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cronache ipogee pagine di informazione speleologica per il Friuli Venezia Giulia - n. 2/20 cronache ipogee Le intense piogge dell'autunno scorso hanno provocato intensi fenomeni di emissione dell'aria nella grotta soffiante presso Orlek. Il fenomeno ha talmente entusiasma- to i grottisti di Ajdovščina, Sežana e JOSPDT che hanno deciso di unire le forze e di proseguire insieme gli scavi. Una frana instabile e una strettoia molto lunga hanno assorbito parecchio tempo ed energie. Poi la grotta, a modo suo, si è aperta, e continua secondo il seguente schema: strettoia relativamente facile, pozzetto comodo, nuova strettoia relativamente facile. Le squadre formate dai grottisti dei tre gruppi si alternano nella grotta in continuazione. Sabato 19 febbraio La squadra di turno ha superato l'enne- sima strettoia ed è scesa nel pozzetto successivo, dove si è fermata di fronte alla solita strettoia. Con grande sorpresa dei presenti, dalla strettoia proveniva un rumore simile a una cascata di un corso d'acqua abba- stanza grande. Il fenomeno ha suscita- to tra i presenti un grande entusiasmo e ancora più grandi perplessità. (Foto Claudio Bratos) La strettoia si trova a circa 150 m di dislivello sopra il livello probabile dell'acquifero. In base all'esperienza, raramente si sente un rumore a una distanza simile. Inoltre in base alle conoscenze attuali, l'acqua di fondo nella zona dovrebbe scorrere ormai senza apprezzabili di- slivelli, rapide o addirittura cascate. Un rumore simile a quello sentito nella grotta si sente quando l'aria esce dalla grotta in periodi di pioggia. In questi giorni però la grotta non soffia. Si è pensato anche allo stillicidio, che però per provocare un rumore simile, dovrebbe cadere a secchi. Si è pensato anche a uno stillicidio minore amplificato da qualche carat- teristica acustica a noi ignota. Ma i dubbi persistono. Per avere una risposta bisognerà attendere e lavorare ancora un po' (probabilmente ancora parecchio). Stojan Sancin in rappresentanza della squadra congiunta delle associazioni JDDR Ajdovščina - JD Sežana - JOSPD Trst. IL MISTERO DEL ROMBO TIMAVICO

IL MISTERO DEL ROMBO TIMAVICO · Il fenomeno ha talmente entusiasma-to i grottisti di Ajdovščina, Sežana e ... Le squadre formate dai grottisti dei tre gruppi si alternano nella

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cronache ipogee �

pagine di informazione speleologica per il Friuli Venezia Giulia - n. 2/20��

cronache ipogee

Le intense piogge dell'autunno scorso hanno provocato intensi fenomeni di emissione dell'aria nella grotta soffiante presso Orlek.Il fenomeno ha talmente entusiasma-to i grottisti di Ajdovščina, Sežana e JOSPDT che hanno deciso di unire le forze e di proseguire insieme gli scavi.Una frana instabile e una strettoia molto lunga hanno assorbito parecchio tempo ed energie.Poi la grotta, a modo suo, si è aperta, e continua secondo il seguente schema: strettoia relativamente facile, pozzetto comodo, nuova strettoia relativamente facile.Le squadre formate dai grottisti dei tre gruppi si alternano nella grotta in continuazione.

Sabato 19 febbraioLa squadra di turno ha superato l'enne-sima strettoia ed è scesa nel pozzetto successivo, dove si è fermata di fronte alla solita strettoia.

Con grande sorpresa dei presenti, dalla strettoia proveniva un rumore simile a una cascata di un corso d'acqua abba-stanza grande. Il fenomeno ha suscita-to tra i presenti un grande entusiasmo e ancora più grandi perplessità.

(Foto Claudio Bratos)

La strettoia si trova a circa 150 m di dislivello sopra il livello probabile dell'acquifero.In base all'esperienza, raramente si sente un rumore a una distanza simile.Inoltre in base alle conoscenze attuali, l'acqua di fondo nella zona dovrebbe scorrere ormai senza apprezzabili di-slivelli, rapide o addirittura cascate.Un rumore simile a quello sentito nella grotta si sente quando l'aria esce dalla grotta in periodi di pioggia.In questi giorni però la grotta non soffia.Si è pensato anche allo stillicidio, che però per provocare un rumore simile, dovrebbe cadere a secchi.Si è pensato anche a uno stillicidio minore amplificato da qualche carat-teristica acustica a noi ignota.Ma i dubbi persistono. Per avere una risposta bisognerà attendere e lavorare ancora un po' (probabilmente ancora parecchio).

Stojan Sancinin rappresentanza della squadra congiunta delle associazioni JDDR Ajdovščina - JD Sežana - JOSPD Trst.

IL MISTERO DEL ROMBO TIMAVICO

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cronache ipogee2

febbraio 20��... e

Centro Visite "Gradina" - Doberdò del Lago

Venerdì 25 febbraio ore 20:30

INGRESSO LIBERO

GS Talpe del Carso - JK Kraški krti

Karst Water Exploring

Presentano

Dopo una vivace assem-blea, in cui il presidente del Centro Ricerche Carsiche

“C. Seppenhofer” ha illustrato ai soci l’attività svolta nel corso dell’anno appena trascorso, si sono svolte le votazioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo del gruppo.Votazioni che hanno visto alcune riconferme e la new entry di una rap-presentante del gentil sesso all’interno del direttivo stesso.Riconfermato Maurizio Tavagnutti alla presidenza, sono stati così eletti alla dirigenza del gruppo i soci Gino Marci-gaglia, Stefano Ippolito, Gianni Glessi e Gabriella Graziuso.Da subito il nuovo direttivo si è pre-fissato di portare a termine tutti gli impegni già in corso d’opera come il progetto “Gradisca sotterranea” ma, in particolare si adopererà per valorizzare il rifugio speleologico di Taipana e la collaborazione con il Catasto delle Grotte Regionale senza, peraltro, trascurare il lavoro di ricerca e rilevamento topografico delle gallerie cannoniere del Monte Sabotino.

PREMIO ALPI GIuLIE CInEMA

È terminata giovedì 24 febbraio 2011 all’Antico Caffè S. Marco di Trieste, con grande successo di pubblico, la rassegna ALPI GIULIE CINEMA (cinema di montagna) organizzata dall’Associazione Monte Analogo.L’ultima giornata era dedicata alla premiazione e proiezione delle opere scelte dalla Giuria del “Premio Alpi Giulie Cinema”, riservato alle produ-zioni cinematografiche di autori della Carinzia, Friuli Venezia Giulia e Slo-venia. Al regista del miglior video è stata assegnata la “Scabiosa Trenta”, fiore alpino immaginario cercato per una vita dal grande pioniere delle Alpi Giulie, Julius Kugy.Quest’anno il premio è stato realizzato in acquerello dalla pittrice Riccarda de Eccher di origine trentina, ma udinese d’adozione, presente in sala.

Serata decisamente ben riuscita per l'Associazione Ka.W.E. di Trieste che venerdì 24 febbraio ha presentato, ospite del Gruppo Speleologico "Tal-pe del Carso", presso il Centro Visite "Gradina" di Doberdò de Lago (GO) il filmato sulla spedizione speleologica multidisciplinare in Viet Nam "L'anno della Tigre".In sala una quarantina di persone, molte delle quali appartenenti ai gruppi speleologici isontini, sono state intrat-tenute dalle spiegazioni di Massimo Razzuoli e Clarissa Brun non solo sugli aspetti esplorativi della spedizione ma anche su quelli etnici, culturali e eno-gastronomici...Come nelle migliori tradizioni spe-leologiche, la serata si è conclusa in una "privata" di Sagrado, dove si sono potuti gustare i prodotti tipici della zona e continuare a discutere con gli amici di esperienze passate e di progetti futuri.

Franco GherlizzaCentro Visite "Gradina". Il saluto di benvenuto ai presenti da parte del presidente del Gruppo Speleologico "Talpe del Carso", Edi Gergolet.

Centro Visite "Gradina". Massimo Razzuoli illustra le fasi organizzative della spedizione speleologica della Ka.W.E. in Viet Nam.

Finale in allegria, presso una privata di Sagrado, ospiti degli amici delle "Talpe del Carso".

Al proposito proprio qui il “Seppenho-fer” si adopererà quest’anno per realizzare un’efficace segnaletica atta a indicare, e riconoscere sul campo, le singole cavità militari risalenti alla Prima Guerra Mondiale.Un progetto, in tal senso, è già stato ideato e abbozzato e ora dovrà essere solo realizzato non appena si potranno reperire i finanziamenti necessari.Infine il nuovo direttivo ha auspicato la volontà di organizzare la seconda edizione della manifestazione estiva denominata “Ve-la conto in Carso” che nella prima edizione, svoltasi lo scorso anno, ha visto la partecipazione di più di duecento persone.Si tratta di una simpatica manifesta-zione, organizzata assieme all’Associa-zione Nautica Laguna del Villaggio del Pescatore e all’Albero Rosso Sailing Team di Gorizia che si protrae per un intero fine settimana in cui avviene un reciproco scambio di ruoli tra speleo-logi e velisti.

Maurizio Tavagnutti

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PREMIO ALPI GIuLIE CInEMA 2011Verbale della Giuria

La giuria del Premio Alpi Giulie Cine-ma, composta da:Giorgio Gregorio, registaArrigo Olivieri, studente universitario carnicoStefano De Franceschi, giornalista,dopo aver visionato le opere presentate in concorso nel febbraio 2011, pur non avendo trovato un giudizio unanime e concorde, assegna a maggioranza, i seguenti riconoscimenti:

MIGLIOR FILMPremio "Scabiosa Trenta" 2011al film "Trenutek Reke/Il Tempo del Fiume"di Anja Medved e Nadja Velušček.

Con la seguente motivazione:Nonostante il ritmo del film si ade-gui volutamente a quello lento dello scorrere delle acque, la potenza dello sguardo che gli autori gettano su quella porzione di mondo che è attraversata dal fiume Soča/Isonzo, mediata e anzi accresciuta da una fotografia eccel-lente e da un montaggio magistrale, non si limita a una contemplazione estatica dei numerosi paesaggi attra-versati dal fiume né, d’altro canto, le testimonianze di chi racconta davanti alla macchina da presa rispondono a un intento meramente formale o didascalico.

Dalle Alpi Giulie a Grado, attraverso le immagini, i volti e le voci dei testimoni, il film dà uno spaccato ampio e diver-sificato delle diverse realtà che il fiume attraversa e lo spettatore è portato a conoscere l'ambiente e a rivivere la storia e le molte contraddizioni di queste terre di confine.Il valore documentaristico in senso stretto (e per certi versi "testamenta-rio", visti i tempi correnti) dell’opera è rilevantissimo.Giudizio positivo per la pulizia della regia e per la solidità della sceneg-giatura.Sempre puntuale, appropriato e mai superfluo l'utilizzo del vasto materia-le d'archivio: immagini di repertorio, registrazioni, brani tratti da filmati casalinghi o da pubblicità, scampoli di filmati di guerra.Una nota di merito va anche alla colon-na sonora, e al trattamento e l'utilizzo delle musiche e dei suoni registrati in presa diretta.

