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Anno 2987... Pirandello e Indiana Jones di Delia Cajelli pag. 2 Pirandello e il teatro di Enzo Lauretta pag. 3 Pirandello regista ante litteram di Marialaura Simeone pag. 4 Quel che il teatro deve a Pirandello di Stefano Milioto pag. 9 Agenda pirandelliana pag. 12 In questo numero IL PALCOSCENICO novembre 2010 ISSN 2035-3685 LUIGI PIRANDELLO, «CENTOMILA» VOLTI SULLA SCENA Esploratore dell’inconscio umano e riformatore della cultura teatrale italiana, ma anche modello ispiratore di tanti registi novecenteschi e sguardo critico sull’epopea risorgimentale: è un omaggio a tutto tondo allo scrittore siciliano quello che il teatro Sociale di Busto Arsizio propone per la nuova stagione. In programma un convegno di studi, due spettacoli e un corso per operatori teatrali Copia omaggio

Il palcoscenico - novembre 2010

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Speciale sul teatro di Luigi Pirandello, con articoli di Delia Cajelli, Enzo Lauretta, Stefano Milioto e Marialaura Simeone.

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Anno 2987... Pirandello e Indiana Jones di Delia Cajelli pag. 2Pirandello e il teatro di Enzo Lauretta pag. 3Pirandello regista ante litteram di Marialaura Simeone pag. 4Quel che il teatro deve a Pirandello di Stefano Milioto pag. 9Agenda pirandelliana pag. 12

In questo numero

IL PALCOSCENICOnovembre 2010

ISSN 2035-3685

LUIGI PIRANDELLO, «CENTOMILA» VOLTI SULLA SCENA

Esploratore dell’inconscio umano e riformatore della cultura teatrale italiana, ma anche modello ispiratore di tanti registi novecenteschi e sguardo critico

sull’epopea risorgimentale: è un omaggio a tutto tondo allo scrittore siciliano quello che il teatro Sociale di Busto Arsizio propone per la nuova stagione.

In programma un convegno di studi, due spettacoli e un corso per operatori teatrali

Copia omaggio

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Anno 2987... Pirandello e Indiana Jones

Un giovane archeologo, Indiana Jones, staindagando sui ruderi di un antico teatro diBusto Arsizio, il teatro Sociale, e si sor-prende e si interroga dopo due «ritrova-menti» che hanno un nome in comune:Luigi Pirandello. «Luigi Pirandello chi sarà costui?».Henry Jones senior, a cui Indy si rivolge,spiega che Pirandello fu drammaturgo eriformatore della prassi teatrale della pre-istoria culturale. Perché una scritta ap-partenente probabilmente a una vecchiaparete del teatro e perché nel livello supe-riore una targa d’ottone, sulla quale silegge ancora ridotto «Luigi Pirandello»? Dopo la consulenza con il maestro Henry,memoria millenaria della storia del teatroe dello spettacolo, tutto si chiarisce: neisecoli precedenti, per un certo periodo, sioccupava del teatro Sociale una certa Delia Cajelli, assidua frequentatrice di LuigiPirandello. «Ma perché proprio quella scritta?», chiede il giovane archeologo al mae-stro. Perché essa contiene un manifesto culturale, una dichiarazione di come si facevail teatro e soprattutto di quale dovesse essere, all’epoca, il ruolo del pubblico «attivo»e non passivo. «Per giudicare un’opera a teatro si deve conoscerla, si deve sapere che cosa è il testodrammaturgico (quello che si recita) e lo spettacolo nato dalla mediazione registica»,questo sosteneva Luigi Pirandello. Il maestro desideroso di aiutare il giovane ar-cheologo indaga ulteriormente e trova uno straordinario documento: una copia delgiornale del teatro, «Il palcoscenico», risalente alla stagione 2010/’11. «Il palcosce-nico» annunciava, per quell’anno, tutta una stagione dedicata all’esplicazione deidiversi modi di fare teatro con al centro proprio Luigi Pirandello. Il giovane archeolo-go esclamò: «Come erano fortunati gli abitanti di quell’epoca lontana! Essi si incon-travano fisicamente in un teatro e imparavano a vivere uno spettacolo teatrale con lospirito e la mente. Noi oggi viviamo chiusi nelle nostre monadi e non incontriamo nes-suno; mandiamo e riceviamo solo messaggi telematici».

Delia CajelliDirettore artistico teatro Sociale

La regista Delia Cajelli e l’attore Gerry Franceschini al termine dello spettacolo «Sogno, ma forse no»

di Luigi Pirandello, tenutosi nella serata di giovedì 27 novembre 2008 al teatro Sociale di Busto Arsizio.

Foto: Silvia Consolmagno

NdRLe immagini che corredano gli articoli pubblicati su questo numero del mensile «Il pal-coscenico» sono tratte dagli archivi del teatro Sociale di Busto Arsizio e si riferisconoad allestimenti di testi pirandelliani, portati in scena dalla compagnia «AT.Theatre» edall’associazione culturale «Educarte» negli anni compresi tra il 2004 e il 2010. Lapubblicazione si configura come uno speciale sul convegno «Quel che il teatro deve aLuigi Pirandello», in programma martedì 26 ottobre a Busto Arsizio.

