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Mensile a tiratura regionale Anno 8 - n. 1 gennaio 2012 20.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Massimo Di Risio 1566 famiglie nelle sue mani Maura Manocchio tra sfilate e avvocatura Tonino Perna la caduta degli dei

IL PRIMO GENNAIO 2012a

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Maura Manocchio tra sfilate e avvocatura Massimo Di Risio 1566 famiglie nelle sue mani Mensile a tiratura regionale Anno 8 - n. 1 gennaio 2012 20.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta

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Mensile a tiratura regionaleAnno 8 - n. 1 gennaio 201220.000 copie - Distribuzione c o n L a G a z z e t t a

Massimo Di Risio1566 famiglie nelle sue mani

Maura Manocchiotra sfilate e avvocatura

Tonino Pernala caduta degli dei

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sommario

Allegato

DIRETTORE RESPONSABILEAngelo Santagostino

DIRETTORE EDITORIALEGennaro Ventresca

Registrazione al Tribunale

di Campobasso

n°5/05 del 05/03/2005

A.I. COMMUNICATIONSEDE LEGALEvia Gorizia, 42

86100 Campobasso

Tel. 0874.481034 - Fax 0874.494752

E-mail: [email protected]

E-mail: Amministrazione-Pubblicità[email protected]

www.lagazzettadelmolise.itwww.gazzettadelmolise.com

STAMPA:A.I. CommunicationSessano del Molise (IS)

Progetto grafico

Maria Assunta Tullo

In questo numeroRubricheLa voce del padronedi Ignazio Annunziata pag. 4

Piazza salotto di Adalberto Cufari pag. 5

Controcantodi Sergio Genovese pag. 6

Camera con vistadi Antonio Campa pag. 7

Campuascianeriadi Arnaldo Brunale pag. 8

Il Cerinodi Pasquale Licursi pag. 9

Autonomia Regionale(Quasi) mezzo secolo di soddisfazioni

13Lino SantoneUn capoluogo senza figuranti

24 A proposito di Romagnoli

30 Oscar e tapiroper Iorio e Di Bartolomeo

34 50 volte Polisportiva Molise

36 Alla scoperta delleMaitunate

37Domenico FratianniGli Apachesdel Molise

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Quel treno che

non va

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Come eravamo

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Il Tapiro del mesea Dante Di Dario

Si susseguono, in questa bruttastagione della vita amministra-tiva, troppe domande dai toni

agramente moralistici. Tutti si fingonocensori, per cercare di mettere in dif-ficoltà gli eletti che, secondo la vulgata,porterebbero a casa troppi soldi. Inbarba al popolo bue, costretto a tirarela cinghia tutti i giorni, per fronteg-giare gli aumenti che hanno colpito,nello spazio di un paio di settimane, 50voci del nostro bilancio familiare.

Siamo tutti d’accordo che la politicaci costi una cifra esagerata, triste re-taggio del modo allegro di ammini-strare. Ma se si va più a fondo si vedeche gli stipendi dei consiglieri e degliassessori sono risibili rispetto al fiume di danaro che si disperde di quae di là. Immotivatamente. Prendete i compensi che vengono accreditatisui conti dei dirigenti regionali e gli incarichi che sono attribuiti al per-sonale esterno, spesso, senza né l’urgenza e, tante volte, senza necessità.

Fatevi dare notizie, inoltre, di quanto costi al contribuente la cattivaamministrazione, vero tessuto incancrenito della nostra vita pubblica.Sono troppi gli amministratori che fanno “melina”, girando e rigirandointorno a un problema, di viabilità, di lavoro, di istruzione, di cultura.

Basterebbe agire con maggior rigore nel campo del lavoro per mettereal riparo decine di milioni di euro che invece vengono destinati, con spi-rito goliardico, ad aziende che già hanno avuto e che non si sono mairialzate. E che quindi costano solo alla comunità. Che, suo malgrado, lesostiene senza essere minimamente d’accordo. Non mi piace fare il ca-tastrofismo, ma la situazione è seria. Su tutti i fronti. Mi scrivono decinedi giovani che hanno perduto il lavoro. Uno, aggiunge, che ha venduto imobili per tornare a vivere con i genitori: troppo fitte e care le bollette,il fitto, la quota condominiale. Marcella non ha fatto in tempo a festeg-giare l’arrivo di Giada, la sua splendida bambina che il compagno è statoposto in cassa integrazione, anticamera del licenziamento.

Sono discordi i pareri sull’equità della manovra: ottimismi e pessi-misti sono a confronto anche nel nostro Molise. Ove mi sembra cheabbia centrato il bersaglio Luca che ha sfornato una battuta chestrappa un sorriso, frammisto a tanta rabbia: faccio parte del partitodegli ottimisti, per questo vedo il serbatoio…mezzo vuoto.

Ci aspetta un lungo inverno e una gelida primavera. Ad oggi gli au-menti ci hanno solo spaventato. Stiamo appena cominciando a ren-dercene conto. E ben presto li toccheremo con mano. A giugno saràpiù duro pagare la rata semestrale del mutuo, considerando che biso-gnerà mettere in conto anche il ritorno dell’Ici che anche se si chiamain un’altra maniera sappiamo benissimo di cosa si tratti.

Leggo su Twitter un’altra battuta che non è niente male: “Sarà unanno così sobrio che dalla bandiera saranno tolti il rosso e il verde”.Mentre i principi ieratici dell’astrologia continuano a propinarci i lorooroscopi. Branko, che di nome fa Vito e viene da Capodistria, si scher-misce e spiega che “Era scritto nelle stelle che l’euro non doveva na-scere nel 2002”. Ci avessero creduto, probabilmente le cose sarebberoandate in un altro modo. Stando sempre alle parole di Branko, sessan-tasettenne con il ciuffo grigio e la cadenza slava “ci aspetta una piccolaodissea. Che partirà il 3 febbraio 2012 e finirà soltanto nel gennaio del2026”. Aggiungendo che in questa bagarre “Acquario, scorpione e ca-pricorno sono i segni favoriti”. Non mi piace fare profezie, anche per-ché non ne ho le capacità. E respingo sdegnosamente quelle di Brankoche continua a cinguettare ogni giorno in tv, facendo stare con il fiatosospeso tutti coloro che credono nelle stelle.

A noi molisani serve pane e lavoro. Altro che astri. Un po’ all’italianafaccio anch’io qualche pronostico: coraggio, ce la faremo. Non pos-siamo buttare 65 anni nel mare. E, se permettete, fatemi fare anchequalche scongiuro.

L’EDITORIALE

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di Gennaro Ventresca

E’ l’anno degli scongiuri

L’Oscar del mesea Gabriele Melogli

Non potrà ricandidarsi il sindaco di Isernia.Glielo impone la legge che vieta dopo due legisla-ture di potersi riproporre all’elettorato per la terzavolta. Un peccato. Stando al sondaggio promossodal Sole 24 Ore, per stimare l’indice di gradimentodei sindaci, il primo cittadino di Isernia si confermain piena salute, raggiungendo un lusinghiero set-timo posto tra i sindaci d’Italia. Il 60 per cento deisuoi concittadini ha espresso un giudizio favore-vole nei confronti di Gabriele Melogli. Il quale sicruccia di dover lasciare la poltrona, visto il recenteattestato di stima. Va detto, solo per precisione, cherispetto al 2007, momento della sua elezione Melo-gli ha comunque perduto il 9,1 dei consensi.

Sale e scende Dante Di Dario. Una volta in cielo,un’altra sulla terra. C’è stato un momento in cuil’ex patron di Arena aveva messo insieme oltre 14aziende nel settore agroalimentare, partendo dallaSolagrital di Bojano. Poi lo stellone si è offuscato elo scenario è mutato. Per mantenersi in rotta l’im-prenditore venafrano ha deciso di darsi all’editoria.Mandando in edicola il quotidiano La Voce del Mo-lise. Malgrado il “pacco dono” del sabato (quoti-diano più il settimanale Oggi e Italia Oggi a solo 1,2euro) le cose non sono andate bene. Così Di Darioha ridimensionato i piani, trasformando il quoti-diano in settimanale. Ma anche qui i costi e i ricavilo hanno obbligato a bloccare la pubblicazionedella rivista, pro Frattura e centrosinistra.

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di Ignazio Annunziata

La voce del padrone

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Qui c’è poco da scher-zare. Perché quandoun giornale chiude

o, come nel caso che ripor-tiamo, è in sofferenza, nonfa piacere a nessuno. Tantomeno a chi nuota nel maremagno dell’editoria.

Per questo la prima cosache ci viene da dire è diunirci alle maestranze deLa Voce che, attualmente,non se la passano certa-mente bene. Il periodico(per il momento) ha chiuso.Forse riaprirà, magari conun’altra formula, ma certa-mente con costi decisa-mente inferiori. Perché, perchi non lo sapesse, pubbli-care un giornale, costa cifreesagerate. Che mal si adat-tano alla malinconica re-altà molisana.

La Voce nacque con pre-tese baldanzose. Si dissedecisa a sbaragliarela concorrenza, sen-tendosi forte di uneditore (Dante DiDario) con le spallelarghe e il portafogliogonfio, un direttore(Pasquale Di Bello)che aveva menato il canper l’aria nel dirigereNuovo Molise di Ciarra-pico, quindi sicuro diportarsi al seguito tutto ilpatrimonio di lettori diquel giornale che dopoaver sostenuto inizial-mente Iorio gli si è si èschierato crudelmente con-tro. Inoltre, grazie allebuone firme, alcune collau-date e altre in via di forma-zione, La Voce ha pensatodi poter asfaltare la concor-renza. Anche perché si erapresentata in edicola come

una vera corazzata: il sa-bato con un euro e venticentesimi, dava una maz-zetta di giornali: quoti-diano, il settimanale Oggiche da solo si vende 2 euroe la copia del giornale eco-nomico Italia Oggi.

Nonostante tanta grazia,sotto forma di costosi gad-get cartacei le cose nonsono andate così: Di Belloha visto spegnersitra le

mani il secondo quotidianoda lui diretto nello spazio dipochi mesi. Così l’editoreha pensato di ridimen-sionarsi, trasformando ilfoglio giornaliero in settima-nale che dichiaratamente haappoggiato Frattura e le listeche l’hanno sostenuto alleregionali.

Del declino della Voce sioccupò anche la Gazzettadel Molise che, con sarca-smo (attraverso una riu-scita vignetta), annunciò:Dal quotidiano al settima-nale. A quando il mensile?

Configurando esatta-mente il percorso oppo-sto a quello che fa capoa chi firma questa notache, partito con unmensile (Il Primo),passò al settimanale (7giorni Molise), per ar-rivare al quotidiano(La Gazzetta del Mo-lise). Per quel che ri-guarda Il Primo varicordato che vienedistribuito gratui-tamente assiemealla Gazzetta, dueregali al posto diuno. Succedequalche voltache il mondovada alla rove-scia. Anche inMolise.

Editoria: il mondo alla rovescia

La Voce del Molise dopo aver bloccato

le pubblicazioni del quotidiano si è ripetuta anche con il settimanale

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La crisi economica e lascia di polemiche chesi trascina dietro,

stanno alterando in pro-fondità gli schemi abitualidella politica nostrana fattadi esternazioni, puntualizzazioni,rimbecchi più o meno stizziti e qua-lunquistici tra le forze in contrappo-sizione. Per cui chi continua adattardarsi su questi stilemi compor-tamentali sfiora il ridicolo. La situa-zione è molto seria.

Il Paese non cresce, figurasi le pic-cole realtà che storicamente hannovissuto essenzialmente di rimesse:dello Stato, dell’Europa, financhedegli emigranti. Dove l’industria nonha mosso un passo in assenza di con-tributi, sostegni e vantaggi pubblici,eppure vuole restare al centro del si-stema. Dove lo sviluppo economiconon ha nulla di autonomo, essendo fi-glio delle transizioni storiche (Cassaper il Mezzogiorno, Patto per il Sudeccetera) più o meno favorevoli e,quindi, incerto ed altalenante.

Bene, in questo cambio di scenarioin cui ciascun settore e ciascuna ca-tegoria sociale e ciascun cittadinosono chiamati a dare il proprio con-tributo, le linee programmatiche delpresidente Iorio rese al consiglio re-gionale non hanno mancato di chia-mare all’appello le coscienze e leresponsabilità dei consiglieri regio-nali e dei rispettivi schieramenti. Unappello sorretto da situazioni contin-genti, mosso da problemi pregressi enuovi, da necessità da affrontare, dasituazioni da dipanare.

Un intervento, quello di Iorio, chenon ha tralasciato nulla, andando adanalizzare settore per settore lo statodi fatto, le possibili evoluzioni posi-

tive, le consistenti difficoltà che si op-pongono, la necessità che si facciafronte comune, pur nella diversaspartizione dei ruoli, delle rappre-sentanze e delle responsabilità tra chigoverna e chi è all’opposizione. Undiscorso serio, meditato, sicuramentesofferto, che Iorio ha saputo e potutodipanare essendo stato ed essendo ilpiù altro riferimento politico e ammi-nistrativo da oltre 10 anni.

Dinanzi ad una rappresentazioneonesta, responsabile, oggettivamenteincontestabile, la risposta interna allamaggioranza e dell’opposizione, pur-troppo, è rimasta impantanata nellostagno limaccioso delle rivendica-zioni “ad personam” (Niro e l’Udr, poinotevolmente riviste e ridimensio-nate), e dall’essere contro a prescin-dere dello schieramento dicentrosinistra, nonostante ai verticidelle urgenze da affrontare da partedel governo regionale siano state col-locate, una ad una, le situazioni dimaggiore tensione: un nuovo statutoregionale che razionalizzi l’organiz-zazione amministrativa e riformi l’ar-chitettura istituzionale regionale eriduca significativamente i costi dellapolitica, il sottobosco dei cadreghini esfoltisca la pletora dei clientes; il bi-sturi da affondare nel bubbone dellasanità (pubblica e privata) per elimi-nare gli sprechi e rilanciare la qualitàdel servizio; il completamento dellarete infrastrutturale a supporto dellevocazioni territoriali (d’accordo sulpunto anche il leader dell’opposi-

zione Frattura: “…bisogna intervenireattingendo da fonti diverse e agevo-lando la partecipazione di capitaliprivati, usando la leva fiscale”); unnuovo meccanismo produttivo alleg-gerito della partecipazione del capi-tale pubblico in grado, quindi, dialimentarsi e di competere sul mer-cato creando occupazione; un’agricol-tura che esca finalmente da unacondizione di sussistenza e punti de-cisamente sui prodotti di nicchia e diaccertata qualità capaci di stare sulmercato su posizioni competitive; unprocesso di sviluppo turistico cheriassuma il grande patrimonio storico,architettonico, archeologico e di cul-tura e riporti l’impronta sannita ai li-velli storico-scientifici che merita,sono i punti cardine della nuova pro-posta regionale.

Un documento di questa fattaavrebbe dovuto raccogliere atten-zione e critiche di tutt’altra qualitàche non quella che ha raccolte e unaattenzione molto più concreta dei cit-tadini.

Ma si sa, le idee camminano sullegambe degli uomini. E i vecchi e inuovi membri dell’assemblea regio-nale sono notoriamente “claudicanti”.Il timore di dover affrontare il pre-sente e il futuro prossimo venturocon questa compagnia invita seria-mente i benpensanti a predisporsi alpeggio.

Loro, gli amministratori regionali,intanto, si predispongono ad assicu-rarsi il pane per oggi e per domani.

di Adalberto Cufari

Quando non bastanole buone intenzioni

Piazza salotto

La relazione programmatica del presidente Iorio ha dato avvio aun cambio di scenario nella politica regionale, ma quanta faticaLa risposta interna alla maggioranza e dell’opposizione pur-troppo è rimasta impantanata nello stagno limaccioso delle ri-vendicazioni “ad personam” e dall’essere contro a prescindere

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di Sergio Genovese

Controcanto

Dopo aver smaltito torroni e pa-nettoni e sottratto le nostreorecchie al deprecabile uso di

botti e tric e trac, con l’arrivo dell’annonuovo siamo tutti obbligati a sperarein meglio e a guardare il futuro utiliz-zando visioni dense di cielo azzurro.

Dicono gli strizzacervelli che vederesempre il bicchiere mezzo pieno fabene alla salute. L’ottimismo terapeu-tico però non deve indurci a discono-scere le verità altrimenti rafforze-remmo speranze virtuali che produr-rebbero più danni della visione pessi-mistica del bicchiere mezzo vuoto.

La nostra regione è in ginocchioanche se i comandanti del vapore ten-tano di affievolirne la drammaticità.Vorrei solo segnalare che nell’eserci-zio della mia funzione lavorativa hodovuto constatare che gli studentidelle classi terminali hanno rinunciatoal viaggio di istruzione all’estero permancanza di soldi (parliamo di tre-centocinquanta euro circa). Hannodovuto privarsi di uno dei momentipiù suggestivi della loro carriera distudenti per le difficoltà che vivono lefamiglie.

In assoluto è la prima volta che micapita dopo trentasei anni di servizio.Penso che questo esempio sia la incon-testabile fotografia delle gravi difficoltàche si vivono e non c’è da aggiungerealtro. Sin qui niente di nuovo. Di vec-chio c’è da registrare che la classe po-litica, facendo squillare le trombe, haannunciato un deciso arretramento ri-spetto ai privilegi del passato. In effetti,invece, cincischia, recita a copione ma

non ha intuito che gli spettatori final-mente capiscono tutto. La cosa cheprovoca stupore è il protrarsi di com-portamenti che non incantano più ocondizionano (per opportunismo) solocoloro che sono in lista di attesa perottenere favori personali.