PREMIO "Luigi Medeot"per il miglior soggettoal film "Guardare il Silenzio"di Giampaolo Penco

Con la seguente motivazione:Il film, in piena sintonia con quella che è l'essenza stessa del Premio Alpi Giulie Cinema, ha il pregio di affrontare il tema non certo facile del rapporto tra arte e montagna, o ancor meglio dell'arte in montagna.Partendo dalla realtà quotidiana di un giovane contadino della Carnia, messo a contatto e a confronto con le installazioni artistiche della colle-zione Marzona, il film si muove tra le montagne a cavallo tra Triveneto e Austria, alla scoperta di opere d'arte e architettoniche moderne, realizzate con l'ambizione di arricchire la fruizione del paesaggio, aprendo tuttavia orizzonti nuovi e ponendo una riflessione fra il passato nostalgico che non può più tornare, il presente in cui "il fatto stes-so di riuscire a vivere in montagna, a 1.700 metri di quota, può considerarsi un'arte", e il futuro in cui la presenza dell'uomo sulle montagne e nella natura rischia di essere considerata un'opera d'arte tout court.L'opera nel suo insieme privilegia il parlato mentre le immagini si limitano ad accompagnare il testo e le inter-viste, penalizzando la piena riuscita del film.

Erano presenti Sergio Serra, Giuliano Gelci, Louis Torelli, dell’associazione Monte Analogo che hanno premiato, le registe Anja Medved e Nadja Velušček del film "Trenutek Reke/Il Tempo del Fiume" con la “Scabiosa Trenta”, prin-cipale riconoscimento del concorso.Il premio in memoria “ Luigi Medeot” come miglior soggetto è stato asse-gnato a Gianpaolo Penco, regista del film “Guardare il silenzio”.Si allega il verbale della giuria.

La ALPI GIULIE CINEMA si è tenuto con il patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia, Provincia e Comune di Trieste; in collaborazione con il CAI di Gorizia, Trento Film Festival, Bovec Outdoor Film Festival, Cooperativa Bonawentura, ARCI Servizio Civile, Antico Caffè S.Marco, CAI Società Alpina delle Giulie - Commissione Grotte Eugenio Boegan.

Il quadro, della pittrice Riccarda de Eccher, raffigurante la "Scabiosa Trenta".

Le vincitrici del premio "Scabiosa Trenta", Anja Medved e Nadja Velušček.

Sergio Serra e Giuliano Gelci con il vincitore del premio "Luigi Medeot", Giampaolo Penco.

Alcune immagini tratte dal film Asgard Jamming.

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La giornata dedicata alla speleologia all’interno della manifestazione Alpi Giulie 2011 organizzata dall’associazio-ne culturale Monte Analogo di Trieste ha visto come indiscussa protagonista della serata l’attività speleologica nella sua multidisciplinarità.È luogo comune dire, però è così, che ancora oggi questa disciplina è poco o male conosciuta se non attraverso notizie di incidenti riportate in modo incompleto e fantasioso o film im-possibili. È molto, molto più difficile e impegnativo girare qualche immagine buona in una grotta vera senza cadere nel banale, che realizzare un film di successo in 3D!Attraverso questa rassegna è stato possibile in poche ore assistere a quello che la speleologia è veramente e soprattutto a quello che gli speleologi stanno facendo con le loro forze.

Il primo filmato dedicato alle esplora-zioni speleo subacquee di un gruppo di inglesi nella risorgiva di Cogol dei Veci in Valstagna provincia di Vicenza, diretto da Marcus Taylor, riportava le fatiche esplorative, le tensioni e i

pensieri che solamente chi si immerge nelle acque buie di una grotta se-guendo ancor più nell’intimo i percorsi sotterranei, può provare.Immerse nel silenzio e nella spettaco-larità liquida come un relitto in fondo al mare, ma fortunatamente ancora vivo e protetto, i sifoni e le parti sommerse delle grotte sono un mondo veramente difficile dove i cattivi pensieri non pos-sono entrare e la preparazione tecnica deve essere perfetta.Poi il filmato di Matteo Rivadossi ha ripercorso la discesa delle cascate Kalambo nello Zambia fino al lago Tanganika.La prima discesa assoluta di questa forra ha permesso di scoprire tramite le videocamere dei protagonisti, un angolo d’Africa ancora sconosciuto. Dei moderni Livingstone forse meno romantici ma molto meglio attrezzati.A seguire il racconto di una esplorazio-ne incredibile nel collettore Istettai in terra sarda a cura di Vittorio Crobu.Sono stati esplorati chilometri di nuo-ve gallerie passando sifoni in apnea, solamente con la forza di volontà di scoprire cosa c’è oltre, per la sete esplorativa ma anche per implemen-tare la conoscenza delle complesse idro-strutture sotterranee della Sar-degna.I due filmati-documentari poi, “Grotte di miniera - dentro gli archivi del tempo” di Tullio Bernabei e le “Vene dei monti” di Andrea Gobetti e Tommaso Biondi sono dei veri capolavori prodotti da professionisti.In poco più di un’ora hanno saputo raccontare le magnificenze del mon-do sotterraneo, la complessità delle ricerche scientifiche e l’importanza del connubio speleologia e scienza che non può essere diverso: un legame indissolubile che va oltre tutti i luoghi comuni.Per finire, poi, il trailer del filmato che ripercorrerà i 51 anni delle esplorazioni speleologiche sul Monte Canin, che verrà realizzato dalla Commissione Grotte E. Boegan e Monte Analogo.Durante la serata inoltre è stato proiet-tato più volte uno spot molto d’effetto creato da Sandro Sedran e intitolato “The water we’ll drink” ed è proprio l’acqua delle riserve idriche sotterranee quella che beviamo, ma forse non tutti

lo hanno ancora realizzato.Un minuto e mezzo che fa capire con indiscussa semplicità e professionalità l’importanza e il compito che lo speleo-logo ha nei confronti del mondo ipogeo in quanto potrebbe essere l’unico ad arrivare in quei posti e quindi ha l’onere di raccontare al mondo esterno l’im-portanza della loro salvaguardia.

C’era molta gente in sala, durante le proiezioni, però erano sempre le stes-se facce di chi comunque conosce già quello che è la speleologia.Tutto questo per dire che questo tipo di informazioni dovrebbero essere passate a un pubblico più vasto, alle scuole.Gli speleologi cercano in tutti i modi di portare alla luce quello che vedono là sotto e il loro impegno per studiare meglio questo mondo apparentemen-te non visibile è enorme, ma questo è molto più difficile che fare delle esplorazioni impegnative ostacolato da anni di banali dicerie, dalla comune scarsa conoscenza del territorio e dalla medievale paura verso quello che non si conosce.La speleologia è nata proprio qui a Trieste, beh, facciamo in modo che questa fortuna e particolarità sia con-divisa da tutti.Contemporaneamente alla rassegna Alpi Giulie c’è stata una proiezione de-dicata alle esplorazioni speleologiche e scientifiche in Viet Nam, a giugno ci sarà il XXI Congresso Nazionale di Speleologia, alcune scuole della regione partecipano ed organizzano sistematicamente escursioni in grotta approfondendo poi con gli insegnanti e accompagnatori quanto visto, la sfera giornalistica locale è molto attenta alle nuove scoperte.

Facciamo in modo che tutto questo diventi la “normalità”, facciamo in modo che la “Speleologia” diventi logicamen-te una materia insegnata nelle scuole, come in altri paesi europei, facciamo in modo che l’80% delle persone presenti alle proiezioni non siano degli “addetti ai lavori”, allora sì che avremo raggiunto il nostro scopo.Chissà che non sia la volta buona.

Clarissa Brun

TRIESTE. FILM ChE RACCOnTAnO LA SPELEOLOGIA

alpigiuliecinema11 trie

ste

teatro mielapiazza Duca degli Abruzzi 3

antico caffè san marcovia Cesare Battisti 18

Una magnifica carrellata di performance estremedi sci alpinismo, mountain bike, arrampicata.

ore 18.00

ore 20.30

10 febbraiogiovedì

Teatro Miela (ingresso ¤ 5,00)

MOUNT ST.ELIAS (01’40”) AustriaTHE ARGENTINE PROJECT (7’) Canada

ASGARD JAMMING (54’) BelgioALONE ON THE WALL (24’) Stati Uniti

graf

ica

plip

ts

Segreteria organizzativa:M O N T E A N A L O G Ovia Fabio Severo 3134100 TRIESTE (Italy)tel. + 39 040 761683tel. + 39 335 [email protected]

Una intera giornata di immagini e cortometraggi che danno unaampia visione sugli aspetti più attuali della speleologia italiana

ore 18.00

ore 20.30

17 febbraiogiovedì

Teatro Miela (ingresso ¤ 5,00)

EXPLORATION OF THE COGOL DEI VECI (35’) InghilterraTHE WATER WE’LL DRINK (1’30”) ItaliaKALAMBO (44’) Italia

GROTTE DI MINIERA - DENTRO GLI ARCHIVI DEL TEMPO (40’) ItaliaISTETTAI - COLLETTORE PROGETTO MENO 500 (6’35”) ItaliaTHE WATER WE’’LL DRINK (1’30”) ItaliaLE VENE DEI MONTI (28’) Italia)

ore 20.30

pre

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iuli

e c

ine

ma

24 febbraiogiovedì

Antico Caffè San Marco(ingresso gratuito)

Proiezione delle produzionicinematografiche di autori delFriuli Venezia Giulia, Slovenia eCarinzia dedicate alla montagna,premiate con la “scabiosatrenta” fiore alpino immaginariocercato per una vita dal grandepioniere e poeta delle Alpi Giulie,Julius Kugy.

Con il patrocinio diComune di TriesteProvincia di TriesteRegione Friuli Venezia Giulia

In collaborazione conCAI Sezione di Gorizia - Trento Film Festival - Bonawentura/Teatro MielaARCI Servizio Civile - Bovec Outdoor Film Festival - Antico Caffè San MarcoCAI Società Alpina delle Giulie - Commissione Grotte Eugenio Boegan

I film stranieri saranno proposti in lingua originale con traduzione simultanea o sottotitoli.

