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Il Libretto Formativo nei contesti aziendali Valorizzare le competenze in impresa di Elisabetta Perulli Riassunto: il tema della valorizzazione e riconoscimento delle competenze comunque e ovunque acquisite permea da diversi anni il dibattito e le strategie delle istituzioni comu- nitarie e nazionali. Esiste tuttavia ancora il problema di individuare modalità e strumenti di concreta valo- rizzazione di quanto è appreso in modalità non formale e informale soprattutto nei conte- sti di lavoro, e ricondurlo a un circuito di leggibilità e riconoscibilità sociale in quanto componente essenziale del capitale umano. Lo studio di cui si riportano i risultati nel pre- sente contributo è stato condotto nel 2010 ed è finalizzato alla preliminare valutazione di fattibilità per l’adozione del Libretto Formativo del Cittadino quale strumento di traspa- renza e valorizzazione delle competenze maturate nei contesti di impresa. In particolare in questa indagine sono stati individuati e analizzati 19 casi di studio relativi ad altrettante aziende che hanno adottato strumenti e metodologie di gestione e sviluppo delle proprie risorse umane basate sull’identificazione, valutazione e valorizzazione delle competenze. L’obiettivo finale è stata la costruzione di una SWOT analysis che ha messo in luce diverse questioni chiave sottese al possibile utilizzo di strumenti di trasparenza delle competenze che dialoghino con quelli pubblici e giungere così al coinvolgimento attivo del mondo del- le imprese nella creazione di un più ampio spazio dell’apprendimento che comprenda i contesti formativi tradizionali al pari di quelli organizzativi e sociali. Parole chiave: Competenze; Gestione risorse umane; Libretto Formativo; Validazione del- l’apprendimento non formale e informale Introduzione Il tema della trasparenza e del riconoscimento delle competenze comunque e ovunque ac- quisite rappresenta stabilmente da alcuni anni un oggetto di dibattito nonché di concrete politiche di intervento a livello dell’Unione europea così come nell’ambito dei principali Osservatorio Isfol n. 2/2011 157

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Il Libretto Formativonei contesti aziendaliValorizzare le competenze in impresadi Elisabetta Perulli

Riassunto: il tema della valorizzazione e riconoscimento delle competenze comunque eovunque acquisite permea da diversi anni il dibattito e le strategie delle istituzioni comu-nitarie e nazionali.

Esiste tuttavia ancora il problema di individuare modalità e strumenti di concreta valo-rizzazione di quanto è appreso in modalità non formale e informale soprattutto nei conte-sti di lavoro, e ricondurlo a un circuito di leggibilità e riconoscibilità sociale in quantocomponente essenziale del capitale umano. Lo studio di cui si riportano i risultati nel pre-sente contributo è stato condotto nel 2010 ed è finalizzato alla preliminare valutazione difattibilità per l’adozione del Libretto Formativo del Cittadino quale strumento di traspa-renza e valorizzazione delle competenze maturate nei contesti di impresa. In particolare inquesta indagine sono stati individuati e analizzati 19 casi di studio relativi ad altrettanteaziende che hanno adottato strumenti e metodologie di gestione e sviluppo delle proprierisorse umane basate sull’identificazione, valutazione e valorizzazione delle competenze.L’obiettivo finale è stata la costruzione di una SWOT analysis che ha messo in luce diversequestioni chiave sottese al possibile utilizzo di strumenti di trasparenza delle competenzeche dialoghino con quelli pubblici e giungere così al coinvolgimento attivo del mondo del-le imprese nella creazione di un più ampio spazio dell’apprendimento che comprenda icontesti formativi tradizionali al pari di quelli organizzativi e sociali.

Parole chiave: Competenze; Gestione risorse umane; Libretto Formativo; Validazione del-l’apprendimento non formale e informale

Introduzione

Il tema della trasparenza e del riconoscimento delle competenze comunque e ovunque ac-quisite rappresenta stabilmente da alcuni anni un oggetto di dibattito nonché di concretepolitiche di intervento a livello dell’Unione europea così come nell’ambito dei principali

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paesi occidentali. Si è sempre più convinti infatti che non basta promuovere costantemen-te l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita attiva (come già da anni ribadito e pratica-to attraverso importanti processi europei quali Lisbona 2001) ma occorre anche renderlovisibile, valorizzarlo, innestarlo in un circuito sociale di comunicazione e significatività cheagevoli i processi di evoluzione sociale e professionale assicurando a individui e sistemaproduttivo resilienza1 e flessibilità nei confronti degli eventi.

Risulta evidente che competenze estremamente pregiate e ampiamente spendibili inquesta prospettiva sono spesso le più «invisibili» poiché non certificate in quanto acquisitefuori dai circuiti formali di apprendimento, ed è per questo che la stessa Commissione eu-ropea invita in modo pressante i paesi membri ad allestire e attivare sistemi in grado di faremergere e porre in valore le competenze che gli individui maturano nelle esperienze di la-voro ma anche nel volontariato e nell’esercizio della cittadinanza attiva così come nella vi-ta privata.

Anche in Italia si è discusso a lungo intorno a questa prospettiva e uno dei punti di arri-vo del dibattito istituzionale sviluppatosi in questi anni in Italia è stata l’istituzione del Li-bretto Formativo del Cittadino varato per decreto interministeriale nel 2005 (su iniziativadel Ministero del Lavoro e tramite un Tavolo interistituzionale) quale strumento unitario epersonale per la registrazione e il tracciamento di esperienze maturate e competenze acqui-site. A tale proposito va sottolineato che l’implementazione del Libretto si pone in strettarelazione con le politiche recentemente annunciate nel nostro paese allo scopo di garantireuna maggiore efficacia delle attività formative in rapporto ai fabbisogni delle imprese, perdare corpo a un nuovo modello di workfare, assicurando in tal modo una maggiore centra-lità alle molteplici forme di apprendimento attuate entro il contesto aziendale2.

