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SIGNIFICATO DEL TERMINE LAVORO Si possono registrare due accezioni del termine “lavoro”. Il lavoro viene definito sostanziale quando esso viene inteso come attività indipendente dal quadro formale di riferimento,cioè come insieme di attività che vengono svolte per sopravvivere (escluse le attività di cura e di svago). Diversamente,il lavoro viene detto astratto (o formale) nel momento in cui il contesto formale di riferimento assume rilievo, ovvero quando il termine “lavoro” può essere sostituito dal termine “occupazione”. Nel lavoro astratto, secondo Marx, l’intermediazione del salario spezza il legame diretto di senso tra le attività e i bisogni: il lavoro prescinde dall’utilità immediata. E’ il caso del lavoro degli operai nelle grande fabbriche industriali. E’ da tener presente che tale lavoro non è mai stato maggioritario, ma impiegava circa un terzo del totale della popolazione occupata. Esso è comunque oggetto delle scienze sociali per il fatto che ha comportato delle profonde modifiche nella società. LA MODERNITÀ PRODOTTA DALLE TRASFORMAZIONI INDUSTRIALI Tra i prodotti delle trasformazioni industriali e capitalistiche possono essere rintracciati due aspetti fondamentali, ovvero la mercificazione e la specializzazione delle attività lavorative. Per mercificazione si intende un processo che distacca il lavoratore dal controllo e dall’uso diretto del prodotto, il quale diventa parte di un’opera collettiva, qualcosa che viene immesso nel mercato come merce e non è consumata direttamente dal produttore. La specializzazione è invece legata all’abilità di compiere operazioni parziali con macchine sempre più costose e tecnologicamente avanzate. Inoltre, mentre l’aumento della produttività e l’introduzione di innovazioni tecnologiche ha coinvolto anche il lavoro autonomo, il lavoro domestico e le forme di autoconsumo, la stessa estensione non può essere applicata al concetto di subordinazione dei

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sociologia del lavoro

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SIGNIFICATO DEL TERMINE LAVORO

Si possono registrare due accezioni del termine “lavoro”.

Il lavoro viene definito sostanziale quando esso viene inteso come attività indipendente dal quadro formale di riferimento,cioè come insieme di attività che vengono svolte per sopravvivere (escluse le attività di cura e di svago).

Diversamente,il lavoro viene detto astratto (o formale) nel momento in cui il contesto formale di riferimento assume rilievo, ovvero quando il termine “lavoro” può essere sostituito dal termine “occupazione”. Nel lavoro astratto, secondo Marx, l’intermediazione del salario spezza il legame diretto di senso tra le attività e i bisogni: il lavoro prescinde dall’utilità immediata. E’ il caso del lavoro degli operai nelle grande fabbriche industriali. E’ da tener presente che tale lavoro non è mai stato maggioritario, ma impiegava circa un terzo del totale della popolazione occupata. Esso è comunque oggetto delle scienze sociali per il fatto che ha comportato delle profonde modifiche nella società.

LA MODERNITÀ PRODOTTA DALLE TRASFORMAZIONI INDUSTRIALI

Tra i prodotti delle trasformazioni industriali e capitalistiche possono essere rintracciati due aspetti fondamentali, ovvero la mercificazione e la specializzazione delle attività lavorative.

Per mercificazione si intende un processo che distacca il lavoratore dal controllo e dall’uso diretto del prodotto, il quale diventa parte di un’opera collettiva, qualcosa che viene immesso nel mercato come merce e non è consumata direttamente dal produttore.

La specializzazione è invece legata all’abilità di compiere operazioni parziali con macchine sempre più costose e tecnologicamente avanzate.

Inoltre, mentre l’aumento della produttività e l’introduzione di innovazioni tecnologiche ha coinvolto anche il lavoro autonomo, il lavoro domestico e le forme di autoconsumo, la stessa estensione non può essere applicata al concetto di subordinazione dei lavoratori, la quale è rimasta prerogativa del capitalismo e dell’industria.

Al concetto di mercificazione è collegato il concetto di alienazione di Marx: un lavoratore astratto non ha controllo, infatti, né sul prodotto finale, né sulle modalità di organizzazione del processo lavorativo.

Secondo Marx e Weber la rivoluzione industriale oltre alla liberazione del lavoratore dai vincoli delle società preindustriali, abolendo la schiavitù e la servitù della gleba, aveva portato ad una trasformazione nascosta: gli individui venivano per la prima volta costretti a vendere liberamente le proprie energie ad un datore di lavoro.

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Capitalismo, individualismo e lavoro astratto hanno ridisegnato il rapporto tra lavoro e società, sostituendo i parametri tradizionali, una volta tipicamente locali, non trasferibili ad altre comunità (quali la lealtà familiare, la divisione di censo e l’importanza dei saperi locali) con criteri di razionalità sorti per incrementare la produttività. L’aumento di quest’ultima era prioritaria e doveva avvenire anche al costo di sconvolgere le abitudini più radicate in una comunità.

Tali trasformazioni avvengono comunque con modalità e tempi diversi in base ai contesti. Ad esempio nelle enclosures britanniche è stata registrata una violenta abolizione della coltivazione per consumo alimentare degli abitanti con una conseguente fuga nelle città di individui che talvolta son divenuti sbandati, vagabondi… Nelle colonie, invece, le terre sono state strappate agli abitanti e sono state trasformate in colture di tipo estensivo in cui i locali venivano obbligati a lavorare. Nel secondo caso perciò l’innovazione non ha comportato una reale abolizione della schiavitù ma una sostituzione di questa con una forma nuova di sfruttamento.

Oggi probabilmente il processo in atto è un processo di deindustrializzazione, in quanto i rapporti di lavoro, sempre meno stabili, più differenti e più precari, hanno nuovamente modificato il rapporto tra società e lavoro.

DIVISIONE DEL LAVORO E IDENTITA’ SOCIALE

Il lavoro industriale ha comportato dei cambiamenti all’interno della società.

Durkheim afferma che la divisione del lavoro ha essenzialmente assunto i connotati della specializzazione, nel senso che gli individui si son diversificati tra di loro per le capacità lavorative che la industrializzazione ha richiesto. A ciò ha seguito il fatto che i lavoratori, perdendo il controllo sulle modalità di organizzazione del processo produttivo, hanno faticato sempre di più a comprendere il contributo degli altri individui. L’integrazione tra individui specializzati, e quindi diversi tra loro, è consentita non attraverso l’organizzazione in quelle che Durkheim chiama corporazioni, ma grazie allo Stato nazionale moderno che garantisce l’equità nei rapporti di cooperazione. L’individuo specializzato e individualista si rapporta con associazioni professionali per difendere i propri interessi (cooperazione nella sfera pubblica, non mera solidarietà organica=legami sociali tra individui della stessa organizzazione).

Per Marx la divisione del lavoro è una divisione tecnica, ma vige un’universale rottura tra lavori esecutivi ed intellettuali, tra proletari e capitalisti. I lavoratori sono distaccati dal processo produttivo, sfruttati e a loro viene strappato il plusvalore. Essi sono però accomunati dalla stessa condizione sociale e per tale motivo sviluppano una coscienza di classe che coinvolge persino individui sconosciuti tra loro. Per Marx dunque le associazioni dei lavoratori sono a stampo necessariamente conflittuale.

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In ogni caso il lavoro e la sua organizzazione producono identità sociale. Questa identità si sviluppa proprio con la nascita del lavoro astratto e si differenzia dall’identità precedente generata dal lavoro concreto, sostanziale.

Nel caso del lavoro concreto, il lavoratore, l’artista si identifica con il suo prodotto, in quanto ne ha il controllo a livello di prodotto finito e di processo produttivo.Ha importanza l’origine sociale, ovvero il clan, la tribù, la collocazione ascritta all’interno di una discendenza familiare…).

L’identità del lavoratore astratto, invece, sorge dal sentirsi simili ai propri colleghi, per essere sprovvisti della possibilità di esercitare un controllo sul processo produttivo. In Marx i lavoratori si identificano con chi condivide la stessa esperienza (coscienza di classe), per Durkheim i lavoratori si identificano con chi ha le stesse abitudini o gli stessi interessi.

Il lavoro tende a sostituire l’origine sociale come fattore principale che conferisce identità. La collocazione professionale del capofamiglia è il fattore centrale di strutturazione della società dal consolidamento dei regimi salariali avvenuto a inizio XX secolo fino all’ultimo quarto di quello stesso secolo.

Per quanto riguarda oggi si può affermare che sia avvenuta la fine del lavoro nella sua potenza regolatrice sull’identità. Più che con il lavoro, oggi è attraverso il consumo che ci si rappresenta.

La questione dell’identità non è sollevata esplicitamente dai due autori ma nelle loro opere si rintracciano tali tematiche: in Marx è centrale il tema dell’alienazione e della coscienza di classe,in D. sono fondamentali i concetti di solidarietà, socializzazione e anomia.

A questi due autori vengono attribuite due grandi utopie, rispettivamente quella della società giusta in Marx e quella della società ordinata in Durkheim.

