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1 GIANFRANCO BENEDETTO IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO Studio sulla Seconda Venuta di Gesu Cristo alla terra, o “Parusia” www.it.la-parusia-viene.com.ar

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GIANFRANCO BENEDETTO

IL REGNO DI DIO SI

INSTAURA CON LA

SECONDA VENUTA DI

GESU CRISTO

Studio sulla Seconda Venuta di Gesu Cristo alla terra,

o “Parusia”

www.it.la-parusia-viene.com.ar

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INDICE DEL LIBRO Pagina Prologo 5 Introduzione 9 A) Schema del libro 9 B) Metodologia utilizzata in questo studio. 12 Capitolo 1: Gli avvenimenti precursori della Seconda Venuta di Gesù 15 A) I preparativi nel Cielo 15 1) La visione della Santissima Trinità prima dell'ascensione di Gesù Cristo 15 2) Visione dell'Agnello di Dio nel Cielo 18 B) L'apertura dei sette Sigilli: gli strumenti di Dio 20 C) I segni indicativi della vicinanza della Parusía 24 D) Conclusioni 28 Capitolo 2: Il tempo dell’avvertenza della misericordia di Dio 29 A) Comincio del tempo dell’avvertenza 29 B) Le quattro prime trombe 30 C) La Quinta Tromba 30 D) La Sesta Tromba 36 1) La distruzione della Babilonia 37 2) L’apparizione del Anticristo 39 3) La proclamazione del Vangelo a tutto il mondo 44 E) La Settima Tromba 50 Capitolo 3: Il giudizio di Dio agli Santi 51 A) Il senso del Giudizio di Dio 51 B) Il giudizio dei Santi vivi 53 1) Il rapimento degli eletti 55 2) La Nuova Pentecoste 61 3) Altri riferimenti evangelici del "rapimento" 62 4) Il vocàbolo "parusia" suggerisce il "rapimento" 63 C) La resurrezione dei santi morti 64 1) Il fatto della resurrezione 64 2) La prima resurrezione 65 D) La transformación de los vivos y de los muertos 66 E) Le nozze del Agnello con la Chiesa 70 Capitolo 4: La materia del Giudizio di Dio ai Santi 73 A) I discorsi escatologici di Gesù 73 1) Parabola del Maggiordomo prudente 74 2) Parabola delle Dieci Vergini 75 3) Parabola dei Talenti 77 B) Lettere alle sette Chiese 78 1)Éfeso 79 2) Smirna 80 3) Pérgamo 80 4) Tiatira 82 5) Sardi 83 6) Filadelfia 84 7) Laodicea 85 Capitolo 5: Il Giudizio di Dio nella terra al resto degli uomini 87 A) Il Giudizio della Gran Babilonia 87 B) La situazione nella terra dopo il periodo dell’avvertenza 88

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C) Le Sette Coppe 92 Capitolo 6: la Parusia del Signore 97 1) Apparirà un segno nel cielo 97 2) Si vedrà al Figlio dell'uomo venendo sulle nuvole 97 3) Se lamenteranno nella terra: la conversione dell’Israele 99 4) Gesù Cristo verrà accompagnato per i suoi santi 103 5) Gesù Cristo sconfiggerà l'Anticristo ed i suoi alleati 106 6) I cristiani sopravvissuti nella terra lodano a Dio 107 7) Purificazione e trasformazione della terra 108 Capitolo 7: L’instaurazione del Regno di Dio 111 A) La Nuova Gerusalemme, Celestiale e Terrena 111 1) La Gerusalemme celestiale 112 2) La Gerusalemme terrena 114 B) L'esistenza di una nuova età ("eone") terrena dopo la Parusia 118 C) L’instaurazione del Regno di Dio terreno 125 1) Il ritorno dei santi accompagnando Cristo 125 2) Il governo del Regno Terreno 126 D) Senso del Regno di Dio terreno 134 1) Il grado di gloria eterna dei salvati 134 2) L’apporto del Regno di Dio terreno 138 3) La conversione degli ebrei e la sua incorporazione alla Chiesa 139 Capitolo 8: Il Giudizio Finale ed il Regno di Dio eterno. 141 A) La vita nel Regno di Dio terreno 141 B) Il destino di coloro che muoiono in questo Regno terreno 143 C) La liberazione di Satana e la battaglia finale 144 D) Il Giudizio Finale Universale 147 E) La discesa della Nuova Gerusalemme Celestiale 150 Capitolo 9: Il compimento delle profezie messianiche 151

A) Concetti basilari per interpretare le profezie messianiche dell'Antico Testamento 151

B) Analisi del compimento delle profezie messianiche 156 1) Analisi del compimento delle profezie messianiche 156 2) Verrà un giorno col giudizio severo del Signore sul suo popolo corrotto 158 3) Il “Giorno” del giudizio del Signore arriverà anche per i popoli pagani 160 4) Il “Giorno del Signore” produrrà il sorgimento di una tierra rinnovata 160 5) Si farà tra il Signore ed il "resto" del suo popolo una nuova Alleanza 162 6) Apparirà il Messia, inviato peri l Signore 164 7) La reunione dell'Israele e Giuda 169 8) Sorgerà il Regno di Dio nella terra 171 Capitolo 10: I Dogmi di fede cattolica sulla seconda Venuta di Gesù Cristo 179 1) Dogma della Seconda Venuta di Cristo 179 2) Dogma della resurrezione dei morti 180 3) Dogma del Giudizio Finale Universale 181 4) Riassunto dei Dogmi 181 5) Il Millenarismo 181 Epilogo 183 1) Commento Generale 183 2) Novità che presenta questo studio 185 3) Differenze profonde rispetto al mondo attuale 188 4) Considerazioni finali 191

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

PROLOGO Che cosa rappresenta oggi per il cattolico, in questi principi del Secolo XXI, l'idea della seconda Venuta di Gesù Cristo alla terra? Se facciamo questa domanda a fedeli cattolici comuni, ascolteremo varie risposte, ma la conclusione generale su esse sarà molto semplice e chiara: dicono poco e niente. È un tema del quale quasi non si parla, né nella catechesi tradizionale, né nei sermoni domenicali, né nell'insegnamento che si dà agli adulti nei diversi nuovi Movimenti della Chiesa. Tuttavia, il fedele cattolico si trova circondato di persone che appartengono ad altre religioni cristiane o pseudo cristiane, come i Pentecostali nelle sue innumerabili denominazioni, gli Avventisti del Settimo Giorno, i Testimoni di Geova, ed altre sette diverse che sviluppano aggressive ed organizzate campagne di "evangelizzazione", o per meglio dire di “cattura” di nuovi membri, cercando specialmente pescare non nel mare aperto popolato di increduli ed atei, bensì piuttosto nell'acquario del cristianesimo in generale, e della chiesa cattolica in particolare. La sua esca principale è costituita per le diverse dottrine rispetto a quello che succederà nel "fine" del mondo, che in un modo o nell'altro tutte queste denominazioni religiose considerano più o meno vicino. Il cattolico con una fede elementare, con poca crescita spirituale, con una dottrina ricevuta in qualche catechesi più o meno generale, e che ha appuntato con pochi spilli, passa così ad essere una preda relativamente facile davanti alla preparazione e convinzione con le quali è abbordato dai membri di questi vari gruppi religiosi. Da una parte appaiono le immagini minacciose, che producono apprensione e paura, delle terribili catastrofi che succederanno nel fine del mondo, che precederanno la Seconda Venuta di Cristo, e d'altra parte offrono parallelamente dottrine che tranquillizzano, come il "rapimento della vera Chiesa", che normalmente è la denominazione religiosa che sta facendo conoscere il suo messaggio, con la salvazione dei eletti che saranno preservati di tutti gli avvenimenti di distruzione e dolore, che solamente rimarranno riservati per gli infedeli che non accettino il messaggio e dottrina di tale o quale fondatore visionario della chiesa in questione.

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Questo panorama è ovviamente moltissimo più complesso ed ampio di questa sintesi, ma ella riflette, benché magari di un modo stereotipato, le realtà che affronta il fedele cattolico sommesso al bombardamento che gli casca sopra proveniente da distinte forme di comunicazione, partendo dall'abordamiento orale, "persona a persona", suonando i campanelli della casa o attraverso familiari, amicizie o colleghi, passando per una gran profusione di opuscoli, libri e videi, fino alla presenza nei diversi mezzi di comunicazione, come la televisione o internet. Ma non dobbiamo parlare solo di quelli che potremmo denominare "cristiani con rischio", come chiama il Papa Giovanni Paolo II nella sua Lettera Apostolica "Novo millenio ineunte", N°34, al comune dei cristiani che si accontenta con una fede e preghiera superficiale, incapace di riempire la sua vita, per cui corre costantemente "il rischio insidioso che la sua fede si debiliti progressivamente, magari finendo per cedere alla seduzione dei surrogati, accogliendo proposte religiose alternative”. Anche per i cristiani più maturi, di fede più ferma, sorgono oggi molte domande e questioni, per le quali non trovano maggiori risposte nella pratica. Il caso più palpabile lo presentano le innumerevoli apparizioni e rivelazioni Mariane, che stanno proliferando in maniera straordinaria, specialmente nell'ultimo secolo trascorso, ovviamente soltanto considerando quelle che sono state più seriamente studiate e documentate per la Chiesa. In esse appaiono, come un "leit motiv" praticamente costante, i riferimenti ai tempi del fine, alla Seconda Venuta di Gesù Cristo o "Parusía", al Giudizio di Dio, ed ad una Chiesa che, dopo di grandi persecuzioni e tribolazioni, sopportando una gran apostasìa nel suo seno, apparirà vincitrice, pura e santa, risaltando di diverse maniere l'intervento della Vergine María come "precorritrice" di questa seconda Venuta di suo Figlio Gesù Cristo alla terra. Allora, all'improvviso, la Chiesa cattolica affronta il fatto reale che coi suoi dogmi di fede e dottrina escatologica tradizionale, le risulta difficile d’incastrare queste rivelazioni private nei suoi schemi accettati e stabiliti. Nel mio caso particolare mi trovai un giorno di fronte a questo problema. Dopo più di quindici anni di impegno nella formazione spirituale avanzata di laici adulti, nell'ambito del Rinnovamento Carismatico Cattolico dell'Argentina, mi internai sempre di più nella devozione mariana, riconoscendola come il cammino necessario a percorrere per ogni cattolico che cerca la crescita nella sua vita spirituale, tanto per viverla come per insegnare altrui. Così, tra molte cose, mi informai sul fatto appassionante delle apparizioni della Vergine María e le sue rivelazioni, e fui particolarmente attratto per il fenomeno che si conosce come "Movimento Sacerdotale Mariano", nato attraverso i messaggi della Vergine Santissima al Padre Stefano Gobbi. Meditando sul contenuto di quelli messaggi apparve all'improvviso davanti a me un nuovo scenario per la mia vita spirituale, consistente nella seconda Venuta del Signore e l'era di pace, giustizia e santità che la succederà, con una speciale effusione dello Spirito Santo denominata "la Seconda Pentecoste." Come quasi nessuno di tutti questi elementi incastrava nella mia conoscenza dottrinale sul tema degli ultimi tempi, mi dedicai affannosamente a cercare e studiare tutto quello che potei trovare relativo all'escatologia cattolica, così che inevitabilmente sboccai nello studio del Libro dell'Apocalisse. In quest’epoca mi trovavo già per dieci anni lavorando con una nuova esperienza spirituale in gruppi di preghiere, che cercava di inserire il gran impulso dello Spirito Santo che offre la "esperienza" dello Spirito conosciuta nella maggioranza dei nuovi Movimenti nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, nel percorso tradizionale della crescita spirituale che sviluppa la Teologia Ascetica e Mistica. Approfittiamo a questo punto per ricordare che questa esperienza originò cinque anni fa quello che abbiamo denominato “Scuola di Preghiera e Crescita Spirituale", al cui Sito può accedersi da qui: www.contempladores.com.ar. Fino a quest’epoca della mia vita spirituale non mi avevo interessato maggiormente sull'ultimo Libro del Bibbia, ma allora si svegliò in me la sete per conoscerlo. Mi immersi nella sua lettura,

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accompagnata per lo studio e la consultazione di vari autori cattolici sul argomento, benché continuavo senza riuscire a trovare le risposte che cercavo in relazione alle assilanti questioni che mi apparivano derivate dal tema delle apparizioni Mariane ed i suoi messaggi e rivelazioni. Cominciai anche a leggere studi sull'Apocalisse di autori cristiani non cattolici, ma mi apparivano molti concetti che si allontanavano dalla mia formazione cattolica, oltre agli attacchi alla mia Chiesa che trovavo, più o meno espliciti, e per questa ragione non mi interessò seguire per quella via. Finalmente sboccai nell'unica uscita chiara che incontrai: mettermi personalmente a studiare il tema dell'escatologia, partendo in primo luogo dell'Apocalisse, ma anche fermandomi in tutta la rivelazione sul fine dei tempi del Nuovo Testamento, quello che mi portò anche, come era di sperare, allo studio delle profezie messianiche dell'Antico Testamento. Sono stati nove anni di intenso lavoro, dentro le mie possibilità di tempo che sono quelle di un laico che ha famiglia ed un lavoro per mantenerla, dove fui studiando, meditando, scrivendo ed anche pregando, quello che poco a poco mi permetteva di avanzare con distinte "idee" e "conclusioni" che continuavano a "sorgere", che furono a sua volta maturando col tempo, con una metodologia che spiego con più dettaglio nell'Introduzione di questo libro. Questo lavoro non è finito, né credo che possa finirlo prima di culminare la mia vita, ma sentii che era arrivato il momento di farlo conoscere nello stato in cui si trova attualmente, a partire di un Sito Web. Seguiranno più avanti successivi aggiornamenti, emendamenti e cambiamenti, approfittando della duttilità degli attuali mezzi informatici. Spero che lo Spirito Santo ispiri i lettori che arrivino a questo libro affinché approfittino di tutto quello che può avere di ispirato, e sappiano rifiutare quello che è puramente umano, e, pertanto, sicuramente lontano della Verità. Le persone di fede cristiana necessitano oggi più che mai depositare la sua fiducia e speranza nel Signore Gesù Cristo che tornerà al mondo per instaurare il suo glorioso Regno di amore, di giustizia, di pace e di santità. Si comincia a prendere sempre di più coscienza della pesante eredità che è stata trasmessa alla teologia cattolica per Sant’Agostino, più di 16 secoli fa. Quando il santo Dottore, nella sua sana intenzione di screditare al millenarismo crasso che promulgava che dopo la Parusía i santi risuscitati avrebbero nella terra un millennio di piaceri carnali di ogni tipo, per "compensare" le sofferenze e tribolazioni passate in questo mondo, elimina di schianto l'interpretazione letterale del passo di Apocalisse 20,1-6, definendo che il millennio in realtà comincia con l'incarnazione di Gesù Cristo ed ha il suo termine col fine del mondo, e senza cercarlo elimina anche la gioiosa speranza cristiana che fino a lì aveva imperato nella Chiesa, in quanto all'attesa ansiosa del Regno di pace, giustizia ed amore che porterebbe il Signore alla terra come conseguenza della sua Seconda Venuta, terminando con l'attuale era di peccato generalizzato. Così rimarranno solo in piedi la paura e l'angoscia per il "fine" del mondo, per le catastrofi, cataclismi e morte di tutta l'umanità, generando una visione di un Dio che punirà all'umanità intera, soffrendo lo stesso destino giusti e peccatori. Ovviamente esistirà in realtà la consolazione per quelli che raggiungano la Salvazione, sapendo che resusciteranno ad un'eterna vita di beatitudine nel cielo, ma questa visione è un tanto estranea all'esperienza dell'uomo comune. Quando tutto quello che è attorno di noi ci mostra che il mondo e sempre peggiore, quando i tempi affinché il peccato si impadronisca in percentuali crescenti dell'umanità sono sempre più brevi, quando uno non ha finito di meravigliarsi per la crescita dell'impurità e l'immoralità, della violenza e dell'ingiustizia, dello sfruttamento dei poveri e diseredati, della corruzione in tutti i livelli della società, e della manipolazione quasi totale dell'informazione con fini disonesti, arrivando a profondità che pochi anni fa sembravano impossibili da raggiungere, appaiono già nuovi segni che presagiscono cose ancora più terribili; e, soprattutto, quando la persona di fede guarda intorno di lei e praticamente la unica cosa che vede è una dimenticanza quasi radicale di Dio e della sana dottrina evangelica, allora appare con una necessità assoluta il potere alimentare la speranza che gli afferma che un mondo migliore che l'attuale è possibile. Questa speranza comprende che questo mondo migliore non sarà raggiunto per lo sforzo umano, che la unica cosa che otterà il uomo por sè sarà la degradazione morale e la distruzione della terra

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che Dio gli ha dato in eredità, ma che sarà Gesù Cristo stesso che interverrà per torcere questa storia umana che solamente può sboccare nei peggiori abissi che hanno preparato Satana e la sua corte di demoni. È necessario oggi, più che in altre epoche, parlare, insegnare, predicare e gridare a grande voce, se fosse necessario, le verità di Dio sui tempi del fine di questa età presente, di questa "età malvaggia” (Galati 1,3-5), per alimentare la speranza di quelli che ne hanno bisogno per continuare ad avanzare nelle sue convinzioni cristiane, a dispetto di tutto ed a tutti, sapendo che non è in vano, e che santificandosi essi ed aiutando a santificarsi ad altri, non soltanto aspetteranno in pace il ritorno di Cristo nella sua Parusía, ma "affretteranno la venuta del Giorno di Dio", (2 Pietro 3,12), essendo strumenti affinché arrivi più presto possibile l'instaurazione del Regno glorioso di Cristo in questo mondo. Che la Vergine María Santissima, "Madre del Secondo Avvento", guidi i passi di quelli che con cuore aperto e sincero, sentono il desiderio di trovare le risposte che lo Spirito vuole dare nella nostra epoca alle questioni che sorgono ovunque sulla seconda Venuta del Signore, affinché tutti i cristiani di buona volontà sappiamo prepararci adeguatamente per questo magno avvenimento, tanto se succedesse durante la nostra vita terrena o dopo la nostra partita del mondo.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

INTRODUZIONE A) Schema del libro. Quando si vuole scrivere su un tema come l'instaurazione del Regno di Dio per Gesù Cristo nella sua seconda Venuta alla terra, nella prima cosa in che si imbatte è con l'ampiezza e complessità degli argomenti a trattare, difficoltà che inoltre aumenta quando si considera che si sta lavorando su eventi che ancora non succederono, che appartengono al futuro, e sui quali non possediamo nessuna certezza constatabile, essendo la Parola di Dio l'unica base sulla quale possiamo costruire, in quanto rivelazione profetica di quello che un giorno succederà per volontà del Creatore. Dato che tutto il Bibbia contiene, di una maniera o di un'altra, rivelazione profetica, dal Genesi, nelle parole di Yahveh al serpente ed Eva ed Adamo, conosciute come "il protoevangelio", fino all'ultimo Libro del Nuovo Testamento, la profezia per eccellenza, l'Apocalisse di Giovanni, è necessario riferirsi ad un'enorme quantità di passi biblici. Per questi motivi, in un primo schema questo libro comprendeva una Prima Parte, denominata "Il Regno di Dio si rivela nell'Antico Testamento" che ora si trova incorporata nel capitolo 9, ed una Seconda Parte, il cui titolo era "Il Regno di Dio si avvicina con la prima Venuta di Cristo", e che conteneva due capitoli, il primo studiando la predicazione iniziale di Gesù Cristo composta per le Beatitudini ed il Discorso della Montagna, ed il secondo riferito alla rivelazione di Gesù sul Regno di Dio per mezzo delle parabole. In ragione all'estensione di questa Seconda Parte, e per centrare più il libro in forma esclusiva sulla seconda Venuta del Signore e l'instaurazione del Regno di Dio, questi scritti si presentano in un'altra sezione della Pagina, come articoli indipendenti, benché ovviamente siano molto importanti per la migliore comprensione di questo studio. Nell'organizzazione del libro abbiamo deciso di seguire un ordine dei capitoli basato nella cronologia che presenta il Libro dell'Apocalisse, la cui struttura secondo il nostro criterio la troviamo sviluppata e spiegata nell'articolo compreso in questo Sito con il titolo "Libro dell'Apocalisse: nuovo contributo per la sua interpretazione." Come si dettaglia in questo scritto, consideriamo che il filo conduttore degli avvenimenti narrati nelle visioni dell'Apocalisse si trova negli eventi che trascorrono nel cielo, poiché sono Dio Padre e suo Figlio, l'Agnello, chi detengono la sovranità sulla storia dell'umanità.

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Di questa maniera nel Capitolo 1 si analizzano le visioni del trono di Dio e la corte celestiale, fino al momento in che Dio Padre prende la decisione di iniziare gli avvenimenti che sboccheranno nel "Giorno del Signore" e la Parusía del Figlio dell'uomo, con la visione dell'apertura dei sette sigilli del rotolo che si trova nella mano di Dio. Liberata l'azione degli strumenti divini per i tempi escatologici, analizziamo quali saranno nella terra i segni indicativi della vicinanza della Parusía, quelli che gli uomini di fede potranno discernere per cominciare a prepararsi per questo magno avvenimento della storia dell'umanità. Il Capitolo 2 esamina il periodo di tempo che abbiamo denominato "Il tempo dell'avvertenza della misericordia di Dio", che corrisponde agli avvenimenti scatenati nel mondo per gli angeli che suoneranno le sette trombe di Dio. Ci troviamo di fronte al panorama dell'umanità nei tempi vicini alla Parusía, con la spaventosa realtà di un mondo materialista che idolatra le creazioni e la scienza umane, e che è fortemente scristianizzato, simbolizzato per una metropoli dominante, la "Gran Babilonia", influenzata per un spirito pseudo-religioso personificato nella "Gran Meretrice", strumento docile nelle mani di Satana, il padrone del mondo, il cui unico obiettivo è allontanare totalmente da Dio agli uomini, come egli e la sua corte di demoni, angeli caduti, sono irrevocabilmente separati del suo Creatore. Per riuscire il compimento di questo obiettivo, il diavolo deve ottenere, attraverso i suoi seguaci che assecondano la sua azione nel mondo, la distruzione dei cristiani, cioè, l'eliminazione della Chiesa, che costituita per un piccolo “resto” fedele a Cristo ed il suo vero Vangelo, continua a resistere in mezzo ad un'umanità lontana di Dio ed ostile in molti casi verso il cristiano che difende la sua fede. Questo periodo della storia umana finirà con la distruzione della Gran Babilonia in mano dei suoi antichi alleati, tra i quali sorgerà chi erediterà il potere nel mondo: l'Anticristo, il falso Cristo che farà credere alla maggior parte degli abitanti della terra che egli è il vero Gesù Cristo che è ritornato al mondo nella sua Parusía tanto attesa. Con l'Anticristo ed il falso Profeta che l'asseconda situati nella sommità del suo potere, e, per tanto, con Satana trasformato finalmente nel padrone totale del mondo, finisce questo periodo, dando luogo alla venuta del Giudizio di Dio, nel cosidetto “Giorno dell'ira di Dio". Il Capitolo 3 sviluppa il giudizio di Dio ai "santi", esponendo inizialmente il senso di questo Giudizio, tanto per i santi che vivano al momento della Parusía, come di quelli che siano già morti. In primo luogo abbordiamo un tema che, da una parte ha un sviluppo ed una diffusione molto grande in praticamente la maggioranza delle denominazioni religiose cristiane, e che, d'altra parte, è quasi "tabù" nella dottrina cattolica: il "rapimento" dei santi all'incontro con Gesù nell’aria prima della sua manifestazione visibile a tutta la terra. Benché questo fatto si basi chiaramente nel passo della Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi, Capitolo 4,15-18, si trova una gran quantità di riferimenti biblici rispetto alla realtà di questo evento, che analizziamo con molta profondità, e specialmente lo facciamo con un elemento che è fondamentale e che normalmente è abbastanza trascurato: quale è il destino finale di questi rapiti, argomento che, in definitiva, spiega la ragione per la quale si produce questo avvenimento. Sorge qui il fondamento che si trova nella Scrittura d’un altro evento sul quale oggi si parla molto, specialmente in ambiti cattolici: la manifestazione di una "Seconda Pentecoste", cioè, di un'effusione dello Spirito Santo tanto straordinaria come quella che originò la Chiesa, dopo l'Ascensione gloriosa del Signore al cielo. In questo stesso contesto si studia anche un altro tema controverso in certi circoli cattolici: la resurrezione dei santi come una resurrezione prima dell'Universale. Il capitolo include un studio particolareggiato di quello che San Paolo denomina "trasformazione", nel suo conosciuto testo della Prima Lettera ai Corinzi 15,51: "non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati", applicabile al tempo della Parusía di Cristo e complementare con la rivelazione del "rapimento" degli eletti.

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Terminiamo con la descrizione ed analisi del senso d’un altro magno evento, conosciuto come "le Nozze dell'Agnello con la Chiesa", che si localizza in questo periodo del "Giorno di Dio" che studiamo nel capitolo che si sta considerando. Nel Capitolo seguente, il N° 4, si sviluppa il complemento dal capitolo anteriore, in quanto allo studio della materia del Giudizio di Dio dei santi vivi attraverso Gesù Cristo, chi verrà nuovamente alla terra "per giudicare ai vivi ed i morti." Per ciò si studieranno le parabole escatologiche di Gesù, in primo luogo, e dopo le Lettere alle Sette Chiese dell'Apocalisse. Già questo Capitolo comincia ad apportare molta luce sull'aspetto centrale che pretendiamo di chiarificare in questo libro, da una prospettiva eminentemente cattolica: l'instaurazione del Regno Terreno di Dio, oltre al Regno Celestiale. Questa è la tesi principale che sviluppiamo e sostentiamo, con aspetti innovativi che non erano stati definiti fino ad ora nella dottrina cattolica, almeno in forma più o meno esplicita e con un appoggio esegetico di base completamente cattolica, d’accordo a tutti i nostri dogmi di fede. Sono sicuro che molti, leggendo queste affermazioni, immediatamente penseranno: "Ah, qui appare un altro millenarista che vuole difendere questa sbagliata dottrina!". Se questo fosse il caso, invito ai lettori a proseguire, affinché almeno si rendano conto, benché finalmente non la condividano, che si tratta di una posizione dottrinale seria, sviluppata con molti elementi, in base a dogmi e dottrine cattoliche accettate, e che può apportare luce in vari aspetti relativi agli eventi degli ultimi tempi ed ai segni che si stanno percependo attualmente nel mondo, specialmente con riferimento alle apparizioni Mariane ed i suoi messaggi. Seguiamo col Capitolo N° 5, studiando gli eventi che si producono come conseguenza del Giudizio di Dio sui vivi che rimangono nella terra, che non fanno parte del gruppo dei santi "rapiti", e che nell'Apocalisse comprende il settenario delle Coppe con le piaghe che i sette angeli di Dio verseranno sul mondo. Si esamina lì la situazione nella terra dopo il periodo dell'avvertenza, dove fu distrutto l'impero della Gran Babilonia, e l'Anticristo prende la potestà assoluta del mondo, con la spaventosa realtà dell'apparente trionfo totale di Satana, benché in realtà comincerà la sua sconfitta finale. L'ultima coppa che rovesceranno gli angeli segnerà il fine del Giudizio di Dio sui vivi, e culminerà con la manifestazione gloriosa e visibile di Gesù Cristo al mondo, conosciuta come la "Parusía" o seconda Venuta del Signore, che si presenta nel Capitolo N°6. Si analizzano dettagliatamente gli eventi che accompagnano questo straordinario evento, cominciando per le caratteristiche che possiederà questa manifestazione, passando per l'accompagnamento che avrà Gesù nei suoi santi, fino alla sconfitta finale dell'Anticristo ed i suoi seguaci. Di seguito, il Capitolo 7 tratta circa il tema più importante del libro, poiché si riferisce all'instaurazione del Regno di Dio, tanto nella sua fase terrena come nella celestiale; è per questo motivo che qui troviamo il capitolo più esteso dell'opera, dato che risulta veramente cruciale l'adeguata esposizione dottrinale, affinché la sua comprensione sia chiara e non lasci dubbi o punti di oscura interpretazione. Si esaminano successivamente i seguenti argomenti: la differenziazione chiara tra la Gerusalemme celestiale e la Gerusalemme terrena, come immagini della Chiesa, nel passaggio di Apocalisse 21,1 fino a 22,5; la rivelazione biblica sull'esistenza di una nuova età terrena ("eone") dopo la Parusía, e come sarà instaurato nella pratica il Regno di Dio terreno, con il ruolo fondamentale dei santi "rapiti" che ritornano accompagnando Cristo nella sua seconda Venuta, nel governo del Regno mileniale esercitato dalla Chiesa purificata e santificata. Finisce questo capitolo fondamentale con una spiegazione particolareggiata e con fondamenti dottrinali nettamente cattolici sul senso e la convenienza del Regno di Dio terreno, in relazione col grado di gloria eterna di tutti quanti si salveranno lungo la sua durata, e dell'importante ruolo del popolo ebreo convertito, secondo la conosciuta esposizione di San Paolo nel Capitolo 11 della Lettera ai Romani.

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Segue il Capitolo 8, dove si sviluppano molti aspetti relazionati con la vita nel Regno di Dio terreno, e del destino di coloro che muoiono nel suo decorso, e degli avvenimenti che porteranno al fine della storia umana, con la realizzazione del Giudizio Finale Universale e la discesa della Nuova Gerusalemme Celestiale, affinché finalmente "Dio sia tutto in tutti" (1 Corinzi 15,28). Il seguente capitolo del libro presenta un'analisi del compimento delle profezie dell'Antico Testamento in riguardo ai tempi messianici, e lo stabilimento del Regno del Messia, alla luce dello sviluppo effettuato nel libro, e prendendo anche in considerazione nuovi principi di interpretazione basati nella dottrina del "tipo" ed il "antitipo." Si danno anche i fondamenti biblici che diedero origine al concetto del "Regno di Dio" nell'Antico Testamento. L'ultimo capitolo, per completare il panorama dell'argomento del libro, presenta i dogmi di fede cattolici sul tema della seconda Venuta di Gesù Cristo, la resurrezione dei morti ed il Giudizio Finale, e si contrasta la sua dottrina con quello che si è sviluppato in questo studio, verificandosi che si rispettano assolutamente tutti gli aspetti della nostra fede cattolica. Chiude il libro un Epilogo che cerca, a modo di sintesi, di abbracciare con un sguardo più elevato l'insieme di quello che si è esposto durante il libro in forma particolareggiata, per assicurarci che per guardare l'albero non smettiamo di vedere il bosco. In questa ultima parte esponiamo le grande idee direttrici che guidarono questo lavoro, oltre alcune conclusioni generali riferite all'insieme dottrinale presentato. Speriamo che l'esposizione che facciamo, organizzata della maniera che abbiamo descritto, sia comprensibile e sufficientemente agile nella sua lettura, benché necessariamente appaiano ripetizioni di certi passi in capitoli distinti, poiché in essi si analizzano i suoi elementi da angoli od obiettivi diversi, secondo l’argomento che si tratta in forma preponderante in ogni segmento del libro. B) Metodologia utilizzata in questo studio. Mi interessa chiarire come fu scritto questo libro, cercando che quelli che lo leggano sappiano in che maniera sono apparsi i distinti concetti ed interpretazioni dalla Scrittura che lo compongono. In primo luogo voglio lasciare chiarito che non sono un teologo, nel senso di possedere studi sistematici ed un titolo in questa specialità, e, pertanto, neanche sono un esegeta, con la portata abituale che è data a questo termine, come quella persona che è dedivata allo studio ed interpretazione della Scrittura come occupazione abituale, utilizzando i moderni attrezzi di questa scienza (analisi storico-letteraria, studi linguistici, religioni comparate, etc.) La mia formazione in teologia non è stata sistematica, ma per interesse proprio, e per dovere sviluppare un ministero, come laico, addetto dell'insegnamento e formazione spirituale di adulti cattolici in gruppi di preghiera, ho fatto corsi e seminari vari, in relazione con diversi temi dottrinali cattolici, benché l’aiuto principale sia stato la lettura e studio di libri di Teologia Dogmatica e di Teologia Ascetica e Mistica, oltre ad opere di autori classici su spiritualità cattolica. Come parallelamente, durante gli ultimi venti anni, ho lavorato nella formazione spirituale avanzata di laici adulti, in un progetto che crebbe finchè sboccò nell'attuale “Scuola di Preghiera e Crescita Spirituale", (vedere il suo Sito Web: www.it.contempladores.com.ar), dove siamo arrivati all'esperienza della contemplazione infusa, io stesso ho vissuto, almeno nei suoi stadi iniziali, questo processo di trasformazione interna. Scoprii allora quello che significa l'azione dei sette doni dello Spirito Santo sull'intelligenza e volontà umane, e come si va a poco a poco eliminando il ragionamento discorsivo naturale dell'intendimento dell'uomo, essendo rimpiazzato per la luce intuitiva che danno i doni "intellettuali" (intelletto, sapienza, scienza e consiglio), nella chiamata "contemplazione infusa", che è necessario chiarire che, sebbene è un'esperienza nella preghiera, dopo si trasforma in un'azione che impregna in altri momenti le azioni della meditazione, specialmente quando si riferisce alla Parola di Dio.

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Credo che potrebbe denominarsi "lettura spirituale" della Scrittura, quello che significa stare leggendo sotto la grazia dello Spirito Santo, che produce la visione intuitiva della virtù della fede e, per ende, la conoscenza delle verità divine. Sotto questo processo di "lettura spirituale" ho continuato a studiare e scrivere il contenuto di questo libro, oltre a molti altri compiti simili che ho affrontato su altri temi. Il Catechismo della Chiesa Cattolica di 1992 spiega con chiarezza come nella vita della Chiesa continua a crescere l'intelligenza della fede, partendo da quello che definisce la Costituzione dogmatico "Dei Verbum": 94 “Grazie all'assistenza dello Spirito Santo, l'intelligenza tanto delle realtà quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella vita della Chiesa: - Con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro”; [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8] in particolare “la ricerca teologica... prosegue nella conoscenza profonda della verità rivelata” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 62; cf 44; Id., Dei Verbum, 23; 24; Id., Unitatis redintegratio, 4]. - Con la profonda intelligenza che” i credenti “provano delle cose spirituali”; [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8] “Divina eloquia cum legente crescunt - le parole divine crescono insieme con chi le legge” [San Gregorio Magno, Homilia in Ezechielem, 1, 7, 8: PL 76, 843D]. - Con la predicazione di coloro i quali, con la successione episcopale, hanno ricevuto un carisma certo di verità” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8].” Pertanto è necessaria l'applicazione di questi tre principi per l'adeguata comprensione delle verità della fede: lo studio delle scritture appoggiato nella teologia cattolica sviluppata, la comprensione delle parole divine per l’esperienza interna risultato della "lettura spirituale", e l'accettazione dei dogmi proclamati per il Magistero della Chiesa, e precisamente tutto questo è quello che ho cercato di portare a termine in questo studio. Significa questo così spiegato che tutto quello scritto è stato inspirato per lo Spirito Santo? In nessun modo, poiché l'azione dei doni dello Spirito Santo, in coloro che non sono arrivati ad una contemplazione avanzata fino ai gradi di unione con Dio più profonda, come è nel mio caso, che appena mi trovo nelle prime tappe di questa sperienza, si manifesta in forma intermittente, in forma parallela al ragionamento naturale, per quello che inevitabilmente si mischiano entrambe le cose, e, diremmo, l'azione dello Spirito Santo si "contamina" permanentemente col ragionamento proprio dell'individuo, a partire dal quale appaiono errori e concetti umani che finiscono per confondersi con le mozioni raccolte per i doni. Per quel motivo il risultato è un miscuglio che deve essere discernito, usandosi solamente quello che risulti essere vero, e rifiutando e rimpiazzando quello che provenga nient'altro che del ragionamento umano, influenzato senza dubbio per le idee esterne, quelle del mondo. Pertanto bisogna avere chiara la portata di quello che si sviluppa in questo studio, il cui obiettivo, come già esposi nel Prologo, è che quello che ci sia di ispirato in lui serva da base per ulteriori studi e sviluppi per coloro che si dedicono a queste attività con maggiore capacità che la mia. Ovviamente preparando questo lavoro ho anche letto e consultato una buona quantità di letteratura disponibile sul tema, cioè, non si è rifiutato niente di quello che esiste, specialmente dei autori più riconosciuti in lingua spagnola ed italiana, utilizzando i concetti che hanno rilevanza in quanto alla dottrina che ho sviluppato. Al riguardo voglio precisamente riferirmi ai metodi "moderni" della teologia, della critica scritturistica attuale, che esamina a fondo lo storicismo dei passi biblici, realizza l'analisi letterario particolareggiato dei testi, studia la linguistica ed utilizza altri attrezzi esegetici disponibili in questi tempi. Di tutto questo sorgono a volte conclusioni che, almeno per me, provocano solo confusioni ed errori, almeno quando trascendono gli ambiti puramente accademici, come quando si dice che tale o quale evangelista prese quello che scrisse da determinate fonti della sua epoca, o che un passaggio integro dei vangeli non riflette parole o fatti veri di Gesù, ma è qualcosa aggiunto da chi scrisse il testo, con alcuna intenzione teologica o pastorale propria. All'improvviso il cristiano comune affronta queste cose, che lo riempiono di dubbi ed interroganti: saranno queste parole di Gesù o sono state inventate da cui scrisse il Vangelo per riflettere le sue

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idee personali o quelle della sua comunità? Fino a dove devo credere che quella scritta nellla Bibbia è “Parola di Dio”, e non semplicemente parole di uomini interessati in trasmettere la sua versione? Leggendo i Vangeli con queste idee presenti nella mente, si perde il godimento di vivere quello che ha detto ed insegnato il Signore, e quando uno interpreta qualcosa relativa ad un passo biblico, non sa realmente se corrisponde a quello che Gesù pensava o diceva, o si riferisce ad una cosa aggiunta per qualcuno altrui a Gesù. Io, personalmente, continuo a credere che bisogna leggere tutta la Bibbia come Parola di Dio, avendo chiaro che è lo Spirito Santo che ha ispirato gli autori sacri, benché in essa non troviamo versioni stenografiche o magnetofoniche delle parole versate per Yahveh ai profeti nell'Antico Testamento, o per Gesù ai suoi apostoli e discepoli nel Nuovo. Senza dubbio gli attrezzi esegetici moderni sono utili, ma per sè stessi non possono riflettere più che in maniera incompleta e parziale quello che Dio ha voluto rivelare. Come sintesi di quello espressato, voglio riferirmi a quello che su questo tema ha manifestato qualcuno con moltissima più autorità e conoscenza che io, niente meno che il Predicatore del Papa, il Padre Raniero Cantalamessa. In opportunità della quaresima del 2007, il P. Cantalamessa, nella sua predicazione davanti al Papa Benedetto XVI e la Curia, il 23 marzo di quell'anno, espresse i seguenti concetti, come introduzione al tema delle Beatitudini: “La ricerca sul Gesú storico, oggi tanto in auge - sia quella fatta da studiosi credenti che quella radicale dei non credenti – nasconde un grave pericolo: quello di indurre a credere che solo ciò che, per questa nuova via, si potrà far risalire al Gesú terreno sia “autentico”, mentre tutto il resto sarebbe non-storico e quindi non “autentico”. Questo significherebbe limitare indebitamente alla sola storia i mezzi che Dio ha a disposizione per rivelarsi. Significherebbe abbandonare tacitamente la verità di fede dell’ispirazione biblica e quindi il carattere rivelato delle Scritture. Pare che questa esigenza di non limitare alla sola storia la ricerca sul Nuovo Testamento, cominci a farsi strada tra diversi studiosi della Bibbia. Nel 2005 si è tenuto a Roma, presso l’Istituto Biblico, una consultazione su “Critica canonica e interpretazione teologica” (“Canon Criticism and Theological Interpretation”), con la partecipazione di eminenti studiosi del Nuovo Testamento. Essa aveva lo scopo di promuovere questo aspetto della ricerca biblica che tiene conto della dimensione canonica delle Scritture, integrando la ricerca storica con la dimensione teologica. Da tutto ciò deduciamo che “parola di Dio”, e quindi normativo per il credente, non è l’ipotetico ”nucleo originario” variamente ricostruito dagli storici, ma quello che è scritto nei vangeli. Il risultato delle ricerche storiche va tenuto in grandissimo conto perché è esso che deve guidare alla comprensione anche degli sviluppi posteriori della tradizione, ma l’esclamazione “Parola di Dio!” continueremo a pronunciarla al termine della lettura del testo evangelico, non al termine della lettura dell’ultimo libro sul Gesú storico.” Aderisco completamente a quell'espresso per il Predicatore della Casa Pontificia, che ci ricorda nuovamente che è lo Spirito Santo che ha ispirato tutto quello scritto nella Bibbia, ed Egli è chi desidera che lo comprendiamo allo stesso modo, cioè, leggendo i testi sotto la luce che ci dà al nostro intendimento umano attraverso la virtù della fede, perfezionata per i doni di intelletto, scienza, sapienza e consiglio. Rimangono così esposti gli elementi necessari per la migliore comprensione di questo studio, con la descrizione a volo di uccello del suo contenuto ed organizzazione. Rimane solo allora addentrarsi nella sua lettura che, ripeto ancora un'altra volta, va accompagnata per il desiderio che sia vantaggiosa per chi l'abbordi, e che possa apportare quello che stia cercando il lettore che ha deciso di percorrere queste pagine.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 1: GLI AVVENIMENTI PRECURSORI DELLA SECONDA VENUTA DI GESÙ.

A) I preparativi nel Cielo. 1) La visione della Santissima Trinità prima dell'ascensione di Gesù Cristo. Il Libro dell'Apocalisse sviluppa a partire dal Capitolo 4 gli avvenimenti che sboccheranno nella Parusía del Signore. In questo Capitolo si presenta in visione a Giovanni il Cielo come esiste fin dalla creazione. Potremmo dire che è il Cielo durante l'epoca dell'Antico Testamento, se applichiamo allo stesso i tempi della storia umana. Questo implica, ovviamente, non entrare nelle profondità della discussione teologica sul no-tempo nell'eternità, bensì semplicemente assumiamo che è una visione di qualcuno che è immerso nella temporalità terrena. Apocalisse 4: “Dopo ciò ebbi una visione: una porta era aperta nel cielo. La voce che prima avevo udito parlarmi come una tromba diceva: Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito. Subito fui rapito in estasi. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono. Attorno al trono, poi, c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro vegliardi avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo. Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio. Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi davanti e di dietro. Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l'aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l'aspetto d'uomo, il quarto vivente era simile a un'aquila mentre vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, santo, santo il Signore Dio, l'Onnipotente, Colui che era, che è e che viene! E ogni volta che questi esseri viventi rendevano gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, i ventiquattro vegliardi si prostravano davanti a Colui che siede sul trono e adoravano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettavano le loro corone davanti al trono, dicendo: «Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, e per la tua volontà furono create e sussistono».”

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La visione è quella della Santissima Trinità. In primo luogo risalta Dio Padre, seduto nel trono, assolutamente luminoso e radiante, circondato d’una specie di arcobaleno smeraldo. Questa immagine, come altre della stessa visione (i "Viventi"), ha molti elementi comuni con le visioni profetiche di Isaia (6,1-5) ed Ezechiele (1,1-28). Anche Ezechiele descrive il trono e la figura di Dio luminosa come fuoco, come metallo brillante. Nella visione dell'Apocalisse, davanti al trono si trova presente lo Spirito Santo, simbolizzato per le sette lampade accese che già nell'Antico Testamento rappresentavano lo Spirito di Dio (Zaccaria 4,2-6). Ma inoltre è presente il Figlio, simbolizzato per i lampi, voci e tuoni che escono dal trono. Vediamo in dettaglio alcuni elementi che ci permetteranno di provare questa affermazione, fino a dove sappiamo, innovativa. a) Lampi: La parola greca utilizzata è "astrape", e la troviamo applicata nei vangeli per descrivere come si vedrà l'apparizione di Gesù nella sua Parusia: Matteo 24,27: “Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo.” Luca 17,24: “Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno.” Vediamo che nel simbolo del lampo c'è una chiara identificazione con Gesù Cristo nella sua venuta. b) Voci e tuoni: Questi due vocaboli vanno uniti perché il senso è che si ascoltano voci che suonano come tuoni, forma comune per esprimere la voce di Dio fin dall'Antico Testamento: Salmi 104 (103), 5-8: “Hai fondato la terra sulle sue basi, mai potrà vacillare. L'oceano l'avvolgeva come un manto, le acque coprivano le montagne. Alla tua minaccia sono fuggite, al fragore del tuo tuono hanno tremato. Emergono i monti, scendono le valli al luogo che hai loro assegnato.” Notiamo che all'ordine di Dio, la cui voce suona come un tuono, le acque prendono il suo posto. In Giobbe troviamo anche che si associa al tuono con la voce di Dio: Giobbe 37, 2-5: “Fragore che esce dalla sua bocca. Il lampo si diffonde sotto tutto il cielo e il suo bagliore giunge ai lembi della terra; dietro di esso brontola il tuono, mugghia con il suo fragore maestoso e nulla arresta i fulmini, da quando si è udita la sua voce; mirabilmente tuona Dio con la sua voce, opera meraviglie che non comprendiamo!” Anche San Giovanni descrive il suono di una voce che viene dal cielo ed è confusa con un tuono: Giovanni 12, 27-29: “Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!». La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato».” Crediamo che nell'Apocalisse la voce che come tuono esce del trono è la Parola, il Verbo, come lo espressa San Giovanni nel principio del suo Vangelo: Giovanni 1, 1-3: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.” c) Lampi, Voci e Tuoni:

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È molto interessante analizzare quando nell'Apocalisse si usa il vocabolo "tuono" (o il plurale "tuoni") che sempre è significato per il suono di una voce. Appare in 8 passi distinti, in tre dei quali si identifica chiaramente di chi proviene la voce: *6,1: “Quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: «Vieni».” *14,2-3: “Udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di arpa che si accompagnano nel canto con le loro arpe. Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e ai vegliardi.” In questo brano il canto che suona come tuono si emette davanti al trono e non sorge da lui, e proviene sicuramente dalla gran moltitudine di redenti che stanno lì, come lo descrivono i passi di 7,9-10 e 19,1-6. *19,6: “Udii poi come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: «Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l'Onnipotente.” Quest’altro brano conferma quello visto anteriormente, poiché il cantico come tuono proviene dalla moltitudine davanti al trono. Ma ora analizzeremo cinque passi in cui appaiono associati i tre vocaboli: "lampi, voci e tuoni": 1°) *4,5: è quello che vedemmo già all'inizio in questa analisi del Capitolo 4 dell'Apocalisse. 2°) *8,5: “Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scosse di terremoto.” Questa scena succede durante la descrizione del 7° Sigillo che subito vedremo in dettaglio, ma avanziamo un po' ed anticipiamo il significato di quest’ultimo sigillo: è l'inizio degli avvenimenti previ alla Parusía, quello che chiameremo "il tempo della misericordia di Dio", dove ancora esisterà la possibilità della conversione degli uomini (il tempo delle sette Trombe), previo al tempo del giudizio (il tempo delle sette Coppe). È il momento che ha scelto Dio Padre affinché si comincino a scatenare in forma irreversibile gli avvenimenti che culmineranno con la Parusía di Gesù Cristo. E è il momento nel quale risuona sulla terra dal cielo il compimento delle parole che Gesù espresse come il suo desiderio più ardente nella sua permanenza nel mondo: Luca 12,49: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!” 3°) *11,19: “Allora si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine.” È la descrizione della settima Tromba, il fine del tempo dell'avvertenza e principio del giudizio di Dio che realizzerà Gesù Cristo, chi regna e giudica al mondo: *11,15: “Il settimo angelo suonò la tromba e nel cielo echeggiarono voci potenti che dicevano: «Il regno del mondo appartiene al Signore nostro e al suo Cristo: egli regnerà nei secoli dei secoli».” Cioè, lampi, voci e tuoni simbolizzano nuovamente Cristo che assume il suo regno sul mondo, e che annuncia che si avvicina la fine producendo il segno annunciato di un gran terremoto. 4°) *16, 17-18: “Il settimo versò la sua coppa nell'aria e uscì dal tempio, dalla parte del trono, una voce potente che diceva: «È fatto!». Ne seguirono folgori, clamori e tuoni, accompagnati da un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sopra la terra.” È culminato il "Giorno dell'ira di Dio” del quale parlano i profeti dell'Antico Testamento, il giudizio di Gesù Cristo sui vivi, e si è stabilito il Regno di Dio. Nuovamente i lampi, voci e tuoni simbolizzano questo Cristo che assume il suo regno che non avrà fine.