L’Assessore Vitagliano ha comuni-cato alla gente del Molise che tutte leEminenze Grigie di Palazzo Moffa(Assessori e Consiglieri) hanno decisodi dare l’esempio. Gli stipendi subi-ranno una decurtazione del dieci percento e le auto blu saranno usate conil contagocce. Ma è uno scherzo osiamo desti? E’ tutto qua il sacrificio?L’Assessore ci dica a quanto ammontail suo stipendio con tutte le voci equanto incasserebbe in busta con la“generosissima” decisione del tagliocitato. Tutti dovranno rendersi conto –de visu - di quanto dovrà retrocedereil suo tenore di vita e dei suoi compa-gni di ventura e confrontarlo con ilproprio. Coinvolgo nella richiestaanche il Presidente del ConsiglioMario Pietracupa che sembra averpreso a cuore il problema. Non è lamia una overdose di populismo abasso costo. Comprendo che nelle so-cietà civili esistono le scale sociali danon confondere con l’arbitrio senzapudore e i privilegi per pochi. Al co-spetto delle telecamere l’ingegnere haspiegato ai molisani, con baldanza esicurezza, che i passeggeri delle (vec-chie) auto blu hanno capito il mo-mento e si sono adeguati. Se peripotesi una persona guadagna diecimila euro al mese e poi ne becca nove-

mila e cinquecento, che sussulti avràla sua esistenza? Dove si rintraccia lacompenetrazione ai gravi problemidelle comunità? Si attendono risposte.Le ascolterà la gente senza tappi nelleorecchie e senza l’anello al naso. Incambio tutti siamo pronti a dichiararei nostri stipendi per far meglio com-prendere quale è lo stato delle per-sone che viaggiano con le proprie autoe fanno il mutuo per comprare la casadi novanta metri quadrati e nella vitahanno superato prove che non sononeanche paragonabili alle campagneelettorali.

Dunque diventa difficile sperare inun duemila e dodici diverso. Andandoal di là dell’argomento trattato, do-vendo proprio lanciare un auspicio, al-meno mi piacerebbe che camminas-sero nella penombra pezzi importantidel nostro vivere quotidiano.

Procedere a luci un po’ più deboli èdiventata materia per pochi. Sembrache certi riconoscimenti, senza i faridella ribalta, non posseggano il sug-gello giusto per essere vincenti. Alcuneconferenze stampa in meno per qual-che Procuratore della Repubblica eper Sua Eccellenza Mons. Bregantininon guasterebbero. Servirebbero, perumile parere, a conquistare più con-sensi e meno critiche. Buon Anno atutti e un piccolo suggerimento:”Ognuno ascolti se stesso per capire seil bicchiere si inclina verso il bello overso il peggio.” In fondo la migliore te-rapia è vedere con gli occhi giusti laverità per mettere in pace la coscienza.Alla fine è sempre questo che conta.

L’anno che verrà

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di Antonio Campa

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Un’anziana ma arzilla si-gnora di 78 anni diCampobasso, mentre

sta tornando verso casa dopoaver fatto la spesa, viene investita allespalle da un pischello neo patentatoil quale, invece di fare più attenzionealla strada ostruita da un’auto che so-stava in doppia fila, scruta gli occhidolci della ragazzina al suo fianco.

La donna chiede ai passanti che lasoccorrono di chiamare il figlio cheabita a due passi, il quale la porta dicorsa in Ospedale. Diagnosi: fratturascomposta spiroide della tibia sinistrae frattura scomposta del perone; tra-dotto, l’auto l’ha presa alle spalle, leha fatto girare la gamba sinistra, cheha agito da perno, spezzandosi nellarotazione a spirale. I genitori del pi-schello corrono al capezzale della si-gnora che si commuove e pertanto,subito dopo, spiegando all’infermieradel Pronto Soccorso la dinamica del-l’accaduto, si limita ad un vago “Hoavuto un incidente”, togliendo cosìdai guai il ragazzo, che aveva più omeno l’età del nipote. La frattura èesposta e complicata, il primario perprudenza non opera e applica un fis-satore esterno, una specie di gabbiacon lunghi chiodi che fissano le ossarimesse in linea e destinate a incal-lirsi con la ricalcificazione.

Dopo otto mesi arriva la guarigionee pure il tempo del risarcimento. Co-mincia a questo punto la manfrinadell’assicurazione, complice anche lasfacciataggine del pischello il quale,nella denuncia, aveva dichiarato “Lasignora mi è sbucata all’improvviso difronte”. Non essendo intervenuti 118e carabinieri, senza testimoni, la com-pagnia con argomentazioni inveropretestuose ciurla nel manico, finoalla visita peritale, fissata dopo ulte-riori quattro mesi dalla certificazionedi guarigione clinica. E qui, arriva lasorpresa.

La signora scopre che, a causa dellasua età, l’indennizzo sia pure legit-timo, riconosciuto e – per carità - do-vuto, sarà dimezzato, perché in basealla normativa vigente, il risarcimentodanni si riduce della metà per chi hacompiuto 70 anni.

La storia vera e vissuta pone due ri-

flessioni. La prima, riguarda il cinismoetico delle compagnie assicuratrici,che con gli anziani hanno buon gioco;si tratta, infatti, di pensionati e cometali per lo più a reddito non elevato,inoltre con pochi anni di futura pro-spettiva di vita. Da ciò, atteggiamentidispotici del tipo “prendere o la-sciare”. La signora, alla quale nonsono state riconosciute neanche lespese vive documentate, ha accettatocon rassegnata saggezza la propostadi risarcimento, settemila euro conspecifica che la somma era compren-siva di mille euro di parcella per il le-gale di fiducia, osservando: “Vado pergli ottanta, facendo causa finirei soloper spendere soldi, col rischio di mo-rire prima che arrivi la sentenza. Micontento di stare bene, grazie a Dio”.

La seconda, più inquietante, ri-guarda la possibilità che per legge sistabilisca il valore, in questo caso ilprezzo della vita.

Dopo i settant’anni, la norma sui ri-sarcimenti prevede che valga la metà.A sessantanove anni e trecentoses-santaquattro giorni, la vita vale ildoppio, rispetto a due giorni dopo.Proprio vero, bisogna avere fortunaanche nella disgrazia.

Se è opportunae comprensibileuna gradualitàd’indennizzo

basata su età e altri parametri, certoè inaccettabile un limite netto di di-mezzamento fissato per legge, in que-sto caso ai settant’anni. Un concettopericoloso e inquietante, molto similea quello che regola l’aborto: fino a tremesi il feto è per legge una sorta dimassa organica e nulla più, il cuori-cino che batte solo un refuso ecogra-fico. Il giorno dopo diventa un microuomo.

Immaginiamo con terrore e sgo-mento le conseguenze sociali e moralidi tali presupposti concettuali se, in-vece di essere limitati a poche situa-zioni, in futuro si espandessero,entrando pian piano a far parte della“normalità” quotidiana, come già stasuccedendo, complice l’assuefazioneal degrado morale, senza che esso su-sciti in noi doverosi quanto opportunislanci di coscienza, capaci di faremuro di fronte al censurabile an-dazzo.

Potrebbe accadere, ad esempio, chein un’aula di tribunale, per l’omicidiodi una donna di 80 anni, il difensorechieda una pena sensibilmente ri-dotta per l’assassino, in virtù dell’etàdella vittima. Fantasia? Purtroppo,come già ricordato, nel campo delleaberrazioni etiche essa è stata piùvolte superata dalla realtà.

* Articolo pubblicato su“Il Foglio” on line

Il prezzo della vita(dopo i settant’anni)

Camera con vista

E’ giusto delineare per legge, sia pureper un risarcimento, una linea nettaaldilà della quale la vita vale la metà?E’ giusto perseverare nell’ipocrisia divalutare il principio della vita soloquando il feto compie tre mesi?Bisogna riflettere su normative cheseppure ispirate da esigenze sociali,rischiano tuttavia di abbattere il confineetico tra civiltà e barbarie.

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di Arnaldo Brunale

Campuascianeria

Un motto campobas-sano recita: “A’la Béfa-nia tutte le feste vanne

via” (Alla Befana tutte le festeterminano). Un altro saggio, in-vece, riferendosi a Sant’Antonioabate, dice: “Sant’Antūone ré Iénnāre, tutte le feste arrécumen-zame” (Sant’Antonio di Gennaio, tutte le feste ricominciamo). Nona caso questa è la ricorrenza che prelude al Carnevale. Riferen-dosi, nello specifico, alla solennità di Sant’Antonio abate, bisognadire che essa è una delle feste più avvertite dai campobassanitanto che, a giusta ragione, può essere annoverata fra le grandicelebrazioni del nostro capoluogo, seconda, per importanza, soloal Corpus Domini.

Molto ci sarebbe da dire sull’apologia del santo nativo di Era-cleopoli d’Egitto, sul significato apotropaico del fuoco che vieneacceso nel giorno del suo festeggiamento, sul perché è conside-rato il protettore degli animali, dei fornai, dei pastori, dei contadini,degli ustionati ecc., sui motivi che lo considerano propiziatore deisolenni riti a lui dedicati dall’antica civiltà contadina, in segno difertilità, di fecondità, di ringraziamento e sul perché viene invocatoper gli incendi, per le ustioni e per le malattie dell’uomo comel’Herpes Zoster (fuoche ‘è sant’Antonie), ma questi sono argomentiche richiederebbero una lunga trattazione che esulerebbe dalloscopo precipuo di questo breve articolo.

Il 17 Gennaio, giorno in cui si onora questo santo eremita, è laprima vera festa del calendario legato al mondo contadino, degliallevatori e dei pastori. Essa viene subito dopo le festività natali-zie, immediatamente prima del periodo carnascialesco.

A Campobasso, questa festa ha perso buona parte dei suoi ritidevozionali, delle usanze e delle tradizioni più rappresentative conil trascorrere degli anni, pur avendo conservato inalterato il suo si-gnificato liturgico. Ad esempio non si ha più traccia della corsa deiquadrupedi che, partendo dal sagrato della chiesa al santo dedi-cata, percorrendo via Monforte (campérelle), terminava in viaTrento all’altezza dove ora è allocato il Museo dei Misteri. Non sifa più la sfilata dei cavalli, intorno alla chiesa, le cui criniere in-trecciate erano arricchite con piume e nastri multicolori, né si fala benedizione dei soli cavalli, dei buoi, degli animali da soma e dastalla (oggi si portano a benedire soprattutto animali domestici enon da lavoro). Sono state abbandonate anche la benedizione ela distribuzione delle fruscelle di Sant’Antonio, una specie di pa-gnotta di pane, a forma di stella, infarcita con i ciccioli di maiale(cìcule), la vestizione dei bambini (munaciélle) e dei malati adulticon sai che indossavano fino alla guarigione e la bruciatura deglistessi abiti sul falò a risanamento avvenuto. Per evidenti ragionilogistiche non si vede più nemmeno il maialino (puōrche ‘é san-t’Antonie), lasciato libero di girare tutto l’anno per le contrade,con appeso al collo un campanellino o con l’orecchio sinistro ta-gliato per far intendere alla gente che si trattava di un animaleconsacrato al santo da ammazzarsi nel giorno della sua festività.Solo le famiglie più devote preparano ancora la lessata, una spe-cie di ribollita toscana, a base di fave (fafe), ceci (cīce) e fagioli(fasciuōle) e non so se, durante la cottura, intonano ancora unaspecie di invocazione devozionale al santo: “Antuōne, Antuōne,Antuōne….”. Dunque, molte usanze sono scomparse, ma una cosaè certa, il 17 Gennaio è ancora una festa molto importante perl’intera comunità campobassana. Essa si tiene nel popolare quar-tiere di sant’Antonio (sant’Antuōne), che prende il nome dal-l’omonima chiesa, in stile barocco, edificata nel 1572. Provvede a

mantenerla viva la tribù di zingari che, da alcuni decenni, popolala zona compresa tra la porta Sant’Antonio e la Fontana Vecchia(Funtanavecchia).

Fin dalle prime ore del mattino gli zingari e altra gente del postoprovvedono ad accatastare la legna per la pira da bruciare sul sa-grato della chiesa. L’Amministrazione civica, nel rispetto di una in-veterata tradizione devozionale, contribuisce alla creazione dellacatasta con un grosso tronco d’albero, mentre anche i fornai, icontadini ed altre categorie artigiane partecipano con piccoli do-nativi di legna. Subito dopo le celebrazioni liturgiche, viene bene-detta la legna ed acceso il falò che sarà alimentato fino a nottefonda.

In questa giornata festiva il campobassano (u campuāsciane)rispetta la tradizione del pranzo rituale con cavatelli (cavatiélle),conditi con abbondanti spolverate di pepe sminuzzato nel mortaio(murtāre), con cacio di pecora (furmagge ‘é pècura) e con sugo abase di polpa di carne di maiale (carne ‘é puōrche), di salsiccia(sauciccia), di ventresca (vrucculāre) e di costine di maiale (trac-chiulelle). Naturalmente, sulla tavola non mancano mai le favebollite (fafe lesse), fragranti boccali di vino rosso, con particolareattenzione alla tintilia (téntiglia). Una volta, questo pranzo ritualeera osservato da tutte le famiglie campobassane, eccetto quelledimoranti nel quartiere di san Paolo (santépaulane), “nemici invisi”degli abitanti del quartiere di sant’Antonio abate (santantunāre).

Le famiglie più povere che, in passato non potevano permet-tersi il pranzo rituale classico, onoravano il santo allestendo unpasto più semplice con bucatini bagnati con sugna di maialesciolta (‘nzogna), conditi da abbondante pepe tritato misto al caciodi pecora (bucatine unte e pepe), con involtini di cotenne (cotéca)e cotennini (cutéchine), con vino di casa e con le immancabili favecotte e i ceci abbrustoliti (cīce schiāte). Era un pranzo meno no-bile, comunque allestito nel rispetto del santo, per la presenza delmaiale fra i suoi componenti.

In quasi tutte le famiglie il pranzo si protraeva fino a tarda notte,tra balli, suoni di organetti (ddubbòtte), chitarre e bufù, in attesadell’entrata del Carnevale.

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La festa di Sant’Antonio Abate

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Quando parlo del Mo-lise mi riesce difficileiniziare. Anche finire

ma quella è un’altra storia. Io vivo in un occhio di

terra che chiamare terra èastratto. Prova ad andareda Santa Croce di Maglianoa Termoli e trovi collinaspelacchiata, sventrata nelcuore, alberi piegati, e casecoi cani davanti che abbaiano di fame.Gallerie anche e oleandri portati dalvento. Bella nella sua povertà. Poi, daqualche anno, pali eolici e turbo gas,chimica e Fiat, puzza di latrina chesembra metropolitana americana. Lapolitica fatta materia. Qui, però, la BeatGeneration non è passata e Ferlin-ghetti non sapeva che esistesse il Mo-lise, figurarsi Rotello o Montelongo.Ma si sta bene, dicono. Nel senso chesi respira aria purissima, si mangia daDio e si beve che neanche Bukowkskjpotrebbe vivere più di una settimana.C’è un malessere, ma poco intellet-tuale. Tutta superficie. Si legge poco enon si ha nostalgia per le bibliotechedi una volta, quelle della scuola ele-mentare dove il maestro coi baffiprendeva i libri e li sfogliava insieme ate. Un cinema neanche a parlarne, ap-pena un campo di calcio dove il sinte-tico ha pulito pietre e fango e si giocasolo su richiesta.

Anche il calcio è macchina perfetta-mente organizzata e gli spazi per vi-vere sono finiti. I bambini smettono disognare il sette di gennaio, quando laBefana è ripartita sulla sua scopa ametano. I ragazzi sognano Barcellonama non conoscono la campagna che licirconda, come non conoscono il vicinodi pianerottolo che passa in fretta escappa con la sigaretta accesa. Un con-dominio di Milano, in orizzontale. E ipolitici dicono che non sanno cosa fare,i finanziamenti latitano e bisogna affi-darsi al fotovoltaico e all’eolico per ri-solvere i problemi. Ma il problemasono loro e questo andrebbe risolto.

La Politica è come se fosse organiz-zata intorno a un individuo, senza pro-getti veri. L’unico progetto vero èquello di evitare la vita e scalare senzaproblemi la posizione. Si arriva prima econ poco impegno. Qui non è che Cri-sto si è fermato ma c’è proprio stato.

Ma anche lui ha alzato le mani e halasciato tutto come prima. Ma qui, traBasso Molise e Puglia la possibilità disognare aumenta. Quando non c’è pro-prio niente il sogno riesce meglio, maresta tale e per sempre. Tu esci e saiprecisamente dove andare : al Bar. Lìsi consumano delitti verbali formida-bili. Si parla di tutto e quindi di niente.E non è come nel Rinascimento che iltutto era pieno, bello e gioioso. Qui iltutto è vuoto. E vai al cenone di capo-danno non tanto per divertirti ma per-ché non hai altro da fare. Questa zonaè bella perché ha strade irregolari e neabbiamo viste di tutto. Terremoti, frane,smottamenti, allagamenti. Alluvioni,anche. E neve. Quella non manca mai.Ma una neve senza poesia. Sporca avolte e ghiaccio che ora infastidisce lesignore sul corso che non possonoviaggiare coi loro cappotti nuovi e fre-sche di parrucchiera. È bello vivere quie te ne stai a casa a vederti Piero An-gela che parla dei romani. Così ti sem-bra di stare nella Storia e viverladavvero. La puoi raccontare almeno.

