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La cultura contro lo spread di Delia Cajelli pag. 2 Tra vizi e virtù, l’umanità sotto i riflettori di Annamaria Sigalotti pag. 2 Teatro Sociale di Busto Arsizio, il cartellone della stagione ‘12/’13 pag. 6 In questo numero IL PALCOSCENICO settembre-ottobre 2012 ISSN 2035-3685 Copia omaggio «CHI È DI SCENA»? LA MAGIA DEL TEATRO Cinque produzioni interne e altrettanti spettacoli ospiti, per un totale di dieci appuntamenti e tredici repliche: sono questi i numeri della nuova stagione del teatro Sociale di Busto Arsizio. Due le rassegne in programma, che racconteranno vizi e virtù dell’uomo: «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi», per gli studenti di ogni ordine e grado, e «Un teatro tutto per voi», con nove spettacoli per la stagione cittadina «BA Teatro». Il sipario si alzerà martedì 23 ottobre con il dramma «Il cerchio di gesso del Caucaso» di Bertolt Brecht

Il palcoscenico - settembre/ottobre 2012

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Cinque produzioni interne e altrettanti spettacoli ospiti, per un totale di dieci appuntamenti e tredici repliche: sono questi i numeri della nuova stagione del teatro Sociale di Busto Arsizio. All'intera programmazione della sala teatrale diretta da Delia Cajelli è dedicato il numero di ottobre 2011 del mensile «Il palcoscenico», edito dall'associazione culturale «Educarte».

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La cultura contro lo spread di Delia Cajelli pag. 2Tra vizi e virtù, l’umanità sotto i riflettori di Annamaria Sigalotti pag. 2Teatro Sociale di Busto Arsizio, il cartellone della stagione ‘12/’13 pag. 6

In questo numero

IL PALCOSCENICOsettembre-ottobre 2012

ISSN 2035-3685Copia omaggio

«CHI È DI SCENA»? LA MAGIA DEL TEATROCinque produzioni interne e altrettanti spettacoli ospiti, per un totale di dieci

appuntamenti e tredici repliche: sono questi i numeri della nuova stagione delteatro Sociale di Busto Arsizio. Due le rassegne in programma, che racconteranno

vizi e virtù dell’uomo: «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi», per gli studenti di ogni ordine e grado, e «Un teatro tutto per voi», con nove spettacoli

per la stagione cittadina «BA Teatro». Il sipario si alzerà martedì 23 ottobre con il dramma «Il cerchio di gesso del Caucaso» di Bertolt Brecht

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Vecchie favole che vengono da Paesi lontani, storie del nostro passato recente, ironicherivisitazioni dei vizi e delle virtù che, da sempre, caratterizzano l’uomo, racconti di fan-tasia che fanno ritornare, magicamente, fanciulli: è un programma in bilico tra finzionee realtà, tra sogno e riflessione quello che il teatro Sociale di Busto Arsizio propone conla sua nuova stagione. Dall’opera lirica al balletto, dal concerto alla favola per bambini (ma anche per adul-ti), dalla prosa al teatro-documento: è ancora una volta, secondo una tradizione ormaiconsolidata da qualche anno, un percorso tra generi scenici differenti a caratterizzare laprogrammazione serale della sala di piazza Plebiscito.

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Ad aprire il sipario saranno, il 23 ottobre, gli allievi di «Chi è di scena? Il pubblico»

TRA VIZI E VIRTÙ, L’UMANITÀ SOTTO I RIFLETTORITra gli spettacoli in programma: il balletto «Lo Schiacchianoci», le ope-re liriche «Pagliacci» e «Turandot», e un concerto di Angelo Pinciroli,prima tromba e tromba solista nell’orchestra della Fondazione Arena diVerona

LA CULTURA CONTRO LO SPREAD

«Essi» ci vogliono così! Dobbiamo esercitare unsonno senza sogni. Perché? Perché il sonno dellaragione genera i mostri. Ma essi «chi sono?».Essi sono i «giganti». Giganti? Non propriamen-te giganti. Sono detti così perché il continuoesercizio dei conti, dello spread li ha resi natu-ralmente duri di mente e un po’ bestiali. Che cosa si può fare? Svegliarsi dal sonno eriprendere quei «sogni» che vedono l’uomocome coscienza, come conoscenza, come cultu-ra, come amore per l’arte e reagire per non esse-re «morti che subiscono e camminano». «Quanto sarebbe felice l’uomo se le comunitàbasassero il loro sviluppo sulla cultura, se il progresso avesse il metro di Atene e non diSparta […] e la sua Chiesa diventi Teatro». (Karol Woityla)Laddove Atene è cultura, arte, conoscenza. Sparta è guerra, distruzione, spread. Il Teatroè Atene. Perciò venite ad Atene (non occorrono neppure l’aereo e l’albergo e, in tempi dicrisi, non è poco). Vi aiuteremo a svegliarvi e a sognare.

Dedico questa stagione e il mio lavoro di questo nuovo anno alla memoria di AntonioFrancesco Cajelli, mio fratello, recentemente scomparso, sognatore di cultura e bravoattore.

Delia Cajellidirettore artistico del teatro Sociale di Busto Arsizio

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Delia CajelliFoto: Silvia Consolmagno

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Cinque produzioni interne e quattro spettacoliospiti, per un totale di nove appuntamenti e diecirepliche, che si snoderanno nell’arco di otto mesi(da ottobre 2012 a maggio 2013), compongono ilcartellone della nuova stagione, intitolata «Un teatrotutto per voi», a indicare che le scelte di pianifica-zione del calendario sono state fatte seguendo i gustie le indicazioni del pubblico. Sono così molti gli artisti ospiti nel passato recenteche, accolti con entusiasmo dagli spettatori, ritorne-ranno a calcare le assi del palcoscenico di piazzaPlebiscito. Mutuando un’espressione usata e abusatanel mondo dello sport, il teatro Sociale di BustoArsizio può, dunque, dichiarare anche per quest’an-no: «squadra vincente, non si cambia». Dopo aver incantato il pubblico con le atmosferefatate de «Il lago dei cigni», il «Balletto russo» diAnna Ivanova, già solista al teatro Bolshoi diMosca, sarà, per esempio, in scena con un classicodelle feste di fine anno, proposto in esclusiva pro-vinciale a Busto Arsizio: «Lo Schiaccianoci» (saba-to 22 dicembre 2012, ore 18 e ore 21), per le musiche di Pëtr Il’ic Cajkovskij e con lecoreografie di Marius Petipa, «uno dei più bei doni della danza, -ha scritto GeorgeBalanchine- non soltanto per i bambini, ma per chiunque ami l’elemento magico delteatro». Ritornerà sul palcoscenico più vecchio di Busto Arsizio, dopo la partecipazione alla festaper i centoventi anni dalla fondazione della sala, anche Angelo Pinciroli, prima tromba

e solista nell’orchestra della Fondazione«Arena di Verona», con il concerto«Angelo Pinciroli & Friends» (lunedì 6maggio 2013, ore 21): una serata all’inse-gna della buona musica e dell’amiciziaartistica. Sarà ancora ospite, per il quarto anno con-secutivo, il Teatro dell’Opera di Milano,«prima compagnia itinerante di produzio-ne di allestimenti completi di opera liricain Italia», che ha tra i propri obiettivi larilettura in chiave moderna dei grandititoli del repertorio e il «decentramentodella cultura lirica» in realtà provinciali.Due gli spettacoli proposti in inedite e

originali riletture sceniche, entrambe firmate da Mario Riccardo Migliara. «Pagliacci» di Ruggero Leoncavallo (giovedì 21 febbraio 2013, ore 21), tra i manifestidel teatro musicale verista, verrà trasportato all’interno di uno studio televisivo e raccon-terà il triangolo d’amore e di sangue tra il saltimbanco Tonio, sua moglie Nedda e il con-tadino Silvio come una performance in bilico tra varietà e reality-show. «L’illusione delcinema» è il sottotitolo scelto per la rivisitazione di quest’«opera possente, di una raraintensità espressiva, degna di occupare un posto d’onore tra i grandi capolavori dell’artelirica», secondo la felice espressione del direttore e compositore René Leibowitz.