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Tra i massimi testimoni e interpreti della crisi dell’uomo contemporaneo

PIRANDELLO E IL TEATROTra le opere emblematiche: «Sei personaggi» e «I giganti della montagna»

La presenza di Pirandello è un evento sorprendente, straordinario e inquietante chesegna da solo il nostro Novecento. Inquietante perché nel clima della crisi dei valo-ri (borghesia, post-risorgimento) il suo personaggio si dibatte, senza messaggi, nellasolitudine e nella catastrofe dei destini umani, nell’alienazione e nella ambiguità, trala falsità e la noia, temi tutti dell’inquieto 900.Con tale atteggiamento, Pirandello affronta il problema del teatro, prima rifiutando-ne l’esecuzione, poi per la via dell’umorismo e dell’analisi interiore del personag-gio, accetta la via della scena quando si accorge che in essa può dibattersi la conce-zione della vita e dell’uomo con i suoi problemi e le sue lacerazioni.Lo aiutano, in questa operazione di scrittura e di rappresentazione scenica, il Fu-turismo che aveva sorpreso il teatro con i dialoghi sconcertanti con il pubblico e lasimultaneità della rappresentazione, George Bernard Shaw con la polemica controil teatro borghese e la consunta tecnica teatrale, Frank Wedekind che apre la viaall’Espressionismo, Eugene O’Neil con le sue figure aspre soggette ad elementariistinti primitivi, Luigi Chiarelli con i suoi scioglimenti paradossali.Il teatro diventa una tribuna e la scena si colma di vitalità e problemi: con i «Sei per-sonaggi», nati vivi e rifiutati, nasce il dramma fuori del tempo e inganno della com-prensione reciproca, mentre con i «Giganti della montagna» trionfa il senso del-l’Oltre, il brivido del mistero e il palpito di tutto l’Infinito che è in noi.

Enzo Lauretta*

Enzo Lauretta fonda, nel 1967, il Centro naziona-le studi pirandelliani, di cui attualmente è il presi-dente. Gli studi critici lo portano ad occuparsi diBrancati, Patti e Saviane, sui quali pubblica tre«Inviti alla lettura» (Mursia, Milano 1973-’75-’76).È altresì autore di un «Compendio storico della let-teratura italiana» (Mursia, Milano 1977).Attento studioso dell’opera pirandelliana, le ha de-dicato vari scritti: un commento a «Questa sera sirecita a soggetto» (Mursia, Milano 1973), la guida

«Come leggere Il fu Mattia Pascal» (Mursia, Milano 1976), due saggi su«Pirandello, storia di un personaggio fuori di chiave» (Mursia, Milano1980-2009) e «Pirandello o la crisi» (San Paolo, Milano 1995), «Piran-dello e il mistero» (San Paolo, Milano 1996). Ha pubblicato dieci romanzi, da due dei quali («La sposa era bellissima»e «I salmoni di San Lorenzo») sono stati tratti due film. Con l’opera tea-trale «Maddalena» (dal suo romanzo omonimo, pubblicato da Rizzoli) havinto il Premio Fantiano, promosso dal Teatro della Fede di Grottaglie(Taranto).

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Un excursus nell’esperienza del Teatro d’Arte, gruppo attivo negli anni Venti

PIRANDELLO REGISTA ANTE LITTERAMDa Virgilio Marchi a Dario Nicodemi: una riforma teatrale raccontata attraverso leparole dei suoi protagonisti

Il titolo è di per sé provocatorio, in quanto in Italia negli anni’20 ancora non esisteva la figura del regista, tanto che nonc’era nemmeno un termine per definirlo se non quello anticodi «capocomico». Fu il linguista Bruno Migliorini a intro-durre il nuovo vocabolo nel 1932. Mentre, infatti, nelle mag-giori città europee (a Parigi, a Mosca, a Berlino) assistiamoal progressivo affermarsi del ruolo del regista e a una vera epropria celebrazione delle possibilità della scenotecnica, conla costruzione di meccanismi complessi e con l’applicazionedelle nuove tecnologie (quindi anche del cinema) al teatro; lecondizioni del teatro italiano negli anni ’20 dimostrano unanetta arretratezza di mezzi, metodologia e mentalità teatrale.A Berlino, ad esempio, nel 1927 Piscator (1893-1966), nellamessinscena di «Oplà, noi viviamo», collega direttamente ildialogo degli attori sulla scena con le immagini di una proie-zione cinematografica e con una voce diffusa dagli altopar-lanti. L’attore deve così sincronizzare la propria voce con ilmovimento delle immagini e con la voce degli amplificatori. Walter Gropius (1883-1969) è artefice, nello stesso anno,del progetto di un «teatro totale» -un edificio, cioè, di formaovale, che prevedeva una scena concentrica alla zona delpubblico il quale era, a sua volta, circondato da uno spaziocircolare. Lo spettatore si trovava, insomma, coinvolto, im-merso all’interno di una macchina teatrale mobile e tecnolo-gicamente avanzata. La situazione italiana è ben diversa: finoagli anni ’20 ancora vigevano stilemi ottocenteschi sia perquanto riguardava l’aspetto recitativo (tipico il modello del«grande attore» su cui ruotava la pièce) sia per l’aspetto tec-nico-organizzativo (le compagnie nascevano dall’iniziativaprivata, molto spesso erano a conduzione familiare e tratta-vasi di compagnie di giro). Per quanto riguarda le scenogra-fie non si andava oltre i fondali di carta o di tela dipinta, cherappresentavano ambienti standard (il salotto borghese, ilgiardino, la strada). I mobili venivano fittati dalle ditte perforniture teatrali, presenti in tutte le principali città italiane, ei costumi facevano parte della normale dotazione di ogni at-tore e quindi erano anche quelli piuttosto semplici in mododa poter essere riciclati per diverse parti. Qualcosa inizia a cambiare nella prima metà degli anni ’20con il Teatro Sperimentale degli Indipendenti di AntonGiulio Bragaglia (che usa, ad esempio, la platea mobile ealtri meccanismi scenici a mutazione) prima, con il Teatrod’Arte di Pirandello poi. Bragaglia è convinto di dover pri-

Gerry Franceschini in una scenadello spettacolo «Sogno, ma forse

no» di Luigi Pirandello, per la regia di Delia Cajelli, portato in scena

dall’associazione culturale«Educarte» nella stagione 2008/2009.