C’è una pista ciclabile unica almondo. E non esagero. Tutto cipassa all’infuori delle biciclette.Ci parcheggiano le auto in in-verno e in estate le coppiettefanno su e giù dopo la cena.Per digerire e fare progetti. Ec’è un bel panorama. Il tempoè lento a passare e spesso af-fondi il passo verso la parte alta delpaese per vedere il mare e le Tremitise non c’è foschia. È quello che si diceun paese tranquillo, ordinato, pulito.Per chi vive qui è il cosmo. Cioè ilsuo mondo. Senza saperlo i resi-denti sono filosofi veri, di quelli cheteorizzano il pensiero attraverso ildiscorso. Estetica, direbbe qualcuno.La percezione delle cose qui è con-creta. Nel senso che le percepiscono

senza possederle. Un po’ come desi-derare qualcosa e possederla davvero.Non è uguale. Mi piace pensare che“cosmo” rappresenti un concetto diordine e armonico insieme. Per que-sto, credo, cosmetica attribuito al ge-nere umano rappresenti appuntol’ordine e l’armonia della persona, delsuo corpo. Ma è una caratteristica deltutto femminile e gli uomini sonoesclusi in qualche modo. Qui gli uo-mini pensano al massimo al propriogiardino di casa e neanche tanto ordi-nato. Cosa glie ne può fregare delcosmo in senso lato? Siamo partico-lari, ecco. Unici in qualche modo.

Mi piace anche pensare che gli abi-tanti di qua siano incontaminati. Vale adire puri, come bimbi appena nati. Maho delle riserve a proposito. Trovo cheanche qui la globalizzazione abbiaprodotto danni irreparabili. Ma loronon lo sanno. Ed è come se non esi-stessero. È come se una notizia tragicanon la dai in televisione. Non esiste.

Evviva il basso molise.

di Pasquale Licursi

Il cerino

Quando la Befana è ripartita con la sua

scopa a metano

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(Quasi) mezzo secolo di soddisfazioni

La nostra regione ha appena festeggiato l’autonomia raggiunta dopo lo scisma con l’Abruzzo

La nostra

rinascita

è partita

48 anni fa,

con il boom

dei posti

di lavoro,

dell’Università

e del

miglioramento

dei collegamenti,

anche se ora

ci aspetta

l’ennesima sfida

In alcuni libri di geografia delpassato c’è rimasto il capitolodedicato all’Abruzzo e Mo-

lise. Le regioni confinanti, circamezzo secolo fa andavano ancoraa braccetto. Poi ci fu la riscossadei nostri parlamentari. E la con-seguente scissione.

Ricordo che per l’occasione fe-steggiammo come quella volta incui Tardelli ci fece impazzire conil suo gol che la tv ci avrebbe ri-mandato infinite volte. Noi stu-denti delle superiori nonperdemmo tempo per spingerci inpiazza a fare baldoria. Tanto percambiare non si fece scuolaquando arrivò la notizia. Per la ve-rità la bella novità giunse di po-meriggio, ma la contentezzavenne estesa al giorno dopo.

Ci spiegarono e non cispiegarono cosa fosse suc-cesso. Fatto sta che ca-pimmo lo stesso di averconquistato qualcosa di im-portante. Vale a dire l’auto-nomia regionale. Il Molisenon sarebbe stato più il pa-rente povero del più agiatoAbruzzo, ma da quel mo-mento avrebbe potuto cam-minare da solo. Senza piùl’aiuto delle stampelle.

Le Regioni, intese comeordinamento politico, an-cora non c’erano. Ma sa-rebbero arrivate di lì apoco. E per noi molisanisarebbe stata una autenticacuccagna. Perché l’agia-tezza iniziammo a raggiun-gerla con l’istituzione dellaXX Regione. Sia pur la piùpiccola, ma pur sempre re-gione restava.

Fummo beneficiati dallacrescita esponenziale deifavolosi anni 60 che furonoseguiti da altri anni bene-fici, come i 70 e gli 80.Anche gli altri, sino al 2000,

non sarebbero andati male. Pec-cato poi per lo stop, la crisi, lefacce corrucciate i musi lunghi.

E’ toccato a Iorio, il principedella politica regionale, ricordareil cammino fatto dalla nostragente in 48 anni di autonomia.Grazie alla quale il flusso migra-torio si è pressoché bloccato eanche i comuni più piccini hannoripreso a vivere.

Strade più snelle e scorrevoli,fabbriche, uffici e mille altre op-portunità hanno portato benes-sere nella nostra terra. Facendocidimenticare il magro passato incui i nostri nonni furono costrettia prepararsi la valigia legata conlo spago per cercare fuori daiconfini nazionali un pizzico difortuna e di dignità.

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ViabilitàLa nota

Di autostrada e Fondovalle del Rivolo si è parlato appenafinito l’effetto delle bollicine natalizie.La nota dolente della nostra regione, al pari del lavoro,resta la viabilità. Da decenni sentiamo ripetere da politici,tecnici e gente comune che il problema principale del Mo-lise è quello delle sue vie di comunicazione. Ci si esponeattraverso la dialettica per illustrare progetti quasi sem-pre fuori dalla nostra portata. Continuando a parlare alfuturo. Anche se, a ricordare come stanno i fatti, di pro-gressi ne sono stati fatti nella nostra regione. Ma al di sottodelle aspettative.Iorio da quando s’è insediato al governo del Molise ha pre-dicato a favore dell’autostrada. Strappando consensi e ri-solini di scherno al tempo stesso. Mentre cortigiani e pennecompiacenti hanno sostenuto le sue tesi, la minoranza ap-puntita gli ha fatto sempre le pulci.Poco prima delle elezioni il governatore ha incassato unarilevante dazione di danaro dal Cipe, per rilanciare il no-stro territorio. Ma l’opposizione lo ha fatto passare per unvenditore di fumo elettorale. Ora, sembra che le cose sistiano mettendo per il meglio. E per l’autostrada del Mo-lise, conosciuta come Termoli-San Vittore sia pronto un fi-nanziamento di 200 milioni che sono poca cosa,considerando il costo complessivo dell’opera (oltre il mi-liardo). Ma è già qualcosa per cominciare con la progetta-zione esecutiva e con l’inizio del primo lotto.Di portata più leggera è invece il finanziamento che ri-guarda la Fondovalle del Rivolo, un’arteria che rasenta ilparadosso, se solo si ricorda che è partita circa 40 anni fa,ma come la tela di Penelope non riesce a essere comple-tata. Dovrebbe servire a portare i campobassani sulla Bi-fernina, in alternativa a Ingotte.E’ di questi giorni la notizia secondo cui sono stati trovati600 mila euro, stanziati dalla Regione con il fresco asses-sore Chieffo, per il completamento del collegamento con laBifernina. E aperta al traffico prima della stagione estiva.La strada non sarà caricata sulle spalle dell’Anas che nonla vuole, per non accollarsi i costi di gestione, per questodovrebbe passare alla Provincia di Campobasso. Per com-pletare l’opera resta da fare l’allaccio con la tangenzialeEst del capoluogo; in più ci sarà da asfaltare e mettere insicurezza un altro breve tratto d’innesto sulla Bifernina.Per il rispetto del patto di stabilità la somma stanziatadalla Regione non potrà essere versata nelle casse del Co-mune di Campobasso, per questo sarà gestita dal commis-sario ad acta. (Al.Ta.)

Forse ci siamo

Ho incontrato durante un mio viag-gio di lavoro giornalistico in Canadamigliaia di molisani che vivono inquel meraviglioso Paese. Dove fa ungran freddo, ma che offre anche op-portunità di guadagnare e di viveredignitosamente nelle piccole casettefoderate di legno, con la piscina si-tuata in giardino. Ricordo la storia in-finita di un concittadino di Ielsi, ilquale mi fu presentato da NorbertoLombardi. Aveva trovato terreno fer-tile per star bene e offrire decoro esoddisfazioni ai suoi familiari. Eppurenon esitò a raccontarmi la sua storia.Nata proprio a Ielsi, tanti anni prima.Fu costretto a vendersi anche la ca-mera da letto per mettere insieme isoldi per il biglietto per Montreal. Lasua fu una scelta felice, anche setanto sofferta. E nel ripercorrerla conil suo racconto non potè fare a menodi trattenere qualche lacrima.

I molisani prima dell’autonomiasono dovuti partire a frotte. Poil’esodo s’è bloccato. Anche i giovaninon sono stati obbligati a prepararsiil bagaglio per andare a studiare fuoriregione. L’Università del Molise haofferto loro a poco prezzo l’opportu-nità di acculturarsi e di conseguireuna laurea. Che, d’accordo, non ètutto, ma è pur qualcosa che ti aiuta astar meglio e ti consente di mettertisullo stesso piano di tanti “profes-sori”.

(ge.ve.)

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Si chiamano codici bianchi. E’ il termine con cui gli operatorisanitari del Pronto Soccorso individuano tutti quei pazienti chemanifestano problemi di lieve urgenza. La limitata gravità delleloro condizioni li porta però ad affrontare lunghe attese, special-mente nelle fasce orarie e nei giorni di maggiori afflusso alPronto Soccorso.

Il metodo del Triage è utilizzato all’arrivo di tutti i pazientiin Pronto Soccorso, dove l’accesso alle cure non avviene sullabase dell’ordine di arrivo ma sulla gravità delle loro condizioni.In questo ambito permette di stabilire un ordine tra i soggettiche vi giungono, dando le apposite cure prima ai casi più gravie di seguito ai meno gravi.

Il grado di urgenza di ogni paziente è rappresentato da un co-dice colore assegnato all’arrivo, dopo una prima valutazione messain atto da un infermiere specializzato e preposto a questo compito.

Il Codice Bianco individua il paziente che non necessita delpronto soccorso e può rivolgersi al proprio medico curante.

AMBULATORIO CODICI BIANCHIPer dare loro una risposta più puntuale l’Asrem aprirà, in

via sperimentale, presso gli ospedali di Campobasso, Isernia,Termoli e Venafro l’ambulatorio dei codici bianchi, attiguo ai lo-cali del Pronto Soccorso.

L’ambulatorio dei codici bianchi è rivolto ai pazienti che acce-dono impropriamente al Pronto Soccorso in quanto i sintomi dellapatologia non riveste alcun carattere d’urgenza e potrebbe essereaffrontata a livello territoriale (assistenza primaria o specialistica),cioè dal proprio Medico di Medicina Generale (MMG), dal Pedia-tra (PLS) o dagli specialisti che ricevono su appuntamento.

L’infermiere di triage, dopo aver assegnato il codice biancoal paziente, lo invita a recarsi, nella fascia oraria definita, pressol’ambulatorio appositamente istituito.

L’ambulatorio dei codici bianchi ha lo scopo di risolvere nu-merosi problemi del Pronto Soccorso quali: 1. problemi di spazio, ovvero evitare un sovraffollamento in sala

d’attesa e nei corridoi interni;2. problemi di tempo, soprattutto per quanto riguarda l’attività

medica ambulatoriale di visita, la compilazione delle cartellecliniche, le informazioni e spiegazioni a persone prive di pa-tologie severe ed ai loro parenti;

3. spreco di risorse, professionali medico infermieristiche e spe-cialistiche e di servizi, quali il Laboratorio di analisi e la Ra-diologia, che devono essere programmate sulle reali urgenze.L’istituzione dell’ambulatorio dei codici bianchi intende cen-

trare una serie di importanti traguardi: oltre a ridurre i tempidi attesa per i casi con minore priorità e garantire una maggiorefluidità per i pazienti in condizioni più gravi (codici contrassegnidai colori rosso e giallo e verde), consentirà di raccogliere alcuneinformazioni (tipologia della domanda, area di provenienza), chepotranno essere utili per poter programmare in futuro una ri-sposta territoriale.

L’obiettivo quindi è anche di far comprendere all’utenza la dif-ferenza tra il ricorso al Pronto Soccorso, necessario nei casi diemergenza e urgenza, e l’utilizzo dei servizi territoriali, che rappre-sentano il percorso assistenziale più idoneo nei casi di lieve gravità.

Presso il Pronto Soccorso si registra, soprattutto nelle orecentrali della giornata, un eccessivo afflusso di pazienti definiti,secondo i criteri di accesso (triage) come codici bianchi.

Tali pazienti spesso sono costretti a lunghe attese, nei casi incui i medici del P.S. sono impegnati nel trattamento di pazientipiù gravi.

Questi pazienti potranno continuare ad attendere il loroturno o potranno scegliere di avvalersi del nuovo servizio am-bulatoriale.

Durante il giorno: rivolgiti a loro con fiducia. E’ il medico di famiglia,infatti, che ti visita per primo, ti segue periodicamente, suggerisce come stare bene, ti indirizza verso gli specialisti: non rivolgerti a lui solo per le ricette!Verifica gli orari di ricevimento e informati se ha aderito al programma di rintracciabilità telefonicadalle ore 8:00 alle ore 12:00 e dalle 16:00 alle 19:00 tutti i giorni esclusi i prefestivi e i festivi.

Durante la notte è il servizio di continuità assistenziale. E’ aperta dalle 20:00 alle 8:00 e, dalle 8:00 alle 20:00 nei giorniprefestivi e festivi. Non si paga il Ticket per la visita

Chiama il 118 e vai alPronto Soccorso (PS)All’arrivo la gravità del tuo stato

di salute viene valutata da un infermiere specializzato

che ti assegna un codice-colore (triage).

I più gravi passano prima indipendentemente dall’ordine di arrivo ROSSO paziente in pericolo di vita, viene visitato immediatamente

GIALLO paziente grave, viene visitato nel più breve tempo possibile

VERDE paziente non grave, l’attesa può risultare molto lunga

BIANCO il tuo stato di salute non è affatto grave e i tempi di attesa sono sicuramentelunghi e imprevedibili. Inoltre si paga il Ticket per la visita (25 euro)e il ticket per ogni altra prestazione specialistica o esame diagnostico. Conviene contattare il tuo medico/pediatrao rivolgerti all’ambulatorio codici bianchi o alla guardia medica.

L’Asrem aprirà, in via sperimentale, presso gli ospedali di Campobasso, Isernia, Termoli e Venafrol’ambulatorio dei codici bianchi, attiguo ai locali del Pronto Soccorso. L’infermiere di triage, dopoaver assegnato il codice bianco al paziente, lo invita a recarsi, nella fascia oraria definita, pressol’ambulatorio appositamente istituito. Non si paga il Ticket per la visita.

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E’ meglio essere primitra gli ultimi o ultimitra i primi? È il di-

lemma amletico che ha in-nestato la statistica di ItaliaOggi sul capoluogo regionaleche pare abbia risalito molte posizionidi classifica rispetto alla vivibilità delsuo ambiente. Molti preferiscono es-sere primi tra gli ultimi e non ultimitra i primi, in ossequio all’adagio calci-stico di qualche anno fa, che facevadire al noto cronista Ezio Luzi “ScusaAmeri, scusa Aneri, il Campobasso èpassato in vantaggio”. Da allora moltaacqua è passata sotto i ponti. Dopo laprima industrializzazione degli anni70 e 80il giocattolo sembra essersirotto. Continue crisi alla Fiat di Ter-moli, alla ITR, alla Sam, allo Zuccheri-ficio, i guai dei vari nuclei industriali,leggi il declino della chimica e quellodella meccanica, stanno facendo ri-piombare il Molise e il suo capoluogonella indigenza post-bellica.

Il dilemma attuale riguarda anche latutto sommato buona notizia che ilCIPE ha deliberato il finanziamentodi un milione e trecentottantamilaeuro per la costruzione dell’auto-strada e il completamento della rico-struzione post-terremoto per i paesidel cratere. Come sempre la dicotomiatra la speranza e la realtà si intreccia.L’autostrada sicuramente può rappre-sentare un volano di sviluppo, la rico-struzione qualche posticino di lavoro,ma in effetti non si discute del fattoche la realtà molisana è troppo pic-cola per reggere le problematiche in-nestate dalla incombente recessioneeuropea. Da tanto tempo si discute dimacroregione: c’è chi fa il tifo per ilriavvicinamento del Molise all’Ab-bruzzo e chi , invece, opta per la re-gione del Sannio.

Comunque sarà, questa scelta im-porrà dei cambiamenti epocali. Menopolitica e più economia e inevitabil-mente più confronto con realtà di-verse dalla nostra.

Per rimanere in tema è auspicabileche vi sia dibattito per la scelte daoperare, poiché l’una o l’altra sceltadovrà essere ben ponderata non solodalla politica ma dal tessuto econo-

mico e sociale. Una regione che in 48anni non è riuscita a darsi uno statutooperativo, un mondo sociale che faesclusivamente contrapposizione ochiacchiere da bar, un tessuto indu-striale da rivedere e correggere,un’agricoltura che perde aziende equindi addetti, la sanità allo sbando,una struttura scolastica e universita-ria di cui si nota più l’assenza che laproposta formativa, fanno sì che ilmodello di sviluppo per questa re-gione debba essere riconsiderato, ri-discusso e si spera attuato attraversonuovi strumenti di aggregazione poli-tica e sociale.

