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PONTIFICIA UNIVERSITÀ GREGORIANA FACOLTÀ DI TEOLOGIA —————————————————————— IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA L’influsso di Ireneo di Lione su Henri de Lubac RICHARD PAVLIĆ Dissertazione per il Dottorato nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana ROMA 2010

IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA - bib.irb.hr · giovane de Lubac, come lui stesso afferma nella sua Mémoire sur l'occasion de mes écrits, ancor prima di scrivere la sua prima

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  • PONTIFICIA UNIVERSIT GREGORIANA

    FACOLT DI TEOLOGIA

    IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    Linflusso di Ireneo di Lione

    su Henri de Lubac

    RICHARD PAVLI

    Dissertazione per il Dottorato nella Facolt di Teologia

    della Pontificia Universit Gregoriana

    ROMA 2010

  • Vidimus et approbamus ad normam Statutorum Universitatis Roma, Pontificia Universit Gregoriana 19/05/2010 PROF. DONATH HERCSIK PROF. SERGIO P. BONANNI

  • ai miei genitori

  • PRESENTAZIONE

    Henri de Lubac ha riassunto una volta la vera ragione del suo fare teologia dicendo: Lunica passione della mia vita la difesa della nostra fede. Tanto vero che tale apologia della fede cattolica non si esauriva per lui nel replicare, confutare e smentire le affermazioni teologiche dellultima ora o le opinioni condivise dai leader tra i teologi del momento presente. Fare teologia significava per Henri de Lubac collocarsi allinterno della fede professata dalla Chiesa vivente e mettersi in ascolto di tale fede ecclesiale cos come si espressa attraverso i tempi, sin dagli albori del cristianesimo fino al momento presente. Non di rado lo stesso de Lubac qualificava il suo auditus fidei come tude(s) historique(s), pur sapendo che proprio attraverso tale studio storico non faceva altro che teologia sistematica. Attraverso un meticoloso lavoro storico, infatti, riscopriva nellepoca patristica ci che il Vaticano I avrebbe chiamato il nexus mysteriorum inter se e recuperava il significato primitivo di varie affermazioni e articoli di fede. Una delle (ri-) scoperte di grande valore di Henri de Lubac era la teologia della salvezza abbozzata da Ireneo di Lione.

    Richard Pavli si prefitto, nella presente dissertazione di dottorato, di mettere a fuoco la sinfonia teologica tra il famoso vescovo di Lione e il gesuita che pass la maggior parte della sua vita a Lione, per quanto riguarda la soteriologia. La ricerca di Pavli si contraddistingue sia per la sua sobriet e seriet, sia per largomento affrontato. Per quanto riguarda il primo aspetto appena menzionato, basta dare unocchiata allindice e alla stesura del testo per rendersi conto della sua linearit e limpidit. Come segnalato nel titolo, il lettore incontra nel testo della dissertazione due capitoli che sono dedicati rispettivamente a Henri de Lubac e a Ireneo di Lione. Questi due testi, che costituiscono i due pilastri del presente lavoro, sono incorniciati da unampia Introduzione e da unarticolata Sintesi. La chiarezza e la linearit si ritrovano, per, non soltanto al livello di macrostruttura, ma anche al livello di microstruttura della dissertazione e contribuiscono in tal modo a una lettura agevole che permette di cogliere subito i punti decisivi per il ragionamento teologico dellautore della dis-sertazione. Per quanto riguarda largomento affrontato nella dissertazione,

  • 6 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    esso mi sembra davvero nuovo e innovativo nellambito teologico odierno. Non conosco, infatti, una ricerca che si sia proposta di mettere a fuoco i legami teologici tra Henri de Lubac e Ireneo di Lione, n in termini generi-ci di teologia, n in termini specifici di soteriologia, n passando da Ireneo a de Lubac, n viceversa guardando da de Lubac indietro verso Ireneo.

    La presente dissertazione ci documenta un segmento concreto della storia della teologia che ad alcuni potr sembrare un pezzo di archeologia teologi-ca, che per riveste unimportanza che va al di l delle apparenze e di quan-to si ritiene utile per la teologia in un determinato momento storico.

    Donath Hercsik, SJ

  • RINGRAZIAMENTI

    Che ha portato Dio di nuovo venendo in terra? Ha portato ogni novit portando Se stesso (AH, IV, 34,1). Con queste parole di santIreneo, spesso richiamate da Padre de Lubac, ringrazio il Signore perch ha portato Novit nella mia vita!

    Sono immensamente grato ai miei genitori e i familiari, soprattutto a mia madre Marija, che mi ha insegnato a credere e a pregare. Ancora oggi, ella per me fonte ed esempio quotidiano di fede e damore.

    Ringrazio il mio vescovo di Gospi-Senj, Mons. Mile Bogovi, che mi ha mandato a studiare a Roma, nonostante le mie resistenze. Egli ha saputo incoraggiarmi lungo questi anni di studio. La mia sincera gratitudine si estende al Rettore del Pontificio Collegio Croato di San Girolamo a Roma, Mons. Jure Bogdan, per la sua magnanimit e vicinanza paterna! Grazie anche ai vicerettori del Collegio, Marko Tomi e eljko Maji. Grazie al Padre Szentmrtoni, per la sua presenza discreta e fedele nel nostro Collegio e nella nostra vita di studio e di spiritualit.

    Il mio ringraziamento va anche ai miei compagni di studio a Roma, e soprattutto alla mia generazione di studio, Davor Vukovi, Mislav Hodi, Josip Bonjakovi, Denis Bari e Dario Tii. Con loro ho mosso i primi passi a Roma. Non stato facile. Grazie al loro supporto amichevole sono riuscito ad arrivare ad oggi. Vorrei esprimere la mia gratitudine anche ai miei amici dalla Croazia, che mi sono stati vicini in questi anni di studio: Andreja Jakubin che, a tutti gli effetti, mi ha dato il suo benvenuto a Roma, Mladen Matika e Sanjin Franceti, che in tutti questi anni di studio mi hanno sempre accompagnato da Trieste a Rijeka e viceversa. Vorrei ringra-ziare anche mia sorella Elizabeta e la sua famiglia, che mi hanno ospitato a Rijeka, rendendo piacevoli i miei giorni di vacanza.

    Desidero ringraziare tutti i miei professori della Pontificia Universit Gregoriana, particolarmente Padre Donath Hercsik, SJ. merito suo, se sono riuscito a concludere la mia tesi di licenza. Grazie a questa esperienza ho trovato la forza e il coraggio per cominciare il dottorato. Insieme a Padre Hercsik ho imparato ad amare Ireneo e soprattutto Padre de Lubac e la sua teologia.

  • 8 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    Ringrazio di cuore tutti quelli che mi hanno accompagnato con la preghiera e con un aiuto amichevole, in modo particolare il mio caro amico Zlatko Sudac, a cui mi lega unamicizia fraterna sin dai nostri primi giorni nel Seminario a Rijeka. Nella sua generosit, ha sempre saputo aiutarmi e starmi vicino, soprattutto in questi ultimi anni di studio a Roma, quando dovevo comprare un nuovo computer o qualche libro di pi. Con il suo aiuto stato possibile realizzare anche la presente pubblicazione.

  • INTRODUZIONE

    1. Presentazione del lavoro

    Per rendere pi chiaro e sinottico il nostro lavoro, in questa introduzione generale vorremmo sia illustrare largomento della nostra tesi e il metodo di ricerca utilizzato sia indicare i limiti entro i quali si colloca il nostro studio. Presenteremo quindi brevemente litinerario della ricerca e introdurremo i temi dottrinali del lavoro legati al concetto di salvezza cristiana. Similmente a quanto accade con la questione delluomo in genere, cos, anche la questione particolare concernente la sua salvezza pu essere affrontata da diverse prospettive. Dato che il nostro approccio al tema della salvezza assume un punto di vista cristiano, partiamo dalla problematica generale riguardante luomo: essa, nellambito dellantropologia cristiana, stretta-mente connessa alla rivelazione biblica e si sviluppa nella riflessione teologica attraverso i concetti di grazia e di divinizzazione, con una diversit di accentuazioni tra Oriente e Occidente cristiano.

    1.1 Argomento della tesi

    La nostra ricerca, come indicato dal titolo Il mistero della salvezza cristiana. Linflusso di Ireneo di Lione su Henri de Lubac , cerca di proporre, a partire dagli scritti ireneo-lubachiani, una rivalutazione della concezione biblico-patristica delluomo e della sua salvezza.

    Creato a immagine e somiglianza di Dio, luomo chiamato ad una vita di comunione con Dio. Grazie a questa chiamata, la vita di comunione con Dio o la visione di Dio, viene interpretata come lunico fine ultimo delluomo. Questa concezione realistica delluomo, propria ed esclusiva della teologia biblica e patristica, viene minacciata dallo sviluppo di certe linee di pensiero di stampo neoscolastico sulluomo che, per spiegare lassoluta gratuit della grazia e della salvezza, introducono nella teologia cattolica alcuni elementi nuovi, tra i quali il nuovo principio antropologico illustrato dal concetto di natura pura. Tale concetto, da parte di de Lubac,

  • 10 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    viene considerato come unipotesi insufficiente ed incapace di assicurare la piena gratuit del soprannaturale per unumanit reale.

    Rinunciando a questa ipotesi antropologica astratta, de Lubac invita a ritornare al realismo degli antichi, il quale non soltanto non minaccia la vera gratuit della grazia divinizzante, ma presenta anche il vantaggio di riuscire a considerare l'uomo nella sua natura concreta e con il suo unico fine ultimo, quello soprannaturale. Sviluppando il concetto di mistero del soprannaturale, de Lubac ricorre alla concezione di Tommaso sul desiderium naturale, cercando di ritrovare una comprensione migliore della vocazione e della dignit delluomo. Oltre alla dottrina di Tommaso, possiamo per constatare che negli scritti di de Lubac riecheggia anche la dottrina dei Padri in tutta la sua profondit. Possiamo pertanto prendere in prestito proprio da un padre, Ireneo, unespressione in grado di sintetizzare il suo pensiero: Gloria Dei, vivens homo (AH, IV, 20,7).

    Lo scopo del nostro lavoro quello di dimostrare la corrispondenza esistente tra la dottrina lubachiana e le concezioni biblico-patristiche che si caratterizzano per il forte realismo e ottimismo antropo-teologico e il senso dellunit e del mistero. Questultimo viene inteso come mistero salvifico di Cristo nel quale converge il mistero delluomo e grazie al quale luomo viene elevato a quellordine soprannaturale, in cui si superano gli apparenti paradossi del dogma, e dove tutti i misteri della nostra fede trovano il loro Centro e la loro Unit.

    Per esaminare pi approfonditamente le concordanze con il pensiero patristico che la dottrina lubachiana rivela di possedere, la nostra ricerca prender in esame uno dei Padri pi rappresentativi del mondo patristico, Ireneo di Lione, considerato dagli esperti della teologia cristiana dei primi secoli il dottore della dogmatica e ritenuto superiore per profondit e istinto dogmatico a tutti gli altri (Orbe). Anche listinto teologico del giovane de Lubac, come lui stesso afferma nella sua Mmoire sur l'occasion de mes crits, ancor prima di scrivere la sua prima pagina teologica, lo portava a scegliere proprio gli scritti di Ireneo di Lione come sua letteratura preferita1. Per constatare come questa letteratura non abbia mancato di esercitare un influsso importante sulla forma mentis antropo-teologica di de Lubac, basta dare unocchiata alle note e agli indici delle opere di de Lubac dove si pu riconoscere un continuo riferimento alla dottrina di Ireneo. Lo riconosciamo soprattutto in Catholicisme di de Lubac il suo libro-programma e nelle sue opere dedicate al tema della Chiesa e della Sacra Scrittura. Rispetto a queste opere, negli scritti sul soprannaturale, invece, troviamo un riferimento a Ireneo meno esplicito, anche se proprio in questi scritti, a cui intendiamo fare riferimento con particolare attenzione nella

    1 Al ritorno dalla guerra del 1914-1919, durante il primo semestre del 1920, passato a

    Canterbury, ero stato sedotto dalle Confessioni di santAgostino e dagli ultimi tre libri dellAdversus Haereses di santIreneo. MEM, 184. Cfr. Hercsik, 20.

