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Il nostro sogno è contribuire a creare un mondo...Il nostro sogno è contribuire a creare un mondo in cui regni l’uguaglianza di genere. Un mondo in cui qualsiasi espressione di

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Il nostro sogno è contribuire a creare un mondo in cui regni l’uguaglianza di genere. Un mondo in cui qualsiasi espressione di genere sia tratta-ta allo stesso modo. Il percorso per trasformare questo sogno in realtà è lungo, tortuoso e, come tutti i cambiamenti, può far paura. Per molte per-sone un mondo in cui regni la totale uguaglianza di genere è difficile anche soltanto da immaginare. Come è possibile creare qualcosa che non si riesce nemmeno a immaginare? Come si fa a prefiggersi un obiettivo se non si sa nemmeno come descriver-lo? Ho chiesto ai nostri collaboratori di illustrare la loro versione di un mondo in cui regna la pie-na uguaglianza di genere. I risultati ottenuti sono stati i più disparati, ma tutti mostravano una cosa in comune: il vero cambiamento deriva sempre da un’azione collettiva. Abbiamo bisogno del contri-buto di tutti. Il cambiamento inizia con un segnale e si verifica quando permettiamo ai sogni di far spazio all’unione e alla condivisione. ADAM ELI

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DI JAMIE

NON TEMERE DI MOSTRARE CHI SEI

Molte persone credono che l’identità sessuale debba avere confini ben precisi e limitati. Deve es-sere maschile o femminile. Rosa o azzurro. Cises-suale o transgender. Sicuro o pericoloso. Amore o odio. Ma il genere è molto di più. Il genere è un concetto tanto poliedrico e sagace che il dualismo che comunemente lo definisce non è altro che un mito. Il sesso si modifica, si sviluppa e si trasfor-ma costantemente e il suo fascino risiede proprio nella sua continua evoluzione. Il genere definisce se stesso attraverso il proprio carattere distintivo e il fascino intrinseco che lo caratterizza. Il genere rappresenta ciò che uno si sente di essere. O de-sidera essere. O vuole essere. Il futuro di genere sarà la testimonianza di un grande cambiamento che si identifica nel motto: “NON IMPORTA CHI TU SIA, NOI TI AMIAMO COMUNQUE”. Vorrei che ti schierassi mostrando interesse e partecipando in modo attivo. Vorrei che fossi pronto a consolar-mi quando sono triste e a sostenermi quando sono felice; a gioire quando sono euforic* e soprattutto pronto a proteggermi quando sono in difficoltà.

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Il futuro dell’uguaglianza di genere è un luogo dove l’empatia regna sovrana. Un luogo in cui smettere di preoccuparci esclusivamente di noi stessi e dedicare corpo, cuore e mente al prossimo. Un luogo in cui la gente ci identifica per la nostra personalità e il no-stro spirito, piuttosto che per l’aspetto e le etichette che ci vengono imposte. Le persone si ricordano di noi perché siamo arguti, intelligenti, appassionati, devoti e per tutte le qualità che ci rendono esseri umani e complessi. Per molti l’identità di genere costituisce un aspetto essenziale della propria vita e non c’è nulla di male in questo. Lasciamo che il genere assuma l’importanza che desidera. Gli conce-diamo di rifluire e scorrere, di crescere e modificarsi in base alle nostre azioni, come un’ombra silenziosa e affascinante. Tuttavia è arrivato il momento di diri-gerci verso un luogo dove possiamo connetterci a un livello superiore. Un tempo in cui possiamo ricono-scere la felicità del prossimo ed essere presenti per gli altri, con la consapevolezza che in questo modo tutto è più semplice. Che siamo più al sicuro. Che finalmente possiamo essere chi siamo veramente.

GENERE: CAMBIAMENTO, EVOLUZIONE E TRASFORMAZIONE COSTANTI

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DI SAGE DOLAN

PERCHÉ UNA RIVISTA?