Foto: Silvia Consolmagno

Ambra Greta Cajelli in una scenadello spettacolo «Sogno, ma forse

no» di Luigi Pirandello, per la regia di Delia Cajelli, portato in scena

dall’associazione culturale«Educarte» nella stagione 2008/2009.

Foto: Silvia Consolmagno

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vilegiare lo spettacolo della scena e non laletterarietà del testo, Pirandello saprà co-niugare magistralmente entrambe le cose esi rivelerà un rivoluzionario della scenacome già lo era stato nella pagina scritta.Il Teatro d’Arte di Pirandello viene fondatoa Roma nel 1925 e, pur non durando molto,lascerà un’impronta indelebile nella storiadel teatro italiano. L’autore agrigentino cre-deva fortemente nel suo progetto, convintoche solo una compagnia stabile avrebbe po-tuto cambiare la situazione italiana. Unadelle novità del Teatro d’Arte riguardavainnanzitutto le scenografie e i costumi chevenivano disegnati e creati apposta per ogniopera allestita e l’attenzione alla realizza-zione dello spettacolo, nei suoi vari aspettiandava molto più in là di quanto le realicondizioni delle scene italiane permettessero.Nei primi mesi le recite della compagnia venivano allestite all’Odescalchi, un pic-colo teatro precedentemente usato per gli spettacoli delle marionette e ristrutturato e com-pletamente modificato da Virgilio Marchi. La sala fu, infatti, radicalmente trasformata, apartire dall’ingresso, allargato per fare posto al guardaroba, ai servizi e alla biglietteria,mentre la scalinata che conduceva alla galleria venne collocata nel foyer. Innovativo sipresentava il progetto di Marchi, che prevedeva un’inclinazione discendente della plateadi due metri e mezzo rispetto al piano del palcoscenico, allo scopo di consentire unamigliore visuale agli spettatori. L’architetto disegnò, inoltre, poltrone capaci di unire allacomodità il minore spreco di spazio possibile. Il progetto comprendeva anche una galle-ria a gradoni da realizzare con architravi in cemento armato nella zona sovrastante la partedi platea opposta al palcoscenico, ove collocare altri spettatori. Un palchetto, al quale sipoteva accedere da un ingresso indipendente, veniva ricavato, infine, nell’apertura di unafinestra preesistente, lungo uno dei due bracci laterali che prolungavano la galleria. E poiil teatro venne dotato di un impianto luci veramente all’avanguardia per quel tempo. Sono

questi, del resto, gli anni in cui l’illumino-tecnica acquista per Pirandello un valoreprimario; anch’egli vuole sperimentarequegli effetti spettacolari usati così sapien-temente dai maggiori registi europei (Pi-töeff, in Francia, e Reinhardt, in Germa-nia, avevano fatto la fortuna di Pirandelloall’estero).Proprio il sapiente uso delle luci, unito allosconfinamento dell’azione teatrale in plateacolpì tanto il pubblico quanto i critici cheassistevano alla prima della «Sagra del Si-gnore della Nave», spettacolo d’aperturadella stagione del Teatro d’Arte. L’esordiodi Pirandello capocomico fu concordemen-te salutato come un successo, a cui seguiro-no altre e nuove sperimentazioni (tra gli

Gerry Franceschini e Ambra Greta Cajelli in una scena dello spettacolo «Sogno, ma forse no»

di Luigi Pirandello, per la regia di Delia Cajelli,portato in scena dall’associazione

culturale «Educarte» nella stagione 2008/2009. Foto: Silvia Consolmagno

Gerry Franceschini e Mario Piciollo in una scena dello spettacolo «Cecè» di Luigi Pirandello, per la regia

di Delia Cajelli, portato in scena dall’associazione culturale «Educarte» nella stagione 2009/2010.

Foto: Silvia Consolmagno

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spettacoli della prima stagione ricordiamoalmeno «Gli dei della montagna» di LordDunsany e «Nostra Dea» di MassimoBontempelli, «Enrico IV» dello stessoPirandello e soprattutto la nuova versionede «I Sei personaggi»). Ma l’esperienzaall’Odescalchi durerà poco; la compagniasarà presto costretta a estenuanti tournée inItalia e all’estero. Nel 1927, tuttavia, le cosesembrano cambiare, alla compagnia vieneaffidato il Teatro Argentina, ristruttu-rato dal Comune per l’occasione. Con l’e-sperienza maturata durante il giro europeoe con una serie di novità, da «Diana e laTuda» a «L’amica delle mogli», Pirandelloinaugura il nuovo anno comico che dureràdal 2 marzo del ’27 al 31 agosto del ’28,ben 548 giorni (risulta così lungo poichécambia il computo della stagione teatraleproprio in quell’anno). La stagione all’Argentina doveva essere, nei progetti di Pirandello,il banco di prova per la creazione di un Teatro di Stato e infatti aveva annunciato una sta-gione ricca di spettacoli interessanti con una serie di novità italiane e straniere.Pirandello era tornato dalla tournée europea carico di aspettative. A Berlino aveva potutoosservare, come dichiarò lui stesso, qualcosa di meraviglioso, che solo una regia abilissi-ma poteva creare, una recitazione d’insieme stupefacente dove anche i ruoli minori eranoaffidati a straordinari interpreti. Ma il sogno pirandelliano doveva infrangersi con la gret-ta realtà italiana. Nelle sue memorie, Marchi, scenografo di Pirandello, ha riportato tra glianeddoti il desiderio di un teatro fatto di tastiere magiche, il teatro fatato per realizzare isogni. Lo spazio teatrale pirandelliano assomiglia, infatti, sempre di più ad uno spaziomentale. Da «I sei personaggi» in poi è la mente creatrice dell’autore a materializzarsi inscena. L’attenzione al visivo si fa sempre più insistente e le didascalie dimostrano quan-to, in Pirandello, scrittura drammaturgica e scrittura scenica si leghino sempre di più. Seinizialmente la materialità scenica era stata avvertita come un limite alla libera espressio-ne della mente creatrice, proprio il teatro si rivelerà invece lo spazio dove ciò avviene. Maperché ciò accada deve essere lui stesso il regista delle sue commedie e dei suoi drammi.Pur non avendo lasciato scritti teorici in merito all’attività di regia abbiamo una serie diinterviste e di testimonianze dei suoi attori e collaboratori. Come aveva rilasciato in un’in-tervista apparsa su «Comoedia» il 31 agosto del ’25: «C’est une méthode d’auteur... Onassure volontiers que les auteurs sont généralement incapables de présenter leur pièces.Deux ou trois metteurs en scène francais me l’ont affirmé. Mais si un auteur croit savoircomment il faut jouer sa pièce, il y a bien de chances pour qu’il s’y entende mieux qu’unmetteur en scène de profession. [...] ne pas faire répéter les acteurs, mais les personages.Je m’éxplique: ne commencer les répétitions qu’après le travail personnel, en profondeur,qui fait de chaque acteur le personnage même qu’il doit être». Una consapevolezza della scena che risulta anche dalle testimonianze dei suoi attori. RinaFranchetti, attrice presente nella compagnia pirandelliana nella stagione ’26/’27, dicevadi Pirandello: «faceva una regia di bagliori, era illuminante, con lo sguardo riusciva a farsicapire nel descrivere uno stato d’animo, un’incertezza, un’angoscia». Non era affattoopprimente, seguiva l’indole personale dell’attore. E Lamberto Picasso, accan-to a Pirandello in diverse stagioni teatrali: «Ci tirò fuori da quella falsa retorica, da quel-