Segreteria organizzativa:M O N T E A N A L O G Ovia Fabio Severo 3134100 TRIESTE (Italy)tel. + 39 040 761683tel. + 39 335 [email protected]

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CONTINUA LA COLLABO-RAZIONE TRA IL CENTRO GIOVANI CORMONS E IL SEPPENHOFER

Visita alla Grotta Doviza

Con una bella ed interessante esplo-razione alla Grotta Doviza ha ripreso la collaborazione tra il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” e il Centro Giovani Cormons.Un folto gruppo di giovani, anche alle prime armi in grotta, si è cimentato

ATTIVITÀ DIDATTICA

Con il mese di febbraio è iniziata la collaborazione

tra la scuola di speleologia del Club Alpinistico Triestino e il Comune di Muggia, per l'accompagnamento in grotta dei ragazzi delle scuole medie "Nazario Sauro.La prima escursione ha visto la parteci-pazione di 40 persone, tra professori e studenti delle classi seconde, alla visita della Grotta Bac a Basovizza.I ragazzi sono stati seguiti da otto soci del CAT tra i quali, hanno fornito notizie storiche, geologiche faunistiche e ambientali, il dott. Sergio Dolce e Maurizio Radacich.Nella seconda tornata, è stata visitata la Grotta dell'Acqua. In questo caso erano i ragazzi delle prime che si sono avventurati in ogni anfratto della nota cavità triestina.A questa visita hanno partecipato 33 alunni e tre professori coadiuvati da sette soci del CAT e, ancora una volta, le spiegazioni sugli aspetti geomorolo-gici e faunistici della cavità sono state esposte da Sergio Dolce.La prossima volta, toccherà alle classi terze, per le quali abbiamo prospettato la visita alla Grotta Regina del Car-so, in collaborazione con il Gruppo Speleologico "Talpe del Carso", che ringraziamo anticipatamente per la disponibilità.

Franco Gherlizza

Sergio Dolce intrattiene i ragazzi all'ingresso della Grotta Bac. (Maurizio Radacich)

Studenti e accompagnatori nel vestibolo della Grotta dell'Acqua. (Ferruccio Podgornik)

nell’esplorazione della classica e sug-gestiva cavità friulana, accompagnati da alcuni speleo esperti, hanno potuto apprendere i primi rudimenti di tecnica e progressione nei meandri.Tutto si è svolto nel migliore dei modi al punto che diversi giovani hanno espresso il desiderio di approfondire le loro conoscenze dell’ambiente sotterra-neo frequentando il prossimo corso di speleologia della neocostituita Scuola Isontina di Speleologia.Ancora una volta la zona di Villanova delle Grotte si è dimostrata un am-biente ideale per promuovere questa pratica verso i giovani, i numerosi feno-meni ipogei presenti in zona possono creare nel neofita la giusta curiosità ed il desiderio di avventura che spesso i nostri ragazzi hanno perso restando per troppo tempo nel mondo virtuale dei computer.La giornata esplorativa poi, si è conclu-sa nel rifugio speleologico di Taipana dove i giovani hanno potuto apprezzare l’ospitalità degli speleologi goriziani e soprattutto hanno potuto conoscere il lavoro da loro svolto nell’ambito del-l’esplorazione delle cavità situate nel territorio del comune di Taipana che, ricordiamo, è oggetto di un appro-fondito lavoro di ricerca e studio che sarà pubblicato entro la prima metà dell’anno in corso.

Maurizio Tavagnutti

Foto di gruppo all'esterno della Grotta Bac.(Maurizio Radacich)

Foto di gruppo nella caverna finale della Grotta dell'Acqua. (Ferruccio Podgornik)

Sergio Dolce e Maurizio Radacich si alternano nelle spiegazioni ai ragazzi. (Ferruccio Podgornik)

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Il sito web del Centro Ri-cerche Carsiche “C. Sep-penhofer” (www.seppenho-

fer.it) è stato aggiornato modificando alcune sue parti e con l’aggiunta di numerose nuove pagine.In particolare nella sezione “I nostri servizi” con alcune pagine dedicate al catasto grotte.È stata pure modificata la “Sezione Speleologica” e la “Sezione Didattica” e sono state aggiunte anche delle pagine alla “Sezione Cavità Artificiali”.Buona visione!

Maurizio Tavagnutti

uLTIME DAL GORIuDA

Le esplorazioni di fine feb-braio nelle nuove gallerie

del Fontanone di Goriuda non hanno dato i risultati che gli esploratori si attendevano e che, in parte, davano quasi per scontati.Al termine di un pesante lavoro di trasporto delle attrezzature in loco, e dopo aver controllato le condizioni del campo base interno, gli esploratori della Sezione Speleosubacquea del CAT sono ritornati sui luoghi che ven-nero abbandonati l'anno precedente, a causa del prematuro disgelo.Le vie da seguire in quel punto erano due: o proseguire verso l'interno del monte, lungo un'ampia galleria prece-dentemente percorsa per un centinaio di metri, oppure rivolgersi esattamente dall'altra parte e seguire la stessa galleria nel senso inverso, che topo-graficamente parlando, avrebbe dovuto portare gli speleosub verso l'esterno del monte.Alla fine si è deciso per il tratto "a valle", verso l'esterno. Questo proprio in previsione, nel caso si sbucasse in parete, di permettere agli esploratori di continuare le investigazioni anche nel periodo estivo, evitando i pericoli causati dalle piene improvvise.Raggiunto il punto dove le due gal-lerie si dividono è stato effettuato un traverso per raggiungere l'imbocco del ramo prescelto e, qui, percorse poche decine di metri, si è dovuto, con grande scoramento di tutti, constatare che, questo tratto di grotta, non solo non conduce all'esterno ma si ricollega con la galleria sottostante, creando in que-sto modo quel flusso d'aria che aveva tanto fatto sperare gli speleosub.Superato il trauma, ci stiamo già orga-nizzando per continuare l'esplorazione nell'altro tratto di galleria, cioè, verso l'interno del monte.

Duilio Coboli

PARTEIL PROGETTO

RIO VAAT(Friuli)

Nel mese di febbraio sono partiti ufficialmente i primi campionamenti e i monitoraggi delle sorgenti per il “Progetto Rio Vaat”.Progetto idrogeologico che vede impe-gnati assieme il Gruppo Speleologico Michele Gortani - CAI Tolmezzo e il

Goriuda. Nel campo base. (Gianfranco Manià)

Goriuda. Attrezzando il traverso. (Duilio Cobol)

Campionamenti nel Rio Vaat. (Massimo Razzuoli)

Club Alpinistico Triestino nella zona di Cesclans (Tolmezzo).I sopralluoghi avvenuti nei mesi precedenti, hanno permesso di indi-viduare e delineare l’area d’indagine tenendo conto della bibliografia, delle osservazioni fatte sul campo durante i regimi idrici di piena e di magra, del comportamento delle sorgenti e del sifone finale della grotta Rio Vaat in tali occasioni.Sono state individuate cinque zone ritenute prioritarie all’interno delle quali, mensilmente per un anno e mezzo, andranno monitorate le sorgenti me-diante misurazioni in situ dei parametri chimico-fisici e della portata, invece in laboratorio verranno analizzati i cam-pioni d’acqua prelevati per lo studio geochimico. Le zone sono: Rio Faeit, Rio Chiam-pon, Rio Vaat, Cuel Mulimiela e Alesso, per un totale di 16 sorgenti. Per rende-re i risultati idrografici i più attendibili possibile, nel paese di Cesclans, sono stati installati un pluviometro e una raccolta per le acque meteoriche che verranno anch’esse campionate con-temporaneamente alle sorgenti, per le analisi geochimicheDai risultati che emergeranno dalle analisi in questi primi mesi, si valuterà poi se ampliare l’area d’indagine o rite-nere superflua la misurazione di qual-che sorgente. Durante le esplorazioni del territorio sono state individuate in quota alcune zone di possibile assor-bimento delle acque.La bella stagione permetterà di ap-profondire la ricerca e di pianificare i test di tracciamento previsti in autun-no, test essenziali che ci aiuteranno a capire meglio la circolazione idrica sotterranea della zona correlandoli alle indagini mensili in corso.

Clarissa Brun

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marzo 20��...La Società di Studi Carsici A.F.Lindner di Ronchi dei Legionari, in occasione del Venticinquennale dalla

Fondazione (1986-2011) propone una serie di iniziative, la prima delle quali è la visita guidata alla Grotta Azzurra di Samatorza sul Carso Triestino, aperta a tutti (anche bambini).Il Geologo Graziano Cancian, che ci

farà da guida, ci fornirà tutte le infor-mazioni sulle caratteristiche del luogo e della grotta, compresi gli aspetti geologici e lo sviluppo del carsismo. Siete invitati domenica 6 marzo 2011,

con ritrovo alle ore 9,00 presso la sede sociale in via F.lli Cervi, n. 9/G a Ronchi dei Legionari (GO) (per trovarci seguire le indicazioni per l'Ufficio Po-stale ed entrare nell'area scolastica).

La Grotta Azzurra di Samatorza (o Jama Jepavkna

o Blaue Grotte) si apre in una piccola dolina del

Carso Triestino, di cui è una delle cavità più cono-

sciute, sia per la facilità di accesso e per la notevole

estensione, sia per l'interesse archeologico.

Si tratta di una grande caverna lunga 239 m. che

raggiunge la profondità di 46 m.

In certi punti la galleria è larga fino a 30 metri ed

alta 10, quindi è facilmente visitabile.

Il nome, assegnatole dal dott. Marchesetti, non trova

fondamento in una particolare colorazione, ma nel

fatto che dal fondo della sala si scorge un lembo di

cielo e il debole riverbero azzurrognolo della luce

diurna rischiara la caverna di fondo.

E’ molto importante dal punto di vista archeologico

perché fu usata in epoca preistorica dall’uomo, che

la abitò saltuariamente, mentre una notevole comuni-

tà si era stabilita presso l’ingresso addirittura per

qualche millennio.

Per questo motivo è stata oggetto di varie campagne di

ricerche, iniziate già nel 1892 da parte dello studioso Mo-

ser.

Furono individuati vari livelli e quello mesolitico diede

alla luce migliaia di schegge di selce e centinaia di stru-

menti lavorati.

Sono stati trovati, inoltre, resti di orso spelaeus.

Durante la prima guerra mondiale, invece, la cavità è ser-

vita da ricovero militare per le truppe austriache che co-

struirono una cisterna, alimentata dalle acque di stillicidio.

Tuttora sono visibili le firme che i soldati hanno inciso sul

bordo.

La grotta è stata oggetto di studi mineralogici nel

1985 da parte di Graziano Cancian, che documentò,

per la prima volta, la presenza di minerali fosfatici.

Successivamente, nel 2009, lo stesso Autore, assieme

al prof. Francesco Princivalle dell’Università di Trie-

ste, approfondì le indagini evidenziando che i fosfati

sono rappresentati principalmente da idrossiapatite e

da tracce di brushite, taranakite e variscite.

E’ stata documentata anche la presenza del gesso, un

minerale difficilmente reperibile nelle grotte del Car-

so.

Durante l’escursione il geologo Graziano Cancian,

uno dei soci fondatori della Società Lindner, fornirà

tutte le informazioni sulle caratteristiche del luogo e

della grotta, compresi gli aspetti geologici e lo svi-

luppo del carsismo.