Per Marx una società basata sulla divisione del lavoro non può essere migliorata più di tanto e perciò è indispensabile che i lavoratori si mobilitino per re-impadronirsi del controllo sul prodotto e sul processo produttivo, attraverso il rafforzamento della loro coscienza di classe.

In Durkheim uno Stato interventista, che si faccia promotore di un controllo sociale consentendo la costruzione di associazioni professionali per la diffusione della solidarietà (istituzioni di socializzazione)può contrastare l’incertezza sulle regole sociali (anomia), dovuta alle rapide trasformazioni del lavoro e della produzione.

STATUTO DEL LAVORO E APPROCCI TEORICI

Oggi il lavoro nelle società occidentali costituisce :

Il principale mezzo per acquisire un reddito; Un rapporto sociale fondamentale;

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Un modo per esprimere la propria individualità ( negli ultimi tempi il lavoro viene sostituito dal consumismo;il comprare,l’indossare certe cose,il frequentare alcuni locali ci permette di rappresentarci).

Secondo la tradizione cristiana e del socialismo realizzato, il lavoro permette la realizzazione di sé ed è alla base del legame sociale: il lavoro è fonte di integrazione sociale.

Gli antropologi Mauss e Sahlins affermano invece che il lavoro è una categoria storica il cui significato si modifica sulla base dei cambiamenti nella società e che quindi non è omogeneo né tra i paesi né nelle diverse epoche storiche (società primitive, antica Grecia, Medioevo, rivoluzione industriale).

STORIA,LAVORO E SOCIETÀ

La prospettiva storica ci aiuta a capire come la trasformazione del lavoro non sia stata un processo lineare che dovunque ha comportato la stessa sequenza. Il cambiamento si è realizzato in modalità diverse e che hanno comportato differenze significative nelle culture lungo tre diverse fasi storiche:

la prima è caratterizzata dalla diffusione del lavoro astratto e dal declino delle economie di sussistenza;

la seconda dall’avvento delle società manifatturiere ad alta produttività e del consumismo;

la terza, caratterizzata da globalizzazione e flessibilizzazione.

Danno prova di questa varietà storica dei cambiamenti nel lavoro, ad esempio, l’Inghilterra, dove si passò dall’artigianato domestico ai cottage industries, mentre le tradizioni locali vennero spazzate via dalla grande industria. Nel 1811 si registra la rivolta contro la meccanizzazione da parte dei luddisti, i quali distrussero macchine utensili a cui imputavano il peggioramento delle condizioni di lavoro. Gli intellettuali della Fabian Society denunciarono le pessime condizioni di lavoro degli operai, proponendo riforme.

Nei Paesi ritardatari la storia della transizione industriale è diversa. La rivoluzione industriale sembra meno potente: la attività di artigianato e di piccola industria si trasformano lentamente in imprese industriali, sussistendo una dose di autoconsumo. Gli artigiani specializzati, ancora molto richiesti, creano il movimento sindacale.

Questo ci fa capire come la diversità dei modelli di sviluppo ha inciso sui modi di lavorare e di impostare i rapporti sociali.

IL LAVORO NELLE SOCIETÀ PREINDUSTRIALI

Dopo le comunità di caccia e pesca, i regimi agricoli sono stati adottati dai nomadi quando si sono stabiliti nelle terre conquistate. Il lavoro era un obbligo,che fa parte dei vincoli sociali e viene esercitato per mostrarlo agli altri.

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Era connesso a logiche sacrali e sociali e soddisfaceva bisogni immediati,non legati ad una accumulazione.

Nell’antica Grecia (X-I secolo a.C.) il lavoro era riservato agli schiavi e vi era un gap tra le attività penose e le opere umane; mentre l’uomo libero esercitava l’intelletto (antropologia della distanza Aristotelica),i lavori manuali,degradanti e inferiori,vengono riservate agli schiavi.

Con Sant’Agostino e nel Medioevo il lavoro poteva in qualche modo contribuire alla vita della sociale. Per S. Tommaso il lavoro è una caratteristica dell’uomo ed è utile alla comunità. Vengono però valorizzate solo alcune attività.

Alla vigilia della rivoluzione industriale, nella seconda metà del XVIII secolo, la modalità prevalente di lavoro era quella agricola e le modalità di vita dipendevano fortemente dall’agricoltura. Artigiani e commercianti non superavano un decimo del totale dei lavoratori. L’economia dei villaggi agricoli era autarchica per lo più e il lavoro seguiva ritmi stagionali, la professione si tramandava da padre in figlio, la casa e i campi adiacenti erano luogo di lavoro e di vita. La produzione era bassa nonostante il duro lavoro; si registrano lotte dei contadini magari costretti a dai proprietari terrieri a produrre un surplus maggiore.

Con la Riforma protestante si assiste ad una valorizzazione del lavoro come strumento per il riscatto individuale. Il lavoro era inteso come segnale di salvezza. Inoltre, anche se non si è predestinati il lavoro umano incrementa comunque la gloria di Dio. Weber scrive un opera intitolata “l’etica protestante e lo spirito del capitalismo”. Sottolinea come la convinzione protestante del fatto che la produttività sia sintomo della predestinazione alla salvezza, porti inevitabilmente ad una propensione verso il capitalismo.

Smith, Marx e Ricardo considerano il lavoro come unico elemento che conferisce valore aggiunto alla merce. In Smith tale valore aggiunto ha radici prettamente meccanicistiche. La ricchezza viene creata da chi lavora,mentre re,preti e buffoni risultano improduttivi. Per Marx il lavoro è, invece, espressione dell’ individualità e della socialità, oltre che un mezzo di dominio(approccio anche politico-ideologico).

Il Novecento è conosciuto come il secolo del lavoro in quanto l’occupazione assume un ruolo centrale; si pensi al periodo che va dagli anni 30 fino al secondo dopoguerra. Si diffonde il culto del lavoro; quest’ultimo viene considerato obbligatorio nei paesi del socialismo realizzato. Anche il cattolicesimo si esprime a favore del lavoro,in quanto esso permette di aggiungere valore al mondo oltre che alla persona che opera: l’uomo, mediante il lavoro, deve procurarsi il pane quotidiano e contribuire al continuo progresso delle scienze e della tecnica, e soprattutto all’incessante elevazione culturale e morale della società, in cui vive in comunità con i propri fratelli (Papa Giovanni II).

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I costumi vengono trasformati: si assiste ad una interiorizzazione di comportamenti operosi e di una certa morigeratezza. Ciò è possibile attraverso prediche, sermoni, proverbi, massime. Risparmio e diligenza vengono considerate le caratteristiche essenziali del bravo lavoratore, come testimoniano le retoriche sindacali riguardo l’importanza di svolgere bene le proprie mansioni. Si sviluppa un’etica del lavoro, legata all’orgoglio professionale. Si diffonde il concetto di lavoro occidentale anche se in ogni società permane una concezione diversa del lavoro, frutto della combinazione di diversi fattori sociali.

DALLE COMUNITÀ AUTOSUFFICIENTI ALLA MANIFATTURA

La trasformazione è imputabile a due aspetti:

razionalità: coincide con la capacità di calcolo dei costi e dei benefici della cooperazione

reciprocità: volontà di ripagare una gentilezza con un’altra gentilezza, un tradimento con una vendetta. Ne esistono varie forme :

gratuita di lungo periodo e il ritorno può non esserci (es. sacrifici dei genitori per i figli);

bilanciata: dare a cui corrisponde un ricevere nel breve periodo (es. regali);

negativa.

L’equilibrio di tali due principi ha permesso lo sviluppo di relazioni sociali basate sulla fiducia. Tale fiducia ingloba non solo le persone connesse all’individuo per mezzo di legami di sangue.

Inizialmente nella comunità non avvenivano scambi con l’esterno. Pensiamo a due modelli estremi:

comunità autosufficiente in cui non vi sono scambi; società mercantile in cui gli scambi sono mediati dal denaro.

Nella società moderna e contemporanea è stato adottato un ulteriore modello; gli scambi che avvengono sono sia di tipo monetario sia di tipo non monetario. Vi sono sia spinte verso la mercificazione,sia spinte verso la demercificazione.

La mercificazione ha riguardato il petfood, l’assistenza degli anziani che prima era in mano alle figlie o alle donne ora è affidata alla figura professionale della badante, il lavoro domestico dalla metà degli anni 90 e le festività.

L’acqua è stata invece demercificata in quanto con il Referendum ne è stata abolita la privatizzazione.

Lo scambio non avviene da sempre nella forma che conosciamo. Vi era una diffusa resistenza al commercio e alla figura del mercante nelle prime società. (mercuriorappresenta i ladri). Furono gli Arabi ad iniziare il commercio a lunghe distante, il quale era basata sulla fiducia sulle parola data.

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Si delinea l’idea della MERCE, di un prodotto che viene realizzato esclusivamente per lo scambio,indipendentemente da bisogni immediati; ed è proprio la figura del mercante a rompere il sistema di autosufficienza. Progressivamente la firma del produttore si occulta. Il legame di fiducia con il produttore viene scemando. Oggi spesso non si conoscono i rapporti lavorativi che vi stanno alle spalle.