  • INTRODUZIONE 11

    nostra ricerca, riconosciamo un notevole influsso della dottrina ireneiana. Obiettivo del nostro lavoro sar proprio quello di dimostrare che limpo-stazione fondamentale a livello antropo-teologico di de Lubac molto vicina a quella presente nella dottrina di Ireneo. Questultima rintrac-ciabile seppur in maniera implicita negli scritti lubachiani, dove riproposta mediante un linguaggio teologico pi attuale.

    1.2 Limiti e metodo della ricerca

    La nostra ricerca sugli scritti di de Lubac si concentra soprattutto sulle sue opere dedicate allargomento del soprannaturale: Surnaturel (1946); Le mystre du surnaturel (1949); Augustinisme et thologie moderne (1965); Le Mystre du surnaturel (1965); Petite catchse sur Nature et Grce (1980). Alle altre opere di de Lubac, sopratutto a Catholicisme (1938), a Mmoire sur l'occasion de mes crits (1989) e a La Lumire du Christ (1941), ricorreremo per fondare alcune argomentazioni necessarie alla realizzazione dellitinerario del nostro lavoro. Data la quantit degli scritti lubachiani, siamo costretti a fare una selezione, prendendo in consi-derazione prevalentemente quelli che riguardano il nostro argomento.

    Riguardo alle dispute teologiche nate dal confronto tra le diverse interpretazioni circa il soprannaturale in de Lubac, essendo il tema gi stato elaborato da vari autori, ci limiteremo a fornire soltanto alcune nozioni necessarie. Prima di cominciare la nostra esposizione della dottrina lubachiana, inoltre, cercheremo di chiarire brevemente i concetti principali legati alla dottrina sul soprannaturale. Non prenderemo dunque in considerazione tutte le critiche mosse allimpostazione antropo-teologica di de Lubac, ma per rendere pi chiaro il suo pensiero e la sua intuizione teologica, ci serviremo soprattutto delle due critiche di J. Alfaro: una riguardante linterpretazione lubachiana del concetto di desiderium naturale di Tommaso; laltra concernente la mancanza del carattere cristico e incarnazionale nella dottrina sul soprannaturale di de Lubac.

    Tra le opere di Ireneo ci soffermeremo soprattutto sugli ultimi tre libri dellAdversus haereses (AH, IIIV) e sullEpideixis, restando per nei limiti di trattazione della nostra ricerca, che si occuper del tema della salvezza negli scritti lubachiani. Pertanto tralasceremo alcuni degli aspetti del tema della salvezza presenti negli scritti ireneiani, come per esempio quelli sviluppati nellambito dellescatologia ireneiana a proposito della morte, dellAnticristo o del millenarismo ireneiano.

    Il nostro tentativo di presentare gli aspetti corrispondenti tra la dottrina lubachiana e il pensiero patristico, si limita dunque allindividuazione di alcune impostazioni dottrinali sul tema della salvezza sia nella dottrina ireneiana che negli scritti lubachiani. La nostra ricerca, vuole, infatti, dimo-strare la forte corrispondenza esistente tra la dottrina lubachiana e limpo-stazione antropo-teologica ireneiana. Nel nostro percorso argomentativo,

  • 12 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    per, ci limiteremo allo studio del tema della salvezza negli scritti luba-chiani sul soprannaturale e alla ricerca di una conferma dellimpostazione lubachiana nella relativa dottrina di Ireneo di Lione. Il nostro lavoro, lascia dunque uno spazio aperto per unulteriore discussione teologica e per un possibile sviluppo futuro di questo tema. Riteniamo, infatti, che il nostro tentativo potrebbe essere allargato ad altri campi e ad altri punti dincontro fra le dottrine di Ireneo e di de Lubac, e che lo stesso studio generale degli scritti di de Lubac si potrebbe estendere alla ricerca di altre conferme della sua dottrina provenienti dal vasto campo della letteratura patristica, abbondantemente presente nel suo pensiero e nelle sue opere.

    Nella realizzazione della nostra ricerca, abbiamo fatto una scelta metodo-logica dinversione cronologica, facendo precedere lesposizione della dottrina di de Lubac a quella della dottrina di Ireneo. Questo aiuta noi, e il lettore della tesi, a incontrarsi dapprima con la dottrina di de Lubac, per poi a rileggerla o ripensarla alla luce della dottrina del dottore dogmatico. In questo modo diventano chiare le diverse accentuazioni con cui de Lubac affronta i diversi aspetti della dottrina ireneiana. Questopzione metodolo-gica, infine, ci offre un nuovo punto di vista sulla relativa dottrina di de Lubac sul soprannaturale e sul suo concetto di salvezza cristiana in generale.

    Per una questione di esattezza e obiettivit, la nostra ricerca prender in considerazione gli studi precedenti degli autori pi degni e pi competenti, le cui ricerche riguardano il nostro tema: Ladaria (laspetto antropologico in generale e la dottrina ireneiana), Hercsik e Guibert (laspetto cristologico della dottrina lubachiana), Orbe (la dottrina ireneiana).

    1.3 Litinerario della ricerca

    Il lavoro si compone di due capitoli, uno sulla dottrina lubachiana e laltro sulla dottrina ireneiana, preceduti da unintroduzione generale e uniti in una sintesi conclusiva.

    Nellintroduzione generale cercheremmo di presentare largomento in

    maniera precisa e di mostrare loriginalit della tesi, i limiti e il metodo della ricerca, e il breve itinerario seguito lungo il lavoro. Segue unintrodu-zione alla materia della tesi nella quale si offre una presentazione generale dei temi teologici della salvezza, dellantropologia teologica, della grazia e della divinizzazione. Sono tutti elementi dottrinali, inerenti al tema di questo lavoro, che sincontreranno nei capitoli successivi nellambito delle relative dottrine di Ireneo e di de Lubac.

    Il capitolo dedicato alla dottrina del soprannaturale in Henri de Lubac

    si compone di quattro sezioni. Dopo una breve presentazione della biografia e delle opere di de Lubac con una introduzione al tema del soprannaturale

  • INTRODUZIONE 13

    nei suoi scritti, segue la prima sezione nella quale cerchiamo di chiarire luso dei concetti di natura e di soprannaturale nel corso della storia della teologia cattolica, con particolare attenzione al concetto di natura pura e alla sua interpretazione neoscolastica alla quale si oppone la dottrina lubachiana sul soprannaturale. In seguito viene precisato il concetto proprio di soprannaturale in de Lubac, evidenziando la sua maniera peculiare di utilizzare i termini neoscolastici. Nel corso dello studio, teniamo conto anche di una certa evoluzione del linguaggio lubachiano, evidente nellarco di tempo che va dalla sua prima (Surnaturel, 1946) alla sua ultima (Petite catchse sur Nature et Grce, 1980) opera sul soprannaturale.

    La seconda sezione sul soprannaturale si sofferma sullimpostazione antropologica di de Lubac e sul suo tentativo di ritrovare, attraverso la semplicit degli antichi e la prospettiva biblica, la vera e piena idea cristiana delluomo che, secondo la visione lubachiana, viene inteso come spirito creato e aperto. Nella presentazione del tentativo di de Lubac di ritrovare lintuizione originale di Tommaso attorno al concetto del desiderium naturale, ci serviremo della critica di Alfaro allinterpretazione lubachiana del desiderio naturale inteso nel senso assoluto, desiderio che secondo Alfaro, non corrisponderebbe allaffermazione della gratuit assoluta del soprannaturale. Servendoci della seconda critica di Alfaro sullassenza del carattere cristico e incarnazionale allinterno della dottrina lubachiana del soprannaturale, ci introdurremo allo sforzo compiuto da de Lubac nel ricercare una sintesi teologica in grado di far superare gli apparenti paradossi della fede.

    Nella terza sezione sul soprannaturale, partendo dallaspetto cristologico della dottrina lubachiana e seguendo la linea delle ricerche di Hercsik e Guibert, cercheremo di presentare lo sforzo di sintesi lubachiano. Cos tenteremo anche di rispondere alle due summenzionate critiche di Alfaro. Basandoci sullarticolo La lumire du Christ (1941) lunico scritto lubachiano dal titolo cristologico e sullundicesimo capitolo di Catholicisme (1938), scopriremo che proprio la cristologia di de Lubac, nonostante il suo carattere diffusamente pi implicito che esplicito, quella che rivela lunit e la sintesi di tutte le sue opere. Nella novit assoluta di Cristo, percepibile solo con gli occhi della fede, de Lubac scopre il mistero sintetico di Cristo, di colui che era vivo e attivo come principio di sintesi nei primi discepoli di Cristo e nei Padri della Chiesa. dunque il mistero sintetico di Cristo come Centro vivo e Tout du Dogme nel quale si supera anche oggi il paradosso del Dogma.

    La quarta sezione dedicata al soprannaturale una sintesi conclusiva nella quale ci serviremo delle testimonianze dello stesso de Lubac espresse in Mmoire sur loccasion de mes crits (1989). In sintonia con queste stesse testimonianze dellautore, presenteremo la sua dottrina sul sopran-naturale nella prospettiva dellaspetto cristologico della sua teologia e del

  • 14 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    suo constante richiamo alla dottrina dei Padri, giungendo alla conclusione che le sue opere sul soprannaturale vanno inserite nel loro contesto storico e collocate nel quadro dellintera sua opera teologica. In questo senso, attraverso una cristologia nascosta, presente piuttosto nello spirito delle sue opere, si scopre che proprio la persona di Cristo il cuore e la sintesi delle opere e della teologia di de Lubac (Hercsik). Da questo punto di vista la dottrina sul soprannaturale si mostra in sintonia con la visione biblico-patristica. Gli elementi della dottrina lubachiana che mostra-no tale sintonia sono:

    la visione realista e unitaria delluomo che esclude ogni dualismo ipotetico,

    il senso dellunit e del mistero il mistero di Dio che fonda il mistero delluomo e il mistero delluomo che converge nel mistero di Cristo,

    il concetto di divinizzazione delluomo attraverso lazione interiore e trasformatrice di Cristo che porta luomo verso il suo fine soprannaturale laffermazione dellunico fine ultimo delluomo che la vita eterna,

    la visione della libert delluomo evidente attraverso la libera risposta delluomo allinvito della grazia divina offerto in Cristo la salvezza viene da Dio come un dono assolutamente libero e in nessun modo acquistabile con le forze naturali delluomo,

    la realt del peccato e la visione della salvezza come liberazione dalla schiavit del peccato in forza del sacrificio nuovo di Cristo.

    Tutti questi elementi vengono sintetizzati nel paragrafo del nostro lavoro Il mistero salvifico di Cristo, dove si fa riferimento a La Lumire du Christ e soprattutto alla Petite catchse sur Nature et Grce, scritto in cui il nostro autore riprende la sua dottrina sul soprannaturale, riassumendola e chiarendola, fino ad enunciare la conclusione a cui giunto. In tutti gli elementi sopra elencati, si pu chiaramente riconoscere leco della dottrina di Ireneo annunziata in questo lavoro nel paragrafo conclusivo sulla dottrina lubachiana.