Il Libretto, ancorché non ancora implementato a regime, è stato sottoposto in questianni a numerose sperimentazioni in ambito pubblico attraverso l’impegno delle Regioniche lo hanno via via testato su target specifici quali apprendisti, lavoratori stranieri, volon-tari, giovani in fase di prima qualificazione, lavoratori in transizione occupazionale a cau-sa di crisi aziendali. In tutti questi contesti applicativi questo strumento ha fornito risulta-ti molto promettenti, pur subordinati alla presenza di alcune imprescindibili condizioni diesercizio come documentato dal rapporto finale sulla prima fase di sperimentazione3. Traqueste prioritariamente ne ricordiamo tre:

1 La resilienza è la capacità di far fronte inmaniera positiva agli eventi traumatici, di riorga-nizzare positivamente la propria vita dinanzi alledifficoltà. Persone resilienti sono coloro che im-merse in circostanze avverse riescono, nonostantetutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteg-giare efficacemente le contrarietà, a dare nuovoslancio alla propria esistenza e perfino a raggiun-gere mete importanti.

2 Per l’intera tematica si consultino: Commis-sione di studio e di indirizzo sulla formazione inItalia, Rapporto sul futuro della formazione in Ita-

lia, 2009; Ministero del Lavoro, della Salute e dellePolitiche sociali, Libro bianco sul futuro del model-lo sociale. La vita buona nella società attiva, 2009;Governo italiano, Piano di azione per la piena oc-cupabilità, Italia 2020; Intesa tra Governo, Regioni,Province autonome e parti sociali. Linee guida perla formazione nel 2010, 17 febbraio 2010.

3 Rapporto finale sulla sperimentazione del Li-bretto Formativo del Cittadino 2008, <www.nrpia-lia.it>, Area Riservata alla Sperimentazione del Li-bretto.

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a. la realizzazione di un processo di servizio flessibile ma omogeneo in quattro fasi a cu-ra di operatori opportunamente preparati;

b. l’adozione di descrittivi standard o referenziali delle competenze da registrare;c. la presenza di un’infrastruttura informatica atta a garantire il costante aggiornamento

del Libretto nel tempo.

In questo percorso sperimentale, era tuttavia rimasto ancora da esaminare il punto di vistae il potenziale ruolo delle aziende, che rappresentano un produttore ma anche un percet-tore importante delle informazioni che viaggiano con il Libretto: le aziende infatti svilup-pano e si avvalgono di competenze professionali quale fattore importante di risultato ecompetitività, eppure a ciò non sempre corrisponde una compiuta consapevolezza e rap-presentazione di questo patrimonio, così come appare difficile assicurarne la trasparenza ela portabilità esterna nei casi in cui ciò si rende necessario.

Sulla base di questa esigenza di approfondimento espressa anche nelle sedi istituziona-li coinvolte nel processo di elaborazione del Libretto Formativo, l’ISFOL, su incarico del Mi-nistero del Lavoro e in partnership con lo Studio Santarsiero di Roma, ha condotto nel2010 una «ricerca-intervento sull’applicabilità del libretto formativo del cittadino nei con-testi aziendali quale strumento di trasparenza e analisi dei processi di apprendimento in-dividuali e collettivi». L’idea guida della ricerca era quella di utilizzare il framework concet-tuale del Libretto per aprire uno spazio di osservazione su come le aziende lavorano con lecompetenze, come le definiscono, le trattano e adottano programmi specifici per valoriz-zarle in funzione degli obiettivi di impresa. Questa osservazione nelle ipotesi di lavoro puòessere di grande utilità per ragionare in questo campo sulla possibile compatibilità tra lelogiche su cui si muove l’intervento pubblico e quelle su cui viaggia il mondo produttivo.

A partire da questa idea il lavoro di ricerca è stato sviluppato attraverso tre fasi se-quenziali che hanno prodotto un quadro organico di informazioni composto di tre risulta-ti indipendenti e autoconsistenti:

1. in primo luogo è stata realizzata un’indagine di sfondo on desk finalizzata a costruireun primo quadro di comprensione di vantaggi e problemi connessi all’obiettivo di intro-durre o proporre in ambito aziendale un dispositivo istituzionale di trasparenza e por-tabilità delle competenze quale è il Libretto. In particolare in questa fase si è tentato dicapire, nei limiti di un esame di documenti, come si presentano oggi in Italia le prati-che aziendali di gestione delle competenze, a quali fini sono dirette e per quali catego-rie di dipendenti nonché di quali concetti e metodologie di avvalgono;

2. la seconda fase del lavoro è stata dedicata a un’indagine di campo presso referenti diun universo di 130 aziende segmentate per dimensione e localizzazione geografica, in-dagine che puntava a un approfondimento sul tema della trasparenza, validazione ecertificazione delle competenze, in chiave di politiche per il lifelong learning, visto dalvertice di osservazione dell’impresa;

3. la terza fase ha invece riguardato un intervento sperimentale di proposta del LibrettoFormativo in tre contesti aziendali su piccoli numeri di dipendenti.

I risultati complessivi delle tre fasi di lavoro sono in corso di analisi e saranno oggetto diuna prossima pubblicazione. In questo contributo sono tuttavia riportati alcuni risultati di

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sintesi della prima fase, ovvero l’indagine di sfondo on desk, risultati che hanno generatoun’analisi SWOT di introduzione alla realizzazione delle fasi successive.

Le prassi di valorizzazione delle competenze nelle imprese

La presenza ormai consolidata di sistemi, processi e pratiche di valorizzazione delle com-petenze in azienda deriva la sua stessa esistenza a partire dal presupposto che una dellecondizioni essenziali per la sopravvivenza di un’impresa è rappresentata dalla sua capaci-tà di differenziarsi dalle altre dal punto di vista produttivo, organizzativo e funzionale4.

In virtù di questo assunto le imprese, soprattutto se di grandi dimensioni o finalizzatealla produzione di innovazione e di know how innovativo, tendono a promuovere e ad atti-vare azioni di valorizzazione delle competenze presenti all’interno dell’organizzazionepuntando allo sviluppo intrinseco dell’efficienza produttiva e al miglioramento delle con-dizioni funzionali dell’azienda stessa. I processi di valorizzazione interni alle imprese siconnotano dunque – e la cosa ci appare coerente quanto mai ovvia – come percorsi forte-mente autoreferenziali e contingenti, finalizzati alla risoluzione di specifiche esigenze or-ganizzative e strutturali.