Immagine promozionale del concerto «Angelo Pinciroli & Friends»,con Angelo Pinciroli, prima tromba e solista nell’orchestra

della Fondazione «Arena di Verona».Foto: Silvia Consolagno

Immagine promozionale dello spettacolo «Lo Schiaccianoci», per le musiche di Pëtr Il’ic

Cajkovskij e con le coreografie di Marius Petipa,che vedrà salire sul palco del teatro Sociale di Busto

Arsizio il «Balletto russo» di Anna Ivanova. Foto: Archivio Fondazione Teatro lirico siciliano

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Sarà, poi, la volta di «Turandot» (giovedì 18 aprile 2013, ore 21), la storia dell’algida esanguinaria principessa orientale, «bianca al pari della giada, fredda come quella spada»,con la quale Giacomo Puccini salutò, per sempre, il mondo del melodramma.L’allestimento del Teatro dell’Opera di Milano, intitolato «I colori delle favole», siavvarrà della collaborazione dell’Istituto italiano del colore e rileggerà il noto capola-voro del compositore lucchese, del quale rimane punta sublime la conosciuta romanza«Nessun dorma», attraverso un suggestivo e scenografico gioco di luci e cromie. Un affascinante viaggio in musica e a passo di danza, sulle ali della fantasia e del sogno,attende, dunque, il pubblico del teatro Sociale di Busto Arsizio, ma non mancheranno,come è ormai tradizione nella filosofia programmatica della sala di piazza Plebiscito e di«Educarte», l’associazione che si occupa delle produzioni interne, appuntamenti perriflettere su pagine significative della nostra storia passata e recente, ma anche sull’uo-mo di ieri e oggi, sui suoi vizi e sulle sue virtù.È possibile praticare la bontà e seguire,tenacemente, il senso del dovere quandotutto intorno a noi parla il linguaggio del-l’odio, della sopraffazione e della dise-guaglianza? Ci domanda, per esempio,Bertolt Brecht con il suo dramma in versie in prosa «Il cerchio di gesso delCaucaso» (martedì 23 ottobre 2012, ore21), una bella e antica leggenda cinese delXIII secolo, che ‘parla’ di amore, guerra,giustizia, potere e sentimento materno. Punta, invece, i riflettori sulla civetteriafemminile la commedia «La locandiera»di Carlo Goldoni (giovedì 29 novembre2012, ore 21), piacevole e ben congeniatoaffresco di una donna divertita dal giocodella seduzione e, nello stesso tempo, pratica e calcolatrice nella gestione del suo lavo-ro, una sorta di femminista ante litteram, che piacque anche a Luchino Visconti eGiorgio Strehler. Non mancheranno, poi, due appuntamenti ormai consueti nella programmazione dellasala di piazza Plebiscito: quello per la Giornata della memoria, con la rilettura scenica

del libro «Se questo è un uomo» di PrimoLevi (lunedì 28 gennaio 2013, ore 21), equello con la produzione di Luigi Piran-dello, del quale verranno proposti due attiunici, «La giara» e «La patente» (giovedì21 marzo 2013, ore 21), l’uno affresco, digusto campestre e giocoso, della civiltàcontadina siciliana di inizio Novecento,l’altro ritratto di uno dei più originali egrotteschi atti di ribellione di un personag-gio pirandelliano contro le ingiustizie dellasocietà. Le produzioni di «Educarte» prevedono,infine, la rappresentazione dello spettacolo«Le avventure di Alice nel paese dellemeraviglie» (giovedì 11 aprile 2013, ore

Immagine promozionale dello spettacolo «La patente – La giara»,due atti unici di Luigi Pirandello, per la regia di Delia Cajelli.

Sul palco saliranno gli attori del teatro Sociale di Busto Arsizio.Foto: Silvia Consolagno

Immagine promozionale dello spettacolo «La locandiera» di Carlo Goldoni, per la regia di Delia Cajelli e con gli attori

del teatro Sociale di Busto Arsizio. Foto: Silvia Consolagno

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20.30), riduzione scenica dell’omonimo racconto di Lewis Carroll, che porterà il pub-blico in una terra colma di mistero e meraviglia, dove l’immaginazione e il paradossoregnano sovrani e dove si possono incontrare, per la gioia dei più piccoli o di chi è rima-sto bambino nel cuore, un Coniglio bianco con panciotto e orologio da taschino, un gran-de Bruco azzurro che fuma il narghilè, un’irosa Duchessa che culla un maialino, unCappellaio tutto matto e una Regina di cuori, con la mania di ordinare la decapitazionedei suoi sudditi. Magia delle favole e del palcoscenico! Questo spettacolo sarà proposto anche all’interno della rassegna «Il teatro dei ragazzie per i ragazzi», una serie di appuntamenti riservati al pubblico in età scolare, dai bam-bini delle scuole primarie ai giovani dei licei e degli istituti tecnici. L’iniziativa, per lacuratela di Delia Cajelli, vedrà la riproposizione agli studenti anche della commedia «Lalocandiera» di Carlo Goldoni (mercoledì 28 novembre 2012, ore 10.15) e degli atti unici«La giara» e «La patente» di Luigi Pirandello (venerdì 22 marzo 2013, ore 10.15). È, inoltre, previsto, in occasione della Giornata della memoria 2013 e in collaborazionecon l’associazione «Amici di Angioletto», lo spettacolo «Il pane di Angioletto» (mar-tedì 29 gennaio 2013, ore 10), rappresentazione teatrale su testo di Ernesto Speroni e perla regia di Camilla Rotondi e Samuel Salamone, che vedrà gli allievi del laboratorioteatrale del liceo artistico «Paolo Candiani» di Busto Arsizio rievocare la storia di AngeloCastiglioni, partigiano, ex deportato nel campo di concentramento di Flossenbürg e«angelo custode» del Tempo civico Sant’Anna di Busto Arsizio, fino alla sua scomparsa.Un pizzico di danza, una manciata di musica e di opera lirica, un pugno di appuntamen-ti per riflettere e una spolverata di divertimento: ecco, dunque, la ricetta del teatro Socialedi Busto Arsizio per la nuova stagione.

Annamaria Sigalotti

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DIVERTIMENTO E SOLIDARIETÀ FANNO COPPIA CON «I LEGNANESI»

«A Teresa, a Mabilia e ul Giàn» sarannoanche al teatro Sociale di Busto Arsiziocon la loro nuova rivista. Martedì 20 emercoledì 21 novembre 2012, alle ore 21,la sala di piazza Plebiscito ospiterà lo spet-tacolo «Lasciate che i pendolari venganoa me», su testo di Felice Musazzi eAntonio Provasio, per la regia dello stessoAntonio Provasio, con le coreografie diSonia Fusco e con le musiche di ArnaldoCiato ed Enrico Dalceri. L’evento è realizzato per iniziativa dell’associazione «Amici di AlessandroColombo», con la collaborazione della stessa compagnia «I Legnanesi» e godedel patrocinio della Provincia di Varese, del Comune di Busto Arsizio e dellaFondazione comunitaria del Varesotto onlus. L’intero ricavato delle due seratesarà devoluto in beneficenza. Il costo dei biglietti varia dai 42,00 ai 34,00 euro ed è così fissato: platea - dallafila A alla fila D € 42,00; platea - dalla fila E alla fila H € 38,00; platea - dallafila I alla fila O € 36,00; galleria € 34,00. Informazioni e prenotazioni al nume-ro 0331.679000 (dal lunedì al sabato, dalle 9.00 alle 12.30).