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5°) *10, 1-4: “Vidi poi un altro angelo, possente, discendere dal cielo, avvolto in una nube, la fronte cinta di un arcobaleno; aveva la faccia come il sole e le gambe come colonne di fuoco. Nella mano teneva un piccolo libro aperto. Avendo posto il piede destro sul mare e il sinistro sulla terra, gridò a gran voce come leone che ruggisce. E quando ebbe gridato, i sette tuoni fecero udire la loro voce. Dopoché i sette tuoni ebbero fatto udire la loro voce, io ero pronto a scrivere quando udii una voce dal cielo che mi disse: «Metti sotto sigillo quello che hanno detto i sette tuoni e non scriverlo».” Esaminiamo questo ultimo passo dell'Apocalisse che si riferisce al vocabolo "tuono." Qui solo si parla di "sette tuoni" che alzano le sue voci e parlano. Ricordiamo che il numero sette ha in ebreo il significato di pienezza (vedemmo già che lo Spirito Santo si presenta in 4,5 come sette lampade di olio accese), e qua sembrerebbe indicare al Figlio di Dio incarnato, Gesù Cristo, che parla. Osserviamo che quando Giovanni si dispone a scrivere quello che ha detto la voce dei sette tuoni, un'altra voce distinta che viene dal cielo (possibilmente è il Padre), gli dice che lo metta sotto sigillo. Se accettiamo che Cristo è quello che parla, allora possiamo dedurre che le sue parole non sono per conoscerle ora, al contrario di tutto il contenuto del Libro dell'Apocalisse, il quale l'angelo chiede espressamente a Giovanni che non lo metta sotto sigillo (22,10). È possibile che queste parole del Signore che si sigillarono siano quelle che pronuncierà quando nella sua Parusia "tutte le razze della terra vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole dal cielo con gran potere e gloria”. (Mateo 24,30) Diamo così per provata la nostra affermazione che il Capitolo 4 dell'Apocalisse ci mostra alla Trinità Eterna nel cielo, dalla creazione del mondo fino all'ascensione del Signore Gesù Cristo al Cielo. Seguendo con l'analisi della scena descritta nel Capitolo 4 vediamo che inoltre circondano a Dio Padre quattro "Viventi" che sembrerebbero essere angeli simili ai serafini di Isaia ed i cherubini di Ezechiele, che servono permanentemente a Dio nel suo trono, e danno gloria a Lui gridando e chiamandolo "il tre volte santo”, come i serafini in Isaia 6,15. Troviamo anche attorno al Trono altri ventiquattro troni occupati per Vegliardi di candide vesti ed corone di oro, che si inchinano adorando a Dio ogni volta che i Viventi gli danno "gloria, onore ed azione di grazie", e riconoscendo in Lui al creatore di tutte le cose. L'identità di questi anziani è misteriosa, ed al massimo si può dire che rappresentano una specie di consiglio celestiale, trovandosi permanentemente in presenza di Dio. Magari un riferimento ad essi lo troviamo in Geremia 23,18-22, dove il profeta menziona un "consiglio di Yahveh" che è chi espressa ai veri profeti di Dio il messaggio che devono comunicare. Se uniamo questi concetti a quello che si dice su essi nel seguente Capitolo dell'Apocalisse, vale dire che offrono le preghiere dei santi (5,8), è probabile che siano esseri angelici. Ma quello que veramente importa è non perdere di vista a causa dei dettagli il quadro generale di questa grandiosa visione del cielo, che si va ripetendo durante l'Apocalisse con varianti molto importanti man mano che avanzino gli avvenimenti che sboccheranno nella Parusía. Il tratto fondamentale che troviamo è l'adorazione a Dio Trinità, portata a capo "giorno e notte senza cessare", cioè, sempre ed in ogni momento, per gli angeli, i quattro viventi ed i 24 vegliardi, riconoscendo a Dio Trinità come il principio di tutte le cose. 2) Visione dell'Agnello di Dio nel Cielo: Arriverá un momento nella storia dell'umanità che si rifletterà nella seguente visione di Giovanni, dove avrà accaduto un avvenimento straordinario: l'incarnazione del Figlio di Dio in Gesù Cristo, e la sua conseguente vita, passione, morte, resurrezione ed ascensione al cielo. Giovanni è testimone della presenza dell'Agnello immolato nel cielo: Apocalisse 5: “E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra era in grado di aprire il libro e di leggerlo. Io piangevo molto perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo. Uno dei vegliardi mi disse: «Non

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piangere più; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli». Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi un Agnello, come immolato. Egli aveva sette corna e sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. E l'Agnello giunse e prese il libro dalla destra di Colui che era seduto sul trono. E quando l'ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all'Agnello, avendo ciascuno un'arpa e coppe d'oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi. Cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra». Durante la visione poi intesi voci di molti angeli intorno al trono e agli esseri viventi e ai vegliardi. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L'Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E i vegliardi si prostrarono in adorazione.” Appare in questa visione, come continuità dell'anteriore, un dettaglio che non si era menzionato prima: Dio Padre ha nella sua mano destra un libro (rotolo), chiuso con sette sigilli. C'è un angelo poderoso (un angelo delle massime gerarchie celestiali) che chiama cercando qualcuno che sia degno di aprire il libro slegando i suoi sigilli. Nessuno è degno di aprire quelli sigilli, ed allora Giovanni piange. Questa descrizione dà un certo senso di passo del tempo, dalla scena anteriore, che dicemmo rappresenta il tempo dell'Antico Testamento, fino a che si produrrà il mistero dell'Incarnazione del Verbo, con la sua vita, passione, morte, resurrezione ed ascensione al cielo. È il Leone di Giudá, il Germoglio di Davide (titoli messianici che si riferiscono all'ascendenza del Messia) che ha trionfato sulla morte, come annuncia uno degli anziani a Giovanni, chi appare davanti al trono di Dio come Agnello immolato, conservando nella sua sacra umanità i segni della sua morte. Le sette corna rappresentano la somma del potere che detiene, ed i sette occhi sono la pienezza dello Spirito Santo che Egli ha rovesciato sulla terra: Giovanni 1,16: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.” Abbiamo così nuovamente la Santa Trinità: il Padre, il Figlio incarnato e lo Spirito Santo. E si produrrà la cosa sperata: l'Agnello è degno di prendere il libro dalla destra del Padre, e così lo fa. Questo gesto inizierà nel cielo una liturgia di adorazione inenarrabile: gli angeli servitori del Padre e gli Anziani si prostrano davanti all'Agnello per adorarlo, offrendo il suo canto nuovo (non si era ascoltato prima dell'Ascensione), accompagnato per arpe e per le preghiere dei santi che sono offerte al Signore. In questo canto che incomincia in quelli che si trovano più vicino a Dio (i Viventi e gli Anziani), si riassume magnificamente il proposito eterno di Dio per la sua massima creazione, l'uomo, e della sua realizzazione finale per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo. Vediamo con cura gli elementi di questo canto nell'adorazione celestiale all'Agnello: a) Dio dall'eternità ha previsto formarsi un Regno composto per uomini di ogni "tribù e lingua e paese e nazione", cioè, senza eccettuare a nessuna delle sue creature, affinché compongano il suo popolo. b) Questo proposito, dopo l'apparente fallimento nell'elezione di un popolo, Israele, e le sue infedeltà all'alleanza che stabilì con essi, si porterà finalmente a capo mediante suo Figlio Gesù Cristo.

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c) Col sangue versato nella croce Gesù ha pagato per il peccato dell'umanità e ha cancellato il prezzo affinché gli uomini trovino aperto il cammino verso quel Regno promesso e desiderato per il Padre. Si rinchiude qui tutto il fondamento della finalità della creazione dell'essere umano per Dio. Deplorevolmente la gran maggioranza degli uomini che popolano il nostro mondo di oggi, includendo buona parte dei cristiani, ignorano completamente il proposito eterno che ha avuto Dio Padre per creare gli uomini, e per questa ragione si trovano in un'oscurità che non permette loro neanche di scorgere il proposito delle sue vite, della sua esistenza. Nella Lettera agli Efesini si esprime con moltissima chiarezza questo proposito eterno del Padre: Efesini 1, 3-10: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra.” Vediamo i concetti che ci consegna con profondità unica questo passo del Nuovo Testamento: *Da prima della fondazione del mondo, in precedenza a che questo esistesse, il Padre aveva deciso nella sua volontà onnipotente di procurarsi mediante la creazione dell'uomo una moltitudine di figli adottivi, affinché vivessero eternamente nella sua presenza, e per questo dovevano essere santi, cioè senza macchia di peccato, meta che non è alla portata dell'uomo con i suoi soli mezzi naturali, ma è un'impresa soprannaturale. *Poiché l'essere umano, facendo male uso della libertà con che fu creato, peccò dall'inizio, trasmettendosi dopo questo peccato originale alle generazioni successive, fu necessario che il Padre desse alle sue creature benedizioni speciali e grazie che le permettessero ottenere il proposito che Egli aveva fissato, e questo lo fece mediante la salvazione ottenuta per tutta la razza umana da suo Figlio Gesù Cristo. *Gesù, con la sua incarnazione, vita, passione, morte e resurrezione ottenne la Redenzione per il genere umano, procurando il perdono dei peccati e regalando ai suoi discepoli il dono della grazia, con la quale la mente umana riceve una saggezza ed intelligenza soprannaturali, che permetteranno al cristiano compiere il proposito previsto in anticipo per il Padre, cioè, arrivare ad essere i suoi figli adottivi vivendo eternamente nella sua presenza. *Questo chiaro piano non si realizzerà improvvisamente, ma comincerà a prepararsi durante un lungo periodo, compreso tra l'Incarnazione del Figlio di Dio (conosciuta come la sua prima Venuta al mondo) e la sua seconda Venuta, che costituirà la pienezza dei tempi. *Sará in questo tempo che tutto quello che esista nei cieli e nella terra si costituirà finalmente nel Regno di Dio in pienezza, dove Cristo sarà il Re e il Capo di tutta la creazione. Tutto questo è quello che esprime il cantico celestiale, al quale dopo si uniscono anche in adorazione miriadi di angeli del cielo e la creazione tutta, adorando al Padre, allo Spirito Santo e all'Agnello, a chi le riconoscono che avrà l'Impero sul Regno per sempre. I Viventi assentono con un "amen", e così il canto di adorazione e lode continua a passare dall’uno all’altro, perché c'è realmente festa nel cielo, poiché ha cominciato a svilupparsi il compimento finale del proposito eterno del Padre. B) L'apertura dei sette Sigilli: gli strumenti di Dio.

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Apocalisse 6,1-14: “Quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: «Vieni». Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora. Quando l'Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: «Vieni». Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada. Quando l'Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: «Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: «Una misura di grano per un danaro e tre misure d'orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati». Quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra. Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. E gridarono a gran voce: «Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?». Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro. Quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi. Il cielo si ritirò come un volume che si arrotola e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto.” Il libro sigillato che l'Agnello ha preso dalla destra di Dio comincia ad essere aperto, tirando fuori uno ad uno i sette sigilli che lo mantengono chiuso. Ricordiamo che il libro è un rotolo, ed i sigilli sono cerchi o anelli che non permettono che sia srotolato, ed è scritto nei due lati, interno ed esterno, quello che indica la sua estensione. La prima domanda che dobbiamo farci è: Che cosa contiene il Libro? Molti autori, specialmente gli antichi, sostengono che il libro è la Sacra Scrittura, ed in particolare l'Antico Testamento, le cui profezie saranno spiegate ora. Altri sostengono che contiene il piano redentore di Dio lungo la storia umana, una specie di storia della Chiesa dagli apostoli fino al tempo della Parusía, e per sostenere questa ipotesi forzano allegorie e paragoni in ogni sigillo per definire distinte epoche della Chiesa. Crediamo che sia un'interpretazione troppo forzata ed arbitraria (tanto arbitraria come le spiegazioni storiche simili rispetto al contenuto delle lettere alle sette Chiese che vedremo più avanti), aperta a cualunque associazione allegorica o simbolica che sia trovata per ogni interprete. Noi sosteniamo che in questo Libro sono scritti gli avvenimenti del fine del tempo ed il giudizio di Dio sugli uomini, mentre i sigilli rappresentano i distinti strumenti di Dio che saranno liberati e messi in azione per arrivare allo sviluppo e compimento effettivo dei suddetti avvenimenti. Pertanto, togliere i sigilli ed aprire il libro per potere leggerlo simbolizza la decisione sovrana del Padre, il cui momento solo Egli conosce, di dare inizio agli eventi precursori della Parusía del Figlio, mediante quello che potremmo chiamare la "liberazione" degli strumenti dei quali Dio si servirà. E questa missione gli sarà confidata a Gesù Cristo, Figlio di Dio, l'unico degno di portarla a termine. Gli è permesso a Giovanni, in questa visione celestiale, conoscere gli avvenimenti descritti nel libro che sostiene il Padre, quelli che precisamente egli farà conoscere, per espressa ordine di Gesù, nel Libro dell'Apocalisse. Arriverà il giorno, nel divenire della storia umana, quando il Padre lo decida, che effettivamente incominceranno questi fatti della fine, e la scena della quale fu testimone il veggente avrà corrispondenza con un'epoca determinata dell'umanità. a) Il Primo Sigillo: Questo primo sigillo forma un'unità coi tre seguenti, data per la successione di elementi simili (cavalli e cavalieri). Sosteniamo che questo gruppo di quattro visioni mostra il primo strumento che Dio utilizzerà negli avvenimenti della Parusía, tanto nella sua fase preparatoria come nel suo culmine: Satana ed i suoi demoni.

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Il primo sigillo ci presenta un tale che cavalca su un cavallo bianco, che come simbolo ci rimette subito a 19,11-13, dove troviamo anche un cavaliere su un albo animale, chi è identificato come il "Verbo di Dio", il "Re di Re" ed il "Signore dei Signori", cioè, è senza dubbi Gesù Cristo. Ma, quello che sta aprendo il sigillo è propio l'Agnello, Gesù Cristo, pertanto Egli non può essere questo personaggio sul cavallo bianco. Questo cavaliere pare che sia solamente una grossolana imitazione di Cristo, destinata ad ingannare a molti alla fine dei tempi. Per quel motivo crediamo che sia molto chiara l'identificazione con qualcuno che, come si rivelerà più avanti, sarà un strumento diretto e manipolato per il Diavolo (il "Drago"): la Bestia del Mare o l'Anticristo. Questo personaggio avrà come missione principale convincere al mondo in generale, ed ai cristiani in particolare, che egli è il vero Cristo che è arrivato al mondo nella sua Parusía, compiendo tutti gli annunci e profezie. Dio, per compiere i suoi obiettivi, gli permetterà di vincere, in primo luogo, alla gran struttura anticristiana, mondana e materialista che si identificherà nell'Apocalisse come "Babilonia", e dopo, a molti santi che l'affronteranno, dominando così al mondo intero (questo dominio lo simbolizza la corona reale che riceve). Apocalisse 13,7: “Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione.” Nel prossimo Capitolo vedremo in dettaglio questo processo. b) Il Secondo Sigillo: Questo cavaliere che monta il cavallo colore di fuoco è lo spirito di discordia e di contesa. Mediante lui Satana utilizzerà agli uomini che si sottomettano alla sua astuta e subdola tentazione, esacerbando le ansie di potere, di dominio, di ricchezze, o soffiando sul fuoco degli odi religiosi, politici o etnici, per togliere la pace e generare confronti e guerre di ogni tipo e grandezza, facendo che gli uomini si uccidano tra loro. Nella Lettera dell'Apostolo Giacomo si presentano le passioni derivate della propria concupiscenza dell'uomo che Satana esacerba con la sua azione tentatrice: Giacomo 4, 1-3: “Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri.” Questa violenza includerá tanto guerre e conflagrazioni mondiali, come azioni più regionali come guerre civili, confronti tra paesi, azioni di guerriglia e terrorismo, guerre tra bande rivali di malviventi, e violenza e morti per furti, saccheggi, etc. Tutto quello descritto è sempre stato presente nella storia del mondo, ma si aggraverà molto più nei tempi vicini alla fine. Rimane chiaro che l'azione di questo secondo cavaliere non è un'azione diretta sulle persone, ma la sua missione tentatrice è "fare che si sgozzino a vicenda." c) Il Terzo Sigillo: Colui che cavalca il cavallo nero è lo spirito di egoismo ed avarizia, che genera l'accaparramento e la concentrazione della ricchezza ed i mezzi economici in pochi, dannando a molti che rimangono abbandonati alla sua sorte disgraziata, è non possono avere neanche il minimo necessario per sussistere. Il grano e l'orzo rappresentano articoli di prima necessità per i più poveri, che devono comprare a prezzi esorbitanti, mentre gli articoli di lusso (olio e vino) sono solo a portata dei più ricchi e poderosi. Di questa maniera la fame e la mancanza di alimento passeranno ad essere cause di moria nell'umanità, alimentate per lo spirito di egoismo dei pochi che hanno e non condividono, ed anche

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come quello esposto anteriormente, si vedranno elevati al suo massimo livello nei tempi che precederanno la Parusía. d) Il Quarto Sigillo: Il cavallo verdastro o pallido porta come cavaliere alla stessa morte, che è la vittoria massima che può ottenere Satana, benché gli sia dato un potere limitato (solo sulla quarta parte della terra) per provocare la morte, non solo dovuta a guerre e fame, ma anche con pesti e malattie che sorgeranno dalla stessa negligenza ed ambizione degli uomini, ed anche per le bestie della terra, quest’ultima di una forma misteriosa che rimane velata ed oscura. Il "Hades" o "Sheol", luogo dei morti secondo il pensiero ebreo, va dietro questo cavallo ed il suo cavaliere, raccogliendo le vittime che lascia al suo passo. Di questa maniera, come menzioniamo prima, questi quattro cavalieri con le sue cavalcature simbolizzano l'azione distruttrice di Satana tra gli uomini, quella che, con la sua limitazione, ha il permesso divino, cioè, si trasformano in strumenti di Dio. Rimane da chiarire un punto importante: l'azione di Satana che abbiamo descritto non è qualcosa di nuovo, ma è esistita sempre fin dal peccato originale, ma qui il significato è che vicini già i tempi della fine, questa azione si intensificherà ed esacerberà di una maniera mai vista prima. Troviamo la descrizione di questi castighi di Dio (guerra, fame, pesti e bestie feroci) in Ezechiele 14,6-23, dove il Signore chiede la conversione dell'adorazione agli idoli, non solo al suo popolo Israele, bensì a "qualunque straniero abitante in Israele." Ezechiele 14, 6-7: “Riferisci pertanto al popolo d'Israele: Dice il Signore Dio: Convertitevi, abbandonate i vostri idoli e distogliete la faccia da tutte le vostre immondezze, poiché a qualunque Israelita e a qualunque straniero abitante in Israele, che si allontana da me e innalza nel suo cuore i suoi idoli e rivolge lo sguardo all'occasione della propria iniquità e poi viene dal profeta a consultarmi, risponderò io, il Signore, da me stesso.” Quelli che non ascoltino la chiamata di Dio alla conversione riceveranno i quattro castighi di Dio, benché ci saranno superstiti: Ezechiele 14, 21-22: “Dice infatti il Signore Dio: Quando manderò contro Gerusalemme i miei quattro tremendi castighi: la spada, la fame, le bestie feroci e la peste, per estirpare da essa uomini e bestie, ecco vi sarà in mezzo un residuo che si metterà in salvo con i figli e le figlie. Essi verranno da voi perché vediate la loro condotta e le loro opere e vi consoliate del male che ho mandato contro Gerusalemme, di quanto ho mandato contro di lei.” La figura dei quattro cavalieri ed i suoi cavalli ha anche il suo riferimento nell'Antico Testamento: Zaccaria 1,7-10: “Il ventiquattro dell'undecimo mese, cioè il mese di Sebàt, l'anno secondo di Dario, questa parola del Signore si manifestò al profeta Zaccaria, figlio di Iddò. Io ebbi una visione di notte. Un uomo, in groppa a un cavallo rosso, stava fra i mirti in una valle profonda; dietro a lui stavano altri cavalli rossi, sauri e bianchi. Io domandai: «Mio signore, che significano queste cose?». L'angelo che parlava con me mi rispose: «Io t'indicherò ciò che esse significano». Allora l'uomo che stava fra i mirti prese a dire: «Essi sono coloro che il Signore ha inviati a percorrere la terra».” È indubbio che qui si tratta di angeli che Dio ha inviato a percorrere tutta la terra. Nell'Apocalisse i quattro cavalieri avranno anche una portata universale con la sua azione tentatrice per alimentare e fomentare la guerra e la morte. e) Il Quinto Sigillo: Si rivela nell'apertura di questo quinto sigillo ad un altro degli strumenti di Dio che avrà partecipazione negli avvenimenti del fine, non già per fare il male bensì per bene: i santi che sono morti, con le sue anime separate dal corpo che si trovano nel cielo.

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La sua supplica ed intercessione si eleva al Signore, affinché arrivi il tempo della giustizia di Dio, in un mondo che ha perso quasi totalmente l'impronta cristiana, sottomesso maggioritariamente al "padrone del mondo”, Satana. C'è un desiderio espresso di questi santi che giunga presto alla terra il Giudizio di Dio, e che per loro arrivi il tempo della resurrezione. Il suo clamore al "Signore Santo e Verace" è ascoltato, e, da una parte, ricevono a modo di anticipo e sicurezza della sua prossima resurrezione una veste bianca, indumento che può utilizzare solo chi ha un corpo materiale. Inoltre ricevono una rivelazione sommamente importante: dovranno aspettare (pazientare) ancora un poco per questa resurrezione, dato che sarà necessario che si completi un numero che soltanto Dio conosce, di altri che rimarranno nella sua stessa situazione. Questo c'anticipa già che ci saranno molti santi martiri nei tempi che succederanno. Sul senso di questo numero misterioso di santi nel cielo ritorneremo più avanti in forma estesa, nel Capitolo 6.3. Troviamo qui uno degli strumenti più preziosi di Dio: la preghiera delle sue creature, e, specialmente, l'intercessione davanti a Lui dei santi, poderoso motore per mobilitare gli eventi che Dio confida agli uomini come le sue cause seconde. f) Il Sesto Sigillo: Quando l'Agnello apre il sesto sigillo, Giovanni presenzia l'azione distruttrice delle forze della natura come strumenti di Dio. La forza principale è un "gran terremoto", e ci sono anche segni cosmici nel sole, la luna e le stelle. C'è un aspetto sommamente importante per risaltare: si producono cambiamenti nella terra, esemplificati per un cielo che sparisce, e montagne ed isole rimosse dei suoi posti. Questi terribili disastri naturali saranno quelli che utilizzerà Dio per l'annichilazione finale degli infedeli nel suo giudizio nel “Giorno dell'ira di Dio", e per la trasformazione della terra, come vedremo nella descrizione dell'azione della settima Coppa, che precederà immediatamente alla Parusía di Cristo. Qui, in questi sei primi sigilli finiscono di liberarsi gli strumenti di Dio che interverranno nel dramma del fine: Satana ed i suoi seguaci, i santi e la natura. g) Il Settimo Sigillo: L'ultimo sigillo indica qualcosa di essenziale: gli strumenti di Dio già sono stati liberati e messi in azione secondo la disposizione di Dio, e cominceranno ad agire sul mondo, per un certo tempo, simbolizzato per la "mezz'ora", che conosciamo come l'apparizione dei segni del fine. Ancora non si libereranno gli avvenimenti irreversibili che precederanno la Parusía, che saranno ordinati per Dio ai suoi angeli, ma questi segni saranno sempre di più evidenti, secondo quell'annunciato per lo stesso Gesù. C) I segni indicativi della vicinanza della Parusía: Per affrontare questo tema studieremo i discorsi escatologici di Gesù che troviamo nei tre vangeli sinottici, uniti a passi rilevanti del Nuovo Testamento che citeremo in ogni caso: * Matteo: Capitolo 24 * Marco: Capitolo 13 * Luca: Capitolo 21 Analizziamo gli elementi che c'apportano questi vangeli in quanto ai segni precursori, a partire dalla sua importanza spiccata per Gesù nella parabola del fico: Luca 21, 29-31: “E disse loro una parabola: «Guardate il fico e tutte le piante; quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l'estate è vicina. Così pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.” (cfr. Matteo 24,32-33; Marco 13,28-29).

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I segni che Gesù spiegherà, al iguale di quelle che produce la natura anticipando le stagioni, mostreranno a quelli che siano attenti che il Regno di Dio è giá vicino. Vediamo i segni che sorgono dal discorso escatologico del Signore: Matteo 24, 1-14: “Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Gesù disse loro: «Vedete tutte queste cose? In verità vi dico, non resterà qui pietra su pietra che non venga diroccata». Sedutosi poi sul monte degli Ulivi, i suoi discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Dicci quando accadranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». Gesù rispose: «Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno. Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo è solo l'inizio dei dolori. Allora vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, ed essi si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell'iniquità, l'amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato. Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine.” Analizziamo ora questi segni che Gesù anticipa ai suoi apostoli: a) Sorgerà un inganno religioso generalizzato e si perderà sempre di più la vera fede cristiana: Molti saranno quelli che proclameranno che Cristo già viene, che sta arrivando il tempo della fine: sono i falsi profeti del Signore. Si fisseranno date arbitrarie e capricciose per la fine del mondo, e la fede cristiana sarà snaturalizzata e corrotta, con un confuso sincretismo con credenze esoteriche ed elementi di altre religioni, specialmente le orientali. Numerosi gruppi proclameranno essere i possessori della verità sulla Venuta di Cristo, e si definiranno come gli eletti che saranno favoriti con la sua salvazione. Che molti vengono usurpando il nome di cristiani dicendo "Io sono il Cristo” significa che numerose false religioni si proclameranno come cristiane, ma solamente cercheranno di ingannare e perdere a quelli che vogliano realmente seguire a Cristo. Il medesimo concetto espressa San Paolo: 1 Timoteo 4,1-2: “Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall'ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza.” L'inganno delle false religioni, suscitate per "spiriti menzogneri e dottrine diaboliche" può portare all'apostasia a cristiani che non siano crescuti nella sua fede, che non abbiano raggiunto la perfezione spirituale, poiché saranno "portati alla deriva per qualunque vento di dottrina": Efesini 4, 11-14: “È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore.” Nella Seconda Lettera di Pietro, dopo di proclamare la venuta della Parusía, si avverte anche sui falsi profeti: 2 Pietro 2,1-3.12-22: “Ci sono stati anche falsi profeti tra il popolo, come pure ci saranno in mezzo a voi falsi maestri che introdurranno eresie perniciose, rinnegando il Signore che li ha riscattati e attirandosi una pronta rovina. Molti seguiranno le loro dissolutezze e per colpa loro la via della verità sarà coperta di impropèri. Nella loro cupidigia vi sfrutteranno con parole false; ma la loro condanna

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è già da tempo all'opera e la loro rovina è in agguato. Ma costoro, come animali irragionevoli nati per natura a essere presi e distrutti, mentre bestemmiano quel che ignorano, saranno distrutti nella loro corruzione, subendo il castigo come salario dell'iniquità. Essi stimano felicità il piacere d'un giorno; sono tutta sporcizia e vergogna; si dilettano dei loro inganni mentre fan festa con voi; han gli occhi pieni di disonesti desideri e sono insaziabili di peccato, adescano le anime instabili, hanno il cuore rotto alla cupidigia, figli di maledizione! Abbandonata la retta via, si sono smarriti seguendo la via di Balaàm di Bosòr, che amò un salario di iniquità, ma fu ripreso per la sua malvagità: un muto giumento, parlando con voce umana, impedì la demenza del profeta. Costoro sono come fonti senz'acqua e come nuvole sospinte dal vento: a loro è riserbata l'oscurità delle tenebre. Con discorsi gonfiati e vani adescano mediante le licenziose passioni della carne coloro che si erano appena allontanati da quelli che vivono nell'errore. Promettono loro libertà, ma essi stessi sono schiavi della corruzione. Perché uno è schiavo di ciò che l'ha vinto.Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del Signore e salvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovo invischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenuta peggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo precetto che era stato loro dato. Si è verificato per essi il proverbio:Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago.” In una forma terribile si esprime la realtà di questi falsi profeti, che inquinano e portano all'errore ed al peccato a coloro che si lasciano imbrogliare per le sue dottrine, apparentemente attraenti, ma imbevute di concetti mondani. Richiama specialmente l'attenzione l'attualità che ha questa descrizione, nella proclamazione per questi falsi profeti della libertà ad oltranza, che porta solo alla schiavitú che generano le proprie passioni senza freno. Il mondo si va sempre di più avvicinando a queste realtà ultime che devono essere avvertite ed evitate per l'uomo di fede, benché nei tempi vicini alla fine rimarranno molti pochi cristiani in condizioni di discernere con chiarezza questi inganni, come l'annuncia lo stesso Gesù: Luca 18,8: “Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».” b) Guerre ed annunci di guerre: C'è un annuncio di Gesù che non offre dubbi: il fine non verrà per guerre provocate per gli uomini, anche se fossero di una distruzione terribile, ma sarà Dio stesso che lo produrrà, quando sia il momento della sua decisione, ed utilizzando strumenti naturali, come i terremoti e catastrofi cosmiche. Ma nei tempi finali le nazioni si affronteranno, ed i paesi faranno la guerra, come conseguenza dell'azione tentatrice di Satana esemplificata per il Secondo cavaliere dell'Apocalisse, benché questi avvenimenti saranno solamente preparatori per la vera fine. c) Fame e pesti: Sorgerà la povertà e mancanza di alimento in grandi regioni dalla terra, provocata specialmente per l'opera predatrice e distruttrice delle risorse naturali proveniente dalla sfrenata ambizione dell'uomo. Aggiuntivamente la scarsità e la carestia di alimenti per grandi settori dell'umanità sarà anche conseguenza dello spirito di egoismo ed avarizia di quelli che tutto l'hanno e non lo condividono, spinti per gli spiriti demoniaci che vedemmo secondo i cavalieri terzo e quarto dell'Apocalisse. d) Catastrofi naturali: Il mondo continuerà a soffrire un'intensificazione delle catastrofi naturali: terremoti, maremoti ed inondazioni (Luca 21,25), cadute di grandine, ed anche siccità che genereranno la mancanza di alimento e la fame, come vedemmo nel punto anteriore.

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È molto interessante vedere come nell'Apocalisse si aggiudica agli uomini la colpa di distruggere o corrompere alla terra: Apocalisse 11,18: “Le genti ne fremettero, ma è giunta l'ora della tua ira, il tempo di giudicare i morti, di dare la ricompensa ai tuoi servi, ai profeti e ai santi e a quanti temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di annientare coloro che distruggono la terra».” La parola greca che si usa qui come "distruggere" o "corrompere" è "dia-fzeiro", utilizzata per esempio in un'altra espressione che ci mostra il suo significato con chiarezza: 2 Corinzi 4,16: “Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno.” Si sta parlando di una distruzione della terra graduale, di una corruzione delle risorse naturali e del suo inquinamento, male uso, irresponsabilità, tutte derivate dell'ambizione umana senza freno. Il sesto sigillo rivela che Dio utilizzerà finalmente catastrofi naturali di grandezza mai vista prima per realizzare il suo proposito di trasformazione del mondo attuale in una nuova creazione. e) La carità diminuirà: È veramente terribile l'annuncio del Signore in Mateo 24,12: "E crescendo sempre di più l'iniquità, la carità della maggioranza si raffredderà”. Vedemmo prima nel punto a) che l'inganno generalizzato dei falsi profeti porterà anche ad una diminuzione della fede cristiana. Ricordiamo che fede e carità, insieme alla speranza, sono le tre virtù teologali infuse per la grazia santificante nell'uomo, come dono di Dio per la sua redenzione e salvazione, e che regolano la vita dell'uomo inclinando la sua volontà ed intelligenza verso Dio. Possiamo immaginarci un mondo dove appena si trovino qui e là cristiani che vivano queste virtù, che sono quelle che conducono alla santità? Immaginiamo un mondo dove chi prevarrà sarà il "uomo razionale", con la sua intelligenza e volontà inferme per il peccato originale e sommesse all'influenza devastatrice della sua propria concupiscenza e della tentazione di Satana (vedere lo sviluppo di questo tema in www.it.Contemplatori.com.ar , Parte 2, Capitolo 3). Le passioni senza il freno delle virtù infuse, il peccato generalizzato, gli interessi esclusivamente egoisti, il materialismo ad oltranza e manifestazioni simili saranno le caratteristiche di un mondo allontanato dall'azione dello Spirito Santo e sommesso mansuetamente all'azione corruttora e distruttrice di Satana, come lo descrive la Prima Lettera di Pietro: 1 Pietro 5,8-9: Le passioni senza il freno delle virtù infuse, il peccato generalizzato, gli interessi esclusivamente egoisti, il materialismo ad oltranza e manifestazioni simili saranno le caratteristiche di un mondo allontanato dall'azione dello Spirito Santo e sommesso mansuetamente all'azione corruttora e distruttrice di Satana, come lo descrive la Prima Lettera di Pietro: San Paolo ci presenta ammirevolmente il quadro degli uomini allontanati dalla grazia di Dio negli ultimi tempi dell'attuale umanità: 2 Timoteo 3,1-9: “Devi anche sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti, intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall'orgoglio, attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore. Guardati bene da costoro! Al loro numero appartengono certi tali che entrano nelle case e accalappiano donnicciole cariche di peccati, mosse da passioni di ogni genere, che stanno sempre lì ad imparare, senza riuscire mai a giungere alla conoscenza della verità. Sull'esempio di Iannes e di Iambres che si opposero a Mosè, anche costoro si oppongono alla verità: uomini dalla mente corrotta e riprovati in materia di fede. Costoro però non progrediranno oltre, perché la loro stoltezza sarà manifestata a tutti, come avvenne per quelli.”

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Questa descrizione è uno dei segni che saranno più chiari in quanto a che il Giudizio di Dio si avvicina: una corruzione, ingiustizia, perversità e perversioni generalizzate nel mondo. Tuttavia sarà solamente percettibile per coloro che, avendo una fede abbastanza cresciuta, senza immergersi in quella voragine, potranno vedere tutto questo con chiarezza. f) Si proclamerà la Buona Novella del Regno nel mondo intero: Dio concederà un tempo di misericordia prima del suo giudizio, per salvare a tutti quelli che accettino la salvazione offerta, e questo si riuscirà con una proclamazione rinnovata dell'annuncio dell'arrivo del Regno nel mondo intero, appoggiata per i segni della prossimità della fine che si apprezzeranno già con una certa chiarezza. Il modo di questa proclamazione lo studieremo con più dettaglio nel seguente Capitolo. D) Conclusioni. Esiste un momento definito nella storia dell'umanità nel quale Dio Padre disporrà nuovamente un intervento di suo Figlio Gesù Cristo, come lo fece per prima volta nella sua Incarnazione. È solamente il Padre, nella sua infinita Saggezza, chi conosce quando sarà il tempo di questo evento: Marco 13,32: “Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.” La maggioranza dei teologi interpreta che qui si tratta della scienza e la conoscenza del Figlio nella sua natura di vero uomo, informata certamente per la sua unione con la natura divina, ma che può ignorare certe cose. Il Libro dell'Apocalisse ci presenta a Giovanni come testimone in visione profetica del momento in cui questa decisione è presa dal Padre, ovviamente ignorando il suo tempo nella storia del mondo. La scena dove Gesù Cristo, figurato come Agnello di Dio che espiò per i peccati degli uomini con la sua morte, effondendo sull'umanità il dono della Salvazione, prende dal Padre il libro sigillato nel quale si trovano rivelati gli avvenimenti della fine, segna l'inizio del tempo che culminerà con la sua Seconda Venuta al mondo in gloria e maestà. Attraverso le visioni che ci consegna Giovanni conosceremo lo sviluppo di questi avvenimenti che non erano stati rivelati prima, benché continuerà ad essere soltanto nella conoscenza del Padre il "giorno e l'ora” in cui si manifesteranno. Tuttavia bisogna tenere in conto che la misericordia di Dio, cercando che tutti gli uomini si salvino, cioè, che arrivino ad essere i suoi figli adottivi nella sua presenza per tutta la eternità, permetterà di conoscere attraverso certi segni, che saranno avvenimenti particolari nella storia, che questo "giorno ed ora" sta avvicinandosi, per quello che sarà necessario agire secondo quello che Gesù ha insegnato che è necessario per entrare al Regno di Dio. È così che ogni cristiano deve trovarsi sempre attento ai "segni" dei tempi, senza pretendere ciononostante di scrutinarli di maniera di sapere quando succederà esattamente l'attesa Seconda Venuta del Signore. È per questa ragione che costantemente l'insegnamento di Gesù ricorda la necessità di vegliare, di essere attenti, di non "addormentarsi", di pensare che il "Giorno" del Signore può apparire in qualunque momento: Marco 13, 33-37: “State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!».” Neanche sappiamo quanto durerà il tempo dei "segni precursori", ma senza dubbio non sarà un tempo breve, e permetterà che i cristiani che siano aperti al discernimento spirituale siano capaci di vedere ogni volta con maggiore chiarezza l’apparizione di questi segni nel mondo.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 2: IL TEMPO DELL'AVVERTENZA DELLA MISERICORDIA DI DIO. L'apertura dei sigilli finirà col settimo, e dopo di un periodo di tempo indeterminato in cui si apprezzará sempre con maggiore chiarezza l'apparizione dei segni precursori del tempo della Parusía del Signore, Dio prenderà la decisione di mettere in moto gli avvenimenti che Egli stesso controlla attraverso gli angeli, che procureranno in forma irreversibile l'arrivo del tempo del fine. A) Comincio del tempo dell'avvertenza.

Apocalisse 8,1-5: “Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz'ora. Vidi che ai sette angeli ritti davanti a Dio furono date sette trombe. Poi venne un altro angelo e si fermò all'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull'altare d'oro, posto davanti al trono. E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi. Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scosse di terremoto.”

Gli angeli si trovano di fronte al trono di Dio, aspettando le suei ordini; allora ricevono ognuno una tromba. Ricordiamo che biblicamente la tromba è un segno di chiamata, da una parte, e di giudizio, per un altra: Isaia 27,12-13: “In quel giorno, dal corso dell'Eufrate al torrente d'Egitto,il Signore batterà le spighe e voi sarete raccolti uno a uno, Israeliti. In quel giorno suonerà la grande tromba, verranno gli sperduti nel paese di Assiria e i dispersi nel paese di Egitto. Essi si prostreranno al Signore sul monte santo, in Gerusalemme.” In questo passo Isaia presenta la chiamata e la riunione del popolo di Dio negli ultimi tempi, utilizzando l'immagine del raccolto, immagine che rappresenta la restaurazione alla fine dei tempi. Il suono di corno o di tromba serve per riunire a tutti i dispersi per il mondo, proclamando la misericordia di Dio. Il profeta Gioele si riferisce al suono della tromba come annuncio dell'imminenza del giudizio e punizione di Dio nel “giorno di Yahveh”: Gioele 2,1-2: “Suonate la tromba in Sion e date l'allarme sul mio santo monte! Tremino tutti gli abitanti della regione perché viene il giorno del Signore, perché è vicino, giorno di tenebra e di caligine, giorno di nube e di oscurità. Come l'aurora, si spande sui monti un popolo grande e forte; come questo non ce n'è stato mai e non ce ne sarà dopo, per gli anni futuri di età in età.”

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Quando i sette angeli ricevono le sue trombe, appare un altro angelo vicino all'altare che si trova di fronte al trono di Dio, portando le preghiere di tutti i santi che chiedono a Dio per la Venuta di Cristo, riassunte nel Padre Nostro: "¡Venga il tuo Regno!” Queste orazioni arrivano alla presenza di Dio ed allora questo angelo riceve l'ordine: l'incensiere che bruciava i profumi che salivano davanti a Dio portando le preghiere, è riempito del fuoco dell'altare e questo è gettato sulla terra. Il senso di questa azione lo abbiamo commentiamo nel Capitolo 1 (punto A.1.c.). Immediatamente i sette angeli cominciano a suonare le sue trombe. B) Le quattro prime trombe. Apocalisse 8, 6-13: “I sette angeli che avevano le sette trombe si accinsero a suonarle. Appena il primo suonò la tromba, grandine e fuoco mescolati a sangue scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra fu arso, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde si seccò. Il secondo angelo suonò la tromba: come una gran montagna di fuoco fu scagliata nel mare. Un terzo del mare divenne sangue, un terzo delle creature che vivono nel mare morì e un terzo delle navi andò distrutto.Il terzo angelo suonò la tromba e cadde dal cielo una grande stella, ardente come una torcia, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono per quelle acque, perché erano divenute amare. Il quarto angelo suonò la tromba e un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e si oscurò: il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente. Vidi poi e udii un'aquila che volava nell'alto del cielo e gridava a gran voce: «Guai, guai, guai agli abitanti della terra al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stanno per suonare!».” Consideriamo che gli avvenimenti in simboli che descrivono le sei prime trombe devono prendersi nel suo insieme; non sono descrizioni di eventi con un ordine cronologico, ma costituiscono aspetti di un stesso avvenimento centrale. C'è un elemento importante che ci permette di esprimere questa idea: le tre primi trombe mostrano catastrofi (vedremo subito in che cosa possono consistere) che colpiscono la terza parte della terra con incendi, inquinamento delle acque, distruzione delle imbarcazioni del mare e fenomeni cosmici, ma appena nella sesta tromba si menziona che muore la terza parte dell'umanità. È molto difficile accettare che siano avvenimenti successivi e che colpendo tanto fortemente la terza parte della terra non producano perdita di vite umane. Pertanto analizzeremo gli eventi che provocano queste sei prime trombe come un unico avvenimento, che risulta essere chiaramente una terribile guerra a scala mondiale. Tutto questo periodo descritto per il suono delle sei trombe lo denomineremo "periodo dell'avvertenza e misericordia di Dio."

C) La Quinta Tromba. Le prime quattro trombe mostrano in visione a Giovanni quello che succederà sulla terra quando si liberi la guerra descritta nella sesta Tromba. Invece, la quinta Tromba presenta quale è il motivo scatenante di questa terribile conflagrazione: l'azione del Diavolo e della sua milizia di demoni che si dedicano all'attacco finale all'umanità, (secondo i quattro cavalli descritti nei primi Sigilli). Apocalisse 9,1-12: “Il quinto angelo suonò la tromba e vidi un astro caduto dal cielo sulla terra. Gli fu data la chiave del pozzo dell'Abisso; egli aprì il pozzo dell'Abisso e salì dal pozzo un fumo come il fumo di una grande fornace, che oscurò il sole e l'atmosfera. Dal fumo uscirono cavallette che si sparsero sulla terra e fu dato loro un potere pari a quello degli scorpioni della terra. E fu detto loro di non danneggiare né erba né arbusti né alberi, ma soltanto gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte. Però non fu concesso loro di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi, e il tormento è come il tormento dello scorpione quando punge un uomo. In quei giorni gli uomini cercheranno la morte, ma non la troveranno; brameranno morire, ma la morte li fuggirà. Queste cavallette avevano l'aspetto di cavalli pronti per la guerra. Sulla testa avevano corone che sembravano d'oro e il loro aspetto era come quello degli uomini.