Nella primavera 2018, a metà del mio ultimo anno di scuo-la superiore, ho iniziato a scrivere la mia rivista. L’ho chia-mata Team Mag perché, in un senso più ampio, vedo la Generazione Z come un “team” composto da membri con età, intersezionalità e scopi comuni. Effettivamente volevo proprio creare un “team” di giovani artisti e creativi. È dai tempi delle scuole medie che cerco la mia “voce” e a questo punto avevo bisogno di un mezzo per esprimer-la. Una rivista creata, curata e pubblicata da me e dedi-cata a me e ai miei coetanei sembrava proprio la mossa giusta. Man mano che sviluppavo l’idea, la mia visione e la mia “voce” diventavano sempre più forti. Ben presto Team Mag si è trasformato in molto più di uno studio cre-ativo personale e di una casa di produzione. Sotto l’ala di Team Mag speravo di creare ed esplorare temi elaborati dalle menti di creativi della mia generazione, spaziando tra documenti fotografici, cinematografici, teatrali, ma impiegando anche coreografie, saggi, interviste, playlist, arte digitale e molto altro. Le tematiche sollevate sono state le più varie, tuttavia ciascuna produzione rifletteva ed esprimeva cosa è importante per la Generazione Z. Io e i miei coetanei stiamo immortalando il presente men-tre creiamo il nostro futuro. I membri della Generazione Z sono nati in un mondo completamente digitalizzato, in cui l’accesso alle informazioni e alla comunicazione è estremamente semplice e alla portata di tutti. Non a caso, possediamo una prospettiva globale. Concepiamo la nostra comunità e le nostre esperienze nell’ambito dell’interse-zionalità. Siamo estremamente consapevoli delle forze

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politiche, culturali e ambientali che ci minacciano ogni gior-no. Siamo mossi dall’esigenza e dalla sopravvivenza. In un pianeta devastato da razzismo, distruzione ambientale, misoginia, guerra, avidità aziendale e transfobia, quali op-zioni abbiamo? Respingiamo questa distruzione e diamo spazio alla nostra creatività. All’orizzonte vediamo un fu-turo fluido, libero e sostenibile. Siamo giovani, potenti, tec-nologicamente avanzati e creativi. Plasmare i nostri spazi per mostrare le nostre idee sembra una scelta ovvia. Non credo che le riviste siano limitate alla dimensione carta-cea. Ritengo che rappresentino anche lo strumento digita-le perfetto per dare un nome al proprio lavoro e iniziare a produrre e pubblicare contenuti importanti per te e la tua comunità. Essendo per la maggior parte create da e per membri di uno specifico gruppo intersezionale, sono in grado di assicurare quell’autenticità che spesso man-ca ai media mainstream. E soprattutto le riviste possono rivelarsi un elemento di coesione. Le comunità della mia generazione – omosessuali, trans, disabili, neri, mulatti, musulmani, immigrati, intersessuali, indigeni, ecc. – sono state emarginate o non riconosciute di proposito dai me-dia mainstream. Siamo stati ignorati, incompresi e ridotti a stereotipi. Grazie all’autopubblicazione possiamo pren-dere il controllo delle nostre narrazioni. Le riviste sono un supporto personale dalla risonanza potenzialmente universale. Quando le riviste sono in formato digitale di-ventano di facile condivisione. Una rivista rappresenta lo strumento perfetto per la Generazione Z e per il raggiun-gimento degli obiettivi di uguaglianza e fluidità di genere.

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L’empatia è la nostra arma più potente. Ascoltare le persone e le loro esperienze rappresenta un aspetto fondamentale nella vita di un essere umano. Come individuo che lavora nell’ambito della giustizia sociale, è mio dovere facilitare questa connessione tra le persone. Si tratta di un processo delicato, emotivo e a volte imprevedibile. Il tema del privile-gio è comune e spesso esplosivo. Quando il privilegio emer-ge, tendiamo a metterci sulla difensiva affermando “tu non mi conosci” e “non sai cosa ho passato” perché lo percepia-mo come un attacco alla nostra storia e quindi ci sentiamo in dovere di proteggere le nostre esperienze a ogni costo. Tuttavia il privilegio non è ciò che hai dovuto attraversare, ma ciò che non hai dovuto attraversare. La discussione sul privilegio è un invito a conoscere la storia degli altri e a pren-dere consapevolezza del fatto che ogni storia è diversa. Le nostre storie sono importanti, ma è ugualmente importante

