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“C.R.A.L. Ospedale MONZA”
MARIO CASPANI 1
VALCHIAVENNA: CULTURA E GASTRONOMIA
Il palazzo Vertemate-Franchi di Piuro
Il complesso che comprende palazzo, rustici ed un sistema di aree a verde con diversificate caratterizzazioni
funzionali, sorge all´estremità nord dell´abitato di Prosto, in una posizione isolata rispetto al borgo di Piuro,
distrutto da una frana nel 1618.
Grazie alla posizione climaticamente privilegiata, l´antica Roncaglia, si è potuto dar luogo, oltre al vigneto per
la produzione del Vertemate Vino Passito, al frutteto dominato da un´edera monumentale, all´orto, al giar-
dino all´italiana con peschiera in pietra locale, nel versante a valle del palazzo, e al castagneto nel versante a
monte; queste attività sono state mantenute a lungo, sebbene con alterne vicende, in un sito abitato pres-
soché fino al 1985, quando passò al Comune di Chiavenna per lascito dell´ultimo proprietario.
Fondamentale fonte iconografica, per identificare l´assetto originario del complesso, sono i due dipinti che
rappresentano Piuro prima e dopo la frana del 1618.
Tra il 1879, quando si estinse la famiglia Vertemate, e il 1902, quando fu acquistata dall´antiquario milanese
Napoleone Brianzi, l´intera proprietà venne progressivamente degradandosi, l´arredo andò disperso, i terreni
vennero inselvatichendosi.
Il Brianzi curò il restauro ed il nuovo arredo del palazzo, introducendovi pezzi d´epoca provenienti da altre
dimore, di cui pure rimane solo una parte.
Dopo il 1937 la proprietà passò ad A. Feltrinelli e L. Bonomi, che nuovamente la arricchirono di arredi di
pregio e le assicurarono la necessaria manutenzione.
Dal 1988 il palazzo è Casa Museo del Comune di Chiavenna, che ha provveduto al restauro delle opere lignee
interne, quadri ed alla catalogazione di tutti gli arredi e oggetti contenuti nel palazzo.
Nel 1995 il Comune di Chiavenna ha inoltre deliberato di estendere a tutta la componente vegetale del com-
plesso il carattere museale finora attribuito al solo palazzo.
Il complesso Vertemate Franchi si accinge ad essere un polo di interesse culturale a più valenze; accanto a
questa globale accezione museale, esiste già la tradizione dei concerti estivi all´aperto, che verrà estesa
nell´arco della bella stagione, potenziando e diversificando l´offerta di spettacoli, il vigneto, riattivato, e il
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castagneto, incentivato, daranno luogo ad una produzione di "origine controllata", di cui i visitatori potranno
fruire direttamente.
Gli interventi di restauro promossi pochi anni fa dalla Comunità montana della Valchiavenna nell’ambito del
progetto Interreg Italia- Svizzera 2007-2013 “Cooperazione e Convivenza in Val Bregaglia - Eccellenze storico
culturali un valore aggiunto per lo sviluppo del territorio” hanno permesso alla pregevole risorsa culturale, di
tornare a risplendere, dando mostra di sé tra le mirabili attrazioni di quella che fu la dimora nobiliare dell’an-
tico Contado di Piuro andato distrutto nella terribile frana del 1618.
L´edificio, dalle linee eleganti e so-
brie, non fa trasparire all´esterno la
ricchezza delle decorazioni e degli ar-
redi degli spazi interni.
Varcata la soglia del portale bugnato,
con incisi i nomi dei due fratelli che
fecero costruire il palazzo e con il loro
stemma sulla chiave dell´arco, si en-
tra nell´atrio. Le pareti e i soffitti a
volta, come quelli dei locali che vi si
affacciano, sono dipinti a fresco. Solo
la sala di Giunone ha le pareti rive-
stite in legno con pregevoli intarsi.
Nell´atrio-corridoio, che si apre su un cortiletto che una vite canadese colora di un intenso rosso in autunno,
si incontrano le allegorie dei quattro elementi, cui fanno riscontro sulla volta Giunone, Cerere, Bacco e Priapo,
che stanno a indicare il rapporto con la terra madre, che dispensa ricchezza e offre protezione per gli orti, le
vigne, gli armenti e le api.