IL DENARO

Il denaro chi permette di scambiare merci. Secondo Simmel il denaro tende ad omogeneizzare. E’ un mezzo neutro,di scambio che libera gli individui dai rapporti del feudalesimo e appiattisce gli individui.

Secondo Viviana Zelizer (“the social meaning of money”) il denaro viene marchiato e non è uguale ovunque. Il valore del denaro dipende da come uno lo ha guadagnato (soldi facili/soldi guadagnati con il sudore della fronte. Inoltre nel momento in cui il denaro è impiegato per spese diverse,assume significati diversi. Sono centrali perciò secondo la Zelizer la fonte e la destinazione del denaro.

Nella società uno degli scambi più importanti è quello tra denaro e lavoro/capacità lavorativa e la fiducia che gli individui hanno nei confronti di questo strumento la dice lunga sui rapporti sociali.

SMITH

Smith propone un modello di organizzazione del lavoro innovativo, che ha lo scopo di aumentare la produttività.

Il modello mira alla specializzazione dell’individuo, intesa come un aumento di destrezza da parte del soggetto.

Con tale organizzazione viene messa in luce dunque la possibilità di superamento del sistema del putting out, ovvero della distribuzione del lavoro ai singoli artigiani.

Si registra così indubbiamente una riduzione dei tempi di lavoro.

In ogni caso, nonostante la specializzazione, nel modello proposto da Smith il lavoratore mantiene una certa autonomia.

COMMERCIO TRIANGOLARE E FORME DI RESITENZA

Il commercio che prese piede dal 1492 tra Europa(in particolare Inghilterra), Africa e America portò con sé la grande piaga della tratta degli schiavi. Individui provenienti dall’Africa occidentale (i Portoghesi ad esempio erano interessati alla zona dell’Angola) venivano impiegati in America per la raccolta del cotone,del tabacco. Questa forza lavoro veniva tenuta in catene. Dopo la rivoluzione francese ci fu ad Haiti la prima rivolta degli schiavi .In 12 anni dal

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1802/03 gli schiavi si organizzarono e liberarono Haiti secondo i principi di uguaglianza,fraternità e libertà cari alla rivoluzione francese.

Napoleone stesso fu inviato ad Haiti per la riconquista.

DIFESA NEL PERIODO DELLA MANIFATTURA E DELLE PRIME FABBRICHE

Probabilmente la spinta di Smith a meccanizzare e parcellizzare in lavoro fu dettata dalla volontà di abbassare i costi del lavoro,che era aumentato con la scomparsa della schiavitù.

Ma la precarietà in ambiente manifatturiero rende possibile la strutturazione di una classe operaia che non coincide con il proletariato o con l’insieme dei lavoratori subordinati, ma fu presente al suo farsi??? Riprende la storia del radicalismo plebeo, ovvero della cultura prodotta dalla plebe.

Venivano rivendicati da figure diverse i principi di solidarietà e di senso collettivo.

Il concetto di classe per Thompson (pensiero di matrice marxista ma entrò in conflitto con il partito social comunista da cui fu cacciato) è un fenomeno storico che unisce una varietà di fatti disparati e apparentemente sconnessi.

Non si tratta di una categoria ma di qualcosa che avviene nella realtà,nei rapporti umani. E’ un processo sociale. Non tiene conto di donne ed ex schiavi (che insieme costituivano il 6-7% della popolazione a Londra).

Per Marx la classe è una semplificazione meccanica di processi sociali e politici più complessi.

Una delle prime associazioni è la London Corresponding Society,la quale richiedeva:

Produzione in vista dei bisogni e non del profitto; Diritto di voto; Abolizione della schiavitù; Regolamento giornata lavorativa.

Il concetto di classe non si è evoluto con linearità ma è stato in continua costruzione per decenni. Le principali tappe:

1802: factory act documento che stabilisce alcuni vincoli per quanto riguarda il lavoro nella manifattura. Viene introdotta una regolamentazione della giornata lavorativa;

1833/1834: factory act (2 leggi):si delinea l’ idea di una scuola professionale che garantisca agli individui di scrivere, leggere e far di conto. Tale iniziativa fu sostenuta anche dal clero protestante;

1844: ci fu un importante sciopero di minatori inglesi.

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Con la seconda rivoluzione industriale e l’introduzione del motore a scoppio si passò alla grande industria,che comportò cambiamenti ulteriori dal punto di vista del lavoro e della società.

TAYLOR

Nel modello di organizzazione proposto da Taylor non viene assegnato solo il compito che meglio il lavoratore può svolgere, ma tale compito viene suddiviso in parti singole, dettagliate, ovvero semplici ripetitive e monotone operazioni.

L’autonomia, che era ancora presente nel modello di Smith, viene da Taylor strappata dalle mani del lavoratore.

Infatti secondo Taylor tale discrezionalità incide sulla produttività. Eliminando la discrezionalità del lavoratore questo modello rende gli operai altamente sostituibili.

In particolare i principi su cui si basa il taylorismo sono i seguenti:

la conoscenza del processo produttivo viene unicamente affidata alla direzione;

le nozioni riguardanti il processo vengono trasformate in formule e leggi: il lavoro dell’operaio viene interamente programmato dalla direzione (formulazioni appese su bacheche) e si parla di pianificazione anticipata delle mansioni;

si assiste ad una separazione tra direzione ed esecuzione, in quanto il lavoro intellettuale viene completamente tolto dall’officina.

Taylor assume inoltre l’esistenza della one best way, che coincide con l’unico e solo modo per realizzare la massima produzione nel minimo tempo possibile. Formula inoltre i principi dello Scientific Management insistendo sull’organizzazione dello spazio e del tempo, puntando sulla razionalizzazione del lavoro per ovviare ogni forma di lavatismo,sia esso naturale,sia sistematico.

Taylor fa del cronometro il suo strumento principe e introduce il cottimo differenziale.

FORME DI RESISTENZA AL TAYLORISMO: HOBO E IWW (WOBBLIES)

HoboErano lavoratori comuni, mobili e con scarsa interiorizzazione della disciplina del lavoro. I principi per loro fondamentali sono l’autoregolazione e l’autonomia nella propria vita.

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Questo movimento è formato nel 1905 da circa 500 mila persone per i tre quarti giovani dai 16 ai 21 anni. Nei primi anni Venti a Chicago si moltiplicano in quanto Chicago è una città in cui si sono concentrati emigranti tedeschi, irlandesi, svedesi, e successivamente anche polacchi, cecoslovacchi e italiani. Dal 1900 iniziano anche a incrementarsi gli afro-americani provenienti dal sud degli Stati Uniti.Tra gli elementi riconducibili a coloro che erano considerati hobo vi sono:

lavoro stagionale e disoccupazione disadattamento al lavoro nell’industria difetti della personalità problemi nella vita privata discriminazione di razza o di nazionalità smania di viaggiare

American Federation of LaborAmerican Federation of Labor, è la Federazione dei sindacati di mestiere. L’espressione dell’arroccamento degli operai specializzati che vedono nei nuovi immigrati il nemico principale. Non ha assunto alcuna posizione politica ma si occupa di aspetti legati al salario e alle condizioni di lavoro. L’AFL (American Federation of Labor) fu uno dei maggiori antagonisti degli IWW.

GLi IWW (Industrial Workers of the World)Gli IWW tentano di unire le esigenze e gli obiettivi di qualificati e non qualificati in un unico sindacato: “La classe operaia e quella dei padroni non hanno nulla in comune”. Gli Wobblies :

Erano lavoratori a giornata, boscaioli, minatori, braccianti Non riconoscono differenze di razza, credo, sesso e precedenti condizioni

di schiavitù; Erano Poco interessati al voto politico (perché molti sono migranti) Lottarono (1909 a Spokane) per la Libertà d’espressione Erano contrari alla contrattazione/mediazione e più favorevoli al

sabotaggio/boicottaggio

FORD

Con il termine Fordismo si fa riferimento ad un insieme di innovazioni realizzate nell’industria introdotte con lo scopo di garantire la produzione un vasta scala di un prodotto standardizzato.

Il Fordismo incorpora i principi del Taylorismo in quanto l’ingresso della catena di montaggio nelle fabbriche costituisce la più completa applicazione della parcellizzazione delle mansioni.

Come nel taylorismo, in Ford la dimensione del tempo e dello spazio è fondamentale,in quanto la catena di montaggio mirava proprio a ridurre i tempi morti dovuti agli spostamenti.

Il modello fordista era perciò caratterizzato da un’elevata meccanizzazione, che spersonalizzava ancora di più il lavoro svolto dagli operai.

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Il Taylorismo, a differenza del Fordismo non necessitava di un elevato sviluppo tecnologico, in quanto l’organizzazione proposta da Taylor mirava sì a ridurre i tempi dovuti agli spostamenti ma comunque senza l’impiego di mezzi meccanici, quali la catena di montaggio.

Ford ha introdotto un’ulteriore novità, ovvero ai lavoratori vengono alzati gli stipendi, ovvero vengono loro dati degli incentivi economici,materiali(aumento dello stipendio del 5%).

