, si presen-ta Colono, paesello, come Blevio, Careno, forse Corintoin antico, Palanzo, Lemna e Nesso che già visitammo, ilqual rivela nel suo nome, che ricorda altresì l'Edipo aColono di Sofocle, la presenza di una immigrazione gre-ca; la quale, come già altre volte notai, pur si manifestanel nome di altre terre, come Campo, che troverem trabreve, Lenno, Dorio e Dervio, forse anticamente Delfo;avvalorandosi così la credenza di coloro che pretesero

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Le cascate di Camoggia. - Colono. - Sala. - Villa Beccaria. - Zoc-ca dell'Olio. - Isola Comacina. - La sua storia. - La processionee la Scorobiessa. - Isola. - La torre del Soccorso. - Campo. - Lavilla Delmati. - Dosso di Lavedo. - Balbianello e la villa Arco-nati. - Il torrente Perlana. - La Madonna del Soccorso.

Riconducendoci ad Argegno, e da qui movendoall'insù del lago, seguendo la medesima sponda, dobbia-mo questa volta proporre a meta della nostra peregrina-zione questa Isola Comacina, un dì più famosa certo diquello non lo sia oggidì. Vi troveremo importanti me-morie di storici avvenimenti, che non sarà, per chi hacuore e amor di studî, discaro di ricordare.

Intanto lungheggiando questa sponda, la sua severità,che ebbe, a vero dire, il suo principio dalla punta di Tor-rigia, è divertita dalle bellissime cascate di Camoggia, lecui acque con molto fragore balzan dalle alture e spu-meggianti si gettano nel lago. Una semplice casetta dacontadino sta al piede del monte e testimonia che vi hachi sfrutta e que' pascoli e que' boschi.

Dopo un certo tratto silenzioso e disabitato, si presen-ta Colono, paesello, come Blevio, Careno, forse Corintoin antico, Palanzo, Lemna e Nesso che già visitammo, ilqual rivela nel suo nome, che ricorda altresì l'Edipo aColono di Sofocle, la presenza di una immigrazione gre-ca; la quale, come già altre volte notai, pur si manifestanel nome di altre terre, come Campo, che troverem trabreve, Lenno, Dorio e Dervio, forse anticamente Delfo;avvalorandosi così la credenza di coloro che pretesero

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aver qui, come pur già dissi, Giulio Cesare dedotta unacolonia ellenica di cinquecento uomini di prestanti fami-glie. E pare che gli abitatori di questi paesi serbassero lecostumanze antiche, computando gli anni dai consoli, erammentando l'autorità dell'imperatore greco sedente inCostantinopoli, quantunque non ne avesse su di essi giu-risdizione, negli anni di Cristo 571 e 572, a' quali accen-nano due lapidi latine che si distinguono tuttavia in Len-no, e che riferirò a suo luogo.

Tuttavia a Colono si hanno traccie sufficienti di colo-nia romana nei ricordi di un arco antico, che evidente-mente lo attestano di romana architettura.

Succede a Colono, Sala, paesello che vive di pesca-gione e sul confine del quale ha il suo letto il torrentePremonte, e sulla punta sporgente nel lago sorge la villaBeccaria, che appartenne a Cesare, l'immortale autoreDei Delitti e delle Pene e dove vi morì il suo degno fi-glio marchese Giulio; e la quale chi la visitò afferma so-migliare ad un buon libro che attiene più che non pro-metta.

Tutta questa parte, che forma un certo grazioso baci-no, la si può dire una primavera anche nel verno: laneve, se cala, vi sparisce subito: il verde vi è costante eperò agrumi e ulivi vi allignano, per la mitezza del cli-ma, all'aperto, nè i fiori han d'uopo di serre: lo stessoche sul lago Maggiore avviene ne' dintorni di Cannero,che si trovano nell'eguale condizione di postura. La cal-ma che anche regna nelle onde di questo seno, a cuil'isola forma quasi baluardo contro l'ira dei venti e dei

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aver qui, come pur già dissi, Giulio Cesare dedotta unacolonia ellenica di cinquecento uomini di prestanti fami-glie. E pare che gli abitatori di questi paesi serbassero lecostumanze antiche, computando gli anni dai consoli, erammentando l'autorità dell'imperatore greco sedente inCostantinopoli, quantunque non ne avesse su di essi giu-risdizione, negli anni di Cristo 571 e 572, a' quali accen-nano due lapidi latine che si distinguono tuttavia in Len-no, e che riferirò a suo luogo.

Tuttavia a Colono si hanno traccie sufficienti di colo-nia romana nei ricordi di un arco antico, che evidente-mente lo attestano di romana architettura.

Succede a Colono, Sala, paesello che vive di pesca-gione e sul confine del quale ha il suo letto il torrentePremonte, e sulla punta sporgente nel lago sorge la villaBeccaria, che appartenne a Cesare, l'immortale autoreDei Delitti e delle Pene e dove vi morì il suo degno fi-glio marchese Giulio; e la quale chi la visitò afferma so-migliare ad un buon libro che attiene più che non pro-metta.

Tutta questa parte, che forma un certo grazioso baci-no, la si può dire una primavera anche nel verno: laneve, se cala, vi sparisce subito: il verde vi è costante eperò agrumi e ulivi vi allignano, per la mitezza del cli-ma, all'aperto, nè i fiori han d'uopo di serre: lo stessoche sul lago Maggiore avviene ne' dintorni di Cannero,che si trovano nell'eguale condizione di postura. La cal-ma che anche regna nelle onde di questo seno, a cuil'isola forma quasi baluardo contro l'ira dei venti e dei

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flutti, ha fatto dare a questo tratto dagli abitanti del pae-se la denominazione di Zocca dell'Olio. Perocchè da-vanti a questa villa Beccaria si schierino a fianco Sala edavanti l'Isola Comacina, a cui eravamo diretti, e che èanche la sola isola del lago.

Essa conta tutta una storia; nè è a credersi che la suaestensione fosse quella che presenta oggidì, dovendocertamente essere stata maggiore, rôsa quindi all'intornodalle innondazioni che via ne trascinarono poco a pocomolto terreno.

Chi conobbe l'itinerario d'Antonino, vuole chedell'Isola Comacina vi sia fatta menzione: certo all'epo-ca dell'invasione longobarda cominciò ad essere teatrodi lotte animose e fiere. Un Francione, generale di Mau-rizio imperatore d'Oriente, vi si rifuggì e mantenne indi-pendente, l'isola appellando Cristopoli, quasi posta sottola protezione speciale di Cristo. Ma Autari, re longobar-do, la strinse e l'assalì vigorosamente con numerosa flot-tiglia, e dopo una gagliarda resistenza di sei mesi, l'ebbeper onorevole capitolazione di quel prode, che ottennedi ritirarsi colla moglie a Ravenna. Ricchissimo fu ilbottino che vi fe', occupandola, il longobardo.

Successivamente fu l'isola ricovero a Gaidulfo ducadi Bergamo, allorchè si ribellò a re Agilulfo; poi al reCuniberto, quando dovette cedere alla prevalenza delduca Alachi di Brescia; quindi alla famiglia di Auspran-do, dove per altro essa fu immolata dal suo nemico Ari-berto, che a maggiore vendetta smantellò anche l'isolache l'aveva ricoverata.

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flutti, ha fatto dare a questo tratto dagli abitanti del pae-se la denominazione di Zocca dell'Olio. Perocchè da-vanti a questa villa Beccaria si schierino a fianco Sala edavanti l'Isola Comacina, a cui eravamo diretti, e che èanche la sola isola del lago.

Essa conta tutta una storia; nè è a credersi che la suaestensione fosse quella che presenta oggidì, dovendocertamente essere stata maggiore, rôsa quindi all'intornodalle innondazioni che via ne trascinarono poco a pocomolto terreno.

Chi conobbe l'itinerario d'Antonino, vuole chedell'Isola Comacina vi sia fatta menzione: certo all'epo-ca dell'invasione longobarda cominciò ad essere teatrodi lotte animose e fiere. Un Francione, generale di Mau-rizio imperatore d'Oriente, vi si rifuggì e mantenne indi-pendente, l'isola appellando Cristopoli, quasi posta sottola protezione speciale di Cristo. Ma Autari, re longobar-do, la strinse e l'assalì vigorosamente con numerosa flot-tiglia, e dopo una gagliarda resistenza di sei mesi, l'ebbeper onorevole capitolazione di quel prode, che ottennedi ritirarsi colla moglie a Ravenna. Ricchissimo fu ilbottino che vi fe', occupandola, il longobardo.

Successivamente fu l'isola ricovero a Gaidulfo ducadi Bergamo, allorchè si ribellò a re Agilulfo; poi al reCuniberto, quando dovette cedere alla prevalenza delduca Alachi di Brescia; quindi alla famiglia di Auspran-do, dove per altro essa fu immolata dal suo nemico Ari-berto, che a maggiore vendetta smantellò anche l'isolache l'aveva ricoverata.

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Quivi pure rifugiavasi la famiglia di Berengario nel962 dall'irruenza delle armi del suo più felice competito-re Ottone di Germania, e gli abitanti di queste rive che,parteggiando per quest'ultimo, lo forzarono alla resa ene disarmarono il castello, ebbero in premio la confermadei diritti di comune all'isola nel seguente documento,che val la pena di conoscere:

"In nome della santa ed indivisibile Trinità, Ottone,per voler di Dio, imperatore augusto.

"Se assentiamo alla domanda degli altri nostri fedeli,molto più giustamente inclinar dobbiamo le orecchiealle preci della diletta consorte nostra. Sappiano dunquetutti i fedeli nostri e della santa Chiesa di Dio presenti efuturi, che Adelaide imperatrice augusta, moglie nostra,invocò la nostra clemenza, affinchè per amor suo gliabitanti dell'isola Comasca e del luogo che dicesi Me-naggio ricevessimo sotto la nostra tutela e confermassi-mo coll'autorità nostra i privilegi che ebbero dagli ante-cessori nostri e da noi stessi aventi l'unzione imperiale,cioè di non far oste, non aver l'albergario, non dar la cu-ratura, il terratico, il ripatico, e la decima del nostro re-gno, nè andar, se non tre volte l'anno, al placito generalein Milano. Tanto concediamo ecc. Dato all'ottavo avantile calende di settembre (25 agosto), anno dell'incarna-zione 962, I dell'impero del piissimo Ottone, indizioneV, in Como."

La giurisdizione politica dell'isola doveva estendersia que' giorni, oltre l'isola propriamente detta, a tutto iltratto da Argegno sino a Villa di Lenno, dall'una e

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Quivi pure rifugiavasi la famiglia di Berengario nel962 dall'irruenza delle armi del suo più felice competito-re Ottone di Germania, e gli abitanti di queste rive che,parteggiando per quest'ultimo, lo forzarono alla resa ene disarmarono il castello, ebbero in premio la confermadei diritti di comune all'isola nel seguente documento,che val la pena di conoscere:

"In nome della santa ed indivisibile Trinità, Ottone,per voler di Dio, imperatore augusto.

"Se assentiamo alla domanda degli altri nostri fedeli,molto più giustamente inclinar dobbiamo le orecchiealle preci della diletta consorte nostra. Sappiano dunquetutti i fedeli nostri e della santa Chiesa di Dio presenti efuturi, che Adelaide imperatrice augusta, moglie nostra,invocò la nostra clemenza, affinchè per amor suo gliabitanti dell'isola Comasca e del luogo che dicesi Me-naggio ricevessimo sotto la nostra tutela e confermassi-mo coll'autorità nostra i privilegi che ebbero dagli ante-cessori nostri e da noi stessi aventi l'unzione imperiale,cioè di non far oste, non aver l'albergario, non dar la cu-ratura, il terratico, il ripatico, e la decima del nostro re-gno, nè andar, se non tre volte l'anno, al placito generalein Milano. Tanto concediamo ecc. Dato all'ottavo avantile calende di settembre (25 agosto), anno dell'incarna-zione 962, I dell'impero del piissimo Ottone, indizioneV, in Como."

La giurisdizione politica dell'isola doveva estendersia que' giorni, oltre l'isola propriamente detta, a tutto iltratto da Argegno sino a Villa di Lenno, dall'una e

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dall'altra sponda.Gli isolani nella guerra dei dieci anni, dal 1118 al

1127, mossa dai Comaschi a' Milanesi stati prima amicicoi primi, poscia congiuntamente a Menaggio, Gravedo-na e a tutte quelle terre del lago ch'erano a queste vicine,lor si chiarirono avversi; onde i Comaschi ne tiraronvendetta, desolando molti loro paesi e l'isola, che da al-lora cessò d'essere popolata e dal dare a parlare di sè.

Oggi, a chi la vede, par non credibile che possa esserestata importante luogo: eppure fu scritto che sul ripianopiù elevato sorgesse il castello, che i pochi abitantiodierni additano ancora ove fosse; che ben nove chiesevi esistessero e che il vescovo Litigerio vi avesse collo-cato perfino una Collegiata di canonici.

Ruderi ad ogni modo di fortilizî veggonsi tuttavia,che si vanno però sempre struggendo, per sostituirvipiante e seminagioni, e in una festa annuale, nel 24 giu-gno, per antichissima tradizione, si riproduce intorno adessa una delle tante assurde e superstiziose scene, ondenon è libero ancora il cristianesimo del contado.

In quella giornata, sacra a San Giovanni Battista, ilclero in processione vi gira in una gran barca detta laScorobiessa, e negli anni addietro essa veniva altresì ac-compagnata dalla rappresentazione scenica della decol-lazione del Precursore.

Raffiguravasi il re Erode, che, in mezzo al suo corteo,comandava decapitarsi il santo, il qual doveva essere unfantoccio, perchè realmente si vedeva, al calar del fen-dente, balzare la testa e il sangue sprizzare da un otre

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dall'altra sponda.Gli isolani nella guerra dei dieci anni, dal 1118 al

1127, mossa dai Comaschi a' Milanesi stati prima amicicoi primi, poscia congiuntamente a Menaggio, Gravedo-na e a tutte quelle terre del lago ch'erano a queste vicine,lor si chiarirono avversi; onde i Comaschi ne tiraronvendetta, desolando molti loro paesi e l'isola, che da al-lora cessò d'essere popolata e dal dare a parlare di sè.

Oggi, a chi la vede, par non credibile che possa esserestata importante luogo: eppure fu scritto che sul ripianopiù elevato sorgesse il castello, che i pochi abitantiodierni additano ancora ove fosse; che ben nove chiesevi esistessero e che il vescovo Litigerio vi avesse collo-cato perfino una Collegiata di canonici.

Ruderi ad ogni modo di fortilizî veggonsi tuttavia,che si vanno però sempre struggendo, per sostituirvipiante e seminagioni, e in una festa annuale, nel 24 giu-gno, per antichissima tradizione, si riproduce intorno adessa una delle tante assurde e superstiziose scene, ondenon è libero ancora il cristianesimo del contado.

In quella giornata, sacra a San Giovanni Battista, ilclero in processione vi gira in una gran barca detta laScorobiessa, e negli anni addietro essa veniva altresì ac-compagnata dalla rappresentazione scenica della decol-lazione del Precursore.

Raffiguravasi il re Erode, che, in mezzo al suo corteo,comandava decapitarsi il santo, il qual doveva essere unfantoccio, perchè realmente si vedeva, al calar del fen-dente, balzare la testa e il sangue sprizzare da un otre

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Page 207: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

che vi era predisposto dentro, con immensa edificazionee gaudio della devota popolazione.

In seguito della suddetta guerra decenne, gli abitanti,parte ripararono a Varenna; gli altri si fabbricarono sullido le loro case, e il paese che ne uscì appellarono dalluogo che avevan dovuto abbandonare, Isola, dove risie-dette anche la Collegiata che ho testè ricordata.

Lasciando Isola, in su spingendo l'occhio, vedesi sud'un greppo un avanzo di torre, che denominano delSoccorso, di solida costruzione, quadrata, e che dovevaservire o di vedetta o di momentaneo rifugio.

Subito dopo Isola, è Campo, ove la villa che primaera dei Giovio, venduta poscia a Tolomeo Gallio, che diville sul lago n'ebbe più d'una, ebbe a ritornare di poi aiGiovio; nel 1787 venne da essi ceduta al cardinale An-gelo Durini, che l'ampliò ed arricchì di molto; e forse èquesta la villa del prelato, che, colla scorta dell'Amoret-ti, io cercavo a Moltrasio invanamente.

La superstizione, svegliata dal giuoco dei venti che viproducevano rumori, tenne lungo tempo disabitata lavilla; ma essa ora appartiene ai signori Delmati, chel'abitano senza tema che diavoli e fantasime vi faccianoridda e tregenda.

Proseguendo il cammino, giungesi al Dosso di Lave-do, ov'era prima un convento di Francescani, che, acqui-stato dallo splendido cardinale sunnominato, vi fabbricòun portico sull'eminenza, e ne costituì la villa che vi sivede, che si noma Balbianello, e spetta adesso al mar-chese Arconati. Da questa villa si domina il maraviglio-

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che vi era predisposto dentro, con immensa edificazionee gaudio della devota popolazione.

In seguito della suddetta guerra decenne, gli abitanti,parte ripararono a Varenna; gli altri si fabbricarono sullido le loro case, e il paese che ne uscì appellarono dalluogo che avevan dovuto abbandonare, Isola, dove risie-dette anche la Collegiata che ho testè ricordata.

Lasciando Isola, in su spingendo l'occhio, vedesi sud'un greppo un avanzo di torre, che denominano delSoccorso, di solida costruzione, quadrata, e che dovevaservire o di vedetta o di momentaneo rifugio.

Subito dopo Isola, è Campo, ove la villa che primaera dei Giovio, venduta poscia a Tolomeo Gallio, che diville sul lago n'ebbe più d'una, ebbe a ritornare di poi aiGiovio; nel 1787 venne da essi ceduta al cardinale An-gelo Durini, che l'ampliò ed arricchì di molto; e forse èquesta la villa del prelato, che, colla scorta dell'Amoret-ti, io cercavo a Moltrasio invanamente.

La superstizione, svegliata dal giuoco dei venti che viproducevano rumori, tenne lungo tempo disabitata lavilla; ma essa ora appartiene ai signori Delmati, chel'abitano senza tema che diavoli e fantasime vi faccianoridda e tregenda.

Proseguendo il cammino, giungesi al Dosso di Lave-do, ov'era prima un convento di Francescani, che, acqui-stato dallo splendido cardinale sunnominato, vi fabbricòun portico sull'eminenza, e ne costituì la villa che vi sivede, che si noma Balbianello, e spetta adesso al mar-chese Arconati. Da questa villa si domina il maraviglio-

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so bacino della Tremezzina, cui ci tarda di giungere, epiù giù il tratto di lago che abbiam trascorso in questanostra escursione, la quale chiuderemo additandoall'insù di Spurano ed Ossuccio il Santuario della Ma-donna del Soccorso, al quale conduce un'ampia stradafiancheggiata da quindici cappelle sul far di quelle dellaMadonna del Monte di Varese, con entro raffigurati, ta-luni in plastica, taluni in pittura, i religiosi misteri.L'opera di queste cappelle è dovuta alla pia costanza diTimoteo Snider, che fu eremita di questi monti, il qualee col mendicare e collo insistere presso le famiglie piùfacoltose, potè recare ad effetto il suo divisamento. De-gli artisti che vi lavorarono, si addita un Francesco Tor-riani da Mendrisio per la cappella dell'Orazione di Gesùnell'Orto, dipinta; e un Agostino Silva, per le figure nonsenza merito scolpite in quella che rappresenta la dispu-ta dei dottori, che è anche la più ricca cappella. Forse èpur egli l'autore di sculture di altre cappelle. Il Santuarioè un bel tempio cui traggono continuamente, massimealla Madonna di settembre, i devoti. A mezzo la via, sipassa sul torrente Perlana, traversandolo su di un pontedi legno, e le tumultuose sue acque, che mettono in mo-vimento de' mulini, precipitandosi al basso, formanouna cascata di effetto assai pittoresco.

L'origine del Santuario vogliono che derivi da una ef-figie mutilata di sasso rinvenuta colà, Dio sa come, da'montanari, alla quale, appiccicata una testa e una figuradi bambino, la salutarono Madonna, la venerarono inuna chiesuola; poi, per grazia ricevuta, questa, a spesa

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so bacino della Tremezzina, cui ci tarda di giungere, epiù giù il tratto di lago che abbiam trascorso in questanostra escursione, la quale chiuderemo additandoall'insù di Spurano ed Ossuccio il Santuario della Ma-donna del Soccorso, al quale conduce un'ampia stradafiancheggiata da quindici cappelle sul far di quelle dellaMadonna del Monte di Varese, con entro raffigurati, ta-luni in plastica, taluni in pittura, i religiosi misteri.L'opera di queste cappelle è dovuta alla pia costanza diTimoteo Snider, che fu eremita di questi monti, il qualee col mendicare e collo insistere presso le famiglie piùfacoltose, potè recare ad effetto il suo divisamento. De-gli artisti che vi lavorarono, si addita un Francesco Tor-riani da Mendrisio per la cappella dell'Orazione di Gesùnell'Orto, dipinta; e un Agostino Silva, per le figure nonsenza merito scolpite in quella che rappresenta la dispu-ta dei dottori, che è anche la più ricca cappella. Forse èpur egli l'autore di sculture di altre cappelle. Il Santuarioè un bel tempio cui traggono continuamente, massimealla Madonna di settembre, i devoti. A mezzo la via, sipassa sul torrente Perlana, traversandolo su di un pontedi legno, e le tumultuose sue acque, che mettono in mo-vimento de' mulini, precipitandosi al basso, formanouna cascata di effetto assai pittoresco.

L'origine del Santuario vogliono che derivi da una ef-figie mutilata di sasso rinvenuta colà, Dio sa come, da'montanari, alla quale, appiccicata una testa e una figuradi bambino, la salutarono Madonna, la venerarono inuna chiesuola; poi, per grazia ricevuta, questa, a spesa

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Page 209: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

de' terrieri del lago, fu tramutata nel grandioso Santua-rio, conosciuto sotto il nome della Madonna del Soccor-so, stato consacrato nel 1837 dal vescovo di Como, allo-ra monsignor Bonesana.

Un'altra statua si conserva ed è dipinta e porta infattiquesta iscrizione: Questa figura è quella che fu depintaquando questa gexia comenzò ad essere frequentata perli molti miracoli e grazie.

Legati e doni arricchirono la chiesa per parte di chi siprofessò riconoscente per qualche grazia colà supplicataed ottenuta.

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de' terrieri del lago, fu tramutata nel grandioso Santua-rio, conosciuto sotto il nome della Madonna del Soccor-so, stato consacrato nel 1837 dal vescovo di Como, allo-ra monsignor Bonesana.

Un'altra statua si conserva ed è dipinta e porta infattiquesta iscrizione: Questa figura è quella che fu depintaquando questa gexia comenzò ad essere frequentata perli molti miracoli e grazie.

Legati e doni arricchirono la chiesa per parte di chi siprofessò riconoscente per qualche grazia colà supplicataed ottenuta.

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ESCURSIONE DECIMASESTA.LA TREMEZZINA.

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ESCURSIONE DECIMASESTA.LA TREMEZZINA.

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Page 211: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Le bellezze della Tremezzina. - Versi. - Villa. - Villeggiatura Ca-rove e la Commedia di Plinio. - Ville Torri e Vacani. - Lenno. -Lapidi antiche. - L'abbazia dell'Acquafredda. - Il chiostro di S.Benedetto. - Ville Litta, Barbavara, Carmagnola e Carcano. -Bolvedro. - Villa Busca. - Le ville Spreafico, Scorpioni, Kra-mer, Gerli, Della Tela, De Orchi, Campagnani, Sala, Mainoni,Guy, Giulini. - Il caffè di Tremezzo. - Albergo Bazzoni. - Hô-tel garni. - Grianta. - La grotta.

Entrati in questo bacino, che è il più bello, il più am-pio e il più ridente, una vera meraviglia insomma di ter-ra e di acque, par che il cuore ci si allarghi, che si dilatiil polmone a bevere quanto di questo aere purissimo ècapace, e la mente corre a cercare immagini poetiche eversi che esprimano tutto quell'ineffabile sentimento chesi prova. Hic ver assiduum, atque alienis mensibusæstas23, come direbbe il Poeta delle Georgiche; ma sepoi avviene che al fianco vi troviate un'Eva qualunquedi questo paradiso, l'inno allora vi sgorga più limpido edacceso, perocchè l'ammirazione divisa e più accesa siavvalori, si faccia maggiore.

Molt'anni addietro, ne' passeggi che facevo tra questimonti, che ricingono verdeggianti queste rive; nelle gitedel lago, durante il giorno; nelle sale di conversazione, anotte, non c'era caso, una giovinetta leggiadra e sola,piena di riserbo e cortese ad un tempo, io la scontravosempre, s'anco avessi preferito, al chiudermi la sera in

23 Virgilio. Georgica II, e si potrebbe così tradurre:Perpetua qui la primavera ride,E la state ne' mesi ancor non suoi.

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Le bellezze della Tremezzina. - Versi. - Villa. - Villeggiatura Ca-rove e la Commedia di Plinio. - Ville Torri e Vacani. - Lenno. -Lapidi antiche. - L'abbazia dell'Acquafredda. - Il chiostro di S.Benedetto. - Ville Litta, Barbavara, Carmagnola e Carcano. -Bolvedro. - Villa Busca. - Le ville Spreafico, Scorpioni, Kra-mer, Gerli, Della Tela, De Orchi, Campagnani, Sala, Mainoni,Guy, Giulini. - Il caffè di Tremezzo. - Albergo Bazzoni. - Hô-tel garni. - Grianta. - La grotta.

Entrati in questo bacino, che è il più bello, il più am-pio e il più ridente, una vera meraviglia insomma di ter-ra e di acque, par che il cuore ci si allarghi, che si dilatiil polmone a bevere quanto di questo aere purissimo ècapace, e la mente corre a cercare immagini poetiche eversi che esprimano tutto quell'ineffabile sentimento chesi prova. Hic ver assiduum, atque alienis mensibusæstas23, come direbbe il Poeta delle Georgiche; ma sepoi avviene che al fianco vi troviate un'Eva qualunquedi questo paradiso, l'inno allora vi sgorga più limpido edacceso, perocchè l'ammirazione divisa e più accesa siavvalori, si faccia maggiore.

Molt'anni addietro, ne' passeggi che facevo tra questimonti, che ricingono verdeggianti queste rive; nelle gitedel lago, durante il giorno; nelle sale di conversazione, anotte, non c'era caso, una giovinetta leggiadra e sola,piena di riserbo e cortese ad un tempo, io la scontravosempre, s'anco avessi preferito, al chiudermi la sera in

23 Virgilio. Georgica II, e si potrebbe così tradurre:Perpetua qui la primavera ride,E la state ne' mesi ancor non suoi.

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una sala, lentamente trascorrere in canotto sotto i vaghipalazzini; se mi giungevano i suoni or mesti, or lieti diSchubert o di Fumagalli, chiedendo da chi il piano-fortefosse stato tocco, ero certo mi si dicesse da lei, da quellagiovinetta che aveva finito per appellare il Genius loci,per desiderarla in ogni escursione, per non divertirmiov'ella non fosse. Era agevole farsi a quella simpaticaabitudine.

Lo seppe ella? Nol so: prima di partire, a mo' di me-moria, mi chiese de' versi pel suo Album: eccoli, chenon so com'io li abbia conservati.

O del Lario incantevoliE benedette sponde,Ov'io passai dei liberiOzî l'ore gioconde,Qual mai spirto corteseA voi rivolse il pièE in voi l'oblio discese,E cancellarvi dal suo cor potè?

Non io, non io: fra i turbiniDella città ravvolto,Fra i polverosi codici,Ne' studi miei sepolto,O nel rumor del giorno,O nel notturno orror,Sempre fa a voi ritornoSull'ale del pensiero il mesto cor.

E veggo allor sorridermiIl vostro azzurro cielo,Sento il mitissimo aëre

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una sala, lentamente trascorrere in canotto sotto i vaghipalazzini; se mi giungevano i suoni or mesti, or lieti diSchubert o di Fumagalli, chiedendo da chi il piano-fortefosse stato tocco, ero certo mi si dicesse da lei, da quellagiovinetta che aveva finito per appellare il Genius loci,per desiderarla in ogni escursione, per non divertirmiov'ella non fosse. Era agevole farsi a quella simpaticaabitudine.

Lo seppe ella? Nol so: prima di partire, a mo' di me-moria, mi chiese de' versi pel suo Album: eccoli, chenon so com'io li abbia conservati.

O del Lario incantevoliE benedette sponde,Ov'io passai dei liberiOzî l'ore gioconde,Qual mai spirto corteseA voi rivolse il pièE in voi l'oblio discese,E cancellarvi dal suo cor potè?

Non io, non io: fra i turbiniDella città ravvolto,Fra i polverosi codici,Ne' studi miei sepolto,O nel rumor del giorno,O nel notturno orror,Sempre fa a voi ritornoSull'ale del pensiero il mesto cor.

E veggo allor sorridermiIl vostro azzurro cielo,Sento il mitissimo aëre

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Scender nel petto anelo,M'inerpico pei montiCon fervido desirVaghissimi orizzonti,Non prima immaginati, a discoprir.

E fiso il guardo immobile,Come se mai non pago,Nell'onda queta e cerulaDel scintillante lago,In cui superbe a milleCome odalische in mar,Terre, palagi e villeLa lor bellezza alternansi a specchiar.

Poi, come fosse il genioDi quelle rive amiche,O come ondina e silfideDelle canzoni antiche,Dovunque il guardo io giro,Nel suo leggiadro velUna fanciulla io miro,Quasi una cara visïon di ciel.

Entro la snella gondola,Fra i ciclamin' del monteD'ogni ruscel sul margine,Sempre mi sorge a fronte;E i balli se rammento,O l'ilare canzon,Veggo il suo piè, ne sentoE mi accarezza di sua voce il suon.

Anco i vocali avoriiDa lei percossi ascolto,

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Scender nel petto anelo,M'inerpico pei montiCon fervido desirVaghissimi orizzonti,Non prima immaginati, a discoprir.

E fiso il guardo immobile,Come se mai non pago,Nell'onda queta e cerulaDel scintillante lago,In cui superbe a milleCome odalische in mar,Terre, palagi e villeLa lor bellezza alternansi a specchiar.

Poi, come fosse il genioDi quelle rive amiche,O come ondina e silfideDelle canzoni antiche,Dovunque il guardo io giro,Nel suo leggiadro velUna fanciulla io miro,Quasi una cara visïon di ciel.

Entro la snella gondola,Fra i ciclamin' del monteD'ogni ruscel sul margine,Sempre mi sorge a fronte;E i balli se rammento,O l'ilare canzon,Veggo il suo piè, ne sentoE mi accarezza di sua voce il suon.

Anco i vocali avoriiDa lei percossi ascolto,

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Seguo il vivace eloquioChe sì le irradia il volto:No, questi monti e il lagoPiù non potrò vederChe la gentile immagoNon s'affacci repente al mio pensier.

O del Lario incantevoliE benedette sponde,Ov'io passai dei liberiOzî l'ore gioconde,L'anima pellegrinaSovente a voi verràA chieder la divinaChe m'ispiraste arcana voluttà.

O voi, se a quelle floridePendici un dì trarrete,E in quel leggiadro spiritoSe mai v'incontrerete,Non creder che a me il cantoFiamma volgar dettò:- Ella fu a me soltantoMusa che gli estri accese ed ispirò. -

La Tremezzina, delle etimologie del cui nome facciograzia al lettore, per non infilargliene di marchiane, se-guendo i diversi che la pretesero indovinare, e che forseebbe il suo nome da Tremezzo, paese che siede tra mez-zo il bellissimo golfo, comprende quel tratto di lago che,dopo Balbianello, si distende fino a Menaggio, ed è inquanto ai monti a cui s'addossa tutto ricco della più rigo-gliosa vegetazione: a campi, a vigne, a uliveti, a giardi-

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Seguo il vivace eloquioChe sì le irradia il volto:No, questi monti e il lagoPiù non potrò vederChe la gentile immagoNon s'affacci repente al mio pensier.

O del Lario incantevoliE benedette sponde,Ov'io passai dei liberiOzî l'ore gioconde,L'anima pellegrinaSovente a voi verràA chieder la divinaChe m'ispiraste arcana voluttà.

O voi, se a quelle floridePendici un dì trarrete,E in quel leggiadro spiritoSe mai v'incontrerete,Non creder che a me il cantoFiamma volgar dettò:- Ella fu a me soltantoMusa che gli estri accese ed ispirò. -

La Tremezzina, delle etimologie del cui nome facciograzia al lettore, per non infilargliene di marchiane, se-guendo i diversi che la pretesero indovinare, e che forseebbe il suo nome da Tremezzo, paese che siede tra mez-zo il bellissimo golfo, comprende quel tratto di lago che,dopo Balbianello, si distende fino a Menaggio, ed è inquanto ai monti a cui s'addossa tutto ricco della più rigo-gliosa vegetazione: a campi, a vigne, a uliveti, a giardi-

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ni, a quando a quando intersecati da' torrenti che portanoabbondanti acque al lago; e in quanto alla sponda dellago, essa non è che una serie continua di ville, di pae-selli, di palazzi, di alberghi, che riflettonsi vagamentenell'onde.

Passiamoli tutti in rassegna.Primo del bacino è il paesello di Villa, interessante a

vedersi, perocchè qui si dica vi fosse, nel luogo ove sor-ge adesso la villa dell'ingegnere Carove, la villeggiaturadi Plinio il Giovane, ch'egli chiamava Commedia, e del-la quale dicono si veggano tuttavia avanzi entro il lago,allorchè limpida è l'onda. Qui vi hanno ville di presenteanche le famiglie Torri e Vacani.

Procedendo oltre, a breve distanza è Lenno, terric-ciuola non priva d'interesse ed ove ci tratterremo al-quanto di più. Il suo nome è pur desunto da Grecia, Len-no, essendo un'isola del mar Egeo già sacra a Vulcano.Eravi in addietro un tempio periptero, o tutto recinto daportici, e nella cripta pur sussistente si leggono due lapi-di cristiane, delle quali feci parola nella escursione pas-sata, come testimonî che i greci qui immigrati continua-rono per lungo tempo a contare gli anni come se ancorafossero stati nella madre patria.

Eccole:Hic requiescit in pace B. M. (bonæ memoriæ) Cy-

prianus qui vixit in hoc sæculo annos p. m. XXXII dep.sub. d. VII. octob. ind. V. post cons. d. n. Justini p. p.aug. ann. VI, cioè nell'anno sesto dopo il consolato diGiustino nostro signore perpetuo augusto; lo che equi-

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ni, a quando a quando intersecati da' torrenti che portanoabbondanti acque al lago; e in quanto alla sponda dellago, essa non è che una serie continua di ville, di pae-selli, di palazzi, di alberghi, che riflettonsi vagamentenell'onde.

Passiamoli tutti in rassegna.Primo del bacino è il paesello di Villa, interessante a

vedersi, perocchè qui si dica vi fosse, nel luogo ove sor-ge adesso la villa dell'ingegnere Carove, la villeggiaturadi Plinio il Giovane, ch'egli chiamava Commedia, e del-la quale dicono si veggano tuttavia avanzi entro il lago,allorchè limpida è l'onda. Qui vi hanno ville di presenteanche le famiglie Torri e Vacani.

Procedendo oltre, a breve distanza è Lenno, terric-ciuola non priva d'interesse ed ove ci tratterremo al-quanto di più. Il suo nome è pur desunto da Grecia, Len-no, essendo un'isola del mar Egeo già sacra a Vulcano.Eravi in addietro un tempio periptero, o tutto recinto daportici, e nella cripta pur sussistente si leggono due lapi-di cristiane, delle quali feci parola nella escursione pas-sata, come testimonî che i greci qui immigrati continua-rono per lungo tempo a contare gli anni come se ancorafossero stati nella madre patria.

Eccole:Hic requiescit in pace B. M. (bonæ memoriæ) Cy-

prianus qui vixit in hoc sæculo annos p. m. XXXII dep.sub. d. VII. octob. ind. V. post cons. d. n. Justini p. p.aug. ann. VI, cioè nell'anno sesto dopo il consolato diGiustino nostro signore perpetuo augusto; lo che equi-

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varrebbe all'anno 572 di Cristo.La seconda: .... Vixit in hoc sæculo a p. m. XXVI dep.

sub..... III post consulatum Basilii d. n.; e sarebbe nel545.

A Lenno è il torrente detto dell'Acquafredda, che sibutta nel lago: più sopra diede già il nome ad un'abbaziadi Cistercensi soppressi nel 1785 da Giuseppe II; e chila visita, salendo il monte, trova compenso alla faticanel più superbo panorama che gli si distende avanti. Daquesto chiostro, per sentieri praticati nel monte ed aspri,non par vero che si giunga poi ad altro edifizio nonmeno interessante e bello, il chiostro di S. Benedetto,dove l'architettura della chiesa dell'undecimo secolo me-rita essere veduta e dove mirabile del pari e pittoresca èla veduta.

Non si lasci Lenno senza volgere lo sguardo alle villedei Litta, dei Barbavara, dei Carmagnola e dei Rezia,ora Carcano, che si succedono, una dell'altra più bella.

A Bolvedro, altro paesello che segue, havvi la villapiù superba de' marchesi Busca, dove l'ultimo di essi,Antonio, arricchì di opere d'arte il palazzo, ivi, fral'altre, trovandosi quel bellissimo quadro del mio poveroamico, Cesare Poggi, da cui è trattato l'evangelico episo-dio l'Adultera. Al giardino aggiunse nuove vaghezze.Narrano que' di Bolvedro che appena sposa la marchesaBusca-Serbelloni, venuta a questa sua villa, ne avessenell'unica notte che vi soggiornò così turbata la fantasiada creduti fantasmi, che rifattasi subito a Milano, non viriportasse in tutta la sua vita più il piede. Lungo queste

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varrebbe all'anno 572 di Cristo.La seconda: .... Vixit in hoc sæculo a p. m. XXVI dep.

sub..... III post consulatum Basilii d. n.; e sarebbe nel545.

A Lenno è il torrente detto dell'Acquafredda, che sibutta nel lago: più sopra diede già il nome ad un'abbaziadi Cistercensi soppressi nel 1785 da Giuseppe II; e chila visita, salendo il monte, trova compenso alla faticanel più superbo panorama che gli si distende avanti. Daquesto chiostro, per sentieri praticati nel monte ed aspri,non par vero che si giunga poi ad altro edifizio nonmeno interessante e bello, il chiostro di S. Benedetto,dove l'architettura della chiesa dell'undecimo secolo me-rita essere veduta e dove mirabile del pari e pittoresca èla veduta.

Non si lasci Lenno senza volgere lo sguardo alle villedei Litta, dei Barbavara, dei Carmagnola e dei Rezia,ora Carcano, che si succedono, una dell'altra più bella.

A Bolvedro, altro paesello che segue, havvi la villapiù superba de' marchesi Busca, dove l'ultimo di essi,Antonio, arricchì di opere d'arte il palazzo, ivi, fral'altre, trovandosi quel bellissimo quadro del mio poveroamico, Cesare Poggi, da cui è trattato l'evangelico episo-dio l'Adultera. Al giardino aggiunse nuove vaghezze.Narrano que' di Bolvedro che appena sposa la marchesaBusca-Serbelloni, venuta a questa sua villa, ne avessenell'unica notte che vi soggiornò così turbata la fantasiada creduti fantasmi, che rifattasi subito a Milano, non viriportasse in tutta la sua vita più il piede. Lungo queste

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sponde abbiam già trovato radicate ubbíe e superstizio-ni, alimentate forse da qualche avvenimento di naturalifenomeni e dalla solitudine che vi regna, ma sparirannocerto fra breve. Non così è infatti della erede ed attualeproprietaria, la gentile contessina Antonietta, figlia dique' miei due dilettissimi amici che furono i marchesiLodovico e Clementina Busca, rapiti troppo presto en-trambi all'amor delle figlie ed all'affetto degli amici, chele prime letizie di un ben assortito connubio col giovaneconte Sola rese ancora, non ha guari, più soavi nel sog-giorno di questo suo Bolvedro.

Delle ville Spreafico, Scorpioni, Kramer, Gerli, DellaTela, De Orchi, Campagnani, Sala, Mainoni, Guy ed al-tri avrebbesi a dire ed a lungo; ma come occuparci ditutte? Degne son esse di trovarsi l'una all'altra vicine ed'essere a Tremezzo, dove è il convegno di tutto il mon-do elegante milanese. La villa Giulini, ora ad altri ven-duta, fu l'oggetto di tutte le cure del suo primo proprie-tario, che lo aveva fatto il più leggiadro ed olezzantenido. Comodità di casa, ricchezza di serre e giardino va-ghissimo, oh! come lo ha egli potuto mutare col pur ele-gante suo palazzino di Milano?

Nel caffè che si asside in mezzo a queste ville sontuo-se, riserbatevi ad entrare a sera, quando i villeggianti visi danno la posta. Gli uomini al bigliardo, le signores'accolgono tutte all'intorno di una sala a ripetersi gli av-venimenti della giornata, i progetti dell'indomani, le vi-site scambiate, i romanzi iniziati, le somme perdute algiuoco dagli eleganti fannulloni, le divertenti maldicen-

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sponde abbiam già trovato radicate ubbíe e superstizio-ni, alimentate forse da qualche avvenimento di naturalifenomeni e dalla solitudine che vi regna, ma sparirannocerto fra breve. Non così è infatti della erede ed attualeproprietaria, la gentile contessina Antonietta, figlia dique' miei due dilettissimi amici che furono i marchesiLodovico e Clementina Busca, rapiti troppo presto en-trambi all'amor delle figlie ed all'affetto degli amici, chele prime letizie di un ben assortito connubio col giovaneconte Sola rese ancora, non ha guari, più soavi nel sog-giorno di questo suo Bolvedro.

Delle ville Spreafico, Scorpioni, Kramer, Gerli, DellaTela, De Orchi, Campagnani, Sala, Mainoni, Guy ed al-tri avrebbesi a dire ed a lungo; ma come occuparci ditutte? Degne son esse di trovarsi l'una all'altra vicine ed'essere a Tremezzo, dove è il convegno di tutto il mon-do elegante milanese. La villa Giulini, ora ad altri ven-duta, fu l'oggetto di tutte le cure del suo primo proprie-tario, che lo aveva fatto il più leggiadro ed olezzantenido. Comodità di casa, ricchezza di serre e giardino va-ghissimo, oh! come lo ha egli potuto mutare col pur ele-gante suo palazzino di Milano?

Nel caffè che si asside in mezzo a queste ville sontuo-se, riserbatevi ad entrare a sera, quando i villeggianti visi danno la posta. Gli uomini al bigliardo, le signores'accolgono tutte all'intorno di una sala a ripetersi gli av-venimenti della giornata, i progetti dell'indomani, le vi-site scambiate, i romanzi iniziati, le somme perdute algiuoco dagli eleganti fannulloni, le divertenti maldicen-

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ze, i pettegolezzi tutti cittadini, che qui concentrati, tra-mutano la quiete che vi si viene a ricercare in soggezio-ne e preoccupazione. Ah! io amerei davvero non me-scermi a tanta baraonda, per fruire invece delle sole dol-cezze di questi luoghi.

Nell'albergo Bazzoni e nell'Hôtel garni si convengo-no coloro che non avendo villa propria o possibilità divalersi dell'altrui, amano tuttavia godere di questo terre-stre paradiso che si chiama la Tremezzina.

Da qui breve è la via che conduce per boschi a Grian-ta, paese che dà ragione agli etimologi, che il nome de-dur vorrebbero da riant, sorridente, perchè infatti è ame-na e lieta per ogni riguardo. Beyle vi collocò le più inte-ressanti scene del suo bel romanzo la Chartreuse deParme: io invece ricordo le case signorili dei Riva, deiMainoni e de' Malacrida.

Montando più in alto si ritrova una delle molte grottedi questi monti che fiancheggiano il Lario, dove se bensi riguardasse al masso che vi esiste sconnesso dallamontagna, inorridirebbe pensando alla possibilità che undì avesse a staccarsi e rovinar giù nel lago, suscitandoviuno sconvolgimento pari a quello che il masso staccato-si nella notte del 4 novembre 1856 di sopra le gallerie diVarenna ebbe già a produrre, cagionando non pochi dan-ni.

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ze, i pettegolezzi tutti cittadini, che qui concentrati, tra-mutano la quiete che vi si viene a ricercare in soggezio-ne e preoccupazione. Ah! io amerei davvero non me-scermi a tanta baraonda, per fruire invece delle sole dol-cezze di questi luoghi.

Nell'albergo Bazzoni e nell'Hôtel garni si convengo-no coloro che non avendo villa propria o possibilità divalersi dell'altrui, amano tuttavia godere di questo terre-stre paradiso che si chiama la Tremezzina.

Da qui breve è la via che conduce per boschi a Grian-ta, paese che dà ragione agli etimologi, che il nome de-dur vorrebbero da riant, sorridente, perchè infatti è ame-na e lieta per ogni riguardo. Beyle vi collocò le più inte-ressanti scene del suo bel romanzo la Chartreuse deParme: io invece ricordo le case signorili dei Riva, deiMainoni e de' Malacrida.

Montando più in alto si ritrova una delle molte grottedi questi monti che fiancheggiano il Lario, dove se bensi riguardasse al masso che vi esiste sconnesso dallamontagna, inorridirebbe pensando alla possibilità che undì avesse a staccarsi e rovinar giù nel lago, suscitandoviuno sconvolgimento pari a quello che il masso staccato-si nella notte del 4 novembre 1856 di sopra le gallerie diVarenna ebbe già a produrre, cagionando non pochi dan-ni.

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ESCURSIONE DECIMASETTIMA.LA VILLA SOMMARIVA.

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ESCURSIONE DECIMASETTIMA.LA VILLA SOMMARIVA.

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La villa Sommariva. - Suo primo proprietario. - Opere d'arte. -Giardino. - Carlotta di Prussia e il principe di Sax-Meiningen.- La Cadenabbia. - Albergo di Belvedere. - Ville Brentano, No-seda, Piatti, duca di Sangro e Seufferheld. - La Majolica. -L'albergo Righini. - Villa Ricordi. - Maxime Lari. - Questionefilologica.

Dicono i Francesi: à tout seigneur, tout honneur; eperò a questa villa denominata ancor Sommariva, cheper universal sentimento si estima la più grandiosa esplendida di quante abbellano le ridenti sponde del La-rio, vuolsi, come da quanti visitano questi luoghi, dedi-care una speciale escursione.

Sorge essa fra Tremezzo e la vicina Cadenabbia, iso-lata come una regina a cui le altre dame stieno per reve-renza a certa distanza. È ingiustizia della sorte che nonle sia stato conservato il nome del suo primo proprieta-rio che la fe' costrurre, del marchese Giorgio Clerici,cioè, che fu presidente a Milano del Senato e del qualepure era il magnifico palazzo nella contrada appuntodetta de' Clerici, convertito ora in sede della Corted'Appello, dove pitture e dorature in profusione attesta-no ancora della immensa ricchezza di sua famiglia; pe-rocchè il primo merito andrebbe dovuto a questo nome.

Incominciata essa da quel patrizio, veniva ultimata daAnton Giorgio suo nipote, che, a dir di Gianbattista Gio-vio, l'amico di Foscolo, vi esercitò lo splendore e la ma-gnificenza cinto d'ospiti numerosi e in banchetti luculei.

Ma piacque tanto, e per la casa e per i ben disposti

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La villa Sommariva. - Suo primo proprietario. - Opere d'arte. -Giardino. - Carlotta di Prussia e il principe di Sax-Meiningen.- La Cadenabbia. - Albergo di Belvedere. - Ville Brentano, No-seda, Piatti, duca di Sangro e Seufferheld. - La Majolica. -L'albergo Righini. - Villa Ricordi. - Maxime Lari. - Questionefilologica.

Dicono i Francesi: à tout seigneur, tout honneur; eperò a questa villa denominata ancor Sommariva, cheper universal sentimento si estima la più grandiosa esplendida di quante abbellano le ridenti sponde del La-rio, vuolsi, come da quanti visitano questi luoghi, dedi-care una speciale escursione.

Sorge essa fra Tremezzo e la vicina Cadenabbia, iso-lata come una regina a cui le altre dame stieno per reve-renza a certa distanza. È ingiustizia della sorte che nonle sia stato conservato il nome del suo primo proprieta-rio che la fe' costrurre, del marchese Giorgio Clerici,cioè, che fu presidente a Milano del Senato e del qualepure era il magnifico palazzo nella contrada appuntodetta de' Clerici, convertito ora in sede della Corted'Appello, dove pitture e dorature in profusione attesta-no ancora della immensa ricchezza di sua famiglia; pe-rocchè il primo merito andrebbe dovuto a questo nome.

Incominciata essa da quel patrizio, veniva ultimata daAnton Giorgio suo nipote, che, a dir di Gianbattista Gio-vio, l'amico di Foscolo, vi esercitò lo splendore e la ma-gnificenza cinto d'ospiti numerosi e in banchetti luculei.

Ma piacque tanto, e per la casa e per i ben disposti

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Page 221: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

giardini, e per le acque che vi zampillavano, al lodigia-no avvocato Sommariva, che fu tra i direttori della re-pubblica cisalpina e che vi si arricchì, a prova che inogni maniera di governo la fame dell'oro prende semprei maggiorenti, che se la fece sua, acquistandola.

Nè è a dire quanto alla sua volta l'abbellisse ed arric-chisse; dipinti e sculture vi recò de' più eminenti artistiantichi e moderni. Parecchi quadri vi si veggono discuola fiamminga; una bella testa, di Leonardo; e de'moderni, l'ira di Achille, del Bossi, e le ceneri di Temi-stocle rese alla patria, dell'Appiani; un Marte disarmatodalle Grazie, del Landi; il bacio di Giulietta e Romeo, diHayez; e la morte d'Atala, del Lordon. E di scultura, diantico, un'Andromeda che si fa passare per opera di gre-co scalpello; di moderno, il Palamede, il gruppo Amoree Psiche; e la Maddalena e la Tersicore di Canova, e di-versi suoi modelli; e la fascia in basso rilievo rappresen-tante il trionfo d'Alessandro, di Thorwaldsen, allogato algrandissimo artista da Napoleone il Grande per il Quiri-nale di Roma e valutato ben settecentomila lire; ungruppo dell'Acquisti, raffigurante Marte e Venere; poinell'attigua chiesuola due monumenti ai Sommariva, pa-dre e figlio; l'uno eseguito da Pompeo Marchesi, l'altroda Pietro Tenerani con quattro statue di Luigi Manfredi-ni, e una Deposizione dalla Croce, di Benedetto Caccia-tori.

A tanta ricchezza d'arte corrisponde la vaghezza delgiardino e la peregrinità delle piante e de' fiori.

Vi si ponno spendere insomma nell'ammirazione più

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giardini, e per le acque che vi zampillavano, al lodigia-no avvocato Sommariva, che fu tra i direttori della re-pubblica cisalpina e che vi si arricchì, a prova che inogni maniera di governo la fame dell'oro prende semprei maggiorenti, che se la fece sua, acquistandola.

Nè è a dire quanto alla sua volta l'abbellisse ed arric-chisse; dipinti e sculture vi recò de' più eminenti artistiantichi e moderni. Parecchi quadri vi si veggono discuola fiamminga; una bella testa, di Leonardo; e de'moderni, l'ira di Achille, del Bossi, e le ceneri di Temi-stocle rese alla patria, dell'Appiani; un Marte disarmatodalle Grazie, del Landi; il bacio di Giulietta e Romeo, diHayez; e la morte d'Atala, del Lordon. E di scultura, diantico, un'Andromeda che si fa passare per opera di gre-co scalpello; di moderno, il Palamede, il gruppo Amoree Psiche; e la Maddalena e la Tersicore di Canova, e di-versi suoi modelli; e la fascia in basso rilievo rappresen-tante il trionfo d'Alessandro, di Thorwaldsen, allogato algrandissimo artista da Napoleone il Grande per il Quiri-nale di Roma e valutato ben settecentomila lire; ungruppo dell'Acquisti, raffigurante Marte e Venere; poinell'attigua chiesuola due monumenti ai Sommariva, pa-dre e figlio; l'uno eseguito da Pompeo Marchesi, l'altroda Pietro Tenerani con quattro statue di Luigi Manfredi-ni, e una Deposizione dalla Croce, di Benedetto Caccia-tori.

A tanta ricchezza d'arte corrisponde la vaghezza delgiardino e la peregrinità delle piante e de' fiori.

Vi si ponno spendere insomma nell'ammirazione più

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ore e partirne contenti.La villa fu anche detta Carlotta, perchè dopo acqui-

stata da una principessa di Prussia di questo nome, chenaturalmente l'aprì ad ospitarvi spesso regnanti e princi-pi stranieri, e dalla quale, morta il 30 marzo 1855, passòal marito di lei, il principe Giorgio, duca di Sax-Meinin-gen.

Confina colla bellissima villa l'albergo della Bellavi-sta (Hôtel de Bellevue) della Cadenabbia, - paese cheoriginò forse da cà de' nauli - e il forestiero anche piùschifiltoso vi trova tutto e le lautezze e i comodi deglialberghi svizzeri.

Dopo l'albergo e le poche case della Cadenabbia, sitrovano le ville Brentano e Noseda, quelle dell'artistaPiatti, e accanto, colla medesima architettura, quella deiduca di Sangro, che rivela che a quelle due ville presie-dette il pensiero d'una fraterna amicizia. Seguita poi lavilla de' signori Seufferheld, e dopo, il paese mutandosiin quello della Majolica, segue l'albergo Righini, cuitien dietro la villa del principe de' nostri musicali edito-ri, Tito di Giovanni Ricordi, al quale Euterpe e Melpo-mene hanno preparato il più gradito e riposato nido.Vuolsi che il solo spartito del Trovatore di Verdi abbia,ne' guadagni fruttati, fornito la spesa di così splendidavilleggiatura.

Oggi è breve la nostra escursione: ma in ricambiotante bellezze di natura e d'arte ammirabili ci occupanosiffattamente, che è bene arrestarci e riandarle poi tuttenella memoria: meminisse juvabit.

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ore e partirne contenti.La villa fu anche detta Carlotta, perchè dopo acqui-

stata da una principessa di Prussia di questo nome, chenaturalmente l'aprì ad ospitarvi spesso regnanti e princi-pi stranieri, e dalla quale, morta il 30 marzo 1855, passòal marito di lei, il principe Giorgio, duca di Sax-Meinin-gen.

Confina colla bellissima villa l'albergo della Bellavi-sta (Hôtel de Bellevue) della Cadenabbia, - paese cheoriginò forse da cà de' nauli - e il forestiero anche piùschifiltoso vi trova tutto e le lautezze e i comodi deglialberghi svizzeri.

Dopo l'albergo e le poche case della Cadenabbia, sitrovano le ville Brentano e Noseda, quelle dell'artistaPiatti, e accanto, colla medesima architettura, quella deiduca di Sangro, che rivela che a quelle due ville presie-dette il pensiero d'una fraterna amicizia. Seguita poi lavilla de' signori Seufferheld, e dopo, il paese mutandosiin quello della Majolica, segue l'albergo Righini, cuitien dietro la villa del principe de' nostri musicali edito-ri, Tito di Giovanni Ricordi, al quale Euterpe e Melpo-mene hanno preparato il più gradito e riposato nido.Vuolsi che il solo spartito del Trovatore di Verdi abbia,ne' guadagni fruttati, fornito la spesa di così splendidavilleggiatura.

Oggi è breve la nostra escursione: ma in ricambiotante bellezze di natura e d'arte ammirabili ci occupanosiffattamente, che è bene arrestarci e riandarle poi tuttenella memoria: meminisse juvabit.

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Immenso è il dominio dell'arte e immenso è il campoa meditare in esso, come ampio si presenta il bacino allosvolger del lido, appena tocca la villa Ricordi; e noi qui-vi fermandoci, pare che il vasto pelago armonizzi collavastità del pensiero che accoglie e medita tutte le mera-viglie vedute.

Da qui si comprende come si potesse credere finoradai più, che massimo venisse chiamato il Lario, nellaGeorgica seconda di Virgilio, leggendone così i versi:

An mare, quod supra, memorem, quodque alluit infra?Anne lacus tantos? te Lari maxime; tequeFluctibus et fremitu assurgens, Benace, marino?24

Ma forse il poeta volle dire invece: te, Lari, Maxime;teque etc., e così ricordare e il Lario e il Verbano, chetuttavia chiamiamo Maggiore, e il Benaco, che così me-glio risponderebbe al concetto espresso da Virgilio neltantos lacus, perchè due soli laghi, il Lario e il Benaconon sarebbero, a vero dire, tanti laghi. A coloro poi, iquali a questa lezione oppor volessero che in antico sichiamasse Verbanus e non Maximus quel lago, potrei ri-spondere che, se accademicamente quello fosse il suonome, potrebbe anche essere stato che volgarmente ve-nisse detto anche Maximus, se poi italianamente fu dapoi appellato Maggiore.

Congeneri esempî si potrebbero all'uopo recare; ma24 Eccone la versione:

Forse che il mar, che l'una e l'altra spondaBagna io qui rammento? O i tanti laghi,E te, massimo Lario, e te, o Benaco,Che pari al mar, gonfi i tuoi flutti e fremi?

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Immenso è il dominio dell'arte e immenso è il campoa meditare in esso, come ampio si presenta il bacino allosvolger del lido, appena tocca la villa Ricordi; e noi qui-vi fermandoci, pare che il vasto pelago armonizzi collavastità del pensiero che accoglie e medita tutte le mera-viglie vedute.

Da qui si comprende come si potesse credere finoradai più, che massimo venisse chiamato il Lario, nellaGeorgica seconda di Virgilio, leggendone così i versi:

An mare, quod supra, memorem, quodque alluit infra?Anne lacus tantos? te Lari maxime; tequeFluctibus et fremitu assurgens, Benace, marino?24

Ma forse il poeta volle dire invece: te, Lari, Maxime;teque etc., e così ricordare e il Lario e il Verbano, chetuttavia chiamiamo Maggiore, e il Benaco, che così me-glio risponderebbe al concetto espresso da Virgilio neltantos lacus, perchè due soli laghi, il Lario e il Benaconon sarebbero, a vero dire, tanti laghi. A coloro poi, iquali a questa lezione oppor volessero che in antico sichiamasse Verbanus e non Maximus quel lago, potrei ri-spondere che, se accademicamente quello fosse il suonome, potrebbe anche essere stato che volgarmente ve-nisse detto anche Maximus, se poi italianamente fu dapoi appellato Maggiore.

Congeneri esempî si potrebbero all'uopo recare; ma24 Eccone la versione:

Forse che il mar, che l'una e l'altra spondaBagna io qui rammento? O i tanti laghi,E te, massimo Lario, e te, o Benaco,Che pari al mar, gonfi i tuoi flutti e fremi?

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rammentandomi che il mio dire non deve essere irto didiscettazioni filologiche, abbandono cui piaccia la nuo-va questione; chiedendo anche questa volta scusa, seimmemore d'essere un semplice cicerone da campagna,ho dato mano per un istante alla ferula del pedagogo.

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rammentandomi che il mio dire non deve essere irto didiscettazioni filologiche, abbandono cui piaccia la nuo-va questione; chiedendo anche questa volta scusa, seimmemore d'essere un semplice cicerone da campagna,ho dato mano per un istante alla ferula del pedagogo.

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ESCURSIONE DECIMOTTAVA.LA BELLAGINA.

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ESCURSIONE DECIMOTTAVA.LA BELLAGINA.

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Page 226: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Lézzeno. - Villa Vigoni. - Villa e Cappelletta. - I Sassi Grosgalli. -Il Buco de' Carpi. - Pietosa istoria. - Villa Besana. - S. Giovan-ni. - Ville Ciceri, Trotti e Poldi-Pezzoli. - Villa Luppia. - VillaMelzi. - Bellagio. - La Tragedia, villa di Plinio. - Il castello diBellagio. - Marchesino Stanga vi edifica la villa e que' dellaCavargna la distruggono. - Ercole Sfondrati la riedifica. - LaSfondrata. - La contessa di Borgomanero, tradizione. - La villapassa ai Serbelloni. - Parini vi ospita. - Ora mutata in albergo. -La Crella dei Frizzoni. - Pescaù. - La villa Giulia, ora albergo.

Anche la sponda opposta alla Tremezzina ha le suevaghezze in questo bacino, le quali possono rivaleggiarecon essa, e noi dalla Cavagnola dove siamo rimasti nelvisitare tale sponda, costeggiamo colla nostra barca, chel'escursione riescirà amena ed istruttiva.

Il primo tratto è un po' malinconico, è vero, e disabi-tato; ma svoltato il piccolo promontorio ci vediamoavanti Lézzeno. Ecco il clivo è più coltivato, il dosso deimonti più selvoso, le case sparpagliate ne formano ilpaese e ve n'ha taluna di bella mostra, e quivi solevapassarvi gli ozî autunnali quel distinto oratore e pubbli-cista che fu il prete Ambrogio Ambrosoli, che vi morì ilpassato anno, il cui busto, scolpito da Pompeo Marche-si, fu, non ha guari, donato dalla Gazzetta di Milano, ar-ringo ordinario de' suoi liberali e dotti scritti, alla Socie-tà di mutuo soccorso tipografico della quale fu beneme-rito. Così più anni addietro da qui mossero due Moc-chetti che ebbero qualche fama nelle lettere. Con tuttociò gli abitatori di queste rive ne ripetono questa cattivaraccomandazione del paese:

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Lézzeno. - Villa Vigoni. - Villa e Cappelletta. - I Sassi Grosgalli. -Il Buco de' Carpi. - Pietosa istoria. - Villa Besana. - S. Giovan-ni. - Ville Ciceri, Trotti e Poldi-Pezzoli. - Villa Luppia. - VillaMelzi. - Bellagio. - La Tragedia, villa di Plinio. - Il castello diBellagio. - Marchesino Stanga vi edifica la villa e que' dellaCavargna la distruggono. - Ercole Sfondrati la riedifica. - LaSfondrata. - La contessa di Borgomanero, tradizione. - La villapassa ai Serbelloni. - Parini vi ospita. - Ora mutata in albergo. -La Crella dei Frizzoni. - Pescaù. - La villa Giulia, ora albergo.