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Immagine promozionale della compagnia «I Legnanesi»

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cena IL CARTELLONE DEL SOCIALE DI BUSTO ARSIZIO

MARTEDÌ 23 OTTOBRE 2012 - ORE 21.00 [rassegna «BA Teatro 2012/2013»]IL CERCHIO DI GESSO DEL CAUCASOdi Bertolt Brecht musiche di Paul Dessau e Daniele Biscariregia di Delia Cajellidirezione musicale di Daniele Biscaricon gli allievi del corso «Chi è di scena? Il pubblico» e con la partecipazione degli allievi del corso «Attori in erba»e dei musicisti Giovanni Arnò (contrabbasso), Florian Banda (violino), Daniele Biscari (pianoforte e chitarra), Gianfranco Grandolfi (percussioni), Bruno Piazza (sassofoni)produzione: associazione culturale «Educarte» - teatro Sociale di Busto Arsiziospettacolo di prosa

È possibile praticare la bontà e seguire, tenacemente, il senso del dovere quando tutto intorno a noi parla il linguaggio del-l’odio, della sopraffazione e della diseguaglianza? È questa la domanda che sottende a «Il cerchio di gesso del Caucaso»(«Der kaukasische Kreidekreis»), dramma in versi e in prosa composto da Bertolt Brecht tra il 1944 e il 1945, durante ilsuo esilio americano, e rappresentato, per la prima volta, il 4 maggio 1948 al Carlston College di Northfield, in Minnesota,nella traduzione inglese di Eric Bentley. L’opera -il cui debutto in lingua originale (e con le musiche di Paul Dessau) siebbe il 15 giugno 1954, al Theater am Schiffbauerdamm di Berlino, con la compagnia del «Berliner Ensemble»- è ispi-rata a un’antica leggenda cinese del XIII secolo: la favola «Hui Lan Chi» di Li Hing-Tao, che lo scrittore tedesco ebbemodo di conoscere attraverso la libera traduzione che ne fece il letterato Klabund (marito di una delle sue attrici preferi-te, Carola Neher), per uno spettacolo di Max Reinhardt, andato in scena nel 1925.Amore, guerra, giustizia, potere e sentimento materno sono gli argomenti che tessono la trama di questo dramma bre-chtiano, articolato nella forma del «teatro epico», con i vari passaggi dell’azione introdotti da un cantore-narratore e daisuoi musici.Al centro della storia, il cui sapore melanconico ed educativo ricorda quello di una vecchia fiaba raccontata davanti al tepo-re del focolare domestico, vi è la vicenda di Michele Abasvili, figlio neonato del governatore di un villaggio della Georgia,che, nel corso di una rivolta di palazzo, durante la quale il padre viene decapitato, è abbandonato da una madre fin troppodistratta, interessata più al superfluo, agli «stivaletti color zafferano» e al «vestito d’argento», che al bene del suo piccolo.Il bambino, su cui pende una cospicua taglia, viene messo in salvo da Grusa Vachnadze, una sguattera di cucina, incoltae cocciuta, che, dopo qualche esitazione, sente nascere il lei la vocazione materna e che affronta mille rinunce e peripezie,rischiando persino la propria vita e accettando anche di sposare uno sconosciuto, pur di proteggere colui che ha deciso diporre sotto la propria tutela. Anni dopo, quando la situazione politica è ormai stabile, la moglie del governatore, NatellaAbasvili, torna nella «città dannata» e reclama il bambino, poiché solo grazie a lui, legittimo erede al trono, può riappro-priarsi dei propri beni e privilegi. La balia si oppone, esigendo il piccolo Michele come proprio, in quanto l’ha cresciutodonandogli l’amore: «l’ho allevato -afferma la donna- secondo la miglior scienza e conoscenza, gli ho sempre trovato qual-cosa da mangiare. Ha quasi sempre avuto un tetto sulla testa, e io ho passato ogni sorta di guaio a causa sua, e ho anchedovuto fare molte spese. Non ho badato ai miei comodi. Ho insegnato al bambino ad essere gentile con tutti e fin da prin-cipio gli ho insegnato a lavorare meglio che poteva». L’intricata vicenda sarà risolta da Azdak, scrivano di villaggio ai margini della legge, che, nominato giudice a causa deglisconvolgimenti politici, amministra ogni processo con spirito anarchico, praticando una giustizia più attenta ai sentimentie alle sofferenze dell’individuo che ai codici e alle loro cristallizzate formule. Per decidere chi è la vera madre del picco-lo Michele, viene praticata la prova salomonica del cerchio di gesso, una sorta di tiro alla fune col corpo del bambino,alla quale Grusa sceglie, per ben due volte, di non partecipare, dimostrando così la propria vera maternità, quella dell’af-fetto e non del sangue. Il giudice Azdak decide anche di sciogliere il matrimonio della donna con il furbo contadinoYusúp, l’uomo sposato per dare un nome al bambino e che ha ingannato i suoi vicini facendosi credere moribondo per nonandare alla guerra, permettendo così alla ragazza di trascorrere il resto della vita con l’amato Simone Shashava, il giova-ne soldato al quale aveva promesso il suo cuore prima della rivolta di palazzo. La storia termina con una morale: le coseappartengono non a chi ne rivendica la proprietà per legge o per sangue, ma a colui che ne ha avuto cura e ha permessoloro di crescere. «Ogni cosa -scrive Bertolt Brecht- deve appartenere a chi le si conviene, i bambini ai cuori materni, per-ché prosperino, i carri al buon guidatore, perché siano ben guidati, la valle a chi la irriga, perché dia buoni frutti».

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Con quest’opera, riflessione sul senso di umanità in tempo di guerra e satira sociale sulla corruzione e sulla violen-za dei potenti, l’autore spiega ancora una volta che i nemici del crescere civile sono l’ignoranza e la facile credulità, masi riconcilia anche con la poesia ed esprime una fiducia negli uomini e nelle loro virtù collettive, assente in opere presso-ché coeve come «Madre Courage e i suoi figli» (1939), «Vita di Galileo» (1938-1956) e «La resistibile ascesa di ArturoUi» (1941). L’allestimento del teatro Sociale di Busto Arsizio, che vede in scena gli allievi del corso triennale «Chi è di scena? Ilpubblico», promosso dall’associazione culturale «Educarte» e realizzato con il contributo economico della FondazioneCariplo di Milano, prende spunto dal diario che Hans-Joachim Bunge redasse, tra il novembre 1953 e l’ottobre 1954, inoccasione della prima rappresentazione berlinese. In questo testo, si parla, tra l’altro, dell’uso della maschere sceniche,della musica, che deve avere carattere folkloristico e volume alto, e dell’obiettivo brechtiano di fare «un teatro che siaspaccato della realtà», un «teatro epico», che con i suoi «drammi didattici», interpretati dagli attori secondo la tecni-ca dello straniamento (contraria a quella, stanislawskijana, dell’immedesimazione), deve invitare il pubblico a tenere unadistanza critica e a riflettere su quanto avviene sulla scena, deve provocare non emozioni, ma riflessioni.INGRESSOspettacolo serale: posto unico € 10,00.

MERCOLEDÌ 28 NOVEMBRE 2012 - ORE 10.15 [rassegna «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi»]GIOVEDÌ 29 NOVEMBRE 2012 - ORE 21.00 [rassegna «BA Teatro 2012/2013»]LA LOCANDIERAdi Carlo Goldoniregia di Delia Cajellicon gli attori del teatro Socialeproduzione: associazione culturale «Educarte» - teatro Sociale di Busto Arsizio spettacolo di prosa

Una donna autonoma, non più giovanissima e, per questo, esperta della vita e padrona di sé. Una donna economica-mente indipendente e divertita dal gioco della seduzione. Ecco il ritratto di Mirandolina, la protagonista della com-media «La locandiera», scritta da Carlo Goldoni, tra l’ottobre e il novembre 1752, per l’attrice Maddalena RaffiMarliani, nome d’arte Corallina, la «servetta» della compagnia di Gerolamo Medebach. Il testo teatrale -pubblicatonel 1753 per i tipi dell’editore Paperini di Firenze, all’interno del secondo tomo delle opere goldoniane (insieme con«Il tutore», «L’adulatore», «Il Molière» e «Il cavaliere e la dama»)- venne rappresentato per la prima volta il giorno diSanto Stefano del 1752, al teatro Sant’Angelo di Venezia (lo ricorda lo stesso autore nei suoi «Mémoires»), e venne,poi, replicato più volte, e con successo, in occasione dei festeggiamenti per il carnevale dell’anno successivo. «La locandiera», che lo stesso Carlo Goldoni definì, nella prefazione, «la più morale, la più utile e la più istruttiva» ditutta la sua produzione, dà vita a un nuovo modello di teatro: la commedia di carattere e di ambiente, un genere chesoppianta gli schemi, ormai obsoleti e stereotipati, della Commedia dell’arte. Saggia e spiritosa, civetta e accorta, la protagonista di quest’opera, oggetto in Italia di eccellenti edizioni firmate daimportanti registi quali, per esempio, Luchino Visconti e Giorgio Strehler, rappresenta -per usare le parole di NicolaMangini- «la più mirabile espressione della femminilità trionfante e certo uno dei personaggi più vivi che sia mai appar-so alla ribalta». La trama è costruita con grande abilità, sia nella caratterizzazione dei personaggi e nell’illustrazione dell’ambiente che nelritmo dei dialoghi e nel taglio delle scene. Mirandolina, avvenente e vivace padrona di una locanda a Firenze, è oggetto digalanti attenzioni da parte di due suoi clienti: il ricco conte di Albafiorita, che spera di veder ricambiati i doni di cui laricopre, e lo spiantato marchese di Forlipopoli, che ne pretende l’affetto come dovuto alla sua nobiltà. Il cavaliere diRipafratta fa, invece, professione di misoginia. Per questo motivo la locandiera, ferita nell’orgoglio e decisa a vedersi«servita, vagheggiata, adorata» anche da chi pone resistenze al fascino femminile, decide di farlo innamorare, usando tuttal’arte della seduzione per «vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che son nemici di noi, che siamo lamiglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura».Ad assecondare il suo piano contribuisce l’arrivo alla locanda di Ortensia e Dejanira, due attrici in bolletta, che, abi-tuate a ricoprire parti di donne nobili, si spacciano per aristocratiche. Mirandolina capisce subito la finzione, ma l’asse-conda, facendo in modo che il conte e il marchese si dedichino alle nuove arrivate, per concentrare tutte le sue energie sulburbero cavaliere, che, dopo lacrime e un finto svenimento, cade nella trappola e confessa alla donna di amarla. La locandiera svelerà, infine, il suo gioco di seduzione e ai tre uomini spiegherà di preferire un matrimonio sicuro con ilvalido Fabrizio, uomo del suo ceto, che può aiutarla nella conduzione degli affari. «Mi piace l’arrosto, e del fumo non so

