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Mare nostro FOTO GREENPEACE RIFORME Sul senato renziano scatta la mannaia del «super canguro» GLI OTTO REFERENDUM Pippo Civati non ce la fa: «Fermo a 300mila firme A sinistra mille distinguo Sono stato lasciato solo» DANIELA PREZIOSI |PAGINA 2 La commemorazione di Pietro In- grao pronunciata in piazza Monte- citorio. V orrei esprimere il più gran- de rammarico per la scom- parsa di Pietro Ingrao. Per l’uomo che egli è stato, il grumo di pensieri e di affetti anche familiari che ha rappresentato, ma soprat- tutto per il segno così profondo e tuttora aperto e vivo che egli ha la- sciato nella vita italiana. «È morto il capo della sinistra comunista», così, con questo flash, la Tv dava domenica pome- riggio la notizia. In questa estre- ma semplificazione e nei com- menti di questi giorni io ho visto qualcosa che fa riflettere. Vuol dire che dopotutto questo paese ha una storia. Non è solo una confusa sommatoria di indivi- dui che si distinguono tra loro so- lo per i modi di vivere e di consu- mare. Ha una grande storia di idee, di lotte e di passioni, di co- munità, e di persone, anche se questa storia noi non l’abbiamo saputa custodire. Perché voleva- mo la luna? Oppure perché non l’abbiamo voluta abbastanza? Non lo so. So però che adesso sia- mo giunti a un passaggio molto difficile e incerto della nostra sto- ria. E che la gente è confusa e tor- na a porsi grandi domande e ad esprimere un bisogno insopprimi- bile di nuovi bisogni e significati della vita. CONTINUA |PAGINA 7 L o scandalo dei controlli truccati, il cosiddetto dieselgate Volkswagen, è una ferita profonda non solo per la Germania ma per l’Europa, un danno am- bientale, civile ed economico. Allo stesso tempo può costituire uno spartiacque fra un vecchio modo di guardare e difendere l’ambiente e un sistema più avanzato ed efficace di controlli che impedisca truffe ai danni della salute dei cittadini e faccia da volano per innovazione e qualità soste- nibile.La crisi della casa tedesca è profon- da e complessa. C’è il problema, grave, dell’inquinamento. CONTINUA |PAGINA 15 CASO VOLKSWAGEN Dorme in senato la legge sui controlli Ermete Realacci Gli ultimi dati Istat registrano 69 mila occupati in più in agosto. Due terzi sono a termine. Giù i disoccupati, ma solo dello 0,1%. Trend troppo basso rispetto alla Ue IL COMMENTO Roberto Romano pagina 14 L a macchina infernale del lavoro gra- tuito, saldamente piantata nel cuore del sistema-paese, si va arricchendo di un settore molto promettente nella so- stituzione di quello retribuito, a vantaggio delle amministrazioni comunali. Si tratta del cosiddetto «baratto amministrativo», fondato sull’articolo 24 del decreto Sbloc- ca-Italia. Si prevede che singoli e associa- zioni possano proporre interventi, «puli- zia, manutenzione, abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con fi- nalità di interesse generale», in cambio di sconti fiscali. CONTINUA |PAGINA 15 LAVORO GRATUITO Si scrive baratto si legge corvée Marco Bascetta Dopo il voto della Duma Putin autorizza l’aviazione a colpire l’Isis in terra siriana. E gli Usa e la Nato bombardano Kunduz riconquistata dai talebani Dieci regioni bocciano la politica energetica delgoverno e indicono il referendum popolare contro le trivellazioni dei mari italiani. Sei i quesiti depositati alla Corte di Cassazione. Tra le norme contestate il decreto Sblocca Italia che «svende l’ambiente» alle lobby del petrolio. Entro un anno la decisionedei giudici PAGINE 2,3 U na forzatura dopo l’altra, governo e maggioranza vanno avanti a colpi di accetta, imponendo al Parlamento una riforma della Costituzione che di fatto non può essere modificata. Un trucco, un emendamento tirato fuori dal cilindro del Pd all’ultimo secondo e l’intero art.1 della riforma, quello che regola le funzioni del fu- turo Senato, diventa blindato come una cassaforte. Il problema erano quei 19 voti segreti che il presidente del Senato aveva deciso di conce- dere all’opposizione. Troppi per il governo, e troppo alto il rischio. COLOMBO |PAGINA 4 INTERVISTA | PAGINA 3 Il ponte sullo Stretto a volte ritorna. Accorinti: «È un’offesa ai siciliani» SANITÀ | PAGINA 5 Il premier tradisce il Patto per la salute e taglia. Via il fondo del 2016 RAI | PAGINA 4 Sul Tg3 va in onda Renzi: «Io non faccio editti» L’abbraccio del popolo Pietro Ingrao lo ha avuto a Lenola, quando nel pomeriggio di ieri i suoi concittadini si sono accalcati attorno al feretro. Era davvero l’ultimo saluto, dopo due giorni di camera arden- te e il funerale di stato in piazza Monteci- torio. Ingrao è stato sepolto nel cimitero del paese ciociaro nel quale era nato cen- to anni fa. FABOZZI |PAGINA 7 PIETRO INGRAO Lenola abbraccia il suo leader. Funerali di Stato a Montecitorio UNA GRANDE STORIA Per le domande e i bisogni di oggi Alfredo Reichlin BIANI UN GIORNO DI GUERRA | PAGINA 9 In Siria raid russi, in Afghanistan bombardano gli Usa ANNO XLV . N. 234 . GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 EURO 1,50 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 2,00 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013

Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

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Il manifesto 01.10.2015

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Page 1: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

Mare nostro

FOTO GREENPEACE

RIFORME

Sul senato renziano scattala mannaia del «super canguro»

GLI OTTO REFERENDUM

Pippo Civati non ce la fa:«Fermo a 300mila firmeA sinistra mille distinguoSono stato lasciato solo»

DANIELA PREZIOSI |PAGINA 2

La commemorazione di Pietro In-grao pronunciata in piazzaMonte-citorio.

V orrei esprimere il più gran-de rammarico per la scom-parsa di Pietro Ingrao. Per

l’uomo che egli è stato, il grumodipensieri e di affetti anche familiariche ha rappresentato, ma soprat-tutto per il segno così profondo etuttora aperto e vivo che egli ha la-sciato nella vita italiana.

«È morto il capo della sinistracomunista», così, con questoflash, la Tv dava domenica pome-riggio la notizia. In questa estre-ma semplificazione e nei com-menti di questi giorni io ho vistoqualcosa che fa riflettere.

Vuol dire che dopotutto questopaese ha una storia. Non è solouna confusa sommatoria di indivi-dui che si distinguono tra loro so-lo per i modi di vivere e di consu-mare. Ha una grande storia diidee, di lotte e di passioni, di co-munità, e di persone, anche sequesta storia noi non l’abbiamosaputa custodire. Perché voleva-mo la luna? Oppure perché nonl’abbiamo voluta abbastanza?Non lo so. So però che adesso sia-mo giunti a un passaggio moltodifficile e incerto della nostra sto-ria. E che la gente è confusa e tor-na a porsi grandi domande e adesprimere un bisogno insopprimi-bile di nuovi bisogni e significatidella vita. CONTINUA |PAGINA 7

L o scandalo dei controlli truccati, ilcosiddetto dieselgate Volkswagen, èuna ferita profonda non solo per la

Germaniamaper l’Europa, un danno am-bientale, civile ed economico. Allo stessotempo può costituire uno spartiacque fraun vecchio modo di guardare e difenderel’ambiente e un sistema più avanzato edefficace di controlli che impedisca truffeai danni della salute dei cittadini e facciada volano per innovazione e qualità soste-nibile.La crisi della casa tedesca è profon-da e complessa. C’è il problema, grave,dell’inquinamento. CONTINUA |PAGINA 15

CASO VOLKSWAGEN

Dorme in senatola legge sui controlli

Ermete Realacci

Gli ultimi datiIstat registrano69mila occupatiin più in agosto.Due terzi sonoa termine. Giùi disoccupati,ma solo dello0,1%. Trendtroppo bassorispetto allaUe

IL COMMENTORoberto Romano

pagina 14

L a macchina infernale del lavoro gra-tuito, saldamente piantata nel cuoredel sistema-paese, si va arricchendo

di un settore molto promettente nella so-stituzione di quello retribuito, a vantaggiodelle amministrazioni comunali. Si trattadel cosiddetto «baratto amministrativo»,fondato sull’articolo 24 del decreto Sbloc-ca-Italia. Si prevede che singoli e associa-zioni possano proporre interventi, «puli-zia, manutenzione, abbellimento di areeverdi, piazze, strade ovvero interventi didecoro urbano, di recupero e riuso con fi-nalità di interesse generale», in cambio disconti fiscali. CONTINUA |PAGINA 15

LAVORO GRATUITO

Si scrive barattosi legge corvée

Marco Bascetta

Dopo il voto della Duma Putin autorizza l’aviazionea colpire l’Isis in terra siriana. E gli Usa e la Natobombardano Kunduz riconquistata dai talebani

Dieci regioni bocciano la politica energetica del governo e indicono il referendumpopolare controle trivellazioni dei mari italiani. Sei i quesiti depositati alla Corte di Cassazione. Tra le norme contestate ildecretoSbloccaItaliache«svende l’ambiente»alle lobbydelpetrolio.Entrounanno ladecisionedeigiudici PAGINE 2,3

U na forzatura dopo l’altra, governo emaggioranza vanno avanti a colpi diaccetta, imponendo al Parlamento

una riforma della Costituzione che di fattonon può essere modificata. Un trucco, unemendamento tirato fuori dal cilindro delPd all’ultimo secondo e l’intero art.1 dellariforma, quello che regola le funzioni del fu-turo Senato, diventa blindato come unacassaforte.

Il problema erano quei 19 voti segreti che ilpresidente del Senato aveva deciso di conce-dere all’opposizione. Troppi per il governo, etroppo alto il rischio. COLOMBO |PAGINA 4

INTERVISTA | PAGINA 3

Il ponte sullo Strettoa volte ritorna. Accorinti:«È un’offesa ai siciliani»

SANITÀ | PAGINA 5

Il premier tradisce il Pattoper la salute e taglia.Via il fondo del 2016

RAI | PAGINA 4

Sul Tg3 va in onda Renzi:«Io non faccio editti»

L’abbraccio del popolo Pietro Ingrao lo haavuto a Lenola, quando nel pomeriggio diieri i suoi concittadini si sono accalcatiattorno al feretro. Era davvero l’ultimosaluto, dopo due giorni di camera arden-te e il funerale di stato in piazza Monteci-torio. Ingrao è stato sepolto nel cimiterodel paese ciociaro nel quale era nato cen-to anni fa. FABOZZI |PAGINA 7

PIETRO INGRAO

Lenola abbracciail suo leader.Funerali di Statoa Montecitorio

UNA GRANDE STORIA

Per le domandee i bisogni di oggi

Alfredo Reichlin

BIANI

UN GIORNO DI GUERRA | PAGINA 9

In Siria raid russi,in Afghanistanbombardano gli Usa

ANNO XLV . N. 234 . GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 EURO 1,50

CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 2,00Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamentopostale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013

Page 2: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

pagina 2 il manifesto GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015

Jacopo Rosatelli

L a causa dello scandalo Volkswa-gen? «La crescente avidità nel mer-cato mondiale, dove la concorren-

za è brutale». A dirlo non è papa France-sco o qualche incallito anticapitalista,ma il severoministro tedesco delle finan-zeWolfgang Schäuble, in un’intervista ri-lasciata ieri ai quotidiani del networkRnd. È la prima volta che il potente guar-diano dell’austerità interviene sull’affai-re delle emissioni «truccate», e lo fa sen-za troppi giri di parole. Per il veterano di-rigente democristiano (Cdu), l’aziendadi Wolfsburg è destinata a modificarsiprofondamente: vi saranno cambiamen-ti strutturali in virtù dei quali «alla fine laVolkswagen non sarà più quella che era».Nonostante tutto, Schäuble si professa si-curo del fatto che lo scandalo-emissioninon avrà conseguenze sull’economia te-desca: «Da questa crisi ne usciremo raf-forzati. Noi dalle crisi impariamo».

Un messaggio di rassicurazione, quel-lo del ministro, che deve servire a placa-re timori crescenti nella società tedesca,rappresentati anche dalla copertinadell’ultimo numero del settimanale derSpiegel: l’immagine di un corteo funebredel celebre Maggiolino sotto l’eloquentetitolo «Il suicidio». Preoccupate per il fu-turo sono le città di Wolfsburg, Braun-schweig (entrambe in Bassa Sassonia) eIngolstadt (Baviera), sedi di stabilimentiVolkswagen e Audi: le amministrazionicomunali hanno già deliberato tagli alle

spese «come misura preventiva». Timoricondivisi da numerosi economisti chehannomesso in luce i rischi che una crisidi credibilità del made in Germany puòcomportare per l’economia del Paese,trainata dalle esportazioni. Qualche pri-mo scricchiolio è già avvertibile: nello sta-bilimento di Salzgitter (circa 7000 lavora-tori) la produzione è stata rallentata, enella controllata Volkswagen FinancialService (6200 addetti a Braunschweig) so-no state bloccate nuove assunzioni.

Le notizie che invece tutti vorrebberosentire sono quelle relative all’individua-zione dei responsabili dellamanipolazio-ne dei dati. Ieri lunga seduta del comita-to di presidenza del consiglio di sorve-glianza (Aufsichtsrat) con due puntiall’ordine del giorno: la scelta del nuovopresidente – sul nome di Hans DieterPötsch, voluto dalla famiglia Porsche, c’èbattaglia – e i primi riscontri dell’inchie-

sta interna. Secondo diversi media tede-schi, l’ex capo del settore ricerca e svilup-po di Volkswagen, Heinz-Jakob Neusser,sarebbe stato a conoscenza della mani-polazione dei dati sulle emissioni fin dal2011: lo avrebbe riferito un tecnico allacommissione d’inchiesta interna. Il pia-no per installare il software incriminatorisalirebbe invece al 2005, quandoVolkswagen programmò lo sbarco sulmercato americano con le vetture diesel.

A volere chiarezza sono in particolare irappresentanti della Bassa Sassonia, ilLand che detiene il 20% della proprietàdel gruppo: il ministro regionale dell’in-dustria, Olaf Lies, in un’intervista rilascia-ta ieri alla Bbc ha definito «azione crimi-nale» l’avere autorizzato e deciso l’instal-lazione del software «trucca-emissioni»sui motori diesel.

Procede anche la magistratura tede-sca, con un nuovo fascicolo, aperto sta-volta dalla procura di Ingolstadt (dopoquella di Braunschweig), competenteper le indagini sulla controllata Audi. Da-gli Stati Uniti si apprende che la conteadiHarris County, in Texas, chiede 100mi-lioni di dollari di risarcimento per l’inqui-namentoprovocato dai 6mila veicoli del-la casa tedesca circolanti in quel territo-rio. E ad appesantire il conto da pagarepotrebbero giungere anche le richiestedi restituzione dei bonus-auto concessidai governi spagnolo e francese.

Uno scandalo nello scandalo è quelloche rischia di dilagare in Francia (dove leauto «truccate» sono circa un milione).Ieri il settimanale Le Canard Enchaîné, ri-preso dalla Frankfurter Allgemeine, riferi-va di pressioni sugli organi di stampafrancesi da parte della Volkswagen perevitare la pubblicazione delle notizie sul-lo scandalo, pena il ritiro delle assai red-ditizie inserzioni pubblicitarie. La casa te-desca smentisce.

Serena GiannicoROMA

N on vogliamo il Paese delle tri-velle. E così ieri i delegati didieci Consigli regionali – Basili-

cata, come capofila; e poiMarche, Pu-glia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Cala-bria, Liguria, Campania e Molise -hanno depositato in Cassazione seiquesiti referendari contro l’invasionedelle piattaforme petrolifere. Con essisi chiede l’abrogazione dell’articolo38 dello Sblocca Italia e di vari suoicommi e dell’articolo 35 del Decretosviluppo. «Vogliamo che non ci sianopozzi entro le 12miglia e che siano ri-pristinati i poteri delle Regioni e deglienti locali, mettendo inoltre i cittadi-ni al riparo dalla limitazione del lorodiritto di proprietà rispetto alle socie-tà estrattrici», spiega il presidente delConsiglio regionale della Basilicata,Piero Lacorazza.

Il referendum, sulla cui ammissibili-tà dovrà ad anno nuovo pronunciarsila Corte Costituzionale, porta la firmae l’intuizione del coordinamento na-zionale No Triv e di altre 200 associa-zioni. «Con questa consultazione – af-fermaEnricoGagliano,NoTriv – si re-stituisce ai cittadini il diritto di decide-re di se stessi e del futuro del proprioterritorio. Si tratta di un fatto straordi-nario ed unico nella storia dell’Italiarepubblicana, il cui significato va benoltre la pur importante dimensioneenergetica». «Sul piano istituzionale,- aggiunge Enzo Di Salvatore, No Triv- il governo dovrà fare i conti con unamutata realtà e con mutati rapportidi forza nel Paese. Quanto alle scelteenergetiche, l’esercizio dell’opzionereferendaria consentirà di riaprireuna partita che sembrava già persaall’indomani del varo della StrategiaEnergeticaNazionale: i quesiti sull’ar-ticolo 38 rimettono in discussione ilsistema di governance che finora ci èstato imposto a suon di leggi e decreti(Sblocca Italia su tutti); quello «sec-co» sull’articolo 35 punta ad infligge-re un duro colpo alle mire delle com-pagnie petrolifere, a salvaguardare inostrimari e a prevenire qualsiasi ten-tativo di ritorno al passato (abolizio-ne del limite delle 12 miglia o sua ri-duzione a 5) da parte di un governoapertamente schierato sul fronte del-le energie fossili».

Un’iniziativa che viene definita«unadelle poche note liete in una lun-ga e triste stagione color nero-petro-lio». «E’ la prima volta che dei quesitireferendari sostenuti dai Consigli re-gionali vengono presentati da dieciRegioni, che rappresentano il doppiodel quorum richiesto -, riprendeLaco-razza -. In Basilicata, una delle realtàpiù martoriate, contiamo già la pre-senza di 70 impianti di trivellazione:non siamo affetti dal ’nimby’, ossianon vogliamo non ’sporcare il nostrogiardino’ e spostare il problema inquello degli altri, ma crediamo che lapolitica energetica dell’Italia debbaraccordarsi con l’Unione europea,che non può soltanto occuparsi dimoneta e burocrazia». «Dieci Regioni– evidenzia Fabrizia Arduini, referen-te Energia Wwf Abruzzo - sono unmessaggio granitico a Renzi. I quesitireferendari parlano chiaro e una rile-vante parte del Paese ha capito chel’Italia non può ripercorrere gli stessimodelli di sviluppo che hanno pro-dotto una delle peggiori crisi econo-miche mai vissute. Un modello disprechi e disuguaglianze, insostenibi-le per la nostra fragilissima e bella na-

zione, ma anche per il pianeta intero.Il costo ambientale di queste attivitàè davanti gli occhi di tutti: i cambia-menti climatici sono un vero flagello.A Parigi, nella COP21 (Conferenza sulclima) di dicembre, gli Stati dovrannoconcludere un accordo globale peragire in fretta, in modo efficace edequo per stoppare le alterazioni cli-matiche. Che dirà il premier? Chel’Italia punta sulle sue risibili produ-zioni di idrocarburi sino all’ultimagoccia? Nell’attesa che la Cassazionesi pronunci sul referendum, - conti-nua Arduini - continueranno le azio-ni di mobilitazione per fermare pro-getti petroliferi off shore recentemen-te sdoganati, a cominciare da "Ombri-na Mare", la piattaforma con raffine-ria galleggiante, che dovrebbe sorge-re apochemiglia dalla costa della pro-vincia di Chieti e di cui si discuterà ilprossimo 14 ottobre al ministero del-lo Sviluppo economico in una confe-renza dei servizi».

«E poi – fa eco Vittorio Cogliati Dez-za, presidente nazionale di Legam-biente – bisogna bloccare “Vega B,piattaforma prevista nel Canale di Si-cilia, al largo del litorale ragusano,che da poco ha ricevuto il nulla ostaambientale e su cui pendono già ri-corsi al Tar». «Occorre abbandonareil petrolio – afferma Luzio Nelli, Le-gambiente Abruzzo – e ripartire dallefonti rinnovabili e sostenibili, garan-tendo la qualità del territorio e il be-nessere delle popolazioni, non gli in-teressi delle multinazionali del greg-gio».

Abbiamo le ferrovie peggiorid’Italia con un binario unico non

elettrificato, ponti che crollano, cavalca-via che si sbriciolano e ancora ciammorbano con questa solfa

Silvio Messinetti

I l ministro Alfano ha riesumato ilPonte sullo stretto, chiedendo algoverno di rimettere in agenda il

progetto. Una mozione di Ncd è stataapprovatamartedì amaggioranza e im-pegna l’esecutivo a rivalutare il pontecome «infrastruttura ferroviaria».Cosa risponde Renato Accorinti, il«sindaco no Ponte», ad Alfano?

Alfano offende il popolo siciliano. Da15 anni ogni tanto torna a galla questaopera inutile, devastante e dannosa.Quando abbiamo vinto le elezioni nel2013 il nostro motto era «1000 sì e unsolo no». Avremmobisognodi tantissi-me cose davvero utili e non certo diquestomostro chiamato ponte. Abbia-mo le ferrovie peggiori d’Italia con unbinario unico non elettrificato, pontiche crollano, cavalcavia che si sbricio-lano e ancora ci ammorbano con que-sta solfa del ponte. Renzi e Alfano piut-tosto ci diano unamano sul nuovopor-to di Canestrieri che, conmille difficol-tà, stiamo cercando di realizzare. Losanno Alfano e Renzi che da 50 anni fi-le interminabili di Tir provenienti dalcontinente transitano per la via princi-

pale di Messina rendendo la vita infer-nale a tutti i messinesi? Si occupino ditutto questo se hanno a cuore le sortidi Messina e della Sicilia.Il ministro Delrio ha frenato gli entu-siasmi di Ncd ribadendo che «prima

bisogna analizzare i costi-benefici».Quali sarebbero i costi e quali i bene-fici dal suo punto di vista?

Benefici nessuno. Il Ponte non servealle comunità locali, non è strategicoper gli spostamenti di lunga distanza,difficilmente si autofinanzierà. Soprat-tutto, il Ponte non è funzionale al mo-dello di sviluppo dell’area dello Stret-to. La Calabria e la Sicilia, se voglionoavviare processi virtuosi di sviluppo,devono puntare sulle loro risorse terri-toriali e sulle vocazioni caratteristichedegli ambiti locali, quelle turistiche eculturali anzitutto. Devono innescareprocessi endogeni, valorizzando le lo-ro molteplici ricchezze sia ambientaliche storico-culturali. E poi il ponte èaltamente pericoloso visto che vivia-mo in una zona notoriamente sismi-ca. L’opera sarà effettivamente in gra-do di resistere a un sisma di 7,2 gradidella scala Richter? E se il sisma aves-se una magnitudo maggiore, come sicomporterebbe la struttura? Se il si-sma si verificasse in fase di costruzio-ne, quale sarebbe la soglia di sicurez-za? E poi questa storia dei treni chepasserebbero sul fantomatico ponte èdavvero ridicola. Da e verso il conti-nente oggi passano appena quattrotreni al giorno e questi vorrebbero far-ne transitare oltre 200. E come? Conun colpo di magia? Senza un progettoesecutivo, come facciamo a trasforma-re in certezza la possibilità del passag-gio dei treni? E poi il ponte sarebbe sog-getto a oscillazioni trasversali propriedella struttura, a dilatazione termica,alle oscillazioni indotte dal vento. Èdavvero possibile far passare i treni, te-nuto conto che le dilatazioni e oscilla-zioni sono nell’ordine di metri? La miaopinione è che i treni nonpossanopas-sare sul ponte. E, ancora, quanti sareb-bero i giorni di chiusura a causa delvento? Più di cento ogni anno, sostie-ne qualcuno. Ma se anche fossero dimeno, già la sola possibilità impediscedi dismettere le navi. E potrei continua-re per ore a raccontare le storture delponte.Lei crede che sia piuttosto una ma-novra elettorale di Alfano, in vista diuna sua futuribile candidatura allapresidenza della Sicilia?

Indubbiamente è funzionale agli scopipolitici di Ncd, per riprendere un po’di visibilitàma credo che i giochi sianofatti e il ponte non si farà mai. C’è unblocco di potere e di interessi, anchemafiosi, che cerca ogni tanto di vende-re illusioni con questa maledetta gran-de opera. Ma ormai la convinzioneche il ponte non si farà è sedimentatanella popolazione. Fino a 15 anni facontro il ponte qui a Messina eravamoin dieci, ora siamo in decine di miglia-ia, la stragrandemaggioranza della po-polazione. Questa era una città dor-miente, governata da poteri occulti,con una massoneria tra le più potentid’Italia. Siamo riusciti a risvegliarla eora è una città viva che non si beve piùle favole illusorie come il ponte. Certa-mente, trasformare il ponte in un an-nuncio perenne, ha generato, e vorreb-be continuare a generare, un conside-revole impegno di spesa pubblica. So-lo con il progetto sono stati già buttatiamare 500milioni, uno spreco di dena-ro pubblico che tra l’altro ha prodotto,in unperiododi risorse scarse, un effet-to di spiazzamento sugli altri investi-menti.Se Palazzo Chigi insisterà cosa fare-te? Quale mobilitazione metterete incampo?

Scenderemo in piazza, bloccheremo lacittà e metteremo sul tavolo politicotutto il peso del governo cittadino. Cicomporteremo da attivisti e da gover-nanti. La musica è cambiata.

REFERENDUM · Civati: lasciato solo, ora mi considerano un problema

«300mila firme non bastanoA sinistramille distinguo»

LE PERFORAZIONI ARTICHE DI ENI E SHELL Entro la fine dell’anno sarà operativo ilprogetto dell’Eni «Goliat» per l’estrazione di petrolio nella regione artica. Il lavoro propedeutico,spiega un portavoce del gruppo petrolifero italiano al quotidiano britannico The Guardian, «èentrato nella sua fase finale». L’annuncio arriva pochi giorni dopo la decisione della Shell diabbandonare viceversa il suo progetto di trivellare l’Artico nel tratto di mare davanti alle costedell'Alaska. Per il gruppo petrolifero anglo-olandese la rinuncia alle perforazioni sarebbe dovutaai costi troppo elevati rispetto alle quantità di gas e di petrolio rilevate. La mega piattaformaartica del gruppo italiano (un progetto da 5,5 miliardi di dollari) dovrebbe invece permettereall’Eni di estrarre una media di 100 mila barili al giorno.

No ponte •

MARE NOSTRO MARE NOSTRO

Lacaricadelledieci regioni

PROTESTA «NO TRIV» /GREENPEACE SOTTO, PIPPO CIVATI. A DESTRA IL SINDACO DI MESSINA GAETANO ACCORINTI

Contro la politica energeticadel governo si chiede l’abolizione

dell’art. 38 dello Sblocca Italia. Entroun anno la decisione dei giudici

Daniela Preziosi

S cadeva ieri il termine per laraccolta di firme sugli ottoreferendum promossi da

Pippo Civati. Non ce l’ha fatta.Quante firme avete raccolto?Le stiamo ancora contando.

Al momento direi 300mila. Nonbluffo.Ma sonomolto soddisfat-to: è stato un crescendo. Se l’al-chimia che c’è stata fosse scatta-ta una settimana prima cel’avremmo fatta.È soddisfatto? Sapeva di nonfarcela?Sono soddisfatto perchéda so-

li e senza soldi abbiamo fatto ungran risultato. Ma credevamo incifre più grandi basandoci su al-cune città, come Aosta, Verona,Genova, Napoli. Dove avevamovisto crescere una tendenza.Cosa non ha funzionato?Intanto l’oscuramento dei me-

dia è stato sorprendente. Non ab-biamo i soldi per fareuna campa-gna informativaeabbiamosoffer-to tantissimo fino al 15 settembre.Poi però è stato un diluvio di par-tecipazione. Non ha funzionato ilfatto che potevamo lavorare tuttiinsieme e invece sono fioccati di-stinguo inverosimili sui quesiti.Però quello della scuola, il più at-taccato, è quello che ha raccolto

più firme, conquello sulle trivelle.Non voglio polemizzare però...Però?Però io ho proposto a tutti i

quesiti amaggio. Se fossimopar-titi tutti insieme ce la facevamo.Avrò anche io lemie responsabi-lità,ma ora voteremo fra due an-ni. Sono più incazzato da eletto-re che da promotore. Anzi, dapromotore sono contento.È partito da solo, l’hanno so-spettata di avere un suo dise-gno personale.

Una stronzata. E quale sarebbequesto mio personale disegno?Magari costruirsi un ruolo, ecostruire la sua associazionePossibile attraverso i referen-dum.Possibile ha 5mila iscritti per

ora. Abbiamoposposto il tessera-mento proprio per tenere sepa-rate le due cose. Ora abbiamoun sacco di progetti. Forse fare-mo una Leopolda negli stessigiorni di Renzi. In parlamentostiamo lavorando con la sinistrae con un pezzo del gruppo mi-sto. In questi giorni si è un po’freddata la tensione per ragioni,diciamo così, referendarie. E an-che per le amministrative.Nei comuni la futura ’cosa ros-sa’ ha un problema. A MilanoSel farà le primarie con il Pd,

sempreché si facciano. Lei no.C’è un problema un po’ dap-

pertutto, ed è di senso politico.Se siamo una cosa autonomadobbiamo fare una cosa autono-ma. Le eccezioni non possonoarrivare prima della regola. Ab-biamo idee diverse sulla basedella nostalgia del 2011? Se aMi-lano ci fosse Pisapia se ne po-trebbediscutere,manon c’è. Co-me è successo a Barcellona, an-che noi possiamo fare ’Milanoin Comune’, e così Bologna, Na-poli. Se diamo il voto a un’allean-za in cui il Pd è egemone magarigoverneremo ma non prendere-mo i voti e porteremo acqua al

mulino di Renzi. Non possiamodire che Renzi è un turboliberi-sta e poi allearci con lui.Ma in parlamento almeno fare-te i gruppi unitari?Prima di tutto ognuno chiari-

sca al proprio interno cosa vuolefare. Ci sono frange meno unita-rie in Sel, in Rifondazione, poi cisonodue tipi di verdi, poi c’è l’Al-tra Europa, i comunisti italiani,gli ex pd e noi. Non è colpa miase alcuni sono divisi. Facciamole comunali con un simbolo civi-co per chiamare tutto il centrosi-nistra, non solo la sinistra radica-le. Il Pd si è spostato a destra, vo-terannonoi. Io avrò anche un at-tivismo disordinato, ma la sini-stra Pd che strategia ha, quelladell’autoestinzione? L’ho dettoanche alla Cgil: va bene, non vo-lete fare i referendum, ma poiche farete, voterete Renzi?Magari un sindacato preferisceche un referendum sul lavoro lopromuovano i lavoratori, o sullascuola gli insegnanti.Aparte il quesito sulla scuola, e

quello sull’Italicum, non c’è statanessuna polemica di merito. Gliambientalisti oggi festeggiano ilreferendum delle regioni controle trivelle? Il nostro quesito erauguale, scritto dalla stessa perso-na. E infatti adesso cimettiamo aloro disposizione. Sui temi socia-li io sonoandatodaLandini a dir-gli di scriverli lui i quesiti, e dipro-muoverli. L’unica condizioneche chiedevo è di farli subito,non fra due anni. Ho i testimoni.E invece si racconta che Civatinonha sentitonessuno. E cheCi-vati è diventato un problema.Magari le hanno obiettato checon i tempi così stretti si ri-schiava il flop. Per lei 300mila

firme saranno anche un suc-cesso, per gli altri no.Se ci fosse stata la Fiom, la Co-

alizione sociale, Sel, Rifondazio-ne e i verdi ce l’avremmo fatta.Ce la stavo per fare anch’io, ba-stava una settimana in più. Ab-biamopersoun’occasione. I ren-ziani festeggiano. E fanno bene:l’idea che rompevamo le scatolea Renzi piaceva molto ai ban-chetti. Se un piccolomovimentoda solo raccoglie 300mila firmevuol dire che potenzialmente cisono due milioni di firmatari.Ma non mi accusino di avercompromesso qualcosa. Ora cisono 300mila persone pronte adessere ricontattate.Con Fiom, Sel, Prc amici comeprima?Ho un buon carattere. Avrei

apprezzato la collaborazione, edio per loro l’avrei fatto, lo dimo-strerò alla prima occasione. Mavoglio dire a tutti una cosa: c’èun mondo fuori da noi. Personepronte ad attivarsi. Non propo-niamogli i soliti convegni.C’è un appuntamento di tutta lasinistra a novembre. Ci andrà?Vedremo se Sel ha idee che

coincidono con le mie e quelledi Ferrero e di altri sulla colloca-zione autonoma dal Pd alle am-ministrative.Se no non ci andrà?Se no vado andrò a dire che io

non mi alleo con il Pd. Ma consimpatia.Dica la verità, lei vorrebbe fareil capo della cosa di sinistra?No, non voglio fare il capo di

niente.Anzi, stocercandouncan-didato premier. Che però ancoranonvedo.Forsedobbiamocercar-lomeglio.Oltretutto perme la co-sa a sinistra si fa, non si predica.

Scandalo Volkswagen/ PRIMI RISCONTRI DELL’INCHIESTA INTERNA

Incredibile Schäuble: «Tuttacolpa dell’avidità del mercato»

INTERVISTA · Accorinti, sindaco di Messina: progetto inutile e devastante, non serve

«Alfano offende i siciliani»Riccardo ChiariFIRENZE

«T utti sono corrotti e corrut-tibili». FrancescoMele la-vorava seguendo questa

massima, e spendeva anche 200mi-la euro l’anno per far andare avan-ti i suoi affari. Oliava gli ingranaggidella macchina degli appalti, e siaggiudicava commesse su com-messe. «Agiva, per sua stessa am-missione, fornendo il pacchettocompleto – tira le somme il procu-ratore fiorentino Giuseppe Creaz-zo - faceva pure i sopralluoghi. Ne-gli uffici dell’Anas era di casa: arri-vava a predisporre anche le docu-mentazioni, bando e altro».

L’Anas della Toscana era nellemani di Mele: questo dicono i ri-sultati dell’inchiesta «Straded’oro» che ha portato all’arrestodel capo compartimento AntonioMazzeo, del direttore amministra-tivo Roberto Troccoli e del funzio-nario Nicola Cenci, oltre che dellostesso Mele. Tutti finiti ai domici-liari, per decisione di un gip che,vista la quantità delle prove (foto,video, intercettazioni) raccolte dal-la Polstrada Toscana e dalla sezio-ne di pg del Corpo forestale, ha ri-tenuto che sia impossibile inqui-nare un quadro accusatorio chedelinea un concorso in corruzio-ne continuata da manuale.

Nell’inchiesta sono indagate al-tre 24 persone: pubblici ufficiali inservizio all’Anas di Firenze, im-prenditori e professionisti. Tuttiall’interno di un sistema che per ilprocuratore Creazzo “operavasfruttando, nella maggior parte deicasi, lo stato di emergenza e di ne-cessità causato da calamità natura-li”. Fra gli appalti individuati dagliinvestigatori, ce n’è uno da 200mi-la euro per opere sulla statale To-sco-Romagnola. Uno in provinciadi Prato, con importo a base d’astadi 3 milioni e 258.622 euro. Uno inprovincia diMassaCarrara con im-porto a base d’asta di 499.900 euro.Uno al Girone, alle porte di Firen-ze, e ancora uno in provincia diLucca (importo 190mila euro), eun intervento sull’Autopalio, losgarrupato raccordo autostradaleSiena-Firenze.

Per le decine e decine di appaltisulla rete stradale regionale gesti-ta da Anas, venivano date mazzet-te corrispondenti al 5%dell’impor-to dei lavori. Quanto ai controlli,gli investigatori hanno annotatoun’altra intercettazione dell’im-prenditore: “Non hanno fatto al-tro che aumentare i costi di produ-zione – spiegaMele all’interlocuto-re - perché la corruzione è rima-sta. Anzi è aumentata, perché sec’è il controllo del terzo, anchequesto deve mangià”.

L’esperto magistrato che oggiguida la procura di Firenze, dopoessere stato per anni in prima li-nea contro la criminalità organiz-zata, ha inviato anche un messag-gio chiaro a via Arenula: “Le inter-cettazioni sono uno strumento in-dispensabile. Chi non vuole sco-prire reati di mafia o corruzionein Italia deve togliere le intercetta-zioni”. Dall’Anas, controllata al100% dal governo, è stata espressa“massima fiducia” nel lavoro dellamagistratura. La stessa Anas fa sa-pere che “avvierà un audit internosu dirigenti e funzionari coinvol-ti”. Basterebbe leggere le cartedell’inchiesta.