Anche la sponda opposta alla Tremezzina ha le suevaghezze in questo bacino, le quali possono rivaleggiarecon essa, e noi dalla Cavagnola dove siamo rimasti nelvisitare tale sponda, costeggiamo colla nostra barca, chel'escursione riescirà amena ed istruttiva.

Il primo tratto è un po' malinconico, è vero, e disabi-tato; ma svoltato il piccolo promontorio ci vediamoavanti Lézzeno. Ecco il clivo è più coltivato, il dosso deimonti più selvoso, le case sparpagliate ne formano ilpaese e ve n'ha taluna di bella mostra, e quivi solevapassarvi gli ozî autunnali quel distinto oratore e pubbli-cista che fu il prete Ambrogio Ambrosoli, che vi morì ilpassato anno, il cui busto, scolpito da Pompeo Marche-si, fu, non ha guari, donato dalla Gazzetta di Milano, ar-ringo ordinario de' suoi liberali e dotti scritti, alla Socie-tà di mutuo soccorso tipografico della quale fu beneme-rito. Così più anni addietro da qui mossero due Moc-chetti che ebbero qualche fama nelle lettere. Con tuttociò gli abitatori di queste rive ne ripetono questa cattivaraccomandazione del paese:

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Page 227: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Lezzen dalla mala fortuna,D'inverno non c'è sol, d'està la luna.

Avviene tuttavia che vi ci si trovi la particolarità dibuoni fichi in primavera, che son quelli dell'anno prece-dente, che, non maturati in autunno, si compionoall'aprirsi della buona stagione dell'anno successivo.

Un po' più all'aprico, dopo Lézzeno, si specchia nellago la villa Vigoni; poi segue il gruppo di case denomi-nato Villa; quindi un altro detto la Cappelletta, dopo laquale si elevano i Sassi Grosgalli, brulli ed enormi mas-si e però formanti uno strano contrasto col rimanente delbacino tutto verdeggiante e sorridente. Scabra ne è lapendice che va a picco nel lago reso oscuro e tetro daessi, che vi progettano l'ombra e appena vi si può peraspro sentiero percorrerla. Sotto di essi, di fronte a Len-no, scavata nel sasso, evvi come un'ampia grotta, che ipaesani chiamano il Buco de' Carpi, forse perchè in quelriparo abbondano i pesci di questo nome, ed è qui che legenti de' luoghi circonvicini narrano una storia pietosad'amore, che formò soggetto ad una commovente novel-la di Antonio Picozzi, la quale provò anche una volta,dopo la Guerra di Pret del Porta, o la Fuggitiva delGrossi, la potenza del milanese vernacolo a trattare lacosa più seria ed anche lagrimosa.

Se sapessi che il libro non andasse tra le mani di lom-bardi, sarei tratto a commettere un reato di contraffazio-ne letteraria, riproducendo l'intero episodio nel suobell'originale; ma siccome non sarà così, debbo chiedere

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Lezzen dalla mala fortuna,D'inverno non c'è sol, d'està la luna.

Avviene tuttavia che vi ci si trovi la particolarità dibuoni fichi in primavera, che son quelli dell'anno prece-dente, che, non maturati in autunno, si compionoall'aprirsi della buona stagione dell'anno successivo.

Un po' più all'aprico, dopo Lézzeno, si specchia nellago la villa Vigoni; poi segue il gruppo di case denomi-nato Villa; quindi un altro detto la Cappelletta, dopo laquale si elevano i Sassi Grosgalli, brulli ed enormi mas-si e però formanti uno strano contrasto col rimanente delbacino tutto verdeggiante e sorridente. Scabra ne è lapendice che va a picco nel lago reso oscuro e tetro daessi, che vi progettano l'ombra e appena vi si può peraspro sentiero percorrerla. Sotto di essi, di fronte a Len-no, scavata nel sasso, evvi come un'ampia grotta, che ipaesani chiamano il Buco de' Carpi, forse perchè in quelriparo abbondano i pesci di questo nome, ed è qui che legenti de' luoghi circonvicini narrano una storia pietosad'amore, che formò soggetto ad una commovente novel-la di Antonio Picozzi, la quale provò anche una volta,dopo la Guerra di Pret del Porta, o la Fuggitiva delGrossi, la potenza del milanese vernacolo a trattare lacosa più seria ed anche lagrimosa.

Se sapessi che il libro non andasse tra le mani di lom-bardi, sarei tratto a commettere un reato di contraffazio-ne letteraria, riproducendo l'intero episodio nel suobell'originale; ma siccome non sarà così, debbo chiedere

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venia al mio concittadino, se le sue belle e toccanti se-stine riassumerò in modestissima prosa.

Erano i tempi del primo Napoleone, di colui che ciaveva regalata quella coscrizione militare che collaguerra ne mieteva il fiore della nostra gioventù; e nellaTremezzina viveva un buono e aitante giovane, che s'erafidanzato a Teresa, la più leggiadra fanciulla dei dintor-ni. Poichè tutti ora sanno come costei fosse bella, percoloro che capiscono il vernacolo nostro non so tratte-nermi dal farne loro il ritratto coi versi del poeta:

De sedes ann, dersett, minga deppù,Bianca la carnagion, rosa el faccin,Folt negher i cavej comè on velù,Negher i bej oggioni de bambin....Dal tutt'insemma con la prima oggiadaSe ghe vedeva l'anima ben fada.

Erano già intese le nozze che compier dovevansi nelsuccessivo carnevale, e però la Teresa attendeva a pre-pararsi il suo corredo. Ma ecco un dì del settembre ilPeppino, che a questo nome rispondeva l'innamoratogarzone, facevasi attendere alquanto e la poverina a cor-rere a pensar male. Nè l'ingannava il cuore. Cápita il fi-danzato alla fine e tutto conturbato le narra come, côltodalla coscrizione, egli debba il posdomani essere aComo all'estrazione del numero ed alla visita militare.Ognun pensi l'affanno della giovinetta. Il posdomani ar-riva, Peppino è a Como, è ritrovato abile al militare ser-vizio, ei deve giurare.... è soldato e appena gli son con-

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venia al mio concittadino, se le sue belle e toccanti se-stine riassumerò in modestissima prosa.

Erano i tempi del primo Napoleone, di colui che ciaveva regalata quella coscrizione militare che collaguerra ne mieteva il fiore della nostra gioventù; e nellaTremezzina viveva un buono e aitante giovane, che s'erafidanzato a Teresa, la più leggiadra fanciulla dei dintor-ni. Poichè tutti ora sanno come costei fosse bella, percoloro che capiscono il vernacolo nostro non so tratte-nermi dal farne loro il ritratto coi versi del poeta:

De sedes ann, dersett, minga deppù,Bianca la carnagion, rosa el faccin,Folt negher i cavej comè on velù,Negher i bej oggioni de bambin....Dal tutt'insemma con la prima oggiadaSe ghe vedeva l'anima ben fada.

Erano già intese le nozze che compier dovevansi nelsuccessivo carnevale, e però la Teresa attendeva a pre-pararsi il suo corredo. Ma ecco un dì del settembre ilPeppino, che a questo nome rispondeva l'innamoratogarzone, facevasi attendere alquanto e la poverina a cor-rere a pensar male. Nè l'ingannava il cuore. Cápita il fi-danzato alla fine e tutto conturbato le narra come, côltodalla coscrizione, egli debba il posdomani essere aComo all'estrazione del numero ed alla visita militare.Ognun pensi l'affanno della giovinetta. Il posdomani ar-riva, Peppino è a Como, è ritrovato abile al militare ser-vizio, ei deve giurare.... è soldato e appena gli son con-

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cessi tre giorni agli addii, perchè ei dovrà marciare perla Russia.

Egli è dunque di ritorno al paese; i tre giorni passanovelocissimi fra i pianti della Teresa e i giuramenti delcoscritto: l'ora della partenza definitiva è suonata. Lapovera tosa, presaga di sventure, poichè dentro di sè ellasente

comè ona vôsChe tœujendegh el fiaa la ghe dis su:"Teresa, el tò Peppin tel vedet pu;"

non sa staccarsi da lui, e però s'imbarca ella pure con unsuo minore fratello e lo vuole per qualche tratto accom-pagnare.

Ma il tempo, triste dapprima, viene facendosi peggio-re, l'uragano imperversa sul lago:

Han penna ciappaa el largh, che a pocch a pocchOltra el piœuv, se destend ona fiadura;El ciel vers Val d'Intelvi a tocch a tocchL'è già scur, burrascôs ch'el fa pagura;Ma el coscritt per la sira a tutt i cost,Piœuva, tempesta, l'ha de vess al post.

Cress el brutt temp anmò col cress del ventCh'el sifola piangend in di orecc;Ingajarda la sluscia in d'on moment,Ch'el par che la stravacchen cont i secc;No se pò pu andà innanz; bœugna cercàQuai paes o quai riva de prodà.

Ma il vento ha sbattute le fragili imbarcazioni versol'opposto lido, e giunte presso il Buco dei Carpi, qui

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cessi tre giorni agli addii, perchè ei dovrà marciare perla Russia.

Egli è dunque di ritorno al paese; i tre giorni passanovelocissimi fra i pianti della Teresa e i giuramenti delcoscritto: l'ora della partenza definitiva è suonata. Lapovera tosa, presaga di sventure, poichè dentro di sè ellasente

comè ona vôsChe tœujendegh el fiaa la ghe dis su:"Teresa, el tò Peppin tel vedet pu;"

non sa staccarsi da lui, e però s'imbarca ella pure con unsuo minore fratello e lo vuole per qualche tratto accom-pagnare.

Ma il tempo, triste dapprima, viene facendosi peggio-re, l'uragano imperversa sul lago:

Han penna ciappaa el largh, che a pocch a pocchOltra el piœuv, se destend ona fiadura;El ciel vers Val d'Intelvi a tocch a tocchL'è già scur, burrascôs ch'el fa pagura;Ma el coscritt per la sira a tutt i cost,Piœuva, tempesta, l'ha de vess al post.

Cress el brutt temp anmò col cress del ventCh'el sifola piangend in di orecc;Ingajarda la sluscia in d'on moment,Ch'el par che la stravacchen cont i secc;No se pò pu andà innanz; bœugna cercàQuai paes o quai riva de prodà.

Ma il vento ha sbattute le fragili imbarcazioni versol'opposto lido, e giunte presso il Buco dei Carpi, qui

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dentro traggonle i rematori a riparo dalla bufera, atten-dendo ne passi la furia. Quivi nuova scena d'amore e distrazio. La Teresa coglie un ciclamino, che sbucciava trai crepacci della grotta, e il porge al suo Peppino a me-moria sua. Il vento si è alquanto calmato, il lago può ri-tentarsi di nuovo; i due amanti si abbracciano e bacianotra le lagrime e si son detti addio. Esce prima la barcache si dirizza col coscritta a Como, poi l'altra della Tere-sa. Si riguardano mestamente finchè lo possono, poiognuno se ne va. La Teresa, di ritorno a casa, trova lamadre del suo fidanzato affranta dal colpo che le è toc-cato d'esser priva del figlio, indi a pochi giorni se nemuore. La Teresa vive da allora nel corrotto e nel duolo,e sola consolazione è al suo cuore visitare talvolta ilBuco de' Carpi, testimonio de' suoi estremi saluti al suoPeppino, e vi ci va anche soletta una volta almeno la set-timana a nutricarvi il cespo de' ciclamini da cui aveaspiccato quello ch'ella aveva dato al suo povero amico.Ma ella pure deperiva in salute. Un venerdì dell'aprile,anniversario della partenza del suo Peppino, essa, giustail consueto, si avviava al Buco de' Carpi: il lago eratranquillo, era l'ora del vespro, e un pensiero di tristezza,un malore che provava, la sconsigliavano alla gita; mal'idea che non andarvi sembrasse cosa di poco amorealla memoria del suo caro, la prosegue inesorabile. Essadunque solca le onde col suo burchio, traversa il lago, viè presso, è sull'orlo della grotta, già la prua vi penetra;quand'ecco un uccellaccio con rumoroso e largo spar-nazzare d'ali, vi sbuca improvviso, rasenta la fronte del-

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dentro traggonle i rematori a riparo dalla bufera, atten-dendo ne passi la furia. Quivi nuova scena d'amore e distrazio. La Teresa coglie un ciclamino, che sbucciava trai crepacci della grotta, e il porge al suo Peppino a me-moria sua. Il vento si è alquanto calmato, il lago può ri-tentarsi di nuovo; i due amanti si abbracciano e bacianotra le lagrime e si son detti addio. Esce prima la barcache si dirizza col coscritta a Como, poi l'altra della Tere-sa. Si riguardano mestamente finchè lo possono, poiognuno se ne va. La Teresa, di ritorno a casa, trova lamadre del suo fidanzato affranta dal colpo che le è toc-cato d'esser priva del figlio, indi a pochi giorni se nemuore. La Teresa vive da allora nel corrotto e nel duolo,e sola consolazione è al suo cuore visitare talvolta ilBuco de' Carpi, testimonio de' suoi estremi saluti al suoPeppino, e vi ci va anche soletta una volta almeno la set-timana a nutricarvi il cespo de' ciclamini da cui aveaspiccato quello ch'ella aveva dato al suo povero amico.Ma ella pure deperiva in salute. Un venerdì dell'aprile,anniversario della partenza del suo Peppino, essa, giustail consueto, si avviava al Buco de' Carpi: il lago eratranquillo, era l'ora del vespro, e un pensiero di tristezza,un malore che provava, la sconsigliavano alla gita; mal'idea che non andarvi sembrasse cosa di poco amorealla memoria del suo caro, la prosegue inesorabile. Essadunque solca le onde col suo burchio, traversa il lago, viè presso, è sull'orlo della grotta, già la prua vi penetra;quand'ecco un uccellaccio con rumoroso e largo spar-nazzare d'ali, vi sbuca improvviso, rasenta la fronte del-

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la Teresa,Scappand giò per el lagh alla distesa.

La povera tosa, per lo spavento dell'inatteso augello,si china onde schivarlo; il battello a quel suo movimentourta nel masso e si torce, ella perde l'equilibrio per lascossa, rovescia fuor dello stesso, gitta uno strido e giùva sotto l'onda. Due volte parve venisse ella respintasulla superficie, e due volte risospinta giù, finchè l'ondasi chiuse per sempre su di lei.

I parenti più non la vedendo ritornare, andavano incerca di lei, e dopo lungo affannarsi, trovarono il bur-chio vuoto, che dondolava a discrezione dell'onde, manulla di lei, per quanto la chiamassero altamente a voce.Solo due mesi dopo, un pescatore, ritirando le reti, neraccolse la inanimata spoglia. Narra il poeta, che loscheletro dell'infelice fanciulla stia ora nell'ossario diLenno presso alla chiesa e vi appaja ginocchione; che ilsoldato reduce dalla Russia, quando credeva aver cessa-to di soffrire, ebbe il più fiero martirio, ritrovando mortae la madre e l'amante; sicchè non volesse più vivere chemesto e sconsolato nella memoria de' suoi poveri morti.

Proseguiamo ora l'escursione nostra.Oltrepassati i Sassi Grosgalli, si presenta la villa Be-

sana e ritorna da questo lato pienamente ridente il golfo.Perocchè a breve tratto si schiera il paese di S. Giovannicolle belle ville dei Crivelli, ora Ciceri, e de' Trotti;quest'ultima di stile fra il bizantino e il lombardo; succe-duta poi da quella del nobile Poldi-Pezzoli, che prima

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la Teresa,Scappand giò per el lagh alla distesa.

La povera tosa, per lo spavento dell'inatteso augello,si china onde schivarlo; il battello a quel suo movimentourta nel masso e si torce, ella perde l'equilibrio per lascossa, rovescia fuor dello stesso, gitta uno strido e giùva sotto l'onda. Due volte parve venisse ella respintasulla superficie, e due volte risospinta giù, finchè l'ondasi chiuse per sempre su di lei.

I parenti più non la vedendo ritornare, andavano incerca di lei, e dopo lungo affannarsi, trovarono il bur-chio vuoto, che dondolava a discrezione dell'onde, manulla di lei, per quanto la chiamassero altamente a voce.Solo due mesi dopo, un pescatore, ritirando le reti, neraccolse la inanimata spoglia. Narra il poeta, che loscheletro dell'infelice fanciulla stia ora nell'ossario diLenno presso alla chiesa e vi appaja ginocchione; che ilsoldato reduce dalla Russia, quando credeva aver cessa-to di soffrire, ebbe il più fiero martirio, ritrovando mortae la madre e l'amante; sicchè non volesse più vivere chemesto e sconsolato nella memoria de' suoi poveri morti.

Proseguiamo ora l'escursione nostra.Oltrepassati i Sassi Grosgalli, si presenta la villa Be-

sana e ritorna da questo lato pienamente ridente il golfo.Perocchè a breve tratto si schiera il paese di S. Giovannicolle belle ville dei Crivelli, ora Ciceri, e de' Trotti;quest'ultima di stile fra il bizantino e il lombardo; succe-duta poi da quella del nobile Poldi-Pezzoli, che prima

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Page 232: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

era dei Taverna, più grandiosa e rinnovata da quell'abilearchitetto che è il milanese Balzaretti, al quale si debbo-no i nuovi giardini pubblici della sua città, e non pochearchitetture civili, fra cui ne primeggia la recentissima,appena ultimata, della Cassa di Risparmio in via Montedi Pietà. La casa qui, o piuttosto palazzo del nobile Pol-di, si costituisce di tre corpi legati insieme da due ele-ganti terrazzi; il giardino poi è ricco di piante straniere,tra cui la canna di zucchero, il sovero, la canfora, l'oleafragrans e boschetti di magnolie che profuman l'aeretutt'all'intorno.

Poi v'è una villa Luppia, e da ultimo si chiude a SanGiovanni colla più superba villeggiatura del duca Melzi,che mi reclama maggiori parole.

Francesco Melzi D'Eril, che fu vicepresidente dellarepubblica italiana e poi duca di Lodi, l'edificò al princi-piare del secolo su disegno di quell'esimio artista che fuGiocondo Albertolli, del quale io già dettai le memoriebiografiche e artistiche nel giornale dell'Ingegnere-Architetto del Saldini di Milano. Come quegli che ridus-se alla sua castigatezza l'arte ornamentale, l'Albertolli viportò semplicità di linee architettoniche, ma ad un tem-po armoniche e di gusto. Il proprietario poi l'arricchì in-ternamente d'ogni maniera d'opera d'arte. A memoria diquel suo antenato, Francesco Melzi, che fu allievo diLeonardo ed erede dello studio di lui, volle il duca che ilpittore Giuseppe Bossi in quattro sopraporte monocro-matiche dipingesse quattro episodî del sommo Leonar-do, e l'opera riuscì egregia. Nell'un disegno vedesi Leo-

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era dei Taverna, più grandiosa e rinnovata da quell'abilearchitetto che è il milanese Balzaretti, al quale si debbo-no i nuovi giardini pubblici della sua città, e non pochearchitetture civili, fra cui ne primeggia la recentissima,appena ultimata, della Cassa di Risparmio in via Montedi Pietà. La casa qui, o piuttosto palazzo del nobile Pol-di, si costituisce di tre corpi legati insieme da due ele-ganti terrazzi; il giardino poi è ricco di piante straniere,tra cui la canna di zucchero, il sovero, la canfora, l'oleafragrans e boschetti di magnolie che profuman l'aeretutt'all'intorno.

Poi v'è una villa Luppia, e da ultimo si chiude a SanGiovanni colla più superba villeggiatura del duca Melzi,che mi reclama maggiori parole.

Francesco Melzi D'Eril, che fu vicepresidente dellarepubblica italiana e poi duca di Lodi, l'edificò al princi-piare del secolo su disegno di quell'esimio artista che fuGiocondo Albertolli, del quale io già dettai le memoriebiografiche e artistiche nel giornale dell'Ingegnere-Architetto del Saldini di Milano. Come quegli che ridus-se alla sua castigatezza l'arte ornamentale, l'Albertolli viportò semplicità di linee architettoniche, ma ad un tem-po armoniche e di gusto. Il proprietario poi l'arricchì in-ternamente d'ogni maniera d'opera d'arte. A memoria diquel suo antenato, Francesco Melzi, che fu allievo diLeonardo ed erede dello studio di lui, volle il duca che ilpittore Giuseppe Bossi in quattro sopraporte monocro-matiche dipingesse quattro episodî del sommo Leonar-do, e l'opera riuscì egregia. Nell'un disegno vedesi Leo-

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nardo che insegna al Melzi il disegno: nel secondo, ilgran maestro, che recinto da' suoi scolari sta pingendo ilproprio ritratto; nel terzo, la scena in cui lascia erede ilMelzi; nel quarto, il Melzi che insegna nella scuola ere-data da quel grande. - In altre sale ammiransi dipintidello stesso Bossi, di Appiani, di Migliara e di Sanquiri-co; le statue, il Davide del Fraccaroli, l'Esmeralda, il bu-sto somigliantissimo di Giocondo Albertolli, e copie de'famosi capolavori antichi, il Laocoonte e la Cerere, e ibusti di quattro imperatori romani e di Letizia e Giusep-pina Bonaparte; oltre affreschi pregevolissimi di quel fa-moso prospettico che fu il sunnominato Sanquirico, pernon dire d'opere di altri minori. Nella cappella mortua-ria, pur disegno dell'Albertolli, e in cui riposano le cene-ri del duca, vedesi l'avello lavorato da Vittorio Nesti; ilSalvatore, scultura del Comolli e un bellissimo cartonedel Bossi.

Ma se è degno di osservazione il palazzo, non ne sonmeno i giardini, cui presta la natura del suolo, che è uncolle, la cui cima sovraggiudica il busto d'Alfieri. Ilmarmoreo gruppo di Dante e Beatrice, sculto dal sud-detto Comolli, è nel mezzo del viale che costeggia illago; se poi l'economia dell'opera me lo concedesse, da-rei un mezzo trattato di botanica nel descrivere i fiori, leerbe, le piante che li decorano in tanta copia da essereeziandio altrettanti vivai per altre ville.

Ma altre cose degnissime abbiamo a vedere in questanostra escursione: affrettiamoci dunque alla vicina bor-gata di Bellagio.

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nardo che insegna al Melzi il disegno: nel secondo, ilgran maestro, che recinto da' suoi scolari sta pingendo ilproprio ritratto; nel terzo, la scena in cui lascia erede ilMelzi; nel quarto, il Melzi che insegna nella scuola ere-data da quel grande. - In altre sale ammiransi dipintidello stesso Bossi, di Appiani, di Migliara e di Sanquiri-co; le statue, il Davide del Fraccaroli, l'Esmeralda, il bu-sto somigliantissimo di Giocondo Albertolli, e copie de'famosi capolavori antichi, il Laocoonte e la Cerere, e ibusti di quattro imperatori romani e di Letizia e Giusep-pina Bonaparte; oltre affreschi pregevolissimi di quel fa-moso prospettico che fu il sunnominato Sanquirico, pernon dire d'opere di altri minori. Nella cappella mortua-ria, pur disegno dell'Albertolli, e in cui riposano le cene-ri del duca, vedesi l'avello lavorato da Vittorio Nesti; ilSalvatore, scultura del Comolli e un bellissimo cartonedel Bossi.

Ma se è degno di osservazione il palazzo, non ne sonmeno i giardini, cui presta la natura del suolo, che è uncolle, la cui cima sovraggiudica il busto d'Alfieri. Ilmarmoreo gruppo di Dante e Beatrice, sculto dal sud-detto Comolli, è nel mezzo del viale che costeggia illago; se poi l'economia dell'opera me lo concedesse, da-rei un mezzo trattato di botanica nel descrivere i fiori, leerbe, le piante che li decorano in tanta copia da essereeziandio altrettanti vivai per altre ville.

Ma altre cose degnissime abbiamo a vedere in questanostra escursione: affrettiamoci dunque alla vicina bor-gata di Bellagio.

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Page 234: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Oltre San Giovanni e i giardini della villa Melzi, èBellagio, che gli etimologi fanno derivare da Bilacus,come a dire fra i due laghi, non altrimenti che in Isviz-zera per la stessa ragione vi è Interlaken, perchè infattiBellagio siede sulla punta d'un promontorio, che i pae-sani appellano Colunga, appunto perchè quasi una lin-gua di terra il cui capo si prolunghi nel pelago, dove ilLario che vien da Colico si divide in due rami, l'unoquello che già conosciamo e che va a Como, e l'altro chediscende a Lecco. Una tale situazione dà a Bellagio unaparticolare vaghezza, nè per essa, nè per le magnificheville onde è lieto e che gli fan corona, e diciamo ancheper i due ottimi alberghi, non vi ha persona che traggaalla Tremezzina, senza che ne traversi il lago e venga avedere Bellagio. Tutta questa plaga può contenderla inbellezze di natura a quelle meraviglie cantate da' poeti elevate a cielo da' forestieri, che sono Posilippo e Mer-gellina, Portici e Sorrento.

Voi vedete allora di che buon gusto dovesse essereCajo Plinio Cecilio Secondo, detto il Giovane, nelloeleggersi proprio la cima di questa scogliera che sta acapo del promontorio per erigervi la sua villa che, a ri-scontro di quella che nomò Commedia e che ricordam-mo a Villa presso a Lenno, come attesta il Giovio, o sulbasso lido presso Varenna, come vorrebbe il Boldoni,appellò Tragedia.

Più tardi, ne' tempi di mezzo, come le altre terre dellago si facevano irte di fortilizî e torri, arnesi di guerragiovati spesso a contenere le rapine degli Elvezî che fa-

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Oltre San Giovanni e i giardini della villa Melzi, èBellagio, che gli etimologi fanno derivare da Bilacus,come a dire fra i due laghi, non altrimenti che in Isviz-zera per la stessa ragione vi è Interlaken, perchè infattiBellagio siede sulla punta d'un promontorio, che i pae-sani appellano Colunga, appunto perchè quasi una lin-gua di terra il cui capo si prolunghi nel pelago, dove ilLario che vien da Colico si divide in due rami, l'unoquello che già conosciamo e che va a Como, e l'altro chediscende a Lecco. Una tale situazione dà a Bellagio unaparticolare vaghezza, nè per essa, nè per le magnificheville onde è lieto e che gli fan corona, e diciamo ancheper i due ottimi alberghi, non vi ha persona che traggaalla Tremezzina, senza che ne traversi il lago e venga avedere Bellagio. Tutta questa plaga può contenderla inbellezze di natura a quelle meraviglie cantate da' poeti elevate a cielo da' forestieri, che sono Posilippo e Mer-gellina, Portici e Sorrento.

Voi vedete allora di che buon gusto dovesse essereCajo Plinio Cecilio Secondo, detto il Giovane, nelloeleggersi proprio la cima di questa scogliera che sta acapo del promontorio per erigervi la sua villa che, a ri-scontro di quella che nomò Commedia e che ricordam-mo a Villa presso a Lenno, come attesta il Giovio, o sulbasso lido presso Varenna, come vorrebbe il Boldoni,appellò Tragedia.

Più tardi, ne' tempi di mezzo, come le altre terre dellago si facevano irte di fortilizî e torri, arnesi di guerragiovati spesso a contenere le rapine degli Elvezî che fa-

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cevano frequenti scorrerie, ma ben anco a mantener vivele lotte fraterne e massime contro Como; anche Bellagioebbe il suo forte castello, riparo di facinorosi e banditi,il quale venne poi fatto smantellare da Galeazzo Viscon-ti nel 1375. Risiedeva allora in Bellagio un capitano dellago, e convien dire che vi facesse capo ogni terra delLario, se i cattivi debitori di Cernobbio ve li abbiamoveduti cacciati nelle carceri di Bellagio, dove i lorocompaesani vennero a trarneli colla forza al tempo diFilippo Visconti, come narrai quando dissi di quei paesidel primo bacino.

Ogni traccia di efferatezza sparve dal colle di Bella-gio qualche tempo dopo, quando un Marchesino Stanga,favorito di Lodovico il Moro, vi edificò una splendidis-sima villa. Ma non era appena compiuta, che que' dellaVal Cavargna, a vendicar non so qual torto, vennero fu-ribondi e la misero a ferro ed a fuoco.

Ercole Sfondrati, duca di Monte Marciano, nipote dipapa Gregorio XIV e capitano suo nella spedizione chefece in ajuto della lega e contro il Bearnese, dopo le bat-taglie, avuto a sè infeudato il borgo, riparò su questocolle e vi rialzò la villa e riordinò i giardini, piantandovilecci, quercie, allori, cipressi e pini, che pur esistono ingran parte, e vi eresse qui e qua sacre cappelle, che ornon si veggono più.

E un edificio esisteva pure verso il lato del ramo dellago che sporge a Lecco e che dicevasi la Sfondrata; equi la tradizione del paese rammenta una di quelle infa-mi memorie di dissolutezza e di crudeltà, onde in Fran-

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cevano frequenti scorrerie, ma ben anco a mantener vivele lotte fraterne e massime contro Como; anche Bellagioebbe il suo forte castello, riparo di facinorosi e banditi,il quale venne poi fatto smantellare da Galeazzo Viscon-ti nel 1375. Risiedeva allora in Bellagio un capitano dellago, e convien dire che vi facesse capo ogni terra delLario, se i cattivi debitori di Cernobbio ve li abbiamoveduti cacciati nelle carceri di Bellagio, dove i lorocompaesani vennero a trarneli colla forza al tempo diFilippo Visconti, come narrai quando dissi di quei paesidel primo bacino.

Ogni traccia di efferatezza sparve dal colle di Bella-gio qualche tempo dopo, quando un Marchesino Stanga,favorito di Lodovico il Moro, vi edificò una splendidis-sima villa. Ma non era appena compiuta, che que' dellaVal Cavargna, a vendicar non so qual torto, vennero fu-ribondi e la misero a ferro ed a fuoco.

Ercole Sfondrati, duca di Monte Marciano, nipote dipapa Gregorio XIV e capitano suo nella spedizione chefece in ajuto della lega e contro il Bearnese, dopo le bat-taglie, avuto a sè infeudato il borgo, riparò su questocolle e vi rialzò la villa e riordinò i giardini, piantandovilecci, quercie, allori, cipressi e pini, che pur esistono ingran parte, e vi eresse qui e qua sacre cappelle, che ornon si veggono più.

E un edificio esisteva pure verso il lato del ramo dellago che sporge a Lecco e che dicevasi la Sfondrata; equi la tradizione del paese rammenta una di quelle infa-mi memorie di dissolutezza e di crudeltà, onde in Fran-

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cia andò tristamente famosa la Torre de Nesle, e in Italiasi ricordano i trabocchetti di Castel dell'Ovo di Giovan-na I regina di Napoli, e che io brevemente riassumo.

Una Contessa di Borgomanero, forse legata per pa-rentela agli Sfondrati, e qui dimorata per qualche tempo,abbandonandosi a osceni amori, vuolsi che facesse peitrabocchetti precipitar giù per le acute balze della sco-gliera che sta a picco del lago i mal capitati suoi amatorid'una notte, a ciò forse non ripetessero intorno le suebrutte lascivie, e fors'anco troppo presto desiderevoledel nuovo; ma di più non se ne sa dire, e certo allude aquesta tradizione la poesia scritta da signora che da unalbum dell'albergo della Cadenabbia trascrisse CesareCantù, diligentissimo indagatore d'ogni particolarità dellago, nella seguente terzina:

O ti piacesse più, solcando l'acque,Veder le balze dell'opposto lido,Ove talor precipitato giacque

Il drudo infido.

Poscia il feudo passò ai conti della Riviera, signoridella Valassina; ma la villa degli Sfondrati passò pereredità ai Serbelloni, onde villa Serbelloni si noma inoggi tutto l'ampio recinto che chiude la vasta casa, chealtamente reclama una migliore architettura esterna epiù moderni riattamenti. Come Plinio, ne' tempi diRoma, Parini al principiar del secolo nostro veniva nellavilla de' Serbelloni a ricrearsi e ispirarsi, e ne aveva bend'onde.

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cia andò tristamente famosa la Torre de Nesle, e in Italiasi ricordano i trabocchetti di Castel dell'Ovo di Giovan-na I regina di Napoli, e che io brevemente riassumo.

Una Contessa di Borgomanero, forse legata per pa-rentela agli Sfondrati, e qui dimorata per qualche tempo,abbandonandosi a osceni amori, vuolsi che facesse peitrabocchetti precipitar giù per le acute balze della sco-gliera che sta a picco del lago i mal capitati suoi amatorid'una notte, a ciò forse non ripetessero intorno le suebrutte lascivie, e fors'anco troppo presto desiderevoledel nuovo; ma di più non se ne sa dire, e certo allude aquesta tradizione la poesia scritta da signora che da unalbum dell'albergo della Cadenabbia trascrisse CesareCantù, diligentissimo indagatore d'ogni particolarità dellago, nella seguente terzina:

O ti piacesse più, solcando l'acque,Veder le balze dell'opposto lido,Ove talor precipitato giacque

Il drudo infido.

Poscia il feudo passò ai conti della Riviera, signoridella Valassina; ma la villa degli Sfondrati passò pereredità ai Serbelloni, onde villa Serbelloni si noma inoggi tutto l'ampio recinto che chiude la vasta casa, chealtamente reclama una migliore architettura esterna epiù moderni riattamenti. Come Plinio, ne' tempi diRoma, Parini al principiar del secolo nostro veniva nellavilla de' Serbelloni a ricrearsi e ispirarsi, e ne aveva bend'onde.

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Page 237: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Estintasi in questi ultimi anni questa patrizia famiglia,ora l'appigionò Antonio Mella per convertirla in alber-go, a soccorso dell'altro che ha in riva al lago, detto del-la Gran Brettagna, l'uno e l'altro forniti di tutte le como-dità.

Un albergo ha pure in questo borgo MelchisedeccoGandola, sotto il nome di Antico albergo e pensione Ge-nazzini, e vi ha pari importanza e fama.

Più prossima alla punta è la Crella, villa dei Frizzonida Bergamo, che su disegno di Rodolfo Vantini, di stilebramantesco, costò un ingente patrimonio. Bella, ricca,splendida, non è per avventura così comoda, come sivuole sia una villeggiatura molto più signorile.

Per un ampio viale, che fa maravigliare come sia statopraticato nella roccia, da Pescaù, che sta in cima di Bel-lagio, si arriva alla villa Giulia, con dir della quale mipiace chiudere l'escursione per la Bellagina. Essa sta sulpoggio a cavaliere dei due rami del lago e sorge maesto-sa, quantunque la facciata più bella riguardi, non sapreidire perchè, i giardini. Fu il luogo dapprima dei Camoz-zi, poi l'acquistò la famiglia Venini sullo scorcio del pas-sato secolo, e don Pietro vi costruì la villa che volle por-tasse il nome della moglie, Giulia, onde ancor si desi-gna, malgrado che divenisse poi proprietà di Leopoldo,re del Belgio, che vi condusse a grande spesa le acque ela rese una vera delizia regale, che non lo lusingò per al-tro così possentemente, da non cederla in affitto dodi-cenne al signor Mella che la tramutò in albergo. Il pano-rama stupendo che si gode dalla villa Giulia, dell'un

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Estintasi in questi ultimi anni questa patrizia famiglia,ora l'appigionò Antonio Mella per convertirla in alber-go, a soccorso dell'altro che ha in riva al lago, detto del-la Gran Brettagna, l'uno e l'altro forniti di tutte le como-dità.

Un albergo ha pure in questo borgo MelchisedeccoGandola, sotto il nome di Antico albergo e pensione Ge-nazzini, e vi ha pari importanza e fama.

Più prossima alla punta è la Crella, villa dei Frizzonida Bergamo, che su disegno di Rodolfo Vantini, di stilebramantesco, costò un ingente patrimonio. Bella, ricca,splendida, non è per avventura così comoda, come sivuole sia una villeggiatura molto più signorile.

Per un ampio viale, che fa maravigliare come sia statopraticato nella roccia, da Pescaù, che sta in cima di Bel-lagio, si arriva alla villa Giulia, con dir della quale mipiace chiudere l'escursione per la Bellagina. Essa sta sulpoggio a cavaliere dei due rami del lago e sorge maesto-sa, quantunque la facciata più bella riguardi, non sapreidire perchè, i giardini. Fu il luogo dapprima dei Camoz-zi, poi l'acquistò la famiglia Venini sullo scorcio del pas-sato secolo, e don Pietro vi costruì la villa che volle por-tasse il nome della moglie, Giulia, onde ancor si desi-gna, malgrado che divenisse poi proprietà di Leopoldo,re del Belgio, che vi condusse a grande spesa le acque ela rese una vera delizia regale, che non lo lusingò per al-tro così possentemente, da non cederla in affitto dodi-cenne al signor Mella che la tramutò in albergo. Il pano-rama stupendo che si gode dalla villa Giulia, dell'un

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Page 238: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ramo del lago e dell'altro, impreziosito da poggi fioriti,da grotte, da fontane, da ruscelli, da boschetti, da pratel-li e da piante peregrine, e le attrattive d'ogni manierache presenta, rendono questo luogo uno de' più deliziosiritrovi che lungo le sponde del Lario meritino d'esserevisitati.

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ramo del lago e dell'altro, impreziosito da poggi fioriti,da grotte, da fontane, da ruscelli, da boschetti, da pratel-li e da piante peregrine, e le attrattive d'ogni manierache presenta, rendono questo luogo uno de' più deliziosiritrovi che lungo le sponde del Lario meritino d'esserevisitati.

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ESCURSIONE DECIMANONA.IL SASSO RANCIO.

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ESCURSIONE DECIMANONA.IL SASSO RANCIO.

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Page 240: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Il Monte degli Stampi e l'Arca di Noè. - Ville di Menaggio. - Lo-veno. - Ville Pensa, Garovaglio, Alberti, Azeglio, Mylius-Vigoni. - Cardano. - Villa Galbiati. - La Val Cavargna. - Por-lezza. - Fabbrica di vetro. - Il Castello di Menaggio. - La Sana-gra. - Lapide romana. - Nobiallo. - Ligomana, Plesio e Naggio.- Il Sasso Rancio. - I cosacchi al Sasso Rancio.

Visitata la Bellagina, riconduciamoci all'opposto lido,dove nuove dolcezze ne attendono. Veramente il bacinodella Tremezzina non s'arresta alla villa Ricordi: non èlungi Menaggio, che vi è compreso, e merita che vi ciandiamo e vi vediamo le cose interessanti de' dintorni. Epoichè siam ritornati da questa parte, non lasciamo di ri-volgere l'attenzione al Monte che sta sopra la Tremezzi-na e si appella degli Stampi, non per altro, che per lastranissima tradizione che corre nel paese, che lassù visostasse, al cessar del diluvio universale, l'arca di Noè.D'onde mai traesse origine la fiaba, è presto detto. Suquel monte, nel masso, si ravvisarono impronte di zam-pe d'animali della grandezza perfino di trenta centimetri,come si trovarono crostacei di tempi antidiluviani: ciòbasta perchè il volgo, amante sempre del maraviglioso,sognasse che non sull'Ararat, ma su questo culmine po-sasse l'arca di quel patriarca.

Oltre le ville che ho rammentate nella escursione del-la Tremezzina, la Majolica non offre che meriti vedere eneppur nominare. La continuazione della via carrozzabi-le da Majolica a Menaggio è sempre ne' pii desideri; manoi pigliamo il canotto: - è così bello lo scivolare su

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Il Monte degli Stampi e l'Arca di Noè. - Ville di Menaggio. - Lo-veno. - Ville Pensa, Garovaglio, Alberti, Azeglio, Mylius-Vigoni. - Cardano. - Villa Galbiati. - La Val Cavargna. - Por-lezza. - Fabbrica di vetro. - Il Castello di Menaggio. - La Sana-gra. - Lapide romana. - Nobiallo. - Ligomana, Plesio e Naggio.- Il Sasso Rancio. - I cosacchi al Sasso Rancio.

Visitata la Bellagina, riconduciamoci all'opposto lido,dove nuove dolcezze ne attendono. Veramente il bacinodella Tremezzina non s'arresta alla villa Ricordi: non èlungi Menaggio, che vi è compreso, e merita che vi ciandiamo e vi vediamo le cose interessanti de' dintorni. Epoichè siam ritornati da questa parte, non lasciamo di ri-volgere l'attenzione al Monte che sta sopra la Tremezzi-na e si appella degli Stampi, non per altro, che per lastranissima tradizione che corre nel paese, che lassù visostasse, al cessar del diluvio universale, l'arca di Noè.D'onde mai traesse origine la fiaba, è presto detto. Suquel monte, nel masso, si ravvisarono impronte di zam-pe d'animali della grandezza perfino di trenta centimetri,come si trovarono crostacei di tempi antidiluviani: ciòbasta perchè il volgo, amante sempre del maraviglioso,sognasse che non sull'Ararat, ma su questo culmine po-sasse l'arca di quel patriarca.

Oltre le ville che ho rammentate nella escursione del-la Tremezzina, la Majolica non offre che meriti vedere eneppur nominare. La continuazione della via carrozzabi-le da Majolica a Menaggio è sempre ne' pii desideri; manoi pigliamo il canotto: - è così bello lo scivolare su

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Page 241: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

d'esso quando è calmo il lago.Nondimeno abbiatevi un avvertimento. Se anche un

nuvoletto solo turba il sereno del cielo, non avventurate-vi a traversare il lago da Bellagio alla Tremezzina; a piùd'uno quel nuvoletto, non anco giunto a mezzo del lago,che, come dissi, qui è larghissimo, si dilatò, coprì tutto ilcielo e apportò tempesta, naufragio e morte. Propria-mente per dividersi il lago e formare i due rami, oltreche dalla valle di Menaggio, i venti vi soffiano e mena-no furibonda ridda e in nessuna parte del Lario come quisono avvenuti tanti disastri.

Ma poichè ho ricordata la valle di Menaggio, se vifermate nella Tremezzina alcun giorno, non lasciate dipercorrerla e ne sarete contenti. Vi troverete su d'unpoggio assidersi Loveno, colle belle villeggiature deiPensa, dei Garovaglio, degli Alberti, degli Azeglio e deiMylius-Vigoni. I Garovaglio vi tengono una copiosacollezione di pregevoli stampe, massimamente inglesi, eun giardino interessante pei botanici.

Nella sua villa Massimo d'Azeglio immaginò e scris-se parte del suo miglior romanzo Ettore Fieramosca, eraccolse alla sua volta buone stampe e buoni dipinti conquel gusto che ognun conobbe all'illustre romanziere epaesista. Nel palazzo Mylius vedreste poi preziosità arti-stiche ancor maggiori. Intanto vi piacerà l'architetturasua semplice, opera del Besia: meglio poi le ricchezzedell'interno e la sua eccellente distribuzione. Non diròdegli arredi, nè di altre splendidezze: solo restringendo-mi all'arte, e nella casa e nel giardino si ammirano statue

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d'esso quando è calmo il lago.Nondimeno abbiatevi un avvertimento. Se anche un

nuvoletto solo turba il sereno del cielo, non avventurate-vi a traversare il lago da Bellagio alla Tremezzina; a piùd'uno quel nuvoletto, non anco giunto a mezzo del lago,che, come dissi, qui è larghissimo, si dilatò, coprì tutto ilcielo e apportò tempesta, naufragio e morte. Propria-mente per dividersi il lago e formare i due rami, oltreche dalla valle di Menaggio, i venti vi soffiano e mena-no furibonda ridda e in nessuna parte del Lario come quisono avvenuti tanti disastri.

Ma poichè ho ricordata la valle di Menaggio, se vifermate nella Tremezzina alcun giorno, non lasciate dipercorrerla e ne sarete contenti. Vi troverete su d'unpoggio assidersi Loveno, colle belle villeggiature deiPensa, dei Garovaglio, degli Alberti, degli Azeglio e deiMylius-Vigoni. I Garovaglio vi tengono una copiosacollezione di pregevoli stampe, massimamente inglesi, eun giardino interessante pei botanici.

Nella sua villa Massimo d'Azeglio immaginò e scris-se parte del suo miglior romanzo Ettore Fieramosca, eraccolse alla sua volta buone stampe e buoni dipinti conquel gusto che ognun conobbe all'illustre romanziere epaesista. Nel palazzo Mylius vedreste poi preziosità arti-stiche ancor maggiori. Intanto vi piacerà l'architetturasua semplice, opera del Besia: meglio poi le ricchezzedell'interno e la sua eccellente distribuzione. Non diròdegli arredi, nè di altre splendidezze: solo restringendo-mi all'arte, e nella casa e nel giardino si ammirano statue

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Page 242: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

e gruppi di rinomatissimi scultori, come la Nemesi, diThorwaldsen; l'Eva, di Baruzzi; la Ruth, dell'Himos; ol-tre la madre di Mosè, del Gandolfi; il David, del Man-fredini; il gruppo insigne della Igea, dell'Argenti. Circaa pitture, ve n'hanno dell'Hayez, del Servi, del Canella,dell'Uaed; e ad incisioni, tutte le battaglie napoleonichedel Longhi, ritratte dai famosi affreschi di Appiani. Ilgiardino ha rarità di fiori e d'alberi e di prospetti.

Non lunge da Loveno, mette conto di vedere la biz-zarra villa di Galbiati a Cardano, che non dovrebbe es-sere negletta dal suo attuale proprietario. Costò al baro-ne Baldassare Galbiati assaissimo il far su quest'alturatrasportare il gruppo della Clemenza di Tito, da lui ac-quistato allo scultore Comolli, ma non è opera che nefrancasse la spesa. Piuttosto se visitate il sepolcreto do-mestico, vi ammirerete il monumento eretto dalla pietàdel figlio Carlo al padre, collo scalpello di quell'esimioartista che è Antonio Tantardini. L'Angelo della Risurre-zione che vi raffigurò è di un fortunatissimo ardimento,come d'una felicissima trovata. Maestra e sapiente ne èl'esecuzione.

Se amanti di natura alpestre, vi direi di percorrere laVal Cavargna e poi di spingervi anche a Porlezza a ve-dervi la fabbrica di vetro de' Campioni e a guardare ilCeresio che giunge fino al piede del borgo: ma io nonvuo' dimenticare il Lario che mi son proposto di farviconoscere e però ritorniamo a Menaggio.

Sovra il paese torreggia il castello, da cui si ha super-ba la vista e dove un ricco che l'acquistasse vi trovereb-

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e gruppi di rinomatissimi scultori, come la Nemesi, diThorwaldsen; l'Eva, di Baruzzi; la Ruth, dell'Himos; ol-tre la madre di Mosè, del Gandolfi; il David, del Man-fredini; il gruppo insigne della Igea, dell'Argenti. Circaa pitture, ve n'hanno dell'Hayez, del Servi, del Canella,dell'Uaed; e ad incisioni, tutte le battaglie napoleonichedel Longhi, ritratte dai famosi affreschi di Appiani. Ilgiardino ha rarità di fiori e d'alberi e di prospetti.

Non lunge da Loveno, mette conto di vedere la biz-zarra villa di Galbiati a Cardano, che non dovrebbe es-sere negletta dal suo attuale proprietario. Costò al baro-ne Baldassare Galbiati assaissimo il far su quest'alturatrasportare il gruppo della Clemenza di Tito, da lui ac-quistato allo scultore Comolli, ma non è opera che nefrancasse la spesa. Piuttosto se visitate il sepolcreto do-mestico, vi ammirerete il monumento eretto dalla pietàdel figlio Carlo al padre, collo scalpello di quell'esimioartista che è Antonio Tantardini. L'Angelo della Risurre-zione che vi raffigurò è di un fortunatissimo ardimento,come d'una felicissima trovata. Maestra e sapiente ne èl'esecuzione.

Se amanti di natura alpestre, vi direi di percorrere laVal Cavargna e poi di spingervi anche a Porlezza a ve-dervi la fabbrica di vetro de' Campioni e a guardare ilCeresio che giunge fino al piede del borgo: ma io nonvuo' dimenticare il Lario che mi son proposto di farviconoscere e però ritorniamo a Menaggio.

Sovra il paese torreggia il castello, da cui si ha super-ba la vista e dove un ricco che l'acquistasse vi trovereb-

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Page 243: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

be motivi di magnifica villa. In basso, viene a gittarsinel lago la Sanagra, acqua che dev'essere medicinale, segli etimologi ne fan derivare il nome da Sanat ægros,cioè sana i malati. Entrando poi nel grosso borgo, im-portante per belle case e per commerci ed anche per al-berghi, fra cui primeggia quello del Piantanida, che daBergamo qui trasportò i suoi penati e vi adattò da unpajo d'anni tutti i conforti de' più sontuosi, ed è da con-tarsi tra i migliori del lago.

Sulla piazza è una delle lapidi massime dell'antichità,che così fu letta:Minicius L. F. Ouf. Exoratus,Flam. Divi Titi Aug. Vespasiani consensu Decurion. tr.

mil. IIII vir. a. p. II. vir. i. d. præf. fabr. Cæsaris etconsulis pontif. sibi et Geminæ q. f. Priscæ uxori etMiniciæ l. f. Bisiæ V. f.25.Usciti di Menaggio, tenendoci sempre al lago, incon-

triamo Nobiallo. Il suo suolo abbonda di gesso, d'alaba-stro venato e di scagliola speculare. Levando lo sguardoal monte, scorgonsi i villaggi di Ligomana, Plesio eNaggio, dove dicono vi sieno vaghissime montanine.Non arrivai mai fin là, quantunque il bello facilmente miseduca; ma d'altronde la comitiva tirava dritto, perchè lameta del nostro cammino di quel giorno era il Sasso25 Eccone la versione: "Minicio Esorato, figlio di Lucio, della tribù Oufentina,flamine del divo Tito Augusto Vespasiano, per consenso dei decurioni, tribunode' soldati, quatuorviro con podestà di edile, duumviro di giustizia, prefetto deifabbri di Cesare e del Console, pontefice, a sè ed alla moglie Geminia Priscafiglia di Quinto ed a Minicia Bisia figlia di Lucio, vivente fece."

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be motivi di magnifica villa. In basso, viene a gittarsinel lago la Sanagra, acqua che dev'essere medicinale, segli etimologi ne fan derivare il nome da Sanat ægros,cioè sana i malati. Entrando poi nel grosso borgo, im-portante per belle case e per commerci ed anche per al-berghi, fra cui primeggia quello del Piantanida, che daBergamo qui trasportò i suoi penati e vi adattò da unpajo d'anni tutti i conforti de' più sontuosi, ed è da con-tarsi tra i migliori del lago.

Sulla piazza è una delle lapidi massime dell'antichità,che così fu letta:Minicius L. F. Ouf. Exoratus,Flam. Divi Titi Aug. Vespasiani consensu Decurion. tr.

mil. IIII vir. a. p. II. vir. i. d. præf. fabr. Cæsaris etconsulis pontif. sibi et Geminæ q. f. Priscæ uxori etMiniciæ l. f. Bisiæ V. f.25.Usciti di Menaggio, tenendoci sempre al lago, incon-

triamo Nobiallo. Il suo suolo abbonda di gesso, d'alaba-stro venato e di scagliola speculare. Levando lo sguardoal monte, scorgonsi i villaggi di Ligomana, Plesio eNaggio, dove dicono vi sieno vaghissime montanine.Non arrivai mai fin là, quantunque il bello facilmente miseduca; ma d'altronde la comitiva tirava dritto, perchè lameta del nostro cammino di quel giorno era il Sasso25 Eccone la versione: "Minicio Esorato, figlio di Lucio, della tribù Oufentina,flamine del divo Tito Augusto Vespasiano, per consenso dei decurioni, tribunode' soldati, quatuorviro con podestà di edile, duumviro di giustizia, prefetto deifabbri di Cesare e del Console, pontefice, a sè ed alla moglie Geminia Priscafiglia di Quinto ed a Minicia Bisia figlia di Lucio, vivente fece."

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rancio, e sarebbe stata poca creanza lasciare la compa-gnia.

Mentre passando per costì ci approssimavamo a que-sto Sasso, più d'uno mi chiese perchè rancio lo si no-masse, e mi tornò facile il darne la spiegazione: il coloreche tutto copre questa parte di monte è prodottodall'ocra di ferro che si contiene nella roccia e che infattivien cavato in copia a Gaeta, lì presso. Una signora, cheaveva di recente letto il sentimentale romanzo di DavideBertolotti, che si intitola appunto Il Sasso rancio, spiegòallora la sua erudizione, ripetendone brevementel'intreccio con tanta gravità come fosse stata pretta sto-ria.

Giunti al Sasso, vi trovammo un'erta scogliera quasi apicco del lago, e vi si gode di là una magnifica vista. Vi-cino vi sono parecchie grotte che si sprofondano nelleviscere del monte.

Su pel difficile sentiero, che serba il nome di via dellaRegina, che è la prosecuzione di quella che costeggiatutta la sponda sinistra del lago, nel 1799, quando le no-stre belle contrade erano infestate dalle orde russe, undrapello di cavalleria cosacca di Souwarow volle peri-tarsi; ma gli irrequieti cavalli, accostumati a liberamentescorrazzare per le lande dell'Ukrania, sbizzarrendo, diru-parono per que' greppi, seco traendo nel precipizio an-che molti de' cavalieri.

Noi invece che v'andammo a piedi non corremmo al-cun pericolo; ricordammo lo storico fatto, misurammotutta l'altezza del precipizio e inorridimmo, e vi trovam-

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rancio, e sarebbe stata poca creanza lasciare la compa-gnia.

Mentre passando per costì ci approssimavamo a que-sto Sasso, più d'uno mi chiese perchè rancio lo si no-masse, e mi tornò facile il darne la spiegazione: il coloreche tutto copre questa parte di monte è prodottodall'ocra di ferro che si contiene nella roccia e che infattivien cavato in copia a Gaeta, lì presso. Una signora, cheaveva di recente letto il sentimentale romanzo di DavideBertolotti, che si intitola appunto Il Sasso rancio, spiegòallora la sua erudizione, ripetendone brevementel'intreccio con tanta gravità come fosse stata pretta sto-ria.

Giunti al Sasso, vi trovammo un'erta scogliera quasi apicco del lago, e vi si gode di là una magnifica vista. Vi-cino vi sono parecchie grotte che si sprofondano nelleviscere del monte.

Su pel difficile sentiero, che serba il nome di via dellaRegina, che è la prosecuzione di quella che costeggiatutta la sponda sinistra del lago, nel 1799, quando le no-stre belle contrade erano infestate dalle orde russe, undrapello di cavalleria cosacca di Souwarow volle peri-tarsi; ma gli irrequieti cavalli, accostumati a liberamentescorrazzare per le lande dell'Ukrania, sbizzarrendo, diru-parono per que' greppi, seco traendo nel precipizio an-che molti de' cavalieri.

Noi invece che v'andammo a piedi non corremmo al-cun pericolo; ricordammo lo storico fatto, misurammotutta l'altezza del precipizio e inorridimmo, e vi trovam-

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mo invece alla fine della nostra escursione tutto quel di-vertimento che desidero a' lettori.

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mo invece alla fine della nostra escursione tutto quel di-vertimento che desidero a' lettori.

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ESCURSIONE VENTESIMA.LE FERRIERE DI DONGO.

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ESCURSIONE VENTESIMA.LE FERRIERE DI DONGO.

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Rezzonico e il suo Castello. - Il Castello di Musso. - Il Medeghi-no. - Le Tre Pievi. - Villa Manzi. - Dongo. - Casa Polti. - Villadel vescovo di Como. - Chiese di S. Stefano e S. Maria. - Valledell'Albano. - Le miniere di ferro. - I forni fusori. - Garzeno. -Brenzio. - Le Frate.

La manía de' forastieri e villeggianti s'arresta per or-dinario alla Tremezzina, nè più si cura delle altre bellez-ze del lago superiore. È ben vero che non c'è più quelsorriso continuo di ville che nella parte da noi già per-corsa abbiam vedute; ma è vero altresì che v'hanno mol-te e molte ragioni a non dimenticare anche quest'altraparte del lago, che forse per l'artista riesce più interes-sante. Io ne dirò con sollecite parole de' principali luo-ghi, acciò il libro non manchi al suo titolo.

Secondando sempre la sinistra sponda del lago, passa-to avanti il Sasso rancio e San Siro, vedesi su d'un pro-montorio il paese e il castello dei Rezzonico, famigliad'onde uscirono quel Clemente XIII, al quale il Canovalasciò famoso monumento in Roma, e i conti Gastone eAntongioseffo, buoni letterati. Il luogo ora è reso amenoper bellissimo parco fattovi all'intorno, per coltura e permagnifici limoni che vi fioriscono.

Proseguendo, scorgesi un altro promontorio che sispinge nel lago e che un dì portava un castello ed eraquello famoso di Musso, che ricorda le gesta di quel for-midabile filibustiere, che fu Gian Giacomo Medici, det-to il Medeghino di Milano. L'ebbero prima i Visconti,quindi il maresciallo Gian Giacomo Trivulzio, e in fine,

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Rezzonico e il suo Castello. - Il Castello di Musso. - Il Medeghi-no. - Le Tre Pievi. - Villa Manzi. - Dongo. - Casa Polti. - Villadel vescovo di Como. - Chiese di S. Stefano e S. Maria. - Valledell'Albano. - Le miniere di ferro. - I forni fusori. - Garzeno. -Brenzio. - Le Frate.

La manía de' forastieri e villeggianti s'arresta per or-dinario alla Tremezzina, nè più si cura delle altre bellez-ze del lago superiore. È ben vero che non c'è più quelsorriso continuo di ville che nella parte da noi già per-corsa abbiam vedute; ma è vero altresì che v'hanno mol-te e molte ragioni a non dimenticare anche quest'altraparte del lago, che forse per l'artista riesce più interes-sante. Io ne dirò con sollecite parole de' principali luo-ghi, acciò il libro non manchi al suo titolo.

Secondando sempre la sinistra sponda del lago, passa-to avanti il Sasso rancio e San Siro, vedesi su d'un pro-montorio il paese e il castello dei Rezzonico, famigliad'onde uscirono quel Clemente XIII, al quale il Canovalasciò famoso monumento in Roma, e i conti Gastone eAntongioseffo, buoni letterati. Il luogo ora è reso amenoper bellissimo parco fattovi all'intorno, per coltura e permagnifici limoni che vi fioriscono.

Proseguendo, scorgesi un altro promontorio che sispinge nel lago e che un dì portava un castello ed eraquello famoso di Musso, che ricorda le gesta di quel for-midabile filibustiere, che fu Gian Giacomo Medici, det-to il Medeghino di Milano. L'ebbero prima i Visconti,quindi il maresciallo Gian Giacomo Trivulzio, e in fine,

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per inganno, il Medici suddetto, che, fatta incetta dellapeggior ribaldaglia, vi si stabilì come in nido sicuro dirapaci avoltoi. A renderla più inespugnabile, la circondòd'opere militari d'ogni maniera, al compimento dellequali coll'esempio incoraggiavano perfino le sorelle dilui, Clarina e Margherita, la qual'ultima, sposa, al conteGiberto Borromeo, fu poi madre di quel Carlo che di-venne arcivescovo di Milano, cardinale di Santa Chiesae canonizzato da ultimo come santo. Era da questa rôccache il Medeghino, approfittando della debolezza del go-verno di Lombardia, che ora stava nelle mani de' Fran-cesi, or passava a quelle degli Spagnuoli, ed a tratti benanco funestato dalle orde alemanne, colla flottiglia ches'era formata di sette navi grosse a tre vele e quarant'ottoremi, ed aveva armata cadauna perfin di cento uomini,tutta schiuma di scellerati, spandeva il terrore pel lago erendevasi tanto formidabile e potente, da tenere a segnoi Grigioni, ai quali anzi toglieva Chiavenna; da opporresistenza agli Sforza dapprima, quindi ben ancoall'esercito cesareo, capitanato dal duca di Leyva, chesoleva dire dargli maggior fastidio il Medeghino chenon tutto l'esercito dello Sforza; da trattar da pari co'principi, battere moneta, e dopo d'avere assalito il terri-torio di Lecco, quello della Valtellina e la Valsolda, inti-tolavasi conte di Musso e di Lecco, governatore del lagoe della Valsássina. Se Carlo V volle togliersi questa spi-na, gli fu giuocoforza venire a patti con lui, conceden-dogli forti somme di denaro, il feudo di Marignano coltitolo di marchese e il comando di quell'esercito che gli

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per inganno, il Medici suddetto, che, fatta incetta dellapeggior ribaldaglia, vi si stabilì come in nido sicuro dirapaci avoltoi. A renderla più inespugnabile, la circondòd'opere militari d'ogni maniera, al compimento dellequali coll'esempio incoraggiavano perfino le sorelle dilui, Clarina e Margherita, la qual'ultima, sposa, al conteGiberto Borromeo, fu poi madre di quel Carlo che di-venne arcivescovo di Milano, cardinale di Santa Chiesae canonizzato da ultimo come santo. Era da questa rôccache il Medeghino, approfittando della debolezza del go-verno di Lombardia, che ora stava nelle mani de' Fran-cesi, or passava a quelle degli Spagnuoli, ed a tratti benanco funestato dalle orde alemanne, colla flottiglia ches'era formata di sette navi grosse a tre vele e quarant'ottoremi, ed aveva armata cadauna perfin di cento uomini,tutta schiuma di scellerati, spandeva il terrore pel lago erendevasi tanto formidabile e potente, da tenere a segnoi Grigioni, ai quali anzi toglieva Chiavenna; da opporresistenza agli Sforza dapprima, quindi ben ancoall'esercito cesareo, capitanato dal duca di Leyva, chesoleva dire dargli maggior fastidio il Medeghino chenon tutto l'esercito dello Sforza; da trattar da pari co'principi, battere moneta, e dopo d'avere assalito il terri-torio di Lecco, quello della Valtellina e la Valsolda, inti-tolavasi conte di Musso e di Lecco, governatore del lagoe della Valsássina. Se Carlo V volle togliersi questa spi-na, gli fu giuocoforza venire a patti con lui, conceden-dogli forti somme di denaro, il feudo di Marignano coltitolo di marchese e il comando di quell'esercito che gli

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affidava per abbattere a Siena l'ultimo avanzo di guelfalibertà. Ciò avveniva nel marzo 1532; e quando, in se-guito a tali atti, egli abbandonava il suo castello di Mus-so, i Grigioni, che ne spiavano la partenza, inerpicavansisu per que' greppi, impazienti di demolirlo; scortili ilMedeghino, retrocedette, scese a terra e intimò rispettas-ser il castello finchè egli fosse in condizione di vederlo;e tanto imposero la sua presenza e la minaccia, che allademolizione non si mise la mano che sol quando la suanave non fu più veduta per il lago.

