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IL NUOVO DELITTO DI INQUINAMENTO AMBIENTALE AL VAGLIO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

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IL NUOVO DELITTO DI INQUINAMENTO AMBIENTALE AL

VAGLIO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

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La prima sentenza sul nuovo eco-delitto (Cass. n. 46170/2016)

Il caso: il direttore dei lavori di dragaggio di un porto ligure veniva imputato del delitto di inquinamento ambientale per aver cagionato un deterioramento o (comunque) una compromissione significativa delle acque del golfo di la spezia mediante la dispersione nelle acque di sedimenti inquinanti, in virtù del mancato rispetto delle norme progettuali.

La decisione del Tribunale del Riesame: Il Tribunale della Libertà di La Spezia aveva accolto l’istanza di riesame avverso l’ordinanza di sequestro preventivo avente ad oggetto una porzione del cantiere, ritenendo non comprovato un deterioramento irreversibile delle acque circostanti il porticciolo in questione.

Il ricorso della Procura della Repubblica: La Procura della Repubblica ricorreva in cassazione censurando la sentenza del tribunale della libertà nella parte in cui aveva ritenuto che il carattere tendenzialmente irreversibile dell’inquinamento fosse un connotato della tipicità del delitto di inquinamento ambientale.

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L’interpretazione del delitto di inquinamento ambientale della Cassazione:

La Corte, innanzitutto, chiarisce il significato della clausola di illiceità espressa dell’art. 452-bis c.p. («abusivamente») precisando che «… La condotta "abusiva" idonea ad integrare il delitto di cui all'art. 452-bis cod. pen. comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni, o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali - ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale - ovvero di prescrizioni amministrative».

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La S.C. chiarisce il significato (e le differenze) dei termini: «compromissione» e «deterioramento»…

Secondo la Corte, «…escluso ogni accostamento alle corrispondenti definizioni di "inquinamento ambientale" e di "deterioramento significativo e misurabile" fornite dal d.lgs. n. 152 del 2006 (Testo Unico Ambientale) […] che sono ad uso e consumo esclusivo delle norme in detto Testo Unico contenute […] i due termini indicano fenomeni sostanzialmente equivalenti negli effetti, in quanto si risolvono entrambi in una alterazione, ossia in una modifica dell'originaria consistenza della matrice ambientale o dell'ecosistema caratterizzata, nel caso della "compromissione", in una condizione di rischio o pericolo che potrebbe definirsi di "squilibrio funzionale", perché incidente sui normali processi naturali correlati alla specificità della matrice ambientale o dell'ecosistema ed, in quello del deterioramento, come "squilibrio strutturale", caratterizzato da un decadimento di stato o di qualità di questi ultimi».

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L’art. 300 del T.U.A. sulla nozione di danno ambientale… Art. 300 («Danno ambientale»): «1. E' danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e

misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima. 2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato: a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi-naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione; ((b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo su: 1) lo stato ecologico, chimico o quantitativo o il potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, fatta eccezione per gli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva, oppure; 2) lo stato ambientale delle acque marine interessate, quale definito nella direttiva 2008/56/CE, nella misura in cui aspetti particolari dello stato ecologico dell'ambiente marino non siano già affrontati nella direttiva 2000/60/CE;)) c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali; d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente».

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La Corte, quindi, censura la ricostruzione operata dal Tribunale del Riesame e fornisce altre indicazioni rilevanti per una corretta interpretazione della fattispecie…

Secondo la Cassazione, infatti, dalla predetta interpretazione dei concetti di «compromissione» e «deterioramento» consegue che, al contrario di quanto stabilito dai giudici di merito, «…non assume rilievo l'eventuale reversibilità del fenomeno inquinante, se non come uno degli elementi di distinzione tra il delitto in esame e quello, più severamente punito, del disastro ambientale di cui all'art. 452-quater cod. pen.; […] deterioramento e compromissione, infatti, sono concetti diversi dalla "distruzione e non equivalgono, in ultima analisi, a una condizione di "tendenziale irrimediabilità" che […] la norma non prevede».

quanto alla natura "significativa" e "misurabile" che qualifica il deterioramento ovvero la compromissione, la sentenza ha ulteriormente precisato che, ferma la loro funzione selettiva di condotte di maggior rilievo, «…il termine "significativo" denota senz'altro incisività e rilevanza, mentre "misurabile" può dirsi ciò che è quantitativamente apprezzabile o, comunque, oggettivamente rilevabile».