    Il capitolo dedicato al concetto di salvezza cristiana nella teologia di

    Ireneo di Lione si compone di tre sezioni. Dopo una breve presentazione della biografia e delle opere di Ireneo, segue unintroduzione generale alla dottrina del vescovo lionese. Si fa menzione dei concetti principali della sua dottrina e si presentano i limiti entro i quali si sviluppa la nostra indagine negli scritti ireneiani. Ci soffermeremo soprattutto sugli ultimi tre libri dellAdversus haereses (AH, IIIV) e sulla Epideixis, dove si trovano i principali punti dottrinali della dottrina di Ireneo.

    La prima sezione unesposizione degli elementi antropologici della dottrina ireneiana. Si presenta lapporto della riflessione antropologica di Ireneo sviluppatasi in opposizione agli insegnamenti eterodossi. Tra gli aspetti antropologici della dottrina ireneiana, la nostra ricerca, seguendo lo studio di Antonio Orbe, sceglie quelli che riguardano la dimensione

  • INTRODUZIONE 15

    salvifica. La dottrina di Ireneo costruita attorno al concetto di salus carnis ci offre una visione unitaria e realistica delluomo dal momento della sua creazione secondo il progetto di Dio, e lungo il processo della sua vita terreste intesa come la via verso la salvezza, verso la vita di comunione con Dio. Si evidenzia la forte caratterizzazione trinitaria e cristologica dellan-tropologia ireneiana proveniente dalla dottrina biblica contenuta nei primi capitoli del libro della Genesi e delle lettere paoline. Ponendo laccento sul concetto delluomo-carne, la visione di Ireneo si distingue da quella gnostica ed ecclesiastica (filo-origeniana).

    Attraverso unesegesi di due versetti della Genesi (Gen 1,26 e 2,7), Ireneo ci offre una visione unitaria della creazione delluomo. La sua dottrina sulle Mani di Dio il Logos e lo Spirito Santo presenti e attivi nella creazione delluomo e sulluomo creato e plasmato a Immagine e Somiglianza di Dio, intende luomo come essere trinitariamente e cristolo-gicamente determinato gi al momento della sua creazione. La dignit delluomo appare cos evidente, fin dalla creazione, nel suo essere collocato al centro di tutta la creazione e nel suo essere chiamato alle altezze di Dio e alla visione di Dio. Seguendo la dottrina paolina e legando i misteri della creazione delluomo e dellincarnazione di Cristo, Ireneo esprime la dignit del corpo umano e linseparabilit dellantropologia cristiana dalla cristologia.

    Basandosi sulla visione tripartita delluomo (carne-anima-spirito) in Paolo, Ireneo sviluppa la sua visione delluomo spirituale e perfetto nella quale laccento cade sempre sulluomo-carne inserito nel disegno salvifico di Dio a partire gi dal momento della sua creazione e capace di ricevere lo Spirito di Dio. La realt del peccato anche se minaccia il disegno salvifico di Dio, non pu distruggerlo. Cos il realismo di Ireneo viene accompagnato dal suo ottimismo teologico fondato sulla fiducia nella bont di Dio Padre che la prima causa della salvezza umana e che, passando attraverso il dramma del peccato, si manifesta sotto forma di redenzione e di liberazione delluomo. Seguendo il parallelismo paolino Adamo-Cristo e legando il mistero del peccato di Adamo e la riconciliazione di Cristo, Ireneo ci dona una spiegazione indiretta del peccato originale e ci mostra di nuovo linseparabilit delle sue impostazioni antropo-teologico-cristologiche.

    La seconda sezione sulla dottrina di Ireneo tratta della domanda sulla salvezza delluomo. Prima di presentare il nucleo della dottrina ireneiana nella sua dimensione soteriologica, ci soffermeremo sulla dottrina paolina abbondantemente presente negli scritti ireneiani con particolare attenzione al legame inseparabile che intercorre fra lantropologia e la cristologia-soteriologia, alla visione delluomo ordinato a Cristo attraverso i misteri dellIncarnazione e Risurrezione, alluniversalit dellofferta della salvezza e allaccentuazione dellassoluta novit di Cristo mediante il quale si compiono la ricapitolazione delluomo in Cristo e la sua adozione filiale.

  • 16 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    Dopo lanalisi degli elementi paolini presenti nella dottrina di Ireneo, segue lesposizione della dottrina propria ireneiana costruita attorno ai concetti di redenzione e di divinizzazione. Rifacendoci allo studio di Orbe e appoggiandoci al documento della Commissione Teologica Internazionale del 1994 Alcune questioni sulla teologia della redenzione , cercheremo di presentare il concetto ireneiano di ricapitolazione. In uno spirito fortemente paolino, attraverso i misteri di Cristo dellIncarnazione e della Risurrezione, Ireneo presenta la salvezza delluomo, da una parte come liberazione delluomo dal dominio di Satana e la ricapitolazione della storia anteriore dellumanit (il terminus a quo), e, dallaltra, come ripristino dellimmagine e della somiglianza di Dio e come ristabilimento dellunione delluomo con Dio (il terminus ad quem).

    A questi due aspetti della salvezza abbiamo dedicato due paragrafi. Il primo riassume la dottrina ireneiana sulla salvezza costruita attorno ai concetti di liberazione, redenzione e ricapitolazione delluomo in Cristo attraverso i misteri dellIncarnazione e della Risurrezione, mentre il secondo paragrafo dedicato al concetto di divinizzazione, inteso sia come sintesi che come un aspetto della dottrina ireneiana sulla salvezza delluomo. Anche se Ireneo non parla esplicitamente di divinizzazione e non usa i termini theopoiein [] e theopoiesis [], la sua soteriologia implica la dottrina della divinizzazione. Egli stato il primo a offrire un tentativo dinterpretazione teologica del fatto della divinizzazione, precisandone lorigine e le condizioni, legandola ai misteri di Cristo, alla sua incarnazione e risurrezione, mediante i quali luomo diventa partecipe della vita divina, aprendo cos la strada agli sviluppi teologici successivi.

    Nella terza sezione cerchiamo di presentare la dottrina di Ireneo in una sintesi costruita attorno ai concetti di unit e di gratuit. Tali concetti sono quelli in grado di riassumere la dottrina di Ireneo nella prospettiva del nostro tema e della relativa dottrina lubachiana sul soprannaturale. In questa linea, nel paragrafo conclusivo presenteremo lelenco degli elementi dottrinali di Ireneo che ci sembrano pi importanti:

    il primato delliniziativa divina: la salvezza proviene da Dio creatore e salvatore;

    la predestinazione delluomo alla salvezza: luomo creato e plasmato a Immagine e Somiglianza di Dio trinitariamente e cristologicamente determinato e inserito nel percorso della storia verso il suo unico fine ultimo la vita di comunione con Dio, cio la visione di Dio;

    la chiamata universale alla salvezza riguarda ogni uomo partecipe dellunica natura umana concepita soprattutto come sarx [] creata e plasmata;

    lapertura delluomo alla ricezione di Dio mediante linabitazione dello Spirito Santo che entra nella composizione delluomo rendendolo uomo spirituale e perfetto;

  • INTRODUZIONE 17

    la debolezza umana e il realismo del peccato sono incapaci di minacciare lunico disegno salvifico in Cristo;

    la realizzazione della salvezza nel percorso storico mediante gli eventi di Cristo, lincarnazione e la risurrezione;

    la necessit della Chiesa e dei sacramenti, soprattutto del battesimo e dellEucaristia, attraverso i quali si realizza lincorporazione a Cristo;

    laffermazione della libert delluomo e della necessit della sua libera collaborazione con la grazia mediante ladesione di fede e di amore e quindi mediante le opere che ne conseguono, cio le opere dello Spirito;

    laffermazione della possibile perdizione eterna come conseguenza della libera scelta delluomo di venire meno alla collaborazione con lofferta della salvezza;

    il carattere progressivo della salvezza; laffermazione dellassoluta necessit della grazia per la salvezza; laffermazione dellassoluta gratuit della salvezza. Nella sintesi conclusiva del nostro lavoro, divisa in tre sezioni, facciamo

    una rilettura degli scritti lubachiani per meglio riconoscere sia le somigli-anze e i parallelismi dottrinali sia le relative differenze nel metodo e nelle accentuazioni antropologiche fra Ireneo e de Lubac. Per di pi in tale analisi si evidenzia anche il carattere particolare della cristologia e della prospettiva dottrinale lubachiana.

    Nella prima sezione, in vista dellargomento su cui si vuole sviluppare la nostra tesi, cerchiamo di presentare gli elementi principali della dottrina lubachiana sul soprannaturale in consonanza con la relativa dottrina di Ireneo. A tal fine abbiamo scelto tre punti di vista o tre aspetti dottrinali. Il primo il realismo e lottimismo antropo-teologico come sfondo dottrinale in cui si forma la dottrina ireneo-lubachiana, nella quale emerge il primato di Cristo. A partire dalla riflessione sulla realt di Cristo e dei suoi misteri, Ireneo e de Lubac sviluppano le loro dottrine sulluomo e sulla Chiesa, mantenendo sempre un approccio ottimistico alla questione della salvezza delluomo. Il secondo aspetto costituito dal forte senso ireneo-lubachiano dellunit e del mistero, che permette ad entrambi di conciliare la conce-zione biblica dellunicit della natura umana, in quanto chiamata alla vita di comunione con Dio con la conseguente offerta di salvezza universale in Cristo, con la verit dellassoluta gratuit della grazia. In questo contesto, la nostra rilettura degli scritti lubachiani si estende alla sua opera Catholicisme, che offre un forte contributo allaffermazione dellesistenza di una consonanza dottrinale fra Ireneo e de Lubac. Il terzo aspetto, infatti, unisce i primi due e ci mostra la capacit ireneo-lubachiana di preservare una visione dinsieme delluomo e della sua salvezza e di mostrare linsepa-rabilit delle verit dottrinali dalla vita di fede. Osserviamo cos come sia Ireneo che de Lubac affermino la necessit di collegare il mistero che non altro che Cristo stesso, punto di partenza obbligatorio sia per la riflessione

  • 18 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    teologica che per quella antropologica , al suo approfondimento attuale nella vita di fede chiamata mistica. Una delle caratteristiche fondamentali della mistica cristiana, a differenza della mistica naturale e delle mistiche non-cristiane, sta proprio nella sua apertura al mistero, con cui si trova in un rapporto di reciproca fecondazione e inadeguatezza.

    La seconda sezione focalizza lattenzione sulle differenze di accentu-azione antropologica fra Ireneo e de Lubac dovute alla diversit dei rispettivi metodi con cui entrambi combattono le dottrine dualistiche sulluomo, sia quelle degli gnostici, sia quelle dei teologi moderni. Queste differenze individuano due prospettive diverse che non implicano per unopposizione dottrinale. La sezione continua con un breve riferimento al gi menzionato carattere particolare della cristologia implicita e indi-retta di de Lubac e alle critiche espresse da altri autori a questo proposito. Gli elementi antropo-teologici principali della dottrina di Ireneo, presente anchessa in un modo implicito negli scritti lubachiani sul soprannaturale, ci aiutano a comprendere meglio gli argomenti con cui de Lubac difende il suo metodo storico di carattere astratto. Essi, inoltre, ci permettono di riconoscere unimpronta cristologica implicita presente proprio nella dot-trina lubachiana sul soprannaturale. Il mistero unente e sintetico di Cristo Verbum unum il Tout du Dogme , per de Lubac il punto di partenza che determina la sua prospettiva dottrinale il cui influsso/con-ferma si pu riconoscere nellimpostazione antropologica del Concilio Vaticano II: In realt solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero delluomo (GS 22).