Ora il picco sopra cui il castello si elevava, costituen-dosi d'un marmo saccaroide dolomitico, somministramarmi alla fabbrica del duomo di Como; le molte mineche ne aprirono le viscere, dischiusero un varco che la-scia veder tutta la vallata che riesce a Dongo, e i signoriManzi, a cui spetta, accomodaronlo come a parco.

Detto delle sorti di questo castellotto che meritamenteservì a novellieri e romanzieri di largo e fantastico tema,avanzando, s'entra nel territorio delle Tre Pievi, checomprendeva nella sua giurisdizione Dongo, Gravedonae Sórico, e che ne' tempi medievali costituiva di per sèuna piccola repubblica, è vero, ma tale da sapersi far ri-spettare. E la piccola repubblica ebbe pure l'istoriografosuo nel vivace Rebuschini.

Seguendo il parco dei signori Manzi che abbiam ve-duto a' piedi delle rovine del castel di Musso, pervenia-mo in mezzo al seno dove sorge il palazzo di questi me-desimi signori e dove siede il paese di Dongo. Altrecase signorili qui vi sono, fra cui quella dei Polti: il ve-

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affidava per abbattere a Siena l'ultimo avanzo di guelfalibertà. Ciò avveniva nel marzo 1532; e quando, in se-guito a tali atti, egli abbandonava il suo castello di Mus-so, i Grigioni, che ne spiavano la partenza, inerpicavansisu per que' greppi, impazienti di demolirlo; scortili ilMedeghino, retrocedette, scese a terra e intimò rispettas-ser il castello finchè egli fosse in condizione di vederlo;e tanto imposero la sua presenza e la minaccia, che allademolizione non si mise la mano che sol quando la suanave non fu più veduta per il lago.

Ora il picco sopra cui il castello si elevava, costituen-dosi d'un marmo saccaroide dolomitico, somministramarmi alla fabbrica del duomo di Como; le molte mineche ne aprirono le viscere, dischiusero un varco che la-scia veder tutta la vallata che riesce a Dongo, e i signoriManzi, a cui spetta, accomodaronlo come a parco.

Detto delle sorti di questo castellotto che meritamenteservì a novellieri e romanzieri di largo e fantastico tema,avanzando, s'entra nel territorio delle Tre Pievi, checomprendeva nella sua giurisdizione Dongo, Gravedonae Sórico, e che ne' tempi medievali costituiva di per sèuna piccola repubblica, è vero, ma tale da sapersi far ri-spettare. E la piccola repubblica ebbe pure l'istoriografosuo nel vivace Rebuschini.

Seguendo il parco dei signori Manzi che abbiam ve-duto a' piedi delle rovine del castel di Musso, pervenia-mo in mezzo al seno dove sorge il palazzo di questi me-desimi signori e dove siede il paese di Dongo. Altrecase signorili qui vi sono, fra cui quella dei Polti: il ve-

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scovo di Como vi ha pure la sua villeggiatura, acquistataavendo il vescovo Romanò la villa che già fu di AntonioCossoni, discendente di quel fra Daniele Cossoni che fuministro di Filippo IV di Spagna.

Qui villeggiava il notajo Sormani di Milano, che siebbe a' nostri giorni la maggior riputazione e clientela,ed al quale i figliuoli eressero nella parrocchiale di San-to Stefano un monumento. In questa chiesa vi sono an-che mediocri statue del Salterio; affreschi di GiovanMauro, Gian Battista e Marco della Rovere, detti iFiamminghini, vi sono nell'altra chiesa di Santa Maria.

Nella vicina valle dell'Albano vi sono ricche minieredi ferro e le si dan scoperte da un Giacomo di Desio nel1460, che un'altra pure discoperse di rame presso Barbi-gnano.

Nell'archivio de' Trivulzio di Milano leggesi un docu-mento in cui è scritto che lo stesso Giacomo di Desiorinvenisse in questa valle massi di smeraldo e di rubino,forse schisto di color verde e qualche pirite di rame, cer-to non di quella grossezza nè tale da farne tavole e co-lonne; onde in benemerenza il duca gli assegnasse dieciscudi il mese di pensione, purchè quelle pietre ad altrinon offerisse prima che a lui, per un prezzo da misurarsia norma di loro volume; diritto poi da esso duca cedutoal maresciallo Gian Giacomo Trivulzio.

Colle miniere era facile immaginare che presto vi sisarebbero stabiliti forni fusorî, e infatti furono attivatinel 1465 e furono per lungo tempo posseduti dai contiGiuliani di Milano.

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scovo di Como vi ha pure la sua villeggiatura, acquistataavendo il vescovo Romanò la villa che già fu di AntonioCossoni, discendente di quel fra Daniele Cossoni che fuministro di Filippo IV di Spagna.

Qui villeggiava il notajo Sormani di Milano, che siebbe a' nostri giorni la maggior riputazione e clientela,ed al quale i figliuoli eressero nella parrocchiale di San-to Stefano un monumento. In questa chiesa vi sono an-che mediocri statue del Salterio; affreschi di GiovanMauro, Gian Battista e Marco della Rovere, detti iFiamminghini, vi sono nell'altra chiesa di Santa Maria.

Nella vicina valle dell'Albano vi sono ricche minieredi ferro e le si dan scoperte da un Giacomo di Desio nel1460, che un'altra pure discoperse di rame presso Barbi-gnano.

Nell'archivio de' Trivulzio di Milano leggesi un docu-mento in cui è scritto che lo stesso Giacomo di Desiorinvenisse in questa valle massi di smeraldo e di rubino,forse schisto di color verde e qualche pirite di rame, cer-to non di quella grossezza nè tale da farne tavole e co-lonne; onde in benemerenza il duca gli assegnasse dieciscudi il mese di pensione, purchè quelle pietre ad altrinon offerisse prima che a lui, per un prezzo da misurarsia norma di loro volume; diritto poi da esso duca cedutoal maresciallo Gian Giacomo Trivulzio.

Colle miniere era facile immaginare che presto vi sisarebbero stabiliti forni fusorî, e infatti furono attivatinel 1465 e furono per lungo tempo posseduti dai contiGiuliani di Milano.

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I Rubini per altro li acquistarono nel 1790 e vi porta-rono tali miglioramenti e incremento all'industria, da po-ter modellare la ghisa. Ma più ancora questa industrias'avantaggiò, quando nel 1839 venne costituita la societàRubini, Scalini e C. che le diè più ampio svolgimento;per modo che se ne' primi quarant'anni del secolo produ-cevano le cave per circa cinquantamila pesi, ora può dir-si che siasi il ricavo portato a diecimila quintali, di cuiun terzo di ghisa, occupandovisi ben quattrocento ope-rai.

Visitare queste ferriere deve essere un amenissimoscopo di escursione a chiunque, sia per chi di questa in-dustria sia intelligente, sia per qualsiasi profano che pursi interessi all'attivo lavoro ed al curioso processo, ondela roccia si tritura, il metallo si fonde, si schiumano lescorie, e poi l'incandescente e liquido ferro trabocca e sidistende come un igneo torrente per le diverse formeche gli si vogliano far assumere e che raffreddandosi ri-tiene.

Quelle terre che si mostrano sopra Dongo non sonoindegne d'essere visitate per chi ama l'arte. Perocchè aGarzeno v'abbian pitture di Giovanni della Rovere sud-detto, altro de' Fiamminghini; ed a Brenzio ve n'abbianmolte di Isidoro Bianchi da Campione, celebre pittore,allievo di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Moraz-zone, e parecchie pure de' Fiamminghini.

D'una particolarità ancora di questo monte, alle cuipendici è Dongo, intratterò, e poi per questa escursione

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I Rubini per altro li acquistarono nel 1790 e vi porta-rono tali miglioramenti e incremento all'industria, da po-ter modellare la ghisa. Ma più ancora questa industrias'avantaggiò, quando nel 1839 venne costituita la societàRubini, Scalini e C. che le diè più ampio svolgimento;per modo che se ne' primi quarant'anni del secolo produ-cevano le cave per circa cinquantamila pesi, ora può dir-si che siasi il ricavo portato a diecimila quintali, di cuiun terzo di ghisa, occupandovisi ben quattrocento ope-rai.

Visitare queste ferriere deve essere un amenissimoscopo di escursione a chiunque, sia per chi di questa in-dustria sia intelligente, sia per qualsiasi profano che pursi interessi all'attivo lavoro ed al curioso processo, ondela roccia si tritura, il metallo si fonde, si schiumano lescorie, e poi l'incandescente e liquido ferro trabocca e sidistende come un igneo torrente per le diverse formeche gli si vogliano far assumere e che raffreddandosi ri-tiene.

Quelle terre che si mostrano sopra Dongo non sonoindegne d'essere visitate per chi ama l'arte. Perocchè aGarzeno v'abbian pitture di Giovanni della Rovere sud-detto, altro de' Fiamminghini; ed a Brenzio ve n'abbianmolte di Isidoro Bianchi da Campione, celebre pittore,allievo di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Moraz-zone, e parecchie pure de' Fiamminghini.

D'una particolarità ancora di questo monte, alle cuipendici è Dongo, intratterò, e poi per questa escursione

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imporrò freno allo scilinguagnolo; ed è che le sue don-ne, per un voto fatto nella peste del secolo XVI, vestonoda cappuccine, quantunque abbelliscano il grossolanocostume di ricche cinture e finissime trine. Queste conti-gie non vietano che attraggano la curiosità di chi visitala montagna, e che loro si dia il nome di frate, appuntoper il fratesco abbigliamento.

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imporrò freno allo scilinguagnolo; ed è che le sue don-ne, per un voto fatto nella peste del secolo XVI, vestonoda cappuccine, quantunque abbelliscano il grossolanocostume di ricche cinture e finissime trine. Queste conti-gie non vietano che attraggano la curiosità di chi visitala montagna, e che loro si dia il nome di frate, appuntoper il fratesco abbigliamento.

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Page 253: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE VENTESIMAPRIMA.GRAVEDONA.

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ESCURSIONE VENTESIMAPRIMA.GRAVEDONA.

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Page 254: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Consiglio di Rumo e San Gregorio. - Pizzo di Gino. - Valle di Le-sio. - Gravedona e la sua storia. - La chiesa di San Vincenzo. -S. Maria del Tiglio. - La Madonna sfolgorante. - Peglio. - Liroe i tre laghetti. - Il Sasso acuto. - Domaso. - Gera. - Sórico.

Quanto torto si ha a non comprendere fra la parte dilago, che si suol meglio ricercare da' forestieri e villeg-gianti, questo territorio delle Tre Pievi, già dissi. Essodivide infatti, col resto che già percorremmo, i bellissi-mi prospetti e la ricca vegetazione, e forse forse, perchèprotetta a settentrione dall'alta schiena de' monti che ladifendono dai soffii gelati, ha mitezza di clima maggioredegli altri inferiori bacini, sicchè i giardini vi abbianoagrumi e fiori, e la camelia perfino vi alligni e prosperi,l'inverno senz'uopo di stufe.

Noi, spiccandoci da Dongo, dove siamo restati nellanostra ultima escursione, e via trascorrendo Consiglio diRumo e San Gregorio, giù scendendo, potremmo ammi-rare buoni dipinti del cavaliere Isidoro Bianchi, e salen-do più in su, ove comincia il Pizzo di Gino, troveremmola chiesuola di San Gottardo. Poi ci vediamo davanti laValle di Lesio, oltrepassata la quale si sparpaglia sulpendio del monte la grossa borgata di Gravedona.

Non fu solo il Rebuschini che ricordò nella sua Storiadelle Tre Pievi gli avvenimenti di Gravedona: altro sto-rico l'aveva preceduto, Anton Maria Stampa, che fu au-tore d'una Storia dell'insigne borgo di Gravedona, altrevolte repubblica, da lui scritta a bandir la noja della pri-gione, perchè, sospettato di torbidi popolari, venne chiu-

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Consiglio di Rumo e San Gregorio. - Pizzo di Gino. - Valle di Le-sio. - Gravedona e la sua storia. - La chiesa di San Vincenzo. -S. Maria del Tiglio. - La Madonna sfolgorante. - Peglio. - Liroe i tre laghetti. - Il Sasso acuto. - Domaso. - Gera. - Sórico.

Quanto torto si ha a non comprendere fra la parte dilago, che si suol meglio ricercare da' forestieri e villeg-gianti, questo territorio delle Tre Pievi, già dissi. Essodivide infatti, col resto che già percorremmo, i bellissi-mi prospetti e la ricca vegetazione, e forse forse, perchèprotetta a settentrione dall'alta schiena de' monti che ladifendono dai soffii gelati, ha mitezza di clima maggioredegli altri inferiori bacini, sicchè i giardini vi abbianoagrumi e fiori, e la camelia perfino vi alligni e prosperi,l'inverno senz'uopo di stufe.

Noi, spiccandoci da Dongo, dove siamo restati nellanostra ultima escursione, e via trascorrendo Consiglio diRumo e San Gregorio, giù scendendo, potremmo ammi-rare buoni dipinti del cavaliere Isidoro Bianchi, e salen-do più in su, ove comincia il Pizzo di Gino, troveremmola chiesuola di San Gottardo. Poi ci vediamo davanti laValle di Lesio, oltrepassata la quale si sparpaglia sulpendio del monte la grossa borgata di Gravedona.

Non fu solo il Rebuschini che ricordò nella sua Storiadelle Tre Pievi gli avvenimenti di Gravedona: altro sto-rico l'aveva preceduto, Anton Maria Stampa, che fu au-tore d'una Storia dell'insigne borgo di Gravedona, altrevolte repubblica, da lui scritta a bandir la noja della pri-gione, perchè, sospettato di torbidi popolari, venne chiu-

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Page 255: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

so nel forte di Fuentes, che sta a capo del lago sulla viadi Chiavenna e intorno al quale si potrebbero spenderemolte parole, se dal mio soggetto non temessi di scostar-mi soverchio. Non lasciò questo scrittore di rimontare aremotissimi tempi del suo insigne borgo, per isnoccio-larne di grosse, e non so da qual codice infatti imparasseegli come prima Gravedona si appellasse Laricola; mache poi, ivi stanziando, un Garbatone, figliuol d'un reGaribaldo anteriore a Brenno, vi imponesse il proprionome e fosse il principio d'una serie di re e di eroi. Ditutto ciò si dispensa d'indicare le fonti: la tradizione è lasua autorità; ma invano anche questa voi domanderestea que' della borgata.

Il Rebuschini attinge invece a più verosimili tradizio-ni, e ricorda che Gravedona sostenesse onorevole partenelle guerre repubblicane; che nel tempo del Barbaros-sa,

Di cui dolente ancor Milan ragiona,

come diceva a' suoi giorni l'Alighieri, nel soggettarsiLombardia, preponesse al governo delle Tre Pievi unAmizzone, uomo sanguinario e rapace, il quale, a toglie-re ogni motivo ad insurrezione, smantellava il castellodi Gravedona e la Torre di Melia, e così inoltre operasseda tiranno, che stancati quegli alpigiani ne scuotessero ilgiogo ed egli fosse costretto a rifugiarsi in Valtellina.Rammenta pure come lo stesso Barbarossa, dopo la tre-gua di Venezia, tornando pel lago in Germania, venisseda que' di Gravedona audacemente assalito, depredan-

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so nel forte di Fuentes, che sta a capo del lago sulla viadi Chiavenna e intorno al quale si potrebbero spenderemolte parole, se dal mio soggetto non temessi di scostar-mi soverchio. Non lasciò questo scrittore di rimontare aremotissimi tempi del suo insigne borgo, per isnoccio-larne di grosse, e non so da qual codice infatti imparasseegli come prima Gravedona si appellasse Laricola; mache poi, ivi stanziando, un Garbatone, figliuol d'un reGaribaldo anteriore a Brenno, vi imponesse il proprionome e fosse il principio d'una serie di re e di eroi. Ditutto ciò si dispensa d'indicare le fonti: la tradizione è lasua autorità; ma invano anche questa voi domanderestea que' della borgata.

Il Rebuschini attinge invece a più verosimili tradizio-ni, e ricorda che Gravedona sostenesse onorevole partenelle guerre repubblicane; che nel tempo del Barbaros-sa,

Di cui dolente ancor Milan ragiona,

come diceva a' suoi giorni l'Alighieri, nel soggettarsiLombardia, preponesse al governo delle Tre Pievi unAmizzone, uomo sanguinario e rapace, il quale, a toglie-re ogni motivo ad insurrezione, smantellava il castellodi Gravedona e la Torre di Melia, e così inoltre operasseda tiranno, che stancati quegli alpigiani ne scuotessero ilgiogo ed egli fosse costretto a rifugiarsi in Valtellina.Rammenta pure come lo stesso Barbarossa, dopo la tre-gua di Venezia, tornando pel lago in Germania, venisseda que' di Gravedona audacemente assalito, depredan-

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dolo delle bandiere e del corredo, e la corona stessa im-periale, tutta d'oro, caduta pur nelle mani loro, depones-sero poi nella chiesa del Battistero, onde nella pace diCostanza volesse Federico esclusa dal parteciparne a'beneficî Gravedona.

Già toccai della parte dalle Tre Pievi avuta nella guer-ra decenne; poi Gravedona divenne feudo del cardinaleTolomeo Gallio, facoltosissimo ed influente, e che nu-trendo pensiero di farne la capitale della Valtellina, alcui conquisto agognava, vi fabbricò, su buon disegnodel Pellegrini, un grandioso e turrito palazzo, il cui log-giato si vede da chi viaggia per il lago. È in esso che fudetto che si volesse trasferire il Concilio ecumenico diTrento; ma non se n'ha nella storia alcun documento chetale intento comprovi; onde siffatta pretesa de' Gravedo-nesi è suffragata unicamente dalla circostanza che neldetto palazzo si conservino solenni seggioloni coniscritto su ciascuno il nome de' cardinali.

Dal Gallio passò il feudo alla ducal famiglia d'Alvitodi Napoli, che la più parte del ricco mobigliare, ondeistruivasi il palazzo, si trasportò nella sua casa di questacittà e in quella di Genova; ma a conservare gli eredatidiritti vi mantenne un commissario per amministrare lagiustizia.

Merita qui esser veduta la chiesa parrocchiale di S.Vincenzo, che si vuole del secolo V, con cripta di stilelombardo, e dove si vede il sepolcro del dottissimo car-dinale Michelangelo Ricci, e tra gli arredi una pianeta diforma greca a bei ricami, una pace d'argento del XIV se-

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dolo delle bandiere e del corredo, e la corona stessa im-periale, tutta d'oro, caduta pur nelle mani loro, depones-sero poi nella chiesa del Battistero, onde nella pace diCostanza volesse Federico esclusa dal parteciparne a'beneficî Gravedona.

Già toccai della parte dalle Tre Pievi avuta nella guer-ra decenne; poi Gravedona divenne feudo del cardinaleTolomeo Gallio, facoltosissimo ed influente, e che nu-trendo pensiero di farne la capitale della Valtellina, alcui conquisto agognava, vi fabbricò, su buon disegnodel Pellegrini, un grandioso e turrito palazzo, il cui log-giato si vede da chi viaggia per il lago. È in esso che fudetto che si volesse trasferire il Concilio ecumenico diTrento; ma non se n'ha nella storia alcun documento chetale intento comprovi; onde siffatta pretesa de' Gravedo-nesi è suffragata unicamente dalla circostanza che neldetto palazzo si conservino solenni seggioloni coniscritto su ciascuno il nome de' cardinali.

Dal Gallio passò il feudo alla ducal famiglia d'Alvitodi Napoli, che la più parte del ricco mobigliare, ondeistruivasi il palazzo, si trasportò nella sua casa di questacittà e in quella di Genova; ma a conservare gli eredatidiritti vi mantenne un commissario per amministrare lagiustizia.

Merita qui esser veduta la chiesa parrocchiale di S.Vincenzo, che si vuole del secolo V, con cripta di stilelombardo, e dove si vede il sepolcro del dottissimo car-dinale Michelangelo Ricci, e tra gli arredi una pianeta diforma greca a bei ricami, una pace d'argento del XIV se-

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colo, un calice egregiamente cesellato con molti giri disanti raffigurati in ismalto, non che una croce grandecon ornati e figurine, lavorata per Franciscum de SanctoGregorio da Grabedona. Nè si dimentichi di osservareil battistero di Santa Maria del Tiglio, che si pretendeeretto dalla pia regina longobarda Teodolinda, alla qualeper altro si attribuiscono troppe cose, perchè vi si possacredere sulla parola. Esso battistero è quadrilungo, contre absidi pentagone all'esterno e con campanile ottago-no di bell'effetto, e internamente ha una galleria nellaparte superiore che lo gira tutt'all'intorno, e le pareti la-sciano intravvedere come già fossero tutte rivestite dipitture. È qui dove esiste dipinta una Vergine col Bam-bino, or tutta rovinata dal tempo, che l'Aimoin nel suolibro De Gestis Francorum, afferma essere stata un tem-po per più giorni sfolgorante di celeste luce. - Oggidìsappiamo quanto valore si abbiano codeste storie e mi-racoli, che preti ignoranti e pinzochere accreditano fra lezotiche popolazioni, come che loro non paja bastevolela buona e sana dottrina del Cristo a persuaderne la san-tità della religione.

Agli amatori dell'arte si ponno additare altresì unbuon quadro della scuola del Guercino nella chiesa de'Santi Gusmeo e Matteo; nella vicina terra di Peglio vihanno i dipinti di Gian Mauro della Rovere, altro de'Fiamminghini, che ho già mentovati, fra cui il proprioritratto nel battistero; una Madonna del far di Bernardi-no Luini, una Santa Rosalia della scuola del Guercino, eminori pitture di un Antonio Scherino del 1635, di Gio-

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colo, un calice egregiamente cesellato con molti giri disanti raffigurati in ismalto, non che una croce grandecon ornati e figurine, lavorata per Franciscum de SanctoGregorio da Grabedona. Nè si dimentichi di osservareil battistero di Santa Maria del Tiglio, che si pretendeeretto dalla pia regina longobarda Teodolinda, alla qualeper altro si attribuiscono troppe cose, perchè vi si possacredere sulla parola. Esso battistero è quadrilungo, contre absidi pentagone all'esterno e con campanile ottago-no di bell'effetto, e internamente ha una galleria nellaparte superiore che lo gira tutt'all'intorno, e le pareti la-sciano intravvedere come già fossero tutte rivestite dipitture. È qui dove esiste dipinta una Vergine col Bam-bino, or tutta rovinata dal tempo, che l'Aimoin nel suolibro De Gestis Francorum, afferma essere stata un tem-po per più giorni sfolgorante di celeste luce. - Oggidìsappiamo quanto valore si abbiano codeste storie e mi-racoli, che preti ignoranti e pinzochere accreditano fra lezotiche popolazioni, come che loro non paja bastevolela buona e sana dottrina del Cristo a persuaderne la san-tità della religione.

Agli amatori dell'arte si ponno additare altresì unbuon quadro della scuola del Guercino nella chiesa de'Santi Gusmeo e Matteo; nella vicina terra di Peglio vihanno i dipinti di Gian Mauro della Rovere, altro de'Fiamminghini, che ho già mentovati, fra cui il proprioritratto nel battistero; una Madonna del far di Bernardi-no Luini, una Santa Rosalia della scuola del Guercino, eminori pitture di un Antonio Scherino del 1635, di Gio-

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vanni Valerio, del Rodriguez, del Caracciolo di Vercana,terra di questi dintorni; oltre la Via Crucis e il Trionfodella Morte nell'ossario, dipinti nel 1715 da AlessandroValdini; e a Liro, ne' cui monti scopronsi a Darenco, Ca-prico e Ledi tre piccoli laghi; nella chiesa abbandonatadi San Giacomo vi sono affreschi che portano la data del1412 e il nome di Bernardo Somassi, al quale apparten-gono, e che metterebbe conto che fossero esaminati dachi avesse a ritessere la storia dell'arte italiana, massimene' suoi primi tempi.

Sovra Gravedona i buoni passeggiatori non lascianodi montare al Sasso acuto, picco, la cui forma è designa-ta dal suo qualificativo, che ha la vetta rilucente, ed hasparso il cammino di lucide tormaline.

Ma non volendoci adesso scostar dal lago, oltre Gra-vedona si distende, come in un semicerchio, Domaso,che si presenta più bello e seducente soggiorno se ri-guardi al suo vago prospetto ed all'attività de' suoi com-merci; ma chi non è avvezzo ai troppo vivi scorrazza-menti della breva, che sembra qui s'accolga, quasil'antro di Eolo, per poi sprigionarsene sul lago, s'accorgepresto che non è sì grato il dimorarvi. Da un'antica poe-sia di quell'Anton Maria Stampa che ho ricordato nellapassata escursione, e che il Cantù ha pubblicata, racco-gliesi che a que' di Domaso venisse a' suoi giorni appic-cicato vituperevole epiteto, per essere talun del paesetrascorso ad alcun atto d'empietà. Ecco i versi che vifanno allusione:

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vanni Valerio, del Rodriguez, del Caracciolo di Vercana,terra di questi dintorni; oltre la Via Crucis e il Trionfodella Morte nell'ossario, dipinti nel 1715 da AlessandroValdini; e a Liro, ne' cui monti scopronsi a Darenco, Ca-prico e Ledi tre piccoli laghi; nella chiesa abbandonatadi San Giacomo vi sono affreschi che portano la data del1412 e il nome di Bernardo Somassi, al quale apparten-gono, e che metterebbe conto che fossero esaminati dachi avesse a ritessere la storia dell'arte italiana, massimene' suoi primi tempi.

Sovra Gravedona i buoni passeggiatori non lascianodi montare al Sasso acuto, picco, la cui forma è designa-ta dal suo qualificativo, che ha la vetta rilucente, ed hasparso il cammino di lucide tormaline.

Ma non volendoci adesso scostar dal lago, oltre Gra-vedona si distende, come in un semicerchio, Domaso,che si presenta più bello e seducente soggiorno se ri-guardi al suo vago prospetto ed all'attività de' suoi com-merci; ma chi non è avvezzo ai troppo vivi scorrazza-menti della breva, che sembra qui s'accolga, quasil'antro di Eolo, per poi sprigionarsene sul lago, s'accorgepresto che non è sì grato il dimorarvi. Da un'antica poe-sia di quell'Anton Maria Stampa che ho ricordato nellapassata escursione, e che il Cantù ha pubblicata, racco-gliesi che a que' di Domaso venisse a' suoi giorni appic-cicato vituperevole epiteto, per essere talun del paesetrascorso ad alcun atto d'empietà. Ecco i versi che vifanno allusione:

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O signori, udite comeA Domaso sia rimasoQuell'orrendo soprannomeDi cui fe' poc'anzi acquisto,Del mozzar le braccia a Cristo.

Più avanti si incontra Gera, sito di pescatori, e piùavanti ancora Sórico; ma le scialbe faccie de' suoi abita-tori ne avvertono dell'aria malsana a causa d'acque chevi stagnano; onde sarà bene che noi retrocediamo, pe-rocchè di malinconie il mio lettore non ha di certo biso-gno, e d'altronde da qui i canneti che vediamo ci annun-ciano presso la fine del lago.

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O signori, udite comeA Domaso sia rimasoQuell'orrendo soprannomeDi cui fe' poc'anzi acquisto,Del mozzar le braccia a Cristo.

Più avanti si incontra Gera, sito di pescatori, e piùavanti ancora Sórico; ma le scialbe faccie de' suoi abita-tori ne avvertono dell'aria malsana a causa d'acque chevi stagnano; onde sarà bene che noi retrocediamo, pe-rocchè di malinconie il mio lettore non ha di certo biso-gno, e d'altronde da qui i canneti che vediamo ci annun-ciano presso la fine del lago.

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ESCURSIONE VENTESIMASECONDA.REGOLEDO.

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ESCURSIONE VENTESIMASECONDA.REGOLEDO.

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Olgiasca. - Piona e il suo lago. - Colico e i suoi padroni. - Dorio,Carenno e Dervio. - Bellano. - Grossi e Boldoni. - L'Orrido. -Il Sasso di Morcate. - Riva di Gittana. - Varenna. - Albergo evilla Venini. - L'Uga e la Capuana. - Il Fiume Latte. - Regole-do.

Poichè siamo a capo del lago, visitiamo rapidamenteanche le altre terre della sponda opposta a quella che ab-biamo veduta.

Prima si presenta Olgiasca; ma non ti rallegra: dellesue pietre calcaree silicee si fecero le colonne di S. Lo-renzo di Milano, e al nostro tempo quelle dell'Arco delSempione. Hai appena oltrepassato le case, che vedi ad-dentrarsi il villaggio di Piona, forse da Peonia de' Greci,che ha un piccolo ma pescoso lago, un vecchio ma belmonastero, ed una chiesa che si pretende esistere fin dalsesto secolo, perchè un'iscrizione che vi si lesse la disseconsacrata da Sant'Agrippino nel 607.

A poca distanza schierasi sul lido il paese di Colico, ele febbri che vi dominano sembrano legittimare il suonome. Ciò malgrado, è attivissimo scalo, quivi mettendocapo i piroscafi che muovono da Como e moltissimenavi di mercanzia e i molti viaggiatori diretti al paese diChiavenna e di Valtellina; come le merci e i viaggiatoriche si dirigono da questi luoghi a Lecco, Como e Mila-no. Un dì fu contea eretta dai Visconti pei Sanseverino;poi infeudata dal duca Lodovico Sforza al proprio came-riere Giovanni Casati, che dovette in seguito restituirlaalla giurisdizione dei Comaschi, che provarono d'avervi

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Olgiasca. - Piona e il suo lago. - Colico e i suoi padroni. - Dorio,Carenno e Dervio. - Bellano. - Grossi e Boldoni. - L'Orrido. -Il Sasso di Morcate. - Riva di Gittana. - Varenna. - Albergo evilla Venini. - L'Uga e la Capuana. - Il Fiume Latte. - Regole-do.

Poichè siamo a capo del lago, visitiamo rapidamenteanche le altre terre della sponda opposta a quella che ab-biamo veduta.

Prima si presenta Olgiasca; ma non ti rallegra: dellesue pietre calcaree silicee si fecero le colonne di S. Lo-renzo di Milano, e al nostro tempo quelle dell'Arco delSempione. Hai appena oltrepassato le case, che vedi ad-dentrarsi il villaggio di Piona, forse da Peonia de' Greci,che ha un piccolo ma pescoso lago, un vecchio ma belmonastero, ed una chiesa che si pretende esistere fin dalsesto secolo, perchè un'iscrizione che vi si lesse la disseconsacrata da Sant'Agrippino nel 607.

A poca distanza schierasi sul lido il paese di Colico, ele febbri che vi dominano sembrano legittimare il suonome. Ciò malgrado, è attivissimo scalo, quivi mettendocapo i piroscafi che muovono da Como e moltissimenavi di mercanzia e i molti viaggiatori diretti al paese diChiavenna e di Valtellina; come le merci e i viaggiatoriche si dirigono da questi luoghi a Lecco, Como e Mila-no. Un dì fu contea eretta dai Visconti pei Sanseverino;poi infeudata dal duca Lodovico Sforza al proprio came-riere Giovanni Casati, che dovette in seguito restituirlaalla giurisdizione dei Comaschi, che provarono d'avervi

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Page 262: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

diritto. I Caldarini l'ebbero poscia da Carlo V; e dopopassò prima ai Pusterla, quindi ad Anton Maria Quadrioe da ultimo a un Rubini di Dervio.

Si succedono a Colico tre altre terre con nomi greca-nici, Dorio, Corenno e Dervio, corrotti forse da Dori,Corinto e Delfo; d'interessante, Corenno presenta un ca-stello di spettanza dei conti Andreani, e Dervio pure unarôcca di pittoresco effetto.

Più assai offre argomento di intrattenerci la bella bor-gata di Bellano, che vi tien dietro e già fu corte degli ar-civescovi di Milano, come ce lo fe' sapere quel simpati-cissimo ingegno, nativo di questo luogo, che fu TomasoGrossi, nel suo Marco Visconti.

Ha bella chiesa del secolo XIV di stile lombardo, afasce la facciata di marmo bianco e nero, con bel fine-strone rotondo nel mezzo recinto di fogliami in terracotta. Se ne dà merito a Giovan da Campione, Antonioda Castellazzo e Cornelio da Osteno, i quali la architet-tarono. Or s'è fatto un bel viale lungo il lago a comododi passeggiata, e lo si denominò dal sullodato concitta-dino poeta e notajo Tomaso Grossi, che col Manzonitenne per tanti anni in Milano il primato delle lettere ita-liane, alle quali, oltre al Marco Visconti summentovato,che sarà sempre una bella e cara lettura, diede eziandioun poema dal titolo I Lombardi alla prima Crociata, e lenovelle patetiche Ildegonda, La Fuggitiva e Ulrico eLida, nonchè crebbe dicevolmente la collana de' poetivernacoli milanesi colla stessa Fuggitiva in dialetto, col-

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diritto. I Caldarini l'ebbero poscia da Carlo V; e dopopassò prima ai Pusterla, quindi ad Anton Maria Quadrioe da ultimo a un Rubini di Dervio.

Si succedono a Colico tre altre terre con nomi greca-nici, Dorio, Corenno e Dervio, corrotti forse da Dori,Corinto e Delfo; d'interessante, Corenno presenta un ca-stello di spettanza dei conti Andreani, e Dervio pure unarôcca di pittoresco effetto.

Più assai offre argomento di intrattenerci la bella bor-gata di Bellano, che vi tien dietro e già fu corte degli ar-civescovi di Milano, come ce lo fe' sapere quel simpati-cissimo ingegno, nativo di questo luogo, che fu TomasoGrossi, nel suo Marco Visconti.

Ha bella chiesa del secolo XIV di stile lombardo, afasce la facciata di marmo bianco e nero, con bel fine-strone rotondo nel mezzo recinto di fogliami in terracotta. Se ne dà merito a Giovan da Campione, Antonioda Castellazzo e Cornelio da Osteno, i quali la architet-tarono. Or s'è fatto un bel viale lungo il lago a comododi passeggiata, e lo si denominò dal sullodato concitta-dino poeta e notajo Tomaso Grossi, che col Manzonitenne per tanti anni in Milano il primato delle lettere ita-liane, alle quali, oltre al Marco Visconti summentovato,che sarà sempre una bella e cara lettura, diede eziandioun poema dal titolo I Lombardi alla prima Crociata, e lenovelle patetiche Ildegonda, La Fuggitiva e Ulrico eLida, nonchè crebbe dicevolmente la collana de' poetivernacoli milanesi colla stessa Fuggitiva in dialetto, col-

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Page 263: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

la Prineide e colla Pioggia d'oro26. Milano eresse allasua memoria una statua nel cortile del Palazzo di Brera,opera di Vincenzo Vela, perocchè l'ebbe come suo perlunghissimo soggiorno; e Bellano ne commise il bustoallo scalpello di Antonio Tantardini, onde collocarlo acapo del detto viale. Ma vorrei che l'obolo de' suoi com-paesani e degli amici ed estimatori che già concorsero,affrettasse l'esecuzione di questo che poi non è costosis-simo monumento. Son già molt'anni che se ne parla.

Era pure di Bellano Sigismondo Boldoni, medico edegregio latinista e poeta del secolo XVII, avendo scrittoin ottave la Caduta dei Longobardi, e latinamente intor-no agli avvenimenti del suo lago.

Dalla Valsássina, che finisce a Bellano, giunge la Pio-verna, torrente che qui, gettandosi da un'altezza di forsesessanta metri, produce un orrido cui traggon tutti a ve-dere. Quando il luogo di sua caduta apparteneva alla fa-miglia Fumagalli, dalla quale ero considerato ne' mieigiorni d'infanzia coll'affetto di figliuolo, e che io, dopotanta lontananza di tempo ho sempre nel cuore, suquell'abisso eravi un ponte sospeso a catene, sul qualeessendo, anche perchè paresse malfermo e dondolasse,si rabbrividiva.

Io non lo vidi, perchè già rotto nel 1816 da un massoche vi era rovinato.

Ora il luogo divenuto proprietà dei signori Gavazzi,

26 Io ne dettai la biografia, che fu mandata innanzi alle Opere complete suepubblicate in Milano da Ernesto Oliva ed al Marco Visconti, edito pure più vol-te in Milano da Amalia Bettoni.

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la Prineide e colla Pioggia d'oro26. Milano eresse allasua memoria una statua nel cortile del Palazzo di Brera,opera di Vincenzo Vela, perocchè l'ebbe come suo perlunghissimo soggiorno; e Bellano ne commise il bustoallo scalpello di Antonio Tantardini, onde collocarlo acapo del detto viale. Ma vorrei che l'obolo de' suoi com-paesani e degli amici ed estimatori che già concorsero,affrettasse l'esecuzione di questo che poi non è costosis-simo monumento. Son già molt'anni che se ne parla.

Era pure di Bellano Sigismondo Boldoni, medico edegregio latinista e poeta del secolo XVII, avendo scrittoin ottave la Caduta dei Longobardi, e latinamente intor-no agli avvenimenti del suo lago.

Dalla Valsássina, che finisce a Bellano, giunge la Pio-verna, torrente che qui, gettandosi da un'altezza di forsesessanta metri, produce un orrido cui traggon tutti a ve-dere. Quando il luogo di sua caduta apparteneva alla fa-miglia Fumagalli, dalla quale ero considerato ne' mieigiorni d'infanzia coll'affetto di figliuolo, e che io, dopotanta lontananza di tempo ho sempre nel cuore, suquell'abisso eravi un ponte sospeso a catene, sul qualeessendo, anche perchè paresse malfermo e dondolasse,si rabbrividiva.

Io non lo vidi, perchè già rotto nel 1816 da un massoche vi era rovinato.

Ora il luogo divenuto proprietà dei signori Gavazzi,

26 Io ne dettai la biografia, che fu mandata innanzi alle Opere complete suepubblicate in Milano da Ernesto Oliva ed al Marco Visconti, edito pure più vol-te in Milano da Amalia Bettoni.

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Page 264: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

questi usufruttarono di quell'acqua per dar anima e motoad officine, setificî, lanificî, cartiere, laminatoi e mulini,essendo ora Bellano uno de' paesi del lago più industrio-si.

Poichè vi siamo presso, andiamo ora a vedere Varen-na.

Passiamo pel Sasso di Morcate, cui la mina ha squar-ciato le viscere, per continuarvi la strada militare, egiungiamo alla Riva di Gittana, di cui in addietro appe-na appena si sapeva da' barcaiuoli il nome; non adessoche da tutte parti vi arriva la gente per ascendere a Re-goledo, luogo silvestre non è gran tempo, divenuto oggi-dì uno de' più popolati ritrovi termali.

Ma prima di ascendervi anche noi, proseguiamo a Va-renna, che fu già nella dipendenza degli arcivescovi diMilano. Già fiorente un dì, non conta ora più di un mi-gliaio di persone, ciò che non impedisce che viva tutta-via sul labbro de' suoi abitatori il ritornello che stereoti-pa il carattere de' suoi abitatori:

Varenna su uno scoglio,Del mio non ho, del tuo non voglio;Ma piena son d'orgoglio.

La grandiosa villa che quivi avevano gli Isimbardi furidotta ad albergo; i Venini ve l'hanno ancora; il clima èpiù che proprio a mantenervi anche fiori e piante esoti-che.

Poco discosta è la fonte Uga, che sgorga da un antro etrascorrendo sotto di un pergolato di allori, scende e

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questi usufruttarono di quell'acqua per dar anima e motoad officine, setificî, lanificî, cartiere, laminatoi e mulini,essendo ora Bellano uno de' paesi del lago più industrio-si.

Poichè vi siamo presso, andiamo ora a vedere Varen-na.

Passiamo pel Sasso di Morcate, cui la mina ha squar-ciato le viscere, per continuarvi la strada militare, egiungiamo alla Riva di Gittana, di cui in addietro appe-na appena si sapeva da' barcaiuoli il nome; non adessoche da tutte parti vi arriva la gente per ascendere a Re-goledo, luogo silvestre non è gran tempo, divenuto oggi-dì uno de' più popolati ritrovi termali.

Ma prima di ascendervi anche noi, proseguiamo a Va-renna, che fu già nella dipendenza degli arcivescovi diMilano. Già fiorente un dì, non conta ora più di un mi-gliaio di persone, ciò che non impedisce che viva tutta-via sul labbro de' suoi abitatori il ritornello che stereoti-pa il carattere de' suoi abitatori:

Varenna su uno scoglio,Del mio non ho, del tuo non voglio;Ma piena son d'orgoglio.

La grandiosa villa che quivi avevano gli Isimbardi furidotta ad albergo; i Venini ve l'hanno ancora; il clima èpiù che proprio a mantenervi anche fiori e piante esoti-che.

Poco discosta è la fonte Uga, che sgorga da un antro etrascorrendo sotto di un pergolato di allori, scende e

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Page 265: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

s'unisce alla cascata artificiale della sottoposta Capuana.Finalmente si giunge alla cascata del Fiume Latte, le

cui acque, per un cammino lunghissimo entro le visceredel monte, si gittan poi spumeggianti e fredde perun'altezza di trecento metri pei dirupi, e dopo d'avere ru-morosamente giovato a mulini, ad una fabbrica di vetri ead un filatojo, si confondono coll'acque del lago.

Retrocediamo ora alla Riva di Gittana e saliamo a Re-goledo.

Chi parlava prima di Regoledo? Francesco Maglia diMilano, fabbricatore di carta, ritrattosi dal commercio,che abbandonava a' suoi figli, su questa deliziosa e faci-le altura, che è di soli 225 metri sul livello del mare, viedificò coraggiosamente un vasto e comodo stabilimen-to idroterapico.

Superate le prime difficoltà che accompagnano sem-pre qualunque impresa ardita, Regoledo è divenuta orauna stazione estiva di moda. La sua posizione felice, ilfacile modo di giungervi, il buon trattamento, tutti gliapparecchi e le innovazioni dell'idroterapia, e l'assisten-za d'un medico specialista, vi chiamano la più elettacompagnia, che anche rinnovandosi, non perde mai disuo valore.

Da qui si può muovere a stupende escursioni, oltreche sul lago, anche per la Valsássina, sul Moncodine esulla Grigna. La vegetazione che circonda Regoledo èbella e perfino lussureggiante, le acque son copiose, de-liziosi i prospetti, l'aria pura ed eccellente; e però s'ancoil medico non lo ordini, pellegrinate ne' mesi di luglio e

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s'unisce alla cascata artificiale della sottoposta Capuana.Finalmente si giunge alla cascata del Fiume Latte, le

cui acque, per un cammino lunghissimo entro le visceredel monte, si gittan poi spumeggianti e fredde perun'altezza di trecento metri pei dirupi, e dopo d'avere ru-morosamente giovato a mulini, ad una fabbrica di vetri ead un filatojo, si confondono coll'acque del lago.

Retrocediamo ora alla Riva di Gittana e saliamo a Re-goledo.

Chi parlava prima di Regoledo? Francesco Maglia diMilano, fabbricatore di carta, ritrattosi dal commercio,che abbandonava a' suoi figli, su questa deliziosa e faci-le altura, che è di soli 225 metri sul livello del mare, viedificò coraggiosamente un vasto e comodo stabilimen-to idroterapico.

Superate le prime difficoltà che accompagnano sem-pre qualunque impresa ardita, Regoledo è divenuta orauna stazione estiva di moda. La sua posizione felice, ilfacile modo di giungervi, il buon trattamento, tutti gliapparecchi e le innovazioni dell'idroterapia, e l'assisten-za d'un medico specialista, vi chiamano la più elettacompagnia, che anche rinnovandosi, non perde mai disuo valore.

Da qui si può muovere a stupende escursioni, oltreche sul lago, anche per la Valsássina, sul Moncodine esulla Grigna. La vegetazione che circonda Regoledo èbella e perfino lussureggiante, le acque son copiose, de-liziosi i prospetti, l'aria pura ed eccellente; e però s'ancoil medico non lo ordini, pellegrinate ne' mesi di luglio e

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Page 266: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

di agosto a Regoledo e vi ci starete, sotto tutti i riguardi,a meraviglia.

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di agosto a Regoledo e vi ci starete, sotto tutti i riguardi,a meraviglia.

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Page 267: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE VENTESIMATERZA.IL MERCATO DI LECCO.

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ESCURSIONE VENTESIMATERZA.IL MERCATO DI LECCO.

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Vassena. - Limonta. - La Pietra Luna. - Civenna. - I Marroni. -Perledo e la Regina Teodolinda. - Lierna. - Olcio. - Villa Pini. -Mandello. - Abbadia. - La Gessima. - Lodovico Savelli. - LeCaviate e la Maddalena. - La strada militare. - Onno. - Parè. -Lecco. - Il Maglio. - Acquate e Pescarenico. - Il Galeotto. - IlMercato di Lecco. - Le robiole. - Gli alberghi del Leon d'Oro edella Croce di Malta.

Noi coglieremo un bel giorno di sabato del mesed'ottobre per imbarcarci mattinieri sul piroscafo, chepartito da Como, non va già, come d'ordinario, a Colico,ma a Lecco, perchè a chi villeggia lungo il Lario, comea chi villeggia nella Brianza superiore, il mercato che sifa a quella piccola ma leggiadra città, è una delle imper-scrittibili mete alle eleganti escursioni.

Noi abbiamo già dimezzato il cammino, ritrovandocigià oltre la punta di Bellagio, ed entrati in quel ramo dellago che appunto s'incammina a Lecco.

E prima di scostarci da queste sponde, dopo la Sfon-drata, oltre quel gruppo di povere case che si intitolaVassena, il romanzo di Grossi, che tutti abbiamo letto, cisuggerisce d'occuparci di Limonta, "terricciuola, - èscritto nel Marco Visconti - pressochè ascosa fra i casta-ni al guardo di chi, spiccatosi dalla punta di Bellagio pernavigare verso Lecco, la cerca a mezza costa in faccia aLierna. Cominciando dall'ottavo secolo fino agli ultimitempi che fur tolti i feudi in Lombardia, essa fu soggettaal monastero di Sant'Ambrogio di Milano, e l'abate, fragli altri titoli, aveva quello di conte di Limonta e di Ci-

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Vassena. - Limonta. - La Pietra Luna. - Civenna. - I Marroni. -Perledo e la Regina Teodolinda. - Lierna. - Olcio. - Villa Pini. -Mandello. - Abbadia. - La Gessima. - Lodovico Savelli. - LeCaviate e la Maddalena. - La strada militare. - Onno. - Parè. -Lecco. - Il Maglio. - Acquate e Pescarenico. - Il Galeotto. - IlMercato di Lecco. - Le robiole. - Gli alberghi del Leon d'Oro edella Croce di Malta.

Noi coglieremo un bel giorno di sabato del mesed'ottobre per imbarcarci mattinieri sul piroscafo, chepartito da Como, non va già, come d'ordinario, a Colico,ma a Lecco, perchè a chi villeggia lungo il Lario, comea chi villeggia nella Brianza superiore, il mercato che sifa a quella piccola ma leggiadra città, è una delle imper-scrittibili mete alle eleganti escursioni.

Noi abbiamo già dimezzato il cammino, ritrovandocigià oltre la punta di Bellagio, ed entrati in quel ramo dellago che appunto s'incammina a Lecco.

E prima di scostarci da queste sponde, dopo la Sfon-drata, oltre quel gruppo di povere case che si intitolaVassena, il romanzo di Grossi, che tutti abbiamo letto, cisuggerisce d'occuparci di Limonta, "terricciuola, - èscritto nel Marco Visconti - pressochè ascosa fra i casta-ni al guardo di chi, spiccatosi dalla punta di Bellagio pernavigare verso Lecco, la cerca a mezza costa in faccia aLierna. Cominciando dall'ottavo secolo fino agli ultimitempi che fur tolti i feudi in Lombardia, essa fu soggettaal monastero di Sant'Ambrogio di Milano, e l'abate, fragli altri titoli, aveva quello di conte di Limonta e di Ci-

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venna, terra più in alto, al lembo della Valassina." I geo-logi e gli archeologi ricordano sovrastante a Limonta unmasso del volume di circa cinquanta metri cubi, chesembrerebbe rovinare ad ogni più lieve scossa, ma che èsorretto invece da tre pietre della medesima natura. Suquesto trovante si leggono scolpite le lettere:

P. L. D. B.che il chiarissimo archeologo cavaliere BernardinoBiondelli, interpretò per Pietra Luna di Bellagio. Infattisi denomina Pietra Luna un tale trovante e lo si preten-de una reliquia del culto celtico, come qui dal linguag-gio celtico si hanno più vestigia in molti nomi di paesi emonti, come Grianta e Grosgalli. Completerò le notizieintorno a questa minima terra, ricordando le cave di ges-so che son proprio a lido, e quelle di marmo nero sulfianco del monte; onde gli scoppi delle mine destanofrequentemente gli echi di quest'ultimo contrafforto del-le Alpi; e per coloro che sono alquanto più epicurei, ri-cordando che il luogo è celebre pe' suoi saporiti marro-ni. Anche la vicina terra di Civenna divide una tale gu-stosa particolarità, che un giorno era tutto a profitto deidetti monaci di Sant'Ambrogio. Qual gaudente non sisarebbe fatto monaco allora? Le più belle ville, le lec-cornie migliori, privilegi d'ogni sorta, immunità, tuttoera per essi.

La citazione del Grossi rammenta Lierna che sta infaccia a Limonta, ed è paese su' cui greppi soprastanti sifanno vini che dicono buoni per chi patisce di gotta e di

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venna, terra più in alto, al lembo della Valassina." I geo-logi e gli archeologi ricordano sovrastante a Limonta unmasso del volume di circa cinquanta metri cubi, chesembrerebbe rovinare ad ogni più lieve scossa, ma che èsorretto invece da tre pietre della medesima natura. Suquesto trovante si leggono scolpite le lettere:

P. L. D. B.che il chiarissimo archeologo cavaliere BernardinoBiondelli, interpretò per Pietra Luna di Bellagio. Infattisi denomina Pietra Luna un tale trovante e lo si preten-de una reliquia del culto celtico, come qui dal linguag-gio celtico si hanno più vestigia in molti nomi di paesi emonti, come Grianta e Grosgalli. Completerò le notizieintorno a questa minima terra, ricordando le cave di ges-so che son proprio a lido, e quelle di marmo nero sulfianco del monte; onde gli scoppi delle mine destanofrequentemente gli echi di quest'ultimo contrafforto del-le Alpi; e per coloro che sono alquanto più epicurei, ri-cordando che il luogo è celebre pe' suoi saporiti marro-ni. Anche la vicina terra di Civenna divide una tale gu-stosa particolarità, che un giorno era tutto a profitto deidetti monaci di Sant'Ambrogio. Qual gaudente non sisarebbe fatto monaco allora? Le più belle ville, le lec-cornie migliori, privilegi d'ogni sorta, immunità, tuttoera per essi.

La citazione del Grossi rammenta Lierna che sta infaccia a Limonta, ed è paese su' cui greppi soprastanti sifanno vini che dicono buoni per chi patisce di gotta e di

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calcoli, mali oramai resi troppo comuni.Più in alto è Perledo, da dove si ha una magnifica vi-

sta. Lassù, dicesi dalla tradizione che la Regina Teodo-linda - la quale in tutta questa parte di Lombardia si hatutti i momenti e per tutte le occasioni alla mano -, dopod'avere abdicato in favore del figlio Adaloaldo, s'avessea ritirare per ivi passare nella quiete i vecchi giorni27.

Su questa riva orientale, dopo Lierna, si incontra Ol-cio, ove si scava pure marmo nero, del quale parte vaalla fabbrica del duomo di Como; quindi si arriva aMandello, grosso paese, dove il palazzo Airoldi, oraPini, contavasi fra i più suntuosi del lago.

Oltre Mandello è l'Abbadia, così chiamata per una an-tica badia che fu prima de' Benedettini, e quindi de' Ser-vi di Maria, e vi son case di villeggiatura. Più avanti,verso Lecco, è la Gessima, luogo brullo e sassoso, chetrae forse il suo nome dalla roccia propria a far gesso, eva ricordato da Paolo Giovio pel fatto miserando inter-venuto a Lodovico Savelli, che, essendosi inerpicato perquesta scogliera, scivolatogli il piè, e giù rovinando,potè nella caduta avvinghiarsi ad un ramo sporgente ecolà vi stette, colla forza dell'istinto che ognuno ha dellapropria conservazione, per ben cinque ore; finchè, piùnon potendovisi sostenere e mancategli le forze, strema-te vieppiù dalla sferza del sole, malgrado che que' terrie-ri, inorriditi spettatori di quella scena, gli avessero di-sposto sotto letti di felci, di strame e di materassi, giù la-27 Di questa Regina vedi il bello ed elegante studio fattone nelle Donne illustri,da quel gentile e colto intelletto di donna che fu Adele Curti.

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calcoli, mali oramai resi troppo comuni.Più in alto è Perledo, da dove si ha una magnifica vi-

sta. Lassù, dicesi dalla tradizione che la Regina Teodo-linda - la quale in tutta questa parte di Lombardia si hatutti i momenti e per tutte le occasioni alla mano -, dopod'avere abdicato in favore del figlio Adaloaldo, s'avessea ritirare per ivi passare nella quiete i vecchi giorni27.

Su questa riva orientale, dopo Lierna, si incontra Ol-cio, ove si scava pure marmo nero, del quale parte vaalla fabbrica del duomo di Como; quindi si arriva aMandello, grosso paese, dove il palazzo Airoldi, oraPini, contavasi fra i più suntuosi del lago.

Oltre Mandello è l'Abbadia, così chiamata per una an-tica badia che fu prima de' Benedettini, e quindi de' Ser-vi di Maria, e vi son case di villeggiatura. Più avanti,verso Lecco, è la Gessima, luogo brullo e sassoso, chetrae forse il suo nome dalla roccia propria a far gesso, eva ricordato da Paolo Giovio pel fatto miserando inter-venuto a Lodovico Savelli, che, essendosi inerpicato perquesta scogliera, scivolatogli il piè, e giù rovinando,potè nella caduta avvinghiarsi ad un ramo sporgente ecolà vi stette, colla forza dell'istinto che ognuno ha dellapropria conservazione, per ben cinque ore; finchè, piùnon potendovisi sostenere e mancategli le forze, strema-te vieppiù dalla sferza del sole, malgrado che que' terrie-ri, inorriditi spettatori di quella scena, gli avessero di-sposto sotto letti di felci, di strame e di materassi, giù la-27 Di questa Regina vedi il bello ed elegante studio fattone nelle Donne illustri,da quel gentile e colto intelletto di donna che fu Adele Curti.

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sciandosi andare, prima di toccar terra s'era già reso ca-davere. - Seguono le Caviate e poi la Maddalena, casaliultimi che rompono l'uniformità della strada militare, laquale da Lecco dirigesi a Colico e che corre tra il lago ela montagna brulla, cui di tratto in tratto ha squarciate,per aprirsi il varco, le pendici.

Sull'opposta riva, rimpetto a Mandello, sorge il pae-sello di Onno, dove a notte le ardenti fornaci ti diconoche vi si produce calce; poscia Parè, sovra cui spuntanoque' picchi che si chiamano i Corni di Canzo, perchèdall'opposto versante sogguardano la grossa borgata diCanzo, e che stando sui bastioni di Milano, in una limpi-da giornata, si veggono a incitamento de' molti che vitraggono a passare alle lietissime falde le autunnali va-canze.

Ma ritraversiamo lo sguardo: Lecco c'è in faccia; lacampanella del piroscafo ci annunzia che ci accostiamoal lido.

Entrati in questo bel bacino tutto recinto di monti,non è possibile non ripetere mentalmente il saluto a que-sti luoghi, che leggemmo nel capitolo VIII dei PromessiSposi: "Addio, montagne sorgenti dalle acque ed eretteal cielo; cime ineguali, note a chi è cresciuto tra voi, eimpresse nella sua mente non meno che lo sia l'aspettode' suoi più famigliari; torrenti, de' quali egli distinguelo scroscio come il suono delle voci domestiche; villesparse e biancheggianti sul pendio, come branco di pe-core pascenti; addio!"

Con questa soave reminiscenza di Manzoni vi ho in-

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sciandosi andare, prima di toccar terra s'era già reso ca-davere. - Seguono le Caviate e poi la Maddalena, casaliultimi che rompono l'uniformità della strada militare, laquale da Lecco dirigesi a Colico e che corre tra il lago ela montagna brulla, cui di tratto in tratto ha squarciate,per aprirsi il varco, le pendici.

Sull'opposta riva, rimpetto a Mandello, sorge il pae-sello di Onno, dove a notte le ardenti fornaci ti diconoche vi si produce calce; poscia Parè, sovra cui spuntanoque' picchi che si chiamano i Corni di Canzo, perchèdall'opposto versante sogguardano la grossa borgata diCanzo, e che stando sui bastioni di Milano, in una limpi-da giornata, si veggono a incitamento de' molti che vitraggono a passare alle lietissime falde le autunnali va-canze.

Ma ritraversiamo lo sguardo: Lecco c'è in faccia; lacampanella del piroscafo ci annunzia che ci accostiamoal lido.

Entrati in questo bel bacino tutto recinto di monti,non è possibile non ripetere mentalmente il saluto a que-sti luoghi, che leggemmo nel capitolo VIII dei PromessiSposi: "Addio, montagne sorgenti dalle acque ed eretteal cielo; cime ineguali, note a chi è cresciuto tra voi, eimpresse nella sua mente non meno che lo sia l'aspettode' suoi più famigliari; torrenti, de' quali egli distinguelo scroscio come il suono delle voci domestiche; villesparse e biancheggianti sul pendio, come branco di pe-core pascenti; addio!"

Con questa soave reminiscenza di Manzoni vi ho in-

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vitato a guardare tutto l'ameno territorio, che sembra,pei tanti paesi che si succedono senza interruzione, unasola città, fin su a Laorca, da dove per un risvolto di viasi entra nella Valsássina.

Ma che è codesto cupo e cadenzato rumore - potràchiedere il lettore che mai non fu a Lecco - che s'intendelontano? - Gli risponderò coi superbi versi di Foscolo,che fu in questi luoghi ad ispirarsi, e ch'io spicco alCarme delle Grazie, e il quale tutto spira attica fragran-za e venustà:

Come quando più gajo Euro provócaSull'alba il queto Lario e a quel sussurroCanta il nocchiero, allegransi i propinquiLïuti e molle il flauto si duoleD'innamorati giovani e di ninfeSulle gondole erranti; e dalla spondaRisponde il pastorel colla sua piva.Per entro i colli rintronano i corniTerror del capriol, mentre in cadenzaDi Lecco il maglio, domator del bronzo,Fuma dagli antri ardenti; stupefattoPende le reti il pescatore, ed ode.

È dunque il maglio delle officine di ferro di Castello eSan Giovanni, il cui martellare mi svegliava nel religio-so efebeo a' giorni della mia adolescenza.

È, fra tutti i paesi che vedete sparpagliati in questobel pendio fiancheggiato dal monte di San Martino e dalResegone, che stanno Acquate all'insù, a lido Pescareni-

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vitato a guardare tutto l'ameno territorio, che sembra,pei tanti paesi che si succedono senza interruzione, unasola città, fin su a Laorca, da dove per un risvolto di viasi entra nella Valsássina.

Ma che è codesto cupo e cadenzato rumore - potràchiedere il lettore che mai non fu a Lecco - che s'intendelontano? - Gli risponderò coi superbi versi di Foscolo,che fu in questi luoghi ad ispirarsi, e ch'io spicco alCarme delle Grazie, e il quale tutto spira attica fragran-za e venustà:

Come quando più gajo Euro provócaSull'alba il queto Lario e a quel sussurroCanta il nocchiero, allegransi i propinquiLïuti e molle il flauto si duoleD'innamorati giovani e di ninfeSulle gondole erranti; e dalla spondaRisponde il pastorel colla sua piva.Per entro i colli rintronano i corniTerror del capriol, mentre in cadenzaDi Lecco il maglio, domator del bronzo,Fuma dagli antri ardenti; stupefattoPende le reti il pescatore, ed ode.

È dunque il maglio delle officine di ferro di Castello eSan Giovanni, il cui martellare mi svegliava nel religio-so efebeo a' giorni della mia adolescenza.

È, fra tutti i paesi che vedete sparpagliati in questobel pendio fiancheggiato dal monte di San Martino e dalResegone, che stanno Acquate all'insù, a lido Pescareni-

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Page 273: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

co, ove seguirono tante interessanti scene del romanzodel sommo nostro Manzoni, fatto così popolare che nonv'abbia persona che, giungendo a Lecco, non s'informid'ogni luogo in quel libro mentovato. E così pure do-manda ognuno dove sia il Galeotto, bella palazzinadove il Manzoni appunto dimorò tanto tempo quando at-tendeva a scrivere questa sua opera d'oro, e che sta amano destra di Lecco, a poco più d'un quarto di miglia.

Ma via, scendiamo dal battello che è approdato, toc-chiamo la terra che ha tenuto parola al vaticinio di que-sto illustre scrittore, affrettandosi a diventare città; e la èinfatti per attività di commerci, se non per ampiezza, emettiamoci nel mercato, che già ferve da più ore.