DI JANAYA KHAN

EMPATIA IN MOVIMENTO

saper mettere in relazione i nostri sacrifici, gioie e sogni con quelli degli altri. Se non lo facciamo, potremmo cadere nella falsa convinzione che siamo soli, o che le nostre esperienze sono più importanti o impellenti rispetto a quelle degli altri. Il genere non è un tema che riguarda i trans. Non riguarda nemmeno le donne o gli omosessuali. È piuttosto un qualco-sa che plasma le nostre vite e il mondo in cui viviamo. Sul pianeta ci sono sette miliardi e mezzo di persone e ciono-nostante ci viene insegnato che esistono soltanto due sessi, due generi e una sessualità. Quanto sarebbe noioso se tutto questo fosse vero? Credere che siamo tutti uguali è un’idea assurda. Una suddivisione binaria non è altro che un muro. Un muro è un qualcosa che separa e divide. Tutti noi ab-biamo sperimentato l’intrinseco desiderio umano di appar-tenere a una comunità. Tutti noi sappiamo come ci si sente a essere esclusi. Pochi comprendono questa sensazione così profondamente come le comunità trans e i non-binari. I trans e i non-binari vivono nella verità completa a dispetto delle forze sistemiche che negano la loro esistenza. Invece di sen-tirci minacciati da questa storia, dobbiamo prenderla come un invito a fare lo stesso. La forza che occorre per creare un nuovo modo di esprimere la propria personalità può consen-tirci di superare altri modelli di separazione profondamente radicati. Non possiamo più accontentarci di vivere soltanto nell’immaginario altrui. È tempo di plasmare il mondo in cui ci meritiamo di vivere. Genere, razza e privilegio possono essere le basi della nostra unità se le osserviamo da una prospettiva differente e lasciamo che possano esprimersi.

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JACOB TOBIACollega i puntini per scoprire chi possiede

In un mondo regolato da forze binarie, può essere difficile sentire che il tuo genere è accettato. Lo capisco. Alcuni giorni sento che il mio genere non è espresso come dovrebbe. Altri, sento che è esageratamente predominante. Amare e apprezzare il proprio genere così com’è, così come desideri che sia, richiede pratica. Ecco perché ho pensato che potresti usare un piccolo promemoria (e divertirti!).

il genere più incredibile al mondo:

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SE NUOCE ALLA MIA ESISTENZA OPPORRÒ RESISTENZA

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Questo contributo è di Mohamad Abdouni, fotogra-fo che vive a Beirut, nonché regista e caporedattore di Cold Cuts, rivista fotografica Queer. Prendendo in prestito l’estetica dal mondo dei concorsi di bel-lezza e dalle pin-up degli anni Ottanta, l’opera mo-stra due ambiti culturali che notoriamente riducono la donna a oggetto e impongono canoni specifici di femminilità. Ponendo Nahed Sater, prima culturista araba a essersi aggiudicata un titolo internazionale, al centro del progetto, Mohamad articola un mes-saggio forte in un modo divertente: la femminilità è relativa, non esistono standard specifici che la defi-niscono. La femminilità non ha forma o tratti soma-tici. Soltanto noi possiamo definire il nostro genere.