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La Cassazione, infine, precisa in quale misura il superamento dei limiti di emissione stabiliti dal TUA può rilevare ai fini dell’integrabilità del delitto di inquinamento ambientale…

Secondo la S.C., infatti, «…L'assenza [nella norma] di espliciti riferimenti a limiti imposti da specifiche disposizioni o a particolari metodiche di analisi consente di escludere l'esistenza di un vincolo assoluto per l'interprete correlato a parametri imposti dalla disciplina di settore, il cui superamento, come è stato da più parti già osservato, non implica necessariamente una situazione di danno o di pericolo per l'ambiente, potendosi peraltro presentare casi in cui, pur in assenza di limiti imposti normativamente, tale situazione sia di macroscopica evidenza o, comunque, concretamente accertabile. Ovviamente, tali parametri rappresentano comunque un utile riferimento nel caso in cui possono fornire, considerando lo scostamento tra gli standard prefissati e la sua ripetitività, un elemento concreto di giudizio circa il fatto che la compromissione o il deterioramento causati siano effettivamente significativi come richiesto dalla legge mentre tale condizione, ovviamente, non può farsi automaticamente derivare dal mero superamento dei limiti».

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La seconda sentenza della S.C. sul delitto di inquinamento (Cass. n. 46904/2016)

Il caso: ad alcuni amministratori locali, quali responsabili del servizio di scarico delle acque reflue urbane, veniva contestato il delitto di inquinamento ambientale per aver cagionato, tra l’altro, un’alterazione e un deterioramento delle acque di un fiume e di una località marittima in provincia di Salerno, non avendo mantenuto una corretta funzionalità ed efficienza del depuratore locale ed avendo agito in violazione delle disposizioni di legge e di quelle contenute nell’autorizzazione allo scarico.

La decisione del Tribunale del Riesame: il Tribunale del Riesame escludeva la sussistenza del delitto di cui all’art. 452 bis c.p. ritenendo non comprovato un deterioramento o una compromissione significativi e misurabili delle acque in questione, anche perché il ricorso all'aggettivo "misurabile" starebbe «…quasi a significare che la punibilità possa configurarsi solo ove si sia effettuato un accertamento tecnico specifico sul grado degli agenti inquinanti e sul loro rapporto con gli elementi naturali del corpo fisico recettore».

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Il ricorso per Cassazione della Procura della Repubblica…

Il Procuratore della Repubblica di Salerno proponeva ricorso per cassazione sostenendo l’erronea interpretazione dell’art. 452 – bis c.p. da parte del tribunale del riesame.

Nel ricorso si sosteneva che il delitto di inquinamento ambientale sanziona «…le condotte "intermedie" che vanno a collocarsi fra le mere violazioni formali, sanzionate dalle contravvenzioni previste dal D.Lgs. n. 156 del 2006 , ed il cd. "disastro ambientale" di cui all'art. 452-quater c.p. , così realizzandosi un "sistema penale di tutela crescente". In questa prospettiva, mentre nell'ipotesi di cui all'art. 452-quater c.p. vengono sanzionate le condotte che arrecano un "danno irreversibile" ovvero una "alterazione all'ecosistema che può essere eliminato solo in maniera particolarmente onerosa e conseguibile con provvedimenti eccezionali" ed in "assenza di offesa alla pubblica incolumità", tali elementi non devono, invece, sussistere nel caso contemplato dall'art. 452-bis c.p. , che dunque si caratterizza per la sua portata residuale».

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…(segue): il ricorso per Cassazione della Procura della Repubblica…

La Procura, inoltre, sottolineava come «…l'interpretazione letterale dell'art. 452-bis c.p. , in specie attraverso l'utilizzazione della disgiuntiva "o", evidenzierebbe che la nuova norma incriminatrice preveda, al suo interno, due diverse ipotesi di reato, una di pericolo ed una di danno, secondo quanto sarebbe confermato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 300, contenente la disciplina di attuazione in Italia della direttiva 2004/35/CE . La prima condotta corrisponderebbe ai casi di "compromissione" del bene ambientale, nella quale rientrerebbero tutte le ipotesi di "esposizione a rischio di danno" all'ambiente, conformemente ai principi di provenienza comunitaria, riconosciuti dal D.Lgs. n. 152 del 2006 di "precauzione" e "prevenzione". La seconda, evocata dal concetto di "deterioramento", sanzionerebbe invece le condotte di "danno", da accertare in concreto. Nondimeno, anche la compromissione dovrebbe essere "misurabile" e "significativa", sia pure nella sola prospettiva del danno potenziale conseguente ad una effettiva esposizione a rischio di danno».