Ambra Greta Cajelli in una scena dello spettacolo«Cecè» di Luigi Pirandello, per la regia di Delia Cajelli,

portato in scena dall’associazione culturale «Educarte» nella stagione 2009/2010.

Foto: Silvia Consolmagno

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la maniera voluta di recitare. Ci portò alla verità». Il suo era un teatro vicino alla vita,parte della vita stessa. Quando uno soffre, diceva, non c’è bisogno che incanti il pubblicocon la falsa retorica, basta che soffra veramente come soffre nella vita. Per Pirandellobisognava essere il personaggio, non recitare il personaggio (non a caso voleva chesulle porte dei camerini fosse scritto non il nome dell’attore, ma il nome del personag-gio interpretato). Mentre il capocomico tradizionale dava frequentemente agli attorigesti, movimenti e intonazioni da imitare, Pirandello spiegava il testo ma erano gli attoriche dovevano trovare il modo di rendere le sue idee, il loro modo. E proprio per «L’amicadelle mogli» il fatto di dover vivere la parte, formula che pareva nata per la Abba, suscitònon poche polemiche. In quell’occasione diede ai suoi attori anche una lezione sulla regiarussa e sul metodo Stanislaskij.Pirandello aveva una grande abilità a lavorare con gli attori e una grande capacità dicomunicare le sue idee (Dario Niccodemi racconta che Pirandello sapeva mirabilmente echiaramente spiegare anche le cose più oscure, anzi più erano oscure e più chiaramente lespiegava). Le prove si iniziavano con il leggere la commedia a tavolino agli attori.Pirandello spiegava l’argomento e i caratteri del testo. Li suggestionava, li istigava adentrare nell’immaginata realtà delle parti, a comporsi un’anima, un volto come il per-sonaggio. In questa fase del lavoro si intratteneva con scenografi e tecnici delle luciper delle ore. Per Guido Salvini, Pirandello rivoluzionò anche la scenografia italia-na: benché la sua opera esigesse una scenografia precisa, offriva agli scenografi il piùvasto campo per la loro fantasia. «Pirandello è stato il maestro della nostra genera-zione per il coraggio che ci ha dato». La trasposizione scenica non è più, dunque, lacopia degradata del testo scritto come era in «Illustratori, attori e traduttori» (1907), ma èil luogo dove ciò che era invocato in «L’azione parlata» (1899) può avverarsi. LàPirandello aveva preso ad esempio la romanza di Jaufrè Rudel e Melisenda, dove un rag-gio di luna risveglia le immagini dell’arazzo e il duca e la dama prendono vita. Così dove-va accadere per il testo drammatico, i personaggi drammatici dalla pagina scritta devono

