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Il paese dell’utopia Giacinto Auriti

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IL PAESE DELL’UTOPIA La risposta alle cinque domande di Ezra Pound Prima edizione: Settembre 2002 Seconda edizione: Ottobre 2003 Giacinto Auriti Aprile 2005 Presentazione di Marino Solfanelli

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PRESENTAZIONE “Sono un contadino che ha fatto per hobby il professore d’università”. Giacinto Auriti Ezra Loomis Pound (Hailey, Idaho, 1885 – Venezia 1972) e Giacinto Auriti (Guardiagrele 1923), il Poeta e il Giurista contadino. L’americano – che sceglie l’Italia come patria di adozione – e l’italiano d’Abruzzo. Personaggi apparentemente diversi, per origine e cultura, ma uniti da un legame indissolubile: la ricerca della verità a tutti i costi. Ezra Pound, il Poeta americano affascinato dalla cultura europea, dal Medio Evo di “Padre Dante”, in cui scopre una realtà universale da cui trarrà l’ispirazione per i “Canti Pisani” (poema che scrive durante la sua prigionia nel campo di concentramento americano di Coltano, in provincia di Pisa, ove venne rinchiuso in una gabbia). E’ il prezzo che gli fu imposto di pagare proprio per aver amato l’Italia e osservato con interesse il risveglio dell’Europa. Il Poeta sentiva l’esigenza di un rinnovamento che non si limitasse ad una sterile esercitazione retorica di gioventù, ma che costituisse le basi di una vita vissuta e non vegetata: quindi pulizia interiore, eliminazione dei falsi miti delle ideologie surrogati degli ideali: «Finché non hai chiarito il tuo pensiero dentro di te stesso, non puoi comunicarlo ad altri. / Finché non hai messo de l’ordine dentro di te stesso, non puoi essere elemento d’ordine nel partito.» Giacinto Auriti, elabora una nuova teoria filosofica sul giudizio di valore “come rapporto tra fasi di tempo” che lo condurrà alla scoperta del “valore indotto” della moneta. I due personaggi, che non si sono mai incontrati, sono uniti da una profezia contenuta nei versi 101-102 dell’Inferno, ove il poeta, dopo aver parlato della lupa che gli impediva il cammino, annunciava la venuta di un Veltro “che la farà morir con doglia”. La “lupa” per Pound è l’usurocrazia, contro la quale lotta per una nuova concezione di vita. Lavoro e usura è il titolo di una raccolta di saggi scritti dopo la seconda guerra mondiale, sul frontespizio si legge “Bellum cano perenne, tra l’usura e l’uomo che vuol fare un buon lavoro”. Pound ha capito che la moneta non è una merce ma l’espressione di un accordo, di una convenzione, per cui il credito deve essere affidato non già alle banche ma allo Stato, che lo garantisce con l’onestà e il lavoro dei suoi cittadini. «Il tesoro di una nazione è la sua onestà.» E nei “Cantos” esprime il pensiero sull’usura: «Con usura nessuno ha una solida casa / di pietra squadrata e liscia / per istoriarne la facciata, / (…) / Carogne crapulano / ospiti d’usura. » (Contro l’usura, Canto XLV) Ezra Pound pone cinque domande alle quali non aveva mai risposto nessuno: moneta, credito, interesse, usura e circolazione; Giacinto Auriti dà, in questo saggio, risposte precise. Una continuità ideale che li unisce nella scuola degli economisti eretici. “Chi crea il valore della moneta – dice Giacinto Auriti – non è chi la stampa ma il popolo che l’accetta come mezzo di pagamento”, sono però i banchieri, i grandi usurai che si appropriano del valore monetario, usandolo come mezzo di dominazione ed imponendo all’umanità il signoraggio del debito. Ed ecco allora la geniale soluzione del problema: La proprietà popolare della moneta, che restituisca al popolo il maltolto dei valori monetari che esso crea. L’auspicio è che siano i governi a gestire l’emissione monetaria ed a ripartire gli utili, come diritto di cittadinanza, a tutti i cittadini. I due studiosi, il Poeta americano, nato da genitori quaccheri e puritani, e il Giurista abruzzese, tradizionalista e cattolico, sono entrambi gratuitamente osteggiati dal culturale di moda, plagiato nell’accezione mistificante dei signori dell’usura. Ezra Pound, a nostro parere, non si distacca mai sentimentalmente dall’America contadina, ma è affascinato dalla forza creativa ed innovatrice della guerra del sangue contro l’oro, che crea nuove fiorenti città ove prima allignava malaria, pestilenza e morte. Tra i tanti cultori delle teorie di Auriti vi sono anche uomini di sinistra, che in virtù di quelle teorie cominciano a sperare in un avvenire affrancato dal signoraggio della grande usura.

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Come lo stesso Auriti ricorda, in Lavoro e usura Pound scrive: «il dieci Settembre scorso passai lungo la Via Salaria oltre Fara Sabina e dopo un certo tempo entrai nella repubblica dell’Utopia, un paese placido giacente fuori dalla geografia presente.» In nota Pound soggiunge: «Io avevo scritto: “Utopia, un paese placido giacente ottant’anni a Est di Fara Sabina”.» Poiché in questa frase coincidono una dimensione spaziale ed una temporale, va posto in evidenza che ad Est di Fara Sabina è nato a Guardiagrele il SIMEC, definito dai monetaristi come moneta poundiana, proprietà del portatore(e non della banca), ottant’anni dopo la nascita del Fascismo (1921-22). E Guardiagrele sta ad Est di Fara Sabina. La profezia di Pound si è puntualmente verificata. Potrebbe essere il segnale della rivincita del sangue contro l’oro. A margine del SIMEC è riportata un’antica frase della saggezza abruzzese: “Non bene pro toto libertas venditur auro” (Non è bene vendersi la libertà per tutto l’oro del mondo) che riecheggia l’insegnamento di Pound: «Il tesoro di una nazione è la sua onestà.» Si comincia a sperare…

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Il Paese dell’Utopia La risposta alle cinque domande di Ezra Pound E IL ROMANTICISMO DEL NOVECENTO «L'Ottocento, infame secolo dell'usura...»; . m'addormentai sotto le stelle sabine, (...) meravigliandomi della distanza trascorsa tra il mondo del novecento e quello della serenità...». Con queste due frasi lapidarie Pound esprime il nesso causale tra due secoli di storia: Post hoc ergo propter hoc (dopo questo, quindi per questo). È' l’avvento dell'usurocrazia la causa dell'angoscia che caratterizza il clima spirituale del nostro tempo. Non a caso nel linguaggio nato nella prassi mercantile americana l'usura è definita col termine “danger”: pericolo. Il pericolo è incompatibile con la serenità. Nel secolo dell'usura tutti i popoli sono diventati poveri perché sono stati indebitati per un valore pari a tutto il loro denaro sin dal 1694 - come ha intuito Pound - data di costituzione della Banca d'Inghilterra. Da queste poche parole emerge la grandezza dell'intuizione di Pound. Tutta la cultura del Novecento è permeata di romanticismo. Si avvertono, si soffrono i grandi problemi che travagliano la generazione: manca la consapevolezza filosofica e scientifica per risolverli. «Quello che è mancato in Italia specialmente fra gente pratica, fra gli industriali, grandi quanto piccoli, fra i commercianti, e non solamente fra i piccoli commercianti, è la visione del processo di strozzinaggio, la conoscenza del rapporto, e dei rapporti fra gli affari, fra la gestione di un'azienda produttiva o commerciale, e il sistema monetario mondiale, operando non a breve scadenza, non in periodi di tre mesi o di tre anni, ma alla lunga, durante i secoli e mezzi-secoli, sempre con lo stesso disegno: lucrare. E sempre con gli stessi meccanismi: cioè il creare debiti per sfruttarne l'interesse, e monopoli per potere variare il prezzo d'ogni cosa, ivi compreso il prezzo delle diverse unità delle diverse monete delle nazioni diverse.» Pound ha evidenziato così che la moneta è la grande lacuna culturale della tradizione romanocristiana. Pur dichiarandosi fascista evidenziava il limite culturale del Fascismo, comune del resto a tutti i movimenti romantici del Novecento. Romanticismo significa sentire i problemi della propria generazione più col sangue che col cervello. Con una umiltà pari al suo amore per la verità, dice: «... noi domandiamo cosa sia la moneta, il credito, l'interesse, l'usura. «Prima di discutere una politica monetaria, una riforma monetaria, una rivoluzione monetaria, dobbiamo essere ben sicuri della natura della moneta. «Il nemico è l'ignoranza (nostra). Al principio dell'ottocento John Adams (pater patriae) vedeva che i difetti ed errori del governo americano derivavano non tanto dalla corruzione del personale, quanto da un'ignoranza della moneta, del credito e della loro circolazione. «Siamo allo stesso punto.» E torniamo ancora oggi a domandarci. Siamo allo stesso punto? Riteniamo di no. Siamo infatti nelle condizioni ormai di poter dare una risposta esauriente alle cinque domande poste da Pound: “Cosa sia la moneta, il credito, l'interesse, l'usura, (...) e circolazione”. Siamo convinti che rispondendo a queste cinque domande si colma la lacuna culturale che ha causato il crollo delle monarchie cattoliche della Vecchia Europa e la sconfitta del romanticismo del '900. A tal fine appare indispensabile fare una breve premessa per definire il valore e distinguere tra fisiologia e patologia dei giudizi di valore. IL VALORE È UN RAPPORTO TRA FASI DI TEMPO ... così ad es. una penna ha valore perché si prevede di scrivere, il coltello ha valore perché si prevede di tagliare, la moneta ha valore perché si prevede di comprare. Il valore è pertanto il rapporto tra il momento del la previsione ed il momento previsto.

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Poiché il tempo, come diceva Kant, è l' Io che s i pone come realtà in quanto capacità in atto di constatare, prevedere e ricordare - e l'io presente nella sua continuità vitale è la costante del tempo - ci si spiega perché, non essendo concepibile tempo senza vita ossia “valore senza vita”, non esiste ricchezza in un mondo di morti. L'errore delle scuole romantiche sta essenzialmente nel fatto di aver concepito il valore come proprietà della materia, ossia come dimensione dello spazio. Lo spazio coincide solo col presente: tutto il resto è tempo. Quindi Pound, pur avendo intuito il problema, era impossibilitato a risolverlo perché la cultura economica ignorava (e tuttora ignora) il fenomeno della attività previsionale in cui lo stesso giudizio di valore si realizza. Questo limite culturale è denunciato da Pound in una significativa frase: «... accolgo con sollievo la tendenza di F. Ritter di parlar della moneta non nei termini di “finanza” ed “economia” ma in termini di grano e concime.» L'espressione è un esempio significativo della cultura romantica del novecento: nobilissima e geniale nell'individuare e criticare la tirannia malefica della grande usura, ma incapace di indicarne costruttivamente i rimedi. Se fosse vera la teoria del Ritter non vi sarebbe alcuna differenza tra baratto e compravendita. Solo dopo la scoperta del valore indotto è possibile distinguere il valore della misura (moneta) dal valore misurato (grano e concime). Una volta evidenziato che il valore è un rapporto tra fasi di tempo, va posta la distinzione tra la fase strumentale che attiene all'oggetto (ad es. la penna) e quella edonistica che attiene al soggetto (ad es. scrivere con la penna). Questa distinzione tra momento oggettivo e momento soggettivo in cui si realizza la fisiologia del valore, basa ovviamente sulla concezione dualistica di filosofia della conoscenza (aristotelicotomista), in cui si distingue l'oggetto dal soggetto. Poiché il passato ed il futuro non coincidono con l'Io presente (che è la costante del tempo) sono l'oggetto della memoria e della previsione ossia l'oggetto del giudizio di valore. Quando il giudizio di valore è costruito sulla base filosofica del monismo hegeliano (in cui si confonde l'oggetto col soggetto per la riduzione della realtà all'idea della realtà nel c. d. idealismo), si rende immanente il momento strumentale oggettivo, con quello edonistico soggettivo, con la conseguenza di personificare lo strumento. Nasce così il concetto di società senza contenuto umano, il fantasma giuridico che ha caratterizzato l'avvento del capitalismo: di cui l'usurocrazia intuita da Pound, è parte costitutiva ed essenziale. Con la confusione tra momento strumentale o funzionale (prerogativa dell'organo) e momento edonistico (prerogativa della collettività sociale) è nata infatti la grande malattia culturale della rappresentanza organica del momento edonistico del valore. Come dire - rifacendosi all'apologo di Menenio Agrippa - che, mentre il popolo assume la funzione di avere fame, il governo assume quella di mangiare in rappresentanza del popolo. La proprietà (anche della moneta) - che è godimento dei beni giuridicamente protetto e quindi attinente alla seconda fase di tempo del valore - è sottratta alla persona umana ed attribuita ai fantasmi giuridici. Le soggettività strumentali, strumenti operativi del capitalismo, sono diventate i paraventi delle grandi mangiatoie. Stato costituzionale, stato socialista, società anonima, ente di stato, banca, multinazionale, ecc. sono tutti concetti di società senza contenuto umano cioè degli strumenti che hanno stravolto le basi etiche della società organica tradizionale. Non a caso tutte le banche sono delle “S.p.A.”. Poiché è impensabile ed assurdo servire uno strumento, la regola del servire propria della società organica è stato sostituito da quella del servirsi tipico della soggettività strumentale. Il principio del “conviene essere giusti” è stato sostituito conseguentemente dal principio del “è giusto quello che conviene”. Non a caso il fenomeno di tangentopoli non costituisce solo una espressione statistica di

