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Mensile a tiratura regionale Anno 6 - n. 7 settembre 2011 20.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Free Press Hanno scritto: Gennaro Ventresca - Adalberto Cufari - Antonio Campa - Sergio Genovese Gegè Cerulli - Domenico Fratianni - Walter Cherubini - Daniela Martelli Hanno fotografato: Gino Calabrese - Mimmo Di Iorio - Paolo Parente e Gianluca Macchiarola Pettinicchi: il Van Gogh del Molise Casa dello studente un flop Quando la politica si faceva a tavola

IL PRIMO - SETTEMBRE 2011a

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Pettinicchi: il Van Gogh del Molise Quando la politica si faceva a tavola Hanno scritto: Gennaro Ventresca - Adalberto Cufari - Antonio Campa - Sergio Genovese Gegè Cerulli - Domenico Fratianni - Walter Cherubini - Daniela Martelli Hanno fotografato: Gino Calabrese - Mimmo Di Iorio - Paolo Parente e Gianluca Macchiarola Mensile a tiratura regionale Anno 6 - n. 7 settembre 2011 20.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Free Press

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Mensile a tiratura regionaleAnno 6 - n. 7 settembre 201120.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Free Press

Hanno scritto: Gennaro Ventresca - Adalberto Cufari - Antonio Campa - Sergio GenoveseGegè Cerulli - Domenico Fratianni - Walter Cherubini - Daniela Martelli

Hanno fotografato: Gino Calabrese - Mimmo Di Iorio - Paolo Parente e Gianluca Macchiarola

Pettinicchi:il Van Gogh del Molise

Casa dello studenteun flop

Quando la politicasi faceva a tavola

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Villa De Capoapassa ai privati

sommario

Allegato

DIRETTORE RESPONSABILEAngelo Santagostino

DIRETTORE EDITORIALEGennaro Ventresca

Registrazione al Tribunale

di Campobasso

n°3/08 del 21/03/2008

A.I. COMMUNICATIONSEDE LEGALEvia Gorizia, 42

86100 CampobassoTel. 0874.481034 - Fax 0874.494752

E-mail: [email protected]

E-mail: Amministrazione-Pubblicità[email protected]

www.lagazzettadelmolise.itwww.gazzettadelmolise.com

STAMPA:A.I. CommunicationSessano del Molise (IS)

Hanno collaborato

Adalberto CufariAntonio Campa

Sergio GenoveseGegè Cerulli

Daniela MartelliDomenico Fratianni

Bernardo DonatiWalter CherubiniEugenio Percossi

Progetto grafico

Maria Assunta Tullo

In questo numero

EditorialiPiazza salotto di Adalberto Cufari pag. 5

Camera con vistadi Antonio Campa pag. 7

Controcantodi Sergio Genovese pag. 8

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Commercio: il marketingquesto sconosciuto

Il televle mol

Cianci dai fasti del calcio a un banco vendita

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Il personaggio:il cappellaio matto

Hillary Clinton con alcune in-felici o imprudenti afferma-zioni aveva alimentato i

sospetti dei suoi detrattori. Ad esem-pio a chi le rimproverava i suoi suc-cessi professionali, aveva risposto:“Avreste voluto che fossi rimasta acasa a fare i biscotti?”, frase insul-tante per milioni di donne ameri-cane senza attività professionali eche amano fare i biscotti.

Per questa vibrante battaglia elet-torale che ci svelerà gli esiti del votodei molisani, mi sarei aspettato chefosse scesa in campo, per fronteg-giare il governatore uscente, unaRasputin del Palazzo. Avrei visto bene una donna paragonata a EvaPeron e a Lady Macbeth o, anche, una Winnie Mandela della politicamolisana. Le donne di valore sono rimaste in disparte, salvo riven-dicare da qui a poco un ruolo di prestigio, in rispetto della “quotarosa”. Come a voler dire: basta la parola.

Lungo la strada che porta in via Genova, nuova sede del comando,piaccia o no, s’è fatto avanti un giovane professionista, coraggioso espavaldo che gira in jeans e camicia a manica lunga e indossa unpaio di Hogan, stile giovani di buona famiglia.

Paolo Frattura ha un florido studio di architettura da cui sono sca-turiti intriganti studi progettuali e somma una serie di incarichi,quasi tutti forniti dal suo attuale contendente. Appare quasi super-fluo ricordare che il guizzante sfidante di Iorio è cresciuto oltre cheall’ombra del padre, l’ex democristiano Fernando Frattura, anchesotto quella del Governatore che, a suo dire, l’ha ospitato più voltenella sua casa isernina e in quella estiva di Campomarino.

Non è il caso di aspettarsi, in caso di vittoria, che Frattura, “capodella sinistra” possa pensare di distribuire nel sociale le ricchezze ac-cumulate dalla destra. Lui non è un tipo “sinistro”, viene dalla casamadre, la Dc; Paolo, dieci anni fa, si candidò indossando la maglia diForza Italia, ma non ce la fece a spuntarla, malgrado la regia di papà,un uomo all’antica che possiede un quadernone sul quale prende ognigiorno appunti, in modo da avere un quadro completo dell’elettorato.

Sbaglia chi sostiene che il presidente designato del centro-sinistraabbia accettato in modo estemporaneo di scendere in campo. I primisegnali li ho percepiti quando l’ho visto diventare presidente di unadelle due squadre di basket del capoluogo, decisione che sarebbestata normale per un appassionato di pallacanestro, ma non per chinon è stato né un praticante né un seguace di questo sport.

Non mi piace scivolare nella polemica più becera, perciò mi fermoqui. Augurando a Frattura di condurre, in questi ultimi giorni unacampagna elettorale corretta, pronunciando programmi, senza pro-vare a fare l’incantatore di serpenti con tanto di bacchetta magica,agitata tra le mani.

Michele Iorio, diciamocela tutta, è di altra pasta. Resta senza dub-bio la più alta espressione della politica regionale, un vero e propriofuoriclasse che come tutti quelli che si stagliano dalla mediocrità hail torto di doversi battere con un esercito di invidiosi che amano far-gli le unghie.

Conoscendone talento e operosità, da uno come Iorio mi sareiaspettato tanta altra roba. Per questo spero che il leader del centro-destra, sostenuto da un arcipelago di liste, possa spuntarla, in mododa poter completare il suo ambizioso programma. Nell’intento di ri-mettere in riga le sorti della nostra regione.

Mentre lo sfidante si agita per recuperare consensi, l’inquilino di viaGenova parla meno, molto meno di prima. Facendo parlare i numeriche sono dalla sua parte. Senza dimenticare che i suoi due mandati re-stano i più difficili della vita politica molisana, costretta ad attraversareil momento più ostico sotto la veste congiunturale e della recessione.

L’EDITORIALE

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di Gennaro Ventresca

Tutto quello che sosu Michele e Paolo

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Ricordo diLeandro Carile

evoto penalizzaolisane

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Per un tratto della cronaca re-gionale, non abbiamo fatto intempo a registrare un’inizia-

tiva che già ne seguiva un’altra. IlMolise ribolliva di buone intenzioni edi grandi speranze.

La Regione sfornava progetti e in-vestimenti; la Camera di Commerciosi apriva a ventaglio sul territorio; al-trettanto l’Università, il Patto Territo-riale per il Matese, e le maggioriistituzioni locali si cercavano con al-lettante regolarità.

In questo fermento perdevano fiatole voci del dissenso pilotato, della po-litica “ad opponendum” e della criticainvasa di cecità. La dicotomia però èandata via via sfumando una volta sot-toposta alla dura legge del tempo che,come è noto, appiattisce le differenze,omologa i comportamenti e, per so-vrappiù, suggerisce rassegnazione. Ciòche abbiamo creduto fossero momentidi positiva costruzione tra le istituzionisi sono persi per strada, sono svaniti,si sono addirittura volatilizzati.

Chi ricorda la Misura 4.3 del PorMolise e il cosiddetto marketing terri-toriale? Doveva essere un’azione a piùmani e a più voci (Paolo di Laura Frat-tura, Enrico Colavita e Peppe DiFabio) per cambiare i connotati avviz-ziti del Molise d’antan, onde renderlomoderno ed accattivante, protagonistadel Polo Innovativo (Progetto comuni-tario <P.In.> finanziato dal Pro-gramma comunitario Pic Interreg IIIATransfrontaliero Adriatico, gestitodall’Unioncamere di Commercio incollaborazione con partner socio-economici territoriali e transfronta-lieri adriatici: nel caso, l’Albania), conl’obiettivo di offrire agli imprenditoridei settori agroalimentare, medico,sanitario e ambientale gli spazi fisici,gli strumenti e i servizi buoni a stimo-lare e a rafforzare la loro capacità

d’innovare le proprie aziende e leproprie strutture.

Su questo abbrivo Paolo di LauraFrattura, Enrico Colavita e Peppe DiFabio avevano sottoscritto un proto-collo che li vedeva impegnati a darecorso alla Cittadella dell’Economia aSelva Piana e a rimettere in sesto l’in-cubatore di via Monsignor Bologna.Ciò per creare appunto gli strumenti egli spazi operativi necessari a realiz-zare in concreto una seria politica dimarketing territoriale (il Comune diCampobasso, tra l’altro, con Di Fabio,avrebbe accelerato la realizzazione delPiano Strategico Territoriale). Per l’in-cubatore di via Monsignor Bologna aCampobasso è stato speso circa un mi-liardo delle vecchie lire, il necessariocioè per ristrutturare la vecchia ca-serma dei Vigili del Fuoco, e altri 300mila euro sono stati destinati alla suarimessa in sesto per farne un puntoqualificato di riferimento per l’impreseno - profit (allo stato delle cose vieneutilizzato per le assemblee di condo-minio!).

Il vertice del progetto, della colla-borazione, dell’intesa tra la Cameradi Commercio, il Comune di Cam-pobasso e il Patto Territoriale delMatese, doveva essere un’area “tec-nologica” (la Cittadella dell’Econo-mia) a Selva Piana: la Silicon Valleydel Molise, destinata anche all’EnteFiera se, e quando, si sarebbe trovatol’accordo sui metodi di gestione e suinomi dei gestori. A questo quadro didimensione regionale era stato ag-giunta inoltre la possibilità, con ilProgetto comunitario <P.In.>, di oltre-passare la frontiera adriatica per col-laborare con l’Albania sulla base diuno scambio virtuoso di modelli disviluppo nella logica del partenariato.

L’idea del Polo Innovativo infattiera destinata ad ampliarsi e a lievi-

tare nel momento in cui il processo dicollaborazione e di scambio (dentro efuori i confini regionali) si sarebbe po-tuto avvalere stabilmente delle strut-ture e della esperienze delle Istituzionilocali e territoriali, delle Associazioni dicategoria, e dell’Università. Seppure insintesi, erano questi i binari su cui do-veva correre - alimentata dalle risorseregionali, nazionali ed europee -, la lo-comotiva della crescita socio-econo-mica del Molise alla cui guida eranomacchinisti di provata esperienza (diLaura Frattura, Colavita e Di Fabio). Untreno mai partito, però, e, per giunta, coimacchinisti fuori servizio, che dellaloro incapacità a tradurre in concretole speranze di sviluppo che si erano ac-collate ne hanno fatto un motivo poli-tico, un’alleanza strategica dietro laquale nascondersi e nascondere le pro-prie responsabilità, accusando altri.Con l’aggravante di proporsi (Paolo diLaura Frattura) e di chiedere agli elet-tori molisani di premiarli alle urnedelle prossime elezioni regionali. Fi-dando sulla memoria sempre più cortadella gente, sulla pigrizia dei cronistinel ricomporre la storia degli uomini edelle vicende, sull’interminabile giocodelle parti nell’agone della politica,sull’uso strumentale delle parole in di-fesa di se stessi e contro gli altri, sulla laconvenienza di porsi a capo di una fa-zione per sentirsi paladini. Ma di cosa?

di Adalberto Cufari

Il Molise che doveva diventare un polo innovativo

Piazza salotto

Un treno mai partito e, per giunta, coi macchinisti fuoriservizio, che della loro incapacità a tradurre in concreto le speranze di sviluppo che si erano accollatene hanno fatto un motivo politico, un’alleanza strategica dietro la quale nascondersi e nascondere le proprie responsabilità, accusando altri

Progetti e investimenti finiti in mani sbagliate

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di Antonio Campa

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Camera con vista

Gli ultimi giorni diun’estate torrida,che ci ha ben ripa-

gato della brutta prima-vera, corrono languidiverso l’autunno, stagioneche già sentimmo venirenei tormentoni d’agosto.Voliamo basso. Il Vate co-glieva i segni del tempo tra-sformandoli in elegia, a noi ètoccato, al contrario, sbuffareannoiati per le tante replichetelevisive, per le argomenta-zioni insulse di cronisti dipassaggio, ignari che il verboè sempre lo stesso, annodopo anno, come lo stile deimaestrini snob che impe-rano on line.

Ritornelli conditi di spoc-chia e di civettuola malizia,nulla hanno potuto tuttaviacontro l’esigenza comune distaccare la spina dalla rou-tine che ci assale da mane asera come un vizio assurdo.

La manovra economicaimposta dalla speculazioneinternazionale, aveva in-dotto il governo a snellire laspesa pubblica eliminandoprovince e comuni più pic-coli. Apriti cielo! Un flebilequanto disperato strappo divesti ha caratterizzato il dis-senso, è stata tirata in ballopersino la storia sacra (per-ché non le sagre?) dei vil-laggi molisani, il fatidicopassaggio da contado a Pro-vincia, le lotte isernine perl’autonomia. La stranezza èche quanti hanno manife-stato disagio, sono sostan-zialmente gli stessi che deldestino dei paesi se ne fre-gano tutto l’anno, né im-porta loro che, nello stessocontesto, mentre comunitàminime hanno dignità mu-nicipale, altre che sfioranoquota mille abitanti restanocontrade.

I déjà vu sono stati unacostante estiva e non per ilsolleone. Milioni di euro al-l’agricoltura, come è giusto,

con la peculiarità di desti-narne buona parte a aziended’avanguardia e agriturismi.Un tempo, per modernizzarele attività zootecniche, si da-vano contributi per le stalle. Icontadini ristrutturavano lemasserie, allestivano le stallema poi di solito le lasciavanovuote; perché finivano i soldi,e perché curare vacche nonè mestiere che si sogna difare da bambini, figuriamocida grandi.

Milioni di euro per il re-stauro delle Chiese moli-sane, così JR Iorio ha unitosacro e profano, rinnovandocosì il grande interesse perla tutela del patrimonio arti-stico e chissà, sotto sottoconfidando che i soldi, se-condo un adagio popolarein grado di ridare la vista,riescano a limitare certistrabismi del clero.

Come poteva mancarel’argomento scuola, neltempo della canicola? In-torno a ferragosto, il sindacodi Campobasso Di Bartolo-meo ha diffuso il bollettinodi guerra sugli obiettivi sco-lastici da abbattere o ristrut-turare, dimenticando che

non c’era un’alternativa lo-gistica pronta, facendo cosìgongolare i catastrofisti diprofessione. E mentre i sin-dacati brigavano per desti-nare propri iscritti aimportanti dirigenze scola-stiche, hanno ruggito anchei librai, di solito nel mirinoper il caro-prezzi, facendofronte comune verso la con-correnza sleale di un centrocommerciale che proponevasconti sui libri del 15%.