Gentili signore e molte nostre cittadine conoscenze lopercorrono su e giù. A che mai son venuti? Quale attrat-tiva li ha chiamati? Non è già la brama di ammirarne lederrate e le merci esposte; chi mai ad esse ha pensato?Per quanto siano peregrine le robiole o cacini di Introb-bio, che Valsássina vi spedisce, non son esse di certo percui sono accorse. Ma per che dunque? La voga. È dettoche il mercato di Lecco sia una gran cosa, massime a'sabati d'ottobre, e ognun vi corre che stia in villa, o lun-go il lago, o nel vicino Pian d'Erba, o nella restanteBrianza superiore. Gli è che ognuno serve di spettacoloall'altro: giugne una carrozza, ne giugne un'altra; gli uniattendono a vederne scendere gli altri; son persone chesi conoscono, che si salutano, che si stringono la mano,si baciano, si scambiano notizie e complimenti; poi abraccetto si passeggia a veder altri, poi si parla e si spar-

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co, ove seguirono tante interessanti scene del romanzodel sommo nostro Manzoni, fatto così popolare che nonv'abbia persona che, giungendo a Lecco, non s'informid'ogni luogo in quel libro mentovato. E così pure do-manda ognuno dove sia il Galeotto, bella palazzinadove il Manzoni appunto dimorò tanto tempo quando at-tendeva a scrivere questa sua opera d'oro, e che sta amano destra di Lecco, a poco più d'un quarto di miglia.

Ma via, scendiamo dal battello che è approdato, toc-chiamo la terra che ha tenuto parola al vaticinio di que-sto illustre scrittore, affrettandosi a diventare città; e la èinfatti per attività di commerci, se non per ampiezza, emettiamoci nel mercato, che già ferve da più ore.

Gentili signore e molte nostre cittadine conoscenze lopercorrono su e giù. A che mai son venuti? Quale attrat-tiva li ha chiamati? Non è già la brama di ammirarne lederrate e le merci esposte; chi mai ad esse ha pensato?Per quanto siano peregrine le robiole o cacini di Introb-bio, che Valsássina vi spedisce, non son esse di certo percui sono accorse. Ma per che dunque? La voga. È dettoche il mercato di Lecco sia una gran cosa, massime a'sabati d'ottobre, e ognun vi corre che stia in villa, o lun-go il lago, o nel vicino Pian d'Erba, o nella restanteBrianza superiore. Gli è che ognuno serve di spettacoloall'altro: giugne una carrozza, ne giugne un'altra; gli uniattendono a vederne scendere gli altri; son persone chesi conoscono, che si salutano, che si stringono la mano,si baciano, si scambiano notizie e complimenti; poi abraccetto si passeggia a veder altri, poi si parla e si spar-

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la di tutto; si ingombra il caffè; si impegna a fermarsiper la sera al teatro, che per consueto ha in autunno buo-na compagnia di canto; poi, se sì, si va all'albergo, ilLeon d'Oro o la Croce di Malta, forniti d'ogni comodità;se no, dopo un pajo d'ore, chi rimonta in carrozza, chiriascende il vapore; gli uni vanno di qua, gli altri di là,tutti ritornano alle loro ville a diffondere alla loro voltale notizie e i pettegolezzi uditi, e a domandarsi spesso:ma infine, che cosa v'era a Lecco? Perchè vi ci si va? - emalgrado che la risposta che ognuno si dà a sè stessonon contenga grande costrutto, pure il sabato successivovi si ritorna. Andatevi dunque anche voi, o miei cortesilettori.

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la di tutto; si ingombra il caffè; si impegna a fermarsiper la sera al teatro, che per consueto ha in autunno buo-na compagnia di canto; poi, se sì, si va all'albergo, ilLeon d'Oro o la Croce di Malta, forniti d'ogni comodità;se no, dopo un pajo d'ore, chi rimonta in carrozza, chiriascende il vapore; gli uni vanno di qua, gli altri di là,tutti ritornano alle loro ville a diffondere alla loro voltale notizie e i pettegolezzi uditi, e a domandarsi spesso:ma infine, che cosa v'era a Lecco? Perchè vi ci si va? - emalgrado che la risposta che ognuno si dà a sè stessonon contenga grande costrutto, pure il sabato successivovi si ritorna. Andatevi dunque anche voi, o miei cortesilettori.

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Page 275: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE VENTESIMAQUARTA.VALMADRERA.

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ESCURSIONE VENTESIMAQUARTA.VALMADRERA.

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Page 276: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Malgrate. - Gli etimologisti. - Casa Agudio e i suoi ospiti illustri.- La chiesa parrocchiale e il pittore Cornienti. - Valmadrera. -La Chiesa. - Il trovante utilizzato. - Le Cappelle della Via Cru-cis. - La villa del signor Egidio Gavazzi. - La villa del signorPietro Gavazzi.

Essendomi proposto di condurre il mio lettore dallago di Como al Pian d'Erba, dopo il mercato di Lecconon l'obbligherò a rifar la via del lago; ma traversatoloin carrozza sul bel ponte di sotto il quale esce l'Adda,volgiam verso Malgrate che fronteggia Lecco, dovesono belle ville, e il colle o promontorio che si spingenel lago, il qual si mostra tutto verdeggiante pei giardiniche vi si adagiano. Sul vertice di esso si signoreggia tut-to il vaghissimo territorio; e presso vi sono sparse altrecase signorili e ville, e il tenere de' Fate-bene-fratelli diMilano, che qui, come a Valmadrera, vi ereditarono daiMandelli.

Sempre quegli eterni etimologisti pretendono far cre-dere che Grato si chiamasse prima questa terra, ma cheper una immane strage che vi fecero i Comaschi nel1126, mutasse in quello di Malgrate il nome; non altri-menti, per l'opposto, era accaduto a Malevento ne' primitempi della romana repubblica che una fortunata batta-glia facesse alla città cangiare il nome in Benevento, cheserba tuttavia.

In Malgrate han casa gli Agudio, ed era in essa cheGiuseppe Parini, ospite del canonico Candido Agudio,scriveva gran parte del suo poema Il Giorno. Anche il

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Malgrate. - Gli etimologisti. - Casa Agudio e i suoi ospiti illustri.- La chiesa parrocchiale e il pittore Cornienti. - Valmadrera. -La Chiesa. - Il trovante utilizzato. - Le Cappelle della Via Cru-cis. - La villa del signor Egidio Gavazzi. - La villa del signorPietro Gavazzi.

Essendomi proposto di condurre il mio lettore dallago di Como al Pian d'Erba, dopo il mercato di Lecconon l'obbligherò a rifar la via del lago; ma traversatoloin carrozza sul bel ponte di sotto il quale esce l'Adda,volgiam verso Malgrate che fronteggia Lecco, dovesono belle ville, e il colle o promontorio che si spingenel lago, il qual si mostra tutto verdeggiante pei giardiniche vi si adagiano. Sul vertice di esso si signoreggia tut-to il vaghissimo territorio; e presso vi sono sparse altrecase signorili e ville, e il tenere de' Fate-bene-fratelli diMilano, che qui, come a Valmadrera, vi ereditarono daiMandelli.

Sempre quegli eterni etimologisti pretendono far cre-dere che Grato si chiamasse prima questa terra, ma cheper una immane strage che vi fecero i Comaschi nel1126, mutasse in quello di Malgrate il nome; non altri-menti, per l'opposto, era accaduto a Malevento ne' primitempi della romana repubblica che una fortunata batta-glia facesse alla città cangiare il nome in Benevento, cheserba tuttavia.

In Malgrate han casa gli Agudio, ed era in essa cheGiuseppe Parini, ospite del canonico Candido Agudio,scriveva gran parte del suo poema Il Giorno. Anche il

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Page 277: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

poeta vernacolo Balestrieri, vi fu ospite festeggiato e viconduceva la traduzione in versi milanesi della Gerusa-lemme del Tasso; nè certo vi sarà rimasta muta la musadel fecondissimo abate Passeroni, che pur vi conveniva.

Nella chiesa parrocchiale, che sta nella parte più altadel paese, cerchiamovi i due bei dipinti di CherubinoCornienti, rappresentanti l'Annunciazione della Verginee la Natività, e vedendoli, si sente maggiore il rammari-co che sì giovane ne sia stato il loro autore rapito damorte.

Lasciato Malgrate, poco avanti si vede a man destra,ed adagiata sulle pendici boscose del monte, Valmadre-ra. È un grosso borgo industrioso per fiorenti setificî,massime quello de' fratelli Gavazzi, e per ottima calceche vi si cava; e l'attenzione e curiosità vi son deste peruna bella chiesa, sacra a Sant'Antonio, architettata nel1814 da Simone Cantoni, con modificazioni dell'inge-gnere Bovara di Lecco, e nella quale sono affreschi pre-gevolissimi di Luigi Sabatelli da Firenze, che vi dipinsela visione dell'Apocalisse, ed un quadro antico del Lo-mazzo; un Cristo e Sant'Antonio, scolture di B. Caccia-tori; e per le magnifiche villeggiature del signor Egidioe del signor Pietro Gavazzi, a non dir di qualche altradel pari interessante. Nè van dimenticate le cappelle del-la Via Crucis, di cui due condotte pure a buon frescodall'egregio pittore Vitale Sala da Cernusco Lombardo-ne, che in queste parti lasciò altre memorie del suo vigo-roso pennello.

Nella chiesa, oltre i suddetti affreschi del Sabatelli,

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poeta vernacolo Balestrieri, vi fu ospite festeggiato e viconduceva la traduzione in versi milanesi della Gerusa-lemme del Tasso; nè certo vi sarà rimasta muta la musadel fecondissimo abate Passeroni, che pur vi conveniva.

Nella chiesa parrocchiale, che sta nella parte più altadel paese, cerchiamovi i due bei dipinti di CherubinoCornienti, rappresentanti l'Annunciazione della Verginee la Natività, e vedendoli, si sente maggiore il rammari-co che sì giovane ne sia stato il loro autore rapito damorte.

Lasciato Malgrate, poco avanti si vede a man destra,ed adagiata sulle pendici boscose del monte, Valmadre-ra. È un grosso borgo industrioso per fiorenti setificî,massime quello de' fratelli Gavazzi, e per ottima calceche vi si cava; e l'attenzione e curiosità vi son deste peruna bella chiesa, sacra a Sant'Antonio, architettata nel1814 da Simone Cantoni, con modificazioni dell'inge-gnere Bovara di Lecco, e nella quale sono affreschi pre-gevolissimi di Luigi Sabatelli da Firenze, che vi dipinsela visione dell'Apocalisse, ed un quadro antico del Lo-mazzo; un Cristo e Sant'Antonio, scolture di B. Caccia-tori; e per le magnifiche villeggiature del signor Egidioe del signor Pietro Gavazzi, a non dir di qualche altradel pari interessante. Nè van dimenticate le cappelle del-la Via Crucis, di cui due condotte pure a buon frescodall'egregio pittore Vitale Sala da Cernusco Lombardo-ne, che in queste parti lasciò altre memorie del suo vigo-roso pennello.

Nella chiesa, oltre i suddetti affreschi del Sabatelli,

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Page 278: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

merita essere ricordato che le quattro colonne di granito,del diametro ciascuna di metri due e mezzo e dell'altez-za di metri ventisette, che sorreggono il cornicione e lavôlta a mo' di cupola o lucernario, si sono tratte da untrovante ch'era sul monte di Valmadrera, a 1200 piedisul livello del lago, che equivale a 1854 su quello delmare.

Nella villa dei signori fratelli Gavazzi poi molte altreragioni vi sono di curioso interesse.

A parte la bella posizione sua, che dovette indubbia-mente costare assai al suo proprietario, per superare ledifficoltà della roccia e l'ineguaglianza del terreno; tantola casa, o grandioso palazzo che dir si dovrebbe, quantoil giardino, sono d'una vaghezza incomparabile. E sicco-me non tutto boscoso è il monte che serve di sfondo, mav'è anche molta scogliera nuda; così tutta questa deliziasi direbbe suscitata dalla magica bacchetta d'una benefi-ca fata, e il vario genere vi crea il più grazioso contra-sto.

L'arte addita nell'unito oratorio, che è una rotondad'ordine corintio, un monumento eretto alla memoria diGiuseppe Maria Gavazzi, lodevole opera di BenedettoCacciatori, e un quadro pure lodevolissimo di GiuseppeSabatelli.

Nel giardino è un bel laghetto, perocchè l'acqua vi ac-cresca vita e bellezza: vi sono profonde e spaziose grot-te, chioschi eleganti e capanne da pastore, macchied'alberelli, sabbiosi sentieri, tappeti erbosi, piante pere-grine e fiori; tutto insomma disposto con meravigliosa

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merita essere ricordato che le quattro colonne di granito,del diametro ciascuna di metri due e mezzo e dell'altez-za di metri ventisette, che sorreggono il cornicione e lavôlta a mo' di cupola o lucernario, si sono tratte da untrovante ch'era sul monte di Valmadrera, a 1200 piedisul livello del lago, che equivale a 1854 su quello delmare.

Nella villa dei signori fratelli Gavazzi poi molte altreragioni vi sono di curioso interesse.

A parte la bella posizione sua, che dovette indubbia-mente costare assai al suo proprietario, per superare ledifficoltà della roccia e l'ineguaglianza del terreno; tantola casa, o grandioso palazzo che dir si dovrebbe, quantoil giardino, sono d'una vaghezza incomparabile. E sicco-me non tutto boscoso è il monte che serve di sfondo, mav'è anche molta scogliera nuda; così tutta questa deliziasi direbbe suscitata dalla magica bacchetta d'una benefi-ca fata, e il vario genere vi crea il più grazioso contra-sto.

L'arte addita nell'unito oratorio, che è una rotondad'ordine corintio, un monumento eretto alla memoria diGiuseppe Maria Gavazzi, lodevole opera di BenedettoCacciatori, e un quadro pure lodevolissimo di GiuseppeSabatelli.

Nel giardino è un bel laghetto, perocchè l'acqua vi ac-cresca vita e bellezza: vi sono profonde e spaziose grot-te, chioschi eleganti e capanne da pastore, macchied'alberelli, sabbiosi sentieri, tappeti erbosi, piante pere-grine e fiori; tutto insomma disposto con meravigliosa

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Page 279: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

sagacità e buon gusto.Presso alla sala da pranzo e da essa, mediante

un'acconcia vetriata, si vede il giardino detto d'inverno,dove sono adunate piante e fiori, che sappiano anchenella stagione inclemente fare di sè bella mostra. Ab-bandono il pensiero di venir passando in rassegna le va-rie peregrine vegetazioni per tema di voler parere bota-nico, non lo essendo. Noto per altro e le stufe opportu-namente erette a grandi vetriate col sistema dell'inge-gnere Balzaretti, che nel giardinaggio è veramente mae-stro, e la bella fontana.

Se, in una parola, il lettore vorrà veramente pellegri-nare a Valmadrera, pria d'entrare al vicino Pian d'Erba,vedrà che la villa dei signori fratelli Gavazzi sorpasseràdi molto quell'aspettazione che le mie povere e disador-ne parole gli avranno per avventura ispirata.

Non si diparta allora da quella borgata senza visitareanche l'altra villa del signor Pietro Gavazzi. Dal suo bel-vedere, che domina il grazioso palazzo, gli verrà dato diammirare un leggiadrissimo panorama, di genere affattodiverso da quelli che, dai culmini che già abbiamo insie-me ascesi, ci accadde di vedere spiegati avanti di noi.

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sagacità e buon gusto.Presso alla sala da pranzo e da essa, mediante

un'acconcia vetriata, si vede il giardino detto d'inverno,dove sono adunate piante e fiori, che sappiano anchenella stagione inclemente fare di sè bella mostra. Ab-bandono il pensiero di venir passando in rassegna le va-rie peregrine vegetazioni per tema di voler parere bota-nico, non lo essendo. Noto per altro e le stufe opportu-namente erette a grandi vetriate col sistema dell'inge-gnere Balzaretti, che nel giardinaggio è veramente mae-stro, e la bella fontana.

Se, in una parola, il lettore vorrà veramente pellegri-nare a Valmadrera, pria d'entrare al vicino Pian d'Erba,vedrà che la villa dei signori fratelli Gavazzi sorpasseràdi molto quell'aspettazione che le mie povere e disador-ne parole gli avranno per avventura ispirata.

Non si diparta allora da quella borgata senza visitareanche l'altra villa del signor Pietro Gavazzi. Dal suo bel-vedere, che domina il grazioso palazzo, gli verrà dato diammirare un leggiadrissimo panorama, di genere affattodiverso da quelli che, dai culmini che già abbiamo insie-me ascesi, ci accadde di vedere spiegati avanti di noi.

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ESCURSIONE VENTESIMAQUINTA.IL MONTE BARO.

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ESCURSIONE VENTESIMAQUINTA.IL MONTE BARO.

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Page 281: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Bartesate, Villavergano, Figina. - La casa degli Umiliati. - Ello. -Ville Prinetti, Annoni, De' Vecchi. - La villa Paolina. - La Bel-lavista del signor Cereda. - Galbiate. - Palazzi Brioschi e Bal-labio. - La villa Sanchioli e l'eco polisillabo. - Case Curti eRiva. - La chiesa di S. Michele. - La lapide di piazza. - Il Mon-te Baro. - Fiabe archeologiche. - L'effigie immobile. - La Rôc-ca di Re Desiderio. - La fanciulla nel pozzo. - Il Monte delleCrocette.

Essere in questi dintorni, sentirsi di buona gamba evolontà di veder cose nuove e provar grate emozioni, enon ascendere a Monte Baro, è pressochè impossibile.Pellegriniamovi noi pure, amico lettore, più fortunati seavremo con noi, e meglio ancora se ci saranno compa-gne le signore, perchè allora più lieta, svariata e simpati-ca ci parrà la gita.

Eleggiamo la via di Galbiate, che tornerà men fatico-sa. E tuttavia questo bel paese è sul ciglio del monte; maappunto per questo sarà più divertente l'escursione no-stra.

Mano mano che si ascende, l'orizzonte si allarga. Il ri-dentissimo bacino dell'antico Éupili si distende innanzia noi. È dall'alto che terrem conto di tutto; intanto le ter-re che su questo monte, o piuttosto collina si veggono,sono Bartesate e Villavergano; più sopra Figina, ove sivede una casa che apparteneva agli Umiliati, e quindiEllo, che conta diverse villeggiature amenissime de' Pri-netti, dell'Annoni, del signor Pasquale de' Vecchi, la vil-la Paolina, fabbricata dal general Pino, e quella deiRiva, che ha un giardino da cui si vede da una parte

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Bartesate, Villavergano, Figina. - La casa degli Umiliati. - Ello. -Ville Prinetti, Annoni, De' Vecchi. - La villa Paolina. - La Bel-lavista del signor Cereda. - Galbiate. - Palazzi Brioschi e Bal-labio. - La villa Sanchioli e l'eco polisillabo. - Case Curti eRiva. - La chiesa di S. Michele. - La lapide di piazza. - Il Mon-te Baro. - Fiabe archeologiche. - L'effigie immobile. - La Rôc-ca di Re Desiderio. - La fanciulla nel pozzo. - Il Monte delleCrocette.

Essere in questi dintorni, sentirsi di buona gamba evolontà di veder cose nuove e provar grate emozioni, enon ascendere a Monte Baro, è pressochè impossibile.Pellegriniamovi noi pure, amico lettore, più fortunati seavremo con noi, e meglio ancora se ci saranno compa-gne le signore, perchè allora più lieta, svariata e simpati-ca ci parrà la gita.

Eleggiamo la via di Galbiate, che tornerà men fatico-sa. E tuttavia questo bel paese è sul ciglio del monte; maappunto per questo sarà più divertente l'escursione no-stra.

Mano mano che si ascende, l'orizzonte si allarga. Il ri-dentissimo bacino dell'antico Éupili si distende innanzia noi. È dall'alto che terrem conto di tutto; intanto le ter-re che su questo monte, o piuttosto collina si veggono,sono Bartesate e Villavergano; più sopra Figina, ove sivede una casa che apparteneva agli Umiliati, e quindiEllo, che conta diverse villeggiature amenissime de' Pri-netti, dell'Annoni, del signor Pasquale de' Vecchi, la vil-la Paolina, fabbricata dal general Pino, e quella deiRiva, che ha un giardino da cui si vede da una parte

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Page 282: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

l'Adda e dall'altra il Pian d'Erba, e sovratutto quella chegià fu del signor Bonomi ed ora è passata all'ingegnereCereda, che per me ha la più simpatica postura dellaBrianza, come quella che sorga sulla parte più alta e li-bera del paese e domini tutto un meraviglioso orizzontedi monti e di colli, di laghi, di paesi. L'han detta La Bel-lavista; ma siccome è un nome affibbiato troppo comu-nemente tra noi a qualunque luogo che appena abbiauna spanna di prospetto o di sfondo, così non rende tuttol'incanto che realmente possiede. Ben architettato e co-modo ne è il palazzo, e stupendamente da natura mossoe accidentato il giardino, anzi parco che le sta intorno,ricco di boschetti e rarità botaniche; insomma un veroEden.

Giunti a Galbiate, ci accorgiamo come questo collesepari la valle dell'Adda da quella dell'Éupili; perocchèdall'opposto versante veggasi appunto quel fiume, cheuscito tale di sotto del ponte di Lecco, rasenta Olginatee va giù a Brivio. Il duplice orizzonte è pertanto un pre-gio di poche località; godiamolo nel mentre raccogliamoil vigore per compiere la gita montana che abbiamo in-trapresa. Guardando giù per la parte donde siamo venu-ti, vediamo tutta una serie di laghetti: quel d'Oggionno equel d'Annone, che ne è appena diviso da una lingua diterra che chiaman Isella; quindi quel di Pusiano, posciaa mano manca quel più piccolo di Alserio. Senza moltodubitare si può essere indotti a credere che un dì fosserotutti uniti in un sol lago, che Plinio denomina l'Éupili, edal quale esce il Lambro, ch'egli chiama il Flumen frigi-

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l'Adda e dall'altra il Pian d'Erba, e sovratutto quella chegià fu del signor Bonomi ed ora è passata all'ingegnereCereda, che per me ha la più simpatica postura dellaBrianza, come quella che sorga sulla parte più alta e li-bera del paese e domini tutto un meraviglioso orizzontedi monti e di colli, di laghi, di paesi. L'han detta La Bel-lavista; ma siccome è un nome affibbiato troppo comu-nemente tra noi a qualunque luogo che appena abbiauna spanna di prospetto o di sfondo, così non rende tuttol'incanto che realmente possiede. Ben architettato e co-modo ne è il palazzo, e stupendamente da natura mossoe accidentato il giardino, anzi parco che le sta intorno,ricco di boschetti e rarità botaniche; insomma un veroEden.

Giunti a Galbiate, ci accorgiamo come questo collesepari la valle dell'Adda da quella dell'Éupili; perocchèdall'opposto versante veggasi appunto quel fiume, cheuscito tale di sotto del ponte di Lecco, rasenta Olginatee va giù a Brivio. Il duplice orizzonte è pertanto un pre-gio di poche località; godiamolo nel mentre raccogliamoil vigore per compiere la gita montana che abbiamo in-trapresa. Guardando giù per la parte donde siamo venu-ti, vediamo tutta una serie di laghetti: quel d'Oggionno equel d'Annone, che ne è appena diviso da una lingua diterra che chiaman Isella; quindi quel di Pusiano, posciaa mano manca quel più piccolo di Alserio. Senza moltodubitare si può essere indotti a credere che un dì fosserotutti uniti in un sol lago, che Plinio denomina l'Éupili, edal quale esce il Lambro, ch'egli chiama il Flumen frigi-

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Page 283: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

dum, fiume freddo, che ha le proprie scaturigini tra lemontagne della Vallassina.

In Galbiate poi, passando innanzi a bellissime case epalazzi, si è tratti a chiedere a chi appartengano: e si sache sono proprietarî i Brioschi d'un palazzo, che sta sul-la piazza della chiesa, con magnifiche sale ed ampiecantine, e che già fu del barone Pietro Custodi, il conti-nuatore della Storia di Milano di P. Verri e il dotto eco-nomista; d'altro i Ballabio, con magnifico giardino versoOggionno, e dove si incominciarono scene dolorose didomestico dramma, nel quale era catastrofe l'affogamen-to d'un bambino e scena ultima la Corte delle Assise diMilano per lo snaturato suo padre; quindi la villa San-chioli, dove esiste un eco polisillabo, che ripete persinoun intero endecasillabo, e le case de' Curti e dei Riva.

Se accadrà al lettore di tornare altra volta in Galbiate,perchè oggi siam diretti a Monte Baro, girando intornoal colle verso la parte della valle dell'Adda, non lasci divisitare la chiesa di San Michele che sta sul pendio ver-so Lecco. La sua fondazione è attribuita a Desiderio,l'ultimo re longobardo, e vi godrà di altro nuovo oriz-zonte, perchè si vedrà in faccia tutto il territorio di Lec-co e il corso serpeggiante dell'Adda.

Prima di lasciare Galbiate, decifriamo la lapide che sivede sulla piazza della chiesa.

Essa suona così:Libertas

Quæ toto non bene venditur auro

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dum, fiume freddo, che ha le proprie scaturigini tra lemontagne della Vallassina.

In Galbiate poi, passando innanzi a bellissime case epalazzi, si è tratti a chiedere a chi appartengano: e si sache sono proprietarî i Brioschi d'un palazzo, che sta sul-la piazza della chiesa, con magnifiche sale ed ampiecantine, e che già fu del barone Pietro Custodi, il conti-nuatore della Storia di Milano di P. Verri e il dotto eco-nomista; d'altro i Ballabio, con magnifico giardino versoOggionno, e dove si incominciarono scene dolorose didomestico dramma, nel quale era catastrofe l'affogamen-to d'un bambino e scena ultima la Corte delle Assise diMilano per lo snaturato suo padre; quindi la villa San-chioli, dove esiste un eco polisillabo, che ripete persinoun intero endecasillabo, e le case de' Curti e dei Riva.

Se accadrà al lettore di tornare altra volta in Galbiate,perchè oggi siam diretti a Monte Baro, girando intornoal colle verso la parte della valle dell'Adda, non lasci divisitare la chiesa di San Michele che sta sul pendio ver-so Lecco. La sua fondazione è attribuita a Desiderio,l'ultimo re longobardo, e vi godrà di altro nuovo oriz-zonte, perchè si vedrà in faccia tutto il territorio di Lec-co e il corso serpeggiante dell'Adda.

Prima di lasciare Galbiate, decifriamo la lapide che sivede sulla piazza della chiesa.

Essa suona così:Libertas

Quæ toto non bene venditur auro

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Labore lite prætio partaGalbiatensi viciniæ ac finitimis oppidis

Regia concessione firmata tandem arrisitFelix dies XVII junii anni MDCLXXI.

Que infeudationis ac omnis inferioris judiciiexcusso onere

Populus hic sub potentiss. regis HispaniarumVicaria potestate nempe mediolanensis Senatus

Se immediate redegit.Tantæ exemptionis memoriæ

Quam Francisci Georgii OttoliniRegiæ ducalis Cameræ notarii

Autentica scripta privatim asservantHujus lapidis retentivæ custodiæ

Publice resignanturDie XVIII septembris anno MDCLXXI28.

Così impariamo che Galbiate, ch'era una volta dipen-denza del feudatario della Pieve d'Oggionno, ebbe acomperare a' 17 giugno 1671 la propria emancipazione.

Ora ripigliamo la strada pel monte Baro. Essa è mon-tuosa, ma non aspra, e presto vi si arriva.

28 "La libertà, che mal si vende per tutto l'oro, con fatica, litigio e denaro acqui-stata, a quella di Galbiate ed alle terre finittime arrise per regia concessione fi-nalmente. Felice il giorno 17 giugno dell'anno 1671, nel quale, scosso il pesodell'infeudazione e d'ogni inferiore giurisdizione, questo popolo si ridusse di-rettamente sotto la vicaria podestà del potentissimo re delle Spagne e del Sena-to. La memoria di tanto riscatto, conservata privatamente negli scritti autenticidi Francesco Giorgio Ottolini, notajo della Regia Camera ducale, viene pubbli-camente affidata alla salda custodia di questa lapide il giorno diciotto settem-bre dell'anno 1671."

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Labore lite prætio partaGalbiatensi viciniæ ac finitimis oppidis

Regia concessione firmata tandem arrisitFelix dies XVII junii anni MDCLXXI.

Que infeudationis ac omnis inferioris judiciiexcusso onere

Populus hic sub potentiss. regis HispaniarumVicaria potestate nempe mediolanensis Senatus

Se immediate redegit.Tantæ exemptionis memoriæ

Quam Francisci Georgii OttoliniRegiæ ducalis Cameræ notarii

Autentica scripta privatim asservantHujus lapidis retentivæ custodiæ

Publice resignanturDie XVIII septembris anno MDCLXXI28.

Così impariamo che Galbiate, ch'era una volta dipen-denza del feudatario della Pieve d'Oggionno, ebbe acomperare a' 17 giugno 1671 la propria emancipazione.

Ora ripigliamo la strada pel monte Baro. Essa è mon-tuosa, ma non aspra, e presto vi si arriva.

28 "La libertà, che mal si vende per tutto l'oro, con fatica, litigio e denaro acqui-stata, a quella di Galbiate ed alle terre finittime arrise per regia concessione fi-nalmente. Felice il giorno 17 giugno dell'anno 1671, nel quale, scosso il pesodell'infeudazione e d'ogni inferiore giurisdizione, questo popolo si ridusse di-rettamente sotto la vicaria podestà del potentissimo re delle Spagne e del Sena-to. La memoria di tanto riscatto, conservata privatamente negli scritti autenticidi Francesco Giorgio Ottolini, notajo della Regia Camera ducale, viene pubbli-camente affidata alla salda custodia di questa lapide il giorno diciotto settem-bre dell'anno 1671."

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Page 285: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Figuratevi quanto s'esercitasse l'erudizione intorno aquesto monte! S'è detto prima che su questa sua vetta,dove noi ci troviamo adesso, vi fosse nientemeno cheuna città e che questa si denominasse Bara, i cui abitantiandassero poi a fondare Bergamo. Gli è tutto un sognocodesto, chè nulla rimase che dia presa soltanto ad argo-mentare che qualche fondamento avesse di verità, doves'eccettui il nome del monte. Ma pure i barbassori chemisero innanzi tal fiaba, sono nientemeno che Plinio ilVecchio, il quale per altro ciò afferma sulla fede di unvecchio autore, che dice essere Catone. E a Bara e da'suoi abitatori si vuole discesa tutta la famiglia briantea.

Non so poi davvero di qual ragione possa valere a raf-forzare questa pretesa la tradizione di quella vecchia erozza effigie che si venerava quassù, e che essendositentata da' divoti di rimovere, onde porla in luogo piùdicevole ed accessibile, non solo non vi riuscirono, marimasero colpiti da cecità. Ciò riferirebbesi ad êra cri-stiana. Quella effigie fu rivolta a culto cristiano, e queidi Galbiate vi eressero anzi una chiesa, nel 1480, chepoi ebbero i Francescani, i quali vi studiarono la riformadel loro ordine, e vi stettero finchè Giuseppe II, nel1810, volle sbarazzarsi di frati e di conventi.

Qui sul monte vuolsi ancora che re Desiderio vi aves-se una rôcca; e qui davanti alla chiesa, non fan più diquattr'anni, che in quel pozzo che vi si vede, precipitas-se un'inconscia fanciulla, credendo riparare entro il re-cinto di muro dalla furia d'una buféra. Dicono vi rima-nesse inavvertita ben sette giorni, a capo de' quali, venu-

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Figuratevi quanto s'esercitasse l'erudizione intorno aquesto monte! S'è detto prima che su questa sua vetta,dove noi ci troviamo adesso, vi fosse nientemeno cheuna città e che questa si denominasse Bara, i cui abitantiandassero poi a fondare Bergamo. Gli è tutto un sognocodesto, chè nulla rimase che dia presa soltanto ad argo-mentare che qualche fondamento avesse di verità, doves'eccettui il nome del monte. Ma pure i barbassori chemisero innanzi tal fiaba, sono nientemeno che Plinio ilVecchio, il quale per altro ciò afferma sulla fede di unvecchio autore, che dice essere Catone. E a Bara e da'suoi abitatori si vuole discesa tutta la famiglia briantea.

Non so poi davvero di qual ragione possa valere a raf-forzare questa pretesa la tradizione di quella vecchia erozza effigie che si venerava quassù, e che essendositentata da' divoti di rimovere, onde porla in luogo piùdicevole ed accessibile, non solo non vi riuscirono, marimasero colpiti da cecità. Ciò riferirebbesi ad êra cri-stiana. Quella effigie fu rivolta a culto cristiano, e queidi Galbiate vi eressero anzi una chiesa, nel 1480, chepoi ebbero i Francescani, i quali vi studiarono la riformadel loro ordine, e vi stettero finchè Giuseppe II, nel1810, volle sbarazzarsi di frati e di conventi.

Qui sul monte vuolsi ancora che re Desiderio vi aves-se una rôcca; e qui davanti alla chiesa, non fan più diquattr'anni, che in quel pozzo che vi si vede, precipitas-se un'inconscia fanciulla, credendo riparare entro il re-cinto di muro dalla furia d'una buféra. Dicono vi rima-nesse inavvertita ben sette giorni, a capo de' quali, venu-

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Page 286: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ti per cagion d'una festa gli apparatori e udendo ascen-dere da quella profondità un gemito, calati dentro vi rin-venissero viva ancora, sebbene intirizzita, la poverettache sopravisse con meraviglia di tutti.

La vista da questa altura è maravigliosa, più che perla sua estensione - perchè da oriente è arrestata dallevette de' monti che le stanno in faccia, - per la sua va-ghezza. Le digradanti colline che le stan sotto, i laghiche sembrano gli bacino i piedi, quel di Lecco e l'Addada una parte, e quei di Oggionno e d'Annone dall'altra;gli altri leggiadri bacini, la miriade di paeselli e di casalidisseminati per la valle dell'Adda e dell'Éupili, prestanoallo sguardo uno di que' panorami che a parole mal sisanno descrivere.

Una bella selva di faggi sussiste ancora, entro cui ibuoni Francescani s'erano aperta un'incantevole via, chese serviva di delizioso passeggio a que' frati, or vale a ri-poso di chi pellegrina a questa vetta.

Più su si sale al cocuzzolo del monte, dove furono in-fisse nel suolo tre crocette, che si veggono stando albasso della valle e che a quel più alto vertice fan dare ilnome di Monte delle Crocette. Ivi naturalmente si allar-ga ancor più l'orizzonte e spazia vieppiù la vista.

Ma l'ora si è fatta alta, e la salita, l'aria sottile delmonte ci hanno reso acuto l'appetito; mano alle provvi-gioni. Non dimentichi il lettore la purissima linfa delmonte, e con Properzio gridi a chi lo serve:

Et puris manibus sumite fontis aquam.

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ti per cagion d'una festa gli apparatori e udendo ascen-dere da quella profondità un gemito, calati dentro vi rin-venissero viva ancora, sebbene intirizzita, la poverettache sopravisse con meraviglia di tutti.

La vista da questa altura è maravigliosa, più che perla sua estensione - perchè da oriente è arrestata dallevette de' monti che le stanno in faccia, - per la sua va-ghezza. Le digradanti colline che le stan sotto, i laghiche sembrano gli bacino i piedi, quel di Lecco e l'Addada una parte, e quei di Oggionno e d'Annone dall'altra;gli altri leggiadri bacini, la miriade di paeselli e di casalidisseminati per la valle dell'Adda e dell'Éupili, prestanoallo sguardo uno di que' panorami che a parole mal sisanno descrivere.

Una bella selva di faggi sussiste ancora, entro cui ibuoni Francescani s'erano aperta un'incantevole via, chese serviva di delizioso passeggio a que' frati, or vale a ri-poso di chi pellegrina a questa vetta.

Più su si sale al cocuzzolo del monte, dove furono in-fisse nel suolo tre crocette, che si veggono stando albasso della valle e che a quel più alto vertice fan dare ilnome di Monte delle Crocette. Ivi naturalmente si allar-ga ancor più l'orizzonte e spazia vieppiù la vista.

Ma l'ora si è fatta alta, e la salita, l'aria sottile delmonte ci hanno reso acuto l'appetito; mano alle provvi-gioni. Non dimentichi il lettore la purissima linfa delmonte, e con Properzio gridi a chi lo serve:

Et puris manibus sumite fontis aquam.

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Page 287: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE VENTESIMASESTA.LA VALLE DELL'ORO.

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ESCURSIONE VENTESIMASESTA.LA VALLE DELL'ORO.

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Page 288: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Corni di Canzo. - Civate. - Il monastero benedettino. - Il re Desi-derio e Adelchi. - La tradizione del miracolo. - La Valledell'Oro. - Barzaguta. - La cascata.

Come già notai in una precedente escursione, anchedai bastioni orientali della nostra Milano, fra quella lun-ga fila di montagne di cerulea lontananza che contermi-na l'orizzonte, si distingue quel monte che elevandosi indue acute punte, vien detto dei Corni di Canzo, dal belpaese che loro dà il nome, e che divide la Brianza dallaVallassina. Era ad essi che Giovanni Torti, il poeta dellaTorre di Capua e dei versi che Manzoni additava comepochi ma valenti, faceva cenno in questi:

O selvose montagne, o gioghi erbosi,O di lontan sovreminenti al verdeCornuti massi, o dolce aere vitale...

Come appendice di questo monte, si protende un bel de-clivio che vien morendo in riva al lago di Annone. Suquesto allegro pendío si posa il villaggio di Civate, oClivate, come appellavasi in addietro, derivando la pro-pria denominazione dalla sua stessa postura.

Fu già Civate una grossa terra, che v'ha chi pretendeperfino essere stata una piccola città, argomentando daalcune vicinanze, come Borneu, che vorrebbe dire Bor-go nuovo, Castello o Castelnovo e la Selva di Diana.Certo in tempi meno rimoti fu signoria degli AbbatiCommendatori del monastero benedettino de' SS. Pietroe Calocero, il quale sorge a mezzo del monte che so-

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Corni di Canzo. - Civate. - Il monastero benedettino. - Il re Desi-derio e Adelchi. - La tradizione del miracolo. - La Valledell'Oro. - Barzaguta. - La cascata.

Come già notai in una precedente escursione, anchedai bastioni orientali della nostra Milano, fra quella lun-ga fila di montagne di cerulea lontananza che contermi-na l'orizzonte, si distingue quel monte che elevandosi indue acute punte, vien detto dei Corni di Canzo, dal belpaese che loro dà il nome, e che divide la Brianza dallaVallassina. Era ad essi che Giovanni Torti, il poeta dellaTorre di Capua e dei versi che Manzoni additava comepochi ma valenti, faceva cenno in questi:

O selvose montagne, o gioghi erbosi,O di lontan sovreminenti al verdeCornuti massi, o dolce aere vitale...

Come appendice di questo monte, si protende un bel de-clivio che vien morendo in riva al lago di Annone. Suquesto allegro pendío si posa il villaggio di Civate, oClivate, come appellavasi in addietro, derivando la pro-pria denominazione dalla sua stessa postura.

Fu già Civate una grossa terra, che v'ha chi pretendeperfino essere stata una piccola città, argomentando daalcune vicinanze, come Borneu, che vorrebbe dire Bor-go nuovo, Castello o Castelnovo e la Selva di Diana.Certo in tempi meno rimoti fu signoria degli AbbatiCommendatori del monastero benedettino de' SS. Pietroe Calocero, il quale sorge a mezzo del monte che so-

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Page 289: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

vraggiudica il paese stesso, e la storia e la tradizionehanno lasciato e all'eremo ed alla chiesa tutto ancoraquell'interesse che pur l'avevano allorquando l'abbaziaera nel pieno suo fiore.

Per chi amasse conoscere per filo e per segno dellaorigine del cenobio e della chiesa, degli scrittori che nehan parlato, fra' quali Tristano Calco ed il Fiamma, Ber-nardino Corio e Ripamonti, per non dire dei tanti altri,farà bene a consultare le Memorie storiche che pubbli-cava l'abate Longoni29.

Tutti i cronisti, scrive codesto autore, citando il Corio,concordano quindi nell'affermare che Desiderio, l'ultimore longobardo, innalzasse la chiesa di S. Pietro per com-piere il voto per la guarigione del figlio Adalgisio odAdelchi, come lo chiama il Manzoni. Desiderio amavaoltremodo questo suo figlio, che viene dipinto da Paoloil Diacono, da Varnefrido e da Manzoni stesso comeduce valoroso; e lo avea in tanta considerazione, dachiamarlo a parte del regno, dividendo con esso lui glionori ed il peso della corona.

Il Corio narra come Desiderio, dopo la sconfitta avutada Adriano a Spoleto, oppure, come meglio si vuole,dopo la fuga e la rotta de' Longobardi dispersi dall'eser-cito franco, si ritirasse colle sue genti ne' monti dellaBrianza ad un luogo detto Montebaro, dove si fortificas-se in modo che di un monte solitario fosse divenuta una

29 Memorie storiche della Chiesa ed Abbazia di S. Pietro al Monte, e del Mona-stero di S. Calocero in Civate, raccolte dall'abate Giacinto Longoni. Milano,1850, tip. G. B. Radaelli.

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vraggiudica il paese stesso, e la storia e la tradizionehanno lasciato e all'eremo ed alla chiesa tutto ancoraquell'interesse che pur l'avevano allorquando l'abbaziaera nel pieno suo fiore.

Per chi amasse conoscere per filo e per segno dellaorigine del cenobio e della chiesa, degli scrittori che nehan parlato, fra' quali Tristano Calco ed il Fiamma, Ber-nardino Corio e Ripamonti, per non dire dei tanti altri,farà bene a consultare le Memorie storiche che pubbli-cava l'abate Longoni29.

Tutti i cronisti, scrive codesto autore, citando il Corio,concordano quindi nell'affermare che Desiderio, l'ultimore longobardo, innalzasse la chiesa di S. Pietro per com-piere il voto per la guarigione del figlio Adalgisio odAdelchi, come lo chiama il Manzoni. Desiderio amavaoltremodo questo suo figlio, che viene dipinto da Paoloil Diacono, da Varnefrido e da Manzoni stesso comeduce valoroso; e lo avea in tanta considerazione, dachiamarlo a parte del regno, dividendo con esso lui glionori ed il peso della corona.

Il Corio narra come Desiderio, dopo la sconfitta avutada Adriano a Spoleto, oppure, come meglio si vuole,dopo la fuga e la rotta de' Longobardi dispersi dall'eser-cito franco, si ritirasse colle sue genti ne' monti dellaBrianza ad un luogo detto Montebaro, dove si fortificas-se in modo che di un monte solitario fosse divenuta una

29 Memorie storiche della Chiesa ed Abbazia di S. Pietro al Monte, e del Mona-stero di S. Calocero in Civate, raccolte dall'abate Giacinto Longoni. Milano,1850, tip. G. B. Radaelli.

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vera città opulenta. È quindi probabilissimo, inferisce ilLongoni, che trovandosi in que' luoghi andasse a cacciaper quei circonvicini monti, che a quell'epoca erano perle folte selve abbondanti di selvaggina, e che abbattutosiAlgiso in qualche fiera, che viene chiamata nelle crona-che porco selvatico (cinghiale), o fosse assalito da essa,o nell'ucciderla restasse offeso dalle armi proprie o daquelle di altro cacciatore di lui seguace. Forse i monaciBenedettini, che si erano già sparsi nell'Italia e stabilitinegli eremi i più solitari, soccorsero il giovane Algiso oAdelchi nella sua sventura e lo curarono con affetto; percui re Desiderio, mosso dalla premura da essi addimo-strata, fece loro erigere una chiesa più vasta di quella diSan Benedetto, che forse già esisteva, e la dotò di beni.

Ma il Corio stesso riferiva supposizione diversa, quel-la cioè che il Fiamma aveva diggià udito.

"Questo tempio fece edificare Desiderio a similitudi-ne della Chiesa Pontificale in Roma. Et la cagione inter-venne che, andando un dì Algisio, suo figliuolo, con as-sai comitiva et gran numero di carri alla caccia di porci(cignali) su quel monte dove è edificato il tempio, acaso ferendo un porco, di subito, per divina volontà, di-venne cieco. La qual cosa intendendo il padre il votò aS. Pietro ad honore di cui, al figliuolo essendo ritornatoil vedere, nel monte predetto fece edificare il memoratotempio e quello dotò di honoranti redditi, siccome neisuoi privilegi si contiene e per li quali si vede ancora laindulgenza che Adriano pontefice gli concesse."

La quale opinione dello storico milanese riceve il suo

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vera città opulenta. È quindi probabilissimo, inferisce ilLongoni, che trovandosi in que' luoghi andasse a cacciaper quei circonvicini monti, che a quell'epoca erano perle folte selve abbondanti di selvaggina, e che abbattutosiAlgiso in qualche fiera, che viene chiamata nelle crona-che porco selvatico (cinghiale), o fosse assalito da essa,o nell'ucciderla restasse offeso dalle armi proprie o daquelle di altro cacciatore di lui seguace. Forse i monaciBenedettini, che si erano già sparsi nell'Italia e stabilitinegli eremi i più solitari, soccorsero il giovane Algiso oAdelchi nella sua sventura e lo curarono con affetto; percui re Desiderio, mosso dalla premura da essi addimo-strata, fece loro erigere una chiesa più vasta di quella diSan Benedetto, che forse già esisteva, e la dotò di beni.

Ma il Corio stesso riferiva supposizione diversa, quel-la cioè che il Fiamma aveva diggià udito.

"Questo tempio fece edificare Desiderio a similitudi-ne della Chiesa Pontificale in Roma. Et la cagione inter-venne che, andando un dì Algisio, suo figliuolo, con as-sai comitiva et gran numero di carri alla caccia di porci(cignali) su quel monte dove è edificato il tempio, acaso ferendo un porco, di subito, per divina volontà, di-venne cieco. La qual cosa intendendo il padre il votò aS. Pietro ad honore di cui, al figliuolo essendo ritornatoil vedere, nel monte predetto fece edificare il memoratotempio e quello dotò di honoranti redditi, siccome neisuoi privilegi si contiene e per li quali si vede ancora laindulgenza che Adriano pontefice gli concesse."

La quale opinione dello storico milanese riceve il suo

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Page 291: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

valore dalla popolare tradizione che ancora sussiste: pe-rocchè i molti devoti che traggono a quella chiesa so-gliano lavare gli occhi in una fonte di acqua viva chescaturisce presso alla stessa, e che pretendono sia purquella che rese la vista all'infelice Adelchi.

Ma che c'entrano, chiederà il lettore, tutte queste leg-gende colla Valle dell'Oro, di cui vi siete proposto didire?

- C'entrano sì, o discreto lettore.Perocchè, se visitando il Pian d'Erba, piace a te per

avventura fra le cose meglio interessanti salire a que' ve-nerabili avanzi dell'antico, dove tanta storia di nostracasa si può imparare, e sarà certo fra' tuoi migliori parti-ti che ti allegrino il delizioso soggiorno, una delle duevie che vi conduce, transita appunto per la piccola Valleche si denomina dell'Oro; ed io, ponendoti al giorno del-la pietosa tradizione che ancor ripetesi dalla buona gentedella montagna, ho pensato meglio invaghirti a salireper l'erta scabrosa, prendendo quel sentiero che parte daCivate, anzi che dal più agiato viottolo che dalla Crocecosì detta di Pieve mette fra dirupi e cespugli alla mede-sima meta.

L'orrido pittoresco della Valle dell'Oro è del più belloartistico che immaginare si possa. Perchè chiamatadell'Oro, non è presto detto, variando al proposito lesentenze. V'ha chi attribuisce questo nome alle moltepiante d'alloro di cui tutta quanta era un tempo dissemi-nata; v'ha chi pensa esistesse un giorno qualche auriferaminiera, ma di traccie non se ne riscontrano; v'ha chi poi

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valore dalla popolare tradizione che ancora sussiste: pe-rocchè i molti devoti che traggono a quella chiesa so-gliano lavare gli occhi in una fonte di acqua viva chescaturisce presso alla stessa, e che pretendono sia purquella che rese la vista all'infelice Adelchi.

Ma che c'entrano, chiederà il lettore, tutte queste leg-gende colla Valle dell'Oro, di cui vi siete proposto didire?

- C'entrano sì, o discreto lettore.Perocchè, se visitando il Pian d'Erba, piace a te per

avventura fra le cose meglio interessanti salire a que' ve-nerabili avanzi dell'antico, dove tanta storia di nostracasa si può imparare, e sarà certo fra' tuoi migliori parti-ti che ti allegrino il delizioso soggiorno, una delle duevie che vi conduce, transita appunto per la piccola Valleche si denomina dell'Oro; ed io, ponendoti al giorno del-la pietosa tradizione che ancor ripetesi dalla buona gentedella montagna, ho pensato meglio invaghirti a salireper l'erta scabrosa, prendendo quel sentiero che parte daCivate, anzi che dal più agiato viottolo che dalla Crocecosì detta di Pieve mette fra dirupi e cespugli alla mede-sima meta.

L'orrido pittoresco della Valle dell'Oro è del più belloartistico che immaginare si possa. Perchè chiamatadell'Oro, non è presto detto, variando al proposito lesentenze. V'ha chi attribuisce questo nome alle moltepiante d'alloro di cui tutta quanta era un tempo dissemi-nata; v'ha chi pensa esistesse un giorno qualche auriferaminiera, ma di traccie non se ne riscontrano; v'ha chi poi

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Page 292: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

lo vorrebbe derivare - e potrebbe essere probabile - dalcognome di alcuna famiglia che là ebbe un giorno a pos-sedere. Ma di siffatte investigazioni non credo possa ve-nirne utile a chichessia e però passo oltre.

Presso al poggio, designato da quei del paese colnome di Barzaguta (balza acuta), si discende verso untorrente, le cui acque nella caduta mettono in movimen-to mulini e filatoi. Poco dopo ne si para dinanzi una ma-gnifica cascata, quella appunto di che or ti si offre il di-segno. Il fondo di questa incantevole scena è costituitoda due altissime e smisurate roccie, e le acque, precipi-tando spumeggianti e rumorose, formano nel letto deltorrente un bel bacino. Al piede di esso l'occhio si perdein una gola oscura, attonito dapprima per le dirupate fra-ne e pei pensili massi che sembrano ad ogni istante rovi-nare, e se mai ti piglia il talento di ascendere al sommodella cascata, una rozza gradinata praticata nella rocciati agevola la salita.

Oh sì, fra tanto frastuono delle acque cadenti, e fattomaggiore dagli echi che si ripercuotono, l'anima nostra ècompresa da un insolito sentimento fra la meraviglia el'orrore; gli svariati effetti di luce, le tinte ora cariche,ora sfumanti della intera scena, e quelle ombre, che ipittori chiamerebbero portate, e il cupo verde de' cespu-gli, e il gruppo degli alberi, e l'enormità de' macigni, neingigantiscono così quelle sensazioni che ognun si sentequasi incatenato al luogo e mal si sa togliersi di colà.

Il geologo poi in quest'orrido della Valle dell'Oro stu-dia uno dei fatti più curiosi della sua scienza; cioè il

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lo vorrebbe derivare - e potrebbe essere probabile - dalcognome di alcuna famiglia che là ebbe un giorno a pos-sedere. Ma di siffatte investigazioni non credo possa ve-nirne utile a chichessia e però passo oltre.

Presso al poggio, designato da quei del paese colnome di Barzaguta (balza acuta), si discende verso untorrente, le cui acque nella caduta mettono in movimen-to mulini e filatoi. Poco dopo ne si para dinanzi una ma-gnifica cascata, quella appunto di che or ti si offre il di-segno. Il fondo di questa incantevole scena è costituitoda due altissime e smisurate roccie, e le acque, precipi-tando spumeggianti e rumorose, formano nel letto deltorrente un bel bacino. Al piede di esso l'occhio si perdein una gola oscura, attonito dapprima per le dirupate fra-ne e pei pensili massi che sembrano ad ogni istante rovi-nare, e se mai ti piglia il talento di ascendere al sommodella cascata, una rozza gradinata praticata nella rocciati agevola la salita.

Oh sì, fra tanto frastuono delle acque cadenti, e fattomaggiore dagli echi che si ripercuotono, l'anima nostra ècompresa da un insolito sentimento fra la meraviglia el'orrore; gli svariati effetti di luce, le tinte ora cariche,ora sfumanti della intera scena, e quelle ombre, che ipittori chiamerebbero portate, e il cupo verde de' cespu-gli, e il gruppo degli alberi, e l'enormità de' macigni, neingigantiscono così quelle sensazioni che ognun si sentequasi incatenato al luogo e mal si sa togliersi di colà.

Il geologo poi in quest'orrido della Valle dell'Oro stu-dia uno dei fatti più curiosi della sua scienza; cioè il

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Page 293: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

gran banco madreporico, anzi muraglia di corallo che sistende per tutta la Lombardia, dove mal distinto dalladolomia bianca e grigia che può dirsi azoica, dove con-servando le forme di polipaio.

Valle dell'Oro è pur chiamato quel povero gruppo dicapanne, al quale scorge il sentiero che percorre la costadella rupe, e se il cammino scabroso ti ha fatto stanco,una polla di limpida e fresc'acqua colà ritrovi che ti ri-stora dall'arsura e ti fa cuore a terminare l'aggradevolepellegrinaggio.

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gran banco madreporico, anzi muraglia di corallo che sistende per tutta la Lombardia, dove mal distinto dalladolomia bianca e grigia che può dirsi azoica, dove con-servando le forme di polipaio.

Valle dell'Oro è pur chiamato quel povero gruppo dicapanne, al quale scorge il sentiero che percorre la costadella rupe, e se il cammino scabroso ti ha fatto stanco,una polla di limpida e fresc'acqua colà ritrovi che ti ri-stora dall'arsura e ti fa cuore a terminare l'aggradevolepellegrinaggio.

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Page 294: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE VENTESIMASETTIMA.LA CASA DEL PARINI.

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ESCURSIONE VENTESIMASETTIMA.LA CASA DEL PARINI.

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Page 295: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Annone. - La Squadra dei Mauri. - Suello. - Cesana e San Fermo.- Bosisio. - La Chiesa e l'Oratorio - Casa Banfi. - Monumentoad Appiani e Parini. - Uno stregone dei tempi antichi. - La casadel Parini. - Lapide commemorativa. - Onta lavata.

Discendendo dall'altura di Civate, rasentati i laghid'Oggionno e di Annone, de' quali il lettore s'è già in-trattenuto per averli veduti dalle vette di Galbiate e diMonte Baro, pigliamo la via che mena a Bosisio, chèoggi la nostra escursione è un caro pellegrinaggio allacasa in cui nacque quell'intemerato intelletto di Giusep-pe Parini, che fu tanto lume delle italiane lettere e che sirecò a sommo di gloria il poter dire di sè:

Io volsiL'Itale Muse a render saggi e buoniI cittadini miei30.

Vediamo da lungi Annone, che dà nome al lago, mache non ha importanza speciale, malgrado la bella chie-sa che vi sorge su disegno del Bovara, di stile jonico. Ead Annone dicono sia venuto il nome da uno dei trentaduchi longobardi. Se sul Monte Baro e in Civate la tra-dizione ricorda la presenza in questi luoghi di Desiderioe di Algiso, nulla di più facile che anche un altro duce diloro razza sia qui stato e abbia lasciato a' posteri memo-ria di sè in questo paese.

A mano destra, e addossata alla montagna, è quellaparte di territorio che si denomina ancora la Squadra dei

30 Al barone De Martini. Ediz. Reina.

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Annone. - La Squadra dei Mauri. - Suello. - Cesana e San Fermo.- Bosisio. - La Chiesa e l'Oratorio - Casa Banfi. - Monumentoad Appiani e Parini. - Uno stregone dei tempi antichi. - La casadel Parini. - Lapide commemorativa. - Onta lavata.

Discendendo dall'altura di Civate, rasentati i laghid'Oggionno e di Annone, de' quali il lettore s'è già in-trattenuto per averli veduti dalle vette di Galbiate e diMonte Baro, pigliamo la via che mena a Bosisio, chèoggi la nostra escursione è un caro pellegrinaggio allacasa in cui nacque quell'intemerato intelletto di Giusep-pe Parini, che fu tanto lume delle italiane lettere e che sirecò a sommo di gloria il poter dire di sè:

Io volsiL'Itale Muse a render saggi e buoniI cittadini miei30.

Vediamo da lungi Annone, che dà nome al lago, mache non ha importanza speciale, malgrado la bella chie-sa che vi sorge su disegno del Bovara, di stile jonico. Ead Annone dicono sia venuto il nome da uno dei trentaduchi longobardi. Se sul Monte Baro e in Civate la tra-dizione ricorda la presenza in questi luoghi di Desiderioe di Algiso, nulla di più facile che anche un altro duce diloro razza sia qui stato e abbia lasciato a' posteri memo-ria di sè in questo paese.

A mano destra, e addossata alla montagna, è quellaparte di territorio che si denomina ancora la Squadra dei

30 Al barone De Martini. Ediz. Reina.

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Page 296: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Mauri, e anche qui la tradizione spiega la denominazio-ne, pretendendo stabilita qui una colonia di Mori... main qual tempo? Se ne tolgono d'impaccio questi fabbri-catori di storia, rispondendo: al tempo delle invasioni,che io mal saprei definire ancora quando fosse, ignoran-do davvero che i Mori facessero mai invasioni nelle no-stre parti e molto meno in queste. Compresa in taleSquadra è Cesana o San Fermo, come più propriamentesi nomina, terra vaghissima e ferace, e che si han piùdati per ritenere che avesse un giorno una maggiore im-portanza.

Poi via trascorriamo Suello, e di contro a Cesana, priadi giungere a Pusiano, volgiamo a manca, e dopo brevecammino, girando pur alquanto intorno al lago di Pusia-no, salutiamo Bosisio.

Un dì, e non è molto, era poverissima terra; ora il co-mune è de' più ricchi, grazie alle torbiere che si trovanosul suo, e che gli fruttarono e fruttano tuttavia una in-gente moneta. Ogni fuoco di questo paese ha diritto aduna parte di torba; nè avviene qui ciò che altrove di que-ste parti si lamenta, che cioè i nullatenenti e i vagabondisi caccino nell'altrui per i boschi a far legna. E sovrab-bonda in tanta quantità la torba, che ne può esser vendu-ta con larghissimo ed annual beneficio.

Tuttavia, malgrado l'antica povertà, non era l'artenome affatto straniero in Bosisio, se nella sua chiesaparrocchiale ti veniva mostrata come preziosità una ta-vola dipinta da Gaudenzio Ferrari, una tela di quel piùrecente ma esimio artista Vitale Sala, di cui vedemmo

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Mauri, e anche qui la tradizione spiega la denominazio-ne, pretendendo stabilita qui una colonia di Mori... main qual tempo? Se ne tolgono d'impaccio questi fabbri-catori di storia, rispondendo: al tempo delle invasioni,che io mal saprei definire ancora quando fosse, ignoran-do davvero che i Mori facessero mai invasioni nelle no-stre parti e molto meno in queste. Compresa in taleSquadra è Cesana o San Fermo, come più propriamentesi nomina, terra vaghissima e ferace, e che si han piùdati per ritenere che avesse un giorno una maggiore im-portanza.

Poi via trascorriamo Suello, e di contro a Cesana, priadi giungere a Pusiano, volgiamo a manca, e dopo brevecammino, girando pur alquanto intorno al lago di Pusia-no, salutiamo Bosisio.

Un dì, e non è molto, era poverissima terra; ora il co-mune è de' più ricchi, grazie alle torbiere che si trovanosul suo, e che gli fruttarono e fruttano tuttavia una in-gente moneta. Ogni fuoco di questo paese ha diritto aduna parte di torba; nè avviene qui ciò che altrove di que-ste parti si lamenta, che cioè i nullatenenti e i vagabondisi caccino nell'altrui per i boschi a far legna. E sovrab-bonda in tanta quantità la torba, che ne può esser vendu-ta con larghissimo ed annual beneficio.

Tuttavia, malgrado l'antica povertà, non era l'artenome affatto straniero in Bosisio, se nella sua chiesaparrocchiale ti veniva mostrata come preziosità una ta-vola dipinta da Gaudenzio Ferrari, una tela di quel piùrecente ma esimio artista Vitale Sala, di cui vedemmo

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Page 297: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

già a Valmadrera due freschi, ed un'altra del Narduccinell'Oratorio di casa Appiani, architettato dal valenteMoraglia, dove era un bellissimo quadro del sullodatoVitale Sala, rappresentante l'Annunciazione di MariaVergine; e finalmente nella casa del signor Banfi, doveio fui l'ospite benvenuto nel 1845, si trovava che il coltoproprietario aveva nel suo grazioso giardino, che digra-dava al lago di Pusiano, eretto monumento a due illustriche da Bosisio eran partiti a far parlar alto di sè stessi ilmondo; ad Andrea Appiani, giustamente chiamato ilPittor delle Grazie, ed a Giuseppe Parini. E siffatta re-verenza dimostrava il Banfi quando non s'era per ancoda alcuno pensato a mettere pure una pietra commemo-rativa là dove l'illustre Poeta era nato ed aveva abitato; esu di quel monumento scolpiva i versi di lui, ne' qualientrambi sono così rammentati, e son questi:

Te di stirpe gentileE me di casa popolar, cred'io,Dall'Éupili natio,Come fortuna variò di stile,Guidaron gli avi nostriDe la città fra i clamorosi chiostri.

E noi dall'onde pure,Dal chiaro cielo e da quell'aere vivoSeme portammo attivoPronto a lavarne da le genti oscure,Tu Appiani col pennello,Ed io col plettro seguitando il bello31.

31 Frammenti d'Ode ad Andrea Appiani.

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già a Valmadrera due freschi, ed un'altra del Narduccinell'Oratorio di casa Appiani, architettato dal valenteMoraglia, dove era un bellissimo quadro del sullodatoVitale Sala, rappresentante l'Annunciazione di MariaVergine; e finalmente nella casa del signor Banfi, doveio fui l'ospite benvenuto nel 1845, si trovava che il coltoproprietario aveva nel suo grazioso giardino, che digra-dava al lago di Pusiano, eretto monumento a due illustriche da Bosisio eran partiti a far parlar alto di sè stessi ilmondo; ad Andrea Appiani, giustamente chiamato ilPittor delle Grazie, ed a Giuseppe Parini. E siffatta re-verenza dimostrava il Banfi quando non s'era per ancoda alcuno pensato a mettere pure una pietra commemo-rativa là dove l'illustre Poeta era nato ed aveva abitato; esu di quel monumento scolpiva i versi di lui, ne' qualientrambi sono così rammentati, e son questi:

Te di stirpe gentileE me di casa popolar, cred'io,Dall'Éupili natio,Come fortuna variò di stile,Guidaron gli avi nostriDe la città fra i clamorosi chiostri.