    La Conclusione, offre, al termine del nostro lavoro, un breve riassunto in cui si getta uno sguardo complessivo sul percorso compiuto. La ricerca ha preso le mosse dalla domanda fondamentale sulluomo e sulla sua salvezza, ed stata condotta attraverso lincrocio tra Ireneo di Lione e Henri de Lubac, mostrandone lunit e la continuit dottrinale.

    2. Il concetto di salvezza cristiana

    Per introdurre la riflessione sul tema della salvezza in de Lubac, nella quale cercheremo di precisare linflusso dottrinale di Ireneo di Lione, vor-remmo partire da una considerazione pi generale dei temi che svilup-peremo in maniera pi dettagliata nella nostra riflessione successiva. La prima domanda che ci poniamo, come suggerisce il titolo stesso del nostro lavoro, quella riguardante il significato del concetto di salvezza cristi-ana. Ci chiediamo in che cosa consista la salvezza cristiana, da dove essa venga, e chi sia il suo destinatario.

    Questultima domanda ci colloca allinterno dellambito pi ampio dellantropologia cristiana, dove la modalit dellapproccio alluomo sempre biblicamente segnata: si parte sempre dalluomo nella sua situazione

  • INTRODUZIONE 19

    concreta e nella sua relazione con Dio2. Nella Sacra Scrittura, infatti, troviamo che limmagine della salvezza connessa alla realt del peccato e del bisogno che luomo ha di aiuto e di liberazione dalle conseguenze del peccato stesso. A livello dellesperienza storica, la salvezza biblica si realizza inizialmente attraverso il rapporto personale fra Dio e il suo popolo eletto, per assumere in seguito, attraverso la missione salvifica di Ges Cristo, un significato universale (Gv 1,1-16)3.

    Nellambito della fede cristiana si sviluppata una ricca riflessione teologica sulla salvezza che, partendo dalle verit rivelate, ha dato luogo a ricche formulazioni riguardanti la dottrina della grazia. Partendo dalle enunciazioni bibliche sulla grazia e attraverso una breve presentazione dello sviluppo storico-dottrinale, nei paragrafi successivi introdurremo i temi dottrinali di questo lavoro in cui la domanda sulla salvezza tocca il tema del rapporto fra natura e soprannaturale, fra luomo nella sua situazione storica concreta e la grazia salvifica di Dio offerta in modo universale in Cristo unico salvatore4. In particolare, vorremmo soffermarci sul concetto cristiano di divinizzazione, legato al tema della grazia nelle diverse accezioni che esso riveste nellOriente e nellOccidente cristiano5. Nono-stante le differenze espressive, la tradizione cristiana comune ha preservato la visione biblica tradizionale delluomo creato a immagine e somiglianza di Dio, liberamente e gratuitamente chiamato alla vita di comunione con Dio. Di queste verit fondamentali della fede cristiana, i nostri due autori, Ireneo di Lione e Henri de Lubac, sono testimoni e difensori, come cercheremo di dimostrare nelle prossime pagine di questo lavoro6.

    2.1 La questione sulluomo: lantropologia cristiana

    Lantropologia cristiana ha come oggetto la visione cristiana delluomo e tratta della persona umana a partire dai pronunciamenti della fede concer-nenti il rapporto delluomo con Dio, con gli altri uomini, con il mondo e con se stesso. Il compito dellantropologia cristiana consiste nel fare un discorso non tanto sulla natura o sullessenza delluomo, quanto piuttosto sulla sua salvezza, sia a livello del popolo che del singolo (Profeti, Paolo, Agostino)7. A tal scopo lantropologia cristiana attinge dalla Bibbia e dalla teologia.

    Lantropologia biblica non offre una riflessione sistematica sulluomo ma si concentra sulle testimonianze della Scrittura individuandone gli aspetti costitutivi del rapporto uomo-Dio. La comprensione biblica

    2 Cfr. Introduzione, par. 2.1 di questo lavoro. 3 Cfr. Introduzione, par. 2.2 di questo lavoro. 4 Cfr. Introduzione, par. 2.3 di questo lavoro. I concetti dottrinali di natura, di

    soprannaturale e di natura pura, li presenteremo nellintroduzione alla dottrina lubachiana sul soprannaturale. Cfr. cap. I, sez. 1. di questo lavoro.

    5 Cfr. Introduzione, parr. 2.4-2.5 di questo lavoro. 6 Cfr. capp. I-II e Sintesi di questo lavoro. 7 Cfr. J. SPLETT, Antropologia (I), 258.

  • 20 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    delluomo e della sua condizione non mai riferita direttamente alluomo e alla sua condizione in s, ma cerca di comprendere luomo e la sua condizione in relazione a Dio e ai temi che Lo concernono, in riferimento a Ges Cristo, alla creazione e alla storia della salvezza, alla vita e alla morte, al peccato e alla giustificazione, alla salvezza e al giudizio8. Anche lantropologia neotestamentaria, approfondita soprattutto da Paolo e da Giovanni, poggia sui concetti veterotestamentari, tra i quali quello di peccato e di redenzione riveste il ruolo pi importante nella comprensione della questione delluomo9.

    A tal proposito si deve necessariamente allargare lorizzonte e dopo aver assodato che la fede cristiana non lunica fonte di conoscenza sulluomo, occorre prendere in considerazione i contributi provenienti da altri generi di conoscenza che cercano di dire una parola sulluomo. La riflessione cri-stiana sulluomo dovr quindi arricchirsi dei dati e delle intuizioni forniti dalle scienze umane, dalla filosofia e dallesperienza della nostra vita quotidiana. Lantropologia teologica, dunque, dovrebbe sempre proporsi di ripensare in maniera nuova i propri enunciati, sia per non perdere mai il contatto con lesperienza umana e le scienze antropologiche profane, che per poter continuare a svilupparsi grazie alla luce sempre nuova e profonda che promana della relazione delluomo con Dio mediante la persona di Cristo. Il punto di partenza della visione delluomo in quanto oggetto dellantropologia teologica, quindi la sua duplice condizione, di creatura creata ad immagine e somiglianza di Dio e chiamata alla comunione con il suo Creatore, e di peccatore graziato in Cristo. Questa la visione cristiana delluomo nella quale la salvezza in Cristo viene offerta gratuita-mente ad ogni essere umano10. La gratuit della salvezza pone luomo nella condizione di una certa dipendenza da Dio, alla luce della quale egli continuamente chiamato ad intendere se stesso come essere costantemente orientato verso il suo Creatore. La visione cristiana delluomo, dotato di autocoscienza e libert, deriva dunque dal mistero nel quale luomo si trova inserito e dal quale , allo steso tempo, definito. Luomo, infatti, sperimenta se stesso allinterno di un continuo contatto con lineffabile. Tale esperi-enza, se da un lato gli offre una dimensione in cui identificarsi, dallaltra gli permette di riconoscersi come soggetto distinto e a s stante. Fondamen-talmente luomo dipendente dal mistero nel quale riconosce e ritrova la sua essenziale apertura allinfinito ed nella tensione di tale apertura che ritrova se stesso e trova Dio come lunico fondamento permanente dellapertura dellesistenza umana11.

    8 Cfr. R. PESCH, Antropologia (II), 263. 9 Cfr. R. PESCH, Antropologia (II), 267. 10 Cfr. L.F. LADARIA, Antropologia teologica, 5-9. 11 Cfr. K. RAHNER, Uomo, 559-560.

  • INTRODUZIONE 21

    Lantropologia teologica intrattiene uno stretto rapporto con la cristologia, nel quale questultima dovrebbe svolgere la funzione di criterio e norma dellantropologia teologica12. Fin dai primi secoli si sviluppa una cristologia che indica esplicitamente Cristo come vero uomo che si pone sia come modello reale per ogni uomo che come modello ideale per una riflessione teologica sulluomo. In tale prospettiva venivano chiariti tutti gli aspetti del discorso sulluomo e non emergeva il bisogno di una antropolo-gia teologica. Possiamo, infatti, constatare che gran parte delle affermazioni sulluomo fatte nellambito della teologia cattolica (risurrezione, grazia santificante) nasce direttamente dalla riflessione offerta e sviluppata allinterno della cristologia.

    Con luso della metafisica, delletica e della psicologia di Aristotele nello sviluppo dei problemi teologici, partendo da san Tommaso, la dottrina sulla grazia nella teologia occidentale acquista la sua caratteristica nota antropo-logica13. La teologia occidentale del XX secolo si propone lobiettivo di rielaborare la dottrina sistematica della grazia alla luce del proprio contesto e di sviluppi interni e esterni14. Questo tra laltro include:

    lillustrazione e la chiara correlazione dei due aspetti della teologia della grazia, di quello teologico in senso stretto (grazia come azione gratuita di Dio) e di quello antropologico (importanza di questo gratuito interessamento di Dio per lumanit delluomo); la riformulazione di problematiche centrali in categorie storiche e personali: la considerazione piuttosto statica del rapporto fra natura e grazia, quasi si trattasse di due strati (piani) dellumanit tra loro indipendenti cede il posto a una considerazione storico-salvifica del rivolgersi gratuito di Dio alla sua creazione e una visuale dinamica integrale delluomo quale creatura cui donata la grazia []15.

    2.2 Fondamenti biblici

    La stessa creazione delluomo la si pu gi ritenere un atto appartenente al progetto della salvezza. Luomo creato a immagine e somiglianza di Dio sin dallinizio chiamato a divenire un libero interlocutore di Dio (Cfr. Gen 12). Con il peccato luomo rifiuta la vocazione divina alla libera comuni-one con Lui (Gen 3). Perde la sua libert e diventa schiavo del peccato. Dio inaugura la sua opera di salvezza umana come passaggio dalla schiavit alla libert, e luomo la riceve come un trasferimento dallo stato di schiavo allo stato di figlio adottivo16. Ci sono, quindi, due componenti inseparabili che

    12 Cfr. K. RAHNER, Antropologia (III), 283. Nello stesso luogo Rahner aggiunge che

    tuttavia non conveniente progettare lantropologia teologica prendendo le mosse dalla cristologia in modo unilaterale.

    13 Cfr. J. AUER, Grazia (II), 368-369. 14 Cfr. B.J. HILBERATH, Dottrina della grazia, 45. 15 B.J. HILBERATH, Dottrina della grazia, 45. 16 Cfr. B. SESBO, Ges Cristo, I, 226-227.

  • 22 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    costituiscono la salvezza cristiana: laffrancamento dal peccato e lingresso nella vita di Dio.

    NellAntico Testamento il concetto di salvezza ha un carattere progressivo le cui radici si trovano nelle esperienze concrete legate alla liberazione da situazioni di malattia, di schiavit, di prigionia, e dal nemico17. Gi nella Genesi, per, vengono messi in speciale relazione la colpa e la miseria, la conversione e la salvezza. Questi sono elementi strettamente correlati, come illustra il racconto biblico delle origini riferendosi alla caduta e al peccato originale (Gen 3; 4,1-16; 68; 11,1-9; 12,1-3). Se luomo soffre a causa della colpa, Dio, per, gli offre una nuova possibilit. La salvezza, infatti, diviene proprio la strada per giungere alla liberazione dalla prigionia del peccato, la strada per una trasformazione interiore e un nuovo rapporto con Dio. Negli scritti profetici di Ezechiele si annuncia il dono di un cuore nuovo, lapertura dei sepolcri, la rianimazione mediante il soffio di Dio. La trasformazione interiore collegata alle conseguenze politiche di una liberazione concreta: Vi prender dalle genti e vi condurr sul vostro suolo, e con linstaurazione di un nuovo rapporto con Dio: Voi sarete il mio popolo e io sar il vostro Dio (Ez 36,24.28; cfr. 36,2437,14).