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Avevano capelli, come capelli di donne, ma i loro denti erano come quelli dei leoni. Avevano il ventre simile a corazze di ferro e il rombo delle loro ali come rombo di carri trainati da molti cavalli lanciati all'assalto. Avevano code come gli scorpioni, e aculei. Nelle loro code il potere di far soffrire gli uomini per cinque mesi. Il loro re era l'angelo dell'Abisso, che in ebraico si chiama Perdizione, in greco Sterminatore. Il primo «guai» è passato. Rimangono ancora due «guai» dopo queste cose.” La stella che cade dal cielo sulla terra terra è lo stesso Satana, l'angelo dell'Abisso, il capo dell'Inferno ("Abbadon" in ebreo, che significa sterminio o rovina). Questo fatto si descrive nell'Apocalisse: Apocalisse 12,7-12: “Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio; poiché hanno disprezzato la vita fino a morire.” Satana è l'accusatore nel cielo, quello che chiede permesso per tentare gli uomini che si trovano più vicino a Dio. Ma nei tempi finali perde questa prerogativa ed è precipitato a terra per Michele e le sue milizie angeliche. Il senso di questo fatto lo troviamo spiegato molto bene per il profeta Zaccaria: Zaccaria 3,1-7: “Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, ritto davanti all'angelo del Signore, e satana era alla sua destra per accusarlo. L'angelo del Signore disse a satana: «Ti rimprovera il Signore, o satana! Ti rimprovera il Signore che si è eletto Gerusalemme! Non è forse costui un tizzone sottratto al fuoco?». Giosuè infatti era rivestito di vesti immonde e stava in piedi davanti all'angelo, il quale prese a dire a coloro che gli stavano intorno: «Toglietegli quelle vesti immonde». Poi disse a Giosuè: «Ecco, io ti tolgo di dosso il peccato; fatti rivestire di abiti da festa». Poi soggiunse: «Mettetegli sul capo un diadema mondo». E gli misero un diadema mondo sul capo, lo rivestirono di candide vesti alla presenza dell'angelo del Signore. Poi l'angelo del Signore dichiarò a Giosuè: «Dice il Signore degli eserciti: Se camminerai nelle mie vie e osserverai le mie leggi, tu avrai il governo della mia casa, sarai il custode dei miei atri e ti darò accesso fra questi che stanno qui.” È molto interessante questa visione di Zaccaria, dove nella persona del Sommo Sacerdote Giosuè, e dopo in quella di Zorobabele come Re, sta prefigurando il gran mistero profetico degli ultimi tempi, alluso nel Capitolo 11 dell'Apocalisse (i due Testimoni), che più avanti analizzeremo in forma dettagliata. Ma qui in questo passo troviamo al Sommo Sacerdote Giosuè nella corte celestiale, con Satana ubicato alla sua destra, che lo vuole accusare (ricordiamo che il contesto di questo evento è il tempo escatologico immediatamente previo al "Giorno del Signore"). Un angelo sosta anche al fianco di Giosuè, e lo ammonisce a Satana: "¡Il Signore ti rimproveri, Satana!”. Cioè, impedisce che il Diavolo accusi Giosuè, che è rivestito da vesti immonde, cioè, trascina una situazione di peccato, come quella che vive il popolo dell'Israele, che rappresenta il "Nuovo Israele" nei tempi finali, cioè, la Chiesa. In questo rimprovero si vede il principio dell'espulsione dal cielo di Satana, secondo la descrizione che riferisce Apocalisse 12,7-9. Liberato dell'accusatore e tentatore, Giosuè è perdonato della sua colpa ed è rivestito di abiti da festa, ed allora gli è fatta una grande promessa: se si mantiene nei cammini e precetti di Dio, governerà anche (con Zorobabele) la Casa di Dio (il Tempio e tutto il popolo di Dio). Prima di analizzare in che cosa consiste questa caduta dal cielo di Satana, ricorderemo quale è l'azione primordiale del Diavolo, la tentazione. C'aiuterà un testo dell'Antico Testamento:

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Giobbe 2,1-10: “Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore, anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. Il Signore disse a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra che ho percorsa». Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo». Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». Il Signore disse a satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita». Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. Allora sua moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!».” Il Diavolo ha bisogno del permesso divino per agire sugli uomini tentandoli. Come agisce la tentazione? Mediante l'immaginazione Satana tenta che la bugia penetri nell'intelligenza dell'uomo, portandolo ad accettare false verità o interpretazioni erronee degli avvenimenti della sua vita, in modo che le generino idee che l'allontanino da Dio, e perfino lo facciano respingerlo completamente Anche l'imbroglione cerca che gli uomini lascino da parte i freni sulle sue passioni, spinti per la triplice concupiscenza che abita nel suo interno, sommergendoli nelle cose carnali e materiali, assicurandosi cosicché non si elevaranno nella vita spirituale, o magari neanche l'arrivino a conoscere. Generalmente i suoi risultati li ottiene attraverso persone che cosciente o inconsciamente si trasformano nei suoi strumenti, che sono quelli che biblicamente sono denominati "il mondo", quelli che vivono lontani di Dio. In questo caso Giobbe, un uomo giusto e retto, di per sé accetta i mali che riceve, ma Satana utilizza sua moglie come strumento per tentarlo a respingere a Dio, e chiedendo che lo maledica per la sua sofferenza. Il senso della tentazione da parte di Satana, angelo caduto ed allontanato irremisiblemente di Dio per la sua volontà, è quello di separare il più che può agli uomini dal cammino che li porterà alla trasformazione in figli adottivi di Dio nel suo Regno, cioè, li vuole separare per sempre di Dio, come egli è separato (quello che significa l'inferno). Nonostante che Dio ha provvisto l'uomo di tutti gli aiuti soprannaturali affinché possa sconfiggere la tentazione del Demonio (grazia santificante, sacramenti, etc.), gli ha concesso anche un attributo proprio di Lui che è la libertà, per scegliere e decidere per sé stesso. Questa libertà lascia aperta al Diavolo e la sua corte di demoni la possibilità di attaccare all'uomo tentando di deviarlo dal compimento del proposito di Dio, cercando che non si salvi, cioè, che non arrivi a essere parte del Regno di Dio. Questa è stata da sempre l'azione del tentatore, e malgrado che è sconfitto per Cristo, e che anche tutti quelli che seguono Cristo possono vincerlo, questi due mille anni che giá ha percorso il cristianesimo fin da quando il Signore diede la sua Redenzione e Salvazione all'umanità, mostrano senza dubbio che ogni volta è maggiore il dominio del Diavolo sull'mondo, e che il suo obiettivo di allontanare gli uomini dal suo Creatore ottiene un successo crescente. Il Libro dell'Apocalisse ci mostra il risultato della strategia ed azione del Diavolo quando sono già vicini i tempi finali, mediante la nascita della "Babilonia la Grande", la "Gran Meretrice". Possiamo dire che gli avvenimenti della fine del tempo nell'Apocalisse corrispondono alla supremazia di questa dominatrice del mondo futuro, descritta di questa maniera: Apocalisse 17, 1 -9: “Allora uno dei sette angeli che hanno le sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: «Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta che siede presso le grandi acque. Con lei si sono prostituiti i re della terra e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione». L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna. La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d'oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione. Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso: «Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli

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abomini della terra». E vidi che quella donna era ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore. Ma l'angelo mi disse: «Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, con sette teste e dieci corna. La bestia che hai visto era ma non è più, salirà dall'Abisso, ma per andare in perdizione. E gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era e non è più, ma riapparirà. Qui ci vuole una mente che abbia saggezza. Le sette teste sono i sette colli sui quali è seduta la donna; e sono anche sette re.” Questa figura della Babilonia, come la gran nemica del popolo di Dio, riconosce profonde radici bibliche, dove si costituì nel tipo o figura dei persecutori dell'Israele, che diroccarono la città di Gerusalemme e deportarono al popolo ebreo. L'Apocalisse assegna questo nome alla gran metropoli anticristiana che ha il potere sulla terra negli ultimi tempi. Vediamo gli elementi di questa descrizione: La donna è denominata "grande Prostituta”, spiegando che la sua azione raggiunse i re ed abitanti della terra che fornicano con lei e si inquinano con la sua prostituzione. Porta nella mano una coppa d’oro colma di abomini. Questa parola greca ("bdelygma"), significa "idolo", che è l'accezione che gli dà il Nuovo Testamento: Matteo 24,15: “Quando dunque vedrete l'abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo - chi legge comprenda -” Questo "abominio" è l'idolo sacrilego che occuperà il posto di Dio nel Santuario. Pertanto la Grande Babilonia è prostituta in quanto a che quelli che hanno una relazione con lei accettano la sua idolatria e si inquinano con lei. C'è anche chiarezza in identificare a questa Babilonia escatologica col suo tipo o figura che è la Roma imperiale: Apoc. 17,9: “Qui ci vuole una mente che abbia saggezza. Le sette teste sono i sette colli sui quali è seduta la donna; e sono anche sette re.” L’anteriore è, senza dubbio, un'allusione a Roma, conosciuta come “la città delle sette colline", che presenta la geografia dove e stata edificata. Di questo modo le peggiori caratteristiche della Roma pagana si proiettano alla Roma escatologica: il suo spirito conquistatore, la sua ambizione di ricchezze, la sua religione pagana ed idolatrica che sboccherà nell'adorazione dello stesso Imperatore, il suo disprezzo e rigore verso i paesi che sottomette. Ma la caratteristica essenziale di questa gran meretrice, "la madre delle prostitute", è data per chi l'ha suscitata e la sostiene vincitrice: Satana. La visione è molto chiara: la donna è seduta su una bestia la cui descrizione corrisponde esattamente a quella del "Drago" fatta in 12,3: Drago Bestia Colore Rosso Scarlatta Teste Sette con diademi Sette Corna Dieci Dieci Si compie così quello che puntualizzammo prima: la nascita della "Gran Meretrice" è il risultato della strategia ed azione del Diavolo, che ha continuato a portare al mondo, di chi è il padrone e signore, verso il dominio pagano ed anticristiano personificato per questa terribile donna. Questa "Gran Babilonia" esercita la sua influenza sul mondo in generale, e sui cristiani in particolare, mediante la fornicazione. Che cosa significa esattamente queso espressione qui applicata? Nella sacra Scrittura la fornicazione si riferisce sempre al culto degli idoli per il Popolo di Dio, che quando succede riceve il nome di prostituzione o adulterio. Vuole dire che la Babilonia è fonte di tentazione alla fornicazione, come lo fa una prostituta, cercando allontanare i cristiani dalla fede, ed anche mantenendo lontani d’essa ai popoli pagani, ostacolando la sua conversione. Nell'atteggiamento di questa meretrice sottosta l'odio a Dio che gli è

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trasmesso ed inculcato per chi l'ha suscitata, Satana, e per questa ragione si presenta ubriacata col sangue dei santi e martiri, ai quali persegue di differenti maniere. Ma c'è un altro elemento sommamente importante che dobbiamo prendere in considerazione: nelle Lettere alle sette Chiese che esamineremo in dettaglio nel prossimo Capitolo, alla Chiesa di Tiátira Gesù gli rimprovera una cosa: Apoc. 2,20: “Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli.” Questa Iezabèle si trova dentro la Chiesa, e cerca che i cristiani transigano col mondo pagano, lasciandosi penetrare per le sue abitudini, per i suoi idoli falsi, quello che va snaturalizzando e deviando la sua vera fede (vedere Capitolo 4, Lettera a Pérgamo). È chiaro che l'azione della gran prostituta Babilonia ha penetrato anche nella Chiesa, parte della quale cadrà nell'apostasia ("fornicazione con gli idoli), negli ultimi tempi. Una descrizione della realtà di questo spirito mondano e materialista allontanato di Dio l'abbiamo nei lamenti di coloro che lucravano con Babilonia, quando alla Gran Città gli arriva l'ora della sua distruzione: Apocalisse 18,9-19: “I re della terra che si sono prostituiti e han vissuto nel fasto con essa piangeranno e si lamenteranno a causa di lei, quando vedranno il fumo del suo incendio, tenendosi a distanza per paura dei suoi tormenti e diranno:«Guai, guai, immensa città, Babilonia, possente città; in un'ora sola è giunta la tua condanna!». Anche i mercanti della terra piangono e gemono su di lei, perché nessuno compera più le loro merci: carichi d'oro, d'argento e di pietre preziose, di perle, di lino, di porpora, di seta e di scarlatto; legni profumati di ogni specie, oggetti d'avorio, di legno, di bronzo, di ferro, di marmo; cinnamòmo, amòmo, profumi, unguento, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, greggi, cavalli, cocchi, schiavi e vite umane. «I frutti che ti piacevano tanto, tutto quel lusso e quello splendore sono perduti per te, mai più potranno trovarli». I mercanti divenuti ricchi per essa, si terranno a distanza per timore dei suoi tormenti; piangendo e gemendo, diranno: «Guai, guai, immensa città, tutta ammantata di bisso, di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle! In un'ora sola è andata dispersa sì grande ricchezza!». Tutti i comandanti di navi e l'intera ciurma, i naviganti e quanti commerciano per mare se ne stanno a distanza, e gridano guardando il fumo del suo incendio: «Quale città fu mai somigliante all'immensa città?». Gettandosi sul capo la polvere gridano, piangono e gemono:«Guai, guai, immensa città, del cui lusso arricchirono quanti avevano navi sul mare! In un'ora sola fu ridotta a un deserto!” I re della terra che accettarono l'idolatria proposta per Babilonia perché ottenevano vantaggi e guadagni che permettevano loro una vita di lusso si lamentano, al iguale che i mercanti che realizzavano grandi affari nel commercio con l'opulenta città. Vediamo che si descrive un inventario di ogni tipo di pregiati oggetti e materiali, metalli pregievoli e gioielli, e profumi e prelibatezze che mostrano chiaramente il lusso sfrenato dei possenti, in detrimento dei popoli conquistati che erano depredati. È tremenda la menzione in questo elenco del traffico di "schiavi e vite umane”, denominati nell'originale greco "corpi" ("soma") ed "anime ("psyche") di uomini, quello che mostra un disprezzo totale per l'essere umano nella sua integrità. Abbiamo così una descrizione abbastanza chiara di questa "Babilonia", città tipo dell'umanità materialista ed allontanata di Dio, acchiappata per la seduzione di Satana che l'affonda nell'egoismo che porta al potere e la ricchezza di pochi e la povertà e schiavitú di molti. Ma la cosa peggiore è l'aspetto morale, quello che affiora nell'uomo quando la sua natura caduta e peccatrice non possiede il freno e la guida della grazia divina, e le passioni si disordinano, e l'errore e l'allontanamento della verità passano ad essere quello che indica il cammino a percorrere.

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San Paolo descrive con gran realismo la spaventosa realtà degli uomini che non riconoscono a Dio, che vivono come se Egli non esistesse: Romani 1,21-32: “Essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno, colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa.” Questa scarna descrizione, insieme alla presentazione che fa l'Apocalisse della "Gran Prostituta Babilonia" dovrebbero essere anche considerate come parte dei segni che indicheranno la vicinanza della Seconda Venuta di Cristo per giudicare e restaurare un mondo che, dominato al suo capriccio per il nemico di Dio e dell'uomo, il Diavolo, cadrà in una generalizzazione del male, l'ingiustizia e l'impurità, di una maniera come mai si avrá visto nella storia dell'umanità. Comunque l'Apocalisse ci rivela molto più: nonostante l'apparente successo di Satana avendo portato al mondo sotto il dominio della Gran Meretrice, ancora non ha potuto riuscire il suo proposito principale: l'eliminazione dei cristiani ed il cristianesimo sulla terra. Malgrado l'inquinamento del mondo che lo circonda, completamente allontanato di Dio e materialista, tuttavia sussiste un "resto" di cristiani fedeli, che non permettono il trionfo totale del Diavolo. Allora il nemico dell'uomo concepirà il suo piano finale per sradicare la religione cristiana dal mondo. Il principio di esecuzione di questo piano l'abbiamo descritto nella Quinta Tromba, come vedemmo prima nel passaggio di Apoc. 9,1-12. Satana lancia un attacco generalizzato contro la terra coi suoi demoni, a somiglianza di una piaga di aragoste che si spiega e tutto lo divora. In che cosa consiste quell'attacco? È simbolizzato per la puntura delle sue code con pungiglioni simili a quelli degli scorpioni, iniettando un veleno che tormenterà gli uomini per un certo tempo, senza ammazzarli. Non attaccano né danneggiano all'erba né gli alberi (alimento naturale delle aragoste), per quello che risulta che non è un attacco materiale, bensì spirituale. È il tormento della tentazione, dell'incitamento al peccato, dove un'umanità già degradata e corrotta arriverà fino a limiti mai sospettati. Apparirà in tutta la sua rilevanza lo spirito di ambizione, di discordia, di violenza, che sboccheranno in una terribile conflagrazione che abbraccerà tutto il mondo, descritta nel seguente suono di tromba. In questa visione c'è un elemento che richiama l'attenzione: l'attacco dei demoni agli uomini, come una piaga di aragoste, ha una limitazione, poiché non colpisce gli uomini che hanno nella fronte il sigillo di Dio. Chi sono queste persone? Troviamo la spiegazione nell'Apocalisse: Apocalisse 7,1-8: “Dopo ciò, vidi quattro angeli che stavano ai quattro angoli della terra, e trattenevano i quattro venti, perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta. Vidi poi un altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare: «Non devastate né

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la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi». Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d'Israele: dalla tribù di Giuda dodicimila; dalla tribù di Ruben dodicimila; dalla tribù di Gad dodicimila; dalla tribù di Aser dodicimila; dalla tribù di Nèftali dodicimila; dalla tribù di Manàsse dodicimila; dalla tribù di Simeone dodicimila; dalla tribù di Levi dodicimila; dalla tribù di Issacar dodicimila; dalla tribù di Zàbulon dodicimila; dalla tribù di Giuseppe dodicimila; dalla tribù di Beniamino dodicimila.” La visione ci mostra quattro angeli nei quattro estremi della terra, cioè, coprendo la sua totalità (ricordiamo che secondo il concetto dell'epoca la terra era piana). La missione di questi angeli e quella di contenere le calamità che verranno sulla terra a partire dall'inizio dei suoni delle sette trombe, per permettere che un altro angelo metta una marca nella fronte dei "servi del nostro Dio." Questo significa che c'è un'elezione di Dio di un certo numero di credenti, che per la sua dimensione spirituale e la sua santità, sono riconosciuti come "servi di Dio." Nell'Antico Testamento troviamo due riferimenti a questa azione di segnare per salvare: Esodo 12,5-7.12-13: “Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo serberete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. In quella notte io passerò per il paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dèi dell'Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirò il paese d'Egitto.” Il sangue dell'agnello pasquale è il segno che salva gli israeliti dello sterminio che cade sui primogeniti dei egiziani. Ezechiele 9, 1-7: “Allora una voce potente gridò ai miei orecchi: «Avvicinatevi, voi che dovete punire la città, ognuno con lo strumento di sterminio in mano». Ecco sei uomini giungere dalla direzione della porta superiore che guarda a settentrione, ciascuno con lo strumento di sterminio in mano. In mezzo a loro c'era un altro uomo, vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco. Appena giunti, si fermarono accanto all'altare di bronzo. La gloria del Dio di Israele, dal cherubino sul quale si posava si alzò verso la soglia del tempio e chiamò l'uomo vestito di lino che aveva al fianco la borsa da scriba. Il Signore gli disse: «Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono». Agli altri disse, in modo che io sentissi: «Seguitelo attraverso la città e colpite! Il vostro occhio non perdoni, non abbiate misericordia. Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: solo non toccate chi abbia il tau in fronte; cominciate dal mio santuario!». Incominciarono dagli anziani che erano davanti al tempio. Disse loro: «Profanate pure il santuario, riempite di cadaveri i cortili. Uscite!». Quelli uscirono e fecero strage nella città.” Dio esegue il suo Giudizio alla fine dei tempi sugli israeliti che idolatrano e profanano il Tempio. La lettera "Tau" sulla fronte salva dello sterminio a chi "sospirano e piangono per tutti gli abomini che si compiono a Gerusalemme." Nell'Apocalisse il sigillo del Dio vivo nella fronte implica preservare gli eletti dall'azione diabolica. Questo si relaziona col fatto che Satana è stato cacciato dal cielo e precipitato alla terra, come si menziona all'inizio della Quinta Tromba. Questi eletti saranno quelli che dopo saranno "rapiti" all'incontro col Signore, come vedremo nel Capitolo 3.B.1 D) La Sesta Tromba. Apocalisse 9, 13-21: “Il sesto angelo suonò la tromba. Allora udii una voce dai lati dell'altare d'oro che si trova dinanzi a Dio. E diceva al sesto angelo che aveva la tromba: «Sciogli i quattro angeli

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incatenati sul gran fiume Eufràte». Furono sciolti i quattro angeli pronti per l'ora, il giorno, il mese e l'anno per sterminare un terzo dell'umanità. Il numero delle truppe di cavalleria era duecento milioni; ne intesi il numero. Così mi apparvero i cavalli e i cavalieri: questi avevano corazze di fuoco, di giacinto, di zolfo. Le teste dei cavalli erano come le teste dei leoni e dalla loro bocca usciva fuoco, fumo e zolfo. Da questo triplice flagello, dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che usciva dalla loro bocca, fu ucciso un terzo dell'umanità. La potenza dei cavalli infatti sta nella loro bocca e nelle loro code; le loro code sono simili a serpenti, hanno teste e con esse nuociono. Il resto dell'umanità che non perì a causa di questi flagelli, non rinunziò alle opere delle sue mani; non cessò di prestar culto ai demòni e agli idoli d'oro, d'argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare; non rinunziò nemmeno agli omicidi, né alle stregonerie, né alla fornicazione, né alle ruberie.” La decisione di Dio attraverso il sesto angelo implica il permesso divino all'azione degli angeli cattivi (i quattro angeli incatenati, che simbolizzano la sua azione in tutto il mondo, nei quattro punti cardinali) affinché finiscano con la sua opera di incitamento alla guerra e questa incominci. La descrizione che troviamo in questo brano, unita a quella che si presenta nelle quattro prime trombe, può molto bene adattarsi a quello che sarebbe una tremenda e generalizzata guerra nucleare. Il potere devastatore è propio enorme (equivalente nel pensiero di quell'epoca ad un esercito di duecento milioni di cavalieri, impossibile da riunire nella pratica). Il fuoco, il fumo e lo zolfo che escono dalle bocche e le code dei cavalli possono rappresentare lo sparo e l'esplosione di potenti bombe nucleari. Le scene delle quattro prime trombe possono descrivere anche perfettamente a questa guerra: grandine e fuoco che cadono alla terra è possibile che siano razzi, e la gran montagna può rappresentare una bomba di gran potere. Sappiamo anche che il fumo e la polverina prodotti per le esplosioni provocano l'effetto conosciuto come "inverno nucleare." 1) La distruzione della Babilonia. Vediamo ora, quale è il senso di questa guerra? In primo luogo è diretta a distruggere la Grande Babilonia, trovandoci cosí con un nuovo piano di Satana, che vedendo che ancora non ha potuto abolire la religione cristiana, cercherà ora farlo con l'apparizione del suo strumento privilegiato: l'Anticristo. Come otteniamo la conclusione che la guerra descritta per la sesta tromba è diretta contro Babilonia? Vediamo quali sono i grandi peccati che troviamo nella descrizione della "Babilonia la Grande": *Stregonerie: "perchè tutte le nazioni dalle tue malìe furon sedotte” (18,23). *Omicidi: In essa fu trovato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti coloro che furono uccisi sulla terra" (18,24). *Fornicazione e prostituzione: "con lei si sono prostituiti i re della terra, e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione." (17,2). *Abomini (adorazione di idoli): "Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso: "Babilonia la Grande, la madre delle prostitute e degli abomini della terra" (17,5). Se esaminiamo adesso la descrizione della sesta tromba, troviamo che alla fine si rivela che dopo lo sterminio della terribile guerra nucleare il resto degli uomini non si convertirono dei suoi peccati, che definisce come i seguenti: *Stregonerie (9,21) *Omicidi (9,21) *Fornicazione (9,21) *Abomini: "non cessó di prestar culto ai demoni e agli idoli d’oro, d’argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire né camminare" (9,20). *Ruberie (9,21). Questi peccati sono esattamente quelli che si commettevano nel mondo influenzato e sedotto per Babilonia la Grande!. Pertanto crediamo che non offra dubbi l'ipotesi che la guerra descritta per la sesta tromba si sviluppa nell'umanità sommessa alla Gran Babilonia.

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Aggiuntivamente si provvede un altro argomento per rinforzare la conclusione anteriore: Giovanni si trattiene nella descrizione minuziosa dei materiali coi che l'umanità idolatra, che ha sofferto la guerra descritta nella sesta tromba, costruisce "le opere delle sue mani" (gli idoli); troviamo il seguente elenco: * Oro * Argento * Bronzo * Pietra * Legno Nel lamento dei mercanti che commerciavano con Babilonia (18,12-13), dopo della sua distruzione, si enunciano i carichi di mercanzie che comprava la Gran Città, tra i quali troviamo esattamente questi materiali: * Oro * Argento * Bronzo * Marmo * Legni profumati Cioè, le "opere delle mani” della Babilonia e degli abitanti della terra sedotti per la sua prostituzione trasformano in idoli questi materiali di gran valore che acquisivano. Non ci risulta oggi molto difficile capire che questa idolatria è quella dell'umanità sedotta per il materialismo, per il progresso della scienza, per tutto quello che si cerca e si "adora" come Dio. Nella nostra epoca assistiamo allo spettacolo di un'umanità divisa tra ricchi (pochi) e poveri (molti), dove i primi, sedotti per lo spirito materialista e mondano, allontanati di Dio, cercano nei suoi deliri di lusso ed opulenza i beni più esclusivi, di marche famose, cari e perfino stravaganti, fuori dalla portata della maggioranza, che si convertono nell'oggetto dei suoi sforzi ed aneliti, vere mete idolatriche che portano molte volte all'ambizione smisurata ed il ricorrere a mezzi disonesti per raggiungerli. Non è esattamente quello che ci descrivono questi passaggi del Libro dell'Apocalisse? Ognuno potrà ottenere le sue proprie conclusioni, bisogna solo sapere discernere i segni dei tempi. Anche gli avvenimenti della fine della "Gran Babilonia", per le sue caratteristiche di guerra distruttrice, avallano quello sostenuto fino a qui. Vediamo con più dettaglio quello che ci descrive il veggente Giovanni: Fino ad un determinato momento Satana, il Drago Rosso, aveva sostenuto alla Babilonia (la Prostituta cavalca su Satana), ma ora susciterà una rivolta dei re che non hanno potere in quel momento. Apocalisse 17,7-18: “Ma l'angelo mi disse: «Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, con sette teste e dieci corna. La bestia che hai visto era ma non è più, salirà dall'Abisso, ma per andare in perdizione. E gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era e non è più, ma riapparirà. Qui ci vuole una mente che abbia saggezza. Le sette teste sono i sette colli sui quali è seduta la donna; e sono anche sette re. I primi cinque sono caduti, ne resta uno ancora in vita, l'altro non è ancora venuto e quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco. Quanto alla bestia che era e non è più, è ad un tempo l'ottavo re e uno dei sette, ma va in perdizione. Le dieci corna che hai viste sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale, per un'ora soltanto insieme con la bestia. Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia. Essi combatteranno contro l'Agnello, ma l'Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re e quelli con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli». Poi l'angelo mi disse: «Le acque che hai viste, presso le quali siede la prostituta, simboleggiano popoli, moltitudini, genti e lingue. Le dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco.

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Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla bestia, finché si realizzino le parole di Dio. La donna che hai vista simboleggia la città grande, che regna su tutti i re della terra».” La Babilonia è sostentata per sette re (o leader mondiali), che sono quelli che formano il suddetto centro di potere mondiale (le sette teste). Ma questi continuano a perdere il suo potere, e nel suo posto appare un nuovo re, l'ottavo, che è precisamente la Bestia che salirà del mare, l'Anticristo. All'inizio questo re sembra essere uno di coloro che sostengono alla Babilonia, ma dopo si alleerà con altri dieci re (le dieci corna), che hanno potere ma non governano, e finalmente faranno la guerra alla Babilonia, sconfiggendola con una gran guerra mondiale devastatrice che crediamo è quella che descrive il suono della sesta tromba, come abbiamo dimostrato sopra. Questa affermazione si sostenta anche nella descrizione della fine della Babilonia: Apocalisse 17,16: “Le dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco.” Apocalisse 18,8: “Per questo, in un solo giorno, verranno su di lei questi flagelli: morte, lutto e fame; sarà bruciata dal fuoco, poiché potente Signore è Dio che l'ha condannata».” La Gran Città è spianata con fuoco in un solo giorno, come effetto della terribile guerra nucleare. Anche si descrive che la Babilonia sparisce come una pietra scaraventata nel mare, e nel suo posto rimarranno solamente morte e desolazione: Apocalisse 18,2.16-18.21: “Gridò a gran voce: «È caduta, è caduta Babilonia la grande ed è diventata covo di demòni, carcere di ogni spirito immondo, carcere d'ogni uccello impuro e aborrito e carcere di ogni bestia immonda e aborrita. «Guai, guai, immensa città, tutta ammantata di bisso, di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle! In un'ora sola è andata dispersa sì grande ricchezza!». Tutti i comandanti di navi e l'intera ciurma, i naviganti e quanti commerciano per mare se ne stanno a distanza, e gridano guardando il fumo del suo incendio: «Quale città fu mai somigliante all'immensa città?». Un angelo possente prese allora una pietra grande come una mola, e la gettò nel mare esclamando: «Con la stessa violenza sarà precipitata Babilonia, la grande città e più non riapparirà.” È molto importante risaltare come si realizzano i propositi di Dio attraverso i suoi strumenti umani comandati per Satana, il "idiota utile" di Dio. La Babilonia si era trasformata nel centro mondiale politico ed economico, con un'ideologia "liberale e materialista" che la trasformava totalmente in un potere pseudo religioso anticristiano. I re (i poderosi) della terra sostenevano la sua egemonia (17,2): "con lei si sono prostituiti i re della terra") e si lamentarono e piansero quando è sconfitta e distrutta. Tuttavia arriva un momento che, uniti per motivazioni che ancora sono oscure troviamo che seguaci di Satana sconfiggono a chi sono anche strumenti del Diavolo. Il passo dell'Apocalisse ci rivela chiaramente l'intervento di Dio: "Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla Bestia, finchè si realizzino le parole di Dio” (Ap. 17,17). Così vediamo come Dio si avvale dei suoi nemici in forma ammirabile per realizzare i suoi piani ed ottenere un immenso bene da tanti mali, come sarà la caduta della Gran Babilonia. Allo stesso modo agì Dio quando gli israeliti si trovavano in Egitto, indurendo il cuore del Faraone (Esodo Capitoli 7-11) e suscitò un spirito distruttore per la Babilonia storica (Geremia 51,1-2). 2) L'apparizione dell'Anticristo. Nel punto anteriore studiamo di che maniera rimane distrutta la Gran Città Babilonia, quando appare un personaggio che si identifica come "la Bestia", e che si mostra come un'ottava testa che sorge in mezzo alle sette teste dalla Bestia scarlatta che è il Drago, Satana.

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In questo simbolismo Giovanni esprime un'idea molto concreta: è il Diavolo che suscita la nascita di questa nuova Bestia, a totale e completa somiglianza di sé stesso. Troviamo qui un'imitazione completa di Dio: come il Padre fa che suo Figlio, seconda persona di Dio Trinità, discenda dal cielo e si incarni in un uomo, Gesù Cristo, affinché porti la salvazione agli uomini, e dopo ritornerà alla gloria del cielo, qui Satana suscita dall'abisso infernale un'altra Bestia simile a lui, suo "figlio", affinché instauri il suo inganno e seduzione tra gli uomini, ma la suo fine sarà la distruzione e non l’inmortalità. Vediamo come si descrivono in dettaglio le caratteristiche di questa Bestia che sorge come una testa nuova, l'ottava, dalle sette teste del Drago: Apocalisse 13,1-10: “Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande. Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita. Allora la terra intera presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?». Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione. L'adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato. Chi ha orecchi, ascolti: Colui che deve andare in prigionia, andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di spada di spada sia ucciso. In questo sta la costanza e la fede dei santi.” Troviamo un riferimento chiaro a questo passo nel Libro del profeta Daniele: Daniele 7,7-8;19-27: “Stavo ancora guardando nelle visioni notturne ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, d'una forza eccezionale, con denti di ferro; divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva dieci corna. Stavo osservando queste corna, quand'ecco spuntare in mezzo a quelle un altro corno più piccolo, davanti al quale tre delle prime corna furono divelte: vidi che quel corno aveva occhi simili a quelli di un uomo e una bocca che parlava con alterigia. Volli poi sapere la verità intorno alla quarta bestia, che era diversa da tutte le altre e molto terribile, che aveva denti di ferro e artigli di bronzo e che mangiava e stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava; intorno alle dieci corna che aveva sulla testa e intorno a quell'ultimo corno che era spuntato e davanti al quale erano cadute tre corna e del perché quel corno aveva occhi e una bocca che parlava con alterigia e appariva maggiore delle altre corna. Io intanto stavo guardando e quel corno muoveva guerra ai santi e li vinceva, finché venne il vegliardo e fu resa giustizia ai santi dell'Altissimo e giunse il tempo in cui i santi dovevano possedere il regno. Egli dunque mi disse: «La quarta bestia significa che ci sarà sulla terra un quarto regno diverso da tutti gli altri e divorerà tutta la terra, la stritolerà e la calpesterà. Le dieci corna significano che dieci re sorgeranno da quel regno e dopo di loro ne seguirà un altro, diverso dai precedenti: abbatterà tre re e proferirà insulti contro l'Altissimo e distruggerà i santi dell'Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge; i santi gli saranno dati in mano per un tempo, più tempi e la metà di un tempo. Si terrà poi il giudizio e gli sarà tolto il potere, quindi verrà sterminato e distrutto completamente. Allora il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell'Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e obbediranno».” La quarta bestia della visione di Daniele si identifica, senza dubbio, con la Gran Babilonia dell'Apocalisse, quel regno che sorgerà nelle fine dei tempi sulla terra, che divorerà, calpesterá e stritolerà tutto, e dal quale uscirà un nuovo re (il corno piccolo) che proferirà bestemmie contro Dio, e che facilmente si identifica con l'Anticristo per le opere che realizza: perseguirà per un po' i santi (tre anni e mezzo, tempo tipo delle persecuzioni) e cambierà il culto a Dio (la Legge ed i tempi o date sacre e forma del culto). Ma sarà finalmente giudicato ed annichilito per Dio, chi consegnerà ai santi il regno su tutta la terra. La descrizione anteriore dell'Apocalisse si completa con un'altra:

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Apocalisse 17,7-8: “Ma l'angelo mi disse: «Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, con sette teste e dieci corna. La bestia che hai visto era ma non è più, salirà dall'Abisso, ma per andare in perdizione. E gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era e non è più, ma riapparirà.” Il personaggio che l'Apocalisse denomina "La Bestia del Mare", o semplicemente "La Bestia", non può essere una persona collettiva come molti sostengono, ma deve risultare un individuo determinato, poiché la sua azione principale consisterà in convincere al mondo che egli è il vero Cristo che ha ritornato nella sua Parusía. Il primo concetto che sorge da queste descrizioni è che la Bestia è una parodia chiara di Dio. A Dio se lo nomina nell'Apocalisse molte volte in una maniera determinata: "Colui che è, che era e che viene" (1,4; 1,8; 4,8). Alla Bestia qui è identificata come quelle che "era ma non è più, ma riapparirà", come parodia del nome divino. Questo suggerisce che l'Anticristo era conosciuto come un re (o persona poderosa) che era seguace della Meretrice nel suo momento, ma che dopo si ribella e lotta contro lei, alleato con dieci re, ed in quella contesa in cui sconfiggono alla Babilonia perde la vita. Ma dopo, è guarito e resuscitato miracolosamente, essendo anche questo evento un'imitazione della morte e resurrezione di Cristo nella sua prima Venuta. È allora che la Bestia si proclama come il vero Cristo che è arrivato nella sua tanto attesa Parusia (questa proclamazione è quella che costituisce le parole d’orgoglio e bestemmie che proferisce), trasformandosi in cui chiamiamo l'Anticristo. Molto probabilmente proclamerà che ha distrutto il potere corrotto, materialista ed anticristiano della Gran Babilonia, che sicuramente dirà che lei era veramente l'Anticristo, per venire ad instaurare il Regno di Dio nella terra, come un regno di pace e giustizia, al contrario dell'anteriore dominio mondiale. Riceve il riconoscimento e l'adorazione di tutta la terra, quello che implica che l’umanità starà adorando Satana, giacchè egli fu chi diede l'autorità al falso Cristo. Ma non tutti si lasciano ingannare e cadono in questa falsa adorazione, bensì solamente quelli che molto possibilmente si condanneranno, coloro i cui nomi non sono scritti fino dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato. Anche Satana suscita un altro strumento umano affinché appoggi ed accresca il potere dell'Anticristo: è la Bestia della Terra o il Falso Profeta (19,20) che opererà grandi segni e prodigi miracolosi per appoggiare l'autorità del falso Cristo. Apocalisse 13,11-18: “Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago. Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita. Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta. Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia. Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.” Questo falso profeta simbolizza il potere religioso corrotto, la falsa Chiesa, e possibilmente rappresenti un pseudo Papa che sarà intronizzato quando assuma il potere totale l'Anticristo. È colui che stabilirà il culto all'Anticristo, come se fosse il vero Cristo, quando arrivi al climax il potere dell'usurpatore. Questa "Bestia" della terra è descritta con l'apparenza di un agnello, cioè, di un discepolo di Cristo, l'Agnello immolato, ma le sue parole sono inspirate dal Diavolo. La sua azione puntella l'autorità che

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esercita il falso Cristo, basandosi sulla realizzazione di grandi prodigi e segni che ingannano gli abitanti della terra, facendoloro credere nella menzogna che proclama: la prima Bestia è il vero Cristo che è ritornato nella sua Parusia, che fu morto e resuscitò come nella sua prima Venuta e che ora deve essere adorato come Dio, poiché è lo stesso Figlio di Dio Gesù Cristo. L'azione principale di questo "falso Profeta" sembra essere l'erezione di una statua dell'Anticristo, e crediamo che questo evento è quello che si descrive come "l'abominio della desolazione": Matteo 24,15-22: “Quando dunque vedrete l'abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo - chi legge comprenda -, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni. Pregate perché la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato. Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall'inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati.” Gesù annuncia che si vedrà “l’abominio della desolazione” eretta nel "Luogo Santo", quello che fu annunciato già per il profeta Daniele. Questo profeta annuncia l’abominio della desolazione” che sarà messa nel Santuario (9,27). Questo evento escatologico ha il suo tipo o figura nel sacrilegio commesso per Antioco Epìfane installando un idolo, probabilmente Zeus Olimpico, sull'altare degli olocausti: 1 Maccabei 1,54: “Nell'anno centoquarantacinque, il quindici di Casleu il re (Antioco Epìfane) innalzò sull'altare un idolo. Anche nelle città vicine di Giuda eressero altari.” Pertanto il significato dell "Abominio della desolazione” è chiaro: si riferisce ad un idolo messo nel Santuario (luogo dove c’è la presenza di Dio) per rimpiazzare al vero Dio ed a cui si adora e rende culto come se fosse realmente Dio. Bisogna aggregare un altro evento profetico che rivela Daniele nella visione del montone ed il capro, complementare di quella della quarta bestia: Daniele 8,11-12: “S'innalzò fino al capo della milizia e gli tolse il sacrificio quotidiano e fu profanata la santa dimora. In luogo del sacrificio quotidiano fu posto il peccato e fu gettata a terra la verità; ciò esso fece e vi riuscì.” Il sacrificio perpetuo, nel interpretazione del culto ebreo antico, era il sacrificio mattutino e vespertino che si offriva tutti i giorni nel Tempio: Esodo 29,38-45: “Ecco ciò che tu offrirai sull'altare: due agnelli di un anno ogni giorno, per sempre. Offrirai uno di questi agnelli al mattino, il secondo al tramonto. Con il primo agnello offrirai un decimo di efa di fior di farina impastata con un quarto di hin di olio vergine e una libazione di un quarto di hin di vino. Offrirai il secondo agnello al tramonto con un'oblazione e una libazione come quelle del mattino: profumo soave, offerta consumata dal fuoco in onore del Signore. Questo è l'olocausto perenne per le vostre generazioni, all'ingresso della tenda del convegno, alla presenza del Signore, dove io vi darò convegno per parlare con te. Io darò convegno agli Israeliti in questo luogo, che sarà consacrato dalla mia Gloria. Consacrerò la tenda del convegno e l'altare. Consacrerò anche Aronne e i suoi figli, perché siano miei sacerdoti. Abiterò in mezzo agli Israeliti e sarò il loro Dio. Sapranno che io sono il Signore, il loro Dio, che li ho fatti uscire dal paese d'Egitto, per abitare in mezzo a loro, io il Signore, loro Dio.” Come indica questo testo, Dio si troverà col suo popolo in quel luogo, ed abiterà in mezzo agli israeliti. Se portiamo il concetto anteriore a termini cristiani, possiamo dire che il "sacrificio perpetuo" è la messa, dove si riproduce incruentamente l'unico sacrificio pasquale dell'Agnello immolato nella croce per la redenzione degli uomini, ed il cui risultante è la presenza reale ed effettiva di Gesù Cristo nel suo corpo, sangue anima e divinità nell'Eucaristia, frutto della consacrazione per il sacerdote delle specie del vino e del pane. In base a quello detto sopra possiamo interpretare quale sarà l’azione del falso Profeta, magari un pseudo Papa, come già osserviamo prima, nei tempi escatologici della fine: dato che ha convinto al

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mondo (meno ai veri fedeli cristiani) che Cristo è ritornato nella sua seconda Venuta e si trova tra gli uomini, non è oramai necessaria la celebrazione del sacrificio della messa, perché non deve commemorarsi Colui che è presente tra loro. Allo stesso modo non ha più senso la presenza eucaristica di Gesù, quando Egli si trova in persona nella terra. Per questo cammino il falso Profeta decreta l'abolizione della messa e la consacrazione delle specie in tutto il mondo cristiano, arrivandosi così al maggiore trionfo di Satana: sarà riuscito ad eliminare della terra la presenza fisica di Gesù Cristo nei tabernacoli di tutte le chiese della terra. Come sarà allora il culto che si porterà a termine? Il passo dell'Apocalisse che stiamo studiando ci dà una buona indicazione: “l’Abominio della desolazione” si riferisce alla statua o rappresentazione dell'Anticristo che sarà messa in tutti i tabernacoli delle chiese e cappelle cattoliche in sostituzione del Santissimo Sacramento, che non esisterà oramai perché si sarà abolita la consacrazione. Questa "statua", come si descrive, è animata e può "parlare." Se interpretiamo questa descrizione fatta due mille anni fa in funzione delle possibilità tecniche della nostra epoca, non ci risulta niente difficile immaginarci che quello che si metterà nei tabernacoli sarà un schermo di televisione, nel quale, mediante una rete mondiale di televisione, l'Anticristo potrà dirigersi in persona, in vivo, a tutti i cristiani riuniti per offrirgli culto ed adorazione, mediante una nuova liturgia che sarà instaurata dal falso Papa. Rimarrà così consumato nella sua totalità il "mistero" dell'iniquità al quale si riferisce San Paolo: 2 Tessalonicesi 2,3-12: “Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell'iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta, l'iniquo, la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi. E per questo Dio invia loro una potenza d'inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all'iniquità.” Il primo evento dei tempi della fine sarà un'apostasia generalizzata nel cristianesimo che accompagnerà la manifestazione dell'Anticristo, chiamato qui "Uomo empio" o "Figlio di perdizione." Questo Uomo si erige come l'Avversario di Dio proclamandosi a sé stesso come Cristo, vero Dio, e procurando che gli sia offerto culto "seduto" nel santuario di Dio, cioè, occupando il suo posto. Qui si conferma tutto quello che abbiamo sviluppato prima, ma inoltre san Paolo rivela un'altra cosa che sembra che fosse conosciuta dai cristiani di Tesalónica: la manifestazione dell'empio si produrrà solamente quando sia tolto di mezzo quello che ora lo trattiene, ed ostacola la sua apparizione in pienezza, quello che si conosce come "l'impedimento" o "l'ostacolo". Molte sono le teorie ed interpretazioni che si sono sviluppate sulla natura ed identità di questo ostacolo (definito nel versetto 6 come "ciò" che lo trattiene e nel seguente "chi" lo trattiene). Noi sosteniamo la seguente interpretazione: l'ostacolo è la presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia. Il Santissimo Sacramento è "ciò" che impedisce la sua manifestazione, ed è la presenza di Gesù col suo corpo, sangue, anima e divinità "chi" lo trattiene. Eliminata dal mondo la presenza eucaristica di Cristo, il mistero dell'iniquità che ha sempre agito, ora arriverà al suo punto culminante, con la proclamazione dell'Anticristo come il vero Cristo ritornato alla terra nella sua Parusía e la sua sacrilega adorazione. Un'altra azione della "Bestia" si relaziona col campo economico, benché nasca nel potere religioso che accompagna il falso Cristo. Vediamo in che cosa consiste: ricordiamo che il mondo, prima che sorgesse l'Anticristo, si trovava, almeno in una gran parte, sotto il dominio o l'influenza della Gran Città Babilonia.

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Esisteva un sistema economico dove c'era una gran ricchezza concentrata in pochi che detenevano il potere, simbolizzati per la Gran Meretrice ed i suoi re e sudditi adepti. Si descrive la sua situazione economica come di "lusso" (18,19), con la quale si arricchirono i trafficanti, mercanti ed i comandanti di navi (mezzi di trasporto), trasformandosi nei "grandi della terra” (18,23). Questo sistema mercantile rimane distrutto perché nessuno compra più la loro merce (18,11), e sarà rimpiazzato per iniziativa del falso Profeta per un nuovo sistema "cristiano", d’accordo alla presenza nella terra dello stesso Gesù Cristo, secondo la proclamazione della la Chiesa ufficiale, falsa ed apostata. In questo nuovo ordine economico che sicuramente nel suo principio consisterà in un'economia di dopoguerra dopo la devastazione accaduta, sembra che ci fosse in qualche modo un sistema "giusto" di distribuzione dei beni, dove si copriranno le necessità di tutti, chi potranno "comprare e vendere", benché con una restrizione importante: dovranno avere una marca, la cifra della Bestia, “666", quella che senza dubbio non sarà accettata dai veri cristiani. Molto è quello che si è scritto su questo, e sono varie le interpretazioni, per quello che non aggregheremo niente di nuovo, ma semplicemente rimarremo con quello che è il concetto più importante al nostro giudizio: per sostenere la credibilità popolare sulla falsa identità della "Bestia" del mare, è necessario cambiare in qualche modo il sistema economico di concentrazione di ricchezze che aveva la "Gran Babilonia", per un’altro più "evangelico", più concorde alla conosciuta preferenza di Cristo per i più poveri. Sia come sia in definitiva questo nuovo sistema, che si conoscerà solamente quando arrivi il momento in cui appaia nei tempi della fine, quello che ci vuole mostrare la rivelazione dell'Apocalisse è che sarà molto distinto al quale esisteva sotto l'impero della Gran Meretrice (almeno nell'apparenza esterna), e che, dai suoi “benefici” rimarranno esclusi i veri cristiani, quelli che non si siano lasciati imbrogliare per la propaganda massiccia del falso Profeta ed il suo apparato di diffusione. Questo piccolo resto che aveva ascoltato già prima l'esortazione per fuggire dalla Babilonia, allontanandosi dalle sue tentazioni, dovrà lottare per sopravvivere in un mezzo molto ostile, poiché la propaganda dei seguaci dell'Anticristo col falso Profeta alla testa presenterà ai cristiani afferrati alla vera fede, con discernimento sufficiente per non riconoscere nella "Bestia" del mare al vero Gesù, come una specie di ribelli sovversivi, una setta pericolosa che insiste nel fatto di non riconoscere, come il resto del mondo, che Cristo è arrivato alla terra nella sua seconda e definitiva Venuta, per imporre il suo Regno di pace e giustizia promesso dall'antichità per i profeti dell'Israele. Si schiarisce allora un punto oscuro che ha prodotto mole domande: se Dio ha suscitato la Gran Babilonia, dove fioriscono i empi, e dopo la distrugge nel giudizio dei vivi per mezzo d’una gran guerra nuckeare, perché deve apparire l’Anticristo? La risposta è molto semplice: nella distruzione della Babilonia si esegue il giudizio di Dio sugli uomini in generale, mentra l’impostore Anticristo servirá per giudicare ai cristiani (coloro che non saranno tra i santi rapiti nell’aria), per separare a quelli con una vera e ferma fede, che riconosceranno all’Anticristo como un inganno di Satana, dai cristiani soltanto di nome, che saranno sedotti per il falso Cristo e la falsa religione cristiana comandata dal Pseudo Profeta. Gesù, nel suo discorso escatologico, esorta i cristiani affinché fuggano: Matteo 24,15-18: “Quando dunque vedrete l'abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo - chi legge comprenda -, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello.” È necessario che i fedeli cristiani fuggano dalle città che saranno distrutte, e si rifugiino nei monti, lontani dalle grandi urbi, per mettersi a salvo della persecuzione dell'Anticristo e sviluppare i mezzi per sopravvivere, autorifornendosi di quello che non possono comprare per non avere la marca della Bestia nella mano o nella fronte. 3) La proclamazione del Vangelo a tutto il mondo.