Rilievo dal Catasto Regionale delle Grotte FVG

Tutte le foto sono di Alessandro Zoff L’ingresso visto dall’interno della grotta L’ingresso della cavità visto dalla dolina

PER INFORMAZIONI e PRENOTAZIONE:

Società di Studi Carsici A.F. Lindner Via Fratelli Cervi, 9/g

34077 Ronchi dei Legionari (GO) Orario di segreteria: ogni giovedì dalle 21,00 alle 24,00

http://www.studicarsici.it E-mail: [email protected]

Info: 331-1070547 (Segreteria) 347-5611728 (Presidente) 333-2695477 (Economo)

Ho solo detto - Mi porteresti in grotta? -

VISITA GUIDATA alla

Grotta Azzurra

Domenica 6 marzo 2011

Con ritrovo alle ore 9,00 presso la sede sociale

in via F.lli Cervi, n. 9/G 34077 Ronchi dei Legionari (GO)

La Società di Studi Carsici “A.F. Lindner”

di Ronchi dei Legionari

vi invita alla

Equipaggiamento : Consigliato abbigliamento sportivo con scarpe da trekking o stivali in gomma, in quanto il fondo della grotta presenta fango; torcia elettri-ca per illuminazione (meglio se frontale). In ogni caso la Società metterà a disposizione dei caschi con impianto luce elettrico.

Gradita la prenotazione.

Ci trovi anche su :

La partecipazione alla visita guidata è libera e gratuita, presuppone spostamenti con mezzi pro-pri fino a Samatorza sul Carso Triestino. Per chi volesse aderire, è prevista a fine visita (ore 12,00 circa) una sosta per degustare prodotti tipici locali in un agriturismo, a spese proprie.

1986-2011: In occasione delle celebrazioni per il Venticinquennale

dalla Fondazione

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PRIMO CORSO “MuLTIETnICO” DI SPELEOLOGIAUna delle motivazioni principali che animano l’impegno dell’’Unione Speleologica Pordenonese CAI è senza dubbio la continua ricerca di trasferire quanto vissuto e sperimentato nella conoscenza dell’ambiente, non solo carsico, del pordenonese in contributi di apporto sociale per lo stesso. A nuova testimonianza di questa attenzione, gli speleologi del CAI, coscienti di una popolazione sempre più multietnica non solo a Pordenone, hanno pensato a una nuova espe-rienza sperimentando in modo “multietnico” il loro ”XXX Corso di introduzione alla Speleologia” nella convinzione che dialogo e integrazione culturale e sociale possano avvalersi della conoscenza naturalistica del territorio anche nelle sue manifestazioni più nascoste.Il Corso, aperto anche a tutti coloro che possiedono una minima conoscenza della lingua italiana, inizierà martedì 2 marzo e si avvarrà, sperimentalmente, di sostegni in lingua inglese.Se l’iniziativa sarà apprezzata è intenzione della Scuola di Speleologia CAI di Pordenone di organizzare nel prossimo autunno un nuovo corso con Istruttori preparati a comunicare anche con altri idiomi le tecniche di progressione in grotta.INFO: @mail. [email protected] - cell. +39 3473287617.

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CEnT’AnnI DAGLI STuDI IDROLOGICI PIOnIERISTICI E FOnDAMEnTALI MEDIAnTE TRACCIAnTI ARTIFICIALI, DI GuIDO TIMEuS, PER LA PROVA

DELLA COnTInuITÀ TRA IL FIuME REkA E IL TIMAVO InFERIORE

Il 1911, un secolo fa, rappresenta la data in cui gli studi pionieristici e fondamentali del professor Guido Timeus - insigne chimico triestino del Civico fisicato della Trieste asburgica - sul principale problema dell’idrologia carsica di allora: provare se il fiume inghiottito nelle Grotte di San Canzia-no fosse quello che emergeva a San Giovanni di Duino chiamato Timavo, si conclusero. Ci si può chiedere, perché il 1911? La risposta - secondo la mia interpretazione storica - è perché in quell’anno furono divulgati nella forma più autorevole, per essere poi pubbli-cati, i risultati di quel lungo percorso d’indagini scientifiche che iniziò quin-dici anni prima; dalla chiusura di quel ciclo di studi, derivò poi l’avviamento di tutte le sue altre, successive, indagini con i traccianti.Come Timeus stesso scrisse, fu nel 1895 (altre volte cita il 1896), quando egli iniziò a occuparsi del “problema del Timavo”. Il programma d’indagine, che si sviluppò nel tempo, fu riassunto trentatre anni dopo dallo stesso Ti-meus in quello che si può definire il suo testamento scientifico, cioè la pub-blicazione, comparsa sulla rivista “Alpi Giulie” del 1928, che compendiava i risultati delle sue ricerche (1). Dice lui stesso: “Era mio precipuo intendimento di risolvere, con fatti inoppugnabili, il problema dell’origine del classico Timavo e rilevarne in quanto fosse possibile il suo decorso sotterraneo. Si trattava inoltre di definire le fonti del fiu-me che risorge al fondo della caverna di Trebiciano, e l’origine dei corsi che nel tempo delle piene si riversavano nella profonda Voragine dei Serpenti. Le investigazioni erano inoltre ancora dirette ad accertare l’eventuale nesso fra il Timavo sotterraneo e le polle di Aurisina, le risorgenti di S. Giovanni e Cedassamare ed altre minori. Né intendevo di trascurare i rapporti col Timavo e con le acque, che scom-paiono nella voragine presso Matteria e Castelnuovo e le eventuali relazioni fra il Timavo e le acque del Vipacco con i laghi di Doberdò, Pietrarossa e Sablici. Il programma di ricerche com-prendeva anche ricerche sul Timavo, in prossimità della sua risorgenza,

sull’origine e sul decorso delle acque che sgorgano presso Bagnoli, e sulla falda acquifera di Zaule”. Ciò, fu scritto a posteriori, a ricerche ampiamente concluse… e meditate, ma in effetti, il primo, fondamentale problema che Timeus affrontò fu quello relativo al Timavo vero e proprio, dove concen-trò il massimo dei suoi sforzi volendo ottenere la prova di una, eventuale, continuità tra San Canziano, cioè tra quel fiume ancora chiamato la Reka, e San Giovanni di Duino, ovvero il Timavo delle foci citato da Virgilio e Vitruvio e supposto sotterraneo da Posidonio, Strabone e Plinio. Quel fiume che il religioso servita padre Imperati dimorante nel Castello di Duino, in una lettera del 12 settembre 1602 diretta all’insigne naturalista bo-lognese Ulisse Aldrovandi, informò di primitive investigazioni sulla sua natura “…primo injecta alga marina bene sicca, dein foliis quarundam plantarum alienigenarum, et praesertim pini atque eupressus, demum paleis frumenti redactis; at nondum satis exploratum est, undenam tanta aquae copia; ostia enim longe superant fontes”.Stando a quanto fa capire Timeus, i primi anni furono dedicati alle ispezioni dei luoghi, alla prima raccolta di dati scientifici, ad avere un quadro esatto degli apporti e delle sorgenti del ba-cino carsico; poi studiare criticamente lo stato dell’arte, nel mondo, di quelle nuove (e ancor rare) tecniche d’inda-gine in idrologia, ovviamente partendo nel caso specifico dalla chimica delle acque, per poi scegliere le sostanze traccianti da utilizzare, e infine, per mettere a punto le metodiche analiti-che da impiegarsi in laboratorio, e in campo le tecniche di marcatura. Se qualcuno, leggendo, si è fatto l’idea che il tempo di preparazione fu lungo (…un decennio), devo avvertirlo che tra le altre cose Timeus interpellò qualcosa come una trentina tra i più accreditati istituti in Europa, ricevendo documentazioni e pareri che propende-vano per: primo i batteri (innocui), poi coloranti, galleggianti e quindi sale, il che fa subito capire come tali ricerche, all’epoca, fossero ancora allo stato embrionale. Il progetto vero e proprio,

a mio avviso, partì nel 1906, quando iniziarono, in modo sistematico, gli esami delle acque del bacino carsico per accertarsi sull’estraneità del litio: poiché fu proprio il cloruro di litio a essere scelto, come tracciante, per condurre il primo esperimento.Il metodo con il cloruro di litio fu anche chiamato “metodo Vortmann-Timeus”, poiché fu il concittadino professor Vort-mann, dell’Imperial Regio Politecnico di Vienna, a consigliare il Timeus di applicarlo. Il Vortmann, nel suo labo-ratorio al Politecnico aveva, del resto, messo a punto la metodica analitica per il rilevamento del metallo, ed era quindi chiaramente interessato a un utilizzo pratico dei suoi studi. Vortmann venne a conoscenze del progetto del Timeus dai giornali, e offrì subito la sua collaborazione.A questo punto, il primo esperimento poté aver luogo. Fino a quel momento - come Timeus farà notare - “…La rela-zione dunque fra il fiume che s’inabissa a San Canziano, con quello veramente unico e meraviglioso che sgorga dopo breve corso a San Giovanni di Duino, è tramandata dalla tradizione, ed era supposta in base ad una quantità di fatti e di osservazioni; esperimenti vennero fatti in epoche diverse e con molteplici metodi, ma tutti i tentativi rimasero senza risultato…”.Il 23 dicembre 1907, non prima di aver predisposto la complessa orga-nizzazione necessaria, ebbe inizio l’esperimento immettendo 50 kg di litio, in 10 sacchetti di tela, legati su corde alle rive del Timavo superiore presso le Grotte di San Canziano, sospesi sulla linea mediana del fiume dove la corrente era più veloce. 1380 fu il numero dei campioni d’acqua raccolti, analizzati allo spettroscopio prima dal Timeus e poi controllati a Vienna dal Vortmann. Come si sa - ormai per i nostri speleologi dovrebbe essere sto-ria - otto giorni dopo le prime tracce di litio furono rilevate alle bocche di San Giovanni di Duino, cui seguì il progres-sivo aumento con il picco massimo al nono giorno dall’apparizione.L’esperimento con il litio, il primo gran-de test di tracciamento sulle acque di un bacino carsico (poi dell’importanza

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mondiale del Timavo), come qualcuno si ricorderà fu definito dalla massima autorità della speleologia europea dell’epoca, il francese Eduard Alfred Martel, come “gigantesco”, considerate le difficoltà, le distanze, e le portate idriche in gioco.Poi, Timeus volle tentare con le so-stanze radioattive; così venne utiliz-zata l’uranite (in forma di masse di pechblenda, ridotte in granelli) , che egli ottenne grazie ai buoni uffici del Vortmann, il quale poi pure lo assistette - come scrive Timeus - “col consiglio e con l’opera”. Il materiale fu messo a disposizione, per la sola durata dell’esperimento, dalla direzione delle Miniere di Joachimsthal (Boemia) su concessione dell’I.R. Ministero dei la-vori pubblici (cosa non da poco, poiché lo stesso governo austriaco lo aveva in precedenza negato alla Marie Curie sebbene appoggiata dalla Académie de France!). Preceduto da ricerche sul-la radioattività naturale delle acque sul campo e poi da una prima esperienza sul Risano più una seconda sul canale d’irrigazione di Ronchi, il 15 aprile 1909 nella voragine di San Canziano, presso lo scoglio denominato Loreley, fu avviato il test definitivo (il cosiddetto “3° esperimento”), calando nell’acqua della Reka (Timavo superiore) 13 sac-chetti contenenti 15 kg di pechblenda. Lo scopo era di verificare la radioat-tività alle sorgenti e, con l’occasione, rilevare lungo la corrente in grotta la variabilità delle Unità Mache di misura. Anche qui ormai è storia: otto giorni l’immersione del minerale si verificò un notevole aumento della radioattività nelle acque del Timavo inferiore, che fu determinata quantitativamente per elettroscopia mediante un “Fontak-toscopio”. Accertata la positività del risultato, il 18 ottobre 1909 si ripeté il test (il cosiddetto “4° esperimento”) e furono calati nella corrente, all’interno delle Grotte di San Canziano, 38 sac-chetti da 1 kg cadauno di pechblenda: il risultato positivo (praticamente simile) confermò quello precedente. Per la cronaca, il test ebbe un risvolto incre-scioso: una piena inaspettata a San Canziano determinò la perdita di 50 kg di pechblenda, cosicché Timeus si affrettò ad avvertire i giornali scientifici dell’accaduto.Il grande, duplice, esperimento era compiuto. Una vera “prova provata”!Con le prime pubblicazioni di Vortman e di Timeus del 1910, i due scienziati divulgarono i metodi e i primissimi risultati attraverso il Bollettino della