Da giovane ero solito passeggiare eparlare del futuro per le anguste stra-dine del centro storico, con la occasio-nale compagnia di una carissimapersona come Tonino Perrone che diquei luoghi era un cultore ed esegeta,soprattutto nel periodo invernale, poi-ché amava fotografare gli angoli piùin penati e reconditi di Via Pennino,Vico tre dita, vico Carnaio, il Ponte diBruschio, la Chiesa di san Bartolomeo,Piazza dell’Olmo, via Ziccardi, la spia-nata del Castello. Ripercorrerloadesso, questo percorso, mi prendeuna stretta al cuore. Il centro storicooggi è quasi desertificato; sono po-chissime le attività che resistono im-perterrite a realizzare certeproduzioni: qualche panificio, qualchecantina, qualche artigiano, per il restosolo gradini che tendono sì versol’alto, il Castello Manforte, ma ren-dono più difficile e meno agevole ilcammino: quale futuro?

Non basta avere un’aria pulita nelrisalire la classifica delle città menoinquinate per conseguire la patente dicittadina con un futuro assicurato. Igradini che dovremo salire per iner-picarci sino al Castello del benesseresono ancora tanti. Non discutere, però,non allevia il cammino. Alla politica,ai sindacati, alle forze sociali, allascuola e all’università è richiesto un

contributo nel dibattito che si dovrà,gioco forza, aprire per evitarci un fu-turo di sola recessione.

Alla luce delle problematiche im-portanti che ci aspettano sembrastucchevole parlare di 30 posti auto inPiazza Prefettura, tralasciando di in-teressarsi del lavoro per i giovani eper le donne, della viabilità spessosconnessa, delle aree verdi lasciate asé stesse. Il presepe, ovunque lo si al-lestisca, nel centro storico o a Villa DeCapoa, richiede la partecipazione deicittadini che devono interpretare laparte dei figuranti.

Il futuro, invece, non ha bisogno difiguranti, ma di attori motivati, com-petenti ed appassionati.

di Lino Santone

Un capoluogocon attori e

senza figuranti

Il futuro di Campobasso è legato al rilancio urbanisticoe all’occupazione per i nostri giovani

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Dieci anni fa veniva istituito ilDipartimento di Salute Men-tale a Campobasso con relativa

nomina del sottoscritto. La situazioneall'epoca era di 15 posti letto in re-parto, mobilitá passiva, 104 posti nelleresidenze psichiatriche, nessun presi-dio territoriale, una stanza per un am-bulatorio "medico" con 5 psichiatri,professionalmente validi e capaci main un deserto organizzativo. Un fami-liare (Sig. S) di un grave paziente psi-chiatrico ebbe a testimoniare questasituazione con un "benvenuto dottorenella terremotata psichiatria". Un altropaziente chiamava "mamma" un me-dico di sesso maschile e diceva chenon aveva un padre (Sig. D), poichènel suo mondo delirante ne negaval'esistenza. Riceveva lunghi ricoveriper l' assenza di risorse e pratiche diservizio! Dopo dieci anni grazie allacreazione di una squadra di lavoro in-tegrata tra equipe professionale e retecomunitaria il quadro della psichiatriaè radicalmente cambiato. Quel fami-liare (Sig. S), può essere più tranquillo,perchè grazie a lui e al nostro lavorobasato su progetti individualizzati (neabbiamo circa 400 per pazienti gravi egravosi tutti documentati ), il figlio èstato assunto a tempo indeterminatoin una azienda. L'altro pazientechiama adesso mamma la propriamadre, riconosce i propri genitori, edè riuscito a rivendicare i propri dirittichiedendo in maniera esplicita (anchecon un appello a mezzo stampa) alpadre di essere maggiormente rispet-toso nei suoi confronti. La rabbia delpadre sicuramente avrá peggiorato ilsuo decorso, ma la consacrazione di unsuo diritto, il rispetto della privacy, ot-tenuto con mezzi leciti, ma forti, hacontribuito probabilmente al buonesito di un disturbo molto grave. Noi loabbiamo sostenuto anche con 3 tenta-tivi di inserimento lavorativo e oggi inmodo autonomo ha cercato un propriolavoro e regge! Storie ordinarie di la-voro e di complessa organizzazione.,

certificata tra l'altro dall'Unione Na-zionale delle Associazioni per la Sa-lute Mentale (Unasam), la più potentee numerosa confederazione associa-tiva. Infatti l'autorevole Presidente diquesta Associazione, Sig.ra Trincas, in-sieme a due componenti del direttivo,l'illustre Ematologo Prof. Dr. Digilio, eil Presidente Onorario, Dr. Muggia,hanno dichiarato per iscritto in data04.02.2011 "abbiamo avuto l'opportu-nità di visitare il Servizio di Psichia-trico di Diagnosi e Cura, ottenendoneuna buona impressione, e di cono-scere il programma di attivitá del Di-partimento" che, continua il testo "hal'interesse a offrire servizi e interventidi qualità e la sua attività è orientataverso i percorsi personalizzati e il La-voro di rete. " E in questo quadro final-mente il Centro di salute mentale pertutti come risultato di una buona or-chestrazione che ha comunque avutoin questi 10 anni tanti esiti positivi. Ladiminuzione dei Trattamenti SanitariObbligatori da 39 per anno a 10, la di-minuzione dei posti letto da 15 a 8,mobilità attiva, posti residenziali da104 a 70 e si è pronti a ridurne altri 20.È stato anche attivato un CentroDiurno per 15 pazienti gravi, riferi-mento nazionale per le buone praticheche a giorni troverà la sua giusta collo-cazione logistica! Il progetto Labora-torio Aperto si è evoluto in percorsiammirati a livello europeo senza chenessuno di noi si dia tanto da fare perpubblicizzare tali pratiche. Sono in-confutabili però i risultati odierni: 50cesti natalizi con piatti di vetro deco-rati a cura della cooperativa richiestidal Belgio. La partecipazione dei no-stri utenti in Albania per un progettodi cooperazione internazionale che haprodotto quella piccola opera d'arte"Messaggio di Speranza" (regia diMussini) che si può vedere su youtube.Il tentativo sventato di trasformareanche Via Pasubio da dove ha avutoorigine il progetto in un piccolo ghettomanicomiale con la gran parte ragazzi

invece adesso impegnati in varieaziende ed esercizi commerciali dellacittà. Nell'evoluzione del Progetto La-boratorio Aperto, la nascita dell'Asso-ciazione Promosam che abilmente stagestendo l'iniziativa Cittá del Sorriso(si leggano le informazioni sul sitowww.rsmcampobasso.it testimonianzadi una rete vasta e diffusa). Infatti ilTotem della stazione non è più solo,ora c'è anche quello del Centro di Sa-lute Mentale; 5 istituti scolastici parte-cipano al progetto e vi sono corsigratis di comunicazione efficaci per icittadini. Questi ultimi hanno ripresoa frequentare la consulta Comunalemagistralmente presieduta dal Dr. DiVico che le ha fatto avere un ruolo de-terminante per l'apertura del CSM. Efinalmente una sede decente per i cit-tadini che hanno atteso questo luogoda trent'anni, atto dovuto e negato, edora praticabile grazie ad uno sforzocongiunto tra comunitá e istituzioni,quella comunitá consapevole, disinte-ressata a giocare un ruolo di paranoia(ahimè a volte tipico tratto di un meri-dionalismo assistito) e di maligno nar-cisismo, e che ha saputo invecedialogare con le istituzioni e la coope-razione: Asrem e Regione che vannoringraziate per gli sforzi economici edil sostegno, insieme agli enti gestoridelle strutture residenziali. Un lavorogrosso insomma per tutti i cittadini eper i giovani, soprattutto per coloroche soffrono di ansia e depressione, iveri problemi del mondo attuale,senza trascurare ovviamente le psicosie i disturbi di personalitá. In tempibrevi ci si augura si possano aprireformalmente le porte del Centro di sa-lute mentale con una bella inaugura-zione, istituzionale e comunitaria, esoprattuto con il sorriso sulle Labbra,perchè chi non sa sorridere non è per-sona seria! E con un sorriso affronte-remo le fatiche di questo nuovodecennio.

* Direttore Servizi Psichiatrici Area Campobasso

di Franco Veltro*

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Fa le pulci all’amministrazionecomunale guidata da Gino DiBartolomeo. Non solo. Invita il

sindaco a darsi una mossa perché, asuo giudizio, la città si sta spegnendolentamente. Carmelo Parpiglia, consi-gliere comunale e regionale dell’Italiadei Valori non glie le manca di certo adire, con la schiettezza che da semprelo contraddistingue.

Consigliere, l’anno è iniziato dapoco, ma i problemi di questa cittàrestano gli stessi…

Restano gli stessi, ma in alcuni casisono addirittura peggiorati, rispetto alpassato.

Di solito è chi guida un’ammini-strazione comunale a fare il bilan-cio dell’attività svolta nel corsodell’anno. Stavolta facciamo il con-trario: chiediamo a lei, consiglieredi opposizione, di fare un bilanciodi di un anno di amministrazioneDi Bartolomeo…

Il bilancio non può che essere nega-tivo. L’attuale maggioranza ha dimo-strato, in maniera lampante, di essereassolutamente inadeguata ad affrontarei problemi, naviga a vista, non ha unaidea chiara di sviluppo per questa città.

Cosa rimprovera, in particolare,al sindaco Di Bartolomeo?

Gli rimprovero di aver fatto del vit-timismo la sua azione politica. Fa lavittima su cose che spesso non corri-spondono neppure al vero, tra l’altro.Ogni Comune è alle prese con problemidi carattere finanziario, ma non credoche i sindaci si mettano a piangere comeinvece fa lui... Di Bartolomeo continua atirare fuori la storia del debito di ventimilioni di euro, senza rendersi conto chela somma risale agli anni precedenti il1995, quando a governare c’era la De-mocrazia cristiana, di cui faceva partelo stesso Di Bartolomeo. Si tratta di unclamoroso autogol. Il vittimismo nongiova a lui, al ruolo che ricopre e nongiova all’intera città che mai, come inquesto momento, ha bisogno di un’am-ministrazione che sia presente.

Insomma, mai come in questafase estremamente delicata, è ne-cessario mantenere la calma, la lu-cidità…

Proprio così. Il sindaco deve mettereda parte il vittimismo e affrontare concoraggio i problemi.

Secondo lei il sindaco gode del-l’appoggio dell’intera maggio-ranza? C’è chi parla di dissidiinterni…

So per certo che all’interno del cen-trodestra ci sono forti contrasti, dissa-pori che tuttavia al momento restanocircoscritti nell’ambito della maggio-ranza, nel senso che non vengono por-tati all’esterno, perché, in quel caso,potrebbero rappresentare la causadella caduta dell’amministrazione co-munale.

Conosce anche le ragioni del mal-contento che serpeggia nel centro-destra?

Il dissenso nascerebbe dalla mancataprogrammazione, dalla scarsa condi-visione dei provvedimenti assunti, inparticolare sui settori dell’Urbanistica,della Cultura. Dissenso del quale il sin-daco dovrà necessariamente tenerconto se vuole continuare ad ammini-strare. Secondo me non dovrebbe con-tinuare a guidare questa città, visti irisultati, ma al momento i partiti che lohanno sostenuto continuano a farlo.Vedremo.

Dal centrodestra del Comune aquello della Regione. Lei è ancheconsigliere regionale, anche se dapochi giorni. Che idea si è fatto?

Intanto va detto che sto vivendoun’esperienza gratificante, impor-tante, sotto tutti i profili. In questaprima fase sto cercando di capirel’organizzazione dell’amministra-zione regionale per dare il mio con-tributo fattivo.

In questi ultimi giorni si sta fa-cendo un gran parlare dell’aboli-zione dei vitalizi, già a partiredall’attuale legislatura. Che nepensa, è d’accordo o crede sarebbe

stato meglio far slittare gli effettialla prossima legislatura?

Se riusciremo a ad abolire quelli chesecondo me sono dei veri e propri pri-vilegi ne sarei orgoglioso.

Sì, ma lei fa parte di quel grup-petto di consiglieri appena elettisui quale andrebbe ad abbattersi lamannaia dei tagli…

A riguardo vorrei ricordare che ilmerito va tutto a noi neo eletti, siamoin tutto dodici.Non è il caso che Iorio,piuttosto che Vitagliano o Petraroia,Romano vestano i panni degli innova-tori, visto che loro hanno già maturatoi loro privilegi. Privilegi che dunquenon saranno toccati. E’ facile parlarequando le proprie posizioni sono al si-curo.Comunque, davvero, sarò orgo-glioso di aver dato il mio contributo afar abolire questo odioso privilegio.

Tra pochi giorni si aprirà la ses-sione di Bilancio… L’opposizioneha già pronti gli emendamenti?

Abbiamo concordato di proporre unasorta di contromanovra, condivisa esostenuta da tutte le forze di opposi-zione, fermo resrando la posizione diogni singolo partito.

Le filippichedi Carmelo

di Anna Maria Di MatteoL’INTERVISTA

L’INTERVISTA

Carmelo Parpiglia

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ATTUALITA’

16

La Gazzetta di domani, oggiUn altro primato. Da anni La

Gazzetta del Molise è digran lunga il quotidiano più

diffuso nella nostra regione. La suaformula snella, graficamente accat-tivante e il taglio giornalistico cor-rosivo ne confermano ogni giorno ilsuccesso, miscelando al meglio in-formazione e satira. Non vi nascon-diamo una sorta di soddisfazionemattutina, sfogliando le pagine og-getto di un recente restyling o car-pendo i commenti e le risaterelativi agli oscar e ai tapiri.

Ai nostri lettori però, sentivamodi dover offrire qualcosa di nuovo eal contempo di innovativo: unaconnessione costante tra il vostrobisogno di essere informati e la no-stra ambizione a farlo in manierapuntuale, senza per questo gua-stare la ricetta che ci rende unici.

Nasce così Quick reporter, il sup-porto per smartphone Apple ecomputer che concretizza l’infor-mazione di domani, oggi. Uno stru-mento semplice, veloce e intuitivoche cambierà il modo tenersi ag-giornati.

Bastano pochi click e qualche mi-nuto di pazienza per configurarel’applicazione e ricevere diretta-mente sul proprio Iphone o sul-l’Ipad, esclusivamente le notiziealle quali si è interessati.

Una rivoluzione che accorcia itempi di fruizione delle news, reca-

pitandole in tempo reale sul vostrodispositivo mobile.

Fino ad oggi avreste dovuto atten-dere l’edizione di domani de Lagazzetta del Molise per leggere lacronaca di un vertice del governoregionale, le fibrillazioni dell’oppo-sizione di centrosinistra, l’ultimagag di Big Gino, l’improvvisa ope-razione delle forze dell’ordine o laformazione ufficiosa in vista delprossimo impegno di campionatodei Lupi. Tra poco invece, sarannole notizie a raggiungervi, come unsemplice sms: immediato ed inte-rattivo, con testi, foto, audio e video.

L’informazione multimediale cipermette di essere sempre colle-gati, praticamente dentro la notizia.Avrete un orecchio nei corridoiodel palazzo, anche spingendo il car-rello della spesa al supermarket;saprete come organizzare al megliouna serata con la dolce metà o congli amici, grazie alla funzioneEventi: un dettagliato calendariocon spettacoli, concerti, convegni,sagre e ogni sorta di manifesta-zione possa interessarvi in Molise ein Italia.

Sarete sempre connessi con leemergenze della nostra regione, re-lative a calamità o fatti di cronaca,interruzioni di servizi o problemialla viabilità: se siete donatori disangue, saprete se c’è bisogno divoi in pochi secondi.

Sarete i primi a conoscere even-tuali offerte o promozioni di questoo quel negozio, di ristoranti, alber-ghi e cinema.

Qualunque sia la vostra domanda,Quick reporter ha la risposta, per-ché la nostra sfida è di rendere l’in-formazione rapida e personalizzata.Per farlo non abbiamo trovato dimeglio sul mercato di una piatta-forma Apple multicanale intera-mente Made in Molise, studiata esviluppata per avvicinare giornali-sti e lettori, offrendo ad ognuno lapossibilità di inviare news, com-mentarle e condividendole suiprincipali social network.

“È come avere una redazionesempre in tasca - spiega l’editoreIgnazio Annunziata - con profes-sionisti che ti raccontano, anche sesei dall’altra parte del mondo,quello che loro stessi stanno vi-vendo. Di più, con quest’applica-zione si entra a far parte dellanostra redazione e si possono in-viare contributi. Invece di aspettareuno scoop, potranno essere i nostrilettori a farlo”.

Dopo il free press che ha sdoga-nato il quotidiano tra i ragazzi, LaGazzetta del Molise apre le porte alfuturo, raddoppiando la propria of-ferta: news in tempo reale e cartaceoper l’approfondimento mattutino.