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Lo stesso Gesù, come vedemmo nel Capitolo anteriore, predice uno degli eventi che precederanno la Parusía: Matteo 24,14: “Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine.” L'Apocalisse ci descrive questo evento: Apocalisse 10,1-11: “Vidi poi un altro angelo, possente, discendere dal cielo, avvolto in una nube, la fronte cinta di un arcobaleno; aveva la faccia come il sole e le gambe come colonne di fuoco. Nella mano teneva un piccolo libro aperto. Avendo posto il piede destro sul mare e il sinistro sulla terra, gridò a gran voce come leone che ruggisce. E quando ebbe gridato, i sette tuoni fecero udire la loro voce. Dopoché i sette tuoni ebbero fatto udire la loro voce, io ero pronto a scrivere quando udii una voce dal cielo che mi disse: «Metti sotto sigillo quello che hanno detto i sette tuoni e non scriverlo». Allora l'angelo che avevo visto con un piede sul mare e un piede sulla terra, alzò la destra verso il cielo e giurò per Colui che vive nei secoli dei secoli; che ha creato cielo, terra, mare, e quanto è in essi: «Non vi sarà più indugio! Nei giorni in cui il settimo angelo farà udire la sua voce e suonerà la tromba, allora si compirà il mistero di Dio come egli ha annunziato ai suoi servi, i profeti». Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: «Va', prendi il libro aperto dalla mano dell'angelo che sta ritto sul mare e sulla terra». Allora mi avvicinai all'angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: «Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele». Presi quel piccolo libro dalla mano dell'angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l'ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l'amarezza. Allora mi fu detto: «Devi profetizzare ancora su molti popoli, nazioni e re».” Apocalisse 14,6-13: “Poi vidi un altro angelo che volando in mezzo al cielo recava un vangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, razza, lingua e popolo. Egli gridava a gran voce: «Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque». Un secondo angelo lo seguì gridando: «È caduta, è caduta Babilonia la grande, quella che ha abbeverato tutte le genti col vino del furore della sua fornicazione». Poi, un terzo angelo li seguì gridando a gran voce: «Chiunque adora la bestia e la sua statua e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, berrà il vino dell'ira di Dio che è versato puro nella coppa della sua ira e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello. Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome». Qui appare la costanza dei santi, che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù. Poi udii una voce dal cielo che diceva: «Scrivi: Beati d'ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono».” Consideriamo che questi due passi vanno uniti e si riferiscono allo stesso annuncio della Buona Notizia del Regno. Nella prima descrizione troviamo un angelo poderoso che discende dal cielo, e che presenta molti attributi simili a Gesù: il suo viso è come il sole e le sue gambe come colonne di fuoco (Apocalisse 1,14-15 descrive a Gesù come che ha i capelli candidi come la neve ed occhi fiammeggianti come fuoco, ed i suoi piedi come bronzo al rosso vivo). Questo fa pensare che è un inviato di Gesù affinché si rinnovi nella terra il suo messaggio del Regno. L'angelo ha un piede sul mare ed l'altro sopra la terra, simbolizzando che raggiunge il mondo intero, e grida a gran voce per chiamare l’attenzione. Allora parlano i sette tuoni (che vedemmo già nel Capitolo 1.A.1 che simbolizzano la voce del Figlio), benché questo messaggio rimanerrà sigillato fino al momento dela Parusia. Ma ugualmente l'angelo annuncia che non rimane molto tempo per proclamare il contenuto del libretto che tiene in mano, sarà solamente fino a che il settimo angelo suoni la sua tromba, poiché allora terminerà il tempo di misericordia e conversione che concede Dio agli uomini, e comincerà il giudizio inesorabile del "Giorno" del Signore. A Giovanni, che rimane contemplando questa scena, gli è dato a mangiare il libro, quello che significa che deve conoscere il suo contenuto per dopo profetizzarlo (predicarlo) in tutto il mondo (a

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molti popoli, nazioni e re). Cioè, qui Giovanni prende il posto dei evangelizzatori degli ultimi tempi che, aperti all'azione dello Spirito Santo, senza cadere nella trappola satanica dall'Anticristo, riceveranno la mozione di predicare in quelli tempi tanto difficili. Questa figura la troviamo già nell'Antico Testamento: Ezechiele 2,9-3,4: “Io guardai ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto all'interno e all'esterno e vi erano scritti lamenti, pianti e guai. Mi disse: «Figlio dell'uomo, mangia ciò che hai davanti, mangia questo rotolo, poi va' e parla alla casa d'Israele». o aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell'uomo, nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: «Figlio dell'uomo, va', recati dagli Israeliti e riferisci loro le mie parole.” L'atto simbolico di "mangiare" il libro indica che il profeta, prima di assumere la sua missione, deve conoscere ed assimilare il suo contenuto, identificandosi con lui. Nel caso di Giovanni, quando lo mangia sente anche la dolcezza della Parola di Dio nella sua bocca, ma dopo nelle sue viscere appare l'amarezza derivata dal fatto di conoscere in anticipo i terribili eventi che verranno e la sua dura missione di non tacerli. È il simbolo di quello che dovranno fare tutti quelli che proclameranno l'annuncio di Dio, il Vangelo del Fine. Il contenuto dell'annuncio profetico lo troviamo nel passo di 14,6-13. È l'annuncio del Vangelo eterno per evangelizzare a tutta la terra nei tempi finali. Troviamo tre proclamazioni successive nel tempo, man mano che trascorrono gli avvenimenti del fine: a) Il primo annuncio comincia proclamando la Buona Nuova che il Regno di Dio si avvicina: "Temete a Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio" Il timore di Dio si associa nell'Antico Testamento all'osservanza dei comandamenti ed all'amore a Dio: Deuteronomio 6,1-5: “Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore vostro Dio ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso; perché tu tema il Signore tuo Dio osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti dò e così sia lunga la tua vita. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice e cresciate molto di numero nel paese dove scorre il latte e il miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo.” Temere a Yahveh consiste in obbedire alle sue leggi e comandamenti, specialmente la Legge dell'amore. Anche il timore di Dio costituisce il principio della Sapienza: Proverbi 1,7: “Il timore del Signore è il principio della scienza;gli stolti disprezzano la sapienza e l'istruzione.” La gloria di Dio designa a Dio stesso, nel modo come si rivela nella sua maestà, il suo potere, lo splendore della sua santità. È dovere dell'uomo, come creatura, di riconoscere, celebrare e lodare la gloria divina, ed in questo consiste "dare gloria a Dio." Adorare il Creatore sopra tutte le cose, riconoscendolo come il Supremo Artefice, implica che l'uomo prende il posto che gli appartiene, quello di creatura, dipendendo interamente da Lui e senza usurpare per la superbia niente di quello che appartiene a Dio. È farsi come bambino, e Gesù insegnò che quelli che dipendano da suo Padre celestiale come bambini, entreranno al Regno di Dio. Pertanto, compiere i comandamenti di Dio, e lodare e benedire la sua gloria, riconoscendolo come Creatore e Sovrano, riconoscendosi creatura dipendente in tutto di Lui, sintetizza in qualche modo il messaggio di Gesù, che implica cercare la giustizia e la santità per essere degno del Regno. Cioè, abbiamo qui l'annuncio del Vangelo, della Buona Novella del Regno, ma con un senso di urgenza dato per una precisione di tempo: è arrivata l'ora del Giudizio di Dio, è già imminente.

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b) Annuncio della caduta di Babilonia: I predicatori e profeti degli ultimi tempi non possono smettere di schiarire al mondo il senso della caduta di Babilonia, per l’azione dell'Anticristo ed i suoi seguaci. Ma previamente dovranno prevenire al popolo di Dio su quello che succederà alla gran Babilonia, esortandolo a fuggire dalla sua vicinanza, per non condividere il suo giudizio. Apocalisse 18,1-8: “Dopo ciò, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere e la terra fu illuminata dal suo splendore. Gridò a gran voce: «È caduta, è caduta Babilonia la grande ed è diventata covo di demòni, carcere di ogni spirito immondo, carcere d'ogni uccello impuro e aborrito e carcere di ogni bestia immonda e aborrita. Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino della sua sfrenata prostituzione, i re della terra si sono prostituiti con essa e i mercanti della terra si sono arricchiti del suo lusso sfrenato». Poi udii un'altra voce dal cielo: «Uscite, popolo mio, da Babilonia per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli. Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle sue iniquità. Pagatela con la sua stessa moneta, retribuitele il doppio dei suoi misfatti. Versatele doppia misura nella coppa con cui mesceva. Tutto ciò che ha speso per la sua gloria e il suo lusso, restituiteglielo in tanto tormento e afflizione.Poiché diceva in cuor suo: Io seggo regina, vedova non sono e lutto non vedrò; per questo, in un solo giorno, verranno su di lei questi flagelli: morte, lutto e fame; sarà bruciata dal fuoco, poiché potente Signore è Dio che l'ha condannata».” Questo annuncio bisogna ubicarlo come complemento ed espansione del secondo annuncio degli angeli (14,8), poiché comincia con le stesse parole. In primo luogo, prima di annunciare la caduta di Babilonia, viene la chiamata dal cielo, (dello Spirito Santo?) affinché il popolo di Dio rimanente in mezzo alla città corrotta fugga di lì, perché arriverà il tempo della sua perdizione e distruzione. I fedeli cristiani devono fuggire per non essere partecipi della punizione dei peccati di questo mondo anticristiano, concentrato nelle grandi città, nelle agglomerazioni urbane. Questa chiamata a fuggire della Babilonia risuona già nelle voci dei profeti dell'Antico Testamento: Isaia 48,20-22: “Uscite da Babilonia, fuggite dai Caldei; annunziatelo con voce di gioia, diffondetelo, fatelo giungere fino all'estremità della terra. Dite: «Il Signore ha riscattato il suo servo Giacobbe». Non soffrono la sete mentre li conduce per deserti; acqua dalla roccia egli fa scaturire per essi; spacca la roccia, sgorgano le acque. Non c'è pace per i malvagi, dice il Signore.” Si esorta al popolo di Dio a fuggire dalla Babilonia, di cui si annuncia nei capitoli anteriori che sarà distrutta. È la figura o tipo di un nuovo Esodo, come quando gli israeliti uscirono dall'Egitto, ricordandogli il profeta che il popolo sarà assistito per Dio, come quando nel deserto fece schizzare acqua dalla roccia nel Horeb. Alla fine dei tempi il popolo cristiano ritornerà a esperimentare un nuovo esodo. Nel Capitolo anteriore di Isaia troviamo il parallelo alle espressioni di Apocalisse 18,7: Isaia 47,7-11: “Sarò signora, sempre». Non ti sei mai curata di questi avvenimenti, non hai mai pensato quale sarebbe stata la fine. Ora ascolta questo, o voluttuosa che te ne stavi sicura, che pensavi: «Io e nessuno fuori di me! Non resterò vedova, non conoscerò la perdita dei figli». Ma ti accadranno queste due cose, d'improvviso, in un sol giorno; perdita dei figli e vedovanza piomberanno su di te, nonostante la moltitudine delle tue magie, la forza dei tuoi molti scongiuri. Confidavi nella tua malizia, dicevi: «Nessuno mi vede». La tua saggezza e il tuo sapere ti hanno sviato. Eppure dicevi in cuor tuo: «Io e nessuno fuori di me». Ti verrà addosso una sciagura che non saprai scongiurare; ti cadrà sopra una calamità che non potrai evitare. Su di te piomberà improvvisa una catastrofe che non prevederai.” È chiaro che la gran Babilonia pretende uguagliarsi a Dio, vuole soppiantarlo, quando proclama che esistirà per sempre, che mai sarà abbandonata, né sarà vedova né gli mancheranno figli che la sostengano. Anche il profeta Geremia ci parla di questa situazione:

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Geremia 51,1-6: “Così dice il Signore: «Ecco susciterò contro Babilonia e contro gli abitanti della Caldea un vento distruttore; io invierò in Babilonia spulatori che la spuleranno e devasteranno la sua regione, poiché le piomberanno addosso da tutte le parti nel giorno della tribolazione». Non deponga l'arciere l'arco e non si spogli della corazza. Non risparmiate i suoi giovani, sterminate tutto il suo esercito. Cadano trafitti nel paese dei Caldei feriti nelle sue piazze, perché la loro terra è piena di delitti davanti al Santo di Israele. Ma Israele e Giuda non sono vedove del loro Dio, il Signore degli eserciti. Fuggite da Babilonia, ognuno ponga in salvo la sua vita; non vogliate perire per la sua iniquità, poiché questo è il tempo della vendetta del Signore; egli la ripaga per quanto ha meritato.” Yahveh suscita un spirito distruttore contro Babilonia (sono i re descritti in Apocalisse 17,17), e chiede al suo popolo che fugga da lei per non perire nel tempo del giudizio del Signore. Tuttavia Dio riconosce che Israele e Giudà (la totalità del popolo di Dio), benché non rimaneranno abbandonati (quello che si esprime con la figura di una donna alla quale Yahveh non lascerà vedova, cioè, abbandonata come erano le vedove che non avevano marito né figli che li sostenessero), sono ancora pieni di colpa e peccato contro Dio. Geremia 51,45-48: “Esci da essa, popolo mio, ognuno salvi la vita dall'ira ardente del Signore. Non si avvilisca il vostro cuore e non temete per la notizia diffusa nel paese; un anno giunge una notizia e l'anno dopo un'altra. La violenza è nel paese, un tiranno contro un tiranno. Per questo ecco, verranno giorni nei quali punirò gli idoli di Babilonia. Allora tutto il suo paese sentirà vergogna e tutti i suoi cadaveri le giaceranno in mezzo. Esulteranno su Babilonia cielo e terra e quanto contengono, perché da settentrione verranno i suoi devastatori. Parola del Signore.” Nuovo invito al popolo di Dio a fuggire dalla Babilonia, per salvarsi dall'ira di Yahveh. Nella terra c'è ogni tipo di notizie, la violenza domina, e nel governo un tiranno segue ad un altro. L'ultimo versetto ricorda i passaggi di Apocalisse 18,20 e 19,1-2. Questo Capitolo di Geremia segue con una profezia sulla distruzione di Babilonia: Geremia 51,52-58: “«Sentiamo vergogna nell'udire l'insulto; la confusione ha coperto i nostri volti, perché stranieri sono entrati nel santuario del tempio del Signore». «Perciò ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali punirò i suoi idoli e in tutta la sua regione gemeranno i feriti. Anche se Babilonia si innalzasse fino al cielo, anche se rendesse inaccessibile la sua cittadella potente, da parte mia verranno i suoi devastatori». Oracolo del Signore. Udite! Un grido da Babilonia, una rovina immensa dal paese dei Caldei. È il Signore che devasta Babilonia e fa tacere il suo grande rumore. Mugghiano le sue onde come acque possenti, risuona il frastuono della sua voce, perché piomba su Babilonia il devastatore, sono catturati i suoi prodi, si sono infranti i loro archi. Dio è il Signore delle giuste ricompense, egli ricompensa con precisione. «Io ubriacherò i suoi capi e i suoi saggi, i suoi governatori, i suoi magistrati e i suoi guerrieri; essi dormiranno un sonno eterno e non potranno più svegliarsi» dice il re, il cui nome è Signore degli eserciti. Così dice il Signore degli eserciti: «Il largo muro di Babilonia sarà raso al suolo, le sue alte porte saranno date alle fiamme. Si affannano dunque invano i popoli, le nazioni si affaticano per nulla».” Babilonia è devastata, sono uccisi i suoi principi, governatori e guerrieri, le mura sono distrutte e bruciate tutte le sue porte. Tuttavia la realtà storica mostra che Ciro conquistò la città di Babilonia quasi senza lotta. Il suo esercito avanzò dal nord, vincendo i Caldei nella battaglia di Opis; quindi passò per la città di Sippur che si arrese, ed i Caldei, al comando di Gabrías, governatore di Gutium, entrarono senza battaglia in Babilonia in ottobre del 539 A.C., mentre Ciro arriverà dopo molti giorni. Si dice che per questa conquista Ciro ebbe l'appoggio interno del sacerdozio caldeo, che si trovava affrontato al re Nabónido a causa delle sue riforme religiose. Pertanto dobbiamo concludere che queste profezie sulla Babilonia non si sono ancora realizzate, in modo che sarebbero profezie messianiche, figura della distruzione della Babilonia alla fine dei tempi.

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Anche la necessità della fuga del popolo di Dio le insegnerà Gesù, in questo caso riferendosi ad un altro momento, quando già l'Anticristo abbia ricevuto il potere, quello che vedremo un po' più avanti. c) Annuncio contro l'Anticristo: Gli apostoli degli ultimi tempi, cioè, coloro che avranno la missione di predicare nei tempi dove già l'Anticristo ha preso il potere, dovranno avvertire sulle conseguenze di arrendersi all'adorazione del falso Cristo, simbolizzata per l'adorazione della sua statua, o di lasciarsi segnare come i suoi adepti. La conseguenza può essere terribile: la perdizione eterna, il perdere la possibilità di appartenere al Regno di Dio che pronto arriverà nella sua pienezza. Gli evangelizzatore o apostoli degli ultimi tempi uscirono a proclamare la Buona Novella del Regno, ad un mondo quasi completamente allontanato di Dio, il mondo sotto il potere della Gran Prostituta. Man mano che avanzano gli avvenimenti, come la caduta di Babilonia in primo luogo, e dopo il arrivo al potere del falso Cristo, la sua missione comincia ad essere sempre più difficcile. Non abbiamo precisioni su chi sono i chiamati al esercizio del ministero profetico, ma l'Apocalisse ci presenta la sua figura o tipo, nei cosidetti "due Testimoni." Apocalisse 11,3-13: “Ma farò in modo che i miei due Testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni». Questi sono i due olivi e le due lampade che stanno davanti al Signore della terra. Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di far loro del male. Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiar l'acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno. E quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall'Abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto, dove appunto il loro Signore fu crocifisso. Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permetteranno che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro. Gli abitanti della terra faranno festa su di loro, si rallegreranno e si scambieranno doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra. Ma dopo tre giorni e mezzo, un soffio di vita procedente da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli. Allora udirono un grido possente dal cielo: «Salite quassù» e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici. In quello stesso momento ci fu un grande terremoto che fece crollare un decimo della città: perirono in quel terremoto settemila persone; i superstiti presi da terrore davano gloria al Dio del cielo.” Questi due testimoni predicheranno per tre anni e mezzo, che è il durata tipo delle persecuzioni bibliche al popolo di Dio: Daniele 7,25: “E proferirà insulti contro l'Altissimo e distruggerà i santi dell'Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge; i santi gli saranno dati in mano per un tempo, più tempi e la metà di un tempo.” "Un tempo, più tempi e la metà di un tempo" sono tre anni e mezzo, tempo della persecuzione ai santi. Ma la predicazione di questi due testimoni sarà molto irritante per l'Anticristo, chi sicuramente proclamerà che essi non accettano il vero Cristo, che è propio LUI, che già è venuto nellla sua Parusia, e pertanto sono nemici della Chiesa (falsa ed apostata). Li perseguirà e finalmente li ammazzerà, nella Gran Città, che è chiamata allegoricamente Sodoma ed Egitto, come simbolo della perversione che c'è in lei e dell'inimicizia col popolo di Dio, così come succedè nella Gerusalemme ebrea quando si produsse la prima Venuta del Signore. C'è allegria tra la gente della città, che fa festa, che chiaramente si indica che appartengono a "ogni popolo, tribù, lingua e nazione", cioè, sono pagani, come afferma l'Apocalisse:

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Apocalisse 11,2: “Ma l'atrio che è fuori del santuario, lascialo da parte e non lo misurare, perché è stato dato in balìa dei pagani, i quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi.” I cadaveri dei due testimoni rimangono insepolti ed esposti nella piazza della gran città per tre giorni e mezzo, come monito per gli altri che osino predicare contro l'Anticristo, ma dopo questi tre giorni essi resuscitano in presenza di molti, ed salgono al cielo in una nube, all'ordine di una voce poderosa che viene dall’alto. All’istante un gran terremoto scuote la città, morendo lì 7.000 uomini; coloro che osservano questi spaventosi eventi si riempiono del timore di Dio e danno gloria a Lui, ciò che significa rispondere positivamente al primo annuncio della predicazione dei testimone, arrivandosi ad una conversione massiccia. E) La Settima tromba. Quando avviene la caduta di Babilonia in mani dell'Anticristo e dei suoi seguaci, i re che tradiscono la Gran Meretrice, il cielo esplode in lodi a Dio, unito al grido di "Alleluia! (proviene dall'ebreo "Hallelú Yah", che significa "lodate a Yahve"): Apocalisse 19,1-6: “Dopo ciò, udii come una voce potente di una folla immensa nel cielo che diceva: «Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; perché veri e giusti sono i suoi giudizi, egli ha condannato la grande meretrice che corrompeva la terra con la sua prostituzione, vendicando su di lei il sangue dei suoi servi!». E per la seconda volta dissero: «Alleluia! Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!». Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: «Amen, alleluia». Partì dal trono una voce che diceva: «Lodate il nostro Dio, voi tutti, suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi!». Udii poi come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: «Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l'Onnipotente.” Si udisce la voce di una gran folla che loda a Dio perché si è stabilito il suo Regno sulla terra, col giudizio alla Gran Babilonia, che dà principio al giudizio dei vivi (vedere Capitolo 3). Ha finito l'azione della sesta tromba con la terribile guerra che distrugge Babilonia, ed allora arriverà la fine del tempo dell'avvertenza misericordiosa di Dio, col suono dell'ultima tromba: Apocalisse 11,15-19: “Il settimo angelo suonò la tromba e nel cielo echeggiarono voci potenti che dicevano: «Il regno del mondo appartiene al Signore nostro e al suo Cristo: egli regnerà nei secoli dei secoli». Allora i ventiquattro vegliardi seduti sui loro troni al cospetto di Dio, si prostrarono faccia a terra e adorarono Dio dicendo: «Noi ti rendiamo grazie, Signore Dio onnipotente, che sei e che eri, perché hai messo mano alla tua grande potenza, e hai instaurato il tuo regno. e genti ne fremettero, ma è giunta l'ora della tua ira, il tempo di giudicare i morti, di dare la ricompensa ai tuoi servi, ai profeti e ai santi e a quanti temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di annientare coloro che distruggono la terra». Allora si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine.” Il suono della tromba del settimo angelo segna un finale, al stesso modo che nel settenario dei sigilli lo segna il settimo sigillo, ed in quello delle coppe con piaghe la settimo coppa (vedere Capitolo 5). Questo avviso indica che il Messia, Cristo, dopo del tempo dell'avvertenza, assume il suo Regno sulla terra, il cui primo atto sarà il giudizio di vivi e di morti. Non ci troviamo oramai in una scena terrestre, ma è il cielo che prorompe in giubilo con grandi voci, che devono corrispondere agli angeli e le anime dei beati presenti davanti a Dio. Nella profonda adorazione dei ventiquattro vegliardi prostrati davanti al trono di Dio e l'Agnello si proclama che è arrivato il momento in che Gesù Cristo si disporrà a regnare sulla terra con tutto il potere che possiede come vero Dio, oltre ad essere vero uomo. Sebbene nella terra si ignora tutto questo che è solamente visibile e conosciuto nel cielo, ci sono segni ed avvenimenti cosmici che accompagnano l'inizio del regno del Signore: lampi, tuoni, terremoti ed una tempesta di grandine. A partire da questo momento, comincia il tempo del giudizio di Dio sugli uomini, quello che si conosce con proprietà come "il Giorno di Yahveh" o "il Giorno dell'ira di Dio", tutto quello che svilupperemo nel seguente capitolo.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 3: IL GIUDIZIO DI DIO AI SANTI. A) Il senso del Giudizio di Dio. Finalmente è arrivato il tempo del giudizio di Dio, dopo del tempo che la misericordia del Creatore ha concesso per permettere la conversione di molti che furono capaci di vedere e capire i segni precursori di questo giudizio, d'altra parte annunciato fino dall'Antico Testamento per i profeti. Il Libro dell'Apocalisse espone l'arrivo di questo Giudizio con le immagini bibliche tradizionali della mietitura e la vendemmia: Apocalisse 14,14-20: “Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: «Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura». Allora colui che era seduto sulla nuvola gettò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, anch'egli tenendo una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, uscì dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». L'angelo gettò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di duecento miglia.” In questa scena pare che si veda al Giudice, Gesù Cristo, preparato per il giudizio dei vivi. La descrizione che indica che è "uno come Figlio di uomo" che porta nella testa una corona di oro, si adatta a Cristo. In ogni modo la mietitura sembra indicare la separazione dei "figli del Regno”, secondo la terminologia di Gesù nella parabola della zizzania ed il grano. C'è invece un angelo, anche con una falce affilata, che vendemmierà i grappoli di uva, ai quali getterà nel "grande tino dell’ira di Dio", dove l'uva sarà pigiata, ma invece di succo uscirà sangue. Tutto indica che questa figura rappresenta il giudizio degli empi, dei "figli del maligno”. C'è una descrizione nell'Antico Testamento che presenta una situazione simile al giudizio simbolizzato per l'azione di pigiare l'uva nel tino, sprizzando il sangue dei peccatori:

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Isaia 63,1-6: “Chi è costui che viene da Edom, da Bozra con le vesti tinte di rosso? Costui, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza? - «Io, che parlo con giustizia, sono grande nel soccorrere». - Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel tino? - «Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me. Li ho pigiati con sdegno, li ho calpestati con ira. Il loro sangue è sprizzato sulle mie vesti e mi sono macchiato tutti gli abiti, poiché il giorno della vendetta era nel mio cuore e l'anno del mio riscatto è giunto. Guardai: nessuno aiutava; osservai stupito: nessuno mi sosteneva. Allora mi prestò soccorso il mio braccio, mi sostenne la mia ira. Calpestai i popoli con sdegno, li stritolai con ira, feci scorrere per terra il loro sangue».” Vedremo già di seguito in dettaglio l'esecuzione di questo giudizio di Dio, ma ora ci domanderemo sul senso ed obiettivo che ha questo giudizio degli ultimi tempi. Fin dalle profezie dell'Antico Testamento si annuncia un giudizio severo contro il popolo di Dio ribelle, ed anche alle nazioni pagane, che si realizzerà nel cosidetto “Giorno dell'ira di Yahveh": Amos 5,13-20: “Perciò il prudente in questo tempo tacerà, perché sarà un tempo di sventura. Cercate il bene e non il male, se volete vivere, e così il Signore, Dio degli eserciti, sia con voi, come voi dite. Odiate il male e amate il bene e ristabilite nei tribunali il diritto; forse il Signore, Dio degli eserciti, avrà pietà del resto di Giuseppe. Perciò così dice il Signore, Dio degli eserciti, il Signore: In tutte le piazze vi sarà lamento, in tutte le strade si dirà: Ah! ah! Si chiamerà l'agricoltore a fare il lutto e a fare il lamento quelli che conoscono la nenia. In tutte le vigne vi sarà lamento, perché io passerò in mezzo a te, dice il Signore. Guai a coloro che attendono il giorno del Signore! Che sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre e non luce. Come quando uno fugge davanti al leone e s'imbatte in un orso; entra in casa, appoggia la mano sul muro e un serpente lo morde. Non sarà forse tenebra e non luce il giorno del Signore, e oscurità senza splendore alcuno?” Isaia annuncia la distruzione di tutto ciò esistente, e la sopravvivenza di un piccolo resto dell'umanità: Isaia 24,1-6: “Ecco che il Signore spacca la terra, la squarcia e ne sconvolge la superficie e ne disperde gli abitanti. Avverrà lo stesso al popolo come al sacerdote, allo schiavo come al suo padrone, alla schiava come alla sua padrona, al compratore come al venditore, al creditore come al debitore, a chi riceve come a chi dà in prestito. Sarà tutta spaccata la terra, sarà tutta saccheggiata, perché il Signore ha pronunziato questa parola. È in lutto, languisce la terra; è squallido, languisce il mondo, il cielo con la terra perisce. La terra è stata profanata dai suoi abitanti, perché hanno trasgredito le leggi, hanno disobbedito al decreto, hanno infranto l'alleanza eterna. Per questo la maledizione divora la terra, i suoi abitanti ne scontano la pena; per questo sono bruciati gli abitanti della terra e sono rimasti solo pochi uomini.” Ma l'obiettivo di Dio con questo giudizio e punizione sarà quello di purificare il mondo corrotto, per dopo restaurare un mondo trasformato, nel quale brilleranno la pace e la giustizia: Ezechiele 36,33-38: “Così dice il Signore Dio: «Quando vi avrò purificati da tutte le vostre iniquità, vi farò riabitare le vostre città e le vostre rovine saranno ricostruite. Quella terra desolata, che agli occhi di ogni viandante appariva un deserto, sarà ricoltivata e si dirà: La terra, che era desolata, è diventata ora come il giardino dell'Eden, le città rovinate, desolate e sconvolte, ora sono fortificate e abitate. I popoli che saranno rimasti attorno a voi sapranno che io, il Signore, ho ricostruito ciò che era distrutto e ricoltivato la terra che era un deserto. Io, il Signore, l'ho detto e lo farò». Dice il Signore Dio: «Permetterò ancora che la gente d'Israele mi preghi di intervenire in suo favore. Io moltiplicherò gli uomini come greggi, come greggi consacrati, come un gregge di Gerusalemme nelle sue solennità. Allora le città rovinate saran ripiene di greggi di uomini e sapranno che io sono il Signore».” Cioè, esiste da parte di Dio una re-creazione, per finire con l'ingiustizia, la violenza, l'empietà e l'iniquità derivate del peccato sfrenato, dando luogo ad un mondo rinnovato. Non c’è alcun dubbio che il senso principale della Parusía è il giudizio, come lo definisce il Credo Cattolico: "E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti." Sarà in base a questo giudizio che rimarrà definita l'entrata al Regno di Dio, tanto quanto per coloro che si trovino vivendo nel mondo al momento della Parusía, come per i cristiani che già siano morti, o muoiano negli avvenimenti che si scateneranno in questa fine dei tempi.

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Tuttavia, troviamo che il Giudizio di Cristo nella sua Seconda Venuta, si svilupperà da due modi differenti. Esisterà quello che denomineremo giudizio propriamente detto o giudizio definitivo, nel senso che definirà irrevocabilmente il destino eterno di coloro che sono giudicati, vale dire, si pronuncierà sulla sua salvazione o la sua dannazione eterna, tanto circa i vivi come riguardo ai morti. Ma si porterà anche a termine un giudizio differente, che lo chiameremo giudizio momentaneo o transitorio per distinguerlo dell'anteriore, e che consisterà nella decisione del Giudice supremo di permettere a determinato numero di persone vive che sopravvivano agli avvenimenti catastrofici dei tempi della fine, e, conseguentemente, di lasciare che altri muoiano e non rimangano nel mondo che seguirà all'attuale. Nel seguente punto analizzeremo in dettaglio le diverse possibilità che sorgono in funzione dei gruppi di persone che possiamo prendere in considerazione secondo la classificazione biblica. B) Il Giudizio dei santi vivi. Come vedemmo nel punto anteriore, il motivo principale della Seconda Venuta di Cristo è il giudizio sui vivi ed i morti. Deplorevolmente nella dottrina cattolica è poco e niente quello che si dice sul giudizio delle persone vive che Gesù troverà nella terra nella sua Parusía. Ed in realtà non è un tema che possa lasciarsi da parte, poiché oggi, agli inizi del terzo millennio dopo Cristo, la popolazione mondiale supera i sei mille milioni di persone. Anche se la Parusia, come semplice ipotesi a modo di esempio, si produrrebbe in questo secolo XXI, troverebbe un'umanità proiettata dall'attuale fino a circa diecimila milioni di abitanti alla fine di questo periodo, benché le stime varino molto in funzione del controllo di natalità che possa essere applicato e di altri fattori diversi. Pertanto è sommamente importante esporre questo tema secondo le basi bibliche, perché concernerà un volume di persone enorme (pensiamo che al momento di incarnarsi il Figlio di Dio in Gesù Cristo 30 secoli fa, la popolazione stimata di quel momento era di circa 200 milioni di persone). L'indicazione più chiara l'abbiamo nell'Apocalisse, che c'enumera i gruppi di vivi che saranno giudicati: Apocalisse 11,18: “Le genti ne fremettero, ma è giunta l'ora della tua ira, il tempo di giudicare i morti, di dare la ricompensa ai tuoi servi, ai profeti e ai santi e a quanti temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di annientare coloro che distruggono la terra».” Troviamo in questo passo la seguente enunciazione: *I servi di Dio, i profeti. *I santi. *Quelli che temono il nome di Dio, piccoli e grandi. *Quelli che distruggono la terra. È molto importante identificare chi compongono ognuno di questi gruppi secondo la terminologia dell'Apocalisse, per capire allora quale sarà il giudizio di ognuno. Ci sono due Salmi che sembrano essere le fonti di questo brano dell'Apocalisse: Salmi 115 (114),7-13: “Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano; dalla gola non emettono suoni. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida. Israele confida nel Signore: egli è loro aiuto e loro scudo. Confida nel Signore la casa di Aronne: egli è loro aiuto e loro scudo. Confida nel Signore, chiunque lo teme: egli è loro aiuto e loro scudo. Il Signore si ricorda di noi, ci benedice: benedice la casa d'Israele, benedice la casa di Aronne. Il Signore benedice quelli che lo temono, benedice i piccoli e i grandi.” Salmi 118, 2-4: “Dica Israele che egli è buono: eterna è la sua misericordia. Lo dica la casa di Aronne: eterna è la sua misericordia. Lo dica chi teme Dio: eterna è la sua misericordia.”

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Il primo Salmo espone la fiducia nel vero Dio degli ebrei, al contrario dei pagani che si fidano dei suoi idoli inanimati. Si descrivono qui tre gruppi di persone: *La Casa di Aronne: sono i sacerdoti (Esodo 40,13-15): "«Farai indossare ad Aronne le vesti sacre, lo ungerai, lo consacrerai e così egli eserciterà il mio sacerdozio. Farai avvicinare anche i suoi figli e farai loro indossare le tuniche. Li ungerai, come il loro padre, e così eserciteranno il mio sacerdozio»."). Questi sono coloro che chiameremo "santi" tra i cristiani degli ultimi tempi. *La Casa dell'Israele: è il popolo dell'Israele, gli ebrei in generale. Sono quelli che in avanti denomineremo in generale "cristiani." *Quelli che temono al Signore: sono i proseliti, i pagani che accettano il Dio dell'Israele. Così denomineremo alle nazioni non cristiane nei tempi della fine. Questi gruppi di persone equivalgono a quelli descritti nell'Apocalisse, ed in questo capitolo analizzeremo ora in dettaglio il primo gruppo, "i servi di Dio, i profeti", che denomineremo genericamente "santi": Vediamo come caratterizza l'Apocalisse a questo gruppo di cristiani: *Sono quelli che ricevono la rivelazione di Gesù circa quello che succederà presto (Ap. 1,1). *Sono i martiri, quelli che “furono stati immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevono resa" (Ap. 6,9), poiché sono compagni di servizio di altri che saranno uccisi come loro (Ap. 6,11). *Sono i sigillati nella fronte per essere preservati del danno che si farà sulla terra (Ap. 7,3). *Sono i profeti di Dio (Ap. 10,7 e 11,18). *Mosè è il vero esempio del servo di Dio. (Ap. 15,3). *Anche gli angeli sono servi di Dio (Ap. 19,10). Può considerarsi allora con buon fondamento che i servi di Dio sono santi, che inoltre prestano un servizio a Dio, come lo fece Mosè, come lo fanno i profeti e gli stessi angeli. Diremmo che sono la categoria più alta del Popolo di Dio, poiché risaltano non solo per le sue qualità personali (santità), bensì per servire a Dio di varie maniere, di essere veri strumenti di Dio tra gli uomini. Si assimilerebbero ai descritti come "Casa di Aronne" nei gruppi del Salmo 115, i sacerdoti che servono a Dio nel Tempio. Allora sosteniamo che troviamo qui alla gerarchia fedele della Chiesa degli ultimi tempi, ed ad altri, religiosi e laici, che compiono anche con un servizio a Dio a beneficio della sua Chiesa con i suoi ministeri. Questo gruppo è quello che sarà preservato della gran tribolazione in parte, e come vedremo già di seguito, saranno i rapiti all'incontro col Signore per vivere la Seconda Pentecoste e prendere parte delle Nozze dell'Agnello. In che cosa consisterà il giudizio per loro, i vivi?: Saranno sommessi al Giudizio definitivo, o giudizio propriamente detto, dato che non solamente questi eletti sopravvivranno alle catastrofi e persecuzioni della fine, essendo preservati con il ratto dalla terra, ma riceveranno la confermazione in grazia. Questo riferimento l'avevamo trovato già nel Capitolo 2, punto C, quando analizziamo il passo di Zaccaria 3,1-10, e vedemmo che al sacerdote Giosuè gli è tolto di dosso il peccato, gli è annunciato che governerà la Casa di Dio ed conserverà un posto nel cielo, tra gli angeli che sono lì presenti. Allo stesso modo interpretiamo il passaggio di Apocalisse 14,1-5 nello stesso capitolo, sui redenti della terra che sono andati all'incontro col Signore "nell’aria” (raffigurata per la cima del monte Sion). Dice il testo che “sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello", che noi interpretiamo che sono i primi della nuova umanità che seguirà alla Parusía, che arriveranno, alla sua morte, al Regno di Dio celestiale. Di seguito svilupperemo nei suoi particolari il Giudizio dai santi vivi, con le sue tre tappe: il rapimento degli eletti, la Nuova Pentecoste e le Nozze dell'Agnello, che vivranno insieme ai santi morti e risuscitati.

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1) Il rapimento degli eletti. Alla fine del Capitolo 2 vedemmo il passo di Apocalisse 11,3-13, dove Giovanni descrive la visione della predicazione dei "due testimoni", che rappresentano la figura o tipo degli evangelizzatore degli ultimi tempi. L'elevazione al cielo di questi due testimoni resuscitati c'affronta direttamente ad uno degli eventi degli ultimi tempi che provoca più discussioni e controversie, e sopra il quale si danno spiegazioni molto dissimili, benché praticamente il tema non si menzioni nella dottrina cattolica: il rapimento degli eletti. Sviluppiamo di seguito la nostra visione, dal punto di vista cattolico, di questo avvenimento che non possiamo ovviare perché lo presenta la Scrittura. La rivelazione più chiara rispetto a questo evento la provvede San Paolo: 1 Tessalonicesi 4,15-18: “Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.” La parola greca tradotta per "rapiti" è "harpadso." San Paolo utilizza lo stesso vocabolo soltanto un altra volta nelle sue Epistole: 2 Corinzi 12,2-4: “Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa - se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest'uomo - se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare.” Questa fu un'esperienza personale di Paolo, tanto intensa, vivida e commovente che l'apostolo non riuscì mai sapere con certezza se era stato portato al cielo in spirito o fisicamente nel suo corpo. Lì ricevè rivelazioni sublimi che sicuramente formarono parte più avanti del suo insegnamento e dottrina. È probabile pertanto che la descrizione che fa nella Lettera ai Tessalonicesi derivi dalla sua propria esperienza. Ci sono altri pochi luoghi nel Nuovo Testamento dove si trova questa espressione in greco; un esempio è il Libro dei Atti degli Apostoli: Atti 8,36-40: “Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse: «Ecco qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?». Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò. Quando furono usciti dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino. Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo, predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse a Cesarèa.” Non c'è qui dubbio che Filippo fu rapito nel corpo, dalla strada che scende da Gerusalemme al sud, verso Gaza, dove si trovò con l'etiope eunuco, fino ad Azoto, circa 30 chilometri al nord. Ma anche nell'Apocalisse troviamo la stessa espressione, nel Capitolo 12, che studieremo in dettaglio perché c'apporta molta luce al tema del rapimento. Apocalisse 12,1-6: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito (“harpadso”) verso Dio e verso il suo trono. La donna

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invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.” C'è abbastanza unanimità tra i commentatori dell'Apocalisse in riconoscere in questa donna una rappresentazione della comunità teocratica dell'Israele, come l'espone spesso l'Antico Testamento (vedere Osea Cap. 2; Geremia Cap. 3; Ezechiele Cap. 16). Le dodici stelle nel capo della donna possono simbolizzare tanto le dodici tribù dell'Israele come gli dodici apostoli (l'antico ed il nuovo popolo di Dio). Giacché appare nell'Apocalisse, dove si descrivono gli avvenimenti degli ultimi tempi, consideriamo che questa donna è la rappresentazione della Chiesa di Cristo negli ultimi tempi, vicini alla fine dei tempi, quel resto fedele della gerarchia e credenti che non hanno apostatato della sua fede davanti all'impostura dell'Anticristo. Osserviamo che la donna si trova in due dimensioni distinte: prima nel cielo, e dopo nella terra, dove nasce il figlio. Si descrivono così le due dimensioni della Chiesa, la celestiale e la terrena. Sarà in questa ultima dove si svilupperanno gli avvenimenti che si trovano nel riferito passo. La donna è incinta, pronta per dare alla luce, con le doglie, ed partorirà un figlio maschio. Questo figlio governarà alle nazioni con un scettro di ferro ed è rapito al cielo, lontano dell'attacco del Diavolo. Chi è questo figlio? La prima risposta che danno la maggioranza degli autori è che si tratta di Cristo; ma se la donna è la Chiesa, della quale Cristo è il Capo, come può darlo a luce? Inoltre ci troviamo nei tempi finali, non in quelli dell'incarnazione del figlio. D'altra parte non si concepisce il parto verginale di María soffrendo dolori. La risposta, tuttavia, è molto semplice: il figlio maschio simbolizza tutti i santi vivi degli ultimi tempi che saranno rapiti alla presenza di Gesù, come lo espressa il passo di 1 Tesal. 4,17. Questi "santi" sono i "servi di Dio" eletti per essere liberati della gran tribolazione finale che sopravverrà nel tempo del Giudizio di Dio sulla terra, come vedemmo nel Capitolo 2.C. Sono i 144.000 che, come numero simbolico che comprende tutte le "tribù" del Nuovo Israele di Dio, riceverono il sigillo di Dio nelle sue fronti. Sebbene il "scettro di ferro" caratterizza il Figlio di Dio in quanto al suo potere e dominio sull'universo (Salmo 2,9: “con scettro di ferro li governerai”), il Signore delegherà questa funzione di dirigere alle nazioni nella terra quando arrivi il Regno di Dio (vedere Capitolo 7), come si esprime nella Lettera alla Chiesa di Tiàtira: Apocalisse 2,26-28: “Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni; le pascolerà con bastone di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta, con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino.” Pertanto abbiamo nel passo della salita al cielo del figlio della donna la prima affermazione del rapimento nell'Apocalisse. Questo passo continua più avanti: Apocalisse 12,13-17: “Or quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò contro la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente. Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d'acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù.” In questo testo osserviamo che dopo che il "figlio maschio" collettivo è rapito al cielo (gli eletti) e che "il resto della sua discendenza" (i cristiani fedeli che rimangono nella terra) soffriranno la persecuzione del Drago, la Donna è portata al deserto dove sarà preservata per Dio per tutto il tempo della persecuzione dell'Anticristo. Ci troviamo qui coi due aspetti che, uniti, conformano la definizione di cosa è la Chiesa: in primo luogo il mistero interno, che è la "comunione in Cristo" tra Dio e gli uomini, e dopo il mistero

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esterno, l'istituzione di salvazione, o sacramento di quella comunione, formato per la gerarchia e la comunità degli santificati. La gerarchia è rapita, insieme a parte della comunità, ed entrambe sono preservate, mentre il resto della comunità è mantenuto nel mondo; a sua volta, il mistero interno è preservato nel "deserto", benché, in principio, i sacramenti sono aboliti sotto il regno dell'Anticristo, (vedere Capitolo 2.d.2). Tutto questo passo ha forti reminescenze dell'esodo del popolo eletto: *Il Drago (Satana) vuole bloccare la sfuggita della Donna lanciando dietro lei un torrente di acqua, ma la terra l'inghiotta, ricordando il passaggio degli ebrei per il Mare Rosso nella sua sfuggita dall'Egitto, dove l'alveo si asciuga formando un passo che permette loro fuggire dei persecutori egiziani. *Anche il Libro dell'Esodo riferisce la salvazione degli ebrei nella sua fuga al deserto come un intervento di Dio negli stessi termini in cui porta alla Donna dell'Apocalisse al deserto: Esodo 19,4: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me.” Il contesto biblico del deserto, nell'Esodo del popolo di Dio per il lungo periodo di 40 anni, ci presenta diversi avvenimenti che ci mostrano una conclusione principale: il deserto fu il luogo che Dio scelse come rifugio per il suo popolo sottomesso alla persecuzione, dove fu specialmente protetto e dove il Signore chiuse la sua Alleanza con lui, al piede del monte Sinaí. Anche nella storia del profeta Elia (1 Re 19,1-18) vediamo che per salvarsi dalla vendetta del re Acab, spinto per sua moglie pagana Gezabele, fugge al deserto cercando di morire, ma lì è sostentato miracolosamente per Dio, finchè ha un incontro con il Signore nel monte Oreb e riceve la missione che dovrà compiere. Cioè, il deserto nella concezione biblica che si allude in questo passo dell'Apocalisse, è un luogo dove Dio protegge ai suoi contro i pericoli ed i nemici, e che, a sua volta, è un luogo privilegiato di incontro con Dio. Pertanto risulta chiaro per noi che il rapimento presso Dio del "figlio maschio", e la fuga al deserto della Donna incoronata di stelle rappresentano lo stesso avvenimento visto da due punti di vista o descrizioni differenti. Un po' più avanti vedremo come lì, la Chiesa terrenale santa, portata alla presenza di Dio, vivrà due avvenimenti decisivi: la nuova Pentecoste e le Nozze dell'Agnello. Oltre all'interpretazione ecclesiologica della donna, è possibile anche un'interpretazione mariológica di questa figura. María è designata dallo stesso Gesù, mentre si trova nel Calvario, al piede della sua croce, come la Madre di Giovanni, il discepolo amato per il Signore, rappresentando in quel momento a tutti gli uomini chi avranno così assegnata per sempre la maternità spirituale della Vergine. Si trova già molto frequentemente nell'insegnamento dei Santi Padri della Chiesa e della Tradizione cristiana la figura di María proiettata in quella della Chiesa, e viceversa. Si verifica che la coscienza della Chiesa scoprì rapidamente che María era come lo specchio nel quale si vede riflessa la realtà ecclesiale. Cioè, María è l'archetipo, il modello conforme al quale Dio ha plasmato alla Chiesa, ed è, contemporaneamente, l'esempio finito di perfezione al quale la Chiesa cerca di approssimarsi in un sforzo costante di imitazione. Il Concilio Vaticano II, nel Costituzione "Lumen Gentium", sottolinea questo concetto: 53. “Infatti Maria vergine, la quale all'annunzio dell'angelo accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio e portò la vita al mondo, è riconosciuta e onorata come vera madre di Dio e Redentore. Redenta in modo eminente in vista dei meriti del Figlio suo e a lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo, è insignita del sommo ufficio e dignità di madre del Figlio di Dio, ed è perciò figlia prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo; per il quale dono di grazia eccezionale precede di gran lunga tutte le altre creature, celesti e terrestri. Insieme però, quale discendente di Adamo, è congiunta con