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Il mondo Occidentale dice che non sono un uomo. / Che il mio posto è in cucina o in camera da letto, / in ginocchio dinanzi a un uomo che mi chiama “bimba”, come se mi avesse dato la vita lui stesso. / Dice: “Ehi tu che vieni dall’Africa. Le persone del tuo popolo sono proprio quelle che non rispettano il tuo es-sere omosessuale.” / In realtà nel mondo dei sogni, i miei an-tenati non parlano di maschio o femmina. / Parlano di spirito. / Parlano di bambini. / Parlano di bambini dei miei bambini. / Parlano del sangue / che scorre nelle vene. / Il mio genere non è argomento di discussione. / Viene visto come un dono e un elemento naturale. / I miei cugini sorridono e cercano di persuadermi a unirmi a loro, / che partono per i monti come ragazzi e ritornano come uomini. / Il loro vocabolario non in-clude le parole non-binario o transgender, / ma non mi chiama-no mai “ragazza” per errore. / Mi chiamano vecchio uomo. O marito. / Mi convincono della mia virilità anche quando non ce la faccio più. / Il loro orgoglio mi ricorda che non devo chiedere scusa per la mia esistenza. / Che essere questo tipo di africa-no significa essere una persona fortunata e incontrastata. / Il mondo Occidentale dice che gli africani sono dei selvaggi, / che essere gay è roba per bianchi. / Ma la mia famiglia mi ricorda

LEE

MOKOBE

/ che la terra non chiede alle ossa se sono di genere maschile o femminile. / A lei interessa soltanto che quelle ossa possano riposare. / Che quello spirito possa trovare la pace. / Che l’in-tolleranza è un prodotto dell’uomo. / Il mondo Occidentale mi dice che devo crescere. / Che devo abbandonare le mie radici africane, così “limitanti”. / Ma le mie radici mi hanno donato un nuovo nome. / Mhlekazi Siyakha. / Colui che costruisce la Casa e il suo Retaggio. / E mentre do forma a me stesso come ragazzo transgender non-binario, / offro anche una nuova prospettiva ai miei antenati. / Una nuova discendenza. / Un retaggio accolto con benevolenza. / Un invito per i miei cugini più giovani a fare lo stesso. / Plasmo la mia personalità in base ai desideri della mia famiglia. / Per chi è malato, rappre-sento la cura. / Per chi è solo, rappresento il marito. / Per chi è orfano, rappresento il padre. / Per chi è felice, rivelo il mio essere trans con esuberanza e senza alcun timore. / Essere gay non significa essere anormali, / significa abbracciare la spiri-tualità. / Non esiste un posto nuovo per me, / dove sacrifico la mia casa in favore del mio genere. / Le mie origini africane mi esortano a sbocciare. / E sanno chi sono ancor prima che profe-risca parola. / Non sono né uomo né donna. / Io sono e basta.

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DI SYMONE SANDERSNon tutte le sheroes - sì, hai capito bene, SHEroes - indossano il mantello o hanno superpoteri. Anche le insegnanti e i mentori possono essere sheroes. A volte le persone che sanno ispirarti profondamente sono perfetti sconosciuti. A volte usano micro-foni, disegnano strategie politiche per funzionari che aspirano all’elezione o impiegano la loro voce per elogiare gli altri. La mia shero, Donna Brazile, fa tutte queste cose. Prima donna di colore a gestire una campagna presidenziale, ex vicepresidente del Comitato Nazionale Democratico (DNC), ex presidente ad interim del DNC, appassionata di notiziari televisivi via cavo, insegnante, autrice e mentore – Donna Brazile è una tosta. Per 13 anni Donna è stata telecronista politica alla CNN. Campagna dopo campagna, l’ho osservata commentare le notizie politiche del giorno. Mentre fissavo lo schermo con ammirazione, mi chie-devo se la mia carriera politica avrebbe mai potuto essere tanto proficua e illuminante quanto la sua. Donna era molto più di un mezzobusto che leggeva testi scritti da altri. La mia shero è diventata tale iniziando a lavorare per un’altra shero – la straordinaria Coretta Scott King. Donna era un’ambitissima professionista nell’ambito delle campagne politiche, inoltre era coinvolta nel funzionamento interno del Partito Democratico dell’intero Paese. Era estremamente dedita al proprio lavoro, ma trovava comunque il tempo di dare lezioni a una classe di Georgetown nei semestri in cui le era possibile. In pratica, posso dire di essere una groupie di Donna Brazile. Vorrei raccontare