E noi dall'onde pure,Dal chiaro cielo e da quell'aere vivoSeme portammo attivoPronto a lavarne da le genti oscure,Tu Appiani col pennello,Ed io col plettro seguitando il bello31.

31 Frammenti d'Ode ad Andrea Appiani.

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Page 298: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Dirò di più a chiarire la noncuranza. In quell'occasionemi rammento che, visitato per la prima volta il Piand'Erba, all'incantevole vista de' suoi facili colli, de' suoiridenti paesi, de' tranquilli suoi laghi, m'erano venutispontanei sul labbro i versi del cantore del Giorno, dellasatira mordace e potente, ma elegante e in guanti gialli,che così questi suoi luoghi salutava, quando, stomacatodella vita politica e cittadina, faceva ad essi ritorno:

Colli beati e placidiChe il vago Éupili mioCingete con dolcissimoInsensibil pendio,Dal bel rapir mi sentoChe natura vi diè,Ed esule contentoA voi rivolgo il piè32.

E allora, trovandomi a Bosisio, andai percorrendo tut-to il paese, cercando quale delle umili casette che lo co-stituivano sarebbe stata quella in cui schiuso aveva gliocchi alla vita il grande poeta; e come che nessuna miparesse tale da invitarmi a chiedere se quella fosse, unacomare, cui finalmente mi rivolsi perchè il mio deside-rio facesse pago, incominciò a sbarrarmi gli occhi infaccia, maravigliata dallo intendere il nome di Parini;poi, quasi vergognando ch'io, straniero, fossi di lei piùesperto del paese, come se raccogliesse in quel puntotutte le sue memorie, finì col dirmi sbadatamente:

32 Ode: La Vita Rustica.

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Dirò di più a chiarire la noncuranza. In quell'occasionemi rammento che, visitato per la prima volta il Piand'Erba, all'incantevole vista de' suoi facili colli, de' suoiridenti paesi, de' tranquilli suoi laghi, m'erano venutispontanei sul labbro i versi del cantore del Giorno, dellasatira mordace e potente, ma elegante e in guanti gialli,che così questi suoi luoghi salutava, quando, stomacatodella vita politica e cittadina, faceva ad essi ritorno:

Colli beati e placidiChe il vago Éupili mioCingete con dolcissimoInsensibil pendio,Dal bel rapir mi sentoChe natura vi diè,Ed esule contentoA voi rivolgo il piè32.

E allora, trovandomi a Bosisio, andai percorrendo tut-to il paese, cercando quale delle umili casette che lo co-stituivano sarebbe stata quella in cui schiuso aveva gliocchi alla vita il grande poeta; e come che nessuna miparesse tale da invitarmi a chiedere se quella fosse, unacomare, cui finalmente mi rivolsi perchè il mio deside-rio facesse pago, incominciò a sbarrarmi gli occhi infaccia, maravigliata dallo intendere il nome di Parini;poi, quasi vergognando ch'io, straniero, fossi di lei piùesperto del paese, come se raccogliesse in quel puntotutte le sue memorie, finì col dirmi sbadatamente:

32 Ode: La Vita Rustica.

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Page 299: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

- Sì, sì; era uno stregone dei tempi antichi.Quindi, crollando il capo, mi significò che di più non

avrebbe saputo aggiungervi, e molto meno dove fosse lacasa de' suoi padri.

Povero Parini! Uno stregone!Pure la natale casetta scoprii finalmente a furia

d'inchieste e d'induzioni; nè presi errore, da che dueanni dopo, quando il sentimento della italiana rigenera-zione parlò potente al cuore di tutti, e cercavamo raffer-marci ne' propositi santi e generosi col rimettere in ono-re le glorie del paese, e massime quelle che avevano git-tato negli animi nostri il germe di essi, nelle opere delloro ingegno a noi lasciate, si impose il nome di Parinialla via dove sorgeva, e su di essa, in una solenne festa,fra un concorso infinito di popolo e di villani che nonavevano mai sognato prima chi si fosse e pur allora necapivano verbo, e fra letture di prose e di versi in onoredi lui, fu collocata una lapide che recava sculte le se-guenti parole:

A GIUSEPPE PARINI

GLORIA DELL'INGEGNO LOMBARDO

CHE NUOVI SENTIERI APRÌ

ALL'ITALICA POESIA

E LA FE' POTENTE INTERPRETE

D'ALTI PENSIERI E DI SDEGNI MAGNANIMI

DERISOR SUBLIME DE' FIACCHI COSTUMI

BANDITOR SINCERO DELLE VERITÀ PIÙ UTILI

MAESTRO D'UNO STILE PELLEGRINO TEMPERATO

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- Sì, sì; era uno stregone dei tempi antichi.Quindi, crollando il capo, mi significò che di più non

avrebbe saputo aggiungervi, e molto meno dove fosse lacasa de' suoi padri.

Povero Parini! Uno stregone!Pure la natale casetta scoprii finalmente a furia

d'inchieste e d'induzioni; nè presi errore, da che dueanni dopo, quando il sentimento della italiana rigenera-zione parlò potente al cuore di tutti, e cercavamo raffer-marci ne' propositi santi e generosi col rimettere in ono-re le glorie del paese, e massime quelle che avevano git-tato negli animi nostri il germe di essi, nelle opere delloro ingegno a noi lasciate, si impose il nome di Parinialla via dove sorgeva, e su di essa, in una solenne festa,fra un concorso infinito di popolo e di villani che nonavevano mai sognato prima chi si fosse e pur allora necapivano verbo, e fra letture di prose e di versi in onoredi lui, fu collocata una lapide che recava sculte le se-guenti parole:

A GIUSEPPE PARINI

GLORIA DELL'INGEGNO LOMBARDO

CHE NUOVI SENTIERI APRÌ

ALL'ITALICA POESIA

E LA FE' POTENTE INTERPRETE

D'ALTI PENSIERI E DI SDEGNI MAGNANIMI

DERISOR SUBLIME DE' FIACCHI COSTUMI

BANDITOR SINCERO DELLE VERITÀ PIÙ UTILI

MAESTRO D'UNO STILE PELLEGRINO TEMPERATO

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Page 300: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

CHE OBBEDISCE AL CONCETTO E GLI CRESCE ENERGIA

ALCUNI ESTIMATORI

PERCHÈ QUI DOVE POVERAMENTE NACQUE

E PRIMA S'ISPIRÒ NEL RISO

DI CIEL SÌ LIETO

ABBIA IL NOME DI LUI PERENNE OSSEQUIO

P. NEL MDCCCXLVII.L'iscrizione, a mio avviso, avrebbe fatto meglio ad

essere più concisa, e ricordar invece il dì in cui il grandecittadino e poeta nasceva. Avrebbe almen giovato aqualche cosa.

Ad ogni modo la generazione presente ha lavatal'onta che Foscolo gittava al volto della città che l'ospi-tava, ch'egli acremente chiamava ne' Sepolcri

lascivaD'evirati cantori allevatrice,

perchè non ombra, non pietra, non parola avesse posto aParini: Milano, nel suo palazzo di Brera, rizzavagli mae-stoso monumento, affiggeva memore lapide sulla casache l'aveva albergato e dava il nome di lui ad una nuovasua via.

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CHE OBBEDISCE AL CONCETTO E GLI CRESCE ENERGIA

ALCUNI ESTIMATORI

PERCHÈ QUI DOVE POVERAMENTE NACQUE

E PRIMA S'ISPIRÒ NEL RISO

DI CIEL SÌ LIETO

ABBIA IL NOME DI LUI PERENNE OSSEQUIO

P. NEL MDCCCXLVII.L'iscrizione, a mio avviso, avrebbe fatto meglio ad

essere più concisa, e ricordar invece il dì in cui il grandecittadino e poeta nasceva. Avrebbe almen giovato aqualche cosa.

Ad ogni modo la generazione presente ha lavatal'onta che Foscolo gittava al volto della città che l'ospi-tava, ch'egli acremente chiamava ne' Sepolcri

lascivaD'evirati cantori allevatrice,

perchè non ombra, non pietra, non parola avesse posto aParini: Milano, nel suo palazzo di Brera, rizzavagli mae-stoso monumento, affiggeva memore lapide sulla casache l'aveva albergato e dava il nome di lui ad una nuovasua via.

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Page 301: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE VENTESIMOTTAVA.L'ISOLA DE' CIPRESSI.

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ESCURSIONE VENTESIMOTTAVA.L'ISOLA DE' CIPRESSI.

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Page 302: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Il lago di Pusiano. - Il primo battello a vapore in Italia. - Un mioprocesso. - Armi di pietra e palafitte lacustri. - Pusiano. - VillaConti. - Scene di superstizione. - La Processione del VenerdìSanto. - L'Isola de' Cipressi. - Il romanzo di Bertolotti.

Se vivo ancor fosse quell'eccellente uomo di Banfi,presso cui, vi dissi, ospitai nel 1845, non rifacendo piùla via che ne condusse a Bosisio, dal giardino suo sa-remmo montati nella barchetta che vi stava legata, perpigliare il largo su questo lieto e tranquillo lago di Pu-siano, onde condurci al paese che sta quasi di fronte eche gli diede il nome; ma di lui non resta che la buonamemoria in chi lo conobbe d'anima aperta e cortese. Quis'era ritirato a fruire d'una vita calma, dopo aver assistitoa' burrascosi avvenimenti che chiusero l'êra napoleonicae condussero sciaguratamente in Lombardia l'austriacadominazione, che le pesò sul collo per quarantacinqueanni; qui gli consolava gli estremi giorni l'amore d'unafigliuola e qui costei vi soggiorna ora colla corona de'suoi figliuoli.

Ritorniamo adunque per la strada primitiva. In pochiminuti il lago ci riappare.

Il suo bacino non è grande siccome un giorno, quandoabbracciava tutto quello spazio che segnano da una par-te il lago, ora detto d'Oggionno, e dall'altra quellod'Alserio; esso è quanto avanza del vecchio Éupili; mase ha perduto in vastità, ha guadagnato, a mio credere,in vaghezza. Dall'una sponda corre l'occhio all'altra, etutti si veggono e contano i paesi che vi seggono in riva

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Il lago di Pusiano. - Il primo battello a vapore in Italia. - Un mioprocesso. - Armi di pietra e palafitte lacustri. - Pusiano. - VillaConti. - Scene di superstizione. - La Processione del VenerdìSanto. - L'Isola de' Cipressi. - Il romanzo di Bertolotti.

Se vivo ancor fosse quell'eccellente uomo di Banfi,presso cui, vi dissi, ospitai nel 1845, non rifacendo piùla via che ne condusse a Bosisio, dal giardino suo sa-remmo montati nella barchetta che vi stava legata, perpigliare il largo su questo lieto e tranquillo lago di Pu-siano, onde condurci al paese che sta quasi di fronte eche gli diede il nome; ma di lui non resta che la buonamemoria in chi lo conobbe d'anima aperta e cortese. Quis'era ritirato a fruire d'una vita calma, dopo aver assistitoa' burrascosi avvenimenti che chiusero l'êra napoleonicae condussero sciaguratamente in Lombardia l'austriacadominazione, che le pesò sul collo per quarantacinqueanni; qui gli consolava gli estremi giorni l'amore d'unafigliuola e qui costei vi soggiorna ora colla corona de'suoi figliuoli.

Ritorniamo adunque per la strada primitiva. In pochiminuti il lago ci riappare.

Il suo bacino non è grande siccome un giorno, quandoabbracciava tutto quello spazio che segnano da una par-te il lago, ora detto d'Oggionno, e dall'altra quellod'Alserio; esso è quanto avanza del vecchio Éupili; mase ha perduto in vastità, ha guadagnato, a mio credere,in vaghezza. Dall'una sponda corre l'occhio all'altra, etutti si veggono e contano i paesi che vi seggono in riva

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e lo circondan dappresso.È inoltre pescoso, e vi si raccolgono specialmente an-

guille e lucci, tinche e barbi, arborelle e carpi, e vi si po-trebbe ottenere di meglio, se la piscicoltura non fosse tranoi sì poco curata, o se fosse vissuto più a lungo quelGiuseppe Conti, che qui con molto amore la coltivava.

Fu su questo lago che, nel 1820, per la prima volta inItalia fu visto un battello a vapore; ma al sospettoso go-verno d'allora, a quel governo che giunse a farmi sul se-rio un processo criminale nel 1855, per perturbazionedella pubblica tranquillità contro il nesso politicodell'impero (!), per avere scritto che il finale del terzoatto del Profeta di Meyerbeer era una ladra cosa, essen-dosi capito ch'io aveva voluto alludere all'inno nazionaleaustriaco di Haydn, da cui quel finale aveva tolto qual-che nota; a quel governo parve che il battello a vaporepotesse essere invece qualche macchinazione che co-prisse mene di carbonari; e il battello un bel dì fu ripor-tato via.

La scienza ha intorno a questo lago fatto qualche sco-perta importante. Da un opuscolo pubblicato da queldotto naturalista che è Antonio Villa, e che ha per titolo:Gite malacologiche e geologiche nella Brianza e neidintorni di Lecco, negli Atti della Società italiana discienze naturali (vol. IV, fasc. 6, 1863); non che dal Fo-tografo del 2 agosto 1856, in un articolo dei fratelli An-tonio e G. B. Villa, rilevai come nella torba di Bosisiovenne trovata dal signor Federico Landriani, alla pro-fondità di circa tre metri dalla superficie, una scure rife-

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e lo circondan dappresso.È inoltre pescoso, e vi si raccolgono specialmente an-

guille e lucci, tinche e barbi, arborelle e carpi, e vi si po-trebbe ottenere di meglio, se la piscicoltura non fosse tranoi sì poco curata, o se fosse vissuto più a lungo quelGiuseppe Conti, che qui con molto amore la coltivava.

Fu su questo lago che, nel 1820, per la prima volta inItalia fu visto un battello a vapore; ma al sospettoso go-verno d'allora, a quel governo che giunse a farmi sul se-rio un processo criminale nel 1855, per perturbazionedella pubblica tranquillità contro il nesso politicodell'impero (!), per avere scritto che il finale del terzoatto del Profeta di Meyerbeer era una ladra cosa, essen-dosi capito ch'io aveva voluto alludere all'inno nazionaleaustriaco di Haydn, da cui quel finale aveva tolto qual-che nota; a quel governo parve che il battello a vaporepotesse essere invece qualche macchinazione che co-prisse mene di carbonari; e il battello un bel dì fu ripor-tato via.

La scienza ha intorno a questo lago fatto qualche sco-perta importante. Da un opuscolo pubblicato da queldotto naturalista che è Antonio Villa, e che ha per titolo:Gite malacologiche e geologiche nella Brianza e neidintorni di Lecco, negli Atti della Società italiana discienze naturali (vol. IV, fasc. 6, 1863); non che dal Fo-tografo del 2 agosto 1856, in un articolo dei fratelli An-tonio e G. B. Villa, rilevai come nella torba di Bosisiovenne trovata dal signor Federico Landriani, alla pro-fondità di circa tre metri dalla superficie, una scure rife-

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ribile, secondo l'archeologo prof. Biondelli, ai tempi delprimo secolo dell'Impero Romano, di buon metallo eben lavorato; e meglio ancora si rinvennero diverse pun-te di freccia, dell'epoca dei Galli Celti, di silice, e quindidella più remota antichità, quando cioè ancora non si co-nosceva l'arte di lavorare in ferro. Freccie di pietra silicesi rinvennero anche nelle torbiere del lago, nel luogodetto Comarchia, assieme ad altri arnesi; e l'abate prof.Antonio Stoppani, presso a quest'Isola de' Cipressi, nel-lo stesso bacino del lago, trovò indizi di palafitte, ciòche potrà fornir lume a chi s'intrattiene intorno alle abi-tazioni lacustri degli antichi popoli.

A capo del lago siede la terra di Pusiano. Il palazzoche vi si vede d'una architettura secentista, appartenevaai marchesi Carpani; poi fu comperato dall'ArciducaFerdinando d'Austria, che di questi luoghi si piaceva evi veniva a villeggiare; e da ultimo venne alle mani de'signori Conti, che vi aprirono una capace filanda. Ap-parteneva ad essi anche il lago, dal quale ho già dettoesce il Lambro presso Mojana, che poco prima vi si eraintromesso, ed ora è stato acquistato dal Comune di Bo-sisio.

Altro d'interessante non saprei trovare in Pusiano ol-tre i suoi bellissimi dintorni, dove non fosse che per se-gnalare la buona fede e l'ignoranza de' suoi terrieri sfrut-tata da' chiesastri, che alle spalle d'una Teresotta, volgar-mente conosciuta sotto il nome di Calimera e d'una suasorella, Angiolina, che danno a bere d'essere ispirate daDio, e tenute per sante, le si lasciano catechizzare in

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ribile, secondo l'archeologo prof. Biondelli, ai tempi delprimo secolo dell'Impero Romano, di buon metallo eben lavorato; e meglio ancora si rinvennero diverse pun-te di freccia, dell'epoca dei Galli Celti, di silice, e quindidella più remota antichità, quando cioè ancora non si co-nosceva l'arte di lavorare in ferro. Freccie di pietra silicesi rinvennero anche nelle torbiere del lago, nel luogodetto Comarchia, assieme ad altri arnesi; e l'abate prof.Antonio Stoppani, presso a quest'Isola de' Cipressi, nel-lo stesso bacino del lago, trovò indizi di palafitte, ciòche potrà fornir lume a chi s'intrattiene intorno alle abi-tazioni lacustri degli antichi popoli.

A capo del lago siede la terra di Pusiano. Il palazzoche vi si vede d'una architettura secentista, appartenevaai marchesi Carpani; poi fu comperato dall'ArciducaFerdinando d'Austria, che di questi luoghi si piaceva evi veniva a villeggiare; e da ultimo venne alle mani de'signori Conti, che vi aprirono una capace filanda. Ap-parteneva ad essi anche il lago, dal quale ho già dettoesce il Lambro presso Mojana, che poco prima vi si eraintromesso, ed ora è stato acquistato dal Comune di Bo-sisio.

Altro d'interessante non saprei trovare in Pusiano ol-tre i suoi bellissimi dintorni, dove non fosse che per se-gnalare la buona fede e l'ignoranza de' suoi terrieri sfrut-tata da' chiesastri, che alle spalle d'una Teresotta, volgar-mente conosciuta sotto il nome di Calimera e d'una suasorella, Angiolina, che danno a bere d'essere ispirate daDio, e tenute per sante, le si lasciano catechizzare in

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piazza e nella parrocchia, e per le quali traggono creden-zoni da tante parti a portarvi regali e denaro, che sciala-no in pranzi ed in gallorie. Qual meraviglia allora cheivi pure si creda alla ciurmeria d'un'altra santocchia, no-mata Peppinetta, che fa credere di vivere senza bisognodi nutrimento? Di queste tre, la più astuta è la santa Ca-limera (la serva del Curato), e come tale è anche la pre-diletta, ed ogni anno viene, con pubblica solennità, spo-sata a Gesù Cristo. Ella è poi quella che ha saputo e sainfondere tale fanatismo nelle masse ignoranti, che guaia chi osasse dir male di lei: quello sarebbe un uomo per-duto, come lo fu un certo Bosisio, di Morchiuso, che, adistigazione degli aderenti di quella santa, molti voglionoche sia stato ammazzato in mezzo ad una campagna,quantunque i partigiani della santa andassero, comevanno tuttavia gridando che sia morto di coléra fulmi-nante. Tanto è vero quanto cantò Lucrezio:

Religio peperit scelerosa atque impia facta.

Compirò il quadro della superstizione che qui ha at-tecchito, riferendo i particolari fornitimi da un mio caroamico della processione del Venerdì Santo, da lui vedutanell'anno 1870, e che ha la somiglianza tutta d'una inde-cente mascherata.

La processione veniva aperta da un picchetto di guar-dia nazionale, che a giusto titolo dovrebbe chiamarsiguardia del sepolcro, perocchè all'infuori di questo gior-no essa non esista che sui ruoli. - La musica d'Asso,dall'uniforme inglese, dalle spalline di maggiore,

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piazza e nella parrocchia, e per le quali traggono creden-zoni da tante parti a portarvi regali e denaro, che sciala-no in pranzi ed in gallorie. Qual meraviglia allora cheivi pure si creda alla ciurmeria d'un'altra santocchia, no-mata Peppinetta, che fa credere di vivere senza bisognodi nutrimento? Di queste tre, la più astuta è la santa Ca-limera (la serva del Curato), e come tale è anche la pre-diletta, ed ogni anno viene, con pubblica solennità, spo-sata a Gesù Cristo. Ella è poi quella che ha saputo e sainfondere tale fanatismo nelle masse ignoranti, che guaia chi osasse dir male di lei: quello sarebbe un uomo per-duto, come lo fu un certo Bosisio, di Morchiuso, che, adistigazione degli aderenti di quella santa, molti voglionoche sia stato ammazzato in mezzo ad una campagna,quantunque i partigiani della santa andassero, comevanno tuttavia gridando che sia morto di coléra fulmi-nante. Tanto è vero quanto cantò Lucrezio:

Religio peperit scelerosa atque impia facta.

Compirò il quadro della superstizione che qui ha at-tecchito, riferendo i particolari fornitimi da un mio caroamico della processione del Venerdì Santo, da lui vedutanell'anno 1870, e che ha la somiglianza tutta d'una inde-cente mascherata.

La processione veniva aperta da un picchetto di guar-dia nazionale, che a giusto titolo dovrebbe chiamarsiguardia del sepolcro, perocchè all'infuori di questo gior-no essa non esista che sui ruoli. - La musica d'Asso,dall'uniforme inglese, dalle spalline di maggiore,

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dall'elmo polacco e dalla durlindana di dragone, la se-guiva facendo risuonare l'aere di mesti concenti e dimarcie funebri. - Subito dopo veniva la Confraternita dibianco e rosso vestita, tenendosi in mezzo qual prigio-niero un eremita, che, mi si dice, rappresenti S. Miro. -Poi una miriade di angioletti, portanti ciascuno una lun-ga asta, in cima alla quale vi sono i diversi arnesi dellapassione, vale a dire, tamburo, dadi, martello, tenaglie,chiodi, corona di spine, spugna, ecc. ecc., insomma unabottega ambulante di giocattoli. - Coperta la faccia di unfitto velo, ed a piedi nudi imbrattati di fango, e di qual-che altra cosa, un ex gendarme austriaco faceva da Ci-reneo, portandosi sulle spalle una pesantissima croce.

Qui faccio una digressione per dire che per averel'onore di rappresentare il Cireneo e portare la croce, sitiene un'asta pubblica, che in quest'anno subì un forte ri-basso, e fruttò alla Santa Bottega soltanto L. 5.20, ulti-ma offerta fatta dall'ex gendarme, mentre l'anno antece-dente fu deliberata ad un pizzicagnolo per lire 20.

Ora torniamo alla processione. - Il Cireneo ex gendar-me, che un tempo scortava gli altri, quel venerdì era egliscortato da molti Giudei, faccie proibite, dalla barba po-sticcia, e vestiti alla spagnuola con elmo romano, menouno che invece dell'elmo ha creduto meglio mettersi unkepì della nostra artiglieria. Alcuni di questi moderniGiudei tenevano le loro lancie rivolte con posa comica,mimica e tragica al Cireneo, nella tema che fuggisse perle campagne col dolce peso dei due travi formanti unacroce; ed il rimanente appuntava le proprie lancie contro

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dall'elmo polacco e dalla durlindana di dragone, la se-guiva facendo risuonare l'aere di mesti concenti e dimarcie funebri. - Subito dopo veniva la Confraternita dibianco e rosso vestita, tenendosi in mezzo qual prigio-niero un eremita, che, mi si dice, rappresenti S. Miro. -Poi una miriade di angioletti, portanti ciascuno una lun-ga asta, in cima alla quale vi sono i diversi arnesi dellapassione, vale a dire, tamburo, dadi, martello, tenaglie,chiodi, corona di spine, spugna, ecc. ecc., insomma unabottega ambulante di giocattoli. - Coperta la faccia di unfitto velo, ed a piedi nudi imbrattati di fango, e di qual-che altra cosa, un ex gendarme austriaco faceva da Ci-reneo, portandosi sulle spalle una pesantissima croce.

Qui faccio una digressione per dire che per averel'onore di rappresentare il Cireneo e portare la croce, sitiene un'asta pubblica, che in quest'anno subì un forte ri-basso, e fruttò alla Santa Bottega soltanto L. 5.20, ulti-ma offerta fatta dall'ex gendarme, mentre l'anno antece-dente fu deliberata ad un pizzicagnolo per lire 20.

Ora torniamo alla processione. - Il Cireneo ex gendar-me, che un tempo scortava gli altri, quel venerdì era egliscortato da molti Giudei, faccie proibite, dalla barba po-sticcia, e vestiti alla spagnuola con elmo romano, menouno che invece dell'elmo ha creduto meglio mettersi unkepì della nostra artiglieria. Alcuni di questi moderniGiudei tenevano le loro lancie rivolte con posa comica,mimica e tragica al Cireneo, nella tema che fuggisse perle campagne col dolce peso dei due travi formanti unacroce; ed il rimanente appuntava le proprie lancie contro

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un uomo tutto vestito di rosso, dai capegli e barba di ca-napa, dai piedi scalzi trascinantesi una grossa catena,che, se non vado errato, doveva essere tolta poche oreprima dalla greppia di una stalla. Costui raffigurava ilCristo che saliva il Golgota, ma non era il Cristo fale-gname, bensì un Cristo ciabattino.

Seguiva il Cristo un'altra Confraternita con alla testaS. Carlo in abito vescovile ed armato di pastorale. AllaConfraternita tenevan dietro alcuni vessilli neri, ed ilVelo del tempio, portati da uomini vestiti in nero.

Un'altra musica, quella del signor Perego di Cremna-go, faceva eco alla prima coi suoi funerei concenti. In-tanto i preti esilarati da quella musica intuonavano ecantavano il Vexilla regis prodeunt.

Sotto poi un elegante baldacchino veniva portato daquattro uomini, vestiti alla foggia di sacerdoti pagani, ilcadavere di Cristo, di modo che nella stessa processionevi si vedevano due Cristi: vivo l'uno, l'altro morto.

Le tre Marie seguivano la bara, e dietro ad esse siscorgeva un nugolo di Santi, tutti in costume, e tra que-sti qualcuno di mia conoscenza, cioè, S. Luigi Gonzaga,S. Ambrogio, S. Maria Maddalena, S. Caterina da Siena,S. Margherita da Cortona, ecc. ecc.

Quella però che ha fatto destare maggiore ilarità nelpubblico profano, e che, incredibile dictu, ha fatto riderela stessa Madonna Assunta che le stava di dietro, fuSanta Rita, la quale sentendosi pungere le tempie dallacorona di spine che cingevale la testa, dimenticava lapropria santità, e, come gli altri mortali, mandò acuti lai,

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un uomo tutto vestito di rosso, dai capegli e barba di ca-napa, dai piedi scalzi trascinantesi una grossa catena,che, se non vado errato, doveva essere tolta poche oreprima dalla greppia di una stalla. Costui raffigurava ilCristo che saliva il Golgota, ma non era il Cristo fale-gname, bensì un Cristo ciabattino.

Seguiva il Cristo un'altra Confraternita con alla testaS. Carlo in abito vescovile ed armato di pastorale. AllaConfraternita tenevan dietro alcuni vessilli neri, ed ilVelo del tempio, portati da uomini vestiti in nero.

Un'altra musica, quella del signor Perego di Cremna-go, faceva eco alla prima coi suoi funerei concenti. In-tanto i preti esilarati da quella musica intuonavano ecantavano il Vexilla regis prodeunt.

Sotto poi un elegante baldacchino veniva portato daquattro uomini, vestiti alla foggia di sacerdoti pagani, ilcadavere di Cristo, di modo che nella stessa processionevi si vedevano due Cristi: vivo l'uno, l'altro morto.

Le tre Marie seguivano la bara, e dietro ad esse siscorgeva un nugolo di Santi, tutti in costume, e tra que-sti qualcuno di mia conoscenza, cioè, S. Luigi Gonzaga,S. Ambrogio, S. Maria Maddalena, S. Caterina da Siena,S. Margherita da Cortona, ecc. ecc.

Quella però che ha fatto destare maggiore ilarità nelpubblico profano, e che, incredibile dictu, ha fatto riderela stessa Madonna Assunta che le stava di dietro, fuSanta Rita, la quale sentendosi pungere le tempie dallacorona di spine che cingevale la testa, dimenticava lapropria santità, e, come gli altri mortali, mandò acuti lai,

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infino a che gliela accomodarono per benino ed in mododa non risentirne più dolore.

Chiudevano il corteo tutte le Madonne e gli Angelid'ogni specie. L'Assunta la vedevi colle braccia alzateed in atto di volare al cielo. L'Addolorata, con sette pu-gnali nel petto, teneva lo sguardo rivolto a terra, ed eraimmersa in profondo dolore. L'Immacolata tutta sorri-dente mostrava d'essere in un'estasi paradisiaca.

La processione ritornò in chiesa, e poco dopo il Cire-neo, il Cristo, i Giudei, gli Angioli, i Santi e le Madonneridiventarono semplici mortali, contenti di aver dato allaSanta Bottega il loro obolo per aver fatto la loro parte incommedia.

Innanzi a tutte queste giullerie, indegne dell'età pre-sente, d'una cosa almeno si ha diritto di chiedere: el'autorità intanto che fa?

Era peccato che su queste sponde del lago non vi fos-sero belle imbarcazioni, onde mai non vi si vedesserosopra signori a diporto. Era appena se si poteva trovarequalche barchetta da pescatore per remigare all'isola de'Cipressi, che unica sta nel mezzo di esso e che abbiamoeletta per iscopo della presente escursione. A cotale di-fetto pensò rimediare il Comune di Bosisio, che, volgen-do la ricchezza procacciatagli dalla torba a migliorare leproprie sorti, vi stabilì eleganti navicelli che invitano adascendervi.

Voghiamo quindi adesso a questa graziosa isoletta.Non ha che l'estensione di ventiquattro antiche pertiche.Gli alti cipressi e pioppi, che si vedono sorgere come

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infino a che gliela accomodarono per benino ed in mododa non risentirne più dolore.

Chiudevano il corteo tutte le Madonne e gli Angelid'ogni specie. L'Assunta la vedevi colle braccia alzateed in atto di volare al cielo. L'Addolorata, con sette pu-gnali nel petto, teneva lo sguardo rivolto a terra, ed eraimmersa in profondo dolore. L'Immacolata tutta sorri-dente mostrava d'essere in un'estasi paradisiaca.

La processione ritornò in chiesa, e poco dopo il Cire-neo, il Cristo, i Giudei, gli Angioli, i Santi e le Madonneridiventarono semplici mortali, contenti di aver dato allaSanta Bottega il loro obolo per aver fatto la loro parte incommedia.

Innanzi a tutte queste giullerie, indegne dell'età pre-sente, d'una cosa almeno si ha diritto di chiedere: el'autorità intanto che fa?

Era peccato che su queste sponde del lago non vi fos-sero belle imbarcazioni, onde mai non vi si vedesserosopra signori a diporto. Era appena se si poteva trovarequalche barchetta da pescatore per remigare all'isola de'Cipressi, che unica sta nel mezzo di esso e che abbiamoeletta per iscopo della presente escursione. A cotale di-fetto pensò rimediare il Comune di Bosisio, che, volgen-do la ricchezza procacciatagli dalla torba a migliorare leproprie sorti, vi stabilì eleganti navicelli che invitano adascendervi.

Voghiamo quindi adesso a questa graziosa isoletta.Non ha che l'estensione di ventiquattro antiche pertiche.Gli alti cipressi e pioppi, che si vedono sorgere come

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dall'onde, vi vennero piantati verso il 1770 dal proprie-tario di essa, marchese Molo, onde assunse il nome daquelli alberi, l'Isola de' Cipressi. Il sullodato signor Giu-seppe Conti, che vi fu dopo il proprietario, non sonmolt'anni ne aveva all'estremità praticato un taglio peristabilirvi un vivajo di pesci, studiosissimo com'era, ecome più sopra ricordai, di piscicoltura. Nell'isola, delresto non si vedono ora particolarità maggiori delle om-bre amiche che invitano a riposo nelle ore più calde delgiorno: frigus captabis opacum, e dell'indistinto piacereche si prova di ritrovarsi in piccol luogo tutto recintodalle acque.

Da qui tuttavia, Davide Bertolotti, sentimentale scrit-tore e poeta, immaginò un suo gentile romanzo, che inti-tolò appunto L'Isola de' Cipressi.

Il Comune di Bosisio non farebbe, credo io, operavana ed infeconda, traendo maggior profitto dalla bellaisoletta, erigendovi qualche casetta e trattoria. Sarebbecerto attrattiva maggiore a visitarla, sarebbe richiamopei villeggianti, che ne farebbero meta di passeggiata edi divertimento. Sapere, come adesso si sa, che nell'isolanon c'è albergo, a pochi entra in capo di andarvi. Le va-ghissime isole del Verbano, perchè fornite di case e dialberghi, sono da tutti frequentate e levate a cielo, comegemme di quelle acque; e perchè non lo potrebbe esseredi queste l'Isola de' Cipressi?

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dall'onde, vi vennero piantati verso il 1770 dal proprie-tario di essa, marchese Molo, onde assunse il nome daquelli alberi, l'Isola de' Cipressi. Il sullodato signor Giu-seppe Conti, che vi fu dopo il proprietario, non sonmolt'anni ne aveva all'estremità praticato un taglio peristabilirvi un vivajo di pesci, studiosissimo com'era, ecome più sopra ricordai, di piscicoltura. Nell'isola, delresto non si vedono ora particolarità maggiori delle om-bre amiche che invitano a riposo nelle ore più calde delgiorno: frigus captabis opacum, e dell'indistinto piacereche si prova di ritrovarsi in piccol luogo tutto recintodalle acque.

Da qui tuttavia, Davide Bertolotti, sentimentale scrit-tore e poeta, immaginò un suo gentile romanzo, che inti-tolò appunto L'Isola de' Cipressi.

Il Comune di Bosisio non farebbe, credo io, operavana ed infeconda, traendo maggior profitto dalla bellaisoletta, erigendovi qualche casetta e trattoria. Sarebbecerto attrattiva maggiore a visitarla, sarebbe richiamopei villeggianti, che ne farebbero meta di passeggiata edi divertimento. Sapere, come adesso si sa, che nell'isolanon c'è albergo, a pochi entra in capo di andarvi. Le va-ghissime isole del Verbano, perchè fornite di case e dialberghi, sono da tutti frequentate e levate a cielo, comegemme di quelle acque; e perchè non lo potrebbe esseredi queste l'Isola de' Cipressi?

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ESCURSIONE VENTESIMANONA.IL BEL DOSSO.

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ESCURSIONE VENTESIMANONA.IL BEL DOSSO.

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Page 311: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Corneno. - La Cà di strii. - Villa Besana. - Galliano. - Carella. -Mariaga. - Alpe di Carella. - Il Bel Dosso. - Villa Graziani. -Longone. - Osteria. - La Malpensata. - Penzano. - Bindella. -Villa Galimberti. - Proserpio. - Villa Baroggi. - Inarca.

Or lasciamo la vettura e camminiamo su queste ma-gnifiche alture che seguono dopo Pusiano.

Il primo paese che veggiamo è Corneno. Bella è lasua posizione e con qualche buona casa. Isolata ne sorgeuna, proprietà dei signori Conti, intorno alla quale cor-rono le più strambe dicerie. Vuolsi dal volgo che il dia-volo vi faccia a fidanza, che s'odan la notte strascico dicatene e lamenti; chi ne fornisce una storia, chi l'altra:certo si è che rimase il palazzo, a cui fu appiccicato ilnome di Palazzo del diavolo, od anche di Cà di strii,molto tempo senza essere abitato, malgrado la felicissi-ma sua situazione e la vista che vi si gode.

Io raccolsi la tradizione, e ne feci subbietto d'un rac-conto nella mia opera delle Tradizioni e leggende diLombardia; epperò, a non copiarmi, rimanderò il lettorea quel mio libro, s'egli ne voglia sapere di più. Ancheadesso la Cà di strii non è abitata, ma mi fu detto che isuoi proprietarî abbian di meglio per villeggiare, nèquindi si cerchino di dare una smentita, col soggiornar-vi, alle vecchie ed insulse ubbíe del paese. Nella villaBesana, ora proprietà del dottore Strambio, ed un tempodel pittore Andrea Appiani, su d'un camino, in una sala,l'illustre pittore disegnò col carbone Amore che incatenail Tempo colle rose, il qual disegno si conserva tuttavia

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Corneno. - La Cà di strii. - Villa Besana. - Galliano. - Carella. -Mariaga. - Alpe di Carella. - Il Bel Dosso. - Villa Graziani. -Longone. - Osteria. - La Malpensata. - Penzano. - Bindella. -Villa Galimberti. - Proserpio. - Villa Baroggi. - Inarca.

Or lasciamo la vettura e camminiamo su queste ma-gnifiche alture che seguono dopo Pusiano.

Il primo paese che veggiamo è Corneno. Bella è lasua posizione e con qualche buona casa. Isolata ne sorgeuna, proprietà dei signori Conti, intorno alla quale cor-rono le più strambe dicerie. Vuolsi dal volgo che il dia-volo vi faccia a fidanza, che s'odan la notte strascico dicatene e lamenti; chi ne fornisce una storia, chi l'altra:certo si è che rimase il palazzo, a cui fu appiccicato ilnome di Palazzo del diavolo, od anche di Cà di strii,molto tempo senza essere abitato, malgrado la felicissi-ma sua situazione e la vista che vi si gode.

Io raccolsi la tradizione, e ne feci subbietto d'un rac-conto nella mia opera delle Tradizioni e leggende diLombardia; epperò, a non copiarmi, rimanderò il lettorea quel mio libro, s'egli ne voglia sapere di più. Ancheadesso la Cà di strii non è abitata, ma mi fu detto che isuoi proprietarî abbian di meglio per villeggiare, nèquindi si cerchino di dare una smentita, col soggiornar-vi, alle vecchie ed insulse ubbíe del paese. Nella villaBesana, ora proprietà del dottore Strambio, ed un tempodel pittore Andrea Appiani, su d'un camino, in una sala,l'illustre pittore disegnò col carbone Amore che incatenail Tempo colle rose, il qual disegno si conserva tuttavia

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difeso da cornice.Segue Galliano, terricciuola ove son case e giardini

signorili. Nel grandioso giardino attinente l'ampia casadel milanese Paolo Biffi, notabilità della confetteria epasticceria, che qui or passa i suoi vecchi giorni, veg-gonsi vecchie torri, istoriate da Giovanni Biffi nella suanarrazione La Ghita del Carrobio. In molta prossimitàdi Galliano trovansi i villaggi di Carella e Mariaga, puronorati di case di villeggiatura. Dietro a questi si disten-dono ridenti valli intersecate da acque correnti, ed è inmezzo d'una di esse che la sua vita d'artista e di poetapassò qualche tempo quel vivace scrittore che è AntonioGhislanzoni, togliendo a pigione una villetta, cui vera-mente poteva dire parva sed apta mihi; e là fui a trovar-lo, sempre constatandogli il buon umore e la vena pron-ta ai motti, ai frizzi, alle piccanti osservazioni. È di làche mandava a Verdi, a Petrella e ad altri maestri i suoilibretti, di là i suoi articoli di critica musicale al giornaledi Ricordi; di là i suoi romanzetti scherzevoli che ne hanfatto di lui il nostro ameno Paul de Kock.

Sopra queste alte vallate s'alza l'Alpe di Carella, chesi può senza molta fatica ascendere e da dove si correcoll'occhio per un piano tutto sparso di paesi e di ville,fino a distinguere la freccia dell'aguglia del Duomo mi-lanese, e più in là tutta la valle del Ticino.

Io invece non abuserò delle gambe del lettore e, fatto-lo uscire da Galliano a una decina di minuti di cammi-no, batteremo alla porta del Bel Dosso, alla villeggiaturaprincipesca di Francesco Graziani, il baritono dalla sim-

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difeso da cornice.Segue Galliano, terricciuola ove son case e giardini

signorili. Nel grandioso giardino attinente l'ampia casadel milanese Paolo Biffi, notabilità della confetteria epasticceria, che qui or passa i suoi vecchi giorni, veg-gonsi vecchie torri, istoriate da Giovanni Biffi nella suanarrazione La Ghita del Carrobio. In molta prossimitàdi Galliano trovansi i villaggi di Carella e Mariaga, puronorati di case di villeggiatura. Dietro a questi si disten-dono ridenti valli intersecate da acque correnti, ed è inmezzo d'una di esse che la sua vita d'artista e di poetapassò qualche tempo quel vivace scrittore che è AntonioGhislanzoni, togliendo a pigione una villetta, cui vera-mente poteva dire parva sed apta mihi; e là fui a trovar-lo, sempre constatandogli il buon umore e la vena pron-ta ai motti, ai frizzi, alle piccanti osservazioni. È di làche mandava a Verdi, a Petrella e ad altri maestri i suoilibretti, di là i suoi articoli di critica musicale al giornaledi Ricordi; di là i suoi romanzetti scherzevoli che ne hanfatto di lui il nostro ameno Paul de Kock.

Sopra queste alte vallate s'alza l'Alpe di Carella, chesi può senza molta fatica ascendere e da dove si correcoll'occhio per un piano tutto sparso di paesi e di ville,fino a distinguere la freccia dell'aguglia del Duomo mi-lanese, e più in là tutta la valle del Ticino.

Io invece non abuserò delle gambe del lettore e, fatto-lo uscire da Galliano a una decina di minuti di cammi-no, batteremo alla porta del Bel Dosso, alla villeggiaturaprincipesca di Francesco Graziani, il baritono dalla sim-

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Page 313: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

paticissima voce, che adoperò a raggranellar un'ingentefortuna, massime cantando per molti anni di seguito aPietroburgo e Londra, e per la quale potè comperarsiquesto superbo ritiro, che prima aveva appartenuto adue miei amici, che morte rapì nel fiore della loro età edelle speranze, voglio dire Giuseppe Galli e l'avvocatoPaolo Emilio Beretta. Il Graziani vi spese d'aggiuntaun'ingente somma ad abbellirla, a dotarla d'ogni como-dità; dirò di più, a fregiare la casa di ricca e preziosasuppellettile, perocchè, fra le altre sale, una ne vidi conmobili intarsiati di malachite e con tavolo tutto di questapietra; ma il meglio della villa esisteva già, e questo me-glio è la sua posizione che la rende superiore a tuttel'altre, è l'essere sulla punta di un promontorio, per ilche le è dato di tutte ammirare da un lato le bellezze delbacino dell'Éupili, ossia de' laghi che già abbiamo vedu-ti, e dall'altro quelle non minori del Pian d'Erba.

Dal Bel Dosso si entra nel paese di Longone, dovequalche tempo fa si trovò un'ara coll'iscrizione: Herculiinvicto V. S. L. M; L. Domitius Germanus salvo patrono.Essa fu portata nel giardino della villa Traversi a Desio.Qui a Longone raccomando l'osteria del paese, dove chicerca appagar l'appetito con cibi casalinghi vi è di certosoddisfattissimo. Spesso l'osteria di Longone è il conve-gno de' signori del Pian d'Erba, a colazioni e pranzi,massime se si possa contare su qualche lepre che vi sicucina a perfezione. Più sotto è Bindella con miglioreorizzonte, di poco diverso da quello del Bel Dosso, convilla de' Galimberti. Nel vicino Penzano due altri egregi

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paticissima voce, che adoperò a raggranellar un'ingentefortuna, massime cantando per molti anni di seguito aPietroburgo e Londra, e per la quale potè comperarsiquesto superbo ritiro, che prima aveva appartenuto adue miei amici, che morte rapì nel fiore della loro età edelle speranze, voglio dire Giuseppe Galli e l'avvocatoPaolo Emilio Beretta. Il Graziani vi spese d'aggiuntaun'ingente somma ad abbellirla, a dotarla d'ogni como-dità; dirò di più, a fregiare la casa di ricca e preziosasuppellettile, perocchè, fra le altre sale, una ne vidi conmobili intarsiati di malachite e con tavolo tutto di questapietra; ma il meglio della villa esisteva già, e questo me-glio è la sua posizione che la rende superiore a tuttel'altre, è l'essere sulla punta di un promontorio, per ilche le è dato di tutte ammirare da un lato le bellezze delbacino dell'Éupili, ossia de' laghi che già abbiamo vedu-ti, e dall'altro quelle non minori del Pian d'Erba.

Dal Bel Dosso si entra nel paese di Longone, dovequalche tempo fa si trovò un'ara coll'iscrizione: Herculiinvicto V. S. L. M; L. Domitius Germanus salvo patrono.Essa fu portata nel giardino della villa Traversi a Desio.Qui a Longone raccomando l'osteria del paese, dove chicerca appagar l'appetito con cibi casalinghi vi è di certosoddisfattissimo. Spesso l'osteria di Longone è il conve-gno de' signori del Pian d'Erba, a colazioni e pranzi,massime se si possa contare su qualche lepre che vi sicucina a perfezione. Più sotto è Bindella con miglioreorizzonte, di poco diverso da quello del Bel Dosso, convilla de' Galimberti. Nel vicino Penzano due altri egregi

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artisti, i conjugi Agostino Dell'Armi e Luigia Ponti, siprocacciarono una comoda villa.

La strada di Longone, che dovremo rimontare perfare una corsa a Canzo ed Asso, ha principio alla Mal-pensata, dove riesce la strada provinciale che viene daInverigo, per tripartirsi, procedendosi per un ramo a Pu-siano e Lecco, per un altro ad Erba e per il terzo allaVallassina. Qui presso al ponte della Malpensata si rin-vennero sepolcri romani colla marca del figulino R. I.D. e vasi di terra contenenti uno specchio metallico, ar-mille, braccialetti e monete dell'epoca imperiale.

Arrestandoci per questa escursione a Longone, è im-possibile che non montiamo al vicino villaggio di Pro-serpio, dove han villa gli Staurenghi, ora de' Baroggi. Diqui era l'avv. Pietro Staurenghi, presso il quale crebbiall'avvocatura, e dove più d'una volta ebbi cortese ospi-talità.

Facile è correre colla mente a pensare che Proserpioderivi da Proserpina, la Iddia infernale, che gli scrittoridicono avesse qui delubro e culto.

Rammento che il mio maestro ed amico, quando miebbe in sua casa, mi condusse alla non lontana Inarca,breve accolta di casolari che riguardano verso il lagoSegrino, ma che nondimeno ha un superbo orizzonte.

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artisti, i conjugi Agostino Dell'Armi e Luigia Ponti, siprocacciarono una comoda villa.

La strada di Longone, che dovremo rimontare perfare una corsa a Canzo ed Asso, ha principio alla Mal-pensata, dove riesce la strada provinciale che viene daInverigo, per tripartirsi, procedendosi per un ramo a Pu-siano e Lecco, per un altro ad Erba e per il terzo allaVallassina. Qui presso al ponte della Malpensata si rin-vennero sepolcri romani colla marca del figulino R. I.D. e vasi di terra contenenti uno specchio metallico, ar-mille, braccialetti e monete dell'epoca imperiale.

Arrestandoci per questa escursione a Longone, è im-possibile che non montiamo al vicino villaggio di Pro-serpio, dove han villa gli Staurenghi, ora de' Baroggi. Diqui era l'avv. Pietro Staurenghi, presso il quale crebbiall'avvocatura, e dove più d'una volta ebbi cortese ospi-talità.

Facile è correre colla mente a pensare che Proserpioderivi da Proserpina, la Iddia infernale, che gli scrittoridicono avesse qui delubro e culto.

Rammento che il mio maestro ed amico, quando miebbe in sua casa, mi condusse alla non lontana Inarca,breve accolta di casolari che riguardano verso il lagoSegrino, ma che nondimeno ha un superbo orizzonte.

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ESCURSIONE TRENTESIMA.LA VALLASSINA.

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ESCURSIONE TRENTESIMA.LA VALLASSINA.

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Il lago Segrino. - Canzo. - Il Vespetrò. - I Corni. - La fontana delGajumo. - La cascata della Vallategna. - Il torcitojo Verza. -Scarenna. - La Casa dell'eremita. - Asso. - Lapide antica. -Arte. - La via al Pian del Tivano. - Pagnano, Fraino, Caglio,Gemù. - Il Ponte Oscuro. - Lasnigo. - Le donne della valle. -Le serve. - Onno. - San Carlo e la sua mula.

Lasciato addietro Longone, e mettendoci per la bellae spaziosa via, che da pochi anni fu compiuta, che scor-ge alla Vallassina, vediamo subito il Segrino e lo rasen-tiamo in tutta la sua lunghezza, che non è molta. Questieterni chiaccheroni, che sono gli etimologisti, vorrebbe-ro che il nome venisse a questo lago dal francese cha-grin, affanno, quasi che il bacino sia tristo e malinconi-co. Piacemi rispondere ad essi anzi tutto che non poteimai comprendere per qual ragione si ostinino a dir tristoquesto lago. Se non è tutt'all'intorno popolato di villaggie palazzi, solo a capo del medesimo vedendovisi abitato,non significa per ciò solo che lo si debba condannare.Se in luogo del dosso verde e boscoso, che sta dalla rivaopposta a quella che noi percorriamo, sorgessero picchinudi e ferruginosi, potrebbesi aver ragione; ma quandoinvece questo bacino è tutt'all'intorno lieto di verzura,quantunque solitario, non può dirsi tale da meritarsi tito-lo di affannoso. Oltre di ciò, qual bisogno vi sarebbestato di tôrre a prestanza al linguaggio francese un voca-bolo per battezzarlo? Segrino finalmente si legge scrittoin documenti antichi assai più della venuta de' Francesiin Lombardia ai tempi di Carlo VIII, e quindi Segrino

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Il lago Segrino. - Canzo. - Il Vespetrò. - I Corni. - La fontana delGajumo. - La cascata della Vallategna. - Il torcitojo Verza. -Scarenna. - La Casa dell'eremita. - Asso. - Lapide antica. -Arte. - La via al Pian del Tivano. - Pagnano, Fraino, Caglio,Gemù. - Il Ponte Oscuro. - Lasnigo. - Le donne della valle. -Le serve. - Onno. - San Carlo e la sua mula.

Lasciato addietro Longone, e mettendoci per la bellae spaziosa via, che da pochi anni fu compiuta, che scor-ge alla Vallassina, vediamo subito il Segrino e lo rasen-tiamo in tutta la sua lunghezza, che non è molta. Questieterni chiaccheroni, che sono gli etimologisti, vorrebbe-ro che il nome venisse a questo lago dal francese cha-grin, affanno, quasi che il bacino sia tristo e malinconi-co. Piacemi rispondere ad essi anzi tutto che non poteimai comprendere per qual ragione si ostinino a dir tristoquesto lago. Se non è tutt'all'intorno popolato di villaggie palazzi, solo a capo del medesimo vedendovisi abitato,non significa per ciò solo che lo si debba condannare.Se in luogo del dosso verde e boscoso, che sta dalla rivaopposta a quella che noi percorriamo, sorgessero picchinudi e ferruginosi, potrebbesi aver ragione; ma quandoinvece questo bacino è tutt'all'intorno lieto di verzura,quantunque solitario, non può dirsi tale da meritarsi tito-lo di affannoso. Oltre di ciò, qual bisogno vi sarebbestato di tôrre a prestanza al linguaggio francese un voca-bolo per battezzarlo? Segrino finalmente si legge scrittoin documenti antichi assai più della venuta de' Francesiin Lombardia ai tempi di Carlo VIII, e quindi Segrino

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sarà un nome come qualunque altro, e se si sottrae di-versamente all'interpretazione, segue la sorte della mag-gior parte degli altri nomi di laghi e di paesi.

Oltre questo lago ci troviamo a capo del bivio in cuisi scinde la strada della Vallassina; perocchè vediamol'altra via che mette a Pontelambro, e che faremo noipure al ritorno della presente escursione.

Dopo due corte miglia da Longone, ci si affacciaCanzo. È borgata abbastanza grossa, che ha molte casedi villeggiatura, sì che in questo tempo di autunno vi sivegga una vera colonia milanese; tanto così che venneeretto un teatro, dove si canta l'opera o si recita la com-media con affluenza di pubblico, e vi si fanno liete festedi ballo. Così popolato è sempre a sera il caffè, come digiorno frequenti sono gli equipaggi che da' paesi circon-vicini traggono a scopo di visita o di passeggiata. Famo-so è poi il vespetrò che vi si fabbrica, liquore che arieg-gia la chartreuse di Grenoble, la quale ci giunge diFrancia e che è sì ricerca e gustata.

Succedono, al fianco destro di Canzo, i Corni, acutipicchi altissimi, a metri 1385 sul livello del mare, che aMilano, come già notai, si veggono; ma colla loro nudi-tà non aggiungono tristezza, e solo formano contrastocol resto, che è tutto lussureggiante di vegetazione.

Erano un dì rinomate le saje di Canzo che vi si fabbri-cavano; poi prevalse la seta, e vi ebbero e vi hanno fi-lande e filatoj i Verza ed i Gavazzi.

Traggono quei del paese, a titolo di divozione, a SanMiro, che fu nativo di questo borgo, nella prima dome-

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sarà un nome come qualunque altro, e se si sottrae di-versamente all'interpretazione, segue la sorte della mag-gior parte degli altri nomi di laghi e di paesi.

Oltre questo lago ci troviamo a capo del bivio in cuisi scinde la strada della Vallassina; perocchè vediamol'altra via che mette a Pontelambro, e che faremo noipure al ritorno della presente escursione.

Dopo due corte miglia da Longone, ci si affacciaCanzo. È borgata abbastanza grossa, che ha molte casedi villeggiatura, sì che in questo tempo di autunno vi sivegga una vera colonia milanese; tanto così che venneeretto un teatro, dove si canta l'opera o si recita la com-media con affluenza di pubblico, e vi si fanno liete festedi ballo. Così popolato è sempre a sera il caffè, come digiorno frequenti sono gli equipaggi che da' paesi circon-vicini traggono a scopo di visita o di passeggiata. Famo-so è poi il vespetrò che vi si fabbrica, liquore che arieg-gia la chartreuse di Grenoble, la quale ci giunge diFrancia e che è sì ricerca e gustata.

Succedono, al fianco destro di Canzo, i Corni, acutipicchi altissimi, a metri 1385 sul livello del mare, che aMilano, come già notai, si veggono; ma colla loro nudi-tà non aggiungono tristezza, e solo formano contrastocol resto, che è tutto lussureggiante di vegetazione.

Erano un dì rinomate le saje di Canzo che vi si fabbri-cavano; poi prevalse la seta, e vi ebbero e vi hanno fi-lande e filatoj i Verza ed i Gavazzi.

Traggono quei del paese, a titolo di divozione, a SanMiro, che fu nativo di questo borgo, nella prima dome-

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Page 318: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

nica di agosto, alla sagra che in onore di questo santo sicelebra nel luogo solitario e alpestre che vien detto laFontana del Gajumo. Come accade in simili circostan-ze, si merenda colà allegramente e la divozione si mutain un vero divertimento.

Dopo Canzo, seguendo il corso della via che conducead Asso, il tuo cuore si esilara subito in questa nuova evaghissima valle, dove si presenta al manco lato Asso, ilnon men bello paese da cui prende il nome tuttoquell'importante territorio che si appella appunto Vallas-sina, e che si vede, come scena teatrale, posar sul fiancodel burrone entro cui rumoreggia il Lambro, che non viha molto lontana la sua scaturigine.

La cascata della Vallategna, balzante a picco da ertarupe, sulla cui vetta fa leggiadramente capolino il gran-de torcitojo dei signori Verza, spruzza nella sua caduta,colle sue spume minutissime come atomi di polve, amolti passi i viandanti. Altre cascatelle scendono giù daimonti selvosi, che quantunque restringano l'orizzonte,pure non tolgono bellezza alla graziosa valle, i cui facilie verdi declivî si avvivano di grotte e di abituri, di villee casali, ed è dimezzata dal Lambro che vi scorre.Dall'opposta sponda è Scarenna, sopra la quale vi vieneadditata la Casa dell'eremita, ove è fama che sul finir delduodecimo secolo vivesse appunto un sant'uomo ches'era dato ad istruire la puerizia e contasse fra i suoialunni anche quel Miro, che fu poi santo egli pure e cheho mentovato più sopra.

Pochi passi e siamo ad Asso, il cui nome si suol de-

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nica di agosto, alla sagra che in onore di questo santo sicelebra nel luogo solitario e alpestre che vien detto laFontana del Gajumo. Come accade in simili circostan-ze, si merenda colà allegramente e la divozione si mutain un vero divertimento.

Dopo Canzo, seguendo il corso della via che conducead Asso, il tuo cuore si esilara subito in questa nuova evaghissima valle, dove si presenta al manco lato Asso, ilnon men bello paese da cui prende il nome tuttoquell'importante territorio che si appella appunto Vallas-sina, e che si vede, come scena teatrale, posar sul fiancodel burrone entro cui rumoreggia il Lambro, che non viha molto lontana la sua scaturigine.

La cascata della Vallategna, balzante a picco da ertarupe, sulla cui vetta fa leggiadramente capolino il gran-de torcitojo dei signori Verza, spruzza nella sua caduta,colle sue spume minutissime come atomi di polve, amolti passi i viandanti. Altre cascatelle scendono giù daimonti selvosi, che quantunque restringano l'orizzonte,pure non tolgono bellezza alla graziosa valle, i cui facilie verdi declivî si avvivano di grotte e di abituri, di villee casali, ed è dimezzata dal Lambro che vi scorre.Dall'opposta sponda è Scarenna, sopra la quale vi vieneadditata la Casa dell'eremita, ove è fama che sul finir delduodecimo secolo vivesse appunto un sant'uomo ches'era dato ad istruire la puerizia e contasse fra i suoialunni anche quel Miro, che fu poi santo egli pure e cheho mentovato più sopra.

Pochi passi e siamo ad Asso, il cui nome si suol de-

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durre dal celtico as, significante sorgente. Ebbe, ne' tem-pi efferati, castello di cui non esiste che la torre in rovi-na. Un'altra torre, arnese di guerra, era quella che fu poiconvertita in campanile della chiesa prepositurale.

Era Asso una delle Pievi che componevano la Marte-sana; a' tempi pagani ebbe culto per Asclepio, nome gre-co di Esculapio, e forse da Asclepio derivò il nome suo,avendosene dagli antiquarî ad argomento l'iscrizione ro-mana trovata in Vallassina fra Onno e Vassena, e che fuletta così dal dotto archeologo Giovanni Labus

Genio AsclepiiLucius Plinius

Burrus et F. PliniusTernus votum solvunt.

Nel medio evo fu Asso, come tutta la Vallassina, dellamensa arcivescovile di Milano. Allo spirare della signo-ria de' Visconti ne appare infeudato Facino Cane, cele-bre capitano di ventura e primo marito della sventuratis-sima Beatrice di Tenda, poi l'altro capitano Luigi delVerme e via via altri. Ebbe però governo proprio e statu-to indipendente sino all'editto 16 maggio 1765, in cui laVallassina venne incorporata al ducato di Milano.

Visitando Asso, veggasi la prepositurale, dove son di-pinti egregiamente i Misteri del rosario, ed è di GiulioCesare Campi una pala rappresentante l'Annunciazione.Qui pure sonvi signorili famiglie, tra cui i Romagnoli, iMagnocavallo, i Merzario, i Mazza, per non dire di tutti,ecc.

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durre dal celtico as, significante sorgente. Ebbe, ne' tem-pi efferati, castello di cui non esiste che la torre in rovi-na. Un'altra torre, arnese di guerra, era quella che fu poiconvertita in campanile della chiesa prepositurale.

Era Asso una delle Pievi che componevano la Marte-sana; a' tempi pagani ebbe culto per Asclepio, nome gre-co di Esculapio, e forse da Asclepio derivò il nome suo,avendosene dagli antiquarî ad argomento l'iscrizione ro-mana trovata in Vallassina fra Onno e Vassena, e che fuletta così dal dotto archeologo Giovanni Labus

Genio AsclepiiLucius Plinius

Burrus et F. PliniusTernus votum solvunt.

Nel medio evo fu Asso, come tutta la Vallassina, dellamensa arcivescovile di Milano. Allo spirare della signo-ria de' Visconti ne appare infeudato Facino Cane, cele-bre capitano di ventura e primo marito della sventuratis-sima Beatrice di Tenda, poi l'altro capitano Luigi delVerme e via via altri. Ebbe però governo proprio e statu-to indipendente sino all'editto 16 maggio 1765, in cui laVallassina venne incorporata al ducato di Milano.

Visitando Asso, veggasi la prepositurale, dove son di-pinti egregiamente i Misteri del rosario, ed è di GiulioCesare Campi una pala rappresentante l'Annunciazione.Qui pure sonvi signorili famiglie, tra cui i Romagnoli, iMagnocavallo, i Merzario, i Mazza, per non dire di tutti,ecc.

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Gli è da Asso per Sormanno e per Rezzago che le al-legre comitive, messe insieme dai paesi circonvicini,precedute da fanfare e ribechini, ascendevano, più fre-quenti in passato, per il piano del Tivano, e correvano avedere quell'imbuto conosciuto sotto il nome del Bucodella Nicolina, dove, provenienti dalle ville del lago diComo, pur salivano per l'opposto versante altre liete bri-gatelle a convegno concertato alla città, e da cui entram-be non si toglievano che a notte fra lo splendore dellefaci resinose, come ho già fatto noto nell'apposita escur-sione.