Visitando le singole sale, si coglie il sapore di un tempo perduto. Due commercianti nella seconda metà del
Cinquecento seppero creare in una residenza di periferia, oggi diremmo nella seconda casa, un ambiente
raffinato, senza guardare a spese. Purtroppo non conosciamo i nomi degli architetti che progettarono e rea-
lizzarono il palazzo. Ignoti sono anche gli artisti che eseguirono i meravigliosi soffitti in legno.
Per gli affreschi si fanno delle supposizioni. Un tempo li si attribuivano ai fratelli Campi, poi si fece il nome di
Giovanni Battista Castello, detto il Bergamasco. Ora si
torna a ipotizzare che i dipinti a fresco siano dei Campi,
con i milanesi Aurelio Luini e Giuseppe Meda e il bre-
sciano Lattanzio Gambara. I dipinti si ispirano alle "Me-
tamorfosi" di Ovidio.
Al piano rialzato si va dall´ampia sala di Giove e Mercu-
rio alla raccolta e luminosa "stua" di Giunone, dove la
dea, dall´alto della volta sul carro trainato dai pavoni, as-
siste alle marachelle del marito. In questo ambiente,
dove dopo il 1618 si tennero anche processi contro pre-
sunte streghe, si legge in una tarsia l´unica data che si
trova nel palazzo: "1577". Sull´altro sguancio della porta
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è la sigla dei due fratelli e sopra la porta dello studiolo si legge la scritta INDVSTRIA AVGET IMPERIVM. Questo
motto la dice tutta sulla "filosofia" dei Vertemate: il darsi da fare, nel commercio, accresce il potere. Allora,
come oggi.
Passando per la sala di Perseo, si torna nell´atrio per salire ai piani superiori. Personaggi della famiglia Ver-
temate sono ritratti in oli su tela esposti nel corridoio, da cui si accede al "guardaroba", alla camera della
signora e alla "stua", che è posta sopra la sala di Giunone. Questo locale è tutto rivestito in legno ed era
riscaldato da una stufa tedesca. Si racconta che sarebbe stata approntata, la stanza, per ospitare Napoleone
Bonaparte.
Si passa poi all´ultimo piano, dove in senso orario si visitano le sale degli amorini, delle arti o degli
amori, dello zodiaco, la stanza del vescovo e quella del Carducci. I soffitti sono tutti in legno: uno diverso
dall´altro. Nel corridoio due grandi tele ritraggono Piuro nel suo splendore, prima dalla frana del 1618 e lo
spettacolo apocalittico che si presentò ai visitatori appena dopo.
Nel salone dello zodiaco, tra altre storie
mitologiche, sono rappresentati i segni
zodiacali e le attività agricole che caratte-
rizzavano i singoli mesi. Sovrasta un sof-
fitto scolpito in legno che gareggia con
quello dell´attigua stanza del vescovo.
Qui dormirono sonni più o meno tran-
quilli alcuni vescovi di Como, quando visi-
tavano la loro ampia diocesi. Tra questi
anche il cardinale Carlo Ciceri che il 3 lu-
glio 1690 consacrò la chiesetta che i fra-
telli Francesco e Daniele Vertemate ave-
vano fatto costruire in onore di S. Maria
incoronata.
La visita del palazzo si chiude con la ca-
mera che venne intitolata a Giosue Car-
ducci, che fu accompagnato a vedere la
villa, quando usava frequentare Madesimo per fare la cura delle acque.
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Cascate Acquafraggia Le cascate dell´Acquafraggia si trovano a Borgo-
nuovo e le parti visibili anche dalla strada sono
solamente le più suggestive, ma non le uniche.
Il bacino dell´Acqua Fraggia è situato all´im-
bocco ovest della Val Bregaglia.
Il torrente omonimo nasce dal pizzo di Lago a
3050 msm, in un punto di spartiacque alpino dal
quale scendono fiumi che sfociano nel mare del
Nord, nel mar Nero e nel Mediterraneo. Scen-
dendo verso il Fondovalle percorre due valli so-
spese, ambedue di origine glaciale, l´una sui
duemila e l´altra sui mille metri di altitudine.