Tale scelta è stata ritenuta dallo stesso Ford il più grande risparmio realizzato dall’azienda in quanto ora gli operai divenivano anche consumatori di quei prodotti qualora riuscissero ad affrontare la spesa. In realtà Ford aveva l’obiettivo di ridurre il più possibile il turnover (ricambio del personale il più delle volte dovuto al licenziamento) che era assai alto nella sua fabbrica.

I livelli di controllo nei confronti del lavoratore erano comunque elevati nel modello fordista; Ford cerca di trattenere con l’aumento del salario i suoi lavoratori, indaga sulla vita privata della sua forza lavoro formulando domande biografiche, economico-finanziarie e sui comportamenti tenuti durante la vita quotidiana privata. Tutto ciò perché Ford non avrebbe mai voluto confrontarsi con i sindacati o con lavoratori iscritti a questi. (i 5 dollari furono dati ai lavoratori che accettavano di essere controllati ed indagati dal dipartimento di sociologia istituito da Ford all’interno dell’industria).

Ford ha assunto afroamericani, ma solo alcuni di loro hanno ricevuto un aumento. Queste persone son state inserite i particolar modo nelle fonderie e per la selezione spesso si basava su pareri raccolti da lui presso le Chiese, dai pastori, i quali suggerivano soggetti più tranquilli e soprattutto non interessati all’iscrizione al sindacato.

Successivamente, quando i dipendenti afroamericani hanno realizzato di essere stati inseriti in posizioni faticose e pesanti, hanno cominciato anch’essi a sindacalizzarsi.

Il modello fordista viene bloccato in caso di sciopero in quanto anche solo l’assenza di pochi lavoratori poteva compromettere tutto il sistema basato sulla catena di montaggio;d’altro canto però i lavoratori, dedicandosi a mere singole e ripetitive operazioni, erano altamente sostituibili.

Il modello fordista scompare nel 1941 e non si potrà più parlare di questo nelle grandi fabbriche.

Dopo la crisi del 29 iniziava infatti a cambiare l’aria soprattutto negli USA. Tra il 1932 e il 1933 iniziano a formarsi organizzazioni sindacali che si fanno promotrici di un’idea diversa del lavoro.

Comincia a svilupparsi l’idea di richiedere l’intervento dello Stato in economia, ovvero l’intervento pubblico, per dare dei sostentamenti a disoccupati,invalidi,infortunati…

Secondo J.M. Keynes è necessario l’intervento dello stato in economia. 

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Il salario nominale e quello reale cominciano ad essere alla base della contrattazione collettiva. Per salario nominale (o monetario) si intende la quantità di moneta che viene data al lavoratore dipendente, periodicamente, in cambio della sua prestazione. Per salario reale si intende, invece, il potere d'acquisto del salario nominale, cioè la quantità di beni e servizi che il lavoratore può ottenere con esso. (inflazione)

Il salario nominale non può essere ridotto in quanto questo genererebbe conflitti.

IL LAVORO NELLA TRANSIZIONE INDUSTRIALE ITALIANA

L’Italia era caratterizzata da un ritardo sviluppo e da differenze agrarie dovute:

ad una varietà climatica (che causava una differenza colturale tra Mediterraneo/Centro-Sud e Liguria e la zona continentale del Nord e delle pianure cerealicole del Sud);

a regimi diversi: una forte vocazione commerciale si contrapponeva all’assenteismo fondiario;

alla varietà dei sistemi feudali e ai cambiamenti delle classe possidenti.

Non era caratterizzata solo da una cronica frattura tra Nord e Sud ma essa coincideva con una mappa articolata di regimi fondiari ed agrari che comportava diverse modalità di lavorare e di organizzare la vita sociale.

Non vi era perciò una una divisione tra 2 o 3 Italie ma ci si trovava di fronte ad un mosaico complicato di condizioni di lavoro e di vita.

Basti pensare alla Lombardia;a Milano prevale un’agricoltura irrigua e commerciale, nelle povere aree montane prevale la pastorizia. Ancora,in Sicilia, nella zona occidentale vi erano feudi spezzettati, mentre Messina e Catania sono zone commerciali.

Per quanto riguarda il Centro-Nord si erano diffusi contratti di mezzadria o colonia e l’agricoltura presente è un’agricoltura appoderata, ovvero i contadini risiedono nella terra.

La vocazione commerciale,come già detto, si contrappone va all’assenteismo dei grandi proprietari terrieri. Proprio su tale vocazione si innesta la transizione industriale dell’Italia Unita. Il Nord,industriale di tipo paternalista/padronale (Pirelli,Falk,Fiat), era trainato da una borghesia industriale e in particolare la Lombardia e la Boemia vengono definite insieme il polmone industriale dell’Impero Austro-ungarico. L’industrializzazione rimane confinata per circa un secolo al triangolo industriale Milano-Torino-Genova. Borghesia industriale al nord e borghesia latifondista al Sud sono le classi dirigenti nel sistema sociale italiano dall’Unità all’Italia del Fascismo.

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Un diverso modello di crescita industriale comporta una diversa formazione della classe operaia.

Gli operai che vivono nel triangolo industriale provengono dall’entroterra agricolo,mantenendo comunque il contatto e gli scambi con le terre d’origine. Gli operai erano ex contadini, ma anche operai con qualificazioni artigiani, di orgine urbana. Gli operai industriali coinvolgono perciò operai comuni e operai contadini e operai con qualifiche professionali/ artigiane.

Nella pianura padana si sviluppa una classe operaia agricolo-bracciante che svolgono attività di bonifica.

Si registrano emigrazioni transoceaniche dalla Campania, dal Veneto (non solo dal Sud),mentre nel sud persiste l’assenteismo dei proprietari terrieri e la razionalizzazione rimane bloccata e si sviluppano piuttosto figure di braccianti a giornata.

ITALIA NEL SECONDO DOPOGUERRA

Secondo Bagnasco si può parlare di 3 Italie, ovvero di tre diverse formazioni socio-economiche:

marginale: regione del Mezzogiorno dopo la guerra si assiste alla battaglia del grano che dimostra la vera Italia agricola ormai impoverita e nel 1951 l’italia è ancora un paese prevalentemente agricolo.

centrale: aree di sviluppo industriale (Nord Ovest); la classe operai prevalentemente di origine meridionale dopo 20 anni di lavoro nel triangolo industriale si mobilita nell’autunno del 1969;come scenario abbiamo quartieri di edilizia popolare in cui i lavoratori hanno solo in parte libero accesso al consumismo di massa e ormai sono individui diversi dei contadini di anni prima;

periferica (CentroNordEst NEC) caratterizzata da piccole imprese,industrializzazione diffusa; vengono qui poste le premesse per la costruzione dei distretti industriali.

Nel Sud vi sono alcuni decentramenti di aziende petrolchimiche settentrionali. Doria nel descrivere le aree costiere confrontandole con le zone interne,introduce la metafore dell’ osso (polpa/osso).

Nonostante la mancanza di un pieno sviluppo industriale nel Sud, si sviluppa una forma lieve di consumismo e prende piede un esercito di edili.

Negli anni dopo il secondo conflitto mondiale si registra una crescita dell’occupazione e una contrazione della disoccupazione. Negli anni 50 sono in auge prodotti come la lambretta i frigoriferi, non l’automobile in quanto essendo costosa,se la potevano permettere solo gli impiegati,non gli operai. L’industria si sviluppa fortemente nel triangolo Genova-Milano-Torino ;circa 25milioni di italiani cambiano residenza tra il 1955 e il 1985. Inizialmente si cerca di ottenere il benessere nella propria zona d’origine ,solo poi si valuta di migrare. Meridionali,Veneti e Friulani

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migrano verso il triangolo industriale e verso Germania,Svizzera,Francia e Belgio (l’emigrazione ha seguito un modello rotatorio). Nel 1961 viene abolita la legge 6 contro l’inurbamento che era stata emanata durante il periodo fascista. L’organizzazione di tipo Taylor-fordista che era sorta negli anni 20 si sviluppa nel secondo dopoguerra (piano Marshall) e tra il 1945 e il 1980 si assiste ad una progressiva industrializzazione della grande fabbrica intergrata ad economia snella. La produzione di massa abbassa i costi in quanto le merci sono poco differenziate se non completamente standardizzate. Rilevante è anche il processo di managerializzazione,ovvero l’inserimento dei manager. Il vecchio datore di lavoro non aveva competenze per fare la selezione,perciò si diffondono figure nuove ed importanti all’interno delle grandi fabbriche.

Nei primi anni 60 la situazione di precarietà esplode e nel 1962 prezzo piazza Statuto aTorino si registra il preambolo di quello che sarà poi il 68.

Negli anni 70 con la ristrutturazione e la crisi delle aziende petrolifere(1973) c’è stata un’accelerazione della terziarizzazione e una riduzione delle migrazioni verso l’estero.Il n° immigrati supera il n° di emigrati nel 1973 e la maggior parte dei fllussi migratori ha origine da Tunisia,Filippine,Capo Verde,Corno d’Africa,Somalia,Eritrea, Etiopia,ovvero dalle ex aree del colonialismo italiano. Nel Nord si consolidano le piccole industrie. Vi è un incremento dei ceti professionali della piccola borghesia urbana e si riducono notevolmente i coltivatori diretti. Ha inizio invece il fenomeno dell’immigrazione dal Sud e dall’Est per cercare occupazione nei servizi, nelle industrie e nell’edilizia.