Tu mettici la curiosità e noi ti rac-contiamo tutto il resto.

di Aldo Fabio Venditto

Page 17: IL PRIMO GENNAIO 2012a

17

Con Quick reporter l’informazione

corre veloce e i lettori diventano

protagonistiLa nostra redazione

entra nel tuosmartphone, per essere

sempre aggiornato

e per inviarci i tuoi scoop

in pochi secondi

Page 18: IL PRIMO GENNAIO 2012a

ATTUALITA’

18

Parlare di ferrovie in Moliseè sempre un azzardo. Ep-pure, era stata proprio la

Regione, qualche anno fa, ad ag-giungersi alle altre che avevanomesso mano alle proprie casseper contribuire a far circolaresulle anguste linee ferroviarie re-gionali l’ultimo gioiello di treno,appunto il tanto propagandato“Minuetto” di Trenitalia, firmatodal noto designer Giugiaro.

Sarebbero stati risolti, così, iproblemi che da sempre afflig-gono il principale mezzo di tra-sporto pubblico? Manco a dirlo.Ci sarebbe voluto ben altro cheun Minuetto, per evitare di sen-tire la solita musica, gracchiantee stantia, proveniente da gram-mofoni col disco incantato.

Eppure ci erano state promessesinfonie armoniose, o marce vigo-rose, se questo fosse stato neces-sario, per giungere, finalmente, adeliminare quella piaga di arretra-tezza terzomondista che tuttoracontraddistingue lo stato dei tra-sporti pubblici in Molise.

Oggi, invece, a parte gli ulterioritagli che sono stati fatti sulle linee

molisane, ci si accorge che queltreno presenta non pochi pro-blemi e ha evidenziato gravi gua-sti che ne hanno pesantementecondizionato l’operatività e ri-chiesto l’investimento di ingentirisorse per interventi di ripara-zione e manutenzione straordi-nari. Guasti sempre più frequentiche hanno causato disagi ai pen-dolari e trasbordi inopportuni supullman.

A chi non è capitato di doverfare i conti con i ritardi e i di-sguidi registrati nel corso delleultime settimane. Tanto che, inpiù di qualche occasione, in lineasono state rimesse le vecchie au-tomotrici 668 e 665 con tuttoquanto ne è conseguito.

Il paradosso sta nel fatto che,mentre le linee ferroviarienell’800 hanno dato un contributofondamentale all’Unità d’Italia,arrivando a collegare anche learee più sperdute del Paese, ainostri giorni l’utilizzazione di talireti, così vistosamente e colpevol-mente arretrata in alcune areecome il Molise sta dividendo l’Ita-lia in due.

Allora pur non interpretando ilruolo dei soliti, puntigliosi dissa-cratori e neanche i caustici di-struttori di illusioni ferroviarie, lastoriella del “Minuetto” capace direstituire ai molisani la fiducianel trasporto ferroviario, non con-vince proprio.

Dato che l’attenzione delle Isti-tuzioni sul fronte “infrastrutture”negli anni è stata piuttosto tiepidae poco convincente, salvo rare ec-cezioni, c'è ora a necessità chequalcuno si faccia carico di taleproblema, che riguarda tutti enon solo i pendolari, affrontan-dolo ed aprendo un confronto conle autorità responsabili.

Sarebbe una significativa, pic-cola rivoluzione culturale, paci-fica e democratica, un generoso“prendersi cura” dei problemi diquesta terra. Almeno per nondover ripetere ancora una voltala storia del “Minuetto” stonato.

I treni, non importa quantosiano gradevoli, ciò che importa èpoterci salire sopra e poter scen-dere alla stazione giusta e non re-stare fermi, come troppo spessoaccade, nelle 'rocchie'.

di Pino Saluppo

Page 19: IL PRIMO GENNAIO 2012a

Ormai le frasi idiomatiche o, sepreferite, le espressioni colo-rite si sprecano. Tornare a

Campobasso con il treno che partedalla stazione Termini di Roma sem-bra il tragicomico remake di MissionImpossible, con i pendolari molisaninei panni dei Tom Cruise di turno.Numerose testimonianze di viaggia-tori inviperiti, parlano di corse peren-nemente in ritardo che, unite allaqualità e al comfort pari a quelle dellesardine in scatola, rendono estrema-mente labile il confine dell’umanasopportazione.

I treni in partenza dalla stazioneTermini (in particolare quelli delle19:02 e alle 20:08) arrivano nel capo-luogo molisano in perenne (e a voltenotevole) ritardo sulla tabella di mar-cia. Infatti, durante il tratto per arri-vare a Cassino, sono costretti adaccodarsi ai treni locali, i quali sono aloro volta in ritardo. Peccato, perchéin precedenza questi ultimi erano co-stretti a fermarsi per far transitare itreni in orario.

Invertendo la direzione del per-corso, il prodotto (pardon, i disagi)non cambia. Altre testimonianze rife-riscono di mancati controlli sui bi-glietti dopo la stazione di Venafro alpunto che, alla fermata successiva diCassino, chiunque può salire libera-mente con qualsiasi tagliando e occu-pare anche i posti liberi in primaclasse.

Quando questi non sono sufficienti,si assistono alle (ormai) tradizionaliscene da sardine in scatola con buonapace (si fa per dire) della maggio-ranza dei viaggiatori molisani.

L’odissea o, meglio, l’inganno pro-segue sulla linea Benevento-Cam-pobasso. Un esempio su tutti:l’Eurostar che parte da Roma Ter-mini alle 14:45 arriva nel centrocampano alle 16:38. Dieci minuti(un tempo stranamente “irrisorio”)prima, c’è un autobus che parte perCampobasso e serve i comuni diFragneto Monforte, Pontelandolfo eMorcone, oltre all’unica fermatamolisana che è Sepino.

A questo punto, s’impone una do-manda: non è che questi dieci minutirappresentano il “pretesto” per nonfar transitare un ipotetico Eurostaranche a Campobasso? Il dubbio è le-

gittimo. Forse, se l’autobus fosse par-tito (almeno) mezz’ora dopo, lo stessodubbio potrebbe anche non esserci.Ma tant’è.

Non resta, allora, che confidarenell’impegno del presidente della Re-gione, Michele Iorio che, in sede dipresentazione della Finanziaria re-gionale 2012, non ha tralasciato ilnodo-trasporti: “Abbiamo voluto pre-vedere una specifica norma che ciconsenta di rivedere, in fase di firmadel nuovo contratto con Trenitalia, ilservizio trasporti su rotaie, nella con-sapevolezza che esso viene semprepiù utilizzato dai molisani e che lostesso evidenzia sempre più proble-matiche e disservizi intollerabili. Senon avremo risposte in tal sensosiamo pronti a restituire la delega”. Eper una volta, passare dalle parole aifatti, non guasterebbe.

I convogli delle 19 e delle 20:15 seguono quelli locali già in ritardo per Cassino che prima erano costretti a fermarsi

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Roma-Campobasso in treno? Mission Impossible

di Antonio Di Monaco

L’impegno del presidente Iorio per la Finanziaria regionale 2012:

“Se non avremo risposte da Trenitalia, siamo pronti a restituire la delega”

A Benevento, dieci minutiprima dell’arrivo dell’Euro-star delle 14:45 dalla capitale,parte un autobus sostitutivoper il capoluogo molisano.Sarà un caso?

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Come cambiano i tempiQuel servizio di otto anni fa

Era gennaio del 2004e preparai il primonumero de Il Primo

del nuovo anno dedicandola copertina e un ampioservizio a “Tonino Perna, laminiera di Pettoranello”.Esattamente 8 anni doposapete cosa è successo al-l’imprenditore isernino. Lacui miniera si è esaurita datempo e delle sue aziendesi è interessata la magi-stratura che, attraverso laguardia di finanza ha di-sposto per lui il provvedi-mento restrittivo.

Posava per il fotografo fe-lice e sorridente accanto auna scultura in gesso, ispi-rata alle figure metafisichedi Giorgio De Chirico, di-sposta negli eleganti localidella sua azienda, l’ITR,l’ex titolare di una piccolabottega che confezionavajeans con il fratello Remo.Diventato la guida dellaprincipale azienda di modaitaliana. Tonino Perna se necompiaceva, muovendosicon l’argento vivo addosso:Isernia, Roma, Milano, conun aereo sempre pronto adecollare.

Quando presi appunta-mento con l’allora segreta-ria Titti Barbato mi sentiifare una raccomandazione:il Cavaliere pretende pun-tualità, l’appuntamento èper le 15,30. Fui preciso,come è mia abitudine. E mipresentai a Pettoranello inperfetto orario, per pauradi perdere l’opportunità diintervistare uno degli uo-mini più in vista del mo-mento.

Fu cordiale e apertoPerna. Quando ci se-demmo, l’uno di fronte al-l’altro, mi colpirono duecose: le scarpe impolverate

e le calze di lana, in nettocontrasto con l’abito scurosartoriale di lana petti-nata.

Mi raccontò di sé e dellasua azienda. Dichiaran-domi di aver cominciatostudiando a Napoli, all’Ac-cademia delle Belle Arti,iniziando sin da giovanis-simo ad apprezzare il pia-cere della creazione. Quindiaggiunse, con orgoglio, diavere alle sue dipendenze,solo a Pettoranello, 1.000dipendenti, più c’era damettere in conto il piccoloesercito dei fasonisti.

Quindi mi parlò della fa-miglia, della moglie Gio-vanna, di Colli al Volturnoe dei quattro figli, Pamela,Amelia, Alessandra e Pier-paolo, tutti introdotti nelmondo della moda.

Spiegò che per lavoro eper amore tornava in Mo-lise tutte le settimane, ag-giungendo che una volta almese trasvolava l’oceanoper raggiungere le Ameri-che o approdare in Asia.

Quando gli chiesi cherapporto avesse con la po-litica, senza esitazione mirispose: “Nessuno. Il miolavoro non ha alcuna rela-zione con il Palazzo”. Conorgoglio aggiunse che gra-zie alla ITR, Pettoranelloera balzato al proscenionazionale, per essere ilquarto centro italianonella classifica del PIL. Miparlò anche dei suoi pro-getti futuri, basati sunuove acquisizioni, reci-tando a memoria i grandimarchi che uscivano daisuoi stabilimenti molisani:Ferrè, Cavalli, Dolce eGabbana, Versus. RomeoGigli, Fendi e Malo. Ebbeun rimpianto: non poter

frequentare come avrebbevoluto il jet set della vitacaprese, dove aveva dapoco acquisito una lus-suosa villa, da cui si ve-dono i faraglioni.

Per chiudere la conver-sazione, durata esatta-mente un’ora, azzardail’ultima domanda: C’è crisinella moda? E lui, il Cava-liere, con prontezza, ri-

Ripercorriamo la strada di Tonino Perna

Tonino Perna nei giorni di gloria e accanto sulla copertina della nostra

rivista nel gennaio del 2004

Page 21: IL PRIMO GENNAIO 2012a

La storia di Tonino e Remo

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spose: “La crisi è l’alibi dichi non sta al passo coitempi”. A una sola do-manda preferì glissare. Ri-guardava la fine della Pop84, la fabbrica di jeanscreata assieme al fratelloRemo che ha fatto unabrutta fine, assieme a unavalanga di miliardi ricevutiper sostenerla.

(ge.ve.)

I fratelli Perna hanno

iniziato fabbricando

jeans in una piccola

bottega di Isernia,

per passare alla

Pop 84. Quindi si

sono riciclati con

l’alta moda: Tonino

con la ITR e Remo

con la GTR

Due fratelli, Tonino eRemo. Uniti nella vita

e nel lavoro. Almeno sino aun certo punto. Poi i due sisono divisi, procedendo sudue distinti binari. I fratelliPerna, isernini come testi-monia ancor oggi la ca-denza, si sono infilati nelcampo della moda. Par-tendo dai jeans che inva-sero il mercato. Scelserocome sigla commercialePop 84. E il successo nontardò ad arrivare. La par-tenza avvenne in una pic-cola bottega, ma più avantiil viaggio divenne più age-vole. A 90° Minuto, la po-polare trasmissionesportiva del tardo pome-riggio della domenica,compariva in sigla il mar-chio Pop 84, come testimo-nial dell’Ascoli, la societàdi Costantino Rozzi che,miracolisticamente, riuscìa stazionare per molti anniin serie A, a conferma delsuccesso dell’azienda pen-tra. Intanto il Campobassodi Molinari iniziò a diven-tare “grande”. E il pensieroandò proprio ai fratelliPerna, per la sponsorizza-zione. L’affare sembravagià fatto, ma improvvisa-mente, gli imprenditori tor-narono sui loro passi. Nonsi sa bene se per mancanzadi liquidità o per la scarsaconvenienza finanziariadell’operazione: una cosaera la A, un’altra la B.

Dopo poco la Pop 84 cheviaggiava col vento inpoppa si arrestò e di quella floridaazienda rimase solo il blasone. A nullavalsero neppure cospicui interventi pub-blici per salvarla. La società si squagliò.E i fratelli Perna furono costretti a rico-minciare. Tonino con l’ITR, Remo con laGTR, a pochi chilometri l’una dall’altra.

Remo, fascinoso come un vecchio at-tore holliwoodiano, con baffetti ben cu-rati e fazzoletto perennemente infilatonel taschino, diventa anche presidentedell’Isernia calcio, facendo accrescere lasua immagine.

Le cose vanno bene a entrambi, mapoi Remo s’incarta. La ITR, intanto, di-venta leader del mercato nazionale del-l’alta moda. Da Pettoranello partono lemaggiori griffe. Tra tanto benessere To-nino si muove con destrezza, acqui-

sendo marchi e dando lavoro a più di1.000 persone. Il suo nome occupa glispazi più ampi dei giornali economici.Vive a Milano, senza dimenticare la suacittà, ove torna ogni settimana. La crisidel tessile, gli scivoloni dei grandi nomidella moda italiana e altre cose che cisfuggono lo mettono in crisi. La grandeazienda soffre. Ne paga le spese primala GTR di Remo e poi la ITR di Tonino.Remo si rilancia con lo zuccherificio delMolise, Tonino trova sulla sua stradauna infelice nottata: alla sua portabussa una burbera schiera di finanzieriche gli priva della libertà.

La sua odissea forse è solo agli inizi,anche se i suoi legali sono convinti chepresto ne verrà fuori alla grande.

(ven)

Remo Perna dalla moda allo zuccherificio

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di Gegè Cerulli

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Come eravamo otto anni fa

Quante cose sono cambiate inotto anni. Più che andare amemoria ci siamo avvalsi di

un numero datato gennaio 2004 de IlPrimo. Che ci è servito da guida. Perfare il confronto con l’attualità.

Come si legge in altra parte delgiornale in copertina, in quel numerodella nostra rivista, c’era ToninoPerna che correva nella sua perso-nale Formula 1 del successo. Mentrel’editoriale suonava: I nostri giovanimigliori dei loro padri, Cufari, nel suofondo scriveva dell’ingegneria dialet-tica di Michele Iorio. Domenico Testa,ingegnere di successo della Pentriaannunciava di essere ammaliato dallapolitica che gli avrebbe dato un piz-zico di gloria alla fine della passatalegislatura. Camillo Colella, sempreda Isernia, ci svelava i suoi passi daimprenditore nel ramo delle grandiristrutturazioni, puntando già sulleacque minerali, senza però tenereconto dei guai giudiziari che avrebbeavuto da lì a poco, proprio nel campoimprenditoriale.

In quel tempo Dante Di Dario, unaltro big della provincia di Isernia,in veste di presidente dell’assindu-stria molisana, invocava il riconosci-mento della Pasta di Campobasso.Ignaro della crisi che avrebbe col-pito, le nostre principali industriealimentari. Lo stesso Di Dario an-nnunciava con spirito trionfalistico isuccessi dell’Arena, il gruppo da luiguidato, che aveva chiuso il bilanciocon un margine lordo di 45 milionidi euro.

Sull’altra ala, quella termolese, Al-

berto Montano, già sindaco di Termolifaceva sapere di aver costruito unnuovo soggetto politico, sotto forma diAssociazione culturale. Che non è du-rato più di tanto.Nel campo delle im-prese i fratelli Enrico e Pasquale DiGiulio, a Campomarino, in 60 ettari,producevano vino nobile molisanosotto l’etichetta Borgo di Collaredo,pronto per l’esportazione.

Intanto il manager della Asl SergioFlorio posava per il fotografo e di-chiarava di voler ripetere nel Molisel’exploit del Pascale di Napoli che loaveva visto protagonista. Gli annuncisarebbero rimasti tali: Florio ha fal-lito, come tutta la sanità regionale. Edè andato via.

Antonino Sozio veniva definito da IlPrimo “Il tibetano di Capracotta”. Eraassessore regionale e consigliere co-munale del suo borgo di montagna.Oltre che bravissimo veterinario,sempre presente sul territorio. Madopo un po’ gli sarebbe rimasta solola professione che ha sempre svoltocon zelo e competenza. Per l’amar-cord c’era un magnifico ricordo diGiacomo Sedati, uno dei più illustripadri della politica molisana. Nato aLanciano, ma riccese d’adozione, Se-dati divenne sindaco di Riccia a soli24 anni, facendo capire di che pastafosse fatto. Nicola Palladino, nella suarubrica Sport e Società scriveva unmagistrale pezzo “Brindo allo sport ea Icaro”, mentre l’altra penna nobiledel nostro giornale, Laura Venezia,chiudeva con “Fenomenologia deisaldi”, un fenomeno che, a quantopare, è in via di esaurimento.