QUATTRO ARRESTI

«Strade d’oro»,appalti emazzetteall’Anas Toscana

Incredulità e rabbia di fronte al tentativo di rimettere in agendala «grande opera» sullo Stretto come «infrastruttura ferroviaria»

Depositate alla Corte di Cassazione le richieste di consultazione nazionalecontro le trivellazioni delle multinazionali del petrolio nei mari italianiNo triv •

Page 3: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 il manifesto pagina 3

Jacopo Rosatelli

L a causa dello scandalo Volkswa-gen? «La crescente avidità nel mer-cato mondiale, dove la concorren-

za è brutale». A dirlo non è papa France-sco o qualche incallito anticapitalista,ma il severoministro tedesco delle finan-zeWolfgang Schäuble, in un’intervista ri-lasciata ieri ai quotidiani del networkRnd. È la prima volta che il potente guar-diano dell’austerità interviene sull’affai-re delle emissioni «truccate», e lo fa sen-za troppi giri di parole. Per il veterano di-rigente democristiano (Cdu), l’aziendadi Wolfsburg è destinata a modificarsiprofondamente: vi saranno cambiamen-ti strutturali in virtù dei quali «alla fine laVolkswagen non sarà più quella che era».Nonostante tutto, Schäuble si professa si-curo del fatto che lo scandalo-emissioninon avrà conseguenze sull’economia te-desca: «Da questa crisi ne usciremo raf-forzati. Noi dalle crisi impariamo».

Un messaggio di rassicurazione, quel-lo del ministro, che deve servire a placa-re timori crescenti nella società tedesca,rappresentati anche dalla copertinadell’ultimo numero del settimanale derSpiegel: l’immagine di un corteo funebredel celebre Maggiolino sotto l’eloquentetitolo «Il suicidio». Preoccupate per il fu-turo sono le città di Wolfsburg, Braun-schweig (entrambe in Bassa Sassonia) eIngolstadt (Baviera), sedi di stabilimentiVolkswagen e Audi: le amministrazionicomunali hanno già deliberato tagli alle

spese «come misura preventiva». Timoricondivisi da numerosi economisti chehannomesso in luce i rischi che una crisidi credibilità del made in Germany puòcomportare per l’economia del Paese,trainata dalle esportazioni. Qualche pri-mo scricchiolio è già avvertibile: nello sta-bilimento di Salzgitter (circa 7000 lavora-tori) la produzione è stata rallentata, enella controllata Volkswagen FinancialService (6200 addetti a Braunschweig) so-no state bloccate nuove assunzioni.

Le notizie che invece tutti vorrebberosentire sono quelle relative all’individua-zione dei responsabili dellamanipolazio-ne dei dati. Ieri lunga seduta del comita-to di presidenza del consiglio di sorve-glianza (Aufsichtsrat) con due puntiall’ordine del giorno: la scelta del nuovopresidente – sul nome di Hans DieterPötsch, voluto dalla famiglia Porsche, c’èbattaglia – e i primi riscontri dell’inchie-

sta interna. Secondo diversi media tede-schi, l’ex capo del settore ricerca e svilup-po di Volkswagen, Heinz-Jakob Neusser,sarebbe stato a conoscenza della mani-polazione dei dati sulle emissioni fin dal2011: lo avrebbe riferito un tecnico allacommissione d’inchiesta interna. Il pia-no per installare il software incriminatorisalirebbe invece al 2005, quandoVolkswagen programmò lo sbarco sulmercato americano con le vetture diesel.

A volere chiarezza sono in particolare irappresentanti della Bassa Sassonia, ilLand che detiene il 20% della proprietàdel gruppo: il ministro regionale dell’in-dustria, Olaf Lies, in un’intervista rilascia-ta ieri alla Bbc ha definito «azione crimi-nale» l’avere autorizzato e deciso l’instal-lazione del software «trucca-emissioni»sui motori diesel.

Procede anche la magistratura tede-sca, con un nuovo fascicolo, aperto sta-volta dalla procura di Ingolstadt (dopoquella di Braunschweig), competenteper le indagini sulla controllata Audi. Da-gli Stati Uniti si apprende che la conteadiHarris County, in Texas, chiede 100mi-lioni di dollari di risarcimento per l’inqui-namentoprovocato dai 6mila veicoli del-la casa tedesca circolanti in quel territo-rio. E ad appesantire il conto da pagarepotrebbero giungere anche le richiestedi restituzione dei bonus-auto concessidai governi spagnolo e francese.

Uno scandalo nello scandalo è quelloche rischia di dilagare in Francia (dove leauto «truccate» sono circa un milione).Ieri il settimanale Le Canard Enchaîné, ri-preso dalla Frankfurter Allgemeine, riferi-va di pressioni sugli organi di stampafrancesi da parte della Volkswagen perevitare la pubblicazione delle notizie sul-lo scandalo, pena il ritiro delle assai red-ditizie inserzioni pubblicitarie. La casa te-desca smentisce.

Serena GiannicoROMA

N on vogliamo il Paese delle tri-velle. E così ieri i delegati didieci Consigli regionali – Basili-

cata, come capofila; e poiMarche, Pu-glia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Cala-bria, Liguria, Campania e Molise -hanno depositato in Cassazione seiquesiti referendari contro l’invasionedelle piattaforme petrolifere. Con essisi chiede l’abrogazione dell’articolo38 dello Sblocca Italia e di vari suoicommi e dell’articolo 35 del Decretosviluppo. «Vogliamo che non ci sianopozzi entro le 12miglia e che siano ri-pristinati i poteri delle Regioni e deglienti locali, mettendo inoltre i cittadi-ni al riparo dalla limitazione del lorodiritto di proprietà rispetto alle socie-tà estrattrici», spiega il presidente delConsiglio regionale della Basilicata,Piero Lacorazza.

Il referendum, sulla cui ammissibili-tà dovrà ad anno nuovo pronunciarsila Corte Costituzionale, porta la firmae l’intuizione del coordinamento na-zionale No Triv e di altre 200 associa-zioni. «Con questa consultazione – af-fermaEnricoGagliano,NoTriv – si re-stituisce ai cittadini il diritto di decide-re di se stessi e del futuro del proprioterritorio. Si tratta di un fatto straordi-nario ed unico nella storia dell’Italiarepubblicana, il cui significato va benoltre la pur importante dimensioneenergetica». «Sul piano istituzionale,- aggiunge Enzo Di Salvatore, No Triv- il governo dovrà fare i conti con unamutata realtà e con mutati rapportidi forza nel Paese. Quanto alle scelteenergetiche, l’esercizio dell’opzionereferendaria consentirà di riaprireuna partita che sembrava già persaall’indomani del varo della StrategiaEnergeticaNazionale: i quesiti sull’ar-ticolo 38 rimettono in discussione ilsistema di governance che finora ci èstato imposto a suon di leggi e decreti(Sblocca Italia su tutti); quello «sec-co» sull’articolo 35 punta ad infligge-re un duro colpo alle mire delle com-pagnie petrolifere, a salvaguardare inostrimari e a prevenire qualsiasi ten-tativo di ritorno al passato (abolizio-ne del limite delle 12 miglia o sua ri-duzione a 5) da parte di un governoapertamente schierato sul fronte del-le energie fossili».

Un’iniziativa che viene definita«unadelle poche note liete in una lun-ga e triste stagione color nero-petro-lio». «E’ la prima volta che dei quesitireferendari sostenuti dai Consigli re-gionali vengono presentati da dieciRegioni, che rappresentano il doppiodel quorum richiesto -, riprendeLaco-razza -. In Basilicata, una delle realtàpiù martoriate, contiamo già la pre-senza di 70 impianti di trivellazione:non siamo affetti dal ’nimby’, ossianon vogliamo non ’sporcare il nostrogiardino’ e spostare il problema inquello degli altri, ma crediamo che lapolitica energetica dell’Italia debbaraccordarsi con l’Unione europea,che non può soltanto occuparsi dimoneta e burocrazia». «Dieci Regioni– evidenzia Fabrizia Arduini, referen-te Energia Wwf Abruzzo - sono unmessaggio granitico a Renzi. I quesitireferendari parlano chiaro e una rile-vante parte del Paese ha capito chel’Italia non può ripercorrere gli stessimodelli di sviluppo che hanno pro-dotto una delle peggiori crisi econo-miche mai vissute. Un modello disprechi e disuguaglianze, insostenibi-le per la nostra fragilissima e bella na-

zione, ma anche per il pianeta intero.Il costo ambientale di queste attivitàè davanti gli occhi di tutti: i cambia-menti climatici sono un vero flagello.A Parigi, nella COP21 (Conferenza sulclima) di dicembre, gli Stati dovrannoconcludere un accordo globale peragire in fretta, in modo efficace edequo per stoppare le alterazioni cli-matiche. Che dirà il premier? Chel’Italia punta sulle sue risibili produ-zioni di idrocarburi sino all’ultimagoccia? Nell’attesa che la Cassazionesi pronunci sul referendum, - conti-nua Arduini - continueranno le azio-ni di mobilitazione per fermare pro-getti petroliferi off shore recentemen-te sdoganati, a cominciare da "Ombri-na Mare", la piattaforma con raffine-ria galleggiante, che dovrebbe sorge-re apochemiglia dalla costa della pro-vincia di Chieti e di cui si discuterà ilprossimo 14 ottobre al ministero del-lo Sviluppo economico in una confe-renza dei servizi».

«E poi – fa eco Vittorio Cogliati Dez-za, presidente nazionale di Legam-biente – bisogna bloccare “Vega B,piattaforma prevista nel Canale di Si-cilia, al largo del litorale ragusano,che da poco ha ricevuto il nulla ostaambientale e su cui pendono già ri-corsi al Tar». «Occorre abbandonareil petrolio – afferma Luzio Nelli, Le-gambiente Abruzzo – e ripartire dallefonti rinnovabili e sostenibili, garan-tendo la qualità del territorio e il be-nessere delle popolazioni, non gli in-teressi delle multinazionali del greg-gio».

Abbiamo le ferrovie peggiorid’Italia con un binario unico non

elettrificato, ponti che crollano, cavalca-via che si sbriciolano e ancora ciammorbano con questa solfa

Silvio Messinetti

I l ministro Alfano ha riesumato ilPonte sullo stretto, chiedendo algoverno di rimettere in agenda il

progetto. Una mozione di Ncd è stataapprovatamartedì amaggioranza e im-pegna l’esecutivo a rivalutare il pontecome «infrastruttura ferroviaria».Cosa risponde Renato Accorinti, il«sindaco no Ponte», ad Alfano?

Alfano offende il popolo siciliano. Da15 anni ogni tanto torna a galla questaopera inutile, devastante e dannosa.Quando abbiamo vinto le elezioni nel2013 il nostro motto era «1000 sì e unsolo no». Avremmobisognodi tantissi-me cose davvero utili e non certo diquestomostro chiamato ponte. Abbia-mo le ferrovie peggiori d’Italia con unbinario unico non elettrificato, pontiche crollano, cavalcavia che si sbricio-lano e ancora ci ammorbano con que-sta solfa del ponte. Renzi e Alfano piut-tosto ci diano unamano sul nuovopor-to di Canestrieri che, conmille difficol-tà, stiamo cercando di realizzare. Losanno Alfano e Renzi che da 50 anni fi-le interminabili di Tir provenienti dalcontinente transitano per la via princi-

pale di Messina rendendo la vita infer-nale a tutti i messinesi? Si occupino ditutto questo se hanno a cuore le sortidi Messina e della Sicilia.Il ministro Delrio ha frenato gli entu-siasmi di Ncd ribadendo che «prima

bisogna analizzare i costi-benefici».Quali sarebbero i costi e quali i bene-fici dal suo punto di vista?

Benefici nessuno. Il Ponte non servealle comunità locali, non è strategicoper gli spostamenti di lunga distanza,difficilmente si autofinanzierà. Soprat-tutto, il Ponte non è funzionale al mo-dello di sviluppo dell’area dello Stret-to. La Calabria e la Sicilia, se voglionoavviare processi virtuosi di sviluppo,devono puntare sulle loro risorse terri-toriali e sulle vocazioni caratteristichedegli ambiti locali, quelle turistiche eculturali anzitutto. Devono innescareprocessi endogeni, valorizzando le lo-ro molteplici ricchezze sia ambientaliche storico-culturali. E poi il ponte èaltamente pericoloso visto che vivia-mo in una zona notoriamente sismi-ca. L’opera sarà effettivamente in gra-do di resistere a un sisma di 7,2 gradidella scala Richter? E se il sisma aves-se una magnitudo maggiore, come sicomporterebbe la struttura? Se il si-sma si verificasse in fase di costruzio-ne, quale sarebbe la soglia di sicurez-za? E poi questa storia dei treni chepasserebbero sul fantomatico ponte èdavvero ridicola. Da e verso il conti-nente oggi passano appena quattrotreni al giorno e questi vorrebbero far-ne transitare oltre 200. E come? Conun colpo di magia? Senza un progettoesecutivo, come facciamo a trasforma-re in certezza la possibilità del passag-gio dei treni? E poi il ponte sarebbe sog-getto a oscillazioni trasversali propriedella struttura, a dilatazione termica,alle oscillazioni indotte dal vento. Èdavvero possibile far passare i treni, te-nuto conto che le dilatazioni e oscilla-zioni sono nell’ordine di metri? La miaopinione è che i treni nonpossanopas-sare sul ponte. E, ancora, quanti sareb-bero i giorni di chiusura a causa delvento? Più di cento ogni anno, sostie-ne qualcuno. Ma se anche fossero dimeno, già la sola possibilità impediscedi dismettere le navi. E potrei continua-re per ore a raccontare le storture delponte.Lei crede che sia piuttosto una ma-novra elettorale di Alfano, in vista diuna sua futuribile candidatura allapresidenza della Sicilia?

Indubbiamente è funzionale agli scopipolitici di Ncd, per riprendere un po’di visibilitàma credo che i giochi sianofatti e il ponte non si farà mai. C’è unblocco di potere e di interessi, anchemafiosi, che cerca ogni tanto di vende-re illusioni con questa maledetta gran-de opera. Ma ormai la convinzioneche il ponte non si farà è sedimentatanella popolazione. Fino a 15 anni facontro il ponte qui a Messina eravamoin dieci, ora siamo in decine di miglia-ia, la stragrandemaggioranza della po-polazione. Questa era una città dor-miente, governata da poteri occulti,con una massoneria tra le più potentid’Italia. Siamo riusciti a risvegliarla eora è una città viva che non si beve piùle favole illusorie come il ponte. Certa-mente, trasformare il ponte in un an-nuncio perenne, ha generato, e vorreb-be continuare a generare, un conside-revole impegno di spesa pubblica. So-lo con il progetto sono stati già buttatiamare 500milioni, uno spreco di dena-ro pubblico che tra l’altro ha prodotto,in unperiododi risorse scarse, un effet-to di spiazzamento sugli altri investi-menti.Se Palazzo Chigi insisterà cosa fare-te? Quale mobilitazione metterete incampo?

Scenderemo in piazza, bloccheremo lacittà e metteremo sul tavolo politicotutto il peso del governo cittadino. Cicomporteremo da attivisti e da gover-nanti. La musica è cambiata.

REFERENDUM · Civati: lasciato solo, ora mi considerano un problema

«300mila firme non bastanoA sinistramille distinguo»

LE PERFORAZIONI ARTICHE DI ENI E SHELL Entro la fine dell’anno sarà operativo ilprogetto dell’Eni «Goliat» per l’estrazione di petrolio nella regione artica. Il lavoro propedeutico,spiega un portavoce del gruppo petrolifero italiano al quotidiano britannico The Guardian, «èentrato nella sua fase finale». L’annuncio arriva pochi giorni dopo la decisione della Shell diabbandonare viceversa il suo progetto di trivellare l’Artico nel tratto di mare davanti alle costedell'Alaska. Per il gruppo petrolifero anglo-olandese la rinuncia alle perforazioni sarebbe dovutaai costi troppo elevati rispetto alle quantità di gas e di petrolio rilevate. La mega piattaformaartica del gruppo italiano (un progetto da 5,5 miliardi di dollari) dovrebbe invece permettereall’Eni di estrarre una media di 100 mila barili al giorno.

No ponte •

MARE NOSTRO MARE NOSTRO

Lacaricadelledieci regioni

PROTESTA «NO TRIV» /GREENPEACE SOTTO, PIPPO CIVATI. A DESTRA IL SINDACO DI MESSINA GAETANO ACCORINTI

Contro la politica energeticadel governo si chiede l’abolizione

dell’art. 38 dello Sblocca Italia. Entroun anno la decisione dei giudici

Daniela Preziosi

S cadeva ieri il termine per laraccolta di firme sugli ottoreferendum promossi da

Pippo Civati. Non ce l’ha fatta.Quante firme avete raccolto?Le stiamo ancora contando.

Al momento direi 300mila. Nonbluffo.Ma sonomolto soddisfat-to: è stato un crescendo. Se l’al-chimia che c’è stata fosse scatta-ta una settimana prima cel’avremmo fatta.È soddisfatto? Sapeva di nonfarcela?Sono soddisfatto perchéda so-

li e senza soldi abbiamo fatto ungran risultato. Ma credevamo incifre più grandi basandoci su al-cune città, come Aosta, Verona,Genova, Napoli. Dove avevamovisto crescere una tendenza.Cosa non ha funzionato?Intanto l’oscuramento dei me-

dia è stato sorprendente. Non ab-biamo i soldi per fareuna campa-gna informativaeabbiamosoffer-to tantissimo fino al 15 settembre.Poi però è stato un diluvio di par-tecipazione. Non ha funzionato ilfatto che potevamo lavorare tuttiinsieme e invece sono fioccati di-stinguo inverosimili sui quesiti.Però quello della scuola, il più at-taccato, è quello che ha raccolto

più firme, conquello sulle trivelle.Non voglio polemizzare però...Però?Però io ho proposto a tutti i

quesiti amaggio. Se fossimopar-titi tutti insieme ce la facevamo.Avrò anche io lemie responsabi-lità,ma ora voteremo fra due an-ni. Sono più incazzato da eletto-re che da promotore. Anzi, dapromotore sono contento.È partito da solo, l’hanno so-spettata di avere un suo dise-gno personale.

Una stronzata. E quale sarebbequesto mio personale disegno?Magari costruirsi un ruolo, ecostruire la sua associazionePossibile attraverso i referen-dum.Possibile ha 5mila iscritti per

ora. Abbiamoposposto il tessera-mento proprio per tenere sepa-rate le due cose. Ora abbiamoun sacco di progetti. Forse fare-mo una Leopolda negli stessigiorni di Renzi. In parlamentostiamo lavorando con la sinistrae con un pezzo del gruppo mi-sto. In questi giorni si è un po’freddata la tensione per ragioni,diciamo così, referendarie. E an-che per le amministrative.Nei comuni la futura ’cosa ros-sa’ ha un problema. A MilanoSel farà le primarie con il Pd,

sempreché si facciano. Lei no.C’è un problema un po’ dap-

pertutto, ed è di senso politico.Se siamo una cosa autonomadobbiamo fare una cosa autono-ma. Le eccezioni non possonoarrivare prima della regola. Ab-biamo idee diverse sulla basedella nostalgia del 2011? Se aMi-lano ci fosse Pisapia se ne po-trebbediscutere,manon c’è. Co-me è successo a Barcellona, an-che noi possiamo fare ’Milanoin Comune’, e così Bologna, Na-poli. Se diamo il voto a un’allean-za in cui il Pd è egemone magarigoverneremo ma non prendere-mo i voti e porteremo acqua al

mulino di Renzi. Non possiamodire che Renzi è un turboliberi-sta e poi allearci con lui.Ma in parlamento almeno fare-te i gruppi unitari?Prima di tutto ognuno chiari-

sca al proprio interno cosa vuolefare. Ci sono frange meno unita-rie in Sel, in Rifondazione, poi cisonodue tipi di verdi, poi c’è l’Al-tra Europa, i comunisti italiani,gli ex pd e noi. Non è colpa miase alcuni sono divisi. Facciamole comunali con un simbolo civi-co per chiamare tutto il centrosi-nistra, non solo la sinistra radica-le. Il Pd si è spostato a destra, vo-terannonoi. Io avrò anche un at-tivismo disordinato, ma la sini-stra Pd che strategia ha, quelladell’autoestinzione? L’ho dettoanche alla Cgil: va bene, non vo-lete fare i referendum, ma poiche farete, voterete Renzi?Magari un sindacato preferisceche un referendum sul lavoro lopromuovano i lavoratori, o sullascuola gli insegnanti.Aparte il quesito sulla scuola, e

quello sull’Italicum, non c’è statanessuna polemica di merito. Gliambientalisti oggi festeggiano ilreferendum delle regioni controle trivelle? Il nostro quesito erauguale, scritto dalla stessa perso-na. E infatti adesso cimettiamo aloro disposizione. Sui temi socia-li io sonoandatodaLandini a dir-gli di scriverli lui i quesiti, e dipro-muoverli. L’unica condizioneche chiedevo è di farli subito,non fra due anni. Ho i testimoni.E invece si racconta che Civatinonha sentitonessuno. E cheCi-vati è diventato un problema.Magari le hanno obiettato checon i tempi così stretti si ri-schiava il flop. Per lei 300mila

firme saranno anche un suc-cesso, per gli altri no.Se ci fosse stata la Fiom, la Co-

alizione sociale, Sel, Rifondazio-ne e i verdi ce l’avremmo fatta.Ce la stavo per fare anch’io, ba-stava una settimana in più. Ab-biamopersoun’occasione. I ren-ziani festeggiano. E fanno bene:l’idea che rompevamo le scatolea Renzi piaceva molto ai ban-chetti. Se un piccolomovimentoda solo raccoglie 300mila firmevuol dire che potenzialmente cisono due milioni di firmatari.Ma non mi accusino di avercompromesso qualcosa. Ora cisono 300mila persone pronte adessere ricontattate.Con Fiom, Sel, Prc amici comeprima?Ho un buon carattere. Avrei

apprezzato la collaborazione, edio per loro l’avrei fatto, lo dimo-strerò alla prima occasione. Mavoglio dire a tutti una cosa: c’èun mondo fuori da noi. Personepronte ad attivarsi. Non propo-niamogli i soliti convegni.C’è un appuntamento di tutta lasinistra a novembre. Ci andrà?Vedremo se Sel ha idee che

coincidono con le mie e quelledi Ferrero e di altri sulla colloca-zione autonoma dal Pd alle am-ministrative.Se no non ci andrà?Se no vado andrò a dire che io

non mi alleo con il Pd. Ma consimpatia.Dica la verità, lei vorrebbe fareil capo della cosa di sinistra?No, non voglio fare il capo di

niente.Anzi, stocercandouncan-didato premier. Che però ancoranonvedo.Forsedobbiamocercar-lomeglio.Oltretutto perme la co-sa a sinistra si fa, non si predica.

Scandalo Volkswagen/ PRIMI RISCONTRI DELL’INCHIESTA INTERNA

Incredibile Schäuble: «Tuttacolpa dell’avidità del mercato»

INTERVISTA · Accorinti, sindaco di Messina: progetto inutile e devastante, non serve

«Alfano offende i siciliani»Riccardo ChiariFIRENZE

«T utti sono corrotti e corrut-tibili». FrancescoMele la-vorava seguendo questa

massima, e spendeva anche 200mi-la euro l’anno per far andare avan-ti i suoi affari. Oliava gli ingranaggidella macchina degli appalti, e siaggiudicava commesse su com-messe. «Agiva, per sua stessa am-missione, fornendo il pacchettocompleto – tira le somme il procu-ratore fiorentino Giuseppe Creaz-zo - faceva pure i sopralluoghi. Ne-gli uffici dell’Anas era di casa: arri-vava a predisporre anche le docu-mentazioni, bando e altro».

L’Anas della Toscana era nellemani di Mele: questo dicono i ri-sultati dell’inchiesta «Straded’oro» che ha portato all’arrestodel capo compartimento AntonioMazzeo, del direttore amministra-tivo Roberto Troccoli e del funzio-nario Nicola Cenci, oltre che dellostesso Mele. Tutti finiti ai domici-liari, per decisione di un gip che,vista la quantità delle prove (foto,video, intercettazioni) raccolte dal-la Polstrada Toscana e dalla sezio-ne di pg del Corpo forestale, ha ri-tenuto che sia impossibile inqui-nare un quadro accusatorio chedelinea un concorso in corruzio-ne continuata da manuale.

Nell’inchiesta sono indagate al-tre 24 persone: pubblici ufficiali inservizio all’Anas di Firenze, im-prenditori e professionisti. Tuttiall’interno di un sistema che per ilprocuratore Creazzo “operavasfruttando, nella maggior parte deicasi, lo stato di emergenza e di ne-cessità causato da calamità natura-li”. Fra gli appalti individuati dagliinvestigatori, ce n’è uno da 200mi-la euro per opere sulla statale To-sco-Romagnola. Uno in provinciadi Prato, con importo a base d’astadi 3 milioni e 258.622 euro. Uno inprovincia diMassaCarrara con im-porto a base d’asta di 499.900 euro.Uno al Girone, alle porte di Firen-ze, e ancora uno in provincia diLucca (importo 190mila euro), eun intervento sull’Autopalio, losgarrupato raccordo autostradaleSiena-Firenze.

Per le decine e decine di appaltisulla rete stradale regionale gesti-ta da Anas, venivano date mazzet-te corrispondenti al 5%dell’impor-to dei lavori. Quanto ai controlli,gli investigatori hanno annotatoun’altra intercettazione dell’im-prenditore: “Non hanno fatto al-tro che aumentare i costi di produ-zione – spiegaMele all’interlocuto-re - perché la corruzione è rima-sta. Anzi è aumentata, perché sec’è il controllo del terzo, anchequesto deve mangià”.

L’esperto magistrato che oggiguida la procura di Firenze, dopoessere stato per anni in prima li-nea contro la criminalità organiz-zata, ha inviato anche un messag-gio chiaro a via Arenula: “Le inter-cettazioni sono uno strumento in-dispensabile. Chi non vuole sco-prire reati di mafia o corruzionein Italia deve togliere le intercetta-zioni”. Dall’Anas, controllata al100% dal governo, è stata espressa“massima fiducia” nel lavoro dellamagistratura. La stessa Anas fa sa-pere che “avvierà un audit internosu dirigenti e funzionari coinvol-ti”. Basterebbe leggere le cartedell’inchiesta.

QUATTRO ARRESTI

«Strade d’oro»,appalti emazzetteall’Anas Toscana

Incredulità e rabbia di fronte al tentativo di rimettere in agendala «grande opera» sullo Stretto come «infrastruttura ferroviaria»

Depositate alla Corte di Cassazione le richieste di consultazione nazionalecontro le trivellazioni delle multinazionali del petrolio nei mari italianiNo triv •

Page 4: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

pagina 4 il manifesto GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015

Andrea Colombo

U na forzatura dopo l’altra,governo e maggioranzavanno avanti a colpi di ac-

cetta, imponendo al Parlamentouna riforma della Costituzioneche di fatto nonpuò esseremodifi-cata. Un trucco, un emendamen-to tirato fuori dal cilindro del Pdall’ultimo secondo e l’intero art.1della riforma, quello che regola lefunzioni del futuro Senato, diven-ta blindato come una cassaforte.

Il problema erano quei 19 votisegreti che il presidente del Sena-to aveva deciso di concedereall’opposizione. Troppi per il go-verno, e troppoalto il rischio.Gras-so, in realtà, non si era limitato adaccogliere le 19 richieste di voto se-greto. Dopo aver sforbiciato ulte-riormente gli emendamentiall’art. 1, concedendo di interveni-re solo sulle parti modificate dallaCamera ed eliminando così alcu-

ne centinaia di proposte dimodifi-ca, aveva dichiarato inammissibilianche quelli che, come già succes-so ai tempi dell’approvazionedell’Italicum, avrebbero veicolatoil cosidetto "canguro". Quelli cioèche avrebbero impedito di votaretutti gli emendamenti successivi.

A sorpresa, però, presenta unemendamento-tagliola il dem Ro-berto Cociancich, renziano dellaprima ora, già presidente dellaConferenza internazionale cattoli-ca dello scoutismo, poco conosciu-to dai senatori, tanto che il capo-gruppo Fi Romani gli chiede di al-zare lamano «così conosciamo an-che lui oltre che il suo emenda-mento». Il testo di Cociancich èquasi identico a quello della presi-dente della commissione Affari co-stituzionali Finocchiaro, che ri-prende l’accordo raggiunto con laminoranza democratica sulle fun-zioni future di palazzo Madama.Tra i due emendamenti la differen-

za però c’è: in termini di regola-mento se non di sostanza. Essen-do quello di Cociancich sostituti-vo dell’intero articolo, comportala decadenzadi tutti i voti successi-vi, inclusi quelli segreti. Grasso,pur avendo sterminato gli altricanguri, questo lo salva. Il gover-no, un secondo dopo, esprime pa-rere positivo solo su due emenda-menti: quello della Finocchiaro equello gemello dello scout. Il Pdchiude la trappola chiedendo chei due testi fotocopia sianomessi alvoto insieme.

Mezza aula esplode e volanopa-role grosse. Calderoli denuncia l’«attentato alla democrazia», DeCristofaro (Sel) parla di «truffa»,Romani di «intollerabile burla», lafittiana Bonfrisco di «volgare ma-celleria». Molti rinfacciano al pre-sentatore dell’emendamen-to-mannaia l’essersi prestato allamanovra ordita dal governo. Il ca-pogruppo Pd Zanda si scalmana

lo stesso e incendia ulteriormentel’aula con un intervento che è unmodello di arroganza. «Da 20 mi-nuti state insultando un galantuo-mo. È la prova che non volete undibattito sulle riforme». Detto dalui è un po’ forte: e infatti partonoi fischi. Scatenato, il capogruppodel Pd, che qualcuno definirà poiapertamente «un prestanome»,non si ferma: «Questo dibattito

voi non lo meritate e noi le rifor-me le approveremo comunque».Sembrano parole dettate dall’ira.Invece rispecchiano fedelmente ilpensiero e il concreto agire del go-verno e delle sue obbedienti trup-pe parlamentari: il Parlamentonon merita dibattiti, e non deveimpicciarsi più di tanto.

I pochi emendamenti cheprece-dono la ghigliottina dello scout

vengono falcidiati facilmente colvoto palese, a partire da quellosoppressivo dell’intero articolo fir-mato sia dalla presidente del Mi-sto-Sel De Petris che dal grillinoCrimi e quindi, a ruota, quello,presentato ma poi ritirato in buonordine della minoranza Pd e resu-scitato dall’M5S, che mirava a re-stituire funzioni non irrisorie al Se-nato. Tre senatori della minoran-za votano in dissenso.

Ormai resta solo una mina. C’èunemendamentoCalderoli che af-fiderebbe al Senato poteri concre-ti sui temi etici. Deve essere vota-

to segretamente e capita primadella bombaCociancich. Pocoma-le, la segretezza riguarda solo unaparte dell’emendamento: bastabocciare la proposta di voto perparti separate e voilà, il gioco è fat-to. Infatti viene bocciato. Un sena-tore dem, Casson, vota in dissen-so. Renzi esulta: «Con 380milaemendamenti di tutto si puòparla-re tranne che dimancanza di dirit-ti dell’opposizione, ma le riformele faremo lo stesso». Un ddl costi-tuzionale partito dal governo, l’ag-giramento della discussione e delvoto in commissione, la conquistacerta di unamaggioranza ricorren-do ai buoni uffici di Verdini, il taxi-sta che traghetta frontalieri dal re-gno decaduto di re Silvio alle terredel nuovo re Renzi, il trucco concui sono stati ieri falciati emenda-menti e voti segreti: tutto ciò nongli sembra ledere i diritti di nessu-no. Nel merito, la riforma impostatoglierà al Senato ogni ragione diessere. Ma nel metodo il governoha già provveduto: non col Senatoma con l’intero Parlamento.

RIFORME · Un giochetto di un senatore dem fa saltare centinaia di emendamenti. Zanda: avanti, non vi meritate il dibattito

Scatta il supercanguro, bagarre in aula

RAI · Il premier intervistato dalla direttrice Bianca Berlinguer

Renzi firma la tregua con il Tg3:«Gli editti li fa Berlusconi»

Tre voti in dissensodalla minoranza PdLe opposizioni:«È un attaccoalla democrazia»

U n crescendo, dalle criticheai talk lanciate da MatteoRenzi nell’ultima direzio-

ne del Pd alla convocazione incommissionedi vigilanza del diret-tore di Raitre Andrea Vianello; dalpresidente della Campania Vin-cenzoDe Luca che definisce quel-lo della terza rete «camorrismogiornalistico» al segretario della vi-gilanzaRaiMichele Anzaldi che in-tima all’«arrogante» Vianello di«dare un chiaro e immediato se-gnale editoriale» e, sul Fatto di ie-ri, indica la strada di casa alla diret-trice del Tg3 Bianca Berlinguerperché «hadato tanto,ma così tan-to alla Rai che può anche basta-re». Segue la levata di scudi dellaminoranza dem, con l’ex capo-gruppo alla camera Roberto Spe-ranza che twitta «le affermazionidi questi giorni può farle Berlusco-ni. Non certo il Pd», e il senatoreMiguelGotor cheparla di «degene-razione intra-correntizia del Pd atrazione renziana» impegnandosia «tutelare in ogni sede l’autono-mia dei giornalisti». Mentre il pre-sidente della commissione di vigi-lanza Rai, il 5 Stelle Roberto Fico,tuona contro le «intimidazioni», i«comportamenti gravissimi», l’«in-gerenza inconcepibile».

Può bastare anche per Renzi.Per il presidente del consiglio è ar-rivato il momento di usare un po’di idrante. Forse anche perché at-tacchi così violenti finiscono per

rafforzare i direttori in questione,oltre a rievocare editti chenell’elet-torato Pd suonano sinistri.

Così il presidente del consigliodecide di andare a firmare se nonla pace, una tregua con BiancaBerlinguer. Seppur amodo suo. In-tervistatoper il tg dalla stessa diret-trice che, dopo le domande sull’oc-cupazione e sulla riformadel sena-to, lo incalza ripetutamente sull’af-faire Raitre. Su Anzaldi, «esponen-te Pd considerato a lei molto vici-no che ha dichiarato che chi non èd’accordo con il governo deve an-dare a casa». Macché, «non c’è al-cun editto bulgaro. L’editto bulga-ro l’ha fattoBerlusconi. Ilmio lavo-ro è governare e non fare liste diproscrizione». Berlinguer insiste:«Lo deve richiamare però, l’editto

bulgaro l’ha fatto lui questa volta,con nomi e cognomi». «Io non hofatto nessun editto bulgaro - insi-ste anche Renzi - sono qui con leia fare un’intervista. L’editto l’hafatto Berlusconi e io non richiamonessuno. Non c’è nessuna volontàdimandare a casa nessuno. Credoche la Rai, il sistema dell’informa-zione in generale, debbano essereliberi e indipendenti, e raggiunge-re risultati: il primo obiettivo è chei cittadini siano sempre più orgo-gliosi delle cose che vanno, criticisulle cose che non vanno. C’è unsignor direttore generale, farà luile scelte da fare. Da parte nostra,c’è pieno sostegno per l’indipen-denza», giura Renzi, che però mi-nimizza su Anzaldi: «Un’opinionesacrosanta finché la legge prevedeche esista una commissione di vi-gilanza». Ma per carità, «il gover-no si occupa non di cacciare qual-cuno dalla Rai ma di creare postidi lavoro per la gente, perché poialla mattina c’è chi si alza e guar-da i dati dell’Auditel, e chi si sve-glia e guarda i dati Istat sul lavoro.Ognuno faccia il suo mestiere, ilmio mestiere è governare, non fa-re liste di proscrizione».

Peccato che a aprire la polemi-ca sui dati Auditel (l’ormai famosoconfronto tra i talk show del mar-tedì eRambo, che li ha battuti) fos-se stato proprio Renzi.Ma eviden-temente solo per hobby. Almenofino alla prossima puntata. (mi. b.)

Micaela Bongi

I l Pd attacca a testa bassa Raitre arrivando al«licenziamento» a mezzo stampa dei direttoridi rete e testata da parte del segretario della

commissione di vigilanza Michele Anzaldi. Wal-ter Verini, deputato dem e giornalista, cresciutopoliticamente a fianco di Walter Veltroni e oranell’orbita renziana, non crede al ritorno di «edit-ti di berlusconiana memoria», come li ha definitiil comitato di redazione del Tg3. E dopo l’intervi-sta rilasciata ieri dal premier alla direttrice BiancaBerlinguer, si sente di dire: «Credo che almio ami-co Michele Anzaldi sia scappata la frizione».Verini, in pochi giorniil Pd è riuscito a farschierare Brunetta eSantanchè a difesadell’ex Telekabul. Unbel risultato...

Io credo che la terza retesia, da quando esiste,una delle reti che meglioha svolto il ruolo di servi-zio pubblico, cercandodi interpretare umori ecambiamenti del Paese.Ricordo le polemichesullo spazio dato al feno-meno insorgente della Lega quando Curzi dirige-va il Tg. Ma era un modo per sintonizzarsi concambiamenti che il servizio pubblico non puòignorare. Questa è stata e resta Raitre. Una reteche guarda senza appiattimento al potere, alle isti-tuzioni e al paese reale dando voce al Paese inte-ro, nona una sola parte.Non èné strabicanémio-pe ma vede molto bene tutto. E’ legittimo espri-mere riserve culturali, ma del tutto immotivata lacritica da pollaio della politica di giornata. Il tema«ruolo del servizio pubblico» richiede ben altro os-sigeno. In questi anni Raitre ha avuto il coraggiodi non inseguire a tutti i costi il totemdell’audien-ce, di sperimentare modelli intelligenti di prodot-to. Va rispettata nella sua identità, nella sua cifra.Invece il sempre auspicato «passo indietro» del-la politica non si vede.