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incremento di delinquenza politica, ma manifesta, nella sua imponenza, il segno dei tempi di decadenza che stiamo vivendo. Ciò premesso rispondiamo alle cinque domande di Ezra Pound.

1-2 LA MONETA E LA CIRCOLAZIONE La moneta fu definita in modo esauriente da Aristotele come misura del valore. In ogni frase vi sono sempre due significati: uno esplicito e l'altro implicito. Il limite dei monetaristi sta nel fatto di essersi limitati a considerare solo il significato esplicito della definizione di Aristotele, “misura del valore” ed ignoravano quello implicito: “valore della misura”. Ogni unità di misura ha infatti, necessariamente, la qualità corrispondente a ciò che deve misurare. Come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore. Sicché la moneta non è solamente la misura del valore, ma anche il valore della misura che è il potere d'acquisto. Poiché ogni unità di misura è una convenzione ed ogni convenzione è una fattispecie giuridica, la moneta è una fattispecie giuridica. Dunque, la materia prima per fabbricare moneta è la medesima che serve a produrre fattispecie giuridiche: forma e realtà spirituale ossia simbolo e convenzione monetaria. In breve il simbolo acquista valore monetario per il semplice fatto che ci si mette d'accordo che lo abbia. La previsione del comportamento altrui come condizione del proprio, induce ognuno ad accettare moneta contro merce perché prevede di poter dare, a sua volta, moneta contro merce. La nascita di valore monetario, anche nel simbolo di costo nullo, indusse Pitagora a definire il valore monetario come “magia del numero”. Per numero si intendeva la misura perché ogni misura è un'espressione numerica: tanto è vero che normalmente si parla di “unità” di misura. Per spiegare il mistero della magia del numero abbiamo applicato il principio fondamentale della “circolarità delle scienze” per cui, quando non si riesce a spiegare un fenomeno nell'ambito della categoria scientifica in cui si manifesta, si deve ricorrere ad una categoria scientifica diversa applicando il principio per analogia. Con questo metodo abbiamo scoperto l'induzione giuridica utilizzando l'esperienza dell'induzione fisica. Come nella dinamo si trasforma energia meccanica in energia elettrica, così nella moneta si trasforma il valore di una convenzione cioè di una realtà spirituale, in un bene reale oggetto di proprietà. Qui il tempo viene oggettivato per induzione in maniera più intensa di quanto non avvenga nelle altre fattispecie giuridiche. Mentre di regola la strumentalità peculiare di ogni norma consiste nella tipica “previsione normativa”, la funzione della moneta non è limitata alla sola misurazione convenzionale (cioè normativa) del valore dei beni economici, ma costituisce, essa stessa, bene-oggetto di scambio perché incorpora per induzione giuridica il “valore della misura”. Nella fattispecie monetaria l'elemento formale del simbolo non ha il solo scopo di manifestare la convenzione, ma conferendo al portatore la previsione di “poter acquistare”, cioè il potere d'acquisto, incorpora il “valore della misura” e diventa così un bene nuovo, completamente autonomo e diverso da quelli misurati, tanto è vero che ne costituisce il corrispettivo nello scambio negoziale della compravendita. Questo argomento non poteva essere considerato da Pound perché non sapeva che il valore è “tempo” e non “spazio” cioè previsione e non merce. Come nella dinamo l'alternanza del polo positivo col negativo nella rotazione dell'indotto causa il campo elettromagnetico che genera energia elettrica, così nella convenzione monetaria il succedersi

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delle fasi della circolazione della moneta nelle mani proprie ed altrui determina analogamente l'alternanza dell' “Io” col “non Io”, del mio col tuo, che genera, per induzione giuridica, valore monetario. Come, nell'indotto fisico, nasce energia elettrica quando comincia la rotazione della dinamo, analogamente nasce il valore monetario all'atto dell'emissione nelle mani dell'accettante perché ne prevede la ulteriore cessione e circolazione nell'indotto giuridico. Come nella dinamo aumentando la velocità di rotazione aumenta la quantità di energia elettrica, così aumentando la velocità di circolazione della moneta ne aumenta il valore indotto, cioè il potere d'acquisto. Su questo principio le banche d'affari creano quantitativi illimitati di valore, attribuendo ai depositi bancari la velocità della luce trasferendoli da un continente all'altro con gli impulsi elettronici dei computer. Il fenomeno è stato definito dal Governatore della Banca d'Italia, come “deposito transnazionale che sfugge al controllo delle banche centrali”. Poiché il valore indotto è causato dalla circolazione della moneta, analogamente all'energia elettrica causata dalla rotazione della dinamo, mancando la consapevolezza scientifica del fenomeno, il governatore Fazio per esprimere il concetto, ha collegato la parola “deposito” che ha un significato statico, col termine “transnazionale” che ha un significato dinamico. Ha proposto così una definizione irrazionale del valore indotto perché espressa con due termini tra loro incompatibili. In conclusione la moneta non è solo il prodotto di una convenzione, ma di una attività convenzionale che, nella sua continuità, realizza il “potere d'acquisto” per induzione in una fattispecie di sociologia giuridica. La moneta che non circola è un mero simbolo, non è moneta. Il simbolo monetario può assumere tutte le forme possibili delle fattispecie giuridiche. Come la luce rossa e verde del semaforo è forma di norme giuridiche, perché consentono e vietano il transito, così il simbolo monetario può essere realizzato, per convenzione, nella luce del computer. Per spiegare la differenza tra diritto e sociologia giuridica basta portare un esempio elementare: il “contratto di compravendita” è fattispecie giuridica; “compratore e venditore legati dal contratto” è fattispecie di sociologia giuridica. È nell’ambito di questa seconda fattispecie che nasce e sussiste nella sua continuità, il valore indotto. Come la corrente elettrica è causata dalla rotazione che alterna polo positivo e polo negativo degli elementi elettrogeni, così l'io e l'altro, l'io e il non io, sono i poli giuridici nel cui ambito nasce il valore indotto. Come l'energia elettrica non nasce se non gira la dinamo, così il valore monetario non nasce se non circola la moneta nella attività negoziale del mercato. La moneta è diritto che vive. La carta moneta creata al puro costo tipografico.

3 - IL CREDITO Il credito ha un valore commisurato a quello della prestazione oggetto del credito. La moneta ha un valore commisurato all'ammontare numerico delle unità di misura del valore in essa rappresentate.

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È un puro valore giuridico causato dalla convenzione sociale sia nella sua essenza che nel suo ammontare. Il credito, come ad es. la cambiale, si estingue col pagamento. La moneta continua a circolare dopo ogni transazione perché, come ogni unità di misura, è un bene ad utilità ripetuta. Le scuole monetarie odierne, ignorando la distinzione tra valore creditizio e valore indotto hanno definito la moneta con l'assurda formula di “debito e/o credito inesigibile” per giustificarne l'esistenza e l'utilizzazione ripetuta. La risultante è stata l'assurda dichiarazione apposta sulle banconote (ad es. Lire Mille pagabili a vista al portatore. F.to Il Governatore della Banca d'Italia) concepite come false cambiali. Poiché il valore del credito è dato dalla sua esigibilità, questa moneta non dovrebbe avere alcun valore sicché per noi dovrebbe essere indifferente avere denaro in tasca o non averlo. La convenzione monetaria è talmente più importante di quella del linguaggio, che la dichiarazione cartolare impone qui una interpretazione addirittura incompatibile con quella letterale. Tutti ben sanno, infatti, che la banconota pur essendo una falsa cambiale è vera moneta. Solo su queste premesse si spiega perché il Paterson fondò nel 1694 la Banca d'Inghilterra sulla regola di prestare le (false) cambiali della banca invece dell'oro. Poiché il valore della cambiale è causato dalla promessa del debitore, spacciando moneta sotto la parvenza di una cambiale, il governatore si arrogava il diritto di emettere moneta di cui si appropriava perché la prestava all'atto dell'emissione. E prestare denaro è prerogativa del proprietario. Dunque il governatore è falso debitore, ma vero proprietario della moneta. In tal modo la moneta nasce di proprietà della banca che la emette prestandola ai cittadini. Dovrebbe invece nascere di proprietà dei cittadini ed essere ad essi accreditata come reddito di cittadinanza. La banca è pertanto un'associazione a delinquere che spaccia i propri delitti come un affare per le vittime. Una volta constatato che la moneta è una falsa cambiale, ci si spiega perché la Banca Centrale riporti la moneta emessa al passivo del bilancio, falsificandolo.

4 - L'INTERESSE È il prezzo dell'uso del denaro. Per analogia possiamo dire che è come la pigione che paga l'affittuario al proprietario per l'uso dell'appartamento. La differenza sta nel fatto che mentre nell'affitto la proprietà dell'oggetto locato resta nelle mani del locatore, nell'affitto del denaro, cioè nel prestito, la proprietà passa nelle mani dell'affittuario (cioè del debitore) perché il godimento della moneta sta essenzialmente nella sua spendibilità cioè nel poterne trasferire la proprietà in occasione della compravendita. Strettamente collegato al tema dell'interesse è quello della rarità della moneta. Infatti l'ammontare dell'interesse è funzionalmente collegato alla rarità della moneta. Fino ad oggi nessuna scuola è riuscita a dare una valida giustificazione scientifica del limite della rarità su cui programmare l'emissione di moneta. È questo il motivo per cui è mancata la possibilità di stabilire un criterio di discrezionalità tecnica per giustificare e regolamentare scientificamente il dover essere della funzione monetaria. Questa lacuna della scienza monetaria trova la sua significativa espressione in una risposta data da Einaudi a chi gli domandava quale fosse la legge della rarità: “Alla rarità dell'oro si è sostituita la saggezza dei governatori”.