NON TUTTE LE SHEROES INDOSSANO IL MANTELLO

un episodio avvenuto in occasione della campagna presidenziale del 2015. È stato tutto così surreale... Ad ogni modo, io ero lì che presentavo una hit televisiva in un set della CNN a New Hampshire e a un certo punto Donna Brazile entra nella stanza. Terminato il mio lavoro, mi avvicino a lei e mi presento. Donna mi fa capire che non occorre alcuna presentazione perché sa già “tutto” su di me. Anche lei deve apparire in televisione quel giorno, ma è un po’ in anticipo rispetto alla sua fascia oraria. Mentre aspetta, le chiedo se posso farle compagnia e iniziamo a conversare a proposito della campagna. Mi chiede se sono soddisfatta del mio lavoro e commentiamo insieme i risultati del confronto politico. Mi dice che mi ha osservata, che avevo fatto un buon lavoro e che le persone ne erano entusiaste. Dopo averla sommersa di domande, mi dice che sarebbe andato tutto bene e che se mai avessi avuto bisogno di qualunque cosa avrei potuto chiamarla o scriverle. A quel punto mi dà il suo nume-ro di telefono! Sono sicura che il numero fosse corretto perché ho tentato immediatamente di avviare una chiamata. Probabil-mente lei non si ricorda nemmeno della nostra chiacchierata, ma devo dire che non sarebbe potuta capitare in un momento migliore. Mentre mi facevo domande sulla mia voce e sul peso degli incarichi che mi ero assunta, cercando di capire come di-ventare una professionista migliore e più arguta, mi si è presen-tata Donna Brazile, la mia shero, per dirmi che stavo facendo un buon lavoro. Con gentilezza, humour e umiltà, Donna mi ha motivato e mi ha aiutato a concentrarmi su di me. Ben presto è il momento di Donna. Una volta seduta sulla sedia, i fonici le si-stemano il microfono sulla camicia. Non riesco a smettere di sor-ridere. Quel giorno ho potuto osservare la mia shero in azione.

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DI NIDIA BAUTISTA MORTE SCATENATA DAL GENERE LIBERTÀ GENERATA DALL’ARTE

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Il femminicidio è l’omicidio di una donna o di una ragazza in quanto tali. Il femminicidio è una crisi globale in crescita e viene spesso definito come la forma più estrema di violenza contro la donna. Il Sistema Nazionale di Sicurezza Pubblica del Messico ha rilasciato una dichiarazione in cui si evince che nel 2018 il Paese ha registrato 760 casi di femminicidio. Tuttavia, attivisti e parenti delle vittime hanno in più occasioni smentito i dati rivelati dagli archivi governa-tivi messicani, affermando che il numero di morti è ben più elevato. È praticamente impossibile entrare a conoscenza dei numeri reali delle vittime, perché i responsabili molto difficilmente vengono arre-stati e nella maggioranza dei casi restano impuniti. Invece di consi-derare questi omicidi come fenomeni isolati di estrema violenza, gli attivisti del Messico condannano il femminicidio come una violenza sistemica e di genere che trova terreno fertile tra la misoginia del sistema di giustizia e della società della nazione. La chiave per por-re fine al femminicidio risiede nella nostra capacità di comprendere il problema. Le soluzioni preventive includono l’implementazione della raccolta e dell’analisi dei dati sulla mortalità, inoltre è partico-larmente importante monitorare la relazione tra vittima e carnefice. Ciò può essere fatto fornendo un’adeguata formazione e sensibi-lizzazione agli impiegati ospedalieri, ai medici legali e alle equipe che si occupano di mortalità. Altre soluzioni includono la ricerca di modalità che aiutino gli operatori sanitari a identificare i casi di vio-lenza privata, soprattutto durante le gravidanze. Esiste una Scala di Valutazione del Pericolo (Danger Assessment Scale) che indica le possibilità che una donna ha di venire uccisa dal proprio partner. Tale scala dovrebbe essere impiegata in un numero maggiore di strutture di assistenza sanitaria. È inoltre possibile promuovere la creazione di programmi adeguati per formare e sensibilizzare le forze di polizia. Sfortunatamente si tratta di soluzioni a lungo termi-