L’estate non ha portatoconsiglio ai Capone, chehanno continuato con vo-luttà ad alienarsi simpatie,pur di ribadire il principioche i padroni del calciosono loro.

La Sanità non ha smessodi occupare le cronache,come saldo di fine stagioneè arrivato il libro inchiestadi Sorbo che ripercorre gliultimi dieci anni del set-tore, proprio quelli chehanno visto Iorio al co-mando. Sorbo dieci anni fapubblicò su @ltromolise leprebende dei consulentidel centro destra ma nonha mai risposto alla miasollecitazione, fatta al-

l’epoca, sull’ opportunità didiffondere anche l’analogoelenco di collaboratori delcentro sinistra. E non per-ché non ce ne fossero. Sispera che il bravo Sorbostavolta non abbia dimenti-cato il dato di partenza, ildeficit accumulato dal Mo-lise prima del 2001. Stimatoinfine tra settanta e ottantamiliardi di lire nell’interre-gno Di Stasi. Cifra che, trarivalutazione e cambio mo-neta lira-euro, con tutta laspeculazione che ne seguì,a dieci anni di distanza as-sume valori notevoli.

Le primarie hanno inco-ronato Frattura secondoattese e pronostico, comecinque anni fa Ruta, ilquale con guizzo da fuori-classe intanto s’è ripreso ilcentro sinistra.

Dulcis in fundo, la “tazzu-lella” di Fred Bongusto, chead un settimanale localeha dichiarato di rimpian-gere il caffè molisano. Ven-titré anni fa lo intervistaiad Altilia, mi confidò diaver voglia di degustareuna scamorza molisana.Sic transit gloria mundi.

Niente di nuovosotto il sole

Poche novità e molti déjà vu nel periodo vacanziero. La gente ha preferito il relax, tra mare, monti e sagre di paese, ai soliti e noiosi refrain che ci assillano ogni anno senza costrutto.

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Iprimi giorni di Scuolafanno ancora vibrare lecorde emotive a stu-

denti e professori (la mag-gior parte) che si tirano alucido come nei giorni dellemigliori feste. Il gesso cheimpatta sulle vecchie lava-gne piene di vita e perciòfastidiose nei suoni di ri-torno, l'odore dei libri, lebiblioteche anni sessanta egli scaffali densi di storie edi acciacchi, sono il metro-nomo di certe pulsioni chehanno accompagnato lavita di tanti amici e colleghiinclusa la mia.

Trentasei anni nellapancia dei ragazzi rap-presentano, lo ammetto,un patrimonio che debordadalle intimità personali peressere rappresentato convoce impostata e con unpizzico di vanità. Migliaia emigliaia di ragazzi cono-sciuti grazie a quelle facceche raccontavano pregi edifetti di ognuno. Parlodelle generazioni com-prese sino alla fine deglianni novanta. Certamentediversi dai giovani di oggi.

Gli intellettuali delle di-namiche sociali affermanoche gli adolescenti post-moderni sono senza volto esolinghi, adusi alle rela-zioni che scorrono e vannovia. Hanno in gran parteragione. Proprio l'impegnodi disperdere l'omologa-zione che caratterizza i gio-vani cibernetici è la sfidache le Scuole devono rac-cogliere per continuare avivere dentro quell'orgo-glio di appartenenza nel-l'obiettivo, mai indebolito,di poter essere utili a loronon solo nei termini del-l'apprendimento culturale.

Impegnarsi per conse-gnare alla società uominiveri e non finti, di carne enon di cartone, diventa an-cora più importante che

preparare ingegneri, periti,ragionieri ecc.

Nella Scuola del terzomillennio, però, tutto è tre-mendamente più difficile.Gli Istituti, negli anni, sonostati indeboliti pezzo dopopezzo, fino ad essere scre-ditati e consegnati all'opi-nione pubblica perché nefacesse un uso disprez-zante come se si trattassedi giudicare il fruttivendolodel quartiere.

Esistono anche respon-sabilità interne al nostromondo perché a volte lerappresentatività non sonoadeguate ma ritengo chenon è solo una questione disubstrato, c'è altro. Per vi-vere il mondo dell'educareci vogliono sensibilità spe-ciali e profili della persona-lità che devono risponderealla legge del tutto o delnulla. O sei un bravo educa-tore o non lo sei, impossibilepensare di percorrere spazineutri.

Oggi, anche nelle Scuolemolisane, le famiglie, perfare un esempio, sonopronte a fare la guerra aprescindere. Basta mettereun voto non gradito o fareun rimprovero più acutoper caricare l'arma dellacontestazione. Quando lerisposte non sono quelleche si vorrebbero sentireallora l'epilogo è la richie-sta di cambiare aria comese le Scuole fossero diven-tate compagnie telefonicheda poter scegliere a se-conda della convenienzadel momento. Semplice-mente desolante!

Quello raccontato è lospaccato di un giorno ordi-nario dentro una “trincea”

che meriterebbe altra con-siderazione solo se ci fossepiù unità di intenti da partedi chi la Scuola la vive daldi dentro. Non c'è unifor-mità di comportamenti.Prendete le iniziative diorientamento che caratte-rizzano il passaggio da ungrado d'istruzione all'altro.

Una vera e propria atti-vità mercantile progettata eportata a compimento conogni mezzo per assicurarsiil ragazzo in più che ovvia-mente se convinto in ma-niera scorretta, pretenderàassieme alla mamma e alpapà, promozioni e vessillipur senza meritarli. E'ovvio, che la utenza, di-fronte a certi comporta-menti, viene incoraggiata adiscreditare un mondo che,nonostante tutto, ha ancoratante professionalità con ilsegno più.

Ad ognuno, dunque, ilcompito di operare per re-

stituire dignità ad un conte-sto ancora sano nonostantecerte zavorre. Ai dirigentiscolastici e a quelli più altiin grado, il compito di vigi-lare e di muoversi dentropercorsi degni della fun-zione che sono chiamati adassolvere. Nel caso contra-rio c'è il rischio di essere

come le strisce pedonali diCampobasso: tutti sannodove sono ma non si ve-dono. Nel caso dei dirigentimolti non si vedono e nonsi sentono se non in parti-colari occasioni. Un silen-zio che manifesta volontàdi non incidere e assenza dipassione.

Per tornare alla bella “epo-que” cioè alla Scuola deglianni sessanta e settanta, ap-prezzata e rispettata, ser-vono Ministri competenti,timonieri in palla e il restodella truppa da orientare. LaScuola si è riavviata, viva laScuola!

di Sergio Genovese

La Scuola si è riavviata,viva la Scuola

Controcanto

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Iorio si mangia Frattura

Coalizione Candidato Datarilevazione

% Pronostico di vittoria

CENTROSINISTRA

CENTRODESTRA Michele Iorio

Paolo Di LauraFrattura

30-set-11 62,5

37,530-set-11

Coalizione Candidato Datarilevazione % Voti

30-set-11 52,5

44,230-set-11

LA DESTRA

MOVIMENTO5 STELLE

Antonio Federico

GiovancarmineMancini

30-set-11 2,1

1,230-set-11

COALIZIONE DI CENTRODESTRAPopolo delle Libertà

Alleanza di CentroUdcProgetto MoliseMolise CivileGrande SudUdeur

Italia dei ValoriPartito DemocraticoAlternativaCostruire Democrazia

Sinistra Ecologia e LibertàPartito SocialistaFederazione della Sinistra

MOVIMENTO 5 STELLE

LA DESTRA

COALIZIONE DI CENTROSINISTRA

54%

42,3%

1,9%

1,8%

19,3

7,36,55,14,03,8

11,49,98,44,23,82,81,8

8,0

CENTROSINISTRA

CENTRODESTRA Michele Iorio

Paolo Di LauraFrattura

Ecco l’ultimo sondaggio di settembre della Digis

PDL e IdV i partiti con più adepti

Apoche settimane dal voto Michele Iorio è in chiarovantaggio nelle intenzioni di voto del popolo molisano

sul suo più temibile rivale, l’ex forzista Paolo Frattura. Loha sancito, a chiusura del mese di settembre, il sondaggioeffettuato da Digis (www.sondaggipoliticoelettorali.it), conimmenso piacere del governatore e del suo entourage econ non poca stizza da parte dello sfidante che, comunque,non si dà per vinto e continua a macinare chilometri e in-vocare sostegno, per tentare di ribaltare la situazione.

Le tabelle spiegano come stavano le cose a fine mese.In quindici giorni non sappiamo cosa potrebbe cambiare:appare troppo aperta la forbice a favore dell’uscente.

Il Pdl si conferma il primo partito della regione, seguitodal’IdV che ha scavalcato il PD, confermandosi il più au-torevole del centrosinistra. Sono molto distanziati glialtri, anche se appare incoraggiante il responso per ilmovimento Cinque stelle che si attesta all’1,9, mentreAntonio Federico sta al 2,1 come presidente.

SONDAGGIO

9

Michele Iorio Paolo Di Laura Frattura Antonio Federico Giovancarmine Mancini

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A pochi giorni dal voto

di metà ottobre tutto lascia prevedere

che ogni cosaresterà

come prima

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Il pronostico diceMichele Iorio

Epoi dicono che uno si butta a destra”. La frase diTotò, anche se un po’ datata sembra molto at-tuale. Mi riferisco a ciò che ha scritto di recente

Michele Serra su Repubblica che ha trovato la seguentedefinizione degli elettori di destra e sinistra: “E’ di destrachi vota avendo per guida i propri interessi, di sinistra chivota pensando all’interesse collettivo”. Un esempio diquelle affermazioni metafisiche che non può essere néconfermato né smentito.

Per controllare la verità della credenza di Serra do-vremmo conoscere diversi fattori, non ultimo sapere cosafarebbero effettivamente i politici dei due schieramentiuna volta al potere.

Quel che invece possiamo fare è rispondere con una do-manda assai meno ambiziosa: quali sono i gruppi socialiche hanno determinato la vittoria di Michele Iorio a Pa-lazzo Moffa e quelli che hanno portato Rosario De Matteise Gino Di Bartolomeo rispettivamente a Palazzo Magno ePalazzo San Giorgio?

Va detto, restringendo il discorso all’appuntamento dimetà ottobre, che tra Michele Iorio che ha governato perdieci anni e il giovane sfidante Paolo Frattura si fa faticaa trovare qualche diversità. Entrambi provengono dallascuola democristiana, tutti e due hanno militato in ForzaItalia, sono professionisti (uno medico e l’altro architetto),hanno una magnifica posizione di benestanti.

Una differenza non secondaria tra i due c’è e come: ilGovernatore ha alle spalle una profonda esperienza am-ministrativa, il suo rivale invece può contare solo sullapresidenza della Camera di Commercio, gestione tra l’al-tro facile, specie se si tiene conto delle risorse economichedi cui si è potuto avvalere.

Gli attacchi scriteriati di chi vorrebbe espugnare lastanza del potere non dovrebbero produrre danni nellacorazzata di Michele Iorio che, a scanso di improbabilisorprese, dovrebbe riavere le chiavi della Regione.

L’aria discola di Paolo Frattura non ha dato la sensa-zione di poter far breccia nell’elettorato indeciso, a cuisono legati i responsi dell’urna. Quel modo sbarazzino dipresentarsi con le Hogan e la camicia slacciata, stando alleintenzioni di voto dei molisani, non dovrebbe far neppuretraballare lo scranno del comando del chirurgo isernino.Iorio è riuscito a rimanere in piedi in dieci anni difficilis-simi per il terremoto, l’alluvione, la recessione, la crisi in-dustriale, la crisi finanziaria e i tagli del governo.Dimostrando di avere una tempra forte e una capacità dicomando fuori dal comune.

Lui, il Governatore, sostiene di lasciar perdere i son-daggi (che pure lo danno in vantaggio, anche se ufficial-mente non s può dire), soffermandosi a un datoinconfutabile: il 70 per cento dei molisani prevedono chele elezioni le vincerà il centrodestra. Come tributo per ciò

che lo schieramento che ha amministrato tra mille pro-blemi ha fatto, negli interessi della gente.

Nessuno può dimenticare quanto Michele Iorio abbiaoperato in queste ultime due legislature, affrontando sfidequasi impossibili. E trovando il modo di reperire, tra l’al-tro, anche i fondi per la ricostruzione.

Bisogna ricordare ciò che è capitato al Governatore: hadovuto lavorare tra incudine e martello. A Roma, nel tavolitecnici, gli imponevano di mantenere aperto un solo ospe-dale in tutta la regione. Ma lui si è opposto con tutte le sueforze a favore di una razionalizzazione dei servizi, ma nonalla chiusura. Veniva quindi bersagliato dai colleghi dellealtre regioni perché non chiudeva. Una volta rientrato nelMolise veniva criticato dai componenti dei comitati, chelo accusavano di voler chiudere. Creandosi una situazioneparadossale, salvo poi scoprire che due componenti deglistessi comitati si sono candidati per il centrosinistra.

La delibera Cipe da 1 miliardo e 350 milioni che, tra l’al-tro, permetterà di mettere finalmente mano all’autostrada,creando nuovi posti di lavoro e la presidenza dell’Eurore-gione, sono stati gli ultimi colpi portati a segno da Iorioche sono sotto gli occhi di tutti.

Nel fervente livore della battaglia elettorale Iorio nonha voluto fare un confronto con il centro-sinistra, vistoche la sinistra non è rappresentata: Frattura è stato un suo“figlioccio”, per questo lo ritiene un intruso. Che con fer-mezza intende battere. Visto che il molisano ha fatto ca-pire di non voler cambiare la vecchia via per la nuova.Frattura, per quel che si è capito, non convince. Perciò me-glio puntare ancora sull’esperienza del Governatore e delsuo “squadrone”.

(eu.pe.)

I molisani sono propensi a non lasciare la vecchia via per la nuova, per questo

intendono rinnovare fiducia a chi ha lavorato 10 anni in condizioni difficilissime,

attraversando terremoto, alluvione, crisi finanziaria, recessione e tagli del governo

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Tema di fondo delle elezioni regionali: se l’elettore molisano preferisce il certo per l’incerto

Il presidente Michele Iorio sciorina cifre, analisi e progetti che riguardano gli investimenti e le future linee programmatiche per lo sviluppo

I sindaci preferiscono stare dalla parte del fare

(e lo si può capire!)