L´Acqua Fraggia forma quindi una serie di ca-
scate, di cui quelle più in basso, con il loro dop-
pio salto sono solo le più suggestive. Si capisce
così l´origine del nome Acqua Fraggia, da "acqua
fracta", cioè torrente continuamente interrotto
da cascate.
Le cascate, con il loro maestoso spettacolo, im-
pressionarono pure Leonardo da Vinci che "tro-
vandosi a passare per Valle di Ciavenna" ne am-
mirò la bellezza selvaggia e le menzionò nel suo
"Codice Atlantico": "Su per detto fiume (la
Mera) si truova chadute di acqua di 400 braccia
le quale fanno belvedere...".
Dalla sommità delle cascate si percorre un sentiero attrezzato tra castagni,
ginestre e rocce; di qui è possibile ammirare da vicino questo stupendo
spettacolo naturale, unico nel suo genere per bellezza e imponenza. Una
breve deviazione sulla destra porta ad un ampio terrazzo, a pochi metri dal
fragoroso turbinio delle acque.
Si ha qui la sensazione di essere "dentro" la cascata stessa, di farne parte,
tanto sono forti il rombo e i forti spruzzi di acqua e di luce.
Geologicamente la zona è interessata dalla unità Tambò del pennidico me-
dio, con gneiss biotitici, generalmente a grana fine. Nel settore botanico
rilevanti sono gli ontani, l´abete bianco e la flora rupicale, tra cui la rara
Oplimennus undulatifolia, l´erica arborea e, in un suggestivo castagneto
alla base delle cascate, un esteso tappeto di Allium ursinum. Ma va segna-
lata anche una felce, la pteris cretica, che qui trova la stazione europea più
settentrionale grazie alla costante nebulizzazione dell´acqua della doppia
cascata.
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Sulle sponde del torrente, circa a quota mille, sorgono i paesi di Savogno e Dasile. Più in basso, a quota 558,
il villaggio di Cranna.
Le cascate dell´Acquafraggia costituiscono un complesso naturale imponente.
Allo splendido assetto paesaggistico si somma il grande interesse geologico presentato dalla sua origine e le
conseguenze ambientali che ne sono derivate.
Le due imponenti cascate, ben visibili da lontano, rappresentano un tipico esempio di escavazione glaciale
ad "U" nella valle principale (la Valchiavenna), che ha lasciato "pensili" gli affluenti, che vi precipitano me-
diante un poderoso salto.
Sulle pareti della roccia, e principalmente al suo piede, cresce una flora rupicola particolare, favorita dal mi-
croclima che la nebulizzazione dell´acqua, cadente dalle cascate, determina.
Di eccezionale interesse è la presenza di una rara felce (Pteris cretica) che qui trova la sua stazione europea
più settentrionale; frequenti erica arborea e altre specie. Al piede, sui prati non falciati, è presente la rara
Oplismennus undulatifolia. Lateralmente alle cascate vi è un bellissimo castagneto con tappeto ad Allium
ursinum.
Non sono state svolte ricerche faunistiche ma si presume che il microclima particolare, determinato dalle
cascate, possa ospitare una fauna, specialmente micro e mesofauna, di particolare interesse. Non si nutrono
eccessivi timori per la conservazione di questo interessante fenomeno naturale fatte salve le minacce, perio-
dicamente incombenti, di captazione delle acque a monte. È in corso di attuazione la valorizzazione didattico-
conoscitiva dell´area, mediante la predisposizione di sentieri di percorrenza e di piazzole per la migliore os-
servazione delle cascate. Contemporaneamente sono stati avviati interventi per la manutenzione conserva-
tiva della vegetazione nell´area circostante. È opportuno sottolineare l´importanza che le cascate rivestono,
dal punto di vista didattico, quale completamento della notevole rassegna di fenomeni glaciali diversi, pre-
senti nella zona di Chiavenna.
Il Monumento Naturale della Cascate dell´Acquafraggia, offre la possibilità di godere dell´affascinante spet-
tacolo di questo angolo di natura ancora selvaggia nel cuore della Bregaglia italiana.