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che farne», dichiara, a motivazione della sua scelta, la saggia Mirandolina, incarnazione dell’eterno femminino, ma anchepersonificazione della donna d’affari pratica e calcolatrice, sorta di femminista ante litteram. INGRESSOspettacolo serale: intero € 16,00, ridotto* € 12,00; matinèe per le scuole: € 7,00 (fascia d’età consigliata: scuola secondaria di primo e di secondo grado).

SABATO 22 DICEMBRE 2012 – ORE 18.00 E ORE 21.00 (2 turni) [rassegna «BA Teatro 2012/2013»]LO SCHIACCIANOCIdal racconto «Schiaccianoci e il re dei topi» di Ernst Theodor Amadeus Hoffmannmusiche di Pëtr Il’ic Cajkovskij; coreografie di Marius Petipacon il «Balletto russo» di Anna Ivanova ballerini solisti: Anna Ivanova e Aleksander AlikinballettoEsclusiva provinciale

«Uno dei più bei doni della danza, non soltanto per i bambini, ma per chiunque ami l’elemento magico del teatro: ha unincanto perenne, che non dura soltanto i giorni di Natale, ma tutto l’anno». Sta tutto in queste parole del coreografo edanzatore russo George Balanchine il fascino de «Lo schiaccianoci», balletto in due atti e tre scene, con prologo ed epi-logo, su musiche di Pëtr Il’ic Cajkovskij e per le coreografie del «maitre de ballet» Marius Petipa (e del suo collabora-tore Lev Ivanov), che ebbe la sua prima rappresentazione scenica il 18 dicembre 1892, al teatro Marijnskij di SanPietroburgo, insieme con l’opera in un atto «Jolanta». Fonte letteraria del libretto, scritto dietro commissione del direttore dei Teatri imperiali russi, il principe IvanAleksandrovic Vsevolozskij, è la favola borghese ottocentesca «Nüssknaker und Mäusekönig» («Lo schiaccianoci e il redei topi») di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, nella versione liberamente rivisitata e privata dai suoi elementi dram-matici e horror da Alexandre Dumas padre. Al centro della vicenda c’è una bambina di Norimberga, la dolce e romantica Clara (o, secondo le versioni predominan-ti Masha, diminutivo russo di Maria), che si prepara a festeggiare il Natale con i propri parenti ed amici. Fra i tanti invi-tati al sontuoso ricevimento, si distingue uno strano personaggio di nome Drosselmeyer, un po’ prestigiatore e un po’ gio-cattolaio, che regala alla protagonista alcuni pupazzi meccanici, ma soprattutto uno Schiaccianoci di legno a forma di sol-datino. A mezzanotte, quando gli ospiti si congedano, la piccola si addormenta su una poltrona del divano e precipita inun sogno/incubo fantastico, nel quale il nuovo giocattolo si trasforma in un bellissimo e coraggioso principe azzurro, concui combattere contro l’esercito dei topi e, una volta vinta la battaglia, partire in viaggio per il paese delle delizie. Quivivono la Fata Confetto e altri personaggi di fantasia, come il Cioccolato, il Caffè, il Bastoncino di zucchero candito e iCannoncini alla crema. La bambina trascorre con loro una notte da favola. Ma tutti i sogni, si sa, durano poco: al risve-glio balli e suoni sono svaniti; accanto alla piccola, felice di questo sogno di Natale, c’è solo il suo amato schiaccianocidi legno.A fare da colonna sonora a questo spettacolo, considerato, insieme con il «Lago dei Cigni» (1895) e «La Bella addor-mentata nel bosco» (1890), uno dei balletti fondamentali dell’Ottocento e uno dei più affascinanti di tutti i tempi, saran-no, come già ricordato, alcune delle musiche più allegre, sognanti e divertenti nate dal genio di Pëtr Il’ic Cajkovskij trail 1891 e il 1892: dal «Galop» iniziale al «Trepak» (o «Danza russa»), dalla «Danza della fata Confetto» sino allo squi-sito «Valzer dei fiori», che segna la fine dello spettacolo, uno dei più rappresentati nel periodo natalizio. Il mondo di dolciumi, soldatini, alberi di natale, fiocchi di neve e fiori che danzano, topi cattivi, prodigi, principe azzur-ro e fatina che tesse la trama di questo fiaba a lieto fine ne fa, infatti, uno dei balletti più amati dai bambini e non solo.A portare in scena «Lo schiaccianoci», con la sua atmosfera fatata di festa, sarà il «Balletto russo» di Anna Ivanova, com-pagnia fondata a Mosca, che si basa sulla tradizione della scuola del balletto classico russo. Il repertorio comprende i tito-li più noti del repertorio: «Il lago dei cigni», «La bella addormentata», «Lo schiaccianoci», «Giselle», «Romeo eGiulietta» e «Don Chisciotte». Gli artisti della compagnia sono vincitori di prestigiosi concorsi internazionali, in Russiae all’estero, e si distinguono per l’elevata professionalità, il genio artistico e l’espressività. Il «Balletto russo» di AnnaIvanova ha partecipato, principalmente, a tournèe in Italia, Francia, Svizzera, Spagna e Africa, nonché a a vari festival didanza in tutta Europa, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica.I costumi e le scene degli spettacoli in programma nel nostro Paese sono state creati appositamente per il tour italiano,sulla base dei canoni artistici del Grande teatro imperiale russo. Le coreografie e le scenografie rispettano le regole tec-niche e grafiche della classica produzioni di M. Petipa. I coreografi e gli artisti si ispirano ai migliori maestri russi: M.T.Semenova, M.L. Jacobson, L.I. Semenyaka.

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INGRESSOspettacolo serale: poltronissima (dalla fila A alla fila H) € 40,00; poltrona (dalla fila I alla fila O) € 33,00; galleria € 26,00, ridotto** € 22,00.

LUNEDÌ 28 GENNAIO 2013 - ORE 21.00 [rassegna «BA Teatro 2012/2013»]SE QUESTO È UN UOMO (Giornata della memoria 2013)dall’omonimo romanzo di Primo Leviriduzione scenica e regia di Delia Cajellicon gli attori del teatro Sociale e con gli allievi del progetto «Officina della creatività» (corsi «Attori in erba» e «Chi è di scena? Il pubblico») produzione: associazione culturale «Educarte» - teatro Sociale di Busto Arsizio spettacolo di prosa