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Queste parole, nella loro palese assurdità sono il sintomo dell'abitudine ormai consolidata nella prassi di attribuire al governatore della banca centrale non una funzione organica, quale dovrebbe essere, ma l'arbitrio più assoluto, incontrollabile ed insindacabile perché svolto, da un “saggio” per antonomasia, anche se in violazione di norme penali. La soluzione del problema è quindi possibile solo se si comprende che la moneta deve essere rara perché misura il valore dei beni economici che sono tali perché rari, cioè limitati nella quantità rispetto all'entità dei bisogni. Poiché ogni unità di misura deve avere la qualità corrispondente a ciò che deve misurare, come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta deve avere la qualità della rarità perché sono rari i beni di cui misura il valore. Quando la moneta era d'oro, il grave difetto era la rarità rigida ed incontrollabile. Con l'avvento della moneta nominale, la rarità è stata programmata non in funzione degli obiettivi interessi sociali, ma di quelli dell'usura. In altri termini, posto che il prezzo di mercato non è solo l'indice del valore dei beni, ma anche del punto di saturazione del mercato - per cui il mercato è saturo quando il prezzo tende a coincidere con i costi di produzione - solo quando questa tendenza si verifica, si deve desistere sia dalla produzione dei beni, che dall'emissione di moneta. Questa normalizzazione del mercato è possibile solo se la moneta è dichiarata sin dall'emissione, proprietà del portatore e senza riserva. Quando invece è emessa in prestito e con la riserva, il mercato è dominato dall'usura per due motivi: a) perché, all'atto dell'emissione, nasce di proprietà della banca che la emette prestando, cioè addebitando al mercato un debito non dovuto di cui può chiederne arbitrariamente la restituzione in tempi e quantitativi insindacabilmente stabiliti dal Governatore della Banca centrale (S.p.A., società privata con scopo di lucro); b) perché, una volta dimostrato che la moneta ha valore indotto e non creditizio, la riserva non serve se non come pretesto per avere la giustificazione di limitare l'emissione della moneta all'ammontare (presunto ed arbitrariamente stabilito) della riserva. Questo è il motivo per cui all'atto dell'emissione la Banca centrale per mantenere il controllo sui valori monetari, creati dai cittadini (e che dovrebbero essere pertanto ad essi accreditati), li emette prestandoli, cioè addebitandoli nella più gigantesca truffa di tutti i tempi. La grande usura ha trasformato, così, i popoli da proprietari in debitori del proprio denaro. Solo su queste premesse si spiega la nota apparsa sull'Hazard Circular nel 1862, ricordata da Pound: «Il grande debito che i nostri amici, i capitalisti dell'Europa, faranno in modo di far sortire da questa guerra, verrà adoperato per manipolare la circolazione (monetaria). Noi non possiamo permettere che i biglietti statali (greenbacks) circolino perché non possiamo regolarli (cioè la loro emissione ecc.)», non essendo gravati di debito. Ha ragione Pound quando afferma: «Gli usurai provocano guerre per creare debiti.» Siccome noi sappiamo che la stessa moneta oggi è un debito perché emessa dalle banche centrali solo prestandola, la frase di Pound va completata così: “per pagare altri debiti in una insolvenza cronica, ineluttabile”. Oggi abbiamo la prova che non è solo la guerra il mezzo per conservare ed aumentare i debiti (non dovuti), ma, per evitarne l'estinzione (con biglietti di stato), anche l'omicidio. Recentemente sulla rivista Chiesa Viva ,sotto il titolo “L'assassinio di J.F. Kennedy” è documentato il vero motivo dello storico delitto.

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Dopo l'assassinio del Presidente, il Vicepresidente J.B. Johnson, appena assunta la carica di Presidente, ordina il ritiro di tutte le banconote fatte stampare da Kennedy col suo ordine esecutivo 11110 del 4 giugno 1963. Queste banconote non riportavano più la scritta “FEDERAL RESERVE NOTE”, ma “UNITED STATES NOTE”!!! come emerge dalle due immagini riprodotte nell'articolo. Dunque Kennedy aveva capito che l'egemonia dell'usura basava sulla regola, nata con la banca centrale, di “emettere moneta prestandola alla collettività nazionale” che, creandone il valore con l'accettazione, ne doveva, invece, essere proprietaria sin dall'emissione. Ecco perché tutti possono prestare denaro, tranne chi lo emette. Emettere moneta prestandola è il signoraggio della grande usura che è nata nel 1694 con la Banca d'Inghilterra denunciata da Pound come “.... associazione a delinquere...” Sbaglia però Pound quando, commentando le parole del Paterson, limita al 60% questo prelievo usuraio. La famosa frase di William Paterson, fondatore (della Banca d'Inghilterra: «Il banco trae beneficio dall'interesse su tutta la moneta che crea dal niente», che appare spregiudicatamente sincera, in effetti nasconde la parte più importante della verità perché non è vero che il banco si arricchisce solo dell'interesse, ma anche ed innanzitutto della stessa moneta, il cui valore - come abbiamo visto -non è creato dalla banca, ma dalla collettività. Dunque il costo del denaro non è solo del 60%, ma anche di un ulteriore 200% perché viene trasformato un credito (+100%) in un debito (-100%) senza contropartita! La carità bancaria è più forte di quella cristiana. La carità cristiana insegna a rimettere i debiti. La carità bancaria insegna addirittura a pagare i debitori. Le banche centrali che prestando il dovuto riscuotono come creditrici i propri debiti.

5 - L'USURA L'Usura intuita da Pound è il signoraggio. Non si può comprendere perché Pound si dichiarò fascista se non si parte dal fondamentale messaggio di Mussolini: “La guerra del sangue contro l'oro”. E non si può capire questo messaggio se non si parte dalla fondamentale concezione dello “stato etico” in cui il Cattolicesimo è “Religione di Stato”. La incompatibilità assoluta tra stato etico e stato democratico sta nel fatto che in quello il fondamento è la “sete di giustizia”, in questo l'etica è una variante perché la legge del numero (la volontà della maggioranza) è, per sua natura, finalisticamente neutra e modificabile con le strategie culturali di dominazione (mass media). Il fenomeno più importante che si è avuto con la Rivoluzione Francese, non è stata la carta costituzionale, ma la banca centrale con la contestuale sostituzione della moneta d'oro con la moneta nominale. Ciò non è stato un semplice mutamento della struttura merceologica del simbolo, ma la sostituzione di una fattispecie giuridica con un'altra. Quando la moneta era d'oro, il portatore ne era il proprietario; con la moneta nominale, ne è diventato inconsapevolmente il debitore. Tutta la moneta nominale è emessa dalle banche centrali prestandola: dunque tutto il denaro in circolazione è gravato di debito verso le banche centrali. Facendo leva sul riflesso condizionato causato dall'abitudine secolare di dare sempre un corrispettivo per avere denaro, le banche centrali hanno indotto tutti i popoli del mondo ad accettare la propria moneta all'atto dell'emissione, col corrispettivo del debito, cioè in prestito, nella più grande truffa di tutti i tempi, passata inosservata perché troppo evidente.

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Sicché se taluno volesse pagare con denaro un debito di denaro, è come se pretendesse di pagare con un debito un altro debito. A lungo andare è costretto a pagare un debito non dovuto, con il proprio capitale ed il reddito del suo lavoro. È questo il signoraggio della grande usura con cui l'uomo è posto ad un rango inferiore a quello della bestia. La bestia infatti non ha la proprietà, ma nemmeno il debito. La moneta debito (nominale) è il capolavoro di Satana. Di solito vale la regola per cui non esistono strumenti buoni o cattivi, ma solo il modo buono o cattivo di utilizzarli. Con la moneta debito, chi l'accetta viene truffato, per il solo fatto che l'accetta, perché ne viene contestualmente espropriato ed indebitato perché accetta in prestito il proprio denaro di cui ne crea il valore accettandolo e ne viene contestualmente espropriato ed indebitato perché l'accetta in prestito all'atto dell'emissione. Questo debito non dovuto, nato, come abbiamo visto, con un costo iniziale del 200% circola nell'angoscia dell'insolvenza ineluttabile. È la grande usura nata con la sterlina e la Banca d'Inghilterra nel 1694. La prova di ciò sta nel fatto che, una volta, la gente lavorava per un profitto. Oggi lavora per pagare debiti. Il suicidio da insolvenza è diventata una malattia sociale che non ha precedenti nella storia: “... peggio della peste è l'usura...”: ha ragione Pound. L'espressione da lui proposta di “usurocrazia”; scuote dalle fondamenta la communis opinio che ha posto lo stato di diritto di scuola liberale, nell'olimpo dei concetti definitivi ed intoccabili. «Ai liberali (che non sono tutti usurai) domandiamo: perché gli usurai sono tutti liberali?» Che oggi il politico sia - come diceva Pound - il “cameriere del banchiere”, emerge dall'ovvia considerazione che, se si mettono a confronto il governatore della Banca centrale ed il Capo del governo, il primo può concedere o negare in prestito tutto il denaro che vuole, il secondo può solo chiederlo o non chiederlo, solo in prestito. È ovvio quindi che il secondo è il cameriere del primo, ma non perché abbia animo servile, ma perché le regole del gioco non consentono altrimenti.

CONCLUSIONE In conclusione, la soluzione dei problemi posti da Pound all'attenzione del Mondo sta nel rivendicare, a favore di ogni popolo, la proprietà della sua moneta. La rivoluzione monetaria della Banca d'Inghilterra ha trasformato la moneta-proprietà del portatore (oro) in moneta nominale (debito del portatore e proprietà della banca). La controrivoluzione deve trasformare la moneta-debito in moneta proprietà del portatore (non della banca), senza riserva (come l'oro), con simbolo di costo nullo (come la carta). Solo così sarà possibile restituire ad ogni Uomo la dignità giuridica che gli compete, liberarlo dall'angoscia dell'insolvenza ineluttabile per debiti non dovuti e consentirgli, finalmente, di vivere tempi nuovi a dimensione umana. Non sorprenda il lettore la nostra ammissione di aver desunto le nostre risposte a Pound dal suo insegnamento, perché Pound non ci ha dato solo il presagio della verità monetaria (il valore indotto della moneta), ma anche ed innanzitutto il grande insegnamento etico della ricerca della verità a qualunque costo.