Oggi invece abbiamo assistito all’esplosione di esperienze lavorative sempre meno stabili ed eterogenee. Non vi sono infatti certezze per quanto riguarda la collocazione all’interno di classi. Oggi è presente il processo di de verticalizzazione (Benetton de localizza,mantiene in sede madre solo il controllo qualità).

MODELLO GIAPPONESE

FABRICA INTEGRATA E PRODUZIONE FLESSIBILE

Dagli anni 50 le grande imprese che puntavano alle economie di scala vennero sostituite dalle industrie che seguivano un economia di tipo snello.

L’economia snella era basata su standard qualitativi più elevati e allo stesso tempo la produzione non era standardizzata ma differenziata.

Tale riconversione postbellica fu emblematica nel caso Toyota. Lungo la stessa linea venivano prodotti modelli differenziati.

Il modello giapponese parte dall’osservazione compita da Taiichi Ohno dei supermercati,ovvero osservando ciò che viene venduto si sceglie cosa

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produrre. Per tale motivo uno dei principi fondamentali del toyotismo è il paradigma dello just in time.

Si assiste ad una progressiva disintegrazione verticale nel senso che viene acquistata la quantità di semilavorati necessaria a rispondere alla richiesta del mercato in un determinato momento.

I prodotti semilavorati vengono acquistati da società esterne e l’organizzazione produttiva non avviene più all’interno della stessa fabbrica e i semilavorati vengono sempre più prodotti da più suppliers o fornitori. (sfiducia nella via gerarchica). Perciò la piccola impresa torna con una nuova vitalità e in questa si incrementa l’occupazione.

Con Toyota non si può ancora parlare di rete globale ma di rete locale in quanto i semilavorati venivano acquistati in zone limitrofe.

Harrison considerò tale struttura tanto snella e agile quanto miserevole nel senso che vi era una centralizzazione finanziaria e del potere senza un corrispettivo accentramento della produzione e della forza lavoro; in tal modo Toyota non doveva contrarsi con migliaia di lavoratori.

Nel corso degli anni 80 il sistema fu addottato anche da USA, Gran Bretagna e Italia.

I principi base del Toyotismo sono perciò 2:

1. Just in time: si produce quello che serve nel momento in cui serve; ciò implica una centralità del cliente e non del lavoratore;

2. Autonomazione: si instaura un nuovo tipo di rapporto tra l’ uomo e la macchina; vi è una maggior responsabilizzazione del lavoratore e i macchinari polivalenti devono diversificare rapidamente la produzione.

Per quanto riguarda la produzione just in time il sociologo Kanban parla di un “pensare all’inverso”, da valle a monte. Infatti vi è una progressiva sincronizzazione tra richiesta di mercato e produzione (diversamente da quanto avveniva col taylorismo). Questo aveva l’obiettivo di eliminare gli sprechi e attraverso la rete di produzione e la numerosità dei suppliers le scorte venivano ridotte al minimo.

Non solo la produzione ma anche i lavoratori divengono Just in time. Tale sistema tende infatti ad essere ancor più pesante per la forza lavoro in quanto era necessario produrre quanto richiesto e in tempi ridotti.

Per ridurre i tempi morti è necessario riorganizzare la catena e preparare velocemente i macchinari. Il lavoratore diviene plurimansione in quanto è necessario predisporre alla svelta i macchinari polivalenti in modo da avviare altrettanto rapidamente la produzione.

Sempre per rispondere al criterio del just in time è stato necessario per Toyota costruire un sistema logistico, dei trasporti efficiente per l’arrivo dei semilavorati dentro la fabbrica e la spedizione dei prodotti finiti ai clienti.

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Un concetto fondamentale è quello della qualità totale: tutti coloro che prendono parte al processo produttivo,dall’operaio al top manager, ha il compito di assicurare la qualità di ciò che viene prodotto,in modo da ridurre i difetti legati ad errori del processo produttivo.

Si parla di un’ideologia della partecipazione nel senso che al contrario di quanto avveniva nel taylorismo,nel toyotismo vi è uno scambio di informazioni e conoscenze tra officina e direzione.Si forma così una specifica identità aziendale.

Allo stesso tempo però viene ridotto il potere degli operai professionali,non con la parcellizzazione come in Taylor e in Ford,ma con il sovraccarico dei compito.

Viene meno la conflittualità che vi era nel modello taylor-fordista e si diffonde un senso di appartenenza e di partecipazione, una vera e propria cittadinanza di fabbrica.

Vengono ripresi i vecchi schemi del socialismo reale e del Welfare aziendale.

Si sviluppa il SINDACATO GIALLO che si caratterizza per uno schieramento molto vicino al datore dell’azienda nella contrattazione.

Per evitare l’insorgere di forme di protesta non controllabili il modello giapponese impiega alcuni strumenti: per controllare la conflittualità alcuni lavoratori vengono confinati,isolati in reparti specifici; chi si iscrive al sindacato giallo ha delle tutele aggiuntive; un ruolo fondamentale nella riduzione della conflittualità è stata la diffusione dell’ideologia dell’appartenenza.

Per Fabbrica snella si intende :

Zero stock( no standardizzazione prodotto ma differenziazione); Zero difetti (partecipazione lavoratori); Zero conflitti (scambio info tra officina e direzione e sindacato

giallo); Zero tempi morti (grazie a collaborazione lavoratori); Zero attesa per il cliente (just in time); Zero cartacce (sistemi informativi e riduzione burocrazia).

FORME DI RESISTENZA AL TOYOTISMO

A posteriori il Toyotismo è stato criticato per il martellamento ideologico che avveniva all’interno della fabbrica. Veniva esercitata una pressione eccessiva sui lavoratori.

Le forme di protesta venivano combattute nel campo della logistica, che non permetteva alla merce di essere ricevuta dal cliente nei tempi desiderati .E’ proprio la logistica il punto debole del modello Toyota ed essa è intesa come parte del ciclo produttivo ed è fondamentale nel processo di valorizzazione.

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Nel 1966 alla General Motors 3000 operai ne bloccano altri 1000 000.

Più recentemente nel 2007 vi è stato lo sciopero degli autotrasportatori che hanno bloccato l’uscita del casello autostradale di Padova Est.

Altre criticità sono da ricondurre al sub-appalto,ovvero alle cooperative spurie che talvolta non sono altro che una copertura per l’abbassamento dei prezzi accompagnata da una contribuzione più bassa. Spesso il salario viene abbassato per aumentare il capitale sociale della cooperativa.(spesso quando una cooperativa perde l’appalto subentra una seconda cooperativa;i soci della prima cooperativa,pur di non perdere il posto, si vedono costretti ad accettare di lavorare per un compenso più basso)

MERCATO DEL LAVORO

Il mercato del lavoro è un contesto ideale all’interno del quale avviene la compravendita di una merce sui generis, la forza lavoro o capacità lavorativa.

Si tratta di un mercato particolare in quanto :

la merce trattata non può essere fisicamente separata dal suo proprietario(non è mai una merce anonima);

la relazione sociale tra le parti non si esaurisce al momento dello scambio;

la forza lavoro, al contrario di altre merci,non nasce storicamente con lo scopo di essere venduta.

Le scelte della forza lavoro non sono mai libere e razionali, subentrano altre componenti (es. politiche sociali, Welfare state).

L’applicazione del concetto di mercato al mercato del lavoro sotto questo punto di vista è alquanto inappropriata. Si può parlare di mercato del lavoro nel momento in cui si interpreta il lavoro come lavoro astratto. Quando con la rivoluzione industriale vengono stravolte le strutture produttive tradizionali, ovvero si assiste al compimento dl processo di mercificazione del lavoro.

Il lavoro è una merce sui generis perché è in grado di contrattare il proprio prezzo. La contrattazione riguarda sia il salario (ovvero il valore attribuito alla prestazione lavorativa) sia le condizioni di lavoro. Tale merce crea le sue rappresentanze che hanno un ruolo rilevante nel mercato del lavoro stesso.

Secondo Solow si tratta di un’ istituzione sociale: infatti il mercato del lavoro è governato anche dalla politiche sociali del Welfare State, non solo da puri rapporti economici.

Per questi motivi il MdL riflette aspetti e tendenze generali della società.

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Il mercato del lavoro al giorno d’oggi non è globale, ma nazionale. Coincide con un insieme di meccanismi che regolano l’incontro tra posti di lavoro vacanti e persone in cerca di occupazione. Questi meccanismi dovrebbero regolare i salari e le condizioni di lavoro. La black list tendono a suddividere il mercato del lavoro.

In particolare essendo il mercato del lavoro una costruzione sociale essa è sempre in trasformazione; si registrano tre grandi riforme:

pacchetto TREU (1997);

D.Lgs. Biagi 276/2003 ;

Riforma del lavoro Fornero (2012).

Le riforme del governo sono dunque determinanti per il Mercato del Lavoro (esempio articolo 18) e perciò il MdL è una costruzione sociale,anche politica.