Viaggio all’indietro per scoprire le contraddizionidi personaggi e accadimenti della nostra regione

secondo Il PRIMO

Dante Di Dario

Alberto Montano

Sergio Florio

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Di Massimo Di Risio, da qualche tempo si parlasempre più spesso, anche fuori dagli arginiregionali. Ne ha fatto di strada l’ex corridore

di Formula 3, da quando si è messo a costruire mac-chine. In verità il nostro conterraneo (è isernino)prima di produrle le auto (a Macchia d’Isernia) le havendute. In quantità impressionante. Il suo piazzalesi perde a vista d’occhio, lasciando gli automobilistidi passaggio sempre più sorpresi. C’è stata poi la se-conda fase. Quella che ha seguito la commercializ-zazione. Vale a dire la produzione di vetture nuove,con un proprio marchio, DR.

Ricordate? Le prime auto Massimo Di Risio scelsedi venderle negli ipermercati, senza il sostegno delleconcessionarie. Lui, re delle concessionarie, hascelto una strada veramente nuova.

Negli anni la DR si è ampliata, modificata, evoluta.Ora gli tocca la sfida più intrigante: rilanciare Ter-mini Imerese, profondo Sud.

Lo storico e tormentato stabilimento siciliano dellaFiat è stato sganciato dalla casa torinese, ed è pas-sato proprio a Di Risio che lo ha avuto a un prezzosimbolico di un euro. Si, avete letto bene. Proprio unsolo euro. A una condizione: che lo rilanci, anzi nedetermini la rinascita.

Dopo lunghi mesi di trattativa l’operazione è an-data a buon fine (almeno per l’acquirente), grazie alvistoso aiuto che gli è stato offerto dal ministerodello Sviluppo.

Ci sono 1.566 dipendenti, ex Fiat, che aspettano undomani migliore che ruotano intorno allo stabilimentosiciliano. Da oltre due anni i lavoratori dell’azienda sisono visti confinati sulla soglia del licenziamento,senza una prospettiva concreta di rientrare.

La situazione si è sbloccata grazie all’interventodel Lingotto che con Marchionne si impegna a pa-gare quei milioni di euro, in tutto 21, che mancavanoper far quadrare gli incentivi alla mobilità.

Dal 1° gennaio tutti gli attuali dipendenti dello sta-bilimento sono entrati in cassa integrazione straor-dinaria, per due anni; poi scatterà la mobilità perquattro anni.

Nel frattempo i 640 dipendenti che in questo lasso ditempo matureranno i requisiti per la pensione otter-ranno un bonus, al quale provvederà di fatto la Fiat.

Gli altri 900 dipendenti che resteranno verrannoassorbiti, gradualmente, a incominciare dall’anno incorso, in cui si è progettato di immetterne 240.

Entro il 2017 a Termini Imerese si produrranno 60mila vetture all’anno che verranno vendute non piùnegli ipermercati, come le prime Suv nate dal mar-chio DR, ma attraverso la già collaudata rete com-merciale messa in piedi negli anni da Massimo DiRisio, l’isernino con la passione dell’alta velocità.

di Alberto Tagliaferri

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Quelle storie legate al vecchio stadio

Provo una nostalgia leggera peril passato. Perché il presentenon mi piace, lo rifuggo in

quasi tutte le sue espressioni. Cam-pobasso che si va squagliando, i cam-pobassani che si vanno diradando, ilcalore del tifo che è finito sotto la so-glia dello zero, le magliette rossoblùscolorite, il prato che è diventato untratturo, le tribune scortecciate, il pe-rimetro dell’impianto pieno di buche,le scarse facce amiche e i giocatoriche cambiano ad ogni stagione, senzadarti il tempo di tenere a mente i loronomi.

Nel ripensare al passato improvvi-samente i miei capelli ritornano neri,come i baffi, per leggere non ho piùbisogno degli occhiali e il mio cuoreritorna bambino. Sorveglio il circon-dario e m’accorgo che questa vita m’èsfuggita tra le mani in così poco tempo.Mi sembra ieri il Romagnoli. Rivedo lacoppola scozzese di Angelillo, il lodenverde di Pasinato, il berrettino con lascritta pubblicitaria di Landolfi, il col-bacco di Bronzetti, il montone rivoltato

di Falcione e Mancini, i baffoni da ma-resciallo di Armando, il suo cane Lupo,Francesco che traccia il campo usandola cordicella per tenere la riga, le cor-sie per le rare gare d’atletica disegnatesulla carbonella. E poi la pista d’atle-tica, protetta dalla passerella di legno,per non subire i soprusi dei tacchetti.

Vedo un mondo che non è lo stessomondo se lo guardi correndo in auto,provenendo da Monsignor Bologna o

dalla discesa del Roxy, oppure passeg-giando sul marciapiedi ammantato dialberi a foglia stretta. Da lì il mondo èdiverso. Non c’è più il muro, sono ve-nute giù le tribune, non s’odono più isuoni dei tamburi e i canti dei tifosi. E’rimasto solo un grosso spiazzo, sulquale ancora non sanno cosa fare.

Dietro il muraglione del Roma-gnoli, quando via Monsignor Bolo-gna non era ancora aperta altraffico, di sera si appostavano de-cine di coppiette, in cerca d’intimità.Mentre si baciavano sentivano dalbasso le vibrazioni delle rotaie chesolo sul principio creavano un certodisagio. Più in là le prime case chesorgono per il benessere del capo-luogo. E poi il grande appuntamentode “La dumeneca a Campuasce”. Chinon ha provato queste emozioninon potrà capire queste parole chegli sembreranno perdute nel tempo.Gli altri -suppongo- riprenderannoa leggere questo pezzo. Per massag-giarsi ancora il cuore.

(ge.ve.)

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Dietro il muraglionedel Romagnoli, quandovia Monsignor Bolo-gna non era ancoraaperta al traffico, disera si appostavanodecine di coppiette, incerca d’intimità

Uno scorcio della tribuna del Romagnoli con tifosi rossoblù costipatissimi, a differenza di Selva Piana dove i sedili restano quasi tutti vuoti. Nel cerchio Gaetano Mascione affiancato dall’ex Presidente

rossoblù Gigino Carnevale. Sempre alla sua sinistra (con sigaretta in bocca) Mario Di Biase.

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Il 2000 stava per arrivare, eppure si stava consumando una sto-ria che sapeva tanto d’antico. E di buono. Come le tagliatelledella mamma.

Le tagliatelle, quella domenica di sole, le mangiarono in fretta i tifosidel lupo. Prima di correre, pieni di ansia, davanti alla Cattedrale. LaRai dispose nella piazza un maxi schermo, per fare seguire lo svolgi-mento della sfida dei rossoblu, sul campo del Giugliano.

Arrivarono in tremila, anche se c’è chi giura che a fine primotempo fossero almeno cinquemila i guardoni di fede rossoblu. Poteredei calci d’angolo. Magia di uno di quei giochi strani che solo il pal-lone riesce a fare.

Com’è difficile intercettare le inclinazioni del pubblico, capire il fun-zionamento dei media, spiegare i flussi che condizionano i gusti dimassa. Era prevedibile il successo di Giugliano-Campobasso, ma nonin maniera così sensazionale: in pochi giorni si mise su uno spettacoloche avrebbe meritato ben altro tasso tecnico. Eravamo appena inSerie D e tutto sembrò almeno di due taglie più grosse.

Il prodotto non fu certo dozzinale e volgarotto, ma sicuramente piùmodesto della cornice che ci costruimmo intorno.

Il primo Campobasso dell’Adelmo nel ricordo del tifo e soprattuttodi quanti masticano davvero di calcio fu un capolavoro tecnico. Ilpadrone del lupo, dopo aver appena messo il capo fuori dal campio-nato regionale, si superò in bravura. Costruendo una squadra ma-gnifica. Che trovò sulla sua strada una straordinaria rivale chegiocava sulla terra battuta su un campo piccolo quanto una scato-letta, in cui il pubblico ogni due per tre faceva scuotere la rete dicinta: il Giugliano.

Tanto per dare una ripassata al finale: vinse la squadra campana,precedendo di una tacca quella campobassana. 81 punti contro gli 80dei lupi. Non se ne fece niente neppure con la scorciatoia del ripe-scaggio: la Lega di C ci vietò di portare quello squadrone là dove sa-rebbe stato logico.

Troppo piccolo lo stadio campano per poter ospitare i tifosi rosso-blu. I quali, però, premettero molto per poter assistere alla sfida trele big del girone. Che non si rivelò neppure decisiva: finì in pareg-gio (1-1), come all’andata. E allora eccolo il carosello di richieste perfar spostare la sfida in un campo più ospitale. Ma il Giugliano (giu-stamente) non prese neppure in considerazione l’ipotesi. Ridendocisu. Come fece quel tifoso che collegatosi con Tele A, una tv di bassavalenza dell’agro nocerino, in tono di scherno disse: “Dal momentoche il nostro campo è piccolo e ci sono migliaia di tifosi molisani chevogliono assistere alla partita, vuole dire che lo giocheremo a Cam-pobasso il big-match”.

Ovviamente si giocò dove è giusto che si giocasse, a Giugliano. Madi campobassani neppure l’ombra. In verità c’ero io per conto diRadio Luna a fare la radiocronaca (tra la folla) e pochi altri, preven-tivamente mimetizzati. Il nostro direttore sportivo Ciccone arrivò invespa, con cappellino e sciarpa del Napoli, per non destare sospetti.

Il pubblico rimase a casa. Friggendo. Sino a che la sede Rai del Mo-lise, con una appropriata decisione, decise di trasmettere la partitain diretta in piazza. La visione, data l’ora, non fu delle migliori, maandò bene lo stesso. Segnò prima la squadra di casa, che bloccò la di-gestione ai nostri tifosi. A metà ripresa, Moretti, con una punizionedal lato destro del nostro attacco, con un tiro-cross, beffò il portierelocale. Segnando. E fu baldoria.

(ge.ve.)

Circa 5.000 tifosi seguirono la telecronaca

della partita sul maxi schermo

in Piazza Prefettura

Quel giorno diGiugliano-Campobasso

Amarcord

Enzo Moretti autore del gol del pareggiorossoblù a Giugliano

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Difficile da incasellare in quella griglia stretta desti-nata alle ragazze che scelgono di salire in pedana.Sarà quella sua aria un po’ così, bella e vagamente

distaccata, sarà la sua curiosità di spettatrice militante eappassionata che le conserva l’aria fresca di rosa del mat-tino, sarà quel sentirsi bella, fatto sta che Maura Manoc-chio resta un mistero.

Molisana di Campobasso, 18 anni da poco scalati, stu-dentessa con profitto della 5^ E del travagliato LiceoScientifico in una classe che sfiora le 30 unità, ha la raracapacità di catapultarsi e trovarsi a suo agio in ogni am-biente. Così la vediamo con atteggiamento regale sfilareper diventare Miss Italia, semplice e genuina sulle tavoledel Savoia, una ragazza normale tra i banchi di scuola onei locali della sua città, a divertirsi con isuoi amici.

Sogna Maura, certo che sogna. Aveva ac-carezzato, andandosi a dormire, anche iltitolo nazionale di Miss. Poi, nonostante laprepotente bellezza, una bellezza partico-lare, quindi meritevole di affermarsi in uncast di bellissime, è rimasta a mani vuote.

Maura si è ritrovata iscritta per il primatomolisano per una coraggiosa iniziativa delpadre, Francesco Manocchio, straordinariopromotore finanziario (il numero uno diuna prestigiosa azienda, tra Abruzzo e Mo-lise). Il papà con il blitz l’ha iscritta al con-corso, mostrando anche in quel settore uninnegabile bernoccolo. Così Maura non ciha messo molto a vincere nel Molise e apresentarsi tra le favorite a livello nazio-nale. Poi le cose sono andate diversa-mente, perché per affermarsi al concorsogestito dalla famiglia Marigliani oltre allemagnifiche fattezze ci vogliono i voti at-traverso le telefonate. E, storicamente, ilMolise è pigro a votare. Così perde inte-ressanti opportunità, come con Maura cheavrebbe potuto vincere mettendo tuttid’accordo. Dando alla nostra regione unmagnifico ritorno di immagine.

Di lei si è scritto e parlato a lungo durante i mesi estiviche l’hanno accompagnata prima a vincere il titolo regio-nale a Larino e poi a misurarsi con le più belle concor-renti italiane.

La ragazza non s’era montata la testa quando il sognostava per materializzarsi come non s’è smarrita quando ètornata con i piedi sulla terra. E’ rimasta quella di sempre,la cocca di mamma Rossana che i compagni di scuolachiamavano la Donna Summer del Molise, ai tempi delliceo.

Sicuramente meritevole del titolo di Miss Italia, la nostra concittadina è rimasta a mani vuote per colpa del televoto. Quest’anno prenderà la licenza liceale e poi vuol fare l’avvocato, ma il suo sogno è di diventare indossatrice

Tutta colpa d

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Il personaggio

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delle telefonate

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La famiglia, molto affiatata, si completa con Manuel, un anno più grande di leie con Honey, un bel cane che gira sornione tra le stanze dell’elegante apparta-mento di via Alfieri. Maura resta sempre la cocca di nonno Italo Colecchia.

Mi sono chiesto, nel vederla solare e immensa, dietro le quinte del Savoia, perla serata destinata agli Oscar e ai Tapiri se ci fosse stata tra le concorrenti di MissItalia una ragazza più meritevole di Maura. E ho girato la stessa domanda aglispettatori in sala e sui palchi che hanno risposto con uno scrosciante applauso.

Non certo dettato dal campanilismo.Ora Maura ha ripreso gli studi con lena e que-

st’anno chiuderà la prima parte delle sue fatiche suilibri. Le piacerebbe diventare avvocato, una vera epropria principessa del foro. Ma in cuor suo non hadeposto le armi e aspetta una soluzione più consonaal suo fisico: diventare una donna impegnata nelmondo della moda. I numeri li ha (è bella di faccia edi personale), deve trovare solo il giusto canale. Per-ché per le sfilate non basta essere bellissime, serveavere gli agganci con i manager dei grandi marchi.

Per ora le resta l’esperienza speciale che ha vis-suto in settembre. E si gode il successo, divertendosia recarsi di qua e di là nei locali che la chiamanocome testimonial. In attesa della telefonata giustache le possa cambiare la vita.

(ge.ve.)

Maura Manocchio

Maura Manocchio in teatro mentre mostrala sua prepotente bellezza; in un primopiano artistico e in formato famiglia con igenitori Francesco e Rossana, il fratelloManuel e il fedele Honey

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Si, però i soldi sono pochi. E senzasoldi non si fa un bel nulla. Manel Molise ci saremo aspettati di

più, per festeggiare il Natale. I farisono rimasti bassi. Specie a Campo-basso, più lacrime e sangue che sorrisie botti (Voto: 5). Negli altri centri mag-giori (Voto: 6) non è che si sia scialatotroppo, ma perlomeno qualcosa si ètentato di fare.

Nel capoluogo per il secondo annoconsecutivo si è proceduto pancia aterra (Voto: 5). Forse per non farsi co-gliere dalla protesta della gente che, adir la verità, non che avesse poi tuttaquesta voglia di festeggiare. Maavrebbe gradito qualche luminaria inpiù e, magari, alcuni appuntamenti go-derecci, al chiuso e all’aperto.

Ci sono stati alcuni commercianti chehanno agito in proprio ad illuminare levetrine dei propri negozi (Voto: 6), incielo è stato steso qualche filo rallegratoda luci fosforescenti (Voto: 5), poco altro.

Tra i privati, grazie al Rettore AldoBarletta, ha fatto ancora una volta lasua parte il Convitto Nazionale MarioPagano (Voto: 8) che ha presentato nelsuo orto botanico una girandola di co-lori e di luci che è stata apprezzataunanimamente.

Nonostante l’intralcio del mal tempoCittà Viva (Voto: 8) ha confermato ilsuo impegno, unito al genio e alla la-boriosità di decine di persone chehanno animato il presepe che si èsvolto in Villa Comunale, ovvero VillaDe Capoa, in onore della famiglia chel’ha donata al comune. Ci sono rimastimale gli esercenti del centro storicoquando hanno saputo dello sposta-mento del sito rispetto agli ultimi dueanni, ma in compenso si sono riscat-tati dando vita a una bella serata (ro-vinata da una leggera nevicata) conotto ristoranti del luogo come protago-nisti (Voto: 7).

Restando in campo presepistico hafatto sfoggio della sua arte AntonioGuarino che per il secondo anno hariproposto, in un’ala della sua villa invia Carducci, un imponente presepenapoletano (Voto: 8). Ha confermatoil suo impegno e la manualità arti-gianale Giovanni Teberino che ha

esposto nella sala dei Misteri, in viaTrento (Voto. 7). Buono anche il ri-sultato della mostra dei presepi nellaCittà nella Città, intitolato a Mario DiBiase (Voto: 7). Apprezzata la nati-vità collocata al centro della vascadel Municipio (voto: 8).

Da dimenticare le bancarelle delcorso (Voto: 5), autentiche baracche,con poco stile e con merce di basso li-vello. L’unica consolazione è stata rap-presentata dalla presenza di quegliambulanti che hanno dato un tocco difesta a una città altrimenti addormen-tata (Voto: 6).

Apprezzata la mostra fotografica“Brasiliano” alla Provincia (Voto: 7),con le foto di alcuni tra i personaggipiù cari ai campobassani.