    La salvezza in quanto liberazione legata allimmagine di un Dio Redentore18. Dio colui che paga il prezzo dello schiavo (Es 21,7-11; Lv 19,20; Gb 6,23). Questa concezione mette laccento sul ristabilimento dello stato di libert, e mette in rilievo la fedelt di Dio (Sal 77,15; 107,2). Il riscatto dIsraele dalla schiavit dellEgitto diventa levento paradigmatico che indica la relazione che Dio vuole instaurare con il suo popolo. Dio, il Signore il redentore del suo popolo. Nellannuncio del Secondo Isaia la liberazione dalla schiavit di Babilonia diventa un evento escatologico (Is 51,11). Dio redentore salva il suo popolo in un senso escatologico, mentre ai popoli pagani che opprimevano il popolo eletto, viene inflitta la rovina definitiva19.

    Vari scritti neotestamentari presentano la salvezza nei termini della redenzione, giustificazione e riconciliazione. La salvezza viene concessa mediante la fede attraverso la morte e la risurrezione di Ges: sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virt della redenzione realizzata da Cristo Ges20. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue (Rm 3,24b-25a). Cos come il peccato ha un potere universale, cos, a maggior ragione, la salvezza in quanto redenzione, ha un potere di liberazione dalla morte e dalla schia-vit del peccato che si estende a tutta lumanit e tutta la creazione (Rm

    17 Cfr. I. MAISCH, Salvezza (I), 324-326. 18 Cfr. F. SCHSSLER FIORENZA, Redemption, 837. 19 Questa restrizione dellidea della salvezza a Israele si manifesta in maniera ancora

    pi sensibile nei libri extrabiblici dellebraismo. I. MAISCH, Salvezza (I), 326. 20 I. MAISCH, Salvezza (I), 326-328.

  • INTRODUZIONE 23

    8,22-23). Il peccato di Adamo fu permesso perch per mezzo del secondo Adamo Ges Cristo, la vita divina ci fosse comunicata in modo pi perfetto di come ci sarebbe stata comunicata per mezzo del primo Adamo. Gli effetti dellobbedienza di Cristo superano gli effetti della disobbedienza di Adamo, e dove abbond il peccato, sovrabbonda la misericordia (Rm 5,15-21).

    I vangeli e gli altri scritti neotestamentari esprimono il significato della salvezza collegandola strettamente alla vita, allannuncio, al ministero, alla morte e alla risurrezione di Ges; la sua morte per molti (Mc 14,24) perch Lui venuto a cercare e a salvare ci che era perduto (Lc 19,10).

    2.3 Salvezza come dono della grazia divina 2.3.1 Enunciazioni bibliche

    Lesperienza salvifica presentata dallAntico Testamento propone un nuovo rapporto tra il popolo dIsraele e il suo Dio che si rivela come il Dio della vita e della salvezza. I testi veterotestamentari descrivono lagire di Dio nel corso della storia come una serie di atti damore rivolti al suo popolo Israele, la cui condizione spesso espressa con termini che descri-vono una situazione di miseria e di bisogno. Dio si presenta come colui che superiore e che si inchina verso il suo popolo che nella miseria e bisognoso di aiuto. Queste immagini veterotestamentarie costituiscono il fondamento dellidea veterotestamentaria della grazia che attraverso il popolo eletto raggiunge anche i singoli:

    La grazia un comportamento fondamentale e essenziale di Dio che mira alla salvezza di tutto luomo, che riguarda primariamente il popolo dIsraele ma che, in tale ambito, aiuta e sostiene pure il singolo. Nel corso della storia dellamore fra Jahveh e il suo popolo si accentua il tratto individualizzante (il singolo ottiene grazia in mezzo a un popolo infedele) e emerge chiaramente il doppio aspetto dellazione della grazia (salvare e portare a compimento o sanare e santificare)21.

    In ebraico i termini che indicano la grazia e latteggiamento di benignit derivano dalla forma verbale hanan [!n"x'] essere misericor-dioso, pietoso , e dal suo sostantivo hen [!xe], termini sviluppatisi vero-similmente dalla radice piegarsi, chinarsi22. Altri termini usati sono: hesed [ds,x,] che si collega alla bont e alla fedelt generosa del Dio dellalleanza23; emet [tm,a/,] che un altro termine usato per indicare la

    21 B.J. HILBERATH, Dottrina della grazia, 15. 22 Cfr. H.J. STOEBE, !nx hn gndig sein, in ThHwAT; I, 587-597; K. BERGER, Grazia

    (I), 358-360; B.J. HILBERATH, Dottrina della grazia, 12-13. Sulla terminologia della grazia vedi anche: Il vangelo della grazia, 19-23.

    23 Cfr. H.J. STOEBE, ds,x, hsd Gte, in ThHwAT, I, 600-621. Hesed, infatti, lobbligo, non esigibile, alla reciprocit fra parenti, amici, sovrani e sudditi, e in particolare fra le parti di unalleanza, poich il contenuto dellalleanza lobbligo alla hesed (1Sam 20,8). K. BERGER, Grazia (I), 358.

  • 24 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    fedelt e la verit24. Finalmente la parola rehem [~x,r,] e il suo plurale assoluto rahamim [~ymix]r;] indicano la compassione e ladesione cordiale (cfr. Is 57,18; Os 11,8)25. La Bibbia greca invece usa i termini leos [] misericordia26; harisma [] dono misericordioso, e il termine haris [] che si traduce direttamente come grazia e appare concre-tamente riferito a Cristo (2Tim 1,9; Tit 2,11) e alle opere divine dellincarnazione e redenzione (2Cor 8,9; Gal 2,20-21)27. Questo ultimo termine considerato il pi importante:

    Charis [] significa dunque, secondo S. Paolo, il consiglio salvifico di Dio che, esistente in lui dalleternit, si manifestato ed divenuto efficace nella redenzione di Cristo, e per mezzo di Cristo continua ad adempire per tutto il corso della storia lopera della redenzione. Nelluso concreto questa voce esprime direttamente ora luno ora laltro di questi aspetti della salvezza cristiana, ma, indirettamente, anche tutti gli altri28.

    Il concetto di grazia, essenzialmente, lo stesso, sia in ambito veterotestamentario che in quello neotestamentario, com dimostrato dalla stretta continuit esistente tra la terminologia impiegata nel Nuovo Testa-mento e quella della tradizione ebraica. La novit neotestamentaria con-siste nel fatto che la grazia di Dio riceve ora un nome definitivo (Ges di Nazaret) e appare nel suo carattere pneumatologico universale e sovrano29. Nellannuncio profetico di Ges di Nazaret sul regno di Dio si compie la tradizione biblica della profezia della salvezza. Il regno di Dio annunciato un regno di grazia, deterna misericordia e amore divino, che nella persona di Ges Cristo diventa sperimentabile in forma personale.

    Laspetto universale si compie grazie allopera dello Spirito Santo attraverso cui la grazia divina si manifester nella sua pienezza agli occhi di tutto il mondo al ritorno del Signore (Tt 2,11.13). Dio Padre che opera per la salvezza umana in Ges Cristo diventa presente ed efficace nei singoli e nella comunit mediante lazione santificante-sanante dello Spirito (Rm 5,5). La salvezza manifestata in Ges Cristo assume una destinazione uni-versale (Gal 3,28), perch tutti hanno peccato e hanno bisogno della giustificazione e liberazione dal peccato (Rm 13). Con la sua venuta il Figlio d compimento alla Legge e allo stesso tempo porta la novit della sua persona. Il popolo dIsraele rimane il popolo eletto (Rm 911), ma il dono della grazia di Dio in Ges Cristo per tutti gli uomini (Rm 5,15). Si tratta di una nuova creazione che Dio Padre compie in Cristo (2Cor 5,17) e mediante le opere dello Spirito Santo:

    24 Cfr. H. WILDBERGER, tm,a/ E.mt, in ThHwAT, I, 201-209. 25 Cfr. H.J. STOEBE, ~xr hm pi. sich erbarmen, in ThHwAT, II, 761-768. 26 Cfr. R. BULTMANN, , , in ThWNT, II, 474-482. 27 Cfr. H. CONZELMANN W. ZIMMERLI, , , in ThWNT, IX, 363-397. 28 Il vangelo della grazia, 20-21. Cfr. anche K. BERGER, Grazia (I), 360-365. 29 B.J. HILBERATH, Dottrina della grazia, 15.

  • INTRODUZIONE 25

    Il Dio della grazia il Dio trino, Padre, Figlio e Spirito Santo; egli si rivolge in maniera definitiva a tutti gli uomini che non erano in grado di liberarsi dalla loro situazione disperata, perch pure la coscienza morale data da Dio e la legge concessa da Jahveh poteva solo mettere in luce il peccato universale; grazie allazione gratuita di Dio, che rende giusti i peccatori, gli uomini sono strappati alla morte, liberati per una nuova vita e una nuova creazione e abilitati a divenire, in virt dello Spirito, se stessi nella comunione con le loro sorelle e fratelli e con Dio30.

    2.3.2 Sviluppo storico-dogmatico

    Larticolazione ricca e profonda del pensiero biblico sulla salvezza, ha conosciuto un ulteriore sviluppo nella storia delle comunit cristiane e nelle successive formulazioni della teologia cristiana. Le formulazioni di epoca patristica si distinguono per il loro carattere peculiare: esse, infatti, nascono sempre da esperienze concrete. Grazie a unelaborazione storico-teologica dei temi salvifici, nasce una terminologia tecnica e appropriata capace di esprimere i vari aspetti del dono divino.

    Il termine grazia, uno dei pi importanti, esprime diversi aspetti della salvezza cristiana, anche se, per s, essa andrebbe riferita essenzialmente alla benevolenza di Dio verso la creatura31. Qui si deve distinguere la grazia increata che Dio stesso in quanto possiede un suo cuore benevolo verso le creature, dalla grazia creata che si riferisce, invece, ai doni che Dio elargisce come realt distinte da Se stesso. Tra questi ultimi si distinguono i doni naturali che appartengono alla natura e la costituiscono. Essi possono essere chiamati grazie in senso largo e vanno distinti dai doni sopran-naturali che non sono dovuti alla natura umana ma che la superano. Questi ultimi rientrano nellambito della grazia in senso stretto, o grazia sopran-naturale alla quale luomo partecipa e da cui viene divinizzato entrando in una nuova relazione personale con Dio. A questo punto si passa trattare nuovamente della grazia increata riferita a Dio stesso, alla Santissima Trinit che viene ad abitare nellanima32. A seconda del modo in cui la grazia agisce nelluomo, si distinguono diverse definizioni di grazia: la grazia esterna o interna, la grazia sanante e la grazia elevante. Questultima si chiama anche grazia santificante perch pone in modo permanente la persona stessa nello stato di figlio di Dio e la conduce a meritare la vita eterna. Non c una grazia in particolare che renda graditi a Dio (gratia gratum faciens) perch ogni grazia, in quanto riguarda lutilit delluomo che la riceve, mira al bene della persona e quindi ad avvicinarla a Dio. La grazia gratuitamente concessa (gratia gratis data) data principalmente per lutilit degli altri e si chiama carisma.

    30 B.J. HILBERATH, Dottrina della grazia, 19. 31 Cfr. Il vangelo della grazia, 21-23. 32 Cfr. Il vangelo della grazia, 22.