Fuori appena di Asso, il pittorico è ancor maggiore;perocchè, oltre le diverse intonazioni risultanti da' ca-seggiati civili a' rustici commisti, oltre le torri ed i vil-laggi sovrastanti di Pagnano e di Fraino ed i verdi alti-piani di Caglio e di Gemù, ti si para subito davanti unascena di bell'effetto nella vista del Ponte Oscuro, che acerta altezza si gitta da un masso all'altro della roccia, sucui corre la via che scorge a Valbrona e sotto cui, tragrossi ciottoli e pietre staccate dalle pareti o rotolatedalle acque, scorre il Lambro, dinanzi al quale sembra laroccia si sia aperta e divisa per aprirgli il passaggio.

A che i pittori e i toristi nostri, domando io, vannocercando alla Svizzera scene e paesaggi per i loro qua-dri, per le loro impressioni, se la nostra Lombardia e imonti dell'alta nostra Brianza ponno loro offerirne di so-lenni e di belle, di svariate, e di ispiratrici egualmente?

A chi volesse deliziarsi di maravigliosi punti di vista;a chi amasse gli erbosi altipiani alternare a' villaggi, e a'

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Gli è da Asso per Sormanno e per Rezzago che le al-legre comitive, messe insieme dai paesi circonvicini,precedute da fanfare e ribechini, ascendevano, più fre-quenti in passato, per il piano del Tivano, e correvano avedere quell'imbuto conosciuto sotto il nome del Bucodella Nicolina, dove, provenienti dalle ville del lago diComo, pur salivano per l'opposto versante altre liete bri-gatelle a convegno concertato alla città, e da cui entram-be non si toglievano che a notte fra lo splendore dellefaci resinose, come ho già fatto noto nell'apposita escur-sione.

Fuori appena di Asso, il pittorico è ancor maggiore;perocchè, oltre le diverse intonazioni risultanti da' ca-seggiati civili a' rustici commisti, oltre le torri ed i vil-laggi sovrastanti di Pagnano e di Fraino ed i verdi alti-piani di Caglio e di Gemù, ti si para subito davanti unascena di bell'effetto nella vista del Ponte Oscuro, che acerta altezza si gitta da un masso all'altro della roccia, sucui corre la via che scorge a Valbrona e sotto cui, tragrossi ciottoli e pietre staccate dalle pareti o rotolatedalle acque, scorre il Lambro, dinanzi al quale sembra laroccia si sia aperta e divisa per aprirgli il passaggio.

A che i pittori e i toristi nostri, domando io, vannocercando alla Svizzera scene e paesaggi per i loro qua-dri, per le loro impressioni, se la nostra Lombardia e imonti dell'alta nostra Brianza ponno loro offerirne di so-lenni e di belle, di svariate, e di ispiratrici egualmente?

A chi volesse deliziarsi di maravigliosi punti di vista;a chi amasse gli erbosi altipiani alternare a' villaggi, e a'

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Page 321: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

rugiadosi e impervi sentieri preferisse ampio e regolarecammino, io consiglierei volontieri di eleggere la recen-te strada che traversa tutta la Vallassina per il corso diben dieci miglia e riesce a Bellagio, uno de' più amenipaesi del Lario. Uscita appena dagli anfratti di Asso,quella strada ritorna ampia e comoda per Lasnigo, ovehanno villa i Rusconi ed altri, ed è prosecuzione di quel-la che dalla Malpensata conduce, per Longone, a Canzoed Asso.

Visitando la Vallassina, a questa vaghezza di naturainanimata, altre ne troverà della animata il lettore; e sen-za dire degli uomini d'un ingegno svegliato, industriosied ospitali, i quali più spesso cercando fortuna al di fuo-ri e colà eziandio stabilendosi, non crebbero guari fortu-na al loro luogo nativo, accennerò delle donne col giudi-zio che ne reca un non sospetto autore, l'oblato prevostoVincenzo Mazza di Lasnigo, autore d'una storia mano-scritta della Valle, veduta dal Cantù. Esse gli parveromodelli, come di avvenenza, così di costumatezza; so-brie, pudiche, casalinghe, matronali sì da rimovere qual-siasi licenza d'atti e di parole, e le fanciulle sannoall'uopo difendersi cogli zoccoli, con sassi e colle spadi-ne che portano come un'aureola in capo. E poichè e allacittà e altrove si ha tanto difetto di buone serventi, ilbuon prevosto vi fa sapere come le donne della Vallassi-na sieno ricercate come fantesche, nè v'abbia esempioche una sia stata espulsa da una casa. Non ho voluto di-menticare questa particolarità della Vallassina, perocchèogni dì più cresca il lamento per la mancanza di buone

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rugiadosi e impervi sentieri preferisse ampio e regolarecammino, io consiglierei volontieri di eleggere la recen-te strada che traversa tutta la Vallassina per il corso diben dieci miglia e riesce a Bellagio, uno de' più amenipaesi del Lario. Uscita appena dagli anfratti di Asso,quella strada ritorna ampia e comoda per Lasnigo, ovehanno villa i Rusconi ed altri, ed è prosecuzione di quel-la che dalla Malpensata conduce, per Longone, a Canzoed Asso.

Visitando la Vallassina, a questa vaghezza di naturainanimata, altre ne troverà della animata il lettore; e sen-za dire degli uomini d'un ingegno svegliato, industriosied ospitali, i quali più spesso cercando fortuna al di fuo-ri e colà eziandio stabilendosi, non crebbero guari fortu-na al loro luogo nativo, accennerò delle donne col giudi-zio che ne reca un non sospetto autore, l'oblato prevostoVincenzo Mazza di Lasnigo, autore d'una storia mano-scritta della Valle, veduta dal Cantù. Esse gli parveromodelli, come di avvenenza, così di costumatezza; so-brie, pudiche, casalinghe, matronali sì da rimovere qual-siasi licenza d'atti e di parole, e le fanciulle sannoall'uopo difendersi cogli zoccoli, con sassi e colle spadi-ne che portano come un'aureola in capo. E poichè e allacittà e altrove si ha tanto difetto di buone serventi, ilbuon prevosto vi fa sapere come le donne della Vallassi-na sieno ricercate come fantesche, nè v'abbia esempioche una sia stata espulsa da una casa. Non ho voluto di-menticare questa particolarità della Vallassina, perocchèogni dì più cresca il lamento per la mancanza di buone

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Page 322: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

serventi. Gli aumentati opificî e la corruzione cittadina ecampagnola hanno distratto moltissime di queste donnedal mestiere del servire che un dì pareva loro sì profitte-vole cosa.

Se a riposarsi di tratto in tratto dal cammino avvengadi interrogare quella buona gente alpestre, s'odono storiee tradizioni, leggende e fiabe a illustrazione di castelli edi paesi, di genti e di famiglie; e se non istessi iosull'avviso contro me stesso che di tradizioni e leggendeparecchie son già stato narratore, potrei qui cingermi lagiornea e ripetere quello che ho appreso nella Vallassi-na, nè il lettore sarebbe certo sì fortunato di finirla cosìpresto d'esercitar meco la sua pazienza. Non tacerò tut-tavia d'accennar ciò che i terrieri non chiamano fiaba otradizione, ma pretta storia e miracolo. Già toccai allasfuggita di Onno, terricciuola della Vallassina che siedesul versante del lago di Lecco; or bene raccontasi chequel vigile arcivescovo che fu San Carlo Borromeo, nelvisitare tutta la sua diocesi onde conoscerla per l'appun-to e recarvi i saggi suoi povvedimenti, percorrendo que-sti luoghi aspri e montani, qui presso ad Onno, caval-cando una mula, precipitasse con essa dentro un profon-do precipizio, ma che per sommo di ventura - essi diconmiracolo - ne uscisse incolume.

Ma io debbo, cortese lettore, qui arrestarmi, nè prose-guire nella Vallassina, per non discostarmi troppo dalPian d'Erba, nei confini del quale deve restringersi ilmio libro.

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serventi. Gli aumentati opificî e la corruzione cittadina ecampagnola hanno distratto moltissime di queste donnedal mestiere del servire che un dì pareva loro sì profitte-vole cosa.

Se a riposarsi di tratto in tratto dal cammino avvengadi interrogare quella buona gente alpestre, s'odono storiee tradizioni, leggende e fiabe a illustrazione di castelli edi paesi, di genti e di famiglie; e se non istessi iosull'avviso contro me stesso che di tradizioni e leggendeparecchie son già stato narratore, potrei qui cingermi lagiornea e ripetere quello che ho appreso nella Vallassi-na, nè il lettore sarebbe certo sì fortunato di finirla cosìpresto d'esercitar meco la sua pazienza. Non tacerò tut-tavia d'accennar ciò che i terrieri non chiamano fiaba otradizione, ma pretta storia e miracolo. Già toccai allasfuggita di Onno, terricciuola della Vallassina che siedesul versante del lago di Lecco; or bene raccontasi chequel vigile arcivescovo che fu San Carlo Borromeo, nelvisitare tutta la sua diocesi onde conoscerla per l'appun-to e recarvi i saggi suoi povvedimenti, percorrendo que-sti luoghi aspri e montani, qui presso ad Onno, caval-cando una mula, precipitasse con essa dentro un profon-do precipizio, ma che per sommo di ventura - essi diconmiracolo - ne uscisse incolume.

Ma io debbo, cortese lettore, qui arrestarmi, nè prose-guire nella Vallassina, per non discostarmi troppo dalPian d'Erba, nei confini del quale deve restringersi ilmio libro.

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ESCURSIONE TRENTESIMAPRIMA.CASTELMARTE.

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ESCURSIONE TRENTESIMAPRIMA.CASTELMARTE.

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Page 324: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Val di Giano. - Caslino e suoi cacini. - Mulino S. Marco. - Fabbri-ca di coltelleria. - Setificî Invernizzi, Castelletti, Prina e Mam-bretti. - Ademprivo. - Castelmarte. - Ville Bertoglio, Parravici-ni, Biondelli. - Fu Castelmarte capo della Martesana? - Ca-strum Martis. - Giunteria archeologica. - Reliquie antiche.

Ritornando per la strada percorsa venendo da Longo-ne, giungendo ora dopo Canzo al bivio che ho già av-vertito nella passata escursione, pigliam la via alla manodestra e presto ci saremo introdotti in una valletta ame-na, che il paesano denomina Val di Giano.

È qui che ci si offre sull'altura a mano destra il paesedi Caslino, che ora fa parlare di sè pe' suoi cacini, e acui si va per una bella strada, presso al luogo detto Mu-lino San Marco, dove c'è, oltre un recente filatojo e unmulino, una fabbrica di coltelleria di Dionigi Carpani,che gode assai credito, massime per certi coltelli da cu-cina.

Caslino ha la sua storia, e il prevosto Carlo Annoni nedettò una dotta Memoria. Ora vi sono altre filande e fi-latoj degli Invernizzi, dei Castelletti, Prina e Mambretti.Bella è la vallata erbosa del comune che sta dietro ilpaese, e dove per una specie di ademprivo, quelli abi-tanti pascolano le capre del cui latte si fanno i cacinisuddetti.

Dalla strada che seguiamo di Canzo, avanzando qual-che passo, ci troviamo ai piedi del colle su cui pompeg-gia Castelmarte.

In attesa che si faccia da Pontelambro la strada più

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Val di Giano. - Caslino e suoi cacini. - Mulino S. Marco. - Fabbri-ca di coltelleria. - Setificî Invernizzi, Castelletti, Prina e Mam-bretti. - Ademprivo. - Castelmarte. - Ville Bertoglio, Parravici-ni, Biondelli. - Fu Castelmarte capo della Martesana? - Ca-strum Martis. - Giunteria archeologica. - Reliquie antiche.

Ritornando per la strada percorsa venendo da Longo-ne, giungendo ora dopo Canzo al bivio che ho già av-vertito nella passata escursione, pigliam la via alla manodestra e presto ci saremo introdotti in una valletta ame-na, che il paesano denomina Val di Giano.

È qui che ci si offre sull'altura a mano destra il paesedi Caslino, che ora fa parlare di sè pe' suoi cacini, e acui si va per una bella strada, presso al luogo detto Mu-lino San Marco, dove c'è, oltre un recente filatojo e unmulino, una fabbrica di coltelleria di Dionigi Carpani,che gode assai credito, massime per certi coltelli da cu-cina.

Caslino ha la sua storia, e il prevosto Carlo Annoni nedettò una dotta Memoria. Ora vi sono altre filande e fi-latoj degli Invernizzi, dei Castelletti, Prina e Mambretti.Bella è la vallata erbosa del comune che sta dietro ilpaese, e dove per una specie di ademprivo, quelli abi-tanti pascolano le capre del cui latte si fanno i cacinisuddetti.

Dalla strada che seguiamo di Canzo, avanzando qual-che passo, ci troviamo ai piedi del colle su cui pompeg-gia Castelmarte.

In attesa che si faccia da Pontelambro la strada più

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Page 325: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ampia e più comoda, come se ne fa ora iniziatorequell'egregio uomo e rinomato operatore chirurgico cheè il dottor cav. Lamberto Parravicini, inerpichiamoci perquesto boscoso declivio.

Non lungo è il cammino, e però presto ci troviamo inmezzo al paese.

Dalle ville degli eredi Bertoglio, del dottor Parravici-ni sullodato, che acquistò il luogo che prima era di donGiulio Ferrario, l'autore del Costume antico e modernodi tutte le nazioni e d'altre opere dotte, non che da quelladel ch. archeologo cav. Bernardino Biondelli si può go-dere il più superbo panorama. Distendesi avanti allosguardo tutto il Pian d'Erba non solo, ma giù giù laBrianza inferiore co' suoi mille paesi e ville; di qui illago d'Alserio, di là quello di Pusiano, poi la lunga lineache segna il corso del Lambro, quindi un confine d'oriz-zonte che si perde nell'azzurro ondeggiante dei monti,che del resto non è difficile scernere e nominare. Unavolta si montava a Castelmarte per ammirare le pitturede' più rinomati artisti moderni nella villa Bertoglio e laraccolta completa di stampe in quella del Ferrario; orainvece la ragione principale di curiosità è nella villa delBiondelli, ove, fra tante pregevoli opere di pittura, discoltura e d'incisione, è degno d'osservazione un gabi-netto tutto di leggiadrie e lavori chinesi.

L'amore che a questi luoghi indusse il dottor cav. Par-ravicini a far sua la villa che fu del Ferrario, fa credereche la ridurrà a quella proprietà e comodità dalla quales'era venuta discostando per l'abbandono in cui per

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ampia e più comoda, come se ne fa ora iniziatorequell'egregio uomo e rinomato operatore chirurgico cheè il dottor cav. Lamberto Parravicini, inerpichiamoci perquesto boscoso declivio.

Non lungo è il cammino, e però presto ci troviamo inmezzo al paese.

Dalle ville degli eredi Bertoglio, del dottor Parravici-ni sullodato, che acquistò il luogo che prima era di donGiulio Ferrario, l'autore del Costume antico e modernodi tutte le nazioni e d'altre opere dotte, non che da quelladel ch. archeologo cav. Bernardino Biondelli si può go-dere il più superbo panorama. Distendesi avanti allosguardo tutto il Pian d'Erba non solo, ma giù giù laBrianza inferiore co' suoi mille paesi e ville; di qui illago d'Alserio, di là quello di Pusiano, poi la lunga lineache segna il corso del Lambro, quindi un confine d'oriz-zonte che si perde nell'azzurro ondeggiante dei monti,che del resto non è difficile scernere e nominare. Unavolta si montava a Castelmarte per ammirare le pitturede' più rinomati artisti moderni nella villa Bertoglio e laraccolta completa di stampe in quella del Ferrario; orainvece la ragione principale di curiosità è nella villa delBiondelli, ove, fra tante pregevoli opere di pittura, discoltura e d'incisione, è degno d'osservazione un gabi-netto tutto di leggiadrie e lavori chinesi.

L'amore che a questi luoghi indusse il dottor cav. Par-ravicini a far sua la villa che fu del Ferrario, fa credereche la ridurrà a quella proprietà e comodità dalla quales'era venuta discostando per l'abbandono in cui per

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Page 326: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

tant'anni s'era da eredi e da acquirenti lasciata.In quanto al paese, che dire? Dell'antico non avrei a

ripetere che ciò che sembra una favola, perchè nulla nul-la si ha che autorizzi a crederla una verità, che Castel-marte, cioè, sia stato il capoluogo della Martesana, chesi sa comprendere molte pievi. Chi lo affermò non loprovò, nè mi fermerò oltre su questa maggiore impor-tanza che a questa minima terra si vorrebbe aggiungere,cui solo dal nome (Castrum Martis) puossi a maggiorragione arguire che fosse un dì una rôcca e che vi avesseculto speciale Marte, il Dio della guerra. La sua eccelsaposizione rendevala propria a vedetta militare ed a luo-go di difesa.

Quanto piglierebbesi volontieri per le orecchiequell'inventore di fatti e glorie storiche, che, cancellan-do l'iscrizione della pietra che si vede incastrata nelmuro esterno della parte posteriore della chiesa, e cheforse un giorno avrà coperto una sepoltura, vi sostituì laseguente menzogna:

D. O. M.Ugone Franc. Functo

Esecrandi hostisAerumnis Ecclesiæ

Ineundo belloHierosolyma red.Ucitur jam Nicea

Nicomedia AntiochiaBisantio Vanei Fin.

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tant'anni s'era da eredi e da acquirenti lasciata.In quanto al paese, che dire? Dell'antico non avrei a

ripetere che ciò che sembra una favola, perchè nulla nul-la si ha che autorizzi a crederla una verità, che Castel-marte, cioè, sia stato il capoluogo della Martesana, chesi sa comprendere molte pievi. Chi lo affermò non loprovò, nè mi fermerò oltre su questa maggiore impor-tanza che a questa minima terra si vorrebbe aggiungere,cui solo dal nome (Castrum Martis) puossi a maggiorragione arguire che fosse un dì una rôcca e che vi avesseculto speciale Marte, il Dio della guerra. La sua eccelsaposizione rendevala propria a vedetta militare ed a luo-go di difesa.

Quanto piglierebbesi volontieri per le orecchiequell'inventore di fatti e glorie storiche, che, cancellan-do l'iscrizione della pietra che si vede incastrata nelmuro esterno della parte posteriore della chiesa, e cheforse un giorno avrà coperto una sepoltura, vi sostituì laseguente menzogna:

D. O. M.Ugone Franc. Functo

Esecrandi hostisAerumnis Ecclesiæ

Ineundo belloHierosolyma red.Ucitur jam Nicea

Nicomedia AntiochiaBisantio Vanei Fin.

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Page 327: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Boemon Tane. Bald. Redeun. Trand. com.

Goffredus regensPalestina gloria

Onusto mortuo inSanguine patriæOssibus restitutis

Ubaldo PrinæDuci fido socioRinaldo Estensi

Ferrariensi principi.M

È facile accorgersi dal dirsi l'Ubaldo Prina fido com-pagno del Rinaldo da Casa d'Este, personaggio imagina-rio della Gerusalemme liberata del Tasso, come ancheesso Ubaldo sia figlio della fantasia e della boria diqualche Prina, de' quali abbondano questi paesi, e che acostui sia entrato il matto pensiero di giuntare gli ar-cheologi dell'avvenire e farsene beffa, per altro non dibuon genere.

Piuttosto segnalerò l'esistenza di altri avanzi antichiincastrati nei muri esterni della detta chiesa parrocchia-le, fra cui, sopra la porta interna del campanile, un leonein bassorilievo e due tirsi per istipiti di essa porta, poinell'alto del campanile un busto di donna frammezzo adue d'uomini, con sotto alcune parole che si lesseroMa.... conisi maximus e che appajono di colore oscuro.

Visto Castelmarte, fra le case Bertoglio e Parravicini

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Boemon Tane. Bald. Redeun. Trand. com.

Goffredus regensPalestina gloria

Onusto mortuo inSanguine patriæOssibus restitutis

Ubaldo PrinæDuci fido socioRinaldo Estensi

Ferrariensi principi.M

È facile accorgersi dal dirsi l'Ubaldo Prina fido com-pagno del Rinaldo da Casa d'Este, personaggio imagina-rio della Gerusalemme liberata del Tasso, come ancheesso Ubaldo sia figlio della fantasia e della boria diqualche Prina, de' quali abbondano questi paesi, e che acostui sia entrato il matto pensiero di giuntare gli ar-cheologi dell'avvenire e farsene beffa, per altro non dibuon genere.

Piuttosto segnalerò l'esistenza di altri avanzi antichiincastrati nei muri esterni della detta chiesa parrocchia-le, fra cui, sopra la porta interna del campanile, un leonein bassorilievo e due tirsi per istipiti di essa porta, poinell'alto del campanile un busto di donna frammezzo adue d'uomini, con sotto alcune parole che si lesseroMa.... conisi maximus e che appajono di colore oscuro.

Visto Castelmarte, fra le case Bertoglio e Parravicini

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Page 328: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

evvi una stradicciuola che ci porta ad una stradetta oscala di ben quattrocento scaglioni a più riparti, per iquali, a guadagno di tempo, mettiamoci noi per condurcia Mazonio e Ponte, cui è destinata la ventura nostraescursione.

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evvi una stradicciuola che ci porta ad una stradetta oscala di ben quattrocento scaglioni a più riparti, per iquali, a guadagno di tempo, mettiamoci noi per condurcia Mazonio e Ponte, cui è destinata la ventura nostraescursione.

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Page 329: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE TRENTESIMASECONDA.PONTELAMBRO.

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ESCURSIONE TRENTESIMASECONDA.PONTELAMBRO.

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Page 330: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Mazonio. - La sua chiesa - Il pittor Ferrabini. - La Fusina. - Fila-toio Ohli. - Zocco Romano. - Zocco Battista. - La Bistonda. -L'annegato. - Pontelambro. - Case Guaita e Carpani. - Una la-pide nel Camposanto. - Filatojo Bressi. - Villa Matilde. - LaPlejade de' poeti politici moderni, sonetti. - Affresco luinescodistrutto. - Villa Carpani. - Lezza. - Carpesino. - Arcellasco. -Resica. - Filatoj Ronchetti e Mambretti. - Brugora.

Scesi i quattrocento gradini della scala di Castelmar-te, eccoci sulla via che ne adduce a Mazonio, gruppo diquattro case da contadini, a capo delle quali è la chiesadella parrocchia, che comprende, oltre Mazonio, Ponte,Lezza e Carpesino.

La chiesa è bella, architettata da Simone Cantoni,sebbene non abbia ancora compiuta la facciata. Non haquadri di valore, dove eccettui una tela del milaneseGiuseppe Sogni raffigurante Sant'Anna. I freschi lateraliall'altare sarebbero stati rinnovati da Pietro Ferrabini daLodi, prospettico e frescante eccellente della scuola delcelebre Sanquirico; ma mentre attendeva a disegnarne icartoni e ad un tempo frescava la chiesa a Rancio diLecco, cadeva da un ponte eretto nella chiesa, colpito daapoplessia. La posizione della chiesa di Ponte è piutto-sto alta, e dal suo piazzaletto si ha un'allegra vista. Daquesto si discende per una lunga scalea cordonata. Vol-gendo a destra, si va a Caslino, incominciando la via amontare.

La Fusina è un cascinale, ove è cartiera, molino e tor-chio, che si presenta da questa parte dopo una casa in-

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Mazonio. - La sua chiesa - Il pittor Ferrabini. - La Fusina. - Fila-toio Ohli. - Zocco Romano. - Zocco Battista. - La Bistonda. -L'annegato. - Pontelambro. - Case Guaita e Carpani. - Una la-pide nel Camposanto. - Filatojo Bressi. - Villa Matilde. - LaPlejade de' poeti politici moderni, sonetti. - Affresco luinescodistrutto. - Villa Carpani. - Lezza. - Carpesino. - Arcellasco. -Resica. - Filatoj Ronchetti e Mambretti. - Brugora.

Scesi i quattrocento gradini della scala di Castelmar-te, eccoci sulla via che ne adduce a Mazonio, gruppo diquattro case da contadini, a capo delle quali è la chiesadella parrocchia, che comprende, oltre Mazonio, Ponte,Lezza e Carpesino.

La chiesa è bella, architettata da Simone Cantoni,sebbene non abbia ancora compiuta la facciata. Non haquadri di valore, dove eccettui una tela del milaneseGiuseppe Sogni raffigurante Sant'Anna. I freschi lateraliall'altare sarebbero stati rinnovati da Pietro Ferrabini daLodi, prospettico e frescante eccellente della scuola delcelebre Sanquirico; ma mentre attendeva a disegnarne icartoni e ad un tempo frescava la chiesa a Rancio diLecco, cadeva da un ponte eretto nella chiesa, colpito daapoplessia. La posizione della chiesa di Ponte è piutto-sto alta, e dal suo piazzaletto si ha un'allegra vista. Daquesto si discende per una lunga scalea cordonata. Vol-gendo a destra, si va a Caslino, incominciando la via amontare.

La Fusina è un cascinale, ove è cartiera, molino e tor-chio, che si presenta da questa parte dopo una casa in-

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Page 331: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

compiuta che siede su d'una specie di dosso, che sarebbebuon sito a casa di campagna, se non fosse signoreggia-ta dal vento, ma che non toglie sia nomata Bel Dosso.Fuor del cascinale, il Lambro ha il suo letto sassoso, e ilpiù spesso con poc'acqua, sì che si passa a guado, tutt'alpiù facendo appoggio al piede di qualche ciottolo piùgrosso.

È qui che dirompendosi il letto del torrente nella roc-cia del suolo lascia scoperto il fondo granitico, e l'acqua,raccogliendosi in un canale, va più rapida a mettere inmovimento il bello stabilimento di filatura di seta del si-gnor Ohli, condotto con tutta l'intelligenza e proprietàd'un vero prussiano, com'egli è. Questo punto chiamasiil Zocco Romano; ma perchè così si chiami non lo chie-dete: nè io, nè quei del paese ve lo sapremmo dire. Cer-to è di una sua propria alpestre bellezza il luogo. Varca-to il Lambro, s'entra come in una selva, dove, a manomanca, da un dirupo scende lungo la nuda roccia unavena sottile d'acqua che forma bacino, d'onde esce un ri-volo, e il romantico sito è designato col poco romanticonome di Zocco Battista. Migliore è la cascata che aqualche centinaio di passi di distanza, a mano destra, siprecipita da un'altezza di forse una sessantina di metridentro un bacino assai più vasto e profondo e che s'inca-verna di sotto il masso, e vien detta la Bistonda. Poeticoè il ritrovo e quasi incamerata appare la cascata, e il rag-gio di sole che vi penetra vi si rifrange bellamente. Nar-rasi d'un garzone che venuto a bagnarsi in quest'acquafreschissima, inoltrando di troppo, vi sarebbe perito. Un

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compiuta che siede su d'una specie di dosso, che sarebbebuon sito a casa di campagna, se non fosse signoreggia-ta dal vento, ma che non toglie sia nomata Bel Dosso.Fuor del cascinale, il Lambro ha il suo letto sassoso, e ilpiù spesso con poc'acqua, sì che si passa a guado, tutt'alpiù facendo appoggio al piede di qualche ciottolo piùgrosso.

È qui che dirompendosi il letto del torrente nella roc-cia del suolo lascia scoperto il fondo granitico, e l'acqua,raccogliendosi in un canale, va più rapida a mettere inmovimento il bello stabilimento di filatura di seta del si-gnor Ohli, condotto con tutta l'intelligenza e proprietàd'un vero prussiano, com'egli è. Questo punto chiamasiil Zocco Romano; ma perchè così si chiami non lo chie-dete: nè io, nè quei del paese ve lo sapremmo dire. Cer-to è di una sua propria alpestre bellezza il luogo. Varca-to il Lambro, s'entra come in una selva, dove, a manomanca, da un dirupo scende lungo la nuda roccia unavena sottile d'acqua che forma bacino, d'onde esce un ri-volo, e il romantico sito è designato col poco romanticonome di Zocco Battista. Migliore è la cascata che aqualche centinaio di passi di distanza, a mano destra, siprecipita da un'altezza di forse una sessantina di metridentro un bacino assai più vasto e profondo e che s'inca-verna di sotto il masso, e vien detta la Bistonda. Poeticoè il ritrovo e quasi incamerata appare la cascata, e il rag-gio di sole che vi penetra vi si rifrange bellamente. Nar-rasi d'un garzone che venuto a bagnarsi in quest'acquafreschissima, inoltrando di troppo, vi sarebbe perito. Un

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Page 332: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

poeta sentimentale vi troverebbe il soggetto d'un amoredi Ondina, cui il nuzial talamo sarebbero state le lianedella roccia galleggianti sulla superficie del limpido la-ghetto.

Tutto questo tratto solitario che s'addossa al monte,alla metà del quale corre l'alpestre via che da Caslinoguida a Pontelambro, fiancheggiata da un rigagnolo chelascia parte delle sue linfe acciò si gittino a dar vaghez-za al paesaggio in spumeggianti cascate, è d'una silve-stre bellezza, e le ombre che presta giovano d'assai nellaestiva calura.

Or ritorneremo sui nostri passi, e dalla scalea dellachiesa volgiamo all'opposto lato che or percorremmoper entrare in Ponte. A distinguerlo da Ponte di Valtelli-na gli si aggiunse il nome del fiume sulla cui spondasiede e che qui lo attraversa con un ponte, da cui certo ilpaese si nominò, e che è di un bello e ardito arco ristau-rato in questi ultimi tempi, rendendosene più facilel'accesso col diminuirne la pendenza verso il paese; ilquale va ognor più allargando la sua via principale chegli corre in mezzo, a scemare i pericoli de' rotanti nelloscambio ed a rinsanire ognor più le abitazioni. Conti-nuandosi nelle migliorie, di cui vuol darsi lode al giàsuo sindaco, il cav. Giuseppe Guaita, che per esse af-frontò ben anco l'impopolarità, è a sperare che spariscala brutta fama guadagnatasi dal paese, che passa per es-sere copioso di gozzuti, che per altro io non vidi mai.

Oltre la casa del predetto signor Guaita, ve n'ha purealtra signorile del signor Cesare Carpani, al quale molto

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poeta sentimentale vi troverebbe il soggetto d'un amoredi Ondina, cui il nuzial talamo sarebbero state le lianedella roccia galleggianti sulla superficie del limpido la-ghetto.

Tutto questo tratto solitario che s'addossa al monte,alla metà del quale corre l'alpestre via che da Caslinoguida a Pontelambro, fiancheggiata da un rigagnolo chelascia parte delle sue linfe acciò si gittino a dar vaghez-za al paesaggio in spumeggianti cascate, è d'una silve-stre bellezza, e le ombre che presta giovano d'assai nellaestiva calura.

Or ritorneremo sui nostri passi, e dalla scalea dellachiesa volgiamo all'opposto lato che or percorremmoper entrare in Ponte. A distinguerlo da Ponte di Valtelli-na gli si aggiunse il nome del fiume sulla cui spondasiede e che qui lo attraversa con un ponte, da cui certo ilpaese si nominò, e che è di un bello e ardito arco ristau-rato in questi ultimi tempi, rendendosene più facilel'accesso col diminuirne la pendenza verso il paese; ilquale va ognor più allargando la sua via principale chegli corre in mezzo, a scemare i pericoli de' rotanti nelloscambio ed a rinsanire ognor più le abitazioni. Conti-nuandosi nelle migliorie, di cui vuol darsi lode al giàsuo sindaco, il cav. Giuseppe Guaita, che per esse af-frontò ben anco l'impopolarità, è a sperare che spariscala brutta fama guadagnatasi dal paese, che passa per es-sere copioso di gozzuti, che per altro io non vidi mai.

Oltre la casa del predetto signor Guaita, ve n'ha purealtra signorile del signor Cesare Carpani, al quale molto

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Page 333: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

è debitore il paese per aver concesso che da' suoi fondisi derivasse l'acqua eccellente della quale è ora abbon-devolmente fornito; ed altra casa della signora ErminiaCarpani. Dalla prima si gode il prospetto severo dellavallata di Caslino, degna dello studio e del pennello d'unartista. Qui infatti venivano negli anni scorsi e lo Stefanie il De Albertis e il Castoldi, che nell'autunno del passa-to 1871 vi perdette la buona e affettuosa moglie. Nelcamposanto vi fu da lui collocato il monumento, pelquale io dettai, a memoria della egregia donna, la se-guente iscrizione:

A Giovanna Castoldi-VillaChe dalla natia Milano

Venuta invano a chiedereAlla purezza di questo aere

I consueti confortiVi moriva addì XVI ottobre MDCCCLXXI

Il marito Guglielmo Castoldi pittoreE i giovanetti figli Romeo e Cesare

Seco portando ovunqueLa santa memoria di sue miti virtù

QuiDove ne deposero inconsolabili le spoglie

P. Q. P.

Presso il ponte e lungo il fiume sorge lo stabilimentoa filatojo di seta già del Bonsignori, ora del Bressi; e anotte, allorquando vi si lavora, quelle tante finestre illu-minate in quell'avvallamento in cui si trova servono difantastico effetto alla villa Carpani ed alla villa Matilde,

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è debitore il paese per aver concesso che da' suoi fondisi derivasse l'acqua eccellente della quale è ora abbon-devolmente fornito; ed altra casa della signora ErminiaCarpani. Dalla prima si gode il prospetto severo dellavallata di Caslino, degna dello studio e del pennello d'unartista. Qui infatti venivano negli anni scorsi e lo Stefanie il De Albertis e il Castoldi, che nell'autunno del passa-to 1871 vi perdette la buona e affettuosa moglie. Nelcamposanto vi fu da lui collocato il monumento, pelquale io dettai, a memoria della egregia donna, la se-guente iscrizione:

A Giovanna Castoldi-VillaChe dalla natia Milano

Venuta invano a chiedereAlla purezza di questo aere

I consueti confortiVi moriva addì XVI ottobre MDCCCLXXI

Il marito Guglielmo Castoldi pittoreE i giovanetti figli Romeo e Cesare

Seco portando ovunqueLa santa memoria di sue miti virtù

QuiDove ne deposero inconsolabili le spoglie

P. Q. P.

Presso il ponte e lungo il fiume sorge lo stabilimentoa filatojo di seta già del Bonsignori, ora del Bressi; e anotte, allorquando vi si lavora, quelle tante finestre illu-minate in quell'avvallamento in cui si trova servono difantastico effetto alla villa Carpani ed alla villa Matilde,

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Page 334: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

che stanno sulla sponda opposta, le quali s'uniscono aivoti delle case Cesare Carpani e Guaita, perchè il cami-no del vapore venga alzato e sia tolto l'incomodo fumo eil puzzo che in densa colonna si svolgono da esso.

Nella primavera del 1863 io era ospite del signor Car-lo Carpani, e nel passare questo ponte, rivolgendomi adammirare la pittoresca scena del Lambro dalla parte ap-punto di Caslino, meravigliavo come mai nessuno aves-se mai pensato a tramutare in villa il brutto casolare ches'ascondeva tra i peschi e mille altre piante; perocchè lapostura fosse fra le più invidiabili, essendo su facilepoggio, avente a ridosso la montagna boscosa che gliserviva di sfondo magnifico, e al piede gli si sprofonda-va il Lambro col più pittoresco effetto; e sì mi invaghiidell'idea, che in breve ora ne conchiusi per me l'acqui-sto, e nel successivo anno s'elevava già su quell'eminen-za la piccola mia villa, cui, in omaggio alla mia sposa,imponevo il nome di villa Matilde.

Perdonerà il lettore, se l'affetto ch'io porto a questologhicciuolo, al quale ebbi la presunzione d'essere iomedesimo architetto, mi trasse qui a fornirgli il riscontrodi sua veduta; nè poi, permettendo ch'io dica dell'operamia, concederà che ne parli, togliendo alcuni brani daun'appendice a stampa del giornale La Fama, di quelmio dotto e dilettissimo amico che è Pietro Cominazzi, eche egli riprodusse a parte nell'accompagnarmi sette so-netti ad illustrazione di altrettanti medaglioni di marmode' quali decorai, per un mio concetto patriottico e lette-rario ad un tempo, la terrena sala.

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che stanno sulla sponda opposta, le quali s'uniscono aivoti delle case Cesare Carpani e Guaita, perchè il cami-no del vapore venga alzato e sia tolto l'incomodo fumo eil puzzo che in densa colonna si svolgono da esso.

Nella primavera del 1863 io era ospite del signor Car-lo Carpani, e nel passare questo ponte, rivolgendomi adammirare la pittoresca scena del Lambro dalla parte ap-punto di Caslino, meravigliavo come mai nessuno aves-se mai pensato a tramutare in villa il brutto casolare ches'ascondeva tra i peschi e mille altre piante; perocchè lapostura fosse fra le più invidiabili, essendo su facilepoggio, avente a ridosso la montagna boscosa che gliserviva di sfondo magnifico, e al piede gli si sprofonda-va il Lambro col più pittoresco effetto; e sì mi invaghiidell'idea, che in breve ora ne conchiusi per me l'acqui-sto, e nel successivo anno s'elevava già su quell'eminen-za la piccola mia villa, cui, in omaggio alla mia sposa,imponevo il nome di villa Matilde.

Perdonerà il lettore, se l'affetto ch'io porto a questologhicciuolo, al quale ebbi la presunzione d'essere iomedesimo architetto, mi trasse qui a fornirgli il riscontrodi sua veduta; nè poi, permettendo ch'io dica dell'operamia, concederà che ne parli, togliendo alcuni brani daun'appendice a stampa del giornale La Fama, di quelmio dotto e dilettissimo amico che è Pietro Cominazzi, eche egli riprodusse a parte nell'accompagnarmi sette so-netti ad illustrazione di altrettanti medaglioni di marmode' quali decorai, per un mio concetto patriottico e lette-rario ad un tempo, la terrena sala.

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Page 335: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

"E poichè parlasi del Pian d'Erba non vuole chi tradu-ce33 lasciarsi sfuggire il destro di ricordare la Villa Ma-tilde, proprietà dello scrittore di queste lettere, un Casi-no Svizzero che, quasi grazioso nido d'augelli, si addos-sa al monte di San Salvatore non lungi dalle scaturiginidel Lambro e sovrasta al popoloso ed industre borgo diPonte. Coll'intuizione del poeta, il Curti scoperse quelsito, sebbene nascosto tra fittissime piante, e coll'inge-gno dell'artista architetto il cangiò da umile abituro inleggiadra dimora, non angusta, ma comodissima, sebbe-ne ristretta, togliendo ai massi della montagna lo spazioche facea d'uopo ad ampliarla ed a compierne la salitaed il giardino. L'amore alle arti, che il guidò nell'operabella e sagace, e diresse ogni cosa dalle bisogne più ri-cercate alle più umili, il trasse ad arricchire l'amenissi-mo soggiorno di squisiti dipinti e di pregiate scolture,sette delle quali, a bella posta trattate in medaglioni concui adornar si piacque un'ampia sala, recano, effigiatedallo scalpello del Tantardini, del Magni e del Buzzi-Leone, le sembianze dell'Alfieri, del Monti, del Foscolo,del Parini, del Niccolini, del Leopardi e del Giusti; oltreun bel gruppo di Giovanni Cabialia, cresciuto alla scuo-la di P. Marchesi. Una copiosa biblioteca conforta, neiriposi del corpo, lo spirito del Poeta, lo ristora delle assi-due ed onorate fatiche del Foro e del Parlamento, e gio-va a rinvigorire la memoria dell'erudito, che da quel suo

33 Il mio amico Cominazzi aveva tradotte pel suo giornale due mie lettere fran-cesi ch'io aveva dettate per le Matinées Italiennes, che si stampavano in Firen-ze.

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"E poichè parlasi del Pian d'Erba non vuole chi tradu-ce33 lasciarsi sfuggire il destro di ricordare la Villa Ma-tilde, proprietà dello scrittore di queste lettere, un Casi-no Svizzero che, quasi grazioso nido d'augelli, si addos-sa al monte di San Salvatore non lungi dalle scaturiginidel Lambro e sovrasta al popoloso ed industre borgo diPonte. Coll'intuizione del poeta, il Curti scoperse quelsito, sebbene nascosto tra fittissime piante, e coll'inge-gno dell'artista architetto il cangiò da umile abituro inleggiadra dimora, non angusta, ma comodissima, sebbe-ne ristretta, togliendo ai massi della montagna lo spazioche facea d'uopo ad ampliarla ed a compierne la salitaed il giardino. L'amore alle arti, che il guidò nell'operabella e sagace, e diresse ogni cosa dalle bisogne più ri-cercate alle più umili, il trasse ad arricchire l'amenissi-mo soggiorno di squisiti dipinti e di pregiate scolture,sette delle quali, a bella posta trattate in medaglioni concui adornar si piacque un'ampia sala, recano, effigiatedallo scalpello del Tantardini, del Magni e del Buzzi-Leone, le sembianze dell'Alfieri, del Monti, del Foscolo,del Parini, del Niccolini, del Leopardi e del Giusti; oltreun bel gruppo di Giovanni Cabialia, cresciuto alla scuo-la di P. Marchesi. Una copiosa biblioteca conforta, neiriposi del corpo, lo spirito del Poeta, lo ristora delle assi-due ed onorate fatiche del Foro e del Parlamento, e gio-va a rinvigorire la memoria dell'erudito, che da quel suo

33 Il mio amico Cominazzi aveva tradotte pel suo giornale due mie lettere fran-cesi ch'io aveva dettate per le Matinées Italiennes, che si stampavano in Firen-ze.

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Page 336: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

tranquillo e beato asilo scopre ne' villaggi circostanti legrandi orme del Popolo Re. Fra i molti dipinti primeg-giano un Salvator Rosa, un Maratti ed un Poussin, e re-cano fede del buon gusto e dell'amore del Curti allo stileclassico ed immortale, e fra le opere moderne ha i primionori un bel ritratto di donna, di Cesare Poggi e una bel-la tela del Castoldi, testè ammirata alla pubblica mostranel Palazzo di Brera, nella quale si raccoglie e compene-tra il bello per arte e per natura, esternamente visibile,della villa che abbiamo in guisa rapida e succinta imper-fettamente descritta."

Più tardi, cioè nell'agosto 1870, il medesimo Comi-nazzi, regalandomi d'una sua pubblicazione Plejade deiPoeti Politici Italiani moderni, medaglioni in marmonella villa Matilde34, ristampando la lettera suddetta, visoggiungeva:

"Ora risalutando la villa e le sembianze dei Poeti, Ple-jade gloriosa da te riunita a ricordo di quegli illustri chefecero famosa ai nostri giorni o poco addietro nel politi-co arringo l'età che viviamo, pensai di tributare a cia-scheduno di loro, col mio povero verso, l'omaggio di chisente e non dimentica,

VITTORIO ALFIERI.Dello scultore cav. Pietro Magni.

Onta e sprezzo a colui che te maestro,Te non saluta libero poeta,

34 Milano, Tip. Guglielmini.

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tranquillo e beato asilo scopre ne' villaggi circostanti legrandi orme del Popolo Re. Fra i molti dipinti primeg-giano un Salvator Rosa, un Maratti ed un Poussin, e re-cano fede del buon gusto e dell'amore del Curti allo stileclassico ed immortale, e fra le opere moderne ha i primionori un bel ritratto di donna, di Cesare Poggi e una bel-la tela del Castoldi, testè ammirata alla pubblica mostranel Palazzo di Brera, nella quale si raccoglie e compene-tra il bello per arte e per natura, esternamente visibile,della villa che abbiamo in guisa rapida e succinta imper-fettamente descritta."

Più tardi, cioè nell'agosto 1870, il medesimo Comi-nazzi, regalandomi d'una sua pubblicazione Plejade deiPoeti Politici Italiani moderni, medaglioni in marmonella villa Matilde34, ristampando la lettera suddetta, visoggiungeva:

"Ora risalutando la villa e le sembianze dei Poeti, Ple-jade gloriosa da te riunita a ricordo di quegli illustri chefecero famosa ai nostri giorni o poco addietro nel politi-co arringo l'età che viviamo, pensai di tributare a cia-scheduno di loro, col mio povero verso, l'omaggio di chisente e non dimentica,

VITTORIO ALFIERI.Dello scultore cav. Pietro Magni.

Onta e sprezzo a colui che te maestro,Te non saluta libero poeta,

34 Milano, Tip. Guglielmini.

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Page 337: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

E nell'opra del tuo terribil estroL'ingegno reverente non accheta!

Tu per cammino al cieco volgo alpestroTraevi ardito a generosa meta,E noi guidavi, tu vigile e destro,Al raggio singolar del tuo Pianeta:

Di LIBERTÀ il Pianeta, e di quel lume,- Fiaccola ai vivi, eterna gloria ai morti, -Inconsumabil fiamma è il tuo volume.

Or che stupir se Libertà tralignaQuando Italia, non più popol di forti,Al suo grande Astigian fatta è matrigna!

GIUSEPPE PARINI.Dello stesso.

A te del vizio correttor sagace,Gentil cantor del nobile Mattino,Cui diede amico il Ciel del VenosinoArguzia, grazia, fantasia ferace;

A te la moda, petulante, audace,Fronda non tolse dell'allôr divino;Chè fra l'ira di parte è tuo destinoAgli avversi vessilli intimar pace.

Tu l'aureo stil, le immagini venusteChiedi al passato e del saver la fonte,Chiedi alla nuova età le idee robuste.

Così d'Arte sovrana il magisteroStringe, di tempo e d'uom sfidando l'onte,In connubio immortale il Bello e il Vero.

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E nell'opra del tuo terribil estroL'ingegno reverente non accheta!

Tu per cammino al cieco volgo alpestroTraevi ardito a generosa meta,E noi guidavi, tu vigile e destro,Al raggio singolar del tuo Pianeta:

Di LIBERTÀ il Pianeta, e di quel lume,- Fiaccola ai vivi, eterna gloria ai morti, -Inconsumabil fiamma è il tuo volume.

Or che stupir se Libertà tralignaQuando Italia, non più popol di forti,Al suo grande Astigian fatta è matrigna!

GIUSEPPE PARINI.Dello stesso.

A te del vizio correttor sagace,Gentil cantor del nobile Mattino,Cui diede amico il Ciel del VenosinoArguzia, grazia, fantasia ferace;

A te la moda, petulante, audace,Fronda non tolse dell'allôr divino;Chè fra l'ira di parte è tuo destinoAgli avversi vessilli intimar pace.

Tu l'aureo stil, le immagini venusteChiedi al passato e del saver la fonte,Chiedi alla nuova età le idee robuste.

Così d'Arte sovrana il magisteroStringe, di tempo e d'uom sfidando l'onte,In connubio immortale il Bello e il Vero.

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Page 338: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

VINCENZO MONTI.Dello scultore cav. Antonio Tantardini.Solo una volta il vidi, e ancor mi suona

Dentro la mente quella voce amica:Non può l'età, che pur nulla perdona,La sacra cancellar memoria antica:

Che splendida risorge e par mi dicaNell'immagine sua: "Fa core e tuonaContro una gente, che al ben far nimica,Coll'insulto e l'oblio mi guiderdona.

Me cantor di Prometeo e di Bassville,Redivivo Allighier me plaudía Roma,Chè in quel Sol fisse io primo ho le pupille.

Per me, per me nell'italo idïomaMen famosa non è l'ira d'Achille....Or si nieghi l'alloro alla mia chioma!"

UGO FOSCOLO.Dello scultore Luigi Buzzi-Leone.

Spirto inquieto, indomito, iracondo,Dei mali altrui più che de' tuoi profeta,Disdegnoso degli uomini, profondoCritico e pensator, divin poeta:

Ond'è che il verso, onde il tuo stil fecondoD'una tant'aura popolar si allieta?Ond'è che tu, forse ad altrui secondo,Della gloria primier tocchi la meta?

Libertà e Patria, che un amor congiunse,- E di lor sole poche menti han sazie, -

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VINCENZO MONTI.Dello scultore cav. Antonio Tantardini.Solo una volta il vidi, e ancor mi suona

Dentro la mente quella voce amica:Non può l'età, che pur nulla perdona,La sacra cancellar memoria antica:

Che splendida risorge e par mi dicaNell'immagine sua: "Fa core e tuonaContro una gente, che al ben far nimica,Coll'insulto e l'oblio mi guiderdona.

Me cantor di Prometeo e di Bassville,Redivivo Allighier me plaudía Roma,Chè in quel Sol fisse io primo ho le pupille.

Per me, per me nell'italo idïomaMen famosa non è l'ira d'Achille....Or si nieghi l'alloro alla mia chioma!"

UGO FOSCOLO.Dello scultore Luigi Buzzi-Leone.

Spirto inquieto, indomito, iracondo,Dei mali altrui più che de' tuoi profeta,Disdegnoso degli uomini, profondoCritico e pensator, divin poeta:

Ond'è che il verso, onde il tuo stil fecondoD'una tant'aura popolar si allieta?Ond'è che tu, forse ad altrui secondo,Della gloria primier tocchi la meta?

Libertà e Patria, che un amor congiunse,- E di lor sole poche menti han sazie, -

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Page 339: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Le magnanime idee t'ebber dischiuse.Quando sull'urna tua scrisser le Muse:

"Al Cantor de' Sepolcri e delle Grazie," -"Alla Fede immutata" Italia aggiunse.

GIAN. BATT. NICCOLINI.Dello scultore cav. Antonio Tantardini.Veglio, che pensi? Dal sembiante austero

Quanta spirar profetic'aura io miro,L'aura che un tempo all'italo deliroL'altrui scoverse menzogner pensiero?

"Non credete a costei!35 Sogna l'impero,Sogna e cova nel petto onta e raggiro:A Libertà, dei Popoli sospiro,Può il varco aprir la cattedra di Piero?"

E il ver dicevi, o generoso Vate;Colei tradiva, e lo stranier ribaldoRibadia le catene a Libertate.

Col verso intanto vigoroso e caldo- Tremendo esempio alla più tarda etate -Tu evocavi la grande ombra di Arnaldo.

GIACOMO LEOPARDI.Del medesimo.

Sofo e Poeta, Te l'Italia inchinaSublime ingegno, e non bugiarda famaDi tre favelle imperador ti chiama,E tre corone al tuo capo destina.

35 La Corte di Roma.

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Le magnanime idee t'ebber dischiuse.Quando sull'urna tua scrisser le Muse:

"Al Cantor de' Sepolcri e delle Grazie," -"Alla Fede immutata" Italia aggiunse.

GIAN. BATT. NICCOLINI.Dello scultore cav. Antonio Tantardini.Veglio, che pensi? Dal sembiante austero

Quanta spirar profetic'aura io miro,L'aura che un tempo all'italo deliroL'altrui scoverse menzogner pensiero?

"Non credete a costei!35 Sogna l'impero,Sogna e cova nel petto onta e raggiro:A Libertà, dei Popoli sospiro,Può il varco aprir la cattedra di Piero?"

E il ver dicevi, o generoso Vate;Colei tradiva, e lo stranier ribaldoRibadia le catene a Libertate.

Col verso intanto vigoroso e caldo- Tremendo esempio alla più tarda etate -Tu evocavi la grande ombra di Arnaldo.

GIACOMO LEOPARDI.Del medesimo.

Sofo e Poeta, Te l'Italia inchinaSublime ingegno, e non bugiarda famaDi tre favelle imperador ti chiama,E tre corone al tuo capo destina.

35 La Corte di Roma.

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Page 340: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Di Libertà, che indocile si ostinaSpezzare i ceppi della patria grama,Svegli nei cor la generosa bramaColla splendida tua mente indovina.

Ecco, libera Italia, ed i nepotiAlzare i marmi al Ghibellin sdegnoso,Che scopria del futuro i mondi ignoti.

Ma l'opra è monca... e Tu dal tuo riposoSorgi e un inerte popolo riscuoti,Ad osar pronto ed a compir ritroso.

GIUSEPPE GIUSTI.Dello scultore cav. P. Magni.

D'Archiloco lo strale e d'AristarcoIl flagello tu vibri acre, temuto,E collo stil sprezzatamente argutoFacile t'apri agli intelletti il varco.

Se il colpo aggiusta l'infallibil arco,Punge e vellica a un tempo il ferro acuto,Chè tu mai non obblii, prudente e astuto,D'ammonir dilettando il doppio incarco.

Come, o Cantor di Gingillino, il verso,Che dal semplice trae forma e vaghezza,Nella mente s'addentra e vi si chiude!

Tal che il tuo dir, sì dall'altrui diverso,Più volontier s'ascolta, e più s'apprezza,Quanto si mostra men, la sua virtude.

Su Ponte, sotto l'arco presso la casa de' Bonsignori,ora Bressi, eravi un fresco, riconosciuto come indubbia-

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Di Libertà, che indocile si ostinaSpezzare i ceppi della patria grama,Svegli nei cor la generosa bramaColla splendida tua mente indovina.

Ecco, libera Italia, ed i nepotiAlzare i marmi al Ghibellin sdegnoso,Che scopria del futuro i mondi ignoti.

Ma l'opra è monca... e Tu dal tuo riposoSorgi e un inerte popolo riscuoti,Ad osar pronto ed a compir ritroso.

GIUSEPPE GIUSTI.Dello scultore cav. P. Magni.

D'Archiloco lo strale e d'AristarcoIl flagello tu vibri acre, temuto,E collo stil sprezzatamente argutoFacile t'apri agli intelletti il varco.

Se il colpo aggiusta l'infallibil arco,Punge e vellica a un tempo il ferro acuto,Chè tu mai non obblii, prudente e astuto,D'ammonir dilettando il doppio incarco.

Come, o Cantor di Gingillino, il verso,Che dal semplice trae forma e vaghezza,Nella mente s'addentra e vi si chiude!

Tal che il tuo dir, sì dall'altrui diverso,Più volontier s'ascolta, e più s'apprezza,Quanto si mostra men, la sua virtude.

Su Ponte, sotto l'arco presso la casa de' Bonsignori,ora Bressi, eravi un fresco, riconosciuto come indubbia-

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Page 341: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

mente di Bernardino Luini; ma con imperdonabile incu-ria di tutti, abbandonato alle ingiurie del tempo e dellestagioni, in questi ultimi anni deperì e si scrostò talmen-te, che l'ultimo resto, fattovi sparire dal signor Bressi,non gli può essere ascritto a colpa.

Ora non lasceremo Pontelambro senza ascendere lavicina e magnifica villa del signor Luigi Carpani, chel'eredò dal padre Carlo, e che fu già architettata dal Mo-raglia, con giardino eseguito su disegno di quel grandeprospettico che fu Alessandro Sanquirico.

Vi precede come una specie di parco, che le aggiungegrandiosità, con ampio viale fiancheggiato di alti alberie roseti e tuje, e pel quale si monta in carrozza alla casa.In essa poi vi sono pregevoli quadri d'animali, del Lon-donio; qualche buon Fiammingo; due battaglie, del Bor-gognone; una tela d'Arienti ed una del Migliara. Recen-temente il suo attuale proprietario vi recò altri pregevo-lissimi dipinti di scuole antiche, come lo Sposalizio diS. Caterina col Bambino, del Padovanino; una tavola diCima da Conegliano rappresentante S. Giovanni Battistae S. Pietro Martire; una figura veneziana, di GentileBellini; quattro quadri di Santi Benedettini, di DanieleCrespi, e due tele di Brill, una testa del Velasquez, ecc.ecc. - Dallo spiazzo avanti la casa si ha una superba vi-sta del Pian d'Erba.

Uscendo dalla villa Carpani, in due passi s'è al pae-sello di Lezza, dove era un tempo un convento di Servi-ti, che il tennero dal 1508 al 1510 e che ora è abbando-nato al nitro che ne invade i bei sotterranei. La piscina

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mente di Bernardino Luini; ma con imperdonabile incu-ria di tutti, abbandonato alle ingiurie del tempo e dellestagioni, in questi ultimi anni deperì e si scrostò talmen-te, che l'ultimo resto, fattovi sparire dal signor Bressi,non gli può essere ascritto a colpa.

Ora non lasceremo Pontelambro senza ascendere lavicina e magnifica villa del signor Luigi Carpani, chel'eredò dal padre Carlo, e che fu già architettata dal Mo-raglia, con giardino eseguito su disegno di quel grandeprospettico che fu Alessandro Sanquirico.

Vi precede come una specie di parco, che le aggiungegrandiosità, con ampio viale fiancheggiato di alti alberie roseti e tuje, e pel quale si monta in carrozza alla casa.In essa poi vi sono pregevoli quadri d'animali, del Lon-donio; qualche buon Fiammingo; due battaglie, del Bor-gognone; una tela d'Arienti ed una del Migliara. Recen-temente il suo attuale proprietario vi recò altri pregevo-lissimi dipinti di scuole antiche, come lo Sposalizio diS. Caterina col Bambino, del Padovanino; una tavola diCima da Conegliano rappresentante S. Giovanni Battistae S. Pietro Martire; una figura veneziana, di GentileBellini; quattro quadri di Santi Benedettini, di DanieleCrespi, e due tele di Brill, una testa del Velasquez, ecc.ecc. - Dallo spiazzo avanti la casa si ha una superba vi-sta del Pian d'Erba.

Uscendo dalla villa Carpani, in due passi s'è al pae-sello di Lezza, dove era un tempo un convento di Servi-ti, che il tennero dal 1508 al 1510 e che ora è abbando-nato al nitro che ne invade i bei sotterranei. La piscina

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Page 342: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

che vi fu eretta e coperta di portico, raccoglie l'acquafresca e salubre che vi scende dal monte sovrastante.

Lezza ha estremo bisogno di imitare Pontelambro e didar mano al piccone ed al martello e allargare la sua uni-ca via, così angusta da passarvi appena una carrozza, ecausa che i diretti per la Vallassina abbandonassero af-fatto questa parte ed eleggessero esclusivamente la stra-da di Longone.

Oltre Lezza, al di là del Lambro, siede Carpesino, chetaluni presumono tragga il nome da Carpe sinum, pigliail porto; e se ciò fosse, sarebbe memoria che sin qui siestendesse l'Éupili. Vi hanno ville i Nava e i Caldara;più su vi è Brugora come sul ciglio di un pendío, e peristrade praticate fra' boschi si va a Proserpio e Longone,che noi già abbiamo conosciuto; mentre progredendoper la via che qui ne condusse, si trova Arcellasco, poila Resica, ove è un filatojo già de' Carpani di Ponte, oradei fratelli Ronchetti; e un altro dei Mambretti; e final-mente si giugne al ponte della Malpensata.

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che vi fu eretta e coperta di portico, raccoglie l'acquafresca e salubre che vi scende dal monte sovrastante.

Lezza ha estremo bisogno di imitare Pontelambro e didar mano al piccone ed al martello e allargare la sua uni-ca via, così angusta da passarvi appena una carrozza, ecausa che i diretti per la Vallassina abbandonassero af-fatto questa parte ed eleggessero esclusivamente la stra-da di Longone.

Oltre Lezza, al di là del Lambro, siede Carpesino, chetaluni presumono tragga il nome da Carpe sinum, pigliail porto; e se ciò fosse, sarebbe memoria che sin qui siestendesse l'Éupili. Vi hanno ville i Nava e i Caldara;più su vi è Brugora come sul ciglio di un pendío, e peristrade praticate fra' boschi si va a Proserpio e Longone,che noi già abbiamo conosciuto; mentre progredendoper la via che qui ne condusse, si trova Arcellasco, poila Resica, ove è un filatojo già de' Carpani di Ponte, oradei fratelli Ronchetti; e un altro dei Mambretti; e final-mente si giugne al ponte della Malpensata.

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Page 343: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE TRENTESIMATERZA.SAN SALVATORE.

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ESCURSIONE TRENTESIMATERZA.SAN SALVATORE.

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Page 344: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

I Geritt. - Mornico. - Crevenna. - Ville Bressi e Genolini. - Il tor-rente Bova. - La dara. - San Salvatore. - Il convento. - Il signorBoselli. - Giovanni Biffi. - Il tronco mellifero. - La villa Ri-ghetti.

Da Lezza, per una via ampia sì ma acclive e chemano mano si ascende scopre miglior orizzonte, perchèrivela da una parte il lago di Pusiano e dall'altra quellod'Alserio, e con essi i loro vicini paesi, si arriva a Mor-nico, villaggio che si confonde con quel di Crevenna, sìche il nome del primo, più che sulla pietra miliare, non èripetuto da alcuno.

A mezzo per altro di quest'ampia via dove si volge,formando angolo, s'apre una tal vista, che chi vi avesse afabbricare una casa vi troverebbe certo a deliziare losguardo.

Invece meno accorti speculatori, nel sottoposto vallo-ne, vi eressero casini, tra cui quello detto dei Gerini(Geritt), nel quale già prendeva riposo dalle teatrali fati-che il tenore di bella fama Bulterini, e da qualche annoquella esimia artista soprano, che è la signora EnrichettaBerini e il di lei marito Osmondo Meini, basso cantantedi egregia riputazione. In compenso della limitata vista,vi si gode della piena libertà, perchè fuor dell'accesso edello sguardo comune.

In Crevenna vi sono le ville dei signori Bressi e deiGenolini, e presso il paese si dirupa in profondo valloneil torrente Bova, che poi, quando mena le sue acque tu-multuose, le gitta nel Lambro poco disotto a Carpesino.

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I Geritt. - Mornico. - Crevenna. - Ville Bressi e Genolini. - Il tor-rente Bova. - La dara. - San Salvatore. - Il convento. - Il signorBoselli. - Giovanni Biffi. - Il tronco mellifero. - La villa Ri-ghetti.

Da Lezza, per una via ampia sì ma acclive e chemano mano si ascende scopre miglior orizzonte, perchèrivela da una parte il lago di Pusiano e dall'altra quellod'Alserio, e con essi i loro vicini paesi, si arriva a Mor-nico, villaggio che si confonde con quel di Crevenna, sìche il nome del primo, più che sulla pietra miliare, non èripetuto da alcuno.

A mezzo per altro di quest'ampia via dove si volge,formando angolo, s'apre una tal vista, che chi vi avesse afabbricare una casa vi troverebbe certo a deliziare losguardo.