ne da applicare a un problema di estrema urgenza. Le donne e gli attivisti, stanchi di aspettare che le cose cambino, hanno deciso di agire in prima persona. L’Osservatorio Nazionale Cittadino (Natio-nal Citizen Observatory), insieme di organizzazioni dei diritti umani del Messico, collabora con UN Women per monitorare i femminicidi e offrire al governo messicano consigli utili per implementare le po-litiche contro la violenza di genere. Gli attivisti lottano in tribunale, marciano in cortei di protesta e usano l’arte a favore della causa. A settembre 2017 un gruppo di attivisti ha diffuso un elenco conte-nente oltre un migliaio di femminicidi accaduti in quell’anno. In ri-sposta, due illustratori che hanno deciso di mantenere l’anonimato hanno avviato un progetto chiamato No Estamos Todas, traducibile con “Siamo molte di più”. I loro account Instagram e Facebook pub-blicano illustrazioni per dare un volto alle donne e alle ragazze la cui vita è stata spezzata dal femminicidio. I fondatori affermano: “Desideravamo fare qualcosa e volevamo che le persone non smet-tessero di parlare di quello che accade in Messico. No Estamos To-das rappresenta la nostra risposta all’esigenza di essere ascoltati”. Gli account pubblicano le opere che vengono inviate al progetto. Ad esempio l’artista Jhonny (@descensium) ha realizzato l’immagine della pagina precedente in onore di una donna uccisa nella città di Puebla il 12/07/18. In quel giorno i giornali riportavano la notizia indicando semplicemente che si trattava di “una vittima sui trent’an-ni”. Se si chiede ai fondatori di No Estamos Todas qual è il messag-gio che desiderano comunicare al mondo la risposta è semplice:

¡NI UNA MUERTA MÁS!Non una vittima di più!

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CHE COS’È IL MATRIMONIO INFANTILE? Con matrimonio infantile si definisce un matrimonio o un’unione informale che avviene al di sotto dei 18 anni. Anche se questo fenomeno è in calo a livello mondiale, ci sono ancora 12 milioni di ragazze costrette a sposarsi in età estremamente precoce e, a oggi, in tutto il mondo circa 650 milioni di donne hanno contratto il matrimonio prima della maggiore età.1

QUAL È L’IMPATTO? Il matrimonio infantile è una violazione dei diritti umani. Genera devastanti effetti fisici e psichici sui giovani coinvolti, sulle comunità e sulla società in cui vivono. Le ragazze sposate prima dei 18 anni hanno maggiori probabilità di imbattersi in casi di violenza domestica, gravidanza precoce o forzata e condizioni di salute svantaggiose. Si tratta di donne che non hanno accesso a un’educazione e a opportunità economiche adeguate. Questo fenomeno genera cicli di povertà, per la ragazza e la propria famiglia, difficili da spezzare.

PERCHÉ ACCADE? Il matrimonio infantile è causato da molteplici fattori, tuttavia la disuguaglianza di genere è sicuramente una delle cause predominanti. Tra gli altri fattori ci sono norme culturali e sociali, credenze popolari e opinioni legate alla religione e alla povertà, nonché mancanza di opportunità e tutele legali. In alcune famiglie la scelta di far sposare una figlia in età prematura è soprattutto una decisione economica. Significa infatti avere una persona in meno da sfamare e la possibilità di ricevere un riconoscimento economico da parte della famiglia dello sposo. Molti Paesi hanno alzato la soglia dell’età consentita dalla legge per sposarsi a 18 anni. Tuttavia la legge non sempre viene rispettata e non è sufficiente all’interno di comunità dove il matrimonio infantile possiede un significato economico o culturale rilevante.

MATRIMONIO INFANTILELASCIAMO CHE LE RAGAZZE ABBIANO LA LIBERTÀ DI SOGNARE: DEFINIZIONE DI “MATRIMONIO INFANTILE”.