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Parole chiare, come suggeriscequesta fase politico-ammini-strativa alla vigilia delle ele-

zioni per il rinnovo del consiglioregionale. Le ha pronunciate adun’affollata assemblea di ammini-stratori locali della provincia di Cam-pobasso il presidente della RegioneMolise, Michele Iorio, sulla scortadelle cifre che riguardano gli investi-menti realizzati, i progetti allestiti e lefuture linee programmatiche, con lapadronanza di chi ha governato glieventi e le situazioni con la dote dellaconoscenza e il peso della responsa-bilità. Il quadro reso agli amministra-tori locali è passato tra gli applausidella platea con l’avallo di chi, comei sindaci, è stato testimone, partner, ebeneficiario della politica di governoda lui interpretata e gestita . Il presi-dente non ha omesso alcunché: dallasanità all’agricoltura, dal turismo allosport, dalla cultura alle politiche so-ciali ha toccato tutti i tasti della suaamministrazione, rivendicando lacondizione generale del Molise degnadi essere valutata tra le più rassicu-ranti nel panorama regionale italiano(sempre cifre statistiche alla mano).Non ha omesso nemmeno di ricor-dare, con la modestia di chi sa di es-sersili meritati, i riconoscimenti che

gli sono stati attribuiti e di cui godesulla scena nazionale (vicepresidentedella conferenza nazionale dei presi-denti delle Regioni e presidentedell’Euroregione adriatica, commis-sario straordinario per il terremoto eper il risanamento del deficit sanita-rio), per marcare il confine che dividela fattività operativa, la responsabilitàpolitica e amministrativa dalla incon-cludenza dei competitori dello schie-ramento che gli si oppone. Ladistanza che separa gli annali regio-nali affidati al centrosinistra dagli an-nali gestiti dal centrodestra, è undivario impietoso. Su questo livello diparagone sono venuti fuori, uno aduno, i punti deboli e i punti oscuri diuna campagna elettorale che vedeIorio snocciolare gli interventi a so-stegno della produzione industriale e,quindi, dell’occupazione; a sostegnodel mantenimento dei servizi sanitarisul territorio adeguatamente rivisi-tati, rivisti e razionalmente corretti; asostegno della rete scolastica e del-l’università quali presidi imprescin-dibili per la crescita e lo sviluppodelle nuove generazioni e della nuovaclasse dirigente; a sostegno della ri-costruzione post-terremoto; a soste-gno del contenimento della spesapubblica e della riforma degli appa-

rati amministrativi regionali e sub re-gionali; a sostegno dell’agricoltura,del turismo e dello sport e, dall’altraparte, vede una canea scomposta diuomini che hanno un retroterra falli-mentare (Ruta, Massa, Romano, Pe-traroia, D’Ambrosio, D’Ascanio) euomini (Paolo di Laura Frattura) chequel retroterra vorrebbero coprireutilizzando l’arma generica del cam-biamento, delle elezioni primarie, di-mentichi della condivisione politica eculturale di matrice liberale che,certo, non li libera né li assolve, unavolta finiti a sinistra. A cospetto degliamministratori locali il presidenteIorio a Campobasso, come a Isernia,ha raccontato se stesso, la sua ferreavolontà di perseguire il bene comune,la difesa dei diritti dei molisani daogni riduzione di autonomia e diidentità, la fatica di amministrare unatransizione temporale contrassegnatadalla crisi economica mondiale edagli eventi calamitosi (alluvione eterremoto), la soddisfazione dei risul-tati raggiunti, sapendo di avere di-nanzi a se gli amministratori locali investe di testimoni e di giudici, prontia dargli credito e sostegno per riba-dire l’utilità della politica del fare sulfare inconcludente della politica dellealleanze spurie. (al.ta.)

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Negli ambienti tecnici AngelaCrolla è meglio nota come “laregina delle acque”, perche’?

Ovviamente è un appellativo affet-tuoso dovuto molto probabilmente allacaparbietà e fermezza con cui negli ul-timi vent’anni ho seguito attivamente iltema della risorsa idrica.

Prima come tecnico e poi come consi-gliere di amministrazione della MoliseAcque ho avuto la possibilità di seguirele fasi chiave dello sviluppo delle grandiopere legate all’acqua (es diga di Arci-chiaro, opere della grande adduzione delmolisano centrale….), di maturare unaconoscenza approfondita delle proble-matiche connesse alla gestione dell’ac-qua intesa come servizio pubblico, diconoscere la complessità delle ricaduteambientali che l’utilizzo della risorsaidrica comporta, ma anche la straordi-naria ricchezza connessa a questo patri-monio universale inestimabile.

Durante questa lunga e fattiva mili-tanza ho avuto la fortuna di conoscerestraordinari professionisti, donne e uo-mini che hanno investito le proprie forze,conoscenze ed intuizioni nel governodell’acqua. Ho capito quanto questo ele-mento semplice ed essenziale sia allabase della vita ma anche dello sviluppo edella crescita di un territorio.

E’ questo il motivo per cui ho volutofare della risorsa idrica, o semplice-mente dell’acqua, il cardine del mio pro-gramma elettorale.

Quindi il punto di forza del suoprogramma elettorale è l’acqua?

Si, l’acqua costituisce un patrimonioessenziale per il fabbisogno territo-riale. Il Molise detiene il serbatoio di“oro blu” che rifornisce le regioni delcentro sud disponendo inoltre di una

significativa riserva di acqua di sor-gente dalle riconosciute proprietà chi-mico-fisiche ed organolettiche. LaPresidenza della Regione Molise hadeciso di perseguire negli ultimi anniun abile e strategico percorso tecnico-politico finalizzato alla difesa e salva-guardia del patrimonio idrico perrealizzare nuove aree occupazionali equindi rilanciare il territorio.

Il mio impegno sarà rivolto all’acquacome occupazione, ricerca, innovazione.

Il mio obiettivo è quello di sviluppareuna strategia occupazionale e impren-ditoriale,finalizzata allo sviluppo dellanostra regione. La mia attenzione saràrivolta ai miei colleghi imprenditori, atutti i lavoratori, alle donne ma soprat-tutto ai giovani.

Quali sono i punti chiave attra-verso cui intende concretizzare ilsuo programma?

A dire il vero il mio programma è giàiniziato.

Mi rendo conto di essere un po’ ano-mala in questo contesto politico, ma ri-tengo che questo approccio fortementepragmatico sia dovuto al fatto che sonoun’imprenditrice con una forte pas-sione per la politica.

Infatti negli anni in cui ho militatodietro le quinte a fianco di un maestrodi vita nonché grande guida politicaqual è il Presidente Iorio, grazie al so-stegno e la fiducia concessami dal Go-vernatore stesso e dai tecnici con cui hoavuto la fortuna di lavorare, ho posto lebasi solide su cui realizzare concreta-mente il mio programma politico.

In poche parole il mio programmanon è un elenco di azioni che desideroeffettuare, ma è la sintesi di un crono-programma di progetti già approvatiche hanno bisogno solo di capacità, de-terminazione, lungimiranza, compe-tenza e passione per far si che lericadute socio economiche siano pertutti e per tutto il territorio.

Nelle sue affermazioni è ricor-rente il riferimento alla squadra, algruppo di lavoro, è così importanteper lei la condivizione?

E’ mia convinzione che da soli non siva da nessuna parte, come del resto

sono fortemente certa che ognuno dinoi possa dare sempre un valido con-tributo.

Sono una persona molto passionaleche si butta a capofitto nei progetti cheritengo possano contribuire alla cre-scita del nostro territorio, che possanoportare nuove opportunità di lavoro inparticolar modo per i giovani.

In queste mie crociate mi piace cir-condarmi di nuovi talenti e raccor-darmi con loro in maniera trasparentee totale.

Non mi appartiene la paura di condi-videre un’idea, infatti preferisco il ri-schio di vedermela rubare piuttostoche lasciarla soffocare perché manca ilcontributo di chi è in grado insieme ame di alimentarla e farla crescere, perfar si che il risultato possa essere ditutti.

Come imprenditrice e come refe-rente politico ha avuto modo dipartecipare ad iniziative nazionalie internazionali, cosa pensa dellanostra terra?

Le rispondo in maniera semplice esintetica. Cercando esempi e opportu-nità altrove, ho capito che la nostra ric-chezza è sotto i nostri occhi: è la nostraterra, la nostra aria, la nostra acqua, lanostra natura, la nostra cultura, la no-stra storia.

Sono fortemente convinta che la vo-lontà di crescita di un territorio è insitain tutti i suoi abitanti, bisogna solofarla emergere e sostenerla; come sonofermamente certa che la crescita è neigiovani, è nella tranquillità dei nostrianziani, è nella saggezza dell’ammini-strare, è nella sinergia costruttiva trapubblico e privato. La crescita è nellanostra voglia di fare, di osare, di nonarrendersi e di perseverare. La crescitaè sotto i nostri occhi, con idee vincenti,progetti giusti e validi amministratoririusciremo ad afferrarla.

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Intervista ad Angela Crolla, la signora delle acque

Il suo ruolo all’interno di Molise acque è stato brillante e decisivo

Crolla con l’europarlamentare Mazzoni

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Spiegò un suo amico, davanti al bar, ilsuo successo elettorale al Comune,con una frase semplice e breve: “ E’

una persona simpatica”. Già, simpatico.Pierpaolo Nagni da qualsiasi angolo lo siosservi è veramente una persona simpa-tica. Ma sarebbe riduttivo limitare qui ladefinizione. Cher merita quantomenoquesta aggiunta: “E capace”.

Nasce nel mondo dello spettacolo,assieme al suo amico Sandro Arco, perorganizzare spettacoli. Senza mai trala-sciare il calcio, faceva il libero e poi l’al-lenatore delle Acli. Non si sa bene chi gliabbia fatto annusare il pezzo di carnedella politica, fatto sta che ci si tuffa convoracità. E sfonda al primo colpo, met-tendo insieme 500 voti, mica poca roba,al Comune. Dove inizia la scalata, sino afermarsi al ruolo di vice-sindaco.

Quindi va in Regione, vice presidentedel consiglio, ma poi lo stellone si spe-gne. Resta fuori, tra lo stupore generale.Ma trova sponda nel ministro Fioroniche se lo coccola e gli dà un importanteincarico, per il centro-sud, per conto delministero dell’istruzione.

Nel frattempo i rapporti con Ruta si lo-gorano e poi si spezzano. Finiscono in

archivio i tempi in cui “C’eravamo tantoamati”. Pierpaolo si ritrova solo, sullasponda di un fiume che ruscella impie-toso le sue acque. Attende il momentogiusto per guadarlo, ma intanto diventaassessore (esterno) alla Provincia.

Il rapporto con D’Ascanio finisce infretta. Pierpaolo non ci sta a fare lo ye-sman. Così si susseguono i litigi. Sinoall’approdo in casa di Di Pietro che nel

frattempo è diventato acerrimo nemicodi Nicola D’Ascanio.

Nagni flirta in fretta con l’ex piemmedi Montenero e si conquista la sua fidu-cia: viene nominato segretario regionaledell’IdV. Non si sa bene perché, ma ingiro non si avverte il peso di quella ca-rica che, per alcuni, sembra leggera, datoil peso specifico di Di Pietro. Non civuole molto però per capire che Nagnianche qui non sta con le braccia con-serte e chiede spazio. L’onorevole glieloassegna e lui si mette al lavoro.

Il suo partito viene sveltito e al tempostesso rimpolpato di simpatizzanti. AlleProvinciali fa la sua parte, mentre oraalle Regionali dovrebbe confermarsi ilpiù forte del centrosinistra.

Pierpaolo ha preparato una minuziosastrategia per qualificare la sua squadrache mette in campo anche il figlio di DiPietro che solo le maldicenze indicanocome il “raccomandato”.

Nel panorama politica molisano Nagniè diventato in fretta un pezzo forte alpunto da credere che presto potrebbeconcorrere per una poltrona importantesu scala nazionale o, addirittura, europea.

(ge.ce.)

L’uomo nuovo dell’IdV ha messo le aliPierpaolo Nagni

Ex Margherita e “figlioccio” di Ruta

si è saputo esprimere al meglio con Di Pietro

che gli ha affidato la bacchetta per dirigere il suo partito

all’interno del Molise

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Capracotta è uno scrigno disapori e di bellezze. Un pic-colo centro (1000 abitanti)

che sembra vivere all’interno diuna bolla d’aria e che dal 2006 èguidato da un sindaco che ha gui-dato una lista di ispirazione cen-tro-sinistra. Antonio Monaco èdiventato primo cittadino del cen-tro alto molisano ed è stato ap-pena rieletto al comando del suocomune che in estate si riempie dituristi e di capracottesi di ritorno.

Va detto che Capracotta è unacomunità con un alto senso di ap-partenenza. Fa sempre quadratointorno al proprio centro e di-fende a spada tratta le figure ec-cellenti che ne sono al vertice. Daqui discende il successo che neglianni sono stati conseguiti daicandidati alla Provincia e alla Re-gione dai suoi più fortunati citta-dini.

Antonio Monaco di mestiere fail commercialista con studio pro-fessionale a Isernia , dopo avermaturato esperienze nel settore

pubblico (Camera di Commercio),per questo i suoi interessi e le fre-quentazioni si estendono all’in-terno dell’intera provincia Pentra.Si è formato politicamente, fre-quentando la sezione del PCI, percontinuare poi nei Diesse. Treanni fa è confluito con Di Pietro,abbracciando la linea dell’IdV,partito di cui è diventato coordi-natore provinciale della provinciadi Isernia.

Prima di conquistare la stanzadel sindaco di Capracotta, Anto-nio Monaco ha vissuto importantiesperienze politiche alla Provin-cia, dove è entrato nel 1999, perreplicare nel 2004.

Guardandosi intorno Monacoha compreso di poter puntare aun posto alla Regione. E per que-sto si è rimboccato le maniche, sa-pendo di poter dire la sua. Pursapendo benissimo che la batta-glia si annuncia cruenta, soprat-tutto in alto Molise, dove laconcorrenza è forte, specie per ciòche sta avvenendo nella vicinaAgnone, dove ci sono sette candi-dati che sono accreditati di forticonsensi.

Va detto che Monaco di fronte atale concorrenza non si scom-pone, anzi gli serve per accre-scere la sua grinta che dovràaccompagnarlo sino all’appunta-mento con il voto di metà mese.

Oggi pensa di aver accumulatoun cospicuo bagaglio di espe-rienza come amministratore e di-rigente di partito. Ci credeMonaco in quello che sta facendoanche perché il suo partito, IdV, èin netta crescita, e viene datocome il più autorevole compo-nente del centrosinistra.

Un cruccio, neppure tanto pic-colo: dover lasciare il suo ufficiodi sindaco di Capracotta, in casodi vittoria. Glielo imporrebbe lalegge che non ammette che unsindaco sia anche consigliere re-gionale. (eu.pe.)

Profilo di Antonio Di Monaco

Dopo essere stato

per due legislature

in Provincia

il coordinatore

provinciale

dell’IdV

punta su

via 4 Novembre

Il sindaco di Capracotta corre per la Regione con l’IdV

Antonio Di Monaco con Rosa Bindi

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Tenta la scalata a Palazzo Moffa uno dei giovani più qualificati

della nostra regione

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Ci ha rimesso di suo Michele Scasserra nel lasciare il prestigiosoincarico di Presidente dell’Assindustria Molise. Aveva davantiancora due anni di presidenza, ma l’ha lasciata. Per inseguire un

sogno. Assieme a quel prestigioso biglietto da visita, pur di correre alleregionali ha rinunciato anche a tutte le altre cariche, compatibili e non.

In una società che conosce poco il solco delle dimissioni è appenail caso di rimarcare il coraggio di chi ha saputo dire: “no, grazie”. E sen’è andato. Per puntare a un posto a Palazzo Moffa.

Campobassano di 42 anni, imprenditore nel ramo alimentare (PastaColavita), Michele Scasserra è stato tra i primi a mettere in mostra lasua bella faccia olivasta sui cartelloni pubblicitari. Spiegandoci chenel 2020 avrà 50 anni, vale a dire gli anni migliori per esprimere ilmeglio. E’ chiaro che lo slogan facesse riferimento all’Agenda Molise2020 che richiama Europa 2020.