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balzare vivi e semoventi. Da Madama Pace in poi assistiamo a questo prodigio, alla nasci-ta necessaria dei personaggi nello spazio teatrale. Eppure l’Italia di quel tempo non ha lestrutture adatte perché ciò avvenga, come giustamente precisò Alberto Spaini, recensoreper «Il Resto del Carlino», che nel maggio del ’27 scriveva a proposito di Pirandello«régisseur». Spaini lamentava la mancanza in Italia di una coscienza del teatro moderna,che se ci fosse stata avrebbe permesso all’autore/capocomico un successo strepitoso.Pochi autori avevano avuto, per Spaini, l’esatta intuizione della teatralità e della realtàscenica senza mai venir meno alle proprie esigenze poetiche come Pirandello.L’autore/capocomico aveva contribuito, secondo Bragaglia, a far entrare anche nellamente dei più ottusi la necessità di aggiornare la concezione della rappresentazione tea-trale. Spaini, nel citato articolo, indica come nei teatri italiani, in quelli grandi edufficiali imperassero le cose e gli uomini del 1830. Pirandello, con i suoi ses-sant’anni era l’unico giovane! Perché accadeva questo? Perché a Roma non esisteva unacoscienza moderna del teatro.La stagione teatrale ’27/’28 è, in ogni caso, un anno di snodo della successiva attività diPirandello, poiché sancisce il fallimento del Teatro d’Arte ma nello stesso tempo dimo-stra quanto Pirandello sia cresciuto professionalmente anche dal punto di vista della regia(e quindi della scenografia, dell’illuminotecnica, della costumistica). L’ultima opera rap-presentata è «La nuova colonia». Il finale prevedeva un maremoto e un terremoto. Marchiaddirittura approntò i bozzetti delle scene mentre Pirandello scriveva le didascalie, quin-di una pratica del tutto nuova e singolare. La scenografia prevedeva una serie di pratica-bili, fondali e spezzati ma ben poco di quello che era stato progettato poté essere messoin pratica. Alla fine il terremoto non era che un marchingegno di tele dipinte fatte oppor-tunamente cadere. Ma il fallimento di quello che doveva essere un finale spettacolare eradovuto unicamente alle miserabili condizioni in cui versava il teatro italiano.Alla chiusura della stagione ’27-’28 Pirandello si trasferirà infatti a Berlino, capitale all’a-vanguardia. Da là scriverà in una lettera a Marta Abba, la sua prim’attrice: «sono a scuo-la di regia nella terra della regia». Del periodo berlinese è l’opera «Questa sera si recita asoggetto», frutto di una mentalità registica e delle esperienze maturate in quegli anni,riflessione sul teatro non solo come generatore di fantasmi mentali ma anche come purospettacolo come «la bocca spalancata di un grande meccanismo che ha fame». Quel mec-canismo che aveva cercato di innescare anche in Italia senza riuscirvi.

Marialaura Simeone*

Marialaura Simeone collabora con il Centro nazio-nale studi pirandelliani dal 2008, partecipando aconvegni e giornate di studio (Agrigento, Giugliano-Napoli, Roma, Siena). Sta terminando il dottorato in«Comparatistica: letteratura, teatro e cinema» pressol’Università degli studi di Siena (sede di Arezzo) conuna tesi sul rapporto tra cinema e teatro nelle sce-neggiature pirandelliane. Ha insegnato nelle scuolesecondarie di secondo grado e ha tenuto dei labora-tori didattici nelle scuole primarie.

Giornalista pubblicista, si occupa principalmente di teatro e cinema (ha pubbli-cato con «Il Sannio Quotidiano», «Sinestesie», www.teatranti.com e collaboracon «Radio Città Benevento» e «Quaderni di Cinema Sud»).*M

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Un excursus tra le esperienze teatrali che hanno subito l’influsso del maestro siciliano

QUEL CHE IL TEATRO DEVE A PIRANDELLOBeckett, Camus, Ionesco e Sartre, tra gli «allievi» dell’autore dei «Sei personaggi»

L’influenza esercitata da Pirandello, de-finito come l’autore più «seminativo» delnostro tempo, sul teatro moderno è statauniversalmente riconosciuta, ed è così so-lida e irrinunciabile che il critico america-no Robert Brustein, in «The Theatre ofRevolt-An approach to the modern dra-ma» (1964), l’ha distinta in uno schemaben definito negli aspetti tematici antici-patori. Nell’angoscia esistenziale, Pirandello an-ticipa Jean-Paul Sartre e Albert Camus;nella disintegrazione della personalità edell’emarginazione dell’uomo, SamuelBeckett; nel conflitto della parola, teoria,concetti e opinioni correnti, Eugène Ione-sco; nel contrasto verità-illusione, EugeneO’Neil e, più tardi, Harold Pinter edEdward Albee; negli esperimenti teatrali,diversi drammaturghi sperimentali, inclusi Thornton Wilder e Jack Gelbert; nell’u-so dell’interscambio fra attori e personaggi, Jean Anouilh; nella visione del contrastomaschera pubblica e vita privata, Jean Giraudoux; nella concezione dell’uomo comeindividuo teatrale, Jean Genet. Dall’Europa alle Americhe e ad altre parti del mondo, il teatro, dunque, s’è nutrito dellalinfa pirandelliana e ha prosperato senza poter prescindere da essa.Italia. Il teatro dei primi decenni del Novecento subisce trasformazioni notevoli, nellamentalità e nell’adozione di un congegno diverso di rappresentazione. È il teatro nuovoche avanza e spinge sempre più alle corde il teatro vecchio. Nell’opera di demolizione e costruzione del nuovo teatro gran parte ha avuto il Futu-rismo, ma è Pirandello che, pur non restando insensibile alla proposta futurista di cuicattura conquiste e suggestioni, prosegue nell’opera di rinnovamento del teatro facen-do proseliti.Nella filiazione pirandelliana, Massimo Bontempelli e Ugo Betti sono tra quelli piùvicini alle tematiche del maestro. Particolarmente notevoli e complesse sono, invece, lecorrispondenze fra Luigi Pirandello ed Eduardo De Filippo che, se condividono laconcezione dell’umorismo, considerato da entrambi «la parte amara della risata, nonl’episodio ridicolo del vivere quotidiano», si distanziano nel pirandellismo: speculati-vo nel primo, umano nel secondo. Estranea al pirandellismo appare l’opera di Rosso di San Secondo. I segni pirandel-liani che affiorano nella sua opera risultano trasfigurati nel «senso del più acceso liri-smo». Eppure Rosso sta meritatamente accanto a Pirandello per il comune sentimen-to della crisi, la comune partecipazione alle esperienze del pensiero moderno tedesco

Stefano Milioto (il secondo da destra) al teatro Sociale di Busto Arsizio, durante la cerimonia

di inaugurazione del ridotto «Luigi Pirandello» (giovedì13 novembre 2008), in compagnia di Enzo Lauretta,

Claudio Fantinati (assessore alla Cultura ed Educazionedel Comune di Busto Arsizio) e Delia Cajelli.