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Post Scriptum GUARDIAGRELE, IL PAESE DELL'UTOPIA Marino Solfanelli sulle cui spalle cade la responsabilità della pubblicazione di questo breve saggio, ci ha provocato a motivare perché Ezra Pound si sia dichiarato fascista. La necessità di questa precisazione emerge dal fatto che, nella communis opinio, questo gesto poundiano viene giudicato come confessione di un peccato. Il plagio culturale programmato dai vincitori è riuscito infatti a spacciare, come difetto, un pregio. Poiché in politica ciò che non è manifestato non esiste (e la manifestazione ha un costo) chi ha pagato il pifferaio della storia, ha scelto la musica della “falsa verità”: Gli usurai, padroni del denaro, hanno ufficialmente ed autoritativamente spacciato, per democrazia, l'usurocrazia. Se per democrazia s'intende popolo sovrano, allora il popolo non deve avere solo la sovranità politica, ma anche quella monetaria in una democrazia integrale che basa sulla “sete di giustizia” (come il plebiscito romano) e non sulla legge del numero che è finalisticamente ed eticamente neutra. L'esperienza ci ha infatti insegnato che spesso la maggioranza viene conseguita non da chi ama il popolo, ma da chi ha il denaro per comprarla. La parola “democrazia” che era nata sette secoli prima in Grecia, non una volta è usata nel Vangelo e l'unica volta che nel Vangelo è applicata la “democrazia”, il popolo manda in croce Cristo e libero Barabba sicché, secondo l'etica democratica, dovremmo osannare Barabba e condannare Cristo. La democrazia è, tutt'al più, un codice di procedura, non un codice d'onore. Pound aveva capito che quando Mussolini dichiarava e promuoveva la guerra del sangue contro l'oro aveva ragione da vendere. Lui sentì così profondamente questo messaggio di giustizia che si dichiarò fascista con una forza morale sovrumana, riconoscendo come cittadino americano, in tempo di guerra, che la sua patria combatteva dalla parte sbagliata. Il fato gli aveva assegnato la terra dove doveva nascere. Quando ha potuto scegliere personalmente dove vivere e morire, ha preferito la terra, sconfitta sì, ma dalla parte del sangue: piuttosto che restare sulla sua, pur vincitrice, ma dalla parte dell'oro. In una preziosa e profetica nota dice: «Il dieci Settembre scorso passai lungo la Via Salaria, oltre Fara Sabina e dopo un certo tempo entrai nella repubblica dell'Utopia, un paese placido giacente fuori della geografia presente.» E poi soggiunge: «Io avevo scritto: “Utopia, un paese placido giacente ottant'anni a Est di Fara Sabina” (...)». Non si scandalizzi il lettore se osiamo pensare che il paese dell'Utopia, profetizzato da Pound, sia Guardiagrele. Sta infatti ad Est di Fara Sabina ed in quello stesso paese, ottant'anni dopo, è nata quella che è stata definita non a caso, la moneta poundiana, proprietà del portatore e non della banca, senza debito e senza riserva: il Simec. A questo punto potrebbe sembrare che chi scrive è un guardiese fascista. Guardiese sì, ma non fascista perché è “troppo poco”. La guerra del sangue contro l'oro ineluttabilmente continua e non vogliamo continuare a perdere. Quando il banchiere lord Bennet dice a Pound: “Abbiamo impiegato vent'anni per battere Napoleone, ci basteranno cinque anni per battere il fascismo”, dimostrò la sua superiorità culturale (non morale) perché la storia gli ha dato ragione. Mussolini non poteva vincere la guerra perché non aveva capito che il nemico da battere era l'oro degli usurai: la moneta debito della Banca d'Inghilterra. La proprietà popolare della moneta è la grande rivincita al gioco della storia che ci accomuna fedelmente agli eroi, di ogni schieramento o colore politico, che hanno combattuto sulla medesima frontiera, contro la grande usura. Noi trasformeremo tutti i popoli del mondo da debitori in proprietari della moneta, per il solo fatto che questa idea è nata. Dicono i sociologi che le idee forza che cambiano la storia, devono avere la qualità della novità e della semplicità; questa ha anche quella della verità. E le idee si affermano con una velocità

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proporzionata alla loro necessità storica. Ecco perché siamo “rassegnati” a vincere... perché, ovviamente, non possiamo perdere. Questa è, pertanto, la nostra profetica utopia. L'utopia nel campo scientifico non esiste. Chi avesse detto un secolo fa che si sarebbe andati sulla Luna sarebbe stato preso per pazzo. Ci rendiamo conto che trasformare i popoli da debitori in proprietari della loro moneta è molto più “utopistico” che andare sulla Luna. Dopo la scoperta del valore indotto come fenomeno attinente alla scienza del diritto, l'attuazione della proprietà popolare della moneta non è solo possibile, ma doverosa per eliminare il signoraggio della grande usura.

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Contributi sulla moneta 1) Note di filosofia del valore. Lo spazio coincide solo col presente, tutto il resto è tempo Tutte le scuole di scienze sociali ed economiche si sono trovate finora nella impossibilità di realizzare una seria indagine scientifica perché mancavano dei presupposti di filosofia del valore assolutamente indispensabili per conoscere e definire l'oggetto stesso della loro ricerca. Poiché ogni serio procedimento scientifico, libero dalle banali e gratuite costruzioni del pragmatismo empirico, muove dalla precisazione di un postulato iniziale la cui veridicità può essere solo constatata e non dimostrata, noi assumiamo il postulato che il valore è un rapporto tra fasi di tempo. Così ad es. la penna ha valore perché si prevede di scrivere, il coltello ha valore perché si prevede di tagliare, la moneta ha valore perché si prevede di comprare ecc. Sicché il valore è il rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto. Posto che il tempo è l'io che si pone come realtà in quanto capacità in atto di ricordare, constatare e prevedere, potrebbe sembrare, a prima vista, che non esiste una dimensione oggettiva del tempo perché coincidente con l’io pensante. Ci si rende conto invece che esiste il tempo oggettivo purché si tenga conto del fondamentale principio ermeneutico della precisazione del punto di osservazione della realtà fenomenica. Poiché la costante del tempo è il presente che è l'io pensante nella sua continuità vitale, il punto di osservazione della realtà è l’io presente. Il momento ricordato e quello previsto non sono ovviamente il presente: sono tempi pensati e non pensanti. La realtà oggettiva del presente è lo spazio. Lo spazio infatti, coincide solo col presente. Tutto il resto è tempo. L'io presente del tempo monetario è il portatore della moneta che è il punto di osservazione che ne consente la valutazione oggettiva spaziale (che è il possesso del simbolo) e temporale (che è la previsione di poter comprare). Sicché, quando i monetaristi pretendono di definire il valore come una proprietà della materia – ad es. il valore intrinseco dell'oro come una proprietà del metallo - cadono nell'insanabile errore di considerare il valore nella dimensione dello spazio e siccome abbiamo evidenziato che il valore è sempre una previsione cioè una dimensione del tempo, cadono nell'assurda pretesa di andare alla ricerca del valore dove non c'è. Anche l'oro ha valore per convenzione, cioè per la previsione della accettazione altrui come condizione della propria accettazione, come misura del valore e valore della misura. Ognuno è infatti disposto ad accettare moneta contro merce perché prevede di dare a sua volta moneta contro merce. Anche nell'oro, tradizionalmente utilizzato come simbolo monetario si è verificato il fenomeno dell'induzione giuridica. L'oro, come ogni moneta pur se costituita da simboli di costo nullo, è una fattispecie giuridica perché di valore meramente convenzionale. Ciò posto, appare evidente che la materia prima per fabbricare moneta è la medesima che serve per fare fattispecie giuridiche e cioè forma e realtà spirituale, ossia simbolo e convenzione monetaria. Poiché le possibili forme del diritto sono: scritto, parola, comportamento (è il caso della moneta merce il cui valore nasce per il ripetersi costante del comportamento concludente della accettazione), pubblicità e luce (come il verde e rosso dei semafori sono forme di un “dover essere” giuridico, così le luci dei computer sono diventati “simboli monetari”), sono anche le possibili forme della moneta. Solo su queste premesse si può porre la distinzione fondamentale tra fisiologia e patologia del valore come presupposto di tutte le categorie scientifiche in cui il ricercatore deve avere la piena consapevolezza che la sua capacità conoscitiva è normale nel coordinamento organico e contestuale della dimensione temporale e spaziale. Il giudizio di valore è normale solo se si distingue il momento strumentale oggettivo, dal momento edonistico soggettivo. Ciò significa che il giudizio di valore è normale solo se si basa su una concezione dualistica di filosofia della conoscenza che distingue tra soggetto ed oggetto. Il momento strumentale è il momento oggettivo del valore perché è il momento oggettivo del tempo. Il momento edonistico è il momento soggettivo del valore perché è il momento soggettivo del tempo. Esso coincide sempre col presente, cioè con l'io pensante.

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Il giudizio di valore è anormale quando si confonde il momento strumentale con quello edonistico cioè quando, in applicazione della concezione monistica di filosofia della conoscenza che riduce la realtà all'idea della realtà, si confonde l'oggetto col soggetto e quindi il momento strumentale, oggettivo con quello edonistico, soggettivo. La conseguenza macroscopica di questa deformazione del giudizio di valore è il fenomeno della personificazione della strumento che ha determinato nel diritto societario la sconvolgente malattia culturale della c. d. soggettività strumentale per cui la società non è considerata come l'insieme dei soci legati dal rapporto organico, ma come concetto senza contenuto umano: vero e proprio fantasma giuridico. Il vero ed inconfessabile scopo della strategia culturale che ha concepito e realizzato il fenomeno della soggettività strumentale, è stato consentire alle società strumentalizzanti la mostruosa rappresentanza organica del momento edonistico del valore, che è il capitalismo. Come dire che mentre il popolo assume la funzione di avere fame, il governo assume quella di mangiare in rappresentanza del popolo. L'esperienza storica del razionalismo hegeliano ci ha insegnato che il monismo è stato strumentalizzato per confondere l'oggetto col soggetto, cioè l'Io col non Io, ossia l'Io col Tu e il mio col tuo, perché il tuo possa diventare mio. Ecco perché Hegel è il filosofo del capitalismo. Ridotto il concetto di società a strumento, cioè a concetto senza contenuto umano la conseguenza ineluttabile è stata la sostituzione della regola del servirsi a quella del servire (proprio della società organica e del diritto naturale) perché è ridicolo pensare che si possa servire uno strumento. Conseguentemente si è sostituita all'etica naturale del conviene essere giusti, l'etica economicistica: è giusto quello che conviene. L'interesse sociale non può qui coincidere con quello dei soci perché la “società strumentale” non è “i soci”. Si maschera così sotto la parvenza di interesse sociale quello di un fantasma giuridico che altro non è che il paravento delle grandi mangiatoie delle società strumentalizzanti. Ecco perché con l'avvento delle soggettività strumentali, si sono vissuti e si vivono necessariamente solo tempi di decadenza perché comandano i peggiori. Ridotta infatti la realtà all'Io pensante non si ammette altra utilità che l'utilità dell'Io e conseguentemente si riduce l'utilità ad egoismo. Su queste premesse si spiega il fenomeno di tangentopoli che non può essere considerato come occasionale aumento statistico di delinquenza politica, ma come segno dei tempi. È la proiezione storica della grande malattia culturale del monismo hegeliano. Gli strumenti utilizzati per l'instaurazione della mostruosa rappresentanza organica del momento edonistico del valore sono essenzialmente gli stati costituzionali (sia liberali che socialisti), le banche centrali, le società anonime e le multinazionali. Poiché il godimento dei beni si realizza praticamente nel diritto di proprietà - che è appunto “godimento dei beni giuridicamente protetto” – il capitalismo ha realizzato l'espropriazione dei popoli o con la norma costituzionale degli stati socialisti nel capitalismo di stato, o con la moneta nominale (che è moneta debito perché emessa in prestito dalle banche centrali) nel capitalismo usurocratico degli stati liberali, o col conferimento del capitale nelle società anonime in cui si trasforma il socio da proprietario in azionista, cioè creditore di un credito inesigibile pari a tutto il capitale conferito. In tutte queste fattispecie, il comun denominatore è che la proprietà diventa apparentemente di un fantasma giuridico, sostanzialmente delle società strumentalizzanti: la nomenclatura negli stati socialisti, la massoneria in quelli liberali, il sindacato di maggioranza del pacchetto azionario (che non ha nulla a che fare con la maggioranza degli azionisti) nelle c. d. società di capitali: essenzialmente banche e multinazionali. Su queste premesse ci si rende conto che la collettività umana vive oggi in un sistema che ha le prerogative dell'allevamento di bestiame e non quelle della società degli uomini. Ciò è stato possibile perché si è realizzata una strategia di dominazione mediante una cultura iniziatica basata su principi di etica economicistica di stampo hegeliano.