Sul palco per non dimenticare. Sul palco per ricordare i milioni di vittime, ebrei e prigionieri politici, che morirono nei campidi concentramento nazisti. In occasione della Giornata della memoria (momento di riflessione istituito -come recita la legge211 del 20 luglio 2000- «per ricordare le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, i cittadini italiani che hannosubito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che -anche in campi e schieramenti diversi- si sono opposti al pro-getto di sterminio, ed anche a costo della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati»), uno spettacolo per cono-scere o riscoprire una delle testimonianze più alte sullo sterminio ebraico. Il recital, in repertorio dal 1997, è tratto dall’omo-nimo racconto che Primo Levi compose, tra il dicembre del 1945 e il gennaio del 1947, per documentare la drammatica con-dizione degli ebrei (e non solo) nei campi di concentramento e per raccontare la sua stessa vicenda di deportato ad Auschwitz.Un testo, questo, pubblicato nel 1947 per i tipi dell’editore De Silva e ristampato nel 1958 da Einaudi, che la critica ha defini-to testimonianza alta del dramma della Shoah e del sistema di disumanizzazione e di morte in vigore nei lager nazisti, insiemead altri due lavori dell’autore torinese, di religione ebraica: «La tregua» (1963) e «I sommersi e i salvati» (1986).Lo spettacolo, che documenta anche la drammatica «marcia della morte» vissuta dal bustocco Angioletto Castiglioni (pri-gioniero politico nel campo di concentramento di Flossenbürg e «angelo custode» del Tempo civico di Sant’Anna, «casa dellaMemoria» della città di Busto Arsizio, fino alla sua scomparsa, avvenuta nel maggio 2011), si configura come un documento-reportage dal lager. Un documento-reportage in cui attraverso parole, rumori come lo sferragliare del treno, musiche del tempoe non, quali «Auschwitz (Canzone del bambino nel vento)» di Francesco Guccini e l’aria «Lili Marlene» di Hans Leip (resafamosa dall’interpretazione di Marlene Dietrich), si viene condotti alla scoperta dei ritmi di vita e delle storie di chi è stato pri-gioniero nelle fabbriche della morte del regime nazista, di chi è sopravvissuto e ha potuto raccontare l’orrore del folle «pianohitleriano di epurazione della razza ebraica», ma anche dei tanti che non hanno fatto più ritorno alle proprie case.Per il sedicesimo anno consecutivo, gli attori del teatro Sociale faranno rivivere, dunque, le parole scritte da Primo Levi qualeinvito ai contemporanei e agli uomini di domani a mantenere viva la memoria dell’Olocausto: «Voi che vivete sicuri / Nellevostre tiepide case, / Voi che trovate tornando a casa / Il cibo caldo e visi amici / Considerate se questo è un uomo / Che lavo-ra nel fango / Che non conosce pace / Che lotta per mezzo pane / Che muore per un sì e per un no. / Considerate se questa èuna donna, / Senza capelli e senza nome / Senza più forza di ricordare. Vuoti gli occhi e freddo il grembo. Come una rana d’in-verno. […] Meditate che questo è stato: / Vi comando queste parole. / Scolpitele nel vostro cuore / Stando in casa / andandoper via, / Coricandovi alzandovi; / Ripetetele ai vostri figli […]».INGRESSOlibero e gratuito.

MARTEDÌ 29 GENNAIO 2013 – ORE 10.00 [rassegna «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi»]IL PANE DI ANGIOLETTO (Giornata della memoria 2013)dalla storia di Angelo Castiglioni e di tanti altritesto drammaturgico di Ernesto Speroniregia e conduzione di Camilla Rotondi e Samuel Salamonecon gli allievi del laboratorio teatrale del liceo «Paolo Candiani» e con Jessica Bosatelli ed Ernesto Speroni produzione: associazione «Amici di Angioletto»spettacolo di prosa (teatro-documento)

«Il Pane di Angioletto» è una rappresentazione teatrale rievocativa di vicende storiche della Seconda guerra mondiale,con al centro le storie personali di Angioletto Castiglioni e di Riccardo Techel, suo compagno di prigionia nel campo

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di concentramento di Flossembürg. Si parte dalla propaganda fascista nelle scuole, un macabro lavaggio del cervello daparte dei gerarchi, a cui fa seguito uno progressiva distruzione dell’umanità delle singole persone. Torture, deportazio-ni, massacri che, però, non riescono a scalfire la dignità delle vittime di questa immane tragedia. I sopravvissuti, tra cuiAngioletto Castiglioni, che ha sempre testimoniato ai giovani la propria esperienza, si sono dati il compito di mantene-re viva la memoria di quanto accaduto, una memoria viva, attuale. Il pane che Riccardo Techel, ormai morente, dona ad Angioletto Castiglioni perché possa sopravvivere e raccontarequanto successo a loro e a tanti altri, diventa il simbolo di questa memoria, una sorta di comunione laica che unisce cre-denti e non credenti, accomunati però da un ineludibile desiderio di libertà e di giustizia. Da sottolineare in questa rappresentazione il grande lavoro di Samuel Salomone e Camilla Rotondi, che sono riusci-ti, attraverso un capillare lavoro registico, a consentire ai giovani “attori” del laboratorio teatrale del liceo artistico«Paolo Candiani» di esprimere il meglio di sé, della loro sensibilità in un lavoro di grande coesione ed affiatamentoencomiabili. Grazie ad Angioletto e a tanti altri che hanno sacrificato la propria vita per la libertà e la giustizia. (ErnestoSperoni).INGRESSOlibero e gratuito (fascia d’età consigliata: scuola secondaria di primo e di secondo grado).

GIOVEDÌ 21 FEBBRAIO 2013 - ORE 21.00 [rassegna «BA Teatro 2012/2013»]PAGLIACCI (L’illusione del cinema)dramma in un prologo e due atti ispirato a una storia veralibretto e musica di Ruggero Leoncavalloregia di Mario Riccardo Migliaracon il Teatro dell’Opera di Milanoopera lirica completa

«Opera possente, di una rara intensità espressiva, degna di occupare un posto d’onore tra i grandi capolavori dell’artelirica». Così il direttore e compositore franco-polacco René Leibowitz, primo storico della dodecafonia, descrisse «Pa-gliacci», dramma in un prologo e due atti del quale Ruggero Leoncavallo compose libretto e spartito, in soli cinquemesi, sulla scia del successo di «Cavalleria rusticana» di Pietro Mascagni, opera del maggio 1890 che segnò il debuttodel genere verista, con i suoi soggetti desunti dalla quotidianità e i suoi personaggi di estrazione umile, nel teatro musi-cale italiano. «Pagliacci», che deve la propria ampia popolarità anche alla prima incisione discografica, quella del 1904 con l’indi-menticabile tenore Enrico Caruso, trae spunto da un fatto d’amore e di sangue realmente avvenuto a MontaltoUffugo, in Calabria, nel 1865 (gli atti del relativo processo penale sono conservati presso l’Archivio di Stato diCosenza). Si tratta, per la precisione, di un delitto di gelosia, accaduto tra la folla, che il padre del compositore, l’av-vocato Vincenzo Leoncavallo, seguì, in una prima fase, come giudice. Lo stesso autore ricordò in una sua inedita autobiografia, recentemente riportata alla luce dal giornalista MauroLubrani e dal musicologo Giuseppe Tavanti, l’avvenimento all’origine della sua opera più celebre, rappresentata perla prima volta, con successo di pubblico (la stampa, soprattutto il «Corriere della Sera», ne rimase poco entusiasta), il21 maggio 1892 al Teatro Dal Verme di Milano, sotto la direzione di un giovane Arturo Toscanini e con il baritonoVictor Maurel. «Il giorno della festa [...] facevano bella mostra di sé […] dei carri di saltimbanchi. Questi -ebbe a scri-vere Ruggero Leoncavallo- tenevano le loro rappresentazioni all’aperto alle 23 ore, cioè dopo il tramonto [...].Accorrevano così a centinaia gli spettatori, fra i quali eravamo assidui io e mio fratello. Lo spettacolo ci divertiva unmondo, naturalmente, ed allo stesso Gaetano [un servitore di famiglia, nell’opera il contadino Silvio, ndr] non parevavero di condurvici, perché si era innamorato, e non senza fortuna, di una bella donnetta della truppa di saltimbanchi.Ma il marito, il pagliaccio della compagnia, aveva concepito dei sospetti […]; finché la sera della festa di mezz’agosto,durante una delle solite rappresentazioni a base di Arlecchino e Colombina, mentre la moglie era in scena, andò a fru-gare nei suoi vestiti e vi trovò un bigliettino […]. Il pagliaccio […] non seppe frenarsi e, appena calata la tela, piombòsulla moglie con un coltellaccio e le tagliò quasi netto la gola, senza che l’infelice avesse il tempo di emettere un solgrido. [...] Si accostò, poi, a Gaetano con un riso gelido che non dimenticherò mai […] Gaetano stramazzò al suolo col-pito dal medesimo coltellaccio di cui poco prima era caduta vittima la sua amante». Mario Morini, il più celebre stu-dioso di Ruggero Leoncavallo e dei suoi tempi, ricorda, però, che il libretto dei «Pagliacci» trova le proprie radici anchene «La femme de Tabarin» di Catulle Mendès e in «Un drama nuevo» di Maurel Tamayo Baus. Lo studioso pre-cisa, inoltre, che la storia del tragico clown, con il cuore a pezzi e il sorriso sulle labbra, era una narrazione entrata nel-l’immaginario collettivo e che la vera innovazione del compositore napoletano fu quella di portare questo tòpos sulla