Foto: Silvia Consolmagno

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ed europeo.Fra gli anni ’60-’80, Giovanni Testori, col suo teatro delcorpo, e Pier Paolo Pasolini, col suo teatro della parolacontro il teatro di chiacchiera, propongono una loro idea diteatro per una rivoluzione non soltanto di tipo formale. Nonsenza avvalersi della lezione pirandelliana: Testori perl’uso del teatro nel teatro; Pasolini per la proposta, espres-sa nella sua «Riforma del teatro», di eliminazione delmondo posticcio e convenzionale del palcoscenico e perl’odio per la macchina teatrale. Germania. Il teatro epico di Bertolt Brecht ha un fonda-mento ideologico nuovo e una tematica più ampia e liberanelle sue forme. Nonostante utilizzi in drammi giovani-li motivi pirandelliani, nondimeno risultano evidenti ledivergenze fra l’uno e l’altro a livello teorico. Infatti, allaconcezione pirandelliana per la quale «non il dramma fa lepersone ma queste il dramma», si oppone quella di Brecht,imperniata sulla costruzione, non psicologica, ma sociolo-gica del personaggio, che non drammatizza ma espone ifatti.Francia. La rivoluzione di Pirandello ha operato efficace-mente sul teatro francese. Nel rilevarlo, il critico GeorgesNeveux, nel 1957, dice: «senza Pirandello non avremmoavuto né Salacrou, né Anouilh, né, oggi, Ionesco e Sartre[…] ma mi fermo qui. L’elenco sarebbe interminabile». Daparte sua, Jean Anouilh, in occasione della ripresa nel 1978dei «Sei personaggi», dichiara: «E, immagino che dobbia-mo essere numerosi in questo caso quelli che non avrebbe-ro fatto nulla o che, almeno, avrebbero fatto altra cosa, sequel piccolo professore siciliano non avesse fatto esplode-re la sua bomba». C’è nelle due affermazioni un sentimen-to di riconoscenza per ciò che ha significato Pirandello perla drammaturgia francese. Gran Bretagna. Riconoscenza che manca in quella ingle-se i cui maggiori esponenti Samuel Beckett e Harold Pintersi sono guardati bene dal riconosce il loro debito nei riguar-di dell’autore agrigentino. USA. Altro è il discorso per gli Stati Uniti. A parte EugeneO’Neil e Thornton Wilder, anche nel teatro sperimentalesi fa sentire l’esperienza pirandelliana. A partire dagli anniSessanta gruppi teatrali americani si sono proposti di crea-re spettacoli non su un testo ma su un’ispirazione, un’idea,una suggestione. Hanno finito col dar vita a una particola-re tecnica di «accumulazione creativa». Lo spettacolo di-viene, in sostanza, una creazione collettiva e improvvisata,proprio come si annuncia in «Questa sera si recita a sog-getto». Rilevanti sono le esperienze del Living Theatre,fondato a New York nel 1947 da Judith Malina e JulianBeck; del Teatro di guerriglia, sviluppatosi negli anni

Una scena dello spettacolo «L’atrocenotte. La tormentata storia d’amoretra Marta Abba e Luigi Pirandello»

di Stefano Milioto, per la regia di Delia Cajelli, andato in scena al teatro Sociale di Busto Arsizio

nella serata del 14 novembre 2008.Foto: Silvia Consolmagno

Una scena dello spettacolo «L’atrocenotte. La tormentata storia d’amoretra Marta Abba e Luigi Pirandello»

di Stefano Milioto, per la regia di Delia Cajelli, andato in scena al teatro Sociale di Busto Arsizio

nella serata del 14 novembre 2008.Foto: Silvia Consolmagno

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Sessanta; del Bread and Puppet Theatre,fondato nel 1960 da Peter Schumann, edell’Open Theatre, avviato a New York daJoseph Chaikin; della Mime Troupe diRonnie G. Davis; dei Pageant Players,gruppo di New York, sorto negli anniCinquanta. Le loro azioni teatrali sono tutte impronta-te all’improvvisazione, alla confusione ealla provocazione e trovano ispirazione in«Ciascuno a suo modo» e «Questa sera sirecita a soggetto». Persino qui, dunque, inqueste forme di teatro sperimentale e diprovocazione, in questo teatro di strada edi guerriglia, si è irradiata la potenza delgenio teatrale del «piccolo professore sici-liano», come deferentemente il dramma-turgo francese Jean Anouilh definisce Pi-randello.

Stefano Milioto*

Stefano Milioto è consigliere delegato del Centronazionale studi pirandelliani di Agrigento. Ha scrittonumerosi saggi, studi e articoli sullo scrittore sicilia-no, alcuni dei quali pubblicati negli atti degli annualiConvegni internazionali di studi pirandelliani. Nell’ambito della saggistica, ha pubblicato i volumi«Pirandello, il Caos» (Editore La Rosa, Palermo1995), «Lauretta saggista e narratore» (Manni edito-re, Lecce 2001) e «I giorni dell’impegno-Studi sul-l’opera di Enzo Lauretta per il suo 80° genetliaco»

(Edizioni del Centro, Agrigento 2003). Nel campo della narrativa, ha scritto, tra l’altro, i romanzi «La torre del Checco»(Ila Palma, Palermo 1988), «Heliopsis scabra» (Firenze Libri, Firenze 1991),«Racconti di Cometa» (Edizioni della Fenice, Agrigento 1994), «Vita di Augie»(Lussografica Editrice, Caltanissetta 2000), «Maria e altre donne» (BonaccorsoEditore, Verona 2006), «Mounir» (in «Des nouvelles d’Imedoc, Isule literarie»,Édition Albiana, Ajaccio 2002) e «La riparazione» (Bonaccorso Editore, Verona2008).È autore di svariati testi teatrali, tra i quali «Un club nell’Aldilà», «Perdutiamori» e «L’atroce notte», tutti editi sul mensile di teatro e di spettacolo dal vivo«Prima fila». Le commedie «Eremo» e «Salomè» hanno avuto menzioni specia-li in importanti premi teatrali nazionali. È coautore della sceneggiatura dei film «La sposa era bellissima», «I salmoni delSan Lorenzo» e di altri due pellicole, attualmente in lavorazione, «Maddalena»e «Luigi Pirandello, una vita impossibile». Ha ricevuto premi e riconoscimentiper la saggistica, la narrativa e il cinema.