Società Adriatica di Scienze Naturali, di Trieste, prestigiosa rivista scientifi-ca dell’epoca, al seguito di un ciclo di conferenze del Timeus (2) (3) (4) (5) organizzate dall’omonima società. Sempre del 1910 è il ponderoso studio del Timeus sui dati idrologici, chimici e batteriologici (6), dal titolo “Studi in relazione al provvedimento d’acqua per la città di Trieste”, pubblicato dal Comune di Trieste, opera in cui egli compendia tutte le ricerche, le misure e le analisi, praticamente effettuate dal 1895 in poi, sul bacino del Timavo, che lui personalmente sovraintese, fino ai risultati dei suoi esperimenti con i traccianti. Il volume rappresenta lo studio scientifico sul problema del-l’approvvigionamento idrico di Trieste, tale da consentire alla città, tramite il proprio establishment politico, econo-mico, industriale e tecnico, la futura scelta su fonti e acquedotto. Il volu-me, ricco di dati e notizie, fornisce il quadro del “gigantesco” esperimento, rimanendo però, per la sua natura di “Relazione” a uso comunale, credo ab-bastanza confinato e quindi di scarsa diffusione nella comunità scientifica, se non locale.Ma è il 1911 l’anno che, simbolica-mente, conclude egli quel grande impegno. Oh, certo – come si vedrà – non mancheranno negli anni futuri importanti approfondimenti su quesiti lasciati irrisolti, se non di pari, di uguale importanza per l’idrologia ipogea del Carso e delle zone limitrofe. Il 1911, infatti, è l’anno in cui Guido Timeus presenta il suo lavoro, vale a dire quin-dici anni di studi che si coronano con i due grandi tracciamenti sul Timavo, alla più alta comunità scientifica, e per-tanto, nel quadro politico e culturale di quell’inizio secolo, pure internazionale, attraverso la conferenza tenuta durante la 5a Riunione, a Roma nell’ottobre del 1911, della prestigiosa Società Italiana per il Progresso delle Scienze. Non fu scelta la capitale dell’Impero, Vienna, in quel 1911 quando nessun triestino ancora immaginava che, di lì a pochi anni, la città si sarebbe trovata a soli venti chilometri dal fronte della bat-taglia, fu scelta Roma. Non Vienna, che sarebbe stata la sede istituzionale per sancire il primato nella Scienza, nella fattispecie sull’idrologia carsica, dell’ancor vitale Impero asburgico in Europa anche se già lacerato dai na-zionalismi, bensì Roma. Come Eugenio Boegan nel 1898 scelse di presentare in Italia, al concorso bandito dalla Società Geografica Italiana, la sua

monografia sulla Grotta di Trebiciano, vincendo il primo premio, così Guido Timeus - cognome illustre a Trieste che evoca tanta italianità e amore per la montagna - scelse l’antagonista della sua Austria-Ungheria, il Regno d’Italia. Antagonista, anche se il flebile patto della Triplice li legava da quasi trent’anni, patto che poi sarà stracciato. La conferenza romana del 1911 illustrò la sintesi dei grandi esperimenti con i traccianti artificiali nell’area del Carso tradotta poi in testo e pubblicata l’anno dopo sugli Atti della società (7). Per queste ragioni, la conferenza romana “Il litio e la radioattività, quali mezzi d’indagine nell’idrologia sotterranea; l’origine del fiume Timavo”, rappre-sentò - per me - il culmine. In questo contesto storico, ecco come assuma rilevanza la citazione - non a caso - del Timeus che chiuse detta conferenza, ricordando come quella presente fos-se l’ideale continuazione dell’altra del grande triestino Domenico Rossetti, diplomatico, umanista e simbolo di italianità, all’epoca I.R. Consigliere di Governo, che discorse sempre sul Timavo dando notizia della scoperta del fiume sotterraneo nella “Caverna di Trebich”, alla “Quarta riunione degli scienziati italiani” del 1842 a Padova. Ancora, nel 1912 si stampò l’ultima grande fatica del Timeus, sempre per conto del Municipio di Trieste, cioè il compendio sulle lunghe ricerche idrolo-giche, chimiche e batteriologiche sulle acque del Timavo inferiore e sulle falde artesiane del Basso Friuli (8), poiché - non va scordato - il confine tra i due stati giungeva allo Judrio.Argomenti scottanti, per la municipalità triestina, poiché in quest’ultimo lavoro il Timeus dibatte sull’argomento clou, cioè sul “parere conclusionale” dato dal perito Dr. Karl Kinzer di Vienna su dove attingere l’acqua per Trieste: dal Timavo inferiore o dalle falde del Basso Friuli? In verità, il giudizio del Kinzer sarà abbastanza pilatesco: fa capire che le falde friulane non avrebbero bisogno di filtrazione, mentre il Timavo sì, ma che però l’enorme disponibilità della fonte carsica sarebbe risolutiva. Insomma, un lavarsi le mani. Timeus era invece convinto della “soluzione Timavo”, poiché considerava il proble-ma delle torbide del Timavo (fenomeni che impressionarono il Kinzer) un mero aspetto tecnico ormai superato dallo stato dell’arte, dandone ampi esempi in Europa. Sempre secondo Timeus, per il Timavo nemmeno esistevano problemi batteriologici: nove anni di

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analisi avevano dimostrato il contrario. Parallelamente, cioè sempre nel 1911, vi fu il parere a Trieste dell’adunanza e delle direzioni delle “Società scien-tifiche e professionali” che sostennero il prelievo dal Timavo; ma sembra un parere “guidato”. In effetti, tutto fu rimandato sine die. Pochi anni più tardi, con la Grande Guerra, il mondo cambiò; poi la storia ci dice che il Ti-mavo non fu mai d’interesse primario; anche se captato alla seconda bocca, la fonte per Trieste (provvisoriamente dal 1921, e poi con il grande acque-dotto nel 1929) fu la Sorgente Sardos (chiamata Randaccio, dal fante eroe che morì tra le braccia di D’Annun-zio); mentre appena dopo la Seconda Guerra, tardivamente, si captarono le falde profonde in sinistra dell’Isonzo. Tuttavia, va detto che Timeus non immaginò come il “progresso” po-tesse portare, negli anni Sessanta e Settanta, al grave inquinamento del Timavo; problema oggi risolto. Il 1911, dunque, è l’anno fondamentale per la notorietà e la diffusione dei grandi esperimenti del Timeus, la loro logica conclusione.Anno memorabile!Sì, quel 1911 dove nella Trieste mer-cantile Italo Svevo si tuffò, conclusa la lettura di Freud, nei labirinti della

psicanalisi, inseguendo quel dramma dell’inetto, che oltre dieci anni più tardi lo portò a La coscienza di Zeno, opera tra le più lette nel mondo. È, sempre, nel 1911 che Umberto Saba, cosciente ostaggio del proprio universo famigliare femminile, pubblica a Firenze il suo primo libro Poesie, che poi Slataper, sulla “Voce” (da cui si distaccherà l’anno dopo) ne recensisce la poesia e la poetica: “mite, pallida e un po’ ansiosa come certe giornate primaverili d’autunno”, a cui timidamente il poeta rispose con la lettera “Quel che resta da fare ai poeti” che Scipio ignorerà. Ed è sempre nel 1911 che Scipio Sla-taper, durante il suo soggiorno solitario a Ocisla - dove Timeus aveva tracciato gli inghiottitoi del carso sottostante al casolare in cui il letterato si ritirò -, scrive quel diario lirico che diverrà Il mio Carso (pure édito a Firenze), nel ricordo di “Gioietta” (la sua innamorata-suicida Anna Pulitzer), dove vibra la nota patetica e la vitalità del barbaro, pilastro esistenziale di tutta la triestini-tà, più che multietnica ricca di culture, meglio che multiculturale suggestiva imperfetta fusione di culture in un elemento catalizzante, la sua città “più varia e incomposta” - come scrive; ma chi poteva capirla, la dissonanza tra città e contado, tra uomini nei palazzi

affacciati sull’Adriatico italiano e uomini dietro un vomere sul Carso sloveno, se non il giovane Scipio nato da padre slovacco e madre bergamasca, che in una lettera a quella Gigetta Carniel che sposerà, di lui stesso scrive: “…tu sai che io sono slavo-tedesco-italiano”?Ancora quel 1911 dove Slataper inizia discostarsi sempre più dai fanatici giovani intellettuali nazionalisti triestini, specie quando apprenderà, neanche un anno dopo, nel ’12, la lezione dell’“Irredentismo adriatico” di Angelo Vivante (anche questo libro uscito a Firenze!) e il suo pensiero socialista, riconciliandosi solo con l’entrata in guerra, ove il dovere di servire l’Italia e non lo stato di appartenenza sarà più forte di ogni altro affetto e legame, e lo vedrà poi cadere sul campo. E pure Guido Timeus, nel 1911, suddito austro-ungarico ma italiano, in quella Trieste d’inizio secolo, straordinaria-mente fervida d’ingegni e d’intellettuali-tà oltre che di passione politica, lasciò il suo segno indelebile nella cultura - quella scientifica - internazionale; anch’egli, per scelta, in terra italiana.Come accennato, rimanevano dei problemi aperti. Nei due esperimenti la Grotta di Trebiciano non era agibile per essere utilizzata quale sito di prelievo, e non si poté prendere in considera-