L’impresa nell’ambito di questa analisi di sfondo è l’ambito privilegiato di apprendi-mento non formale e informale: l’analisi di specifici casi in cui le imprese hanno attivatoprocessi di valorizzazione delle competenze dei propri dipendenti può quindi contribuirealle riflessioni sul tema della validazione degli apprendimenti non formali e informali equindi sul Libretto Formativo quale strumento utile a questo fine. In questa chiave può es-sere opportuno ribadire la distinzione tra pratiche di valorizzazione interne all’impresa, co-me quelle illustrate nel presente contributo, e pratiche finalizzate alla trasparenza e allaportabilità esterna, e per farlo assumiamo una schematizzazione ispirata agli ultimi studidi Guy Le Boterf in ordine alla condivisibilità sociale della competenza e ai relativi disposi-tivi5. Tale distinzione, che proponiamo nella tabella 1, sostiene la necessità di distinguerecon chiarezza prima di porre in relazione pratiche di natura diversa ancorché spesso acco-munate da linguaggi e metodologie simili.

Fatta questa essenziale premessa, ai fini dell’individuazione delle pratiche da osservaresono state consultate fonti documentali diverse ma primariamente la letteratura manage-riale nazionale riferita agli ultimi cinque anni con un’indagine documentale e bibliograficatradizionale realizzata nello specifico attingendo a repertori bibliografici, biblioteche,bench marking realizzati da community professionali HR, rassegne e riviste di settore, rasse-gne normative ecc.

Sono state inoltre effettuate ricerche web, per recuperare letteratura grigia e specificadi settore, aziendale, di ricerca e di divulgazione, attraverso un set di parole/frasi.

È stato infine effettuato un reperimento diretto di documentazione interna. Questaterza modalità è stata utilizzata proprio per i casi aziendali, spesso non pubblicati ma re-

4 A. Camuffo, VI Giornata della FormazioneManageriale ASFOR, formazione manageriale: unprogetto per lo sviluppo del paese, 2008.

5 Guy Le Boterf, Costruire le competenze indi-viduali e collettive, Guida, Napoli, 2008.

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Tabella 1. Valutazione, validazione e certificazione

Valutazione interna Validazione interna Validazione esterna per certificazione

Oggetto Valutare la competenza Riconoscere con un atto Riconoscere che le di un individuo organizzativo che un competenze validate in un contesto soggetto ha acquisito dall’interno di organizzazione competenze dell’organizzazione hanno per misurare la corrispondenti un valore in rapporto prestazione o a quelle richieste a dei riferimenti collettivi valutare il potenziale esterni

Referenziale Referenziale di Referenziale di Referenziale di competenze interne competenze e di certificazione e di all’organizzazione validazione interni qualificazione esterno

all’organizzazione e indipendente dal particolare contesto organizzativo

Modalità In situazione di lavoro In situazione di lavoro Analisi dell’esperienza reale o ricostruita reale o ricostruito con il supporto di prove per simulazione per simulazione con o dossier

il supporto di prove

Relazione Processo continuo per Atto formale circoscritto Atto formale circoscritto con il tempo stimare la progressione, nel tempo nel tempo con prospettive

la sostenibilità delle esterne di spendibilitàcompetenze e procedere in conto all’occorrenza degli avvenimenti

Istanza Interna Dispositivo interno Esterna all’organizzazione ma negoziato (individuo/collettività)

Attestazione Nessuna Attestazione interna Diploma, certificato o titolo che si può registrare rilasciato da un’istanza su un libretto individuale esterna all’impresa: Stato, di competenze categoria professionale,

istanza contrattuale. Equivalenza riconosciuta all’esterno

Validità Nessuna Interna Esternaall’organizzazione all’organizzazione.

Adattabilità a un mercato del lavoro settoriale, nazionale o internazionale

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peribili attraverso il diretto coinvolgimento di referenti aziendali, che si sono, nell’ambitodi questa fase della ricerca, prestati a dare indicazioni, documentazione e riferimenti rela-tivi ai contenuti in oggetto.

Al termine di questa analisi sono stati individuati 19 case history di cui si illustrano lecoordinate nella tabella 2. In alcuni casi, ove le informazioni raccolte e utilizzate non fos-sero in alcun modo pubblicate, si è preferito omettere il nome dell’azienda per tutelarne laprivacy.

Risultati dell’analisi dei case history

Le attività di benchmarking effettuate a livello nazionale e internazionale6 evidenzianoche assistiamo a una diffusione di prassi innovative basate sull’uso del costrutto di compe-tenza come base per l’implementazione di nuovi sistemi di gestione delle risorse umane.Per quanto le aziende presentino situazioni diverse, emerge che la gran parte collega (con-sidera efficace) la gestione delle competenze a strumenti di gestione delle risorse umanequali nell’ordine sviluppo e formazione, mappatura dei ruoli organizzativi, selezione in in-gresso, valutazione delle prestazioni e pianificazione degli sviluppi di carriera.

Nell’illustrazione dei risultati che segue saranno esaminati quattro diversi aspetti dianalisi:

1. le caratteristiche dei sistemi di competenze nelle aziende e le problematiche per la lo-ro implementazione;

2. la questione dell’individuazione delle competenze, ovvero linguaggi, tassonomie e stru-menti;

3. la questione della valutazione; 4. l’utilizzo e l’impatto dei sistemi di competenze sulle funzioni aziendali (selezione, for-

mazione, sviluppo, sistema premiante).

Primo aspetto: costruire e implementare il sistema delle competenze

Tra le aziende analizzate al confronto solo il 54% dispone di un sistema di gestione dellecompetenze pienamente funzionante. In gran parte delle altre aziende è in fase di realiz-zazione o di sperimentazione. Tra quelle che lo utilizzano o lo hanno comunque già par-zialmente realizzato, una piccola parte, il 30%, lo ha in essere da più di 5 anni. Il 50% neha cominciato la realizzazione da 3 o 4 anni, gli altri da relativamente poco tempo.