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Gli attori Gerry Franceschini e Marcella Romei in una scena di «Uno, nessuno e centomila»

di Luigi Pirandello, per la regia di Delia Cajelli,rappresentato nella stagione 2004/2005.

Foto: Danilo Menato

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AGENDA PIRANDELLIANA GLI SPETTACOLI E GLI INCONTRI DEL TEATRO SOCIALE DI BUSTO ARSIZIO

MARTEDÌ 26 OTTOBRE 2010 - ORE 9.30[rassegna «Quel che il teatro deve a Pirandello»]

QUEL CHE IL TEATRO DEVE A LUIGI PIRANDELLOcon Enzo Lauretta («Pirandello e il tea-tro»), Stefano Milioto («Presenze piran-delliane nel teatro europeo e america-no») e Maria Laura Simeone, («Piran-dello regista»)convegno di studi

Jean-Paul Sartre e Albert Camus, EugèneIonesco e Jean Anouilh, Thornton Wildered Eduardo De Filippo: sono numerosi gliautori che si sono ispirati alla lezione piran-delliana, mutuandone le tematiche narrativeo l’azione riformatrice della prassi teatrale.Questa significative influenze sono al centrodel convegno promosso dall’associazioneculturale «Educarte» e dal Centro nazionale studi pirandelliani di Agrigento, in aperturadella rassegna «Quel che il teatro deve a Luigi Pirandello». Il corso, nato con l’intento di creare degli operatori teatrali per la formazione del pubbli-co, proseguirà con otto incontri sui principali riformatori della drammaturgia novecentesca,da Bertolt Brecht a Konstantin Stanislawskij, da Samuel Beckett a Totò. I primi ap-puntamenti tratteranno nello specifico del metateatro di Luigi Pirandello, analizzando testiemblematici quali «Questa sera si recita a soggetto» (25 novembre 2010, ore 21.00) e «Igiganti della montagna» (20 gennaio 2011, ore 21.00).

Ingresso convegno: libero, previa prenotazione del posto; rassegna «Quel che il teatro deve aLuigi Pirandello»: posto unico € 8,00, ridotto (giovani fino ai 21 anni, ultra 65enni, mili-tari, Cral, biblioteche, dopolavoro e associazioni con minimo dieci persone) € 6,00.

GIOVEDÌ 18 NOVEMBRE 2010 - ORE 10.15[rassegna «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi»]GIOVEDÌ 18 NOVEMBRE 2010 - ORE 21.00[rassegna «Una Storia, tante storie»]

SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTOREdramma teatrale di Luigi Pirandellocon gli attori del teatro Sociale (cast: Delia Cajelli, Gerry Franceschini, Isabella Perego,Mario Piciollo, Anita Romano e Claudio Tettamanti)adattamento scenico e regia di Delia Cajelli

L’attore Gerry Franceschini nei panni di Luigi Pirandello,durante le riprese di un filmato televisivo girato

ad Agrigento, nella Valle dei Templi, nel dicembre del 2006. Foto: Danilo Menato

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produzione: associazione «Educarte» - teatro Sociale di Busto Arsizio spettacolo di prosa

Vita e teatro, realtà e apparenza: è un incontro-scontro tra opposti quello che va inscena con «Sei personaggi in cerca d’autore» (1921), metafora insuperabile della con-dizione dell’uomo moderno e prima opera della trilogia pirandelliana del «teatro nelteatro», della quale fanno parte anche «Ciascuno a modo suo» (1924) e «Questa sera sirecita a soggetto» (1928-1929). La trama di questo dramma, che contiene in sé tutte le future evoluzioni e trasforma-zioni della drammaturgia e della ricerca contemporanea, ha accenti da feuil-leton borghese familiare, da romanzo d’appendice. Sulle tavole di un palcoscenico,dove si stanno facendo le prove del dramma pirandelliano «Il gioco delle parti», si pre-senta una tormentata famiglia, composta da un padre, una madre, un figlio, una figliastra,un giovinetto e una bambina. Questi personaggi chiedono al capocomico e agli attori dimettere in scena la fosca e intricata vicenda che li vede protagonisti: un coacervo di tra-dimenti, abbandoni, riconciliazioni, sofferenza, desideri di vendetta. Ciò che colpiscel’attenzione dello spettatore non è, però, l’intreccio della storia, fitta di luoghi comuni,quanto le illuminazioni metateatrali pirandelliane: lo scrittore agrigentino rompe conla struttura tradizionale del dramma, eliminando la «quarta parete» (cioè la paretetrasparente che sta tra attore e pubblico) e raccontando la creazione artistica nel momen-to e nell’atto del proprio farsi, nel passaggio dalla persona al personaggio.Lo spettacolo sarà preceduto da un incontro propedeutico, in cartellone presso gli spazidel ridotto «Luigi Pirandello» nella serata di giovedì 11 novembre 2010.

Ingresso spettacolo serale: posto unico € 16,00; ridotto (giovani fino ai 21 anni, ultra 65enni,militari, Cral, biblioteche, dopolavoro e associazioni con minimo dieci perso-

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ne) € 12,00; matinée per le scuole: posto unico € 6,50 (Fascia d’età: scuole secondariedi secondo grado); incontro propedeutico: posto unico € 8,00, ridotto € 6,00.