Un percorso attrezzato all´interno del parco permette di conoscere da vicino l´ambiente che circonda le ca-
scate con rigogliosa vegetazione e rocce scure, ammirando, dalle terrazze panoramiche lungo il sentiero, la
vista sull´intera vallata fin verso la piana di Chiavenna. Diversi itinerari escursionistici hanno come punto di
partenza le Cascate dell´Acquafraggia.
Il principale è la caratteristica mulattiera che sale all´antico borgo di Savogno con lenti tornanti. Il percorso è
interessante dal punto di vista storico-culturale, perché fa rivivere momenti di storia delle genti di montagna.
Savogno può essere raggiunto attraverso la variante del "sentiero di Pigion", che da S. Abbondio (Crotti della
Cànoa) sale in diagonale fino a congiungersi con la mulattiera, e anche da Villa di Chiavenna (crotti di Motta),
attraversando a mezza costa la Bregaglia fra i boschi di castagni e betulle. A Savogno si trova un´accogliente
rifugio, base di partenza per escursioni verso il vicino borgo di Dasile e per raggiungere gli alpeggi di Corbia e
di Lago dell´Acquafraggia. Gli itinerari in quota affrontano le traversate dei passi alpini sovrastanti che por-
tano alle mete di Avero e della Valle di Lei. Savogno è tappa importante all´interno dell´itinerario storico
escursionistico Via Bregaglia, che si snoda tra Italia e Svizzera, con partenza da Chiavenna ed arrivo al passo
del Maloja.
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La gastronomia
Siamo a S. Croce di Piuro, 5 chilometri dopo la
cittadina di Chiavenna, direzione passo del
Maloja. Il Crotto Quartino ha aperto i battenti
negli anni trenta e ancora oggi serve, come al-
lora, autentica cucina della Valchiavenna, ab-
bondante e ben condita! Qui regna un'atmo-
sfera informale. Vengono proposte abbon-
danti specialità servite in piatti di portata nel
mezzo del tavolo e si può scegliere ciò che si
preferisce con grande convivialità. un am-
biente semplice con un bel camino acceso in
inverno e dei bellissimi tavoli di sasso all'a-
perto in estate, circondato da un castagneto
secolare.
Quindi cos’è un Crotto?
Non è un ristorante… è un Crotto! Hai mai visto un ristorante con una Grotta cli-
matizzata naturalmente da una sorgente d’aria che proviene dal sottosuolo chiamata “Sorèl” ? Hai mai visto un ristorante con un menu fisso fatto da 4 cose in croce (anche se top) che non varia da 70 anni? Hai mai visto un ristorante che ha dei tavoli di pietra modello famiglia Flintstone dove d’estate ti siedi all’esterno e bevi vino rosso come se non ci fosse un domani?
Crediamo di no.
Ecco il Crotto fa categoria a sé, solo che non era conosciuto “alla massa” fino a pochi anni fa e quindi nella mente dei clienti era una categoria che non esisteva. Bene, ora esiste! Il portacolori di questa ritrovata categoria è il Crotto Quartino, che propone l’autentica cucina della Valchia-venna dal 1930, abbondante e ben condita, con burro, tanto burro!
Esiste perché negli ultimi anni, ci abbiamo messo del nostro per fare in modo che questa tradizione venisse riscoperta e conosciuta.
Al Crotto Quartino non scendono a compromessi.
Niente menu chilometrico Niente servizio al piatto Niente formalità Niente tovaglie
Solo autentica cucina della Valchiavenna, abbondante e ben condita.
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Chiavenna
"Il nome latino “Clavenna” testimonia in modo evidente la derivazione da “clavis”,
chiave: nel suo stemma cittadino, poi, due grosse chiavi incrociantesi, simboli delle
due vie alpine che adducono ai passi dello Spinga e del Settimo-Maloggia, vogliono
ricordare come le porte d'Italia e della Rezia si trovino qui, proprio in essa. A Chia-
venna e lungo la sua vallata, solcata dalla Mera e dal suo affluente Liri, il caratteri-
stico paesaggio italico, che aveva conosciuto gli ultimi suoi splendori lungo le sponde
del lago di Como, va gradatamente cedendo ad un panorama ed ad un ambiente
che passa rapidamente dall'alpino al nordico. Il tutto nel corso di poche decine di
chilometri” (Luigi Festorazzi; citazione da Pietro Scurati – Manzoni, “Il centro storico
di Chiavenna”, Chiavenna, 1968).