Tuttavia è bene tenere presente che esaminando più in dettaglio i dati, azienda perazienda, emerge che occorre tener conto anche della capacità di ciascuna di definire unmodello efficace, per cui anche aziende che hanno iniziato da poco a implementarlo siconsiderano pienamente operative, e viceversa.

6 Benchmarking Study Business International,Competenze: rilevazione, valutazione e gestione,2007.

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Tabella 2. Case history e fonti

Caso/azienda/progetto Fonte

1. Telecom Italia, «Architettura Benchmarking Study Business International,delle competenze» Competenze: rilevazione, valutazione e ge-

stione, 2007

2. Chiesi Farmaceutici, «Mercato Benchmarking Study Business International,e strategie definiscono Competenze: rilevazione, valutazione e ge-le competenze chiave» stione, 2007

3. Azienda di servizi partecipata, Studio Santarsiero, 2008«Integrazione tra competenze e analisi retributiva»

4. Selex Sistemi Integrati, «L’attenzione Benchmarking Study Business International,allo sviluppo delle competenze» Competenze: rilevazione, valutazione e ge-

stione, 2007

5. Banca Mediolanum, «Sviluppo Benchmarking Study Business International,di competenze e compensation» Competenze: rilevazione, valutazione e ge-

stione, 2007

6. Gruppo bancario italiano, Studio Santarsiero, 2007«Integrazione tra competenze e strumenti di gestione»

7. Gruppo Angelini, «La valutazione <www.zerounoweb.it>, 2005delle competenze»

8. Azienda metalmeccanica italiana Studio Santarsiero, 2008ad alta tecnologia, «Modello delle competenze»

9. Farmaceutica multinazionale, TUBE Studio Santarsiero, 2009«Through Unique Business Evolution»

10. Progetto Equal, «Investing in People – <www.equalmacerata.it>, 2007Un modello di validazione delle competenze»

11. CRIF, «Allineamento strategico Benchmarking Study Business International,e adattamento del sistema Competenze: rilevazione, valutazione e ge-di gestione delle competenze» stione, 2007

12. Canon, «Empowerment ISFOL, Esperienze di validazione dell’appren-e accreditamento professionale» dimento non formale e informale in Italia e

in Europa, 2006

(segue)

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Se si considera quale sia la popolazione aziendale interessata, è abbastanza evidenteche in generale le aziende che adottano il modello di gestione delle competenze tendonoad applicarlo all’intera azienda (esclusa l’alta direzione e, a volte, i dirigenti). Di solito neviene limitata l’applicazione ad alcune famiglie professionali solo nelle fasi iniziali.

Tuttavia esistono anche aziende, seppure una minoranza, che lo applicano solo a figu-re critiche per il successo dell’azienda in presenza di una strategia data.

L’applicazione del sistema ai dirigenti è, in genere, piuttosto limitata e le aziende che lofanno su tutti i dirigenti sono una minoranza, numericamente uguale a quelle che hannodeciso di non coinvolgere queste figure nel sistema delle competenze. Le altre, o applicanoil sistema solo a famiglie di ruoli, o a competenze critiche per l’azienda. Altre stanno valu-tando o hanno in progetto l’estensione. Da notare che il sistema è molto più diffuso per iquadri (applicato a tutti o a intere famiglie professionali), e quasi in egual misura agli im-piegati, mentre pochissime aziende lo applicano agli operai.

La gran parte delle aziende gestisce il modello attraverso sistemi informatici, nellagrande maggioranza dei casi sviluppati ad hoc o fortemente personalizzati. Si tratta d’al-

Tabella 2 (segue)

Caso/azienda/progetto Fonte

13. Ferrero, «Tradizione e innovazione Benchmarking Study Business International,nello sviluppo delle competenze» Competenze: rilevazione, valutazione e ge-

stione, 2007

14. Engelhard, «Competenze e valori» Benchmarking Study Business International,Competenze: rilevazione, valutazione e ge-stione, 2007

14. Gucci, «Empowerment ISFOL, Esperienze di validazione dell’appren-e accreditamento professionale» dimento non formale e informale in Italia e

in Europa, 2006

15. KPMG Advisory, «Esperienze, Benchmarking Study Business International, conoscenze e capacità» Competenze: rilevazione, valutazione e ge-

stione, 2007

16. STMicroelectronics, «Informatizzazione Benchmarking Study Business International, delle competenze» Competenze: rilevazione, valutazione e ge-

stione, 2007

17. MECM, «Empowerment ISFOL, Esperienze di validazione dell’appren-e accreditamento professionale» dimento non formale e informale in Italia e

in Europa, 2006

18. FIAT Auto, Progetto FIAT Pubblicazione a cura di Italia Lavoro e Mi-Formazione per occupabilità, nistero del Lavoro e delle Politiche sociali, Integrazione formazione-lavoro 2009

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tronde di realtà in cui l’applicazione alla popolazione aziendale è limitata e che, dovendogestire piccoli numeri, possono farlo manualmente.

Quando ai protagonisti della gestione del modello, ovvero i referenti della funzione ri-sorse umane, viene chiesto di esprimersi sulle difficoltà incontrate, la preoccupazione digran lunga prevalente riguarda la complessità e l’onerosità della gestione. Solo in secondopiano appaiono aspetti quali la sensibilizzazione degli interlocutori coinvolti o l’integrazio-ne con gli altri strumenti gestionali delle risorse umane.