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Solo su queste premesse è possibile spiegarsi perché, contestualmente alla nascita della moneta nominale, le banche sono state tutte concepite come soggettività strumentali. Con la Banca d'Inghilterra (1694) si è realizzata infatti la mostruosa rappresentanza organica del momento edonistico del valore trasformando i popoli da proprietari in debitori del proprio denaro perché si è costituita e consolidata la regola di consentire alla banca di emettere moneta solo prestandola. Ed ove si consideri che la somma delle unità di misura monetarie incorpora un valore, cioè un potere d'acquisto pari a quello di tutti i beni reali misurati o misurabili nel valore, questo valore specularmente duplicato può assumere o il segno positivo della proprietà - ed in tal caso raddoppia la ricchezza dei popoli - o il segno negativo del debito che precipita i popoli nell'angoscia dell'insolvenza ineluttabile. Quando infatti la Banca centrale emette moneta prestandola - come oggi avviene - carica il costo del denaro del 200% perché espropria ed indebita la collettività del suo denaro, peraltro con l'ulteriore aggravio degli interessi. Non a caso la trasformazione dei popoli da proprietari in debitori del proprio denaro (mediante la sostituzione della moneta d'oro con la moneta nominale) si è verificata contestualmente a due soggettività strumentali (basate sull'etica economicistica del servirsi in luogo del servire): stato costituzionale e banca centrale.

2) L'Euro moneta scomoda. Perché? Quando l'usuraio fa qualcosa c'è sempre il perché. Tutti hanno capito, per esperienza quotidianamente sofferta, che l'euro è una moneta scomoda. Solo pochi hanno capito il vero perché. La grande opinione pubblica crede che si tratti di una ineluttabile necessità collegata alla sostituzione della vecchia con la nuova moneta. È una falsa convinzione perché i numeri sono, in questo caso, liberamente programmabili. Come al solito le cose più difficili ad osservare sono le cose ovvie, come i baffi, che non si vedono perché stanno sotto il naso. Il portatore dell'euro è come il portatore del baffo. Infatti, la scomodità dell'euro costituisce un incentivo ad utilizzare carte di credito o bancomat con cui si sostituisce all'argent de poche, cioè alla moneta delle proprie tasche, la moneta di banca. Con bancomat la nostra tasca si trasforma in una vera e propria agenzia bancaria su cui vengono computati i costi per i relativi servizi di deposito e di prelievo. La banca, in tal modo, fa uso delle nostre tasche come se fosse la sede di una propria agenzia, senza pagare l'affitto ed acquista il controllo su una ulteriore liquidità altrimenti irraggiungibile. L'euro è come il numero della bestia, di cui parla l'Apocalisse, che sta sulla fronte e sulla mano e che serve per comprare e vendere. Aggiunge al debito non dovuto della moneta corrente l'ulteriore danno della schiavitù spontanea verso la grande usura.

3) La moneta “coloniale” Lo andiamo dicendo da anni e i fatti ci stanno dando ragione: l'euro è una moneta di serie B perché opera in un mercato disorganico; il mercato europeo, infatti, manca delle fonti di energia. Solo gli economisti senza cultura possono ritenere l'euro moneta idonea a consolidare le prerogative della sovranità. Per fare un paragone, oggi l'euro è come una fabbrica che può produrre tutti i beni di prima necessità tranne uno; l'euro può comprare tutto tranne il petrolio, e quando l'Europa ha bisogno di petrolio deve usare il dollaro. La storia, maestra di vita, ha insegnato che nel momento in cui l'Europa stava completando l'organicità del mercato con l'apertura ai mercati orientali, l'America è intervenuta nel Kossovo con il ridicolo pretesto di combattere il contrabbando di petrolio. Ecco perché l'euro non può assumere altro che la funzione di moneta coloniale. Sono trascorsi più di cinque anni da quando abbiamo affermato che il dollaro avrebbe disintegrato l'euro per due motivi: perché aveva interesse a farlo, e perché ha la forza per farlo. Il risultato della strategia monetaria, imposta al mercato europeo dai vertici della Federal Reserve Bank, fu previsto

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da Giuseppe Palladino che lo definì stagflazione, che vuol dire ristagno economico e sottovalutazione monetaria, oggi impropriamente indicato come inflazione, che si ha quando la quantità di moneta in circolazione è troppo abbondante rispetto agli incrementi produttivi. Oggi la moneta è scarsa e sottovalutata, sicché si ha una doppia spinta verso la povertà, perché la moneta è poca e vale poco. I grandi usurai l’ hanno concepita così perché vogliono espropriare i popoli, indebitandoli del loro denaro, peraltro rarefacendolo con tecniche bancarie usurocratiche. L'Europa è sotto la spada di Damocle del grande usuraio esattamente come l'Argentina. L'unica risposta a questa aggressione della grande usura è la proprietà popolare della moneta, ovvero togliere la proprietà della moneta alla Banca Centrale (una società privata) e attribuirla ai popoli all'atto dell'emissione.

4) La scandalosa falsità degli scandali o il vero scandalo delle falsità? Con la scoperta del valore indotto non cambia solamente la lettura della storia ma anche quella dei bilanci. La drammatica esplosione degli scandali giganteschi che tocca i vertici dei maggiori complessi economici americani di dimensioni mondiali è, a nostro avviso, causata dal fatto che tutte le scuole economiche non hanno ancora capito cos'è la moneta. La macroscopica conseguenza di questa malattia culturale è: o la pretesa di negare l'esistenza della moneta come bene economico (definendola, secondo le tesi del nichilismo monetario, come “il nulla” o “strumento neutro dello scambio”), ovvero quella di proporne la definizione come “debito e/o credito”. Se fosse vera la prima ipotesi, per noi dovrebbe essere indifferente avere denaro in tasca o non averlo ed i ladri di denaro dovrebbero essere messi in libertà perché avrebbero rubato “nulla”. Se fosse vera la seconda un debito di denaro sarebbe “un debito di un debito”. Mentre la prima ipotesi è stata presa in considerazione solo dagli economisti dei salotti letterari, la seconda è quella che, purtroppo, è stata presa in considerazione dagli estensori dei bilanci delle banche centrali e delle multinazionali perché costretti ad ammettere, sia pure in modo errato, che la moneta esiste. Un vecchio contadino, amico mio, mi insegnava che il peggior difetto del pidocchio non è quello di succhiare sangue, ma di essere cretino perché non sa fare altro: ed il cretino è più pericoloso del delinquente perché totalmente imprevedibile. Una volta dimostrato che la moneta è un bene reale perché non è solamente misura del valore, ma anche valore della misura (perché ogni unità di misura ha necessariamente la qualità corrispondente a ciò che deve misurare: come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore) tutto il sistema economico americano è in deficit perché mancando la distinzione tra valore indotto e valore creditizio, cioè tra moneta e debito, tutti i bilanci riportano fatalmente a debito anche il valore della moneta in quanto concepita come moneta-debito che è la c. d. moneta nominale o, per dirla alla Ciampi (disegno di legge proposto dal Governo Ciampi il 10 febbraio 1993) “debito inesigibile” (come dire “acqua asciutta”). La crisi americana potrebbe essere causata da una macroscopica falsificazione dei bilanci in cui sono riportati a debito, cioè come valori negativi, i valori monetari che sono invece valori patrimoniali altamente positivi perché di costo nullo (in quanto prodotti, come ogni unità di misura, dalla semplice attività mentale della convenzione sociale), consolidati nel potere d'acquisto che duplica specularmente il valore di tutti i beni reali misurati o misurabili nel valore. In tal modo la moneta debito, invece di duplicare specularmene il valore dei beni reali, cioè la ricchezza del popolo americano, lo precipita nell'angoscia dell'insolvenza ineluttabile perché, all'atto dell'emissione, il costo del denaro è del 200%, in quanto si trasforma “+ 100%” in “- 100%”. Le malattie culturali sono le più deleterie. Come si vede, il mio amico contadino aveva ragione: i cretini (monetaristi) sono più pericolosi dei delinquenti, ed il principio vale non solo per l'America, ma ha dimensione mondiale. Il mio consiglio per il Presidente degli USA è, pertanto, di far riesaminare i bilanci tenendo conto della

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distinzione tra moneta e debito (come dire debito ed il mezzo per pagarlo). Anche la Banca d'Italia nei propri bilanci ha sempre riportato a debito la moneta che ha emesso prestando. Prestare è una qualità del proprietario, non del debitore. Si può imbrogliate una parte del mondo per una parte del tempo o tutto il mondo per una parte del tempo o una parte del mondo per tutto il tempo, ma non si può imbrogliare tutto il mondo per tutto il tempo.

5) Il perché del “muro contro muro” tra Confindustr ia e Sindacati. Le malattie del plusvalore e della flessibilità Nei corpi sociali le idee sbagliate sono come le malattie del corpo umano: e le malattie croniche del mondo del lavoro sono due: il plusvalore e la flessibilità. Quando Marx affermava che il datore di lavoro sfruttava parassitariamente il lavoratore perché si appropriava del margine di profitto, cioè del plusvalore, poneva la premessa ideologica su cui nasceva il sindacato come strumento di rivoluzione con lo scopo di rivendicare, sotto forma di aumento di salari, il plusvalore. Poiché il lavoro-libero si distingue dal lavoro-schiavo perché basato sulla libera contrattazione dei compensi, l'esasperata applicazione della teoria del plusvalore, distrugge il contratto del lavoro poiché distrugge l'interesse a contrarre del datore di lavoro. Questa malattia culturale costituisce l'anticamera o della disoccupazione o del lavoro senza contratto (che è il ritorno alla schiavitù o quantomeno al lavoro nero). Con l'avvento della globalizzazione e la concorrenza internazionale dei mercati del lavoro, questa malattia si è talmente aggravata da esplodere in conflittualità non solo tra datori di lavoro e sindacato, ma anche nei confronti delle autorità di governo. La prognosi è diventata decisamente infausta con la seconda malattia della flessibilità, la cui terapia è impossibile poiché è stata sbagliata la diagnosi. Con la flessibilità, la riduzione del potere d'acquisto dei salari non è imputabile al datore di lavoro o al governo, ma ai vertici delle banche centrali perché solo queste hanno il potere di determinare arbitrariamente spinte deflazionistiche o di sottovalutazione monetaria costringendo gli imprenditori o a cessare le attività produttive, o ad accettare la flessibilità adeguando costi e prezzi alle oscillazioni di valori monetari che guidano la stessa globalizzazione dei mercati. Quindi le rivendicazioni sindacali con le relative contestazioni (compresa la c. d. intangibilità dell'art. 18) non vanno sollevate come conflittualità sindacali nei confronti dei datori di lavoro, ma nei confronti della Banca centrale, in modo compatto da governo, datori di lavoro e lavoratori. La flessibilità attiene infatti al potere d'acquisto della moneta. Il valore indotto non ha nulla a che fare col plusvalore. La soluzione radicale di questi problemi (e non solo di questi) sta nell'attuazione del principio della proprietà popolare della moneta. Solo restituendo la moneta ai legittimi proprietari sarà possibile razionalizzare il sistema. Non a caso San Tommaso afferma che l'etica è un aspetto della razionalità.