Al di là dellamodalità con cui sono state fatte le ul-time nomine del cda, con la Gasparri, quindi dal-la politica, che è un limite, alla fine abbiamo duefigure, quella della presidente Maggioni e quelladel direttore generale Campo Dall’Orto, che per illoro profilo - lei aziendale, lui di prodotto - garan-tiscono un livello adeguato alle sfide del servizio

pubblico. Ma le polemiche, la politica che tiene ilfiato addosso a un servizio che dovrebbe esserecome la Banca d’Italia, estraneo alle pressioni, ri-schiano di indebolire innanzitutto loro due. Ri-schiano di non avere agibilità, la libertà assolutache dovrebbero avere. Considero assolutamentesbagliate le polemiche e il bilancino all’interno diuna singola trasmissione. Ma non credo che i 5Stelle abbiano titoli per criticare. Hanno avuto at-teggiamenti dispregiativi nei confronti del servi-zio pubblico, ora hanno cambiato strategia.Anche da parte di esponenti Pd, come il gover-natore campano Vincenzo De Luca sono volateparole davvero grosse. Ha definito quello di Rai-

tre «camorrismo gior-nalistico».

Considero incredibil-mente volgari e perico-lose quelle frasi. Chi ri-copre incarichi nelle isti-tuzioni non può nean-che per un momentodefinire in quel modo igiornalisti, si rischia diridimensionare il feno-meno camorra. Si inti-midisce l’informazionee - anche se l’effettonon era voluto - se si pa-

ragonano la camorra e la stampa saltano tutti i pa-rametri. E’ irresponsabile, mi aspetterei le scuse.Per ora De Luca ha detto che quelli del Pd chelo hanno rimproverato sono troppo sensibili...

Io sono tra quelli sensibili.Ma a dare il «la» è stato Renzi. Magari non saràstato un «editto», ma dire che dai talk racconta-no il paese «con la solita musichina in cui va tut-to male» suona piuttosto berlusconiano.

Non farei parallelismi. Si tratta di opinioni. Sonod’accordo con il presidente del consiglio quandofa riferimento ai «pollai» dove si senza possibilitàdi confronto. Molti talk hanno come caratteristi-ca l’iper populismo. Per il resto i talk devono rap-presentare la pluralità delle opinioni e tutto il pae-se. Quello che ce la sta facendo e quello che nonce la fa, che vive il disagio; i giovani con un con-tratto e l’Italia che ha fame. Con spirito critico.Quella di un premier - tra l’altro il governo èl’azionista Rai - è un’opinione «pesante», non co-me altre. Non dovrebbe astenersi da interventisulle scelte editoriali?

Mipare che Renzi con l’intervista a Bianca Berlin-guer abbia chiarito.

POLITICA

IERI AL SENATO DURANTE LAVOTAZIONE DELLA RIFORMARENZIANA/FOTO LA PRESSE

Intervista/ IL DEM VERINI: A ANZALDI È SCAPPATA LA FRIZIONE

«I talk devonomostrare tutto il PaeseÈ quello che fa Raitre, da sempre»

Page 5: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 il manifesto pagina 5

Eleonora Martini

C ittadino stai sereno. Non loha detto, il premier MatteoRenzi, ma è come se lo

avesse fatto. «Deve essere chiaroche sulla sanità questo Paese nonsta tagliando», haaffermatoperen-toriamente rispondendo ieri du-rante il question time alla Camerasulla spesa sanitaria e sulleprescri-zioni inappropriate. Peccato chesubitodoposi sia contraddetto an-nunciando l’ulteriore taglio di al-menoaltri 3miliardi sul Fondo sa-nitariodel 2016, adispetto del Pat-to sulla salute da poco siglato coni governatori. E aprendo così unnuovo fronte di scontro con le Re-gioni. Sergio Chiamparino, presi-dente della Conferenza Stato-Re-gioni, si riserva «di approfondire iltemacon i colleghi»machiede su-bito «un incontro con il governoper trovare un’intesa prima delladefinizione della Legge di Stabili-tà».Mentre il segretario nazionaleFp Cgil, Cecilia Taranto, parla di«disinvestimento annunciato daRenzi; lo stessodecreto sull’appro-priatezza marcia nella direzione

di scaricare sui cittadini il costo di208 prestazioni. Non siamo perniente tranquilli».

«La sanità è l’unico settore che,dal 2002 ad oggi, ha visto aumen-tare del 40% il suo stanziamento -ha spiegatoRenzi rispondendoal-le domande del deputato di Sel,Arturo Scotto - nel 2002 il fondosanitario era di 75 mld, nel 2014era 109 mld, quest’anno sono 110mld e l’anno prossimo arriverà a111miliardi».Una cifra, quest’ulti-ma, che è molto minore di quellapattuita nel 2014 e ribadita a lu-glio scorso. Solo una settimana fa,difendendo la lista di 208 esamimedici da tagliare della ministraLorenzin (che ieri ha incontrato ilcommissario governativo allaspending review), il coordinatoredegli assessori regionali alla Salu-te, Sergio Venturi, aveva detto che«l’accordo raggiunto prevede unaumento di 3,3 mld per 2016». Einfatti Chiamparino ricorda che«l’impegno assunto dal governoun anno fa con il Patto per la salu-te eradi destinare 2miliardi inpiùsul 2015 e 3 mld in più sul 2016,per un totale di 5 mld. Lo stanzia-

mentoper il 2015 è stato azzerato,sul 2016 mi pare di capire che laproposta sia di unmiliardo in più,chenonmi sembra sufficiente, an-che alla luce dei rinnovi contrat-tuali deimedici e del personale sa-nitario che sono ancora in corsodi trattativa». Ma per il premier ilproblema semmai sta nell’impie-go appropriato delle risorse: «Chesi debba investire nella Sanità èun dato oggettivo perché la genteinvecchia e come avrebbe detto ilbuon Woody Allen è sempre me-glio dell’alternativa», aggiungeRenzi con la solita verve smaglian-te. Anche se «secondo la Società

italiana di medicina su 64 milionidi visite specialistiche annue, il10% non è appropriato. Lo dico-no le società scientifiche, non lodico io». Ma in definitiva, conclu-de Renzi, «non ci sono tagli nellasanitàmadobbiamodareunmes-saggio di tranquillità e se c’è dacambiare qualcosa nel provvedi-mentoapprovatoqualche settima-na fa siamo pronti a farlo, ancheperché non dobbiamo dare l’im-pressione ai cittadini che si taglia-no le cure. Dunque disponibilitàtotale a ragionare, discutere e con-frontarsi». Poi, in serata, dopounagiornata di proteste, al Tg3 il pre-

mier sbotta: «Si dice ci sono i tagli:no. Sulla sanità dobbiamo esseremolto seri: non si possono faregiochini e polemiche».

Il governatore del Lazio, NicolaZingaretti, è l’unico che cinguetta:«Bene Renzi: innoviamo il siste-ma ma non per tagliare». Mentreil governatoredelVeneto, LucaZa-ia, che si era già rifiutato di siglareil Patto sulla salute 2015, attacca:«Conquesto giocodi numeri e da-te si sta prendendo in giro la gen-te». «Nel Def del governo c’è scrit-to 113 mld e nella legge di Stabili-tà dello scorso anno imiliardi era-no 115 - nota Arturo Scotto - Se lamatematica non è una opinionemancanoall’appello 4mld.Che si-gnificano meno prestazioni, au-mento dei ticket e maggiori tempidi attesa. Così si stanno spingen-do i cittadini verso il privato.L’Istat ci dice che oltre il 10% deicittadini non si cura più. Questa èla vera emergenza nazionale, nonquella di togliere la Tasi per tutti,anche a chi vive a piazza Navo-na». Protesta anche il coordinato-redegli assessori regionali al Bilan-cio, Garavaglia (Ln): «Il risultato è

che una serie di Regioni governa-te dal Pd inevitabilmente andran-no in disavanzo, nel qual caso èprevisto l’automatico innalzamen-to dell’addizionale Irpef e Irap».Mentre Massimo Cozza, segreta-rio nazionale Fp Cgil Medici, av-verte: «È sempre più evidente chedietro al giusto obiettivo dell’ap-propriatezza si nascondeun’inac-cettabile politica di tagli. Lamobi-litazioneunitaria di tutti i sindaca-ti medici insieme alla Federazio-ne degli ordini è già in atto. Aglistatimaggiori del 21 ottobre, aRo-ma, decideremoseè il casodi arri-vare anche allo sciopero».

L’ assemblea «Fuori dall’emer-genza, costruiamo insiemeuna via d’uscita dalla crisi

dell’università», organizzata dallaFlc-Cgil oggi e domani al diparti-mento di Architettura di Roma Tre aRoma (Largo Giovanni Battista Mar-zi 10) apre la stagione politicadell’università. Quella che dovrebbeportare all’approvazione, via decre-to, dellamolto vociferata -ma almo-mento priva di contenuti - «BuonaUniversità» annunciata da Renzi: la«riforma» che estenderà il «Jobs Act»anche ai precari della ricerca e porte-rà un attacco alle garanzie costituzio-nali della docenza universitariaescludendola dalla pubblica ammi-nistrazione. Progetti roboanti ma dicui, ancora, non c’è traccia. Il gover-no ha infatti spento i riflettori dopola mobilitazione contro la riformadella scuola e dopo una serie di usci-te non proprio smaglianti. Memora-bile è stata la «giornata d’ascolto» or-ganizzata dal Pd a febbraio, quandoFrancesca Puglisi - la responsabilescuola-università del partito - pre-sentò agli invitati una bozza di di-scussione sulla riforma che in realtàera stata decisa unmese emezzopri-ma. Seguirono infuocate polemiche.Oggi il profilo è basso: nella legge distabilità ci sarebbero 100 milioni dieuro per la «chiamata diretta» pernuovi docenti, praticamente una co-optazione libera a dispetto dei con-

corsi; ci potrebbe essere un «re-styling» dei contratti precari (dotto-rato, assegnisti, borsisti e altri) in uncontratto unico - «a tutele crescenti»del Jobs Act; forse una manutenzio-ne della riforma dei criteri Isee cheimpediscono agli studenti aventi di-ritto di accedere alle borse di studio.Emergenze a cui il governo potreb-be rimediare con qualche toppa,usando la logica di chi guarda il ditoe non la luna. La crisi del sistemauniversitario è prodotta dalle inco-gruenze del sistema della valutazio-ne Anvur chemette in competizionediretta gli atenei del Sud con quellidel Nord. La distribuzione delle pre-mialità e dei «punti organico» previ-sti dalla «riforma» Gelmini ha priva-to gli atenei del Centro-Sud di quasi700 ricercatori dirottati verso quellidel Nord-Italia. Una trasformazionegenetica dell’università che sarà am-plificata dalla nuova «Valutazionedella Qualità della ricerca» (Vqr) ainastri di partenza. Nel programma-to dissolvimentodell’università pub-blica, qualcosa si muove ma sembraavere un profilo corporativo. Il bloc-co degli stipendi dal 2010 ha prodot-to una protesta tra i docenti che èpartita da Torino e si è estesa altro-ve. Si parla di un boicottaggio della«Vqr» se non ci sarà l’adeguamentosalariale.Nell’università ostaggio del-lameritocrazia, e dissanguata dai ta-gli, serpeggia il malcontento. ro. ci.

I l reddito di cittadinanza«credo che non sia quello dicui abbiamobisogno. La no-

stra costituzione parla di dirittoal lavoro. Il nostro dovere in-nanzitutto è creare lavoro».Con queste parole ieri il presi-dente del consiglioMatteo Ren-zi ha bocciato l’idea di un asse-gno di sostegno a chi non lavo-ra, cavallo di battaglia di M5S eSel ma che ha fatto breccia an-che nel centrodestra, ad esem-pio in parti di Forza Italia.Dall’altro lato, però, il premierha annunciato «misure controla povertà infantile» nella leggedi Stabilità.

La giornata politica, sul pia-no del mainstream, è stata ca-ratterizzata da un forte battagepropagandistico sul Jobs Act, so-stenuto dai dati positivi su ago-sto diffusi dall’Istat.

Ecco i dati, tutti con il segno"più", anche se la maggior par-te dei contratti resta comunquea termine: dopo la crescita digiugno (+0,1%) e di luglio(+0,3%), ad agosto la stima de-gli occupati cresce ancora dello0,3% (+69 mila), ha comunica-to l’Istat. Questa crescita, secon-do l’istituto di statistica, è deter-minata dall'aumentodei lavora-tori alle dipendenze (+70 mila),in prevalenza a termine (+45mila). Il tasso di occupazioneaumenta dello 0,2%, arrivandoal 56,5%. Su base annua l’occu-pazione cresce dell'1,5% (+325mila persone occupate) e il tas-so di occupazione dello 0,9%.

Positivi anche i dati sulla di-soccupazione: la stima dei di-soccupati ad agosto diminuiscedello 0,4% (-11mila). Il tasso ca-la dello 0,1%, proseguendo il ca-lo del mese precedente (-0,5%)e arrivando all’11,9%. Nei dodi-cimesi la disoccupazione dimi-nuisce del 5,0% (-162 mila per-sone in cerca di lavoro) e il tas-

so di disoccupazione di 0,7 pun-ti. Dopo il calo di giugno (-0,4%)e la crescita di luglio (+0,6%), lastima degli inattivi tra i 15 e i 64anni diminuisce nell’ultimome-se dello 0,6% (-86 mila personeinattive), tornando al livello digiugno.

Il premier prende subito lapalla al balzo, e ovviamente twit-ta dopo pochiminuti dalla diffu-sione dei dati: «Istat. In un annopiù 325mila posti di lavoro. Effet-to Jobs act. #italiariparte #lavol-tabuona», scrive Renzi.

La seconda puntata si spostasu Facebook: «I dati Istat certifi-cano che il JobsAct funziona -spiega il premier in un post - Inun anno abbiamo recuperato325 mila posti di lavoro, agostosu agosto. La disoccupazioneche era quasi al 14% all'iniziodell’azione del Governo, adessoè sotto il 12%». «Le riforme dan-no frutti, l’Italia riparte. Avantitutta, adesso - incoraggia Renzi

- C’è ancoramolto da fare e pos-siamo farlo insieme, con la fidu-cia di chi sa che apparteniamo aun grande Paese, forte e orgo-glioso. Viva l’Italia».

E non basta, perché ilmessag-gio viene ribadito una terza vol-ta, in tv. Renzi viene infatti inter-vistato dal Tg3 dopo una giorna-ta di polemiche sulla nuova «Te-lekabul» e gli attacchi del Pd (inparticolare di Michele Anzaldi)a Rai 3 e alla sua testata.

«Ci hanno raccontato che ilJobs Act avrebbe tolto diritti - haspiegato Renzi al tg diretto daBianca Berlinguer - Se pensia-mo che nel giro di un anno gra-zie al Jobs Act ci sono 325 milapersone che hanno avutounpo-sto di lavoro, direi che dobbia-mo essere soddisfatti e rimetter-ci al lavoro». «Da quando è statoapprovato il Jobs Act - ha aggiun-to il premier - abbiamoun +36%di contratti stabili. Crescono an-che i mutui. L’Italia piano pianosi sta rimettendo in moto».

Dall’opposizione arriva il twe-et polemico di Matteo Salvini(Lega): «Disoccupazione 11.9%,Renzi esulta.. 4 milioni di disoc-cupati, molti rassegnati, 40.000negozi chiusi nel 2015.. Flat tax15%, e si riparte!». All’attacco an-che Renato Brunetta (Fi): «Bastafrottole! - twitta - Posti aumenta-no solo se c’è crescita del Pil, enon con costose partite di giro(odi raggiro) come il Jobs Act».

I Cinquestelle polemizzanocontro la scelta di varare misureanti povertà anziché un redditodi cittadinanza, perché quest’ul-timo è «lavoro con dignità».

Cgil e Uil mettono in guardiadal diffondere ottimismo: «I datisono legati agli incentivi», spie-gano. E Cesare Damiano (Pd),presidente della CommissioneLavoro della Camera, chiede in-fatti di «renderli strutturali perevitare una bolla». an. sci.

GOVERNO · Renzi festeggia il Jobs Act e boccia l’assegno di cittadinanza

«No al reddito sociale»

Protestano medicie governatori.Chiamparino:«Subito incontrocol governo»

SANITÀ · Almeno tre miliardi in meno di quanto pattuito all’inizio dell’estate con le Regioni

Renzi taglia il fondo 2016CITTADINANZATTIVA

Italia sottomediaOcse per farmacie prevenzione

POLITICA

E. Ma.

«N egli ultimi anni, il settoresanitario ha subito fortipressioni di contenimen-

to della spesa nel contesto dellema-novre di bilancio.Mentre l’Italia for-nisce un’assistenza sanitaria di qua-lità e a un costo relativamente basso– con $ 3027 per abitante a parità dipotere d’acquisto, l’Italia spendemolto meno di Paesi limitrofi comeAustria, Francia oGermania – la len-ta crescita della spesa prima dellacrisi e il taglio della spesa durante lacrisi (-0.4% sia nel 2010 che nel2011), hanno messo a dura prova lerisorse. L’Italia deve assicurare checontinui sforzi per contenere la spe-sa sanitaria non intacchino la quali-tà dell’assistenza come principiofondamentale di governance». A dir-lo non sono i medici in mobilitazio-ne permanente per i tagli continuial Ssn o i governatori delle regioniitaliane, ma l’Ocse nell’ultimo rap-porto presentato all’inizio dell’an-no.Mentre il report 2013 dell’Osser-vatorio civico sul federalismo in sa-nità (l’ultimo prodotto)mette in evi-denza che in Italia «a fronte diun’ampia aspettativa di vita, il livel-lo di spesa sanitaria pro capite sia aldi sotto della media Ocse». E l’Istatrivela che oltre il 10%dei cittadini ri-nuncia sempre più alle cure.

Così, quando il premier Renzi di-ce che «la sanità è l’unico settorechedal 2002 ad oggi ha visto aumen-tare del 40% il suo stanziamento», fafinta di non sapere che i costi delSsn, perfino a parità di servizi eroga-ti, lievitano ogni anno del 3-4%. Alpunto che il sistema nazionale po-trebbe, già dall’anno prossimo, tro-varsi in deficit nella copertura deifarmaci di ultima generazione chestanno per arrivare sul mercato ita-liano a costi elevati. Si veda peresempio il caso, sia pur molto parti-colare, del farmaco a base di sofo-sbuvir per la terapia che finalmenteè in grado di curare l’epatite C, echeda noi ha prezzi stratosferici (an-che per i diritti di brand riconosciu-ti, a differenza di Paesi come l’India,all’azienda produttrice americana).

Succede dunque che gli italiani,giàdaanni, semprepiù spesso rinun-ciano a curarsi: «A fronte di una spe-sa sanitariamediaOcsedi 3.322 euroe di livelli di spesa di Francia e Ger-mania pari a 4.118 euro e 4.495 euro,l’Italia si attesta a 3.072 euro», si leg-ge nel rapporto sul federalismo sani-tario. «È particolarmente interessan-te notare come nel periodo2009-2011 la contrazione della spesasanitaria si sia concentrata maggior-mente su alcune specifiche aree diassistenza. - continua il report di Cit-tadinanzattiva - Il tassomediodi cre-scita annuale della spesa per preven-zione e salute pubblica nel 2010 è-1,5% e nel 2011 è pari a -1,7%. An-che per quanto riguarda l’assistenzafarmaceutica nel 2010-2011 assistia-mo a una contrazione del tasso me-dio annuo di crescita pari a -1,7%.Negli stessi anni il fenomeno èmenomarcato per quanto riguarda la spe-sa per l’amministrazione. Possiamoquindi affermare che prevenzione efarmaceuticahanno subito la contra-zione maggiore».

E ancora: «L’Italia nel periodo2009-2011 vede la propria spesa far-maceutica pro capite caratterizzatada una contrazione media annuadel -4,1%. A dimostrazione di quan-to appena richiamato, in Italia in so-li pochi anni si passa da un tetto dispesa complessivo per l’assistenzafarmaceutica pubblica del 16,4% re-lativo al 2008, al 14,85% del 2013. Lacontrazione del tetto di spesa si ac-compagna a un costante sforamen-to dello stesso, e ciò dovrebbe solle-citare le Istituzioni a una seria rifles-sione sullo strumento».

UNIVERSITÀ · Da oggi a Roma assemblea Flc-Cgil

Cercasi via di fuga dallanuova riforma del Pd

Dati positividall’Istat: ma dueterzi dei 69 milanuovi contrattisono a termine

Page 6: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

pagina 6 il manifesto GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015

Geraldina Colotti

D ietro le spalle, le onde. Da-vanti, gli scudi e i manga-nelli. I No Border di Venti-

miglia hanno trascorso così, sugliscogli dei Balzi Rossi, quasi l'interagiornata di ieri. All'alba, polizia ecarabinieri in tenuta antisommos-sa hanno sgombrato il presidio au-togestito alla frontiera di Ponte SanLudovico. Migranti e attivisti sonoquindi ritornati sugli scogli dove,l'11 giugno, spinti da una caricadella polizia avevano deciso di resi-stere e di non tornare indietro.Mol-ti di loro, anche se non sanno nuo-tare si sono tolti le scarpe, pronti abuttarsi in acqua in caso di unanuova carica.

We are not going back, non tor-niamo indietro. Una consegna riba-dita durante le assemblee autoge-stite che hanno organizzato la vitadel presidio, lasciando in tutti unsegno di forza e condivisione. Ungruppo di 200 migranti in transitoha così trascorso l'estate nella pic-cola pineta dei Balzi Rossi, accam-pandosi tra il parcheggio e il pontedella ferrovia. Un locale dismessodella Pro-loco è servito da laborato-rio medico e magazzino per le do-nazioni, che sono aumentate digiorno in giorno. L'associazione Po-

poli in arte ha messo a disposizio-ne il proprio conto, su cui è arriva-to anche il contributo del vescovoAntonio Suetta, che ha donato2.000 euro.

Ieri le ruspe hanno distrutto tut-to: i disegni deimigranti nel labora-torio di arteterapia, l'impianto delmediacenter alimentato a energiasolare, le docce, le provviste... «Sia-mo rimasti per ore senza cibo néacqua – denuncia al manifesto Cri-stina, unadelle attiviste – hanno di-strutto o sequestrato il frutto di tremesi di solidarietà. Avevamo ilma-gazzino pieno: abiti in eccesso chegli shebab volevano portare a Ca-lais: tre camion di donazioni prove-nienti da quell'Europa della condi-visione che sta indicando un altrocammino. Noi abbiamo dimostra-to che si può fare bene e con poco.Il presidio autoorganizzato ha fun-zionato. Lo stato non ha sborsatoun centesimo. Per questo ci hannosgombrato, per evitare il contagiodel “cattivo esempio”».

L’altroieri, al Consiglio regionalel'opposizione della Rete a Sinistra,di Gianni Pastorino, e quella delMovimento 5 Stelle aveva fatto slit-tare una mozione di sgombero ap-poggiata dalle destre e anche dalPd. Ma il “partito dello sgombero”aveva già ottenuto un'ordinanzadal sindaco Enrico Ioculano, firma-ta il 23 settembre. Ieri, due attivisti

fermati fuori dal presidio sono statiarrestati e denunciati e poi rilascia-ti. Uno ha affermato di essere statopicchiato.

In mattinata, il vescovo Suettaha oltrepassato i cordoni di poliziae si è recato sugli scogli. La suame-

diazione, già nei giorni scorsi ave-va suscitato un coro di proteste daparte di commercianti e destre,che hannoorganizzato unamanife-stazione per il 4 davanti al Piazzaledella stazione, a Ventimiglia.Nei lo-cali delle ferrovie, da questa estate

è ospitato un altro gruppo di mi-granti, assistito dalla Croce rossa edalle associazioni umanitarie. E lì,dopo la mediazione del vescovo el'arrivo dell'avvocata AlessandraBallerini, sono stati portati i mi-granti: con mezzi privati e non congli autobus della polizia, pronti aimbarcarli. Hanno accettato di la-sciare gli scogli solo a patto di nonessere identificati e poter così con-tinuare il viaggio. I No Border sonostati portati in caserma per essereidentificati e denunciati:maper oc-cupazione di suolo pubblico e nonper altro; e senza foglio di via, co-me invece è avvenutoper una deci-na di attivisti in questi mesi.

Per un altro gruppetto dimigran-ti che ha lasciato il presidio primadell'arrivo della polizia - eritrei, af-ghani, sudanesi -, è andata peggio.

Sono stati fermati a Genova e por-tati all'aeroporto, ma l'avvocataBallerini non era ancora riuscita asapere dove. Per questo, si contaanche sull'interrogazione parla-mentare di Stefano Quaranta, diSel, che ha sostenuto il presidio a li-vello istituzionale.

Ad attendere l'arrivo deimigran-ti alla stazione, c'erano i gruppi disolidarietà, accorsi subito in giorna-ta,ma ai quali la polizia ha impedi-to di raggiungere San Ludovico.Manifestazioni anche in altre partid'Italia – daRoma, aMilano, daGe-nova a Bologna e a Firenze -: pergridare: «Ventimiglia in ogni città».«Noi non ce ne andremo – dice an-cora Cristina – ci costituiremo incomitato, questo è solo l'inizio».Ha esultato invece il ministro degliEsteri Alfano.

Ieri sera, i NoBorder hanno part-gecipato a un incontro pubblicosui rifugiati e il senso dell’acco-glienza, organizzato dal vescovo.Ma il sindaco Ioculano ha declina-to l'invito.

Francesca GabbrielliniPISA

L a città che si candida a capitale della cul-tura - e nel mentre non offre un solo im-mobile per l’accoglienza dei richiedenti

asilo - ha sventrato con la forza delle ruspe ilcampo romdi via Bigattiera, a San Piero aGra-do, paesino della cintura comunale in direzio-ne delmare.Nell’ordinanza di sgombero il sin-daco piddino Marco Filippeschi si è fatto fortedi una relazione dell’Asl locale che ha fotogra-fato le cattive condizioni igienico-sanitarie delcampo. Ma a provocarle è stata la stessa am-ministrazione comunale, che nel 2012 staccògli allacci di luce e acqua, elementi primariper la sopravvivenza dignitosadi donne, uomi-ni e bambini con il permesso di soggiorno inregola, e non di rado residenti da anni a Pisa.

Nonostante periodiche mozioni approvatedal consiglio comunale impegnassero la giun-ta Filippeschi a riattivare gli allacci di luce e ac-qua, PalazzoGambacorti ha sempre chiuso oc-chi e orecchie, lasciando che la decisione de-gli eletti del popolo restasse lettera morta. Per"la Bigattiera" è iniziata così una lunga ago-nia. Negli ultimi mesi alcune famiglie più for-tunate, quelle che sono riuscite a trovare unasistemazione diversa, hanno lasciato il cam-po. Ma per un gruppo di nuclei familiari, 65persone in tutto, non c’era alternativa al cam-po di San Piero a Grado, cinto d’assedio alleprime luci da cinque blindati delle forzedell’ordine.

Ad attenderli, con le famiglie rom, c’eranogli attivisti delle reti antirazziste, diversi consi-glieri comunali dell’opposizione di sinistra(Una città in Comune, Prc e Sel) e le realtà so-ciali e politiche che in questi anni si sono spe-se per sollecitare la ricerca di soluzioni socioa-bitative, senza le quali lo sgombero coatto vio-la le più elementari convenzioni internaziona-li Onu in materia di salvaguardia dei diritti

umani.Anche lemaestre dei bambini che vivono al-

la Bigattiera si sono presentate al campo, perdenunciare la precarietà del percorso educati-vo che questi bambini vivono a causa dellamancanza dello scuolabus - che fino al 2012c’era - e di una adeguata attenzione da partedei servizi sociali competenti, condizione chenon potrà che essere aggravata se perderannoanche la stabilità abitativa.

Le associazioni Africa Insieme e Rebeldìahanno cercato di trattare con le forze dell’ordi-ne, dopo la comunicazione di un ricorso pre-sentato alla Corte europea per i diritti dell’uo-mo contro l’ordinanza del sindaco. Tutto inu-tile: all’ora di pranzo le ruspe si sono messe inmoto, riducendo in macerie tutte le abitazio-ni. Mentre la maggioranza (Pd, Lista Pisa ePsi-Riformisti) che governa la città incassava ilsostegno di Forza Italia, della Lega Nord e del-le altre forze della destra pisana.

Di segno opposto ilgridod’allarme lancia-to dalle europarla-mentari della Sinistraeuropea Eleonora Fo-renza e Barbara Spi-nelli: «Quanto sta ac-cadendo alla Bigattie-ra è l’esito ultimo diunapolitica del comu-nedi Pisa volta a ridur-re le presenze romnelterritorio, come di-chiarato esplicitamen-te dall’amministrazio-ne nel dicembre scor-so. Più volte la giuntamunicipale ha parla-to di un "carico ecces-sivo": evidentementeun intero gruppo etni-co, in quanto tale, rap-

presenta agli occhi del comune "un proble-ma". Ma queste politiche sono in evidentecontrasto con tutte le normative dell’Unione.Già nel 2011, infatti, la Commissione - con lapropria Comunicazione n.173, recepita anchedal governo italiano - aveva richiamato gli Sta-ti membri a promuovere politiche di inclusio-ne nei confronti delle popolazioni rom e sinte,superando la pratica illegale degli sgomberiforzati».

Un’interrogazione al Viminale sulla Bigattie-ra è stata presentata dal coordinatore naziona-le di Sel, Nicola Fratoianni: «Si è trattato di unatto violento: si imputano agli occupanti delcampo mancanze che in realtà dipendonodall’inattività dell’amministrazione; violentoperché la metà degli abitanti del campo sonobambini, cui non viene prospettata alcuna al-ternativa. Creare e alimentare le emergenze,quindi, per non risolverle mai se non con laforza. Filippeschi si scopre leghista».

PISA · Tensioni all’alba alla Bigattiera. Protestano le maestre: dove porterete i bambini?

Filippeschi demolisce il campo rom

Luca Fazio

«I n questo momento, incui vediamo tanti piccoliche tentano i viaggi della

speranza, il papa vi chiededi pre-gareper loro laMadonnadi Lour-des», così ieri Francesco si è rivol-to ai bambini in pellegrinaggiodi pace. Proprio in quel momen-to, davanti all’isola greca di Le-sbo, un bambino di due anni èmorto annegato insieme ad unadonna di trentacinque anni, for-se sua madre. Viaggiava su ungommone, partito dalla Turchiae diretto in Europa, che si è ribal-tato per il forte vento, raffiche aforza sei. I superstiti sono statisalvati dalla guardia costiera gre-ca, 47 persone in tutto. All’appel-lo però nemancavano altre undi-ci.

Stando così le cose, l’aggiorna-mento è presto fatto: secondol’Organizzazione internazionaledelle migrazioni (Oim) dall’ini-zio del 2015 fino al 29 settembrenelmarmediterraneo sonomor-te 2.892 persone, da ieri sono2.905. Poco dopo quest’ultimonaufragio un’altra barca in diffi-coltà è stata agganciata nello stes-so spicchio di mare e per fortunatutte e quaranta le persone a bor-do sono state tratte in salvo dauna motovedetta della guardiacostiera. In questi giorni c’è ungrande traffico anche al largodel-le coste turche. Ieri novantasette

persone sono state salvate al lar-go della costa della provincianord-occidentale di Canakkale.Tutti siriani tranne un congole-se. Erano saliti a bordo di un’im-barcazione che al massimoavrebbe potuto contenere ventipersone. Sono salvi per caso. Se-condo l’ufficio del governatoredi Izmir solo negli ultimi diecigiorni le navi della Marina han-no soccorso 3.500 rifugiati in 134operazioni di salvataggio. Traquelli che ieri non ce l’hanno fat-ta a raggiungere l’Europa biso-gna segnalare anche gli otto tuni-sini bloccati al largo di Kelibia(suddi Tunisi) su un’imbarcazio-ne con due motori fuori uso.Sempre ieri ilministro degli Inter-ni tunisino ha annunciato diaver «sventato» un altro tentati-vo di traversata conquaranta per-sone abordo (due gli scafisti arre-stati).

Il bollettino delle migrazioni,come ogni giorno, ci riguarda davicino. Oggi nel porto di ReggioCalabria attracca la nave Bour-bonArgos cona bordo 351perso-ne (263 uomini, 85 donne di cuiuna incinta). Numeri cui biso-gna aggiungere lo sbarco avvenu-to l’altro ieri ad Augusta, nel sira-cusano (667 migranti, tra cui duefermati con l’accusa di aver orga-nizzato il viaggio). Ce n’è abba-stanzaper aggiornare anche il da-to fornito ieri dal ministro degliInterni Angelino Alfano secondocui dall’inizio dell’anno ad oggisono sbarcati in Italia 130.577mi-granti, 8 mila in meno dell’annoscorso (ad oggi però sono già di-ventati 131.595). È uno flusso co-stante anche se l’anno scorso glisbarchi sono stati di più. Il punto

adesso sarà gestire almeglio l’ac-coglienza nel pieno rispetto deidiritti umani. Il ministro Alfano,sentito dalla commissione Shen-gen, ieri ha fatto il punto sull’ac-coglienza. L’obiettivo sarebbe or-ganizzarla in piccole realtà inogni comune italiano, ma finoad ora solo 500 comuni italianisu 8.100hannodato la loro dispo-nibilità ad ospitare profughi.L’idea sarebbe quella di riusciread alloggiarne almeno 40 milaentro la fine del 2016. Ma c’èun’altra scadenza molto più pre-occupante destinata probabil-mente a mostrare il vero voltodell’Europa: entro fine novem-bre, ha annunciato il ministro,apriranno i cosiddetti hotspots.Sono nuove strutture concentra-zionarie destinate a contenere -non si sa per quanto tempo econ quali regole - molti migranticheprimaopoi verranno rispedi-ti a forza nei paesi di provenien-za in base all’insensato criterioche distingue i migranti «econo-mici» da coloro che fuggono dapaesi in guerra. La Marina italia-na comunica che, in base al codi-ce della navigazione, il coman-dante ha regolarmente certifica-to la nascita della bambina loscorso 4 maggio a bordo del pat-tugliatore Bettica. La piccolaFrancesca Marina è dei nostri.

MILANO · La solidarietà degli studenti ai migranti

ARRESTIAMO UMANI

La giacca gli sta da dio, forse un po’ lunga. Si mette in posa. È un profugo eri-treo. Foto ricordo con studentessa milanese. Sorridono. Lungo i bastioni di Por-ta Venezia centinaia di maglioni, giacche, magliette e camicie, è un mercatolibero per aiutare le persone che stanno cercando fortuna in Europa. Milano ven-de moda non c’entra, questa è solo la prima volta che gli studenti milanesiquest’anno mettono il naso e la testa fuori da scuola. Può una manifestazionedi pochi ragazzi del coordinamento dei collettivi diventare uno dei più grandi (esensati) debutti di stagione degli ultimi anni? Sì, se l’idea è fare un po’ di tea-tro davanti alla sede della Ue con un muro di cartone, filo spinato e con alcuneidee in testa («Respingiamo le ignoranze e il razzismo, apriamo le menti e lefrontiere»), e l’obiettivo è chiudere in bellezza con un gesto di amicizia verso iprofughi africani che si aggirano spaesati in Porta Venezia. C’erano più sacchidi vestiti che studenti, è vero. Poco importa. La strada per ripartire è quella giu-sta, porta dappertutto. A Ventimiglia, nel Mediterraneo, in Europa, dentro lascuola. Una lezione di storia, di politica e di geografia. Anche di vita. (l.fa.)

LO SGOMBERO DEL PRESIDIO DEI MIGRANTI DA VENTIMIGLIA/FOTO LA PRESSE SOTTO, RUSPE AL CAMPO DELLA BIGATTIERA

Fino alle 17 di ieri,novanta personesono rimastesugli scoglidei Balzi Rossi

VENTIMIGLIA · Dopo la mediazione del vescovo Suetta, i migranti trasferiti nei locali della stazione

Sgombrato il presidio No Border

SBARCHI · Disperse nel mare altre 11 persone

Madre e figlio di 2 anniannegati davanti a Lesbo

All’alba, le ruspehanno distruttoil campeggioautogestitodall’11 giugno

Registrata comeitaliana la piccolaFrancesca Marina,nata a bordodi un pattugliatore

Page 7: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 il manifesto pagina 7

Andrea Fabozzi

L’ abbraccio del popolo Pie-tro Ingrao lo ha avuto a Le-nola, quandonel pomerig-

gio di ieri i suoi concittadini si so-no accalcati attorno al feretro. Eradavvero l’ultimo saluto, dopo duegiorni di camera ardente e il fune-rale di stato in piazza Montecito-rio. Ingrao è stato sepolto nel ci-mitero del paese ciociaro nel qua-le era nato cento anni fa, dopol’omaggio di quella piazza Ca-vour che lo aveva visto tenere perla prima volta un comizio duran-te la campagna elettorale del1948.HannoparlatoNichi Vendo-la, il sindaco, il vicepresidente del-la regione Smeriglio, un caro ami-co di Ingrao. Le stesse bandiererosse e i pugni chiusi del mattino,a Roma, con il calore dell’affettoper il vecchio compagno che rie-sce a farsi sentire di più.