1 Database globale UNICEF, 2018.

QUAL È LA SOLUZIONE? Gli attivisti e le organizzazioni di tutto il mondo stanno lavorando e collaborando con i governi per affrontare questo problema. Ecco un elenco delle azioni che possono essere intraprese da attivisti locali e organizzazioni comunitarie con, o senza, il sostegno del governo: promuovere l’accesso universale a un’educazione primaria e secondaria di qualità, soprattutto per le ragazze; investire risorse nella legittimazione delle donne; collaborare con membri di comunità religiose e culturali e altre figure di riferimento locali al fine di sensibilizzare le comunità e mettere in discussione i loro atteggiamenti e comportamenti nei confronti del matrimonio infantile; offrire servizi di avviamento professionale e assistenza sanitaria a donne e giovani; individuare nella disuguaglianza di genere la causa principale e scatenante del matrimonio infantile.

RISORSE: Girls Not Brides: The Global Partnership to End Child Marriage è una collaborazione tra oltre 1000 organizzazioni della società civile impegnate a porre fine al matrimonio infantile e a sostenere le ragazze nella conquista dei propri sogni. Girls Not Brides ha coniato una teoria del cambiamento che spiega come la fine del matrimonio infantile richieda sforzi sostenibili a lungo termine e l’impegno di numerose forze provenienti da settori diversi. Le strategie chiave di interconnessione comprendono: incoraggiare le ragazze, mobilitare famiglie e comunità e fornire servizi, nonché applicare e implementare leggi e norme. Dal 1995 Equality Now lavora per generare un cambiamento sistemico e legale esortando i governi a promulgare e attuare leggi che vietino il matrimonio prima dei 18 anni, senza ammettere eccezioni.

COSA FARE PER DARE IL PROPRIO CONTRIBUTO: Unisciti a CHIME FOR CHANGE, Equality Now e Girls Not Brides per aumentare la consapevolezza e contribuire a permettere alle ragazze di tutto il mondo di realizzare i propri sogni. Per saperne di più, guarda SITARA, il nuovo cortometraggio di Sharmeen Obaid Chinoy, Ariel Wengroff e VICE Studios. Dona il tuo sostegno e aiutaci a costruire un futuro più sicuro e più sano per le ragazze su LetGirlsDream.org.

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CREDITICAPOREDATTOREADAM ELI @adameli

DIRETTORE ARTISTICOMP5 @mp5art

COLLABORATORIJAMIE WINDUST @leopardprintelephant / Foto: MATT PARKS @mtyparksIllustrazione: VONK hellovonk.com SAGE DOLAN-SANDRINO @thhrift JANAYA KHAN @janayaforthefutureJACOB TOBIA @jacobtobiaMOHAMAD ABDOUNI @texting_bitches LEE MOKOBE @leemokobeSYMONE SANDERS @symonedsandersNO ESTAMOS TODAS @noestamostodas / Illustrazione: JHONNY @descensium NIDIA BAUTISTA @ellaestaporembarcar

SPOTLIGHT BRASILEVITÓRIA RÉGIA DA SILVA @vickyregiaGABE PASSARELLI @gabepassareli / Foto: IGOR FURTADO @furtadigor PANMELA CASTRO @panmelacastro LINIKER BARROS @linikeroficial / Foto: MIRO DE SOUZA @miro_fotoPALOMA FRANCA IMORIM @palomafrancaamorim

COPERTINA: Foto: MOHAMAD ABDOUNI @texting_bitchesCOPERTINA SPOTLIGHT BRASILE: Foto: JOELINGTON RIOS @ rivers_______TO GATHER TOGETHER Titolo per gentile concessione di Daniele LombardiSTAMPATO DA NAVA PRESS S.R.L. Milano, Italia