Chiavenna è collocata sul fiume Mera, poco a monte della confluenza in esso del torrente Liro, al bivio delle
strade per i passi dello Spluga (Val San Giacomo) e del Maloggia (Val Bregaglia). La Valchiavenna (o Piano di
Chiavenna), originariamente occupata dal ramo settentrionale del Lario, si origina proprio da questo punto,
prendendo il nome dal capoluogo.
La collocazione di Chiavenna, tra i due fianchi della Val Bregaglia con uno sbocco sul Piano, ha favorito la
diversificazione delle attività. L'agricoltura di montagna per lungo tempo ha caratterizzato il paesaggio con i
terrazzamenti sui fianchi della Val Bregaglia, per poi declinare nell'ultimo trentennio del XX secolo con lo
spostamento verso valle delle popolazioni di Uschione e Pianazzola e il graduale ritorno dei boschi. La pro-
toindustrializzazione della zona ha tratto giovamento dallo sfruttamento delle acque della Mera grazie ad un
sistema di prese e mulini, che hanno consentito diverse attività prima dell'avvento dell'energia elettrica su
larga scala. Il Piano di Chiavenna, soggetto a notevoli alluvioni, fu bonificato a cavallo del XIX e del XX secolo,
consentendo quindi lo sfruttamento intensivo per l'agricoltura e l'allevamento di bestiame. Attualmente le
uniche zone verdi in pianura rimangono quelle dei Raschi, a cavallo della confluenza di Liro e Mera.
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Secondo la classificazione del clima Köppen, Chiavenna è Cfb, ossia il clima è temperato umido con estate
calda e piovosità annua significativa. Nonostante la posizione geografica contigua alle Alpi, Chiavenna risente
positivamente della vicinanza al Lario e al Mezzola, distanti rispettivamente 10 e 22 km.
Nel periodo romano fu probabilmente capoluogo dei Bergalei, aggregato in epoca imperiale al territorio di
Como. Chiavenna era un importante nodo di comunicazione nord-sud grazie ai passi che collegano l'Italia con
Coira e Monaco di Baviera. Fu attraverso uno di questi che Stilicone attraversò le Alpi d'inverno, impresa
celebrata da Claudio Claudiano nell'opera "De Bello Gothico" (320-358).
Diventò successivamente uno dei più validi capisaldi bizantini contro i Franchi, padroni della Rezia. Venne poi
sempre contesa per la sua evidente importanza strategica, cambiando spesso signore, finché fu unita, dopo
la caduta della signoria sforzesca, alla Repubblica delle Tre Leghe dei Grigioni.
Durante quest'ultimo periodo, Chiavenna diventò un importante centro di diffusione del Protestantesimo,
trovandovi molti riformatori e dissidenti religiosi italiani la sospirata libertà di culto, negata loro in Italia, a
causa delle persecuzioni dell'Inquisizione. Fra essi si ricordano: Agostino Mainardi, Pier Paolo Vergerio, Sci-
pione Lentolo, Camillo Renato, Girolamo Zanchi ed altri ancora.
Con la Valtellina e con Bormio, dopo la Rivoluzione Francese, chiese di essere unita alla Repubblica Cisalpina,
poi divenuta Regno d'Italia con Re Napoleone I e Viceré Eugenio di Beauharnais. A seguito della caduta di
Napoleone, il Congresso di Vienna (1815) restituì la Lombardia all'Impero Austriaco che vi aveva regnato dal
1700. Chiavenna diventò un comune del Regno Lombardo-Veneto. In quell'epoca vennero aperte scuole ele-
mentari in ogni villaggio e l'insegnamento fu dichiarato obbligatorio anche per le femmine. Le Lombarde e le
Venete furono così le prime Italiane ad essere alfabetizzate, molto prima del resto di altre regioni. Fu durante
il fausto periodo del Regno Lombardo-Veneto che furono costruite l'audace strada dello Spluga e quella dello
Stelvio.