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tutti gli uomini bisognosi di salvezza; anzi, è « veramente madre delle membra (di Cristo)... perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli della Chiesa, i quali di quel capo sono le membra » (Sant’Agostino). Per questo è anche riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa, figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità; e la Chiesa cattolica, istruita dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale la venera come madre amatissima.” Pertanto, nell'immagine della donna del Capitolo 12 dell'Apocalisse può riconoscersi anche chiaramente la figura di María negli ultimi tempi. La Vergine è quella che formerà e genererà, col dolore del suo Cuore Immacolato davanti alla situazione di apostasia della sua Chiesa, agli Apostoli e discepoli degli ultimi tempi, a quel resto santo che, in parte sarà preservato della tribolazione finale con il rapimento al cielo, e che in un'altra porzione rimarrà nella terra resistendo con pazienza e perseveranza le aggressioni del Drago. María sarà quella che si ritirerà al deserto, luogo di protezione di Dio e di incontro con Lui, accompagnando i suoi figli eletti, formando un nuovo Cenacolo dove, con la sua presenza amorosa, arriverà la Seconda Pentecoste. Seguendo col tema del rapimento degli eletti, un'altra conferma sorge se osserviamo che Giovanni, come Paolo, ha la sua propria esperienza di essere rapito al cielo: Apocalisse 4,1-2: “Dopo ciò ebbi una visione: una porta era aperta nel cielo. La voce che prima avevo udito parlarmi come una tromba diceva: Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito. Subito fui rapito in estasi. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto.” Giovanni riconosce che l'esperienza la riceve in stato di estasi, e nella visione osserva una porta aperta nel cielo, ed una voce come di tromba l'ordina: "sali quassù". È la medesima ordine che una forte voce dal cielo dice agli due Testimoni: "salite quassù" (11,12). Al rispetto abbiamo un'altra conferma. Nella Lettera alla Chiesa di Filadelfia (nel Capitolo 4 vedremo che le lettere alle Sette Chiese stabiliscono la materia del giudizio di Dio alla sua Chiesa, dando il Regno in ricompensa a chi siano i vincitori delle distinte situazioni di peccato) troviamo la stessa esperienza subita da Giovanni: Apocalisse 3,7-11: “All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi: Così parla il Santo, il Verace, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude, e quando chiude nessuno apre. Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di satana - di quelli che si dicono Giudei, ma mentiscono perché non lo sono -: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato. Poiché hai osservato con costanza la mia parola, anch'io ti preserverò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. Verrò presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona.” "Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere" dice Gesù alla Chiesa di Filadelfia, che è precisamente quella che riceve la promessa che sarà preservata nell'ora della tentazione. Giovanni utilizza identica espressione nella sua esperienza personale: "una porta era aperta nel cielo", per quello che possiamo pensare con ragione che si sta riferendo alla stessa esperienza del rapimento. Sorge anche da questo passo un’altra conclusione importante: i rapiti saranno preservati della tentazione, cioè, sono i 144.000 sigillati del Capitolo 7 dell'Apocalisse. Subito ritorneremo su questo, poiché prima studieremo uno dei passi dell'Apocalisse che ci dà più elementi sul rapimento: Apocalisse 11,1-6: “Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: «Alzati e misura il santuario di Dio e l'altare e il numero di quelli che vi stanno adorando. Ma l'atrio che è fuori del santuario, lascialo da parte e non lo misurare, perché è stato dato in balìa dei pagani, i quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi. Ma farò in modo che i miei due Testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni». Questi sono i due olivi e le due lampade che stanno davanti al Signore della terra. Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di

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far loro del male. Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiar l'acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno.” In primo luogo analizziamo i versetti 1 e 2: lì Giovanni menziona alla "Città Santa”, essendo che nell'Apocalisse si denomina con questo nome a Gerusalemme (vedere Apocalisse Capitolo 21), che, a sua volta, simbolizza alla Chiesa cristiana. L'azione di misurare ha non solo il senso di preparare una costruzione, ma anche quello di preservare qualcosa. Nell'immagine della Chiesa ("Città Santa”) troviamo il Santuario e l'altare, che definiscono il luogo, in termini ebrei, dove c’è la presenza di Dio; lì ci sono alcuni adorando a Dio, che sono quelli che formano la Chiesa fedele, i servi e santi, ed essi saranno preservati dalla tribolazione, esemplificata nel seguente versetto per il calpestamento dei gentili. Questi scelti non soffriranno danno, poiché saranno rapiti dalla terra, e non vivranno l'ultima persecuzione dell'Anticristo durante i 42 mesi simbolici, tre anni e mezzo. Questo tempo simbolico che definisce la persecuzione dei santi proviene dal profeta Daniele (9,26-27), che definisce il tempo di una settimana di anni come azione del "Principe che distruggerà la città." Questa settimana si divide in due parti di tre anni e mezzo, separate per un avvenimento molto definito: cesserà il sacrificio e sopra il Santuario verrà l'abominio della desolazione. Ritorneremo più avantià sull'applicazione di questo tempo che fa l'Apocalisse. Quindi segue la descrizione delle caratteristiche dei Due Testimoni, che abbiamo già definito che sono la figura degli evangelizzatori degli ultimi tempi, e che dopo di essere uccisi e aver resuscitato, sono portati al cielo in una nuvola. Vediamo in dettaglio gli elementi che definiscono l'identità e personalità di questi Due Testimoni, tutti presi dall'Antico Testamento, e come ci chiariscono non solamente il "rapimento", ma anche la finalità dello stesso. Subito notiamo che abbiamo un'allusione chiara ad Elia e Mosè; Elia fece scendere fuoco dal cielo che divorò i suoi nemici: 2 Re 1,7-10: “Domandò loro: «Com'era l'uomo che vi è venuto incontro e vi ha detto simili parole?». Risposero: «Era un uomo peloso; una cintura di cuoio gli cingeva i fianchi». Egli disse: «Quello è Elia il Tisbita!». Allora gli mandò il capo di una cinquantina con i suoi cinquanta uomini. Questi andò da lui, che era seduto sulla cima del monte, e gli disse: «Uomo di Dio, il re ti ordina di scendere!». Elia rispose al capo della cinquantina: «Se sono uomo di Dio, scenda il fuoco dal cielo e divori te e i tuoi cinquanta». Scese un fuoco dal cielo e divorò quello con i suoi cinquanta.” Ugualmente Elia profetizzò e non ci fu pioggia per tre anni: 1 Re 17,1;18,1: “Elia, il Tisbita, uno degli abitanti di Gàlaad, disse ad Acab: «Per la vita del Signore, Dio di Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo dirò io». Dopo molto tempo, il Signore disse a Elia, nell'anno terzo: «Su, mostrati ad Acab; io concederò la pioggia alla terra».” Mosè trasformò l'acqua del fiume Nilo in sangue come segno per il Faraone, nella prima piaga con che ferì gli egiziani, benché dopo seguissero altre nove. Esodo 7,19: “Il Signore disse a Mosè: «Comanda ad Aronne: Prendi il tuo bastone e stendi la mano sulle acque degli Egiziani, sui loro fiumi, canali, stagni, e su tutte le loro raccolte di acqua; diventino sangue, e ci sia sangue in tutto il paese d'Egitto, perfino nei recipienti di legno e di pietra!».” Di questa maniera i Due Testimoni rimangono descritti coi tratti di Mosè ed Elia. Ma, senza dubbio questo fatto ci vuole mostrare qualcosa di molto importante: tutti i vangeli sinottici ci raccontano la Trasfigurazione del Signore: Matteo 16,27-17,3: “Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni. In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell'uomo venire nel suo regno». Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu

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trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.” Vicino a Gesù trasfigurato appaiono Mosè ed Elia. La Trasfigurazione è chiaramente il compimento della promessa di Gesù in quanto a che alcuni dei suoi discepoli vedrebbero il Figlio dell'uomo venire nel suo Regno, quello che si compie sei giorni dopo con la Trasfigurazione, che mostra al Signore nella gloria che avrà quando ritorni nella sua Parusía. Nella Seconda Epistola di Pietro l'autore dà alla Trasfigurazione, della quale egli fu testimone oculare, precisamente lo stesso significato di una visione della Seconda Venuta del Signore: 2 Pietro 1,16-18: “Infatti, non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto». Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte.” Pietro considera che ha presenziato coi suoi propri occhi nella Trasfigurazione "la potenza e la Venuta del Signore”. Se accettiamo questo, allora rinforziamo l'importante conclusione alla quale eravamo arrivati prima: quelli che saranno rapiti (raffigurati per i due Testimoni, benché non necessariamente moriranno e resusciteranno come in questo caso particolare), ritorneranno insieme a Gesù alla terra nella Parusía, accompagnandolo, come lo fa vedere la scena della Trasfigurazione del Signore, chi precisamente è accompagnato per Mosè ed Elia. Ma il passo di Apocalisse 11,3-6 che stiamo analizzando ci dà altri elementi che rinforzano le conclusioni alle quali siamo già arrivati. Presenta anche ai due Testimoni come "i due olivi e le due lampade che stanno davanti al Signore della terra". È un'allusione al profeta Zaccaria: Zaccaria 4,1-14: “L'angelo che mi parlava venne a destarmi, come si desta uno dal sonno, e mi disse: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo un candelabro tutto d'oro; in cima ha un recipiente con sette lucerne e sette beccucci per le lucerne. Due olivi gli stanno vicino, uno a destra e uno a sinistra». Allora domandai all'angelo che mi parlava: «Che cosa significano, signor mio, queste cose?». Egli mi rispose: «Non comprendi dunque il loro significato?». E io: «No, signor mio». Egli mi rispose: «Questa è la parola del Signore a Zorobabele: Non con la potenza né con la forza, ma con il mio spirito, dice il Signore degli eserciti! Chi sei tu, o grande monte? Davanti a Zorobabele diventa pianura! Egli estrarrà la pietra, quella del vertice, fra le acclamazioni: Quanto è bella!». Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Le mani di Zorobabele hanno fondato questa casa: le sue mani la compiranno e voi saprete che il Signore degli eserciti mi ha inviato a voi. Chi oserà disprezzare il giorno di così modesti inizi? Si gioirà vedendo il filo a piombo in mano a Zorobabele. Le sette lucerne rappresentano gli occhi del Signore che scrutano tutta la terra». Quindi gli domandai: «Che significano quei due olivi a destra e a sinistra del candelabro? E quelle due ciocche d'olivo che stillano oro dentro i due canaletti d'oro?». Mi rispose: «Non comprendi dunque il significato di queste cose?». E io: «No, signor mio». «Questi, soggiunse, sono i due consacrati che assistono il dominatore di tutta la terra».” I due consacrati sono il principe Zorobabele (che si trova nella genealogia di Gesù come discendente di Davidde, Mateo 1,12-13) ed il Sommo Sacerdote Giosuè. Ambedue, dopo la cattività della Babilonia, furono chi diressero la riedificazione del Tempio: Esdra 3,1-3: “Giunse il settimo mese e gli Israeliti si erano ormai insediati nelle loro città. Il popolo si radunò come un solo uomo a Gerusalemme. Allora Giosuè figlio di Iozadàk con i fratelli, i sacerdoti, e Zorobabele figlio di Sealtiel con i suoi fratelli, si misero al lavoro per ricostruire l'altare del Dio d'Israele, per offrirvi olocausti, come è scritto nella legge di Mosè uomo di Dio. Ristabilirono l'altare al suo posto, pur angustiati dal timore delle popolazioni locali, e vi offrirono sopra olocausti al Signore, gli olocausti del mattino e della sera.” Il profeta Zaccaria prende le figure di questi due "unti" come segni chiaramente escatologici: Zaccaria 3,1-10: “Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, ritto davanti all'angelo del Signore, e satana era alla sua destra per accusarlo. L'angelo del Signore disse a satana: «Ti

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rimprovera il Signore, o satana! Ti rimprovera il Signore che si è eletto Gerusalemme! Non è forse costui un tizzone sottratto al fuoco?». Giosuè infatti era rivestito di vesti immonde e stava in piedi davanti all'angelo, il quale prese a dire a coloro che gli stavano intorno: «Toglietegli quelle vesti immonde». Poi disse a Giosuè: «Ecco, io ti tolgo di dosso il peccato; fatti rivestire di abiti da festa». Poi soggiunse: «Mettetegli sul capo un diadema mondo». E gli misero un diadema mondo sul capo, lo rivestirono di candide vesti alla presenza dell'angelo del Signore. Poi l'angelo del Signore dichiarò a Giosuè: «Dice il Signore degli eserciti: Se camminerai nelle mie vie e osserverai le mie leggi, tu avrai il governo della mia casa, sarai il custode dei miei atri e ti darò accesso fra questi che stanno qui. Ascolta dunque, Giosuè sommo sacerdote, tu e i tuoi compagni che siedono davanti a te, poiché essi servono da presagio: ecco, io manderò il mio servo Germoglio. Ecco la pietra che io pongo davanti a Giosuè: sette occhi sono su quest'unica pietra; io stesso inciderò la sua iscrizione - oracolo del Signore degli eserciti - e rimuoverò in un sol giorno l'iniquità da questo paese. In quel giorno - oracolo del Signore degli eserciti - ogni uomo inviterà il suo vicino sotto la sua vite e sotto il suo fico».” Analizziamo già parte di questo passo nel Capitolo 2.C. (La Quinta Tromba) per basare l'espulsione di Satana dal cielo. Ma ora posiamo il nostro sguardo in altri elementi. In primo luogo vediamo che Giosue, che è definito come un "tizzone sostratto al fuoco", per le sue vesti inmonde, simbolo di peccato, è stato portato al cielo. Essendo lì, una volta rimproverato l'accusatore, e cacciato del cielo alla terra (Ap. 12, 7-9), Giosuè è pulito della sua colpa per il perdono divino, quello che simbolizzano le nuove vesti di festa, e gli è annunciato che governerà la Casa del Signore (il popolo di Dio) ed avrà riservato un posto nel cielo, tra gli angeli che sono lì presenti. Questo è quello che possiamo chiamare la confermazione in grazia di Giosuè, come prototipo dei rapiti all'incontro con Gesù, un dato fondamentale a tenere in conto per più avanti. Così otteniamo una prima conclusione: questi due testimoni, sotto la figura dei due Unti di Zaccaria, mostrano il potere politico (re), ed il potere religioso (sacerdote) che governerà il Regno terreno di Dio, quando ritornino coloro che furono rapiti al cielo. Dopo segue la rivelazione a Giosuè che egli ed i suoi compagni, che servono da presagio, cioè, che sono figure di quello che verrà, saranno accompagnati per un "servo", il Germe, nome chiaramente messianico (vedere Capitolo 2), che allùde a Cristo. 2) La Nuova Pentecoste. Seguiamo col passaggio del profeta Zaccaria che stavamo studiando. Di fronte a Giosuè, inoltre si trova una "pietra unica con sette occhi" che in Zacccaria 4,10 si afferma che sono "gli occhi del Signore che percorrono tutta la terra", espressione molto simile a quella di Apocalisse 5,6: "Ritto in mezzo al trano un Agnello, come immolato che aveva sette corna e sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra." Vedemmo già nel Capitolo 1.A.2 che rappresentano lo Spirito Santo riversato in tutta la terra a partire da Pentecoste, dopo dell'ascensione al cielo del Signore. Zaccaria profetizza pertanto qui anche una nuova Pentecoste ed una nuova effusione dello Spirito Santo sulla terra. La Nuova Pentecoste sarà vissuta in primo luogo per i santi rapiti, chi ritorneranno alla terra con Gesù nella Parusía (1 Tesal. 3,13: "nella Venuta di nostro Signore Gesù Cristo con tutti i suoi santi") e dopo lo Spirito Santo produrrà nella Chiesa terrena rinnovata una nuova effusione di grazia e santità. L'Apocalisse presenta il magnifico quadro di quello che vivono i santi rapiti nel suo incontro "nell'aria" con Gesù, e la sua esperienza della Nuova Pentecoste: Apocalisse 14,1-5: “Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. Udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di arpa che si accompagnano nel canto con le loro arpe. Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e ai vegliardi. E nessuno poteva comprendere quel cantico se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono

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l'Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello. Non fu trovata menzogna sulla loro bocca; sono senza macchia.” Questa scena ci mostra a Gesù nella cima del monte Sion, e con lui i 144.000 sigillati col nome di Dio nella fronte, che furono preservati dalle tribolazioni descritte per la quinta e sesta trombe, e rapiti all'incontro del Signore. Non sono nel cielo, poiché ascoltano un canto che viene dal cielo, ma neanche sono nella terra, bensì in un'elevazione su essa, raffigurata per la cima del monte Sion escatologico. Noi interpretiamo che questo è "l'incontro col Signore nell’aria" che descrive 1 Tessalonicesi 4,17 dei santi rapiti dalla terra. Per questo fine furono preservati delle tribolazioni e finalmente rapiti verso il cielo secondo quello visto anteriormente. In questo incontro con l'Agnello ascoltano un "canto nuovo" che proviene dal cielo, da davanti il trono di Dio. Tutto indica che questo "canto nuovo" è quello che si intona in Apocalisse 5,9-10 che dichiara che l'Agnello "riscattò" per Dio uomini "di ogni tribù, e lingua e popolo e nazione", e li ha trasformati in "un regno di sacerdoti, e regneranno sopra la terra." Questi redenti ricevono dunque la confermazione dall’alto, in una rivelazione dello Spirito Santo che si riversa su loro, che qui si presenta plasticamente come un canto che discende dal cielo. Nessuno può ricevere in questo momento questa effusione dello Spirito Santo, eccetto coloro che sono stati rapiti, e per qusto motivo crediamo che questa scena rappresenta la Nuova Pentecoste di cui si parla tanto nella nostra epoca a partire da molti dei messaggi di María (Vedere "I messaggi di María al P. Gobbi, Movimento Sacerdotale Mariano, e la seconda Venuta di Gesù Cristo"). Questa scena ha una stretta correlazione col passo di Zaccaria 3,1-10 che abbiamo appena analizzato, dove si vedono con chiarezza gli elementi di una effusione dello Spirito Santo. Vediamo ora come sono caratterizzati questi eletti: In primo luogo sono descritti come vergini, perché non si inquinarono con la fornicazione con Babilonia come il resto del mondo, simbolo dell'apostasia religiosa, come lo fecero i re, i poderosi, i commercianti, cioè, tutti quelli che lucravano e si approfittavano di lei. Sono anche "quelli che seguono l'Agnello dovunque va", cioè, con la venuta dell'Anticristo si sono rifiutati di ricevere la sua marca, hanno proclamato il Vangelo come testimoni del Signore, e si sono mantenuti inalterabili nella sua fede cristiana, senza lasciarsi ingannare per il falso Cristo ed il falso Profeta. Per quel motivo sono stati redenti tra gli uomini e sono destinati ad essere le primizie del Agnello nel Regno di Dio terreno che pronto si inaugurerà. 3) Altri riferimenti evangelici del "rapimento" Abbiamo visto la rivelazione che ci dà l'Apocalisse sul rapimento degli eletti, ma inoltre troviamo molte altre menzioni su questo tema nel Nuovo Testamento, cominciando dai vangeli, che ora esaminiamo: a) Matteo 24,30-31: “Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all'altro dei cieli.” Cristo invierà ai suoi angeli a riunire i suoi eletti. Vediamo che questa riunione è su tutta la terra, indicata nell'espressione "i quattro venti” o quattro angoli della terra (ovviamente la terra era considerata piana), ma vanno "verso il cielo", da "un'estremo ("akron" in greco) all'altro." L'espressione in greco ha un senso verticale, di sotto verso l'alto, come lo vediamo nell'unico luogo del Nuovo Testamento in cui si usa la stessa parola greca: Ebrei 11,21: “Per fede Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e si prostrò, appoggiandosi all'estremità (“akron”) del bastone.” Questa riunione degli eletti può pertanto considerarsi come il rapimento dei santi all'incontro del Signore nell’aria.

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b) Matteo 24,37: “Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo.” Gli eletti (Noè e la sua famiglia) saranno preservati della distruzione, rinchiusi nell’arca che si alza sopra la terra: Genesi 7,17-19: “Il diluvio durò sulla terra quaranta giorni: le acque crebbero e sollevarono l'arca che si innalzò sulla terra. Le acque divennero poderose e crebbero molto sopra la terra e l'arca galleggiava sulle acque. Le acque si innalzarono sempre più sopra la terra e coprirono tutti i monti più alti che sono sotto tutto il cielo.” L’arca con Noè e la sua famiglia sale più alto dei monti più alti, arrivando fino al cielo. Allo stesso modo saranno alzati gli eletti nella Venuta del Figlio dell'uomo. c) Luca 17,34-36: “Vi dico: in quella notte due si troveranno in un letto: l'uno verrà preso e l'altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà presa e l'altra lasciata». Allora i discepoli gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi».” In questa espressione si traduce come "preso" la parola greca "para-lambano", il cui significato chiaro è "prendere con sé", e tanto Luca come Matteo l'utilizzano esclusivamente nei suoi vangeli con questo senso, in generale applicato a Gesù, chi "prende con sé” determinate persone. Vediamo alcuni esempi: *Matteo 17,1: “Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.” *Matteo 20,17: “ Mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici...” *Matteo 26,37: “E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.” *Luca 9,10: “Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò verso una città chiamata Betsàida.” *Luca 18,31: “ Poi prese con sé i Dodici e disse loro: «Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo si compirà.” Vediamo allora che è lecito interpretare che questi uomini e donne sono portati alla presenza di Gesù, cioè, sono rapiti all’incontro con Lui. Ma Luca aggrega un elemento molto importante: i discepoli, ascoltando che alcuni saranno presi, domandano: "dove?” E la risposta di Gesù è chiara: "Dove sarà il cadavere, lì anche si raduneranno gli avvoltoi”. Il Signore utilizza una similitudine che magari fosse un’espressione dell'epoca, ma significa che lì dove Egli si trovi (nell'aria), lì si raduneranno gli avvoltoi (saranno elevati dalla terra al suo incontro). 4) Il vocàbolo "parusia" suggerisce il "rapimento" È interessante vedere ora come la parola "parusia", nel suo significato originale in greco, espressa la dinamica del rapimento che stiamo studiando. Prendiamo alcuni passi dell'eccellente libro "La venuta del Signore nella gloria" di Candido Pozo, Capitolo II.1: "Con la parola Parusía si significa la seconda venuta, ancora futura, del Signore in gloria, diversa della prima venuta in umiltà: la manifestazione della gloria (cfr. Tito 2,13) e la manifestazione della Parusía (cfr. 2 Tess. 2,8) si riferiscono allo stesso avvenimento. Il senso di "venuta in gloria" corrisponde al significato della parola Parusía nel greco del periodo ellenistico, già a partire dal secolo III prima di Cristo; il termine comincia ad usarsi allora per parlare dell'entrata solenne e festiva di un principe, specialmente per visitare una provincia; un rilievo singolare si attribuisce alla visita che fa un imperatore ad una provincia, che i cronisti aulici si

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affrettano a descrivere come il fatto che introduce una nuova era. Questo contesto di visita festiva di un principe fa intelligibile il senso dell'espressione “all'incontro del "Signore" in 1 Tesalonicences 4,17 come formula tecnica per designare la cerimonia, magari la più solenne ed importante durante le visite ufficiali dei re alle città ellenistiche: il popolo usciva fuori dalle muraglie "all'incontro" del sovrano per accompagnarlo in corteo trionfale quando entrava alla città. Di questa maniera, è suggestivo che il modo come San Paolo descrive la Parusía nella più antica delle sue lettere suggerisca, già nella sua stessa terminologia, l'idea di una visita solenne di un re.” Vediamo per quanto detto sopra che il termine "Parusia" suggerisce che quelli che lo ricevono al Signore usciranno al suo incontro (i santi eletti nel rapimento), e dopo entreranno insieme a Lui (i santi che l'accompagnano nella sua Seconda Venuta). 5) Quando si produce il "rapimento"?: Rimane da vedere ora un altro aspetto del rapimento degli eletti: Quando si produce? Vedemmo già le differenti forme in cui la Bibbia ci presenta l'incontro di Gesù "nell’aria" coi suoi eletti. Lo stesso Signore, nei suoi discorsi escatologici, raccomanda ai cristiani di fuggire quando succeda un segno preciso: Marco 13,14-20: “Quando vedrete l'abominio della desolazione stare là dove non conviene, chi legge capisca, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano ai monti; chi si trova sulla terrazza non scenda per entrare a prender qualcosa nella sua casa; chi è nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! Pregate che ciò non accada d'inverno; perché quei giorni saranno una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione, fatta da Dio, fino al presente, né mai vi sarà. Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni.” Il segno che comincerà la gran tribolazione sarà dato per l'apparizione dell'abominio della desolazione nel luogo sacro, e questa sarà l'ultima opportunità di allontanarsi dalla Gran Città, Gerusalemme, occupata per l'Anticristo, che soffrirà il giudizio di Dio, poiché sta per finire il tempo di misericordia, simbolizzato per il tempo dei suoni di tromba dei sette angeli. Pertanto è più che logico pensare che il rapimento degli eletti succede nello stesso tempo in cui il resto dei cristiani che rimarranno nella terra deve fuggire, come lo vedemmo nel Capitolo anteriore. C) La resurrezione dei santi morti. 1) Il fatto della resurrezione. Dall'Antico Testamento appaiono allusioni alla resurrezione personale, quella che si produrrà in un determinato momento storico: Daniele 12,1-2: “Or in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna.” È chiara l'affermazione della resurrezione in questo testo. L'espressione "in quel tempo", di uso comune nei profeti, si riferisce agli ultimi tempi nella storia del popolo dell'Israele, in una prospettiva nella quale non si distinguono, ma si sovrappongono, i tempi messianici e l'idea del tempo finale del mondo. Nel Libro dei Maccabei troviamo vari passi che si riferiscono anche alla resurrezione: 2 Maccabei 7,14: “Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te la risurrezione non sarà per la vita».”

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Questa resurrezione, più avanti, si situa in un "giorno" della misericordia che probabilmente allude ai tempi messianici: 2 Maccabei 7,29: “Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia».” Nel Nuovo Testamento troviamo la rivelazione chiara sulla resurrezione. Tutti i teologi coincidono che lì si parla della resurrezione di due modi distinti: a volte, della resurrezione universale, altre volte solamente della resurrezione dei giusti. a) La resurrezione universale: Giovanni 5,28-29: “Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.” Atti 24, 14-15: “Ammetto invece che adoro il Dio dei miei padri, secondo quella dottrina che essi chiamano setta, credendo in tutto ciò che è conforme alla Legge e sta scritto nei Profeti, nutrendo in Dio la speranza, condivisa pure da costoro, che ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti.” b) La resurrezione dei giusti. Giovanni 6,54: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.” Luca 14,13-14: “Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».” 1 Corinzi 15,22-23: “E come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo.” San Paolo presenta sempre la resurrezione in riferimento alla resurrezione di Cristo, concependola come l'inizio di un processo che continuerà nel tempo arrivando a tutti gli uomini. Rimane anche determinato qui che la resurrezione si produrrà in relazione alla Seconda Venuta di Gesù. La stessa conferma la troviamo in altre Lettere: 1 Corinzi 15,52: “In un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati.” 1 Tessalonicesi 4,16: “Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo;” 2) La prima resurrezione. Tuttavia il Libro della Bibbia che parla con più chiarezza della resurrezione dei morti ed il giudizio di Dio, specialmente nella sua relazione con la Parusia di Cristo, è l'Apocalisse. Ma, curiosamente, è il meno citato per i teologi, perché offre difficoltà di interpretazione che sono praticamente insuperabili in base alla dottrina cattolica tradizionale, e che sono quelle che pretendiamo di chiarificare in questa opera. Vediamo un testo chiave: Apocalisse 20,4-6: “Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni.

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Questa è la prima risurrezione. Beati e santi coloro che prendon parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni.” Lasciamo per adesso il problema della durata di "mille anni" che studieremo in dettaglio nel Capitolo 7.B.2. Quello che rimane chiaramente stabilito in questo passo è che c'è una prima resurrezione che accompagna alla Parusía, e che comprende alle anime dei santi martiri (decapitati per causa della Parola di Dio e della testimonianza di Gesù), concetto che si deve fare estensivo a tutti i santi che stiano già in quello momento nel cielo, come anime separate, in presenza di Dio. Questa prima resurrezione non offre dubbi che è la definitiva e che è di salvazione, poiché si stabilisce che quelli che resuscitano non potranno oramai soffrire la "seconda morte", che nell’Apocalisse significa la dannazione eterna. Si stabilisce anche che ci sarà una seconda resurrezione che otterranno "gli altri morti", dopo che trascorra il suddetto periodo di "mille anni." Nel momento della Parusia si sarà completato il numero dei compagnidi servizio di questi martiri: Apocalisse 6,9-11: “Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. E gridarono a gran voce: «Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?». Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro.” L'importante significato di questo numero che deve completarsi lo sviluppiamo nel Capitolo 6. Cioè, la Chiesa Celestiale, a partire da questo momento, rimane popolata per una moltitudine di santi risuscitati che l'Apocalisse riflette in una magnifica scena: Apocalisse 7,9-17: “Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello». Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: «Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame, né avranno più sete, né li colpirà il sole, né arsura di sorta, perché l'Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi».” Quella che Giovanni osserva è la Gerusalemme Celestiale che studieremo nel Capitolo 7, definita chiaramente per la sua descrizione del trono di Dio e di chi lo circondano, Vegliardi, Viventi. Si osserva l'universalità di questa Chiesa, dove convivono uomini di "ogni nazione, razze, popoli e lingue." Sono resuscitati perché si trovano "in piedi", e senza dubbio hanno corpi materiali, quelli che sono coperti dalle vesti candide. Bisogna notare qualcosa di molta importanza: questa prima resurrezione si produce nel momento storico della caduta della Babilonia, poiché Apocalisse 19,6 ci mostra che si trovano già i santi risuscitati nel cielo lodando la caduta della Gran Meretrice. San Paolo, nel brano di 1 Tessalonicesi 4,16-17 chiarisce che i vivi che saranno rapiti non si anticiperanno ai santi che resuscitino, che lo faranno in primo luogo, mentre come vedemmo nel punto anteriore, il rapimento si produrrà trovandosi già nel potere l'Anticristo. Questa Chiesa Celestiale, insieme alla Chiesa terrena rapita, si unirà a Gesù Cristo nelle gloriose "Nozze dell'Agnello”.

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D) La trasformazione dei vivi e dei morti. Vedemmo già all'inizio di questo capitolo il testo di 1 Tessalonicesi 4,15-18, dove San Paolo rivela con chiarezza il denominato "rapimento" dei santi eletti. Questo passo ha stretta relazione con un'altra rivelazione di San Paolo: 1 Corinzi 15,51-53: “Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.” Osserviamo che qui Paolo menziona il "suono dell’ultima tromba" ("esjatos"), quella che suona nel tempo escatologico, come è anche menzionato nella Lettera ai Tessalonicesi: 1 Tessalonicesi 4,16. “Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo;” Siamo ubicati nella Parusía, dove quelli che "morirono in Cristo", i santi, resusciteranno. Il testo anteriore rivela un "mistero", qualcosa di nascosto per Dio fino a quel momento, che riferisce che i vivi, che saranno "rapiti tra le nuvole all'incontro col Signore" (1 Tesal. 4,17), saranno trasformati. Dopo di questa trasformazione rimarranno con Gesù, insieme ai risuscitati. È sommamente importante determinare in che cosa consiste questa "trasformazione" in funzione dell'insegnamento dell'apostolo. Vediamo gli elementi che ci provvede questo stesso capitolo 15 della Prima Lettera ai Corinzi: In primo luogo stabilisce un principio generale: 1 Corinzi 15,50: “Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità.” Per entrare al Regno di Dio è necessaria una trasformazione che deve prodursi "nella carne e il sangue" e nella "corruzione." Vediamo più attentamente il significato di queste parole secondo la terminologia biblica: a) Carne e Sangue: È un'espressione ebrea che significa "l'uomo naturale", l'uomo senza l'influenza dello Spirito di Dio. La troviamo in altri passi del Nuovo Testamento: Matteo 16,16-17: “Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.” A Pietro la rivelazione che Gesù è il Figlio di Dio non le è data per la sua intelligenza umana (la carne ed il sangue), ma è una rivelazione dall’alto, da parte di Dio. Galati 1,15-17: “Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo (carne e sangue), senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.” San Paolo riceve una rivelazione interna di Dio che decide la sua vocazione di apostolo dei Gentili, alla quale seguirà senza analizzarla dal punto di vista umano, quello che significa "non chiedere consiglio né alla carne né al sangue." L'apostolo definisce chiaramente quello che egli interpreta come "carne", oltre essere la materia corporale: è l'atteggiamento dell'uomo "carnale", di quello che non si sottomette all'influenza dello Spirito di Dio: Romani 8,2-13: “Poiché la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva

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impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito. Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete.” In questo passo di denso contenuto teologico Paolo presenta la trasformazione interna che produce la vita cristiana, in opposizione alle inclinazioni della "carne." Nel pensiero dell'apostolo, gli uomini si dividono in due categorie: il "uomo razionale" o "psichico", ed il "uomo spirituale" o “pneumatico”: 1 Corinzi 2,14-15: “L'uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. L'uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno.” Anche nella terminologia paulina si usano le espressioni "uomo vecchio" e "uomo nuovo", come "uomo esterno" e "uomo interno", per significare le stesse realtà spirituali anteriori: 2 Corinzi 4,16: “Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno.” Efesini 4,20-24: “Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo, se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, per la quale dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera.” Il "uomo vecchio" si sente sommesso all'azione della concupiscenza che lo corrompe, mentre il "uomo nuovo" è creato in santità secondo l'immagine di Dio. Ritornando al testo di Romani 8 che stiamo analizzando, è di gran importanza quell'espresso nei versetti 6 e 7: le tendenze della carne portano alla morte, mentre quelle dello spirito producono vita e pace. Il significato che dà l'apostolo a "vita" è ovviamente "vita eterna", o "vita in presenza di Dio", o "vita nel cielo”, e come opposto, "morte" significa non la morte corporale, alla quale arrivano tutti, tanto i "carnali" come i "spirituali", bensì l'impossibilità di entrare nella vita in presenza di Dio che è la "morte seconda" d’accordo alla terminologia che usa il Libro dell'Apocalisse. Questo concetto si chiarifica nei versetti 10 e 11: il corpo materiale ("soma"), formato per la carne, è soggetto alla morte, ma il corpo spirituale o spirito ("pneuma"), avrà vita eterna. Questa vita si ottendrà dopo la morte corporale in virtù dello Spirito Santo che abita nel cristiano, poiché è Egli stesso che resuscitò Gesù col suo potere di tra i morti. La resurrezione di Cristo è anticipo e segno della resurrezione dei cristiani nei quali abita lo Spirito Santo. Il versetto finale di questo passo condensa l'espressione teologica di Paolo: coloro che vivono secondo l'uomo carnale, l'uomo vecchio, moriranno alla vita eterna insieme a Dio, non avranno parte in essa, quello che costituisce la vera morte, secondo l'apostolo. Invece, se mediante l'azione dello Spirito Santo si fanno morire le opere dell'uomo carnale, quello che costituisce la trasformazione del cristiano, si avrâ già come primizie la vita con a Dio per sempre, la vera vita, e, in questa terminologia, non si "morrà", ma si "vivrà." b) Corruzione.

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Nel pensiero di San Paolo è chiaro quello che questo termine vuole significare: Efesini 4,22: “Per la quale dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici.” Questo "uomo vecchio" si corrompe lasciandosi influenzare per la concupiscenza e tutti gli errori che sorgono dalla natura umana caduta e sottomessa all'azione del peccato. La parola greca qui utilizzata è "fzeiro" (“corrompe”), che troviamo anche in altri testi di Paolo che c'indicano con precisione il suo concetto: Romani 1,21-23: “Essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.” L'uomo è corruttibile, si trova soggetto all'influenza del peccato, offuscato per i suoi ragionamenti naturali oscurati per la ferita del peccato originale, al contrario di Dio che è incorruttibile. La qualità di "incorruttibilità", come attributo divino, designa anche quella che caratterizza la vita eterna nella sua presenza: Romani 2,5-8: “Tu, però, con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità; sdegno ed ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all'ingiustizia.” Avendo così studiato il significato di "carne e sangue" e di "corruzione", ritorniamo all'analisi del testo di 1 Corinzi 15 che facciamo in questo punto, per definire il senso della "trasformazione" alla quale si riferisce Paolo. Fino a qui abbiamo stabilito che c'è una "trasformazione" per la grazia di Dio concessa agli uomini per il dono della Redenzione di Gesù Cristo, che si esplicita con diverse antinomie: Trasformazione per la grazia Uomo carnale ("psichico") Uomo spirituale ("Pneumático") Uomo vecchio Uomo nuovo Uomo esterno Uomo interno Natura corruttibile Natura incorruttibile Uomo terreno Uomo celestiale Questa "trasformazione" succede qui nella terra, durante la vita mortale degli uomini, per il potere e l'azione dello Spirito Santo. Permette che l'uomo non raggiunga la "morte", intensa come privazione della vera vita, la "vita eterna" in presenza di Dio, che sì rimane a sua disposizione, ovviamente nella misura che non perda la grazia santificante a causa di peccato mortale. Cioè che in questo senso, l'uomo è "immortale", come esprime il testo che stiamo analizzando alla fine: "quando questo corpo mortale si vesta di immortalità." Con questa analisi sorge chiaramente quello che esprime Paolo dicendo "non tutti moriremo, ma tutti saremo trasformati", quando si produrrâ la Parusia del Signore; l'apostolo considera in questo caso solamente due gruppi di cristiani: i santi morti ("quelli di Cristo" morti) ed i santi vivi ("noi", tra i quali si mette ipoteticamente lo stesso Pablo, non perché creda che sarâ tra i vivi al momento della Seconda Venuta, bensì perché egli si situa nel gruppo dei santi). Tutti essi vivono la trasformazione di "uomini terreni" in "uomini celestiali": i santi morti resuscitano, già liberati completamente degli atteggiamenti del "corpo psichico", rimanendo solamente il "corpo spirituale", che è il corpo materiale e glorioso dei risuscitati, senza macchia alcuna di peccato ed eternamente impeccabili (ovviamente qui Paolo prescinde dall'escatologia intermedia, dello stato dell'anima separata dei santi che vanno al cielo). I santi vivi saranno completamente trasformati in "uomini spirituali", chi rimarranno già preservati della "morte seconda" per la "confermazione in grazia" (vedere Capitolo 7.C.2.)

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Questa dottrina di Paolo si assembla perfettamente in tutto lo sviluppo che abbiamo fatto in questo capitolo, in quanto alle seguenti affermazioni: *I santi morti ricevano la prima resurrezione, quella che si produrrâ nella Parusía. *I santi vivi sono rapiti all'incontro con Gesù e trasformati per la Seconda Pentecoste. Rimane ancora in tutto questo sviluppo un aspetto che merita essere approfondito un po', ed è quello che si riferisce a come si arriva nella pratica, sperimentando la vita cristiana, alla trasformazione del "uomo vecchio" in "uomo nuovo." Questa trasformazione è quella che la Teologia Ascetica e Mistica definisce che si ottiene raggiungendo la perfezione cristiana, o, in definitiva, raggiungendo la santità piena. Si produce per la continua salita attraverso i distinti gradi di preghiera, ed è più palpabile quando si penetra nell'esperienza della "contemplazione infusa", dove a poco a poco il funzionamento dell'intelligenza dell'uomo al "modo umano", cioè, seguendo i passi del ragionamento discorsivo, comincia ad essere rimpiazzata per un altro meccanismo che implica che l'intelletto è guidato secondo il "modo divino", attraverso intuizioni che vengono dall’alto, dallo Spirito Santo, che sono captate per l'azione dei doni dello Spirito Santo chiamati "intellettuali" (intelletto, scienza, consiglio e sapienza). Questi impulsi o mozioni della grazia sono quelle che informano l'intelligenza del santo e spingono alla sua volontà affinché agisca in conseguenza, essendo anche essa fortificata per l'azione di altri doni (sapienza, fortezza, pietà e timore di Dio). Si eliminano così gli errori dell'intelletto influenzato per la deficienza della sua azione naturale colpita per la malattia del peccato originale (tutto questo processo si può studiare in dettaglio nel nostro libro "La Vita Cristiana Piena", nel Sito www.it.contempladores.com.ar). Come sviluppiamo nella Parte Seconda, Capitolo 4 di questo libro, seguendo il gran autore spirituale P. Garrigou-Lagrange, nella sua opera "Le tre vie e le tre conversioni", la trasformazione interna totale del cristiano, quando arriva al massimo grado di unione con Dio possibile qui nella terra, che è la chiamata "unione transformante" o "matrimonio spirituale", è quello che vissero gli apostoli e discepoli nell'avvenimento di Pentecoste. La forte esperienza dello Spirito Santo che ebbero quelli cristiani riuniti insieme a María nel Cenacolo di Gerusalemme, li purificò e trasformò profondamente, confermandoli nella fede e portandoli a quella profonda unione con Dio, che dopo sperimenteranno moltissimi altri grandi santi nella storia della Chiesa. Questa è la trasformazione alla quale si riferisce San Paolo e che vivranno i santi rapiti dalla terra nella Parusia, ed il motivo per il quale si afferma che sperimenteranno una "nuova Pentecoste", come l'abbiamo spiegato prima in questo capitolo. E) Le Nozze dell'Agnello con la Chiesa. Una volta che i santi vivi sono rapiti verso il cielo, e resuscitati i santi morti, ci troveremo con un avvenimento sorprendente e magnifico che scappa ad ogni possibilità di conoscenza per la mente dall'uomo, benché sia stato rivelato per Dio per suscitare la speranza di tutti i santi: le Nozze di Gesù Cristo con sua Sposa la Chiesa. Il tema delle nozze di Gesù con la sua Chiesa lo troviamo già abbozzato nei Vangeli: Luca 14,12-14: “Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».” Qui rimane chiaro che i giusti vivranno la resurrezione, che sarà la prima. Matteo espone ugualmente il tema delle Nozze:

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Matteo 22,1-14: “Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».” In questo passo si confronta quello che succederà nel Regno dei Cieli con l'assistenza ad un banchetto nuziale, dove molti sono chiamati ma pochi scelti. E non è che questa elezione del Signore sia arbitraria né capricciosa, ma sono pochi quelli che accettano camminare per il sentiero stretto e difficile che porta alla santità, di modo di trovarsi in condizioni di assistere a questa festa di Nozze celestiale. (Vedere più circa questa Parabola in "La rivelazione di Gesù sul Regno di Dio per mezzo delle Parabole”, F.3). Troviamo anche un altro passo evangelico che lascia intravedere che Gesù è il vero Sposo della Chiesa: Matteo 9,15: “E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.” San Paolo sviluppa anche la metafora dalla Chiesa Moglie di Cristo: Efesini 5,25-32: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.” Cristo è il Sposo della Chiesa perché la ama come un marito a sua moglie, e la cura ed alimenta amorevolmente. È molto interessante quello che si afferma in questo testo in quanto a che Cristo stesso purificò alla Chiesa, facendole santa ed immacolata, per allora sposarla. È quello che l'Apocalisse ci rivelerà che succederà alla fine dei tempi. Vediamo il passo chiave sul tema delle nozze dell'Agnello con la Chiesa che ci provvede l'Apocalisse: Apocalisse 19,1-9: “Dopo ciò, udii come una voce potente di una folla immensa nel cielo che diceva: «Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; perché veri e giusti sono i suoi giudizi, egli ha condannato la grande meretrice che corrompeva la terra con la sua prostituzione, vendicando su di lei il sangue dei suoi servi!». E per la seconda volta dissero: «Alleluia! Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!». Allora i ventiquattro vegliardi e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo: «Amen, alleluia». Partì dal trono una voce che diceva: «Lodate il nostro Dio, voi tutti, suoi servi, voi che lo temete, piccoli e grandi!». Udii poi come una voce di una immensa folla simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano: «Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l'Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente». La veste di lino sono le opere giuste dei santi. Allora l'angelo mi disse: «Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!». Poi aggiunse: «Queste sono parole veraci di Dio».”

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Troviamo nel cielo il rumore di una moltitudine immensa che è niente meno che quella che si descrive in 7,9, e che, come vedemmo anteriormente, è la moltitudine dei santi resuscitati per Gesù Cristo nell'imminenza della sua seconda Venuta. Questa folla immensa loda il giudizio e la distruzione della Gran Babilonia, la Meretrice che corrompeva la terra con la sua prostituzione (incitazione all'idolatria), e si rallegra perché è arrivato il tempo delle Nozze dell'Agnello. Sua Sposa è la Chiesa, costituita per la Chiesa Celestiale e la Chiesa Terrena. Nella scena vista anteriormente troviamo la Chiesa Celestiale, formata per i santii risuscitati, col simbolo della purezza della sua veste di puro lino splendente. Vedemmo già che questa Chiesa Celestiale comprende, oltre alla presenza di Dio, dell'Agnello, dei Vegliardi, dei Viventi e degli angeli, e, ovviamente, della Vergine María, a coloro che sperimentano la prima risurrezione (Ap. 7,9-17), ed è la descritta in Apoc. 21,1-8 e 22,1-5, destinata ad essere alla fine del mondo (non confondere con la fine dei tempi o fine dell'attuale età), l'unica ed eterna Chiesa, quando la Chiesa Terrena non esista più. Vogliamo lasciare già chiaro a partire da questo punto un concetto fondamentale: la figura di Gerusalemme (o piuttosto della nuova Gerusalemme) che descrive l'Apocalisse rappresenta sempre alla Chiesa nella sua ultima perfezione. Vediamo un paragone tra il passo di Apoc. 7,9-17 coi santi risuscitati nella prima resurrezione, e quello di Apoc. 21,1-8 e 22,1-5: 7,15: quello che è seduto nel trono stenderà la sua tenda sopra di loro. 21,3: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro".» 7,16: Non avranno oramai fame né sete. 21,6: A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. 7,17a: Perché l'Agnello che sta in mezzo al trono sarâ il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. 22,1: Mi mostrò poi un fiume d'acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. 7,17b: E Dio tergerâ ogni lacrima dei suoi occhi. 21,4: E (Dio) tergerà ogni lacrima dai loro occhi. Non rimane nessun dubbio, con questi paragoni, che i santi risuscitati abitano alla "Nuova Gerusalemme Celestiale" descritta in 21,1-8 e 22,1-5. Ma anche Gesù Cristo prenderà per Moglie alla Chiesa terrena, simbolizzata nell'Apocalisse per la Gerusalemme della visione in 21, 9-27. Per chi è composta questa Nuova Chiesa Terrena?: Per i santi vivi che, essendo stato scelti e preservati, furono rapiti all'incontro del Signore nell’aria. Purificati per la Seconda Pentecoste, e ricevendo la confermazione in grazia, sperimentano insieme alla Chiesa Celestiale, in una maniera misteriosa che non è spiegata nella Scrittura, le Nozze col Signore, e ritorneranno accompagnando il Sposo nella sua Parusia, come dettaglieremo nel Capitolo 6. Questo incontro della Chiesa nei suoi due stati lo presenta San Paolo: 1 Tessalonicesi 4,16-17: “Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore.” L'incontro col Signore si produrrâ con la Chiesa in due dei suoi stati, il celestiale ("morti in Cristo" e risuscitati), ed il terreno ("noi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro"). La cosa importante è che questa unione matrimoniale tra Cristo e la sua Chiesa consolida definitivamente un'unione nell'amore che, sebbene era già perfetta nel cielo, rimanendo ancora i santi come anime separate, era ancora molto imperfetta nella terra. Ora comincerà per la Chiesa terrena una nuova era di splendore e santità, come l'esamineremo più avanti nel Capitolo 7.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 4: LA MATERIA DEL GIUDIZIO DI DIO AI SANTI. Tanto l'Apocalisse come i Vangeli si occupano di descrivere con molta chiarezza quale sarâ l’argomento del Giudizio ai santi degli ultimi tempi, per decidere se condivideranno il Regno di Dio che si instaurerà: i vivi, nel Regno di Dio terreno, e quelli che muoiano durante la gran tribolazione, dopo che resuscitino, nel Regno di Dio celestiale, insieme a tutti i santi le cui anime stavano già nel cielo. Per questo motivo è importante studiare la materia di questo giudizio, cioè, in base a che parametri giudicherà Cristo alla sua Chiesa, per definire chi conformeranno questo gruppo di cristiani che avranno tanto grande privilegio. Prendiamo bene in considerazione che ai vivi sarà applicato questo giudizio al momento della sua vita in cui si produrrâ la Parusia, ed ai morti, al momento in cui abbandonarono questo mondo; comunque sempre sarà imprevisto. Abbiamo due fonti principali su questo tema: i discorsi escatologici di Gesù, e le Lettere alle Sette Chiese dell'Apocalisse. Esaminiamo in dettaglio questi passi biblici. A) I discorsi escatologici di Gesù: Dentro dei discorsi di Gesù sui tempi della fine, e seguendo la sequenza del Vangelo di San Mateo, dopo gli annunci dei segni che precederanno la Parusía e degli avvenimenti che circonderanno questo magno evento, appare un'affermazione chiara e contundente di Gesù, come per dissipare ogni dubbio: Matteo 24,36: “Quanto a quel giorno e a quell'ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre.” Quelo che affermerà dopo il Maestro è che quell'avvenimento sarà sorprendente ed inaspettato, e del quale la maggioranza della gente non sarà prevenuta, perché non saprà discernere i segni che lo precederanno. Così espone l'esempio di Noè: Matteo 24, 37 -39: “Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo.” (Cfr. Luca 17,26-33). Dopo di questo, tanto Matteo come Luca spiegano la qualitâ subitanea del "rapimento" degli eletti, come lo vedemmo nel Capitolo 3.A: Matteo 24, 40 -41: “Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata.”