24 FEBBRAIO 2011 - ORE 10.15 E ORE 21.00[rassegna «Italia, una storia lunga 150 anni»]

L’ALTRO FIGLIOcommedia in un atto di Luigi Pirandellocon gli attori del teatro Socialeregia di Delia Cajelli produzione: associazione «Educarte» - teatro Sociale diBusto Arsizio spettacolo di prosa

Un dramma di identità negata e di problematicità dei rap-porti familiari, sullo sfondo del doloroso fenomeno dell’e-migrazione dei primi del Novecento. È un Pirandellosiciliano e sociale, critico nei confronti dell’epopea risor-gimentale, quello che emerge dalla commedia «L’altro fi-glio». La trama racconta il dramma di una madre che rifiuta la pro-pria maternità per dimenticare l’orrore di una violenza subi-ta e l’indicibile sofferenza di un figlio che non può esser tale,nonostante sia esente da colpe.

Ingresso spettacolo serale: posto unico € 10,00; matinée per le scuo-le: posto unico € 6,50 (Fascia d’età: scuole secondarie disecondo grado).

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Ambra Greta Cajelli in una scena dellospettacolo «Sogno, ma forse no» di

Luigi Pirandello, per la regia di Delia Cajelli, portato in scena

dall’associazione culturale «Educarte»nella stagione 2008/2009. Foto: Silvia Consolmagno

APERTE LE ISCRIZIONI AL CORSO «DALLA DIVINA COMMEDIA»Rimarranno aperte fino a lunedì 15 novembre 2010 le iscrizioni al laboratorio tea-trale «Officina della creatività-Dalla Divina Commedia», previsto dalla convenzio-ne triennale stipulata tra l’amministrazione comunale di Busto Arsizio e la società«Il teatro Sociale» Srl.I giovani corsisti potranno studiare i primi rudimenti di recitazione, canto, uso dellavoce ed espressività corporea, sotto la supervisione dell’associazione culturale«Educarte» e della «Star Dance» di Turbigo. Le lezioni, rivolte a studenti dellescuole secondarie di primo e di secondo grado, si terranno con cadenza settima-nale nella giornata di lunedì, in orario non scolastico (dalle 17.00 alle 18.30).Il saggio di fine anno sarà incentrato sul «Purgatorio» dantesco; l’avventura tea-trale del laboratorio «Dalla Divina Commedia», iniziata lo scorso anno con l’alle-stimento dello spettacolo «Ulisse è… un fico», proseguirà, quindi, con lo studio ela messa in scena del «Paradiso». La scheda di iscrizione può essere scaricata dal sito www.teatrosociale.it o ritiratapresso gli uffici del teatro Sociale di Busto Arsizio.

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Direzione, redazione e amministrazione: Il ridotto «Luigi Pirandello» c/o teatro Sociale, piazza Plebiscito, 821052 Busto Arsizio (Varese), tel. 0331.679000, fax. 0331.637289, e-mail: [email protected]

[email protected] Registrazione n. 11/08 del 13/10/2008 presso il Tribunale di Busto Arsizio (Varese)La tiratura di questo numero è di 6000 copieChiuso in redazione martedì 19 ottobre 2010

In copertina: Immagine promozionale della rassegna

«Quel che il teatro deve a Pirandello», in cartellone al teatro Sociale di Busto Arsizio

dal 26 ottobre 2010 al 19 maggio 2011

IL PALCOSCENICOISSN 2035-3685

Anno IIINumero V (novembre 2010)Direttore responsabile:Annamaria SigalottiRedazione: Silvia Consolmagno (fotoreporter)Hanno collaborato: Delia Cajelli, Enzo Lauretta, Danilo Menato (foto), Stefano Milioto e Marialaura SimeoneEditore:Associazione culturale «Educarte»Impaginazione e stampa: SO.G.EDI. srl, via Seneca, 12 21052 Busto Arsizio (Varese)tel. 0331.302590 - fax. 0331.302560e-mail: [email protected]

Il teatro Sociale di Busto Arsizio partecipa a «BA Teatro», stagione cittadina che,sotto l’egida e con il contributo economico dell’amministrazione comunale di Bu-sto Arsizio, annette anche le programmazioni di PalkettoStage e dei teatri Manzonie San Giovanni Bosco. Nell’ambito di questa iniziativa, la sala di piazza Plebiscito presenta il cartellone«Tutti all’Opera», che racchiude tre tra i titoli più conosciuti del repertorio bel-cantistico: «Il trovatore» di Giuseppe Verdi (venerdì 3 dicembre 2010), «MadamaButterfly» di Giacomo Puccini (venerdì 18 febbraio 2011) e «Rigoletto» di Giu-seppe Verdi (giovedì 10 marzo 2011). Il costo del biglietto per ogni singolo spettacolo è fissato a € 32,00 (€ 22,00 peril ridotto, riservato a giovani fino ai 21 anni, ultra 65enni, militari, associazioni conminimo dieci persone); mentre l’abbonamento costa € 60,00.

Il botteghino (piazza Plebiscito, 8 - tel. 0331.679000) è attivo nelle gior-nate mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00, e il sabato, dalle

10.00 alle 12.00. È possibile prenotare telefonicamente tutti igiorni feriali, secondo il seguente orario: dal lunedì al venerdì,dalle 16.00 alle 18.00; il sabato, dalle 10.00 alle 12.00. Gli uffici sono aperti dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle12.30 e dalle 15.00 alle 18.00, e il sabato, dalle 9.30 alle 12.30.

Per informazioni è possibile consultare il sito web www.teatro-sociale.it o le pagine www.facebook.com/pages/Busto-Arsizio-

Italy/Teatro-Sociale-di-Busto-Arsizio/120959544605486 e www.face-book.com/teatrosociale.bustoarsizio.

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Tel. 0331.621574