Quando si parla di Mercato del Lavoro ci sono due elementi da considerare

Le preferenze di ogni individuo lavoratore;

Preferenze di ogni singolo datore di lavoro.

Azioni delle comunità dei lavoratori

Azioni delle comunità dei datori di lavoro (conf-industria,conf-artigianato);

Azioni del governo.

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VARIABILI CHE STRUTTURANO IL MERCATO DEL LAVORO

1. LIVELLO SALARIALE GENERALE E PARTICOLARE DI QUEL POSTO DI LAVORO:

2. PRESTIGIO O MENO DELL’OCCUPAZIONE

3. SFORZO LAVORATIVO

4. POSSIBILITA’ DI ALTRE OCCUPAZIONI O SALARI O IDENTITA’

5. STRATEGIE FAMILIARI E STRATEGIE INDIVIDUALI

6. MODI DI VITA E LIVELLO DI BISOGNI

7. LEGISLAZIONE VIGENTE

Tra gli elementi centrali per un lavoratore o una lavoratrice vi è il fatto che questo/a vede la sua capacità lavorativa come una contrattazione continua (voice),ovvero una volta che viene assunto il lavoratore tende a contrattare il salario o le condizioni di lavoro. In secondo luogo,il lavoratore ha sempre la possibilità di vendere le proprie capacità lavorative ad un datore di lavoro diverso (exit).

Per quanto riguarda il datore di lavoro,invece, egli può assumere e licenziare chi gli pare (vincolato dalla normativa) ma allo stesso tempo ha la necessità di disporre di una determinata quantità e qualità della forza lavoro.

TEORIA DUALISTICA DEL MERCATO DEL LAVORO

La teoria dualistica del mercato del lavoro (pubblicizzata da Gordon) nasce negli Stati Uniti e afferma che per motivi riconducibili alla struttura dell’economia e della società americana,una parte dei lavoratori rimane esclusa dalle conquiste fatte relative alle condizioni e alla stabilità del lavoro. All’origine del dualismo vi è una sorta di compromesso tra i lavoratori delle grande imprese a carattere monopolistico e i loro datori di lavoro. Quest’ultimi garantiscono ai lavoratori maggior stabilità, migliori condizioni di lavoro a patto che essi producano di più e che tali agevolazioni restino prerogativa di questa componente del mercato del lavoro nella grande fabbrica. Si parla in questo caso di mercato del lavoro primario.

Nel mercato del lavoro secondario, ovvero quello delle piccole imprese spesso a conduzione familiare, l’ occupazione resta caratterizzata da precarietà,e le garanzie sindacali a livello di salario e condizioni di lavoro sono

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basse. Su questo mercato si concentrano donne e immigrati e ciò riflette le forme di discriminazione esistenti nella società.

Pensiamo al Golfo Persico, in cui ai lavoratori locali sono riservate mansioni impiegatizie anche a livello pubblico,mentre gli extracomunitari si occupano principalmente di cura assistenziale ed edilizia.

TEORIE DELLA SEGMENTAZIONI

Tali teorie pongono l’accento sulle caratteristiche della domanda di lavoro provenienti dalle grandi imprese e sui mercati del lavoro interni. Nella teoria di Edwards i mercati interni del lavoro sono divisi in 3 aree in cui i lavoratori non competono tra loro.

I due segmenti primari del mercato interno sono :

Segmento dei lavoratori professionalizzati e specializzati;

Occupazione qualificata di massa e ad alta produttività.

Questi sono caratterizzati da una certa stabilità in quanto risultano impermeabili alla concorrenza ed hanno un certo grado di stabilità.

Il segmento secondario ( cittadini a bassa scolarità o a bassa specializzazione professionale o immigrati) non gode ,invece, di stabilità e certezze in quanto è costantemente esposto alla concorrenza.

Perciò un’abbondate offerta di lavoro non indebolisce le condizioni di lavoro o di reddito del segmento primario,ma enfatizza le differenze tra le condizioni dei lavoratori dei segmenti primari da quelli del segmento secondario.

ANALISI DEL MERCATO DEL LAVORO

L’analisi del mercato del lavoro non si limita solo alla questione del prezzo della merce ma anche dei livelli di occupazione e di disoccupazione oltre che di quanta parte della popolazione è presente nel mercato del lavoro.

Gli indicatori del mercato del lavoro sono molteplici:

Popolazione attiva (forza lavoro)

Tasso di occupazione

Tasso di disoccupazione

Tasso di attività

Dal mercato del lavoro sono esclusi i soggetti privi di capacità lavorativa,quali gli anziani e i bambini(più di 65 anni e meno i 15),che

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rientrano nella popolazione non attiva o nelle non forze di lavoro. Tale esclusione è stabilita su criteri non meramente fisiologici,ma sociali. I soggetti in età pensionabile e i bambini sotto la soglia di età che coincide con l’obbligo scolastico vengono esclusi. Questi due gruppi non sono gli unici che rientrano nella popolazione non attiva;è necessario sommarvi coloro che non costituiscono parte della popolazione attiva per scelta personale( anche se a volta non libera).

E’ il caso della casalinghe,dei giovani in obbligo di leva,del clero e dei benestanti che non necessitano di lavorare.

I passaggi che avvengono all’interno del mercato del lavoro tra una categoria e l’altra(occupati,disoccupati,)ma anche tra forze di lavoro e non forze di lavoro sono diversi, e variano nei diversi contesti nazionali e nelle diverse fasi di sviluppo.

La popolazione attiva è costituita dagli occupati e dai disoccupati,ovvero da tutti gli individui che agiscono nel mercato del lavoro lavorando o cercando un’occupazione. L’incidenza percentuale della popolazione attiva sulla popolazione totale si definisce tasso di attività (tasso lordo se viene fato riferimento al totale della popolazione,o tasso netto se viene fatto riferimento soltanto all’età tra i 15 e i 65anni).

Il tasso di occupazione si calcola tra il numero di occupati e la popolazione attiva o in età attiva.Tale indicatore costituisce un indice non solo del livello della domanda di lavoro ma anche del grado di benessere economico.

Per occupati si intendono i soggetti dai 15 anni in su che nella settimana di riferimento nell’indagine (ISTAT ogni tre mesi,poi dati aggiunti al censimento fatto ogni 10 anni):

Hanno svolto almeno 1 ora di lavoro in cambio di un corrispettivo in denaro o in natura;

Sono assenti dal lavoro temporaneamente per un periodo massimo di tre mesi (ferie/malattia) o se durante l’assenza percepiscono almeno il 50% della retribuzione (cassa integrazione,maternità)

Il tasso di disoccupazione si calcola come incidenza percentuale dei disoccupati sulla popolazione attiva, non sulla popolazione generale!!! I disoccupati comprendono gli individui dai 15 ai 74 anni.

Il mercato del lavoro è caratterizzato da bassi tassi di attività, forti differenze regionali,elevati tassi di occupazione giovanile e molti self-employed( individui che no trovando lavoro dievengono lavoratori autonomi).

Dati italiani

60milioni di abitanti,4/5 milioni sono extracomunitari

Disoccupazione giovanile(dai 15 ai 25 anni) pari al 40%

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Occupati 23/24 milioni

Disoccupati 3milioni

Inattivi 34 milioni

In Italia si può parlare di sottosistemi occupazionali in quanto tra Centro Nord e Sud sussistono profonde differenze riguardo tali indicatori.

Perciò se confrontati a livello europeo tali dati risultano distorti in quanto le articolazioni delle zone del centro nord risultano molto diverse da quelle del Sud.

Es. occupazione femminile al nord 55% al sud31%;disoccupazione giovanile al nord 13,7% al sud 32,3%;disoccupazione al nord 4%,al sud 11%.

COSA SI INTENDE PER FLESSIBILITA’

In primo luogo si deve chiarire quale connotazione si dà al termine flessibilità.

Possiamo considerare flessibili le condizioni che risultano malleabili rispetto alle esigenze di un certo tipo di impresa,oppure rispetto agli interessi di gruppi diversi di lavoratori che non possono intraprendere carriere standardizzate o che si adattano meglio alle esigenze di un ciclo economico attanagliato dalle tensioni contrapposte della competizione globale e della iperterziarizzazione. Ancora essa potrebbe essere associata alla polivalenza delle macchine impiegate.

In realtà le argomentazioni correnti semprano alludere alla terza connotazione che però è quasi impossibile da definire con riferimenti alla realtà concreta.

La caratteristiche di una flessibilizzazione su scala globale variano a seconda dei diversi contesti in connessione con due questioni :

come sono strutturate le organizzazioni produttive; come le potenzialità lavorative sono accompagnate da diversi tipi di

supporti economici e sociali.