Al funerale di stato prevale ine-vitabilmente il ricordo dell’uomo

delle istituzioni. La sfilata delle au-torità, i carabinieri che tengonoun po’ distante una folla che nonè strabordante, almeno per chi ri-corda i funerali nella stessa piaz-za di Giancarlo Pajetta e poi NildeIotti. Per quanto Ingrao sia statoamatissimo dal popolo comuni-sta, venticinque o sedici anni nonsonopassati senza scavare un sol-co a sinistra. È stato così, quelloin piazzaMontecitorio, soprattut-to un funerale di discorsi, moltobelli,movimentato dall’inconteni-bile amore della vasta famigliadel vecchio Pietro. «Nonostantela fama minoritaria che ci circon-da - ha detto Celeste, la figliamag-giore - noi Ingrao abbiamo dallanostra la forza dei numeri». Die-tro di lei mezzo palco è occupato

da figli, nipoti, pronipoti, parentie amici stretti.

Nell’altra metà del palco ci so-no le autorità, tutte. Presidentedella Repubblica, della Corte co-stituzionale, presidente del Sena-to e presidente del Consiglio, ap-pena arrivato da New York: i duesono sistemati accanto e hannomolto da dirsi sul percorso in au-la della riforma costituzionale,che seppellito Ingrao raggiungerànuove bassezze.

Molto governo, tanto gruppodi-rigente Pd tra il palco e la prima fi-la della piazza. Napolitano ospited’onore con la signora Clio divide

i potenti di oggi dagli ex presiden-ti della camera, Violante, Casini eBertinotti, piazzato un po’ sulmargine dal cerimonialema l’uni-co a cantare apertamente «Bellaciao» (rivisti al video anche Gras-so e la ministra Boschi muovonole labbra).

La presidente della cameraBol-drini fa il primo discorso, AlfredoReichlin probabilmente quellopiù applaudito assieme a quellocommovente della nipote Gem-ma: «Ciao dolce nonnino, ci haiinsegnato primadi tutto a coltiva-re i nostri sogni». Renata, la figliaminore di Pietro, ricorda «le gare

di nuoto, le partite a carte a Leno-la. Ci hai trasmesso l’amore per lavita e l’aspirazione alla libertà».

ParlaMaria Luisa Boccia, filoso-fa politicama anchenipote di Pie-tro: «Ingrao è stato un comunista.Non consegneremo la sua figuraalla celebrazione, terremo vivo ilsuopensiero coniugandolo al pre-sente». Nella piazza vecchie ban-diere del Pci, simboli di Rifonda-zione e del Partito dei comunistiitaliani, bandiere della Palestina edi Syriza, bandiere della pace.

Il discorso di Luigi Ciotti è so-prattutto una testimonianzadell’ultimo impegnopoliticodi In-

grao, fuori dal gorgo di un partitoche non c’era più. «Ci siamo in-contrati il 3 aprile 1999 sul palcodella manifestazione contro ibombardamenti Nato su Belgra-do». Ingrao aveva 84 anni e tantecose ancora da dire.

Ettore Scola invece lo ricordanel dopoguerra negli anni dellaprima passione per il cinema«con Pietrangeli, Puccini, De San-tis , Lizzani». Poi all’inizio degli an-ni Settanta quando il regista gira-va Trevico-Torino, «il film che miè più caro perché mi ha regalatol’amicizia di Pietro». Poi ancora aun comizio ad Avellino per le eu-ropee del ’79 «la folla lo ascoltavae piangeva».

Piangevano anche ieri, mentreCeleste Ingrao spiegava perché suopadre era tanto amato: «Ognunoha il suoPietro da ricordare e pian-gere». E con Scola lì sul palco vieneinmente la domandadelmuratoreromano di «Dramma della Gelo-sia» che entra nella piazza SanGio-vanni per assistere a un grande co-mizio, sul palco c’è proprio PietroIngrao.

IlmuratoreèMastroianni, si avvi-cina al segretario della sezione echiede: «Una sofferenza d’amorepuò essere in qualchemodo legataalla lotta di classe?».

Si affaccia sulla scena una nuovaumanità. E io credo sia questa la ra-gione per cui la morte di Pietro In-

grao (un uomo che taceva da quasi 20 anni)ha così colpito l’opinione pubblica.

Perché era di sinistra? Di questa antica pa-rola si sono persi molti significati. E tuttoranonquello fondamentale: la lotta per l’eman-cipazione del lavoro, il cammino di liberazio-ne dell’uomodalle paure e dai dogmi; la liber-tà dal bisogno e al tempo stesso la assunzio-ne di responsabilità verso gli altri.

Forsemi sbaglioma sento rinascere il biso-gnodi uomini che pensano e guardano lonta-no, che dicono la verità, che non sono deirompiscatole, che certamente si rendonoconto che il vecchio non può più ma vedonoanche lucidamente che il nuovonon c’è anco-ra. E che perciò si interrogano su come riem-pire questo vuotomolto pericoloso, il lacerar-si del tessuto che tiene insieme popoli e Stati.

Pietro Ingrao non ci ha dato ovviamente larisposta a questi quesiti ma ci ha detto unacosa fondamentale: che la politica non si puòridurre amercato o a lotte di potere tra le per-sone. Che ad essa bisogna dare una nuova di-mensione, anche etica e culturale.

Questa è la lezione di Pietro Ingrao. Una le-zione che resta, e anzi appare più che mai ne-cessaria. E’ la riscoperta della politica non co-me mito e orizzonte irraggiungibile ma comeconsapevolezzadella propria vita. Lapiù gran-de passione laica: la costruzione di una nuovasoggettività, e quindi di uno sguardo più pro-fondoattraverso il quale leggere le cose, la real-tà. E quindi agire. Per assumere il compito che

la vicenda storica realeponedavanti anoi. Tut-ti parlano di Ingrao come l’uomo del dubbio.Lo farò anch’io. Ma prima di tutto Pietro, perme, è stato questo: la fusione trapolitica e vita,la politica come storia in atto. Noi volevamo laluna? In effetti di parole troppogrosse come ri-voluzionenon si parlavamai. Si parlavamoltoperò, e con enorme passione, della lotta percambiare il tessuto profondo, anche culturaleemorale, del paese. L’idea di un avvento delleclassi lavoratrici al potereper unapropria stra-da. L’essenziale era partire dagli ultimi, comerenderli protagonisti e come dar vita a nuovestrutture sindacali, politiche, culturali, coope-rative. Come non lasciare gli uomini soli difronte alla potenza del denaro.

Questa fu la nostra grande passione. Im-mergersi nell’Italia vera, aderire a «tutte le pie-ghe della società». E questa passione io nonl’ho vista in nessuno così assillante come Pie-tro Ingrao. Fu Pietro Ingrao, una mente libe-ra, cocciuta e assetata di conoscenza. È tuttoqui il famoso uomo del dubbio. Non era unoscettico: voleva capire. Non era un ingenuo,sapeva lottare e colpire (dirigeva dopotutto

un grande giornale popolare che era un’armaformidabile) ma sapeva che per vincere biso-gna prima di tutto capire quel tanto di veritàche c’è sempre, in fondo, e in qualche misu-ra, nel tuo avversario. Insomma, l’egemonia.Ingrao l’uomo giusto.

Credo che questo spieghi il paradosso percui colui che le dicerie consideravano il delfi-nodi Togliatti è lo stesso che comincia a senti-re l’insufficienzadella grande lettura togliattia-na dell’Italia come paese arretrato in cui ilcompito storico dei comunisti era risolvere legrandi «questioni» storiche: il Mezzogiorno, laquestione agraria, il rapporto col Vaticano.Questa lettura, nell’insieme, non riusciva piùa dare conto delle trasformazioni che comin-ciavano a cambiare radicalmente il voltodell’Italia: il passaggiodapaese agricolo apae-se industriale, una biblica emigrazione chesvuotava le campagne del Sud, l’avvento deiconsumi di massa, la rivoluzione dei costumi.

Poi ci furono molte altre vicende e ancherotture. Le nostre strade si divaricarono. Fum-mo tutti travolti dalla contraddizione laceran-te tra la potenza crescente dell’economia chesi mondializzava e con i mercati senza regoleche governano le ricchezze delmondo e il po-tere della politica che non riesce a darsi nuo-vi strumenti sovranazionali. Ma questa è ma-teria ormai degli storici. È la mondializzazio-ne, il terreno nuovo su cui se fosse ancora tranoi Pietro Ingrao ci inviterebbe a scendere.

Una cosa è certa. Abbiamo bisogno di nuovidubbi e di nuove analisi. Abbiamo bisogno dinuovi giovani come Ingrao. Sono le cronachedelle tragediedisperatedeimigranti lequalicidi-cono che si sta formandounanuovaumanità.

Abbraccio i figli, la sorella, i nipoti e i proni-poti del mio vecchio amico, che da stasera ri-poserà in pace nella sua Lenola.

LE ESEQUIE · Funerali di stato a piazza Montecitorio, poi l’abbraccio dei compagni a Lenola

F orse la statura politicadi Ingrao è sproporzio-nata rispetto alla mise-

ria dei tempi; forse la città diRoma, come sempre cinica espietata, era indifferente allamorte di unodei grandi prota-gonisti della storia del Nove-cento, forse i compagni pre-senti erano ormai rassegnatial loro ruolo di spettatori.

Fatto è che la piazza diMontecitorio non era stracol-ma comequalcuno si aspetta-va. Dalle casse dei microfoni– allestite in troppa fretta econ superficialità - appena ap-pena si udiva la voce dei rela-tori; difficile distinguere le pa-role tanto che, a intervalli, siudiva un grido dalla piazza:«Voce, voce». Anche le bandie-re – poche e tutte di Rifonda-zione, nessuna del Pd (e me-no male!) – contribuivano adare alla cerimonia un tonotriste, direi rassegnato.

Prima dell’inizio della ceri-monia – unica «nostalgia» del-la piazza – il canto della folla:Bella ciao appena abbozzato.

Rassegnazione è la parolagiusta. Ingrao diceva: «Siamostati vinti ma non sconfitti».Nella piazza invece c’era il sa-pore della sconfitta. Presentealla cerimonia, in un palchet-to improvvisato sulla piazza,c’era anche Renzi. Come a di-re: liquidiamoqui questa vec-chia storia; sono altri tempiquelli di oggi; dobbiamo tor-nare subito al lavoro.

Ancora una volta il Vecchiosapeva dimostrarsi più giova-ne di tante persone; lui forsenon avrebbe partecipato conrassegnazione; avrebbe det-to: «Non ci sto».

Ho incontrato persone chenon vedevo da decenni: solola loro voce mi ha consentitodi riconoscerle, tanto il lorovolto e aspetto era cambiato.«Che fai?», era la domanda ri-tuale: «Zappetto» rispondevaqualcuno «ho un po’ di terrain Umbria». «E tu?» «Io sto inpensione e non faccio nien-te, leggo il manifesto tutti igiorni,… aspettando…».Qualcuno dichiarava di averaperto un sito on-line doveavevamesso l’intera storia re-pubblicana: «Mi impegna tut-ti i giorni la ricerca di mate-riali». Con molti ci si ricono-sceva appena,ma nessuno ri-cordava quando e dove ci siera incontrati.

Il paragone con la comme-morazione di Pintor a piazzaFarnese sarebbe ingeneroso,quello con i funerali di Berlin-guer nemmeno a parlarne.Segno dei tempi? Certamen-te sì, ma anche segno dell’ac-cumularsi di tante sconfitte.Cesare Pavese diceva: chio-do scaccia chiodo, ma trechiodi fanno una croce. E dichiodi la sinistra ne ha vistiben conficcati assai più ditre. Le parole si sono consu-mate tutte, insieme ai corpidei compagni invecchiati,senza possibilità di sostitu-zione; molti occhi lucidi maprosciugati di lacrime.

E intorno alla piazza diMontecitorio turisti, turisti epoi ancora turisti ad ammira-re questa città spietata, cini-ca, indifferente. In un’altra cit-tà (o in un altro mondo?), sisarebbero abbassate le serran-de dei negozi, avrebbe tuona-to il vecchio cannone del Gia-nicolo, fiumi di persone si sa-rebbero riversati nelle stradee nelle piazze, nelle vie roma-ne avrebbe dominato un as-sordante silenzio comea chie-dersi: è accaduto e ora?

Il Vecchio se n’è andato,ma ilNuovononappare anco-ra, ovvero forse c’è: è Renzi?

Adesso sarà ancora più diffi-cile pronunciare la parola: co-munista.

DALLA PRIMAAlfredo Reichlin

LA COMMEMORAZIONE

Un’incandescente passione laica

LA STORIA DI PIETRO

LA CERIMONIAIN PIAZZA

MONTECITORIO AROMA CON LE

AUTORITÀ, RENZI,GRASSO E

MATTARELLAFOTO LAPRESSE

IN ALTO, I FUNERALIA LENOLA (LT)

La figlia Celeste:«Ognuno ha il suoPietro da piangere»Il ricordo di donCiotti e di Scola

Bella ciao, l’ultimo salutoal comunista tanto amato

L’ARTICOLO

Il Vecchiose n’è andato.

E ora?

Enzo Scandurra

Page 8: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

pagina 8 il manifesto GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015

Geraldina Colotti

L’ Onu ha approvato con grande enfasi gliObiettivi di sviluppo sostenibile. Ad ap-plaudire sono stati anche quei presidenti

che, per le loro politiche neoliberiste, rendono in-vece insostenibile la vita delle popolazioni locali,lasciando mano libera alle multinazionali. E così,in Perù, non si ferma la protesta nella regionemeri-dionale di Apurimac.Da giorni, gli abitanti di Cota-bambas eGrau si scontrano con la polizia per con-trastare il progettominerario La Bambas. Gli agen-ti hanno sparato sulla folla, provocando 4 morti.Una ventina i feriti e 30 gli arrestati. In gravi condi-zioni anche due poliziotti. Venerdì scorso, un arcodi organizzazioni sociali hadichiarato uno sciopero nel-le due province interessatedal progetto. Una decisionepresa al termine di un incon-tro con la controparte, il 12settembre, giudicato insoddi-sfacente. Domenica scorsa,oltre 10.000 persone hannomanifestato pacificamente aridosso dell’area delimitatadalla compagnia proprieta-ria, l’australiana Mgm Limi-ted, filiale della China Min-metals Corp. Un gruppo hapoi cercato di forzare il cor-done dei 3.000 agenti a guar-dia delle istallazioni. La poli-zia ha dapprima rispostocon i lacrimogeni e poi conle armi. I manifestanti sonocomunque riusciti a occupa-re l’area protetta.

Secondo i rappresentantidel Fronte di difesa del di-stretto di Tambobamba, l’impresa ha mentito nelpresentare lo studio di Impatto ambientale, nel2013: per nascondere l’entità dei disastri che l’atti-vità mineraria avrebbe provocato nella regione. Ilgiacimento è situato a oltre 4.000 metri sul livellodel mare ed è destinato a diventare una delle mi-niere di rame più grandi del mondo. La Bambasha riserve per 6,9 milioni di tonnellate di rame e10,5 milioni di tonnellate di risorse minerali e, neiprimi cinque anni, dovrebbe produrre oltre 2 mi-lioni di tonnellate di rame. Il governo lo ha presen-tato come «il progetto minerario più importantenella storia del Perù», il secondo per importanzainAmerica latina: per cui è previsto un investimen-

to di 10.000 milioni di dollari e che produrrà unacrescita del Pil dell’1,4% il prossimo anno. L’impre-sa ha respinto le accuse e il Ministero dell’Energiae delle Miniere ha assicurato che, dal 2012, vi sonostati tre tavoli di dialogo con le popolazioni locali eche si deve tornare a discutere. Il progetto ha avu-to una lunga gestazione. La cinese Xstrata Copperha ottenuto il permesso di agire nella Bambas nel2004 e ha iniziato le perforazioni nel 2008. Le cosesono però precipitate dopo la fusione tra l’austra-liana Glencore e la Xstrata. Per via delle leggi anti-monopolio vigenti in Cina, quest’ultima ha dovu-to vendere il progetto. Nel 2014, la Bambas è cosìstato comprato da un consorzio di imprese che haapportato modifiche, contestate dalle comunità

contadine della zona.In agitazione da mesi con-

tro l’opacità degli accordi tragoverni e grandi imprese,che nascondono l’impattoambientale sulla salute dellepersone, anche le popolazio-ni dell’Arequipa, che non vo-gliono l’impresa Southern eil progettoTiaMaria. L’esecu-tivo ha dichiarato lo statod’emergenza per 30 giorni indiverse località della zona.Vengonoperciò sospesi alcu-ni diritti costituzionali e la po-lizia manterrà il controllocon l’appoggio delle Forze ar-mate.

Dopo qualche iniziale spe-ranza, il governo di OllantaHumala ha perso sempre piùla fiducia della sinistra e delleorganizzazioni popolari, chelo accusano di aver ceduto al-le grandi imprese e al control-

lomilitareUsa. Le politiche di privatizzazioni sonoinfatti al centro dell’Alleanza del Pacifico, a cui ilPerù partecipa insieme aMessico, Colombia e Cilee che all’Onu hanno definito il quadro di nuovi ac-cordi. E se anche il Cile di Michelle Bachelet pro-mette di porsi come ponte con il Mercosur, il qua-dro prefigurato dall’Alleanza del Pacifico è assai di-stante da quello definito dai paesi dell’Alba, l’Alle-anza per i popoli della nostra America, ideata daCuba e Venezuela.Messico, Colombia, Cile e Perù,producono un Pil annuo che supera i 2 miliardi didollari (il 35%di quello del continente latinoameri-cano) e, dopo laGermania e davanti a Russia e Bra-sile, costituiscono la sesta potenza mondiale.

Michele GiorgioGERUSALEMME

G li Accordi di Oslo tra pale-stinesi e israeliani sono fini-ti? Abu Mazen non lo ha

proclamato apertamente ieriquando ha pronunciato il suo di-scorso davanti all’Assemblea Ge-nerale delle Nazioni Unite. Ha af-fermato che i palestinesi non so-no più legati agli accordi firmatinel 1993 e negli anni successivi,poiché Israele non li rispetta. «Fi-no a che Israele rifiuta di impe-gnarsi sugli accordi firmati connoi rendendoci un’autorità senzapoteri reali - ha detto il presidentepalestinese - e fino a che Israele sirifiuta di fermare le attività di colo-nizzazione edi liberare i prigionie-ri palestinesi, non abbiamo altrascelta...Non possiamo essere i soli

ad attuare gli impegni e Israeleviolarli continuamente...Non pos-siamo continuare a ritenerci lega-ti a questi accordi. Israele deve as-sumersi tutte le sue responsabilitàdi potenza occupante perché que-sto status quo non può continua-re». Queste parole che significhe-ranno sul terreno?

Gli interrogativi sono tanti. AbuMazen ha sparato forte, ma a sal-ve, come altre volte, senza alcuneffetto concreto? Oppure vuoletroncare sul serio contatti e coope-razione con Israele previsti dagliaccordi di Oslo? Di sicuro non hafatto alcunaccenno alla collabora-zione tra i servizi di sicurezzadell’Autorità nazionale palestine-se e quelli israeliani, fortementecontestata dalla sua gente. Durala prima reazionedel premier isra-eliano Netanyahu, che con ogniprobabilità risponderà adAbuMa-zen in modo ancora più pesantequesto pomeriggio, quando spet-terà a lui rivolgersi alla platea del-

le Nazioni Unite. «Il discorso (diAbuMazen) è ingannevole e inco-raggia l’incitamento e il disastroin Medio Oriente» ha scritto in uncomunicato. «A differenza dei pa-lestinesi – sostiene Netanyahu -Israele si attiene rigorosamente al-lo status quo sul Monte del Tem-pio, e si impegna a continuare afarlo in conformità con gli accorditra Israele e la Giordania e ilWaqf.Ci aspettiamo e sollecitiamo l’Au-torità (palestinese) e il suo leaderad agire in modo responsabile eaccettare l’offerta (da parte del pri-mo ministro di Israele) di tenerenegoziati diretti con Israele senzaprecondizioni».

Perplessi i palestinesi. Hannoascoltato e applaudito a troppi di-scorsi alle Nazioni Unite senzapoi vedere alcun cambiamentopositivo sul terreno, nella loro vitadi popolo sotto occupazione mili-tareda decenni.Nelle strade di Ra-mallah e di altri centri abitati han-no festeggiato e applaudito solo i

militanti di Fatah più legati al pre-sidente. Scene ben diverse dalleampie manifestazioni di approva-zione con cui i palestinesi aveva-no accolto i discorsi pronunciatiall’Onu da Abu Mazen negli annipassati. La speranza del riconosci-mento tre anni fa al Palazzo di Ve-tro della Palestina quale Stato nonmembro, è stata spenta dalla delu-sione. E non solo a causa delle po-litiche di occupazione attuate daIsraele che negano ancora la liber-

tà ai palestinesi.La parte più appassionata del

discorso di Abu Mazen è stataquella iniziale. Il leader palestine-se ha denunciato la tensione sullaSpianata dellemoschee diGerusa-lemme, innescata, ha spiegato,dalle incursioni nel sito di gruppiisraeliani. Una tensione, ha avver-tito, con la quale il governoNetan-yahu sta innescando una guerradi religione. Ha elencato violazio-ni del diritto internazionale e abu-

si commessi da Israele, con un ac-cento particolare sulla continuaespansione delle colonie ebraichenei territori dello Stato di Palesti-na. Ha ricordato che esattamentedue mesi fa il piccolo palestineseAli Dawabsha, 18 mesi, veniva ar-so vivo assieme ai genitori nel vil-laggio di Kfar Douma da parte diestremisti israeliani e che gli assas-sini sono ancora liberi. Ha denun-ciato la distruzione della soluzio-ne "Due Stati" da parte di Israeleche, ha aggiunto, attua nei Territo-ri occupati un doppio regime:uno di apartheid imposto ai pale-stinesi e un altro di privilegi per icoloni ebrei. Per questo ha esorta-to le Nazioni Unite a proteggere ipalestinesi. «Abbiamo bisogno diprotezione internazionale, nonpossiamo mantenere lo statusquo», ha detto AbuMazen «per fa-

vore, per favore, per favore, ci ap-pelliamo a voi, abbiamo bisognodella vostra protezione internazio-nale». Infine ha proclamato la Pa-lestina uno «Stato sotto occupa-zione», simile a quelli occupati du-rante le guerre passate o recenti.«Non è tempo che tutto ciò abbiafine?», ha chiesto all’Assembleadell’Onu.

Ieri sera è stata issata per la pri-ma volta la bandiera palestineseal Palazzo di Vetro.

LA PALESTINA ALL’ONU · Il presidente Abu Mazen: «Fino a che Israele continuerà a ridurci ad una autorità senza poteri reali»

«Non più legati agli accordi di Oslo»

«Finché nonfermerannola colonizzazionee non libererannoi nostri prigionieri»

«Sulla SpianataNetanyahu innescauna guerradi religionee il mondo tace»

Gina Musso

B aci, abbracci e il conto. Chela Gran bretagna non sem-bra però intenzionata a sal-

dare. Il premier britannico DavidCameron, inGiamaica per una visi-ta di due giorni, oltre all'affettuosaaccoglienza della sua omologa Por-tia Simpson Miller si trova di fron-te alla richiesta di un risarcimentoeconomico per il ruolo avuto dalsuo paese nella tratta degli schiavi.

Miller si è fatta interprete dell'in-tensa campagna in tal senso con-dotta dalla Comunità dei Caraibi(Caricom) e ha sollevato la spinosaquestione nel primo incontro bila-terale in 14 anni che si è svolto aKingston tra i due paesi. Da partesua Cameron aveva anticipato chenon avrebbe discusso l’argomentodurante la visita. Tuttavia ieri, nelsuo discorso davanti al parlamen-to giamaicano, mentre fuori uncentinaio dimanifestanti staziona-va con cartelli su cui era scritto «Ri-sarcimento ora!», ci ha tenuto ad«escludere» la via della riparazioneeconomica, invitando i paesi carai-bici a «superare» questo tipo di ap-proccio. Cameron si è detto consa-pevole di quanto restino «profon-de tali ferite», di come lo schiavi-smo sia stato «ripugnante in tuttele sue forme» e di quanto sbagliatosarebbe «dimenticare un periododa cui la Storia ha tratto le lezionipiù amare». Ma ha invitato anchea considerare il ruolo avuto poi dal-la Gran bretagna nel «cancellare laschiavitù dalla faccia del mondo».

Nei giorni scorsi il nuovo leaderdel Labour, Jeremy Corbin, che dagiovane ha trascorso due annisull’isola come volontario, avevadefinito lo schiavismo «la parte piùbrutale della nostra Storia e di quel-la giamaicana», ribadendo che semai diventerà primo ministro nonesiterà a chiedere scusa e ad affron-tare il tema del risarcimento.

L’«approccio» di Cameron restaquello di «costruire insieme il futu-ro».Alludendoagli investimenti pro-grammati nella regione: per la Gia-maica è pronto un pacchetto da 300milionidi sterlinedadestinareanuo-ve infrastrutture.Ma il progettoa cuiLondrasembra teneredipiù -delva-lore di 25 milioni - è la costruzionedi un nuovo penitenziario. «Non sa-rebbe stato meglio delle scuole?», siè chiesto il leader dell’opposizioneAndrew Holness. Alla domanda ri-spondono indirettamente i 600dete-nuti giamacani presenti attualmen-tenelle carceribritanniche,mai rim-patriati viste le penose condizionidel sistema carcerario sull’isola. Conuna nuova prigione, finalmente«umana»,quelli acui restadasconta-re un periodo superiore ai 18 mesipotranno essere trasferiti.

Durante la visita altre protestesono state inscenate da due gruppi- la Jamaica Coalition for a HealthySociety e il LoveMarchMovement -preoccupati dall’eventualità cheCameron possa influenzare il go-verno giamaicano sulle questionedelle nozze gay, sdoganate in pa-tria. Teatro dei sit-in, ironicamen-te, l’Emancipation Park.

Rachele Gonnelli

L a ripresa non c’è e non ci sa-rà. Anche il possibile rialzodei tassi americani annuncia-

to, con svenimento, dalla presiden-te della Fed Janet Yellen e da moltiinterpretato come il segnale di pro-nostici rosei per l’economia mon-diale è in realtà unabuona notizia soloper gli Stati Uniti eanzi, può creare ef-fetti negativi nel re-sto del mondo.

A gelare gli ottimi-sti è Christine Lagar-de, direttore del Fon-do monetario inter-nazionale, che ieri parlando alCouncil of the Americas, cioè difronte al Gotha degli investitoripubblici e privati -rispetto al no-strano Ambrosetti, tanto per capi-re, questo è stato fondato diretta-mente da David Rockefeller - hadetto che «sul fronte economico,ci sono motivi per essere preoccu-pati» visto che «la crescita globaleresta deludente e disomogenea».Proprio la prospettiva di un au-mentodei tassi di interesseUsa, in-siemeal rallentamento della cresci-ta in Cina, contribuiscono ad ac-crescere «l'incertezza e la volatilitàdei mercati». Il direttore dell’Fmisegnala «la forte decelerazione del-la crescita del commerciomondia-le» mentre il rapido calo dei prezzidelle materie prime sta creandoproblemi alle economie basate sul-

le commodities. Non solo.L’Europa è malata. «La modera-

ta ripresa dell'area euro si sta raf-forzando», certifica Lagarde, sotto-lineando che «a livello globale lastabilità finanziaria non è ancoraassicurata», nei paesi sviluppati eora anche in quelli emergenti. «Ilrischio di bassa crescita per un lun-

go periodo, sembraavvicinarsi» mettein evidenza, preci-sando anche cosaappesantisce i pro-nostici sulla cresci-ta: la bassa produtti-vità, l'invecchiamen-to della popolazionee le eredità della cri-

si finanziaria, «soprattutto in Euro-pa». Su quest’ultimo elementoChristine Lagarde nonmai ha lesi-nato parole riguardo alle nefastepolitiche di austerity ancora adot-tate da Bruxelles e così pure sullanecessità, invece, di ristrutturare idebiti di fatto inesigibili comequel-lo della Grecia. Ieri, cioè nel giornoin cui diventano effettive le dimis-sioni del capo economista dell’IfmOlivier Blanchard - il più influentedegli economisti di scuola neokey-nesiana - Lagarde ha spiegato co-me in Eurolandia i crediti deterio-rati o incagliati, cioè solo nomina-li, derivanti ad esempio da falli-menti e mutui pignorati, sono 900miliardi di euro. In Italia secondostime del Sole24ore sono 5 miliar-di e saranno il doppio nel 2016,una vera emergenza.

FMI · Christine Lagarde gela gli ottimisti

«La ripresa economicanon ci sarà a breve»

Perù/ CONTINUANO GLI SCONTRI NELLA REGIONE DI APURIMAC

Le politiche insostenibili di Humala:4morti per proteste contro laminiera

INTERNAZIONALE

Il rialzo dei tassiUsa potrebbe

influire.Ma preoccupadi più l’Europa Da domenica scorsa,

le popolazioni respingonola Bambas, il progetto

estrattivo più importantedella storia del paese

NO AL RISARCIMENTO

Ma Cameron donaalla Giamaicaun nuovo carcere

Page 9: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 il manifesto pagina 9

Chiara Cruciati

I l guanto di sfida che la Russiaha lanciato ieri all’Occidente èil segno del consenso che Mo-

sca è consapevole di aver raccoltoin Medio Oriente. A meno di 48ore dall’incontro tra Obama e Pu-tin e del simil accordo tra le duesuper potenze (raid congiunti con-tro lo Stato Islamico), Mosca hadato l’ordine all’aviazione milita-re: colpire le postazioni del califfoin Siria.Ma a far saltare sulla sediagli anti-Assad è stato il presuntobombardamento di target diversidalle postazioni dei ribelli. La Rus-sia si è affrettata a smentire quan-to riportato da miliziani secondocui i raid avrebbero colpito l’Eser-cito Libero Siriano: i jet russi han-no centrato solo aree sotto il con-trollo jihadista intorno Homs.

La sfida di Putin non è da poco:il parlamento russo, la Duma, gliha dato il via libera ad interveniremilitarmente in Siria non in coor-dinamento con la coalizione glo-bale, ma con le forze siriane. ConDamasco: si autorizza il governo acompiere una serie di attacchi ae-rei «sotto gli ordini del governo si-riano per un periodo limitato».

Di certo, ha aggiunto il capodell’ufficio del presidente, SergeiIvanov, non saranno inviate trup-pe via terra, lo spauracchio degliUsa. Washington ha passato unmese a contare uno ad uno i mez-zimilitari russi in Siria, dai carri ar-mati alle navi, strepitando per iltentativo di costruire unabasemi-litare a Latakia. Putin gli ha rivolta-to la frittata: primapromette coor-dinamento e poi agisce in solita-ria.Nella serata di ieri è giunta, pe-rò, l’apertura: il ministro degliEsteri Lavrov in un incontro conle contropartimondiali ha annun-ciato una bozza di risoluzioneOnuper creare una coalizioneuni-ca contro l’Isis, a cui partecipinogli attori chiave, Iran, Stati uniti,Turchia, Egitto, Giordania, Qatare Cina.

Com’era facile aspettarsi imme-diate sono state le reazioni delfronte anti-Assad. Il Pentagono(avvertito un’ora prima dei raid,secondo Mosca; all’oscuro di tut-to, secondo gli Usa) ha preso tem-po e il segretario di Stato Kerry hafatto altrettanto: stiamo a vedere –ha detto – cosa colpisce se la Rus-sia, se colpisce l’Isis accogliamovolentieri l’azione.

La prima a farsi sentire è statal’Arabia saudita. Riyadh teme chetutto il denaro usato in questi an-ni per foraggiare i gruppi islamistianti-Assad sia andato sprecato eche alla fine, come un’araba feni-ce, Assad risorga dalle sue ceneri.Per cui ha avvertito: possibileun’azione militare per rimovere il

presidente siriano.Più cauta la Gran Bretagna: «Se

il target selezionato è chiaramen-te una postazione Isis, ci manda-no un segnale: vogliono che il lorointervento sia letto in chiave an-ti-Isis – ha detto il segretario agliEsteri, Hammond – Altrimenti, secolpiscono dove le milizie dell’Isisnon ci sono, ci dicono che voglio-no sostenere Assad».

A ruota segue la Francia, che pri-ma aveva già avviato la sua perso-nale campagna aerea contro l’Isisla scorsa domenica nel pateticotentativo di essere parte del fronteneo-colonialista globale e diun’eventuale spartizione della tor-ta siriana mantenendo i legamicon le petromonarchie del Golfo.Anche fonti diplomatiche francesiraccontano la versione dell’«erro-re» dei raid russi «per sostenreeAs-sad enonper colpire l’Isis». Un fat-to che in molti avrebbero dovutodare per scontato: Putin non hamai fatto mistero del sostegno alpresidente siriano e sempre di-chiarato di voler colpire i gruppiislamisti dove la coalizione non lofa, ovvero nelle zone sotto il con-trollo del governo o adiacenti.

Infine, non manca chi cerca disalvare la faccia: un ufficiale israe-liano ha detto ieri che Moscaavrebbe avvertito Tel Aviv dell’in-tenzione di lanciare raid in Siria,

prima di compierli.Al di là delle attese reazioni, il

quadro appae chiaro. La Russiaopera in conformità con l’autoritàche ritiene guadagnata sul cam-po. Sostiene Assad e l’asse sciitaIran-Damasco-Hezbollah,metten-dosi a capo di un centro di coordi-namento aBaghdadper coordina-re le controffensive sul terreno.L’asse sciita, insieme ai combat-tenti kurdi a nord, è il solo a man-tenere le posizioni contro l’avan-zata di Stato Islamico, al-Nusra ela sua galassia di milizie. Nonavanza troppo ma non arretra, adifferenzadelle opposizionimode-rate finanziate dall’Occidente,scomparse dal campo di batta-glia. L’Occidente e il Golfo ne so-no consapevoli. Come sono consa-pevoli di non poter in questo mo-mento, se non con un atto cheaprirebbe un conflitto di dimen-sioni incontrollabili, frenare laspinta russa. Dovranno far buonviso a cattivo gioco e le prime di-chiarazioni di Kerry ne sono laprova.

Sullo sfondo resta il dramma ter-ribile di una popolazione sottomolteplici assedi, preda degli inte-ressi economici e strategici globa-li. Il popolo siriano è ostaggio diforze a cui sta a cuore la ridefini-zione profittevole degli equilibrimondiali.

FRANCIA/SIRIA · La Procura di Parigi apre un’inchiesta su Assad per «crimini contro l’umanità»

Ecco perchéHollande bombardaAnna Maria MerloPARIGI

L a Francia vuole tornare nel gioco diplo-matico mediorientale con un posto diprimopiano. Ricorre a tutti imezzi a sua

disposizione,militari e giuridici. L’ultimamos-saè stata rivelata ieri: su segnalazionedelmini-stero degli Esteri, la Procura di Parigi ha aper-to un’inchiesta preliminare il 15 settembrescorsoper “crimini contro l’umanità”di cui sa-rebbe responsabile il regime di Assad, per vio-lenze che hanno avuto luogo in Siria tra il2011 e il 2013. “E’ nostra responsabilità agirecontro l’impunità”, contro “crimini che scuo-tono la coscienza del mondo” ha spiegato ilministro degli Esteri, Laurent Fabius. L’infor-mazione dell’apertura dell’inchiesta pariginaarriva il giorno dopo l’intervento di FrançoisHollandeall’Onu, dove il presidente ha ribadi-to che “Bachar deve andarsene” e che non èpossibile mettere attorno a uno stesso tavolo“il boia e le vittime”, come invece propone laRussia con il suo progetto di coalizione inter-nazionale. L’inchiesta pariginavienegiustifica-ta con il ricorso all’articolo 40del codicedipro-cedura penale, che obbliga ad agire quando siè venuti a conoscenza di crimini, e si basa sul-le fotografie e testimonianze di César, sopran-nome di un ex fotografo della polizia militaresiriana, ora rifugiato in un paese del nord Eu-ropa (raccolte in un libro che esce a giorni,Opération César, edizioni Stock). Si tratta di55mila fotografie di cadaveri di prigionierimassacrati nelle galere di Assad tra il 2011 e il2013, che riguardano circa 11mila vittime. Per-

ché la Francia possa far valere la propria com-petenza ad indagare e l’inchiesta possa essereportata a termine, l’Ufficio centrale di lottacontro i crimini contro l’umanità, i genocidi ei crimini di guerra (istituito nel 2013, ha già la-vorato sul genocidio in Ruanda) deve dimo-strare che tra le vittime c’è almeno un france-se o un franco-siriano. Inoltre, dovrà anchedissolvere la polemica che ha accompagnatolapubblicazionedi questi documenti, un lavo-ro finanziatodalQatar, paese che finanzia la ri-bellione a Assad.