6) La “trappola” dell'art. 107 del Trattato di Maas tricht. L'Europa come l'Argentina? Sì! La validità di questa diagnosi basa su due argomenti fondamentali: 1) l'art. 107 del Trattato di Maastricht; 2) l'avvento dell'euro. Alla prima lettura del Trattato, pur se spiacevolmente sorpresi dall'articolo 107, non ne avevamo compreso il vero perché. Oggi, dopo il dramma dell'Argentina, finalmente l'abbiamo capito. L'art. 107 - che vieta qualsiasi possibilità di contatto o interferenza tra gli Stati Membri e la Banca Centrale Europea nella fase dell'emissione - è stato ufficialmente giustificato sul principio della necessità di salvaguardare l'euro da spinte o sollecitazioni inflazionistiche. (Questa esigenza poteva essere soddisfatta sulla base dei normali criteri di “discrezionalità tecnica” ben note alle scuole della statistica bancaria, tanto è vero che questa norma non ha precedenti.) La verità è che si è voluto alzare un muro invalicabile analogo a quello che separa gli Stati dalle banche centrali straniere. In altri termini, con l'art. 107 il rapporto tra Stati Europei e BCE è identico a quello esistente tra

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l'Argentina e la Federal Reserve Bank americana. Su queste premesse l'emissione dell'euro è fatta dalla BCE come se fosse un prestito ad uno stato estero. Apparentemente, poiché le banche centrali emettono moneta solo prestandola, potrebbe sembrare che tra l'emissione di moneta all'interno o all'estero non vi sia nessuna differenza, mentre noi ben sappiamo - e meglio di noi lo sanno gli estensori del citato 107 - che il prestito all'estero è drasticamente preteso in restituzione per norma e consuetudine internazionale, in quanto effettuato a favore di estranei; il prestito all'interno è attenuato e/o dilazionato per i contatti e le sollecitazioni che normalmente caratterizzano i rapporti tra banca centrale e governo: quei medesimi contratti che l'alta loggia bancaria ha voluto attentamente evitare in quanto particolarmente fastidiosi agli usurai di regime. In altri termini, con l'art. 107 e l'avvento dell'euro, l'Europa sta nella stessa subordinazione che ha l'Argentina nei confronti del dollaro. S'indebita, infatti, per debiti peraltro non dovuti, nei confronti della BCE, per un valore pari a tutto l'euro in circolazione, senza alcuna possibilità di poter evitare che la spada di Damocle dei debiti (per altro non dovuti), precipiti, come in Argentina, sulla sua testa. Il fatto stesso che nel trattato di Maastricht sia stato tempestivamente inserito l'art. 107, in tempi non sospetti, ci fa pensare che il “Damocle pro tempore”, il governatore Duysemberg, abbia serie intenzioni di precipitare la spada, copiando quanto ha fatto il suo collega, Alan Greespan, con l'Argentina. Dunque la “spada” esiste e sta sulle nostre teste. Ci auguriamo che non caschi, ma questa speranza non è sufficiente. Ecco perché occorre predisporre una moneta di emergenza che consenta di colmare i vuoti monetari analoghi a quelli argentini. La moneta è come il sangue, la sua quantità deve essere adeguata alla entità del corpo da irrorare, e si deve predisporne la disponibilità per la trasfusione eliminando il rischio del collasso mortale. Il Governo Argentino comprese questa verità e progettò la moneta alternativa, l'argentina, la cui emissione fu impedita, com'è noto, dall'intervento di autorità usurocratiche sovranazionali. Il nostro vantaggio è dato dal fatto che - su iniziativa del Sindacato Antiusura SAUS - è già nata in Italia la moneta alternativa, il SIMEC, che consente di affrontare i tempi di emergenza perché concepito in modo da non poter essere controllato dal sistema delle banche centrali in quanto nasce “di proprietà del portatore” e “senza riserva”, come l'oro, ed ha ottenuto il crisma della legittimità con Ordinanza del Tribunale di Chieti (del 21 settembre 2000, n. 127) e la pubblicazione sul Catalogo euro-unificato della moneta italiana (Alfa Edizioni, Torino, 2001, pag. 791, dove è ufficialmente quotato: “Attuale valore virtuale: 1000 Simec = 2000 lire”). Occorre pertanto promuovere la conversione euro-simec e/o simec-euro mediante fondi di convertibilità all'uopo costituiti, conferendo nel fondo non la proprietà, ma la sola disponibilità per il cambio. In tal modo il conferente, caratista del fondo, resta proprietario sia degli euro che dei simec di sua spettanza.

7) Il primo a denunciare la gigantesca truffa è stato Carlo Marx. “Ridurre le tasse eliminando gli sprechi”???!!! Gli sprechi vanno eliminati in quanto tali e non per “ridurre le tasse”. Su questa essenziale premessa, accettiamo con entusiasmo il programma del Presidente Berlusconi. Pertanto, nella fondamentale regola che prima di considerare la pagliuzza è bene occuparsi della trave, va detto che il maggiore e fondamentale “spreco fiscale” è il pagamento alla banca centrale del debito non dovuto per tutto il denaro in circolazione. Il cittadino pensa, in buona fede, che il prelievo fiscale sia destinato al pagamento delle spese necessarie a scopi di pubblica utilità. Niente di più falso. Come è noto ed inconfutabile, la gran parte dei prelievi va a finire nelle tasche degli azionisti della Banca centrale (S.p.A., società privata con scopo di lucro) perché la banca centrale emette moneta solo prestandola. E poiché prestare denaro è prerogativa del proprietario, ed il proprietario deve essere chi crea il valore della moneta -

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e cioè chi l'accetta e non chi la stampa - il corrispettivo dovuto alla banca centrale va commisurato a quello normalmente dovuto ad una tipografia. Pertanto qui lo “spreco fiscale” è pari alla differenza tra costo tipografico e valore nominale della moneta. Poteva avere una parvenza di attendibilità finalizzare il prelievo fiscale al pagamento dei debiti verso la banca centrale, quando l'emissione monetaria era basata sulla riserva. Poiché prestare denaro è una prerogativa del proprietario, la banca poteva dire: “la moneta è mia perché la riserva è mia, quindi posso emettere la moneta prestandola”. Con la fine degli accordi di Bretton Woods, il 15 agosto 1971 si è avuta la prova storica oltre a quella scientifica della inutilità della riserva, altrimenti il dollaro, da quella data, avrebbe dovuto perdere totalmente il suo valore perché privato della riserva. Dunque crea il valore della moneta la collettività che l'accetta e non la banca che la emette. All'atto dell'emissione, si creano convenzionalmente due diversi strumenti giuridici: il prestito e l'oggetto del prestito: il debito e l'oggetto del debito. Quando il prelievo fiscale è effettuato per pagare questo debito il contribuente paga per restituire alla banca il proprio denaro che invece dovrebbe essere a lui stesso accreditato perché è lui stesso che, accettandolo, ne crea il valore. Su queste premesse si spiegano le ridicole definizioni date dai monetaristi collegati al sistema quali: “la moneta è il nulla” o “Il debito inesigibile” con l'evidente scopo di occultare l'oggetto della truffa con cui i popoli sono stati trasformati da proprietari (quando la moneta era d'oro) in debitori della propria moneta (con la moneta nominale). Il primo a denunciare magistralmente questa gigantesca truffa è stato Carlo Marx: «Fin dalla nascita le grandi banche, agghindate di denominazioni nazionali, non sono state che società di speculatori che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare (cioè “prestare”, n.d.r.) loro (il loro, n.d.r.) denaro. Quindi l'accumularsi del debito pubblico (pagato con i prelievi fiscali, n.d.r.) non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui sviluppo risale alla fondazione della Banca d'Inghilterra (1694). «La Banca d'Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all'otto per cento, contemporaneamente era autorizzato dal Parlamento a battere moneta con lo stesso capitale tornando a prestarlo un'altra volta al pubblico in forma di banconota. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d' Inghilterra stessa, diventasse la moneta con la quale la banca stessa faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per averne in restituzione di più con l'altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua verso la Nazione, fino all'ultimo centesimo che aveva dato (prestando il dovuto, n.d.r.).» Questo messaggio di Marx è stato totalmente ignorato da tutti i governi, anche dai c. d. marxisti. Se il Governo Berlusconi farà ciò che ha dichiarato di voler fare, eliminando il debito causato dalla truffa dell'emissione monetaria, scriverà una nuova pagina di storia. Non esiste infatti “spreco” maggiore del tributo pagato non solo per un debito non dovuto, ma addirittura per un proprio credito spacciato per debito. Ecco perché tutti possono prestare denaro tranne chi lo emette. La carità bancaria è più forte di quella cristiana: la carità cristiana insegna a rimettere i debiti, la carità bancaria ha insegnato addirittura a pagare i debitori: le banche centrali che riscuotono come creditori il loro debito. Se il Presidente Berlusconi non terrà conto di questo nostro messaggio darà la prova che è sua intenzione eliminare lo spreco delle pagliuzze e non quello della trave.

8) Le strategie monetarie nella crisi della FIAT Umberto Agnelli, a proposito della crisi della FIAT, ha parlato della partecipazione di una “quota strategica”. Le scelte strategiche hanno la qualità essenziale di essere semplici. La strategia è una scienza in cui vale la logica dei bambini.

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Per capire il vero perché della crisi di Torino va innanzitutto evidenziato che la FIAT è in crisi per mancanza di soldi. L'insolvenza dei debiti è infatti causata dalla impossibilità di pagarli. A prima vista questa potrebbe sembrare una battuta di spirito. E invece no: questo è il vero nodo del problema. Quando la moneta era d'oro, la rarità della moneta era rigida ed incontrollabile perché basata sulla “legge fisica” della esistenza e disponibilità del metallo. Con l'avvento della moneta nominale e con l'abolizione della “riserva d'oro”, la rarità è arbitrariamente programmata con la feroce parsimonia dei grandi usurai dietro gli sportelli delle banche centrali. La FIAT non ha avuto mai problemi di liquidità quando controllava il sindacato della maggioranza del pacchetto azionario (c. d. partecipanti) della Banca d'Italia. Con l'avvento dell'Euro è diventata una goccia nel mare degli azionisti della BCE. E poiché, con la globalizzazione, si è storicamente verificato il proverbio “tutto il mondo è paese”, perché il mondo è diventato tale, il conglomerato delle banche centrali è stato sostanzialmente unificato nelle stesse mani dei veri padroni, secondo la magistrale e profetica definizione di Marx: «Fin dalla nascita le grandi banche, agghindate di denominazioni nazionali, non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di prestare loro denaro.» Ciò significa che la distinzione tra le banche centrali non va desunta dalle “denominazioni nazionali” ma da quelle degli “speculatori” che le controllano. Le “S.p.A.”, soggettività strumentali in cui le banche centrali si costituiscono, sono i paraventi delle grandi mangiatoie perché consentono ai grandi usurai di rubare di nascosto nell'anonimato (da cui l'esatta qualifica di “società anonime”) trasformando i popoli da proprietari in debitori del proprio denaro. Su queste premesse si spiega perché la crisi della FIAT è stata la conseguenza di quella Argentina dove importanti banche italiane sono state dissanguate per decisione della Federal Reserve Bank che ha chiesto il pagamento dei debiti non dovuti instaurati all'atto dell'emissione dei dollari. Tutti i popoli del mondo sono sottoposti alle spade dei “Damocle pro tempore” padroni delle banche centrali. Anche l'Europa è nella medesima condizione. Sembra opportuno pertanto chiudere questa breve nota con le parole ricordate da Ezra Pound: «Dire che uno stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri.»

9) La “Calata dei barbari” Quando le orde barbariche si muovevano nell'Europa medioevale usavano le lance, le clave, le frecce, il fuoco, le pietre. Con la Rivoluzione Francese le orde barbariche dei grandi usurai, guidati dalla Banca d'Inghilterra (definiti da Ezra Pound “usurai liberali”), hanno sostituito alle armi tradizionali gli slogan delle ideologie. La formula portante di tutte le contestazioni popolari, “Liberté, egalité, fraternité”, fu inventata, dicono, da un banchiere inglese. Da allora fino ad oggi nulla è cambiato. Pochi giorni fa per televisione è stato lanciato lo slogan “diritto alla terra”, gridato da una folla di extracomunitari. Se si considera che i Kurdi, popolo senza terra, sono stati trasportati in Italia con un costo di dieci milioni a testa (pari a 2582.28 euro circa) pagato dai padroni delle banche centrali, tradizionalmente trasportatori di mandrie umane come negrieri, ci si rende conto che questo slogan è l'arma concepita dai medesimi, per instaurare tra il Popolo kurdo e quello italiano il medesimo rapporto di incompatibilità che sussiste tra palestinesi ed israeliani. Le orde barbariche degli usurai hanno invaso il mondo usando le perfide e raffinate armi degli slogan come strategie di dominazione basate su aberranti sollecitazioni psicologiche. Molto più deleterio infatti del colpo di spada, è il complesso di colpa causato dall'accusa di “razzismo” contestata col clamore assordante dei mass media a chi vuole opporsi alla invasione delle mandrie umane degli extracomunitari.