Il punto più alto degli eventi è statorappresentato dal concerto di Capo-danno, diretto dal maestro Gennarelli(Voto: 8), con due tappe: Campobassoe Isernia. Significativo il contenutoculturale che è arrivato dall’AxA diPalladino editore (zona industriale)dove hanno esposto in coppia AntonioD’Attellis e Flavio Brunetti (Voto: 8).Un voto di incoraggiamento agli amicidel Bar Lupacchioli (Voto: 7) chehanno fatto i fuochi di Natale, ma nonsi sono ripetuti a Capodanno (Voto: 4).Sono piaciute intanto le Maitunate apiazzetta Palombo (Voto: 7), in attesache qualcuno le sostenga come mes-saggio della tradizione campobassana.

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di Daniela Martelli

Promossi a pieni voti i presepi, bocciate le bancarelle

La Befana scende da Palazzo San Giorgio per la gioia dei bambini; a lato una splen-dida immagine della Natività al centro della fontana del Municipio di Campobasso

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Stefano Benni ha scritto “Ilbar in fondo al mare”,luogo fantastico dove s’in-

contrano personaggi eclettici,strani, avventizi, dalla cuimente scaturiscono le bizzarrestorie che animano i racconti.

Campobasso non ha il mare, eallora qualcuno, anni fa, ha pen-sato bene di costruire una sortadi parco sotto le tangenziali, traSan Giovanni e Vazzieri. E’ statoprogrammato un percorso podi-stico, dotato di attrezzi ginnici,nell’ambito del progetto “Poli-crosalus”, un’idea del professorGiovanni Notarnicola che haideato esercizi fisici da eseguirelungo il vialetto, con difficoltàcaratterizzata dal colore degliattrezzi usati. E’ tutto intatto,lungo il percorso, ma l’incuria è

massima. La scelta iniziale nonsi è accompagnata ai necessarisupporti logistici e urbanistici,tanto meno a quelli per la sicu-rezza. Il vialetto di conseguenzasi sviluppa di fianco e sopra ca-nali di scolo e raccolta acque,vere e proprie fogne a cieloaperto che scendono verso valle.

Per quanto originale, l’area èdi fatto impraticabile, nono-stante i nuovi palazzi sorti neipressi abbiano scale di raccordoper scendere nel parco ricavatosotto la tangenziale.

Il degrado e l’abbandono,hanno reso quei luoghi terra dinessuno, buoni per tossici e af-fini, come dimostrano in modospietato le immagini in pagina.

Al ritorno in superficie, tra lafolta erba selvatica spunta un

piccolo parco giochi su unospiazzo con prato sintetico, la cuifruibilità è purtroppo minima. Ilposto pullula di bottiglie svuo-tate e vetri rotti, segno di fre-quentazioni non certo virtuose.

L’esistenza dell’area attrezzataè sconosciuta e ciò spiega l’indif-ferenza generale.

Nell’area tra Vazzieri e San Giovanni, sorge unparco in completo abbandono, che si sviluppa sottoi viadotti della tangenziale, lungo canali di scolo econ un percorso podistico suggestivo nelle inten-zioni, intervallato da attrezzi ginnici e un miniparco giochi in superficie. Luoghi abbandonati,inevitabilmente diventati ricettacolo di tossici emalintenzionati, per nulla fruibili dai cittadini

Il parco abbandonatodi Walter Cherubini

Il ponte inutile (verso il traguardo)

Fitness all'aria aperta

Primo esercizio

L’entrata

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Una bella festa. Contante autorità politi-che. Il Savoia per una

sera ha ospitato il Ghota deiconsiglieri regionali in ca-rica. A cui si è unito anchequalcuno che non è stato rie-letto. A testimonianza del se-reno rapporto con le duetestate del gruppo A.I. Com-munication che fa capo aIgnazio Annunziata.

L’appuntamento è statofissato in agenda al Savoia diCampobasso ove sono statiattribuiti gli Oscar e i Tapiridella Gazzetta del Molise.Per gli organizzatori non èstato difficile stilare la clas-sifica: hanno fatto il ricacciodelle copertine dei giornalidi tutto l’anno. Dalle quali èemerso che è stato MicheleIorio a ricevere i maggiorioscar: in contrapposizione èstato Gino di Bartolomeo,sindaco del capoluogo, adaver messo insieme il nu-mero più alto di tapiri.

In verità è stata stilatauna classifica vera e propriache ha abbracciato i primidieci delle due categorie. Per cui sul palco sono saliti di-versi personaggi, quasi tutti appartenenti al mondo dellapolitica regionale, visto il taglio che il quotidiano freepress si è dato.

A condurre l’elegante serata è toccato al nostro diret-tore editoriale Gennaro Ventresca, mentre il direttore re-sponsabile Angelo Santagostino è rimasto seduto in primafila, accanto al Governatore e alle altre autorità.

Per l’occasione il gruppo editoriale si è superato, rega-lando ai convenuti un meraviglioso volume di ampio for-mato, nel quale sono state racchiuse tutte le copertine delledue testate (La Gazzetta e Il Primo) del 2011. Assieme al li-brone gli ospiti hanno potuto ricevere di prima mano anchel’ultimo numero del Il Primo, fresco di stampa che in co-pertina annunciava l’evento del Savoia.

E’ toccato ad Adalberto Cufari illustrare in manierabrillante il significato della raccolta delle copertine;mentre un gruppo di giovani tecnici ha presentato l’inno-vativo progetto tecnologico…..

Scintillante nella sua bellezza, frammista alla semplicitàdei suoi 18 anni, Maura Manocchio che ha rappresentatoil Molise all’ultima edizione di Miss Italia, ha occupato la

scena, senza mai apparire ingombrante. Il conduttoredella serata si è domandato e ha interrogato il pubblicoche cosa mancasse alla nostra concittadina per raggiun-gere l’ambito titolo di Miss Italia. “Nulla” ha risposto ilpubblico in sala che ha dato risalto alla sua affermazionecon un lungo applauso.

La serata è stata condita con un intrigante spettacolo,iniziato con l’esibizione formidabile di Tiziano Palladino(mandolino) e Isidoro Nugnes (Chitarra), per passare aMichele Di Maria (chitarra classica), per completarsi conla straordinaria esibizione di Rosalia Porcaro, artista diZelig, Colorado e Marchette che ha conquistato il pubblicocon una elegante e convincente performance di cabaret,senza sbavature.

(da.ma.)

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Le immagini della festa della Gazzetta e dei Il Primo al Savoia

Iorio e Di Bartolomeosugli scudi

Al Governatore l’Oscar e al Sindaco il Tapiro

dell’annoOS

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Di Bartolomeo (tapiro) e Iorio (oscar) posano per il fotografo (AndreaSilvaroli) al termine della serata al Savoia, accanto al conduttore Gen-naro Ventresca, all’editore Ignazio Annunziata e a Maura Manocchio,Miss Molise 2011 e collaboratrice sul palco.

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Pippo Venditti bacia l’as-sessore Angiolina Fusco,dopo averle consegnatoscherzosamente il tapiro

Uno scorcio del pubblico insala: in seconda fila, tra gli altri,il dott. Bianchi, titolare dellaIttierre, accompagnato dal figlio

Pierpaolo Nagni ricevel’oscar dal direttore Angelo Santagostino

A Franco Giorgio Marinelli l’oscar

Pippo Palazzo consegna il tapiro aGino Velardi e in alto consulta ilvolume che racchiude le copertinedei numeri della Gazzetta e delPrimo con Rosario De Matteis

Carmelo Parpiglia premia Filoteo Di Sandro

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Il paradosso di PiloneCi stiamo ancora chiedendo quanto sia

strana, a volte, la vita. Prendete Francesco Pi-lone. Dopo essere stato per dieci anni la fi-gura di spicco del centrodestra a Palazzo SanGiorgio, si è ritrovato fuori dal consiglio, unavolta che lo schieramento a cui ha fatto capoha vinto le elezioni. Mandando a casa, dopo14 anni il centrosinistra.

Senza dover ricorrere alla sfera di cristallonon ci volle molto a immaginare Pilone tra iprimissimi eletti e un sicuro pretendente aun assessorato. Invece è rimasto con il nasoall’insù. A guardare la luna. Bruciato in foto-finish dall’amico-rivale Michele Ambrosio,uno dei pochi che negli anni di vacche magreper il centro-destra ha dato battaglia consi-liare. Salvo poi ritrovarsi sull’uscio, pagandoa caro prezzo il suo errore di superbia,quando seguì Ruta, lasciando i vecchi amici.

Pilone ha perso per tre voti, vale a dire peril voltafaccia di una famiglia. Che sicura-mente ha sempre considerato amica, ma

che all’atto di votare ha fatto una virata.Forse perché sicura di non arrecare d’annoa Francesco.

Si scrisse che Di Bartolomeo avrebbe usatotutto il suo mestiere per ripescare Pilone, ele-mento eccellente che avrebbe fatto aumentareil tasso di competenza della maggioranza. Nu-mericamente straripante, ma anche così po-vera di mente pensati. E di parlatori efficienti,capaci di bucare il video, durante i dibattiti te-levisivi. Non a caso sembra indiscusso che Pi-lone rappresenti uno dei punti più alti tra gliargomentatori dei problemi del Palazzo. Il suoeloquio, unito alla grinta, ne hanno fatto unbrillante rappresentante del popolo. Che lo hastimato più a parole che a fatti.

Pilone è rimasto fuori dal portone. Perchéchi perde le elezioni, qualche volta, resta ve-ramente a piedi. Lui le elezioni le ha perse,come dimostrano i numeri. Ma Campobassoha perduto un valentissimo amministratore.E questo è un vero peccato.

Il Mix di D’Artagnan

Cartolina di Campobasso

Francesco Pilone

Erano gli anni 60, l’età dell’innocenza, in cui eravamogiovani e il mondo si spalancava, generoso, davanti ai

nostri occhi. Campobasso era un piccolo centro, raccolto eaffettuoso. In cui c’era molta più intimità di quella che esi-ste oggi. Noi ragazzi eravamo abituati, ogni giorno, speciecon la bella stagione, farci una puntatina in villa comunale,restituita più avanti al suo nome, De Capoa, in onore dellanobile famiglia che ne fece dono alla città.

Vi invitiamo a porre un minimo d’attenzione allo stato del-l’arte: il chioschetto in piena salute, la fontanella che spruzzagioiosamente acqua, i vialetti ben tenuti e le due ragazze, inabito bianco a campana, che si apprestano a fare una passeg-giata, in cerca di qualche corteggiatore. Tra quei vialetti cir-condati da siepi di mortella che sono sbocciati infiniti amori. Cisiamo dati baci e abbracci, facendola franca, malgrado l’occhiovigile e severo di un guardiano autoritario come un gendarma.

Che bella Villa De CapoaChe bella Villa De Capoa

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arissimo,ho appena ritrovato alcuniquaderni della Prima elemen-

tare di via Roma, l’unica scuola diquel tipo che ai miei tempi c’era aCampobasso. Pagine di aste, di qua-dratini, di cerchi e triangoli. Minuta-glie della pedagogia di quegli anni.Per trovare le letterine e poi i numeriho dovuto consumare più d’un qua-derno dalla copertina nera.

Una mattina la maestra, una signorarotondetta con gli occhiali da vista conla montatura pesante, decise di ini-ziarci alla lettura. Alla lavagna scrissela “i” che accompagnava un disegno aforma di triangolo con il manico echiese a un mio compagno: “Venditti,questa è la lettera “i” di…?” Il mio coe-taneo, rispose con prontezza: “Di mut-tillo”. Scoppiammo tutti a ridere,mentre la maestra, con aria greve lorimproverò aspramente, urlandogli:“Somaro, tu stai parlando in dialetto”.

Parlavamo un po’ tutti in dialetto aimiei tempi. Il bambino (Venditti) “im-buto” in famiglia non l’aveva mai sen-tito nominare. Ecco perché rispose“muttillo”.

Ci abbiamo messo anni di sacrificiper fare la traduzione simultanea deitermini dialettali, trovandoci spessoin difficoltà davanti ai “pezzi grossi”.Il timore di sfornare qualche terminecampobassano era forte, ecco perchéci voleva la massima concentrazionequando si veniva interrogati dal di-rettore o dalla preside Amoroso, unadonna di una severità teutonica.

A dirla tutta proprio poco tempo fami sono complimentato con una gio-vane madre che portava per manodue vispi bambini delle case popolaridi piazza Venezia. Senza volerlo hoascoltato il dialogo familiare. I bam-bini, in quel breve tratto di strada,hanno esposto i loro concetti in modosicuro e chiaro, parlando un italianocorretto, infarcito di aggettivi appro-priati.

Mi sono detto: “Altro che i mieitempi. Ora i bambini parlano tricoloreanche nelle famiglie di operai”. E, in-vece, sbagliavo. Almeno stando a ciòche sta diventando uno degli argo-menti del momento: il ripristino deldialetto.

Ci abbiamo messo tanto per avvici-narci al toscano che fu preso a mo-dello nella questione della lingua eora ci dicono che i nostri ragazzi deb-

bono imparare una seconda lingua: ildialetto. Gli esperti assicurano che iriferimenti storici mostrano la dignitàbella e profumata delle nostre radici.Nei programmi scolastici o quanto-meno in uno dei tanti progetti che sifanno nella scuola moderna stannoper introdurre il dialetto.

Per quel che ne so alcune maestrelo fanno già, proponendo ai loro bam-bini poesie campobassane e prepa-randoli a recitare in dialetto.

Stiamo per produrre bambini bilin-gue (italiano e dialetto) che, per quelche se ne sa, dovrebbe avvantaggiarlia imparare l’inglese e lo spagnolo, iltedesco e il cinese. Il dialetto che ve-niva considerato il difetto ora, orgo-gliosamente, sta tornando in auge. Lacosa non mi dispiace, visto che cadospesso nell’uso del dialetto, cercando

inutilmente di correggermi. Ora nondovrò farlo più. Parlare “campua-sciano” diventerà un vanto. I ripesinon dovranno mascherare più la loro“a” trasformata puntualmente in “e”.Potranno finalmente dire orgogliosa-mente al bambino: “Luigino vai a rac-cogliere lù pellone”.

Una cosa non mi va però giù. C’èuna giovane collega a Raitre Molise,credo di ceppo pugliese, che durantei suoi servizi e le sue interviste usauna fonetica che smaschera crudel-mente le sue origini. Che ben venga ildialetto, ma che sia quello molisano.Lo tengano presente i dirigenti Raiquando decideranno di fare nuoveassunzioni: nel bando del concorsotra i requisiti scrivano anche: indi-spensabile la conoscenza del dialettomolisano.

C

ATTUALITA’

Bentornato dialetto campobassano

Lettera a me stesso

Bentornato dialetto campobassano

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di Gennaro Ventresca

Bambini di ieri e di oggi tra i banchi di scuola: ai primi i maestri hanno tentato di sfrondare le forme dialettali;

ai secondi invece stanno tendando di inculcargliele

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Lunga vita Mezzo secolo. Tanto è passato, da quando è

nata la Polisportiva Molise. In una città incui quasi tutto finisce in un baleno fa no-

tizia sapere che lo zoccolo duro sia rappresentatoproprio dallo sport.

La Virtus da una parte, dirimpetto la PolisportivaMolise. Entrambe amanti dell’atletica, anche se vadetto che la società di Carmine Dato ha iniziatoqualche anno prima, partendo dal calcio che oranon pratica più.

Certo 50 anni sono veramente tanti. A Campo-basso, poi, sono un’eternità. Perché qui tutto finiscein fretta. Ci si stanca presto, finendo col litigare.Così abbiamo visto sfiorire in un mattino espe-rienze che sembravano destinate a durare ineterno. Come nel basket e nella pallavolo sport cheerano riusciti a catturare l’attenzione delle famiglie.

Tonino Di Tullio è stato il primo presidente dellaPolisportiva Molise. Come sede, mezzo secolo fa,chiese ospitalità al Centro Sportivo Italiano, in viaPalombo, al primo piano. Per i primi passi bastòuna scortecciata scrivania in mogano e una sedia,altro che poltrona. Pian piano le cose sono andatemeglio. In tutti i sensi, anche se s’è stato un mo-mento in cui la Molise ha vacillato. Per riprendersiurgentemente, grazie all’argento vivo di Toni Bus-sone che non s’è arreso. E ha rimesso in piedi ipezzi, attaccandoli uno per uno con un masticeformidabile.

Oggi il presidente è Franco De Lellis che sta insella da tanti anni. I suoi baffi bianchi parlano di

di Gegè Cerulli

Tonino Di Tullio, primo presidente della Molise, società natanel 1961, premia Tonino Bussone factotum della Polisportiva

PO

L M

OL

ISE Dopo

la Virtus

anche

l’altra società

di atletica

ha festeggiato

i 50 anni

Una foto d’epoca che ritrae il tecnico Bussone con alcuni atleti (primo a destra Sergio De Castro)

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alla Polisportiva Moliseun uomo antico, ma non stanco. Come confermala sua vivacità a tenere in piedi le sorti dell’atle-tica molisana, oltre a quella della sua società.Che ha in Bussone il suo volano.

Bussone e la Molise sono una cosa sola. Dasempre. Pur avendo una sede e validi collabora-tori la Molise ha una segreteria volante, concen-trata in una borsetta nera plastificata cheBussone tiene stretta sotto braccio. E in cui ci in-fila comunicati, regolamenti, cartellini e bolletteda pagare.