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scena lirica e di illustrarlo con vigore truculento, facendo respirare un’aria di esistenza reale, vissuta. Nel prologo deldramma, quasi un manifesto programmatico del teatro musicale verista, uno dei suoi personaggi, Tonio, annuncia,infatti, che «l’autore ha cercato di pingervi uno squarcio di vita» e per questo «al vero ispiravasi» e «con vere lagrimescrisse» questa storia con «uomini in carne ed ossa», nella quale «vedrete amar sì come s’amano gli esseri umani; vedre-te de l’odio i tristi frutti. Del dolor gli spasimi, urli di rabbia, udrete, e risa ciniche». L’opera, la cui dimensione meta-teatrale del secondo atto e il cui scambio «tra finzione e verità» anticipano esiti piran-delliani, «si contraddistingue -scrive la musicologa Maria Giovanna Miggiani- per la vocalità accesa e convulsa, conrapide escursioni verso l’acuto per rendere l’andamento di un discorso agitato, di sentimenti scoperti e privi di control-lo. La scaltrita scrittura di Leoncavallo si avvale di elementi di modernità, come la continuità orchestra-palcoscenico dimatrice wagneriana, ma recupera anche l’uso dei pezzi chiusi come romanze e duetti d’amore, dalle melodie cantabilidi forte suggestione (con il conio di frasi memorabili come «Un nido di memorie», «E voi, piuttosto», «Ridi pagliac-cio»)». Tuttavia, quest’opera rimane, per usare la felice espressione del musicologo Michele Girardi, «uno degli ulti-mi souvenir del museo del melodramma italiano ottocentesco», con i suoi prestiti melodici colti, in particolare daMendelssohn, e con le sue citazioni dalla «Carmen» di Bizet (1875), dall’«Otello» (1887) di Verdi, storie entrambeincentrate sul tema della gelosia e della morte per amore. L’allestimento del Teatro dell’Opera di Milano, firmato dal regista Mario Riccardo Migliara e sottotitolato«L’illusione del cinema», porta la vicenda all’interno di uno studio televisivo, alla mercé delle telecamere. La struttu-ra della scenografia mette in evidenza tre luoghi deputati: il set, dove avvengono tutte le situazioni legate alla venutadella compagnia di pagliacci, i gradoni di un anfiteatro, sul quale il pubblico commenta e si muove secondo le istanzedi un coro greco, e il retropalco, con la sedia del regista e dei suoi assistenti. Tutto viene reso performance, in un equi-librio in bilico tra varietà e reality-show, tra realtà e finzione.INGRESSOspettacolo serale: intero € 32,00, ridotto* € 25,00; abbonamento «Ma che musica, maestro!» (due opere liriche,«Pagliacci» di Ruggero Leoncavallo e «Turandot» di Giacomo Puccini, e il concerto «Angelo Pinciroli & Friends») € 50,00.

GIOVEDÌ 21 MARZO 2013 – ORE 21.00 [rassegna «BA Teatro 2012/2013»]VENERDÌ 22 MARZO 2013 – ORE 10.15 [rassegna «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi»]LA PATENTE e LA GIARAdue atti unici di Luigi Pirandelloregia di Delia Cajellicon gli attori del teatro Sociale produzione: associazione culturale «Educarte»-teatro Sociale di Busto Arsiziospettacolo di prosa

È un Pirandello caricaturale, comico e grottesco quello emerge dagli atti unici «La giara» e «La patente», l’uno affre-sco, di gusto campestre e giocoso, della civiltà contadina siciliana di inizio Novecento, l’altro ritratto di uno dei più ori-ginali e paradossali atti di ribellione di un personaggio pirandelliano contro le ingiustizie della società. «La giara»,mutuata da una novella del 1909 apparsa sul «Corriere della Sera» del 20 ottobre di quell’anno e raccolta in volume nel1912 dall’editore Treves di Milano, fu redatta in agrigentino nell’ottobre 1916 e in italiano nei primi mesi del 1925; laprima rappresentazione scenica, tenutasi il 9 luglio 1917 presso il teatro Nazionale di Roma, vide in scena la compa-gnia di Angelo Musco. «La patente», tratta dall’omonima novella del 1911 apparsa sul «Corriere della Sera» del 9 ago-sto di quell’anno e raccolta in volume nel 1915, sempre per i tipi dell’editore Treves di Milano, fu scritta in dialetto sici-liano nel 1917 e in lingua italiana tra il dicembre 1917 e il gennaio 1918. La prima messa in scena, il cui testo fu editosulla «Rivista d’Italia», si tenne, dopo una prima in dialetto all’Alfieri di Torino, il 19 febbraio 1919 all’Argentina diRoma, con la compagnia di Nino Martoglio e nell’interpretazione di Angelo Musco.L’allestimento dell’associazione culturale «Educarte» - teatro Sociale di Busto Arsizio porta sul palco la versione inlingua italiana dei due testi. Rimane, comunque, viva nella «traduzione» dall’agrigentino una certa freschezza popo-lare, ben espressa dalla comicità dei personaggi principali, vere e proprie macchiette -comiche e grottesche- di chiaraderivazione contadina. Basti pensare al «conciabrocche» Zi’ Dima Licasi, «un vecchio sbilenco, dalle giunture storte enodose, come un ceppo antico d’olivo saraceno», che, per aggiustare (con il suo mastice portentoso) la giara del riccoe taccagno don Lolò Zirafa, vi rimane intrappolato dentro, ma anche al povero Rosario Chiàrchiaro, che costretto nellaforma dello jettatore dalla stupidità e dalla cattiveria dei suoi concittadini, decide di risolvere il problema chiedendo alregio tribunale una «patente» che comprovi la propria «attività» di menagramo. La situazione appare comica, ma il giu-

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dice D’Andrea, a cui l’uomo si rivolge, naturalmente non ride e, compresa la dolorosa condizione di Chiàrchiaro, gliesprime con un forte, lungo abbraccio il proprio sentimento di rispetto e solidarietà.In entrambi gli atti unici sono presenti tematiche care all’autore di ‘Girgenti. Ne «La giara», la cui atmosfera veristaha suggestionato anche la fantasia di cineasti quali Giorgio Pastina e i fratelli Taviani, Pirandello ci lascia con il suosorriso amaro, con la «gaiezza mala dei tristi», che sanno ridere anche delle proprie disgrazie: Zi’ Dima e don Lolòrimangono entrambi beffati dal destino, ma l’artigiano-artista ha la meglio sul ricco possidente perché, grazie alla scusadi una chiassosa festa per «i jurnatari», riesce a farsi liberare dalla giara, senza doverla ripagare al proprio proprietario.Ne «La patente», portata sul grande schermo da Totò, l’autore presenta, invece, il tema della maschera forzatamenteimposta, una maschera che rende impossibile porsi agli altri per ciò che si è realmente e che alterna così gli intreccirelazionali fra gli individui, inquinandoli di pregiudizi e preconcetti.INGRESSOspettacolo serale: intero € 16,00, ridotto* € 12,00; matinèe per le scuole: € 7,00 (fascia d’età consigliata: scuola secondaria di primo e di secondo grado).