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zione nemmeno l’Abisso dei Serpenti. Ma lo stesso rintracciare, in entrambi gli esperimenti, acque marcate con il cloruro di litio e dalla pechblenda in altre sorgenti (a parte il risultato sem-pre positivo per le Sorgenti di Aurisina), per così dire “problematiche”, come quelle di San Giovanni (l’acquedotto di Guardiella di teresiana memoria) e quelle di Cedas (per il litio), sorgenti “separate” dalla falda idrica carsica da potenti spessori di Flysch e, del primo caso, pure da dislivelli, posero quesiti che, all’epoca, neanche si pre-sero in considerazione. Il 28 gennaio 1913, Timeus, tracciò nuovamente il Timavo superiore, questa volta con 17 kg di fluoresceina, potendo finalmente controllare il fiume nella Grotta di Trebiciano, e così accertare la continuità, e da qui con il Timavo alle bocche. Mentre il 12 maggio 1913 nel punto più profondo dell’Abisso dei Serpenti, dove l’acqua con le piene del Timavo si sapeva risalisse, s’im-misero 10 kg di cloruro di litio, ma in questo caso appena dopo 316 giorni, in occasione di un forte innalzamento del Timavo sotterraneo, il tracciante fu evidentemente rimosso e si accertò la continuità con Trebiciano e con San Giovanni di Duino. Molto più impor-tante di quanto si pensò all’epoca, fu il tracciamento del 20 maggio 1910 delle perdite del Fiume Vipacco nei calcari presso Vertoce, eseguito con 10 kg di cloruro di litio e 50 di stronzio, che marcarono sia i tre laghi carsici del Carso goriziano (o monfalconese che dir si voglia) sia le bocche del Ti-mavo. Tuttavia, l’importanza (o meglio il significato) di questo tracciamento si capì pienamente appena quasi cinquant’anni dopo, e definitivamente in quest’ultimo decennio - quindi nel terzo millennio.L’apporto del sistema isontino - va ri-cordato - era stato supposto dal grande geologo austriaco Guido Stache (auto-re del rilevamento geologico del Carso triestino verso la fine dell’Ottocento, ma i cui fogli geologici “Goerz und Gradisca” e “Triest und Capodistria” alla scala 1:75.000, videro la luce a Vienna appena nel 1920). Mentre con il tracciamento delle acque inghiottite nella “Valsecca di Castelnuovo” (ora Matarsko podolje), che gli speleologi triestini di etnia tedesca contemporanei del Timeus ipotizzavano affluenti nel Timavo ipogeo (il “Trebić Timavo”), mediante l’immissione di 50 kg di fluoresceina nel torrente che scompare nella Grotta di Odolina, si appurò inve-

ce il recapito alle sorgenti del Risano. Come pure interessante fu quello del 1908 con la fucsina nella Voragine di Occisla e con la fluoresceina nella Grotta della Cascata, inghiottitoi dei torrenti de Beca-Ocisla, che rivelaro-no il collegamento con le Sorgenti di Bagnoli. Infine, un ciclo di studi sulle caratteristiche idriche del Timavo a Trebiciano, per la municipalità, tra il 1913 e il 1915, vede uno degli ultimi impegni di Timeus nel campo dell’idro-logia carsica (8); per inciso, si tratta del ciclo in cui l’Abisso di Trebiciano fu sceso giornalmente, per un migliaio di volte, e per la maggior parte perso-nalmente da Eugenio Boegan.Un secolo, quindi, dagli studi sull’idro-logia sotterranea del Carso, substrato in cui sono penetrate, e sono ormai profonde e inestirpabili, le radici della nostra speleologia.Dopo questi avvenimenti vennero gli anni terribili della Prima Guerra Mon-diale; in seguito, questi studi, e con loro la speleologia, per un certo tempo languirono: altri e più pressanti pro-blemi chiamavano Trieste ora italiana. Nel 1926 uscì l’opera di Luigi Vittorio Bertarelli ed Eugenio Boegan Duemila Grotte, dove uno dei capitoli della pri-ma parte, quella generale, è scritto dal Timeus: “Le indagini su l’origine delle acque sotterranee”, in cui l’Autore am-piamente parla del bacino del Timavo ipogeo e dei suoi test di tracciamento (10). L’argomento, in quel libro che ebbe vasta diffusione nell’ambiente speleolo-gico in formazione, in Italia, era stato preceduto da una sua nota del 1924 (11). Ma, per Timeus sono le ultime occasioni, dopo di che egli - come abbiamo visto - lascia nel 1928 il suo “testamento scientifico” sulla materia nel compendio “Nei misteri del mondo sotterraneo” (cfr. nota 1). A quell’epoca, nel nuovo ordinamento Timeus era direttore del Laboratorio Chimico-Bat-teriologico dell’Ufficio Igiene di Trieste (l’ex Civico fisicato, asburgico). Gli studi sull’idrologia ipogea del Carso, dopo la coeva stagione del Timeus e del Boegan, fra le due guerre non ebbero grandi sprazzi, comunque non più per il Timeus. Nel 1927 ci fu il singolare (ma riuscito!) esperimento sul Timavo ipogeo del prof. Massimo Sella con le anguille marcate alla pinna caudale - che incuriosì positivamente il Timeus senza però coinvolgerlo, e nel 1928 ebbero luogo gli esperimenti con traccianti da parte della Commissione d’indagine, incaricata dal Consiglio di Amministrazione delle RR. Grotte

Demaniali di Postumia, formata da Gariboldi, Boegan e Perco, sulla Piuca e sul Rio dei Gamberi, commissione che, si legge: “…si rivolse alla corte-sia del prof. Guido Timeus”, ma oltre, Timeus non andò.Guido Timeus - dunque - un gran-de scienziato triestino che, nel suo impegno sull’idrologia carsica, ebbe rapporti di sincera e attiva cooperazio-ne con illustri personaggi cittadini nel campo dell’ingegneria, dell’idrologia, dell’igiene, della biospeleologia e della speleologia (tutte scienze che stavano emergendo, o addirittura nascendo come la nostra, dall’Ottocento), uomini come Piacentini, Costantini, Celebrini, Boegan, Beram, Valle e il Müller, ma che non si scordò di citare anche i più umili lavoratori come il Daneu e il Ferluga di Opicina, i quali - come ricorda - “…attesero per anni, giorno e notte, a prelevare campioni in regioni insalubri e seppero con lo scrupolo e il sacrificio innalzare il loro modesto, ma molto importante ufficio”.Ecco, qui si confronta lo spessore umano e civile, oltre che scientifico, di un grande dell’idrogeologia carsica che sfugge alla dimensione del tempo, con molte delle ristrettezze di vedute attuali!Ora, è onesto chiarire una cosa: Guido Timeus non fu uno speleologo, anche se quest’articolo è manifestamente un omaggio della speleologia all’uomo, su una rivista speleologica, e scritto da uno speleologo. Non occorre dire, dell’intima relazione tra la speleologia e gli studi sull’idrologia del Carso, quanto capire invece come Guido Timeus sulla materia avesse il “suo” punto di vista, e di come lo portasse avanti con mezzi e una visione al di fuori della speleologia. Nemmeno mi consta (dai miei incompleti dati sul personaggio) che Timeus fosse stato un particolare frequentatore di grotte o caverne, anche se ebbe (o gli fu data, non importa) la tessera della Commissione Grotte, in quegli anni. Pertanto, posso ragionevolmente pen-sare che di grotte se ne intendesse assai poco, in questo perciò affidan-dosi al sapere di altri (non c’è dubbio, al Boegan). Timeus intraprese gli studi di cui parliamo per lavoro, in virtù della necessità della città di Trieste, d’inizio XX secolo, a dar soluzione all’annoso problema dell’acqua, che si trascinava dal secolo lasciato alle spalle e mai risolto. Tuttavia, il dovere d’ufficio non nasconde un suo interesse (già pre-sente o emerso con il lavoro, non lo

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Note bibliografiche

(1) Timeus G., 1928: Nei misteri del mondo sotterraneo. Resultati delle ricerche idrologiche sul Timavo 1895-1914, 1918-1927. Alpi Giulie, a. 29, Trieste.(2) VorTmann G. & Timeus G., 1910: Indagini sulla radioattività delle acque della Regione Giulia. Boll. Soc. Adria-tica Sc. Nat., 25, pa. 2a, Trieste.(3) Timeus G., 1910: Sui mezzi d’indagine nell’idrologia sotterranea. Boll. Soc. Adriatica Sc. Nat., 25, pa. 2a, Trieste.(4) VorTmann G. & Timeus G., 1910: L’applicazione del cloruro di litio nelle indagini d’idrologia sotterranea. Le origini del Timavo. Boll. Soc. Adriatica Sc. Nat., 25, pa. 2a, Trieste.(5) VorTmann, G. & Timeus G., 1910: L’applicazione di sostanze radioattive nelle ricerche d’idrologia sotterranea. Boll. Soc. Adriatica Sc. Nat., 25, pa. 2a, Trieste.(6) Timeus G., 1910: Studi in relazione al provvedimento d’acqua per la città di Trieste. Dati idrologici, chimici e batteriologici. Comune di Trieste, Fisicato civico, Ufficio d’igiene, Stab. Art. Tip. G. Caprin, Trieste.(7) Timeus G., 1912: Il litio e la radioattività, quali mezzi d’indagine nell’idrologia sotterranea. L’origine del fiume Timavo. Estr. Atti Soc. It. Progresso delle Scienze, 5a riunione, Roma, ottobre 1911, Tip. Naz. Bertero e C., Roma.(8) Timeus G., 1912: Ricerche sul Timavo inferiore. Osservazioni al parere conclusionale del Dott. Kinzer e note riflettenti il provvedimento d’acqua di Trieste. Municipio di Trieste, Lab. chimico e batteriologico del Civico fisicato (Ufficio d’Igiene), Trieste, Stab. Artistico Tip. G. Caprin, Trieste.(9) CosTanTini A., & Timeus G., 1914: Parere sul provvedimento d’acqua dalla caverna di Trebiciano. Consiglio Comunale di Trieste. Allegato al resoconto stenografico della seduta pubblica del 6.5.1914, Trieste.(10) Timeus G., 1926: Le indagini su l’origine delle acque sotterranee. In: Bertarelli L.V & Boegan E., Duemila Grotte, quarant’anni di esplorazioni nella Venezia Giulia. Touring Club Italiano, Milano.(11) Timeus G., 1924: Le indagini sulle origini delle acque sotterranee con i metodi fisici, chimici, biologici. Boll. Soc. Adriatica Sc. Nat., 22, pa. 2a, Trieste.(12) Timeus G., 1906: Contributo agli studi idrologici della Regione Giulia. Trieste, Tip. Caprin, Trieste.(13) Timeus G., 1912: Sul contributo di Pietro Kandler agli studi di idrologia. Tip. C. Priora, Capodistria.