Tutta l'azienda69%

Alcune famiglieprofessionali

23%

Funzionestrategica

8%

Singola famigliaprofessionale

0%

Figura 1. Popolazione aziendale interessata al sistema

Piattaforma standardpersonalizzata

11,1%

Piattaformastandard

0%

Piattaforma con sviluppo di procedure specifiche

22,2%

Applicazionerealizzata ad hoc

55,6%

Non supportatoda informatica

11,1%

Figura 2. Supporti informatici utilizzati

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In dettaglio, tra le difficoltà emerse dai referenti risorse umane, vi sono le seguenti:

• recuperare tutte le competenze presenti in azienda;• numerosità della popolazione e complessità/diversificazione dei mestieri;• mappatura dei ruoli;• integrazione con altri strumenti di gestione delle risorse umane;• allineamento al modello scelto come comune da parte di tutte le realtà del gruppo;• adattare le specificità della struttura mantenendo la coerenza e la funzionalità del mo-

dello;• garantire un coinvolgimento costante del management aziendale;• processo di utilizzo poco efficiente, necessità di integrazione con le altre funzioni HR;• tempi per condividere la piattaforma professionale e i contenuti delle competenze con

i vari responsabili;• difficoltà nel conciliare precisione e ricchezza delle informazioni con la fruibilità del

modello;• aggiornamento nel lungo periodo;• sviluppare una cultura sulla gestione delle competenze;• per la fase di mappatura: tempistica (realizzarla velocemente);• in fase di valutazione: la definizione delle priorità di sviluppo / modalità di valutazione;

decidere se valutare le competenze nello stesso momento in cui si effettua la valuta-zione della prestazione o se prevedere un momento ad hoc;

• in fase di gestione: l’onerosità dell’aggiornamento;• integrazione delle informazioni provenienti dai sistemi di gestione e informatizzazione

del tutto;• linguaggio comune;• definizione dei ruoli organizzativi / mansioni comuni;• valutare l’impatto che l’utilizzo di questi strumenti genera sul business;• implementare progressivamente il sistema integrando i diversi processi HR in modo da

aumentare l’efficacia dello strumento.

Se si considerano invece le criticità segnalate dai fruitori, i criteri generali sono conferma-ti; sono prevalenti le considerazioni sulle difficoltà di applicazione (a vario titolo) e sulloscarso collegamento con le leve gestionali. Altre criticità minori (ripetizione dei contenutidopo qualche ciclo, incompletezza del censimento, soggettività della valutazione) possonoin generale essere riferite a una percezione che, in fondo, vede il sistema come un momen-to burocratico voluto dalla funzione risorse umane.

Tra le criticità segnalate dai fruitori si possono elencare:

• non facilmente fruibile;• tempi per metabolizzare il sistema;• soggettività della valutazione;• difficoltà nel gestire i contenuti;• omogeneità di linguaggi;• mancanza di collegamento con sistema premiante;

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• confusione con l’inquadramento del CCNL;• formazione;• assenza di alcuni sottogruppi identificati di ruoli professionali;• ripetizione dei contenuti dopo qualche ciclo di valutazione;• non sono mai esaustivi;• iniziale carenza di un collegamento sistematico con l’offerta di training interno;• legami non chiari con le altre leve di gestione delle performance e con quelle di svi -

luppo;• non collegato con retribuzione;• assenza di una corrispondenza esplicita con i livelli gerarchici.

Secondo aspetto: individuare le competenze

La gran parte dei processi considerati, primo tra tutti la mappatura dei ruoli organizzativi,prevede l’individuazione delle competenze collegate a ciascun ruolo. A questo proposito ri-sulta interessante una panoramica delle definizioni di competenza utilizzate dalle aziendeconsiderate. La tabella 3 ne riporta alcune, estratte proprio dalla lettura della documenta-zione in nostro possesso.

Alla pluralità delle definizioni corrisponde tuttavia una certa convergenza nelle tasso-nomie utilizzate e nella metodologia di individuazione.

Ad esempio nel processo di mappatura è prassi frequente organizzare l’osservazione ela descrizione per descrittori aggregati in un numero limitato (circa 10) poiché ciò consen-te di considerare gli aspetti critici e di generare sistemi leggeri e facilmente gestibili. Inquesto senso i descrittori identificati nelle azioni di mappatura sono frequentemente stra-tificati in tre livelli di progressiva tipizzazione:

• Competenze core di azienda: limitate a cinque o meno, sono i comportamenti essenzia-li per ottimizzare le performance dell’azienda nel proprio contesto competitivo che ge-nerano il massimo valore aggiunto per i clienti. Sono valide per tutte le aree aziendali.Tra di esse si possono includere generalmente la passione e la ricerca dell’eccellenza,l’attenzione al lavoro di gruppo, l’attenzione al cliente.

• Competenze comuni alla famiglia professionale: generalmente da tre a cinque, identi-ficano comportamenti comuni a una famiglia professionale, quali l’attenzione alla qua-lità, la disponibilità all’ascolto, l’intelligenza emotiva.

• Competenze specifiche di ruolo: identificano i comportamenti specifici di un ruolo al-l’interno di una famiglia professionale.

Dal punto di vista metodologico i criteri7 dichiarati come determinanti per l’individuazionedelle competenze sono nell’ordine:

7 Questi quattro criteri sono i più diffusi e pre-senti nei modelli per l’individuazione delle compe-tenze. Si veda Benchmarking Study Business In-

ternational, Competenze: rilevazione, valutazionee gestione, 2007.

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• le prospettive del business e le strategie competitive;• ruoli e job descriptions;• i processi aziendali;• i best performers.

Per quanto riguarda le modalità di identificazione delle competenze, una volta definiti icriteri, si è esaminato l’ordine di prevalenza degli strumenti utilizzati che è il seguente:

Tabella 3. Definizioni di competenza utilizzate dalle aziende

Competenze tecniche: l’insieme delle conoscenze ed esperienze professionali rilevanti re-lative a prodotti, strumenti, processi e mercati che una persona possiede e applica nellosvolgimento del proprio lavoro.Competenze comportamentali: una serie di comportamenti agiti attraverso i quali si rag-giungono certi risultati.

Il modello delle competenze è così composto:1. Esperienza: tutti i progetti su cui un professional ha lavorato.2. Capacità comportamentali: competenze distintive per ciascuna qualifica derivanti dal-

la Performance Review annuale.3. Conoscenze (Funzionali, Industry, IT, Lingue Straniere): conoscenze tecnico-applicative

con il relativo grado di approfondimento.

È l’insieme delle conoscenze e delle abilità che derivano dallo studio e dall’esperienza, ap-plicate nell’ambito lavorativo.

Insieme integrato di risorse che consentono al soggetto di interagire efficacemente con ilcontesto in cui è inserito, raggiungendo i propri obiettivi e/o assicurando i risultati che glisono di volta in volta richiesti.