Viene censurata, quindi, la decisione del Tribunale del Riesame nella parte in cui pare subordinare la punibilità all’effettuazione di uno specifico accertamento tecnico, in quanto con il termine misurabile il legislatore ha voluto soltanto riferirsi ad un requisito «qualitativo» dell’inquinamento consistente in una sua apprezzabilità oggettiva, ma non ha voluto «legare» la configurabilità del delitto al concreto compimento di una consulenza professionale.

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La decisione della Cassazione…

Il Supremo Collegio – indirettamente avallando la prospettazione del delitto di inquinamento ambientale fatta propria dalla Procura della Repubblica ricorrente – ha ritenuto che «…il tribunale salernitano non abbia adeguatamente motivato le ragioni per le quali le condotte accertate non integrino al delitto di cui all'art. 452-bis c.p.».

In particolare, secondo la Corte i giudici di merito – nel qualificare la situazione di fatto accertata, in maniera del tutto apodittica, come non connotata da «aspetti quantitativi e qualitativi davvero rilevanti ed estesi» - hanno omesso di ricostruire compiutamente la fattispecie ipotizzata.

Secondo la S.C., poi, «… Ciò appare tanto più significativo ove si consideri[…] che gli stessi giudici salernitani, nell'affermare il fumus in relazione alle fattispecie previste dagli artt. 635 e 674 c.p. , hanno contraddittoriamente riconosciuto l'esistenza di una situazione di inquinamento esteso, di danno per le matrici ambientali (suolo, fiume e mare) e di pericolo per la salute umana, rispetto alla quale gli stessi non hanno in alcun modo spiegato perché essa non possa configurare un'ipotesi di deterioramento o di compromissione dell'intero ecosistema, o, comunque, un danno ambientale riconducibile ad un deterioramento significativo e misurabile, idoneo a determinare un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana».

Per tali ragioni la Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata, rilevando un vizio di motivazione riguardante «… le ragioni per le quali abbia ritenuto di non ravvisare il fumus della nuova fattispecie delittuosa».

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La decisione più recente della S.C. sul delitto di inquinamento ambientale (Cass. n. 10515/2017)

Il caso: ad un industriale campano veniva contestato il delitto di inquinamento ambientale per aver cagionato la compromissione e il deterioramento significativo e misurabile delle acque del canale «Canterone» e del canale «Agnena» mediante lo scarico nei due corsi d’acqua di reflui non depurati, in violazione dei limiti tabellari di emissione previsti dal TUA.

La decisione del Tribunale del Riesame: il Tribunale del Riesame, su appello cautelare del p.m., riteneva sussistenti i gravi indizi del reato di cui all’art. 452-bis c.p. ed applicava nei confronti dell’imprenditore la misura coercitiva personale degli arresti domiciliari.

Il ricorso del difensore dell’imputato: Il difensore dell’imprenditore ricorreva per cassazione, sostenendo come ai fini dell’integrabilità del delitto in parola non sarebbe sufficiente il mero superamento dei limiti di emissione del TUA, ma sarebbe necessario un “quid pluris” consistente nell’evento di danno per l’ambiente che, nella specie, non sarebbe comprovato (in riferimento alla responsabilità dell’imputato) in quanto nei canali in questione confluivano altri corsi d’acqua oggetto, a loro volta, di scarichi inquinanti.

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La sentenza della Cassazione…

La S.C. ha ritenuto infondato in parte qua il ricorso dell’imputato.

Il Collegio, in particolare, ritiene di poter precisare i concetti di «compromissione» e «deterioramento» facendo riferimento alle acquisizioni giurisprudenziali raggiunte rispetto al delitto di danneggiamento (art. 635 c.p.).

Nelle motivazioni della decisione, infatti, si legge che «…Il reato in questione è senza alcun dubbio un reato di danno, causalmente orientato. Pur se non irreversibile, il deterioramento o la compromissione evocano l'idea di un risultato raggiunto, di una condotta che ha prodotto il suo effetto dannoso. Sotto questo profilo, il deterioramento e la compromissione (quest'ultima intesa come il rendere una cosa, in tutto o in parte, inservibile) costituiscono per il legislatore penale evento tipico del delitto di danneggiamento e, in quanto tale, l'idea del "danno" (ancorché non irreversibile) è a loro connaturale».