Il livello della medicina all'Ospedale maggiore e degli altri ospedali fu portato al punto più elevato dell'aggior-
namento scientifico del tempo. "Un Chiavennasco poteva allora andare a studiare a Innsbruck, Vienna, Bu-
dapest, Praga o dove voleva nell'ampio Regno Austro-Ungarico di cui era diventato cittadino, poteva servire
nell'esercito imperiale. Se era nobile poteva diventare ufficiale, entrare nell'amministrazione, insegnare".
Dopo l'annessione al Regno d'Italia (1860) rimarrà poi legata ai destini della Lombardia.
Chiavenna si fregia del titolo di Città concesso con R.D. 20 novembre 1941.
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Galleria storica dei civici pompieri della Valchiavenna
Il Personale del Distaccamento dei Vigili del Fuoco di Mese, che continua la tradizione del Corpo dei Pompieri
di Chiavenna, costituito nel 1868 dal Comune della città del Mera come Civico Corpo dei Pompieri, ha raccolto
ed esposto in alcuni ambienti ricavati nella sede di servizio di Mese tutti i reperti di origine pompieristica
presenti sin dall´origine.
L´allestimento della "Galleria Storica dei Civici Pompieri della Valchiavenna" è stato completato nell´ottobre
2002; il materiale disponibile è stato ordinato per offrire ai visitatori la possibilità di valutare l´evoluzione
tecnica delle diverse attrezzature antincendio e di soccorso durante la prima metà del ´900.
Tra i pezzi esposti figura la pompa a mano "MERA 3", completa di carro per il trasporto, in dotazione ai Vigili
del Fuoco di Chiavennadal 1883 al secondo dopoguerra, fortunosamente rinvenuta nel 1989 durante un in-
cendio di un cascinale. Oltre ad alcuni accessori ed uniformi di servizio, è conservato l´elmo da parata dei
Civici Pompieri di Chiavenna (1889).
Per ricreare l´atmosfera d´epoca è stata inoltre allestita una tipica sede di servizio periferica, come poteva
essere quella di Chiavenna intorno alla fine degli anni ´30. Completano la Galleria Storica documenti, foto-
grafie e cimeli, messi cortesemente a disposizione dalla popolazione del luogo. Contestualmente, i promotori
hanno dato vita al "Gruppo Storico Pompieri di Valchiavenna", composto da Vigili del Fuoco in servizio e a
riposo e simpatizzanti allo scopo di gestire l´attività museale e perseguire la ricerca e il restauro di storici
mezzi antincendio, appoggiando anche una raccolta di cartoline d´epoca di soggetto pompieristico, forte di
250 pezzi risalenti dalla fine dell´800 al 1950 (per numero e completezza si colloca tra le più interessanti
d´Italia).
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Attualmente è in fase di allestimento una nuova sala, avente ad oggetto la simulazione di incidente e crollo,
e delle relative attrezzature di soccorso, ambientata negli anni ´60.
La Galleria Storica ospita infine un’imponente raccolta di modelli di automezzi antincendio, autocostruiti in
scala 1:14 da un vigile del fuoco di Chiavenna. La collezione, che si compone attualmente di oltre 90 pezzi
(ma è in continua espansione), è stata esposta in centinaia di manifestazioni in Italia e all’estero. Si può così
ripercorrere, con fedeltà storico-tecnica e ricchezza di particolari, tutta l’evoluzione del materiale antincen-
dio dai vecchi carri trainati a mano alle più recenti autopompe in dotazione al Corpo Nazionale dei Vigili del
Fuoco.
Mulino Moro di Bottonera
Il Mulino di Bottonera, fondato nel 1867, sorge nel vecchio quartiere artigia-
nale di Chiavenna: una zona che è stata caratterizzata dalle attività che uti-
lizzavano l´acqua del fiume Mera attraverso una serie di canali.