La flessibilizzazione dunque ha un impatto ambiguo sulla segmentazione del mercato del lavoro:viene praticata allo scopo di spostare forme lavorative dai segmenti primari verso l’area secondaria,ma sconvolge l’intero impianto di strutturazione dei mercati del lavoro verso forme di frammentarizzazione sempre più difficili da controllare

AREE INTERESSATE ALLA FLESSIBILITA’

Orario- cambiamenti turni di lavoro (statica); straordinari o ‘monte ore’(dinamica)Numerica- Vincoli legati a licenziamenti e assunzioni

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- Possibilità di assunzione di forza lavoro a termine- Possibilità di appaltare ad altre aziende parti del ciclo produttivo Funzionale (od organizzativa)- Possibilità di spostare i lavoratori all’interno dell’impresa- Possibilità di variare la mansione dei lavoratori Salariale- strutturale (differenze legate ai livelli di produttività, settore, territorio,qualifica, età)- congiunturale (macro, cioè capacità di adeguamento alle variazioni cicliche del mercato; micro connessione con l’andamento a livello di singola impresa. Premi di produttività)

ALCUNE TIPOLOGIE DI LAVORATORI ATIPICI

Staff leasing (gruppi di lavoratori assunti a t.i. da agenzie private che lavorano nell’organizzazione di una impresa committente: subappalto di manodopera)

Lavoro accessorio (voucher; buoni lavoro orari: non oltre 30 giorni all’anno; stagionali nella vendemmia)

Lavoro interinale Tempo determinato Apprendistato Stage Lavoro intermittente o job-on-call (tempo indeterminato, ma si lavora

solo quando serve)

SOMMINISTRAZIONE DEL LAVORO

E’ caratterizzata da una scissione fra datore di lavoro di fatto e datore di lavoro di diritto: il lavoratore assume la qualifica di dipendente temporaneo (almeno di solito) di dipendente di un’organizzazione privata (l’agenzia) per poi prestare la propria opera professionale presso un'altra impresa (l’impresa utilizzatrice). E’ un rapporto tra tre parti in cui vi è un contratto di lavoro(tra agenzia e lavoratore) e un appalto di servizi o d’opera(tra l’impresa utilizzatrice e l’agenzia); tra il soggetto che utilizza la prestazione di lavoro e il lavoratore temporaneo non intercorre alcun rapporto contrattuale anche se non mancano obbligazioni di carattere giuridico (vengono inseriti nell’organizzazione)

SOGGETTI COINVOLTI

L’agenzia per il lavoro affitta un lavoratore ad una impresa utilizzatrice attraverso un contratto di somministrazione di manodopera.

85 agenzie con 9 mila dipendenti, 160-170 mila lavoratori interinali

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Durata media delle missioni: due mesi Imprese medio grandi dell’ industria manifatturiera(metalmeccanica) Regioni settentrionali (ma talvolta lavoratori meridionali) Mansioni operaie, giovani, ma adulti in crescita; Giovani, scuola secondaria, migranti, un modo per trovare un posto fisso

VANTAGGI

Strategia just-in-time: impresa flessibile con un centro e periferia Riduzione dei costi (selezione e reclutamento) Esternalizzare i rischi associati alle assunzioni dirette Periodo di prova A livello internazionale: dal paese di origine al posto di lavoroLAVORATORE AUTONOMO

Un’altra categoria importante che nei contratti non standard è quella che inerisce al lavoratore autonomo.

Si tratta di quei lavoratori che sono indipendenti ed hanno una partita IVA.Questi lavoratori autonomi solitamente non hanno dipendenti,o ne hanno 1 o 2.

Infine spesso la strada del lavoratore autonomo è un ripiego per ovviare al fatto che magari come subordinato non si trova lavoro in un determinato lavoro ,(es. infermiere con partita IVA ricava circa 2900 euro,tassati se giovani al 5% ;come lavoratore dipendente un infermiere prende tra i 1300-1700).

LAVORATORE PARASUBORDINATO

Un lavoratore parasubordinato può avere uno o più committenti e tra questi ne fanno parte anche giovani e donne;la concentrazione più alta di queste figure è Roma,Milano e nella Terza Italia e riguarda profili professionali medio/alti.

Si trovano i parasubordinata i sia nel pubblico che nel privato.Gli orari dovrebbero essere liberi invece talvolta son fissati a priori dal committente.

Formalmente però spesso sotto la figura del lavoratore parasubordinato si celano diverse caratteristiche del lavoratore subordinato. Al fine di qualificare un rapporto di lavoro come subordinato piuttosto che parasubordinato si utilizza il metodo tipologico secondo cui è sufficiente che siano presenti alcuni indici di subordinazione. Se tra diversi indici di subordinazione,più di qualcuno viene condotto al rapporto di lavoro in analisi, si afferma che il nomen iuris del contratto non corrisponda poi alla realtà concreta del rapporto.

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Nel corso degli ultimi 20 anni c’è stato un declino dei livelli salariali e vi sono tanti disoccupati che rimangono tali a lungo e una grande quota di persone continua ad entrare ed uscire dal mercato del lavoro.

Il livello di stabilità è basso e i lavoratori divengono fortemente sostituibili.

L’instabilità è determinata da diversi fattori e dipende da:

Età e genere Studi Sostituibilità da macchine o altri individui Innovazione Settore e tipo di professionalità Dimensione dell’impresa.

LA PRECARIETA’

Per trovare lavoro abbiamo bisogno di costruire relazioni e ogni rete relazionale cambia in base a nazionalità,provenienza sociale,genere…

Mark Granowetler fece una ricerca su come si cerca e si trova lavoro. Egli sostiene che per trovare lavoro di solito ci si affida a due tipi di legami,diversi tra loro:

Legami forti: famiglia,gli amici più stretti (raccomandazione); di solito questi tendono ad indirizzare l’individuo nello stesso settore di appartenenza delle persone a cui sono legati e forze danno qualche possibilità in più ma i

Legami deboli offrono possibilità più differenziate l’una dall’altra.

Ad incidere sulla precarietà un ruolo non da poco è assunto dal Welfare State a cui si accompagnano una debolezza contrattuale e una debolezza delle organizzazioni sindacali. In Italia gli iscritti al sindacato sono meno del 20% (4/5 milioni di cui anche immigrati).

PRECARIETÀ

INSTABILE E INSICURO? Solo una grande giostra? Lavoro instabile come trampolino o come destino? Inferiori livelli salariali (diretti e indiretti) nell’arco della propria vita lavorativa Società del rischio? Affacciarsi della disoccupazione strutturale Insicurezza del lavoro:

cognitiva (percezione probabilità di perdere il lavoro); del mercato del lavoro (la percezione delle possibilità di reperire un’altra

occupazione); affettiva (conseguenze della perdita del lavoro e delle difficoltà a

reperirne un altro). L’importanza della famiglia

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Le stime sui lavoratori con contratto precario sono oggetto di dibattito politico, ma si può dire che il fenomeno è in espansione,una condizione abbastanza condivisa (dai tre ai sei milioni circa di persone).Si tratta di un insieme disomogeneo.La precarietà produce effetti sul piano individuale e collettivo:

Estrema individualizzazione: si vuole essere sempre più indipendenti e prima di essere famiglie siamo individui che vogliono intraprendere una carriera,un percorso professionale);

Senso di isolamento Ricattabilità (nel senso che oggi è difficile aver il coraggio di

abbandonare un lavoro che non valorizza in quanto non vi sono certezze e si spera sempre nel rinnovo del contratto in un contratto a tempo indeterminato)

Scarsa attenzione per i contenuti del lavoro Abbassamento livello dei redditi

PER ESSERE PRECARI BASTA SOLO ANALIZZARE IL CONTRATTO DI LAVORO?

Per stabilire se il soggetto si trova in una situazione di precarietà bisogna anche analizzare il reddito e patrimonio familiare,oltre che lo stato sociale (sostegno ai disoccupati),lasituazione individuale ( se è giovane, migrante, breadwinner,con ampia/limitata rete familiare,alcuni elementi sono ascritti),la rete e il capitale sociale e l’area di residenza.

A partire dalla metà degli anni Novanta si registra la progressiva erosione del potere d’acquisto dei salari con un ampliamento delle disuguaglianze di reddito.Tale rischio più elevato per: - giovani, donne e migranti -sogetti con bassi livelli di istruzione - individui assunti con contratto a tempo determinato in mansioni razionalizzate e nelle piccole imprese delle aree rurali - lavoratori autonomi - adulti/e non anziani, specialmente se sono donne con prole a carico

FAMIGLIA E ISTRUZIONE

In Italia vi sono più matrimoni civili che religiosi e l’età d’uscita dei figli dalla casa dei genitori è alquanto ritardata rispetto ad esempio la Germania o l’Europa in genere. Spesso le figlie escono di casa prima dei maschi e a 30 anni circa hanno il primo figlio (tasso più alto d’Europa).

Oggi c’è ancora un legame tra titolo di studio dei genitori e titolo di studio del figlio.

In Italia vi sono poche mansioni che richiedono il conseguimento di una laurea,e spesso ad un colloquio si viene rifiutati perché troppo qualificati.In Italia i laureati sono il 19% della popolazione ord est i laureati non sono

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moltissimi e anche la disoccupazione è bassa,infatti dopo il diploma si cerca l’inserimento nel mondo del lavoro.