Alla vigilia dell’apertura dell’Assemblea ge-nerale dell’Onu, i Rafale di Parigi hanno rea-lizzato il primo raid sulla Siria domenica 27(facendo 30morti, tra cui una decina di bam-bini-soldato). Un attacco giustificato con il ri-corso all’articolo 51 della Carta delle Nazioniunite, che prevede il “diritto naturale” alla“legittima difesa” in caso di attacco: la Fran-cia si difende dagli jihadisti addestrati in Si-ria, pronti a colpire e che hanno già colpitosul territorio nazionale. Il 7 settembre scorso,

Hollande aveva annunciato di essere prontoad intervenire con dei raid aerei anche in Si-ria, una svolta nella strategia francese, che fi-nora aveva limitato l’intervento all’Iraq, pernon rischiare di favorire il regime di Assad.

Quale è il senso della posizione francese?Con il raid in Siria di domenica scorsa, Pari-gi ha agito da sola, senza una coperturadell’Onu e naturalmente senza accordo delregime di Damasco. Sulla scena mediorien-tale, la Francia privilegia l’alleanza con l’Ara-bia saudita, che messa alle corde dal disgeloUsa-Iran, punta molto sull’asse con Parigi. Ilquotidiano L’Humanité ha calcolato che su39 incontri bilaterali Francia-Arabia sauditadal 1926, ben 16 hanno avuto luogo sotto lapresidenza Hollande (4 volte al massimo li-vello, con la presenza dello stesso presiden-te). L’Arabia saudita è un grande acquirentedi armamento made in France: 7 miliardinel 2014, più di 10 già quest’anno, senza cal-colare le due navi Mistral, vendute all’Egit-to, ma con finanziamento saudita, per l’im-possibilità di concludere il precedente con-tratto con la Russia, a causa delle sanzioniper l’Ucraina. “Un matrimonio contro natu-ra,ma fruttuoso”, scrive L’Humanité. La vec-chia ruggine con la famiglia Assad, a causadegli interventi siriani in Libano, ha anchecontribuito ad allontanare Parigi dall’arcosciita, mettendo la Francia in una posizionemarginale nel negoziato sul nucleare irania-no (Fabius è stato tra i più intransigenti).Per salvarsi l’anima, Hollande ha chiesto so-lennemente a Ryad di rinunciare alla penadi morte per il giovane Ali Al-Nimr.

SIRIA · Ameno di 48 ore dall’incontro tra Obama e Putin e del simil accordo tra le due super potenze

La sfida di Putin, raid sull’Isis

Giuliano Battiston

S uKunduz sventola bandie-ra talebana. A tre giornidalla conquista, avvenuta

lunedì, i Talebani ancora con-trollano gran parte di questa cit-tà da trecentomila abitanti, ca-poluogo dell’omonima provin-cia settentrionale dell’Afghani-stan. I combattimenti, ieri, so-no andati avanti per tutta lagiornata. Chi ha potuto, ha la-sciato la città (sono almeno6.000 le persone fuggite nelle ul-time 24 ore), chi è rimasto è co-stretto in casa, mentre comin-ciano a scarseggiare i beni pri-mari, tanto che la Croce rossainternazionale ha invitato i belli-geranti a consentire l’arrivo dialtri medicinali.

Preoccupati per quella cherappresenta la più importanteconquista talebana dal 2001, so-no intervenuti anche gli stranie-ri. Un numero imprecisato disoldati della missione a guidaNato «Resolute Support» è statoinviato a Kunduz, «con un ruo-lo non combattente», ha preci-sato il portavoce della coalizio-ne, il colonnello Brian Tribus, ilquale ha ammesso che alcuniuomini delle forze speciali ame-ricane ieri combattevano sul ter-reno, per «auto-difesa». Nellanotte tra martedì e mercoledìgli americani hanno fatto ricor-so anche ai bombardamenti ae-rei, per evitare che l’aeroportodella città finisse inmano ai Ta-lebani.

La presa di Kunduz segnauno spartiacque nella lunga sto-ria del conflitto afghano. Arriva,

non a caso, nel primo anniver-sario dell’insediamento del go-verno bicefalo del presidenteAshraf Ghani e del quasi «pri-mo ministro» Abdullah Abdul-lah É stata preparata con cura.Non si tratta di un’incursioneimprovvisa,madi un accerchia-mento, di un’occupazione gra-duale dei distretti che la circon-dano.

Edi un contestuale, progressi-vo distacco tra istituzioni e po-polazione locale, sempre più in-dispettita dagli scontri dentrol’amministrazione provinciale(divisa come il governo centraletra i pro-Ghani e i pro-Abdul-lah) e dalla mano libera lasciataallemilizie e alle forze di polizialocali, autrici di delitti e abusisulla popolazione.

Proprio perché annunciatada tempo, ha provocato un ter-remoto nel panorama politico.Parlamentari e senatori hannousato parole infuocate contro ilgoverno, criticandone l’inettitu-dine. Qualcuno ne ha chiesto ledimissioni. Il presidente Ghaniin un discorso in yv ha sostenu-to che «la situazione è sotto con-trollo», ma poi ha silurato il go-vernatore della provincia diKunduz che lunedì era in Tajiki-stan e che sarebbe poi fuggito aLondra. Mentre RahmatullahNabil, a capo dell’Nds, i servizisegreti, si è dovuto scusare congli afghani per la disfatta.

La Nds ha dichiarato di averucciso il governatore-ombraper i Talebani della provincia diKunduz, mullah Abdul Salam,ma gli studenti coranici hannonegato, diffondendone una co-municazione audio che risali-rebbe a ieri.

I Talebani, dunque, gongola-no. La conquista di Kunduz èun colpo formidabile per la pro-paganda. Con evidenza esem-plare manda all’aria la retoricadei portavoce della Nato, delPentagono e dell’Arg, il palazzopresidenziale di Kabul, i qualiin questi ultimimesi, con accen-ti diversi, avevano tessuto le lo-di dell’esercito afghano, la suacapacità di tenere il terreno, dirispondere agli attacchi dei Ta-lebani, nonostante il progressi-vo ritiro dei soldati stranieri.

A beneficiare del colpo gros-so è in particolare mullah Man-sour, l’uomo che ha sostituitomullah Omar come guida deiTalebani. Nelle scorse settima-ne, subito dopo l’annuncio del-la sua nomina, ha dovuto af-frontare le fronde interne, igruppi scissionisti, le accuse di«doppiogiochismo» e di scarsaautorevolezza. Ora può rivendi-care un successo sul campoche, per quanto effimero, avràripercussioni rilevanti su trefronti: sul fronte interno, ce-menterà la sua leadership; sulfronte dei «colloqui di pace», ga-rantirà ai Talebani una posizio-ne negoziale di maggiore forzarispetto al governo di Kabul; sulfronte internazionale, rischia in-vece di risultare controprodu-cente. I falchi del Pentagono edel Dipartimento della Difesanon aspettavano altro: la vitto-ria di Kunduz è il pretesto giu-sto per convincere l’ammini-strazione Obama a prolungarela presenza dei soldati a stelle estrisce sul suolo afghano.

Dopo il via liberadella Duma: sìall’intervento aereoin coalizione solo«con forze siriane»

I raid su Kunduz non sono so-lo un fatto odioso perchébombardare una città signifi-

ca produrre vittime civili certe. Èsbagliato dal punto di vista politi-co, poiché diminuisce le già labilisperanze di un negoziato di pa-ce. Ed è inefficace militarmentecome ormai la storia recente,dall’Iraq alla Siria passando ov-viamente per l’Afghanistan, sem-bra aver ampiamente accertato.Kunduz tra l’altro è stata già tea-tro di una strage: nel 2009, aereidella Nato, chiamati in soccorsoda un colonnello tedesco, bom-bardarono centinaia di personeche stavano tentando di spillaregasolio da due autobotti, pocoprima sequestrate dalla guerri-glia. La strage di Kunduz è unodei tanti episodi orribili di questaguerra che aveva resopiù eviden-te la tragica beffa degli “effetti col-laterali”. Conditi da un’altra bef-fa ancora: a Bonn, quattro annidopo, un tribunale respinse la do-manda di risarcimento di decinedi famigliari delle vittime che intotale - secondo l’avvocato dellefamiglie – erano state 137. Re-sponsabile, come nella favolaomerica: «Nessuno».

I raid aerei sono odiosi ancheper questo e la loro evoluzione, ildrone senza pilota, è la massimaaspirazione di unmodus operan-di che militarmente -e politica-mente – hauna sola funzione: ter-rorizzare. Spaventare il nemico(di solito protetto da bunker o el-metti) terrorizzando la popolazio-ne civile. Funziona egregiamen-te: come provano le guerre a Ga-za, «vittoriose» suunpopolo deci-mato da bombe intelligenti.

A chi non è sensibile al latoumano, si può ben contestareche, nella maggior parte dei casi,i bombardamenti sono inefficaciper vincere la guerra come bendimostra il caso afghano. Dopo15 anni di raid i talebani sono an-cora lì. Servono allora più truppedi terramagari straniere e ben ad-destrate? L’Afghanistan, che trup-pe straniere ne ha contate sino a130mila, dimostra il contrario.

AFGHANISTAN · I talebani consolidano la conquista

Kunduz, bombardamentiNato e a terra forze Usa

Fuocoillogico

GUERRA

FORZE «RIBELLI» EVACUANO HOMS. IL VERTICE USA-RUSSIA ALL’ONU. A DESTRA, AFGHANISTA; TRUPPE A KUNDUZ. SOTTO HOLLANDE LAPRESSE

Emanuele Giordana

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pagina 10 il manifesto GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015

Massimiliano Guareschi

I n francese détroit significa«strettoia». Un avventurierofrancese, monsieur de Cadillac,

scelse quel nome per un insedia-mento posto alla confluenza fra unfiume e un grande lago che avevacontribuito a fondare. Perdendol’accento sarebbediventataDetroit,la città dell’auto, del fordismo, dellamassicciamigrazionedal Suddine-ri attratti dalle opportunità di lavo-ro offerte dalla grande industria.Ma Detroit non ha significato solocatene di montaggio. Citando unnonmemorabilepezzodeiKiss,De-troit è anche city rock, per il meglioe per il peggio, si potrebbe aggiun-gere: MC5 e Iggy and the Stooges,ma anche il blue collar rock di BobSeger fino agli abissi del metal re-pubblicano dell’esecrabile Ted Nu-gent. Motortown, contratto in Mo-town, ci riporta poi all’etichettablack del miglior soul e R’n’B. Poinegli anni Ottanta sarebbe venutala «Techno Detroit».

Al di là del fatto musicale, De-troit si presenta come un punto disnodo fondamentale dell’esperien-za afroamericana: luogo di sradica-mento e creazione di nuove appar-tenenze, di deterritorializzazione eriterritorializzazione, di integrazio-ne e conflitto. Qui nasce la Nationof Islam, con l’apparizione al fon-datore, il misterioso, Wallace D.Farm, di Allah in persona, qui ini-zia a predicareMalcolmX eMartinLuther King tiene la prima versio-ne di «I dream», qui scoppia nel1967 la «rivolta di luglio», per seda-re la quale vengono mobilitate laguardia nazionale del Michigan euna divisione aerotrasportata. Mo-torcity is burning canterà John LeeHooker.Dallemacerie fumanti del-la inner city l’idea di andarsene ver-so i paradisi middle-class dei sob-borghi residenziali inizia ad essereuna prospettiva seducente.

Il fallimento annunciatoWe almost lost Detroit è il titolo in-direttamente profetico di un pezzodiGil Scott-Herondel 1977. Il riferi-mento era a un incidente nucleare,quello del reattore Fermi1, cheavrebbe minacciato nel 1966 la di-struzione della città. In realtà a de-sertificare Detroit non sarebberostate le radiazioni quanto gli effettialtrettanto possenti di dinamicheeconomico-sociali legate sia alletendenze alla suburbanizzazione ti-pichedelle città statunitensi sia, so-prattutto, al processo di ristruttura-zione e delocalizzazione scatenato-si a partire dalla fine degli anni Set-tanta. Mentre chiunque dispongadi un reddito sufficiente, soprattut-to bianchi, si trasferisce nei sobbor-ghi residenziali e le grandi fabbri-che chiudono l’inner city si svuota.Calando il reddito dei residenti,l’infernale meccanismo del locali-smo fiscale contribuisce a definan-ziare trasporti, scuole e ogni tipo diservizio sociale, incrementandol’incentivo ad andarsene.

Nel 2009 poi la municipalità,sommersa dai debiti, dichiara falli-mento. E così Detroit da Motor-town si trasformerà in ghost towno murder town (in concorrenzacon Baltimore, non a caso scenadel giustamente celebrato «TheWire»), epifania estremadelle dina-miche tipiche della Rust Belt, unafascia di città del Midwest in cui laruggine appare come l’attestazio-ne residuale delle passate glorie in-dustriali e un monito circa una ri-nascita sempre rimandata.

Una superficie equivalente aquella di san Francisco, Boston eManhattan messe insieme per soli700 mila abitanti: è in questo spa-zio urbanizzato che sembra con-traddire i dettami territoriali tipicidell’urbano che Francesca Berardie l’artista Antonio Rovaldi ambien-tano il loro detour, anche in questocaso senza accento, alla caccia distorie e immagini. Il risultato è unlibro, dal titolo Detour in Detroit(Humboldt Books, pp. 254 euro23), che assume la formadi una de-riva geografica punteggiata e conti-nuamente riorientata dagli incon-tri con intercessori le cui narrazio-

ni esorcizzano la spettralità del pre-sente riannodando i fili con il passa-to o rivelando punti di vista inso-spettati su che cosa si muove in cit-tà. Si inizia con Leni Sinclair, unagiovane proveniente dalla Germa-nia Est che giunta negli Stati Unitinel 1959 incontra il jazz, il rock e lafotografia. Ma anche un uomo,John Sinclair, che avrebbe sposatoedi cui avrebbeconservato il cogno-me anche dopo il divorzio. Insiemecontribuirono in maniera decisivaa fondare leWhite Panthers, rispon-dendo a una sollecitazione di HueyNewton, ed ebbero l’intuizione ge-niale di coinvolgere una garage

band, gli MC5 di Wayne Kramer eFred«sonic» Smith», al finedi porta-re ilmessaggiodi rivoltapresso i gio-vani bianchi.

JohnSinclair daanni vive inOlan-da, Leni è rimasta a Detroit, in unacasa sommersa dalle fotografie dalei scattate, rigorosamente senzaflash, ai grandidel jazz edel rockde-gli anni Sessanta e Settanta, e auspi-ca una rinascita della città comenuova Amsterdam, confidando an-coraunavolta sull’erba come ingre-diente essenziale se non per la rivo-luzione, come ai tempi del move-ment, almeno per una forma di svi-luppo economico della città i cui

frutti possano ricadere anche suigruppi subalterni.

Un analogo ottimismo vieneespressodaunamilitantequasi cen-tenaria, Grace Lee Boggs, fondatri-ce con ilmarito James, C.L.R. JameseMartinGlabermanndiuna signifi-cativa esperienza del marxismoamericano degli anni Cinquanta eSessanta, il Correspondence Pu-blishing Commitee. A suo avviso ildisastro della città industriale cree-rebbe lepremesseperuna rivoluzio-ne comunitaria basata sul «lavoraremeno e consumare meno», su uncambiamentodegli stili di vitabasa-ta sul «Do-it-yourself», il mutuali-

smo e l’autoproduzione (lungo unagamma che va dagli orti urbani allestampanti 3D). Più realista, invece,appare invece la posizione di You-sef Shakur, ex membro di una gangdivenuto poi organizzatore di co-munità, secondo cui, al di là di ogniillusoria idea di rinascita, quello dicui Detroit necessità è lo sviluppodi un forte movimento sociale.

Unodegli effetti più eclatanti del-lo svuotamento diDetroit è costitu-ito dai cosiddetti «deserti alimenta-ri». In ampie zone della città, dovecon la popolazione si rarefaceva lacapacità di spesa, i negozi hannoiniziato a chiudere. E così, il distri-butore di benzina si presenta co-me l’unico luogo dove è possibileapprovvigionarsi di cibo. Allo stes-so tempo, però, gli enormi vuotiche si creavano nello spazio urba-no hanno iniziato a essere coltiva-ti. Tra iniziative dal basso e suppor-to di Ong, Detroit è così diventatauna delle capitali mondiali dell’ur-ban farming.

In gioco sono questioni fonda-mentali, che oltre all’approvvigio-namento chiamano in causa il red-dito, l’autoconsumomaanchepro-duzione per ilmercato, l’empower-ment delle comunità vicinali, la ri-definizione del rapporto con il ci-bo. Ma la linea della razza emergeanche qui. Come mostrano diver-se voci raccolte da Berardi, nel tem-po si è creata una vera e propria«burocrazia» dell’agricoltura urba-na egemonizzata da bianchi uscitidall’università, senza dubbio benintenzionati ma la cui azione nonmanca di suscitare nelle comunitànere l’impressione sgradevole delpaternalismo e dell’imposizionedall’alto di modelli di consumo ecomportamento.

Desideri di riappropriazioneIn un libro di qualche anno fa, tra-dotto in Italia da ilMulino con il di-scutibile titolo da guida turisticaL’altra New York, Sharon Zukin ri-costruiva i meccanismi che aveva-no condotto alla costruzionedell’immagine del Lower East Si-de, di Harlem e di William-sbourg-Brooklyn come luoghi «ur-bani autentici» e quindi passibili divalorizzazione immobiliare. Lapossibilità di accedere a immobilia basso costo favorisce l’insedia-mento di una popolazione «bizzar-ra» e di gallerie d’arte, locali alter-nativi, botteghe artigiane, creandoprogressivamente un’ecologia gra-dita alla «creative class», disposta apagare cifre crescenti per dimora-re in una zona non anonima e sti-molante. Il conseguente aumentodei valori immobiliari, tuttavia, fini-sce per colpire in primo luogo que-gli stessi pionieri che con il loro sti-le di vita avevano dissodato quelleparti di città costringendoli a trasfe-rirsi altrove. Anche Detroit, con isuoi vuoti di valore, non sfuggeagli appetiti dei gentrificatori. Lofanno chiaramente capire le paro-le di Bruce Schwartz, numero duedella Quicken Loans, una sorta diTheCircledeimutui, per citare il re-cente romanzo di Dave Eggers. Di-viene allora facile comprendere ilcarattere ambivalente e aperto aesiti opposti di quelle pratiche direinvenzione e riappropriazionedello spazio urbano che suscitanol’entusiasmo di una vecchia mili-tante come Grace Lee Boggs.

Gli orti urbani, la ridefinizionedella mobilità a partire dalla bici-cletta (nel cuore della città dell’au-to per eccellenza), lo sviluppo di at-tività economiche improntate allacooperazione, il welfare dal basso,la diffusione di spazi controcultura-li se da una parte contribuiscono aridisegnare le forme di una cittadi-nanza attiva e rivendicativa dall’al-tra svolgono una funzione decisivanel creare quel valore aggiunto dicui il real estate è sempre prontoad appropriarsi. Si possono nutriredubbi sul successo nell’exMotorci-ty della ricetta che altrove ha datograndi soddisfazioni alla specula-zione immobiliare e al capitale fi-nanziario. E tuttavia il tentativo èin corso. Per contrastarlo, con ognievidenza, il valore in sé delle prati-che e degli stili di vita non basta.

CULTURE

Laclassecreativadella città fantasma

«COLLAGE WALLSAND TOWERS»DI ANDREW MAGEE

Detroit è il simbolo della black music e del declino dell’industriadell’auto. Ma è anche la metropoli dove la «gentrification»mostra il volto glamour e tranquillizzante della riqualificazionefatta di orti urbani, controcultura e welfare comunitario

MAPPEURBANE

Si legge «Gentrification» e si tradu-ce con valorizzazione capitalisticadel tessuto urbano. È una rappre-sentazione divisa in tre atti. Nelprimo atto i protagonisti sono leclassi sociali colpite da una crisieconomica di un settore e si con-clude con la desertificazione diinteri quartieri. Il secondo atto ve-de in azione movimenti sociali chevogliono fermare il degrado e lacrescente dismissione dell’interven-to pubblico, mentre si profilanoall’orizzonte i capitalisti di ventura,che acquistano immobili, terreni aprezzi stracciati. Il terzo atto, quel-lo che in realtà molte metropolistanno vivendo, vede l’avvio di pro-getti di riqualificazione, avviati ini-zialmente proprio da movimentisociali, artisti, che di dannanol’anima per rendere nuovamentevivibili quartieri abbandonanti a sestessi. esprimono stili di vita alter-nativi. Destinati a scontrarsi fron-talmente con quei capitalisti diventura che cominciano a ristruttu-rare e a vendere a prezzi esorbitan-ti gli immobili acquistati. Tre attiche sono stati messi in scena ne-gli Stati Uniti, ma anche in Europae in tante megalopoli nel Sud delmondo. A questo processo - socia-le, politico e economico - è dedica-to il saggio di Giovanni Semi pub-blicato da il Mulino con il titolo«Gentrification» (pp. 230, euro22). Un libro introduttivo a un te-ma così evidente da essere occul-tato da crisi fiscale delle ammini-strazioni pubbliche e emergenzesociali di vario genere e tipo. Unsaggio che può aiutare quei movi-menti sociali che fanno del dirittoall’abitare e alla città la chiave diaccesso al superamento dei rap-porti sociali dominanti.

SCAFFALI

La «Gentrification»di Giovanni Semi

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GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 il manifesto pagina 11

Ernesto Milanesi

L a scrittura oscilla fra lo stiledi PaoloNori eMaurizioMi-lani (che è di Codogno). La

«navigazione» è a vista (con gli oc-chi dell’indigeno Doc). La map-pa riconsegna la periferia delNord (talmente agricola da cri-stallizzarsi nel solco del tempo).

Mirko Volpi con Oceano Pada-no (Laterza, pp 172, euro 13) valetteralmente contromano comevuole il titolo della collana. Se rac-conta, è il geografo della Lombar-dia ineffettuale. Quando riflette,si offre come cassa di risonanzadella cultura popolare. Ogni vol-ta che ricorda, rispecchia mondiradicati altrove rispetto a qualsia-si post-modernità.

Una matassa che Volpi conti-nua a dipanare nello spazio gior-nalistico che gli ha riservato Il Fo-glio.Ma l’originale lavoro narrati-vo sembra predestinato ad un fi-lò nell’aia, senza mai l’ambizionedi tradursi in visione epica né inantologia nostalgica. È la crona-ca di spigolature che si condensanel «Tramandare la cassoeula, re-sistere al secolo». Si legge volen-tieri, tuttavia resta confinata oltrele risaie che finiscono a Villante-rio e prima di ogni traccia metro-politana.

In sostanza, Volpi cesella unmicrocosmo: «Socrate aNosadel-lo.Mio papà, nel pieno della cani-cola, dice a mia mamma:“Intanto che imparo a morire,portami un ghiacciolo”». È il filodella Bassa che lungo l’interaasta della pianura padana rac-chiude ancora coltura delle sta-gioni («Afa, desolazione fredda,gelo, desolazione tiepida»), faticache imperla la fronte, silenzi ri-tuali e devozione alla terra. Nosa-dello, il borgo di Pandino in pro-vincia di Cremona, equivale quin-

di a Heimat e insieme a sestante:Volpi ci è nato e soprattutto con-fessa «Ovunque vada, io rimangoqua. La stasi è vita, spostarsi unasua ipercinetica contraffazione».

Nosadello esaurisce ogni altrastoria: «pezzo di terra disteso tradue statali interrotte dalla provin-ciale, tutto erba e merda».L’esplorazionedi ununiversomi-crobico, regolato solo dal fluiredel tempo, è perfino stupefacen-te nei sentimenti nebulizzati dal-la quotidianità più cheprevedibi-le. Tuttavia la circumnavigazionedell’oceanopadano ingabbia tut-to e tutti dentro una sorta di auto-sufficienza che non ammette de-roghe, riserve, pentimenti.

È lo stesso nulla di acqua, leta-me e burro. Identico ma diversodalle altre frazioni, dai piccoli co-muni e dalle singole cascine cheda Pavia si estendono fino a Lo-di. Il niente paragonato alla vitadi città, alla vacanza al mare, alviaggio infinito. Eppure è un ma-re di rogge che tracima al di là del-la Padania ideologica di Salvini eristagna, eterno, nel foraggio o

nel concime.Così ci si lascia irretire dal gor-

go della narrazione, perché Volpiinterpreta persone e animali, luo-ghi e nebbie, lavoro e pettegolez-zi, cibo e destini come se tutto al-la fin fine si potesse davvero ri-durre all’infinita pianura. È l’or-gogliosa rivincita del ricercatoreuniversitario, erudito di Dante etesti volgari, studioso di linguisti-ca applicata anche alla politica.ConOceano Padano si rivela filo-logo di se stesso, ermeneutadell’arcipelagodei campi e filoso-fo della metafisica dei costumid’altri tempi.

Il prototipo umano della Bassalombarda - che galleggia sulle zol-le e sopravvive alle intemperie -incarna l’antidoto dell’operaionovecentesco votato al progres-so di asfalto & cemento,ma scac-cia preventivamente anche l’in-cubo dell’incertezza globale, so-vrana, devastante del XXI secolo.«Lui ama solo le rogge, i pesci difosso, le polle d’acqua sorgiva, gliinfidi canali ombreggiati dai filaridi ontani, le increspature dei fili

d’erba delle verdissime distese».Pedala sempre lamedesima stra-da, parla in dialetto, passa al bare pretende solo che nulla cambi.Proprio comeNosadello, «al ripa-ro da una modernità che non cipuò salvare».

Volpi irretisce con la sua spira-le dell’immobilismo naturale:«La nostra indipendenza è quelladell’acqua che sgorga da sola dal-la terra, sotto una bandiera conletame e burro in campo verdecangiante, e la lingua comune èquella che tace affratellandocinella contemplazione del piano,nella certezza che qui ci piantu-mano radici più robuste di quelledell’olmo. Altro non serve: noiamiamo restare».

Nelmare dimais, dentro le stal-le, nelle sagre o in cucina, affioraun’unica certezza che strappa ca-lendari: «Siamo solo immigratidal passato». Non c’è altro desti-no di quello diviso in quattro sta-gioni, scandito dal conseguentelavoronei campi o dalla stagiona-tura del formaggio e del salame.

Oceano Padano è il saggio per-fetto per chi non si accontentadella sociologia virtuale. Sarebbeperfino ottima letteratura aimar-gini di classifiche, premi ed edito-ria «social». Invita soprattutto averificare di persona la meravi-gliosa suggestione della Bassalombarda.

Ma l’erudizione di Volpi, conla sua vena calamitata in unango-lo di pianura, approda all’ultimaspiaggia del pensiero conservato-re: una comunità contadina radi-cata nell’eterno ritorno del nulla.L’Eden dell’indifferenza naturaleche combacia con la sovrana vo-lontà di impotenza.

Un mondo fuori dal mondo,finché Nosadello può rappresen-tare l’altra faccia dell’Expo diRho…

SCAFFALE · «Oceano Padano» di Mirko Volpi, per la collana «Contromano» di Laterza

Immobili nella spirale delle stagioni

Andrea Colombo

A rrivato in area 70, con all’at-tivo 54 romanzi, 200 raccon-ti e 350 milioni di libri ven-

duti in tutto il mondo, StephenKing rappresenta un caso a sé nel-la moderna letteratura americanae anzi mondiale. È il solo scrittoredi genere a cui ormai tutti ricono-scanodoti di eccellenza: non signi-fica che tutti amino i suoi libri, maanche chi li disprezza riconosce ilsuo talento, pur ritenendolo spre-cato. È probabilmente l’autorepiù multimediale in circolazione:i film tratti dalle sue storie, a volteda lui stesso sceneggiati, bastereb-bero a occupare per intero un lun-go festival del cinema; i serial tv,tratti dai romanzima in diversi ca-si originali, mai diretti ma spessosceneggiati e prodotti, sono ormaiquasi altrettanto numerosi; le suestorie hanno ispirato canzoni fa-mose, videogiochi, serie di comi-cs; suona da anni in una rockband, i Rock Bottom Remainders;ha aperto due radio, una dedicataal rock’n’roll, l’altra al baseball; ap-prodato ai social, ha sbancato siasu Fb che su Twitter. Soprattutto,nessuno come lui è stato in gradodi navigare in tutte le acque dellaletteratura popolare, con la solaeccezione del romanzo rosa.

Nato come autore horror, Kingha esplorato, sempre con succes-so, sci-fi, fantasy, western, pulp,new age, gangster story, thriller,fondendo tutto in ununico, inimi-tabile stile: tanto semplice e diret-to all’apparenza, perché consape-volmente determinato a essere al-la portata di chiunque e a intratte-nere chi legge (cosa che non puòpiù dirsi dell’altro grande autoredi genere americano, James El-lroy) quanto complesso e profon-do se letto con maggiore attenzio-ne. La sfida di King è sempre la

stessa: raccontare la realtà in tuttele sue sfaccettature, arpionandol’interesse dei lettori con la poten-za ipnotica delle sue trame e dellasua scritturama lasciandopoi a lo-ro la scelta tra fermarsi sul pianodel coinvolgimento immediato, lapaura, la suspence, il divertimen-to, o scandagliare più a fondoquelle stesse storie. Il quasi settan-tenne ragazzo del Maine è statospessoparagonato aBruce Spring-steen, unmusicista che pesca sen-za requie nell’intero repertoriodella musica popolare americana:in realtà la sua opera è più vicinaa quella dei Grateful Dead, laband leggendaria e comeKing flu-viale che miscelava rock, blues,jazz, country, folk e bluegrass nontanto per citare, omaggiare o riat-tualizzare ma per creare uno stileoriginale e unico.

Chi perde paga (Sperling &Kupfer, pp. 470, euro, 19.90), ilsuo ultimo romanzo (ma negliUsa è già in uscita una nuova rac-colta di racconti, The Bazaar ofBadDreams, ed è dapoco in offer-ta un lungo racconto, DrunkenFireworks, disponibile solo in ver-sione audiolibro) è un thriller, e as-solve perfettamente alla missionedi tenere chi legge col fiato sospe-so fino all’ultimo. È il secondo vo-lume di una trilogia, centrata sulpersonaggio di Bill Hodges, ex po-liziotto in pensione già protagoni-sta dell’ottimo Mr. Mercedes, chesi concluderà l’anno prossimocon la pubblicazione del volume

finaleEnd ofWatch. Solo cheHod-ges entra in ballo quando il libro èquasi a metà e non varcherà mai ilimiti del comprimario, così comei suoi due bizzarri aiutanti, già per-sonaggi centrali del romanzo pre-cedente.

I protagonisti veri sono MorrisBellamy, sessantenne pluriomici-da pazzo, appena uscito di galera,e Pete Saubert, adolescente e ra-gazzo d’oro che di Bellamy è l’op-posto in tutto tranne che in un pa-io di non secondari elementi. Abi-ta nella stessa casa dove viveva ilpazzo prima di passare 35 anninelle patrie galere. Come lui è pri-ma di ogni altra cosa un lettore e,guarda caso, entrambi adorano lostesso scrittore, JohnRothstein, gi-gante conclamato delle lettereamericane, passato a miglior vitanel 1978 dopo non aver pubblica-to un rigo negli ultimi 18 anni.

Lo ha ucciso proprio Bellamy,per punirlo di aver ridotto il suopersonaggio fisso, John Gould, daribelle indomato a zelante pubbli-citario ansimante per il successo,il soldo, una vita comoda. Di sfug-gita il killer ha anche rubato al suodefunto ex idolo una montagna ditaccuini riempiti nei 18 anni di ap-parente inattività: però nonha fat-to in tempo a leggerli prima di es-sere ingabbiato per tre decenni epassa. Pete li ritrova in un baulesepolto, accompagnati dal discre-to gruzzolo che il letterato, diffi-dando delle banche, si teneva in-cautamente in cassaforte. Soldinipreziosi negli anni durissimi dellaGrandeRecessione: spiccetti a pa-ragone di quello che renderebbe-ro i taccuini se venduti al collezio-nista giusto. Lo scopritore del teso-ro, a differenza delmaniaco, fa an-che in tempo a leggere quelle pa-role d’oro. Sa, come i lettori a cuiKing confessa il segreto già nelleprime pagine ma a differenza delfan folle e omicida, che il genio as-sassinato si teneva nel cassetto gliultimi due romanzi della serie, neiquali l’eroe vendutosi all’ameri-can way of life ritrovava se stesso,lasciandosi alle spalle casa, fami-glia e lavoro ben pagato per torna-re sulla strada. Proprio come neisogni del più fedele e più deluso

tra i suoi lettori, che lo uccide, infondo, proprio perché non sa diquei due romanzi nascosti.

Negli anni ’80, King aveva svela-to in due romanzi,Misery e Lame-tà oscura, e un racconto lungo,Giardino segreto, i lati ombrosi, cu-pi e tormentati dell’esistenza e del-lamente di chi scrive permestieree vocazione. Aveva parlato, pur secome al solito dietro lo schermodi storie fantastiche e avvincenti,di se stesso.Ma Stephen King nonè solo uno scrittore inesauribile: èanche un lettore insaziabile. Fin-ders Keepers, come s’intitolanell’originale questo romanzo,parla dei lettori. Non di quelli ca-suali o anchemoderatamente abi-tuali, ma dei lettori ossessivi e avi-di, quelli per cui i libri sono espe-rienze che incidono a fondo nellavita, e qualche volta diventanopassioni brucianti. L’autore lo ha

letteralmente riempito di citazio-ni, allusioni e rinvii ad altri libri,non per cedimento al pastiche po-stmoderno ma per restituire neldettaglio ilmondoa parte in cui vi-vono non le persone che leggonoma i Lettori: in tutta evidenzal’universo in cui avrebbe speso lavita StephenKing se non avesse ri-cevuto in dono, a differenza deidue protagonisti di Chi perde pa-ga, il talento e la fantasia di ungrande scrittore.

Quei doni, un’immaginazioneinestinguibile, la dote spontaneadel narratore nato, la capacità di

adoperare il fantastico per descri-vere il reale, King li ha affinati congli anni. Li ha limati e resi più sotti-li, sacrificando in parte l’impattobruscodella tramaa effetto per ac-quistare in profondità e senso del-le sfumature, fino a impegnarsi,chissà se coscientemente, in unamissione precisa.

Se Truman Capote si propone-va esplicitamente di trasformare ilgiornalismo in un genere lettera-rio, lo scrittore di Bangormira a fa-re dei generi popolari letteratura apieno titolo, come quella che in-canta e danna i protagonisti delsuo ultimo libro, ma senza rinun-ciaremai a scrivere per tutti i letto-ri, inclusi quelli che vanno in cer-ca di semplice divertimento. È ve-ro, il gioco non sempre gli riesce.Ma quando, come in questo e inmolti altri casi, centra l’obiettivoStephen King è impareggiabile.

NARRATIVA · «Chi perde paga», l’ultimo romanzo di Stephen King per Sperling & Kupfer

Il lettore insaziabile haun segreto

CULTURE

Arrivato alla sogliadei settanta, lo scrittoreè un vero prodigiodell’era multimediale,fra film, tv, social

Un killer pazzo, 18anni di taccuini conscritti mai pubblicatie un adolescente alleprese con quel tesoro

MURALES NEL MAAM (MUSEO DELL’ALTRO E DELL’ALTROVE) DI METROPOLIZ, SPAZIO AUTOGESTITO DI ROMA LAPRESSE

IN MOSTRA I GRADI DELLA LIBERTÀLiberi si nasce o si diventa? La libertà finisce dove iniziano idiritti degli altri o dove decide il nostro cervello? Di che libertàavremo bisogno fra cento anni? Sono tanti gli interrogativiaffrontati dalla mostra di arte e scienza «Gradi di libertà»:

progettata da Giovanni Carrada, con la collaborazionescientifica di Gilberto Corbellini, ideata e prodotta dallaFondazione Golinelli, è curata da Giovanni Carrada per laparte scientifica e da Cristiana Perrella per quella artistica erealizzata in collaborazione con l’Istituzione Bologna Musei |

MAMbo (fino al 22 novembre). Il titolo fa riferimento ai «gradidi libertà» del nostro comportamento. Fra gli artisti, HalilAltindere, Vanessa Beecroft, Cao Fei, Igor Grubi, Susan Hiller,Tehching Hsieh, Dr. Lakra, Ryan McGinley, Pietro Ruffo, Boband Roberta Smith, Ryan Trecartin, Nasan Tur.

oltretutto

Page 12: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

pagina 12 il manifesto GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015

PADRI E FIGLIE DI GABRIELEMUCCINO, CON RUSSEL CROWE

E AMANDA SEYFRIED, USA/ITALIA2015

Giona A. Nazzaro

A Gabriele Muccino il cine-ma piace e molto. L’evi-dente ostinazione con la

quale viviseziona i rapporti fa-miliari è indice di un grumo diossessioni che funziona comeun’instancabile macchina celi-be.Messi da parte i trentenni be-nestanti romani, Muccino, conil suo passaggio negli Stati uniti,si è rivelato un vero professioni-sta da studio. Nonostante l’in-successo del terzo film, e la diffi-coltà di individuare un interpre-te del valore diWill Smith, prota-gonista dei suoi primi due lavo-ri americani, conferma una di-mensione di confezionatore distorie generaliste sulle quali siabbatte regolarmente l’ironiadei recensori di turno.