Sorgevano mulini, una cartiera, un maglio, due fabbriche di ovatta, diversi
birrifici ed il pastificio. Strutturato su tre piani ed organizzato secondo un
complesso gioco di pulegge, nastri e macine proseguiva la sua attività inin-
terrottamente giorno e notte. Il lavoro era coordinato da un capo mugnaio
che, con una squadra di operai, controllava il buon funzionamento delle
macchine e il caricamento nei sacchi dei prodotti della lavorazione: farina,
crusca, farinette. L´edificio cessò l´attività negli anni Sessanta. Grazie all´im-
pegno dei volontari, che con circa nove mila ore di lavoro gratuito hanno
recuperato in modo perfetto questa importante risorsa, è oggi possibile vi-
sitare il Museo strutturato su tre piani ed organizzato secondo un complesso
gioco di pulegge, nastri e macine.
Il mulino dell´ex Pastificio Moro sorge in Bottonera, il vecchio quartiere artigiano di Chiavenna, edificato
nell´800 nella parte alta della città, tra il fiume Mera e piazza Castello.
La Bottonera è stata caratterizzata dalle attività che utilizzavano l´acqua del fiume Mera attraverso una rete
di canali destinati a fornire la forza motrice alle attività produttive come mulini, una cartiera, un maglio, due
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VALCHIAVENNA: CULTURA E GASTRONOMIA
fabbriche di ovatta, diversi birrifici ed il pastificio. I canali ebbero la loro importanza sino alla fine degli anni
40 quando furono soppiantati dall´energia idroelettrica. Oggi la Bottonera, per quanto modificata, non ha
perso le testimonianze della precedente "vocazione". Percorrendo i vicoli del quartiere sono leggibili alcuni
aspetti tipologici anche se le recenti ristrutturazioni hanno riconvertito gli edifici in sede di enti pubblici come
la Comunità Montana, il centro scolastico per le scuole superiori, la Biblioteca centrale ed il Museo di valle.
Fu Carlo Moro a dare vita al pastificio. La fondazione risale
al 1867, anche se già nel 1851, è segnalata dalla Camera
di Commercio di Chiavenna la presenza di una "fabbrica
di pasta non dolce" che, nel 1890, viene denominata "mo-
lino da grano e fabbrica di pasta".
A questa data si fa risalire l´installazione delle 4 macine
delle Officine meccaniche italiane di Monza, mentre nel
1930 fu dato l´incarico alle Officine reggiane di realizzare
una nuova struttura portando a sei le macine, introdu-
cendo un sistema di elevatori e la setacciatura dello sfari-
nato.
L´attività del mulino proseguiva ininterrottamente giorno e notte ed il lavoro, distribuito su tre turni, era
coordinato da un capo mugnaio che, con una squadra di operai, attendeva al buon funzionamento delle mac-
chine ed al caricamento nei sacchi dei prodotti della lavorazione: farina, crusca, farinette e mezzi grani ecc.
Il mulino ed il pastificio furono una presenza importante nella vita economica della Valchiavenna perché,
dato il consistente apporto di manodopera, garantiva prospettive d´impiego e sicurezza per le famiglie. Oggi
la quinta generazione della famiglia Moro continua a Tanno l´attività iniziata da Carlo.
La conservazione del Mulino dell´ex Pastificio Moro si deve ad alcune circostanze che meritano di essere
menzionate. La decisione della famiglia Moro di vendere in blocco il pastificio ed il mulino ancora in piena
efficienza.
La volontà dell´Amministrazione provinciale di rinunciare ad alcune aule di un edificio scolastico, pur di con-
servare un gioiello di archeologia industriale. La volontà della Comunità montana della Valchiavenna di assu-
mere, in convenzione con l´Amministrazione provinciale, l´impegno di destinare l´ex mulino a Sezione mu-
seale di archeologia industriale mettendo a disposizione risorse e tecnici per salvare uno spaccato di storia
valchiavennasca.