  • 26 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    Nella storia della teologia il tema della salvezza sempre stato collegato al tema della libert umana e del suo rapporto con la grazia salvifica di Dio33. Nei primi secoli del cristianesimo, i primi grandi teologi della Chiesa (Ireneo di Lione, Tertulliano, Origene) lottavano contro le tendenze dualistiche degli gnostici e la loro falsa dottrina sulla divinizzazione la quale particolaristica quanto alla salvezza, astorica e fisica ed elimina, pertanto, la libera accettazione, da parte delluomo, della libera grazia di Dio in favore di una storia cosmologica di Dio stesso34. Partendo dalla dottrina paolina sulla redenzione nella forma di anakephalaiosis [-/recapitulatio], i primi Padri della Chiesa svilupparono la dottrina sulla grazia annunciando Cristo come unico redentore (Ef 1,10)35. La dottrina dei Padri e i primi concili della Chiesa, procedendo dai risvolti dottrinali presenti in Paolo e Giovanni e servendosi dei concetti di filiazione divina (Gal 4,4-7; 1Gv 3,1-2)36 e dinabitazione dello Spirito Santo nelluomo redento (Rm 8,11; 2Tim 1,14; 2Pt 1,4), hanno dato inizio alla dottrina cristiana della salvezza legandola ai misteri di Cristo37.

    La tradizione occidentale stata profondamente segnata dallinsegna-mento di santAgostino al quale stato dato il titolo di dottore della grazia. La sua dottrina, che prende alcuni spunti da Tertulliano, animata da un forte intento antipelagiano e tratta in modo speciale del rapporto che intercorre tra la natura umana e la grazia di Cristo. Laccento messo sulla grazia come forza divina interiore che guarisce e santifica luomo, creando in lui una nuova inclinazione, una nuova forza che lo libera per renderlo capace di amare veramente. in questa esperienza interiore della grazia che si articola lesperienza di salvezza delluomo: la dottrina della salvezza con Agostino diventa una vera teologia della grazia38.

    La tarda patristica e il primo medioevo teologico, aderendo alla dottrina di Agostino e a quella del Secondo sinodo di Orange (529) superano, contro il predestinazionismo, la dottrina di una volont salvifica puramente particolare la quale, ancora prima della colpa, esclude positivamente molti dalla salvezza39. Nella teologia scolastica, con la cos detta eredit platonico-agostiniana, nasce un secondo orientamento quello aristo-telico-tomista, che introduce nella dottrina della salvezza una prospettiva ontologica della grazia. La natura umana viene non soltanto risanata dal

    33 La teologia della grazia (De gratia) la parte di unantropologia teologica che si occupa delluomo redento e giustificato. K. RAHNER, Grazia, teologia della, 389.

    34 Cfr. K. RAHNER, Grazia, teologia della, 392. 35 Il primo esempio di questa dottrina lo troviamo proprio in Ireneo di Lione. Cfr. cap.

    II, soprattutto par. 2.2.2 di questo lavoro. 36 Cfr. AH, V, 32,2; 34,3. 37 Cfr. J. AUER, Grazia (II), 366-367. 38 Cfr. F. ARDUSSO, La salvezza delluomo, 1-5. egli il grande dottore della Chiesa

    sul peccato originale, sulla non meritabilit della grazia, e della predestinazione alla beatitudine e di una psicologia della grazia. K. RAHNER, Grazia, teologia della, 393.

    39 Cfr. K. RAHNER, Grazia, teologia della, 393; DH 330-339.373-400.596.621-633.

  • INTRODUZIONE 27

    peccato, ma anche elevata alla comunione con Dio. Il battesimo descritto come lavacro di rinnovamento (Tit 3,4-7) che inserisce luomo in Cristo e che causa, in virt dello Spirito Santo, un cambiamento nellindividuo. Luomo viene intrinsecamente trasformato, in senso ontologico, attraverso una nuova nascita che deriva da Dio stesso: non da sangue, n da volere di carne, n da volere delluomo, ma da Dio (Gv 1,13). La grazia santificante viene considerata una qualit soprannaturale che perfeziona ed eleva la natura verso il fine proprio, cio la beatitudine, nel senso del godimento-partecipazione della Trinit40.

    Dalla dottrina di Tommaso41in poi sono sorte dispute teologiche attorno al tema del rapporto fra grazia e libert delluomo, fra merito e giusti-ficazione, che si sono perpetuate nel confronto tra i riformatori e il Concilio di Trento42 e nella controversia scolastica fra i domenicani (tomismo di Baez) e i gesuiti (molinismo L. de Molina)43, finch non si estinguono allinizio del XVII secolo. In reazione alle dottrine erronee di Baio e Giansenio, per, nella teologia neotomista, influenzata dallaristotelismo, ritorna la problematica del duplice fine: naturale e soprannaturale44. La natura umana, in quanto compiuta in s, possiede il suo proprio fine naturale, mentre la salvezza umana considerata come una realt che viene ad aggiungersi estrinsecamente alla natura delluomo45. Questa proble-matica, nella prima met del XX secolo diventer nuovamente attuale con una nuova accentuazione dellaspetto della storia salvifica e della visione personalistica della grazia46. Le opere degli autori di questo periodo (R.

    40 Cfr. ARDUSSO, La salvezza delluomo, 5-6. 41 Cfr. S. Th. I-II, q. 113-114. 42 Aderendo alla dottrina pi biblica sulla grazia, il Concilio di Trento con il Decreto

    sulla giustificazione ha condannato le dottrine dei riformatori. Cfr. DH 1520-1583. La dottrina riformatoria dellassoluta corruzione delluomo a causa del peccato, riaffiorata nel baianismo (DH 1901-1980), nel giansenismo (DH 2001-2008.2010-2012.2301-2332) e in B. Quesnel (DH 2401-2502), fu respinta dai teologi gesuiti del tempo che svilupparono nuovi concetti sussidiari (desiderium supernaturale, potentia oboedientialis, natura pura). Cfr. J. AUER, Grazia (II), 370, ATM, 39-126; cap. I, par. 1.2 di questo lavoro.

    43 Mentre il tomismo voleva salvaguardare soprattutto la causalit universale del Dio creatore come causa prima (praemotio physica) nelloperare delle creature, il molinismo volava salvare in questa dottrina la libert sia delluomo che di Dio (concursus simultaneus). J. AUER, Grazia (II), 370.

    44 Sui relativi riferimenti di Tommaso ad Aristotele, cfr. S. Th., I, q. 62, a. 1 (Ethic X, cc. 7-8); S. Th., I-II, q. 3, a. 2 ad 4m (Ethic I, c. 10); q. 3, a. 5 (Ethic X, cc. 7-8); q. 62, a. 1 (Ethic I, c. 10). Cfr. anche S. Th., I, q. 65, a. 2 ad 2m. Per la corrispondente interpretazione lubachiana della dottrina di Tommaso, cfr. H. de LUBAC, Duplex hominis beatitudo, 290-299; S, 117-120.456-457; ATM, 217-221; MS65,167-174; G. COLOMBO, Il problema del soprannaturale negli ultimi cinquantanni, 578-598; cap. I, par. 1.1 di questo lavoro.

    45 Cfr. cap. I, par. 1.2 di questo lavoro. 46 Rahner afferma a proposito: La teologia odierna si sforza di impiegare concetti pi

    personalistici nella dottrina della grazia, tende a creare una unit fra natura e grazia, senza oscurarne la differenza, e una maggiore comprensione della dottrina biblica sulla grazia e della teologia della Riforma. K. RAHNER, Grazia, teologia della, 394.

  • 28 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    Guardini, K. Rahner, K. Barth...), tra cui si colloca anche lo scritto Surnaturel di de Lubac, hanno ridato attualit alla questione del sopran-naturale47. Il Concilio Vaticano II, evitando lo spirito delle dispute e delle contrapposizioni storico-teologiche unilaterali, cerca di guardare insieme, in una visione complessiva della salvezza, le diverse possibilit e i giusti punti di partenza, gli elementi e gli indirizzi della dottrina della grazia48.

    2.4 Dottrina sulla divinizzazione

    Gi dai primi secoli del cristianesimo il tema della divinizzazione era legato al concetto cristiano di salvezza e alla dottrina della grazia49. Nella Sacra Scrittura la divinizzazione non indicata esplicitamente, ma in essa si possono trovare i fondamenti sui quali si sviluppata la dottrina della salvezza come divinizzazione partecipazione alla natura divina, trasfor-mazione della natura umana attraverso la grazia donata in Cristo dallo Spirito Santo. La dottrina sulla divinizzazione presente in modo eminente soprattutto nella teologia dei Padri orientali, tanto da rappresentare la principale diversit dellapproccio teologico e filosofico delineatosi tra Oriente e Occidente cristiano.

    2.4.1 Partecipi della natura divina

    Secondo la testimonianza della Sacra Scrittura, la realt della divinizzazione delluomo comincia a realizzarsi fin dalla sua creazione ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26). Essa, nonostante lostacolo del peccato, assume nellesperienza ebraica la forma della figliolanza adottiva (Dt 14,1; Sal 73,15; 82, 6), finch non raggiunge il suo compimento nel Nuovo Testamento, nelladozione filiale donata da Cristo nello Spirito Santo50. Le affermazioni neotestamentarie che esprimono questa consape-volezza delladozione filiale sono molto chiare. Le incontriamo nel lieto annuncio di Ges che presenta Dio come il vostro Padre che nei cieli (Mt 6,1; 7,11; Mc 11,25; Lc 11,2.13), negli scritti di Paolo e Giovanni che

    47 Sul significato teologico dei termini natura, natura pura e soprannaturale, e sul

    significato particolare del termine soprannaturale negli scritti di de Lubac, cfr. cap. I, sez. 1. di questo lavoro.

    48 Cfr. J. AUER, Grazia (II), 370. 49 Clemente dAlessandria diede alla dottrina platonica della divinizzazione delluomo

    (Theait. 176 ab) uninterpretazione cristiana (2Pt 1,4), in particolare con la verit dellinabitazione dello Spirito Santo (Rm 8,11; 2Tim 1,14). J. AUER, Grazia (II), 366. Cfr. I.-H. DALMAIS G. BARDY, Divinisation, 1376.1378. Nei vari dizionari e manuali della teologia, la dottrina della divinizzazione viene indicata come parte della dottrina sulla grazia. Cfr. Ibid., 1370-1459. Alcuni aspetti della dottrina cristiana della divinizzazione determinata dai concetti paolini della filiazione adottiva, della trasfigurazione e trasformazione interiore delluomo per mezzo della grazia di Cristo, li incontriamo anche in Ireneo e de Lubac. Cfr. cap. I, sez. 1., par. 2.3, 4.2 e cap. II, par. 2.3 di questo lavoro.