Invece meno accorti speculatori, nel sottoposto vallo-ne, vi eressero casini, tra cui quello detto dei Gerini(Geritt), nel quale già prendeva riposo dalle teatrali fati-che il tenore di bella fama Bulterini, e da qualche annoquella esimia artista soprano, che è la signora EnrichettaBerini e il di lei marito Osmondo Meini, basso cantantedi egregia riputazione. In compenso della limitata vista,vi si gode della piena libertà, perchè fuor dell'accesso edello sguardo comune.

In Crevenna vi sono le ville dei signori Bressi e deiGenolini, e presso il paese si dirupa in profondo valloneil torrente Bova, che poi, quando mena le sue acque tu-multuose, le gitta nel Lambro poco disotto a Carpesino.

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Page 345: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Nella villa de' Genolini, quando apparteneva ai signo-ri Fontana, traeva frequente ospite amatissimo quel gen-tile scrittore e poeta, che ognun conosce in Giulio Car-cano, e quivi ispiravasi egli ad inni leggiadri, de' qualialcun breve saggio reca il presente mio libro.

Sul piazzale della chiesa parrocchiale s'apre la via cheguida a San Salvatore. Quantunque essa sia abbastanzaerta, pure è ampia e tale da potersi valere della dara,specie di veicolo primitivo trascinato da' buoi, di che iproprietarî delle ville che vi sono a quell'altezza si val-gono bene spesso.

Merita di salire a San Salvatore, che, stando al pianovedesi poggiare a mezzo la montagna, cui dà il nome,come un nido di aquile.

Quando si è giunti colà, si trova soddisfatti, perchèdal viale che sta innanzi al caseggiato si ha uno stupen-do panorama, tale da far riscontro alla cima di Galbiateche gli sta di fronte sull'ultimo confine del bacinodell'Éupili antico.

Pervenuto a quell'altezza, al cospetto di sì maraviglio-sa natura, a voi, come già a me, correrebbero al labbro iversi del buon Parini:

Oh beato terreno,Del vago Éupili mio,Ecco alfin nel tuo senoM'accogli; e del natioAëre mi circondi,E il petto avido inondi!36

36 La salubrità dell'aria. Ode.

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Nella villa de' Genolini, quando apparteneva ai signo-ri Fontana, traeva frequente ospite amatissimo quel gen-tile scrittore e poeta, che ognun conosce in Giulio Car-cano, e quivi ispiravasi egli ad inni leggiadri, de' qualialcun breve saggio reca il presente mio libro.

Sul piazzale della chiesa parrocchiale s'apre la via cheguida a San Salvatore. Quantunque essa sia abbastanzaerta, pure è ampia e tale da potersi valere della dara,specie di veicolo primitivo trascinato da' buoi, di che iproprietarî delle ville che vi sono a quell'altezza si val-gono bene spesso.

Merita di salire a San Salvatore, che, stando al pianovedesi poggiare a mezzo la montagna, cui dà il nome,come un nido di aquile.

Quando si è giunti colà, si trova soddisfatti, perchèdal viale che sta innanzi al caseggiato si ha uno stupen-do panorama, tale da far riscontro alla cima di Galbiateche gli sta di fronte sull'ultimo confine del bacinodell'Éupili antico.

Pervenuto a quell'altezza, al cospetto di sì maraviglio-sa natura, a voi, come già a me, correrebbero al labbro iversi del buon Parini:

Oh beato terreno,Del vago Éupili mio,Ecco alfin nel tuo senoM'accogli; e del natioAëre mi circondi,E il petto avido inondi!36

36 La salubrità dell'aria. Ode.

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Page 346: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

San Salvatore è un convento che già fu de' Cappucci-ni, e che dalla loro soppressione fu tramutato in villeg-giatura. L'ebbe il signor Boselli, rinomato istitutore diMilano, che qui conduceva i suoi convittori a ritemprarela salute, nelle vacanze autunnali, coll'aere puro che viregna; ma sorvenuto il 1848, nelle memorande cinquegiornate, caduto vittima del piombo austriaco, la villavenne dalle leggiadrissime sue figlie tenuta.

Visitandola, più d'una volta vi trovai, come vi trovanotutti, il più grazioso ricevimento dalla gentilissima si-gnora Irene Boselli, moglie a quel colto scrittore che èGiovanni Biffi, l'autore della Ghita del Carrobio e delPrina, il quale una volta mi fu anche cicerone del luogo,e mi mostrò parte a parte ogni sala, ogni cella, e la chie-sa, a cui traggono i devoti di Crevenna in certe solenni-tà, e sulla quale, non saprei con quanto diritto, spiega ilComune pretesa ab immemorabili, additandomi la stan-za dove venne ospitato San Carlo Borromeo e i mobilida lui usati, e via via l'orto, il cascinale e il viale che poimette al sentiero che percorre la montagna fino a Casli-no. Quel giorno, sorridendo, dopo avermi condotto pres-so un gran tronco d'albero che giaceva in terra, mi ripe-teva i versi del Manzoni:

Stillano miele i tronchi:Ove copriano i bronchi,Ivi germoglia il fior;

ed accennando a quel tronco abbattuto, dicevami comeil dì prima avesse trovato essere stato tutto cavo e pieno

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San Salvatore è un convento che già fu de' Cappucci-ni, e che dalla loro soppressione fu tramutato in villeg-giatura. L'ebbe il signor Boselli, rinomato istitutore diMilano, che qui conduceva i suoi convittori a ritemprarela salute, nelle vacanze autunnali, coll'aere puro che viregna; ma sorvenuto il 1848, nelle memorande cinquegiornate, caduto vittima del piombo austriaco, la villavenne dalle leggiadrissime sue figlie tenuta.

Visitandola, più d'una volta vi trovai, come vi trovanotutti, il più grazioso ricevimento dalla gentilissima si-gnora Irene Boselli, moglie a quel colto scrittore che èGiovanni Biffi, l'autore della Ghita del Carrobio e delPrina, il quale una volta mi fu anche cicerone del luogo,e mi mostrò parte a parte ogni sala, ogni cella, e la chie-sa, a cui traggono i devoti di Crevenna in certe solenni-tà, e sulla quale, non saprei con quanto diritto, spiega ilComune pretesa ab immemorabili, additandomi la stan-za dove venne ospitato San Carlo Borromeo e i mobilida lui usati, e via via l'orto, il cascinale e il viale che poimette al sentiero che percorre la montagna fino a Casli-no. Quel giorno, sorridendo, dopo avermi condotto pres-so un gran tronco d'albero che giaceva in terra, mi ripe-teva i versi del Manzoni:

Stillano miele i tronchi:Ove copriano i bronchi,Ivi germoglia il fior;

ed accennando a quel tronco abbattuto, dicevami comeil dì prima avesse trovato essere stato tutto cavo e pieno

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del più eletto miele, che estraeva in due ben capaci reci-pienti. Da qui egli poi muoveva, infaticabile Nembrod, acacciar lepri pei monti, delle quali prese frequenti faparte agli amici.

Il convento di San Salvatore è ora esclusiva proprietàdella signora Boselli-Righetti, figliuola al sullodato isti-tutore milanese.

Le comitive allegre ed instancabili, a San Salvatorenon fanno spesso che una prima sosta; perocchè si diri-gano sovente dopo per aspro sentiero al Buco del Piom-bo, cui ho riservata la ventura escursione, o alla Colma,che altro non è che il vertice del monte, dal quale è datodi spaziare per gli opposti versanti; e lo sguardo, signoreda una parte del Pian d'Erba e della Brianza, dall'altrasegue tutta la linea non meno superba del lago di Como.I coraggiosi son molti, e fra questi non mancano mai legentili signore.

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del più eletto miele, che estraeva in due ben capaci reci-pienti. Da qui egli poi muoveva, infaticabile Nembrod, acacciar lepri pei monti, delle quali prese frequenti faparte agli amici.

Il convento di San Salvatore è ora esclusiva proprietàdella signora Boselli-Righetti, figliuola al sullodato isti-tutore milanese.

Le comitive allegre ed instancabili, a San Salvatorenon fanno spesso che una prima sosta; perocchè si diri-gano sovente dopo per aspro sentiero al Buco del Piom-bo, cui ho riservata la ventura escursione, o alla Colma,che altro non è che il vertice del monte, dal quale è datodi spaziare per gli opposti versanti; e lo sguardo, signoreda una parte del Pian d'Erba e della Brianza, dall'altrasegue tutta la linea non meno superba del lago di Como.I coraggiosi son molti, e fra questi non mancano mai legentili signore.

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Page 348: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE TRENTESIMAQUARTA.IL BUCO DEL PIOMBO.

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ESCURSIONE TRENTESIMAQUARTA.IL BUCO DEL PIOMBO.

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Page 349: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

La strada. - Il Buco del Piombo. - Onde il nome? - Aneddoto. -Esterno. - Scopo. - Interno. - Iscrizione. - Concorso di gente. -I versi di Torti.

E noi, poichè siamo già a San Salvatore, continuiamola via pel Buco del Piombo. È lunga, è aspra, ma retro-cedere per pigliar l'altra dell'opposto ciglione del montenon ne pare conveniente.

È però cammino ameno e pittoresco, e se i piedi fati-cano, lo sguardo si diverte e gode.

Sorpassiamo gli incidenti del cammino, ed eccoci disotto al Buco del Piombo.

Anni addietro abbisognava di certo coraggio per iner-picarsi fino al punto, dal quale, per mezzo d'una scala amano, si poteva penetrare nell'antro; ma dopo che tuttequeste Alpi, come le chiamano quei del paese, venneroin proprietà del conte Turati, che su di esse vi stabilì unarazza di cavalli, la bisogna è mutata: l'accesso è reso piùpraticabile e comodo.

Non creda il lettore che la caverna per la quale entria-mo tenga fede al suo nome; traccia di piombo non vi siriscontra, nè pare vi sia stato mai; non diamo però lespese al cervello per indovinarne la ragion del nome; vichiaccherarono intorno e scrissero assai e assai, ed uncostrutto non se n'è per anco cavato. Narrasi anzi, a taleproposito, un aneddoto. Nel vicino convento de' Cap-puccini di San Salvatore, che abbiamo testè veduto, nel-la biblioteca del chiostro, stava un volume legato, sulcui dosso leggevasi il titolo: Origine del Buco del Piom-

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La strada. - Il Buco del Piombo. - Onde il nome? - Aneddoto. -Esterno. - Scopo. - Interno. - Iscrizione. - Concorso di gente. -I versi di Torti.

E noi, poichè siamo già a San Salvatore, continuiamola via pel Buco del Piombo. È lunga, è aspra, ma retro-cedere per pigliar l'altra dell'opposto ciglione del montenon ne pare conveniente.

È però cammino ameno e pittoresco, e se i piedi fati-cano, lo sguardo si diverte e gode.

Sorpassiamo gli incidenti del cammino, ed eccoci disotto al Buco del Piombo.

Anni addietro abbisognava di certo coraggio per iner-picarsi fino al punto, dal quale, per mezzo d'una scala amano, si poteva penetrare nell'antro; ma dopo che tuttequeste Alpi, come le chiamano quei del paese, venneroin proprietà del conte Turati, che su di esse vi stabilì unarazza di cavalli, la bisogna è mutata: l'accesso è reso piùpraticabile e comodo.

Non creda il lettore che la caverna per la quale entria-mo tenga fede al suo nome; traccia di piombo non vi siriscontra, nè pare vi sia stato mai; non diamo però lespese al cervello per indovinarne la ragion del nome; vichiaccherarono intorno e scrissero assai e assai, ed uncostrutto non se n'è per anco cavato. Narrasi anzi, a taleproposito, un aneddoto. Nel vicino convento de' Cap-puccini di San Salvatore, che abbiamo testè veduto, nel-la biblioteca del chiostro, stava un volume legato, sulcui dosso leggevasi il titolo: Origine del Buco del Piom-

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bo. La mano d'ogni visitatore correva a togliere il volu-me dallo scaffale, curioso di leggervi una tale origine;ma ne rimaneva scornato: il volume non era che un pez-zo di legno foggiato a libro, fratesco scherzo, del qualesi trova il riscontro in Venezia ai Frari, dove è consimilevolume lavorato dal celebre Brustolon.

Sull'ingresso dell'antro veggonsi avanzi di muraglie ed'arpioni, onde s'ha a credere che vi fossero applicateporte e che però vi abitasse gente. Serviva a vedetta mi-litare od a presidio? era rifugio di predoni o di banditi?ricoveravan qui, com'altri presumono, i Longobardi cac-ciati dall'ira de' Franchi? Non v'è memoria o scritto cheil dica. L'atrio che sarebbe stata la parte abitabile, è spa-zioso: ha la larghezza di metri 38, l'altezza di 42 e lalunghezza di 55, ed è sempre qui che le brigate che vimontano si rifocillano colle provvigioni di bocca man-date innanzi.

Ma la caverna si interna e sprofonda per un vano qua-si continuo della larghezza di metri nove e dell'altezza diotto, e vi si può camminare per circa 188 metri coll'aiutodella luce del giorno; più avanti si va, si va accendendoqualche torcia, e dopo 18 metri di cammino, si giunge aun punto dove a destra s'apre altra caverna larga circametri 1,30, ed avanzando per una trentina d'altri metri,leggesi una lapide che vi fu messa, del tenore seguente:

S. A. I. il Princ. Raineri VicerèConsigliere De-CapitaniCiambellano conte Paar.

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bo. La mano d'ogni visitatore correva a togliere il volu-me dallo scaffale, curioso di leggervi una tale origine;ma ne rimaneva scornato: il volume non era che un pez-zo di legno foggiato a libro, fratesco scherzo, del qualesi trova il riscontro in Venezia ai Frari, dove è consimilevolume lavorato dal celebre Brustolon.

Sull'ingresso dell'antro veggonsi avanzi di muraglie ed'arpioni, onde s'ha a credere che vi fossero applicateporte e che però vi abitasse gente. Serviva a vedetta mi-litare od a presidio? era rifugio di predoni o di banditi?ricoveravan qui, com'altri presumono, i Longobardi cac-ciati dall'ira de' Franchi? Non v'è memoria o scritto cheil dica. L'atrio che sarebbe stata la parte abitabile, è spa-zioso: ha la larghezza di metri 38, l'altezza di 42 e lalunghezza di 55, ed è sempre qui che le brigate che vimontano si rifocillano colle provvigioni di bocca man-date innanzi.

Ma la caverna si interna e sprofonda per un vano qua-si continuo della larghezza di metri nove e dell'altezza diotto, e vi si può camminare per circa 188 metri coll'aiutodella luce del giorno; più avanti si va, si va accendendoqualche torcia, e dopo 18 metri di cammino, si giunge aun punto dove a destra s'apre altra caverna larga circametri 1,30, ed avanzando per una trentina d'altri metri,leggesi una lapide che vi fu messa, del tenore seguente:

S. A. I. il Princ. Raineri VicerèConsigliere De-CapitaniCiambellano conte Paar.

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Gli 8 maggio 1819.

Altri si spinsero più in là; trovarono che lo speco oraabbassavasi, ora rialzavasi; che acque vi correvano inruscelli o formavano pozze; finchè non parve andare piùavanti, forse essendo anche ciò pericoloso.

Ho già detto a suo luogo come vi abbia chi opini chequesta caverna vada e s'inoltri fin presso la fonte Plinia-na del lago di Como; ma non sono che pure supposizio-ni, alle quali nulla porge fondamento.

Sotto dell'antro, o Buco del Piombo, corre il torrenteBova, per mezzo a un letto franato e fra roccie, che nefan quasi un orrido d'artistico effetto; ma pur di questotorrente ho parlato nella passata escursione.

La curiosità chiama moltissimi visitatori al Buco delPiombo; dirò di più: non v'ha villeggiante o forestieroche sia venuto nel Pian d'Erba, il quale non l'abbia unavolta almeno fatto scopo di una sua pellegrinazione.

Così lo ricordava il Torti in que' versi che dal Piand'Erba dettava:

O selvose montagne, o gioghi erbosi,O di lontan sovreminenti al verdeCornuti massi, o dolce aere vitale,O dal sol di settembre illuminateFelici rive, umili poggi e sparsiCasali e ville, e pascoli e vignetiDell'Éupili ridente; o vasto specoDi nome senza origine, su in altoA mezzo monte dalle curve stradePer gran paese riveduto sempre;

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Gli 8 maggio 1819.

Altri si spinsero più in là; trovarono che lo speco oraabbassavasi, ora rialzavasi; che acque vi correvano inruscelli o formavano pozze; finchè non parve andare piùavanti, forse essendo anche ciò pericoloso.

Ho già detto a suo luogo come vi abbia chi opini chequesta caverna vada e s'inoltri fin presso la fonte Plinia-na del lago di Como; ma non sono che pure supposizio-ni, alle quali nulla porge fondamento.

Sotto dell'antro, o Buco del Piombo, corre il torrenteBova, per mezzo a un letto franato e fra roccie, che nefan quasi un orrido d'artistico effetto; ma pur di questotorrente ho parlato nella passata escursione.

La curiosità chiama moltissimi visitatori al Buco delPiombo; dirò di più: non v'ha villeggiante o forestieroche sia venuto nel Pian d'Erba, il quale non l'abbia unavolta almeno fatto scopo di una sua pellegrinazione.

Così lo ricordava il Torti in que' versi che dal Piand'Erba dettava:

O selvose montagne, o gioghi erbosi,O di lontan sovreminenti al verdeCornuti massi, o dolce aere vitale,O dal sol di settembre illuminateFelici rive, umili poggi e sparsiCasali e ville, e pascoli e vignetiDell'Éupili ridente; o vasto specoDi nome senza origine, su in altoA mezzo monte dalle curve stradePer gran paese riveduto sempre;

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Page 352: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

O collinetta sovra l'altre amicaOv'io sedeva a contemplar la mestaValle del mio Segrin; voi già mia primaDelizia e voluttà, di tutto l'annoSpeme e pensier...

Oh! veramente son questi luoghi tali da ispirare e daaccendere gli estri del poeta; nè vi fu amico delle Museche a queste delizie del Pian d'Erba traendo, non se nesia ispirato, non ne abbia poi ne' carmi espresse le soavidolcezze.

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O collinetta sovra l'altre amicaOv'io sedeva a contemplar la mestaValle del mio Segrin; voi già mia primaDelizia e voluttà, di tutto l'annoSpeme e pensier...

Oh! veramente son questi luoghi tali da ispirare e daaccendere gli estri del poeta; nè vi fu amico delle Museche a queste delizie del Pian d'Erba traendo, non se nesia ispirato, non ne abbia poi ne' carmi espresse le soavidolcezze.

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Page 353: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE TRENTESIMAQUINTA.LA VILLA AMALIA.

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ESCURSIONE TRENTESIMAQUINTA.LA VILLA AMALIA.

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Page 354: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

La villa Amalia. - Guido Carpano e il convento di S. Maria degliAngeli. - L'avv. Rocco Marliani. - Il palazzo, il giardino e ilbosco. - Il monumento a Parini. - Monti e Foscolo ospiti. -Episodio della Mascheroniana. - La torre.

Ridiscesi a Crevenna, proseguiamo la via che ci con-dusse da Lezza, e dopo qualche centinaia di passi, ci ri-troviamo ad Erba superiore.

Noi riserbandoci a veder il paese, per ora arrestiamociqui davanti alla villa Amalia, che ha innanzi vaghi tap-peti d'erba e vasto piazzale. Due facciate ha la villa;l'una riguarda al giardino, l'altra alla corte: a quella cre-sce grandiosità una gradinata e un padiglione; a questabellissimi bassorilievi in terra cotta; ma l'ingresso è perun cancello da questa parte che sta di fronte ad Erba. Lachiesa laterale ti rammenta subito che un dì potesse es-sere questo luogo un convento. Infatti vi fu fabbricatoda Guido Carpano e dalla chiesa fu detto di Santa Mariadegli Angeli.

Francesco Del Conte vi stabilì i Cappuccini; passò dipoi ai Filippini; finchè al principiar del secolo corrente,l'avvocato milanese Rocco Marliani, consigliere dellaCorte d'Appello, l'acquistò, e su disegno di quel valentearchitetto che fu Leopoldo Polak, vi eresse la sontuosavilla che, dal nome della propria sposa, appellò Amalia.

Nel cortile di essa lasciò memoria di ciò nell'iscrizio-ne seguente:

Rochus Petri Fil. MarlianusDomo Mediolano

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La villa Amalia. - Guido Carpano e il convento di S. Maria degliAngeli. - L'avv. Rocco Marliani. - Il palazzo, il giardino e ilbosco. - Il monumento a Parini. - Monti e Foscolo ospiti. -Episodio della Mascheroniana. - La torre.

Ridiscesi a Crevenna, proseguiamo la via che ci con-dusse da Lezza, e dopo qualche centinaia di passi, ci ri-troviamo ad Erba superiore.

Noi riserbandoci a veder il paese, per ora arrestiamociqui davanti alla villa Amalia, che ha innanzi vaghi tap-peti d'erba e vasto piazzale. Due facciate ha la villa;l'una riguarda al giardino, l'altra alla corte: a quella cre-sce grandiosità una gradinata e un padiglione; a questabellissimi bassorilievi in terra cotta; ma l'ingresso è perun cancello da questa parte che sta di fronte ad Erba. Lachiesa laterale ti rammenta subito che un dì potesse es-sere questo luogo un convento. Infatti vi fu fabbricatoda Guido Carpano e dalla chiesa fu detto di Santa Mariadegli Angeli.

Francesco Del Conte vi stabilì i Cappuccini; passò dipoi ai Filippini; finchè al principiar del secolo corrente,l'avvocato milanese Rocco Marliani, consigliere dellaCorte d'Appello, l'acquistò, e su disegno di quel valentearchitetto che fu Leopoldo Polak, vi eresse la sontuosavilla che, dal nome della propria sposa, appellò Amalia.

Nel cortile di essa lasciò memoria di ciò nell'iscrizio-ne seguente:

Rochus Petri Fil. MarlianusDomo Mediolano

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Page 355: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Cœnobi veteris operibus a solo ampliatisVillam extruxit ornavit

AmaliamEx conjugis karissimæ nomine appellandum

Anno 180137.

E dirimpetto a tal lapide stanno i seguenti versi d'Ora-zio:

Hoc erat in votis: modus agri non ita magnusHortus ubi, et tecto vicinus jugis aquæ fons,Et paulum sylvæ super his foret. Auctius, atqueDî melius fecere. Bene est. Nihil amplius oro38.

Vi condusse il Marliani artisti ad abbellirla, e di Giu-seppe Bossi infatti vedesi un'Aurora, dipinta nella saladi mezzo del palazzo; e nel giardino, o a meglio dire,nel bosco che vi fa parte, rizzò un tempietto sacro allaPrudenza, rappresentata da una statua che vi sorge nelmezzo, e poco appresso collocò due statue, Diana ed At-teone. Dove poi l'ombra è più oscura del bosco, eresseun monumento con un busto, opera di Giuseppe Fran-chi, tutto recinto di macchie d'alloro, fiancheggiato da

37 Rocco Marliani, figlio di Pietro, di Milano, ampliato il vecchio convento,eresse ed ornò la villa, che volle si chiamasse Amalia dal nome della sua caris-sima consorte, 1801.38 Satira VI. Lib. II. Gargallo così li traduce:

Un discreto poder, nè già sì vasto,Che avesse un orticello, e una fontanaD'acqua perenne, a la magion vicina;Un po' di bosco ancor per giunta; ed eccoTutto qual era il voto mio. Gli deiHan fatto meglio e più: sien benedetti!. . . . . . . altro non chieggo.

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Cœnobi veteris operibus a solo ampliatisVillam extruxit ornavit

AmaliamEx conjugis karissimæ nomine appellandum

Anno 180137.

E dirimpetto a tal lapide stanno i seguenti versi d'Ora-zio:

Hoc erat in votis: modus agri non ita magnusHortus ubi, et tecto vicinus jugis aquæ fons,Et paulum sylvæ super his foret. Auctius, atqueDî melius fecere. Bene est. Nihil amplius oro38.

Vi condusse il Marliani artisti ad abbellirla, e di Giu-seppe Bossi infatti vedesi un'Aurora, dipinta nella saladi mezzo del palazzo; e nel giardino, o a meglio dire,nel bosco che vi fa parte, rizzò un tempietto sacro allaPrudenza, rappresentata da una statua che vi sorge nelmezzo, e poco appresso collocò due statue, Diana ed At-teone. Dove poi l'ombra è più oscura del bosco, eresseun monumento con un busto, opera di Giuseppe Fran-chi, tutto recinto di macchie d'alloro, fiancheggiato da

37 Rocco Marliani, figlio di Pietro, di Milano, ampliato il vecchio convento,eresse ed ornò la villa, che volle si chiamasse Amalia dal nome della sua caris-sima consorte, 1801.38 Satira VI. Lib. II. Gargallo così li traduce:

Un discreto poder, nè già sì vasto,Che avesse un orticello, e una fontanaD'acqua perenne, a la magion vicina;Un po' di bosco ancor per giunta; ed eccoTutto qual era il voto mio. Gli deiHan fatto meglio e più: sien benedetti!. . . . . . . altro non chieggo.

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Page 356: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

funereo cipresso, e lo consacrò alla memoria di Giusep-pe Parini, che fu sovente ospite venerato del Marliani; ecomechè nel sottoposto sotterraneo ei vi avesse colloca-to un organo che, tocco, mandava una mesta armonia,così aveva fatto scolpire sulla base del monumento a Pa-rini i quattro versi di lui, tolti all'ode All'inclita Nice:

Qui ferma il passo, e attonitoUdrai del pio cantoreLe commosse reliquieSotto la terra argute sibilar.

E come Parini, qui venivano accolti dalla cordialità edall'affetto riverente del Marliani anche Foscolo e Mon-ti, il qual ultimo raccomandò alla imperitura memoriadei posteri il nome della villa, illustrando la tomba delgrande poeta che vi è conservata, nelle seguenti terzinedella sua Mascheroniana:

I placidi cercai poggi feliciChe con dolce pendío cingon le lieteDell'Éupili lagune irrigatrici;

E nel vederli mi sclamai: Salvete,Piagge dilette al ciel, che al mio PariniFoste cortesi di vostr'ombre quete!

Quand'ei fabbro di numeri diviniL'acre bile fe' dolce, e la vestíaDi tebani concenti e venosini,

Parea de' carmi suoi la melodiaPer quell'aura ancor viva; e l'aure e l'onde

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funereo cipresso, e lo consacrò alla memoria di Giusep-pe Parini, che fu sovente ospite venerato del Marliani; ecomechè nel sottoposto sotterraneo ei vi avesse colloca-to un organo che, tocco, mandava una mesta armonia,così aveva fatto scolpire sulla base del monumento a Pa-rini i quattro versi di lui, tolti all'ode All'inclita Nice:

Qui ferma il passo, e attonitoUdrai del pio cantoreLe commosse reliquieSotto la terra argute sibilar.

E come Parini, qui venivano accolti dalla cordialità edall'affetto riverente del Marliani anche Foscolo e Mon-ti, il qual ultimo raccomandò alla imperitura memoriadei posteri il nome della villa, illustrando la tomba delgrande poeta che vi è conservata, nelle seguenti terzinedella sua Mascheroniana:

I placidi cercai poggi feliciChe con dolce pendío cingon le lieteDell'Éupili lagune irrigatrici;

E nel vederli mi sclamai: Salvete,Piagge dilette al ciel, che al mio PariniFoste cortesi di vostr'ombre quete!

Quand'ei fabbro di numeri diviniL'acre bile fe' dolce, e la vestíaDi tebani concenti e venosini,

Parea de' carmi suoi la melodiaPer quell'aura ancor viva; e l'aure e l'onde

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Page 357: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

E le selve eran tutte un'armonia.Parean d'intorno i fior, l'erbe, le fronde

Animarsi e iterarmi in suon pietoso:Il cantor nostro ov'è? chi lo nasconde?

Ed ecco in mezzo di recinto ombrosoSculto un sasso funebre che dicea:Ai sacri Mani di Parin riposo...

Ed una non so ben se donna o dea(Tese l'orecchio, aguzzò gli occhi il vateE spianava le rughe e sorridea)

Colle dita venia bianco rosateSpargendolo di fiori e di mortella,Di rispetto atteggiata e di pietate!

Bella la guancia in suo pudor; più bellaSulla fronte splendea l'alma serenaCome in limpido rio raggio di stella.

Poscia che dati i mirti ebbe a man piena,Di lauro, che parea lieto fiorisseTra le sue man, fe' al sasso una catena;

E un sospir trasse affettuoso e dissePace eterna all'amico; e te chiamandoI lumi al cielo sì pietosi affisse,

Che gli occhi anch'io levai, fermo aspettandoChe tu scendessi, e vidi che mortaleGrido agli Eterni non salía più, quando

Il costei prego a te non giunse; il qualeSe alle porte celesti invan percote,

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E le selve eran tutte un'armonia.Parean d'intorno i fior, l'erbe, le fronde

Animarsi e iterarmi in suon pietoso:Il cantor nostro ov'è? chi lo nasconde?

Ed ecco in mezzo di recinto ombrosoSculto un sasso funebre che dicea:Ai sacri Mani di Parin riposo...

Ed una non so ben se donna o dea(Tese l'orecchio, aguzzò gli occhi il vateE spianava le rughe e sorridea)

Colle dita venia bianco rosateSpargendolo di fiori e di mortella,Di rispetto atteggiata e di pietate!

Bella la guancia in suo pudor; più bellaSulla fronte splendea l'alma serenaCome in limpido rio raggio di stella.

Poscia che dati i mirti ebbe a man piena,Di lauro, che parea lieto fiorisseTra le sue man, fe' al sasso una catena;

E un sospir trasse affettuoso e dissePace eterna all'amico; e te chiamandoI lumi al cielo sì pietosi affisse,

Che gli occhi anch'io levai, fermo aspettandoChe tu scendessi, e vidi che mortaleGrido agli Eterni non salía più, quando

Il costei prego a te non giunse; il qualeSe alle porte celesti invan percote,

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Page 358: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Per là dentro passar null'altro ha l'ale.Riverente in disparte alla devota

Ceremonia assistea, colle tranquilleLuci nel volto della donna immote,

Uom d'alta cortesia, che il ciel sortillePiù che consorte, amico. Ed ei che vuoleIl voler delle care alme pupille,

Sol per farle contente eccelsa moleD'attico gusto ergea, su cui fermatoPareami in cielo, per gioirne, il sole.

E Amalia la dicea, dal nome amatoDi colei che del loco era la diva,E più del cor che al suo congiunse il fato.

Al pietoso olocausto, a quella vivaGara d'amor mirando, già di menteDel mio gir oltre la cagion m'usciva.

Mossi alfine, e quei colli ove si senteTutto il bel di natura abbandonaiL'orme segnando al cor contrarie e lente39.

Fu lunga la citazione, ma in compenso splendida,come splendidi sono sempre i versi di Vincenzo Monti,al quale l'età più prosaica osa temeraria levarsi e conten-dere il lauro di poeta.

La villa Amalia passò dopo a diversi signori, finchèpervenne al marchese Massimiliano Stampa Soncino,che vi aggiunse bellezze a bellezze.

39 Canto IV. Edizione Resnati.

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Per là dentro passar null'altro ha l'ale.Riverente in disparte alla devota

Ceremonia assistea, colle tranquilleLuci nel volto della donna immote,

Uom d'alta cortesia, che il ciel sortillePiù che consorte, amico. Ed ei che vuoleIl voler delle care alme pupille,

Sol per farle contente eccelsa moleD'attico gusto ergea, su cui fermatoPareami in cielo, per gioirne, il sole.

E Amalia la dicea, dal nome amatoDi colei che del loco era la diva,E più del cor che al suo congiunse il fato.

Al pietoso olocausto, a quella vivaGara d'amor mirando, già di menteDel mio gir oltre la cagion m'usciva.

Mossi alfine, e quei colli ove si senteTutto il bel di natura abbandonaiL'orme segnando al cor contrarie e lente39.

Fu lunga la citazione, ma in compenso splendida,come splendidi sono sempre i versi di Vincenzo Monti,al quale l'età più prosaica osa temeraria levarsi e conten-dere il lauro di poeta.

La villa Amalia passò dopo a diversi signori, finchèpervenne al marchese Massimiliano Stampa Soncino,che vi aggiunse bellezze a bellezze.

39 Canto IV. Edizione Resnati.

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Dalla torre che vi sta, si può abbracciare collo sguar-do il più stupendo orizzonte ed estasiarsi alla vista dimonti e colli, di laghi e fiumi, di paesi e ville infinite ecampagne e boschi.

Gli amatori di botanica avrebbero per più d'un'ora adeliziarsi ammirando le infinite camelie di più qualità,boschetti di fusaria del Giappone, cespugli di azalee e dirododendri, e rose magnifiche, e mazzi di olea fragrans,per non dir d'altri molti e fiori e piante peregrine, che diloro vaghezza e profumo imparadisan la villa, degnadella ricchezza e nobiltà del suo cortese proprietario, eperò va meritamente tra le più splendide e deliziose del-la Brianza annoverata.

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Dalla torre che vi sta, si può abbracciare collo sguar-do il più stupendo orizzonte ed estasiarsi alla vista dimonti e colli, di laghi e fiumi, di paesi e ville infinite ecampagne e boschi.

Gli amatori di botanica avrebbero per più d'un'ora adeliziarsi ammirando le infinite camelie di più qualità,boschetti di fusaria del Giappone, cespugli di azalee e dirododendri, e rose magnifiche, e mazzi di olea fragrans,per non dir d'altri molti e fiori e piante peregrine, che diloro vaghezza e profumo imparadisan la villa, degnadella ricchezza e nobiltà del suo cortese proprietario, eperò va meritamente tra le più splendide e deliziose del-la Brianza annoverata.

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ESCURSIONE TRENTESIMASESTA.ERBA.

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ESCURSIONE TRENTESIMASESTA.ERBA.

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Erba Superiore. - Il suo panorama. - La sua storia. - Il castello e lavilla Valaperta. - Pravalle. - Il torrente Bocogna. - Villa Conti.- Erba Inferiore. - Pretura, ufficio telegrafico, albergo e botte-ghe. - Il caffè e gli amaretti. - Il teatro. - Ville Clerici e Brivio.- Vill'incino. - Mercato d'Incino. - Liciniforum. - Lapidi. - Nin-feo antico. - Fatti storici. - Il mercato del giovedì.

Questa borgata, che dà il suo nome al bellissimo terri-torio che vengo dichiarando al lettore, distendendosi sud'una eminenza a mo' d'anfiteatro per quelli che la ri-guardano venendo dalla Malpensata, fa sì che alla partepiù alta si assegnasse il nome di Erba Superiore, ed ècerto la migliore, perocchè domini una quantità maggio-re d'orizzonte, potendosi spingere l'occhio sin là pressoCesana e Galbiate, e vedere il Monte Baro, e via viaquelle ridenti colline che finiscono alla Montevecchia, equella ridente estensione della Brianza co' suoi infinitivillaggi; mentre poi da sinistra si posa sui colli placidi ed'insensibil pendío di Proserpio, colla biancheggiantesua chiesa che s'avanza fin sull'estremo limite d'un pro-montorio, su Castelmarte e sui denti o corni di Canzo esull'Alpe di Carella che, massime all'ora del tramonto, siveste delle più calde tinte che mano mano si vengonotrasformando in auree, poi in porporine, quindi in viola-cee, finchè l'ombra notturna non le abbia confusenell'uniforme bruno.

Era certamente nell'ammirazione di questo stupendopanorama che lo scrittore d'Angiola Maria esclamava:

O monti, o vette aeree,

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Erba Superiore. - Il suo panorama. - La sua storia. - Il castello e lavilla Valaperta. - Pravalle. - Il torrente Bocogna. - Villa Conti.- Erba Inferiore. - Pretura, ufficio telegrafico, albergo e botte-ghe. - Il caffè e gli amaretti. - Il teatro. - Ville Clerici e Brivio.- Vill'incino. - Mercato d'Incino. - Liciniforum. - Lapidi. - Nin-feo antico. - Fatti storici. - Il mercato del giovedì.

Questa borgata, che dà il suo nome al bellissimo terri-torio che vengo dichiarando al lettore, distendendosi sud'una eminenza a mo' d'anfiteatro per quelli che la ri-guardano venendo dalla Malpensata, fa sì che alla partepiù alta si assegnasse il nome di Erba Superiore, ed ècerto la migliore, perocchè domini una quantità maggio-re d'orizzonte, potendosi spingere l'occhio sin là pressoCesana e Galbiate, e vedere il Monte Baro, e via viaquelle ridenti colline che finiscono alla Montevecchia, equella ridente estensione della Brianza co' suoi infinitivillaggi; mentre poi da sinistra si posa sui colli placidi ed'insensibil pendío di Proserpio, colla biancheggiantesua chiesa che s'avanza fin sull'estremo limite d'un pro-montorio, su Castelmarte e sui denti o corni di Canzo esull'Alpe di Carella che, massime all'ora del tramonto, siveste delle più calde tinte che mano mano si vengonotrasformando in auree, poi in porporine, quindi in viola-cee, finchè l'ombra notturna non le abbia confusenell'uniforme bruno.

Era certamente nell'ammirazione di questo stupendopanorama che lo scrittore d'Angiola Maria esclamava:

O monti, o vette aeree,

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O piani d'Erba, addio!O valli, o poggi placidiDal fertile pendío,Asil soave e mutoDi rustica beltà;Io v'amo, io vi salutoCon mesta voluttà.

Salvete, o voi tranquilleInnumere borgate,Liete cosparse ville,Campagne invidïate!Io v'amo, e in cor vi sentoCom'inno del mattin,Come il primiero accentoDell'italo bambin.

Erba non può contare, è vero, una storia ricca di avve-nimenti; ma per l'aiuto dato all'armi milanesi alla batta-glia da questi ultimi combattuta contro gli aderenti delBarbarossa nel nove agosto 1160 - fu una nobile e gene-rosa azione - s'ebbe il diritto di cittadinanza, che le fumantenuto anche in seguito e da Ottone Visconti, e dagliSpagnuoli e dai Tedeschi. Di più ne dice il prevosto An-noni nella sua Memoria storica e archeologica intornoal Pian d'Erba, cui rimando il lettore, per non esseretratto dall'amore degli storici studî a cingermi la giorneae mettere a cimento la pazienza di lui.

Attivamente poi partecipa il suo territorio all'industriache meglio si fa alla Brianza, alla serica vo' dire, poten-do contare oltre quaranta filande e quaranta filatoi, e

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O piani d'Erba, addio!O valli, o poggi placidiDal fertile pendío,Asil soave e mutoDi rustica beltà;Io v'amo, io vi salutoCon mesta voluttà.

Salvete, o voi tranquilleInnumere borgate,Liete cosparse ville,Campagne invidïate!Io v'amo, e in cor vi sentoCom'inno del mattin,Come il primiero accentoDell'italo bambin.

Erba non può contare, è vero, una storia ricca di avve-nimenti; ma per l'aiuto dato all'armi milanesi alla batta-glia da questi ultimi combattuta contro gli aderenti delBarbarossa nel nove agosto 1160 - fu una nobile e gene-rosa azione - s'ebbe il diritto di cittadinanza, che le fumantenuto anche in seguito e da Ottone Visconti, e dagliSpagnuoli e dai Tedeschi. Di più ne dice il prevosto An-noni nella sua Memoria storica e archeologica intornoal Pian d'Erba, cui rimando il lettore, per non esseretratto dall'amore degli storici studî a cingermi la giorneae mettere a cimento la pazienza di lui.

Attivamente poi partecipa il suo territorio all'industriache meglio si fa alla Brianza, alla serica vo' dire, poten-do contare oltre quaranta filande e quaranta filatoi, e

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così vien presso agli altri distretti di Oggionno, di Vi-mercate e di Lecco, che si additano come i meglio dotatiin Lombardia di congeneri stabilimenti.

Sull'angolo sinistro d'Erba Superiore sorgeva un tem-po, come del resto si riscontra in ogni terra di qualcheimportanza, il castello, ora convertito alla più felice vil-leggiatura de' signori Valaperta, dove più d'una voltavidi ospite quel valoroso campione dell'arte pittoricamoderna che è Francesco Hayez.

Di sotto al castello si avvalla con grazioso effetto ilterreno, epperò vien detto Pravalle, pel quale un dì pre-cipitavasi il torrente Bocogna, menando i soliti guastide' suoi pari; ma i Valaperta ne rivolsero a bene le ac-que, facendole servire ad una filanda o filatoio.

Sul ciglio dell'opposta eminenza, al di là di Pravalle,si pavoneggia la elegante villeggiatura de' signori Conti,che divide coi Valaperta i vantaggi della fortunatissimaposizione.

Erba Superiore è occupata per lo più da ville o caseda villeggiatura: il movimento principale è nondimenoin Erba Inferiore. La borgata è dotata di Pretura, di uffi-cio telegrafico e di albergo: ha tutte le botteghe occorre-voli al vitto, come in una città; massime le carni vi sitrovano eccellenti dai villeggianti; al suo caffè, elegan-temente riaddobbato di fresco e famoso pe' suoi amaret-ti, sorta di pasticcini torrefatti e che contendono il pri-mato con quelli di Saronno, nelle ore pomeridianed'autunno vi convengono i signori e le eleganti dei din-torni, sia venendovi a piedi, sia cogli equipaggi, felici

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così vien presso agli altri distretti di Oggionno, di Vi-mercate e di Lecco, che si additano come i meglio dotatiin Lombardia di congeneri stabilimenti.

Sull'angolo sinistro d'Erba Superiore sorgeva un tem-po, come del resto si riscontra in ogni terra di qualcheimportanza, il castello, ora convertito alla più felice vil-leggiatura de' signori Valaperta, dove più d'una voltavidi ospite quel valoroso campione dell'arte pittoricamoderna che è Francesco Hayez.

Di sotto al castello si avvalla con grazioso effetto ilterreno, epperò vien detto Pravalle, pel quale un dì pre-cipitavasi il torrente Bocogna, menando i soliti guastide' suoi pari; ma i Valaperta ne rivolsero a bene le ac-que, facendole servire ad una filanda o filatoio.

Sul ciglio dell'opposta eminenza, al di là di Pravalle,si pavoneggia la elegante villeggiatura de' signori Conti,che divide coi Valaperta i vantaggi della fortunatissimaposizione.

Erba Superiore è occupata per lo più da ville o caseda villeggiatura: il movimento principale è nondimenoin Erba Inferiore. La borgata è dotata di Pretura, di uffi-cio telegrafico e di albergo: ha tutte le botteghe occorre-voli al vitto, come in una città; massime le carni vi sitrovano eccellenti dai villeggianti; al suo caffè, elegan-temente riaddobbato di fresco e famoso pe' suoi amaret-ti, sorta di pasticcini torrefatti e che contendono il pri-mato con quelli di Saronno, nelle ore pomeridianed'autunno vi convengono i signori e le eleganti dei din-torni, sia venendovi a piedi, sia cogli equipaggi, felici

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del vedersi gli uni gli altri; perocchè, del resto, la sostaavvenga in una via ristretta e senza attrattiva di sorta.

Sulla vetta dell'eminenza su cui seggono le sue case,il pittor Rosa, nel grandioso caseggiato da lui fabbricatoe che affitta nelle ferie autunnali a famiglie per lo piùmilanesi in distinti e ammobigliati appartamenti, costruìun teatro, nel quale in quella stagione recita talvoltaqualche drammatica compagnia sviata.

O per la postale, o per sentieri si discende nel sotto-posto piano a Vill'Incino, dove sorge la preposituralenella cui giurisdizione è Erba. Scendendo per la prima,al risvolto trovasi la villa già Clerici, ora Mazzucchetti,che ognun veggendo augura veder tramutato in albergo,tanto se ne sente il bisogno e propizia ne appaia la posi-zione; ed a fianco di essa al principio della via che si in-terna e guida a Lezza sorge altra villa de' signori Brivioed un filatoio. Proseguendo invece per la postale, dopola Clerici, a un centinaio di passi si è alla suddetta pre-positurale. Alquanto più in là è Incino, o Mercato d'Inci-no, che, comunque spopolato tutti i dì della settimanaall'infuori del giovedì, in cui v'è l'antichissimo mercatocon opportuni portici e che diè nome al paese, pure hamemoria di fatti storici. Eravi certo una colonia romanae vi si trovarono sepolcri e ossa giganti e armaturedell'epoca. Chiamavasi allora Liciniforum, ossia foro omercato di Licinio, dal nome di qualche pretore o patro-no che vi comandava la stazione militare, o la colonia;onde il conservato nome di per sè vale a scalzare d'ognifondamento la pretesa di chi volle collocare Liciniforum

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del vedersi gli uni gli altri; perocchè, del resto, la sostaavvenga in una via ristretta e senza attrattiva di sorta.

Sulla vetta dell'eminenza su cui seggono le sue case,il pittor Rosa, nel grandioso caseggiato da lui fabbricatoe che affitta nelle ferie autunnali a famiglie per lo piùmilanesi in distinti e ammobigliati appartamenti, costruìun teatro, nel quale in quella stagione recita talvoltaqualche drammatica compagnia sviata.

O per la postale, o per sentieri si discende nel sotto-posto piano a Vill'Incino, dove sorge la preposituralenella cui giurisdizione è Erba. Scendendo per la prima,al risvolto trovasi la villa già Clerici, ora Mazzucchetti,che ognun veggendo augura veder tramutato in albergo,tanto se ne sente il bisogno e propizia ne appaia la posi-zione; ed a fianco di essa al principio della via che si in-terna e guida a Lezza sorge altra villa de' signori Brivioed un filatoio. Proseguendo invece per la postale, dopola Clerici, a un centinaio di passi si è alla suddetta pre-positurale. Alquanto più in là è Incino, o Mercato d'Inci-no, che, comunque spopolato tutti i dì della settimanaall'infuori del giovedì, in cui v'è l'antichissimo mercatocon opportuni portici e che diè nome al paese, pure hamemoria di fatti storici. Eravi certo una colonia romanae vi si trovarono sepolcri e ossa giganti e armaturedell'epoca. Chiamavasi allora Liciniforum, ossia foro omercato di Licinio, dal nome di qualche pretore o patro-no che vi comandava la stazione militare, o la colonia;onde il conservato nome di per sè vale a scalzare d'ognifondamento la pretesa di chi volle collocare Liciniforum

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nel luogo del poco discosto Parravicino.Del tempo romano qui si sterrarono e lessero due la-

pidi.La prima:

HerculiC. MetiliusSecundus

Votum Solvit Libens Merito.

La seconda:Jovi Optimo Maximo

Cœsia Tullii FiliaMaximaSacerdos

Divae Matidiae40.

Una terza lapide importa poi di qui riferire, come rin-venuta in alcune escavazioni, perchè forse fa cenno diun ninfeo qui esistito:

Lymphis Viribus Quintus VibiusSeverus votum solvit.

Anche più tardi, nel medio-evo, da Landolfo da Car-dano, arcivescovo di Milano (979-998), venne Incinoeretto in capitanato, investendone della suprema autoritàun suo fratello, come aveva egualmente fatto degli altridue capitanati di Carcano e Pirovano con Missaglia. IComaschi e i Torriani, combattendo Ottone Visconti ar-

40 Matidia era nipote di Trajano e suocera di Adriano; epperò qui la veggiamodivinizzata.

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nel luogo del poco discosto Parravicino.Del tempo romano qui si sterrarono e lessero due la-

pidi.La prima:

HerculiC. MetiliusSecundus

Votum Solvit Libens Merito.

La seconda:Jovi Optimo Maximo

Cœsia Tullii FiliaMaximaSacerdos

Divae Matidiae40.

Una terza lapide importa poi di qui riferire, come rin-venuta in alcune escavazioni, perchè forse fa cenno diun ninfeo qui esistito:

Lymphis Viribus Quintus VibiusSeverus votum solvit.

Anche più tardi, nel medio-evo, da Landolfo da Car-dano, arcivescovo di Milano (979-998), venne Incinoeretto in capitanato, investendone della suprema autoritàun suo fratello, come aveva egualmente fatto degli altridue capitanati di Carcano e Pirovano con Missaglia. IComaschi e i Torriani, combattendo Ottone Visconti ar-

40 Matidia era nipote di Trajano e suocera di Adriano; epperò qui la veggiamodivinizzata.

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Page 366: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

civescovo di Milano e capo di parte nobilesca, lo diroc-carono. Su queste terre, in età più inoltrata, fervendo lelotte guelfe e ghibelline, la fazione guelfa portò desola-zione e morte, soqquadrando ogni avere e commettendoi più infami assassinî.

Era poi Incino la pieve più vasta ed importantedell'arcivescovato di Milano, e fino dal 1288 contavasotto la propria giurisdizione sessanta chiese. Alla suaprepositurale andava inoltre aggiunta una collegiata dipiù canonici, che San Carlo, nel 1584, trasferì alla, pros-sima chiesa di Vill'Incino, avendo trovato spopolato ilpaese. Quella chiesa antica è per altro degnissima, per lasua vetustà, di osservazione.

Il giovedì, frequentatissimo è ora il mercato anche da'villeggianti de' dintorni; ma verso il meriggio si dirada ilconcorso, e poco poco il vecchio mercato di Incino rica-de nel primitivo silenzio e nella solitudine.

Con tutto ciò vi sono due decenti alberghi, dove tro-van alloggio benestanti famiglie sempre nella stagioneautunnale, e alle quali appunto la quotidiana solitudinetoglie soggezione e aggiunge quella maggiore tranquilli-tà che si accorre appunto dalla città a ricercare in cam-pagna.

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civescovo di Milano e capo di parte nobilesca, lo diroc-carono. Su queste terre, in età più inoltrata, fervendo lelotte guelfe e ghibelline, la fazione guelfa portò desola-zione e morte, soqquadrando ogni avere e commettendoi più infami assassinî.

Era poi Incino la pieve più vasta ed importantedell'arcivescovato di Milano, e fino dal 1288 contavasotto la propria giurisdizione sessanta chiese. Alla suaprepositurale andava inoltre aggiunta una collegiata dipiù canonici, che San Carlo, nel 1584, trasferì alla, pros-sima chiesa di Vill'Incino, avendo trovato spopolato ilpaese. Quella chiesa antica è per altro degnissima, per lasua vetustà, di osservazione.

Il giovedì, frequentatissimo è ora il mercato anche da'villeggianti de' dintorni; ma verso il meriggio si dirada ilconcorso, e poco poco il vecchio mercato di Incino rica-de nel primitivo silenzio e nella solitudine.

Con tutto ciò vi sono due decenti alberghi, dove tro-van alloggio benestanti famiglie sempre nella stagioneautunnale, e alle quali appunto la quotidiana solitudinetoglie soggezione e aggiunge quella maggiore tranquilli-tà che si accorre appunto dalla città a ricercare in cam-pagna.

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Page 367: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

ESCURSIONE TRENTESIMASETTIMA.LA VILLA ADELAIDE.

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ESCURSIONE TRENTESIMASETTIMA.LA VILLA ADELAIDE.

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Page 368: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Villa Maria. - Bucinigo. - Pomerio. - Villalbese. - Parravicino. -Ville Parravicini, Belgiojoso e Gariboldi. - La torre pendente. -Casiglio. - Carcano. - Battaglia contro il Barbarossa. - Orseni-go. - Il Carudo. - Le Lische Amare. - Alserio. - Castellazzo. -La Ca' de' ladri. - La Retusa. - Tassera. - La villa Adelaide.

Da Erba, salendo la via che corre sotto l'antico castel-lo, ora villa Valaperta, e volgendo a manca, dietro la vil-la Conti è la strada che va a Parravicino e subito s'incon-tra la villa Maria, della contessa Maria Lurani.

Solo prima dirò una parola di Bucinigo e Pomerio,che si comprendono nel Pian d'Erba; perocchè dopo se-gua Villalbese, celebre per ottime castagne e per fre-schissimi crotti, a cui gli amatori del buon vino corronoad ogni lieta occasione, ma che entra in una diversa cir-coscrizione da quella del Pian d'Erba; onde avanti diesso mi convenga arrestarmi, perchè, tratto dalle bellez-ze dei luoghi, facilmente sarei fuorviato dal mio cómpi-to e arriverei presto per quella via a Como.

Bucinigo, terricciuola resa vivace da filande e incan-natoî, ha più d'una villa, e fra queste quella de' signoriVidiserti, che giovami specialmente ricordare perchè fa-mosa per la sua patriarcale ospitalità, ivi i moltissimiamici rinvenendo sempre la più graziosa accoglienza. Anoi poco importa di discettare sulla pretesa di coloro cheil nome al paese sia stato lasciato da un buco iniquo, chedicono esistere tuttavia in un giardino, e così appellatoperchè nei tempi delle prepotenze feudali ivi si dessemartirio agli infelici che non entravan nel genio de' pa-

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Villa Maria. - Bucinigo. - Pomerio. - Villalbese. - Parravicino. -Ville Parravicini, Belgiojoso e Gariboldi. - La torre pendente. -Casiglio. - Carcano. - Battaglia contro il Barbarossa. - Orseni-go. - Il Carudo. - Le Lische Amare. - Alserio. - Castellazzo. -La Ca' de' ladri. - La Retusa. - Tassera. - La villa Adelaide.

Da Erba, salendo la via che corre sotto l'antico castel-lo, ora villa Valaperta, e volgendo a manca, dietro la vil-la Conti è la strada che va a Parravicino e subito s'incon-tra la villa Maria, della contessa Maria Lurani.

Solo prima dirò una parola di Bucinigo e Pomerio,che si comprendono nel Pian d'Erba; perocchè dopo se-gua Villalbese, celebre per ottime castagne e per fre-schissimi crotti, a cui gli amatori del buon vino corronoad ogni lieta occasione, ma che entra in una diversa cir-coscrizione da quella del Pian d'Erba; onde avanti diesso mi convenga arrestarmi, perchè, tratto dalle bellez-ze dei luoghi, facilmente sarei fuorviato dal mio cómpi-to e arriverei presto per quella via a Como.

Bucinigo, terricciuola resa vivace da filande e incan-natoî, ha più d'una villa, e fra queste quella de' signoriVidiserti, che giovami specialmente ricordare perchè fa-mosa per la sua patriarcale ospitalità, ivi i moltissimiamici rinvenendo sempre la più graziosa accoglienza. Anoi poco importa di discettare sulla pretesa di coloro cheil nome al paese sia stato lasciato da un buco iniquo, chedicono esistere tuttavia in un giardino, e così appellatoperchè nei tempi delle prepotenze feudali ivi si dessemartirio agli infelici che non entravan nel genio de' pa-

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droni; o sulla contraria opinione di chi invece dalla ter-minazione presume aver il nome radice celtica: lascia-mo ai dotti il trarsi d'impaccio. La torre, di cui son su-perstiti pochi ruderi, rammenta le lotte fra loro sostenutedalle famiglie Sacco e Parravicino.

A Pomerio, vicinissimo, veggonsi avanzi di fortifica-zioni, che dovevano esservi necessariamente per rispon-dere al nome di post murum, il quale d'altronde era nellaterminologia militare d'allora.

A Parravicino, vediamo seguitarsi tre o quattro villegraziose dei Parravicini, dei Belgiojoso e dei Gariboldi.

Nel giardino de' Belgiojoso vedesi una torre penden-te, come il campanile di Pisa e la Carisenda di Bologna,ricordata da Dante nel canto XXXI dell'Inferno.

Segna essa la dimora de' Parravicini, che, sbandeggia-ti dai Rusconi di Como, qui venuti, diedero origine alvillaggio.

Di Casiglio non vale far cenno, che per dire esserenella sua chiesa il sepolcro di Beltramino Parravicino, ilqual fu vescovo di Como e poi di Bologna.

Fuor della strada, è Carcano, che fu già castello fortee sostenne più assedî, e diè origine alla patrizia famigliade' Carcano. In queste campagne fra Carcano, Orsenigoe Tassera, nel nove agosto 1160 fu combattuta una fierabattaglia fra gli aderenti di Federico Barbarossa e quellide' Milanesi, e che altri chiamano di Tassera, altri diCarcano, altri di Orsenigo; ma non importa il nome,mentre giovi invece conoscere come ne fosse felicissi-mo risultamento la sconfitta del Barbarossa e il pieno

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droni; o sulla contraria opinione di chi invece dalla ter-minazione presume aver il nome radice celtica: lascia-mo ai dotti il trarsi d'impaccio. La torre, di cui son su-perstiti pochi ruderi, rammenta le lotte fra loro sostenutedalle famiglie Sacco e Parravicino.

A Pomerio, vicinissimo, veggonsi avanzi di fortifica-zioni, che dovevano esservi necessariamente per rispon-dere al nome di post murum, il quale d'altronde era nellaterminologia militare d'allora.

A Parravicino, vediamo seguitarsi tre o quattro villegraziose dei Parravicini, dei Belgiojoso e dei Gariboldi.

Nel giardino de' Belgiojoso vedesi una torre penden-te, come il campanile di Pisa e la Carisenda di Bologna,ricordata da Dante nel canto XXXI dell'Inferno.

Segna essa la dimora de' Parravicini, che, sbandeggia-ti dai Rusconi di Como, qui venuti, diedero origine alvillaggio.

Di Casiglio non vale far cenno, che per dire esserenella sua chiesa il sepolcro di Beltramino Parravicino, ilqual fu vescovo di Como e poi di Bologna.

Fuor della strada, è Carcano, che fu già castello fortee sostenne più assedî, e diè origine alla patrizia famigliade' Carcano. In queste campagne fra Carcano, Orsenigoe Tassera, nel nove agosto 1160 fu combattuta una fierabattaglia fra gli aderenti di Federico Barbarossa e quellide' Milanesi, e che altri chiamano di Tassera, altri diCarcano, altri di Orsenigo; ma non importa il nome,mentre giovi invece conoscere come ne fosse felicissi-mo risultamento la sconfitta del Barbarossa e il pieno

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trionfo de' Milanesi, determinato dall'improvviso inter-vento di quei di Orsenigo ed Erba, ai quali fu in guider-done concesso di poi il diritto di cittadinanza. In mezzoa questi campi, l'arcivescovo Uberto da Pirovano, canta-to aveva allora sul carroccio milanese la messa e tenutauna sacra arringa a' soldati onde eccitarli alla pugnacontro l'invasore straniero. Nel primo scontro, che futerribile, quel sacro carro caduto nelle mani nemiche,veniva distrutto nel luogo detto il Carudo; ma poi, perl'insperato soccorso, ristorate d'un tratto le sorti dellabattaglia, i Milanesi s'erano presa la rivincita gloriosa.

L'oste nemica si era spinta fino al lago d'Alserio, bre-ve bacino di un miglio e un quarto di lunghezza e dimezzo di larghezza, sulla cui sponda è Alserio piccolpaese che gli dà il nome. Era nel pantano delle LischeAmare che vuolsi s'impigliasse il corsiero del Barbaros-sa, onde il tempo perduto a districarsene gli avesse ariuscire fatale. - Castellazzo, paesello, su d'una facileeminenza, fu così detto da un forte che i Milanesi vi co-strussero nel luglio del 1162 per contrapporre a quello diCarcano, ove si erano rifugiati, pronti a rinnovare le of-fese, i fautori dell'Enobarbo.

Al piede di questa bella eminenza evvi un casale edun'osteria, detta la Ca' de' ladri: è facile indovinarecome la brutta denominazione le venisse dall'essere illuogo isolato e proprio, massime in addietro, a ricove-rarvi siffatta genìa.

Tutti questi paesi or sono animati da ville ed opificî, enella parte più elevata di questo punto, vicino al lago,

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trionfo de' Milanesi, determinato dall'improvviso inter-vento di quei di Orsenigo ed Erba, ai quali fu in guider-done concesso di poi il diritto di cittadinanza. In mezzoa questi campi, l'arcivescovo Uberto da Pirovano, canta-to aveva allora sul carroccio milanese la messa e tenutauna sacra arringa a' soldati onde eccitarli alla pugnacontro l'invasore straniero. Nel primo scontro, che futerribile, quel sacro carro caduto nelle mani nemiche,veniva distrutto nel luogo detto il Carudo; ma poi, perl'insperato soccorso, ristorate d'un tratto le sorti dellabattaglia, i Milanesi s'erano presa la rivincita gloriosa.

L'oste nemica si era spinta fino al lago d'Alserio, bre-ve bacino di un miglio e un quarto di lunghezza e dimezzo di larghezza, sulla cui sponda è Alserio piccolpaese che gli dà il nome. Era nel pantano delle LischeAmare che vuolsi s'impigliasse il corsiero del Barbaros-sa, onde il tempo perduto a districarsene gli avesse ariuscire fatale. - Castellazzo, paesello, su d'una facileeminenza, fu così detto da un forte che i Milanesi vi co-strussero nel luglio del 1162 per contrapporre a quello diCarcano, ove si erano rifugiati, pronti a rinnovare le of-fese, i fautori dell'Enobarbo.

Al piede di questa bella eminenza evvi un casale edun'osteria, detta la Ca' de' ladri: è facile indovinarecome la brutta denominazione le venisse dall'essere illuogo isolato e proprio, massime in addietro, a ricove-rarvi siffatta genìa.

Tutti questi paesi or sono animati da ville ed opificî, enella parte più elevata di questo punto, vicino al lago,

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evvi la Retusa, fonte limpida, salubre e perenne, usu-fruttata a muovere macine, e ad animare stabilimenti diserica industria.

Affrettiamoci invece a visitare la villa Adelaide, chesorge a Tassera e presso alla riva del lago d'Alserio.

Dapprima l'ebbe la famiglia Imbonati, della quale fuultimo rampollo quel marchese Carlo, alla cui memoriaconsacrò Manzoni splendidissimi versi sciolti, che oraha il torto di respingere dalle edizioni fatte sotto gli au-spicî suoi; poi l'ereditò il barone Patroni, che, fattaladall'architetto Clerichetti di Milano ultimare, riducendo-la a stile nordico, forse scozzese, diventò fra le piùsplendide che si conoscano anche per ricchezza degli in-terni adornamenti. I giardini sono egregiamente ordina-ti; getti d'acque perenni la ravvivano, comunque non siatutto ciò giunto, per sentimento degli schifiltosi, a to-gliere quell'aria poco allegra che quel seno del lago vidà. Morto il Patroni e legata ai Calvi la villa, questi latennero per poco, vendendola a un commerciante geno-vese che volle lucrare togliendovi molti alberi; ma essafortunatamente, fin allora chiamata. Patroni, dal suo piùgeneroso proprietario, venne di recente alle mani delcav. Domenico Basevi, che, profondendovi egregie som-me, non solo la restituì al primitivo splendore, ma ne loaumentò d'assai.