Nella vicenda di una figliache continua da adulta a cerca-re il padre scrittore nei vuoti del-la sua esistenza quotidiana, con-trappuntata da un lungo flash-back che rievoca la genesi del ro-manzo più famoso del genitore,Muccino tenta un racconto sen-timentale autunnale che è an-che romanzo di formazione edesorcismo familiare. La NewYork del suo film sembraun’emanazione in minore dellacittà tutta ocra e filtri del tardoWoody Allen. Il nutrito castcomposto da star di prima gran-dezza e caratteristi di grandi ri-lievo con presenze d’eccezionecome Jane Fonda, è la tela sullaquale Muccino compone il suofilm.

Certo, la sceneggiatura e i col-pi di scena telefonati sono glielementi deboli di questo ambi-ziosomelodramma sentimenta-le. La sicurezza, però, con laquale il regista dirige il suo film,il piacere evidente deimovimen-ti di macchina, sono il segno diuna voglia di cinema che scegliepurtroppo di chiudersi nell’al-

veo del «film girato bene» comea volere tutelare a tutti i costi lasua natura di operazione pro-duttiva. In questo senso Padri efiglie è il film che meglio esem-plifica le ambizioni e i limiti delcinemamucciniano. La sicurez-za formale con la quale il registamette in scena il film è anche ilsegno di un limite che assurge aforma e pensiero di una pratica.

Muccino, nel suo andareavanti e indietro nel passato delsuo protagonista scrittore, con-trappuntandogli prima gliexploit sessuali della figlia psico-loga infantile e successivamen-te un Edipo a distanza, tenta dimettere piede anche in areeme-no frequentate dal suo cinema.Come in una seduta di analisi, imomenti di imbarazzante since-rità di Padri e figlie (per esem-pio la confessione di Diane Kru-ger) bucano la prevedibilità del-lo sviluppo drammatico. Purconfermandosi cinema del giàvisto, il film, nella sua ambizio-ne di reinventare in chiave auto-

riale le dinamiche da soap ope-ra, si rivela oggetto attraversatoda pulsioni e hybris. Come sedietro la celebrazione della fami-glia covasse in realtà il fantasmadella distruzione della famigliastessa.

Ed è questa hybris che restacostretta fra le forme di un filmelegante ma convenzionale,che forse si rifiuta o è incapacedi dare corpo ai suoi fantasminegati, a far sì che il film si offrain controluce come immaginenegativa dell’ideologia e dellosguardo che lo hanno posto inessere. Le piccole cose di cattivogusto, ossia il volontario esilioseparazionista del Muccino ci-neasta romano chiuso nel suomondo, riemergono nella visio-ne insulare di un’intellighenziaamericana quasi aristocratica,vista come sotto vetro. Comedi-re che le ambizioni di Muccinocineasta si scontrano con il vi-zio di forma di un classismo co-sì forte in grado persino di darecorpo e forma al suo tentativodi allontanarsene.

Padri e figlie offre quindi lospettacolo di un film che tentadi sottrarsi all’educazione diclasse che l’ha posto in esserema che a essa ritorna sempre at-traverso il fantasma coltivato daGabriele Muccino del cinema«fatto bene».

IO E LEI DI MARIA SOLE TOGNAZZI,CON MARGHERITA BUY, SABRINA

FERILLI, ITALIA 2015

Cristina Piccino

U n amore «normale». Cosasignifichi poi è assai ar-duo stabilirlo. Serate da-

vanti alla serie tv preferite, scam-biarsi gli occhiali a letto, sorride-re complici sull’inevitabile invec-chiare,decidere il week end nelconvento del Trecento, regalarsiunpranzetto sulla spiaggia alma-re vicino Roma: è questa la nor-malità? Per qualcuno forse, perla coppia protagonista di Io e leisenz'altro. Sono insieme da cin-que anni, si amano tranquilla-mente, non hannoproblemi eco-nomici anzi, tra la ristorazionetrendy-bio e lo studio di architet-tura gli affari vanno benissimo,vivono in un magnifico apparta-mento sui tetti della capitale concameriere filippino (gay) eun gat-tone tigrato. Ma tra loro qualco-sa comincia a incasinarsi e an-che Io e lei , il nuovo film di Ma-ria Sole Tognazzi, dopo il belViaggio sola, nonostante lemoltebuone intenzioni che lo suppor-tano prima tra tutte l’idea di rac-contare una relazione omoses-suale fuori dalle convenzioni «ec-centriche» diffuse. Sarà forse per-ché nel sentire comune si pensache le coppie lesbiche o gay sia-no scalmanati assatanati frequen-tatori di locali per scambisti (stra-pieni di etero), ululanti tra mos-sette e en travesti? Eppure persi-no la fiction televisiva nostrana emanco troppo alternativa si èconformata mostrandoci coppiegay come tante altre – anzi il mi-to della pantofola gay è una dellecose su cui ironizzano di più legenerazioni omosessuali con no-stalgia per i tempi di rivolta.

Ma torniamo alla coppia prota-gonista, Marina (Ferilli) attriceda ragazza in film italiani di serieb che la resero star per tanti cine-fili del genere, oggi ristoratrice disuccesso, e Federica (Buy) sposa-ta per decenni a un dentista buz-zurro, un figlio ventenne, e l’exora nuovamentemaritato alla ra-gazzetta di turno (e padre vec-chio con la nuova famiglia). Mase Marina la sua sessualità la ri-vendica seppure con discrezione- in famiglia, pubblicamente, am-mettendo che da attrice le ha cre-ato talvolta reazioni di irrigidi-mento - Federica piena di nevro-si ancora si imbarazza, fa fatica aaccettare una relazione lesbicalei che «lesbica» non si sente. Ecosì il gender, nonostante tutto,finisce per essere il punto di par-

tenza e la sola ragione nel raccon-to di questa «coppia-come-tan-te». Marina e Federica non co-minciano a allontanarsi per noia,per abitudine, perché dopo tantotempo non c'è più voglia di farel’amore condizione comunissi-ma (e al di là di ogni genere) an-che nelle storie di più esibita feli-cità. Il loro è un problema di ruo-li, di scelte rispetto al mondo, divoglia di «essere come tutti» - perFederica - laddove questo signifi-ca un amante uomo, ecc.

Da qui il limite del film, ingab-biato in una sceneggiatura (scrit-ta da Tognazzi insieme a France-sca Marciano e Ivan Cotroneo)pienadi ammiccamenti alla com-media, con scaramucce da casaVianello, rapporti di classe -Mari-na «borgatara», Federica alto bor-ghese, e tutti gli altri personaggi,i maschi specialmente un con-centrato delle umane (italiche?)mediocrità (cioè per amare unadonna non si deve per forza ave-re avuto un marito idiota che fa-rebbe passare la voglia solo a ve-derlo). Qualcuno ha parlato dellaVita di Adele, anche lì avevamouna lesbica borghese e convinta,con ostriche a colazione e una ra-gazzetta alla scoperta del mondocon la pasta al sugo sulla tavola

familiare. Ma insomma. Forseuna ispirazione, (Kechiche peròamapoco uno dei due personag-gi, Tognazzi invece li coccola en-trambi e questo è fondamenta-le). Quello che invece è certo èche il sesso, sensualità, deside-rio, erotismo (per me non è mol-to sensuale nemmeno la scenadella sculacciata kechichiana del-laVie d’Adele anzi è piuttosto gin-nica) nel film di Maria Sole To-gnazzi non esiste. E nemmenoche so? unbacio, una carezza (so-no in crisi non dimentichiamo),le due si baciano una volta senzaattrazione, e non si toccano mai.Il grado zero della fisicità, madavvero deve essere così frigidala vita «normale»?

Non so cosa sia accaduto per-ché a me Maria Sole Tognazzipiace, Io viaggio sola era un belfilm modulato da sentimenti im-palpabili, nevrosi diffuse (il cor-po trattenuto di Buy era perfetto)senza fratture eroiche, su statiemotivi di solitudini e abbozzatirimpianti che la protagonista, unpersonaggio femminile anticon-venzionale portava con sé neisuoi viaggi di lavoro e di fuga dal-la vita.

Qui invece tutto deve quadra-re, ogni battuta èmillimetrata ; lecose più belle, quelle in cui si par-la d'amore (e senza dover per for-za ammiccare) sono gesti im-provvisi, atmosfere che la mac-china da presa cattura, lo sguar-do della regista su piccole cose,paure stupide, impulsi infantiliche fanno apparire un’intimitàpurtroppo solo fugace.

STRAIGHT OUTTA COMPTON DI F.GARY GRAY, CON O’SHEA JACKSON

JR E COREY HAWKINS, USA 2015

G.D.V.

L’ autodella polizia frenabru-scamente sull’orlo delmar-ciapiede. «Cosa state facen-

do?» chiedono con asprezza i duepoliziotti che ne escono (uno nerouno bianco) a un gruppo di ragazziafroamericani impegnati a chiac-chierare tra di loro. Nel giro di po-chi secondi, in mezzo a uno scam-bio d’insulti, i ragazzi giaccionopancia a terra, le mani dietro allaschiena, le ginocchia degli agentiche premono sui reni di chi ha osa-to fare resistenza. Un signore bian-co cerca di intervenire, ma vienespintonato con violenza. Arrivanoaltre auto della polizia. Continuanoa volare gli insulti. Non è l’ultimo vi-ral video da Ferguson, ma una sce-na del passato, in un filmhollywoo-diano dell’estate. Intitolato come ilprimo successo del gruppo di cuiracconta la storia,N.W.A (un’abbre-viazione di Niggaz with Attitude),Straight Outta Compton, è un clas-sico biopic musicale (ragazzi pove-ri che diventano famosi e ricchi dalnulla, manager traditori, cascate didonne, fiumi di droga, le lotte inter-ne tra amici d’infanzia che spacca-no la band…). È anche l’istantaneadi un momento incredibilmentecreativodella black art, caratterizza-to da un frontalità anti-establish-ment che oggi non passerebbemai. È, infine, la messa a confrontotra i conflitti razziali di adesso equelli di venticinque anni fa.

Tra allora e oggi, come suggeri-scono la scena di sopra e altre nelfilm, ci sono cose che non sonocambiate. Ma non è questa depri-mente verifica che rende così inte-ressante Straight Outta Compton.Enemmeno l’annuncio che la Uni-versal, che lo ha prodotto, il weekend dell’uscitaUSA, il luglio scorso,ha offerto extra security a chi la ri-

chiedesse tra le sale che loprogram-mavano (misura precauzionale chenon si è rivelata necessaria). Quan-to il fatto che questo rap film ruvi-damente patinato (costato 28milio-ni di dollari e ne ha incassati solonegli States più di 160), è stato unodei maggiori successi dell’estate (aparagone: il veicolo MarvelAnt-Man, ha incassato 178 milionidi dollari ma ne è costati 130).

Diretto da Gary Gray (afroameri-cano di NY e autore di Set It Off, Ilnegoziatore e del remake di Colpoall’italiana uscito qualche anno fa)e prodotto tra gli altri dai rapper IceCube e Dr.Dre, co-fondatori diW.N.A., il film inizia nel 1986, nelsobborgo losangelino di Compton,

conquella che si potrebbedescrive-re comeuna scena di guerra. Il futu-ro leader di N.W.A, Eazy E. (JasonMitchell) entra in una casa fatiscen-te per un affare di droga. Dentrouna galleria di neri minacciosi, altitre volte lui, cani che ringhiano,donnemezzenude armate dimitra-gliette. Un inferno noir/pulp, «fat-to»,minacciosissimo, nella lucema-lata di Matthew Libatique (abitualedp di Aronofsky e spesso anchecon Spike Lee). Eazy ha una facciatosta pazzesca e sa bleffare, masembra un moscerino di fronte adei TRex. Le cose per lui stanno vol-gendo al peggio quando scoppia ilcaos, spari, sangue e urla da tutte leparti, le pareti della casa dilaniateda un carro armato della polizia.

Eazy se la cava miracolosamentescappando sui tetti – emozionantemetafora visiva dell’altrettanto mi-racolosa «fuga» con cui lui, Dr. Dre,Ice-Cube,MCRen eDJ Yella sfuggi-

ranno al ghetto. Come il recentefilm sui Beach Boys, Love &Mercy, ifatti del racconto sono presentatiavvolti di un’aura già mitica.L’esplosione del gangster rap – daighetti ai vertici delle hit parade ètratteggiata con sicurezza, humor,gustoper l’azione e per gli sfarzi, pe-ricolosi ed esagerati, della blaxploi-tation. Gray aveva già lavorato conIce Cube nella popolarissima com-media Friday. E si sente che i duesono molto in sintonia.

Il filmpulsa di vita interna, lemu-siche bellissime. Tra i suoimomen-ti più alti la ricostruzione di un fa-mosissimo concerto di Detroit, fini-tomale, dopo che, ignorando gli or-dini delle forze dell’ordine locale, iN.W.A. eseguirono (con euforicaapprovazionedel pubblico che can-tava con loro) la canzone per cui fi-nirono nel mirino dell’FBI e resta-no oggi più famosi: Fuck Tha Poli-ce.

InsiemeaN.W.A. vediamo squar-ci di altri grandi protagonisti dellescena rap della West Coast al mo-mento della sua nascita – il sadico,grassissimo, cofondatore dellaDea-th Row Records Suge Knight, Tu-pac Shakur, Snoopy Dogg….- e poil’inizio delle guerre tra artisti che fi-niranno nel sangue.

La corsa verso etichette discogra-fiche sempre più grosse, comeInterscope…O’Shea Jackson Jr., nel-la vita il figlio di IceCube a cui asso-miglia moltissimo, interpreta suopadre conpiglio e ironia, fino almi-naccioso inarcarsi delle sopracci-glia.

Anche gli altri giovani attori-Co-rey Hawkins (Dr. Dre), Jason Mi-chell (Eazy-E), Nei Brown (DJ Yella)e Aldis Hodge (MC Ren) funziona-no benissimo.

Paul Giamatti, con parruccabiancastra, è il manager Jerry Hel-ler. Straight Outta Compton, cheesce nel quarantesimo anniversa-rio delle rivolte di Watts, si chiudeconquelle scoppiate dopo il pestag-gio di Rodney King.

Il problema del genderdiviene nonostantele intenzioni della registacentrale. Come farsiaccettare dal mondo?

S ingle non sono. Frivola abbastanza.Pronta a tutto, dipende, a volte, in veri-tà... quando mai. Eppure, nonostante il

titolo orrendo a dir poco, Single, frivole, pron-te a tutto , il volume di Katherine Heiny in li-breriami ha attirato. Esordio, scrittrice ameri-cana, storie di donne a New York e il gioco èfatto. Lo comincio a leggere in terrazzo, rinfre-scata dalla brezza settembrina. Alla fine delleprime ventiqualcosa pagine scopro che è unaraccolta di racconti emi risento:mi ero già af-fezionata a Sasha, la giovane amante convo-cata da Anne, la più matura moglie di Car-son, e insultata a dovere in uno squallido barsulla Amsterdam Avenue; avrei voluto saper-ne di più. La sera viene a cena il mio amicoche suo figlio definisce scherzosamente intel-lettualoide. Forzo la mano e gli mostro il li-bro, forse provocatoriamente. Non credenemmeno per un istante che possa avere deimeriti letterari: mi maltratta in maniera pre-

vedibile, poi si pente un po’ ma è solo faccia-ta. Certo, la letteratura alta non può nascon-dersi dietro un titolo e una copertina del ge-nere. Eppure io riesco a riconoscere l’opera-zione commerciale, il tentativo della casa edi-trice di acchiappare ingannevolmente quan-te più fanciulle in cerca di leggerezza, che quiinvece non troveranno.

Nei racconti della Heiny il segreto corre sulfilo: la fedifraga non teme il giudizio divinoné quello del marito, piuttosto si confrontaad armi impari con la precedente amante delsuo amante, la vicina di casa cicciottella spet-tegolona, con cui condivide sesso occasiona-le del coniugato traditore seriale. La moralenon ha potere, è desautorata, quel che conta

è la felicità, una disperata, fanciullesca, par-ziale ricerca della felicità (oltreMuccino eCo-troneo). Lamorte del canediviene luogo di in-contro potenziale: il veterinario ha un cuored’oro e gli occhi pure, trattiene lamano rassi-curante un poco più del dovuto, porta visita adomicilio senza richiesta.

Il labirinto della vita quotidiana, pieno ditrappole e riti e noia e ripetitività, si attorci-glia e ruota i tentacoli verso molteplici tenta-zioni, come rami smossi dal vento autunnale,puoi aggrapparti o continuare a calpestarnele foglie secche cadute a terra. I figli sonoamore assoluto, come gli animali domestici,ma non diventano interferenza: più avantiavranno anche loro il loro bel da fare con il co-

smo, poverini: la giostra gira gira gira, conti-nua a a girare. Le protagoniste di queste brevistorie non hanno timore di essere scoperte,sannogestire conprudenza e raziocinio situa-zioni imbarazzanti, in bilico, comprometten-ti: autoindulgono in un amore per se stesseche le protegge da sciocchi giudizi dogmatici:sonodonne libere che apprezzano il bello, vo-gliono mantenere ciò che hanno, sfidano iltempo, gli uomini, la paura; falliscono e si rial-zano, sudano e vanno avanti, si guardano, siproteggono, si stimano. Si chiamano FrancesHa (Frances Ha, Noah Baumbach, 2012), nonCarrie Bradshaw (Sex and the city, la serie).Torna a cena l’intellettualoide col figlio adole-scente. Sono tentata di dirgli che il libro eradiverso, che i suoi pregiudizi erano maschili-sti, preconcetti, infondati. Resisto perché sochemi ascolterebbema, dentro, continuereb-be a pensare di avere ragione lui.

[email protected]

VISIONI

Drammatico/UN ROMANZO DI FORMAZIONE IN SALSA SOAP

Edipo e dintorni a NewYork,la famiglia imperfetta diMuccino

THE MARTIAN DI RIDLEY SCOTT, CONMATT DAMON E JESSICA CHASTAIN,

USA 2015

Giulia D’Agnolo Vallan

F orse per i rossi delle sue roccee delle sue tempeste di sabbia,così affascinanti da fotografa-

re, Marte ha ampiamente provato diesser irresistibile al cinema. Ci sonostati, tra gli altri, John Carpenter(Fantasmi su Marte), Brian De Pal-ma (Mission to Mars), Paul Verhoe-ven (Total Recall), il pixariano An-drew Stanton (John Carter), RobertZemeckis (produttorediMilo suMar-te)…Mentre Tobe Hooper (Invaders,remake del classico da Guerra fred-da di William Cameron Menzies In-vasori spaziali) e Tim Burton (MarsAttacks!) hanno preferito portare isuoi abitanti a compiere devastazio-ni sulla Terra.

Quest’autunno è la volta di RidleyScott. Dopo il pretenzioso pseu-do-prequel di Alien, Prometheus, el’impennata camp di The Counselor- Il procuratore e Exodus: Dei e re, ilsettantasettenne regista baronetto fail suo filmpiù spensieratoe «gradevo-le» da molti anni a questa parte, unantidoto al trascendente gigantismospaziale di Interstellar, e il migliorespot immaginabile oggi (due ore inelegante, super nitido, 3D su una co-lonna sonora fatta di classici della di-sco music) per le ambizioni dellaNasa, penalizzate da anni di tagli eda una pop cultura, autoreferenzia-le, ripiegata sulla centralità del selfie,il primo piano di se stessi, che lasciapoco spazio agli orizzonti dell’avven-tura. Non a caso, la Space Agencyamericana e parecchi dei suoi esper-ti figurano tra i consulenti del film.Nelle sale di tutto il mondo in con-temporanea con la notizia che con-fermerebbe l’esistenza di acqua suMarte, The Martian è tratto dal libroomonimo di Andy Weir, informaticopatito di Azimov e Clarke, che nel

2011 lopubblicò apuntate sul suo si-to (prima che fosse acquisito da Kin-dle e poi dalla Crown Publishing). Sitratta di un’avventura classica, sottotutti i punti di vista, conunapremes-sa da Robinson Crusoe (anche seall’abbinamento traDefoe e il piane-ta rosso aveva già pensatoByronHo-skins, nel 1964, con Robinson Crusoeon Mars, in cui la parte del selvaggioVenerdì veniva incorporata da unalieno) in cui un astronauta abban-donato su Marte deve ingegnarsi asopravvivere suunpianeta completa-mente deserto.

Nel film di Scott, Matt Damon èMarkWatney, il botanico di un equi-paggio di astronauti in missione suMarte. L’arrivodi una tempesta inso-litamente violenta, fa sì che il coman-dante della spedizione (Jessica Cha-stain) ordini di evacuare il pianeta.Nel breve tragitto tra labasee lanavi-cella, complicato dalla bufera, Wat-ney viene travolto da undetrito e da-

to per disperso dai suoi colleghi. Sul-la Terra, il direttore della Nasa (JeffDaniels), contrito, annuncia la suamorte,mentreWatney, anche sema-landato, è vivo e riescea trascinarsi fi-no alla base. Impossibilitato a comu-nicare con il pianeta madre, o con isuoi compagni che stanno tornandoa casa, Watney si ingegna prima ditutto per moltiplicare il più possibilele razioni di cibo a sua disposizione.E, facendo appello ai suoi studi e aun sacchetto ermeticamente chiusosu cui sta scritto «aprire solo il giornodel Ringraziamento», si inventa uncampo di patate fatto in casa. Diver-samente dai toni cupi, claustrofobi-ci, di Prometheus, o di film di sci fi insolitaria comeMoon, Scott rispetta iltono del libro di Weir e tiene alto ilcoefficiente umoristico. Usando co-me stratagemma le videoregistrazio-ni/diario che Watney fa a beneficiodei futuri residenti dellabase (lapros-sima spedizione dalla Terra è attesaentro un minimo di quattro anni),Damon racconta il suo quotidiano,arricchito di leggero sarcasmo, guar-dando in macchina e quindi rivol-gendosi direttamente al pubblico. Ilche dà a questo kolossal da parec-chie decine di milioni di dollari, untono colloquiale, intimo. La dialetti-ca tra quella dimensione «famiglia-re» e la vastità della solitudine sullosfondodelmagnificopanoramamar-ziano, classicamente fotografato daDariusWolski, funzionanomoltobe-ne.

Ancor prima che a Terra (e poisull’astronave dei compagni chel’hanno lasciato a piedi per sbaglio) ipotenti cervelli della Nasa scopranoche Watney è vivo e si mettano inmoto per salvarlo, TheMartian, è unfilm vecchio, sull’ingegnosità ameri-cana, sul suo sano spiritodi sopravvi-venza. Ma senza patriottismi banalio tromboni. Anche perché, visto co-mebuttaoggi il botteghino, per salva-re Watney ci sarà bisogno anchedell’aiuto della Cina.

PHIL WOODSFraseggio perfetto, alta tecnica e cuore. Se ne è andato a 83 anni PhilWoods, grande alto sassofonista fra i nomi più apprezzati nel panoramajazz e non solo. Fu uno dei maestri dello strumento della generazioneappena successiva a Charlie Parker che aveva ridefinito i termini del

bepop. Per buona parte della sua carriera lavorò nelle big band registrandodischi con Oliver Nelson, Michel Legrand e George Russell. Quincy Jones loportò nel 1956 nella big band di Dizzy Gillespie. Ma la carriera di Woodsnon si limitò al jazz; accettò spesso e volentieri di misurarsi in ambito popcollaborando fra gli altri con Simon e Garfunkel (1975) e nello stesso anno

con gli Steely Dan in «Doctor Wu». Celebre è il suo assolo a impreziosire laballad di Billy Joel «Just the way you are» (1977). Con eccesso di modestiaWoods - che nella sua carriera si è aggiudicato quattro Grammy (il primonel 1975 per «Images», album orchestrale con Michel Legrand), si èsempre definito più che un «innovatore» uno «stilista».

Ridley Scott racconta il quotidianodell’astronauta Matt Damondisperso su Marte, con leggerezzae sarcasmo. È il suo film piùriuscito da molti anni a questaparte, benedetto dalla Nasacon una colonna sonora tutta disco

FemmineFolli

Passioni e pregiudiziFabiana Sargentini

VISIONI

– –

Dai ghetti ai verticidelle hit, la parabolaraccontata con gustoper l’azione e gli sfarzidella blaxploitation

MATT DAMON IN DUE SCENE DI «THE MARTIAN»; SOTTO RUSSEL CROWE IN «PADRI E FIGLIE»

Padre e figlia eun rapporto minatoda troppe ossessioni,fra flashback e colpidi scena telefonati

Per la prima volta un film in lingua ba-sca è stato scelto per rappresentare laSpagna agli Oscar nella categoria delmiglior film straniero. «Loerak» (Fiori) diJon Garaño e Jose Mari Goenaga raccon-ta la storia di una donna, Ane ( NagoreAranburu) che inizia a ricevere un mazzodi fiori una volta alla settimana da unmittente misterioso. E la sua vita comequella di altre persone intorno a lei cam-bierà con questo omaggio legato a unamemoria sfuggente ... Il film che ha otte-nuto in Spagna molti riconoscimenti -ma una distribuzione in sala limitata - eottime critiche internazionali è stato an-che il primo lungometraggio in linguabasca a vincere i Goya. La cerimoniadegli Oscar si terrà al Dolby Theatre diLos Angeles il prossimo 28 febbraio.

OSCAR

La Spagna candidail film basco «Loreak»

L’alienoRobinson

COMMEDIA · Ferilli e Buy coppia lesbica in crisi protagoniste di «Io e lei»

Una voglia di «normalità»tra sentimenti in fuga

BIOPIC · La nascita del gruppo hip hop N.W.A. e gli scontri razziali

Quando eravamo tutti guerrieri,la rivoluzione del gangstarap

Al cinema • A precipizio nello spazio profondo; Maria Sole Tognazzi e la pauradell’amore; dietro i fantasmi di Muccino; pionieri hip hop nell’America di ieri e oggi

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GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 il manifesto pagina 13

PADRI E FIGLIE DI GABRIELEMUCCINO, CON RUSSEL CROWE

E AMANDA SEYFRIED, USA/ITALIA2015

Giona A. Nazzaro

A Gabriele Muccino il cine-ma piace e molto. L’evi-dente ostinazione con la

quale viviseziona i rapporti fa-miliari è indice di un grumo diossessioni che funziona comeun’instancabile macchina celi-be.Messi da parte i trentenni be-nestanti romani, Muccino, conil suo passaggio negli Stati uniti,si è rivelato un vero professioni-sta da studio. Nonostante l’in-successo del terzo film, e la diffi-coltà di individuare un interpre-te del valore diWill Smith, prota-gonista dei suoi primi due lavo-ri americani, conferma una di-mensione di confezionatore distorie generaliste sulle quali siabbatte regolarmente l’ironiadei recensori di turno.

Nella vicenda di una figliache continua da adulta a cerca-re il padre scrittore nei vuoti del-la sua esistenza quotidiana, con-trappuntata da un lungo flash-back che rievoca la genesi del ro-manzo più famoso del genitore,Muccino tenta un racconto sen-timentale autunnale che è an-che romanzo di formazione edesorcismo familiare. La NewYork del suo film sembraun’emanazione in minore dellacittà tutta ocra e filtri del tardoWoody Allen. Il nutrito castcomposto da star di prima gran-dezza e caratteristi di grandi ri-lievo con presenze d’eccezionecome Jane Fonda, è la tela sullaquale Muccino compone il suofilm.

Certo, la sceneggiatura e i col-pi di scena telefonati sono glielementi deboli di questo ambi-ziosomelodramma sentimenta-le. La sicurezza, però, con laquale il regista dirige il suo film,il piacere evidente deimovimen-ti di macchina, sono il segno diuna voglia di cinema che scegliepurtroppo di chiudersi nell’al-

veo del «film girato bene» comea volere tutelare a tutti i costi lasua natura di operazione pro-duttiva. In questo senso Padri efiglie è il film che meglio esem-plifica le ambizioni e i limiti delcinemamucciniano. La sicurez-za formale con la quale il registamette in scena il film è anche ilsegno di un limite che assurge aforma e pensiero di una pratica.

Muccino, nel suo andareavanti e indietro nel passato delsuo protagonista scrittore, con-trappuntandogli prima gliexploit sessuali della figlia psico-loga infantile e successivamen-te un Edipo a distanza, tenta dimettere piede anche in areeme-no frequentate dal suo cinema.Come in una seduta di analisi, imomenti di imbarazzante since-rità di Padri e figlie (per esem-pio la confessione di Diane Kru-ger) bucano la prevedibilità del-lo sviluppo drammatico. Purconfermandosi cinema del giàvisto, il film, nella sua ambizio-ne di reinventare in chiave auto-

riale le dinamiche da soap ope-ra, si rivela oggetto attraversatoda pulsioni e hybris. Come sedietro la celebrazione della fami-glia covasse in realtà il fantasmadella distruzione della famigliastessa.

Ed è questa hybris che restacostretta fra le forme di un filmelegante ma convenzionale,che forse si rifiuta o è incapacedi dare corpo ai suoi fantasminegati, a far sì che il film si offrain controluce come immaginenegativa dell’ideologia e dellosguardo che lo hanno posto inessere. Le piccole cose di cattivogusto, ossia il volontario esilioseparazionista del Muccino ci-neasta romano chiuso nel suomondo, riemergono nella visio-ne insulare di un’intellighenziaamericana quasi aristocratica,vista come sotto vetro. Comedi-re che le ambizioni di Muccinocineasta si scontrano con il vi-zio di forma di un classismo co-sì forte in grado persino di darecorpo e forma al suo tentativodi allontanarsene.

Padri e figlie offre quindi lospettacolo di un film che tentadi sottrarsi all’educazione diclasse che l’ha posto in esserema che a essa ritorna sempre at-traverso il fantasma coltivato daGabriele Muccino del cinema«fatto bene».

IO E LEI DI MARIA SOLE TOGNAZZI,CON MARGHERITA BUY, SABRINA

FERILLI, ITALIA 2015

Cristina Piccino

U n amore «normale». Cosasignifichi poi è assai ar-duo stabilirlo. Serate da-

vanti alla serie tv preferite, scam-biarsi gli occhiali a letto, sorride-re complici sull’inevitabile invec-chiare,decidere il week end nelconvento del Trecento, regalarsiunpranzetto sulla spiaggia alma-re vicino Roma: è questa la nor-malità? Per qualcuno forse, perla coppia protagonista di Io e leisenz'altro. Sono insieme da cin-que anni, si amano tranquilla-mente, non hannoproblemi eco-nomici anzi, tra la ristorazionetrendy-bio e lo studio di architet-tura gli affari vanno benissimo,vivono in un magnifico apparta-mento sui tetti della capitale concameriere filippino (gay) eun gat-tone tigrato. Ma tra loro qualco-sa comincia a incasinarsi e an-che Io e lei , il nuovo film di Ma-ria Sole Tognazzi, dopo il belViaggio sola, nonostante lemoltebuone intenzioni che lo suppor-tano prima tra tutte l’idea di rac-contare una relazione omoses-suale fuori dalle convenzioni «ec-centriche» diffuse. Sarà forse per-ché nel sentire comune si pensache le coppie lesbiche o gay sia-no scalmanati assatanati frequen-tatori di locali per scambisti (stra-pieni di etero), ululanti tra mos-sette e en travesti? Eppure persi-no la fiction televisiva nostrana emanco troppo alternativa si èconformata mostrandoci coppiegay come tante altre – anzi il mi-to della pantofola gay è una dellecose su cui ironizzano di più legenerazioni omosessuali con no-stalgia per i tempi di rivolta.

Ma torniamo alla coppia prota-gonista, Marina (Ferilli) attriceda ragazza in film italiani di serieb che la resero star per tanti cine-fili del genere, oggi ristoratrice disuccesso, e Federica (Buy) sposa-ta per decenni a un dentista buz-zurro, un figlio ventenne, e l’exora nuovamentemaritato alla ra-gazzetta di turno (e padre vec-chio con la nuova famiglia). Mase Marina la sua sessualità la ri-vendica seppure con discrezione- in famiglia, pubblicamente, am-mettendo che da attrice le ha cre-ato talvolta reazioni di irrigidi-mento - Federica piena di nevro-si ancora si imbarazza, fa fatica aaccettare una relazione lesbicalei che «lesbica» non si sente. Ecosì il gender, nonostante tutto,finisce per essere il punto di par-

tenza e la sola ragione nel raccon-to di questa «coppia-come-tan-te». Marina e Federica non co-minciano a allontanarsi per noia,per abitudine, perché dopo tantotempo non c'è più voglia di farel’amore condizione comunissi-ma (e al di là di ogni genere) an-che nelle storie di più esibita feli-cità. Il loro è un problema di ruo-li, di scelte rispetto al mondo, divoglia di «essere come tutti» - perFederica - laddove questo signifi-ca un amante uomo, ecc.

Da qui il limite del film, ingab-biato in una sceneggiatura (scrit-ta da Tognazzi insieme a France-sca Marciano e Ivan Cotroneo)pienadi ammiccamenti alla com-media, con scaramucce da casaVianello, rapporti di classe -Mari-na «borgatara», Federica alto bor-ghese, e tutti gli altri personaggi,i maschi specialmente un con-centrato delle umane (italiche?)mediocrità (cioè per amare unadonna non si deve per forza ave-re avuto un marito idiota che fa-rebbe passare la voglia solo a ve-derlo). Qualcuno ha parlato dellaVita di Adele, anche lì avevamouna lesbica borghese e convinta,con ostriche a colazione e una ra-gazzetta alla scoperta del mondocon la pasta al sugo sulla tavola

familiare. Ma insomma. Forseuna ispirazione, (Kechiche peròamapoco uno dei due personag-gi, Tognazzi invece li coccola en-trambi e questo è fondamenta-le). Quello che invece è certo èche il sesso, sensualità, deside-rio, erotismo (per me non è mol-to sensuale nemmeno la scenadella sculacciata kechichiana del-laVie d’Adele anzi è piuttosto gin-nica) nel film di Maria Sole To-gnazzi non esiste. E nemmenoche so? unbacio, una carezza (so-no in crisi non dimentichiamo),le due si baciano una volta senzaattrazione, e non si toccano mai.Il grado zero della fisicità, madavvero deve essere così frigidala vita «normale»?

Non so cosa sia accaduto per-ché a me Maria Sole Tognazzipiace, Io viaggio sola era un belfilm modulato da sentimenti im-palpabili, nevrosi diffuse (il cor-po trattenuto di Buy era perfetto)senza fratture eroiche, su statiemotivi di solitudini e abbozzatirimpianti che la protagonista, unpersonaggio femminile anticon-venzionale portava con sé neisuoi viaggi di lavoro e di fuga dal-la vita.

Qui invece tutto deve quadra-re, ogni battuta èmillimetrata ; lecose più belle, quelle in cui si par-la d'amore (e senza dover per for-za ammiccare) sono gesti im-provvisi, atmosfere che la mac-china da presa cattura, lo sguar-do della regista su piccole cose,paure stupide, impulsi infantiliche fanno apparire un’intimitàpurtroppo solo fugace.

STRAIGHT OUTTA COMPTON DI F.GARY GRAY, CON O’SHEA JACKSON

JR E COREY HAWKINS, USA 2015

G.D.V.

L’ autodella polizia frenabru-scamente sull’orlo delmar-ciapiede. «Cosa state facen-

do?» chiedono con asprezza i duepoliziotti che ne escono (uno nerouno bianco) a un gruppo di ragazziafroamericani impegnati a chiac-chierare tra di loro. Nel giro di po-chi secondi, in mezzo a uno scam-bio d’insulti, i ragazzi giaccionopancia a terra, le mani dietro allaschiena, le ginocchia degli agentiche premono sui reni di chi ha osa-to fare resistenza. Un signore bian-co cerca di intervenire, ma vienespintonato con violenza. Arrivanoaltre auto della polizia. Continuanoa volare gli insulti. Non è l’ultimo vi-ral video da Ferguson, ma una sce-na del passato, in un filmhollywoo-diano dell’estate. Intitolato come ilprimo successo del gruppo di cuiracconta la storia,N.W.A (un’abbre-viazione di Niggaz with Attitude),Straight Outta Compton, è un clas-sico biopic musicale (ragazzi pove-ri che diventano famosi e ricchi dalnulla, manager traditori, cascate didonne, fiumi di droga, le lotte inter-ne tra amici d’infanzia che spacca-no la band…). È anche l’istantaneadi un momento incredibilmentecreativodella black art, caratterizza-to da un frontalità anti-establish-ment che oggi non passerebbemai. È, infine, la messa a confrontotra i conflitti razziali di adesso equelli di venticinque anni fa.