    50 Cfr. B. SESBO, Ges Cristo, I, 226-227.

  • INTRODUZIONE 29

    collegano la realt della vita del Figlio di Dio con la realt di coloro che credono in Lui (Rm 8,29; Gal 3,26; 4,6-7; Gv 1,12; 1Gv 3,1-2) e nellesperienza di una nuova nascita per mezzo della fede (1Pt 1,3) mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo (Tt 3,5). Si tratta di una nuova nascita che si riceve con il battesimo, che immerge nella morte di Ges per far rinascere alla vita nuova (Rm 6,4-8), libera dal peccato (1Gv 1,39) e sostenuta dal dono dello Spirito (At 2,38). Attraverso il battesimo luomo diventa una nuova creazione (Gal 6,15), spogliato delluomo vecchio e rivestito delluomo nuovo (Col 3,9-10). La vita nuova la partecipazione alla natura divina (2Pt 1,4), la partecipazione alla vita trinitaria stessa in unione con Ges Cristo nostro Signore (Rm 6,23). Il testo classico in cui si afferma la partecipazione alla natura divina da parte delluomo in Cristo 2Pt 1,3-7:

    la sua potenza divina che ci ha fatto dono di tutto quello che ci serve per la vita e la piet, in una conoscenza approfondita di colui che ci ha chiamati in virt della propria gloria e della propria forza, poich ci stato fatto il dono di promesse valide ed eccezionali, in modo che diventaste per mezzo di esse partecipi della natura divina, fuggendo la corruzione che si trova nelle passioni sfrenate del mondo. E proprio per questo, mettendo in atto tutta la vostra diligenza, attingete la virt alla fede, la conoscenza alla virt, lautodominio alla conoscenza, la costanza allautodominio, la piet alla costanza, la carit fraterna alla piet, l amore alla carit fraterna.

    I doni che Dio ha fatto ai cristiani tendono a renderli partecipi della natura divina nel senso che i cristiani acquistano attributi propri di Dio solo51. Parallelamente al testo di 2Pt, anche in 1Pt 5,1, si afferma la partecipazione alla natura divina non intesa esclusivamente in senso escatologico, ma indica la partecipazione attuale alla gloria di Cristo52.

    La visione delluomo come creatura chiamata alla vita divina, alla comunione con le persone divine riaffermata in modo centrale, a proposito della salvezza, anche dal Concilio Vaticano II. Il Concilio evita la termi-nologia di naturale-soprannaturale e ripropone il linguaggio biblico e patristico53. Similmente troviamo che, nellenciclica Redemptoris missio di papa Giovanni Paolo II, si parla della salvezza cristiana come autocomuni-cazione di Dio e partecipazione alla vita trinitaria: La salvezza in Cristo, testimoniata e annunziata dalla chiesa, autocomunicazione di Dio: lamore che non soltanto crea il bene, ma fa partecipare alla vita stessa di Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo. Infatti, colui che ama, desidera donare se stesso54.

    51 Cfr. 1Cor 15,53-54; AH, V, 1,1; 7,1; 10,2; 13,3. 52 Cfr. M. FLICK Z. ALSZEGHY, Fondamenti di una antropologia teologica, 285-286. 53 Cfr. ARDUSSO, La salvezza delluomo, 19. 54 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio, 7, dove si fa riferimento allenciclica

    Dives in misericordia dello stesso papa.

  • 30 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    2.4.2 Testimonianza della tradizione Come nella Sacra Scrittura, cos anche nella tradizione della Chiesa

    antica, la dottrina sulla divinizzazione prende le mosse dalla creazione delluomo a immagine di Dio e si sviluppa nei grandi argomenti sote-riologico-dogmatici55. Si entra nellambito del tema della grazia divina e il tema della salvezza umana portata da Ges Cristo come divinizzazione delluomo in virt del dono dello Spirito Santo56.

    La differenza tra la tradizione cristiana e il pensiero pagano che nellambito cristiano la divinizzazione considerata come un dono gratuito: non dipende dallo sforzo delluomo. Luomo pu divenire Dio per partecipazione, cio pu ricevere in parte e per dono le prerogative della vita di Dio: libert, santit, giustizia, amore, immortalit e incorruttibilit57. Invece, per le tradizioni pagane, la divinizzazione frutto duno sforzo umano, tematizzato nella ricerca filosofica. Per questa ragione, nella tradizione cristiana occidentale, il linguaggio della divinizzazione stato sempre evitato per non evocare risonanze negative58. NellOriente cristiano, particolarmente nei Padri greci, la divinizzazione era considerata come sinonimo di adozione filiale e si sviluppata in relazione al significato di immagine e somiglianza59.

    Ci sono due modalit con cui intendere il senso dellessere a immagine e somiglianza: secondo la prima, questi due aspetti sono inscindibili e cos come immagine e somiglianza sono state date insieme, allo stesso modo, una volta perdute, esse vanno riconquistate insieme. Secondo la seconda modalit, invece, occorre cogliere la distinzione esistente tra l immagine e la somiglianza a partire dai testi biblici di Gn 1,26 e Gn 1,27. Nel secondo passo della Genesi, infatti, non si menziona la somigli-anza, ma soltanto la creazione delluomo a immagine di Dio. A causa di questa piccola differenza, alcuni Padri ritenevano che luomo dovesse passare dallimmagine alla somiglianza con laiuto della grazia divina, vale a dire per mezzo dellinabitazione dello Spirito Santo nelluomo divinizzato. Nel pensiero patristico il concetto di immagine e somiglianza era collegato al mistero dellincarnazione del Verbo. Dopo il peccato luomo perde la somiglianza, ma l immagine rimane. SantIreneo coglie e afferma la reciprocit dellimmagine delluomo con Cristo: Se luomo

    55 Dalle stesse citazioni bibliche, Gn 5,1 e 5,3, si evidenzia che luomo stato creato a

    immagine e somiglianza di Dio, ma non Dio. Cfr. L.F. LADARIA, Antropologia teologica, 146-147.

    56 Cfr. DH 3005; LG 2; DV 6; GS 21; AG 2; I.-H. DALMAIS G. BARDY, Divinisation, 1376; J. ALFARO, Natura, 571; B. SESBO, Ges Cristo, I, 230.

    57 B. SESBO, Ges Cristo, I, 230. 58 Cfr. I.-H. DALMAIS G. BARDY, Divinisation, 1389-1398. 59 Cfr. I.-H. DALMAIS G. BARDY, Divinisation, 1370-1389; B. SESBO, Ges

    Cristo, I, 231.

  • INTRODUZIONE 31

    fatto a immagine di Dio, ci vuol dire che egli a immagine di Cristo60. Con il mistero dellincarnazione Cristo restituisce la somiglianza perduta e compie la salvezza umana. A partire dal IV secolo la distinzione tra limmagine e la somiglianza si perde e la stessa tradizione patristica, da san Gregorio Nisseno ad Agostino, usa entrambi i termini con lo stesso significato61. Passando attraverso le riflessioni dello Pseudo-Dionigi e di Massimo il Confessore, ritroviamo nel Medioevo unaccezione comune ai due termini presso i grandi autori monastici che sviluppano una concezione spirituale e mistica dellimmagine e somiglianza.

    I grandi argomenti soteriologici collegano la dottrina della divinizzazione alla fede battesimale che introduce luomo al mistero e alla comunione con la vita Trinitaria. I Padri della Chiesa partendo dalla Sacra Scrittura trattano dello scambio salutare operato dal Verbo che si fatto uomo perch luomo possa diventare figlio di Dio62. Nellunione ipostatica di Cristo la natura divina opera la divinizzazione della natura umana e i sacramenti che procedono dalla grazia dellunione ipostatica portano la salvezza divinizzatrice. La stessa dottrina viene affermata nel Catechismo della Chiesa Cattolica:

    Il Verbo si fatto carne perch diventassimo partecipi della natura divina (2 Pt 1,4): Infatti, questo il motivo per cui il Verbo si fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio delluomo: perch luomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo cos la filiazione divina, diventasse figlio di Dio. Infatti il Figlio di Dio si fatto uomo per farci Dio. Unigenitus [...] Dei Filius, Suae divinitatis volens nos esse participes, naturam nostram assumpsit, ut homines deos faceret factus homo Lunigenito [...] Figlio di Dio, volendo che noi fossimo partecipi della sua divinit, assunse la nostra natura, affinch, fatto uomo, facesse gli uomini dei63.

    La teologia cattolica contemporanea, a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso, volendo superare la concettualizzazione scolastica e liberare la teologia della grazia e della salvezza da un pesante estrinsecismo, tornata alle categorie bibliche e alla patristica greca. Ha ricominciato ad affermare il cristocentrismo e il rapporto personale con Dio attraverso il dono personale dello Spirito Santo che la causa formale della diviniz-zazione delluomo64. Il richiamo ai fondamenti biblici, sui quali si sviluppa

    60 B. SESBO, Ges Cristo, I, 232. Cfr. cap. II, par. 1.1 di questo lavoro. 61 Cfr. MS65, 157-158; L.F. LADARIA, Luomo creato a immagine di Dio, 81-103; J.

    ALFARO, Cristologia e antropologia, 272. 62 Cfr. B. SESBO, Ges Cristo, I, 237-238, dove si trovano riferimenti alle formule

    patristiche di Ireneo, Origene, Atanasio, Gregorio Nisseno e Giovanni Cristosomo; L.F. LADARIA, Destino delluomo e fine dei tempi, 371; cap. II, sez. 2. di questo lavoro.

    63 Cfr. CCC, 460, dove si fa riferimento a Ireneo di Lione, Atanasio di Alessandria e Tommaso dAquino.

    64 Cfr. ARDUSSO, La salvezza delluomo, 8-9.

  • 32 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    la dottrina della divinizzazione, diventato sempre pi il punto di partenza imprescindibile per poter intraprendere una nuova riflessione.

    2.5 Tra Oriente e Occidente

    Per le ragioni gi menzionate sopra, la teologia latina parla poco della divinizzazione e, richiamandosi agli elementi offerti dal Nuovo Testamento, soprattutto dagli scritti paolini e dalla teologia giovannea, preferisce il vocabolario della grazia65. La diversit sta anche nella diversa accentuazione del significato della grazia nella vita delluomo. Gli orientali individuano il ruolo della grazia soprattutto nella possibilit che essa offre di divenire partecipi degli attributi divini, mentre gli occidentali considerano piuttosto la grazia come un aiuto per uscire dal peccato. In realt, in entrambi i casi, la grazia un aiuto divino che risponde alla situazione delluomo, per, le due prospettive teologiche divergono per linterpretazione della situazione umana. Inoltre:

    la teologia occidentale si preoccupa di pi dellantropologia della grazia, cio delle condizioni di possibilit e della modalit della nostra unione con Dio presenti in noi stessi. Per questo motivo essa insiste di pi sulla grazia creata che non su quella increata. Sotto la sua astrazione questultima espressione indica molto semplicemente linabitazione trinitaria in noi, inabitazione che si realizza col dono dello Spirito. Invece la grazia creata indica la parte di noi che stata trasformata e adattata in vista della ricezione di questo dono. Si tratta di un effetto soprannaturale prodotto nellanima da Dio, che agisce in noi come causa efficiente della nostra santificazione, mentre la grazia increata si comunica a noi cos comessa in se stessa66.

    Un altro punto di divergenza teologica sui temi della salvezza e della grazia tra Occidente e Oriente, quello concernente alcuni aspetti della dottrina sulla giustificazione. Gli orientali, infatti, nella dottrina sulla giustificazione non pongono laccento sulla distinzione tra la natura e la sopranatura, ma includono nella natura anche ci che fa lo Spirito Santo nelluomo, configurandolo progressivamente a Dio67. Gli occidentali invece vedono nella giustificazione un ritorno delluomo al suo splendore originale68. Gli orientali dunque sinteressano pi al problema del divenire,

    65 Cfr. I.-H. DALMAIS G. BARDY, Divinisation, 1389-1398. 66 Sesbo aggiunge: La grazia santificante presenta quindi per noi una doppia faccia,

    increata e creata, che bisogna guardarsi dal separare come due cose. ID., Ges Cristo, I, 247-248. Sul rapporto tra grazia increata e la grazia creata nella divinizzazione vedi: M. FLICK Z. ALSZEGHY, Fondamenti di una antropologia teologica, 299-301.