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Luca 17, 34-36: “Vi dico: in quella notte due si troveranno in un letto: l'uno verrà preso e l'altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà presa e l'altra lasciata». E gli dissero: «Dove, Signore?» Ed Egli rispose: «Dovunque sarà il cadavere, ivi si raduneranno gli avvoltoi».” Quello che richiama l’attenzione è che Matteo, immediatamente dopo questo, introduce una sezione che comincia con un'esclamazione: "Vegliate!", seguita da tre parabole: Matteo 24,42-44: “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.” Anche gli altri evangelisti sinottici riflettono questo argomento (Luca 12,39-40; Marco 13,33 -37). Si chiede ai cristiani che siano preparati, come qualcuno che sta vegliando e non si addormenta, poiché nel momento meno pensato verrà il Figlio dell'uomo. L'esortazione imperativa di Gesù risuona in questi passi: "Vegliate!”. San Matteo presenta tre parabole per spiegare quali saranno le condizioni che dovrà compiere il cristiano che veglia ed aspetta la Venuta del Signore, e che, se è vivo, gli permetteranno di essere uno di quelli che saranno presi con sé per il Signore affinché vivano la Seconda Pentecoste e ricevano la confermazione in grazia, per dopo accompagnarlo nella sua Seconda Venuta alla terra in gloria e maestà, per occuparsi del governo del Regno di Cristo terreno, e se fosse morto nella gran tribolazione, per prendere parte della prima resurrezione. Analizzeremo queste tre parabole di Mateo e le sue parallele in Luca: 1) Parabola del Maggiordomo prudente: Matteo 24,45-51: “Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto? Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così! In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni. Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi, arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa, lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti.” (Cfr. Luca 12,41-46). Non c'è dubbio che la figura di questo "servo fidato e prudente" che dà l'alimento alla servitù, rappresenta a coloro che sono responsabili del popolo di Dio, che devono occuparsi di dargli il cibo spirituale, cioè la Chiesa gerarchica con tutta la sua struttura di consacrati. Coloro che dedicano tutto il suo tempo e sforzo a questo ministero, senza trascurarlo in nessun modo, saranno trovati in quella fedeltà al momento della subitanea venuta del Signore, ed allora si costituiranno come parte degli eletti che, se sono vivi, quando ritornino assieme a Cristo nella sua Parusía, saranno i dirigenti della Chiesa del Regno terreno di Cristo, e se già fossero morti, resusciteranno ed entreranno nel Regno celestiale. Quando il servo non ha questa disposizione, ed il ritorno del Signore lo sorprende senza compiere la funzione raccomandata, allora non sarà uno degli eletti, e rimarrà fuori dall'invito alle nozze dell'Agnello. È importante tenere in conto che non necessariamente questo implica una dannazione, bensì semplicemente, per i vivi significa rimanere nel tempo di prova e tribolazione, insieme ai "infedeli", come bene lo segnala Luca, e per quelli che muoiano il suo destino sará di aspettare la resurrezione fino al tempo del Giudizio Finale. Questo è il significato dell'espressione "pianto e stridore di denti" che esprime molto bene l'atteggiamento di quell'uomo della Chiesa che per non vegliare e non compiere il suo compromesso con Dio rimane escluso da un avvenimento tanto meraviglioso; se è vivo e se gli rimane tempo e lo approfitta o non, forse potrà assicurarsi la salvazione o d’áltro modo cadrà nell'abisso dalla dannazione. Luca aggrega alla fine alcune frasi molto rilevanti:

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Luca 12,47-48: “Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.” È molto più grande la responsabilità di coloro che appartengono alla Chiesa, che non ignorano per la fede tutto quello relativo alle cose di Dio e quello che chiede loro il Signore per la sua vocazione, per quello che quanto più Dio confida loro, più reclamerà loro. Invece, quello che non è stato evangelizzato, che non conosce la fede cristiana, davanti ad una stessa azione sbagliata ha una minore colpa. 2) Parabola delle dieci vergini: Matteo 25,1-13: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.” Molte sono le esegesi e spiegazioni proposte su questa parabola. Noi seguiremo nella linea di interpretazione che la riferisce al fatto di essere preparati per la Seconda Venuta del Signore, per così essere considerati degni di incontrarsi con Lui e di accompagnarlo nella sua Parusia. La prima domanda che ci facciamo è: che cosa simbolizzano queste vergini? Alcuni dicono che alle donne cristiane, altri, che ai fedeli in generale, tutte idee completamente accettabili. Potrebbero simbolizzare anche allo stato religioso o consacrato, che sebbene non esisteva nell'epoca del Vangelo, riconosce le sue radici nell'insegnamento dell'Antico e del Nuovo Testamento. I profeti presentano all'Israele col titolo di "vergine", come Geremia, nel contesto della restaurazione messianica, quando Dio ed il suo popolo ritorneranno ad avere relazioni di amore e fedeltà: Geremia 31,1-4: “In quel tempo - oracolo del Signore – io sarò Dio per tutte le tribù di Israele ed esse saranno il mio popolo». Così dice il Signore: «Ha trovato grazia nel deserto un popolo di scampati alla spada; Israele si avvia a una quieta dimora». Da lontano gli è apparso il Signore:«Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine di Israele. Di nuovo ti ornerai dei tuoi tamburi e uscirai fra la danza dei festanti.” Anche Isaia simbolizza nel matrimonio di un giovane ed una vergine le nozze messianiche tra il Signore ed Israele: Isaia 62,4-5: “Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto;come gioisce lo sposo per la sposa,così il tuo Dio gioirà per te.” Gesù rivelerà che la verginità è un dono di Dio che solo per la grazia è possibile, e che implica una consegna totale per il Regno dei Cieli, una specie di consacrazione a Lui: Matteo 19,10-12: “Gli dissero i discepoli: «Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi». Egli rispose loro: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che

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sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca».” San Paolo esalterà anche la verginità, poiché implica una consacrazione al Signore, ma puntualizza anche che è solamente per quelli che sentono la chiamata di Dio a quello stato: 1 Corinzi 7,25-28.32-34.36-38: “Quanto alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia. Penso dunque che sia bene per l'uomo, a causa della presente necessità, di rimanere così. Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei sciolto da donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele. Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Se però qualcuno ritiene di non regolarsi convenientemente nei riguardi della sua vergine, qualora essa sia oltre il fiore dell'età, e conviene che accada così, faccia ciò che vuole: non pecca. Si sposino pure! Chi invece è fermamente deciso in cuor suo, non avendo nessuna necessità, ma è arbitro della propria volontà, ed ha deliberato in cuor suo di conservare la sua vergine, fa bene. In conclusione, colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio.” Concludiamo allora che è lecito considerare che questa seconda parabola si riferisce allo stato religioso dei cristiani, benché molti esegeti non accetteranno che questo sia il senso primario della parabola. Si dedicano molti e lodevoli sforzi esegetici per tentare di determinare il senso primario di distinti passaggi dei vangeli, in particolare delle parabole o idee espresse per Gesù, e quali furono aggiunti ed interpretazioni degli evangelisti. Ma la cosa essenziale è potere capire oggi che cosa ci dice lo Spirito Santo su quello che Egli stesso ispirò agli autori dei testi sacri, specialmente in tutto quello riferito a temi escatologici, poiché man mano che stiamo più vicino al suo compimento (in realtà oggi stiamo più vicino 2000 anni) ci mostrerà cose nuove che non si erano percepite prima. Comunque, lasciando a parte la questione di chi simbolizzano le vergini, è importante studiare gli elementi basilari che ci presenta la parabola. Il centro della stessa ci mostra che l'apparizione del fidanzato, che ovviamente simbolizza Cristo nella sua Parusia, è preceduta per un annuncio, un avviso, di una voce che non è identificata, e che all'improvviso grida: “Ecco lo sposo, andategli incontro!”. Gesù torna a richiamare l'attenzione sullo stesso tema della parabola del fico (Mateo 24-32-33), e dei segni che Egli stesso rivelò rispetto al discernimento della prossimità dei tempi della fine, che denomina "il inizio dei dolori del parto" (Mateo 24-8); malgrado che non si conosce né il giorno né l'ora della Parusia, ci saranno avvisi previ. Sarà necessario allora essere preparati, perché quando arrivi l'avviso non ci sarà tempo per cercare quello che non si possiede. È cosicché comincia a giocare nella parabola il simbolismo delle lampade d’olio. La lampada alimentata con olio è nell'Apocalisse il simbolo dello Spirito Santo presente con la Trinità nel cielo, esemplificato per sette lampade accese (Apoc. 4,5). L'olio rappresenta la grazia, quello che alimenta allo spirito umano affinché si manifestino le buone opere come luce che illumina l'oscurità del mondo. È quello che afferma Gesù quando insegna che quelli che vivano le beatitudini che Egli proclama, saranno la luce del mondo (Mateo 5,14-16). Ma la grazia, l'olio, ricevuta come dono immeritato nel battesimo, dopo si accresce con la collaborazione dell'uomo, utilizzando per ciò le nuove facoltà soprannaturali (virtù infuse, doni dello Spirito Santo) che la stessa grazia gli provvede. Questo processo, che è il cammino della perfezione cristiana o santità, è lungo e richiede sforzo e perseveranza assecondando l'azione di Dio, ed è completamente individuale, personale, e non può trasmettersi ad altri; per questo motivo le vergini "prudenti" non possono darlo alle altre, perché il

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processo di "dare" implica un insegnamento e formazione che richiede tempo, e oramai non c’e ne è più. La "prudenza" o sensatezza che menziona la parabola significa trovarsi sempre cercando la crescita spirituale, a non rimanere immobile, quello che implicherà avere sempre "olio" in abbondanza, fatto che permetterâ di essere sempre pronti per ricevere al Signore, quando sia che si presenti. Invece, le "stolte" sono sprovvedute, si lasciano stare, non cercano di avanzare permanentemente nella vita spirituale, e come dice un conosciuto adagio "nella vita spirituale trattenersi è retrocedere", quello che significherebbe rimanere con poco olio. Così, queste vergini ignoranti, quando risuoni l'avviso che il fidanzato si avvicina, si disperano per prepararsi, ma non basta loro oramai il tempo, è tardi. Il cammino dela crescita in santità non permette due cose: non si possono “bruciare le tappe”, come non è possibile farlo nella crescita naturale, né può ottenersi per trasferimento di altri, non "può chiedersi", poiché è personale. Le vergini stolte devono andare a "comprare" l'olio, quello che significa che devono ricominciare a lavorare nella sua vita spirituale per la sua crescita, ma per quando riescano a farlo, troveranno chiusa la porta per accedere alle nozze. Sembrerebbe una situazione ingiusta, poiché le vergini stolte, quando ritornano, si trovano nella medesima situazione delle precedenti, con le sue lampade accese e la sua riserva di olio nei vasi. Ma quello che hanno perso, è l'opportunità di fare parte degli eletti che andranno all'incontro del Signore nellla sua Parusia, per dopo ritornare alla terra accompagnandolo. Faranno parte, allora, dei santi che rimarranno nella terra, e lì si svilupperà il suo processo di santificazione, in mezzo alle tribolazioni che sopravverranno, come vedremo nel punto seguente. L'ultimo punto importante che presenta la parabola è il riferimento alla celebrazione del banchetto di nozze del fidanzato. Le vergini prudenti sono rapite, vivranno la Seconda Pentecoste, e dopo condivideranno le Nozze dell'Agnello con sua Sposa la Chiesa, quello che si studiò nel Capitolo 3.E. 3) Parabola dei Talenti: Matteo 25,14-30: “Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.” (Cfr. Luca 19,11-27). Con questa parabola Matteo finisce di abbracciare tutta la realtà della Chiesa: qui troviamo quelli che chiamiamo fedeli laici, quelli che non appartengono alla gerarchia né alla vocazione religiosa. Ovviamente dobbiamo capire che la vita spirituale, la vita della grazia, è una sola, indipendentemente dello stato di vita e della chiamata di ognuno, e consiste, come già l'abbiamo puntualizzato, di crescere nella perfezione cristiana o santità, che significa utilizzare le nuove facoltà soprannaturali ricevute con la grazia, mediante il battesimo (virtù infuse e doni dello Spirito Santo).

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Questi sono i talenti che riceviamo di Dio, con preponderanza di alcuni sopra altri in ogni persona, secondo la vocazione personale che si abbia ricevuta di Dio, come lo puntualizza Matteo, benché alcuni ricevano simili doni come lo sottolinea Luca. Ma lo sviluppo di questi "talenti" si realizza in ambiti e circostanze diverse, secondo lo stato di vita di ognuno. Nella prima parabola, riferita alla gerarchia della Chiesa, questo sviluppo si produce nell'esercizio del ministero pastorale, in "alimentare" i servi. Nella seconda, riferita allo stato religioso o consacrato, che ovviamente ammette enorme quantità di sfumature, e non riferendosi esclusivamente a componenti di ordini religiose classice, la crescita si darà in qualche modo nell'ambito più circoscritto di una vita appartata del mondo, con più possibilità di preghiera, di meditazione, di studio delle Sacre Scritture. Infine, i laici, con una realtà di vita molto più sommersa nel mondo e le sue attività ed affari , avranno un sviluppo dei talenti ricevuti con una maggiore enfasi nella realizzazione di opere cristiane nell'ambiente dove tocchi loro vivere. Questo è il senso che troviamo al termine "impiegare" che applicano tanto Matteo come Luca nella parabola, come azione per fare fruttificare i talenti ricevuti. Quando dopo molto tempo ritorna il Signore (la Parusia), a coloro che sono vivi reclama loro i conti, per vedere come fecero dare frutti ai talenti ricevuti. Quelli che li moltiplicarono (Matteo indica che duplicarono quello che riceverono ognuno; Luca mostra frutto distinto in due di essi, uno il dieci per uno ed un altro il cinque per uno), ricevono la compiacenza del signore che li ricompensa generosamente. La ricompensa, secondo Matteo, consiste in "darle autoritâ su molto”, ed inoltre "Prendere parte nella gioa del Signore". Luca è più specifico, e chiarisce che riceveranno "potestà" o "governo" su molte città, in un numero proporzionale al rendimento dei talenti ricevuti. Questa promessa si realizzerà quando questi eletti tornino con Gesù a governare il Regno terreno di Cristo. Ma inoltre li invita ad entrare a condividere “la sua gioia". Che altra cosa può capirsi di questa frase, nel contesto che stiamo studiando, che questi servi fedeli sono invitati alle nozze di suo Signore, che è quello che le produce tanta gioia? In quanto al servo che nascose il suo talento e non lo fece fruttificare, avendo paura di perderlo, ancora quello che aveva gli è tolto. È la legge della crescita spirituale che abbiamo giâ commentato: chi non avanza, retrocede e perde quello che aveva già raggiunto, poiché la grazia aumenta utilizzando gli stessi aiuti che ella provvede. Bisogna notare qualcosa di interessante: quando il signore va via, dà i suoi beni ai servi (talenti), ma quando egli ritorna non li reclama, rimangono loro col suo guadagno, eccetto a chi nascose il talento, a cui gli è tolto. Questo servo incostante e pauroso che non si occupò di moltiplicare quello che aveva ricevuto, rimarrà "fuori", cioè, non si troverâ tra gli eletti che condivideranno la Nuova Pentecoste e le nozze dell'Agnello. Il significato di tutto quello visto sopra sono due cose principali: la prima che i beni o doni del Signore sono infiniti, e che tutti possono averli simultaneamente, non devono fare come nel mondo delle cose materiali, dove molti competono per ottenere quello che appartenerrà ad uno solo o a pochi. La seconda, che la vita della grazia vissuta in pienezza, è un continuo accrescimento della stessa, una grazia porta un'altra, una virtù fa crescere alle altre. B) Lettere alle sette Chiese. Consideriamo ora l'altra fonte che ci parla del Giudizio dei "servi i profeti": si tratta delle Lettere alle sette Chiese che troviamo nei Capitoli 2 e 3 del Libro dell'Apocalisse. Queste lettere hanno tutte la stessa struttura: *Il destinatario: l'Angelo di ognuna delle Chiese. *Identificazione di chi fa scrivere la lettera: è Cristo, raffigurato per gli attributi che descrive Giovanni nella sua visione (Apoc. 1,12-19 e 19,11). *Un commento indicando che il Signore conosce la realtà di quella Chiesa, essendo tanto un elogio come un ammonimento.

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*Un'esortazione al pentimento o un mandato per compiere, con indicazione a volte di possibili punizioni. *Una promessa al "vincitore" che viene come proveniente dello Spirito Santo: "Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”. La prima cosa che dobbiamo puntualizzare è che in nessun modo può aggiudicarsi una relazione univoca tra quello che la Chiesa deve compiere, e la ricompensa che meriterà tale compimento. Le sette Chiese che si menzionano non costituivano la totalità delle chiese dell'Asia di quell'epoca, esistevano varie più, per quello che esse rappresentano, attraverso il numero sette che simbolizza la pienezza, la totalità della Chiesa. Queste sette chiese sono il "tipo" o la "figura", in quanto ai suoi problemi e difficoltà, di tutti quelli scogli e tentazioni che affronterà al presente la Chiesa universale durante la sua vita al tempo presente, e, in particolare, nei tempi vicini alla fine. Pertanto le osservazioni e correzioni dobbiamo prenderle nel suo insieme, trovandosi con sicurezza in ogni chiesa particolare più di una di esse. Solo il cristiano che compia nella sua totalità queste correzioni di Gesù sarà considerato "vincitore." La stessa cosa succede con le ricompense: non corrisponde un o un'altra, ma sono tutti aspetti di una stessa realtà: il Regno di Dio, in due dimensioni differenti: il Regno terreno ed il Regno celestiale, al quale accederanno gli eletti. Vediamo ora questi elementi in ogni lettera: 1) Éfeso: Apocalisse 2,2-7: “Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova - quelli che si dicono apostoli e non lo sono - e li hai trovati bugiardi. Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto. Tuttavia hai questo di buono, che detesti le opere dei Nicolaìti, che anch'io detesto. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio.” L'elogiable per Gesù è l'atteggiamento del cristiano che lavora, si affatica, ha pazienza, persevera in mezzo ai patimenti, ed è capace di smascherare i bugiardi che sono dentro la Chiesa. È il tipo del cristiano "attivista" che non riposa, sempre affezionato a fare cose dove sono necessarie. Ma in mezzo a tanto spiegamento, la carità si fu raffreddando, e le opere si portano a termine soltanto per "compiere"; l'unica fonte della carità è l'esperienza dell'amore di Dio che sorge dall'intimità con Cristo ottenuta nella sua maggiore parte nell'esperienza di preghiera, specialmente nei gradi di maggiore profondità (preghiera di contemplazione infusa). Molte volte l'attivismo delle opere ruba il tempo che dovrebbe dedicarsi a “rimanere seduti ai piedi di Cristo", come succedeva con le sorelle di Lazzaro, Marta e María (Luca 10,38-42). Di lì la chiamata di Gesù al pentimento per cambiare questa situazione e tornare ad infiammare la caritâ, che è in definitiva l'unico motore valido ed inesauribile per la realizzazione dei compiti apostolici. È anche positivo l'atteggiamento di questa Chiesa di detestare ai "Nicolaíti". Questi sembrano essere i seguaci di un certo "Nicola di Antiochia", la cui dottrina sarebbe molto simile a quella di Balaàm (vedere Ap. 2,14, chiesa di Pérgamo) che predica anche la profetessa Iezabèle (Ap. 2,20, chiesa di Tiátira), ed il cui contenuto vedremo più avanti, specialmente preso come "tipo" per i tempi della fine. Al che si trovi in questa situazione e trionfi, infiammando nuovamente la sua caritâ raffreddata, situazione che lo porterà a compiere ancora maggiori opere, riceverà come ricompensa "mangiare dell'albero della vita che sta nel Paradiso di Dio." Questo implica per ogni cristiano arrivare dopo la sua morte al Regno di Dio celestiale (Ap. 22,2 - vedere Capitolo 7.A.1). Ma, nel caso dei tempi della fine, d’accordo a quello che abbiamo sviluppato nei punti anteriori, sosteniamo che questa ricompensa sarà anche per i vivi eletti e rapiti all'incontro con Gesù, significando la sua confermazione in grazia.

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2) Smirne: Apocalisse 2,8-11: “All'angelo della Chiesa di Smirne scrivi: Così parla il Primo e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita: Conosco la tua tribolazione, la tua povertà - tuttavia sei ricco - e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma ppartengono alla sinagoga di satana. Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere, per mettervi alla prova e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte.” Troviamo qui cristiani rassegnati, perseguiti per ebrei inspirati per Satana che calunniano e riempiono di maldicenze a questa Chiesa. Sono poveri nelle cose materiali, ma ricchi nell’aspetto spirituale. Le persecuzioni potranno arrivare fino a farli soffrire prigione per un tempo determinato, raffigurato per dieci giorni (tempo tipo delle prove in Daniele 1,12) ed anche al martirio, alla morte. Questa persecuzione degli ebrei alla Chiesa primitiva è "tipo" di quella che si scatenarà finalmente alla fine dei tempi, prima con la Gran Babilonia, e dopo quando sorgerâ l’Anticristo. Il Signore consola a coloro che si trovano in questa situazione: " Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita." Il significato di questa espressione lo chiarisce la promessa al vincitore: "non sarà colpito dalla seconda morte", cioè, resusciterà e rimarrà sempre in presenza di Dio. Così, anche questi eletti ricevano la confermazione in grazia. 3) Pérgamo: Apocalisse 2,12-17: “All'angelo della Chiesa di Pèrgamo scrivi:Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli: So che abiti dove satana ha il suo trono; tuttavia tu tieni saldo il mio nome e non hai rinnegato la mia fede neppure al tempo in cui Antìpa, il mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città, dimora di satana. Ma ho da rimproverarti alcune cose: hai presso di te seguaci della dottrina di Balaàm, il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli d'Israele, spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla fornicazione. Così pure hai di quelli che seguono la dottrina dei Nicolaìti. Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve.” Questa Chiesa è sommersa nel "trono di Satana", poiché in questa città si faceva fortemente l'adorazione a dei pagani come Giove ed Esculapio (Asclepio), il cui emblema era un serpente, ai quali li avevano eretti splendidi tempii. Lì fu martirizzato il cristiano Antipas (testimone significa "martire" in greco) perché fu fedele fino alla morte nella persecuzione, quello che sarà anche necessario durante la vita della Chiesa in tutti i tempi, e particolarmente nella gran tribolazione della fine. Pertanto è una chiesa eroica, che non rinnega della sua fede a dispetto di tante tribolazioni. Tuttavia Gesù l'osserva che in quella comunità ci sono persone che introducono eresie distruttive, e che in qualche modo sono tollerate. Sono le perniciose dottrine di Balaam e dei Nicolaiti. Vediamo in dettaglio di che cosa trattano queste false dottrine, poiché sono "tipo" o "figura" di quelle che angosceranno da dentro alla Chiesa in tutta la sua esistenza, ma che aumenteranno particolarmente nei tempi finali. In generale si osserva che il nome "Nicola", in greco, deriva da due parole greche, "conquistare" e "popolo", ed anche "Balaam" ha la sua radice nelle stesse parole in ebreo, per quello che sembrerebbe che descrivono entrambe la stessa eresia. Come si legge nei Capitoli 22 a 24 del Libro dei Numeri, Balaam era un mago che fu chiamato dal re di Moab, Balac, davanti alla minaccia dell'esercito israelita, affinché li maledica e favorisca la sua sconfitta, a cambio di una succulenta paga e molti onori. Malgrado che Balaam non potrà maledire gli ebrei perché il Signore glielo impedirâ, rimarrà la sua immagine biblica unita ai falsi profeti e predicatori che giurando non dire un'altra cosa che la Parola di Dio, in realtà cercano solo la sua propria convenienza, "profetizzando" quello che i suoi

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interlocutori vogliono ascoltare, agendo come "contrattati" di coloro che vogliono manipolare la Parola di Dio per il suo proprio profitto. Anche il Libro dei Numeri lo presenta a Balaam come strumento per pervertire gli israeliti: Numeri 25,1-3: “Israele si stabilì a Sittim e il popolo cominciò a trescare con le figlie di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifici offerti ai loro dèi; il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dèi. Israele aderì al culto di Baal-Peor e l'ira del Signore si accese contro Israele.” Queste moabite, sedussero gli israeliti in Peor e li spinsero all'adorazione degli idoli pagani, prostrandosi davanti ad essi e mangiando gli alimenti che si erano sacrificati ai dei, quello che significa riconoscerli come tali. L'idolo di Baal-Peor o Baalfegor era una divinità oscena alla quale gli davano culto i moabiti, e le donne furono indotte per Balaam a spingere all'idolatria al popolo ebreo: Numeri 31,14-16: “Mosè si adirò contro i comandanti dell'esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, che tornavano da quella spedizione di guerra. Mosè disse loro: «Avete lasciato in vita tutte le femmine? Proprio loro, per suggerimento di Balaam, hanno insegnato agli Israeliti l'infedeltà verso il Signore, nella faccenda di Peor, per cui venne il flagello nella comunità del Signore.” Pertanto, il peccato fondamentale di questa ideologia, secondo l'interpretazione più sicura, è il fatto di transigere col mondo pagano che circonda il cristiano, lasciandosi penetrare per le sue abitudini, per i suoi idoli, quello che continua a poco a poco a minare la base solida del cristianesimo, deviando la sua dottrina e snaturalizzando i suoi dogmi di fede. È la tentazione del "aggiornamento", di adeguare al cristianesimo ai tempi moderni, a quello che suppostamente necessita e reclama la società di oggi, generando di a poco un pericoloso sincretismo che può sboccare in un cristianesimo completamente falsificato per questi "falsi profeti." La lettera alla chiesa di Tiátira espone la stessa ideologia di una profetessa che porta il nome simbolico di Iezabèle, che era il nome della moglie pagana del re dell'Israele Acab, chi fece che suo marito adorasse al dio cananeo di Baal (1 Re 16,29-33). Questa donna Iezabèle anche inganna i cristiani, "inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli". Si capisce qui che più che di una prostituzione sessuale si parla di "fornicare" e di "adulterare" nel senso di tradire al vero Dio con gli idoli fabbricati per gli uomini. Magari la predicazione di Iezabèle si baserebbe su una distorsione dell'insegnamento di Paolo in quanto a che gli idoli non sono niente: 1 Corinzi 8,4-13: “Quanto dunque al mangiare le carni immolate agli idoli, noi sappiamo che non esiste alcun idolo al mondo e che non c'è che un Dio solo. E in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e molti signori, per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui. Ma non tutti hanno questa scienza; alcuni, per la consuetudine avuta fino al presente con gli idoli, mangiano le carni come se fossero davvero immolate agli idoli, e così la loro coscienza, debole com'è, resta contaminata. Non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio; né, se non ne mangiamo, veniamo a mancare di qualche cosa, né mangiandone ne abbiamo un vantaggio. Badate però che questa vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli. Se uno infatti vede te, che hai la scienza, stare a convito in un tempio di idoli, la coscienza di quest'uomo debole non sarà forse spinta a mangiare le carni immolate agli idoli? Ed ecco, per la tua scienza, va in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto! Peccando così contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello.” Paolo è molto chiaro: il fratello con una fede cresciuta e ferma non cadrà nell'adorazione degli idoli, ma il suo esempio può scandalizzare e perdere a quelli di fede più debole. Possiamo inferire allora con una buona certezza che questa dottrina perniciosa relativizava la malvagità delle cose del mondo, magari come l'immoralità sessuale o il mangiare la carne che procedeva del massacro rituale nei tempii pagani, o l'assistere a cerimonie idolatriche. Questo è quello che succedeva tanto alla chiesa di Pérgamo che stiamo analizzando, come a quella di Tiátira, mentre che in Éfeso la dottrina dei nicolaiti era odiata. Gesù chiede pentimento a

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Pérgamo, quello che significa che non tolleri oramai a chi hanno abbracciato la dottrina di Balaam, perché se non lo fanno, si troveranno insieme ad essi quando il Signore venga nella sua Parusia a distruggerli “con la spada della sua bocca", come lo presenta Apoc. 19,21. Ma molto distinta sarà la sorte di questi cristiani se si pentono, perché avranno una ricompensa: "Al vincitore darò la manna nascosta, e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve”. La "manna" era l'alimento che gli israeliti riceverono di Dio nel suo tragitto per il deserto, dopo della fuga dell'Egitto, "pane che Yahveh vi dà per alimento" (Esodo 16,14-16.31). Per contrapposizione col fatto di alimentarsi con la carne immolata agli idoli, qui si presenta la "manna nascosta", che nella concezione cristiana, e d’accordo all'insegnamento di Gesù, è l'alimento per la vita eterna, l'Eucaristia: Giovanni 6,55-58: “Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».” La pietra bianca, invece, è un segno di verdetto, di elezione: pietra bianca è approvazione, nera, rifiuto o condanna. Il nome nuovo, in senso biblico, è come un nuovo essere, una nuova vocazione che riceve l’uomo da Dio. Abbiamo gli esempi dell'Antico Testamento di Abram che si chiamerà "Abraham" (Gén. 17,5), di Giacobbe, che riceverà di Dio il nuovo nome di "Israele" (Genesi. 32,28), ed anche nel Nuovo Testamento Simon sarà chiamato da Gesù "Pietro" (Matteo 16,18). Riunendo questi tre elementi della ricompensa, possiamo dire che si descrive l'incorporazione al Regno di Cristo terreno del eletto, dove avrà per alimento l'Eucaristia (che non esisterà oramai nel Regno di Dio celestiale dove si starà faccia a faccia con Dio), essendo scelto per la pietruzza bianca, ed avrà una missione alla Nuova Gerusalemme Terrena di governare e guidare i cristiani in quella nuova umanità. 4) Tiatira: Apocalisse 2,18 -29: “All'angelo della Chiesa di Tiàtira scrivi: Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente. Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime. Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli. Io le ho dato tempo per ravvedersi, ma essa non si vuol ravvedere dalla sua dissolutezza. Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si ravvederanno dalle opere che ha loro insegnato. Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere. A voi di Tiàtira invece che non seguite questa dottrina, che non avete conosciuto le profondità di satana - come le chiamano - non imporrò altri pesi; ma quello che possedete tenetelo saldo fino al mio ritorno. Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni; le pascolerà con bastone di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta, con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.” Questa è una chiesa molto cresciuta spiritualmente, dove si manifestano a pieno le virtù teologali ed i suoi frutti: c'è carità, che porta allo spirito di servizio, e fede, che mantiene la pazienza e la perseveranza, e tutto questo continua a crescere sempre di più. Ma la macchia che possiede e che è vista per Gesù, è la tolleranza con la profetessa Iezabèle e le sue dottrine, il cui significato vedemmo al studiare la lettera alla chiesa di Pérgamo, per quello che esige che le opere di questa chiesa non siano inquinate per questa falsa dottrina. Non c'è dubbio sull'insistenza di Gesù su questa forma di tentazione, sottile, e che proviene dallo stesso interno dalla Chiesa. Sarà uno dei principali motivi della tribolazione della Chiesa nei tempi finali, che provocherà una vera apostasia di molti dei suoi membri.

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Il vincitore su questa falsità riceverà una ricompensa magnifica nel Regno di Cristo terreno: al suo ritorno alla terra col Signore nella Parusia, riceverà il potere di Cristo, simbolizzato per lo scettro di ferro, per reggere sulle nazioni del mondo. Anche Gesù fa un'altra promessa: gli darò "la stella del mattino". Che cosa può significare questa ricompensa? Nell'Apocalisse Gesù stesso si concede il titolo di "stella radiosa del mattino" (22,16), vale dire, che brilla come una stella. Questo stesso splendore avvolgerà gli eletti che vivano la Seconda Pentecoste, per quello che saranno facilmente riconosciuti al suo ritorno alla terra e nel resto della sua vita in essa. Nella parabola della zizzania ed il grano si definisce che così saranno quelli che si trovino nel Regno di Dio nel mondo: Matteo 13,43: “Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!” Già nell'Antico Testamento si descrive a Mosè, dopo di essere stato in presenza di Dio, col viso radiante: Esodo 34,29: “Quando Mosè scese dal monte Sinai - le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte - non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui.” Anche il profeta Daniele presenta questo fenomeno: Daniele 12,3: “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.” Troviamo anche lo stesso concetto nei Salmi: Salmo 37 (36), 3-6: “Confida nel Signore e fa' il bene; abita la terra e vivi con fede. Cerca la gioia del Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore. Manifesta al Signore la tua via, confida in lui: compirà la sua opera; farà brillare come luce la tua giustizia, come il meriggio il tuo diritto.” Anche San Paolo presenta ai santi con una figura simile: Filippesi 2,14-15: “Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo.” Così rimane provata questa interpretazione in quanto a che i santi che ritorneranno accompagnando Gesù nella sua Parusia mostreranno agli uomini del mondo questa lucentezza tanto speciale che li distinguerà senza nessun dubbio dal resto degli abitanti della terra. 5) Sardi: Apocalisse 3,1-6: “All'angelo della Chiesa di Sardi scrivi: Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle: Conosco le tue opere; ti si crede vivo e invece sei morto. Svegliati e rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te. Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi mi scorteranno in vesti bianche, perché ne sono degni. Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.” In questa chiesa ci sono solamente pochi fedeli che si sono mantenuti lontano dal peccato e vivono in santità (le vesti bianche simbolizzano la santità, mentre le macchie sono il peccato). In generale è una chiesa sul punto di morire spiritualmente, le cui opere sono poche ed insufficienti, per quello che Gesù l'esorta a ritornare alle fonti, a ricevere nuovamente la Parola ed a

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conservarla con fedeltà. Diremmo che c'è una chiamata ad una seconda conversione, più profonda ed interiore che la prima. Sono cristiani addormentati (non stanno in veglia), e corrono il pericolo espresso nelle parabole del discorso escatologico di Gesù che vedemmo già (il maggiordomo, le vergini). Ma se correggono la sua rotta, potranno assomigliarsi a quelli pochi fedeli che non hanno macchiato le sue vesti. La ricompensa sarà ricevere le vesti bianche della santità, con le quali parteciperanno alle nozze dell'Agnello: Apocalisse 19,7-9: “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente». La veste di lino sono le opere giuste dei santi. Allora l'angelo mi disse: «Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!». Poi aggiunse: «Queste sono parole veraci di Dio».” Cioè, questi cristiani santi saranno rapiti alla presenza dell'Agnello, vivendo la Seconda Pentecoste e condividendo le nozze dell'Agnello con la sua Chiesa, tanto Terrenale (a cui appartengono) e Celestiale. Riceveranno il premio della confermazione in grazia, rappresentata per l'azione di non cancellare i suoi nomi del libro della vita, essendo lo stesso Gesù che dichiarerà per loro nell'Assemblea dei Cieli. 6) Filadelfia: Apocalisse 3,7-13: “All'angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi: Così parla il Santo, il Verace, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude, e quando chiude nessuno apre. Conosco le tue opere. Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, pure hai osservato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di satana - di quelli che si dicono Giudei, ma mentiscono perché non lo sono -: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato. Poiché hai osservato con costanza la mia parola, anch'io ti preserverò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. Verrò presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona. Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.” Filadelfia sembra essere una chiesa piccola, con poca forza, benché Gesù non abbia rimproveri per lei, poiché ha mantenuto la sua Parola e non ha rinnegato il suo Nome, mantenendosi fedele. Per quel motivo gli ha aperto la porta affinché entri al Regno di Cristo terreno. Quale è il significato che gli siano consegnati gli ebrei della Sinagoga di Satana, affinché si prostrino ai piedi di questa chiesa? Si riconosce qui un passo di Isaia: Isaia 60,14: “Verranno a te in atteggiamento umile figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno Città del Signore, Sion del Santo di Israele.” Il profeta, mostrando la lucentezza e la gloria della Gerusalemme messianica, si riferisce a che le nazioni riconosceranno a Gerusalemme. Nell'applicazione di questo passo nell'Apocalisse, Gesù esprime che il suo amore è per il nuovo popolo di Dio, e non per coloro che credono di essere il suo popolo, ma calunniano i cristiani. Magari si riconosca in questo brano la conversione degli ebrei nel tempo della Parusia. La promessa che si fa a questa chiesa è niente meno che sarà contata tra gli eletti che saranno preservati della prova che verrà sul mondo con gli avvenimenti del “Giorno del Signore”. Cioè, faranno parte dei 144.000, come numero simbolico, che saranno rapiti all'incontro con Gesù. La raccomandazione è che questi cristiani conservino fermamente quello che hanno fino alla Venuta del Signore, ed allora, ai vincitori, sarà fatta loro anche una promessa che implicherà la confermazione in grazia: l'entrata, alla sua morte, al Regno di Dio celestiale: saranno “colonna del Santuario di Dio". Bisogna avere cura qui con la terminologia, perché alcune traduzioni utilizzano in questo passaggio "tempio di Dio." In greco, tempio è "hieron", utilizzato per esempio in:

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Matteo 21,12: “Gesù entrò poi nel tempio (hieron) e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe” Luca 19,47: “Ogni giorno insegnava nel tempio (hieron). I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo; ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.” Invece "santuario" è "naos"; nell'Apocalisse non si usa mai la parola "hieron" (tempio), bensì solamente "naos" (santuario), niente meno che 16 volte. Il significato di "santuario" è sempre lo stesso: è il "luogo santo" del Tempio di Gerusalemme, o "santo dei santi”, dove si trovava depositata l’Arca della Testimonianza, e dove abitava Yahveh, dove c’era la sua presenza, e dove solamente potevano entrare i sommi sacerdoti. Pertanto, "essere colonna nel santuario di Dio" significa stare nella presenza di Dio e non uscire più di essa, ed essere qualcuno con funzioni di sostegno nel Regno di Dio, come furono chiamati molti degli apostoli: Galati 2,9: “E riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi.” Come segno di appartenenza a Dio questi cristiani "colonne" portano scritte nelle sue fronti il nome di Dio, al contrario di coloro che appartengono all'Anticristo, che portano la sua marca nefasta. È molto evidente la relazione con gli eletti rapiti che vivono la Seconda Pentecoste (Apoc. 14,1), che hanno anche il nome di Dio e di Cristo nelle sue fronti. Queste colonne appartengono alla Nuova Gerusalemme che scende dal cielo venendo da Dio. A che Nuova Gerusalemme si riferisce, delle due descritte nei Capitoli 21 e 22 dell'Apocalisse? Senza dubbio non si tratta della Gerusalemme messianica o Gerusalemme terrena (Apoc. 21,9-27), poiché in essa non c'è santuario, cioè, non si trova personalmente presente Dio, chi risiede alla Nuova Gerusalemme Celestiale, dove si trova il suo trono. Nel Capitolo 7 vedremo in forma dettagliata tutti gli aspetti relativi a queste due città che scendono dal cielo, cosa rappresentano, ed in che momento della storia umana si produrrà questa discesa. 7) Laodicea Apocalisse 3,14-22: “All'angelo della Chiesa di Laodicèa scrivi: Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio: Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: «Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla», ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista. Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti. Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.” Laodicea era una città molto ricca, un centro commerciale e bancario celebre per i suoi tessuti di lana ed una scuola di medicina. Fabbricavano anche cosmetici e colliri, tema al quale si fa riferimento nel testo. In questa chiesa dicono: "Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla." La ricchezza materiale ha spostato la ricchezza spirituale e ha generato precisamente un'autosufficienza che fa di lato all'umiltà, dando luogo al contrario della prima Beatitudine: "Beati i poveri in spirito" (Matteo 5,3). Quando la Chiesa si lascia penetrare per lo spirito mondano e vuole compiacere tanto a Dio come al mondo che la circonda, succede quello che qui si esprime: si è tiepido, senza essere nè freddo (opposto completamente a Dio), né caldo (con l'ardore e zelo per il Vangelo che dà lo Spirito Santo).

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Che cosa consiglia Gesù di fare in questi casi, per uscire da questo tepore spirituale?: "Comperare" quello che Egli ha per "vendere." In primo luogo, non cercare solamente la ricchezza materiale, bensì la spirituale, che non può basarsi mai in una vita tiepida, adattabile, senza lotta spirituale; questo significa "comperare da Gesù oro purificato nel fuoco", che rappresenta il compito purificatrice della grazia di Dio nell'uomo. Dall'Antico Testamento questa opera se la paragona con la purificazione che si fa all'oro, fondendolo nel crogiolo per eliminare i residui in forma di scoria: Ecclesiastico 2,1-6: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione. Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della seduzione. Sta' unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose, perché con il fuoco si prova l'oro, e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Affidati a lui ed egli ti aiuterà; segui la via diritta e spera in lui.” Quello visto sopra non significa, come temono molti cristiani, che coloro che decidono di seguire e servire al Signore, si troveranno sommersi in infinità di prove e sofferenze. Naturalmente queste prove esistono nella vita di ogni persona, ma quando si affrontano e vivono dalla fede e la crescita spirituale, permettono che Dio ottenga attraverso esse preziosi frutti di santità che non lasceranno posto al tepore spirituale. Questo è il significato della frase: "Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo" (Apoc. 3,19). È la pedagogia di Dio, come bene lo espressa la Lettera agli Ebrei: Ebrei 12,5-11: “E avete già dimenticato l'esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d'animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Se siete senza correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete bastardi, non figli! Del resto, noi abbiamo avuto come correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre degli spiriti, per avere la vita? Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di renderci partecipi della sua santità. Certo, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.” Il migliore segno che abbiamo un Padre celestiale che c'ama, è il fatto che si occupa di noi per educarci e portarci alla santità, benché a volte il cammino per il quale noi andiamo è tanto deviato che ritornarci al buon sentiero significa una sofferenza momentanea. Gesù ha più per "vendere": vesti bianche, cioè, che non hanno le macchie né l’immondizia del peccato. Il perdono che il Signore offre ai peccatori umiliati e pentiti è quello che egli guadagnò versando il suo prezioso sangue nella passione e nella morte di croce. Anche il Signore offre un collirio, affinché gli occhi spirituali che sono ciechi alle cose di Dio possano vedere, e questo rimedio è la luce della grazia, la chiarezza che dà lo Spirito Santo all'anima per mezzo delle sue virtù ed i suoi preziosi doni. Nella "offerta" di Gesù troviamo le tre grandi tappe della conversione e la crescita spirituale: il pentimento dei peccati, la purificazione interiore o tappa ascetica della vita interna, e l'apertura allo Spirito Santo, la "illuminazione interna", la tappa mistica. Per darci tutto questo, Gesù sta sempre alla porta della nostra anima, chiamando affinché gli apriamo e lo lasciamo entrare. Quello che succede è che la sua voce è molto soave (dice Isaia 42,2: "Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce"), e quando siamo sommersi nelle voci e rumori che c'arrivano del mondo, non l'ascoltiamo; per quel motivo la necessità del silenzio interiore, del raccoglimento, della preghiera. Il premio per acquisire quello che offre il Signore e metterlo in pratica è molto grande: significa condividere la sua stessa vita divina, che è quello che esprime la frase "sedersi presso di me, del mio trono", prima in forma imperfetta nella terra, e dopo, per tutta l'eternità, nella sua presenza alla Gerusalemme celestiale.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 5: IL GIUDIZIO DI DIO NELLA LA TERRA AL RESTO DEGLI UOMINI.

Nel capitolo anteriore si stesero davanti al nostro attonito sguardo i meravigliosi avvenimenti che, fuori dalla terra, si produrranno come conseguenza del Giudizio del Signore nel suo "Giorno", quando giudichi i santi, tanto ai vivi come ai morti. Ora, invece, i nostri occhi si dirigeranno, guidati per le visioni di Giovanni, alla terra, agli eventi che si manifesteranno dopo di avere finito il tempo della misericordia di Dio, che a modo di avvertenza, chiamò agli uomini alla conversione prima che fosse troppo tardi. Per ciò usò ad uomini che predicavano, gli apostoli degli ultimi tempi, ed agli avvenimenti del mondo che, nelle sue circostanze, furono segni dei tempi che dovrebbero arrivare. Già l'angelo ha suonato la settima tromba, il cui suono libera la lode nel cielo, proclamandosi lì che il Signore Dio ed il suo Cristo hanno cominciato a regnare sulla terra. Questo regno comincia con un primo atto, che è il giudizio sui vivi e morti che popolano la terra, e non si trovano fra i rapiti al cielo, come si studiò nel Capitolo 3. A) Il giudizio della Gran Babilonia. Il principio del giudizio dei vivi, e l'esecuzione della sentenza, lo realizza il Signore contro la "Gran Meretrice Babilonia", secondo l'indica l'Apocalisse: Apocalisse 19,1-2: “Dopo ciò, udii come una voce potente di una folla immensa nel cielo che diceva: «Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio; perché veri e giusti sono i suoi giudizi, egli ha condannato la grande meretrice che corrompeva la terra con la sua prostituzione, vendicando su di lei il sangue dei suoi servi!».” I re che erano gli antichi alleati di questa città egemonica, si lasciano sedurre per l'Anticristo e scatenano una guerra nucleare devastatrice che finisce con la Gran Babilonia, come vedemmo nel Capitolo 2.D, con terribili conseguenze per l'umanità: perisce un terzo della sua popolazione, devastazione sicuramente concentrata in determinate zone di conflitto.