È l’insieme delle conoscenze, capacità e atteggiamenti che permettono la realizzazione diuna determinata performance.

È l’insieme di conoscenze e capacità (tecnico-professionali e manageriali) che produconooutput professionali.

L’insieme di conoscenze tecnico-specialistiche e capacità necessarie per raggiungere i ri-sultati richiesti ai diversi ruoli organizzativi. Conoscenza: sapere ed esperienza di natura professionale acquisibili con lo studio e l’atti-vità pratica. Capacità: comportamenti organizzativi che possono essere descritti e riconosciuti quandovengono messi in atto dalle persone.

È una caratteristica personale casualmente correlata a prestazioni efficaci e superiori.

L’insieme di conoscenze, skills, behaviors, attitudes, values legati al business success.

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• interviste;• consulenza esperti esterni;• focus group o workshop;• analisi repertori competenze esistenti;• questionari;• analisi di incidenti critici;• analisi di successi.

In generale la metodologia originale di definizione di competenze distintive (quella degliincidenti critici) risulta tra le meno utilizzate nella realtà, e praticamente tutte le aziendeprivilegiano strumenti meno impegnativi come risorse assorbite.

Considerando i ruoli coinvolti nel processo di mappatura, risultano attive ovviamentele persone della funzione risorse umane, e quasi nella stessa misura il middle manage-ment. Hanno un ruolo secondario, in pratica nella stessa misura, il top management e iconsulenti.

Se invece osserviamo le tipologie di competenze declinate nei diversi modelli in esitoalla mappatura, emerge che tutte vi inseriscono competenze funzionali tecnico-speciali-stiche (ovvero tecnico-professionali). Quasi tutte considerano anche le competenze tra-sversali, mentre solo poco più della metà declinano competenze specifiche di business(evidentemente determinate da strategia, settore operativo, livello e caratteristiche dellacompetizione). Le competenze gestionali, di general management, sono invece utilizzateda un numero di poco superiore alla metà del campione considerato. Questo dato non stu-pisce se si considera che molte aziende non applicano il modello ai dirigenti, per i quali lecompetenze manageriali sono essenziali.

Analizzando il peso delle diverse tipologie per le singole figure, per i dirigenti prevalgo-no le competenze trasversali, quelle che si possono definire di integrazione tra le variecomponenti dell’azienda. Ovviamente immediatamente dopo si collocano le competenze digeneral management (stimolo allo sviluppo delle persone, gestione delle persone ecc.). Peri commerciali prevalgono le competenze trasversali, seguite però da quelle specifiche dibusiness. Per i tecnici sono poste in primo piano le specifiche di business (quelle a maggiorcomponente, appunto, «tecnica»), mentre per le posizioni di staff tornano a essere essen-ziali quelle trasversali, seguite da quelle più specificatamente funzionali.

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

General management

Specifiche di business

Trasversali

Funzionalitecnico-specialistiche

Figura 3. Tipologie di competenze declinate nei modelli

Il Libretto Formativo nei contesti aziendali170

Terzo aspetto: valutare le competenze

Per la valutazione delle competenze le aziende analizzate nei casi aziendali utilizzano mol-teplici strumenti, tra i quali valutazione della prestazione, autovalutazioni validate dalla ge-rarchia, interviste e colloqui, assessment center, sono tra quelli più utilizzati. La quantità distrumenti utilizzati in sinergia è molto variabile e va da un minimo di uno (test e work sam-ple in un caso), fino a un massimo di nove:

• valutazione della prestazione;• autovalutazioni validate dalla linea;• interviste a colloqui;• assessment center;• schede di valutazione della linea;• test e work sample;• valutazione a 360°;• esercizi «in tray» e «in basket»;• questionari di comportamento;• esercizi e dinamiche di gruppo;• role playing individuali.

I responsabili diretti sono quasi sempre coinvolti nella valutazione, prevalentemente attra-verso la compilazione di schede di valutazione o attraverso la convalida delle autovaluta-

0%

25%

50%

75%

100%

Manager Commerciali Tecnici Staff

Specifiche di business Trasversali Funzionali General management

Figura 4. Peso delle diverse competenze per figure professionali

171Osservatorio Isfol n. 2/2011

zioni dei loro collaboratori. Nella stragrande maggioranza dei casi viene effettuata preven-tivamente una formazione ai valutatori. Nel 40% dei casi il responsabile diretto non par-tecipa alla restituzione del feedback ai valutati. Nella maggioranza dei casi viene restitui-to un feedback sugli esiti correttamente indirizzato a tutte le figure coinvolte (individui,funzione RU, capo diretto), il 10% non eroga alcun feedback al dipendente e in un numeroeguale di situazioni non viene dato al capo diretto.

Nei casi in cui ai valutati venga dato il feedback è sempre previsto un colloquio e nellamaggior parte dei casi anche la possibilità di accesso alla valutazione attraverso i sistemiaziendali o su carta.

Quando viene dato alla funzione RU ciò avviene tramite supporti cartacei oppure on line, nel 60% dei casi accompagnati da un colloquio. Ai capi, nel 45% dei casi attraversoun colloquio, accompagnato o meno da supporti di qualche tipo. Negli altri casi l’informa-zione viene inviata su carta o è accessibile on line. Nel 40% dei casi il responsabile direttonon partecipa alla restituzione del feedback ai valutati.

Quarto aspetto: utilizzare il sistema

Il sistema di competenze in azienda nella gran parte dei casi è utilizzato per gestire pro-cessi di selezione, valutazione delle performance, programmi di sviluppo e formazione, si-stemi di compensation.

Una leggera maggioranza tra le aziende considerate gestisce in modo integrato i pro-cessi di valutazione delle competenze e delle performance. La valutazione delle perfor-mance è sempre fatta dal responsabile diretto, in qualche caso a partire da un’autovaluta-zione, in altri col supporto di una valutazione di colleghi o interfacce del valutato. Nelleaziende coinvolte non viene usata a questo proposito la valutazione a 360°, né ci sonocontributi da parte dei collaboratori del valutato. Mediamente il capo diretto vede impe-

Individuie funzione RU

10%

Funzione RUe capo diretto

10%

Individui,funzione RUcapo diretto

80%

Figura 5. Modalità del feedback sulla valutazione

Il Libretto Formativo nei contesti aziendali172

gnata nella valutazione di ciascun collaboratore un’ora nel 50% dei casi, oltre le due ore inun terzo dei casi.