    67 Cfr. Il vangelo della grazia, 602. 68 Tandis que la thologie grecque dveloppe avant tous les autres le concept de la

    divinisation, la thologie latine sattache prouver que les hommes, rachets par Jsus-Christ, retrouvent, par le moyen de ce rachat, la grce que leur avait fait perdre la faute de leurs premiers parents. Deux textes rsument en quelque sorte cette ide. Le premier est de saint Irne (AH, III, 19,1), lautre de saint Athanase (De Incarnatione Verbi 54). Ils ont t

  • INTRODUZIONE 33

    mentre gli occidentali si concentrano sullessere, sui vari doni che il giusto riceve nella giustificazione:

    Lidea della deificazione, ottenuta per mezzo dei sacramenti, una della dottrine centrali della chiesa orientale. Nella teologia occidentale invece, questaspetto della giustificazione non messo molto in rilievo, bench anche i Padri e dottori della chiesa occidentale affermino occasionalmente che luomo nella giustificazione acquista unaffinit speciale con Dio, inaccessibile alle creature69.

    Considerando la finalit delluomo, lOriente vede nella divinizzazione la realizzazione delluomo creato ad immagine di Dio. Limmagine qui non qualcosa che si aggiunge dallesterno, ma ci che costituisce luomo come un essere che partecipa dellessere stesso di Dio. La divinizzazione il passaggio delluomo dallimmagine alla somiglianza con Dio, che si svolge lungo un processo senza fine, perch Dio creatore sempre pi grande della sua creatura70. Il fine delluomo in Occidente, invece, viene individuato nella beatitudine che si raggiunge attraverso la grazia concepita come partecipazione alle operazioni divine con le quali il cristiano reso operante come Dio stesso (elevazione soprannaturale)71.

    Sullo sfondo delle differenze esistenti tra le due tradizioni si delineano i rispettivi punti di partenza delle due tradizioni e le tradizioni filosofiche a cui esse indicativamente si ispirano: in Occidente ci si ispira alla filosofia aristotelica e in Oriente a quella platonica. Questi due differenti influssi filosofici hanno ispirato due differenti modi di concepire il rapporto uomo-Dio72. Gli orientali, sotto linflusso platonico, concepiscono lessere come partecipazione a Dio e intendono la grazia come ci che costituisce limmagine di Dio nelluomo. La natura viene cos concepita come ci che permette la partecipazione a Dio, e la grazia come quella realt increata e divina che rende luomo simile a Dio. A questo concetto orientale conviene il linguaggio della divinizzazione. Gli occidentali invece, sotto linflusso aristotelico, considerano le cose come a s stanti e fornite di una consistenza propria, e considerano anche la grazia come un elemento nuovo e aggiuntivo della natura umana. LOccidente preferisce parlare di attivit, cits plus haut. I.-H. DALMAIS G. BARDY, Divinisation, 1393. Cfr. Il vangelo della grazia, 602; cap. II, par. 2.3 di questo lavoro.

    69 Cfr. Il vangelo della grazia, 547. 70 Cfr. Y. SPITERIS, Il linguaggio della divinizzazione, 91. 71 Cfr. Y. SPITERIS, Il linguaggio della divinizzazione, 92. Sulla dottrina della

    partecipazione della natura divina, concessa alluomo nellistante della giustificazione vedi: Il vangelo della grazia, 532-560, dove troviamo laffermazione: La partecipazione del giusto alla natura divina, non stata mai definita dalla chiesa. Per, questa dottrina si trova esplicitamente affermata nelle fonti della rivelazione, ed insegnata dalla chiesa, come appartenente alla fede. Il fatto dunque di questa partecipazione, deve dirsi di fede divina e cattolica. Sarebbe dunque un errore contro la fede, negare la partecipazione del giusto alla natura divina, o spiegarla in un modo puramente metaforico. Ibid., 553.

    72 Cfr. Y. SPITERIS, Il linguaggio della divinizzazione, 90-94.

  • 34 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    di ordine di operazioni, e deve quindi servirsi di un linguaggio in grado di spiegare la grazia nel suo agire nelluomo (grazia elevante e santificante).

    Come possiamo vedere, tra Oriente e Occidente, vi sono diversit sia nel linguaggio che nelle visioni teologiche ma ci non significa che non ci siano punti in comune. Il fondamento comune ad entrambe le tradizioni, , infatti, laffermazione dottrinale dellunica natura umana divenuta partecipe della natura divina (2Pt 1,4)73. Nei capitoli successivi di questo lavoro, vorremmo presentare le dottrine di Ireneo di Lione e di Henri de Lubac nella loro sostanziale consonanza con lelaborazione dottrinale compiuta dalla tradizione comune della Chiesa in merito ai temi principali riguardanti luomo e la sua salvezza: Dio ha creato luomo per renderlo partecipe della sua vita e della sua gloria74, e ha creato il mondo per sottometterlo a questo fine lincontro tra Dio e luomo75. Questa verit viene espressa da Ireneo mediante lo sviluppo del concetto paolino di ricapitolazione in Cristo di tutta la creazione76, mentre de Lubac la riprende nella sua dottrina sul soprannaturale e la tratta servendosi del concetto del desiderium naturale. Egli giunge cos ad affermare che luomo desiderio di Dio77, perch luomo non pu vivere che per la visione di Dio, e questa visione di Dio dipende assolutamente dal beneplacito divino78. Nei capitoli successivi vedremo dunque come Ireneo e de Lubac, ognuno nel contesto del tempo in cui visse e secondo una modalit peculiare, affermano entrambi lunicit della natura umana e lofferta universale della salvezza in Cristo, salvando lassoluta gratuit della grazia dottrina comune delle Chiese.

    73 Cfr. Il vangelo della grazia, 602. 74 Cfr. AH, IV, 14,1. 75 Cfr. AH, IV, 7,4; 20,4; V, 29,1. 76 Cfr. cap. II, par. 2.2.2 di questo lavoro. 77 Cfr. S, 483-493; cap. I, par. 2.3 di questo lavoro. 78 Cfr. AH, IV, 20,5.7; MS49, 134; cap. II, parr. 2.3 e 3.2 di questo lavoro.

  • CAPITOLO I

    DOTTRINA DEL SOPRANNATURALE

    IN HENRI DE LUBAC

    Henri de Lubac, gesuita, nato il 20 febbraio 1896 a Cambrai in Francia, morto il 4 settembre 1991 a Parigi, insegn teologia fondamentale e storia delle religioni dal 1929 al 1950 presso le Facolt Cattoliche di Lione e contemporaneamente, dal 1935 al 1940, tenne corsi occasionali presso la Facolt Teologica dello Scolasticato gesuita di Fourvire dove era membro del corpo docente1. Fu promotore e collaboratore di due notevoli collane: Sources chrtiennes, la collana di testi patristici iniziata in collaborazione con Danilou nel 1942 presso le edizioni Cerf di Parigi, e la collana di monografie teologiche Thologie, iniziata nel 1944 presso l'Aubier-Montaigne di Parigi sotto la direzione della Facolt di Teologia di Lione-Fourvire.

    Due opere di de Lubac, Corpus Mysticum (1944) e Surnaturel (1946), diedero un notevole contributo alla querelle teologica sorta in quel periodo in Francia con la pubblicazione di articoli e di opere teologiche nella collana Thologie2 e nelle riviste francesi Revue Thomiste e tudes. Fu questo linizio di quel rinnovamento teologico che and sotto il nome di Nouvelle Thologie3. Tra gli studi fondamentali di questo movimento nota lintro-duzione di de Lubac alla traduzione francese delle Omelie sulla Genesi di Origene, pubblicata nella collana Sources chrtiennes (SC 7). Il suo nome appare nelle pubblicazioni delle collane menzionate insieme a Danilou, von Balthasar, Bouillard, Fessard, Rondet, Marrou, Hugo Rahner e altri grandi nomi, la maggioranza dei quali provenienti dalla Compagnia di

    1 Cfr. R. GIBELLINI, La teologia del XX secolo, 192-201. Per sapere di pi sulla vita e

    sul pensiero di Henri de Lubac in generale, suggeriamo: A. RUSSO, Henri de Lubac e J.-P. WAGNER, Henri de Lubac.

    2 Cfr. R. GIBELLINI, La teologia del XX secolo, 192. 3 Il rinnovamento teologico promosso dai gesuiti francesi, che mirava a superare la

    strozzatura di una teologia scolastica che aveva perduto il contatto con le fonti e si chiudeva al confronto con le correnti del pensiero contemporaneo. Cfr. R. GIBELLINI, La teologia del XX secolo, 192.

  • 36 IL MISTERO DELLA SALVEZZA CRISTIANA

    Ges e tutti protagonisti del rinnovamento della teologia di questo secolo. Ricorrono anche i nomi del filosofo Maurice Blondel e del paleontologo ge-suita Pierre Teilhard de Chardin, ritenuti ispiratori della Nouvelle Thologie4. Essa si sviluppa attorno a certe indicazioni fondamentali, fra le quali:

    il ritorno alle fonti (Scrittura, Tradizione patristica, Liturgia) ed alla storia (ristabilire il legame della visione storica dei Padri con quella dei contemporanei); unattenzione alle influenze filosofiche, per una teologia viva arricchita dal contatto con il pensiero contemporaneo; una teologia capace di illustrare ai contemporanei il senso della loro vita, dispiegando una visione totale delluomo cristiano; un recupero delluniversalismo in rapporto alle culture ed ai popoli5.

    Lo sforzo fondamentale di de Lubac, nel ruolo di testimone della Tradizione, consistette nel far meglio conoscere e quindi anche meglio giudicare e meglio amare i tesori della grande Tradizione cattolica6. Lo afferma la sua grande opera Catholicisme (1938) considerata un libro programmatico, punto di riferimento delle successive opere fondamentali di de Lubac7. Egli non identificava la cattolicit con lunilateralit, ma cercava una sintesi fra concetti diversi, apparentemente opposti. Secondo lautore francese, la teologia simbolica patristica e la teologia dialettica della grande scolastica sono metodologie destinate a fecondarsi recipro-camente e prospettive destinate ad inserirsi nel pi vasto orizzonte della cattolicit8. In questo spirito, per ricuperare le teologie su menzionate allampiezza della cattolicit, de Lubac studi diversi autori cristiani controversi come Origene, Pico della Mirandola, Teilhard de Chardin e Blondel9.

    Lopera di de Lubac, che rispecchia la sua profondit intellettuale, si estende dalla Patristica alla Storia del Dogma, dal problema dellateismo a quello della salvezza e del fondamento delle missioni, dalla Teologia della grazia allEcclesiologia, dallEucaristia al problema del senso delle Scritture alla Tradizione10. Le sue opere hanno un carattere storico-teologico e rivelano la sua capacit di scrivere con uno stile improntato alloggettivit,

    4 Sullinflusso di Blondel e Teilhard de Chardin, insieme agli altri amici e maestri,

    come J. Huby, J, Marchal, A. Valensin, . Gilson, Y. de Montcheuil, G. Fessard, J. Danilou, H.U. von Balthasar, H. Bouillard, al pensiero e allo sviluppo teologico di de Lubac, cfr. J.-P. WAGNER, Henri de Lubac, 29-46.

    5 Cfr. I. MORALI, Henri de Lubac, 14. 6 Cfr. H. de LUBAC, Nota dellAutore e sua presentazione del piano dellopera nei

    volumi della traduzione italiana dellOpera omnia dellautore. 7 Cfr. R. GIBELLINI, La teologia del XX secolo, 196. Sulla possibile classificazione delle

    opere di de Lubac cfr. Hercsik, 27-34. 8 R. GIBELLINI, La teologia del XX secolo, 196.