so) molto vivo per la materia – che, s’intuisce, andava travalicando il puro obbligo nel servizio – forse anche perché consapevole della grandezza del quesito scientifico posto. Tanto che già nel 1906 pubblica una nota in merito al problema degli studi idrolo-gici nella Regione Giulia (12), finendo - evidentemente - per appassionarsi a ogni aspetto di quelle ricerche, tanto da discettare pure sul contributo di Pietro Kandler (13), eminente figura dell’Ottocento triestino che propugnò, cogliendo l’eredità del Rossetti, lo stu-dio del grande problema del Timavo. In ogni caso, Timeus teneva in alta considerazione la speleologia e non la intendeva che come scienza (ciò, almeno, è ciò che io leggo tra le righe dei suoi scritti). Non si deve nemme-no pensare, con una semplificazione in voga, che Timeus, giacché figlio dell’Ottocento e formatosi negli studi accademici in quel secolo, avesse un’estrazione scientifica da naturalista (cui spesso impropriamente si tende associare). Affatto, la sua impostazione scientifica era tecnica e moderna, fatta di metodi, strumenti, analisi, prove, numeri. Questo però non significa che Timeus non avesse quella “curiosità” tipica del naturalista dell’Ottocento, l’aveva, ma secondo me rapportata a princîpi e verifiche, tanto che egli,

quando s’interessò di rabdomanzia e rabdomanti, e testò, con metodo scientifico sperimentale, il “potere” di quel tipo di persone, accertandosene, suggerì che la tecnica, proficua nei quesiti d’idrologia sotterranea, poteva essere d’interesse, e campo di studio, per fisiologi e fisici.La modernità di Guido Timeus, si vede anche da questo!La lezione di Guido Timeus, nel-la sua città, fu raccolta. Nel 1962 da Ferruccio Mosetti con il grande tracciamento del Timavo impiegando il Tritio (radioisotopo dell’idrogeno), dove mi ritrovo nel passato quando - giovanissimo modesto gregario - ho memoria della mia partecipazione al prelievo dei campioni e alle misure di portata nell’Abisso di Trebiciano. Poi negli anni Settanta e Ottanta da Fabio Gemiti, che si avvalse nei suoi studi di traccianti naturali come pure impie-gò vari traccianti artificiali sul Carso, portando, sull’idrologia ipogea, nuove scoperte e tanta innovazione. Ormai, però, nel mondo era nata una nuova branca dell’idrogeologia, il “Water Tracing”, che si diffuse nei convegni internazionali specializzati. Infine, dal 1997, con moderne strumentazioni affrontai i tracciamenti anch’io, utiliz-zando fluoresceina e Tinopal CBS-X, sorretto dall’appoggio di gruppi e spe-

leologi, compiendo una lunga serie di test sul Canin, sul Musi, sul sistema di percolazione dell’Abisso di Trebiciano e sulla Val Rosandra. E debbo dire che mai, in nessun momento, in oltre un decennio di queste mie recenti ricerche idrogeologiche, dimenticai i miei studi giovanili sull’opera e sui metodi scien-tifici del Timeus, che mi affascinarono fin dai primi anni del mio impegno nella speleologia, anche se in quei lontani giorni, per me, comportavano tecniche ancora irraggiungibili.Tanto, era ciò che bisognava dire sui cent’anni dagli studi pionieristici e fondamentali, con traccianti artificiali, di Guido Timeus, per la prova della continuità tra la Reka e il Timavo inferiore.Giacché io non ne sono capace, ambirei che qualche storico della speleologia, cultore delle nostre scien-ze, approfondisse la figura di Guido Timeus a cent’anni da quegli eventi. Poiché una ricerca biografica sullo scienziato non è stata ancora fatta. Ne trarrebbero beneficio la memoria e la storia, si gioverebbe la speleologia saldando un debito mai completamente rimesso, sarebbe fonte d’insegnamento per i nostri giovani speleologi, svelan-do immani fatiche di un ormai remoto passato che ancora ci sorprende.

Rino Semeraro

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LUFTLOCH,

sulle tracce del mitico Timavo

Società Adriatica di Speleologia Trieste

Monografia 1/2010

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n. 1/2010

Dicembre 2010

Dispensa sociale su supporto informatico a carattere aperiodico

Le “Monografie” raccolgono i risultati delle ricerche effettuate dalla Società Adriatica di Speleologia - Trieste.

Sito: www.sastrieste.it Email: [email protected]

È vietata la riproduzione, l’adattamento o la traduzione senza il preventivo permesso scritto.

© SASTRIESTE (2010)

Foto copertina di Paolo Guglia

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MONOGRAFIE DELLA SOCIETA’

ADRIATICA DI SPELEOLOGIA

n. 1 / 2010

LUFTLOCH, SULLE TRACCE DEL MITICO TIMAVO

di Marco Restaino, Piero Slama e Paolo Guglia

SOCIETA’ ADRIATICA DI SPELEOLOGIA Via Rossetti, 59/a www.sastrieste.it

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1

LUFTLOCH, SULLE TRACCE DEL MITICO TIMAVO

di Marco Restaino, Piero Slama e Paolo Guglia

La presente relazione vuole ripercorrere quelle che sono state le varie fasi dello scavo che, pur impegnando da molti

anni la Società nel tentativo di raggiungere le acque profonde del fiume Timavo, rimane ancora oggi in attesa del

grande risultato.

Primo scavo (2000/2002)

Nell’anno 2000 è stata individuata, in una posizione intermedia tra l’Abisso di

Trebiciano (n. 17 VG) ed il paese di Fernetti, la Dolina delle Cloce, conosciuta

storicamente per i particolari fenomeni riscontrabili in essa durante i periodi delle

piene timaviche.

L’idea di effettuare uno scavo proprio in questo punto è nata dall’entusiasmo di

alcuni soci della Società Adriatica di Speleologia che hanno avuto la fortuna di

trovarsi all’interno di questa dolina in concomitanza ad un violento fenomeno di

piena. In tale occasione, è stato possibile verificare come dal fondo parzialmente

allagato, attraverso fessure e buchi nella terra simili a quelli normalmente scavati

dalle talpe, scaturissero vari soffi d’aria. Sembrava quasi che il fondo della dolina

ribollisse ed il rumore avvertito poteva essere paragonato al “rombo” di un elicottero

in lontananza.

E’ stato così individuato, quasi al centro del fondo piatto, un foro di 4 x 4 cm, che

sembrava essere quello più promettente. Si decise allora di ostruire (anche con

piccole gettate di cemento) gli altri buchi soffianti e di iniziare uno scavo nel punto in

questione, dal quale spirava sempre un leggero flusso d’aria. Lo scavo (a sezione

rotonda, del diametro di circa 1 m) si è inizialmente sviluppato nella sola terra sino

alla profondità di 6 m, livello in corrispondenza del quale sono state rinvenute le

prime pietre e dove lo stretto passaggio che si stava seguendo ha cambiato

decisamente orientamento, sviluppandosi in obliquo. Dopo i 6 m verticali è stato

creato, infatti, uno scivolo inclinato che è stato approfondito fino a -11 m dove, con

grande sorpresa, tra le pietre e la terra ben compatta costituente la frana posta alla

base della dolina, è stata scoperto - il giorno 1 maggio 2001 - un piccolo vano

praticabile. Sul fondo di questo, sempre all’interno della frana, gli scavi sono stati

ulteriormente approfonditi sino a raggiungere un’altra inaspettata sorpresa: a –20 m è

stata raggiunta una caverna con pareti di vera roccia e concrezioni, alta una decina di

metri (denominata caverna “11 settembre” dalla data della sua scoperta). Tale

ambiente è stato raggiunto, però, arrivando alla sua base e quindi non ha contribuito

ad incrementare la profondità complessiva dello scavo. Questo ritrovamento ha

aumentato, però, le speranze di un imminente risultato, cioè il superamento della

frana e l’intercettazione di una serie di pozzi verticali che avrebbero dovuto portare in

profondità, ma non è stato così. Infatti, in occasione di una piena, è stato possibile

constatare come l’aria uscisse in posizione opposta all’entrata della caverna “11

settembre”, fra le grosse pietre formanti la frana. Si è proceduto, quindi, a scavare fra

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i massi per ulteriori 4 m, insinuandosi in una specie di passaggio meandriforme.

Fortunatamente, non è stato più necessario portare in superficie il materiale estratto e

lo stesso è stato stivato nella vicina caverna. Giunti alla profondità di 24 m, a causa di

problemi personali dei giovani scavatori, sono stati temporaneamente sospesi i lavori.

Durante l’anno seguente (2002), a causa della mancanza di opportune opere di

consolidamento della frana e dei relativi lavori di manutenzione, il passaggio di 8 m

di collegamento fra le due caverne è collassato, precludendo ogni possibilità di

transito.

Secondo scavo (2002/2003)

Dopo la pausa obbligata dovuta a motivi personali degli scavatori ed alla frana, la

voglia di riprendere i lavori non era certo delle migliori. E’ stato necessario, allora,

studiare una soluzione per ridiscendere nei vecchi passaggi oramai non più

raggiungibili, cercando nel contempo un minimo di sicurezza in più. Considerato che

a – 20 m avevamo trovato una caverna stabile alta più di 8 m e quindi con la parte

sommitale a – 12 m dalla superficie esterna, abbiamo deciso di raggiungere la zona

sicura arrivando dall’alto, eseguendo uno scavo sulla perpendicolare della cavernetta

denominata “11 settembre”.

L’idea iniziale è stata quella di ottenere un accesso verticale di circa 20 m (12 da

scavare e 8 di cavernetta), per poi accedere ai passaggi precedentemente raggiunti e

metterli in sicurezza. Così è iniziato lo scavo di un nuovo pozzo.

Il punto dove sono stati iniziati i lavori è stato individuato in base a vecchi rilievi

parziali, prove effettuate con tecniche radioestesiche ed un po’ di intuito

accompagnato dalla memoria dei protagonisti dei precedenti lavori.

L’avanzamento è risultato velocissimo: è stato possibile scendere da 0 a 6 m di

profondità in qualche giorno di scavo; da 6 a 9 m, invece, vista la compattezza della

roccia calcarea, è stato possibile scendere al ritmo di qualche decina di centimetri

(quando andava bene) ad uscita.

Per mancanza di prospettive concrete, di attrezzature adatte ed alla fine di voglia,

abbiamo ben presto dato forfait decidendo per una nuova pausa di riflessione, durante

la quale almeno abbiamo avuto la grossa soddisfazione speleologica di scoprire

l’abisso Kiki (- 200 m) e nuovi rami all’abisso di Trebiciano.

Nel periodo finale di questa seconda campagna di scavi, per settimane abbiamo

cercato di riparare un compressore con relativo martello pneumatico, che

opportunamente sistemato è stato portato in dolina, restando però - alla fine –

inutilizzato.

Risulta opportuno ricordare che, viste le problematiche relative alla scarsità d’aria sul

fondo dello scavo, è stato adottato un sistema di ventilazione forzata. Allo stesso

tempo, sono stati contemporaneamente utilizzati due distinti demolitori, in quanto

visto l’uso continuo dei medesimi, quando era in lavoro il primo, il secondo veniva

recuperato all’esterno per raffreddarsi dall’evidente surriscaldamento.

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Terzo scavo (2004/2010)

Con nuovo spirito abbiamo deciso di riaffrontare lo scavo e creare questa volta una

via definitiva che ci permettesse di accedere nuovamente alle vecchie prosecuzioni,

con facilità ed in totale sicurezza. Siamo quindi ridiscesi nel primo scavo sino a –13

m, nella caverna “1° maggio”, rilevando e riportando la posizione del fondo in

superficie. Dai nostri ricordi, questo punto doveva essere intermedio tra l’ingresso

della caverna denominata “11 settembre” ed i rami successivi. Il punto in superficie è

risultato esattamente tra gli imbocchi del primo e del secondo scavo.