GIOVEDÌ 11 APRILE 2013 - ORE 20.30 [rassegna «BA Teatro 2012/2013»]VENERDÌ 12 APRILE 2013 - ORE 10.15 [rassegna «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi»]LE AVVENTURE DI ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIEdall’omonimo romanzo di Lewis Carrollregia di Delia Cajellicon gli allievi del corso «Attori in erba» produzione: associazione culturale «Educarte»-teatro Sociale di Busto Arsiziofavola per bambini

È una terra colma di mistero e meraviglia quella che fa da scenario al libro «Le avventure di Alice nel paese dellemeraviglie», pubblicato a Londra, nel 1865, dal matematico e reverendo Charles Lutwidge Dodgson, sotto lo pseu-donimo di Lewis Carroll. Nato in abbozzo il 4 luglio 1862, durante una gita in barca sul Tamigi, con la piccola Alice Liddell e le sue due sorel-le, Edith e Lorina (le tre figlie di Henry George Liddell, decano del Christ Church College di Oxford), questo raccon-to, accolto da un immediato successo di pubblico in tutto il mondo (la prima traduzione italiana data al 1872), continuaad affascinare la fantasia dei più piccoli, ai quali offre -scrive il traduttore e letterato Piero Pignata- «l’opportunità divedersi ricreato davanti il mondo quale essi, più o meno consciamente, se lo raffigurano, libero da ogni legame logico». Il «paese delle meraviglie» è, infatti, un luogo nel quale l’immaginazione e il paradosso regnano sovrani, dove le per-cezioni spaziali e temporali vengono stravolte e dove tutte le leggi del buon senso e dell’educazione non trovano casa.Al centro del racconto, che vanta numerose riletture teatrali e cinematografiche (tra le quali quella disneyana del 1951e quella firmata da Tim Burton nel 2010), ma che ha anche suggestionato la fantasia di molti artisti e illustratori, daJohn Tenniel e Dante Gabriel Rossetti a Salvador Dalí e Joseph Kossuth (come ha ben documentato una recentemostra al Mart di Rovereto), vi sono una serie di situazioni e personaggi assolutamente improbabili, surreali e, talvol-ta, addirittura inquietanti. È un sogno quello che porta Alice, una bambina di sette anni dalla curiosità vivace e dallo spirito intraprendente, a inse-guire un Coniglio bianco dagli occhi rosa e dal passo svelto, con tanto di panciotto e orologio da taschino, in un luogosolo all’apparenza normale, con aiuole tutte fiorite e fontane zampillanti, dove è possibile cambiare la propria altezzacon una facilità sorprendente, solo assaggiando pasticcini speciali, funghi magici e sciroppi dal sapore di «torta alleciliegie, crema, ananas, tacchino arrosto, caramello e perfino toast col burro». Dopo aver fatto conoscenza con alcuni strani personaggi quali un grande Bruco azzurro che fuma il narghilè, un’iro-sa Duchessa che culla un maialino credendolo un bambino, il Gatto del Cheshire, che ha la facoltà di apparire e scom-parire improvvisamente, iniziando o terminando con un grande sorriso, la bambina si imbatte nel Cappellaio matto enella Lepre marzolina, che la invitano a una bizzarra merenda a base di complicati e sconclusionati indovinelli. Alicegiunge, poi, alla corte della Regina di cuori, bellicosa governante che ha la mania di ordinare la decapitazione dei suoisudditi per ogni minima mancanza (l’ordine non viene, però, mai eseguito per volontà del bonario marito). Qui, dopouna buffa partita a croquet in cui le racchette sono sostituite da fenicotteri e le palle da porcospini, incontra la triste esolitaria Falsa Tartaruga, che le mostra, in compagnia di un grifone, uno strano ballo: la Quadriglia delle Aragoste. La bambina presenzia, infine, al processo contro il Fante di cuori, accusato del furto di «un grande piatto di crostati-ne». Al banco dei testimoni si susseguono bizzarri personaggi e, quando la seduta si fa più accesa, la regina si altera perun intervento di Alice, che viene assalita dall’esercito di carte e che, nel tentativo di difendersi, si risveglia improvvi-

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samente. Il «paese delle meraviglie», luogo che ha il suo senso nel nonsense, si è magicamente dissolto, lasciando ilposto alla realtà di tutti i giorni. La piccola dovrà continuare a confrontarsi con il conformismo e il convenzionalismodi una società, quella vittoriana, dove le stravaganze e le fantasticherie sono messe al bando, confinate negli spazi piùreconditi dell’anima. La favola di Lewis Carroll, ricca di spiritosi giochi di parole e di canzoncine divenute popolarissime in area anglo-sassone (la filastrocca «The Queen of Hearts» è, per esempio, citata anche in «Mary Poppins»), si può, infatti, leggereanche come una parabola che svela le assurdità e le incoerenze della vita adulta, dimentica del «cuore semplice eaffettuoso della passata infanzia», del diritto all’immaginazione e al sogno.A portare in scena l’allestimento saranno gli allievi del corso «Attori in erba», un progetto di «Officina della creati-vità», curato dall’associazione culturale «Educarte» e previsto dalla convenzione tra il Comune di Busto Arsizio ela società «Il teatro Sociale», che si propone di insegnare a bambini dai 6 agli 11 anni i primi rudimenti di recitazio-ne, canto ed espressività corporea. INGRESSOmatinèe per le scuole e spettacolo serale per le famiglie: posto unico € 5,00 (fascia d’età consigliata: scuola primaria).

GIOVEDÌ 18 APRILE 2013 - ORE 21.00 [rassegna «BA Teatro 2012/2013»]TURANDOT (I colori delle favole)dramma lirico in tre atti e cinque quadri dalla favola teatrale «Turandotte» di Carlo Gozzimusica di Giacomo Puccinilibretto di Giuseppe Adami e Renato Simonicon il Teatro dell’Opera di Milanoopera lirica completa

«Bianca al pari della giada, fredda come quella spada»: così Giacomo Puccini tratteggiò la figura di Turandot, algidae sanguinaria principessa orientale, dall’orgoglio smisurato, che ha giurato la propria guerra al maschio sotto forma diinsolubili enigmi e che soffoca in sé ogni sentimento umano. Per il soggetto di questa storia fantastica, dalla quale nacque un dramma lirico in tre atti e cinque quadri tra i piùapprezzati della storia del teatro musicale, il compositore lucchese si ispirò, dietro consiglio del giornalista RenatoSimoni (esperto sinologo e finissimo critico, nonché autore di testi drammaturgici), alla fiaba «Turandotte» (1762) diCarlo Gozzi, a sua volta mutuata dall’«Histoire du prince Calaf et de la Princesse de la Chine» (1712) dell’orientalistaPétit de la Croix.Il musicista, che si avvalse della collaborazione dello stesso Renato Simoni per l’ideazione della trama e di GiuseppeAdami per la versificazione del libretto, non ebbe, però, a disposizione il testo originale del drammaturgo veneziano,ma una traduzione di Andrea Maffei dell’adattamento teatrale in tedesco curato da Friedrich Schiller (1802), versio-ne, questa, più ricca di sfumature patetiche e privata delle differenze di registro tra personaggi «nobili», che si espri-mevano in versi, e maschere, che recitavano all’improvviso.La stesura dell’opera, ambientata a Pechino, «al tempo delle favole», si avviò nella primavera del 1920, con fasi alter-ne di entusiasmo e di scoraggiamento e con anche la tentazione di abbandonare, nel 1922, l’impresa. Dopo quattro annidi intenso lavoro, Giacomo Puccini portò quasi a termine la storia musicata del principe Calaf, uomo affascinante ecoraggioso, innamorato della crudele e vendicativa principessa cinese Turandot e capace di risolvere i tre enigmi che ladonna sottopone agli incauti aspiranti alla sua mano, tutti decapitati per non aver superato la prova, con la quale ellatenta di levare l’onta della principessa Lou-ling, sua «ava dolce e serena», rapita da uno straniero e uccisa per difende-re la propria purezza. La morte colse l’autore a Bruxelles, il 29 novembre 1924, quando stava completando il terzo atto e aveva ultimato tuttala scena del suicidio della schiava Liù, figura fragile e commovente, parente stretta di Mimì e Butterfly, che introducenell’opera il tema, familiare al teatro pucciniano, del sacrificio per amore. La ragazza si toglie, infatti, la vita per nonsmascherare a Turandot il nome del principe Calaf, consapevole così di consegnare il suo amato alla rivale, che, per-dendo la sfida, sarà costretta a sposarsi. A portare a termine la partitura, sulla base degli abbozzi pucciniani (trentasei pagine di appunti e idee frammentariecon il duetto finale, nel quale la principessa si dichiara vinta dall’amore), fu Franco Alfano, musicista che due anniprima si era distinto nella composizione di un’opera di ispirazione esotizzante: «La leggenda di Sakùntala». Il suofinale, privo della tensione emotiva che caratterizza il resto del dramma, lascia un senso di insoddisfazione, tanto cheil musicologo Gustavo Marchesi parlò di «poca musica che nulla aggiunge alla struttura, alla magnificenza e al signi-