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Ci troviamo già qui con un concetto importante rispetto ad un tema che, dall'Antico Testamento, si è sviluppato per i profeti, in quanto alla visione con caratteri antropomorfi di Dio che monta in ira, che vuole vendicarsi, che cerca la morte e la distruzione degli empi e degli apostati. Dio non è un Dio di violenza né di morte né di distruzione, Egli stesso non provoca niente di questo, ma la violenza e l'azione distruttrice vengono dagli esseri umani, come conseguenza del suo peccato e di cadere nella tentazione di Satana. Da questo male scatenato per la miseria umana, Dio sa tirare fuori cose buone, sa canalizzarlo guardando oltre le brevi e storte intenzioni degli uomini. Pertanto, troveremo sempre nella Bibbia che sono determinati uomini, tribù, paesi o nazioni quelli che sono utilizzati come strumenti di Dio, derivando le sue ansie di potere e conquista al compimento dei suoi fini eterni. L'Antico Testamento e pieno di esempi di quello che stiamo dicendo, tra i quali possiamo enunciare alcuni dei più conosciuti: il Faraone egiziano col cuore indurito per Dio, gli Assiri che devastano Samaria, i caldei che distruggono a Gerusalemme e deportano agli ebrei, e Ciro il Grande che libererà gli esiliati in Babilonia ed è tipo del Messia. Così l'Apocalisse ci descrive come negli ultimi tempi sorgerà l'egemonia mondiale di un gran potere materialista, idolatra ed anticristiano, personificato nella Gran Babilonia, e Dio susciterà come i suoi strumenti per portare a termine il suo giudizio contro questa Gran Meretrice niente meno che allo stesso Anticristo, guidato nelle sue motivazioni ed azioni per il Diavolo, ed assecondato per re corrotti che, dopo avere fornicato con la prostituzione della Babilonia, la tradiscono e la distruggono. Questo giudizio della Meretrice si produrrâ alla fine di quello che abbiamo denominato il tempo dell'avvertenza (le sette trombe), ed apre l'azione del giudizio di Dio sul mondo. B) La situazione nella terra dopo il periodo dell'avvertenza. Per vedere come segue il giudizio di Dio c'ubichiamo nella situazione che si sta vivendo nella terra. Ci troviamo nei momenti in cui l'Anticristo, dopo la distruzione della Babilonia, ha preso il potere, come lo vedemmo alla fine del Capitolo 2. La sua egemonia, con l'appoggio del Falso Profeta, arriverà al punto massimo quando la sua immagine parlante abbia rimpiazzato al Santissimo Sacramento nei tabernacoli di tutte le chiese cattoliche del mondo, essendo stata abolita la messa e la consacrazione del pane ed il vino. La gerarchia fedele della Chiesa, quel piccolo resto che non sarà caduto nell'apostasia, fu rapita al cielo insieme a laici eletti come loro per vivere la Seconda Pentecoste e le Nozze dell'Agnello. Per la prima volta da quando il Verbo si incarnò in Gesù Cristo e visse sulla terra, rimanendo in essa dopo la sua resurrezione ed ascensione gloriosa al cielo nell'Eucaristia, il mondo si trova completamente privato della presenza reale di Gesù. Questo è qualcosa di tanto spaventoso che è impossibile per la mente umana comprendere la sua vera portata. Il male si è scatenato con assoluta libertà e finalmente Satana ha ottenuto il dominio totale dell'umanità, regnando in un mondo senza la presenza di Dio. Tuttavia, in questa densa e lugubre oscurità spirituale che ha coperto la terra, rimangono ancora piccole luci che, benché non visibili per la maggioranza, continuano ad ardere come piccole candele che mantengono la speranza. Queste fiammelle li costituiscono "il resto della discendenza della donna, quelli che osservano i comandamenti di Dio e mantengono la testimonianza di Gesù" (12,17), che saranno capaci di resistere la marca della Bestia e si rifiuteranno di adorare la sua immagine. Corrispondono al secondo gruppo di vivi che saranno giudicati, come vedemmo nel Capitolo 3.B, denominati nel brano di Apocalisse 11,18 semplicemente come "i santi." Sembra che con questa denominazione semplicemente di santi (santi sono anche i servi di Dio, i profeti) l'Apocalisse si riferisce a quelli che non hanno specificamente un servizio nella Chiesa di Dio.

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Corrispondono al secondo gruppo del Salmo 115, "la Casa dell'Israele", cioè, tutto il popolo di Dio, i cristiani fedeli alla sua fede in quelli tempi ultimi. Sorge molto chiaramente dall'Apocalisse che anche questi santi si denominano quelli che conservano "i comandamenti", "la testimonianza di Gesù" e "la fede di Gesù": Apocalisse 19,10: “Allora mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo, ma egli mi disse: «Non farlo! Io sono servo come te e i tuoi fratelli, che custodiscono la testimonianza di Gesù. È Dio che devi adorare». La testimonianza di Gesù è lo spirito di profezia.” Apocalisse 14,12-13: “Qui appare la costanza dei santi, che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù. Poi udii una voce dal cielo che diceva: «Scrivi: Beati d'ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono».” Apocalisse 12,17: “Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù.” Da questi tre passi otteniamo una conclusione molto importante: coloro denominati "santi" (che sono quelli che osservano i comandamenti di Dio e la testimonianza di Gesù), saranno i cristiani fedeli che rimarranno nella terra soffrendo fino alla fine, nei tempi della Parusia, le tribolazioni sotto l'impero dell'Anticristo sul mondo. Vediamo che sono "il resto della discendenza della donna", che come puntualizziamo prima simbolizza alla Chiesa, quelli che non furono rapiti all'incontro con Gesù, e che devono sopportare con pazienza la persecuzione dell'Anticristo, e dei quali sorgeranno molti martiri: Apocalisse 13,9-10: “Chi ha orecchi, ascolti: Colui che deve andare in prigionia,andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di spada di spada sia ucciso.In questo sta la costanza e la fede dei santi.” Questo brano è preso da Geremia 15,2 e 43,11, ed il suo messaggio è che non bisogna sempre ribellarsi contro le persecuzioni, bensì accettare che a volte fanno parte dei piani di Dio e serviranno per gloria a chi le soffrono. In questo secondo gruppo di vivi, dei "santi", che staranno nella terra al momento della Parusia, troviamo l'altra porzione della Chiesa, dei quali molti sopravvivranno agli avvenimenti della fine e saranno parte di coloro che popoleranno il Regno di Cristo terreno. Altri moriranno, e molti di essi ingrosseranno il numero dei martiri nel cielo, ma saranno chiamati a resuscitare nella prima resurrezione ed a vivere nella Gerusalemme celestiale. Seguiranno uniti nella preghiera, rinchiusi nei suoi rifugi, moderne catacombe dei tempi della fine, pregando con rinnovata speranza: "Venga il tuo Regno!", e chiedendo con fede viva: "Maranatha", "Vieni, Signore Gesù!", con la certezza che l'ora della sua liberazione è già vicina. Non potranno condividere l'eucaristia né ricevere altri sacramenti, perché non ci saranno oramai sacerdoti fedeli che li amministrino, bensì rimarranno solo quelli che integrano la falsa Chiesa al servizio dell'anche falso Papa, che rispetteranno il nuovo culto al "Cristo" presente nella terra, quello che questi fedeli cristiani sanno che è un impostore al servizio incondizionato del suo padrone, Satana. Questi santi che rimangono nella terra soffrono guerra e persecuzione: Apocalisse 13,7.10: “Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione. Colui che deve andare in prigionia, andrà in rigionia; colui che deve essere ucciso di spada di spada sia ucciso. In questo sta la costanza e la fede dei santi.” Giovanni riprende qui il messaggio di Cristo alle sette Chiese, come esortazione a quel popolo fedele, ricordandogli che la sua vocazione sta nella fedeltà e la pazienza, anche se fosse necessario arrivare alla cattività o la stessa morte.

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Il giudizio di questi vivi corrisponde a quello che abbiamo chiamato "giudizio momentaneo" o "giudizio transitorio", che deciderà che sopravvivano o non agli avvenimenti catastrofici dei tempi della fine, prendendo parte al Regno di Cristo terreno i superstiti. È molto difficile sapere con una certa certezza in che cosa si baseranno le decisioni del Giudice supremo, ma senza dubbio si prenderà in considerazione la vita cristiana di ognuno, il maggiore o minore grado di sviluppo della vita spirituale, e, specialmente, i disegni e la chiamata di Dio per ognuno di essi, nella vita che permetterà loro di sviluppare nel Regno che si instaurerà. Secondo il testo di Apocalisse 11,18 c'è un terzo gruppo di vivi che affrontano il Giudizio di Dio, denominati "quelli che temono il nome di Dio, piccoli e grandi". In questo gruppo troviamo al resto degli abitanti della terra che sopravvivranno al tempo della fine, quelli che formano le "nazioni", che saranno giudicati per la sua apertura del cuore a Dio, che potrà essere esplicita o implicita, e che si manifesterà essenzialmente per il compimento di buone opere, come lo espressa la seguente parabola di Matteo: Matteo 25, 31 -46: “Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».” L'evangelista Matteo situa questa parabola a continuazione delle tre che vedemmo già, quella del maggiordomo fedele, quella delle vergini e quella dei talenti; in esse chiariva che "il Regno dei cieli sarà come" quando il Figlio dell'uomo venga. In questa Parabola si stabilisce la figura di Cristo come Giudice supremo, seduto sul suo trono giudicando, in questo caso, alle nazioni pagane. Quello che si rivela qui, in principio, è che il Regno di Dio non sarà oramai esclusività del Popolo di Dio, ma diventerà anche estensivo ai popoli pagani, e che la separazione sarà tra buoni e cattivi, che sarà lo stesso criterio che si applicherà a tutti, pagani e cristiani. L'origine di questa parabola l'abbiamo nel profeta Ezechiele (34,17-31), per quello che Cristo, applicandola a sé stesso, si attribuisce la funzione del Pastore che giudica e separa, e che si trasformerà nell'unico Pastore, discendente di Davide. Conferma così le parole che raccoglie il vangelo di San Giovanni: Giovanni 10,16: “E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.” Ma la cosa più importante è che Gesù definisce che la salvazione si trova anche a portata di coloro che non lo conoscono, di quelli che, senza colpa, ignorano il vangelo, ed il parametro sarà la carità, espressa in opere di misericordia. È quello che ci riafferma nei nostri tempi il Concilio Vaticano II:

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Lumen Gentium N°16: “Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta.” In maniera misteriosa, la grazia di Dio opera in questi pagani, mediante quello che si conosce come il battesimo di desiderio implicito, e la carità produce i suoi frutti, che sono le opere di misericordia che enuncia la parabola. Crediamo che questa parabola si riferisce al giudizio dei pagani o gentili, quelli che formano "le nazioni", cioè, quelli che non sono cristiani ed ignorano il Vangelo, e, in principio, illustra il giudizio dei morti pagani in generali, ed in particolare di quelli che periscano nella gran tribolazione dei tempi finali. È chiaro che questo giudizio comincia con la Parusia o Venuta in gloria di Gesù Cristo, per quello che, benché qui si stia enunciando il giudizio definitivo dopo la morte, poiché si parla di vita eterna e di supplizio eterno, niente è contrario al fatto di accettare che anche questa disposizione alle buone opere sarà la misura che il Giudice utilizzerà per definire il suo giudizio momentaneo o transitorio, come abbiamo denominato al fatto di permettere che certi pagani, in questo caso vivi al momento della Venuta, sopravvivano ai tempi della fine, e prendano parte del Regno di Cristo Terreno. Gli altri uomini che formano il gruppo denominato nell'Apocalisse "quelli che distruggono la terra", moriranno durante gli avvenimenti della fine dei tempi, poiché non saranno destinati a fare parte del Regno di Cristo nella terra, e nel Giudizio Finale avranno la resurrezione per la dannazione eterna. Quello che deve rimanere molto chiaro è che il fatto di non participare nel Regno terreno non implica in nessun modo la dannazione eterna, ma la stessa sarà definita nel Giudizio Finale, come lo vedremo più avanti. Riassumiamo ora in un quadro il tema del giudizio dei vivi ed i morti per Cristo quando ritorni nella sua Parusia: Destinatari Tipo di Giudizio Destino Retribuzione a) Vivi: *Servi e Profeti Definitivo Vivranno Elezione – rapimento – ritorno con Cristo Confermazione in grazia. Moriranno Partecipare nella 1° Resurrezione Regno celestiale *Santi Transitorio Viviranno Partecipare al Regno di Cristo terreno Moriranno Partecipare nella 1° Resurrezione- Regno celestiale o Resurrezione in Giudizio Finale (Salvazione) *Quelli che temono Transitorio Viviranno Partecipare al Regno di Cristo Terreno il nome di Dio (pagani) Moriranno Resurrezione in Giudizio Finale (Salvazione) *Quelli che Transitorio Moriranno Resurrezione in Giudizio Finale (dannazione) distruggono la terra b) Morti: *Anime di santi Definitivo ----------- Partecipare nella 1° Resurrezione nel cielo Regno Celestiale

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Cioè, riassumendo, l'umanità sarà giudicata da Cristo nella sua Parusia, dove ci saranno tre gruppi di persone che sopravvivranno per prendere parte del Regno di Cristo terreno, alcuni con la confermazione in grazia, cioè, con la salvazione assicurata, mentre ancora gli altri dovranno ottenerla nel corso rimanente della sua vita. Altri non sopravvivranno, includendo tra essi servi di Dio, santi e pagani di buona volontà, come quelli che "distruggono la terra", tutti quelli che saranno giudicati nel giudizio di morti, per la resurrezione di salvazione o dannazione, che succederâ, per i santi, nel momento previo della Parusia, come vedemmo nel Capitolo 3, e per il resto dei morti, nel Giudizio Finale, che spiegheremo nel Capitolo 8. Vedremo di seguito come si svilupperà questo Giudizio di Dio sugli abitanti dalla terra. C) Le sette Coppe. L'Apocalisse descrive questi eventi come continuazione della settima tromba, dopo di annunciare il tempo del Giudizio di Dio: Apocalisse 11,19: “Allora si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine.” C'è una manifestazione chiara della potenza di Dio che assume il suo regno sulla terra. Con figure dell'Antico Testamento si visualizza la presenza di Dio nel Santuario, o "Santo dei Santi”, dove si trovava l’Arca dell'Alleanza. Questa descrizione ci collega in forma inequivocabile con un altro passo: Apocalisse 15,1;5-8: “Poi vidi nel cielo un altro segno grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi si deve compiere l'ira di Dio. Dopo ciò vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la Tenda della Testimonianza; dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto di cinture d'oro. Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d'oro colme dell'ira di Dio che vive nei secoli dei secoli. Il tempio si riempì del fumo che usciva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non avessero termine i sette flagelli dei sette angeli.” Il cielo è aperto, esattamente della stessa forma che nel testo anteriore, mostrando la sua connessione, e si descrive anche "la Tenda della Testimonianza", un'altra maniera di evidenziare la presenza di Dio in termini del Tempio di Gerusalemme, poiché in questo posto si trovava l’Arca della Alleanza. (cf. Numeri 9,15). Si chiarisce che i sette angeli sono portatori degli "ultimi flagelli", quelli che consumeranno il Giudizio di Dio, "il furore di Dio", secondo il termine antropomorfo usato. Questi portatori di flagelli ricevono da uno dei quattro Viventi, quelli che stanno sempre di fronte al trono di Dio, sette coppe di oro “colme dell'ira di Dio" (l'immagine della coppa come simbolo dell'ira divina è molto usuale nell'Antico Testamento; cf. Geremia 25,11; Isaia 51,17), che rappresentano il segno che quelle piaghe degli angeli cominceranno ad avere effetto. Questa scena mostra un decreto irrevocabile di Dio, il compimento del suo giudizio sugli abitanti della terra, che non può essere oramai ritardato né cambiato, quello che è simbolizzato per l'impossibilità di entrare nel Santuario fino a che finisca il compimento dei sette flagelli. Nel punto "A" menzioniamo il concetto che Dio mai opera in forma diretta né la distruzione né la morte, siccome queste calamità sono conseguenza del peccato dell'umanità, docile all'istigazione della tentazione diabolica. Con i sette flagelli contenuti nelle coppe d’oro che portano gli angeli, “colme dell'ira di Dio" (15,7), succede esattamente la stessa cosa. Nonostante che se prendiamo la descrizione in forma leggera sembra che è Dio, attraverso i suoi strumenti angelici, chi si accanisce con gli abitanti della terra inviandoloro una dietro l’altra terribili calamità, approfondendo più il senso di questo passo scopriamo qualcosa di molto diversa, in consonanza con quello detto prima sul azione di Dio.

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Ricordiamo che il mondo aveva sofferto una terribile guerra nucleare, descritta nella sesta tromba, che produrrà la rovina dell'impero della Gran Babilonia in mani dell'Anticristo ed i suoi seguaci, i re che avevano appoggiato nel suo momento alla gran metropoli pagana. La nostra interpretazione è che le prime cinque piaghe, che come le trombe non sono fatti successivi nel tempo, ma sono concorrenti, corrispondono alle terribili sequele della devastatrice contesa nucleare che menzioniamo prima. È davvero impressionante la coincidenza che otteniamo applicando le conoscenze che possediamo oggi sugli effetti di una guerra nucleare globale, o almeno in gran scala, alle descrizioni dei cinque primi flagelli dell'Apocalisse, fatte col linguaggio ed i concetti di due mila anni fa. Esaminiamo ognuno di questi effetti: a) La prima Coppa: Apocalisse 16,1-2: “Udii poi una gran voce dal tempio che diceva ai sette angeli: «Andate e versate sulla terra le sette coppe dell'ira di Dio». Partì il primo e versò la sua coppa sopra la terra; e scoppiò una piaga dolorosa e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e si prostravano davanti alla sua statua.” Questo flagello si sparge ed il suo effetto è produrre "una piaga dolorosa e maligna”. Un'esplosione nucleare genera scottature di diverso grado che aprono la pelle e la carne, ma appaiono in coincidenza con l'esplosione. La caduta della pioggia radioattiva posteriore ad un'esplosione, che può arrivare a grandi distanze e tempo dopo la stessa, produce inquinamento radioattivo, coi sintomi propri d’esso: nausee, vomiti, convulsioni, emorragie sottocutanee ed interne, e soprattutto effetti cancerogeni dopo di un tempo, specialmente nella tiroide, come il ribasso delle difese e la maggiore propensione alle infezioni. Pertanto queste "ulcere maligne" potrebbero riferirsi alla sintomatologia caratteristica delle sequele a breve or a lunga scadenza, di un'esplosione nucleare. Bisogna notare che il testo chiarisce che solamente sono colpite le persone che "recavano il marchio della Bestia e si prostravano davanti alla sua statua”, per quello che esisterebbe una protezione speciale per i fedeli cristiani, la maggioranza situati nei suoi rifugi fuori delle città. b) La seconda Coppa: 16,3: “Il secondo versò la sua coppa nel mare che diventò sangue come quello di un morto e perì ogni essere vivente che si trovava nel mare.” Questo flagello è versato sul mare, facendo che cambi totalmente la sua composizione e proprietà, ed uccidendo tutte le creature che vivono lì. Descrivono gli esperti che si emettono milioni di tonnellate di fuliggine all'atmosfera in una gran contesa nucleare, insieme ad ossidi di azoto che distruggono la cappa di ozono in una percentuale che può arrivare ad essere importante, in relazione con la grandezza della potenza in megatoni delle esplosioni. La diminuzione della cappa di ozono produce un aumento della radiazione ultravioletta che potrebbe finire col filoplancton e con la catena trofica nei mari, generando di a poco una moria generalizzata di pesci. c) La terza Coppa. 16,4-7: “Il terzo versò la sua coppa nei fiumi e nelle sorgenti delle acque, e diventarono sangue. Allora udii l'angelo delle acque che diceva: «Sei giusto, tu che sei e che eri, tu, il Santo, poiché così hai giudicato. Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti, tu hai dato loro sangue da bere: ne sono ben degni!». Udii una voce che veniva dall'altare e diceva:«Sì, Signore, Dio onnipotente; veri e giusti sono i tuoi giudizi!».”

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Nel simbolismo dell'Apocalisse le acque potabili si trasformano in sangue, e quelli che versarono il sangue dei santi ed i profeti, facendo parte prima della Gran Babilonia, ed ora del regno dell'Anticristo, sono obbligati come castigo dei suoi crimini a bere anche sangue, che è l'acqua inquinata per ml’esplosioni nucleari. Secondo il livello di radiazione ricevuto, l'acqua produrrà effetti di inquinamento gravi. Come esempio reale si conosce l'evento nel complesso nucleare di Mayak, in Russia, dove l'inquinamento radioattivo del fiume Techa produsse migliaia di morti. Il "altare" si riferisce alle anime dei martiri che chiedevano a Dio per la giustizia del suo sangue versato (Apoc. 6,10, quinto Sigillo), mostrando che Dio ha ascoltato quel clamore. d) La quarta Coppa: 16,8-9: “Il quarto versò la sua coppa sul sole e gli fu concesso di bruciare gli uomini con il fuoco. E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di ravvedersi per rendergli omaggio.” Ora la coppa è versata sul sole, e si produrrâ un'azione inusuale dell'astro, che come puro fuoco brucia gli uomini. Gli scienziati stimano che ci sarebbe una conseguenza di una catastrofe nucleare che produrrebbe esattamente questo effetto. I calcoli teorici predicono che una guerra che utilizzi più di 10.000 megatoni di potenza nucleare potrebbe arrivare a distruggere il 50 percento della cappa di ozono esistente, per l'effetto menzionato nella seconda Coppa. Dovuto a questo la radiazione ultravioletta del sole non sarebbe oramai fermata e genererebbe gravi scottature in chi si esponga ai suoi raggi. In questo momento, gli uomini che soffrono questi flagelli non sentono nessun desiderio di conversione, al contrario, pensando che è Dio che le manda bestemmiano contro lui. Questo atteggiamento ritorna ovviamente contro l'Anticristo, che si è proclamato come il vero Cristo. e) La quinta Coppa: 16,10-11: “Il quinto versò la sua coppa sul trono della bestia e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore e bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei dolori e delle piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni.” Il quinto angelo versa ora direttamente il suo flagello sul trono della Bestia. Si produrrâ un effetto molto strano: il regno dell'Anticristo rimane in tenebre. Anche questo fenomeno può spiegarsi con la chiave degli effetti che produce una gran esplosione nucleare, a partire del cosidetto “inverno nucleare”. Da una parte, i milioni di tonnellate di cenerine e polvere che sono conseguenza delle detonazioni e gli incendi, arrivano alle cappe più alte dell'atmosfera e producono un gran oscuramento al ostacolare l'arrivo alla superficie della terra della luce solare, col conseguente ribasso della temperatura, che può scendere 20 gradi centigradi o anche più. Di questa maniera, la superficie terrestre colpita per questo fenomeno soffrirebbe una specie di glaciazione, per la quale, se si prolungasse, continuerebbe in primo luogo a morire la vegetazione, e dopo gli animali erbivori. Magari sia per causa del freddo che questi sudditi del regno dell'Anticristo si “mordevano la lingua per il dolore", benché nuovamente si insista nel testo che non si pentono delle sue cattive opere e continuano a bestemmiare il nome di Dio. Molto possibilmente, questo bestemmiare contro le piaghe che soffrono, come vedemmo anche nella quarta Coppa, farà che molti non credano oramai nel falso Cristo, il quale, apparentemente, non ha il potere sufficiente per eliminare questi terribili effetti, nonostante i prodigi che realizza. Di questa maniera, l'Anticristo ed il suo seguace, il Falso Profeta, comincerebbero a vedere che le basi del suo regno comincierebbero a barcollare, per quello che faranno un ultimo e disperato sforzo per riconquistare la credibilità del mondo.

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f) La sesta Coppa: 16,12-16: “Il sesto versò la sua coppa sopra il gran fiume Eufràte e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell'oriente. Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi, simili a rane: sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente. Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e conserva le sue vesti per non andar nudo e lasciar vedere le sue vergogne. E radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn.” Tanto lo stesso Satana, come l'Anticristo ed il falso Profeta inviano ambasciatori ai re di tutto il mondo. Questi sudditi dell'Anticristo stanno dominati come egli per spiriti immondi che hanno il potere demoniaco, come la "Bestia" della Terra, per realizzare segni prodigiosi, tali che convincano ai poteri della terra che la "Bestia" del mare è il vero Cristo. Per quello che si descrive si vede che hanno successo nella sua missione, riuscendo che i re rinnovino il suo appoggio all'Anticristo, fatto descritto come una gran congregazione di questi poderosi, che si riuniscono nel luogo chiamato "Armaghedòn." È in questa visione che Giovanni ci rivela che è già imminente la manifestazione del Signore nella sua Parusia, venendo nel momento meno atteso, come il ladro al quale si riferisce Gesù nel suo discorso escatologico: Matteo 24,42-44: “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.” È necessario vegliare ed essere preparato, vestito per il gran momento: Luca 12,35-36: “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.” g) La settima Coppa: 16,17-21: “Il settimo versò la sua coppa nell'aria e uscì dal tempio, dalla parte del trono, una voce potente che diceva: «È fatto!». Ne seguirono folgori, clamori e tuoni, accompagnati da un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sopra la terra. La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono. E grandine enorme del peso di mezzo quintale scrosciò dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché era davvero un grande flagello.” Si descrive qui la conclusione del Giudizio di Cristo sui vivi nel momento della sua Parusia. L'angelo corrispondente non versa oramai la sua coppa, come gli anteriori, sopra obiettivi specifici (terra, mare, fiumi, sole, trono della Bestia), bensì “nell'aria", cioè, abbracciando tutta la terra. E la voce che esce dal Santuario, magari quella di Dio o quella di un angelo che sta al suo fianco, chiude questo tempo del giudizio, decretando: "É fatto". Pertanto rimarrà consumato il giudizio di Dio, ora utilizzando come strumenti alle forze della natura, come aveva anticipato nel sesto sigillo. La principale devastazione la produce un "grande terremoto di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sopra la terra.", cioè, sarà un cataclisma di grandezza assolutamente insospettata. La prima conseguenza è che la "Gran Città" si squarcia in tre parti. A che città si sta riferendo questo testo? Ovviamente non può essere la Gran Babilonia, che è stato distrutta dall'Anticristo ed i suoi re alleati. La risposta la troviamo in questo testo: Apocalisse 11,7-9: “E quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall'Abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. I loro cadaveri rimarranno esposti sulla

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piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto, dove appunto il loro Signore fu crocifisso. Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permetteranno che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro.” Ci troviamo di fronte all'esecuzione degli evangelizzatore cristiani, i due testimoni, con l'intervento della Bestia che sorse dal "Abisso." I cadaveri di questi martiri rimangono nella piazza della "Grande Città", sulla quale si chiarisce che simbolicamente è chiamato “Sòdoma” o "Egitto", e che a sua volta è “dove anche suo Signore fu crocifisso." Questa è un'allusione diretta alla città di Gerusalemme, per quello che molti commentatori dell'Apocalisse sostengono che l'Anticristo avrà la sua sede nella città di Gerusalemme (e credono anche che sarâ ebreo e sedurrà principalmente gli ebrei). Tuttavia crediamo che il senso è molto diverso a questo; bisogna considerare che si dice anche che questa gran città si denomina in forma simbolica "Sòdoma" o "Egitto", che rappresentano la figura di quelli che non riconoscono al Dio vero, e sono nemici del popolo di Dio. Risulta allora che questa gran città è come una falsa Gerusalemme, sede dell'Anticristo, che succede all'altra Gran Città, Babilonia, distrutta per questo impostore. Ricordiamo nuovamente che "Gerusalemme" è la figura della Chiesa, per quello che chiaramente si completa il quadro: il falso Cristo regna alla falsa Gerusalemme, fino a che nella sua Parusia il vero Cristo regnerà sopra la vera Gerusalemme terrena. Questa "Gran Città", ed ovviamente l'Anticristo che la simbolizza, è distrutta e squarciata per il tremendo terremoto, e nella sua distruzione si dice che "Dio si ricordò di Babilonia la grande", dando a questa nuova Gran Città dell'Anticristo da bere la stessa "coppa di vino della sua ira ardente." Così come sparì improvvisamente Babilonia, "come una pietra grande come una mola gettata nel mare" (18,21), allo stesso modo sarà gettata la sede del falso Cristo ed i suoi seguaci, avendo la stessa fortuna le città delle genti, dove erano seduti i re che sostenevano la Bestia. L'enorme grandine che finalmente cadrà dal cielo completerà l'eliminazione dalla terra degli uomini che avranno questo destino nel giudizio dei vivi. Questo annichilimento finale si presenta nell'Apocalisse sotto un'altra scena, quella di Cristo apparendo trionfante nella sua Parusia, secondo il testo di 19,11-21. Questo passo lo commenteremo in dettaglio nel Capitolo 6.E, dove vedremo che si stabilisce la completa sovranità di Dio sulla storia dell'umanità. Di questa maniera è culminato il Giudizio di Dio sugli abitanti della terra, e tutto è preparato per la venuta del Regno terreno di Cristo, obiettivo al quale è diretto il glorioso ritorno del Signore nella sua seconda Venuta.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 6: LA PARUSIA DEL SIGNORE.

Prodotti gli avvenimenti descritti nei capitoli anteriori, che formano parte di quello che si denomina "giorno del Signore”, andiamo ora a studiare l'evento costituito per la "Parusia" del Signore come tale. La "Parusia" ha il senso di "venuta in gloria", come i greci applicavano questa parola alle visite dei re alle province. Vedremo come è descritto nel Nuovo Testamento questo avvenimento, e quali sono gli elementi principali che lo compongono. 1) Apparirà un segno nel cielo. Prima che in qualche modo possa visualizzarsi a Gesù Cristo, apparirà nel cielo un segno che Matteo denomina "il segno del Figlio dell'uomo": Matteo 24,30: “Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria.” La "Didaché (dottrina) dei dodici Apostoli", menziona il segno: "Allora appariranno i segni della verità. Innanzitutto sarà visto il segno nel cielo, dopo quello della tromba, ed in terzo luogo la resurrezione dei morti.” Non ci sono maggiori precisioni sulla natura di questo segno, ma sarà visto da tutta la terra, poiché la conseguenza sarà il lamento di tutte le tribù dell'orbe. 2) Si vedrà al Figlio dell'uomo venendo sulle nuvole. Dopo il segno, appare in presenza di tutta la terra la figura di Gesù Cristo, visibile nel cielo, sopra le nubi, cioè, nell’alto del cielo: Matteo 25,31: “Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.”

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Matteo 26,64: “«Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo».” Marco 13,26: “Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.” Marco 8,38: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».” Luca 17,24: “Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno.” Luca 21,27: “Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.” Apocalisse 1,7: “Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto. Sì, Amen!” Nel brano di Matteo 26,64 Gesù cita al Salmo 110 ed al profeta Daniele: Salmi 110,1: “Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, nel consesso dei giusti e nell'assemblea.” Daniele 7,13-14: “Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto.” Con questo Gesù riconosce apertamente che egli è il Messia ed il Signore, quello che costituisce per gli ebrei la bestemmia decisiva. Si identifica pienamente col Figlio dell'uomo descritto per Daniele, applicando le sue profezie alla sua missione. Vediamo alcune precisioni su questa visione di Gesù nel cielo: *Viene con gran potenza e gloria: La "gloria di Dio" comprende tutta la maestà, la potenza e la santità di Dio, e già dall'Antico Testamento si menziona una manifestazione visibile, come l'irradiazione folgorante dell'essere divino, che nel Libro dell'Esodo prende la forma di una nuvola, oscura durante il giorno e luminosa di sera (Esodo 14,19-20;16,10) e che incorona il monte Sinaí come un fuoco divoratore (Esodo 24,16-17). Gesù Cristo, come Figlio di Dio, possiede la gloria di Dio in lui: Ebrei 1,2-3: “In questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cielo.” Cristo è il "Signore della gloria” (1 Corinzi 2,8), e la gloria di Dio rifulge sul suo viso: 2 Corinzi 4,6: “E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo.” Gesù mostrerà questa gloria a tutti i suoi apostoli durante la sua trasfigurazione: Matteo 17,1-2: “Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.” La Seconda Lettera di San Pietro interpreta la trasfigurazione come una visione anticipata della gloria di Gesù nella sua Parusia:

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2 Pietro 1,16-18: “Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.” La maestà e la gloria di Cristo sono rivelate per la luminosità del suo volto e di tutto il suo corpo ed anche le vesti. Nelle visioni di Givanni nell'Apocalisse si conferma questo aspetto dello splendore divino: Apocalisse 1,12-15: “Ora, come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri d'oro e in mezzo ai candelabri c'era uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro. I capelli della testa erano candidi, simili a lana candida, come neve. Aveva gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente purificato nel crogiuolo. La voce era simile al fragore di grandi acque.” Ma la descrizione più chiara di Gesù Cristo nella sua Parusia la troviamo anche nell'Apocalisse: Apocalisse 19,11-16: “Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava «Fedele» e «Verace»: egli giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio. Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. Dalla bocca gli esce una spada affilata per colpire con essa le genti. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa del Dio onnipotente. Un nome porta scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori.” *Queste descrizioni rivelano qualcosa di fondamentale, oltre la vera immagine che mostrerà il Signore: Gesù Cristo sarà senza dubbio pienamente riconosciuto per tutti, nessuno potrà dubitare che è il Verbo di Dio, il Signore dei Signori, il Re dei Re. Sarà una manifestazione chiara della sua gloria, della sua maestà, della sua divinità. *Il brano di Luca 17,24 già menzionato riconosce anche che il Figlio dell'uomo si assomiglierà ad un "lampo brillando da un capo all’altro del cielo." In sintesi, tutti i passi che descrivono la Parusia, parlano sempre di una visione di Cristo glorioso nel cielo, sulle nubi, ma in nessun caso si menziona la possibilità che il Signore arrivi alla terra e rimanga in lei. Tratteremo già un po' più avanti i possibili eventi che seguono a questa apparizione di Gesù. 3) Si lamenteranno nella terra: la conversione dell'Israele. Apocalisse 1,7: “Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto. Sì, Amen!” Davanti alla visione di Gesù Cristo nella sua Parusia sono lamenti e lutto, espressi per la parola greca "kopto" che significa letteralmente "battersi il petto”. Questa espressione si applica sempre nel Nuovo Testamento con l'accezione di lamento, di dolore davanti alla morte, di segno di lutto. Si battevano il petto quelli che piangevano la morte della figlia del capo della Sinagoga (Luca 8,52), come le donne di Gerusalemme che videro passare a Gesù portando la croce (Luca 23,27). L'Apocalisse ripete testualmente la frase di Matteo: Matteo 24,30: “Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all'altro dei cieli.”

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Apocalisse 1,7: “Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto.” L'espressione greca "fyle", tradotta per "tribù della terra”, si riferisce alle tribù non israelite. In questo versetto si aggiunge tra quelli che vedranno Cristo "anche quelli che lo trafissero”, brano di Zaccaria 12,10. Di questa relazione con la profezia di Zaccaria, si ottiene un indizio molto forte sul momento in cui succederà la conversione degli ebrei come nazione a Cristo, in mezzo alla conversione anche di molti pagani. Vediamo il brano del profeta Zaccaria in forma più estesa: Zaccaria 12,10-13,1: “Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito. In quel giorno grande sarà il lamento in Gerusalemme simile al lamento di Adad-Rimmòn nella pianura di Meghìddo. Farà il lutto il paese, famiglia per famiglia: la famiglia della casa di Davide a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Natàn a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Levi a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Simeì a parte e le loro donne a parte; così tutte le altre famiglie a parte e le loro donne a parte». In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l'impurità.” Quando gli ebrei sopravvissuti al giudizio di Dio vedano negli eventi che accompagnano alla Parusía di Gesù il compimento delle profezie dell'Antico Testamento e ricevano l’effusione dello Spirito Santo, prenderanno coscienza della suo colpa rispetto "a chi trafissero" (Cristo), lo riconosceranno come il primogenito di Dio e ci saranno lamenti e lutto in ogni famiglia dell'Israele. Allora riceveranno il perdono di Dio, sotto la figura di una fonte che laverà il peccato della Casa di Davide. Si realizzerà in questo momento il mistero annunciato per San Paolo nella Lettera ai Romani rispetto alla conversione degli ebrei: Romani 11,25-32: “Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto: Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà le empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati. Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!” La figura che presenta l'apostolo nella prima parte di questo Capitolo 11 è quella di un olivo, la cui radice santa è lo stesso Dio che sostiene ai rami, il popolo eletto. Ma, il popolo ebreo, esemplificato per i rami originali dell'olivo, prende una posizione differente rispetto alla prima Venuta di Cristo e la sua proclamazione del Vangelo: Romani 11,7-8: “Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti, come sta scritto: Dio ha dato loro uno spirito di torpore, occhi per non vedere e orecchi per non sentire, fino al giorno d'oggi.” La maggioranza dell'Israele, indurita, non riconobbe in Gesù Cristo la venuta del Messia atteso, mentre un resto, denominati "gli eletti", accettarono Gesù e si trasformarono nella Chiesa, il vero Israele, prolungamento dell'antico, fautore della sua elezione e le sue promesse. I primi furono tagliati dall'olivo, mentre le genti che riconobbero anche Cristo come il Salvatore e Messia, si unirono alla prima Chiesa formata per quel resto di ebrei fedeli, tutto questo sotto l'immagine di rami di oleastro che sono innestati nell'olivo naturale e si nutrono della linfa della sua radice.

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Ma Paolo rivela che questi rami tagliati (ebrei increduli ed induriti), se non rimangono in quell'incredulità può Dio innestarli di nuovo nella sua Chiesa: Romani 11,23-24: “Quanto a loro, se non persevereranno nell'infedeltà, saranno anch'essi innestati; Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo! Se tu infatti sei stato reciso dall'oleastro che eri secondo la tua natura e contro natura sei stato innestato su un olivo buono, quanto più essi, che sono della medesima natura, potranno venire di nuovo innestati sul proprio olivo!” Ritornando al "mistero" rivelato nei versetti 25-29, abbiamo un dato cruciale per sapere quando si produrrà la fine dell'indurimento dell'Israele e la sua conseguente conversione: quando “tutte ("pleroma" in greco) le genti ("eznos") siano entrate ("eis-erjomai"). È molto importante stabilire con la massima certezza il significato di questo "pleroma delle genti." La parola greca "pleroma" ha in primo luogo un'accezione di riempire materialmente qualcosa: Marco 6,43: “E portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci.” Marco 8,20: “«E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette».” 1 Corinzi 10,26: “Perché del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene (pleroma).” Pertanto, in che cosa consisterà questo "pleroma" delle genti alla quale si riferisce Romani 11,25? Evidentemente rappresenta un numero determinato di non ebrei che dovrà raggiungersi; in base agli avvenimenti che si svilupperanno alla fine dei tempi, crediamo che questo numero rappresenta santi cristiani, tanto una quantità determinata che sarà viva nei tempi della Parusía e che sarà rapita all'incontro con Cristo, per ritornare alla terra con Lui, così come ad una cifra definita di santi morti che vivranno la prima resurrezione con la venuta di Cristo glorioso. Precisamente la parola greca "eis-erjomai" ha qui l'accezione di “entrare al regno di "Dio" o alla “Vita eterna", come in questi esempi: Matteo 19,23: “Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.” Marco 9,43: “Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.” Atti 14,22: “Rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio.” Pertanto rimane chiaro che questo "pleroma" (“pienezza”) si riferisce al numero di santi che entreranno al Regno di Dio, tanto al terreno come al celestiale. Entrambe le quantità di cristiani santi sono solo conosciute per Dio, ma la sua necessità è molto chiara: la pienezza dei santi vivi è necessaria affinché ritornino con Cristo nella Parusía, dopo avere vissuto la Seconda Pentecoste ed avere partecipato nelle Nozze dell'Agnello, e governeranno ed evangelizzeranno al resto dell'umanità sopravvissuta nella terra. Diremmo che è la Chiesa terrena rapita e purificata, rappresentata per i 144.000 eletti di Apocalisse 7,1-8. Invece, la pienezza dei santi morti è quella che le anime che stanno nel cielo aspettano che si raggiunga, affinché arrivi il glorioso momento della sua resurrezione, la prima, con la Parusía del Signore. È l'anelito che esprimono le anime dei santi e martiri in Apocalisse 6, 9-11 (quinto sigillo), chi sperano che si completi il numero dei suoi compagni e fratelli (il "pleroma"). Questi santi risuscitati, insieme a Gesù Cristo, stabilendo la sua dimora alla Gerusalemme celestiale, aiuteranno al governo del Regno di Cristo sulla terra, a partire dalla "comunione dei santi”. È la grandiosa visione di Apocalisse 7,9-17. Questo lo studieremo in dettaglio nel seguente Capitolo.

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Questo tempo di formazione del numero necessario di santi delle genti (ed anche di alcuni ebrei convertiti come vediamo che hanno entrato nella Chiesa in tutti i tempi del cristianesimo), è quello che Gesù denomina "i tempi dei pagani" ("eznos" in greco): Luca 21,24: “Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti.” Pertanto, questo "tempo" dei “pagani o genti” è un tempo nel quale Dio sceglie tra quelli chiamati per la predica del Vangelo, ai santi, ai cristiani che cercano di vivere la sua fede in maniera piena. Il Libro dei Atti degli Apostoli c'esprime questa idea in un discorso di Giacomo: Atti 15,14-18: “«Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la tenda di Davide che era caduta; ne riparerò le rovine e la rialzerò, perché anche gli altri uomini cerchino il Signore e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore che fa queste cose da lui conosciute dall'eternità.” Giacomo chiarisce il discorso anteriore di Pietro, indicando il piano di Dio: ha scelto tra i non ebrei (pagani) un popolo che lo accetta come il suo Dio, cioè, non ha fatto un'elezione collettiva come lo fece con tutto l'Israele, bensì realizzò una chiamata ed elezione individuale ad ognuno. Si riferisce ad una profezia di Amos (9,11 ss.) presa in forma libera, dove si annuncia la conversione delle genti. Nel Capitolo seguente si studierà in dettaglio la missione che porteranno a termine quelli che conformano questa "pienezza" dei santi della Chiesa delle genti. C'è un altro aspetto relazionato con quello che abbiamo descritto anteriormente che riveste somma importanza; lo rivela la Seconda Lettera di Pietro: 2 Pietro 3,9-12: “Il Signore non ritarda nell'adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno!” Da una parte vediamo che la promessa della Parusia non è che si ritarda, ma è Dio che ha pazienza e spera che si arrivi alla "pienezza" dei santi necessari, tanto i vivi negli ultimi tempi, come i morti le cui anime stanno nel cielo. Ma la cosa più importante è la rivelazione che segue: la santità e la pietà dei cristiani non sono solo necessarie per aspettare il Giorno del Signore che verrà all'improvviso, ma permette di affrettare o accelerare la Parusia. Perché questa accelerazione? La risposta è molto semplice, alla luce di tutto quello visto sopra: perché nella misura che si completi più rapidamente il numero dei santi stabilito per Dio ("pleroma"), si produrrà prima la Venuta in gloria del Signore. Da molti secoli si parla nella Chiesa che sorgeranno i "santi o apostoli dagli ultimi tempi." È molto chiaro quello che esprime, per esempio, il gran santo mariano San Luigi Maria Grignion di Monfort, nel "Trattato della Vera Devozione a Maria": “58. Saranno veri apostoli degli ultimi tempi, ai quali il Signore delle virtù darà la parola e la forza per operare meraviglie e riportare gloriose spoglie sui suoi nemici; dormiranno senza oro né argento e, ciò che più conta, senza preoccupazioni, in mezzo agli altri sacerdoti, ecclesiastici e chierici; e tuttavia avranno le ali argentate della colomba, per andare con la pura intenzione della gloria di Dio e della salvezza delle anime, dove lo Spirito Santo li chiamerà, e non lasceranno dietro di sé, nei luoghi dove avranno predicato, che l'oro della carità che è il compimento di tutta la legge. (Rom. 13,10). 59. Infine, sappiamo che saranno veri discepoli di Gesù Cristo, che camminando sulle tracce della sua povertà, umiltà, disprezzo del mondo e carità, insegneranno la via stretta di Dio nella pura

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verità, secondo il santo Vangelo, e non secondo le massime del mondo, senza darsi pensiero né fare accettazione di persona, senza risparmiare, ascoltare né temere alcun mortale, per quanto potente. Avranno nella loro bocca la spada a doppio taglio della parola di Dio; porteranno sulle loro spalle lo stendardo insanguinato della Croce, il crocifisso nella mano destra, la corona del Rosario nella sinistra, i sacri nomi di Gesù e di Maria sul loro cuore, e la modestia e la mortificazione di Gesù Cristo in tutta la loro condotta. Ecco i grandi uomini che verranno, ma che Maria formerà per ordine dell'Altissimo, per estendere il suo impero su quello degli empi, degli idolatri e dei maomettani. Ma quando e come ciò avverrà?... Dio solo lo sa: noi dobbiamo tacere, pregare, sospirare e attendere: Exspectans exspectavi (Sal 40,2).” Di queste considerazioni sorge la gran importanza di formare, senza sperare più, a cristiani che vogliano compromettersi con la sua fede, portandoli all'esperienza spirituale profonda, verso il cammino dell'esperienza mistica, secondo lo segnala la spiritualità tradizionale della Chiesa. Questo cammino si rivela oggi accessibile a tutti i cristiani, senza distinzione del suo stato di vita, a partire dall'esperienza dello Spirito Santo, come si sta dando nei nuovi movimenti della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II. Può vedersi al riguardo la nostra contribuzione, secondo quello che abbiamo sviluppato nella nostra Scuola di Preghiera e Crescita Spirituale (www.it.contempladores.com.ar). 4) Gesù Cristo verrà accompagnato per i suoi santi. C'è una serie di testi biblici che rivelano che nella sua Parusia il Signore non ritornerà solo, ma lo farà accompagnato per i suoi santi: 1 Tessalonicesi 3,12-13: “Il Signore poi vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come è il nostro amore verso di voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.” In questa supplica di Paolo, l'apostolo chiede che il Signore permetta ai cristiani di Tessalonica crescere nella virtù della carità per santificarsi, per affrontare il giudizio di Dio ("stare davanti a Lui") che si produrrâ nella Parusia del Signore, momento nel quale verrà accompagnato dai suoi santi. Sembrerebbe che qui si stabilisca la condizione di santità per fare parte dei santi che accompagneranno Gesù. Si rivela anche che la volontà suprema di Dio per i cristiani è la sua santificazione: 1 Tessalonicesi 4,1-3a: “Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più. Voi conoscete infatti quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione.” Nella Seconda Lettera ai cristiani di Tessalonica Paolo si espressa ancora più in relazione a questo tema: 2 Tessalonicesi 1, 3-12: “Dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli, ed è ben giusto. La vostra fede infatti cresce rigogliosamente e abbonda la vostra carità vicendevole; così noi possiamo gloriarci di voi nelle Chiese di Dio, per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le persecuzioni e tribolazioni che sopportate. Questo è un segno del giusto giudizio di Dio, che vi proclamerà degni di quel regno di Dio, per il quale ora soffrite. È proprio della giustizia di Dio rendere afflizione a quelli che vi affliggono e a voi, che ora siete afflitti, sollievo insieme a noi, quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo con gli angeli della sua potenza in fuoco ardente, a far vendetta di quanti non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù. Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza, quando egli verrà per esser glorificato nei suoi santi ed esser riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto, perché è stata creduta la nostra testimonianza in mezzo a voi. Questo accadrà, in quel giorno.

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Anche per questo preghiamo di continuo per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene e l'opera della vostra fede; perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.” Paolo dà grazie a Dio per l'aumento della fede e la carità nei Tessalonicesi, cioè, per la sua crescita in santità, la quale è provata attraverso molte persecuzioni e tribolazioni. Per questo l'apostolo crede che Dio, nel suo giudizio giusto, giudicasse questi cristiani degni di entrare al suo Regno e pagherà loro le sue tribolazioni con sollievo il giorno della sua manifestazione ("apocalisse" in greco) dal cielo, assieme ai suoi angeli. Qui anche ci rimane chiaro che la realtà di Cristo, della sua gloria, della sua potenza e della sua giustizia, che rimanevano nascosti nel cielo al nostro sguardo, diventeranno palesi con segni straordinari. Il Libro dell'Apocalisse, nel Capitolo 19, mostra la visione del grandioso quadro del ritorno di Gesù: Apocalisse 19,11-16: “Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava «Fedele» e «Verace»: egli giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio. Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. Dalla bocca gli esce una spada affilata per colpire con essa le genti. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa del Dio onnipotente. Un nome porta scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori.” Tutti i dettagli di questa descrizione riflettono la gloria e la potenza di Gesù Resuscitato che ritorna alla terra con la sua piena maestà divina, per assumere il suo Regno come il Signore di signori e Re di re. Il testo ci dice che si trova accompagnato per "gli eserciti del cielo", i cui componenti sono “vestiti di lino bianco e puro”. Chi sono i membri di questa milizia celestiale? Vediamo che ci dice un altro brano dell’Apocalisse: Apocalisse 19,7-8: “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché son giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente». La veste di lino sono le opere giuste dei santi.” I santi qui descritti, che hanno partecipato delle Nozze dell'Agnello (vedere Capitolo 4.C), accompagnano a Gesù facendo parte del suo esercito, riconosciuti per le candide vesti. Qua ci sarebbe una prima conferma che quelli che ritornano con Gesù sono i santi che furono rapiti (vedere Capitolo 4.A), poiché essi, d’accordo al nostro sviluppo, sono quelli che prendono parte, come Chiesa Terrena, delle Nozze dell'Agnello con lei come Sposa. Troviamo anche altre fonti bibliche per affermare questa ipotesi: Nel Capitolo 4 vedemmo come nella trasfigurazione del Signore, interpretata come un annuncio del suo ritorno in gloria nella sua seconda Venuta, si trova accompagnato per Mosè ed Elía. I due testimoni di Apocalisse 11,3-12 sono chiaramente descritti coi tratti di questi due profeti, indicando con molta certezza che loro, che sono rapiti al cielo, saranno quelli che ritorneranno accompagnando Gesù nella sua Parusia. Allo stesso modo analizziamo il passo di Zaccaria 4,1-14, che si riferisce alla descrizione dei due testimoni menzionati come "i due olivi che stanno vicino al candelabro tutto d’oro sono i due consacrati che assitono al Signore di tutta la terra", e che nel passo di Zaccaria rappresentano ai poteri politico (re), e religioso (sommo sacerdote), addetti di ricostruire il Tempio di Gerusalemme nei tempi escatologici, e che saranno parte dei santi rapiti che ritornano con Cristo. Un altro brano giâ visto e che vogliamo ricordare è quello di Apocalisse 12,5, dove la donna incoronata di stelle partorisce un figlio maschio che è subito rapito verso Dio, che nella nostra interpretazione simbolizza i santi che saranno preservati dalla tribolazione con il rapimento.