Vale la pena precisare che Michele Scasserra ha scelto di correre inMolise civile, una lista in cui hanno trovato posto molti candidati ac-creditati che obbligano l’ex presidente dell’Associazione industrialia correre a perdifiato. E a trasmettere i tre punti qualificanti dellasua campagna elettorale che ha sostanziato in:- conoscenza;- crescita sostenibile;- occupazione.

Scasserra ha spiegato di aver scelto Molise civile perché crede in unmovimento più che a un partito, in modo da poter ricevere il sostegnodella società civile e di riavvicinare alla politica anche quelli che sisono disamorati e che quindi si sono allontanati per svariate ragioni.

Si è poi soffermato a spiegare perché ha scelto di stare dalla partedi Michele Iorio: “Ritengo che sial’espressione del leader politico,capace di compattare la coali-zione e con il bernoccolo dellaleadership e di governo”.

Scasserra non nasconde che incaso di vittoria avrà modo dimettere sul tavolo del governotutto il suo vigore, trasmettendosu nuovi tavoli le azioni sempresostenute in altre sedi per dareristoro e dignità alle impresemolisane che hanno bisogno diessere guardate con favore, perun rilancio in piena regola.

(al.ta.)

Michele Scasserra si batte perMolise Civile

Ha lasciato con due anni d’anticipola presidenza dell’Assindustria

e tante altre cariche deciso ad agirecon vigore a favore della società

civile e delle imprese

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Marco Tagliaferri corre per Progetto Molise

Ecco un uomo pieno di virtù

Dovrebbe essere una re-gola, ma tante volte è di-ventata una eccezione.

Senza offendere nessuno nonpossiamo fare meno di scrivere,per tratteggiare questo profilo, discrivere che Marco Tagliaferri èuna persona per bene. E un pro-fessionista con i fiocchi.

Sposato e padre di famiglia diradici di Rapalimosani, residentea Campobasso e medico primarioprima a Larino e ora a Termoli,Marco Tagliaferri prima di candi-darsi alle regionali nella lista diProgetto Molise che sostiene conimpegno Michele Iorio ha rice-vuto prima di tutto il sostegno deifamiliari e della figlia Valentina inprimis. E’ stata proprio Valentinaa scrivere su face book ai suoiamici di sostenere il padre in-tenzionato a scendere in camponel difficile agone politico. Confrasi spontanee la giovane figliadel professionista ha chiesto congarbo di condividere col padre l’ambizioso progetto per “miglio-rare la qualità della vita di cia-scuno per realizzare miglioriprogetti di vita per tutti”.

Direttore dell’unità operativa didiabetologia, di cui è specialista,negli ospedali di Termoli e Larino,Tagliaferri ha sommato una mol-teplicità di successi professionali,come attestano le presenze di mi-gliaia di ammalati che sonogiunti oltre che da tutti i centridella nostra regione anche dallaPuglia e dall’Abruzzo. Forte ditanta esperienza il professionistaha pensato di trasferire in poli-tica ciò che ha imparato nella vita,nell’intento di favorire con il suoimpegno, un ricambio tra i banchi

del consiglio, per innestare unanuova marcia. Anche grazie a ciòche ha espresso anche attraversola docenza di Bioetica

Egli si è imposto di trasferire ilbagaglio di esperienza medicaper orientare la politica, comeconferma il suo slogan. “Miglio-rare la qualità della vita di cia-scuno per realizzare miglioriprogetti di vita per tutti”.

Il suo programma elettorale sisostanzia in tre punti che sono ilconcentrato della sua vita densadi principi e di azioni nobili, evi-denziati nell’ambito del mondocattolico e del volontariato. Eccoli:- amore per la famiglia;- la stabilità del lavoro;- la tutela della salute con atten-

zione al diabete. (eu.pe.)

Specialista di diabetologia,

impegnato nel mondo cattolico

e del volontariato oltre che nella docenza

di Bioetica

Marco Tagliaferri in versione medica e di volontariato

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Elegante e riservato. Anche nel presentarsi agli elet-tori per l’appuntamento di metà ottobre. Come dire: basta la parola. Parafrasando un meraviglioso spot

che fece breccia tra i consumatori del Belpaese, negli anniSessanta. Si, è il caso di ripeterlo: basta la parola. Di An-tonio Chieffo, naturalmente. Un uomo che ha attraversatonegli ultimi venti anni le nervature principali della vitaamministrativa molisana.

Il suo luminoso percorso inizia a Colletorto, il comunedov’è nato e ancora vive. E’ li che ha mosso i primi passi,diventando sindaco, ancora giovanissimo. Quindi si spostain Provincia dove entra come consigliere, diventa asses-sore e, a seguire,viene eletto Presidente. Uno dei miglioripresidenti in assoluto in via Roma.

Il richiamo della Regione diventa forte e stuzzicante, cosìcambia indirizzo e si sposta, per volere di migliaia di elet-tori, in via 4 Novembre, in consiglio. Lavora sodo e gli arrivala gratifica di assessore che ne accresce meriti e visibilità,al punto da ritrovarselo come primo eletto, al fianco di Iorio.

Oggi intende continuare il suo discorso politico, ponen-dosi al comando della lista Grande Sud chefa capo a Miccichè. Chieffo intende prose-guire con la stessa sincerità e limpidezzad’animo che gli sono state firma.

Egli ha ben chiara la visione di quanto èancora necessario fare per il bene dellanostra regione.

Nel presentarsi all’appuntamento con lasessione elettorale autunnale l’ex asses-sore regionale ha voluto solo per grandilinee ripercorrere il suo lungo camminoregionale, ricco di fatti e sempre scarno diparole.

Non tutti ricordano che il tratto della Sta-tale 87 appena inaugurato è stato possibileanche grazie al suo pignolesco impegnopersonale; pochi sono forse a conoscenzache è stato lui a presentare la propostavera e concreta per la realizzazione del-l’acquedotto che porta l’acqua di sorgente

nel Basso Molise, permettendo a tutti i residenti di bereacqua che sgorga dalle nostre montagne.

Antonio Chieffo guarda in prospettiva e auspica di realiz-zare una campagna di marketing e di comunicazione convisibilità nazionale per pubblicizzare il nostro territorio.

Eccolo nei panni del fedele custode per difendere il Mo-lise dagli abusi e soprusi, ponendo particolare attenzioneai giovani, ai loro interessi e ai loro sogni.

Storicamente Chieffo ha dimostrato di essere uomo dipoche parole, avaro anche nel fare promesse. Ma è chiaroche nella sua mente ci sia una girandola di priorità per ilbene della collettività.

Sul piano etico e morale la sua lunga carriera è stata ca-ratterizzata da un cammino spedito e immacolato che puòrisultare ancor oggi come un esempio per agire nel ri-spetto delle leggi e della società civile.

Nel chiudere il suo rapporto elettorale con gli elettoripromette di voler cogliere le opportunità della nostra re-gione mantenendo sempre vivo il patto di sincerità, onestàe limpidezza che ha stretto con tutti noi. (eu.pe.)

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Antonio Chieffo spera di ripetere

l’exploit di 5 anni fa in cui sbaragliò la concorrenza

intercettando il massimo dei voti

Corre con il Grande Sud l’ex presidente della Provincia

Quando basta la parola

Antonio Chieffo

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Piccolo e svelto. Nico Roma-gnuolo molisano di Casaca-lenda, comune dove ancora

abita con la numerosa famiglia,moglie e quattro figli, è un uomoche convive con l’argento vivo incorpo. Leggendo il suo curriculum,uscendo dal professionale, si sco-pre che è amante di teatro in sala esopra il palco, è stato arbitro dicalcio, si scatena alla batteria, fa-cendo svolazzare la sua leggerazazzera.

Andando nel suo campo d’azionelo ritroviamo geometra e ricono-sciuto tecnico specializzato nel set-tore urbanistico e dei lavoripubblici. Tale capacità, sommataalle sue maturate esperienze poli-tiche gli sono valse, tra l’altro, lanomina di sub commissario alla ri-costruzione. Ruolo incandescenteche Nico ha ricoperto con onore edistinzione.

Per quel che riguarda la politicalo troviamo impegnato giovanis-simo a frequentare la sede delPSDI e nel 1995 quando alla Pro-vincia si misura con l’elettoratosfonda letteralmente, intercettandoil massimo dei voti, in modo da ri-sultato (percentualmente) il primodegli eletti in Italia. Alla Provinciaci sta da dio e dopo aver maturatole prime esperienze si vede asse-

gnato un assessorato che mantieneper anni.

Quindi diventa sindaco di Casaca-lenda, il suo comune, dove il lavoronon manca e lui non si fa invitare arimboccarsi le maniche.Dopo aver sommato tantaesperienza decide di sca-lare la Regione. Le cosevanno così così, al puntoda dover aspettare il 2008per entrane a far parte. Manonostante la sua fermaridotta si dà da fare, attra-verso la presentazione dialcuni disegni di legge inmateria di autorizzazioni inzona sismica. Confermandodi essere veramente ferratonella materia.

Oggi corre con MoliseCivile, lo squadrone che facapo a Stefano Sabatini, eche sostiene il governatoreIorio che si aspetta unastraordinaria risposta pro-prio dalla sua lista che po-trebbe essere la sorpresadelle regionali.

Pur sapendo che le urnepresentano mille insidieNico Romagnuolo si pre-senta fiducioso al giudiziodegli elettori, dicendo lorouno slogan semplice e

puro: Ti puoi fidare. Senza aggiun-gere altro. Chi volesse saperne dipiù può visitare il suo sito (fattomolto bene). Ne vale la pena.www.nicoromaguolo.it (al.ta.)

Un uomo di cui Ti puoi fidare

Ha messo insieme esperienza alla Provincia, è stato sindaco di Casacalenda,sub-commissario per la ricostruzione ed è consigliere uscente

Nico Romagnuolo corre per Molise Civile

Visita Prefetto di Campobasso

Consegna premio Achille Bonito Oliva Incontro con Arnoldo Foa

Romagnuolo e Iorio

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Ci sono molti buoni motivi per vo-tare una donna. I suoi occhi sonodue obiettivi che fotografano ogni

dettaglio, come farebbe il migliore dei pa-parazzi, ovvero senza darlo a vedere.

Gli occhi chiari e grandi, 46 anni com-piuti, una bella famiglia, un “fusto” di ma-rito e due meravigliosi figli, Romy eRiccardo. Capelli naturalmente biondi etante cose da raccontare.

Nunzia Lattanzio si compendia inpoche righe, ma ha tante cose da ricor-dare. Viene da lontano, con quasi 30 annitrascorsi nel settore dell’accoglienza, ini-ziò che era un frutto ancora in fase di ma-turazione. Da 17 anni nel Molise, dove èarrivata dalla provincia di Bari, Locoro-tondo popoloso centro agricolo che va fa-moso per i suoi “bianchi”.

Già Tutore pubblico dei minori perconto della Regione Molise, incarico rico-perto per 4 anni; già giudice onorario delTribunale dei minorenni, per 8 anni; giàesperto del Tribunale di sorveglianza diBari. E’ pedagogista, specializzata in cri-minologia, come libera professionistasvolge il compito di grafologa giudiziaria,

dopo essersi specializzata alla Luis.Oggi ha deciso di cambiare scenario,

dare uno strappo alla routine. Prenderedi petto l’oggi per modellare il futuro. Nelsuo petto avanza una rivoluzione senzanome per difetto di definizione: quelladella donna matura. Forse per questo hadeciso di scendere in campo e conten-dersi un posto alla Regione. Glielo chie-diamo.

Nunzia Lattanzio, perché in politica?Perché mi piace, mi affascina, mi avvince.Lo sa che è un campo in cui bisogna

dare più di quanto si immagini?Ne sono certa. E sono d’accordo anche

che una donna non debba ricevere nienteper il rispetto del sesso, ma debba solo con-quistarlo. Rimboccandosi le maniche.

Perché ha scelto il centro-destra?Per formazione e vedute ideologiche. Mi

sento una moderata, per questo ho sceltoquell’area.

Perché con Progetto Molise?Perché i miei programmi collimavano

con quelli del movimento e del suo leaderlocale Luca Iorio.

Quali sono i suoi rapporti con

Michele Iorio?Cordiali e formali. Condivido la sua linea

e mi piace il suo modo di non perdere maila calma.

La sua candidatura è naif?Affatto. L’ho preparata da tempo. Stu-

diando il panorama politico e la vita civiledella regione.

Ognuno in questi giorni ha una suaricetta. Mi dice la sua?

Non ho ricette, ma non mento nell’affer-mare che la politica meriti un alto impegno.E io sono disposta a offrirlo.

Per correre alla Regione ha dovutolasciare i suoi incarichi?

Certamente. Altrimenti sarei stata in-compatibile.

Mi regala qualche slogan, così, tantoper farci il titolo?

Più di uno, scelga lei: “E’ ora di cambiare,l’Italia riparte dal suo cuore (geografico) edi valori (politica)”.

E poi?Cento lamentele non fanno un’idea.Bello. Ce ne ha un altro?Una buona idea può cambiare l’Italia.

(ge.ve.)

“Cento lamentele non fanno un’idea”

Dopo le dimissionida Tutore pubblicodei minori correnella lista di Progetto Molise

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Viaggio all’interno di una carriera del più grande artista molisano vivente

di Gennaro Ventresca Il talento di

Il pittore Antonio Pettinicchi (86 anni) impegnato ancora nel suo studio

con un autoritratto

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Invadenti raggi di sole di un set-tembre mai così caldo riempionolo studio del Maestro. Molliccio,

lattiginoso come un calamaro, indi-feso. Il Maestro con i guasti dovutiall’età e ai mali che l’accompagnano,possiede un pallore che è ancora to-nico, assai elegante. Il suo corpo mi-nuto e nervoso conserva l’esplosionedella sua immensa vena.

Sto scrivendo di Antonio Pettinic-chi, molisano di Lucito, dove è nato 86anni fa. Senza far torto a nessunoposso affermare che si tratta dellamassima espressione vivente del-l’arte pittorica molisana. Un perso-naggio formidabile che per caratteree temperamento, pur avendo nellemani il potere di trasmettere su telaemozioni inebrianti, ha preferito star-sene sempre in disparte. Poche le sueapparizioni in pubblico, rare le perso-nali, quasi sempre assente alle collet-tive, insomma una specie di luposolitario che però non gli ha nuociutosul piano intellettuale. La critica neisuoi confronti è stata sempre attentae prodiga di elogi. Essendo fatto così,Antonio Pettinicchi, senza volerlo si ècostruito una nicchia entro cui si è in-filato, per vivere a modo suo, facendoparlare al posto suo i suoi lavori: oli,acquerelli, tempere e incisioni. Ne èvenuto fuori un personaggio straordi-nario che le istituzioni, almeno loro,avrebbero dovuto prendere in mag-giore considerazione.

“Quando mi viene in testa un’ideapenso che sia geniale e faccio deltutto per metterla in pratica”, misvela, cercando di catturare la mia at-tenzione rapita da due dipinti che mitolgono il respiro: un suo autoritrattodel 2007 con sfondo il campanile diBoiano dove ha insegnato da giovane,e la morte del padre, steso in un lettoavvolto nelle coperte.

Non si può negare che Pettinicchisia un tipo sincero, dice poche cose,senza filtri. Per questo si lascia scap-pare qualche disappunto per il Pa-lazzo, pur senza entrare in apertapolemica con nessuno dei suoi inqui-lini presenti e soprattutto passati.