Tra allora e oggi, come suggeri-scono la scena di sopra e altre nelfilm, ci sono cose che non sonocambiate. Ma non è questa depri-mente verifica che rende così inte-ressante Straight Outta Compton.Enemmeno l’annuncio che la Uni-versal, che lo ha prodotto, il weekend dell’uscitaUSA, il luglio scorso,ha offerto extra security a chi la ri-

chiedesse tra le sale che loprogram-mavano (misura precauzionale chenon si è rivelata necessaria). Quan-to il fatto che questo rap film ruvi-damente patinato (costato 28milio-ni di dollari e ne ha incassati solonegli States più di 160), è stato unodei maggiori successi dell’estate (aparagone: il veicolo MarvelAnt-Man, ha incassato 178 milionidi dollari ma ne è costati 130).

Diretto da Gary Gray (afroameri-cano di NY e autore di Set It Off, Ilnegoziatore e del remake di Colpoall’italiana uscito qualche anno fa)e prodotto tra gli altri dai rapper IceCube e Dr.Dre, co-fondatori diW.N.A., il film inizia nel 1986, nelsobborgo losangelino di Compton,

conquella che si potrebbedescrive-re comeuna scena di guerra. Il futu-ro leader di N.W.A, Eazy E. (JasonMitchell) entra in una casa fatiscen-te per un affare di droga. Dentrouna galleria di neri minacciosi, altitre volte lui, cani che ringhiano,donnemezzenude armate dimitra-gliette. Un inferno noir/pulp, «fat-to»,minacciosissimo, nella lucema-lata di Matthew Libatique (abitualedp di Aronofsky e spesso anchecon Spike Lee). Eazy ha una facciatosta pazzesca e sa bleffare, masembra un moscerino di fronte adei TRex. Le cose per lui stanno vol-gendo al peggio quando scoppia ilcaos, spari, sangue e urla da tutte leparti, le pareti della casa dilaniateda un carro armato della polizia.

Eazy se la cava miracolosamentescappando sui tetti – emozionantemetafora visiva dell’altrettanto mi-racolosa «fuga» con cui lui, Dr. Dre,Ice-Cube,MCRen eDJ Yella sfuggi-

ranno al ghetto. Come il recentefilm sui Beach Boys, Love &Mercy, ifatti del racconto sono presentatiavvolti di un’aura già mitica.L’esplosione del gangster rap – daighetti ai vertici delle hit parade ètratteggiata con sicurezza, humor,gustoper l’azione e per gli sfarzi, pe-ricolosi ed esagerati, della blaxploi-tation. Gray aveva già lavorato conIce Cube nella popolarissima com-media Friday. E si sente che i duesono molto in sintonia.

Il filmpulsa di vita interna, lemu-siche bellissime. Tra i suoimomen-ti più alti la ricostruzione di un fa-mosissimo concerto di Detroit, fini-tomale, dopo che, ignorando gli or-dini delle forze dell’ordine locale, iN.W.A. eseguirono (con euforicaapprovazionedel pubblico che can-tava con loro) la canzone per cui fi-nirono nel mirino dell’FBI e resta-no oggi più famosi: Fuck Tha Poli-ce.

InsiemeaN.W.A. vediamo squar-ci di altri grandi protagonisti dellescena rap della West Coast al mo-mento della sua nascita – il sadico,grassissimo, cofondatore dellaDea-th Row Records Suge Knight, Tu-pac Shakur, Snoopy Dogg….- e poil’inizio delle guerre tra artisti che fi-niranno nel sangue.

La corsa verso etichette discogra-fiche sempre più grosse, comeInterscope…O’Shea Jackson Jr., nel-la vita il figlio di IceCube a cui asso-miglia moltissimo, interpreta suopadre conpiglio e ironia, fino almi-naccioso inarcarsi delle sopracci-glia.

Anche gli altri giovani attori-Co-rey Hawkins (Dr. Dre), Jason Mi-chell (Eazy-E), Nei Brown (DJ Yella)e Aldis Hodge (MC Ren) funziona-no benissimo.

Paul Giamatti, con parruccabiancastra, è il manager Jerry Hel-ler. Straight Outta Compton, cheesce nel quarantesimo anniversa-rio delle rivolte di Watts, si chiudeconquelle scoppiate dopo il pestag-gio di Rodney King.

Il problema del genderdiviene nonostantele intenzioni della registacentrale. Come farsiaccettare dal mondo?

S ingle non sono. Frivola abbastanza.Pronta a tutto, dipende, a volte, in veri-tà... quando mai. Eppure, nonostante il

titolo orrendo a dir poco, Single, frivole, pron-te a tutto , il volume di Katherine Heiny in li-breriami ha attirato. Esordio, scrittrice ameri-cana, storie di donne a New York e il gioco èfatto. Lo comincio a leggere in terrazzo, rinfre-scata dalla brezza settembrina. Alla fine delleprime ventiqualcosa pagine scopro che è unaraccolta di racconti emi risento:mi ero già af-fezionata a Sasha, la giovane amante convo-cata da Anne, la più matura moglie di Car-son, e insultata a dovere in uno squallido barsulla Amsterdam Avenue; avrei voluto saper-ne di più. La sera viene a cena il mio amicoche suo figlio definisce scherzosamente intel-lettualoide. Forzo la mano e gli mostro il li-bro, forse provocatoriamente. Non credenemmeno per un istante che possa avere deimeriti letterari: mi maltratta in maniera pre-

vedibile, poi si pente un po’ ma è solo faccia-ta. Certo, la letteratura alta non può nascon-dersi dietro un titolo e una copertina del ge-nere. Eppure io riesco a riconoscere l’opera-zione commerciale, il tentativo della casa edi-trice di acchiappare ingannevolmente quan-te più fanciulle in cerca di leggerezza, che quiinvece non troveranno.

Nei racconti della Heiny il segreto corre sulfilo: la fedifraga non teme il giudizio divinoné quello del marito, piuttosto si confrontaad armi impari con la precedente amante delsuo amante, la vicina di casa cicciottella spet-tegolona, con cui condivide sesso occasiona-le del coniugato traditore seriale. La moralenon ha potere, è desautorata, quel che conta

è la felicità, una disperata, fanciullesca, par-ziale ricerca della felicità (oltreMuccino eCo-troneo). Lamorte del canediviene luogo di in-contro potenziale: il veterinario ha un cuored’oro e gli occhi pure, trattiene lamano rassi-curante un poco più del dovuto, porta visita adomicilio senza richiesta.

Il labirinto della vita quotidiana, pieno ditrappole e riti e noia e ripetitività, si attorci-glia e ruota i tentacoli verso molteplici tenta-zioni, come rami smossi dal vento autunnale,puoi aggrapparti o continuare a calpestarnele foglie secche cadute a terra. I figli sonoamore assoluto, come gli animali domestici,ma non diventano interferenza: più avantiavranno anche loro il loro bel da fare con il co-

smo, poverini: la giostra gira gira gira, conti-nua a a girare. Le protagoniste di queste brevistorie non hanno timore di essere scoperte,sannogestire conprudenza e raziocinio situa-zioni imbarazzanti, in bilico, comprometten-ti: autoindulgono in un amore per se stesseche le protegge da sciocchi giudizi dogmatici:sonodonne libere che apprezzano il bello, vo-gliono mantenere ciò che hanno, sfidano iltempo, gli uomini, la paura; falliscono e si rial-zano, sudano e vanno avanti, si guardano, siproteggono, si stimano. Si chiamano FrancesHa (Frances Ha, Noah Baumbach, 2012), nonCarrie Bradshaw (Sex and the city, la serie).Torna a cena l’intellettualoide col figlio adole-scente. Sono tentata di dirgli che il libro eradiverso, che i suoi pregiudizi erano maschili-sti, preconcetti, infondati. Resisto perché sochemi ascolterebbema, dentro, continuereb-be a pensare di avere ragione lui.

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VISIONI

Drammatico/UN ROMANZO DI FORMAZIONE IN SALSA SOAP

Edipo e dintorni a NewYork,la famiglia imperfetta diMuccino

THE MARTIAN DI RIDLEY SCOTT, CONMATT DAMON E JESSICA CHASTAIN,

USA 2015

Giulia D’Agnolo Vallan

F orse per i rossi delle sue roccee delle sue tempeste di sabbia,così affascinanti da fotografa-

re, Marte ha ampiamente provato diesser irresistibile al cinema. Ci sonostati, tra gli altri, John Carpenter(Fantasmi su Marte), Brian De Pal-ma (Mission to Mars), Paul Verhoe-ven (Total Recall), il pixariano An-drew Stanton (John Carter), RobertZemeckis (produttorediMilo suMar-te)…Mentre Tobe Hooper (Invaders,remake del classico da Guerra fred-da di William Cameron Menzies In-vasori spaziali) e Tim Burton (MarsAttacks!) hanno preferito portare isuoi abitanti a compiere devastazio-ni sulla Terra.

Quest’autunno è la volta di RidleyScott. Dopo il pretenzioso pseu-do-prequel di Alien, Prometheus, el’impennata camp di The Counselor- Il procuratore e Exodus: Dei e re, ilsettantasettenne regista baronetto fail suo filmpiù spensieratoe «gradevo-le» da molti anni a questa parte, unantidoto al trascendente gigantismospaziale di Interstellar, e il migliorespot immaginabile oggi (due ore inelegante, super nitido, 3D su una co-lonna sonora fatta di classici della di-sco music) per le ambizioni dellaNasa, penalizzate da anni di tagli eda una pop cultura, autoreferenzia-le, ripiegata sulla centralità del selfie,il primo piano di se stessi, che lasciapoco spazio agli orizzonti dell’avven-tura. Non a caso, la Space Agencyamericana e parecchi dei suoi esper-ti figurano tra i consulenti del film.Nelle sale di tutto il mondo in con-temporanea con la notizia che con-fermerebbe l’esistenza di acqua suMarte, The Martian è tratto dal libroomonimo di Andy Weir, informaticopatito di Azimov e Clarke, che nel

2011 lopubblicò apuntate sul suo si-to (prima che fosse acquisito da Kin-dle e poi dalla Crown Publishing). Sitratta di un’avventura classica, sottotutti i punti di vista, conunapremes-sa da Robinson Crusoe (anche seall’abbinamento traDefoe e il piane-ta rosso aveva già pensatoByronHo-skins, nel 1964, con Robinson Crusoeon Mars, in cui la parte del selvaggioVenerdì veniva incorporata da unalieno) in cui un astronauta abban-donato su Marte deve ingegnarsi asopravvivere suunpianeta completa-mente deserto.

Nel film di Scott, Matt Damon èMarkWatney, il botanico di un equi-paggio di astronauti in missione suMarte. L’arrivodi una tempesta inso-litamente violenta, fa sì che il coman-dante della spedizione (Jessica Cha-stain) ordini di evacuare il pianeta.Nel breve tragitto tra labasee lanavi-cella, complicato dalla bufera, Wat-ney viene travolto da undetrito e da-

to per disperso dai suoi colleghi. Sul-la Terra, il direttore della Nasa (JeffDaniels), contrito, annuncia la suamorte,mentreWatney, anche sema-landato, è vivo e riescea trascinarsi fi-no alla base. Impossibilitato a comu-nicare con il pianeta madre, o con isuoi compagni che stanno tornandoa casa, Watney si ingegna prima ditutto per moltiplicare il più possibilele razioni di cibo a sua disposizione.E, facendo appello ai suoi studi e aun sacchetto ermeticamente chiusosu cui sta scritto «aprire solo il giornodel Ringraziamento», si inventa uncampo di patate fatto in casa. Diver-samente dai toni cupi, claustrofobi-ci, di Prometheus, o di film di sci fi insolitaria comeMoon, Scott rispetta iltono del libro di Weir e tiene alto ilcoefficiente umoristico. Usando co-me stratagemma le videoregistrazio-ni/diario che Watney fa a beneficiodei futuri residenti dellabase (lapros-sima spedizione dalla Terra è attesaentro un minimo di quattro anni),Damon racconta il suo quotidiano,arricchito di leggero sarcasmo, guar-dando in macchina e quindi rivol-gendosi direttamente al pubblico. Ilche dà a questo kolossal da parec-chie decine di milioni di dollari, untono colloquiale, intimo. La dialetti-ca tra quella dimensione «famiglia-re» e la vastità della solitudine sullosfondodelmagnificopanoramamar-ziano, classicamente fotografato daDariusWolski, funzionanomoltobe-ne.

Ancor prima che a Terra (e poisull’astronave dei compagni chel’hanno lasciato a piedi per sbaglio) ipotenti cervelli della Nasa scopranoche Watney è vivo e si mettano inmoto per salvarlo, TheMartian, è unfilm vecchio, sull’ingegnosità ameri-cana, sul suo sano spiritodi sopravvi-venza. Ma senza patriottismi banalio tromboni. Anche perché, visto co-mebuttaoggi il botteghino, per salva-re Watney ci sarà bisogno anchedell’aiuto della Cina.

PHIL WOODSFraseggio perfetto, alta tecnica e cuore. Se ne è andato a 83 anni PhilWoods, grande alto sassofonista fra i nomi più apprezzati nel panoramajazz e non solo. Fu uno dei maestri dello strumento della generazioneappena successiva a Charlie Parker che aveva ridefinito i termini del

bepop. Per buona parte della sua carriera lavorò nelle big band registrandodischi con Oliver Nelson, Michel Legrand e George Russell. Quincy Jones loportò nel 1956 nella big band di Dizzy Gillespie. Ma la carriera di Woodsnon si limitò al jazz; accettò spesso e volentieri di misurarsi in ambito popcollaborando fra gli altri con Simon e Garfunkel (1975) e nello stesso anno

con gli Steely Dan in «Doctor Wu». Celebre è il suo assolo a impreziosire laballad di Billy Joel «Just the way you are» (1977). Con eccesso di modestiaWoods - che nella sua carriera si è aggiudicato quattro Grammy (il primonel 1975 per «Images», album orchestrale con Michel Legrand), si èsempre definito più che un «innovatore» uno «stilista».

Ridley Scott racconta il quotidianodell’astronauta Matt Damondisperso su Marte, con leggerezzae sarcasmo. È il suo film piùriuscito da molti anni a questaparte, benedetto dalla Nasacon una colonna sonora tutta disco

FemmineFolli

Passioni e pregiudiziFabiana Sargentini

VISIONI

– –

Dai ghetti ai verticidelle hit, la parabolaraccontata con gustoper l’azione e gli sfarzidella blaxploitation

MATT DAMON IN DUE SCENE DI «THE MARTIAN»; SOTTO RUSSEL CROWE IN «PADRI E FIGLIE»

Padre e figlia eun rapporto minatoda troppe ossessioni,fra flashback e colpidi scena telefonati

Per la prima volta un film in lingua ba-sca è stato scelto per rappresentare laSpagna agli Oscar nella categoria delmiglior film straniero. «Loerak» (Fiori) diJon Garaño e Jose Mari Goenaga raccon-ta la storia di una donna, Ane ( NagoreAranburu) che inizia a ricevere un mazzodi fiori una volta alla settimana da unmittente misterioso. E la sua vita comequella di altre persone intorno a lei cam-bierà con questo omaggio legato a unamemoria sfuggente ... Il film che ha otte-nuto in Spagna molti riconoscimenti -ma una distribuzione in sala limitata - eottime critiche internazionali è stato an-che il primo lungometraggio in linguabasca a vincere i Goya. La cerimoniadegli Oscar si terrà al Dolby Theatre diLos Angeles il prossimo 28 febbraio.

OSCAR

La Spagna candidail film basco «Loreak»

L’alienoRobinson

COMMEDIA · Ferilli e Buy coppia lesbica in crisi protagoniste di «Io e lei»

Una voglia di «normalità»tra sentimenti in fuga

BIOPIC · La nascita del gruppo hip hop N.W.A. e gli scontri razziali

Quando eravamo tutti guerrieri,la rivoluzione del gangstarap

Al cinema • A precipizio nello spazio profondo; Maria Sole Tognazzi e la pauradell’amore; dietro i fantasmi di Muccino; pionieri hip hop nell’America di ieri e oggi

Page 14: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

pagina 14 il manifesto GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015

ABRUZZOVenerdì 2 ottobreMONTAGNA FESTIVAL Torna all’Aquila il Festi-val della Montagna protagonista al Parco delCastello e sulle montagne aquilane dal 2 al 4ottobre. Il Festival, organizzato dal ComitatoPromotore Festival della Montagna, è nato daun’idea dall’associazione Gran Sasso Anno Zeroche ha trovato il supporto del Comune dell’Aqui-la, della Regione Abruzzo, della Fondazione Cari-spaq e dell’Unione Europea. Eventi e ospiti nelletre giornate tematiche: la prima sarà dedicata ai150 anni dalla prima del Cervino, con l’interventodell’alpinista Patrick Gabarrou. La seconda giorna-ta avrà al centro la solidarietà verso il Nepal,colpito dal terremoto. Clou della terza giornatasarà invece la gara d’arrampicata Boulder Open,2° Master Festival della Montagna. Gran finale,domenica sera, con lo spettacolo di danza verti-cale di Antoine Le Menestrel sulle pareti delCastello Cinquecentesco dell’Aquila. Info e pro-gramma completo: festivaldellamontagnalaquila.it Aquila

CAMPANIAVenerdì 2 ottobre, ore 10BIBLIOTECHE L’Associazione Italiana Bibliote-che promuove una intera giornata dedicata alla«formazione continua» come presupposto fonda-mentale per tutelare la qualità del servizio che lebiblioteche offrono agli utenti. Ingresso libero. Società Napoletana di Storia Patria aCastel Nuovo (Maschio Angioino), via Vitto-rio Emanuele II, Napoli

LAZIOGiovedì 1 ottobreATTRAVERSAMENTI MULTIPLI Dal 1 all’11ottobre la nuova edizione della manifestazioneteatrale che si tiene in vari luoghi della metropoliromana unendo zone, spazi e persone. Info eprogramma completo:www.attraversamentimultipli.it Roma

LOMBARDIAGiovedì 1 ottobre, ore 18IL SOCIALISTA Presentazione del libro «Unsocialista del novecento. Uguaglianza, libertà ediritti nel percorso di Lelio Basso»di Chiara Giorgi (Carocci editore). Intervengonooltre all’autrice: Felice Besostri, Valerio Onida,Mario Ricciardi. Casa della Cultura, via Borgogna, 3,Milano

PIEMONTEVenerdì 2 ottobre, ore 15QUALI BENI COMUNI Si intitola «Il complessodella Cavallerizza Reale di Torino e le sue poten-zialità culturali» il titolo del seminario internazio-nale in programma domani. Aula Magna Storia, Palazzo del Rettora-to, Università degli Studi, Torino

SARDEGNAGiovedì 1 ottobreKAREL MUSIC EXPO Dall’electroblues di BobLog II alla new wave di Blaine Reininge dei Tuxe-domoon al cinema. Sono solo alcuni degli appun-tamenti nel programma di Karel Music Epo 2015(1-3 ottobre) giunto alla nona edizione. Info:www.artevoxmusica.it Cagliari.

TOSCANAGiovedì 1 ottobre, ore 18.30CHE STRESS... Nell’ambito della 7a edizionedel Mese del benessere psicologico (1 – 31ottobre) promosso dalla SIPAP (società italianapsicologi di area professionale), l’incontro «Stresse Vita». Partecipazione libera con prenotazione:info e prenotazioni www.sipap.it Circolo Culturale «Vie Nuove», vialeGiannotti 13, Firenze

Tutti gli appuntamenti:[email protected]

certificato n. 7905del 09-02-2015

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Ci sono le ricadute sull’eco-nomia tedesca ed italiana.Abbiamo l’aspetto simboli-

co e valoriale, che colpisce l’interaEuropa; c’è il tema della frammen-tazione dei controlli. Colpisce chela truffa sia stata scoperta all’ini-zio da una organizzazione no-pro-fit, e poi confermata dalla moltoattendibile Epa, l’agenzia statuni-tense per l’ambiente.

Gli americani hanno dei limitimolto rigorosi sulle emissioni di os-sidi di azoto su cui sono stati regi-strati gli sforamenti. In Europa, in-vece, vi è una maggiore attenzionesulla CO2 e sulle polveri sottili. Lepm10, le polve-ri sottilissime,sono da sem-pre uno deipunti debolidei motori die-sel e un fattoredi rischio. Se-condo i datidell’Oms del2015 lepmcon-tribuisconoam-piamente ai600mila morticausati ogni an-nodall’inquina-mentoatmosfe-rico in Europa,p rovocandodanni per 1500miliardi di dol-lari. In Italia idecessi sonova-lutati in 33milal’anno e tenia-mo conto chetutte le nostre città sono ai limiti ofuorilegge rispetto ai parametri del-le polveri sottili.

Ebbene, quel software maleficoche falsificava i dati fra prove in la-boratorio e resa su strada è statoapplicato dappertutto. La casa te-desca si è impegnata a richiamareundici milioni di autovetture e siprepara ad affrontare multe inter-nazionali da decine di milioni, ri-chieste di risarcimenti e azioni pe-nali ormai scattate in tutti i paesioccidentali. Una situazione davve-ro grave per unmarchio considera-to il più avanzato dal punto di vistaecologico.

La Volkswagen è sempre stataun’azienda particolare, con unaimportante partecipazione pubbli-ca, un forte legame con il territorioe la presenzadei lavoratori nella go-vernance, ed è per questo che au-spico che i responsabili siano per-seguiti con fermezza e rapidità.Manonè ancora chiaro se alla rimozio-ne dalle auto del software incrimi-nato corrisponderà un rientro neilimiti delle emissioni inquinanti. Enon è cosa da poco.

Dal punto di vista economico loscandalo può zavorrare la ripresaancora fragile. Secondo l’Anfia, il fat-turato della componentistica italia-naprodotta perVolkswagen è di 1,5miliardi di euro; 4 miliardi quelloverso le imprese tedesche nel lorocomplesso. In Italia sono ben millei subfornitori della casa di Volk-

sburg su 2500 aziende del compar-to. Non proprio una nicchia.

Il colpo di immagine all’Europaè notevole, soprattutto per la Ger-mania che fa del rispetto delle rego-le un valore totemico. Su questoaspetto si rischia un cortocircuitoin vista della conferenza di Parigisul clima. L’Europa da tempo è inprima fila nella lotta ai mutamenticlimatici e da tempo chiede agli al-tri paesi impegni stringenti e rego-le più ferme. La crisi tedesca inde-bolisce la nostra credibilità,ma po-trebbe essere un’occasione per uncambio di passo.

Emerge la necessità di imprime-re una svolta nelle regole sul con-trollo ambientale a tutto campo inEuropa e nel nostro paese. Il mec-canismo di monitoraggio ambien-

tale è troppoframmentato.Nella Ue nonesiste un orga-nismo centraleche svolga que-sti compiti eche abbia pote-ri di intervento.E’ necessario,quindi, passareadun nuovo si-stema di con-trolli istituendoun’Agenzia in-dipendente eu-ropea che si oc-cupi di verifica-re i livelli di in-quinamentoambienta le ,con poteri estrumenti effi-caci di interven-to a tutto cam-po, dalle emis-

sioni delle autovetture a quelle in-dustriali. Penso all’Epa, ma anchea qualcosa di più dell’Epa statuni-tense.

E anche in Italia c’è da mettereordine, in generale, nel campo deicontrolli. Da troppo tempo ogniRegione ha, in ambito ambientale,i suoi controllori, le sue modalitàoperative che diventano una babe-le di sigle che spesso non comuni-cano tra loro. Credo sia il momen-to di tirare fuori dalle secche del Se-nato la proposta di legge sulla rifor-ma e la riorganizzazione delleagenzie ambientali di cui sono pri-mo firmatario assieme ai colleghiBratti (Pd) e De Rosa (M5S) e che èstata votata l’aprile dello scorso an-no alla Camera. Una proposta diriordino delle varie strutture e cheprevede l’istituzione di un Sistemanazionale per rafforzare i controlli,garantirne l’efficacia e renderliomogenei in tutto il Paese. Adessoè ilmomento dimetterla all’ordinedel giorno.

Servono azioni concrete, in bal-lo non c’è solo la questione am-bientale, la salute, la credibilitàdell’Europa e della Germania. C’èanche la piena acquisizione che ilfuturo dell’economia sta nel pro-durre in modo pulito e trasparentee chi non l’ha capito paga pegno.Come diceva Ghandi, «la vita nonè aspettare che passi la tempesta,ma imparare a danzare sotto lapioggia».

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Le nostre città superano ilivelli delle polveri sottili.E ogni Regione ha i suoi

controllori. Bisognaunificarli in un sistema

nazionale

tiratura prevista 40.041

L’ istat sottolinea che la disoccupa-zione è scesa al di sotto della so-glia psicologica del 12%. Buon ri-

sultato? Rispetto a chi e che cosa? Alnetto della performance del lavoro atempo determinato, sempre miglioredel lavoro a tutele (indennità) crescen-ti, occorre valutare se il recupero di oc-cupazione dell’Italia sia almeno in li-nea con quello medio di alcuni paesieuropei di riferimento. Non dobbiamomai dimenticare che dall’inizio dellacrisi (2007) ad oggi, il tasso di disoccu-pazione dell’Italia passa dal 6,1% al12,7% del 2014. Tutti i paesi hanno vi-sto crescere il tasso di disoccupazionenello stesso periodo: l’area euro passadal 7,5% all’11,6%, la Francia dall’8% al10,3%, la Spagna dall’8,2% al 24,5%.

Solo la Germania riduce il tasso di di-soccupazione tra il 2007 e il 2014,dall’8,5% al 5%. Ma il rapporto tra chicerca lavoro e non lo trova, rispetto allapopolazione attiva (tasso di disoccupa-

zione), spiega solo una parte della veri-tà.Di quanto è realmente cresciuto il tas-so di disoccupazione dell’Italia, dellaFrancia, dell’area euro nello stesso perio-do? La faccenda diventamolto più seria.Infatti, la velocità di crescita del tasso didisoccupazione dell’Italia è seconda so-lo alla Spagna, rispettivamente 108,2% e198,8%. Tutti gli altri paesi hanno mani-festato una certa velocità nella crescitadel tasso di disoccupazione, ma sonosempre più contenuta rispetto all’Italiae alla Spagna. Solo permemoria, la velo-cità di crescita del tasso di disoccupazio-ne del Portogallo è del 54,9%, della Fin-landia del 26,1%, dell’euro area del

54,7%. L’Italia ha “creato” disoccupazio-ne più velocemente di tutti gli altri pae-si. Non è proprio un bel risultato.

Proviamo a fare il ragionamento con-trario: a quale velocità si riduce il tassodi disoccupazione dell’Italia? Siamo in li-nea con lamedia europea e di alcuni pa-esi di riferimento? Prendendo in consi-derazioneunperiodo relativamente bre-ve, primo trimestre 2013 e secondo tri-mestre 2015, si osserva che la velocità diriduzione del tasso di disoccupazionedell’Italia è terzultimo tra i paesi euro-pei. Non è proprio una bella notizia.

Vuol dire che tutte le politiche adottatenon hanno prodotto l’esito atteso. Sepoi consideriamo che il lavoro a tempodeterminato rimane la principale viaper entrare nel mercato del lavoro, loscenario economico diventa ancora piùstringente. Nel frattempo, non è ancoraesplosa la crisi del settore automobilisti-co tedesco. Infatti, una gran parte dellepiccole e medie imprese del nord Italiadel settore è legata all’industria tedescacome subfornitura. Aspettiamo la finedell’anno e vediamocosa accadrà. Quin-di la capacità di ridurre la disoccupazio-ne del sistema economico nazionale,cioè creare nuovo lavoro, è pressoché

nullo se comparata alla capacità di altripaesi europei. La statistica è una cosa se-ria, ma lo è ancora di più se è compara-ta. La comparazione con l’Europa diceche le politiche di Renzi, Padoan e Polet-ti hanno fallito. Qualcuno potrebbe so-stenere che prendendo in esame gli ulti-mi due trimestri del 2015 le cose vannobene. Se guardiamo questi dati senzacompararli con l’Europa è vero,ma l’Ita-lia è un paese europeo. Piaccia o nonpiaccia, la velocità di riduzione del tassodi disoccupazione dell’Italia è uguale aquella della media europea, con la diffe-renza che l’Europa non regala denaro al-le imprese per assumere, e nonha intro-dotto norme che pongono il lavoro al difuori del diritto positivo. Inoltre, è credi-bile che la riduzione del tasso di disoccu-pazione, meglio ancora la sua velocità,sia interamente attribuibile alle politi-che della BCE. In altri termini, Renzi hasolo reso più debole il lavoro per avere ncambio poco più di nulla.

Con una interpretazione alquantoestensiva, per non dire capziosa diquesta generica norma, diverse am-

ministrazioni comunali vi hanno scovato lostrumento per recuperare crediti fiscali altri-menti inesigibili. Tra i primi a sperimentarequesta strada fu un comune della provinciadi Novara che aveva offerto a un cittadino inarretrato con la Tasi e il canone di affitto diun appartamento comunale di sdebitarsisvolgendo gratuitamente lavori di manuten-zione. L’episodio fu prontamente celebratosu diversi organi di stampa come edificanteesempio di collaborazione tra cittadini e isti-tuzioni pubbliche, come nuova forma di par-tecipazione, sia pure non proprio volonta-ria, ai bisogni della collettività.

Nei giorni scorsi, due comuni importan-ti, quello di Milano e quello di Bari,(quest’ultimo su sollecitazione dei 5Stelle)si sono accodati alla pratica del baratto am-ministrativo, non in cambio di sconti fiscalima a saldo di debiti pregressi contratti dasoggetti in difficoltà economica. Non ci èancora dato sapere quali saranno le condi-zioni del baratto e cioè l’equivalente mone-tario dell’ora lavorata nell’estinzione del de-bito e le condizioni di lavoro. Ma dobbia-mo ragionevolmente supporre che risulte-ranno più vantaggiose per l’ente pubblicodi quelle del lavoro retribuito garantito dacontratti collettivi e protetto da organizza-zioni sindacali. Il debitore si trova infatti inuna oggettiva condizione di debolezza, nondeve avere ma restituire, il suo potere dicontrattazione è pari a zero.

L’uso delle parole è ormai correntementeabusivo e fuorviante, quando non puro esemplice fumo negli occhi. Il baratto è infat-ti notoriamente uno scambio tra eguali che,per definizione, non implica relazioni di ob-

bligatorietà né risarcimento di debiti mone-tari. Men che meno comporta risvolti puniti-vi. Del resto la generosa offerta dei Comuninon si rivolge certo agli evasori fiscali, ma al-la cosiddetta «insolvenza incolpevole». Valea dire al contribuente che non è stato in gra-do, per avverse condizioni o, peggio, per

sproporzione permanente tra il proprio red-dito e la pressione fiscale cui è sottoposto, disaldare il debito. Qualcuno ha ragionevol-mente introdotto, in questi casi, il termine dielusione o evasione «per necessità», suscitan-do generale indignazione. La prestazione la-vorativa richiesta a questi soggetti non hadunque alcun carattere volontario o proposi-tivo e, men che meno, di baratto. Si tratta, in-somma, di una forma mascherata di coazio-ne, che esclude qualunque valutazione sullasostenibilità sociale del debito e sull’equità fi-scale del sistema.

Il termine che meglio si adatta a questepratiche è l’antico istituto della corvée cheimponeva una certa quantità di lavoro gra-tuito come tributo da versare al feudatarioo, più precisamente ancora, la corvée royaleistituita nel 1738 per costringere i contadinia un «lavoro socialmente utile» e decisamen-te «pubblico», ossia la manutenzione dellestrade. Obbligo abolito, non a caso, nel 1789e ripristinato a rivoluzione conclusa. Allora,come oggi, la possibilità di versare tributi informa di lavoro gratuito piuttosto che in for-ma monetaria veniva considerata una gene-

rosa concessione nei confronti dei vassalli.Nel caso del «baratto amministrativo»,

poi, non si tratta nemmeno di versare un tri-buto, ma di saldare un debito pregresso. Loschema ricalca dunque quella «servitù debi-toria» attraverso la quale i possidenti caraibi-ci del XVII secolo si assicuravano il servag-gio dei migranti più poveri, acquistando sulmercato il debito contratto con gli armatoriin cambio del viaggio. Pur celandosi dietrouna parvenza di contratto a termine si tratta-va di fatto di una forma, spesso feroce e ilpiù delle volte inestinguibile, di schiavitù.Tuttora diffusissima nel mondo della trattadi esseri umani, migranti e non.

E’ ovvio che il paragone è una pura e sem-plice forzatura, una provocazione. Ma, sulpiano dei principi, ha un senso ben preciso.Se si ammette lo scambio diretto tra il lavo-ro e un debito che non può essere pagato al-trimenti, che sia nei confronti di un privatoo di un ente pubblico, si attenta inevitabil-mente alla libertà della persona. Si certificache i suoi diritti sono subordinati a quellidei creditori. E si sblocca, in una forma onell’altra, il ritorno della servitù debitoria.

Ciò che allarma, dunque, è che questo ge-nere di transazioni, nell’ignoranza delle in-quietanti implicazioni che comportano, su-scitino tanto superficiale entusiasmo. Quasisi trattasse di una occasione in più, di un cor-rettivo sociale alla freddezza della ratio buro-cratico-fiscale. E non invece di uno strumen-to di esazione studiato per spremere, in unmodo o nell’altro, anche le fasce più poveredella popolazione.

A Roma i cittadini vengono chiamati al la-voro gratuito di pulizia dei loro quartieridisseminati di immondizie. Tra i promotoridell’iniziativa figura l’Ama, il disastrato en-te comunale in via di privatizzazione che sene dovrebbe occupare. Non risultano barat-ti amministrativi in corso. La retorica dellapartecipazione può bastare. Senza sconti,questa volta.

D a qualche settimana abbiamo inco-minciato a provare a scrivere in cor-sivo. Vi piace? O no? Mi dite per-

chè? «A me piace molto perchè mi sembrache sto diventando grande. Perchè adesso,per esempio, posso fare lamia firma». «Perme è un po’ difficile, un po’ faticoso, peròè anche più bello. Mi piace più dello stam-pato maiuscolo perchè ci sono più curve».«Per me scrivere in corsivo è un po’ comedisegnare». «Per me è come fare una deco-razione». «Perme ci sono delle lettere trop-po difficili: per esempio la lettera effe».«Mano, è facile!». «Le lettere basse sono fa-cili, quelle alte sono più difficili». «Le lette-re in corsivo mi sono più simpatiche per-chè... Non lo so, mi sembrano più piccole,più tenere...». «A me piace di più scrivere ilcorsivo ma senza le maiuscole perchè so-no difficilissime!».

Preferite scrivere in corsivo o in stampa-to maiuscolo? Che differenze trovate? «Iopreferisco scrivere in corsivo perchè mi ri-lassa di più». «Lo stampato è più quadrato,il corsivo invece è più rotondo». «Per mequando scrivo in corsivo è come se sonosulmare, su unabarca, perchè dondola tut-ta lamano». «Io preferisco lo stampato per-chè è più chiaro, più facile». «Però è facileperchè noi lo abbiamo già imparato, lostampato maiuscolo. Invece il corsivo no.Secondo me, dopo, quando lo abbiamoimparato e studiato per tanti giorni, tantesettimane, tanti anni, dopo può essere piùfacile anche il corsivo». «Per me il corsivonon è difficile, per me è più facile perchè èpiù liscio». «Nel corsivo tutte le lettere so-no vicine, sono attaccate, invece nellostampato sono tutte divise». «Lo stampatomaiuscolo è più facile da leggere». «Per meè difficile fare la esse, invece mi piace mol-to fare la zeta, soprattutto quando devo fa-re il tagliettino in mezzo. Anche il taglietti-no sulla t mi piace molto».

Quali difficoltà trovate a scrivere in corsi-vo? «Che noi lo abbiamo studiato ancorapoco». «Lemaiuscole: sono difficilissime!».«Però le maiuscole non le abbiamo fatteancora molto!». «Sì, però devi fare dei giricon la mano, dei riccioli, delle righe e in-somma, per me, anche se non le abbiamoancora fatte, ho già visto che sono moltodifficili». «Una difficoltà è che devi staremolto concentrato altrimenti ti sbagli”. “E’più facile andare fuori dalle righe». «Per-chè nel corsivo ci sono delle lettere basse,alte, che vanno in su, che vanno in giù e in-somma, è più difficile». «Anche per me èpiù difficile, però dopo la scrittura è anchepiù varia, più divertente, più grafica». «Ilcorsivo è una specie di disegno, invece lostampato è come scrivere dei numeri».«Una difficoltà, per me, sono fare dritte lestanghette della di, della pi, della effe, so-prattutto della effe, perchè a me vengonoquasi sempre storte».

Avete mai visto scrivere i vostri genitoriin corsivo? «No, iomai.Mio papà scrive so-lo al computer». «Io ho visto solo una voltacheha fatto la sua firma e l’ha fatta in corsi-vo, non in stampato maiuscolo, perchèpoi la firma si fa in corsivo, mi pare, non sipuò fare in stampato maiuscolo». «Io nonho mai visto né mio padre né mia madreche scrivevano in corsivo». «Io una voltaho visto su una cartolina una scritta in cor-sivo di mia zia, adesso che mi ricordo, pe-rò non si capiva bene quello che avevascritto». «Mia mamma scrive solo al com-puter». «Anche la mia». «Mia mamma nonscrive mai, perchè poi lei, di lavoro, non fala maestra». «Mio padre non ho mai vistoche legge o che scrive». «Io ho visto mianonna che scriveva una lettra a una suaamica in corsivo». «Mia zia scrive solo le let-tere al computer, con l’e-mail». «Anchemio padre».