La volontà e l´impegno dell´Organizzazione volontari Valchiavenna anziani ed amici che, in oltre 8500 ore di
lavoro gratuito, hanno provveduto, tra le altre cose, a:
· pulire l´interno dell´immobile, imbiancando e trattando con antimuffa tutte le pareti;
· sistemare gli infissi di 48 finestre e due porte finestre degradate;
· lavare con soda caustica 350 metri quadri di pavimenti e le scale in legno d´accesso ai piani superiori ed a
pulire e trattare con materiali protettivi 300 metri quadri di soffitti (travi comprese);
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VALCHIAVENNA: CULTURA E GASTRONOMIA
· pulire decine di metri di condotti in legno contenenti quintali di residui farinacei, oltre che a sistemare e
ripulire tutte le cinghie di trasmissione in cuoio;
· smontare, pulire, disinfestare, proteggere e rimontare 6 frantoi, 2 macchine setacciatrici, 180 filtri, 7 mac-
chine a telaini filtranti.
Il mulino si sviluppa su tre piani più un seminterrato. Una struttura simmetrica, che ospita un ampio vano, è
destinata alla sala macchine, mentre un vano laterale più piccolo serviva per le operazioni di pulitura e lavag-
gio dei cereali.
Il seminterrato ospitava la turbina e vi erano collocate alcune macchine per la pulitura. Al primo piano (piano
rialzato) sono collocati i laminatoi, mentre al secondo ed al terzo sono i "plansister" e le semolatrici, oltre a
vari macchinari per il recupero dei prodotti secondari della lavorazione e per l´insaccaggio. L´aspetto più in-
teressante è costituito dal pregevole lavoro di carpenteria del legno con il quale sono costruite la mescola
della farina, le tramogge e l´intero impianto di condutture che consentono, mediante elevatori, il movimento
e la selezione dei prodotti semilavorati.
Il diagramma di lavorazione prevedeva che il grano duro o tenero, per mezzo di una tramoggia, venisse de-
positato in un silos (oggi non più esistente) in attesa di iniziare la pulitura e la macinazione.
La pulitura si articola in due operazioni distinte.
Pulitura a secco: mediante l´uso di aspiratori e di rulli "svecciatoi" veniva aspirata la polvere e separata la
paglia, le impurità, i semi di altri cereali presenti ed i chicchi spezzati utilizzati nell´alimentazione zootecnica.
Pulitura umida: attraverso la lavatura con acqua, oltre ad inumidire il chicco, si eliminavano i sassolini ed i
semi delle erbe infestanti che, non galleggiando, precipitavano nella vasca di pulitura.
Il grano pulito veniva stivato, attraverso nastri trasportatori a tazze, nei cassoni "d´attesa" dove veniva man-
tenuto umido per 7-8 ore prima della macinazione.
Il grano, dai cassoni "d´attesa", passava ad una bilancia meccanica che determinava la quantità ottimale (circa
10 chilogrammi) da sottoporre alla macinazione.
Effettuata la prima "frantumazione", per mezzo di elevatori a nastro, il macinato veniva sollevato al terzo
piano ed immesso in due macchine a "buratto piano oscillante" per la prima setacciatura, effettuata la quale,
Semolatrici Plansister
“C.R.A.L. Ospedale MONZA”
MARIO CASPANI 13
VALCHIAVENNA: CULTURA E GASTRONOMIA
sempre tramite trasportatori, passava al piano sottostante per la seconda setacciatura. Quindi la granella era
convogliata nella successiva fresatrice, ripetendo il ciclo fino a 12 volte finché il chicco, spogliato dalle sue
parti, si trasformava in morbida farina.
Con un impianto ad aspirazione ed attraverso appositi filtri avveniva il recupero del pulviscolo della setaccia-
tura ottenendo un ulteriore sottoprodotto per uso zootecnico.
Il mulino era in grado di macinare 5-6 quintali/ora.
PRODOTTI DELLA LAVORAZIONE
· Farina per la panificazione.
· Semola di grano duro per la pastificazione.
· Farinaccio.
· Tritello.
· Crusca e cruschello.
La resa media per quintale di grano era del 75% di farina da destinare all´alimentazione e del 25% in sotto-
prodotti ad uso zootecnico.
Durante la guerra mondiale la percentuale di farine da destinare alla produzione alimentare si aggirò intorno
al 92%, il che significò la commercializzazione di prodotti grossolani, ma necessari, per affrontare il periodo
d´emergenza.