RIEMERSIONE DEL LAVORATORE POVERO

La riemersione del fenomeno inizia negli Stati Uniti negli anni Ottanta e si espande in Europa a partire dalla fine degli anni Novanta. Da una fase di tendenziale perequazione dei salari si passa ad una sostanziale sperequazione.Le caratteristiche del lavoratore povero riguardano vari elementi sia individuali sia familiari sia infine macrostrutturali.E’ importante sottolineare che un basso salario di per sé non necessariamente porta alla povertà se, ad esempio, nella famiglia vi sono altri percettori di reddito o se, ad esempio, il welfare è particolarmente generoso.Nel 2010 in Italia l’11,0% delle famiglie è relativamente povero (cioè circa 8,3 milioni di individui).Le famiglie in povertà assoluta sono invece il 4,6% (3,1milioni di individui). Nel 2010 secondo l’Istat il 9,3% degli occupati è incondizioni di povertà relativa e tra gli operai tale valore arriva al 15,1%.In una situazione di povertà assoluta vi è invece il 3,5% degli occupati e ben il 6,4% degli operai.

Nel 1992-1993 viene superato il meccanismo della scala mobile, una procedura automatica che faceva aumentare ogni anno il salari in base all’inflazione.Tale meccanismo aveva senso nei casi in cui l’inflazione era alta. L’inflazione viene calcolata sull’aumento dei prezzi di un paniere di beni ma individuare tale paniere non è semplice.Quali sono oggi i beni fondamentali?(tecnologia,non solo beni primari oggi).

In italia oggi l’inflazione è circa del 0.5.

La condizione di precarietà e lo sforzo continuo dell’individuo nel raggiungimento di condizioni di lavoro stabili, mette in secondo piano altri obiettivi,che divengono marginali.Secondo Sennet il fatto di cambiare continuamente mansione ovvero la frammentazione lavorativa nelle carriere individuali demolisce e non ci permette di costruirci un’identità lavorativa definitiva,che è parte dell’identità in generale.

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PUN NGAI, CINA. LA SOCIETÀ ARMONIOSA. SFRUTTAMENTO E RESISTENZA DEGLI OPERAI MIGRANTI, MILANO: JACA BOOK, 2012,

Il paese è recentemente divenuto il maggior produttore mondiale di prodotti elettronici, mentre il fatturato delsuo mercato del lusso ha superato quello giapponese. La trasformazione della Cina nella celebrata “fabbrica globale” è avvenuta per mezzo (e sulle spalle) di una nuova classe operaia. Essa è formata dagli oltre 200 milioni di operai-contadini (nonmingong), che a partire dalla fine degli anni ‘70 hanno lasciato le campagne e sono andati a lavorare nelle aree manifatturiere della costa1. Ed è esattamente questo il punto di osservazione a partire dal qualePun Ngai descrive le trasformazioni in corso in Cina.I saggi di Pun Ngai e degli altri autori, analogamente,focalizzano l’attenzione sulle le sofferenze dei corpi ai mutamenti imposti a ritmi frenetici dall’incontro con capitalismo globale.Pun Ngai mostra come i nonmingong stiano vivendo un processo di proletarizzazione singolare, che soltanto per alcuni aspetti è assimilabile al fenomeno tipico delle fasi nascenti dello sviluppo capitalistico.La composizione sociale della nuova classe operaia costituisce una prima, evidente, peculiarità. La nuova generazione di operai-migranti, i nati tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘90, mostra attitudini ed aspettative verso il lavoro assai differenti rispetto alla generazione precedente, quella che aveva cominciato a sperimentare il dagong (il lavoro in fabbrica) nel primo decennio successivo all’avvio delle riforme. Meglio disposta verso la cultura consumistica

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urbana, più incline all’individualismo ed al raggiungimento della realizzazione personale, nonché dotata di un livello di istruzione più elevato rispetto a quello della generazione precedente, la nuova generazione non si considera più come “rurale”. La seconda forte peculiarità evidenziata nel volume - i lavoratori migranti sanno bene che le loro aspettative sono destinate a rimanere insoddisfatte.Le città nelle quali essi lavorano negano loro il diritto di acquisire l’hukou urbano (3 L’hukou è il permesso di residenza permanente introdotto da Mao nel 1958 come strumento di pianificazione economica. Ogni cittadino ha l’obbligo di registrarsi come residente urbano o rurale; la legge impone che i servizi sociali siano fruibili soltanto nel luogo in cui si ha la residenza e di conseguenza di fruire delle prestazioni sociali destinate ai residenti (accesso all’istruzione, alle cure mediche, ad abitazioni in affitto a prezzi ragionevoli). L’inaccessibilità della residenza determina una sostanziale disconnessione tra sfera della produzione e ambito della riproduzione, e costringe gran parte degli operai migranti a vivere nei dormitori allestiti dalle fabbriche. Allo stesso tempo soltanto pochi tra coloro che tentano di intraprendere la via della migrazione di ritorno riescono a ristabilirsi con successo nelle aree di origine, e ciò sia a causa delle ridotte opportunità di sostentamento disponibili nelle aree rurali, sia perché molti di questi lavoratori hanno ormai perduto (o non hanno mai posseduto) le competenze lavorative richieste dal lavoro agricolo. (marginalizzazione istituzionalizzata). A partire dagli anni ‘90, in parallelo al processo di “proletarizzazione incompiuta” appena descritto, è cresciuta esponenzialmente la conflittualità operaia.Tale crescita è rilevabile sia dal numero dei cosiddetti “incidenti di massa”4, sia dal diffondersi delle vertenzelavorative (rese possibili da una disposizione del Consiglio di Stato del 1993). L’analisi dei caratteri prevalenti di queste forme di mobilitazione è particolarmente interessante, perché ne evidenzia il carattere tendenzialmente spontaneo, legato alle concrete condizioni di lavoro (mancato pagamento dei minimi salariali o dello straordinario, mancato versamento dei contributi, ritmi di lavoro esasperati). In un contesto segnato dalla presenza di sindacati formalmente attivi ma in realtà privi di qualsiasi effettiva funzione negoziale (le cosiddette “rappresentanze dei lavoratori” sono strettamente legate ai quadri locali del partito ed al management delle imprese5), con il trascorrere del tempo queste mobilitazioni tendono a trovare nei dormitori un ambiente favorevole alla loro diffusione (al sistema dei dormitori, ed al nuovo regime di spazialità prodotto dalle fabbriche-dormitorio, del tutto peculiare rispetto anche ad altre esperienze storiche precedenti.I risultati delle mobilitazioni sono spesso positivi. Pun Ngai ritiene che sia stata proprio l’accresciuta forzacontrattuale dei lavoratori a determinare l’incremento notevole del salario minimo legale verificatosi negli ultimi anni ed a sollecitare la crescente attenzione rivolta dalla dirigenza del Partito Comunista Cinese al tema del riequilibrio delle distorsioni prodotte dall’apertura al capitalismo globale. A questo proposito bisogna però far notare che la quota dei salari sul Pil cinese è drammaticamente scesa tra l’inizio degli anni ‘90 ed il 2008, mento del “bonus demografico” e della riserva di manodopera dalle campagne.

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Il volume mette in evidenza anche il ruolo fondamentale svolto dall’apparato statale, sottolineando come letrasformazioni in atto non sono state determinate dalla sola azione del mercato. Per quanto certa pubblicisticane esalti le caratteristiche di attore pragmatico e flessibile nell’indirizzare le sue scelte strategiche lo stato costituisce secondo Pun Ngai l’attore chiave della globalizzazione capitalistica cinese. Ciò è reso evidente evidente sia dall’intenzionale ritiro dell’attore pubblico dalle politiche sociali, sia dall’indefessa opera di promozione della mobilità della forza-lavoro a basso costo messa in atto da una molteplicità di uffici governativi. Il caso della Foxconn, riassume e per certi versi estremizza gli aspetti salienti dell’alleanza tra governi locali ed espansione capitalistica. La Foxconn è l’impresa di prodotti elettronici più grande al mondo, con una quota di mercato prossima al 50%, oltre un milione di dipendenti ed impianti produttivi distribuiti in tutta la Cina .I governi locali competono tra loro per ospitare i nuovi insediamenti produttivi, ed a tal fine offrono all’impresa vantaggi di ogni tipo (amministrativi, tecnologici, di reclutamento della manodopera). E tuttavia questo gigante è anche la realtà produttiva nella quale, tra il 2010 e la fine del 2011, venti operai (tutti tra i 17 ed i 25 anni di età e tutti migranti dalle regioni internedella Cina) si sono suicidati, la maggior parte di essi gettandosi dal tetto degli edifici produttivi.La descrizione del funzionamento dell’impresa è tanto accurata quanto drammatica, perché rende chiare leragioni che inducono i ricercatori a interpretare i suicidi come una “manifestazione estrema dell’esperienza dellavoro migrante”. Alla Foxconn l’organizzazione del lavoro è fortemente gerarchizzata, la divisione delle mansioni rigidissima, i turni assai lunghi (mediamente di 12 ore), i ritmi insostenibili (dal 2010 uno degli impianti può produrre fino a 137.000 iPhones in 24 ore, più di 90 al minuto). Gli operai si descrivono come “un ingranaggio della macchina” e dichiarano di venire “dopo le macchine che li consumano”. Si tratta di un desolato panorama fordista.

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