Un amore ricambiato. Lui che ama

l’arte e l’arte che ama lui. Un unicobinario, senza scontrarsi, ma solo perincontrarsi. Per realizzare “Cosedell’altro mondo”, attraverso un curri-culum impeccabile che lo ha fatto en-trare in una dimensione pazzesca:sembra un bambino davanti all’al-bero di Natale pieno di regali quandoaccarezza con lo sguardo le sue pro-duzioni. Per le quali è povero di pa-role, anche se di fronte a quelcaleidoscopio di colori i suoi occhi siaccendono come carboni ardenti.

Gli uomini invecchiano veloce-mente, non le sue opere che raccon-tano, sono un lascito. Pettinicchi hainterpretato e ancora interpreta perquanto la salute gli permetta la vitaintorno a sé, senza la paura di descri-vere ciò che è diverso da “noi”.

Quando gli chiedo cosa si aspetti direalizzare ogni volta che prende ipennelli, mi risponde, allargando lebraccia: “Niente, oltre al tremolio cheho. Scarto il pacchetto e vedo cosa c’èdentro”. E poi aggiungo: quandoun’opera è finita? Lui mi fa: “Mai”.Sottolineando: “Ci sarebbe semprequalcosa da aggiungere, da rifinire, dalimare”.

La sua produzione è stata feconda.Con il pennino ha inciso circa 500 la-stre che ha conservato gelosamente.Si sente pittore Pettinicchi, senza di-menticare l’incisione attraverso l’ac-quaforte.

Disegna tutti i giorni (ha fatto più di1000 disegni) “per mantenermi alle-nato” e dipinge prevalentemente almattino “sono più fresco”. Tra i suoi in-finiti ricordi cita sempre il maestroAmedeo Trivisonno presso il cui studiosi recò da giovanotto per apprenderel’arte del disegno e della pittura. Il suomaestro batteva molto sul disegno, e glispiegava: “Non può nascere mai unagrande opera se non c’è alla base ungrande disegno che faccia da guida”.

Qualcuno dovrebbe ricordarsi di lui,per attribuirgli un premio tonificante.In modo da farlo apparire qualchevolta in pubblico e far sapere allagente che Antonio Pettinicchi è vivo,soprattutto grazie alla fertilità dellasua arte.

Di recente accende i colori per me-scolarsi con la sua arte per realizzareautoritratti. Ne ha accatastati tanti nelsuo studio, uno diverso dall’altro, matutti con l’occhio spiritato, la facciatriste, l’aria disincantata.

Non mi concede molto tempo. Esembra quasi che voglia proteggere lesue tele dalla mia curiosità che glielesquaderna, facendo per ognuna lu-singhieri apprezzamenti. AntonioPettinicchi è fatto così, non da oggiche sta vivendo l’età matura. Le inter-viste non gli sono mai piaciute ungranchè, per cui mi ritengo un fortu-nato di avere avuto ospitalità nel suoelegante studio, con il pavimento inceramica ricoperto da ampi cartoni,per impedire che i colori possano im-brattarlo. Prima di andar via faccioappena in tempo ad apprezzare unmeraviglioso dipinto di un cane chesta accucciato. Con l’occhio spiritatocome chi l’ha dipinto e con lo sguardodimesso. Facendomi pensare che èproprio vero quel ritornello che diceche ogni cane somigli al padrone.

Tiene da parte 500 lastre di acqueforti e 1000 disegni da cui sono nati altrettanti dipinti

Lo attraversa un cruccio: aver ricevuto scarsa considerazione dalla istituzioni

Antonio Pettinicchi

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Villa Comunale da affidare ai privati

E’ stata per tutti la Villa Comunale.Chiusa da cancelli e mura di cinta,rallegrata da un parco che è stato il

vanto della città. Da qualche anno i giovanigiornalisti hanno preso a chiamarla Villa DeCopa, come è giusto che sia, in contempora-nea è diminuito il suo appeal. E sono accre-sciute le doglianze dei cittadini. I quali nonci vanno mai a farsi una ristoratrice passeg-giata ma, in compenso, sforbiciano molto.

I giovani non hanno più bisogno di cer-care l’intimità tra i vialetti della Villa, tantosi baciano appassionatamente e si pomi-

ciano con pari pas-sione anche in pienocorso, tra la gente, coibambini che guar-dano e coi pensionatiche fanno il raffrontocon i tempi andati.

In Villa ogni passeg-giata con la morosaequivaleva a un saltoin paradiso. Quei baci,le tenere carezzeerano le conquistedella meglio gioventù.Ci si ritrovava con laragazza e approfit-tando della disatten-zione del guardiano

che portava tanto di divisa inorgoglita da uncappello da maresciallo, ci si scambiavanomille effusioni. Teneva in bocca il fischiettoil custode della Villa e non concedeva scontiad alcuno. A ogni bacio faceva seguire un fi-schio deciso come un calcio di rigore.

Villa De Capoa non è stata curata con lagiusta attenzione dalle ultime amministra-zioni che si sono affidate a un solo addettoper turno, che fa da custode e da giardi-niere. Poca roba se si pensa al bisogno gior-naliero solo per tenere puliti i vialetti. Pocosi è fatto anche per la parte botanica in cuinon ci sono stati i ricambi delle essenze cheper una serie di ragioni sono perite.

La settecentesca Villa è stata al centro deldibattito comunale durante l’estate. Nel Pa-lazzo hanno pensato di darla in gestionecon una partecipazione pubblico-privato.Alla base della decisione ci sono i soliti pro-blemi economici. Ormai sono lontani itempi (Ottocento) in cui la Villa era di pro-prietà della Contessa Marianna De Capoa,una nobildonna che non lesinò attenzioneal parco e ne fece u lascito al Comune.Giova ricordare che nel Settecento, propriocon il suo impianto, la Villa è stata utilizzatadai monaci per la coltivazione di erbe medi-cinali per i loro infusi.

La superficie complessiva è poco supe-riore a un ettaro e mezzo, esattamente sono16.000 i metri quadrati, formando un belpolmoncino verde per la città capoluogoche, una volta, si fregiava del titolo nienteaffatto pleonastico, di città giardino.

I giovani che oggi sono diventati nonnierano soliti andare in Villa anche due volteal giorno, per passeggiare, bere allo zam-pillo della fontanella e fare anche la pipì nelbagno opportunamente nascosto da unaveletta in muratura. Oggi, invece, le visitesono più rare. Per andare in bagno bisognarintracciare il custode che ha in consegnale chiavi, il chioschetto è chiuso e la fonta-nella funziona quando l’idraulico la rimettein sesto. Per i bimbi, nella zona alta deicampi da tennis resta ben poco. Da quil’esigenza di darsi una mossa, per rimetterele cose a posto.

Sbaglia chi si attarda a fare la melina perostacolare l’iter municipale per affidare ilpatrimonio della Villa a una nuova società.Il sindaco, però, sembra propenso ad an-dare avanti. Per questo entro la fine del-l’anno dovrebbe dare vita al bando. In mododa permettere il rilancio del sito che ha ur-gente bisogno di uno scossone. In modo cheil Parco, vero e proprio orto botanico citta-dino, torni a essere luogo di aggregazione,anche per gli eventi musicali all’aperto.

(ge.ce.)

Dopo anni di scarsa cura per l’orto botanico cittadino si va verso un cambiamento

Si va verso una gestione pubblico-privato per rilanciare il sitoche il Comune non riesce più a mantenere da solo

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di Domenico Fratianni

Ho avuto la fortuna, nelcorso della mia vita,di avere avuto come compagni di

viaggio, all’interno di un particolarespaccato fantastico, personaggi che, conla loro passione amicale, hanno impre-ziosito il mio cammino di uomo e di arti-sta. In quello straordinario scenario cheera la libreria “ Remo Croce”, n CorsoUmberto, a Roma (dove ero di casa, gra-zie a quel magnifico anfitrione che era ilmai dimenticato Remo Croce, per anniPresidente dei Librai d’Italia, che miaveva aperto le porte per innumerevolirassegne pittoriche e incisorie), ho in-contrato quelli che sarebbero diventati imiei amici di sempre, con i quali avreicondiviso le gioie e i tormenti dell’avven-tura artistica. E’ stato in questo ambientedal profumo di libri, quello in cui hoscambiato pareri con poeti, scrittori, sag-gisti, pittori, attori e attrici, registi cine-matografici, come Giovanni Fago, CarloVerdone, Paola Gassman e Ugo Pagliai,Pippo Gambino, Vito Apuleo, Dario Mi-cacchi, Ugo Attardi, Folco Quilici, PietroCimatti, Gina Lagorio, Giulio CarloArgan, Eugenio Dragutescu, AlbinoPierro, Dario Bellezza, Giuseppe Mi-gneco e, soprattutto, i molisani GiuseppeJovine(il fratello mai scomparso), GildaPansiotti (molisana per amore), GioseRimanelli, cha da Casacalenda/ Molise sisarebbe trapiantato in America (dovetutt’ora vive) - ma i nostri contatti sonovivi e continui -, e Francesco D’Episcopo,molisano anch’egli di Casacalenda, cheora vive tra Napoli e Salerno, con il qualeho rinnovato il patto d’amore per la no-stra terra di Molise e per la nostra cul-tura. D’Episcopo è venuto a trovarmi,giorni or sono, nel mio Studio, per vederee commentare se quel pizzico di “follia” -come lui dice - era sempre presente neimiei ultimi dipinti in ordine di tempo. E’stata l’occasione propizia per una inter-vista che riporto integralmente:

Caro Francesco, sono particolar-mente lieto che questa pagina cultu-rale mi offra l’opportunità, finalmente,di intervistarti.

Sono anch’io amichevolmente coinvoltonella felice e rara circostanza.

Allora, da dove vogliamo comin-ciare? Come sempre, dal nostro Mo-lise. So che il rapporto con la terra incui sei nato è quanto mai profondo.

Si, è esattamente così. Sono nato a Ca-sacalenda e con il mio paese di origineho sempre conservato un rapporto fatto,in un primo momento, di memoria, per-ché nel palazzo Masciotta, dove abitava

mio zio notaio, Domenico Lalli, che mi haun po’ cresciuto, con la sua gentile mo-glie, Teresa Cappuccilli, io venivo, pun-tualmente, da ragazzo, a trascorrere lemie estati, studiose e solitarie ma ricchedi amore e di armonia. Ricordo che,quando la littorina partiva per ripor-tarmi a casa, mia zia sventolava un faz-zoletto bianco dalla finestra del palazzo,in linea con la stazione ferroviaria, equalche lacrima bagnava il mio viso.

Oltre Casacalenda, un altro paesemolisano avrebbe segnato da semprela tua vita.

Certo, Guardialfiera, il paese della fami-glia Lalli di mia madre. Mio nonno, Giu-seppe, era notaio come mio zio: un uomod’altri tempi, un classico galantuomo mo-lisano. La sua prima moglie, Aurora, morìdando alla luce mia madre, che portava, amemoria, questo bellissimo nome. Ho vis-suto, con curiosità, la grande casa di miononno al Corso Umberto, del cui primopiano sono erede. Ricordo, in particolare,la grande cucina con un immenso camino,dove da bambino rischiavo spesso di ad-dormentarmi, mentre gli adulti si intratte-nevano in piacevoli conversari. Seppi damia madre che anche Francesco Jovineamava sostare a lungo dinanzi a quell’au-tentico monumento molisano all’amicizia,alla cordialità del vivere, per raccontare,con una voce cadenzata e una precisionedi pronuncia, che per mia madre, legatatra l’altro da un vincolo di parentela conla sua famiglia, era rimasta proverbiale.Tra l’altro, sulla copertina de “Il Contem-poraneo”, la importante rivista della sini-stra italiana, apparve una foto cheritraeva Jovine con mio nonno e un gruppodi paesani, nelle campagne di Guardial-fiera, che rendevano omaggio a un asinellomansueto, fotografato con loro.

Tu hai l’indubbio merito di avere ri-proposto Francesco Jovine, i suoi ro-manzi, ma anche la sua personalità,in forma nuova e originale, e questotuo impegno, culturale ed editoriale,è stato premiato con la cittadinanzaonoraria del paese di tua madre.

E’ stato un momento molto bello e com-movente della mia vita, e devo renderegrazie, ancora, al Comune e all’amico disempre, Vincenzo Di Sabato, modesto estraordinario operatore culturale dellanostra Regione. Sì, ho fatto molto per Jo-vine, e continuerò a fare, dopo la recenteriproposta per l’editore romano Donzellidel romanzo Signora Ava, che ha riscossoun sorprendente successo di pubblico e di

critica. Per mia natura, amo liberare gliscrittori, che scelgo, da etichette scolasti-che ed accademiche, per riportarli allacondizione, che mi sembra per loro piùgiusta e più rispondente alla loro vita ealla loro storia vera. Troppi partiti presisulla nostra Letteratura, andrebberosmontati e ricomposti con maggiore im-pegno critico e onestà intellettuale.

Un piccolo articolo, che ti riguar-dava, su questo giornale ti ha definito“il professore buono”. Che ne pensi?

E’ certo preferibile essere definito “pro-fessore buono” piuttosto che cattivo. Miopadre, napoletano verace, mi ha, in qual-che modo, trasmesso il culto del bene, miricordava sempre il proverbio: “Fai ilbene e scordalo, fai il male e ricordalo”.Preferisco la prima soluzione: rende felicise stessi e gli altri. Fare del bene, soprat-tutto nel nostro mondo, significa non es-sere egoisti, ma promuovere e scoprire glialtri, aiutarli a indovinare la loro vera vo-cazione. Quando questa coincide con lascrittura, con l’arte in genere, sono felice,perché è tutto ciò che di noi resta. Con-vertire alla Letteratura comporta qualcherischio, ma conviene correrlo in vista diun comune risultato positivo.

Peppe Jovine, all’improvviso, ci halasciati; io ero molto legato, come bensai, a lui. Mi siete ora rimasti GioseRimanelli e tu. La vostra amicizia misostiene molto nella mia passione ar-tistica.

A volte penso a noi come a dei moschet-tieri, avventurosi e affettuosi. A propo-sito, poi, di quanto ora dici, non a caso,hai scelto due casacalendesi, che vivonolontano ma si vogliono bene. Spero che lanostra collaborazione, fondata esclusiva-mente sull’affetto e sulla stima reciproca,possa continuare a dare buoni frutti. In-tanto, ti ringrazio di questa nuova occa-sione molisana, che mi hai offerto, perparlare alla mia terra e alla mia gente.

Intervista a

Francesco D’Episcopo saggista e critico letterario

Il professore Francesco D’Episcopo

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Senza andare moltolontano, basta ricor-rere al filosofo sette-

centesco Giambattista Vicoper avere una visione piùchiara della realtà odierna.Oppure basta leggere que-sto “pezzo” che parla dicose relativamente remote.Cose che sono appartenuteal passato e che molti nonconoscono e quelli che lehanno conosciute le hannodimenticate.

Qui si parla di politicafuori dalla politica. Si rac-conta di cosette che hannocondito la nostra vita ammi-nistrativa. Per mettere inevidenza la differenza tra ciòche accadeva ieri e ciò che,invece, sta succedendo oggi.