Figuri quindi il lettore se non avessi allora ragione didedicarle una speciale escursione.

Oggi essa ha nuovo battesimo, e dal nome della sposadell'attuale proprietario, si intitola Villa Adelaide.

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evvi la Retusa, fonte limpida, salubre e perenne, usu-fruttata a muovere macine, e ad animare stabilimenti diserica industria.

Affrettiamoci invece a visitare la villa Adelaide, chesorge a Tassera e presso alla riva del lago d'Alserio.

Dapprima l'ebbe la famiglia Imbonati, della quale fuultimo rampollo quel marchese Carlo, alla cui memoriaconsacrò Manzoni splendidissimi versi sciolti, che oraha il torto di respingere dalle edizioni fatte sotto gli au-spicî suoi; poi l'ereditò il barone Patroni, che, fattaladall'architetto Clerichetti di Milano ultimare, riducendo-la a stile nordico, forse scozzese, diventò fra le piùsplendide che si conoscano anche per ricchezza degli in-terni adornamenti. I giardini sono egregiamente ordina-ti; getti d'acque perenni la ravvivano, comunque non siatutto ciò giunto, per sentimento degli schifiltosi, a to-gliere quell'aria poco allegra che quel seno del lago vidà. Morto il Patroni e legata ai Calvi la villa, questi latennero per poco, vendendola a un commerciante geno-vese che volle lucrare togliendovi molti alberi; ma essafortunatamente, fin allora chiamata. Patroni, dal suo piùgeneroso proprietario, venne di recente alle mani delcav. Domenico Basevi, che, profondendovi egregie som-me, non solo la restituì al primitivo splendore, ma ne loaumentò d'assai.

Figuri quindi il lettore se non avessi allora ragione didedicarle una speciale escursione.

Oggi essa ha nuovo battesimo, e dal nome della sposadell'attuale proprietario, si intitola Villa Adelaide.

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ESCURSIONE TRENTESIMOTTAVA.MONGUZZO.

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ESCURSIONE TRENTESIMOTTAVA.MONGUZZO.

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Pontenuovo. - Merone, Mojana, Rogeno, Casletto e GarbagnateRota. - Nobero. - Le sue pesche. - Il Cavolto. - Le fornaci. -Monguzzo. - Il suo castello e la sua storia. - I marchesi Rosa-les. - Villeggiatura Mondolfo.

Tanto da questa parte ove ci troviamo, quantodall'altra parte del lago d'Alserio, per la via che dallaVallassina si va ad Inverigo, si può ascendere sulla vettadel colle su cui signoreggia Monguzzo: noi attendendodi continuare per la via di Parravicino nella venturaescursione, scegliamo adesso la seconda.

Esciti da Vill'Incino, che già vedemmo, ci troviamo,dopo avere attraversato una strada che si chiude fra icampi, alla via provinciale della Malpensata, e, volgen-do a ritroso di essa, cioè a destra, in poco tratto di cam-mino ci troviamo a Pontenuovo, da dove una via riescea Merone, quindi a Moiana, Rogeno, Casletto e Garba-gnate Rota, paesi tutti rallegrati da signorili villeggiatu-re, che di poco discosti da Bosisio chiudono da una par-te, all'intorno al lago di Pusiano, quel territorio che ab-biam percorso del Pian d'Erba. Proseguendo poi perquella onde siam venuti, ci vediamo a Nobero, o Nobile,come altri chiama questo quadrato di caseggiati apertoda un lato, che, tinto per la più parte in roseo, ti accennacom'esso appartenga ad un solo proprietario, al signordottor Domenico Porro, che personalmente attendendoalla sapiente direzione dei suoi fondi, ne ottiene i più fe-condi risultamenti. Particolarità di questo villaggio sonole più eccellenti pesche, sulle quali conta il colono fra i

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Pontenuovo. - Merone, Mojana, Rogeno, Casletto e GarbagnateRota. - Nobero. - Le sue pesche. - Il Cavolto. - Le fornaci. -Monguzzo. - Il suo castello e la sua storia. - I marchesi Rosa-les. - Villeggiatura Mondolfo.

Tanto da questa parte ove ci troviamo, quantodall'altra parte del lago d'Alserio, per la via che dallaVallassina si va ad Inverigo, si può ascendere sulla vettadel colle su cui signoreggia Monguzzo: noi attendendodi continuare per la via di Parravicino nella venturaescursione, scegliamo adesso la seconda.

Esciti da Vill'Incino, che già vedemmo, ci troviamo,dopo avere attraversato una strada che si chiude fra icampi, alla via provinciale della Malpensata, e, volgen-do a ritroso di essa, cioè a destra, in poco tratto di cam-mino ci troviamo a Pontenuovo, da dove una via riescea Merone, quindi a Moiana, Rogeno, Casletto e Garba-gnate Rota, paesi tutti rallegrati da signorili villeggiatu-re, che di poco discosti da Bosisio chiudono da una par-te, all'intorno al lago di Pusiano, quel territorio che ab-biam percorso del Pian d'Erba. Proseguendo poi perquella onde siam venuti, ci vediamo a Nobero, o Nobile,come altri chiama questo quadrato di caseggiati apertoda un lato, che, tinto per la più parte in roseo, ti accennacom'esso appartenga ad un solo proprietario, al signordottor Domenico Porro, che personalmente attendendoalla sapiente direzione dei suoi fondi, ne ottiene i più fe-condi risultamenti. Particolarità di questo villaggio sonole più eccellenti pesche, sulle quali conta il colono fra i

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Page 374: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

prodotti a sè dovuti: diritto cotesto limitato a questi ter-rieri, onde moltiplicate se ne veggano le piante.

Prima però d'entrare in Nobero, non sarà inopportunodare uno sguardo al Cavolto, specie di serbatoio delLambro, da cui si deduce l'acqua che va ad irrigare ilreal parco di Monza, dopo avere percorso una quindici-na di miglia.

Alle fornaci presso Nobile si fanno mattoni marmora-ti, valendosi di un'argilla che si cava dal pendío orienta-le d'un poggio, che ha un color plumbeo, e mescendolacon altra ordinaria gialla.

Per una strada praticata nel colle, si monta a Monguz-zo.

Il paese è in felicissima postura, perchè a mattinovede il Pian d'Erba, a mezzogiorno domina il bacinodell'Éupili, a ponente la Brianza, e a sera la villa delSoldo, Fabbrica e infiniti altri paeselli, tutto recinto poil'orizzonte da una corona azzurra di montagne, colleonde del lago d'Alserio che gli baciano le pendici delcolle su cui posa.

In antico fu paese nella podestà dell'arciprete di Mon-za, che vi esercitava giurisdizione feudale, come su mol-te altre terre; quindi parve luogo a fortilizî, e vi fu fab-bricato un acconcio castello, e Francesco II Sforza loconcedeva in feudo ad Alessando Bentivoglio, spodesta-to signore di Bologna e governatore del Milanese, dellacui famiglia è la cappella che in Milano si vede nellachiesa di San Maurizio del Monastero Maggiore sul cor-so di porta Magenta.

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prodotti a sè dovuti: diritto cotesto limitato a questi ter-rieri, onde moltiplicate se ne veggano le piante.

Prima però d'entrare in Nobero, non sarà inopportunodare uno sguardo al Cavolto, specie di serbatoio delLambro, da cui si deduce l'acqua che va ad irrigare ilreal parco di Monza, dopo avere percorso una quindici-na di miglia.

Alle fornaci presso Nobile si fanno mattoni marmora-ti, valendosi di un'argilla che si cava dal pendío orienta-le d'un poggio, che ha un color plumbeo, e mescendolacon altra ordinaria gialla.

Per una strada praticata nel colle, si monta a Monguz-zo.

Il paese è in felicissima postura, perchè a mattinovede il Pian d'Erba, a mezzogiorno domina il bacinodell'Éupili, a ponente la Brianza, e a sera la villa delSoldo, Fabbrica e infiniti altri paeselli, tutto recinto poil'orizzonte da una corona azzurra di montagne, colleonde del lago d'Alserio che gli baciano le pendici delcolle su cui posa.

In antico fu paese nella podestà dell'arciprete di Mon-za, che vi esercitava giurisdizione feudale, come su mol-te altre terre; quindi parve luogo a fortilizî, e vi fu fab-bricato un acconcio castello, e Francesco II Sforza loconcedeva in feudo ad Alessando Bentivoglio, spodesta-to signore di Bologna e governatore del Milanese, dellacui famiglia è la cappella che in Milano si vede nellachiesa di San Maurizio del Monastero Maggiore sul cor-so di porta Magenta.

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Ma quel famigerato prepotente del Gian Giacomo De'Medici, detto il Medeghino, del quale già narrai in unapassata escursione le ribalde gesta, lo lasciò per pocogodere degli ozî di Monguzzo; perocchè, parendoglienela rôcca assai propria a' suoi disegni, un dì, nel 1533, as-salitola alla sprovvista, ne cacciò quelli che la presidia-vano pel Bentivoglio, e se ne installò padrone, spargen-do d'ogni intorno per le terre della Brianza, e massimeper la Valsorda, il terrore. E taglieggiava da qui non imassai soltanto, ma anche i signori, che cercava di im-prigionare e non rilasciare che contro enormi riscatti eteneva in allarme la fortezza di Brivio e massime diTrezzo di più grande importanza.

Il Missaglia, amico di questo fiero capitano di venturae storico di sue gesta, lo scagiona dall'aver tolto al Ben-tivoglio il castello, narrando come all'occupazione diesso fosse stato dallo Sforza medesimo ordinato, e for-nendone le ragioni. "Possedeva, scrive egli, in quel tem-po il castello di Monguzzo come suo proprio AlessandroBentivoglio, figliuolo di Giovanni, già signore di Bolo-gna, parente del duca e di molta autorità appresso lui,uomo di gran sincerità, ma poco inclinato all'armi. Il ca-stellano, visto con che poca cura e guardia era tenutoquel luogo dal Bentivoglio, per sue lettere e col mezzod'amici suoi, fece intendere al duca con quanta facilità econ quanto suo danno quel luogo, mal guardato, potevacapitare in mano degli imperiali (gli Spagnuoli di CarloV comandati da Antonio De Leyva), offrendosi quandofosse rimesso alla sua custodia non solo di ben guardar-

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Ma quel famigerato prepotente del Gian Giacomo De'Medici, detto il Medeghino, del quale già narrai in unapassata escursione le ribalde gesta, lo lasciò per pocogodere degli ozî di Monguzzo; perocchè, parendoglienela rôcca assai propria a' suoi disegni, un dì, nel 1533, as-salitola alla sprovvista, ne cacciò quelli che la presidia-vano pel Bentivoglio, e se ne installò padrone, spargen-do d'ogni intorno per le terre della Brianza, e massimeper la Valsorda, il terrore. E taglieggiava da qui non imassai soltanto, ma anche i signori, che cercava di im-prigionare e non rilasciare che contro enormi riscatti eteneva in allarme la fortezza di Brivio e massime diTrezzo di più grande importanza.

Il Missaglia, amico di questo fiero capitano di venturae storico di sue gesta, lo scagiona dall'aver tolto al Ben-tivoglio il castello, narrando come all'occupazione diesso fosse stato dallo Sforza medesimo ordinato, e for-nendone le ragioni. "Possedeva, scrive egli, in quel tem-po il castello di Monguzzo come suo proprio AlessandroBentivoglio, figliuolo di Giovanni, già signore di Bolo-gna, parente del duca e di molta autorità appresso lui,uomo di gran sincerità, ma poco inclinato all'armi. Il ca-stellano, visto con che poca cura e guardia era tenutoquel luogo dal Bentivoglio, per sue lettere e col mezzod'amici suoi, fece intendere al duca con quanta facilità econ quanto suo danno quel luogo, mal guardato, potevacapitare in mano degli imperiali (gli Spagnuoli di CarloV comandati da Antonio De Leyva), offrendosi quandofosse rimesso alla sua custodia non solo di ben guardar-

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lo, ma eziandio con la comodità di quello, danneggiaremolto i nemici, ed assicurare quella parte del ducato dal-le invasioni degli Spagnuoli; il che sarebbe stato comeun freno a Lecco, tenuto da essi. Il duca, che, reso il ca-stello di Milano, si trovava in Lodi, tolto dalle mani de-gli imperiali e dato alla lega da Lodovico Vistarino, ben-chè dopo la prigionia del Morone gli mostrasse poca in-clinazione e poco fidasse di lui, pur conoscendo vere lesue ragioni e dubitando di peggio, e anco come quelch'era posto in gran necessità di denari, sentiva volentie-ri che quel castello si avesse a guardare senza suo costo.Scrisse al Bentivoglio che rimettesse il castello allaguardia del Medici, e le lettere furono inviate a lui stes-so, perchè le presentasse al Bentivoglio. Il Medici ac-cortissimo, conoscendo quanto fosse per spiacere questoal Bentivoglio, e quanto egli potesse appresso il duca,dubitò, e ragionevolmente, che se gli mandava le letterefosse per riuscire vano il suo disegno; onde con l'aiutodi molti principali del paese suoi amici fatta una buonaraccolta di gente, accostastosi una notte a Monguzzo, escalatolo, si appresentò alla rocchetta ove era il Bentivo-glio con la sua famiglia e con le lettere ducali, e con laforza strinselo ad uscire dal castello41."

Quando il De Leyva ebbe contezza della caduta diMonguzzo nelle mani del Medeghino, così se ne dolse,perchè da lui si attendesse maggior travaglio che nondal Bentivoglio, vi spacciò il conte Lodovico Belgioioso41 Vita di Gian Giacomo Medici, di Marcantonio Missaglia. Milano, ediz. Co-lombo, 1854.

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lo, ma eziandio con la comodità di quello, danneggiaremolto i nemici, ed assicurare quella parte del ducato dal-le invasioni degli Spagnuoli; il che sarebbe stato comeun freno a Lecco, tenuto da essi. Il duca, che, reso il ca-stello di Milano, si trovava in Lodi, tolto dalle mani de-gli imperiali e dato alla lega da Lodovico Vistarino, ben-chè dopo la prigionia del Morone gli mostrasse poca in-clinazione e poco fidasse di lui, pur conoscendo vere lesue ragioni e dubitando di peggio, e anco come quelch'era posto in gran necessità di denari, sentiva volentie-ri che quel castello si avesse a guardare senza suo costo.Scrisse al Bentivoglio che rimettesse il castello allaguardia del Medici, e le lettere furono inviate a lui stes-so, perchè le presentasse al Bentivoglio. Il Medici ac-cortissimo, conoscendo quanto fosse per spiacere questoal Bentivoglio, e quanto egli potesse appresso il duca,dubitò, e ragionevolmente, che se gli mandava le letterefosse per riuscire vano il suo disegno; onde con l'aiutodi molti principali del paese suoi amici fatta una buonaraccolta di gente, accostastosi una notte a Monguzzo, escalatolo, si appresentò alla rocchetta ove era il Bentivo-glio con la sua famiglia e con le lettere ducali, e con laforza strinselo ad uscire dal castello41."

Quando il De Leyva ebbe contezza della caduta diMonguzzo nelle mani del Medeghino, così se ne dolse,perchè da lui si attendesse maggior travaglio che nondal Bentivoglio, vi spacciò il conte Lodovico Belgioioso41 Vita di Gian Giacomo Medici, di Marcantonio Missaglia. Milano, ediz. Co-lombo, 1854.

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con buon nerbo di forze onde ritorglielo; ma questi,dopo varî assalti e perdita d'un centinaio d'uomini, di-sperando venire a capo del suo proposito, si levò di là.

Certo Martino da Mondonico, animoso, ma avido diricchezza, aveva saputo entrar nelle grazie del Medici edottenuto aveva da lui il commissariato di alcune tasse econtribuzioni che con durezza esigeva. Parve al De Ley-va di poter guadagnar coll'oro il Mondonico, onde age-volarsi il conquisto di Monguzzo che gli intercettava lastrada da Lecco a Milano, ed infatti se l'ebbe facilmentea' suoi interessi. Ma l'ingordo traditore volle dapprimadi compiere il tradimento arricchirsi, ed abusando delnome del Medici, si impadroniva un bel dì del castel diPerego. Poichè vi fu penetrato, buttata la maschera, viprosciolse i prigionieri e si chiarì al servizio del De Ley-va. Il Medici mandò subito il capitano Pellicione a ri-prendere il castello, e l'ebbe coi traditori, i quali condottia Monguzzo vi vennero appiccati per la gola, e il Mon-donico, posto prima a' tormenti, fu poi vivo, siccome simeritava, inruotato.

Poneva allora il Medeghino in suo luogo castellano diMonguzzo il fratello Battista; ma poi, quando gli parvetrasferirlo a comandare la più importante fortezza diLecco della quale s'era insignorito, vi sostituì il suddettocapitano Pellicione.

Non mi so che il castello di Monguzzo fosse teatro aulteriori fatti di guerra; perocchè buttata, a questa cerbe-ro dalle tre gole, intendo dire del Medeghino, l'offa daCarlo V, col crearlo marchese di Marignano e

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con buon nerbo di forze onde ritorglielo; ma questi,dopo varî assalti e perdita d'un centinaio d'uomini, di-sperando venire a capo del suo proposito, si levò di là.

Certo Martino da Mondonico, animoso, ma avido diricchezza, aveva saputo entrar nelle grazie del Medici edottenuto aveva da lui il commissariato di alcune tasse econtribuzioni che con durezza esigeva. Parve al De Ley-va di poter guadagnar coll'oro il Mondonico, onde age-volarsi il conquisto di Monguzzo che gli intercettava lastrada da Lecco a Milano, ed infatti se l'ebbe facilmentea' suoi interessi. Ma l'ingordo traditore volle dapprimadi compiere il tradimento arricchirsi, ed abusando delnome del Medici, si impadroniva un bel dì del castel diPerego. Poichè vi fu penetrato, buttata la maschera, viprosciolse i prigionieri e si chiarì al servizio del De Ley-va. Il Medici mandò subito il capitano Pellicione a ri-prendere il castello, e l'ebbe coi traditori, i quali condottia Monguzzo vi vennero appiccati per la gola, e il Mon-donico, posto prima a' tormenti, fu poi vivo, siccome simeritava, inruotato.

Poneva allora il Medeghino in suo luogo castellano diMonguzzo il fratello Battista; ma poi, quando gli parvetrasferirlo a comandare la più importante fortezza diLecco della quale s'era insignorito, vi sostituì il suddettocapitano Pellicione.

Non mi so che il castello di Monguzzo fosse teatro aulteriori fatti di guerra; perocchè buttata, a questa cerbe-ro dalle tre gole, intendo dire del Medeghino, l'offa daCarlo V, col crearlo marchese di Marignano e

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coll'inviarlo altrove a portar guerra, spulezzò il Mede-ghino pur da questi luoghi.

Più tardi il castello apparve tramutato in amenissimavilleggiatura, mercè le cure dei marchesi Rosales allecui mani pervenne; ma l'ultimo di essi, che molto di suafortuna adoperò a pro dell'italiana indipendenza, nel1853 la vendette al conte e banchiere Sebastiano Mon-dolfo, delle cui sapienti liberalità m'avvenne già di in-trattenere, quando m'ebbi ad occupare dell'altra sua villain Borgo Vico a Como.

E liberalità sapienti operò anche qui in questa sua vil-leggiatura di Monguzzo, perocchè aprisse a sue speseuna scuola, e nel cascinale che fe' erigere introducessemolte comodità, per le quali mostrò come pur i povericoloni chiamar si debbano, per migliorarli, a parteciparealle inevitabili esigenze del vivere sociale moderno.

È una consolazione quando si vede alcuno de' privile-giati dalla fortuna, in mezzo agli agî, rammentarsi chev'ha chi soffre e penuria e gli stende misericorde lamano. Sebastiano Mondolfo ha provato in tante occasio-ni d'essere uno di costoro.

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coll'inviarlo altrove a portar guerra, spulezzò il Mede-ghino pur da questi luoghi.

Più tardi il castello apparve tramutato in amenissimavilleggiatura, mercè le cure dei marchesi Rosales allecui mani pervenne; ma l'ultimo di essi, che molto di suafortuna adoperò a pro dell'italiana indipendenza, nel1853 la vendette al conte e banchiere Sebastiano Mon-dolfo, delle cui sapienti liberalità m'avvenne già di in-trattenere, quando m'ebbi ad occupare dell'altra sua villain Borgo Vico a Como.

E liberalità sapienti operò anche qui in questa sua vil-leggiatura di Monguzzo, perocchè aprisse a sue speseuna scuola, e nel cascinale che fe' erigere introducessemolte comodità, per le quali mostrò come pur i povericoloni chiamar si debbano, per migliorarli, a parteciparealle inevitabili esigenze del vivere sociale moderno.

È una consolazione quando si vede alcuno de' privile-giati dalla fortuna, in mezzo agli agî, rammentarsi chev'ha chi soffre e penuria e gli stende misericorde lamano. Sebastiano Mondolfo ha provato in tante occasio-ni d'essere uno di costoro.

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ESCURSIONE TRENTESIMANONA.IL SOLDO.

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ESCURSIONE TRENTESIMANONA.IL SOLDO.

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Page 380: Il lago di Como e il pian d'Erba, di Pier Ambrogio Curti

Il casolare del Monastero di Sant'Ambrogio di Cantù. - Il Soldodegli Appiani. - Villa Turati. - La casa, il giardino e il parco. -Gli acquedotti. - Casino rustico. - Orsenigo. - Casa Carcano. -Anzano. - Villa del marchese Carcano. - Piccolo albergo. - Al-zate. - Vecchio castello. - Palazzo Clerici. - Fabbrica. - Brennae don Antonio Daverio.

A stretto rigore, il colle di Monguzzo, a parer mio,chiuder dovrebbe il bacino del vecchio Éupili, o, comesuolsi oggi dire, del Pian d'Erba; ma siccome è assai in-determinato anche nella mente di que' del paese il confi-ne di questa ridentissima porzione di territorio che desi-gnasi sotto la denominazione di Pian d'Erba, io credonon uscir da' limiti che s'è prefisso il mio libro spingen-do questa volta la nostra escursione da questa parte insi-no alla stupenda villeggiatura del Soldo.

E d'altronde fosse anche fuori affatto della cerchia de'paesi che dall'universale si assegna approssimativamen-te al Pian d'Erba, siccome al Soldo ci va ognuno chevenga al Pian d'Erba; così anch'io non posso a meno checondurvi il mio lettore.

Vi arriveremo dalla via di Parravicino, alla quale fac-ciamo ritorno, oltre la Ca' de' ladri, che abbiamo vedu-ta.

Lo si scorge presto, perchè esso s'alza tronfio sullacima della più lieta eminenza e di là sembra accivettarequanti necessariamente percorrendo la via che mena allaValsorda, vi rivolgono lo sguardo. Altri poggi vi stannopresso, tutti diligentemente coltivati, e di pertinenza del

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Il casolare del Monastero di Sant'Ambrogio di Cantù. - Il Soldodegli Appiani. - Villa Turati. - La casa, il giardino e il parco. -Gli acquedotti. - Casino rustico. - Orsenigo. - Casa Carcano. -Anzano. - Villa del marchese Carcano. - Piccolo albergo. - Al-zate. - Vecchio castello. - Palazzo Clerici. - Fabbrica. - Brennae don Antonio Daverio.

A stretto rigore, il colle di Monguzzo, a parer mio,chiuder dovrebbe il bacino del vecchio Éupili, o, comesuolsi oggi dire, del Pian d'Erba; ma siccome è assai in-determinato anche nella mente di que' del paese il confi-ne di questa ridentissima porzione di territorio che desi-gnasi sotto la denominazione di Pian d'Erba, io credonon uscir da' limiti che s'è prefisso il mio libro spingen-do questa volta la nostra escursione da questa parte insi-no alla stupenda villeggiatura del Soldo.

E d'altronde fosse anche fuori affatto della cerchia de'paesi che dall'universale si assegna approssimativamen-te al Pian d'Erba, siccome al Soldo ci va ognuno chevenga al Pian d'Erba; così anch'io non posso a meno checondurvi il mio lettore.

Vi arriveremo dalla via di Parravicino, alla quale fac-ciamo ritorno, oltre la Ca' de' ladri, che abbiamo vedu-ta.

Lo si scorge presto, perchè esso s'alza tronfio sullacima della più lieta eminenza e di là sembra accivettarequanti necessariamente percorrendo la via che mena allaValsorda, vi rivolgono lo sguardo. Altri poggi vi stannopresso, tutti diligentemente coltivati, e di pertinenza del

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medesimo signore, del conte Turati, salito per operosicommerci in filati di cotone a sterminata ricchezza e alpatriziato italiano.

Allorquando si è sotto la collina del Soldo, vi pare diavere davanti una scena teatrale: mulino a vento, chio-schi e padiglioni, chalets e cottages, introduzioni leggia-dre di cose forestiere, viali, telegrafo, una ben ordinata esplendida vegetazione, il tutto incoronato dal palazzoche sta in cima. La prima impressione ci avverte subitoche la villa gode di meritata fama.

Molti rammentano ancora come quivi non fosseroprima che una meschina sodaglia, borri profondi e frane,rovi ed arbusti inutili: non vi aveva infatti alla sommitàdel colle che un casolare di ragione del monastero diSant'Ambrogio di Cantù. Chi mai avrebbe detto allorache si sarebbe tramutato tanto squallore nella più gio-conda plaga? Questa metamorfosi prodigiosa, iniziatada don Giacomo Appiani d'Aragona, che ridussequell'aspro colle a villa su disegno dell'egregio architet-to Moraglia, del senno del quale già ammirammo inqueste nostre escursioni non poche opere, fu perfeziona-ta dal conte Turati.

E veramente scrissero i signori Zoncada e Garovaglionella loro opera I giardini dell'alto Milanese e del Co-masco, levando a cielo il Soldo42. Sarebbe difficile, sen-tenziaron essi, trovare altrove più stupenda varietà discene, più ampie vedute, più diverse, e nel tempo stesso,

42 Presso l'editore B. Saldini di Milano.

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medesimo signore, del conte Turati, salito per operosicommerci in filati di cotone a sterminata ricchezza e alpatriziato italiano.

Allorquando si è sotto la collina del Soldo, vi pare diavere davanti una scena teatrale: mulino a vento, chio-schi e padiglioni, chalets e cottages, introduzioni leggia-dre di cose forestiere, viali, telegrafo, una ben ordinata esplendida vegetazione, il tutto incoronato dal palazzoche sta in cima. La prima impressione ci avverte subitoche la villa gode di meritata fama.

Molti rammentano ancora come quivi non fosseroprima che una meschina sodaglia, borri profondi e frane,rovi ed arbusti inutili: non vi aveva infatti alla sommitàdel colle che un casolare di ragione del monastero diSant'Ambrogio di Cantù. Chi mai avrebbe detto allorache si sarebbe tramutato tanto squallore nella più gio-conda plaga? Questa metamorfosi prodigiosa, iniziatada don Giacomo Appiani d'Aragona, che ridussequell'aspro colle a villa su disegno dell'egregio architet-to Moraglia, del senno del quale già ammirammo inqueste nostre escursioni non poche opere, fu perfeziona-ta dal conte Turati.

E veramente scrissero i signori Zoncada e Garovaglionella loro opera I giardini dell'alto Milanese e del Co-masco, levando a cielo il Soldo42. Sarebbe difficile, sen-tenziaron essi, trovare altrove più stupenda varietà discene, più ampie vedute, più diverse, e nel tempo stesso,

42 Presso l'editore B. Saldini di Milano.

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e qui è il merito dell'uomo, una struttura, un disegnomeglio ideati, più acconci alla qualità del sito, più ri-spondenti agli ultimi progressi dell'arte de' giardini, unacoltivazione più ricca, più lussureggiante, e per certeparti più degna che si pigli ad esempio. Sono pregi ebellezze che a comprenderle non arriva che la vista; perla parola è molto ancora se le riesca di lasciarle indovi-nare. Que' viali, que' passeggi, che larghi, agevoli, spaz-zati, girano il poggio serpeggiando con sì dolce moven-za e dominando sempre l'immenso orizzonte; quelle co-stiere che verdi, fiorite, sparse d'ogni maniera di piante,si prolungano di qua, di là sì pittoresche fin giù nellavalle; que' prati, que' piani ameni dove l'occhio si riposasì tranquillo e beato; quel contrasto tra il semplice e ilgrandioso, il ridente e l'austero, tra l'arte e la natura, percui passi dalla rigida vegetazione delle Alpi alla sfog-giata delle zone più favorite dal sole; che li vedi affratel-larsi, dal vivace padiglione Chinese al chiosco orientalee al positivo casolare dello svizzero o dell'olandese, dalponte di legno che ricorda la primitiva età de' pastorialle fontane marmoree, alle statue, opera di famosi scal-pelli e documenti della più alta civiltà; bisogna vederlichi voglia farsene il giusto concetto: noi non possiamoche rammentare così a sbalzi, come la memoria ci soc-corre, di tante meraviglie quelle pochissime delle qualici è rimasta una impressione più profonda, e che per laqualità delle cose torna meno difficile a comunicarsi al-trui.

Così, per esempio, potrà di leggieri, pare a noi, anche

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e qui è il merito dell'uomo, una struttura, un disegnomeglio ideati, più acconci alla qualità del sito, più ri-spondenti agli ultimi progressi dell'arte de' giardini, unacoltivazione più ricca, più lussureggiante, e per certeparti più degna che si pigli ad esempio. Sono pregi ebellezze che a comprenderle non arriva che la vista; perla parola è molto ancora se le riesca di lasciarle indovi-nare. Que' viali, que' passeggi, che larghi, agevoli, spaz-zati, girano il poggio serpeggiando con sì dolce moven-za e dominando sempre l'immenso orizzonte; quelle co-stiere che verdi, fiorite, sparse d'ogni maniera di piante,si prolungano di qua, di là sì pittoresche fin giù nellavalle; que' prati, que' piani ameni dove l'occhio si riposasì tranquillo e beato; quel contrasto tra il semplice e ilgrandioso, il ridente e l'austero, tra l'arte e la natura, percui passi dalla rigida vegetazione delle Alpi alla sfog-giata delle zone più favorite dal sole; che li vedi affratel-larsi, dal vivace padiglione Chinese al chiosco orientalee al positivo casolare dello svizzero o dell'olandese, dalponte di legno che ricorda la primitiva età de' pastorialle fontane marmoree, alle statue, opera di famosi scal-pelli e documenti della più alta civiltà; bisogna vederlichi voglia farsene il giusto concetto: noi non possiamoche rammentare così a sbalzi, come la memoria ci soc-corre, di tante meraviglie quelle pochissime delle qualici è rimasta una impressione più profonda, e che per laqualità delle cose torna meno difficile a comunicarsi al-trui.

Così, per esempio, potrà di leggieri, pare a noi, anche

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chi mai non la vide, imaginare quale debba essere il ma-gico effetto di quella serie di stufe tutte eleganti, tuttemagnifiche, che giù giù pel dosso della collina discen-dono a gradinata, quasi emiciclo di vasto anfiteatro. Viaggiunga colla fantasia i grandi balaustrati che la ripara-no per davanti con vasi di classica forma, con piante dirara bellezza; vi aggiunga grandi e piccole fontane inmarmo ai diversi ripiani, belle tutte, bellissima qualcu-na, quella vogliamo dire che raffigura le tre Grazie, ope-ra di egregio scalpello, che ritrae quanto di più puro sep-pe mai creare il cinquecento; vi aggiunga appiè di queldosso a disuguali distanze le spelonche, le grotte di va-rio genere, alte, spaziose, tortuose, foggiate a galleria, alabirinto, fornite a dovizie d'ogni comodità, con polle,zampilli, giuochi d'acqua d'ogni sorta, con istipi a tarsia,busti, are, idoletti, medaglioni, con seggiole, scannelli,divani, lettucci, tavoli e tavolini d'ottimo gusto; e tuttoquesto sotto il più bel cielo che occhio d'uomo possa ve-dere, e dovrà farsi certamente un concetto grande diquesto luogo incantato. E sempre maggiore si farà chiconsideri le difficoltà senza numero che bisognò supera-re per tramutarlo, di selvaggio che era, nella forma e sta-to presente. Una sola vogliamo qui accennare che valgaper molte, tanto è grave; vedete quella copia d'acquavolta dall'un capo all'altro de' giardini a sì diversi usi informa qui di fontana, là di ruscello o di torrente, più giùdi lago solcato da gai navicelli? Sul luogo in origine nonse ne avea pur stilla; tutta, tutta quanta si derivò da lon-tani monti, e per magnifici acquedotti si condusse per

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chi mai non la vide, imaginare quale debba essere il ma-gico effetto di quella serie di stufe tutte eleganti, tuttemagnifiche, che giù giù pel dosso della collina discen-dono a gradinata, quasi emiciclo di vasto anfiteatro. Viaggiunga colla fantasia i grandi balaustrati che la ripara-no per davanti con vasi di classica forma, con piante dirara bellezza; vi aggiunga grandi e piccole fontane inmarmo ai diversi ripiani, belle tutte, bellissima qualcu-na, quella vogliamo dire che raffigura le tre Grazie, ope-ra di egregio scalpello, che ritrae quanto di più puro sep-pe mai creare il cinquecento; vi aggiunga appiè di queldosso a disuguali distanze le spelonche, le grotte di va-rio genere, alte, spaziose, tortuose, foggiate a galleria, alabirinto, fornite a dovizie d'ogni comodità, con polle,zampilli, giuochi d'acqua d'ogni sorta, con istipi a tarsia,busti, are, idoletti, medaglioni, con seggiole, scannelli,divani, lettucci, tavoli e tavolini d'ottimo gusto; e tuttoquesto sotto il più bel cielo che occhio d'uomo possa ve-dere, e dovrà farsi certamente un concetto grande diquesto luogo incantato. E sempre maggiore si farà chiconsideri le difficoltà senza numero che bisognò supera-re per tramutarlo, di selvaggio che era, nella forma e sta-to presente. Una sola vogliamo qui accennare che valgaper molte, tanto è grave; vedete quella copia d'acquavolta dall'un capo all'altro de' giardini a sì diversi usi informa qui di fontana, là di ruscello o di torrente, più giùdi lago solcato da gai navicelli? Sul luogo in origine nonse ne avea pur stilla; tutta, tutta quanta si derivò da lon-tani monti, e per magnifici acquedotti si condusse per

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mezzo a queste terre riarse dal sole con ingente dispen-dio.

Essa infatti si condusse con ingente spesa fin daimonti d'Albese, facendola viaggiare per 9000 metri ditubi di ghisa.

Lascio agli intelligenti di botanica il tener conto dellericchezze d'alberi e fiori d'ogni clima e paese che quison disseminati, e di estasiarsi davanti alle loro peregri-ne specie; io m'accontento di ammirare i leggiadri colo-ri, di aspirare i soavissimi profumi: accetto i soli risulta-menti e sarà meglio anche pel lettore, che certo non cer-cherà al mio libro un trattato di quella scienza.

Piuttosto non lascerò di accennare che il palazzo, senon è forse corrispondente in vastità al giardino e parco,ha tuttavia da ospitare una cinquantina di persone. Il ca-sino rustico che gli sta accanto è forse migliore nella suasemplicità; presso al casino svizzero vi è poi uno stecca-to che racchiude alcuni dei più rari animali indigeni eforestieri, fra cui primeggiano bellissimi merinos.

Ah veramente aveva dunque ragione il nostro poveroRaiberti, quando diceva di questa villa essere un Soldche var un milion!

Fra le terre circostanti ho già nella precedente escur-sione nominato Orsenigo, quella terra che con Erba tras-se in aiuto dell'armi milanesi contro quelle del Barbaros-sa: quivi adesso ricorderò la bella casa Carcano, archi-tettata dal bravo Moraglia.

Tirando dritto sulla via per la quale siamo venuti, toc-chiamo Anzano, bello per la sua elevata postura e per la

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mezzo a queste terre riarse dal sole con ingente dispen-dio.

Essa infatti si condusse con ingente spesa fin daimonti d'Albese, facendola viaggiare per 9000 metri ditubi di ghisa.

Lascio agli intelligenti di botanica il tener conto dellericchezze d'alberi e fiori d'ogni clima e paese che quison disseminati, e di estasiarsi davanti alle loro peregri-ne specie; io m'accontento di ammirare i leggiadri colo-ri, di aspirare i soavissimi profumi: accetto i soli risulta-menti e sarà meglio anche pel lettore, che certo non cer-cherà al mio libro un trattato di quella scienza.

Piuttosto non lascerò di accennare che il palazzo, senon è forse corrispondente in vastità al giardino e parco,ha tuttavia da ospitare una cinquantina di persone. Il ca-sino rustico che gli sta accanto è forse migliore nella suasemplicità; presso al casino svizzero vi è poi uno stecca-to che racchiude alcuni dei più rari animali indigeni eforestieri, fra cui primeggiano bellissimi merinos.

Ah veramente aveva dunque ragione il nostro poveroRaiberti, quando diceva di questa villa essere un Soldche var un milion!

Fra le terre circostanti ho già nella precedente escur-sione nominato Orsenigo, quella terra che con Erba tras-se in aiuto dell'armi milanesi contro quelle del Barbaros-sa: quivi adesso ricorderò la bella casa Carcano, archi-tettata dal bravo Moraglia.

Tirando dritto sulla via per la quale siamo venuti, toc-chiamo Anzano, bello per la sua elevata postura e per la

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villa e grandioso parco del marchese Carcano; a mandestra poi di questo paese, v'è la via che conduce ad Al-zate al principiar della quale or si eresse un piccolo al-bergo. In Alzate poi, oltre qualche ricca casa, meritanoosservazione un vecchio castello che si volle reliquia diromana potenza ed il palazzo Clerici.

Ma, come che l'escursione nostra fosse bastevolmentelunga per le tante cose ammirate al Soldo, chiudiamola aFabbrica, dove sulla eminenza sorge la villa dei contiDurini, che fruisce di bellissima vista e dalla, quale, ve-dendo a destra sul ciglio della collina che per l'oppostoversante sogguarda al lago di Montorfano il paese diBrenna, ivi sapendo come vi sia stato dimenticato parro-co quel fior di dottrina, di patriottismo e di bontà che èAntonio Daverio, mio maestro di latine ed italiane lette-re, mi felicito della diversa e libera carriera da me po-scia nella adolescenza abbracciata.

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villa e grandioso parco del marchese Carcano; a mandestra poi di questo paese, v'è la via che conduce ad Al-zate al principiar della quale or si eresse un piccolo al-bergo. In Alzate poi, oltre qualche ricca casa, meritanoosservazione un vecchio castello che si volle reliquia diromana potenza ed il palazzo Clerici.

Ma, come che l'escursione nostra fosse bastevolmentelunga per le tante cose ammirate al Soldo, chiudiamola aFabbrica, dove sulla eminenza sorge la villa dei contiDurini, che fruisce di bellissima vista e dalla, quale, ve-dendo a destra sul ciglio della collina che per l'oppostoversante sogguarda al lago di Montorfano il paese diBrenna, ivi sapendo come vi sia stato dimenticato parro-co quel fior di dottrina, di patriottismo e di bontà che èAntonio Daverio, mio maestro di latine ed italiane lette-re, mi felicito della diversa e libera carriera da me po-scia nella adolescenza abbracciata.

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ESCURSIONE QUARANTESIMA.INVERIGO.

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ESCURSIONE QUARANTESIMA.INVERIGO.

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Lurago. - Villa Sormani-Andreani. - Lambrugo. - Ville Galli e Ve-nini. - Inverigo. - L'arcivescovo Ariberto. - Bacco di Brianza. -L'albergo. - La Rotonda. - Il castello e la villa Crivelli. - Il Gi-gante. - L'Orrido. - S. Maria della Noce. - Cremnago. - VillaPerego. - Il Cimitero.

Se ci siamo alquanto spinti al di fuori del Pian d'Erbadalla parte di Parravicino per vedere il Soldo de' Turati,perchè non ci spingeremo ora oltre Nobero per ammira-re la famosa Rotonda d'Inverigo e l'Orrido dello stessopaese, che chiamano da ogni dove dalla Brianza brigatedi villeggianti e di curiosi; e la villa Perego di Cremna-go?

Centro Inverigo di tutta la Brianza, sarà per noi il li-mite ultimo delle escursioni che ci siam proposti di faredurante gli ozî autunnali.

Da Nobero, che abbiam già visitato, per una bellastrada si arriva a Lurago. Quivi è la villa del conte Sor-mani-Andreani, con bel giardino a pineti. Dapprimaspettava alla patrizia famiglia Crivelli, che vi risiedevaed era feudataria d'Inverigo. Posta nella parte alta delpaese, la villa vi pompeggia e chiama lo sguardo diognuno che passi.

Poco fuori di Lurago, la via intristisce e si fa fangosae trascurata fin oltre Inverigo e puossi dire fino ad Aro-sio, onde infiniti e generali i reclami dai moltissimi ob-bligati a percorrere questo stradale importante. E se neriscossero finalmente i comuni limitrofi e l'autorità, euna nuova strada e più diretta fu ordinata ed appaltata, e

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Lurago. - Villa Sormani-Andreani. - Lambrugo. - Ville Galli e Ve-nini. - Inverigo. - L'arcivescovo Ariberto. - Bacco di Brianza. -L'albergo. - La Rotonda. - Il castello e la villa Crivelli. - Il Gi-gante. - L'Orrido. - S. Maria della Noce. - Cremnago. - VillaPerego. - Il Cimitero.

Se ci siamo alquanto spinti al di fuori del Pian d'Erbadalla parte di Parravicino per vedere il Soldo de' Turati,perchè non ci spingeremo ora oltre Nobero per ammira-re la famosa Rotonda d'Inverigo e l'Orrido dello stessopaese, che chiamano da ogni dove dalla Brianza brigatedi villeggianti e di curiosi; e la villa Perego di Cremna-go?

Centro Inverigo di tutta la Brianza, sarà per noi il li-mite ultimo delle escursioni che ci siam proposti di faredurante gli ozî autunnali.

Da Nobero, che abbiam già visitato, per una bellastrada si arriva a Lurago. Quivi è la villa del conte Sor-mani-Andreani, con bel giardino a pineti. Dapprimaspettava alla patrizia famiglia Crivelli, che vi risiedevaed era feudataria d'Inverigo. Posta nella parte alta delpaese, la villa vi pompeggia e chiama lo sguardo diognuno che passi.

Poco fuori di Lurago, la via intristisce e si fa fangosae trascurata fin oltre Inverigo e puossi dire fino ad Aro-sio, onde infiniti e generali i reclami dai moltissimi ob-bligati a percorrere questo stradale importante. E se neriscossero finalmente i comuni limitrofi e l'autorità, euna nuova strada e più diretta fu ordinata ed appaltata, e

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comunque le opere ne procedano lentamente, fra brevesarà tuttavia un fatto compiuto. A sinistra di Lurago, pri-ma d'arrivare ad Inverigo e sul ciglio della valle delLambro, è Lambrugo, ov'era prima un chiostro di mona-che, tramutato poi in villa dalla famiglia Galli. Vi villeg-gia anche la famiglia Venini.

Eccoci ad Inverigo. I soliti antiquarî vorrebbero origi-nato il nome dalle due parole latine in aprico, come adire un luogo situato all'aperto ed al sole; ma altri invecepretendono sia nome celtico: non ci frapponiamo noi adir la nostra opinione, meglio sembrandoci d'accettarloqual è. Piuttosto non sarà privo d'interesse il saperecome qui nel 1023 l'arcivescovo di Milano, Aribertod'Intimiano, celebre nelle nostre storie per la parte presanelle accanite contese surte pel celibato de' preti, posse-desse beni, ch'egli poi assegnò al rinomato monastero diSan Dionigi da lui fondato in Milano.

I colti gaudenti rammentano con maggior piacere cheil vino d'Inverigo godeva fino in antico una tal quale ri-putazione fra i migliori, e appoggiano l'erudizione lorocoll'autorità d'un poeta di nome Bertucci, che, arieggian-do il Ditirambo del Redi, che ognun comosce, del Bac-co in Toscana, scrisse alla sua volta un Bacco di Brian-za, nel quale si leggono i seguenti versi, che pone inbocca allo stesso Nume:

Il terzo infine colma d'InverigoValentissimo vin, la cui mercedeAl par di Siracusa

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comunque le opere ne procedano lentamente, fra brevesarà tuttavia un fatto compiuto. A sinistra di Lurago, pri-ma d'arrivare ad Inverigo e sul ciglio della valle delLambro, è Lambrugo, ov'era prima un chiostro di mona-che, tramutato poi in villa dalla famiglia Galli. Vi villeg-gia anche la famiglia Venini.

Eccoci ad Inverigo. I soliti antiquarî vorrebbero origi-nato il nome dalle due parole latine in aprico, come adire un luogo situato all'aperto ed al sole; ma altri invecepretendono sia nome celtico: non ci frapponiamo noi adir la nostra opinione, meglio sembrandoci d'accettarloqual è. Piuttosto non sarà privo d'interesse il saperecome qui nel 1023 l'arcivescovo di Milano, Aribertod'Intimiano, celebre nelle nostre storie per la parte presanelle accanite contese surte pel celibato de' preti, posse-desse beni, ch'egli poi assegnò al rinomato monastero diSan Dionigi da lui fondato in Milano.

I colti gaudenti rammentano con maggior piacere cheil vino d'Inverigo godeva fino in antico una tal quale ri-putazione fra i migliori, e appoggiano l'erudizione lorocoll'autorità d'un poeta di nome Bertucci, che, arieggian-do il Ditirambo del Redi, che ognun comosce, del Bac-co in Toscana, scrisse alla sua volta un Bacco di Brian-za, nel quale si leggono i seguenti versi, che pone inbocca allo stesso Nume:

Il terzo infine colma d'InverigoValentissimo vin, la cui mercedeAl par di Siracusa

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Vanta Milano ancora il suo Archimede43.

Ma per associazione di idee, dal buon vino ricorre ilpensiero all'albergo d'Inverigo. Quest'albergo, se nonpresenta i conforti tutti dell'eleganza e dell'esigenza fo-rastiera, è nondimeno il migliore di tutta questa partedella Brianza, onde l'autunno vegga più famiglie di con-to prendervi stanza ed esservi arcicontente. Sostiamociquindi, amico lettore, e dopo esserci rifocillati, potremopigliare le mosse per ascendere alla Rotonda.

S'innalza essa sulla parte più elevata della collina,sotto cui si distende bellissima una valle, come tale purricordata nelle sue opere da Sant'Agostino, disseminatadi paesi; la sua facciata, che giustamente fu detto rasso-migliare a' propilei d'Atene, è però rivolta a tramontana.

La fabbricò il marchese e architetto Luigi Cagnola diMilano nell'anno 1813, - quegli cui è dovuta l'architettu-ra dell'Arco del Sempione di Milano, - e vi spiegò tuttala grandiosità e il gusto classici, profondendovi egregiesomme, a smentita di que' cialtroni ch'erano venuti ac-cusandolo d'architettar sempre grandiosamente quandosi fosse trattato di non ispendere danari proprî.

Il fabbricato ha nel mezzo un'ampia sala circolare,che s'alza gigante con cupola che costituisce la Rotonda;quindi tutto l'edifizio è esteriormente riquadrato, posteessendosi agli angoli le camere della restante abitazione.Il concetto d'una rotonda maestosa fece sì che gli altri43 Intende parlare del marchese Pietro Caravaggi, la cui famiglia molto posse-deva in Inverigo, e il quale fu professore nelle matematiche presso l'universitàdi Pavia, e morì nell'anno 1688.

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Vanta Milano ancora il suo Archimede43.

Ma per associazione di idee, dal buon vino ricorre ilpensiero all'albergo d'Inverigo. Quest'albergo, se nonpresenta i conforti tutti dell'eleganza e dell'esigenza fo-rastiera, è nondimeno il migliore di tutta questa partedella Brianza, onde l'autunno vegga più famiglie di con-to prendervi stanza ed esservi arcicontente. Sostiamociquindi, amico lettore, e dopo esserci rifocillati, potremopigliare le mosse per ascendere alla Rotonda.

S'innalza essa sulla parte più elevata della collina,sotto cui si distende bellissima una valle, come tale purricordata nelle sue opere da Sant'Agostino, disseminatadi paesi; la sua facciata, che giustamente fu detto rasso-migliare a' propilei d'Atene, è però rivolta a tramontana.

La fabbricò il marchese e architetto Luigi Cagnola diMilano nell'anno 1813, - quegli cui è dovuta l'architettu-ra dell'Arco del Sempione di Milano, - e vi spiegò tuttala grandiosità e il gusto classici, profondendovi egregiesomme, a smentita di que' cialtroni ch'erano venuti ac-cusandolo d'architettar sempre grandiosamente quandosi fosse trattato di non ispendere danari proprî.

Il fabbricato ha nel mezzo un'ampia sala circolare,che s'alza gigante con cupola che costituisce la Rotonda;quindi tutto l'edifizio è esteriormente riquadrato, posteessendosi agli angoli le camere della restante abitazione.Il concetto d'una rotonda maestosa fece sì che gli altri43 Intende parlare del marchese Pietro Caravaggi, la cui famiglia molto posse-deva in Inverigo, e il quale fu professore nelle matematiche presso l'universitàdi Pavia, e morì nell'anno 1688.

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locali fossero ad essa sagrificati. Fu compiuta cosìun'opera del più perfetto classicismo, se si vuole; madopo ciò, si domandano molti, cosa vuole, a che serve,perchè qui collocato questo gigantesco edificio? Comevilla ha l'esteriore principesco; ma l'interno, a parte lasala principale della Rotonda, non vi corrisponde.

Come nella facciata, così pure nella parte postica, amezzogiorno, e che sogguarda la superba valle, vi sonoampie scalee; quella della facciata poggia sopra un sot-terraneo; l'altra su d'un terrazzo recinto di balaustrata esorretto da sei gigantesche cariatidi, che sono dello scal-pello di Pompeo Marchesi.

Fu da esso che il re di Napoli, Ferdinando II, padredello spodestato, venuto tra noi, ammirando la sottopo-sta valle, di non so quante miglia di circuito, così bencoltivata e ordinata quasi ad aiuole di fiori, ebbe a chie-dere bonariamente al marchese Cagnola, se tutto quelche si vedeva fosse giardino della sua villa.

Se la collina su cui posa la Rotonda si digrada al pae-se, dall'opposto lato risorge ad eminenza, sovra cui è ilcastello, ora palazzo e giardino del marchese Luigi Cri-velli, che ognun desidera veder meglio curati, perchèabbian tutte le forme per costituire una delle più gran-diose ville. Ha molti ed annosi cipressi, e su d'un altipia-no a sinistra del palazzo vedesi una colossale statua diErcole, alquanto offesa dagli anni, che da' terrieri si de-signa col nome di Gigante.

Discendendo la collina de' Crivelli, pei loro campi siva al bosco, dove la natura e i cataclismi hanno prodotto

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locali fossero ad essa sagrificati. Fu compiuta cosìun'opera del più perfetto classicismo, se si vuole; madopo ciò, si domandano molti, cosa vuole, a che serve,perchè qui collocato questo gigantesco edificio? Comevilla ha l'esteriore principesco; ma l'interno, a parte lasala principale della Rotonda, non vi corrisponde.

Come nella facciata, così pure nella parte postica, amezzogiorno, e che sogguarda la superba valle, vi sonoampie scalee; quella della facciata poggia sopra un sot-terraneo; l'altra su d'un terrazzo recinto di balaustrata esorretto da sei gigantesche cariatidi, che sono dello scal-pello di Pompeo Marchesi.

Fu da esso che il re di Napoli, Ferdinando II, padredello spodestato, venuto tra noi, ammirando la sottopo-sta valle, di non so quante miglia di circuito, così bencoltivata e ordinata quasi ad aiuole di fiori, ebbe a chie-dere bonariamente al marchese Cagnola, se tutto quelche si vedeva fosse giardino della sua villa.

Se la collina su cui posa la Rotonda si digrada al pae-se, dall'opposto lato risorge ad eminenza, sovra cui è ilcastello, ora palazzo e giardino del marchese Luigi Cri-velli, che ognun desidera veder meglio curati, perchèabbian tutte le forme per costituire una delle più gran-diose ville. Ha molti ed annosi cipressi, e su d'un altipia-no a sinistra del palazzo vedesi una colossale statua diErcole, alquanto offesa dagli anni, che da' terrieri si de-signa col nome di Gigante.

Discendendo la collina de' Crivelli, pei loro campi siva al bosco, dove la natura e i cataclismi hanno prodotto

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siffatte spaccature di roccia, per dove filtrano e scorronolimpide e fresche acque, che formano un Orridodell'effetto il più pittoresco.

E meglio ancora il produrrebbero, se l'acque più riu-nite scorressero; ma come l'età piega al positivo, cosìparte furono deviate a mettere in movimento mulini.

Con tutto ciò all'Orrido d'Inverigo, di proprietà delmarchese Luigi Crivelli suddetto, non v'ha chi venga alpaese e che non tragga a vederlo, sovente convegno adamiche brigatelle che lo eleggono a luogo di refezioni eriposo.

A ponente della villa Crivelli si discende per uno stra-done alla Madonna della Noce, luogo piacevole assai eal quale convengono a settimanale mercato da tutti i cir-convicini paesi.

Chi ama conoscere le migliori villeggiature e farsiadeguato concetto della ricchezza de' loro proprietarî,essendo in Inverigo, non lascia di fare una scarrozzata aCremnago, dove sorge il magnifico palazzo della fami-glia Perego. Se gliene è dato l'accesso, potrà il lettoreammirarlo nelle sue parti tutte; e se nelle ampie scuderievedrà molti cavalli e taluni anche pensionati a riposoperpetuo, sorretti persino da cinghie, potrà cavar argo-mento del cuore del ricchissimo padrone, il quale del re-sto non restrinse alle bestie sole gli effetti della sua bon-tà, prima avendola addimostrata nel dotare i suoi colonidi belle e comode case.

Il cimitero del paese merita pure di essere veduto. Èbuona architettura di Giuseppe Chierichetti, e in esso è

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siffatte spaccature di roccia, per dove filtrano e scorronolimpide e fresche acque, che formano un Orridodell'effetto il più pittoresco.

E meglio ancora il produrrebbero, se l'acque più riu-nite scorressero; ma come l'età piega al positivo, cosìparte furono deviate a mettere in movimento mulini.

Con tutto ciò all'Orrido d'Inverigo, di proprietà delmarchese Luigi Crivelli suddetto, non v'ha chi venga alpaese e che non tragga a vederlo, sovente convegno adamiche brigatelle che lo eleggono a luogo di refezioni eriposo.

A ponente della villa Crivelli si discende per uno stra-done alla Madonna della Noce, luogo piacevole assai eal quale convengono a settimanale mercato da tutti i cir-convicini paesi.

Chi ama conoscere le migliori villeggiature e farsiadeguato concetto della ricchezza de' loro proprietarî,essendo in Inverigo, non lascia di fare una scarrozzata aCremnago, dove sorge il magnifico palazzo della fami-glia Perego. Se gliene è dato l'accesso, potrà il lettoreammirarlo nelle sue parti tutte; e se nelle ampie scuderievedrà molti cavalli e taluni anche pensionati a riposoperpetuo, sorretti persino da cinghie, potrà cavar argo-mento del cuore del ricchissimo padrone, il quale del re-sto non restrinse alle bestie sole gli effetti della sua bon-tà, prima avendola addimostrata nel dotare i suoi colonidi belle e comode case.

Il cimitero del paese merita pure di essere veduto. Èbuona architettura di Giuseppe Chierichetti, e in esso è

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il sepolcreto della famiglia Perego. È questo un'edicoladi forma quadrangolare e cilindrica, e alla parte superio-re con gradinata e cupola d'ordine dorico, colle pareti la-terali fregiate di colonne, quattro delle quali formano ilpronao con cornice, architrave e frontone, entro cui leg-gesi scolpito Hypogeum, e tutto condotto in miarolo ros-so. Le pareti interne sono a stucco lucido, la luce piovedal lucernario della cupola, e nel fondo è l'altare marmo-reo, con un bel gruppo in marmo di Carrara, rappresen-tante la Maddalena a' piedi della Croce, lodevole operadello scultore Labus.

Per ritornare ora al nostro Pian d'Erba, rifacciam lamedesima via di Lurago e Nobero: è più agiata e vigiungeremo più presto.

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il sepolcreto della famiglia Perego. È questo un'edicoladi forma quadrangolare e cilindrica, e alla parte superio-re con gradinata e cupola d'ordine dorico, colle pareti la-terali fregiate di colonne, quattro delle quali formano ilpronao con cornice, architrave e frontone, entro cui leg-gesi scolpito Hypogeum, e tutto condotto in miarolo ros-so. Le pareti interne sono a stucco lucido, la luce piovedal lucernario della cupola, e nel fondo è l'altare marmo-reo, con un bel gruppo in marmo di Carrara, rappresen-tante la Maddalena a' piedi della Croce, lodevole operadello scultore Labus.

Per ritornare ora al nostro Pian d'Erba, rifacciam lamedesima via di Lurago e Nobero: è più agiata e vigiungeremo più presto.

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CONCLUSIONE.

Altri paesi, altre ville, altre meraviglie di natura ed'arte ci solleticherebbero ad altre escursioni; ma inva-derei la Brianza, della quale già qualche lembo abbiamtocco, e allora mi ci vorrebbe un altro volume; perocchèper essa a buon dritto potrebbesi citare del pari quantol'Ariosto cantò de' dintorni di Firenze:

A veder pien di tante ville i colliPar che il terren ve le germogli, comeVermene germogliar suole e rampolli:

Se dentro a un mur sotto un medesmo nomeFosser raccolti i tuoi palagi sparsi,Non ti sarian da pareggiar due Rome.

E Baretti, proprio del suolo della nostra Brianza par-lando, lo chiamava "il più delizioso paese di tutta Italiaper la varietà delle sue vedute, per la placidezza de' suoifiumi, per la moltitudine de' suoi laghi, ed offre il rezzodei boschi, la verdura dei prati, il mormorio delle acque,e quella felice stravaganza che mette la natura ne' suoiassortimenti; insomma in questo vaghissimo paese,ovunque si porti lo sguardo, non si scorgono che pae-saggi ornati di tutte le grazie campestri, la cui contem-plazione produce quei momenti di dolce meditazione,che tengono l'animo in grato riposo."

Io ho promesso condurre il lettore con me lungo le

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CONCLUSIONE.

Altri paesi, altre ville, altre meraviglie di natura ed'arte ci solleticherebbero ad altre escursioni; ma inva-derei la Brianza, della quale già qualche lembo abbiamtocco, e allora mi ci vorrebbe un altro volume; perocchèper essa a buon dritto potrebbesi citare del pari quantol'Ariosto cantò de' dintorni di Firenze:

A veder pien di tante ville i colliPar che il terren ve le germogli, comeVermene germogliar suole e rampolli:

Se dentro a un mur sotto un medesmo nomeFosser raccolti i tuoi palagi sparsi,Non ti sarian da pareggiar due Rome.

E Baretti, proprio del suolo della nostra Brianza par-lando, lo chiamava "il più delizioso paese di tutta Italiaper la varietà delle sue vedute, per la placidezza de' suoifiumi, per la moltitudine de' suoi laghi, ed offre il rezzodei boschi, la verdura dei prati, il mormorio delle acque,e quella felice stravaganza che mette la natura ne' suoiassortimenti; insomma in questo vaghissimo paese,ovunque si porti lo sguardo, non si scorgono che pae-saggi ornati di tutte le grazie campestri, la cui contem-plazione produce quei momenti di dolce meditazione,che tengono l'animo in grato riposo."

Io ho promesso condurre il lettore con me lungo le

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rive del Lario e al Pian d'Erba; credo avergli attenuta lapromessa, mostrandogli quanto di meglio mi è sembra-to. Che se alcuna cosa ho lasciato, se passai avanti qual-che villa, senza farvi entrare il lettore, o, fors'anco senzapur nominarla, consideri che nell'imbarazzo di ricchezzadi luoghi e di meraviglie in cui ci trovavamo, l'ommis-sione era agevole a commettersi, molto più che v'abbiandi molti che si ricusin perfino a rivelar le più semplicicose, quasi che si tratti di violar, parlando, i loro dome-stici lari; epperò non mi resta che invocarne la sua in-dulgenza.

Ho avuto il pensiero, unendo il mio dire intorno alPian d'Erba a quello intorno al lago di Como, di chiama-re più specialmente la curiosità del forastiero sul primoe d'invogliarlo a farne soggetto delle proprie escursioni;perocchè mi fosse sembrata non troppo nota questa par-te sì bella di nostra Lombardia; e se avrò raggiunto inqualche modo l'intento, io mi chiamerò soddisfatto.

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rive del Lario e al Pian d'Erba; credo avergli attenuta lapromessa, mostrandogli quanto di meglio mi è sembra-to. Che se alcuna cosa ho lasciato, se passai avanti qual-che villa, senza farvi entrare il lettore, o, fors'anco senzapur nominarla, consideri che nell'imbarazzo di ricchezzadi luoghi e di meraviglie in cui ci trovavamo, l'ommis-sione era agevole a commettersi, molto più che v'abbiandi molti che si ricusin perfino a rivelar le più semplicicose, quasi che si tratti di violar, parlando, i loro dome-stici lari; epperò non mi resta che invocarne la sua in-dulgenza.

Ho avuto il pensiero, unendo il mio dire intorno alPian d'Erba a quello intorno al lago di Como, di chiama-re più specialmente la curiosità del forastiero sul primoe d'invogliarlo a farne soggetto delle proprie escursioni;perocchè mi fosse sembrata non troppo nota questa par-te sì bella di nostra Lombardia; e se avrò raggiunto inqualche modo l'intento, io mi chiamerò soddisfatto.

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