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…(segue): la decisione della Cassazione… Tanto precisato la S.C. ha sottolineato che:

«…il deterioramento, in particolare, è configurabile quando la cosa che ne costituisce l'oggetto sia ridotta in uno stato tale da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole ovvero quando la condotta produce una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l'uso, così dando luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell'essenza e della funzionalità della cosa stessa […] non rilevando, ai fini dell'integrazione della fattispecie, la possibilità di reversione del danno».

«…La compromissione, termine, come visto, indifferentemente utilizzato nel linguaggio giuridico per descrivere un modo di essere o di manifestarsi del deterioramento stesso, coglie del danno non la sua maggiore o minore gravità bensì l'aspetto funzionale perché evoca un concetto di relazione tra l'uomo e i bisogni o gli interessi che la cosa deve soddisfare; deterioramento e compromissione sono le due facce della stessa medaglia, sicché è evidente che l'endiadi utilizzata dal legislatore intende coprire ogni possibile forma di "danneggiamento" - strutturale ovvero funzionale - delle acque, dell'aria, del suolo o del sottosuolo».

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…(segue): la decisione della Cassazione… Ciò detto la Corte – rispetto alla censura dell’imputato volta ad evidenziare

che il danno per l’ambiente non sarebbe stato comprovato in quanto nei canali in questione confluivano già altri corsi d’acqua oggetto, a loro volta, di scarichi inquinanti – evidenzia che «…. la ridotta utilizzazione del corso d'acqua in conformità alla sua destinazione quale conseguenza della condotta è già sufficiente a integrare il "danno" che la minaccia della sanzione penale intende prevenire. Il fatto che, ai fini del reato di "inquinamento ambientale", non è richiesta la tendenziale irreversibilità del danno, comporta che fin quando tale irreversibilità non si verifica anche le condotte poste in essere successivamente all'iniziale deterioramento o compromissione non costituiscono "post factum" non punibile […] è dunque possibile deteriorare e compromettere quel che lo è già, fino a quando la compromissione o il deterioramento diventano irreversibili o comportano una delle conseguenze tipiche previste dal successivo art. 452-quater, cod. pen.; non esistono, infatti, zone franche intermedie tra i due reati».

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…(segue): la decisione della Cassazione…

In conclusione la S.C. fornisce alcune ulteriori indicazioni per una corretta interpretazione del delitto di inquinamento ambientale. In particolare:

Rispetto al requisito dell’attingimento di porzioni significative delle matrici ambientali la Corte sottolinea che «…per il reato in questione solo per il suolo ed il sottosuolo è necessario che ne siano compromesse o deteriorate "porzioni estese o significative, mentre per le acque e per l'aria tale requisito non è richiesto».

Rispetto alla clausola di illiceità espressa di cui all’art. 452 bis c.p., invece, il Collegio evidenzia come «…. La natura "abusiva" della condotta non può essere limitata ai soli casi in cui la causa dell'inquinamento costituisca fatto di per sé già penalmente sanzionato, con esclusione pertanto di tutti gli altri casi in cui sia sanzionato a livello amministrativo o anche solo vietato o comunque posto in essere in contrasto con le norme e le prescrizioni che disciplinano la singola attività "causante". Quel che conta, in ultima analisi, è la sussistenza del nesso causale tra tali violazioni (qualunque esse siano), che rendono tipica la "causa", e l'evento».

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…(segue): la decisione della Cassazione… La Corte, infine, precisa che sulla "abusività", quale predicato tipizzante della

condotta, oltre la sentenza Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016, sopra citata, «…utili indicazioni possono trarsi dagli approdi di questa Corte in materia di traffico illecito di rifiuti, allorquando si è affermato che per attività "abusiva" si deve intendere quella effettuata o senza le autorizzazioni necessarie, ovvero con autorizzazioni illegittime o scadute, o violando le prescrizioni e/o i limiti delle autorizzazione stesse, ad esempio, la condotta avente per oggetto una tipologia di rifiuti non rientranti nel titolo abilitativo, ed anche tutte quelle attività che, per le modalità concrete con cui sono esplicate, risultano totalmente difformi da quanto autorizzato, sì da non essere più giuridicamente riconducibili al titolo abilitativo rilasciato dalla competente Autorità amministrativa». (in questo senso, Cass n. 44449/2013; Cass. n. 40828 del 06/2005).

La disposizione sul traffico illecito di rifiuti, infatti, sanziona «Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni».

Per completezza va segnalato che la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata per difetto di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.