I pochi onorevoli e i rarisenatori eletti nella nostraregione erano consideratiautentici totem, riveriti e ri-spettati come imperatori. Icortigiani erano più di quellidi oggi, ma sapevano stare a

distanza. Tra loro e il capocorrente c’era una nettasuddivisione. Tanto per ca-pirsi: per poter parlare conGiacomo Sedati bisognavamettersi a rapporto in segre-taria. Dopodiché veniva ac-cordato l’appuntamento. Erainimmaginabile che qual-cuno potesse permettersi difermare per strada o al barl’onorevole, per rappresen-targli le sue problematiche.

Detto questo veniamo aciò che accadeva a queitempi, vale a dire primadella caduta della PrimaRepubblica.

I nostri parlamentari tor-navano in sede nel finesettimana e dedicavano illunedì agli incontri politici eagli elettori. Canonicamentenelle sedi opportune. Conl’aggiunta di ciò che si veri-ficava all’ora del pranzo.

Suddivisi per correnti ivecchi democristiani scel-sero alcuni ristoranti per labanchettistica. I doroteipreferirono Il Baronettodella famiglia Presutti, aTappino, aperto nel 1962;Florindo D’Aimmo si rifu-giò da Concetta in via La-rino; Girolamo La Pennapasteggiò da Emilio, a Fer-razzano; Sedati cominciò alRoseto per spostarsi anchelui al Baronetto.

A inaugurare questa abi-tudine ci pensò l’agnoneseRemo Sammartino, un si-gnore raffinato quantoelegante che pensò di si-stemarsi da Mario al Baro-netto. E’ lì che si sonodecise le sorti di assessori esono partorite le nominedel sottogoverno regionale.I sodali si davano appunta-mento all’ora del pranzo eprendevano posto a tavola.Una specie di sposalizio,anche con 200 commensaliper volta.

Si pagava alla romana, amenù fisso. Con qualcherara eccezione per i “capi”.

Si faceva a gara per capi-tare quanto più possibile neipressi del parlamentare,meglio se di fronte. In mododa poter sentire i discorsipiù intricanti di Sedati, Co-lagiovanni, Frattura, Vec-chierelli e via discorrendo.

Raccoglieva le quote Car-letto Passacantilli, il piccolosegretario personale diAdolfo Colagiovanni. Marioeseguiva un rapido controllodei “coperti” e intascava.Non senza aver preparato lesalette interne che servivanoper le riunioni ristrette e perle decisioni più complicate.

Merita una citazione que-sto simpatico aneddoto. Ca-pitò un lunedì, da Mario. Ilprofessor Colagiovanni erasolito bere, a fine pasto, unFernet alla menta. Lo chieseanche quel giorno, ma il ri-storatore, non senza imba-razzo, dichiarò di averlofinito. Con disappunto delprofessore.

L’indomani Mario, pernon farsi prendere più allasprovvista, comprò unacassa di Fernet. Che gli è ri-masta sul gozzo per anni:Colagiovanni nel corso dellasettimana passò nelle file deifanfaniani (La Penna) e dallunedì successivo andò amangiare da Emilio. (ge.ve.)

Quando la politica si faceva a tavola nei ristoranti cittadini

Al Baronetto nacque la nuova abitudine

Al Baronetto nacque la nuova abitudine

Mario Presutti vecchio proprietariodel ristorante “Il Baronetto”

I dorotei mangiavano a Tappino, La Penna a Ferrazzano, D’Aimmo da Concetta

Si riunivano ogni lunedì con oltre 200 commensali pagando alla romana

L’onorevole Giacomo Sedati (a sinistra) è stato tra i primi a frequentare il Baronetto per riunioni politiche del lunedì

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Due mesi per trasfor-mare in una scuolasicura, a struttura

antisismica, con tutti i servizia corredo, un complesso disettantadue mini apparta-menti, con angolo cottura ebagno. E’ l’impegno presodal Sindaco Di Bartolomeo ilquale, dopo un’improvvidacomunicazione in agostosulla fatiscenza delle scuoleelementari del Cep, che hadestato apprensione a pochigiorni dall’inizio dell’annoscolastico, proprio grazie aquesta promessa ha con-vinto i genitori allarmatidalla situazione nei plessi amandare a scuola i figli.

I ragazzi del Cep entro no-vembre dovrebbero per-tanto approdare nella nuovastruttura, l’ormai ex casadello studente dello Iacp,che in verità ha svolto pocoe male la propria funzioneprimaria. Un insuccesso to-tale, essendo risultata sco-moda la logistica per glistudenti, rispetto all’ubica-zione degli istituti universi-tari. Stessa sorte per i queicittadini che hanno cercatodi investire in case destinatea studenti in quella zona. Irisultati sono stati deludenti.Per cercare di attivare (eriempire) la Casa dello Stu-

dente, il Magnifico Rettorepropose all’epoca persinouna convivenza stile “cam-pus Americano”, offrendo glialloggi anche ai professori.Niente da fare, la struttura èrimasta una cattedrale semideserta tra gli orti di Colledell’Orso e Cacciapesci.

Cannata, in verità, findall’inizio, era contrarioalla locazione, aveva au-spicato di costruire il com-plesso a Tappino, dovel’Ateneo possedeva già deiterreni edificabili. Massa sioppose e riuscì a far pas-sare la sua idea di siste-

marla al Cep, quartiere chegli riservava messe di voti.L’obiettivo dell’ex sindacotuttavia non era meramentepartitico. Va ricordato che laprima giunta di AugustoMassa aveva ipotizzato, inuna bozza di Piano regola-tore mai approvato, unosviluppo della città versoCacciapesci, al punto cheera stato raggiunto un ac-cordo di massima tra Co-mune e Ferrovie dello Statoper attivare un servizio dimetropolitana di superficie(costo annuale un miliardodi lire), effettuato con un

trenino che avrebbe colle-gato la contrada urbanizzataal centro della città. In que-sta situazione, la Casa delloStudente al Cep avrebbeavuto ben altra sorte.

Cannata si consolò conl’acquisizione della strutturadel potenziale ospedale psi-chiatrico di Tappino, trasfor-mata in collegio per glistudenti di medicina.

Gli alloggi universitaridello Iacp, hanno dovutoattendere molti anni peravere una funzione sociale.Un salto di qualità, non c’èche dire, per le scuole delquartiere.

Resta da chiedersi che nesarà delle vecchie scuole.Assurdo pensare a buttaresoldi per ricostruirle, dopoaver trasformato la Casadello Studente in istitutoscolastico. Tra le ipotesi checircolano sotto i portici delMunicipio, oltre a una desti-nazione ad usi sociali, forsela più maliziosa ma verosi-mile e intrigante, è quellache dopo la demolizionedelle attuali scuole, le areepotrebbero essere destinatea scopi di edilizia privata,consentendo al Comune difare cassa, al tempo stessodando respiro all’imprendi-toria edile nel capoluogo.

di Walter Cherubini

Casa dello studente, al Cep è stata un flop

Fortemente voluta nel quartiere Cepdall’amministrazione Massa,

la casa dello studente si è rivelata un pessimo investimento per tutti,

dallo Iacp che l’ha costruita al Comune. L’Università si è ritrovata

con una struttura poco fruibile escarsamente appetita dagli studenti.

Ora Di Bartolomeo la destinerà a scuola del quartiere.

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Tutta colpa del televotoLa storia si è ripetuta anche quest’anno. Colpa di chi?

Ma del televoto, naturalmente. Perché le nostre ra-gazze non erano certamente inferiori alle concor-

renti che si sono misurate a Montecatini nel concorso diMiss Italia che interessa non solo alle shampiste, maanche ai cittadini di ceti più alti. Aggiungendo anche gliintellettuali che fanno solo finta di non gradire gli intrat-tenimenti frivoli.

Ed eccoci al televoto. Si tratta di una comoda invenzionedella televisione per far soldi e per mettere in moto po-tenti organizzazioni che ne traggono cospicui profitti.Ormai nel piccolo schermo durante qualsiasi tipo di com-petizione arriva sempre il momento del televoto. Il con-duttore con uno schiocco di dita lo fa partire e dopoqualche minuto ne scandisce la fine. Ma dietro a quel ritoci sono forti interessi che spostano le preferenze dei cit-tadini, attraverso l’acquisto di decine di migliaia di telefo-nate. Così si decide chi deve vincere il festival e chi ilconcorso di bellezza e chi “Re per una notte”.

Tornando al concorso di Miss Italia è appena il caso diricordare che le nostre due rappresentanti, Maura Manoc-chio e Simona Colella, sono state all’altezza del compito.Ma alla fine si sono dovute arrendere non solo alla solarebellezza delle vincitrice che sogna di fare la cantante, maalla forza della macchina organizzatrice.

Se Maura e Simona si sono limitate a una parte secon-daria del concorso di Miss Italia lo si deve anche alla pi-grizia dei molisani con il telefono. Perché le telefonatesono state poche. Meno del previsto.

Certo, da una regione piccola come la nostra non si pos-sono pretendere chissà quali grossi risultati. Bisognaprenderne atto. Allo stesso modo dovrebbero comportarsigli organizzatori dei concorsi che dovrebbero porre ogniconcorrente sullo stesso piano. Mentre non è così. Così ri-sulta più facile alla Calabria votare per la propria Miss eritrovarsela vincitrice, promuovendosi molto più a buonmercato di quanto fatto a caro prezzo, dal presidente dellaregione Scopelliti che ha pubblicizzato da par suo Reggio,definendolo, non senza ragione, il lungomare più bellod’Europa. (da.ma.)

Ecco perché le nostre ragazze non vincono mai a Miss Italia

Maura Manocchio e Simona Colella

escluse dalla lista

delle migliori solo per colpa del discutibile meccanismo

Maura Manocchio Simona Colella

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arissimo,nei pressi del Teatro Ariston latettoia dell’ingresso era vio-

lentemente illuminata, i capannelli dispettatori, il fumo delle sigarette, imanifesti gibbosi per le intemperanzedella colla e del vento che s’infilava invia Cardarelli, l’odore del vecchiolegno sfregato del botteghino, il risodella gente che pregustava l’irresisti-bile recitazione della compagnia.

I biglietti si compravano all’ultimomomento, inesistente la prenota-zione e i posti non erano neppurenumerati. Chi prima arrivava megliosi sistemava.

Prima di accedere in sala si bevevaun’aranciata al baretto della famigliaZappone, mentre una gran folla si ad-dossava al banco nella pausa dell’in-tervallo.

Il pubblico di Campobasso era sem-plice e dei più imparziali, indescrivi-bilmente sensibile alle comichesollecitazioni degli attori e del reper-torio, il quale si componeva di ridu-zioni dialettali di famosissime farsenapoletane. Nelle convulsioni del risotaluni riuscivano a mordere le loroscarpe, mentre altri aspettavano lafuoruscita delle ballerine, belle, tondee mezze svestite. Non mancava il“guardone” con tanto di binocolo inprima fila che una volta richiamò l’at-

tenzione del capocomico Nino Ta-ranto per uno spiritoso monologo, colpubblico in visibilio.

Sul loggione la ragazzaglia letteral-mente si capovolgeva e ululava il suodivertimento; i carabinieri di guardia,fresche reclute di Secondigliano e diSparanise, stramazzavano fulminatidal riso.

Appena usciva la soubrette c’erauna esplosione di gioia, più forte diun gol del Romagnoli.

Calato il sipario Campobasso tor-nava alla sua vita feriale. Aspettandol’appuntamento successivo. All’Ari-ston, naturalmente, il cine-teatrosimbolo della città.

Pochi ricordano ormai gli storicicomponenti della famiglia De Bene-dittis, proprietaria della struttura,Don Nino era sempre vigile e attento.Ricordava all’attacchino “poca colla,uagliò”. C’era la signorina Baldini chefaceva la maschera e l’operatore coni baffetti, prima che entrasse in ca-bina un uomo alto e secco.

La crisi del cinema e l’apertura delmultisala hanno decretato la finedell’Ariston. Le ultime serate sono fi-nite sul giornale, per il freddo in salae sul palco. Gli attori costretti a reci-tare con le coperte addosso. Nessunoha saputo raccogliere l’appello lan-ciato dagli sfiduciati proprietari del

locale che hanno tentato velleitaria-mente di turare le falle dell’età (ripri-stino del riscaldamento e imbottituradelle sedie). Così l’Ariston è morto.Tra l’indifferenza generale.

Il nostro cine-teatro ci ha tenutocompagnia per decenni. Col freddo siprendevano due biglietti, uno per sée l’altro per la morosa, e via a occu-pare le ultime file, in modo da potergodere dei favori della penombra perscambiarsi effusioni amorose. In gal-leria, poi, si stava meglio, una vera epropria “cava pomicina”. Lì sono natiamori estemporanei e duraturi.

Le bucce di noccioline e di castagnelanciate in sala, le proteste degli spet-tatori della platea. Per il film non siaspettava l’inizio, si entrava e uscivaalla rinfusa. Ma era bello lo stesso.Mentre ora restano solo romantici ri-cordi.

Leggo da qualche parte di unaconversione in negozi e un super-mercato. Fantasia pura: i negozichiudono, figuriamoci se a qualcunopossa venire in mente di aprirnealtri, in batteria. Il supermercato sa-rebbe una risorsa del quartiere, conun particolare niente affatto trascu-rabile: il parcheggio. L’unica possi-bilità di rinascita è l’acquisizionepubblica, per farne un teatro e uncentro culturale.

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ATTUALITA’

La vera storia dell’Ariston

Lettera a me stesso

La vera storia dell’Ariston

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di Gennaro Ventresca

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La Gazzetta del Molise, quotidiano free pressche si occupa principalmente di politica ha ilsuo punto di forza nella prima pagina. Sullaquale oltre all’oscar e al tapiro che sono le ru-briche più attese dai lettori e quelle che ten-gono sulla corda i “politicanti”, campeggia ilfotomontaggio. Il quale qualche volta riescemeglio di altre, ma resta sempre un pezzo dibravura. Che fa bruciare di rabbia chi ne ècolpito e strappa un sorriso in chi legge.

Ebbene, la realizzazione di questo quoti-diano lavoro è affidata a un giovane grafico,il quale s’è formato proprio in Gazzetta, por-tandosi in dote un cervelletto svelto e abilitàcon lo “strumento”.

Il fotomontaggio nasce molte volte pro-prio dalla testa di Gianluca Macchiarola,un giovane che da pochi giorni ha com-piuto 30 anni; altre basta dargli unlà e lui parte, andando a saccheg-giare nell’immenso mare di Inter-net e nel repertorio del giornale,da cui attinge il materiale che gliserve per le sue “trovate”.

Ama definirsi matto, perchèspesso le sue idee prendono il so-pravvento sulla razionalità e di-venta difficile fargli cambiarerotta. Ma spesso il risultato lasciail segno!

In questo breve profilo diGianluca Macchiarola abbiamopensato di pubblicare alcunesue “prove d’autore” che sonopoi uscite sulla Gazzetta delMolise.

(Da.Ma.)

Il matto che faarrabbiare i potenti

Le sue vignette sulla Gazzetta del Molise hanno fatto boomRitrattino di Gianluca Macchiarola

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Vent’anni. Tanti ne sono passati daquando Leandro Carile, a 59 anni, aseguito di una micidiale malattia,morì a Campobasso, la città dov’eranato, nel 1932. Ricordarlo, dopo unventennio non è opera meritoria, maun atto dovuto, da parte del cronistad’antan che lo ha conosciuto, fre-quentato come brillante professioni-sta e apprezzato come uomo.