L’approfondimento del terzo pozzo si è protratto per alcune settimane. A differenza

dei primi due, in questo abbiamo trovato diversi grossi massi che ci hanno dato del

filo da torcere. A –13 m abbiamo intercettato, comunque, la cavernetta che

cercavamo e ci siamo trovati esattamente sulla frana che 7 m più sotto, ed in verticale

rispetto al nuovo ingresso, doveva portarci alle vecchie vie. Il materiale derivante da

questo nuovo scavo è stato utilizzato per riempire gli altri due. Nel primo pozzo, a – 8

m, è stata creata, inoltre, una specie di diga per impedire che il materiale scaricato

franasse nella cavernetta “1° maggio”.

Quando siamo giunti con il pozzo alla profondità di 20 m, alla base della cavernetta

“11 settembre”, è risultato opportuno procedere alla messa in sicurezza complessiva

del nuovo scavo. Utilizzando elementi prefabbricati e gettando il cemento sul posto

nei punti più delicati, è stato possibile rendere stabile questa verticale, dotandola

anche delle opportune canalizzazione per portare l’energia elettrica in profondità.

Numerosi mesi nel corso del 2005 sono stati quindi dedicati a tali ingenti lavori.

Ovviamente, la sommità del pozzo non poteva essere lascata libera e senza una

chiusura che impedisse l’accesso indiscriminato. E’ stato così completato

l’allestimento con l’installazione di una botola metallica, dotata di un opportuno

sistema di bloccaggio, ed anche di 20 m di scale metalliche fisse per una più facile

percorribilità (anno 2006).

Dopo aver provveduto alla stabilizzazione complessiva dello scavo ed aver sistemato

le scale per scendere velocemente nel cuore della grande frana, è iniziato il difficile

lavoro per trovare la via che conducesse finalmente in profondità.

Cercando il passaggio fra i massi instabili, puntellando i varchi appena ricavati, si è

cominciato a scendere verso i pozzi che tutti speravano si aprissero appena sotto la

parte instabile, formata da grandi pietre e fango, presente alla base della dolina. La

progressione è stata lenta, difficile, con momenti di scoraggiamento quando il soffio

dell’aria (labile traccia da seguire per raggiungere le acque di profondità) cambiava

via e scompariva per ripresentarsi, in occasione di qualche piena, da un’altra parte

dello scavo.

Con pazienza, alla metà del mese di novembre 2008, abbiamo finalmente trovato

(alla profondità di circa 50 m) una fessura fra i massi della frana che dava la

sensazione di poter condurre a qualche vano di dimensioni più praticabili. Dopo

qualche ora di scavo siamo potuti scendere lungo uno stretto pozzetto, vedendo come

questo fosse solo una diramazione laterale di un vano più grande, direttamente

raggiungibile dagli ambienti già conosciuti. Con un altro scavo abbiamo quindi

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aperto un passaggio più comodo, che ci ha condotto in un pozzo profondo 55 m.

Sceso questo ampio salto, la grotta si chiudeva alla profondità massima di 105 m,

con un riempimento di terra e massi. Durante un'uscita seguente, in corrispondenza di

un periodo di piena del fiume Timavo, sono state controllate le correnti d'aria interne

alla grotta e si è verificato come la probabile prosecuzione non si trovasse alla base

del pozzo, ma in corrispondenza di una fessura soffiante che si apriva a circa una

quindicina di metri dal fondo.

Prima di procedere allo scavo di un’eventuale prosecuzione si è preferito, però,

allargare e mettere in sicurezza il tratto di cavità ancora interessato dalla grande

frana. Sono stati bonificati i pozzi, rese più comode le strettoie, puntellati i tratti più

instabili e sistemate opportune strutture fisse per facilitare la discesa (scale e gradini

metallici) fino alla profondità di circa 60 m. Una volta completati questi lavori,

siamo scesi nuovamente in profondità lungo il pozzo da 55 m. Non appena sicuri che

la continuazione si trovasse in corrispondenza della fessura a -90 m, sono iniziati i

lavori di allargamento dello stretto passaggio. Nel mese di novembre 2009, dopo aver

abbattuto l’ultimo ostacolo, siamo entrati in una breve diramazione, con una

cavernetta ed un camino ascendente. Controllando bene le pareti è stata trovata una

finestra che si affacciava su un ulteriore pozzo. Una volta disceso, questo si è rivelato

profondo 50 m, con la parte terminale interessata da enormi massi di crollo. Da una

specie di terrazzino formato da tali massi, a circa 15 m dal termine, è stato possibile

scendere in una diramazione laterale che si sprofondava verticalmente per altri 22 m.

La profondità massima raggiunta in questa occasione è stata quindi di 170 m e sono

state localizzate varie finestre e possibili prosecuzioni.

Nel corso di una attenta verifica alla ricerca di possibili prosecuzioni, in occasione di

una piena del fiume Timavo, sono stati trovati - nel mese di dicembre 2009 - vari

punti che presentavano consistenti movimenti d'aria. La probabile prosecuzione è

stata comunque localizzata alla base del pozzo di 22 m, nel punto più profondo

raggiunto.

Nel corso di alcune visite specifiche effettuate nel gennaio 2010, sono stati trovati

ulteriori sviluppi, sia alla profondità di 70 m che a quella di 100 m. Nel primo caso si

è trattato di una finestra che conduceva in un pozzetto laterale profondo circa 5 m.

Nel secondo caso, invece, risalendo uno stretto meandro si è giunti in un'altro ramo

laterale, parallelo ai pozzi principali, che scendeva fino ad un nuovo fondo posto alla

quota di -120 m. In entrambi i rami sono stati osservati grandi quantità di fango e

numerose concrezioni calcitiche.

Intrapresi gli scavi sul fondo del pozzo di 22 m, dopo essere discesi per circa 4 m in

frana, è stato possibile accedere ad una breve cavernetta che portava all'imboccatura

di un ulteriore pozzo, dalle ampie dimensioni. Nel marzo 2010 è stato così disceso un

salto di 32 m ed uno subito seguente di 10 m, fino a giungere alla profondità totale

stimata di 216 m. Su fondo di quest’ultimo salto sono stati osservati un laghetto,

alcune fessure ed una prima presenza di depositi di sabbia.

La domenica del 6 giugno 2010 è stata dedicata all'effettuazione di interessanti

esperimenti, con l'uso di appositi aspiratori. Applicando queste apparecchiature

all'entrata della cavità è stato possibile mettere in depressione i vani interni e

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verificare la presenza di eventuali fessure soffianti legate a vani ancora sconosciuti.

Si è trattato di prove preliminari, ma ci sono stati alcuni importanti risultati: è stata

confermata l'importanza della fessura finale a -216 m (quella che già si intendeva

allargare) ed anche la presenza di un'interessante zona alla profondità di 180/190 m,

dove particolari correnti d'aria fanno ipotizzare ulteriori prosecuzioni non ancora

individuate.

All’inizio del mese di settembre 2010 si sono ripresentate, però, alcune condizioni

negative, parzialmente già riscontrate anche nel passato. Alla profondità di circa 150

m è stata verificata, infatti, una decisa carenza d'ossigeno che provocava inevitabili

complicazioni ai lavori ed alle esplorazioni. E' stato così ideato ed installato un

sistema di aspirazione dell'aria, con un ventilatore esterno e circa 200 m di tubazioni,

che ha risolto tale spiacevole inconveniente.

Una piacevole sorpresa, invece, è stata riservata agli esploratori/scavatori il giorno 19

settembre 2010. Scesi in profondità dopo una grande precipitazione, è stato possibile

osservare come l'ultimo pozzo risultasse completamente allagato. L'acqua era risalita

complessivamente per circa 20 m rispetto alla strettoia in corso di scavo e quindi

aveva raggiunto la quota indicativa di 110 m s.l.m.

In questo caso il Timavo era salito ed era arrivato eccezionalmente fino a noi; non

rimaneva che ricambiare la cortesia e forzare ancora qualche strettoia per sbucare

nella caverna che, oramai con sicurezza, ci stava aspettando ad una profondità

presunta di soli cinquanta metri più in basso rispetto al punto raggiunto.

Recuperate e revisionate le attrezzature (che purtroppo erano rimaste ad un livello

completamente invaso dall’acqua), sono iniziati gli scavi affrontando prima una

stretta fessura verticale, spostandosi poi in un altro pertugio orizzontale nelle

concrezioni, che sembrava portare ad un piccolo ambiente retrostante. Dopo varie ore

di lavoro è stato possibile superare tale fessura, accedendo ad un piccolo vano, lungo

non più di 4 m ed altrettanto alto, che presentava su una parete un’ulteriore fessura

che scendeva verso il basso. Sono subito iniziate le attività per allargare questa

fessura, con grandi difficoltà a causa della durezza della roccia. Dopo qualche

tentativo, nel corso di una attenta verifica del piccolo vano, è stato però localizzato un

ulteriore pertugio fra le concrezioni, all’altezza di circa due metri. Il suo scavo si è

dimostrato abbastanza facile ed è stato possibile ben presto accedere ad una specie di

risalita che, dopo altri due metri di dislivello positivo, si affacciava su un pozzo di

dimensioni più che percorribili.

Il giorno 15 novembre 2010, è stato disceso questo pozzo che è risultato

complessivamente profondo 15 m. Inizialmente sono state accertate dimensioni

abbastanza limitate (2 x 2 m) ma, dopo circa 5 metri dall’imbocco, la verticale si

apriva in un vano di più ampie dimensioni. Alla sua base, sono stati individuati due

punti di possibile prosecuzione, posti fra ingenti depositi fangosi.

La progressione, a questo punto, si è sviluppata in senso sub/orizzontale. E’ stato

possibile forzare uno scivoletto e, scavando nell’argilla per una profondità di 1 m e la

lunghezza di 2 m, ci si è affacciati su un piccolo meandro orizzontale, di piccole

dimensioni, che sembrava condurre ad un vano più grande.

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Dopo il necessario lavoro di approfondimento dell’ingresso e di allargamento di

questo meandro (5 dicembre 2010), è stato possibile entrare in una cavernetta sub

orizzontale, lunga circa 10 m e con un camino alto 8 m, da cui discendeva un discreto

rivolo d’acqua. Sul pavimento, ben tre passaggi di limitata sezione nei quali erano

evidenti le tracce del passaggio dell’acqua verso ambienti sottostanti.

Al fine di individuare la via più promettente, è stata organizzata una discesa nella

grotta in data 13 dicembre 2010, approfittando della fase di calo di una notevole onda

di piena del Timavo, che ha messo in aspirazione tutta la cavità. Il passaggio in cui

proseguire non è risultato fra quelli intravvisti nelle uscite precedenti, ma un piccolo

pertugio fra le concrezioni, posto su una parete della cavernetta.

(L’avventura continua……)

Aggiornato al 13 dicembre 2010

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La Redazione

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Marco Repetto