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Il diritto alla terra è un diritto sacrosanto, a condizione che sia liberato dal signoraggio della grande usura. Ogni popolo va infatti riconosciuto padrone della sua terra a condizione che sia anche padrone, e non debitore, della sua moneta a casa sua. Il denaro per gli uomini è come l'acqua per i pesci. In tempi di siccità i pesci abbandonano le zone aride e vanno nelle pozzanghere d'acqua. Su questa regola i banchieri dell'800, battezzato da Pound secolo dell'usura, hanno spostato milioni di uomini dall'Europa all'America creando rarità monetaria in Europa ed abbondanza di moneta in America. I grandi usurai hanno applicato alle mandrie umane degli extracomunitari la stessa regola. Ecco perché, per assoluta inderogabile necessità storica, occorre fare di ogni popolo il proprietario della sua moneta. Nascerà spontaneamente per ogni extracomunitario l'interesse a tornare sulla sua terra, per avere la sua moneta, utilizzando la “legge dell'acqua e dei pesci”, in senso contrario a quello dell'usuraio. Fare di ogni popolo il proprietario della sua moneta è molto di più di uno slogan: è un'idea forza capace di scrivere nuove pagine di storia. Passare dall'era dell'usura (nata nel 1694 con la moneta debito della Banca d'Inghilterra) a quella della civiltà. È questa la missione carismatica della nostra generazione.

10) La catena di Sant'Antonio e la spada di Damocle che pende dalle mani dei grandi usurai È caratteristica dell'animo umana anticipare al momento attuale i valori previsti. Ecco perché è nata la prassi mercantile di usare la cambiale non solo come promessa di pagamento, ma anche come mezzo di pagamento. Con la cambiale, la previsione dell'adempimento è rafforzata dalla “certezza del diritto” in quanto il debitore può essere costretto a pagare per legge. Se il debitore paga regolarmente la cambiale, tutti i rapporti obbligatori instaurati tra giranti e giratari sono soddisfatti. Se non viene pagata, l'insolvenza rimbalza inesorabilmente su tutti i soggetti collegati come giranti e giratari nella circolazione della cambiale. Nasce così la truffa della c. d. catena di Sant'Antonio e si spiega perché il protesto cambiario contestato al debitore insolvente è considerato dal legislatore con particolare severità in quanto lede l'affidamento nella circolazione monetaria. La forma più grave di catena di Sant'Antonio è l'emissione monetaria. La moneta nominale è nata infatti come cambiale emessa dal governatore della banca centrale (ad es. con la formula “Lire mille pagabili a vista al portatore” firmato: Il Governatore della Banca d'Italia), non nella qualità di “cittadino” ma di “raccomandato di ferro”. Infatti, mentre il cittadino se non paga risponde per insolvenza con la perdita della dignità giuridica nella qualità di “protestato cambiario”, il governatore non solo emette la cambiale con la garanzia di non pagarla, ma - pur firmandola come debitore - la emette prestandola, cioè come creditore. L'oggetto di questo prestito sarebbe quindi un debito inesigibile del banchiere che è, pertanto, vero creditore e falso debitore di vera moneta spacciata come falsa cambiale. Quando l'emissione monetaria era basata sulla riserva, la moneta poteva essere considerata come cambiale, in quanto concepita come titolo di credito rappresentativo della riserva. Il banchiere poteva ben dire: “la moneta è mia perché la riserva è mia”. Abolita la riserva, con la fine degli accordi di Bretton Woods, finalmente si ha la prova storica che il valore monetario è puramente convenzionale, come quello di un francobollo d'antiquariato. La moneta ha valore per il semplice fatto che ci si metta d'accordo che lo abbia. Dunque la moneta deve essere di chi l'accetta e non di chi la emette: deve essere del popolo e non della banca. Prestando il dovuto, all'atto dell'emissione il banchiere ha appeso alla catena di S. Antonio la spada di Damocle perché è nella condizione, o di prestare ad ogni popolo la propria moneta e rinnovare il prestito lucrando oltre alla moneta anche gli interessi, o di far cadere la spada di Damocle col pretendere il pagamento dei debiti non dovuti, come ha fatto la Federal Reserve Bank con l'Argentina.

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Se non ci riprendiamo la proprietà dei nostri soldi tutto il mondo continuerà a vivere sotto la spada di Damocle appesa alla catena di Sant' Antonio che pende dalle mani dei giganti della malavita della grande usura.

11) La moneta come il sangue Come il sangue distribuisce ossigeno in tutto il corpo, così la moneta distribuisce potere d'acquisto al mercato. Questo principio elementare non è stato compreso dalle asinerie dei monetaristi perché, mentre l'oggetto prelevato e trasportato dal globulo rosso è conosciuto esattamente come “ossigeno”, mancava fino ad oggi la definizione dell'ossigeno monetario: il valore indotto che è il potere d'acquisto, cioè la previsione di poter acquistare conferita al portatore della moneta come puro valore convenzionale. Questa fondamentale e gravissima lacuna culturale basa sulla ancora più grave ignoranza dello stesso concetto di valore. Il valore è sempre una previsione, cioè una dimensione del tempo e non dello spazio; è una realtà spirituale e non merce. La moneta, pur con simbolo di costo nullo, ha valore perché conferisce al portatore la previsione di poter comprare. La categoria dei valori monetari ha costituito così il monopolio culturale della scuola iniziatica dei grandi usurai delle banche centrali, mentre al “bestiame umano” è stato riservato l'insegnamento delle due ipotesi: a) il nichilismo monetario (per cui la moneta è il nulla ed avrebbero valore solo i beni reali oggetto di scambio); b) la moneta debito del portatore, c. d. moneta nominale (di cui la banca è proprietaria e, come tale, la emette prestandola). Il comun denominatore di queste due scelte è la minaccia di morte del mercato; nel primo caso per asfissia perché è negata la stessa esistenza dell'ossigeno monetario; nel secondo caso per avvelenamento poiché il portatore viene concepito non come proprietario, ma come debitore della sua moneta. Su queste aberranti teorie domina l'egemonia dell'usuraio che può tranquillamente derubare i popoli dopo averli convinti o che l'oggetto del furto è il nulla, o che deve accettare all'atto dell'emissione la propria moneta col corrispettivo del debito non dovuto e cioè in prestito. Su queste premesse si comprende la differenza non solo tra moneta nominale-debito del portatore e moneta d'oro-proprietà del portatore, ma anche tra due diverse concezioni di vita, tra Commonwelth Britannico e Sacro Romano Impero, tra barbarie e civiltà, tra etica economicistica della soggettività strumentale per cui la funzione sociale opera sulla regola del servirsi (non a caso tutte le banche del mondo sono fantasmi giuridici - S.p.A.) ed etica naturale della società organica (fatta di uomini vivi) basata sulla regola del servire. Solo dopo aver chiarito che l'ossigeno monetario è il potere d'acquisto (cioè il valore della moneta creato dalla convenzione sociale) come nel sistema sanguigno i globuli portano ossigeno anche nei vasi capillari, così la moneta va distribuita riconoscendo ad ognuno il diritto alla sua quota di reddito di cittadinanza, come proprietario e non come debitore della sua moneta. Le tasche dei cittadini sono i vasi capillari del sistema monetario. Giustamente ci ricordano gli economisti eretici che il miglior posto per conservare i soldi sono le brache del popolo. Stiamo respirando l'aria avvelenata della moneta-debito emessa dal 1694, sull'esempio della Banca d'Inghilterra, da tutte le banche del mondo. Con l'avvento della globalizzazione dei mercati, già si avvertono i primi segni delle guerre monetarie che sono l'anticamera di quelle mortali. Ecco perché si impone la necessità di prevenirle con una riforma globale per una vera e definitiva giustizia monetaria. Ogni moneta - qualunque sia lo stato o la banca centrale che la emette - va dichiarata, per convenzione internazionale, proprietà del portatore e senza riserva. L'unica moneta accettata, fino ad oggi convenzionalmente da tutti gli stati del mondo è stato l'oro. Se si vuole instaurate una nuova moneta universale, bisogna copiare l'oro. Fino ad oggi ciò non è stato possibile perché mancavano le basi culturali per farlo.

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Questa moneta, concepita (come il SIMEC) sulla nuova scoperta del valore indotto, deve avere le qualità positive dell'oro: proprietà del portatore e senza riserva e non quelle negative dell'alto costo di produzione e della rarità esasperata ed incontrollabile. Poiché il prezzo non è solo l'indice del valore dei beni, ma anche del punto di saturazione del mercato, il mercato va considerato saturo, sia di beni che di moneta, solo quando i prezzi tendono a coincidere con i costi di produzione. È questa la vera legge della rarità monetaria che va istituzionalizzata in una convenzione internazionale per liberare i popoli dalle arbitrarie rarefazioni monetarie e di beni reali. Se la moneta è il sangue del mercato, non deve esservi né troppa moneta, né troppo poca, altrimenti si avrebbero, per gli squilibri monetari, le analoghe malattie dell'anemia o dell'iperemia. Poiché la funzione monetaria è elemento costitutivo, essenziale della sovranità politica merita di essere ricordato il seguente aneddoto. Quando fu chiesto a Machiavelli quale fosse la qualità più importante del principe, rispose: “Il senso della misura”. Ecco perché l'usuraio non può fare il principe. Il senso della misura è incompatibile con la parsimonia feroce sulla quale è stata programmata la banca centrale e la monetadebito; la c. d. moneta nominale che ha trasformato i popoli da proprietari in debitori dei valori monetari. Abbiamo pazientato 308 anni. Adesso basta! La rivincita del sangue contro l'oro dell'usurocrazia è la nuova pagina di storia per le nuove generazioni. Si impone una radicale e definitiva restaurazione monetaria per tornare finalmente a respirare ossigeno monetario pulito, depurato dal veleno del debito non dovuto al signoraggio della grande usura. «Il più sicuro luogo di deposito è nelle braghe del popolo», in E. Pound, op. cit., p. 72.

12) L'Euro forte come la lira della “Quota 90”? Alberto De Stefani - che fu ministro del Tesoro e delle finanze del primo Governo fascista e docente di Economia e Scienza delle finanze nella Facoltà di Scienze politiche all'Università “La Sapienza” di Roma - mi disse: «Mussolini ha perso la guerra con la “quota 90”.» Appresi così che la “quota 90” fu l'operazione con cui la lira fu rivalutata rispetto alla sterlina del 25%: la quotazione della sterlina fu ridotta da 120 a 90 lire. Mussolini accettò con entusiasmo il progetto perché i consulenti della Banca d'Italia (Stringer, Paratore, Beneduce e Volpi di Misurata) lo proposero come un segnale di prestigio e di rafforzamento della dignità dello Stato Italiano a livello internazionale. “Lira più forte” significò, per Mussolini, “Italia più forte”, esattamente come oggi, per Duysenberg e Prodi, “euro più forte” significa “Europa più forte”. De Stefani mi fece capire che, con la rivalutazione monetaria del 25%, aumentarono di pari percentuale i crediti e i debiti. Le Banche si arricchirono e le imprese fallirono per l'ingiustificato ed imprevedibile appesantimento dei debiti contratti per finanziare le attività produttive. L'Italia arrivò disarmata alla guerra per i fallimenti causati dall'insolvenza ineluttabile a seguito dell'ingiustificato aumento del valore del denaro oggetto del debito. Nulla di nuovo sotto il sole. Con la rivalutazione dell'euro, tutti hanno osannato alla moneta forte, esattamente come fece Mussolini con la “quota 90”. Su queste premesse si può capire perché l'America ha chiuso l'importazione dell'acciaio dall'Europa. Poiché il prezzo dell'acciaio andava a compensare, per gran parte, il pagamento del petrolio, l'Europa si trova oggi non solo nella impossibilità di pagare il petrolio, ma anche con un ulteriore appesantimento del suo debito a causa del blocco delle esportazioni e della rivalutazione dell'euro. C'è un solo modo per liberarsi dalla schiavitù della grande usura: la proprietà popolare della moneta. Fare di ogni popolo il padrone della sua moneta all'atto dell'emissione, significa togliere alle banche centrali l'egemonia del signoraggio, in un regime di democrazia integrale in cui ogni popolo abbia oltre alla sovranità politica, anche quella monetaria. Carthago delenda est.