I BAMBINI CI PARLANO

Sul corsivoGiuseppe Caliceti

Se si ammette lo scambio direttotra il lavoro e un debito che nonpuò essere pagato, si attenta allalibertà della persona. Come nellaFrancia. Prima della rivoluzione.

Capita oggicon lo «Sblocca Italia»

L’ultima corvée si chiama«baratto amministrativo»

COMMUNITY

Il sorriso di PietroIl 27 febbraio 1993 300.000lavoratori provenienti da tuttaItalia si dirigevano a piazzaSan Giovanni per manifestarecontro il voltafaccia delsindacato e la politicaeconomica del governoAmato. Era il movimento deiconsigli unitari e io, uno deisette delegati che avevanopromosso quella giornata,correvo su e giù per quellungo corteo stupito esconvolto per quel chevedevo. Sulla salita dietroSanta Maria Maggiore, amargine del corteo c'era unuomo solo che osservava loscorrere di questi lavoratori:era Pietro Ingrao, ci guardavacon un leggero sorriso. Mi èvenuto spontaneo andargliincontro e dirgli chi ero conun abbraccio spontaneosenza parole.A settembre, per l'altramanifestazione delmovimento mi toccavaparlare dal palco di fronte adaltri 300.000 lavoratori, eroterrorizzato. Ho telefonato aPietro Ingrao, mi ha invitato acasa sua e quando gli hospiegato la mia ansia mi hadetto: dì semplicementequello che senti. Ancor oggi,dopo tanti anni, cerco diseguire la semplice verità diquelle parole: essere e agireper quello che sento dentro dime. Grazie Pietro.Paolo Cagna Ninchi

Contro la guerraCi ha lasciato Pietro Ingrao,una di quelle morti chepesano più di una montagna.Un altro pezzo della nostra

storia se ne va, rimane ladignità di essere comunistaaperti al dubbio e al cercarecercare ancora.Per me giovane comunista nelPci dal 1953, è stato unafigura importante e amata. Ilsuo diritto al dubbio o la lodeal dubbio di cui dice BertoldBrecht (dubbi che ho avutosin da piccina quando allaprima comunione masticail'ostia per capire se davveroquello fosse il corpo di Gesù),affermato all'interno delpartito comunista negli anni50 ha salvato dallostalinismo molti. Come ilcercare e cercare ancora ed ilsuo senso dellaresponsabilità. Sono uscitadal Partito Comunista dopol'11 Congresso nel 1966,quando la «linea di Ingrao»"venne sconfitta ed Amendolalo attaccò come «cacadubbi».Non sono più entrata in unpartito. Le appartenenze mistanno strette. E da Ingraovenne l'appello di guardare aicattolici non come alleanzastrumentale ma capirne evederne le differenze.Mi sono ritrovata in Perù con ipreti della teologia dellaliberazione e con i pretioperai in Italia.Durante la guerra in Iraq,insieme a Chiara, sua figlia ead altre Donne in Neroentrammo al Parlamento edall'alto tirammo deivolantino contro la guerra.Pietro si vergognò, disse, diessere in quel Parlamento esfilava con noi nellamanifestazioni contro laguerra. Che dire? La paroladolore non dice nulla difronte a questo vuoto.Luisa Morgantini

Distante anni luceLa morte di Ingrao a 100 anni

è quanto di più fisiologicopossa esserci per unappartenente alla nostraspecie; la morte di un padredella Repubblica intanto chela Repubblica stasoccombendo sotto i colpi deisuoi figli più ignoranti eingrati, è però un eventocarico di una simbologiatroppo amara per essereignorata. Ingrao (lorovolevano) «voleva la luna»,noi stiamo facendocisotterrare dal Pd di Renzi eVerdini.Distanti anni luce da unasinistra minima, come, perdirla con parole che lo stessoIngrao usò riferendosi al Craxiriabilitato dall’amicoNapolitano, siamo distantianni luce «da un socialistacome Riccardo Lombardi, luisì di sinistra insieme ad altrinel Psi».Vittorio Melandri

Coltivare il dubbioCaro Pietro, più di 30 anni fadiscutemmo accanitamente dipacifismo, movimenti edisarmo. Erano tempi dispaventose tensioniinternazionali e missilinucleari nel giardino di casa.Partisti sulle posizioni ufficialidel «disarmo bilanciato econtrollato» del Partito. Fortedella spudoratezza deivent'anni, obiettorenonviolento, ci diedi dentrocon tutte le argomentazioniche possedevo. A un certopunto decidesti di tacere, eascoltasti. Mi spiegasti, senzadire una parola, cosasignificava «coltivare ildubbio». Grazie.Roberto Chinello

Il peso del dopoguerraChi è nato nel dopo guerra eda 16 anni decise di iscrversi

al Pci come il sottoscritto, haalle spalle una storiapesante... sa che essere statidi sinistra Ingraianisignificava: - cercare dimodificare lo stato delle cosepresenti nell'economia, nelsociale, nella cultura, neidiritti del lavoro e civiliattraverso la lotta continua econquiste «di potere» fino adivenire egemoni nellasocietà e dopo nel governodel Paese;- essere contrari e combatterela burocrazia interna al partitoche spesso nascondevascelte «riformistesocialdemocratica» (si dicevaallora) utilizzando la foglia difico del "centralismodemocratico»;- non avere mai certezzedogmatiche, ma mettersisempre in discussione everificare nella realtà sociale iprocessi da portare avanti; -sapere che la verità vasempre sostenuta con forzaperchè è rivoluzionaria!Questa è una frase di Ingrao:«nella città venni al tempo deldisordine quando la fameregnava. Tra gli Uomini vennial tempo delle rivolte e miribellai con loro».Il mondo è cambiato ma ilmondo delle rivolte non è maisopito, rinasce ogni giornosotto nuove forme... decidi tuquanto lasciarti interrogaredalle rivolte del mio tempo,quanto vorrai accantonare,quanto portare con te nelfuturo.Umberto Franchi

Restano solo gli imbonitoriSe ne va un altro grandePolitico. Restano i grandiimbonitori.Flavio Gori

Chissà cosa diresti...Chissà ora che cosapenserete tu con Berlinguer eTogliatti a vedere questa Italiache viene distrutta dalleriforme che questo Governosta attuando. Chissà lepreoccupazioni che avrete avedere che la Costituzioneche voi avete fatto vienestravolta. Sei stato un grandedirigente della Sinistraitaliana. Ciao Pietro, ciaoCompagno.Davide Nardi Rimini

Lo scrivo a mia figliaScrivo su whats up a miafiglia che mi racconta dellamorte del suo simpaticobidello, morto, down,precocemente. È mortoanche Ingrao, un comunista,vero. Onesto ed ostinato, diquelli veri. È venuto unavolta all'università, aBologna. A trovarci per lacuriosità di incontrare chistava discutendo del proprioe dell'altrui futuro, asalutarci, persone checercavano un perché dellecose, ha parlato del futurocome dedizione al presente,ha parlato di noi e quandose n'è andato tutti avevanogli occhi lucidi.Stefano Gavaudan,veterinario

CASO VOLKSWAGEN

Nei cassetti del Senato la leggeper cambiare i controlli

I DATI SUL LAVORO

Ma l’Italia è ancora troppo lenta

COMMUNITY

Roberto Romano

chiuso in redazione ore 22.00

il manifestoDIR. RESPONSABILE Norma Rangeri

CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco

DESKMatteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi,

Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONEBenedetto Vecchi (presidente),Matteo Bartocci, Norma Rangeri,

Silvana Silvestri

DALLA PRIMAMarco Bascetta

DALLA PRIMAErmete Realacci

lelettere

Page 15: Il Manifesto Del 01 Ottobre 2015

GIOVEDÌ 1 OTTOBRE 2015 il manifesto pagina 15

ABRUZZOVenerdì 2 ottobreMONTAGNA FESTIVAL Torna all’Aquila il Festi-val della Montagna protagonista al Parco delCastello e sulle montagne aquilane dal 2 al 4ottobre. Il Festival, organizzato dal ComitatoPromotore Festival della Montagna, è nato daun’idea dall’associazione Gran Sasso Anno Zeroche ha trovato il supporto del Comune dell’Aqui-la, della Regione Abruzzo, della Fondazione Cari-spaq e dell’Unione Europea. Eventi e ospiti nelletre giornate tematiche: la prima sarà dedicata ai150 anni dalla prima del Cervino, con l’interventodell’alpinista Patrick Gabarrou. La seconda giorna-ta avrà al centro la solidarietà verso il Nepal,colpito dal terremoto. Clou della terza giornatasarà invece la gara d’arrampicata Boulder Open,2° Master Festival della Montagna. Gran finale,domenica sera, con lo spettacolo di danza verti-cale di Antoine Le Menestrel sulle pareti delCastello Cinquecentesco dell’Aquila. Info e pro-gramma completo: festivaldellamontagnalaquila.it Aquila

CAMPANIAVenerdì 2 ottobre, ore 10BIBLIOTECHE L’Associazione Italiana Bibliote-che promuove una intera giornata dedicata alla«formazione continua» come presupposto fonda-mentale per tutelare la qualità del servizio che lebiblioteche offrono agli utenti. Ingresso libero. Società Napoletana di Storia Patria aCastel Nuovo (Maschio Angioino), via Vitto-rio Emanuele II, Napoli

LAZIOGiovedì 1 ottobreATTRAVERSAMENTI MULTIPLI Dal 1 all’11ottobre la nuova edizione della manifestazioneteatrale che si tiene in vari luoghi della metropoliromana unendo zone, spazi e persone. Info eprogramma completo:www.attraversamentimultipli.it Roma

LOMBARDIAGiovedì 1 ottobre, ore 18IL SOCIALISTA Presentazione del libro «Unsocialista del novecento. Uguaglianza, libertà ediritti nel percorso di Lelio Basso»di Chiara Giorgi (Carocci editore). Intervengonooltre all’autrice: Felice Besostri, Valerio Onida,Mario Ricciardi. Casa della Cultura, via Borgogna, 3,Milano

PIEMONTEVenerdì 2 ottobre, ore 15QUALI BENI COMUNI Si intitola «Il complessodella Cavallerizza Reale di Torino e le sue poten-zialità culturali» il titolo del seminario internazio-nale in programma domani. Aula Magna Storia, Palazzo del Rettora-to, Università degli Studi, Torino

SARDEGNAGiovedì 1 ottobreKAREL MUSIC EXPO Dall’electroblues di BobLog II alla new wave di Blaine Reininge dei Tuxe-domoon al cinema. Sono solo alcuni degli appun-tamenti nel programma di Karel Music Epo 2015(1-3 ottobre) giunto alla nona edizione. Info:www.artevoxmusica.it Cagliari.

TOSCANAGiovedì 1 ottobre, ore 18.30CHE STRESS... Nell’ambito della 7a edizionedel Mese del benessere psicologico (1 – 31ottobre) promosso dalla SIPAP (società italianapsicologi di area professionale), l’incontro «Stresse Vita». Partecipazione libera con prenotazione:info e prenotazioni www.sipap.it Circolo Culturale «Vie Nuove», vialeGiannotti 13, Firenze

Tutti gli appuntamenti:[email protected]

certificato n. 7905del 09-02-2015

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Ci sono le ricadute sull’eco-nomia tedesca ed italiana.Abbiamo l’aspetto simboli-

co e valoriale, che colpisce l’interaEuropa; c’è il tema della frammen-tazione dei controlli. Colpisce chela truffa sia stata scoperta all’ini-zio da una organizzazione no-pro-fit, e poi confermata dalla moltoattendibile Epa, l’agenzia statuni-tense per l’ambiente.

Gli americani hanno dei limitimolto rigorosi sulle emissioni di os-sidi di azoto su cui sono stati regi-strati gli sforamenti. In Europa, in-vece, vi è una maggiore attenzionesulla CO2 e sulle polveri sottili. Lepm10, le polve-ri sottilissime,sono da sem-pre uno deipunti debolidei motori die-sel e un fattoredi rischio. Se-condo i datidell’Oms del2015 lepmcon-tribuisconoam-piamente ai600mila morticausati ogni an-nodall’inquina-mentoatmosfe-rico in Europa,p rovocandodanni per 1500miliardi di dol-lari. In Italia idecessi sonova-lutati in 33milal’anno e tenia-mo conto chetutte le nostre città sono ai limiti ofuorilegge rispetto ai parametri del-le polveri sottili.

Ebbene, quel software maleficoche falsificava i dati fra prove in la-boratorio e resa su strada è statoapplicato dappertutto. La casa te-desca si è impegnata a richiamareundici milioni di autovetture e siprepara ad affrontare multe inter-nazionali da decine di milioni, ri-chieste di risarcimenti e azioni pe-nali ormai scattate in tutti i paesioccidentali. Una situazione davve-ro grave per unmarchio considera-to il più avanzato dal punto di vistaecologico.

La Volkswagen è sempre stataun’azienda particolare, con unaimportante partecipazione pubbli-ca, un forte legame con il territorioe la presenzadei lavoratori nella go-vernance, ed è per questo che au-spico che i responsabili siano per-seguiti con fermezza e rapidità.Manonè ancora chiaro se alla rimozio-ne dalle auto del software incrimi-nato corrisponderà un rientro neilimiti delle emissioni inquinanti. Enon è cosa da poco.

Dal punto di vista economico loscandalo può zavorrare la ripresaancora fragile. Secondo l’Anfia, il fat-turato della componentistica italia-naprodotta perVolkswagen è di 1,5miliardi di euro; 4 miliardi quelloverso le imprese tedesche nel lorocomplesso. In Italia sono ben millei subfornitori della casa di Volk-

sburg su 2500 aziende del compar-to. Non proprio una nicchia.

Il colpo di immagine all’Europaè notevole, soprattutto per la Ger-mania che fa del rispetto delle rego-le un valore totemico. Su questoaspetto si rischia un cortocircuitoin vista della conferenza di Parigisul clima. L’Europa da tempo è inprima fila nella lotta ai mutamenticlimatici e da tempo chiede agli al-tri paesi impegni stringenti e rego-le più ferme. La crisi tedesca inde-bolisce la nostra credibilità,ma po-trebbe essere un’occasione per uncambio di passo.

Emerge la necessità di imprime-re una svolta nelle regole sul con-trollo ambientale a tutto campo inEuropa e nel nostro paese. Il mec-canismo di monitoraggio ambien-

tale è troppoframmentato.Nella Ue nonesiste un orga-nismo centraleche svolga que-sti compiti eche abbia pote-ri di intervento.E’ necessario,quindi, passareadun nuovo si-stema di con-trolli istituendoun’Agenzia in-dipendente eu-ropea che si oc-cupi di verifica-re i livelli di in-quinamentoambienta le ,con poteri estrumenti effi-caci di interven-to a tutto cam-po, dalle emis-

sioni delle autovetture a quelle in-dustriali. Penso all’Epa, ma anchea qualcosa di più dell’Epa statuni-tense.

E anche in Italia c’è da mettereordine, in generale, nel campo deicontrolli. Da troppo tempo ogniRegione ha, in ambito ambientale,i suoi controllori, le sue modalitàoperative che diventano una babe-le di sigle che spesso non comuni-cano tra loro. Credo sia il momen-to di tirare fuori dalle secche del Se-nato la proposta di legge sulla rifor-ma e la riorganizzazione delleagenzie ambientali di cui sono pri-mo firmatario assieme ai colleghiBratti (Pd) e De Rosa (M5S) e che èstata votata l’aprile dello scorso an-no alla Camera. Una proposta diriordino delle varie strutture e cheprevede l’istituzione di un Sistemanazionale per rafforzare i controlli,garantirne l’efficacia e renderliomogenei in tutto il Paese. Adessoè ilmomento dimetterla all’ordinedel giorno.

Servono azioni concrete, in bal-lo non c’è solo la questione am-bientale, la salute, la credibilitàdell’Europa e della Germania. C’èanche la piena acquisizione che ilfuturo dell’economia sta nel pro-durre in modo pulito e trasparentee chi non l’ha capito paga pegno.Come diceva Ghandi, «la vita nonè aspettare che passi la tempesta,ma imparare a danzare sotto lapioggia».

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Le nostre città superano ilivelli delle polveri sottili.E ogni Regione ha i suoi

controllori. Bisognaunificarli in un sistema

nazionale

tiratura prevista 40.041

L’ istat sottolinea che la disoccupa-zione è scesa al di sotto della so-glia psicologica del 12%. Buon ri-

sultato? Rispetto a chi e che cosa? Alnetto della performance del lavoro atempo determinato, sempre miglioredel lavoro a tutele (indennità) crescen-ti, occorre valutare se il recupero di oc-cupazione dell’Italia sia almeno in li-nea con quello medio di alcuni paesieuropei di riferimento. Non dobbiamomai dimenticare che dall’inizio dellacrisi (2007) ad oggi, il tasso di disoccu-pazione dell’Italia passa dal 6,1% al12,7% del 2014. Tutti i paesi hanno vi-sto crescere il tasso di disoccupazionenello stesso periodo: l’area euro passadal 7,5% all’11,6%, la Francia dall’8% al10,3%, la Spagna dall’8,2% al 24,5%.

Solo la Germania riduce il tasso di di-soccupazione tra il 2007 e il 2014,dall’8,5% al 5%. Ma il rapporto tra chicerca lavoro e non lo trova, rispetto allapopolazione attiva (tasso di disoccupa-

zione), spiega solo una parte della veri-tà.Di quanto è realmente cresciuto il tas-so di disoccupazione dell’Italia, dellaFrancia, dell’area euro nello stessoperio-do? La faccenda diventamolto più seria.Infatti, la velocità di crescita del tasso didisoccupazione dell’Italia è seconda so-lo alla Spagna, rispettivamente 108,2% e198,8%. Tutti gli altri paesi hanno mani-festato una certa velocità nella crescitadel tasso di disoccupazione, ma sonosempre più contenuta rispetto all’Italiae alla Spagna. Solo permemoria, la velo-cità di crescita del tasso di disoccupazio-ne del Portogallo è del 54,9%, della Fin-landia del 26,1%, dell’euro area del

54,7%. L’Italia ha “creato” disoccupazio-ne più velocemente di tutti gli altri pae-si. Non è proprio un bel risultato.

Proviamo a fare il ragionamento con-trario: a quale velocità si riduce il tassodi disoccupazione dell’Italia? Siamo in li-nea con lamedia europea e di alcuni pa-esi di riferimento? Prendendo in consi-derazioneunperiodo relativamente bre-ve, primo trimestre 2013 e secondo tri-mestre 2015, si osserva che la velocità diriduzione del tasso di disoccupazionedell’Italia è terzultimo tra i paesi euro-pei. Non è proprio una bella notizia.

Vuol dire che tutte le politiche adottatenon hanno prodotto l’esito atteso. Sepoi consideriamo che il lavoro a tempodeterminato rimane la principale viaper entrare nel mercato del lavoro, loscenario economico diventa ancora piùstringente. Nel frattempo, non è ancoraesplosa la crisi del settore automobilisti-co tedesco. Infatti, una gran parte dellepiccole e medie imprese del nord Italiadel settore è legata all’industria tedescacome subfornitura. Aspettiamo la finedell’anno e vediamocosa accadrà. Quin-di la capacità di ridurre la disoccupazio-ne del sistema economico nazionale,cioè creare nuovo lavoro, è pressoché

nullo se comparata alla capacità di altripaesi europei. La statistica è una cosa se-ria, ma lo è ancora di più se è compara-ta. La comparazione con l’Europa diceche le politiche di Renzi, Padoan e Polet-ti hanno fallito. Qualcuno potrebbe so-stenere che prendendo in esame gli ulti-mi due trimestri del 2015 le cose vannobene. Se guardiamo questi dati senzacompararli con l’Europa è vero,ma l’Ita-lia è un paese europeo. Piaccia o nonpiaccia, la velocità di riduzione del tassodi disoccupazione dell’Italia è uguale aquella della media europea, con la diffe-renza che l’Europa non regala denaro al-le imprese per assumere, e nonha intro-dotto norme che pongono il lavoro al difuori del diritto positivo. Inoltre, è credi-bile che la riduzione del tasso di disoccu-pazione, meglio ancora la sua velocità,sia interamente attribuibile alle politi-che della BCE. In altri termini, Renzi hasolo reso più debole il lavoro per avere ncambio poco più di nulla.

Con una interpretazione alquantoestensiva, per non dire capziosa diquesta generica norma, diverse am-

ministrazioni comunali vi hanno scovato lostrumento per recuperare crediti fiscali altri-menti inesigibili. Tra i primi a sperimentarequesta strada fu un comune della provinciadi Novara che aveva offerto a un cittadino inarretrato con la Tasi e il canone di affitto diun appartamento comunale di sdebitarsisvolgendo gratuitamente lavori di manuten-zione. L’episodio fu prontamente celebratosu diversi organi di stampa come edificanteesempio di collaborazione tra cittadini e isti-tuzioni pubbliche, come nuova forma di par-tecipazione, sia pure non proprio volonta-ria, ai bisogni della collettività.

Nei giorni scorsi, due comuni importan-ti, quello di Milano e quello di Bari,(quest’ultimo su sollecitazione dei 5Stelle)si sono accodati alla pratica del baratto am-ministrativo, non in cambio di sconti fiscalima a saldo di debiti pregressi contratti dasoggetti in difficoltà economica. Non ci èancora dato sapere quali saranno le condi-zioni del baratto e cioè l’equivalente mone-tario dell’ora lavorata nell’estinzione del de-bito e le condizioni di lavoro. Ma dobbia-mo ragionevolmente supporre che risulte-ranno più vantaggiose per l’ente pubblicodi quelle del lavoro retribuito garantito dacontratti collettivi e protetto da organizza-zioni sindacali. Il debitore si trova infatti inuna oggettiva condizione di debolezza, nondeve avere ma restituire, il suo potere dicontrattazione è pari a zero.

L’uso delle parole è ormai correntementeabusivo e fuorviante, quando non puro esemplice fumo negli occhi. Il baratto è infat-ti notoriamente uno scambio tra eguali che,per definizione, non implica relazioni di ob-

bligatorietà né risarcimento di debiti mone-tari. Men che meno comporta risvolti puniti-vi. Del resto la generosa offerta dei Comuninon si rivolge certo agli evasori fiscali, ma al-la cosiddetta «insolvenza incolpevole». Valea dire al contribuente che non è stato in gra-do, per avverse condizioni o, peggio, per

sproporzione permanente tra il proprio red-dito e la pressione fiscale cui è sottoposto, disaldare il debito. Qualcuno ha ragionevol-mente introdotto, in questi casi, il termine dielusione o evasione «per necessità», suscitan-do generale indignazione. La prestazione la-vorativa richiesta a questi soggetti non hadunque alcun carattere volontario o proposi-tivo e, men che meno, di baratto. Si tratta, in-somma, di una forma mascherata di coazio-ne, che esclude qualunque valutazione sullasostenibilità sociale del debito e sull’equità fi-scale del sistema.

Il termine che meglio si adatta a questepratiche è l’antico istituto della corvée cheimponeva una certa quantità di lavoro gra-tuito come tributo da versare al feudatarioo, più precisamente ancora, la corvée royaleistituita nel 1738 per costringere i contadinia un «lavoro socialmente utile» e decisamen-te «pubblico», ossia la manutenzione dellestrade. Obbligo abolito, non a caso, nel 1789e ripristinato a rivoluzione conclusa. Allora,come oggi, la possibilità di versare tributi informa di lavoro gratuito piuttosto che in for-ma monetaria veniva considerata una gene-

rosa concessione nei confronti dei vassalli.Nel caso del «baratto amministrativo»,

poi, non si tratta nemmeno di versare un tri-buto, ma di saldare un debito pregresso. Loschema ricalca dunque quella «servitù debi-toria» attraverso la quale i possidenti caraibi-ci del XVII secolo si assicuravano il servag-gio dei migranti più poveri, acquistando sulmercato il debito contratto con gli armatoriin cambio del viaggio. Pur celandosi dietrouna parvenza di contratto a termine si tratta-va di fatto di una forma, spesso feroce e ilpiù delle volte inestinguibile, di schiavitù.Tuttora diffusissima nel mondo della trattadi esseri umani, migranti e non.

E’ ovvio che il paragone è una pura e sem-plice forzatura, una provocazione. Ma, sulpiano dei principi, ha un senso ben preciso.Se si ammette lo scambio diretto tra il lavo-ro e un debito che non può essere pagato al-trimenti, che sia nei confronti di un privatoo di un ente pubblico, si attenta inevitabil-mente alla libertà della persona. Si certificache i suoi diritti sono subordinati a quellidei creditori. E si sblocca, in una forma onell’altra, il ritorno della servitù debitoria.

Ciò che allarma, dunque, è che questo ge-nere di transazioni, nell’ignoranza delle in-quietanti implicazioni che comportano, su-scitino tanto superficiale entusiasmo. Quasisi trattasse di una occasione in più, di un cor-rettivo sociale alla freddezza della ratio buro-cratico-fiscale. E non invece di uno strumen-to di esazione studiato per spremere, in unmodo o nell’altro, anche le fasce più poveredella popolazione.

A Roma i cittadini vengono chiamati al la-voro gratuito di pulizia dei loro quartieridisseminati di immondizie. Tra i promotoridell’iniziativa figura l’Ama, il disastrato en-te comunale in via di privatizzazione che sene dovrebbe occupare. Non risultano barat-ti amministrativi in corso. La retorica dellapartecipazione può bastare. Senza sconti,questa volta.

D a qualche settimana abbiamo inco-minciato a provare a scrivere in cor-sivo. Vi piace? O no? Mi dite per-

chè? «A me piace molto perchè mi sembrache sto diventando grande. Perchè adesso,per esempio, posso fare lamia firma». «Perme è un po’ difficile, un po’ faticoso, peròè anche più bello. Mi piace più dello stam-pato maiuscolo perchè ci sono più curve».«Per me scrivere in corsivo è un po’ comedisegnare». «Per me è come fare una deco-razione». «Perme ci sono delle lettere trop-po difficili: per esempio la lettera effe».«Mano, è facile!». «Le lettere basse sono fa-cili, quelle alte sono più difficili». «Le lette-re in corsivo mi sono più simpatiche per-chè... Non lo so, mi sembrano più piccole,più tenere...». «A me piace di più scrivere ilcorsivo ma senza le maiuscole perchè so-no difficilissime!».

Preferite scrivere in corsivo o in stampa-to maiuscolo? Che differenze trovate? «Iopreferisco scrivere in corsivo perchè mi ri-lassa di più». «Lo stampato è più quadrato,il corsivo invece è più rotondo». «Per mequando scrivo in corsivo è come se sonosulmare, su unabarca, perchè dondola tut-ta lamano». «Io preferisco lo stampato per-chè è più chiaro, più facile». «Però è facileperchè noi lo abbiamo già imparato, lostampato maiuscolo. Invece il corsivo no.Secondo me, dopo, quando lo abbiamoimparato e studiato per tanti giorni, tantesettimane, tanti anni, dopo può essere piùfacile anche il corsivo». «Per me il corsivonon è difficile, per me è più facile perchè èpiù liscio». «Nel corsivo tutte le lettere so-no vicine, sono attaccate, invece nellostampato sono tutte divise». «Lo stampatomaiuscolo è più facile da leggere». «Per meè difficile fare la esse, invece mi piace mol-to fare la zeta, soprattutto quando devo fa-re il tagliettino in mezzo. Anche il taglietti-no sulla t mi piace molto».

Quali difficoltà trovate a scrivere in corsi-vo? «Che noi lo abbiamo studiato ancorapoco». «Lemaiuscole: sono difficilissime!».«Però le maiuscole non le abbiamo fatteancora molto!». «Sì, però devi fare dei giricon la mano, dei riccioli, delle righe e in-somma, per me, anche se non le abbiamoancora fatte, ho già visto che sono moltodifficili». «Una difficoltà è che devi staremolto concentrato altrimenti ti sbagli”. “E’più facile andare fuori dalle righe». «Per-chè nel corsivo ci sono delle lettere basse,alte, che vanno in su, che vanno in giù e in-somma, è più difficile». «Anche per me èpiù difficile, però dopo la scrittura è anchepiù varia, più divertente, più grafica». «Ilcorsivo è una specie di disegno, invece lostampato è come scrivere dei numeri».«Una difficoltà, per me, sono fare dritte lestanghette della di, della pi, della effe, so-prattutto della effe, perchè a me vengonoquasi sempre storte».

Avete mai visto scrivere i vostri genitoriin corsivo? «No, iomai.Mio papà scrive so-lo al computer». «Io ho visto solo una voltacheha fatto la sua firma e l’ha fatta in corsi-vo, non in stampato maiuscolo, perchèpoi la firma si fa in corsivo, mi pare, non sipuò fare in stampato maiuscolo». «Io nonho mai visto né mio padre né mia madreche scrivevano in corsivo». «Io una voltaho visto su una cartolina una scritta in cor-sivo di mia zia, adesso che mi ricordo, pe-rò non si capiva bene quello che avevascritto». «Mia mamma scrive solo al com-puter». «Anche la mia». «Mia mamma nonscrive mai, perchè poi lei, di lavoro, non fala maestra». «Mio padre non ho mai vistoche legge o che scrive». «Io ho visto mianonna che scriveva una lettra a una suaamica in corsivo». «Mia zia scrive solo le let-tere al computer, con l’e-mail». «Anchemio padre».

I BAMBINI CI PARLANO

Sul corsivoGiuseppe Caliceti

Se si ammette lo scambio direttotra il lavoro e un debito che nonpuò essere pagato, si attenta allalibertà della persona. Come nellaFrancia. Prima della rivoluzione.

Capita oggicon lo «Sblocca Italia»

L’ultima corvée si chiama«baratto amministrativo»

COMMUNITY

Il sorriso di PietroIl 27 febbraio 1993 300.000lavoratori provenienti da tuttaItalia si dirigevano a piazzaSan Giovanni per manifestarecontro il voltafaccia delsindacato e la politicaeconomica del governoAmato. Era il movimento deiconsigli unitari e io, uno deisette delegati che avevanopromosso quella giornata,correvo su e giù per quellungo corteo stupito esconvolto per quel chevedevo. Sulla salita dietroSanta Maria Maggiore, amargine del corteo c'era unuomo solo che osservava loscorrere di questi lavoratori:era Pietro Ingrao, ci guardavacon un leggero sorriso. Mi èvenuto spontaneo andargliincontro e dirgli chi ero conun abbraccio spontaneosenza parole.A settembre, per l'altramanifestazione delmovimento mi toccavaparlare dal palco di fronte adaltri 300.000 lavoratori, eroterrorizzato. Ho telefonato aPietro Ingrao, mi ha invitato acasa sua e quando gli hospiegato la mia ansia mi hadetto: dì semplicementequello che senti. Ancor oggi,dopo tanti anni, cerco diseguire la semplice verità diquelle parole: essere e agireper quello che sento dentro dime. Grazie Pietro.Paolo Cagna Ninchi

Contro la guerraCi ha lasciato Pietro Ingrao,una di quelle morti chepesano più di una montagna.Un altro pezzo della nostra

storia se ne va, rimane ladignità di essere comunistaaperti al dubbio e al cercarecercare ancora.Per me giovane comunista nelPci dal 1953, è stato unafigura importante e amata. Ilsuo diritto al dubbio o la lodeal dubbio di cui dice BertoldBrecht (dubbi che ho avutosin da piccina quando allaprima comunione masticail'ostia per capire se davveroquello fosse il corpo di Gesù),affermato all'interno delpartito comunista negli anni50 ha salvato dallostalinismo molti. Come ilcercare e cercare ancora ed ilsuo senso dellaresponsabilità. Sono uscitadal Partito Comunista dopol'11 Congresso nel 1966,quando la «linea di Ingrao»"venne sconfitta ed Amendolalo attaccò come «cacadubbi».Non sono più entrata in unpartito. Le appartenenze mistanno strette. E da Ingraovenne l'appello di guardare aicattolici non come alleanzastrumentale ma capirne evederne le differenze.Mi sono ritrovata in Perù con ipreti della teologia dellaliberazione e con i pretioperai in Italia.Durante la guerra in Iraq,insieme a Chiara, sua figlia ead altre Donne in Neroentrammo al Parlamento edall'alto tirammo deivolantino contro la guerra.Pietro si vergognò, disse, diessere in quel Parlamento esfilava con noi nellamanifestazioni contro laguerra. Che dire? La paroladolore non dice nulla difronte a questo vuoto.Luisa Morgantini

Distante anni luceLa morte di Ingrao a 100 anni

è quanto di più fisiologicopossa esserci per unappartenente alla nostraspecie; la morte di un padredella Repubblica intanto chela Repubblica stasoccombendo sotto i colpi deisuoi figli più ignoranti eingrati, è però un eventocarico di una simbologiatroppo amara per essereignorata. Ingrao (lorovolevano) «voleva la luna»,noi stiamo facendocisotterrare dal Pd di Renzi eVerdini.Distanti anni luce da unasinistra minima, come, perdirla con parole che lo stessoIngrao usò riferendosi al Craxiriabilitato dall’amicoNapolitano, siamo distantianni luce «da un socialistacome Riccardo Lombardi, luisì di sinistra insieme ad altrinel Psi».Vittorio Melandri

Coltivare il dubbioCaro Pietro, più di 30 anni fadiscutemmo accanitamente dipacifismo, movimenti edisarmo. Erano tempi dispaventose tensioniinternazionali e missilinucleari nel giardino di casa.Partisti sulle posizioni ufficialidel «disarmo bilanciato econtrollato» del Partito. Fortedella spudoratezza deivent'anni, obiettorenonviolento, ci diedi dentrocon tutte le argomentazioniche possedevo. A un certopunto decidesti di tacere, eascoltasti. Mi spiegasti, senzadire una parola, cosasignificava «coltivare ildubbio». Grazie.Roberto Chinello

Il peso del dopoguerraChi è nato nel dopo guerra eda 16 anni decise di iscrversi

al Pci come il sottoscritto, haalle spalle una storiapesante... sa che essere statidi sinistra Ingraianisignificava: - cercare dimodificare lo stato delle cosepresenti nell'economia, nelsociale, nella cultura, neidiritti del lavoro e civiliattraverso la lotta continua econquiste «di potere» fino adivenire egemoni nellasocietà e dopo nel governodel Paese;- essere contrari e combatterela burocrazia interna al partitoche spesso nascondevascelte «riformistesocialdemocratica» (si dicevaallora) utilizzando la foglia difico del "centralismodemocratico»;- non avere mai certezzedogmatiche, ma mettersisempre in discussione everificare nella realtà sociale iprocessi da portare avanti; -sapere che la verità vasempre sostenuta con forzaperchè è rivoluzionaria!Questa è una frase di Ingrao:«nella città venni al tempo deldisordine quando la fameregnava. Tra gli Uomini vennial tempo delle rivolte e miribellai con loro».Il mondo è cambiato ma ilmondo delle rivolte non è maisopito, rinasce ogni giornosotto nuove forme... decidi tuquanto lasciarti interrogaredalle rivolte del mio tempo,quanto vorrai accantonare,quanto portare con te nelfuturo.Umberto Franchi

Restano solo gli imbonitoriSe ne va un altro grandePolitico. Restano i grandiimbonitori.Flavio Gori

Chissà cosa diresti...Chissà ora che cosapenserete tu con Berlinguer eTogliatti a vedere questa Italiache viene distrutta dalleriforme che questo Governosta attuando. Chissà lepreoccupazioni che avrete avedere che la Costituzioneche voi avete fatto vienestravolta. Sei stato un grandedirigente della Sinistraitaliana. Ciao Pietro, ciaoCompagno.Davide Nardi Rimini

Lo scrivo a mia figliaScrivo su whats up a miafiglia che mi racconta dellamorte del suo simpaticobidello, morto, down,precocemente. È mortoanche Ingrao, un comunista,vero. Onesto ed ostinato, diquelli veri. È venuto unavolta all'università, aBologna. A trovarci per lacuriosità di incontrare chistava discutendo del proprioe dell'altrui futuro, asalutarci, persone checercavano un perché dellecose, ha parlato del futurocome dedizione al presente,ha parlato di noi e quandose n'è andato tutti avevanogli occhi lucidi.Stefano Gavaudan,veterinario

CASO VOLKSWAGEN

Nei cassetti del Senato la leggeper cambiare i controlli

I DATI SUL LAVORO

Ma l’Italia è ancora troppo lenta

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Roberto Romano

chiuso in redazione ore 22.00

il manifestoDIR. RESPONSABILE Norma Rangeri

CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco

DESKMatteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi,

Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONEBenedetto Vecchi (presidente),Matteo Bartocci, Norma Rangeri,

Silvana Silvestri

DALLA PRIMAMarco Bascetta

DALLA PRIMAErmete Realacci

lelettere

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