La sintesi della sua carriera puòessere riassunta in poche righe,mentre per il suo operato non baste-rebbero le pagine di cui è formatoquesto giornale.

Specialista in Cardiologia, ClinicaMedica e Neurologia, primario di Me-dicina in Agnone, poi a Larino e quindia Campobasso, nonché docente di Se-meiotica e Presidente dell’Ordine deimedici di Campobasso. Nelle pillole diricordi non posso fare a meno di se-gnalare la sua discesa in campo nellosport automobilistico, all’Aci, di cui fupresidente, con il Rally del Molise, acui impose il nome “Luigi Carile”, inmemoria del padre, costruendo unamanifestazione che non ci mise moltoa guadagnarsi sulle strade molisane igiusti attestati per diventare prova va-lida per il titolo italiano.

La prima cosa che mi viene inmente, nel ricordare Leandro Carile,è che è morto troppo presto. Propriomentre stava cavalcando il successoprofessionale, con il rientro a Campo-basso, al Cardarelli, dove rimase percinque anni. Un male incurabile neha prima minato, per poi sconfiggere,la sua pur forte fibra. Portandoselovia prematuramente, accompagnato

da una folla mai così imponente chegonfiò il corteo del suo funerale.

Mi piace ricordare anche la sua vo-lontà di offrire il suo alto contributoalla politica locale, ma non gli diederol’opportunità: perché in quegli anni lavita era grama per chi aveva deciso diindossare una maglia diversa daquella della Democrazia Cristiana. ECarile si era schierato a destra, perfar trionfare la politica del fare e delrispetto delle regole.

Tra i ricordi che mi tornano inmente ci sono due punti particolar-mente qualificanti: l’apertura sotto lasua guida del Centro diabetico primaa Larino e quindi a Campobasso.

Sono andato a scartabellare in ar-chivio per trovare, insieme al cognato,l’avvocato Mario Serafino, materialeche mi ricordasse qualche passaggiosaliente della vita professionale diLeandro Carile. Per questo mi sonosoffermato su un articolo pubblicatosu “Molise oggi”, allora guidato daAdalberto Cufari, a firma dello stessoCarile, in qualità di presidente deimedici della provincia di Campo-basso, sul delicato rapporto tra Me-dico e paziente. Il titolo “strillava”Aiuto: mi sento male. E si concludevacon alcuni incisi, con i quali il profes-sore reclamava più attenzione per lasofferenza del malato. E che mi sem-bra il caso di riassumere in questepoche righe: “E’ completamente sal-tato il rapporto umano tra medico-paziente: è fallito soprattutto ilmedico come Uomo. Sono sempre piùrari gli esempi di dedizione e di pro-fessionalità: ormai si parla solo in ter-

mini di denaro e i veri interessi sonosolo fuori dagli ospedali.

“E’ necessario ritrovare la coscienzadi se stessi, tornare al rapporto con ilmalato, avere una maggiore consape-volezza della sofferenza. Se non si ri-spetta la dignità del malato, non saràmai rispettata la dignità del medico”.

Sono convinto che il ricordo di Le-andro Carile rappresenti cosa graditaper quanti lo hanno conosciuto e glihanno voluto bene. A incominciaredai familiari, la sorella Dora, il co-gnato avvocato Mario Serafino e il ni-pote, l’ingegner Luigi VincenzoSerafino a cui a conclusione di unlungo iter burocratico è stato datoanche il cognome Carile.

(ge.ve.)

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Leandro Carile ci ha lasciato troppo presto

Ricordo di un grande medico a 20 anni dalla sua morte

Ha lanciato il Rally automobilistico del Molise portandolo a livello nazionale

Aveva 59 anni e stava attraversando il momento più fulgido della sua carriera di primario medico

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Questa è una storia cometante. Non certo nel Molise,dove raramente ci è dato di

occuparci di accadimenti e di rim-pianti di questo genere. Ha comeprotagonista un signore di 52 anni,il cui nome circola ancora comeraro esempio di calciatore di qua-lità provate della nostra terra. Sitratta di Nello Cianci che ama sem-pre il mondo dei calci d’angoloanche se per vivere fa altro, il com-merciante di abbigliamento di arti-coli per bambini, sotto la galleria divia Gazzani.

Nello Cianci nasce a Vastogirardipaesino di montagna dell’isernino.Ma si sposta nel capoluogo ove siiscrive alle Acli. Non ci mette moltoa mettersi in vista: corre e saltellacome un canguro. Antonio Rausosgrana gli occhi e se lo coccola,mentre Antonello Toti, il managerdel club, lo mette in macchina e loporta a Lecce. Mimo Cataldo loprende al volo, dopo che MimmoRenna gli ha dato il benestare. Dianni Nello ne ha solo 16. Giocacentrocampista di fatica che all’oc-correnza sa anche andare a con-cludere. A 18 anni debutta in B, conRino Santin. Le sue qualità sonolampanti, diventa capitano dellaNazionale Under 18. Il ragazzo cisa fare e ruba ad ognuno dei suoimister (Mazzia, Corso, Fascetti,Giorgis) un po’ di trucchetti.

Si svezza a Messina, dà il meglioa Salerno, dove fa anche il soldato,esplode a Lecce, come cavallo di ri-torno. Brucia le tappe, incendia ilcuore dei tifosi salentini, senza ri-manere insensibile ai fianchi delleragazze che alla fine degli allena-menti si piazzano nei pressi dellostadio di Via del Mare, per conqui-stare il suo cuore.

Nello gioca alla grande e non di-sdegna la compagnia delle ragaz-zine. Gli manca una guida, come

del resto, a quei tempi, mancava atutti i calciatori. I quali andavanoloro stessi a contrattare l’ingaggio:i procuratori dovevano ancora ar-rivare. Così sbaglia a ripetizione,accontentandosi di poco. Anche sea rigor del vero di soldi ne ha messiparecchi da parte.

C’è poi una brutta storia da met-tere in conto: l’incidente al tendined’Achille che gli spezza le ali. Inpratica la sua carriera finisce rapi-damente, dopo aver incassato beisoldi prima a Foggia e poi a Fran-cavilla. Su quest’ultimo contrattoc’è un aneddoto da riportare in pa-gina. Prima di andare a discuterel’ingaggio con il presidente EmilioLuciani, un tipetto che ve lo racco-mando, si avvicinò al giovane com-pagno Walter Ciappi, ex portiererossoblù, che gli raccomandò dichiedere molto, “altrimenti il presi-dente pensa che non sei bravo”.Nello lo ascoltò e chiese 150 mi-lioni, per chiudere a 125. Senza ladritta di Ciappi si sarebbe accon-tentato anche per meno di 100.

Poi solo briciole. Lo troviamo inrossoblù tra i dilettanti, per treanni. E poi a trastullarsi tra i campidi periferia, solo per mantenere laforma fisica. Oggi divide il bancovendita con l’antistadio, dove al-lena una delle tante formazionidelle Acli.

Si è sposato con Irene Fratangelo,una ballerina che ha messo su unascuola di danza, Arabesqu,e e hatre figli, Francesco, Simone e Ca-milla. Il primo ha 16 anni è, dicono,sia più bravo del padre, come cen-trocampista d’attacco. Il ragazzodovrebbe finire al Bologna che losta facendo seguire. Se per casol’operazione dovesse andare abuon fine, state pur certi che Ciancijunior si affiderà a un attento pro-curatore. Per non commettere glierrori del papà.

L’ex centrocampista del Lecce oggi punta sul figlioFrancesco sul quale ha messo gli occhi il Bologna

Un tuffo nel passato di Nello Cianci

L’ex centrocampista del Lecce oggi punta sul figlioFrancesco sul quale ha messo gli occhi il Bologna

Nello Cianci con la divisa del Lecce negli anni giovanili e in basso oggi da commerciante

Quella carriera bruciatatroppo in fretta

di Gegè Cerulli

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Una volta c’era un solo ottico aCampobasso. Anzi due. Ora cene sono dieci volte di più. E

non perché tutti portino occhiali. E’ ilsegno del cambiamento dei tempicommerciali.

Se provate a parlare con i due ottici,uno dei quali è andato tra l’altro inpensione convertendo in altro indi-rizzo la sua munifica attività, vi diràche le cose vanno “male”. E non vidice una bugia. Perché rispetto aitempi in cui incassava somme favo-lose ora il fatturato si è abbassato. Purrimanendo comunque alto.

Ecco: forse è questa la foto più veri-tiera di come vanno le cose in com-mercio. Negozi che aprono e chechiudono, licenze che si rinnovano.Negozianti che s’improvvisano fini-scono in pochi mesi i pochi risparmi,non pagano il fitto del locale e dopoaver annaspato per qualche tempodecidono di chiudere.

La crisi del settore non scaturiscecerto dalla diminuzione del consumo:al bar si va di più, si mangia spesso alristorante, le pizzerie hanno un di-screto flusso di clienti, non abbiamo

mai speso tanto per l’abbigliamento.Il fatto che fa crollare gli incassi è checi siano troppi negozi. Uno accantoall’altro. Bar e tavole calde apronosenza sapere cosa sia il marketing.Così le cose vanno male. E gli analistipiù sprovveduti anziché meditare sulfenomeno se le sbrigano con qualcheparola: non ci sono soldi in giro.

Una volta non si potevano aprirenegozi senza chiedere prima la li-cenza al comune che la concedevasolo se la zona presentava ancoraspazi liberi. C’era un piano commer-ciale che prevedeva tot negozi per1000 abitanti. Poi c’e stata la liberaliz-zazione voluta da Bersani con l’in-tento di calmierare i pressi, ma chenon ha rispettato le aspettative.

Non è difficile chiedersi le ragionidel dilagare delle licenze commer-ciali. Mancando il posto fisso di unavolta i giovani e i loro genitori pro-vano a inventarselo. Attraverso ilcommercio. Che negli anni 60 pre-miava anche i meno dotati, ma chemezzo secolo dopo fa secchi anche ipiù attenti interpreti del settore.

Ci sono alcuni ristoranti che hanno

cambiato gestione almeno una voltaall’anno. I subentranti, spesso senzala minima esperienza con la cucinacommerciale, sono convinti di inter-rompere la tangente. Anzi, di farecose in grande. Ma dopo pochi mesi siritrovano con il fitto da pagare e i ta-voli vuoti.

Fatevi un giro tra i ristoranti citta-dini all’ora di pranzo: sono quasi to-talmente deserti. Eccetto pocheeccezioni. Si arrangiano quelli chefanno servizio mensa e i risto-bar checon 10 euro mettono a posto lo sto-maco di chi non ha grandi pretese.

C’è qualcuno che ha saputo dareuna svolta all’azienda appena rile-vata. E’ il caso dei nuovi gestori degliIgloo, sulla statale, nei pressi di Vin-chiaturo. Dopo anni di mortificantiaffari è arrivato il boom. Sotto quellecupole c’è sempre gente con le gambesotto i tavolini. E, dicono, la pizza èbuonissima.

Avviso ai giovani: fate uno studioparticolareggiato di marketing(scienza dello scambio, inventatadagli americani) prima di lanciarvi inqualsiasi attività commerciale. I tempisono cambiati, ora ci vuole scientifi-cità e, come sempre, una buona dosedi fortuna. Sono finiti i tempi in cuibastava alzare una serranda e aspet-tare con fiducia il cliente. Che arri-vava, perché le porte aperte eranopoche. Quindi andavano alla grandeanche i meno capaci.

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Il Marketing questo sconosciuto

di Daniela Martelli

Ecco le vere ragioni della crisi del commercio al dettaglio

I giovani aprononuove attività senza studiare

il mercatoCOMMERCIO

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Campobasso in cartolina

Il caldo senza precedenti che ha, pia-cevolmente, attraversato il Molise in

settembre ha determinato anche im-magini come quella che vedete ac-canto. Per combattere l’arsura la gentesi è avvicinata alle fontanelle che sonosistemate nei punti strategici dellacittà. In Villa di piazza Municipio nelleore di punta si è formata la folla. Uo-mini, donne e ragazzi si sono messi infila per aspettare il proprio turno epoter bere un sorso di acqua fresca. Laprelibata acqua di Campobasso chetroppo frettolosamente nelle case halasciato il posto alle acque imbottigliateche non valgono certamente quella no-strana. Se poi si vuole l’acqua frizzanteè un altro discorso, ma per la “liscia”non c’è di meglio della nostra acquache esce dai rubinetti delle nostre case,persino fresca.

Fontanella

La foto curiosa

Via Enrico Toti più che una strada è un vico corto e stretto, che da viaGaribaldi dopo pochi metri sbuca su via Pianese. E’così stretto che astento ci passa un autoveicolo e la sosta ostruirebbe la via. La prudenzatuttavia non è mai troppa, così -da molti anni- all’imbocco del vico cam-peggia il segnale di divieto di sosta con rimozione forzata, forse per sco-raggiare i più temerari tra i tanti parcheggiatori selvaggi della città.

Non sembra aver avuto molto suc-cesso l’iniziativa relativa alla cura delleaiuole spartitraffico affidata dall’ammi-nistrazione comunale ai privati, of-frendo loro in cambio la possibilità dicartelli pubblicitari gratuiti sui siti. Agiudicare dalle immagini che vi propo-niamo, tutto è rimasto ai propositi, cer-tamente non buoni, visto lo stato diabbandono di molte aiuole dove pure inbella evidenza spiccano i cartelli cheindicano gli sponsor. L’estate è statamolto calda, ma più che il sole a ren-dere sabbiose e brulle le piazzole èstata la noncuranza di chi avrebbe do-vuto occuparsene e forse il mancatocontrollo dei responsabili comunali.

Sponsor di… sabbia

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Giovanni Fanelli indossa il ber-retto e porta orgoglioso il suo

lungo pizzetto rosso, stile Ottocento.Si è scelto un mestiere difficile: vi-

vere con la vendita dei libri. Robache “scotta”, visto che si legge sem-pre meno, in un momento in cui im-

pazzano le visite su internet e lacarta stampata resta materia pre-giata solo per un numero sempre piùridotto di fruitori.

Tanto per intenderci Fanelli è il ti-tolare della bancarella che poggia ilsuo lato più lungo sulla parete norddel Banco di Napoli. La location è in-trigante tanto sotto l’aspetto archi-tettonico che per le proposteletterarie. In vetrina campeggia uncartello provocatorio, destinato a chinon ha confidenza con la lettura e haun indice culturale bassino.

Palladino editore facendo spondanella passione di Giovanni Fanelli haideato un’iniziativa “Cultura in ban-

carella” che ha riscosso un certo ri-scontro. In pratica ha allestito inpiazza una lunga bancarella sullaquale ha presentato, ponendole invendita, una molteplicità di operecon cadenze molisane. Lo ha fattoper cercare di diffondere la cultura eper cercare di fare cassa, con unalunga serie di titoli che giacevano inmagazzino. Spiegando che un libropuò creare immagini, evocare situa-zioni passate e farne immaginare difuture. Lo scopo principale della tro-vata ha mirato a valorizzare il librocome strumento di comunicazione edi dialogo. Per comprenderne i risul-tati bisognerà aspettare i risultati.