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13) Disegno di legge per la proprietà popolare dell'Euro ONOREVOLI PARLAMENTARI! Scopo della presente proposta è colmare un vuoto legislativo non più tollerabile, già segnalato, del resto, dal disegno di legge “Proprietà popolare della moneta” (Senato XII Legislatura, n. 1282, comunicato alla Presidenza l'11 gennaio 1995) d'iniziativa del senatore Natali ed altri e, successivamente (Senato XIII Legislatura, n. 1288), d'iniziativa del senatore Monteleone ed altri. Nessuna norma stabilisce, infatti, di chi debba essere la proprietà dell'Euro all'atto originario della sua accettazione. La verità è che la moneta ha valore perché essendo misura del valore è anche, necessariamente, valore della misura. Ogni unità di misura ha, infatti, la qualità corrispondente a ciò che deve misurare: come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore. Pertanto il simbolo monetario non è solamente la manifestazione formale della convenzione monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto e incorporato nel simbolo che è appunto il valore della misura ossia il potere d'acquisto. Con la scoperta del valore indotto come puro valore giuridico (cfr. G. Auriti, L'ordinamento internazionale del sistema monetario, Edigrafital, Teramo 1993, p. 43 e ss.) si è data finalmente la giustificazione scientifica del valore monetario. Come è stato dimostrato, si verifica qui una fattispecie analoga a quella dell'induzione fisica. Come nella dinamo si trasforma energia meccanica in energia elettrica, così nella moneta si trasforma il valore della convenzione, cioè di uno strumento giuridico in un bene reale oggetto di diritto di proprietà: la moneta. In breve, il valore della moneta è causato non dall'attività dell'organo di emissione - che predisponendo ed erogando i simboli, determina solo il presupposto formale del valore monetario - ma dall'accettazione da parte della collettività. L'emissione dei simboli in conformità del corso legale (il c. d. corso forzoso) è un atto di “eteronomia”, l'accettazione della moneta, che ne determina convenzionalmente il valore, è atto di “autonomia”. Il valore dell'Euro nasce e persiste nella sua continuità perché accettato convenzionalmente come misura del valore e valore della misura oggetto di scambio. Per questi motivi l'Euro è e non può essere altro che proprietà del portatore che, col suo comportamento concludente, contribuisce a causarne e conservarne il valore. Il Trattato di Maastricht si limita giustamente a considerare la prima fase dell'emissione, ignora del tutto il momento creativo del valore monetario, tanto è vero che nessuna norma del trattato considera di chi sia il diritto di proprietà sull'Euro e come debba essere attribuito. Particolarmente significativo il tenore della dichiarazione cartolare apposta sul simbolo dall'organo di emissione. In essa appare solamente la parola “Euro” preceduta dalla espressione numerica e dalla sottoscrizione del Governatore sotto la sigla, in varie lingue, della Banca Centrale Europea con l'anno dell'emissione. È chiara, sotto questo profilo, la netta differenza con le monete degli Stati membri che tradizionalmente concepivano la moneta come titolo di credito rappresentativo della riserva. La banca centrale era, infatti, considerata proprietaria del valore della moneta perché considerata proprietaria del valore della riserva, come tale legittimata ad emettere moneta prestandola perché prestare è prerogativa del proprietario. Abolita la riserva monetaria con la fine degli Accordi di Bretton Woods (15 agosto 1971), balza evidente la sostituzione del valore convenzionale a quello creditizio. Ciò spiega il “silenzio” come “oggetto” della dichiarazione cartolare dell'Euro poiché non potendosi più giustificare l'emissione mediante prestito perché carente della giustificazione (per altro assurda) della riserva, si fa affidamento sulla mera prassi consolidata nel signoraggio parassitario, tradizionale delle banche centrali. Una volta dimostrato, infatti, che crea il valore della moneta non chi la emette, ma chi l'accetta, prestare denaro all'atto dell'emissione significa imporre un costo del denaro del 200%. Quando si fanno coincidere le due fasi dell'emissione e della accettazione, ne deriva una grave ingiustizia nel

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regime giuridico dei valori monetari. Ciò si è storicamente verificato con l'avvento della moneta nominale e del sistema delle banche centrali. Una volta chi trovava una pepita d'oro, se ne appropriava senza indebitarsi verso la miniera. Oggi, al posto della miniera c'è la banca centrale, al posto della pepita un pezzo di carta, al posto della proprietà il debito perché la banca emette moneta solo prestandola, mentre chi ne crea il valore è chi l'accetta. Il momento meramente strumentale della emissione dei simboli ha invaso quello edonistico della proprietà della moneta, sicché la banca centrale, emettendo moneta prestandola, espropria ed indebita la collettività del proprio denaro senza contropartita. Ecco perché tutti possono prestare denaro tranne chi lo emette. Facendo leva sul riflesso condizionato causato dall'abitudine secolare da dare sempre un corrispettivo per avere denaro, le banche centrali, confondendo la fase dell'emissione con quella della circolazione, hanno indotto tutti i popoli del mondo ad accettare la propria moneta, all'atto dell'emissione, col corrispettivo del debito, cioè in prestito. Con la sostituzione della moneta d'oro con la moneta nominale, i popoli sono stati così trasformati da proprietari in debitori del proprio denaro nella più grande truffa di tutti i tempi, passata inosservata perché troppo evidente. Ciò ha avuto origine nel 1694 con l'emissione della sterlina e la costituzione della Banca d'Inghilterra. Oggi, con l'avvento dell'Euro, l'Europa si trova nella privilegiata condizione di poter sostituire alla moneta debito di proprietà della banca centrale, la propria moneta. Nessuna norma del Trattato di Maastricht considera, infatti, di chi debba essere la proprietà dell'Euro. Ciò è la prova che il trattato considera solo la fase dell'emissione ed ignora quella dell'accettazione. (Probabilmente ciò è avvenuto perché si è fatto affidamento sulla possibilità di continuare nella mostruosa prassi del “signoraggio usurocratico”, per cui i Popoli europei dovrebbero indebitarsi, senza contropartita verso la BCE per un valore pari a tutto l'Euro in circolazione.) Ciò significa che è rimessa alla competenza esclusiva dei Popoli Europei regolamentare in modo autonomo il regime della accettazione e della proprietà della moneta sul quale la BCE non ha alcun potere di interferire analogamente alla preclusione agli stati membri di interferire nella fase dell'emissione a norma dell'art. 107 del Trattato di Maastricht. Poiché “qui tacet neque adfirmat neque negat”, appare evidente che la banca centrale europea, per il limite imposto dal significato essenziale ed univoco della parola “accettazione” come competenza esclusiva di chi accetta, e non di chi emette, non può fare altro che prendere atto del principio che la proprietà dell'Euro nasce per riconoscimento esplicito di diritto convenzionale uniforme, come proprietà dei Popoli Europei per il solo fatto che, accettandolo, ne creano il valore. L'accettazione dell'Euro come proprietà del portatore, consente il conseguimento di due ulteriori scopi di fondamentale importanza: 1) utilizzare la moneta come strumento di diritto sociale in attuazione del 2° co. dell'art. 42 della Costituzione che sancisce l'accesso alla proprietà per tutti realizzando un diritto della persona con contenuto patrimoniale, come reddito di cittadinanza; 2) razionalizzare il sistema fiscale consentendo allo Stato di trattenere all'origine quanto necessario per le esigenze di pubblica utilità, eliminando costi e tempi di lavoro meramente contabile ed improduttivo ed i rischi dell'evasione fiscale. Data l'imminenza della circolazione dell'Euro si chiede che il presente disegno di legge sia messo in discussione con procedura d'urgenza.

DISEGNO DI LEGGE Art. 1 - L'Euro, all'atto dell'accettazione, nasce di proprietà dei cittadini ed è acquisito, a tal fine, nella disponibilità degli Stati Membri aderenti al Trattato di Maastricht. L'Euro è pertanto proprietà del portatore. Art. 2 - Ad ogni cittadino è attribuito un codice dei redditi sociali, mediante il quale gli viene accreditata la quota di reddito causato dalla accettazione monetaria e da altre eventuali fonti di reddito in attuazione del 2° co. dell'art. 42 della Costituzione.

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Art. 3 - Accettata la proprietà dell'Euro in rappresentanza della collettività nazionale, il Governo è legittimato a trattenere all'origine, quanto necessario per le esigenze fiscali di pubblica utilità. Art. 4 - Norma transitoria. È concessa la moratoria dei debiti a richiesta di parte, in attesa che si accerti di chi sia la proprietà dell'Euro all'atto dell'emissione.

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INDICE PRESENTAZIONE .....................................................................................................................3 Il Paese dell’Utopia E IL ROMANTICISMO DEL NOVECENTO............................................................................5 IL VALORE È UN RAPPORTO TRA FASI DI TEMPO..........................................................5 1-2 LA MONETA E LA CIRCOLAZIONE................................................................................7 3 - IL CREDITO ..........................................................................................................................8 4 - L'INTERESSE........................................................................................................................9 5 - L'USURA..............................................................................................................................11 CONCLUSIONE .......................................................................................................................12 Post Scriptum GUARDIAGRELE, IL PAESE DELL'UTOPIA.......................................................................13 Contributi sulla moneta 1) Note di filosofia del valore.Lo spazio coincide solo col presente, tutto il resto è tempo ......15 2) L'Euro moneta scomoda. Perché?..........................................................................................17 3) La moneta “coloniale” ...........................................................................................................17 4) La scandalosa falsità degli scandali o il vero scandalo delle falsità? ....................................18 5) Il perché del “muro contro muro” tra Confindustria e Sindacati. Le malattie del plusvalore e della flessibilità ..........................................................................................................................19 6) La “trappola” dell'art. 107 del Trattato di Maastricht. L'Europa come l'Argentina?.............19 7) Il primo a denunciare la gigantesca truffa è stato Carlo Marx. “Ridurre le tasse eliminando gli sprechi”???!!!........................................................................................................................20 8) Le strategie monetarie nella crisi della FIAT ........................................................................21 9) La “Calata dei barbari” ..........................................................................................................22 10) La catena di Sant'Antonio e la spada di Damocle che pende dalle mani dei grandi usurai.23 11) La moneta come il sangue ...................................................................................................24 12) L'Euro forte come la lira della “Quota 90”? ........................................................................25 13) Disegno di legge per la proprietà popolare dell'Euro ..........................................................26 DISEGNO DI LEGGE...............................................................................................................27

nota del curatore della presente copia: Questa copia è distribuita gratuitamente su autorizzazione dell’autore e dell’editore. Il Prof. Giacinto Auriti e il Dott. Marino Solfanelli hanno concesso la stampa e la divulgazione di questa opera con formula totalmente gratuita.