Il 50% delle aziende considerate non utilizza il sistema delle competenze per indirizza-re il processo di selezione, mentre lo fa sempre il 40%, e il restante 10% solo per le figuredi alto profilo.

Le motivazioni, per l’utilizzo delle competenze nel processo di sviluppo, che raccolgonopiù consenso sono quelle maggiormente rivolte alla «soggettività», come responsabilizzarele persone al miglioramento, stimolare la consapevolezza dell’individuo. Tuttavia ne sonopresenti anche altre più legate a strumenti gestionali come il definire piani e azioni di svi-luppo, identificare gap collettivi/fabbisogni di formazione, definire percorsi di carriera.

Solo in pochissimi casi si considera che le competenze possano essere legate alla ge-stione delle politiche di compensation.

Solo in pochissimi casi, e in situazioni che potremmo definire esogene, ossia legate aproblematiche legate a fenomeni di riorganizzazione, di riposizionamento strategico, cheproduce obsolescenza professionale, il modello di competenza è utilizzato anche in percor-si di uscita.

Come emerge dalla figura 6, il legame con le politiche di compensation non risulta trale motivazioni frequentemente addotte dalle aziende per lo sviluppo delle competenze, maa una domanda specifica il 50% delle aziende gestisce un collegamento tra il profilo dicompetenze e il sistema di retribuzione. Sono tuttavia evidenziate una serie di difficoltà,seppure da un numero limitato di aziende, prevalentemente legate ai rischi di non traspa-renza o di difficile equilibrio tra valutazioni quantitative sulle performance e quelle quali-tative sulle competenze. Quello che viene sottolineato in questo caso è il rischio che il bi-lanciamento tra le due metta in secondo piano aspetti importanti ai fini dell’indirizzo ai ri-sultati dell’azione delle persone.

In dettaglio: se una valutazione delle competenze direttamente legata al sistema pre-miante può inficiare l’oggettività della valutazione stessa, la mancanza di un collegamen-

0% 50% 100%

Identificare gap collettivi/fabbisogni di formazione

Definire piani e azioni di sviluppo

Stimolare consapevolezza individuo

Responsabilizzare al miglioramento

Manager Quadri non manager Impiegati

Definire percorsi di carriera

Gestire la politica delle ricompense

Figura 6. Utilizzo in sviluppo del profilo di competenze

173Osservatorio Isfol n. 2/2011

to esplicito provoca una diffusa percezione di scarsa trasparenza del sistema premiante.Un legame troppo «algoritmico» tra le due valutazioni rischia di non tener conto di alcuniaspetti che caratterizzano il valore della persona, e di porre troppa enfasi sulla performan-ce di breve periodo. Altri sottolineano il rischio di una perdita di coerenza fra i diversi livel-li di expertise. Altri ancora il rischio di un’eccessiva soggettività nel legame fra competen-ze agite e risultati quantitativi.

Conclusioni: SWOT analisys

Dalle evidenze raccolte possiamo trarre alcune osservazioni conclusive e introdurre alcunepiste di lavoro tramite l’analisi SWOT che le sintetizza (tabella 4).

Dovendo infine disegnare una prospettiva di lavoro, possiamo identificare tre sfide fon-damentali che vanno affrontate oggi in direzione di una possibile sinergia tra praticheaziendali e strumenti pubblici di trasparenza delle competenze:

1. rendere compatibili le finalità e gli interessi;2. condividere le codifiche e i linguaggi;3. garantire la sostenibilità economica.

La prima questione chiama in causa la doverosa distinzione tra istanze differenti che sonoproprie dell’intervento aziendale da un lato e dell’intervento di supporto all’individuo dal-l’altro. Il Libretto Formativo è di per sé uno strumento prioritariamente destinato sostene-re l’individuo nella sua «navigazione» formativa e professionale, ma possiede l’indubbia na-tura di veicolo informativo per imprese e servizi. È quindi questo un caso in cui la negozia-zione tra interessi diversi, seppur non necessariamente contrapposti e praticata in un con-testo apparentemente tecnico (ovvero non tradizionalmente «contrattuale»), riveste unruolo importante sia in una dimensione sistemica (esigenza di norme e dispositivi conchiarezza dei ruoli), sia in una dimensione concreta e contestuale ovvero legata alle speci-fiche iniziative. Ed è proprio alla costruzione di questo ingranaggio di interessi che sono le-

0% 20% 40% 60% 80% 100%

Enfasi sulla performancedi breve periodo

Confusione con le qualifiche CCNL

Peso rispetto ai risultati quantitativi

Rischio di valutazionenon oggettivo / non trasparente

Figura 7. Difficoltà nell’integrazione con il sistema di compenso

Il Libretto Formativo nei contesti aziendali174

Tabella 4. Analisi SWOT su possibile sinergia tra pratiche aziendali e strumenti pubblici di trasparenza delle competenze (Libretto Formativo)

Punti di debolezza Punti di forza

• I descrittivi utilizzate dalle aziende • Diffondersi del costrutto di competenza sono contestuali e distintivi nelle imprese come nei sistemi formativi e le competenze trattate sono e del lavoro e sostanziale movimento normalmente poco trasferibili di convergenza sui linguaggi

• L’apprendimento dell’individuo • Progressivo accrescimento della in azienda è spesso subordinato consapevolezza e trasparenza dei alle priorità di impresa e frutto processi di apprendimento organizzativo di una non adeguata negoziazione • Oggettivo fabbisogno copertura

• I criteri di valutazione e gli conoscitiva del patrimonio di competenze indicatori di competenza sono interno all’azienda e, in particolare, definiti da ciascuna azienda di sottogruppi di dipendenti non gestiti e, pertanto, variano in misura secondo un sistema di gestione consistente da un’azienda all’altra delle competenze