CHIME @chimeforchange

PARTECIPA ALLA PROSSIMA EDIZIONE! Se desideri partecipare alla prossima edizione della rivista, inviaci il tuo contributo. Puoi contribuire con un testo, un’immagine, un fumetto, un dipinto, una poesia, insomma, qualsiasi cosa!INVIA A: [email protected] di più su CHIME Zine con MP5 e Adam Eli attraverso il PODCAST GUCCI su iTunes o Soundcloud

JAMIE WINDUST modell* e attivista non-binary che vive e lavora nel Regno Unito, dirige FRUITCAKE Magazine. SAGE DOLAN-SANDRINO è un’artista, aspirante regista e creative director. Da quando ha iniziato la sua transizione, a 13 anni, Sage si è battuta per l’equità di accesso alle risorse, l’inclusione e il supporto di trans e giovani emarginati nelle scuole e nelle comunità attraverso impegno politico e attività giornalistica. Nel 2018 ha fondato la zine ‘Team Mag’. JANAYA KHAN, aka Future, è attivista, storyteller e co-founder di Black Lives Matter Canada. Attualmente vive a Los Angeles e lavora come Program Director per Color of Change, il più grande gruppo online di attivisti contro il razzismo negli Stati Uniti. JACOB TOBIA scrive, produce e ha pubblicato ‘Sissy: A Coming-of-Gender Story’. MOHAMAD ABDOUNI è fotografo, regista e curatore basato a Beirut. È caporedattore e direttore creativo di COLD CUTS, rivista illustrata che esplora la cultura queer in Medio Oriente. LEE MOKOBE, poeta trans di colore, affronta temi quali la giustizia sociale e la cultura queer attraverso poetry slam. Founder e creative director di Vocal Revolutionaries, iniziativa che promuove il miglioramento delle condizioni di vita dei giovani a Città del Capo, insegnando loro come raccontare le proprie storie da una prospettiva personale. SYMONE SANDERS è una stratega politica, consulente di comunicazione e commentatrice politica della CNN. A 25 anni, è diventata la più giovane addetta stampa presidenziale, durante il suo mandato come addetta stampa nazionale del senatore Bernie Sanders nella sua campagna del 2016. NIDIA BAUTISTA è giornalista per diversi organi di stampa tra cui Al Jazeera, NPR e NBC, specializzata in temi quali l’immigrazione, norme e politiche transfrontaliere e richiedenti asilo negli Stati Uniti d’America. VITÓRIA RÉGIA DA SILVA è redattrice, giornalista e attivista per questioni di genere, etnia e sessualità. GABE PASSARELLI è artista, performer e terapista occupazionale di Rio de Janeiro. Nel 2018, l’assassinio di sua sorella richiamò l’attenzione mondiale, portando alla luce l’aggravarsi dei pericoli che affliggono certe minoranze in Brasile. Gabe mantiene viva la voce della sorella attraverso il suo impegno civile e artistico, viaggiando per il Brasile e il resto del mondo. PANMELA CASTRO è una visual artist brasiliana che ha lavorato a progetti incentrati sui diritti delle donne in oltre 20 paesi, in istituzioni come il Museo Stedelijk ad Amsterdam. Ha ricevuto molti premi grazie al suo attivismo in difesa dei diritti umani e si batte per porre fine alla violenza domestica attraverso l’organizzazione Rede NAMI, che ha fondato nel 2010 e che ha avuto un impatto diretto sulla vita di oltre 9000 donne. LINIKER BARROS è una cantante e cantautrice brasiliana, voce principale del gruppo soul e samba ‘Liniker E Os Caramelows’. Si serve della sua voce per parlare di razzismo, transfobia e queerfobia, profondamente radicati nella cultura brasiliana. L’autoespressione di Liniker nel genere e nella musica è vista dalle giovani generazioni come una speranza per il futuro della comunità queer nel paese. PALOMA FRANCA AMORIM è un’autrice, drammaturga e compositrice di Samba. Paloma porta avanti la discussione contro violenza, pregiudizi e abusi verso le donne indigene e di colore, le identità emarginate e le minoranze politiche.

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CHIME.GUCCI.COM#CHIMEFORCHANGE

CHIME ZINE N.1