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ficato dell’opera, anzi semmai vi toglie qualcosa». Fu anche per questo motivo che il 25 aprile 1926, al teatro alla Scala di Milano, in occasione della prima rappresenta-zione di «Turandot», il direttore Arturo Toscanini preferì non portare a termine l’esecuzione, interrompendola con l’a-ria «Tu che di gel sei cinta» e giustificando così la sua scelta: «qui finisce l’opera perché, a questo punto, il maestro èmorto». Per realizzare l’atmosfera esotica che permea la storia, della quale rimane punta sublime la romanza «Nessun dorma»,Giacomo Puccini fece ricorso a raccolte di melodie cinesi autentiche, come l’incantatoria «Fior di gelsomino», conte-nuta nel carillon che un amico, il barone Edoardo Fassini Camossi, aveva acquistato in Cina come souvenir. Da que-sto strumento è tratta anche la musica che accompagna la comparsa, nel primo atto, dei tre dignitari Ping, Pong ePang, rilettura pucciniana delle maschere gozziniane di Pantalone, Tartaglia, Brighella e Truffaldino, ai cui commentidisincantati e cinici è affidato il compito di stemperare la tensione emotiva del dramma.L’allestimento del Teatro dell’Opera di Milano, intitolato «I colori delle favole», si avvale della collaborazionedell’Istituto italiano del colore e rilegge la storia di Giacomo Puccini attraverso giochi di luci e di cromie. «La fred-da determinazione di Turandot –spiega il regista Mario Riccardo Migliara- viene resa da un ambiente diafano, dovegli altri personaggi si aggirano, come alla ricerca della centralità del proprio io, in un verde naturale di un bosco indo-mito. Liù troverà la morte nel rosso della sua passione. La principessa sfumerà, grazie alla spinta amorosa di Calaf, daun bianco vetroso verso un blu profondo, veicolo delle forze umane, segno di una sensazione». INGRESSOspettacolo serale: intero € 32,00, ridotto* € 25,00; abbonamento «Ma che musica, maestro!» (due opere liriche,«Pagliacci» di Ruggero Leoncavallo e «Turandot» di Giacomo Puccini, e il concerto «Angelo Pinciroli & Friends») € 50,00.

LUNEDÌ 6 MAGGIO 2013 - ORE 21.00 [rassegna «BA Teatro 2012/2013»]ANGELO PINCIROLI & FRIENDScon Angelo Pinciroli, prima tromba e tromba solista della Fondazione Arena di Veronae con la partecipazione di artisti ospiticoncerto

Una serata tutta da scoprire, all’insegna della buona musica e dell’amicizia artistica. Angelo Pinciroli, prima trom-ba e solista nell’orchestra della Fondazione «Arena di Verona», torna a calcare le assi del palcoscenico del teatroSociale di Busto Arsizio. Dopo la partecipazione alla festa per i centoventi anni della sala di piazza Plebiscito, tenuta-si il 27 settembre 2011, il musicista lombardo presenta «Angelo Pinciroli & Friends», un concerto in compagnia di tantiamici artisti.Angelo Pinciroli, originario di Busto Garolfo (Milano), si è diplomato in tromba al conservatorio «Giuseppe Verdi» diMilano. Al suo attivo vanta collaborazioni con alcuni dei più importanti complessi musicali italiani: le orchestre delteatro alla Scala, della Rai di Milano, della Fenice di Venezia, dei Pomeriggi musicali, della Rtsi di Lugano, l’«ArturoToscanini» di Parma e l’Orchestra da Camera di Bologna, tanto per limitarsi ai nomi più famosi. Questo impegno, chenegli anni si è progressivamente intensificato, non lo ha comunque distolto da un’altra attività canonica per un musici-sta, quella didattica.In concerto, Angelo Pinciroli ha calcato i più prestigiosi palcoscenici d’Europa: Vienna, Francoforte, Berlino, Zurigo,Parigi e Londra, diretto da bacchette del calibro di Lorin Maazel, George Pretre, Alain Lombard, Claudio Scimone eJulian Kovatchev. Nel suo curriculum annovera, anche, incisioni discografiche sia di musica classica che leggera, oltre alla partecipazio-ne a concerti live con autori come Franco Battiato, Fabrizio De Andrè e Luciano Ligabue. È del 1993 il ruolo diprima tromba e tromba solista nell’orchestra della Fondazione «Arena di Verona», con cui ha preso parte a numerosetournée all’estero.Ha sostenuto un corso di direzione d’orchestra e lettura della partitura con il maestro Julian Kovatchev.Queste le dediche di alcuni direttori d’orchestra: «dotato di grande sensibilità musicale e di tecnica straordinaria.La sua disponibilità, senso di responsabilità e simpatia rendono felicissimo il rapporto con tutti coloro che hannola fortuna di lavorare con lui».INGRESSOspettacolo serale: intero € 16,00, ridotto* € 12,00; abbonamento «Ma che musica, maestro!» (due opere liriche,«Pagliacci» di Ruggero Leoncavallo e «Turandot» di Giacomo Puccini, e il concerto «Angelo Pinciroli & Friends») € 50,00.

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IL PALCOSCENICOISSN 2035-3685

Anno V - Numero I (settembre-ottobre 2012)Direttore responsabile: Annamaria SigalottiRedazione: Silvia Consolmagno (fotoreporter)Editore: Associazione culturale «Educarte» (presidente: Delia Cajelli)Stampa: SO.G.EDI s.r.l., via Seneca, 12 21052 Busto Arsizio (Varese)tel. 0331.302590 - fax. 0331.302560e-mail: [email protected], redazione e amministrazione: ridotto «Luigi Pirandello» c/o teatro Sociale, piazza Plebiscito, 8 - 21052 Busto Arsizio (Varese), tel. 0331.679000, fax. 0331.637289, e-mail: [email protected] o [email protected] Registrazione n. 11/08 del 13/10/2008 presso il Tribunale di Busto Arsizio (Varese)La tiratura di questo numero è di 6000 copieChiuso in redazione giovedì 11 ottobre 2012

Il botteghino del teatro Sociale di Busto Arsizio, ubicato presso il foyer e gli uffici del primo piano (ingres-so da piazza Plebiscito, 8), sarà aperto nelle giornate di mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00, e ilsabato, dalle 10.00 alle 12.00. È, inoltre, possibile effettuare la prenotazione telefonica al numero 0331.679000, tutti i giorni feriali,secondo il seguente orario: lunedì-martedì e giovedì, dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.30; merco-ledì, venerdì e sabato, dalle 10.00 alle 12.00.Sito ufficiale: www.teatrosociale.it. FB: www.facebook.com/TeatroSocialediBustoArsizioTwitter: @Teatro_Sociale

Sono previsti biglietti ridotti per gli spettacoli in cartellone nella stagione 2012/2013. Le riduzioni sonovalide per le seguenti categorie di persone:• *giovani fino ai 21 anni, ultra 65enni, militari, soci TCI, Cral, biblioteche, dopolavoro e associazioni con

minimo dieci persone;• ** «Schiaccianoci»: riduzioni valide solo per i bambini fino ai 12 anni e per gli iscritti alle scuole di danza

(i posti con biglietto a costo ridotto sono collocati esclusivamente in galleria)

Il teatro Sociale di Busto Arsizio partecipa alla VI edizione di «BA Teatro», stagione cittadinache, sotto l’egida e con il contributo economico del Comune di Busto Arsizio, annette anche leprogrammazioni di PalkettoStage e dei teatri Manzoni, Sant’Anna e San Giovanni Bosco.

Il teatro Sociale di Busto Arsizio è tra i beni che partecipano al sesto censimen-to «I Luoghi del cuore», promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano), incollaborazione con Intesa San Paolo e sotto l’Alto Patronato del Presidentedella Repubblica, per far conoscere e proteggere siti importanti non solo per lageografia e la storia del nostro Paese, ma anche per la memoria e la sfera emo-tiva dei suoi abitanti.Si può votare fino a mercoledì 31 ottobre 2012.

Per segnalare il teatro Sociale di Busto Arsizio al censimento «I luoghi delcuore», promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano), con Intesa SanPaolo, ci sono tre modi:- cliccando sulla pagina www.iluoghidelcuore.it/teatro-sociale-di-busto-arsizio (la

votazione può avvenire solo previa registrazione al sito del Fai e dopo confermadei propri dati attraverso il link, spedito per e-mail);

- compilando le cartoline dedicate al censimento «I luoghi del cuore», che si tro-vano presso tutte le filiali di Intesa San Paolo e nei beni e delle delegazioni Fai;

- firmando i moduli dedicati alla sala, disponibili presso il teatro Sociale di BustoArsizio, nei giorni di apertura del botteghino (mercoledì e venerdì, dalle 16 alle 18, e sabato, dalle 10 alle 12).

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