• Possibile confusione con quanto • Affermazione dei protocolli previsto nel CCNL informatizzati per la gestione

• Si segnalano problemi di onerosità delle informazionidel processo e scarsa coordinazione con l’intera organizzazione

Minacce Opportunità

• Resistenza all’utilizzo del dispositivo • Esigenza di valorizzazione del ruolo perché gli standard sono propri formativo dell’impresa verso dell’azienda che ha contribuito una possibile certificazione a gran parte della realizzazione di competenze nel quadro pubblico del progetto, e possono comportare delle qualificazioni professionaliinformazioni di natura riservata • Esigenza di miglioramento dei servizi o possono non essere destinati svolti dai Centri per l’Impiego a causa a essere divulgati in quanto propri di una migliore leggibilità dell’organizzazione del lavoro, e comunicabilità dei fabbisognidelle mansioni ecc. • Spinte per un migliore accesso

• Resistenza all’utilizzo del dispositivo delle imprese alla formazione finanziataper costi e tempi previsti di gestione • Crescente mobilità dei lavoratori in assenza di risorse dedicate e conseguente bisogno di strumenti non aziendali di sostegno

• Resistenza all’utilizzo del dispositivo per non omogeneità di indicatori e metriche tra repertori, standard professionali e propri modelli aziendali

gati il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo formativo dell’impresa che si affianca esi integra con i sistemi istituzionali di formazione e istruzione. Questo punto vede coinvol-ti in prima persona i rappresentanti di imprese e lavoratori ai vari livelli e alcune buonepratiche già in esercizio in Italia dimostrano la possibilità effettiva di stabilire interventi diquesto tipo che tengano insieme, senza peraltro confonderle, esigenze di natura organiz-zativa con benefici diretti per l’individuo.

Il secondo problema, quello della condivisione di codici e linguaggi, potrebbe apparireil più semplice da affrontare ma ha invece una sua complessità scivolosa testimoniata dallungo e a tratti intestricabile dibattito sul tema degli standard delle competenze nel nostropaese così come in sede comunitaria. È innegabile che la forma stessa in cui le competen-ze sono espresse ha una fortissima attinenza con il contesto specifico di riferimento, cheper un’azienda è il suo concreto ambiente organizzativo e operativo mentre per un sistemapaese è un’astratta, simbolica rappresentazione di forme e valori collettivi del lavoro e deisaperi. Emerge inoltre in più punti dell’analisi appena illustrata il problema della confusio-ne tra le descrizioni dei sistemi di competenze e quelle presenti nei contratti collettivi dilavoro. In Europa, sul versante dei sistemi di qualificazione, vista l’impossibilità di trovareun dizionario comune, si è scelta la strada della trasparenza e della referenziazione reci-proca di dizionari e linguaggi differenti (EFQ)8. In Italia invece si osservano segnali di con-vergenza spontanea tra codici e linguaggi propri delle imprese (e in questa analisi ve n’ètestimonianza), sistemi formativi e sistemi lavoro, ma tuttavia si è ancora lontani da un di-zionario comune che consentirebbe il grandissimo vantaggio di poter trascrivere su un Li-bretto Formativo in una forma consensuale informazioni leggibili e riconoscibili da unamolteplicità di attori, compresa magari la stessa impresa dove quegli apprendimenti sonostati maturati pur nella loro sostanza contestuale.

Il terzo problema, ovvero quello di rendere economicamente e socialmente convenien-ti pratiche sinergiche di valorizzazione dei saperi di impresa con strumenti di trasparenzaper gli individui, è il piano sul quale si gioca una vera e propria sfida, soprattutto date lecritiche contingenze attuali entro le quali il fabbisogno di servizi di supporto all’occupabi-lità delle persone e alla competitività delle imprese è accompagnato da una decisa scarsi-tà di risorse. In più punti dell’indagine appena illustrata le imprese segnalano la criticità diun eccessivo peso di questi interventi sia sui costi sia sull’operatività del personale e quin-di sulla produttività. Da questo punto di vista si può dire che il processo di applicazione delLibretto è concepito in modo snello e flessibile in modo da assicurare la qualità del risulta-to ma da evitare un’eccessiva onerosità; queste qualità andrebbero forse meglio testate inoggettive condizioni di scarsità di tempo e risorse per verificare se i risultati si mantengo-no accettabili.

In conclusione di questo primo stadio di approfondimento, si può riaffermare che il Libret-to Formativo del Cittadino rappresenta oggi uno strumento ricco di potenzialità in quantoelemento nazionale e istituzionale coerente con le indicazioni della Commissione europea

175Osservatorio Isfol n. 2/2011

8 ISFOL, Verso l’European Qualification Frame-work. Il dibattito comunitario su trasparenza, mo-bilità e riconoscimento delle qualifiche e delle

competenze, Roma, 2009 (I libri del Fondo SocialeEuropeo).

Il Libretto Formativo nei contesti aziendali176

riguardanti la trasparenza e la leggibilità delle competenze, «comunque acquisite». Sullafalsariga di questo strumento la Commissione europea sta peraltro consultando i paesiproprio in queste settimane su una proposta di European Skill Passport, proposta del tuttoanaloga come impostazione al Libretto. I possibili vantaggi per l’impresa nel meccanismodi utilizzo del Libretto potrebbero essere diversi ma in gran parte legati alla presenza dispecifiche condizioni di sistema tra le quali prioritariamente la connessione dello strumen-to a sistemi istituzionali di riferimento per la registrazione ed eventualmente la validazio-ne e certificazione delle informazioni contenute nel Libretto e particolarmente delle com-petenze. Si può dunque affermare che la questione di disporre di riferimenti comuni e con-divisi, anche per il mondo delle imprese, sulle competenze da trascrivere, validare, certifi-care si pone decisamente al centro di una comune riflessione sui margini di miglioramen-to dell’attuale dispositivo.

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177Osservatorio Isfol n. 2/2011

Per citare questo articolo: Elisabetta Perulli, Il Libretto Formativo nei contesti aziendali,«Osservatorio Isfol», I (2011), n. 2, pp. 157-177.