Il Mix di D’Artagnan

Con quattro pezzi (70x50) Domenico Fratiannisarà presente alla XII Biennale dell’incisione di

Gaiarine, comune del Trevigiano. Il maestro tra i piùfertili produttori di acqueforti del Molise farà partedella ristretta schiera di big che prenderanno partealla mostra, dedicata a Remo Wolf che si terrà a VillaAltan e che resterà aperta sino al 6 novembre. L’oc-casione è propizia per il nostro illustre conterraneoper acquisire altra esperienza per poter mettere incantiere, come direttore artistico, la prossima edi-zione della Biennale dell’incisione del Molise cheper fortuna potrà essere ospitata dopo sei edizionisofferenti, per la prima volta in una sede opportuna(Ex GI, in via Milano), finalmente completata equanto prima aperta al pubblico.

Un annullo postale ha decretato il successo pieno della 80^ edi-zione della Festa dell’Uva di Riccia.

18 carri hanno sfilato per le strade del centro molisano regalandogioia agli abitanti del posto e a migliaia di visitatori che si sono ri-promessi di tornare in futuro: qualora per una ragione qualsiasinon lo facessero perderebbero sicuramente una buona occasioneper godere il piacere di una manifestazione di timbro contadino,alleggerita dei suoi aspetti arcaici, per farne un appuntamento go-dibile e, per certi versi, anche interessante sotto l’aspetto culturale.

A farsi carico dell’organizzazione anche quest’anno ci ha pen-sato il Comitato Maria SS. del Rosario a incominciare dal suo pre-sidente Salvatore Panichella, già sindaco di Riccia, nonché vecchiodirigente della Regione, settore agricoltura. Gli organizzatorihanno stimato in circa 10 i presenti.

Festa dell’Uva a Riccia

Fratianni va nel TrevigianoPer non dimenticare Cornelio Gullì la sezione di

Campobasso della Dante Alighieri di cui l’illustreprofessore fu presidente negli anni 80 ha voluto ricor-darlo nella sala della Biblioteca Provinciale di Campo-basso. A guidare i lavori sono stati chiamati la dottoressaGiuliana Carano e il professor Carlo De Lisio.

Cornelio Gullì è stato valentissimo professore di Ita-liano negli istituti superiori, prima di diventare presidedi scuola secondaria. Il suo impegno professionale e in-tellettuale è stato alto e ci piace che si sia deciso di ri-cordare una figura di elevato profilo, al contrario di altreche sono state completamente dimenticate.

Giova ricordare che quando entrava in aula il professor Gullìincuteva un misto di rispetto e paura negli studenti: durante lasua spiegazione non volava una mosca. Mentre nel cielo di al-zavano nuvolette di fumo che si levavano dalle sue sigarettesenza filtro, consumate sino a bruciargli le dita.

Ricordo di Cornelio Gullì

Cultura in bancarella

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Dicono gli esperti chel ’ i n f o r m a z i o n eguardi con benevo-

lenza al telematico. Glistessi esperti avevano assi-curato anche che il cablag-gio telefonico delle cittàavrebbe cambiato il nostrosistema di vita. E avevanoaggiunto che era giuntol’ora del videotelefono do-mestico e portatile.

Per questo bisognerà ve-dere sino a che punto ilvideo è destinato a sosti-tuire il cartaceo. Il qualecartaceo conserva comun-que un potere formidabileche nessuno schermo potràmai sopprimere.

Detto questo veniamo ascrivere qualche notizia suigiornali telematici che daqualche anno, con alti ebassi, sono entrati nel si-stema informativo moli-sano.

Antonio Sorbo uscito daMolise Oggi puntò sull’in-novazione del piccoloschermo, fondando “altro-molise” e non ci ha messomolto a farsi conoscere. Glisono andati dietro in tanti.Perché rispetto al cartaceoil giornale on line costapoco. Al di là delle “teste”servono un paio di compu-ter, un telefono, un fax epoco altro per cominciare.E, ci par di capire, che così

si siano avviati in tanti.Qualcuno ha fatto passilunghi, altri, invece, hannomesso la “ridotta”, accon-tentandosi di scriveresenza l’assillo della cronacae seguendo l’uzzolo e, ma-gari, l’inclinazione politicao addirittura partitica.

Ha mostrato di avere lavista lunga il giovane Ni-cola Dell’Omo di Bojano, 28anni con laurea in ScienzePolitiche, il quale si è in-ventato assieme a MassimoCampanella “primapagi-namolise”, facendola diri-gere inizialmente da PietroColagiovanni, un decanodalla mente lucida e dallapenna svelta. Una voltaguadagnata la “tessera” dipubblicista Dell’Omo si èmesso in proprio, diven-tando anche direttore dellatestata che si dichiara indi-pendente. Anche se lostesso Dell’Omo mostrasimpatia per il centro-de-stra e i suoi quattro colla-boratori strizzano l’occhioin direzione opposta.

Avendo il vezzo di occu-parsi soprattutto di politicaprimapaginamolise vienecliccata soprattutto dagliaddetti ai lavori, anche se, adetta di chi la gestisce, ognigiorno, in media sono 10mila i contatti unici. E’ ap-pena il caso di spiegare che

se 100 computer della re-gione vanno su quel sito fi-gura un solo contatto.

Con questi numeri il gior-nale telematico di Dell’Omo,con sedi a Bojano e Campo-basso, è diventato adulto. Edè molto seguito, anche per-ché i giovani colleghi non sifanno pregare per spingersia fare un’informazione spi-golosa e pungente. Chepiace alla gente, stanca dileggere da più parti il ri-passo di stucchevoli comu-nicati stampa.

Stando a ciò che ci ha ri-ferito lo stesso Nicola Del-l’Omo anche lo sport tiramolto, per questo il sito nonlo trascura, cercando di fareuna panoramica su tutto ilfronte molisano, senza tra-lasciare gli sport minori.Definizione che ci piacescrivere senza virgolette,perché dopo il calcio gli altrisport per i media sono con-siderati vistosamente mi-nori. Salvo ingigantirli inquei rari momenti in cuiproducono qualche lusin-ghiero risultato.

Da qualche tempo prima-paginamolise ha trovatosponda in Telemolise che loha inserito, assieme a unaltro giornale telematico, IlGiornale del Molise, nellasua rassegna stampa. Se siarriva in tv il successo è as-sicurato.

Allargandoci agli altrigiornali telematici a Cam-pobasso c’è Molisenotizieche fa capo a Claudio Pian,promotore finanziario conla passione della politica, ècoordinatore cittadino delPdl. Mentre a Termolisvetta Primonumero, gui-dato da Monica Vignale, giàin forza a Il Quotidiano delMolise.

Tonino Martino ha smessodi mandare alle stampe XXRegione e si è affidato alpiccolo schermo, anche aRiccia c’è un altro giornaleon line e forse anche altrove.Ma crediamo che primapa-gina possa considerarsi almomento il giornale più se-guito, per il guizzo che metteentro ogni notizia.

(al.ta.)

Se il computer fa boomStanno prendendo piede i giornali telematici

Nicola Dell’Omo di primapaginamolise

ha dato sveltezza al sito puntando

su politica e sport

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RUBRICHETTA

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Molise 2020, cronache dal futuro

di Walter Cherubini

24 gennaio 2020Terra nostra

Il Molise, “una terra pervecchi”, è stato il tema diun convegno organizzatonel capoluogo, con la colla-borazione di un asilo senile.A fronte della presenza dimolti mezzi d’informazione,che hanno dato forte riscon-tro all’evento, è da registrarepurtroppo la deludente pre-senza di pubblico in sala.Solo cinque persone dimezza età, tra cui due suorehanno, infatti, assistito allamanifestazione.

12 marzo 2020Non è mai troppo tardiL’assessore alla cultura di

Isernia, Castiello, ha di-

chiarato in una conferenzastampa che il Comune hadeciso di istituire corsid’istruzione secondaria peranziani; l’iniziativa do-vrebbe coinvolgere nonmeni di cinquemila per-sone e sarà finanziata conil contributo della Regione.

16 maggio 2020Termoli,

tornano le tamericiIl Sindaco Remo Di Gian-

domenico, ha illustrato allastampa il nuovo progetto diristrutturazione sul lungo-mare di Sant’Antonio. Inparticolare, saranno rimossele palme e verranno dinuovo impiantate le tame-rici, per ridare un’identitàantica all’adriatico molisano.

Di Giandomenico ha an-nunciato che verrà ristruttu-rata anche la spiaggia libera,attrezzata con aree picnic alcoperto e contenitori per ri-fiuti; inoltre, per l’intera sta-gione turistica ogni seral’arenile pubblico sarà ripu-lito da operai comunali.

10 agosto 2020Ferragosto alla Foce

L’associazione “Centrostorico” di Campobasso haorganizzato la classicascampagnata di ferragostopresso il boschetto dellaFoce, nell’intento di valo-rizzare l’area dopo il re-stauro attuato dal Comunein collaborazione con l’as-sociazione. Si prevede unapartecipazione di massa, ha

assicurato la sua presenzaanche Monsignor Bregan-tini, il quale per l’occasionecelebrerà all’aperto la SantaMessa per l’Assunta.

20 Settembre 2020La festa della birra

L’October fest del Molisefesteggia quest’anno la de-cima edizione. La manife-stazione si svolgerà secondotradizione dal 24 al 28 set-tembre. Previste presenzerecord per degustare vari tipidi birra, anche artigianale. Iltutto accompagnato da deli-ziose leccornie gastronomi-che, panini con salsiccia,porchetta, bruschetta e pe-peroni fritti. Molti politici re-gionali hanno assicurato laloro presenza.

14 novembre 2020Torna il picconatore

Il Consigliere regionaleMassimo Romano, ha scioltola riserva ed è pronto allanuova sfida elettorale delprossimo anno per guidarela Regione. Il suo sloganriassume il programma elet-torale, “Sfascio il sistema erinnovo il Molise”. Il consi-gliere regionale ha ammessoche in passato era stato fre-nato dai laccioli delle alle-anze, stavolta pertanto nonfarà accordi. Correrà da solo.

20 dicembre 2020La società resta ai Capone

L’imprenditore Marco Pu-litano ha ritirato l’offerta perl’acquisto del Campobassocalcio. Il motivo è legato acontrasti sulla valutazionedel patrimonio calciatori.

Trecento e più pagine. Tante è riuscito a darne alle stampeIsidoro La Farciola. Per farci sapere la storia del Ferrazzano

calcio. Tutto un programma il titolo: “Da La Fonte al Delle Alpi”.Perché nessuno che si occupa di calcio può aver dimenticato ilviaggio intrapreso dallo stesso La Farciola, come capo gruppo,assieme a un nutrito gruppo di ragazzini della scuola calcioFerrazzano di cui il collega e autore del saggio è stato primaallenatore e poi responsabile. In quegli anni il Ferrazzano haraggiunto anche la quota record di 250 bambini che frequen-tavano la scuola calcio, nell’impianto che aspetta di essere

ancora sistemato, malgrado tante promesse. Nel suo meticolosolavoro Isidoro ha riportato anche alcuni ritagli di giornali degli anni che furono.

Uno per tutti, pubblicato da Il Tempo, che “strillava” la nascita di “Ferrazzanello”. Il progettoè rimasto nel cassetto, perché non sono basttea la voglia e la grinta di un uomo senza il so-stegno di una struttura in grado di far muovere le leve.

Nel lungo cammino calcistico del Ferrazzano è il caso di ricordare che quattro ragazzi (Va-volo, Guglielmi, Quaranta e Pasqualone) sono finiti in club professionistici. Come è il caso diriferire ciò che scrive La Farciola a proposito dei ragazzi che non giocano più nei cortili e perstrada dove si imparava meglio a giocare a calcio. L’ultima sezione del volume racchiude le fo-tocopie dei cartellini di centinaia di ragazzi che oggi sono giovanotti. Una bella chicca, chequalifica ancor più l’opera di taglio sportivo-letterario.

Un bel libro di Isidoro La Farciola

Storie calcistiche di Ferrazzano

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Molti scrivonopochi leggono

Zibaldone di Eugenio Percossi

Conosco un posticino

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Bruno Lauzi e Ludovico Iammarrone

Grande cantante e illustre musicista l’uno; caposta-zione e instancabile passeggiatore l’altro.

Bruno Lauzi e Ludovico Iammarrone hanno molti puntiin comune. Non solo la chioma bianca e riccioluta.

Il cantante genovese pacioso e rotondetto, dopo avercomposto e portato al successo diverse canzoni s’è spento.Improvvisamente.

Ludovico Iammarrone è stato prima capostazione a Cam-polieto, il paese delle grandi nevicate e poi si è trasferito aCampobasso. Da quando è in pensione è uno dei frequen-tatori più assidui del Corso, dove passeggia sino a tardanotte. Di diritto è diventato un “personaggio”.

Bruno Lauzi Ludovico Iammarrone

separati dalla nascita

Più scrittori che lettori.Il fenomeno si ripete

anche in Molise. Terra dipoeti e di pittori della do-menica, in cui non man-cano diligenti scrittori cheraccontano fatti personali,di minuscole comunità, fi-nendo con l’arrivare allastoria.

Ci piacerebbe saperequanti lettori si sono dilet-tati a leggere le mille poesieche poeti di complementohanno portato alle stampe.Aiutandosi con mezzipropri, spesso soste-nuti da contributipubblici. C’è sempreuno sponsor per ogniiniziativa, anchequella meno convin-cente.

Intere collane rac-contano fatterelli dipaese, con sagre etradizioni. Ne tiranoanche 1000 copie,

anche se in paese ci abi-tano meno di 500 anime.Così è facile immaginarele giacenze di magazzino.

I pittori, bontà loro,fanno tutto in proprio. Di-segnano e dipingono.Quelli che non hannotratto e sono sprovvisti discuola si lanciano nel“moderno”, cercando diimprovvisare un’arte chenon c’è. Perché l’arte con-temporanea non va con-fusa con l’imbroglio.

L’ingresso dell’antica panetteria-pizzeria Palazzo in via Ziccardi

Possiamo dirlo senza timoredi far arrabbiare qualcuno?

Ma si, diciamolo pure: nel Molisesi mangia pesante. Per starebene a tavola ci vuole lo stomacoforte. Capace di triturare senzaaffanni cavatelli e carne di porco.I condimenti sono altrettanto pe-santi, malgrado i nuovi cuochi sistiano impegnando per prepa-rare piatti alleggeriti. Ne derivache trovare un posticino dovenon sia un azzardo per il coleste-rolo e il fegato indugiare con leportate non è poi così facile.

Questa volta facciamo una va-riazione al tema. Indicandovi unposticino niente male, nel centrostorico. In Via Ziccardi, appenalasciato Largo san Leonardo, ci siimbatte nel panificio dei fratelliPalazzo. Non c’è cucina, ma incompenso pane e pizze profu-mano l’aria per tutto il giorno.

Alle otto di sera si chiude. Chinon ha prenotato per tempodovrà rinviare il proposito all’in-domani.

Le pizze di Palazzo fanno partedella storia della città. La partepiù buona sta nella pasta, bellaalta e morbida, da poter man-giare anche fredda. Seguendo idettami della moda i Palazzo sisono sbizzarriti a farcire le pizzein modo vario. Anche se il cavallodi battaglia rimane la pizza alpomodoro. Per chi vuol provareun brivido c’è quella alla ventri-cina, forte e spiritosa.

Una “ ’mbustarella” col pane diPalazzo è una colazione, unpranzo o una cena da intenditori.I denti si infilano leggeri inquella mollica leggera, piena dibuchi, che fanno sembrarebuono anche il prosciutto che saun po’ di rancido.

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