Era vestito in paile Bussone ai 50 anni dellaMolise. Chi se lo aspettava in giacca e cravattavuol dire che non lo conosce affatto. Anche se c’èchi giura di avergli visto infilare una giaccascura, sopra una maglia a girocollo, in occasionedi un matrimonio. Toni si era avviato un annoprima per santificare il “gran giorno”. Così si èmesso a fare il monaco cercatore, ha prenotatola sala, ha tenuto i rapporti con gli enti e ha con-tattato uno per uno gli ospiti, di riguardo e co-muni. Alla fine è stato premiato dalla presenzadi un oceano di persone che hanno accolto pia-cevolmente il suo invito.

Eddy Ottoz e Nicola Candeloro sono stati gliospiti d’onore al Rinascimento. Con fisici ancoraaitanti i due ex campioni d’atletica sono stati tra-diti solo dai loro capelli bianchi e dai baffi intinta, dell’ex ostacolista. Sono giunti da ogniparte d’Italia vecchi atleti della società che, fa-voriti anche dal clima natalizio, non hanno vo-luto mancare alla grande festa. Tra gli altriVittorio Ramacciato, ex campione nazionale dicampestre che vive da oltre 40 anni in Umbria.

Nicola Candeloro

La sala dell’Hotel Rinascimento gremita: in primo piano adestra Renato di Soccio autore del servizio fotografico cheaccompagna il testo della festa della Molise

Mario Perna

Eddy Ottoz

La società di De Lellis si nutre soprattutto dell’entusiasmo di Toni Bussone che ne è l’anima

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Maitunate anche nel capoluogoSi, però: le maitunate sono roba

di paese. Ma Gambatesa ci hacostruito una tradizione. Si,

però: spesso sono anche un po’ scur-rili. Ma, intanto, i cabarettisti di Zeliglo sono molto di più e vanno in primaserata sulla rete ammiraglia di Me-diaset. Si, però: sono cantate in dia-letto stretto che non tutti capiscono.Ma, intanto, nelle scuole elementari lemaestre stanno facendo studiare ildialetto ai loro bambini.

Come potete notare a ogni ecce-zione c’è una risposta pronta, com-pletamente a colori.

Questo giornale si fa promotore diun rilancio delle iniziative popolaricampobassane. A iniziare propriodalla musica semplice che penetranelle vene e poi nei cuori della gente.E, per caduta, delle maitunate chesono robetta spicciola, di basso livelloartistico. Ma, intanto, piacciono sem-pre. Non solo ai “paesani”. Ma anchea certi boriosi “cittadini” che fingonodi fare i professoroni, tenendosi a de-bita distanza.

Lo spunto per lanciare una propo-sta seria ai nostri amministratori ce laoffre un gruppo che abbiamo chia-

mato “i soliti quattro” (Salvatore DiCesare, Antonio Mandato, Lino Iaco-bucci e Nicola Mastropaolo), il qualegruppo, per gioco e quindi per pia-cere, due volte all’anno si diletta a darvita a uno spettacolino all’aperto. Duele date: 31 dicembre e 17 gennaio,vale a dire ultimo dell’anno e San-t’Antonio Abate. In entrambe le occa-sioni i cantori riescono a catturare lasimpatia del pubblico che con gli anni(tempo permettendo) diventa semprepiù numeroso.

Siccome gli orchestrali sono bravi eil cantante ideatore delle maitunate(Nicola Mastropaolo) ha una fecondavena poetica, ci sembra il caso di ini-ziare a puntare a qualcosa di più im-portante per il futuro.

L’abbiamo capito: con o senza DiBartolomeo di soldi pubblici non cene sono più. E allora se vogliamo dareun pizzico di effervescenza alla vitacampobassana durante il periodo difeste bisogna in qualche modo orga-nizzarsi. Cercando di sfruttare al me-glio le risorse locali. Cheesistono, solo che non ven-gono utilizzate come il casorichiederebbe.

C’è una fertile produzione di mu-sica campobassana che dopo la scom-parsa di Benito Faraone ha avuto unmomento di appannamento. Ci ha do-vuto pensare l’ottimo e rifinitoAdriano Parente per non far morire ilfilone. Di recente si sono allineatianche i componenti di Noflaizon chehanno inciso “A tiemp’ a tiemp’”; nonbisogna dimenticare poi i New Har-lem che nel loro vastissimo reperto-rio hanno infilato le più belle canzonicampobassane. Ma è poco, o quanto-meno saltuario. Per questo sarebbeopportuno mettersi intorno a un ta-volo per dar vita almeno a un paio dimanifestazioni annuali, puntando sucantori, autori, orchestrali, attori e,come nel caso specifico, su gruppipronti a estrarre le strofette chevanno sotto il nome di maitunate. Lequali piacciono ai più e, se ben in-quadrate in un contesto, finiranno colpiacere anche a quelli dal palato raf-finato. Abituati a criticare, a prescin-dere.

di Gegè Cerulli

A fine anno e a Sant’Antonio Abate

la gente gradisce le strofette in rima,

ma ci vuole altro per tracciare un percorso per creare

una tradizione

Le recenti esibizioni dei “soliti quattro” ha aperto una prospettiva per il futuro

EVENTI

Lino Iacobucci, Nicola Mastropaolo, Antonio Mandato e Salvatore Di CesareEVENTI

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di Domenico Fratianni

Quando incontrai loscrittore Luigi Compa-gnone nelle sua bella

casa di Gragnano, tra unamontagna di libri e di quadri(la sua compagna era una va-lente pittrice), mi parlò, oltreche di varia umanità, anche esoprattutto delle “ragioni nar-rative” che lo vedevano prota-gonista unitamente ai suoicompagni di cordata: Prisco,Rea, e -soprattutto- Luigi In-coronato. Me ne parlò con tra-sporto, non solo perché eromolisano come lo scrittore diUruri, ma perché riteneva cheIncoronato meritasse ben altro,e molto di più, dalla critica uf-ficiale, spesso assente o disat-tenta.

Riteneva che il Nostro fosseil più inquieto di tutti; una in-quietudine creativa che lo por-tava ad indagare (in unmomento particolare della sto-ria del nostro Paese), in ma-niera sempre più profondanell’animo umano, tra realtà esogno. Ho poi ritrovato Compa-gnone (c’era anche Prisco) aUruri, in occasione della festacommemorativa dedicato a In-coronato, nell’aula consiliaredella cittadina basso molisanacon il sindaco Plescia a fare glionori di casa.

Compagnone, in quell’occasione, micommosse per il trasporto che misenel suo intervento/commemorativotanto che più volte dovette frenare lasua commozione. Luigi Incoronato e lasua scrittura, dunque, fatta di un rea-lismo magico e, spesso, pieno di pietas.

Ho ritrovato Incoronato prima nelbel volume titolato: “L’imprevisto edaltri racconti” (a cura di FrancescoD’Episcopo e Miriam Lombardi, editoda Tullio Pironti), e successivamente -ma avevo già letto “Morunni“ e “Scala aS. Potito”-, nell’altro volume dal titolosingolarissimo: “Gli Apaches del Mo-lise” e altri racconti di emigrazione,amorevolmente donatomi dallo stessocuratore del volume, Francesco D’Epi-scopo, unitamente a Miriam Lombardi,edito da “Il Grappolo“ S.a.s. In questo

singolarissimo volume, c’è tutto lo spi-rito molisano, pastore consacrato allafatica ma, sempre proiettato a rag-giungere il proprio obiettivo.

Un molisano ricco di inquietudine,che lo induce a viaggiare sempre, so-prattutto con la mente, per inven-tarsi “nuovi mondi“, senza perquesto tradire mai la propria terra diorigine. Questa inquietudine nascevada quel fenomeno straripante dell’emi-grazione che, per Incoronato, non eramai stato visto come fenomeno di par-tenza senza ritorno, ma, invece, comeaffrancamento di una condizioneumana succube e perdente. Una scrit-tura che aveva la forza di non scaderemai nella facile retorica o in una sortadi sociologia scontata. Perciò, il rac-conto “Gli Apaches del Molise“, da cuiè nata questa mia necessità all’ascolto,

entra più che mai in questa di-mensione della penetrazionepsicologica, in cui gli stessiprotagonisti, vivendo il feno-meno migratorio (soprattutto igiovani, perché ai vecchi re-stava solo il rimpianto), af-frontano il problema con piùlucida visione, consapevoli cheil paese significa solo miseriae arretratezza. Ecco, allora,che Incoronato, da scrittore dirazza, tira fuori La sua osser-vazione critica narrativa, gio-cata tutta sull’idea ironica delmolisano che, per le sue spe-cifiche caratteristiche fisiche epsicologiche, si offre come“comparsa” in un film western,contravvenendo (quasi trat-tandosi di una breve “sospen-sione“ di vita, come nota beneD’Episcopo), al suo vero la-voro di manovale/muratore.

Uno sdoppiamento che, aduna prima lettura, mi avevafatto male al cuore; perché,pensavo, che al di sopra di tuttoegli -il molisano- tenesse so-prattutto alla propria dignitàumana. Era, in parallelo, la

stessa dignità che i veri Apaches ave-vano dovuto mostrare per la difesadelle proprie “riserve”, contro la vio-lenza dei conquistatori e colonizzatori.

Il mio personale dolore, a prima let-tura, scaturiva dall’idea che il moli-sano potesse essere in qualche modocontaminato, cambiato e illuso daquesta trovata cinematografica. MaIncoronato (uno tra gli scrittori piùspiazzanti del nostro inquieto Nove-cento), rimette le cose al loro posto, fa-cendo rientrare il molisano attore, inun circolo naturale di valori e rapportiumani. E la stessa idea di emigrazione,diventa, per l’autore, una certa “tran-sumanza“ del cuore e della mente, inquello spazio -a volte drammatico- incui la vita e la letteratura (ma direil’arte nella sua totalità) si incrocianoper continuare sempre ad esistere.

Gli Apaches del Molise(da un racconto di Luigi Incoronato)

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RUBRICHETTA

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Molise 2020, cronache dal futuro

di Walter Cherubini

15 gennaio 2020Autostrada,

spunta un dossier

Massimo Romano ha in-detto una conferenza stampaper presentare il convegnosull’autostrada del Molise,nel corso del quale sarà pre-sentato un dossier su tutte lestorture dei lavori in corso.Ospite della serata Gian-nantonio Stella, l’ex edito-rialista del Corriere dellaSera reso celebre dalle in-chieste sulla casta.

4 aprile 2020Termoli,

restauri in stazione

Al via i lavori per ridaredecoro alle banchine dellastazione di Termoli. Final-mente, è il caso di com-mentare!

Da molti anni, infatti, i di-sagi per gli utenti sono no-tevoli, non solo per il gelidocorridoio del vento che sisviluppa sui binari, senzache sia stato approntato suimarciapiedi nessun casottoper ripararsi, come nellavicina Pescara. I monitorper le informazioni si sonoarrugginiti e non funzio-nano da decenni, i pannelliin plexiglas a protezionedei cartelli relativi ad arrivie partenze sono imbrunitidal sole, gli orologi nonsono sincronizzati tra loro.La bella copertura risalenteagli anni 30 della parte vec-chia della stazione e dellebanchine, è ormai arruggi-nita.

Le ferrovie hanno annun-ciato opportuni interventi,dopo la presa di posizionedell’onorevole Gino Velardi,il quale ha ottenuto anche

l’attivazione di due fermateaggiuntive per i nuovi treniveloci in servizio sulla lineaadriatica.

29 aprile 2020Traffico, referendum

a Campobasso

Il Consiglio Comunale haapprovato la proposta delconsigliere Poleggi sullanecessità di un referendumsulle nuove misure persnellire il traffico appro-vate dall’assise comunale.La consultazione, che avràscopi d’indirizzo e non saràvincolante, si svolgerà ladomenica successiva alCorpus Domini.

14 luglio 2020Isernia,

D’Ambrosio si candida

Ha deciso di sfidare Da-nilo Leva, il senatore Al-

fredo D’Ambrosio, nelleprimarie che dovranno in-dividuare il candidato dicentrosinistra da opporre aRosa Iorio per lo scrannopiù alto di Palazzo SanFrancesco.

Ottimista come sempre,D’Ambrosio potrà contaresull’appoggio dei centristidella coalizione e sul votodisgiunto, che si annunciamassiccio.

29 settembre 2020Nuovo sponsor

per Capone, è l’Ikea

Il Campobasso calcio hafinalmente trovato unosponsor di prestigio. Dalprossimo mese, infatti,sulle maglie dei rossoblùcomparirà la scritta IkeaCasoria, grazie all’accordoraggiunto tra i responsabilidell’azienda svedese cheopera in tutta Italia e il Di-

rettore Generale Gigi Mo-lino, frequentatore assiduodella struttura a due passidal casello autostradale diNapoli.

19 novembre 2020Messere – Albanese,

pace fatta

Si è conclusa con unastretta di mano la lunga di-sputa tra l’avvocato ArturoMessere e il maestro FranzAlbanese, dopo le polemi-che per i concerti celebra-tivi nella festa dellaRegione del 2011.

Il celebre direttore d’or-chestra ha convenuto conl’illustre principe del forocampobassano un risarci-mento simbolico e scher-zoso: parteciperà comemusicista alla prossimaedizione delle “Maitunatecampuasciane" che si svol-geranno alla fine dell’anno.

Un esempio dieducazione ci-

vica nel capoluogoè rappresentatodal modo di par-cheggiare in punticritici, con unasorprendente so-lerzia nell’ignorareogni regola dellaconvivenza civile.

Parcheggideficienti

La foto curiosa

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Zibaldone di Eugenio Percossi

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Conosco un posticino

Nella parte vecchia di Campobasso sono nati, nelcorso di questi ultimi anni, una serie di locali per i

giovani che hanno ravvivato l’ambiente. Assieme a loro si sono consolidati anche altri siti che

ospitano altrettanti ristoranti, che vanno per la maggiore.

I ristoranti del centro

storico

La canzone popolareva tutelata

I

L

SASSOLINO

Il periodo di festività natalizie e di fine anno,ha visto riproporre in tutta la regione la più

autentica canzone popolare, espressa attra-verso concerti, manifestazioni di piazza e seratededicate alle celebri e antichissime “Maitu-nate”.

La canzone popolare è espressione direttadella cultura di una regione, riassumendo in séstoria e costume, una sorta di pianta della mi-seria, umile e modesta ma indistruttibile. Riaf-fiora ogni tanto, suscitando commozione,suggestioni, ricordi ma soprattutto un feelingtra la gente che si fa sentimento comune.

E’ sorprendente come questo tesoro di artepopolare, non riesca a trovare adeguata consi-derazione nel mondo culturale e di conse-guenza non sia tenuta in debito conto daipolitici.

Un vero peccato. Confidiamo molto sotto que-st’aspetto nelle menti illuminate che dovrannodare lustro al Molise attraverso la FondazioneCultura, dove, a costo minimo, andrebbe trovatouno spazio adeguato per una discoteca che rac-colga questa espressione artistica che alimentala memoria storica della regione.

Ricordiamo che un appello in tal senso, moltianni, fu fatto dal nostro compaesano Fred Bon-gusto per la tutela della Canzone Napoletana, aragione considerata patrimonio culturale uni-versale. Appello andato a buon fine. Nel nostropiccolo, è necessario di conseguenza fare ognisforzo per dare dignità a un genere che sempreci appassiona e spesso ci emoziona.

Ciò che piace in tutto questo è che i titolari degli ottoesercizi commerciali vanno d’amore e d’accordo. Come cer-tificano alcune iniziative congiunte, volte a rilanciare ilborgo antico, verso il quale si sono fatte più parole che fatti.

Miseria e nobiltà, l’Approdo, Mazzamauriello, ErediCerone, Il Potestà, Monticelli, Il Sagittario ed Enotriaposti l’uno accanto all’altro per lanciare un messaggioforte alla città in fatto culinario.

Ognuno con un proprio stile, una clientela, una cucinatipica si è dato un tono e aspetta di raccogliere finalmentei risultati. In verità c’è Il Potestà, che cucina pesce da oltre25 anni, ha alle spalle una sua storia. Ma anche gli altri,seppur più giovani, stanno facendo sforzi per farsi ap-prezzare anche dai palati più esigenti. Chi li sceglie va sulsicuro.

Campobasso deve ringraziare questi esercenti che, concoraggio, hanno scelto come location il centro storico, pernon far seccare le radici cittadine. E i campobassani do-vrebbero premiarli maggiormente, scegliendoli per tra-scorrere autentiche serate per i golosi.

In questo spazio non ci eravamo mai occupati didonne. Ma c’è sempre una prima volta. Così ab-

biamo intravisto una certa somiglianza tra la starinternazionale di musica pop Donna Summer e lanostra concittadina Rossana Colecchia. Che, non acaso, i compagni di scuola della Ragioneria, neglianni giovanili hanno ribattezzato la Donna Summerdel Molise.

Donna Summer è una vedette nel campo dellamusica, i suoi concerti hanno fatto sempre il tuttoesaurito e la vendita di dischi è stata altissima.

Rossana Colecchia appartiene a una distinta fa-miglia del capoluogo e si è sposata con FrancescoManocchio, fecondo promotore finanziario. Dallaloro unione sono nati Manuel e Maura Manocchio,quest’ultima incantevole Miss Molise 2012.

Donna Summer Rossana Colecchia

Donna Summere Rossana Colecchia

separati dalla nascita

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