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Il destino di questo "figlio maschio" collettivo è che deve “governare a tutte le nazioni con scettro di ferro", e, ovviamente, per potere compiere questa missione deve scendere necessariamente dal cielo fino alla terra. Anche le azioni di Mosè c'apportano luce alla figura del rapimento e del ritorno assieme al popolo di Dio. Vediamo alcuni testi: Esodo 34,4-5;27-30: “Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore disse a Mosè: «Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un'alleanza con te e con Israele». Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiar pane e senza bere acqua. Il Signore scrisse sulle tavole le parole dell'alleanza, le dieci parole. Quando Mosè scese dal monte Sinai - le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte - non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui. Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui.” Mosè sale ad un monte alto, e si trova con la presenza di Dio. Riceve la missione di fare conoscere al popolo di Dio la sua Legge, e quando ritorna dopo un tempo considerabile, il suo viso è raggiante, con una lucentezza che può occultarsi solo per un velo. Vediamo quanti elementi simili ci sono nel rapimento ed il ritorno degli eletti, del quale questa scena può considerarsi come un tipo. Esplorando la Scrittura appaiono altre citazioni sull'evento dell'accompagnamento dei santi nella Parusía del Signore: Giuda 14-15: “Profetò anche per loro Enoch, settimo dopo Adamo, dicendo: «Ecco, il Signore è venuto con le sue miriadi di angeli per far il giudizio contro tutti, e per convincere tutti gli empi di tutte le opere di empietà che hanno commesso e di tutti gli insulti che peccatori empi hanno pronunziato contro di lui».” La "Didaché" o "Dottrina dei Dodici Apostoli" formula un annuncio simile: "E allora appariranno i segni della veritâ: primo segno l'apertura nel cielo, quindi il segno del suono di tuba e terzo la resurrezione dei morti; non di tutti, però, ma, come fu detto: "Verrà il Signore e tutti i santi con lui. Allora il mondo vedrà il Signore venire sopra le nubi del cielo." Di questo testo spicca senza dubbio l'impressione che farebbero anche parte di quegli eserciti del cielo i santii risuscitati, che è molto possibile, benché il destino di essi non sarebbe di rimanere nella terra, bensì con Gesù nella Gerusalemme celestiale, come vedremo nel Capitolo seguente. Nell'Antico Testamento il profeta Zaccaria descrive un'azione che lascia intravedere la seconda Venuta di Gesù coi suoi santi e l'instaurazione della Nuova Gerusalemme Terrena: Zaccaria 14,1-9;16: “Ecco, viene il giorno del Signore in cui le tue spoglie saranno spartite in mezzo a te. Io radunerò tutte le nazioni per far guerra a Gerusalemme, la città sarà presa, le case saranno saccheggiate, le donne violentate; metà della città sarà deportata, ma il resto del popolo non sarà sterminato dalla città. Poi il Signore si farà avanti e combatterà contro quelle nazioni, come egli combatté tante volte nel giorno della battaglia. In quel giorno i suoi piedi si poseranno sul monte degli Ulivi, che sta di fronte a Gerusalemme, a oriente, e il monte degli Ulivi si spaccherà a metà, da oriente a occidente, tanto da formare una grande valle; metà del monte si ritirerà verso settentrione e l'altra metà verso il meridione. Voi fuggirete per la valle dei miei monti, poiché la valle dei monti si estenderà fino ad Asal; fuggirete come fuggiste per il terremoto ai giorni di Uzzia, re di Giuda; il Signore, il mio Dio, verrà e tutti i suoi santi con lui. In quel giorno non ci sarà più luce; gli astri brillanti ritireranno il loro splendore. Sarà un giorno unico, conosciuto dal Signore; non sarà né giorno né notte, ma verso sera ci sarà luce. In quel giorno delle sorgenti usciranno da Gerusalemme; metà delle quali volgerà verso il mare

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orientale e metà verso il mare occidentale, tanto d'estate quanto d'inverno. Il Signore sarà re di tutta la terra; in quel giorno il Signore sarà l'unico e unico sarà il suo nome. Tutti quelli che saranno rimasti di tutte le nazioni venute contro Gerusalemme, saliranno di anno in anno a prostrarsi davanti al Re, al Signore degli eserciti, e a celebrare la festa delle Capanne.” Le nazioni nemiche si riuniscono per lottare contro Gerusalemme (la lotta contro la vera Chiesa nella fine dei tempi, prima per Babilonia e dopo per l'Anticristo). L'apostasia è quasi generale, benché rimanga un resto fedele a Gerusalemme (la Chiesa). Allora appare l'intervento poderoso di Dio stesso che facilita in primo luogo la sfuggita del suo resto fedele in forma prodigiosa (crediamo che questa fuga è figura dello rapimento degli eletti), e dopo va alla battaglia con tutti i suoi santi. Quindi il profeta descrive l'arrivo della nuova Gerusalemme terrena, dalla quale usciranno sorgenti di acque vive, ed il Signore regnerà su tutta la terra. Le nazioni si convertiranno e saliranno a Gerusalemme per prostrarsi davanti al Re, al Signore degli eserciti. In questa visione profetica, senza dubbio, si riconoscono una quantità di elementi contenuti nell'Apocalisse, benché, come già abbiamo commentato, la rivelazione ai profeti, in consonanza con quella di tutto l'Antico Testamento, solamente aveva la portata di una restaurazione messianica terrena, rimanendo ancora nascosta la visione di un Regno celestiale ed eterno, quella che appena sarà rivelata con chiarezza per Gesù Cristo nella sua prima Venuta al mondo. È anche possibile che il "esercito del cielo” che accompagna al Signore glorioso includa angeli, come rivela la Scrittura: Matteo 25,31: “Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.” Qui si presenta solennemente il momento in che Gesù giudica nella sua Parusia agli uomini che compongono le nazioni della terra, come vedemmo nel Capitolo 3, e si menziona che l'accompagnano i suoi angeli. 5) Gesù Cristo sconfiggerà l'Anticristo ed i suoi alleati. Vedemmo nel capitolo passato il culmine del giudizio di Cristo sui vivi con il flagello della settima Coppa, quando dal trono di Dio sorge l'esclamazione che chiude il compimento della sentenza divina: "É fatto!". Questo giudizio sui vivi lascia preparata la terra per l'instaurazione del Regno di Dio, a partire dalla Nuova Gerusalemme Terrena, la Chiesa purificata e santa. Il Capitolo 19 dell'Apocalisse ci presenta il trionfo finale del Re di Re e Signore di Siggnori, con la potenza della spada affilata che esce dalla sua bocca che è la Parola di Dio che emerge dal Verbo incarnato, visto da un altro angolo, dall'intervento sovrano di Dio. Abbiamo già definito sopra che non è Cristo che produce in forma diretta la morte della parte dell'umanità che non è destinata a sopravvivere nella terra, ma è la stessa violenza scatenata per gli uomini, indotti al male per la tentazione di Satana, quella che opera come strumento della giustizia di Dio. Nella visione di Giovanni si presenta questa vittoria come un banchetto di uccelli rapaci, ispirato nel passaggio di Ezechiele 39,17-20: Apocalisse 19, 17-21: “Vidi poi un angelo, ritto sul sole, che gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano in mezzo al cielo: «Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le carni dei capitani, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi». Vidi allora la bestia e i re della terra con i loro eserciti radunati per muover guerra contro colui che era seduto sul cavallo e contro il suo esercito. Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta che alla sua presenza aveva operato quei portenti con i quali aveva sedotto quanti avevan ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua.

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Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. Tutti gli altri furono uccisi dalla spada che usciva di bocca al Cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni.” Il quadro che si presenta è veramente spaventoso: come la Gran Meretrice ed i re che fornicavano con lei si ubriacavano col sangue dei santi e martiri cristiani, Apoc. 17,6, ora i ucelli mangiano la sua carne. Allo stesso modo che nel cielo c'è stato un banchetto nuziale nelle nozze dell'Agnello con la sua Chiesa, la Sposa santa e casta, nella terra c’è un banchetto di morte, provocato per le forze del male che finiscono divorate per la sua stessa malvagità. Nell'ultimo atto della sua gran frode, l'Anticristo aveva mandato ai re della terra, che cominciavano già a dubitare di lui davanti ai flagelli che colpivano la terra e che non poteva fermare, ambasciatori posseduti per spiriti di demoni che realizzavano segni prodigiosi affinché non dubitassero che il suo signore era realmente Gesù Cristo che era ritornato alla terra. (vedere Sesta Coppa, Apoc. 16,12-16). È il trionfo finale del Re di Re quello che ci presenta questa scena culminante della Parusia: i poteri politici della terra che ancora rispondono al falso Cristo rimangono insieme a lui, abbagliati per le sue ultime manifestazioni prodigiose, sotto la figura di una riunione che li convoca nel luogo chiamato Armaghedòn in ebreo, preparati per la battaglia finale. Ma non c'è battaglia, non c'è confronto, poiché la spada della Parola di Dio ha potere soprannaturale per creare e dare la vita, come per distruggere e portare la morte; gli ubbidisce il cosmo, che coi suoi cataclismi finisce coi seguaci della Bestia, che rimarranno in attesa del Giudizio Finale. Invece, il destino finale per le due Bestie, l'Anticristo ed il Falso Profeta, è immediato: sono precipitate all'inferno (lago di fuoco e zolfo), dove al momento della fine del mondo si riuniranno col Diavolo (Apoc. 20,10), e con tutti i dannati (Apoc. 20,14). Potrebbe supporrsi per la descrizione del versetto 19,20: "Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo", che sarebbero i primi condannati che passerebbero per la resurrezione dei suoi corpi, come un anticipo della terribile punizione eterna che soffriranno tutti essi. Gli avvenimenti che producono la fine dell'Anticristo sono le forze della natura, come si narra nella settima Coppa. Quello che vuole mostrare il testo profetico con questa nuova visione, parallela agli avvenimenti del settimo flagello, è che è Cristo, Giudice supremo, che esegue la sentenza, e quello che succede non sono circostanze fortuite provocate per cataclismi naturali. Il controllo e la potenza sono del Signore, e nessuno può opporsi al compimento dei disegni eterni del Padre. Culmina di questa maniera il grandioso quadro della Parusia di Cristo che presenta l'Apocalisse insieme al resto del Nuovo Testamento, che sarà seguito per l'instaurazione del Regno di Dio, come l'esamineremo nel seguente capitolo. 6) I cristiani sopravvissuti nella terra lodano a Dio. Si è prodotta la manifestazione della parusia di Cristo, con la grandiosa visione del Figlio dell'uomo nel cielo. E nella terra si alza il canto di coloro che sono stati liberati dall'Anticristo e cominciano a vedere il nuovo tempo che viene: Apocalisse 15,2-4: “Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di cristallo. Accompagnando il canto con le arpe divine, cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell'Agnello: «Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti! Chi non temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati».” Perché affermiamo che stiamo in una scena terrestre? In principio, le persone che si vedono si denominano come "quelli che hanno vinto la Bestia", pertanto si trovavano nella terra soffrendo la

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tribolazione sotto l'impero dell'Anticristo. E rimangono ancora lì, come lo dimostra il suo canto: "tutte le genti verranno”; se ci sono nazioni formate per genti, è che stanno nel mondo, ed esse andranno dove sono riuniti i fedeli cristiani vincitori. Il cantico si assimila a quello di Mosè dopo di attraversare il mare Rosso ed essersi liberato dei persecutori egiziani (Esodo 15,1-9). Si celebra che i cammini di Dio sono giusti, e che negli avvenimenti che si succederono si è manifestata quella giustizia, per cui i pagani e gli increduli riconosceranno a Dio, temendolo e glorificando il suo nome. È l'anticipo della gran conversione che si produrrà tra i sopravvissuti delle genti (delle nazioni), come conseguenza della Parusia del Signore, che darà principio all'instaurazione del Regno di Dio terreno, come lo svilupperemo nel seguente capitolo. 7) Purificazione e trasformazione della terra. Con i flagelli che devastarono il regno dell'Anticristo, che come spieghiamo sono state le conseguenze derivate della terribile conflagrazione nucleare con la quale fu distrutta la Gran Babilonia, rimane un mondo distrutto in parte, e sommamente inquinato, con radiazione atomica sparsa ovunque, con la nuvola di polvere ancora galleggiando nell'atmosfera che continua a cadere a poco a poco sul suolo ed i mari come pioggia radioattiva. A questo è stato sommato il tremendo terremoto finale e la grandine gigante, per quello che è evidente che non si trova nella terra il migliore ambiente per la continuità della vita dei sopravvissuti. Ma Gesù Cristo si è manifestato con tutta la sua potenza, visibile nella terra intera, quello che ci fa pensare che il nuovo eone che comincerà, era di pace e giustizia nel mondo, lo farà a partire da una purificazione e trasformazione della terra, lasciando dietro le sequele dell'orribile contesa trascorsa. Nell'Antico Testamento troviamo visioni profetiche di questa terra desolata per il "Giorno di Yahveh", e della sua meravigliosa restaurazione posteriore nel regno Messianico: Isaia 24, 1-13: “Ecco che il Signore spacca la terra, la squarcia e ne sconvolge la superficie e ne disperde gli abitanti. Avverrà lo stesso al popolo come al sacerdote, llo schiavo come al suo padrone, alla schiava come alla sua padrona, al compratore come al venditore, al creditore come al debitore, a chi riceve come a chi dà in prestito. Sarà tutta spaccata la terra, sarà tutta saccheggiata, perché il Signore ha pronunziato questa parola. È in lutto, languisce la terra; è squallido, languisce il mondo, il cielo con la terra perisce. La terra è stata profanata dai suoi abitanti, perché hanno trasgredito le leggi, hanno disobbedito al decreto, hanno infranto l'alleanza eterna. Per questo la maledizione divora la terra, i suoi abitanti ne scontano la pena; per questo sono bruciati gli abitanti della terra e sono rimasti solo pochi uomini. Lugubre è il mosto, la vigna languisce, gemono tutti. È cessata la gioia dei timpani, è finito il chiasso dei gaudenti, è cessata la gioia della cetra. Non si beve più il vino tra i canti, la bevanda inebriante è amara per chi la beve. È distrutta la città del caos, è chiuso l'ingresso di ogni casa. Per le strade si lamentano, perché non c'è vino; ogni gioia è scomparsa, se ne è andata la letizia dal paese. Nella città è rimasta la desolazione; la porta è stata abbattuta, fatta a pezzi. Perché così accadrà nel centro della terra, in mezzo ai popoli, come quando si bacchiano le ulive, come quando si racimola, finita la vendemmia.” È terribile il quadro della desolazione che si presenta in questa profezia di Isaia. Non c'è classe sociale che si salvi da queste calamità, e si spiega chiaramente quale è stato l'enorme male dell'umanità allontanata di Dio: "La terra è stata profanata dai suoi abitanti, perché hanno trasgredito le leggi, hanno disobbedito al decreto, hanno infranto l'alleanza eterna”. La conseguenza di questo atteggiamento produce orrore: "per questo sono bruciati gli abitanti della terra e sono rimasti solo pochi uomini". Troviamo qui forti reminescenze con quello che succedè nella caduta della Babilonia: Apocalisse 18,22: “La voce degli arpisti e dei musici, dei flautisti e dei suonatori di tromba, non si udrà più in te; ed ogni artigiano di qualsiasi mestiere non si troverà più in te; e la voce della mola non si udrà più in te;”

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Immediatamente dopo questa terribile descrizione, si alza la voce ed il canto dei giusti salvati, in forma molto simile al canto dei cristiani sopravvissuti di Apoc. 15,2-4 che esaminiamo prima: Isaia 24, 14-16: “Quelli alzeranno la voce, acclameranno alla maestà del Signore. Gridano dal mare: «Acclamate, pertanto, popoli! Voi in oriente, glorificate il Signore, nelle isole del mare, il nome del Signore, Dio d'Israele. Dagli angoli estremi della terra abbiamo udito il canto: Gloria al giusto». Ma io dico: «Guai a me! Guai a me! Ohimé!». I perfidi agiscono perfidamente, i perfidi operano con perfidia.” Dopo tanta distruzione irromperà il Regno Messianico che trasformerà il mondo desertico e distrutto: Isaia 35,1-10: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saròn. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso si muterà in sorgenti d'acqua. I luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie. Ci sarà una strada appianata e la chiameranno Via santa; nessun impuro la percorrerà e gli stolti non vi si aggireranno. Non ci sarà più il leone, nessuna bestia feroce la percorrerà, vi cammineranno i redenti. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.” Questo passo di Isaia mostra come la natura si rinnova come conseguenza della potenza di Dio, per accogliere ai redenti del Signore. Le acque inquinate non esistono oramai, ma germoglieranno ovunque, ancora nei deserti, sorgenti di acqua pura. Dove c'era suolo spianato per le esplosioni appariranno miti stagni, e lì dove solamente potevano abitare le bestie, ci saranno verdi parchi e giardini. Anche il profeta Ezechiele presenta questa restaurazione, sotto la figura di un'ordine data per il Signore ai monti dell'Israele: Ezechiele 36,8-12: “E voi, monti d'Israele, mettete rami e producete frutti per il mio popolo d'Israele perché sta per tornare. Ecco infatti a voi, a voi io mi volgo; sarete ancora lavorati e sarete seminati. Moltiplicherò sopra di voi gli uomini, tutta la gente d'Israele, e le città saranno ripopolate e le rovine ricostruite. Moltiplicherò su di voi gli uomini e gli armenti e cresceranno e saranno fecondi: farò sì che siate popolati come prima e vi elargirò i miei benefici più che per il passato e saprete che io sono il Signore. Ricondurrò su di voi degli uomini, il mio popolo Israele: essi vi possederanno e sarete la loro eredità e non li priverete più dei loro figli.” Tutto sarà ricostruito nella terra, che ritornerà ad essere pulita e feconda, dando i suoi frutti in abbondanza. Torneranno ad alzarsi le città ed una nuova umanità si moltiplicherà nel Regno di Dio. Anche nell'Apocalisse troviamo indizi di questa trasformazione, sotto diversi simboli, per esempio, il mare, che per il flagello della seconda coppa si era convertito in sangue, immagine dell'impossibilità di vita in lui. Ma nel testo di 15,2-4, che commentiamo nel punto anteriore, vediamo che i sopravvissuti della terra stanno su "un mare di cristallo misto a fuoco", che ci simbolizza una trasformazione profonda. Ugualmente la descrizione dei fenomeni della natura della settima coppa (Apoc. 16,20), c'indica che "le isole scomparirono e i monti si dileguarono", quello che costituisce una forma simbolica di esprimere che c'è una trasformazione nella terra.

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Gli eventi finali del settimo flagello corrispondono all'azione come strumento di Dio della natura, come lo spieghiamo analizzando il Sesto Sigillo, Capitolo 1. Ricordiamo cosa si esprime in questo brano: Apocalisse 6,14: “Il cielo si ritirò come un volume che si arrotola e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto.” Molto bene può accettarsi che lo stesso cielo o atmosfera terrestre, tanto inquinato con la polvere radioattiva e con la cappa di ozono semi distrutta, sarà pulito e restaurato per la potenza di Gesù Cristo. Di questa maniera tutto rimane preparato nella terra per quello che verrà: il Regno Messianico profetizzato fin dall'antichità.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 7: L'INSTAURAZIONE DEL REGNO DI DIO.

Arriviamo ora al concetto più importante che comprende l'avvenimento del "Giorno del Signore”, con la seconda Venuta di Cristo: l'instaurazione del Regno di Dio. Comincerà così a manifestarsi il proposito eterno di Dio, il proposito supremo per il quale la Santa Trinità, senza necessità e solo per puro amore, creó all'uomo e l'universo materiale: avere una moltitudine di figli adottivi, coi quali condividere per tutta l'eternità la sua stessa vita divina. Si farà finalmente realtà la visione di tanti profeti dell'Antico Testamento, intravista in mezzo ad ombre, e presa come la suprema speranza del Popolo di Dio: l’apparizione del Regno di Dio. Abbiamo sviluppato in dettaglio questa visione nel Capitolo 9, punto 7, che esprime molto bene un Salmo del re Davide: Salmi 145(144),1-3.13: “O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre. Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare. Il tuo regno è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione.” Questo Regno di Dio, i cui due componenti, il Regno terreno ed il Regno celestiale rimasero nascosti nella visione degli antichi profeti, così come rimasero velate le due venute del Messia, si manifesterà ora nella sua pienezza finita e nella sua perfezione divina. Cercheremo di affacciarci a questo supremo mistero dalla nostra piccolezza umana, che solamente per grazia di Dio, attraverso la rivelazione della sua Parola e della luce soprannaturale che lo Spirito Santo proietta nella nostra mente per mezzo della virtù infusa della fede, è capace di captare il grandioso concetto dell'instaurazione del Regno di Dio tra gli uomini. A) La Nuova Gerusalemme, Celestiale e Terrena. Il argomento centrale della nostra tesi sull'instaurazione del Regno di Dio si basa nel fatto che la descrizione che fa l'Apocalisse da 21,1 fino a 22,5 corrisponde a due realtà differenti, che

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denominiamo la Nuova Gerusalemme Celestiale e la Nuova Gerusalemme Terrena, e che comprendono gli stati della Chiesa celestiale e terrena della fine dei tempi. La Chiesa celestiale si identifica col Regno di Dio celestiale, poiché è una stessa realtà finita e perfetta, mentre la Chiesa terrena è lo strumento o sacramento mediante il quale si stabilirà il Regno di Dio sulla Terra. La forma in cui si instaurerà il Regno di Dio in queste due realtà la troviamo principalmente descritta nella Bibbia nel Libro dell'Apocalisse, che racconta gli avvenimenti che si succederanno dopo la Parusia del Signore Gesù Cristo, durante il famoso e tanto temuto e discusso Capitolo 20, scoglio e pietra di scandalo per moltitudine di teologi cristiani durante la storia della Chiesa fino al giorno di oggi. La prima cosa che dobbiamo abbordare è lo studio della descrizione che fa l'Apocalisse della Nuova Gerusalemme, per confermare se effettivamente si parla lì di due realtà distinte. Fiumi di inchiostro si sono consumati per riempire innumerevoli pagine su questo tema, benché personalmente io creda che la maggioranza delle volte si sono abbordati questi brani dell'Apocalisse con un preconcepto che è molto chiaro e che divide le acque in uno o un altro senso: il problema di accettare che c'è un Regno terreno di Cristo, o Regno millenniale, che dà compimento alle profezie messianiche che descrivono un Regno di pace, giustizia e santità nella terra. E lo scoglio principale, in caso di accettare questa possibilità, sorge dalla posizione di Cristo e dei santi risuscitati in questo Regno terreno. Tutto questo comprende il polemico tema del millenarismo, tanto discusso nella dottrina cristiana, e che ha diviso i teologi in una prima istanza in "millenaristi" e "non millenaristi", dando dopo luogo ad altre divisioni: amillenaristi, millenaristi mitigati, millenaristi spirituali, etc. Nel nostro Articolo "Il millenarismo: concetto e portata del espressione" sviluppiamo in dettaglio tutto quello che si riferisce alla storia di questo concetto e le diverse tendenze dei teologi, per quello che andremo ora direttamente allo sviluppo della nostra spiegazione, dimostrando che nell'Apocalisse si parla della Gerusalemme che scende dal cielo comprendendo due descrizioni molto distinte. Prenderemo come base il testo della Bibbia di Gerusalemme, edizione spagnola diretta per José Miguel Ubieta, pubblicata in 1976, riferendoci quando sia necessario al testo della Bibbia tradotta per Monsignore Juan Straubinger, pubblicata originalmente nell'anno 1951. La prima cosa che richiama l'attenzione nella Bibbia di Gerusalemme sono i sottotitoli che dividono il Capitolo 21, che porta per titolo "La Gerusalemme futura." Il passo che si estende dal versetto 1 fino al 8 presenta come sottotitolo "La Gerusalemme celestiale", mentre quello che comprende dal versetto 9 fino al fine del capitolo indica: "La Gerusalemme messianica." Sorprende questa distinzione, poiché non ha relazione con la dottrina sostentata per questa Bibbia che, per esempio, rispetto al passo di 20,1-3 che parla del millennio, commenta: "Durante il termine in cui il Drago sarà incatenato, la Chiesa conoscerà una rinnovazione. Questo periodo ha cominciato dal tempo dei martiri. È la fase terrestre del Regno di Dio e di Cristo, in attesa del giudizio." Pertanto la descrizione della "Gerusalemme messianica" corrisponde all'attuale epoca della Chiesa, quello che diventa molto difficile da capire. Analizziamo di seguito in dettaglio queste due descrizioni distinte della Gerusalemme che scende dal cielo, da Dio: 1) La Gerusalemme celestiale. Vediamo il testo in questione dell'Apocalisse: Apocalisse 21,1-8;22,1-5: “Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro".

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E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci. Ecco sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. È questa la seconda morte». Mi mostrò poi un fiume d'acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni. E non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell'Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli.” Il primo versetto allaccia col passo anteriore del Capitolo 20, che si riferisce alla fine del mondo, che si produrrà al termine del periodo simbolico di mille anni e del Giudizio Finale, quello che studieremo nel Capitolo 8. Quindi comincia la descrizione della Città Santa che "scende dal cielo, da Dio", e che si denomina Nuova Gerusalemme. In primo luogo si descrive che c'è un trono, e dalla vicinanza di esso sorge una voce che effettua un solenne annuncio: "Questa è la dimora di Dio con gli uomini”. Sicuramente la voce che fa questa proclamazione corrisponde ad un "Angelo poderoso", come si vede in 5,2, quello che chiede con forte voce dalle vicinanze del trono l'apparizione di qualcuno che sia degno di togliere i sigilli ed aprire il libro che sostiene Dio nella sua mano destra. In un altro brano (Apoc. 19,5), si menziona anche che esce una voce dal trono, chiedendo che si lodi a Dio in terza persona, quello che magari abbia anche origine nello stesso Angelo. L'annuncio rivela che Dio, che sta seduto nel trono, come si rischiara nel versetto 5, stabilisce la sua dimora con gli uomini, insieme a loro, utilizzando una formula classica dei profeti nei suoi annunci escatologici: Ezechiele 37,26-27: “Farò con loro un'alleanza di pace, che sarà con loro un'alleanza eterna. Li stabilirò e li moltiplicherò e porrò il mio santuario in mezzo a loro per sempre. In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.” Di quello che non c'è dubbio è che siamo ubicati fuori dell'ambito terreno, nel cielo, in corrispondenza a tutte le visioni anteriori del cielo che presenta il veggente Giovanni, col trono di Dio e la sua presenza in esso (Capitoli 4; 5; 7,9-17; 19,1-9). Chi sono quelli che al momento della Parusía abitano questa Città celestiale? Vedemmo già che i suoi cittadini sono i santi risuscitati nella prima resurrezione. Spieghiamo già in precedenza le visioni dell'autore del Libro con la presenza dei santi risuscitati alla Gerusalemme celestiale (7,9-17 e 19,1 -9), ed alla fine del Capitolo 4 paragoniamo questi passi con la descrizione di 21,1-8 e 22,1 -5. Troviamo un'altra precisione chiave in 22,1 che si riafferma in 22,3: lì troviamo il trono di Dio e dell'Agnello. Cioè, Gesù Cristo è anche Re in questo Regno di Dio celestiale, quello che costituirà un argomento di somma importanza nei punti che seguiranno al presente capitolo. Si riferiscono altre caratteristiche di questa Gerusalemme celestiale che definiscono alcune delle qualità della vita eterna dei risuscitati: ovviamente la morte non esisterà più (immortalità), né il dolore (impassibilità), non ci saranno pianto né lamento, bensì solamente gioia ed allegria. Non ci sarà né fame né sete, poiché esisteranno frutti abbondanti (22,2), e la cosa più importante, tutti godranno della visione beatifica, vedranno il volto di Dio, si vedranno faccia a faccia con Lui (22,4). Ma si stabilisce anche qualcosa di gran importanza: l'accesso a tutto questo che costituisce una vera eredità di Dio per i suoi figli (21,7), non è per tutti, bensì solamente per i vincitori, quelli che

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riuscirono a trionfare contro il peccato e la tentazione di Satana, che cerca di separare gli uomini da Dio, cioè, portarli alla dannazione. I trionfatori sono quelli che seppero ricevere la Redenzione di Gesù Cristo, data come un dono all'umanità per il Padre, e, nella sua libertà, lasciarono che la vita soprannaturale ricevuta in conseguenza desse frutti abbondanti di conversione e santità. Si dà come esempio un'enunciazione, ovviamente non esaustiva, dei peccati che, portati al suo estremo, ostacolano l'entrata alla Gerusalemme celestiale, e condannano ad una vita eternamente allontanata da Dio, nell'inferno, qui esemplificato per il "lago che arde con fuoco e zolfo." Questa terribile e spaventosa realtà è quella che l'Apocalisse denomina con molta esattezza "la morte seconda." Un ultimo dettaglio che interessa in questa descrizione lo troviamo in 22,5: "Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli." La luce esistente è una luce divina che emerge direttamente del Signore Dio che si trova lì presente. Ovviamente non si sta parlando di una luce nel senso fisico, per vedere le cose, bensì di una luce integrale che illumina specialmente l'interno dell'anima umana e facilita la sua relazione con Dio, quello che i teologi denominano "luce di gloria." Rimane un punto da chiarire: Perché crediamo che il testo di 22,1-5 è continuazione di 21,1-8? È abbastanza evidente, poiché la descrizione incomincia parlando del fiume di acqua di vita che esce dal trono di Dio e dell'Agnello. L'unica descrizione dell'esistenza del trono di Dio l'abbiamo in 21,3 e 21,5, mentre nel passo di 21,9-27 non è trono alcuno, perché neanche c'è il santuario, che è il luogo che alberga il trono di Dio e la sua presenza, come vedremo in dettaglio nel punto seguente. 2) La Gerusalemme Terrena. Esaminiamo il testo che si riferisce a quella che denominiamo "Gerusalemme Terrena": Apocalisse 21,9-27: “Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello». L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele.A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente. Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello.”

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All'improvviso il Capitolo 21 dell'Apocalisse ha un cambiamento a partire dal versetto 9. Sembrava che la descrizione fatta negli otto versetti anteriori era già arrotondata, poiché concludeva con la descrizione di chi sarebbero gli uomini che formerebbero al popolo di Dio ammesso ad abitare in questa Gerusalemme per tutta l'eternità, ma qui dà l'impressione di prodursi un nuovo principio, riferendosi ad una realtà distinta. Questo brusco cambiamento è quello che ha messo in imbarazzo ai teologi ed esegeti durante i secoli del cristianesimo, che hanno voluto sostenere che non è più che una continuazione di quello che si è descritto anteriormente. Si sono branditi diversi argomenti per unire entrambe le descrizioni, dicendo per esempio che la prima è come una specie di introduzione, e la seconda entra nel dettaglio, fino a che il testo è l’opera di un di un discepolo dello scrittore originale un p’o trascurato che non conservò nel libro l'ordine stabilito per l'autore. La nostra opinione sostiene che questo testo si riferisce ad una realtà completamente differente, che confermeremo con gli argomenti che daremo di seguito. a) In primo luogo abbiamo il riferimento di tempo che ci dà l'autore dell'Apocalisse: nel caso della descrizione della Gerusalemme Celestiale (21,1-8 e 22,1-5), la stessa segue immediatamente alla descrizione del Giudizio Finale nel Capitolo 20, effettuato per Colui che occupa il trono bianco. Lì si puntualizza: Apocalisse 20,11: “Vidi poi un grande trono bianco e Colui che sedeva su di esso. Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo senza lasciar traccia di sé.” Cioè, il cielo e la terra conosciuti, luogo dove si trova "l’accampamento dei santi e la Città diletta" (20,9), spariscono totalmente (questo tema si sviluppa nel Capitolo 8), ma immediatamente il Capitolo 21 puntualizza che sorgono un nuovo cielo ed una nuova terra, chiarendo che "il cielo e la terra di prima erano scomparsi" (come lo descrisse 20,11). Pertanto è indubbio che l'apparizione dal cielo della Nuova Gerusalemme succederà nel tempo immediatamente posteriore al giudizio finale, una volta trascorsi i "mille anni" di durata del periodo in che "Satana non sedurrà più alle nazioni" (20,3), e che si inaugura con la Parusia del Signore. Invece, nel caso della Gerusalemme Terrena, Giovanni non descrive una visione diretta, ma appare la mediazione di un angelo, identificato come uno degli angeli portatori delle coppe che sono piene dei sette flagelli (15,5-7), quelli che eseguiranno il Giudizio di Dio sulla terra (vedere Capitolo 5.C). Questo angelo lo "trasporta in spirito" a Giovanni fino ad un luogo dove avrà la visione, che è "un monte grande ed alto" (21,9-10). Questa visione è l'antipode di una descritta anteriormente, formulata esattamente negli stessi termini: Apocalisse 17,1-3: “Allora uno dei sette angeli che hanno le sette coppe mi si avvicinò e parlò con me: «Vieni, ti farò vedere la condanna della grande prostituta che siede presso le grandi acque. Con lei si sono prostituiti i re della terra e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione». L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna.” Appare anche uno dei sette angeli portatori delle coppe, e lo trasporta "in spirito nel deserto", dove avrà la visione della Gran Babilonia. Non c'è pertanto dubbio che queste due visioni profetiche seguono una dialettica di figure contrastate, mostrando l'alternanza di elementi contari, come possiamo vederlo di seguito: Troviamo due figure femminili e due città: in primo luogo, la Gran Meretrice, capo di una falsa religione idolatrica che corrompe all'umanità e che finalmente rimane trasformata in una gran città, dominatrice su "i re della terra", cioè, con un impero politico ed economico sui paesi del mondo. Dopo, la Sposa dell'Agnello, che anche si trasforma in una città, Gerusalemme, la Città Santa, dove si trovano i veri discepoli di Dio, i santi, gli iscritti nel Libro della Vita dell'Agnello, e dove niente

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profano entra in lei. Ha impero sulle nazioni della terra, ma a causa della luce divina della gloria di Dio che irradia e che trasforma al mondo, portandolo alla pace, la giustizia e la santità. Ci sono molti altri dettagli che presentano contrasti, come per esempio l'oro puro in cui è costruita la città di Gerusalemme e l'oro della coppa della prostituta piena di abomini, o che Babilonia rimarrà come covo di demòni e spiriti immondi, mentre Gerusalemme è il luogo della presenza di Dio. Ma la cosa importante di queste figure contrastanti, la Gerusalemme Terrena, "la Città Santa", e la Gran Babilonia, "madre delle prostitute e degli abomini della terra", radica in che l'Apocalisse ci vuole presentare in esse il compimento del piano di Dio per la fine dei tempi. Il dominio mondiale della Gran Babilonia, che simbolizza il potere materialista ed anticristiano sostenuto per Satana, la Bestia di colore scarlatto, sarà distrutto dal suo antico alleato, l'Anticristo, che poco durerà nella sua Gran Città, la Gerusalemme apostata, e sarà finalmente sostituito e rimpiazzato per il Regno di Dio, impiantato a partire dalla Città Santa Gerusalemme, per un intervento personale di Dio nella storia degli uomini. (vedere Capitolo 2.D.1) Di questa maniera rimane chiaro che la nascita nel tempo della Gerusalemme Terrena succederà in occasione della Parusía del Signore, dopo della caduta della Babilonia e dell'Anticristo, e si differenzia grandemente nel tempo, per i mille anni simbolici, dell'apparizione della nuova Gerusalemme Celestiale. Questo è il motivo che entrambe le città gli siano mostrate a Giovanni per uno degli angeli portatori dei flagelli, poiché corrispondono ad eventi tra il tempo di finalizzazione del giudizio sui vivi, che finisce con la Parusia, ed il tempo dello spargimento delle sette coppe. b) Un'altra differenza rimane stabilita per la costituzione fisica di entrambe le città. La Gerusalemme Celestiale è praticamente descritta senza nessun dettaglio di indole materiale, solamente si menziona l'esistenza del trono di Dio e di un fiume di acqua di Vita, con aspetto di vetro, che corre per una piazza dove ci sono alberi molto speciali, distinti a tutti quelli della terra, che danno un raccolto per mese (quello che indica l'abbondanza di alimento e l'impossibilità che esista fame), e le cui foglie servono per guarire (che mostra l'inesistenza di malattie). Invece, la Gerusalemme Terrena possiede una complessa descrizione costruttiva, tanto nelle sue forme architettoniche come nei materiali impiegati. Ovviamente sono tutti elementi con un significato simbolico, in generale abbastanza complesso ed oscuro, e che hanno svelato a moltitudini di teologi ed investigatori che cercarono la possibile interpretazione. Ma quello che c'interessa in questo studio è che, senza dubbio, si sta descrivendo una città materiale, con componenti esistenti nella terra, ed un'architettura che chiaramente mira alla vera città di Gerusalemme. Così appare circondata di un muro edificato su solide fondamenta, con dodici porte ed una piazza, essendo il materiale costruttivo dell'edificazione l'oro puro. Sorge, in questo modo, come crediamo, con abbastanza chiarezza un'altra distinzione importante tra le due città che stiamo studiando. c) Ci troviamo inoltre con un'altra differenza di importanza in quanto a chi sono quelli che abitano in entrambe le città: Alla Gerusalemme celestiale troviamo in presenza di Dio ai santi risuscitati, come lo presenta il passo di 7,9-17 che abbiamo già studiato: coloro che vestono le tuniche bianche e stanno in piedi (hanno resuscitato) davanti al trono e davanti l'Agnello, che vennero dalla gran tribolazione. Non avranno oramai più fame né sete, e berranno delle fonti della Vita eterna. Alla Gerusalemme terrena, chi abitano in essa, dei quali non si dà nessun dettaglio, sono quelli descritti come "gli iscritti nel libro della vita dell'Agnello." Chi sono? La chiave le dà il seguente brano: Apocalisse 3,5: “Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli.”

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Vedemmo già nei Capitoli 3 e 5 il significato dei premi enumerati nelle Lettere alle sette chiese: in questo caso si riferisce ai santi che saranno rapiti e ritorneranno alla terra con Gesù Cristo nella Parusia. Questi santi rifletteranno la luce di Dio e dell'Agnello, saranno guidati per lo Spirito Santo, ed evangelizzeranno e trasformeranno alla maggioranza dei sopravvissuti delle nazioni nella terra. Ma non entreranno in questa Città Santa (la Gerusalemme Terrena), quelli che commettono abominio e falsità, quello che ci fa intendere che stiamo ancora in un mondo di vivi con possibilità di cadere nel peccato. d) Un altro aspetto definitorio come differenza tra una ed'altra città è la presenza di Dio. Alla Gerusalemme Celestiale Dio è seduto nel trono, assieme all'Agnello, ed in quella sua dimora abita con gli uomini. Durante tutto il Libro dell'Apocalisse si ubica la presenza di Dio, il suo trono, nel "Santuario", definito per la parola greca "naos", che si trova sempre nel cielo: 7,15: "Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario ("naos"). 11,19: "Allora si aprì il Santuario ("naos"), di Dio nel cielo, ed apparve nel santurio l’arca dell’alleanza”. 15,8: "Il tempio ("naos") si riempì del fumo che usciva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio ("naos") finché non avessero termine i sette flagelli dei sette angeli.” Pertanto, alla Gerusalemme Celestiale si trova Dio nel suo Santuario ("naos"). Ma nella Gerusalemme Terrena Giovanni esplicita qualcosa di importante: Apocalisse 21,22-23: “Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello.” Non esiste Tempio ("naos") in essa, perché come si puntualizza all'inizio del passo sulla Gerusalemme Terrena, lì si trova la Gloria di Dio: Apocalisse 21,10-11: “L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.” La Gerusalemme Terrena, ricordiamo, simbolizza alla Chiesa terrena purificata e santificata nel rapimento, che sperimenta la Seconda Pentecoste e le Nozze dell'Agnello. In essa non si trova la presenza personale di Dio come nella Chiesa Celestiale, ma sta la sua gloria, quella che proviene da Dio e dell'Agnello, che si irradia nella sua Chiesa terrena, attraverso il suo mistero come sacramento di Dio. Questo passo produce molte volte confusione, perché la parola greca "naos" è tradotta come "tempio" che è "hieron" in greco, e possiede un altro significato, come luogo fisico. Vediamo così questa differenza tanto importante tra la Gerusalemme Celestiale e quella Terrena, in quanto alla presenza di Dio: nella prima è la sua stessa persona, nella seconda è la sua gloria che irradia su di esa. e) Infine menzioniamo un'altra differenza, in quanto al nome che ricevono queste due realtà distinte della Gerusalemme che scende dal cielo. Nella prima descrizione (21,2), la città è nominata come "la Città Santa, la nuova Gerusalemme." Nella seconda (21,10) è definita come "la Città Santa, Gerusalemme." Benché questa distinzione per la parola "nuova" sembri appena una differenza minima, vedremo la sua gran importanza nel Capitolo 8, quando studieremo come la Gerusalemme Celestiale discende

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dal cielo alla fine del mondo, per rimpiazzare alla Gerusalemme terrena, trasformandosi nella Nuova Gerusalemme, nel nuovo cielo e nuova terra. Di questa maniera, con diverse argomentazioni, proviamo che il tema centrale della nostra tesi, nel senso che nel passo che va da Apoc. 20,1 fino a 22,5 si parla di due realtà distinte, che denominiamo la "Gerusalemme Celestiale" e la "Gerusalemme Terrena", è chiaramente fondato. B) L'esistenza di una nuova età ("eone") terrena dopo la Parusia. È di gran importanza chiarificare il significato preciso di certi termini in greco utilizzati nel Nuovo Testamento, quelli che sono tradotti in forma abbastanza indistinta con la parola "mondo", fatto questo che genera molte volte la possibilità di errori di interpretazione in quanto al vero significato di quello che si sta esprimendo. Esaminiamo queste distinte parole per trovare il suo significato corretto, in funzione di quello che espressero originalmente i redattori dei testi sacri: a) Terra ("ge"): Il termine "ge" ha il significato tanto di "terra" come luogo fisico dove abitano gli uomini, la specie umana, e come dell'elemento "terra" che costituisce il suolo, la superficie del pianeta. Vediamo alcuni esempi del primo significato, che è quello che c'interessa: Matteo 17,25: “Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?».” Luca 18,8: “Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».” Atti 17,26: “Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio” Apocalisse 13,8: “L'adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato.” Apprezziamo senza nessun dubbio che “ge” è l'accezione di "terra" come dimora o luogo dove abitano gli uomini, che per estensione comprende tutti gli abitanti della stessa. Bisogna puntualizzare che non esiste nel Nuovo Testamento l'espressione fine ("telos"), della terra ("ge"). b) Mondo ("oikoumene"): Questa parola ha il significato di "terra abitata per gli uomini", cioè, rappresenta l'insieme di paesi e nazioni. È tradotta indistintamente per la parole "terra" o "mondo." Vediamo alcuni dei suoi usi, (solamente appare 15 volte nel Nuovo Testamento): Matteo 24,14: “Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo (“oikoumene”), perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine.” Luca 4,5: “Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra (“oikoumene”)” Luca 21,26: “Mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra (“oikoumene”). Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.” Atti 17,31: “Poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra (“oikoumene”) con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti».”

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È interessante notare che in questa accezione di "mondo" ("oikoumene"), si parla di mondi distinti: Ebrei 2,5: “Non certo a degli angeli egli ha assoggettato il mondo (“oikoumene”) futuro, del quale parliamo.” Questo mondo del quale si sta parlando è il mondo dell'uomo, che fu "futuro" dopo il mondo di Dio nel cielo, dove si trovano gli angeli (Ebrei 1,3-4). c) Mondo ("kosmos"): Il significato di questo termine è quello di "società umana", con le sue caratteristiche derivate dal genere umano. Vediamo alcuni dei suoi usi: Matteo 5,14: “Voi siete la luce del mondo (“kosmos”); non può restare nascosta una città collocata sopra un monte” Marco 16,15: “Gesù disse loro:«Andate in tutto il mondo (“kosmos”) e predicate il vangelo ad ogni creatura.” Luca 12,29-30: “Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo (“kosmos”) ; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno.” Giovanni 1,29: “Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: «Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo (“kosmos”)!” Giovanni 3,16: “Dio infatti ha tanto amato il mondo (“kosmos”) da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.” Giovanni 7,7: “Il mondo (“kosmos”) non può odiare voi, ma odia me, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive.” Giovanni 17,21: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo (“kosmos”) creda che tu mi hai mandato.” 1 Corinzi 3,19: “Perché la sapienza di questo mondo (“kosmos”) è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: Egli prende i sapienti per mezzo della loro astuzia.” 2 Corinzi 7,10: “Perché la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo (“kosmos”) produce la morte.” Si osserva allora che il "mondo" ("kosmos"), non è qualcosa di inanimato, ma odia, crede, ha saggezza, tristezza, peccato, etc. Nel suo estremo "mondo" acquisisce un significato che rappresenta la cosa profana, tutto quello che è allontanato da Dio, quello che è ispirato ed animato solamente per le appetenze carnali, senza l'azione soprannaturale della grazia. È importante anche sottolineare la non esistenza nel Nuovo Testamento dell'espressione "fine” ("telos") del mondo ("kosmos"), cioè, di questa società umana non si definisce in assoluto che possa terminare un giorno. Quello che rimane indicato chiaramente in molti testi è che oltre al mondo degli uomini c’è un altro mondo, o un'altra classe di mondo: Giovanni 8,21-23: “Di nuovo Gesù disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?». E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo (“kosmos”), io non sono di questo mondo (“kosmos”).” Giovanni 13,1: “Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo (“kosmos”) al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.”

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Giovanni 16,28: “«Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo (“kosmos”); ora lascio di nuovo il mondo (“kosmos”), e vado al Padre».” Vediamo che c'è un mondo "di lassù”, al quale appartiene Gesù, che è dove si trova il Padre, cioè, è il cielo, e c'è un altro "di quaggiù”, al quale appartengono i farisei ai quali Gesù stava parlando in Giovanni 8,21-23, che sono quelli che "moriranno" nel suo peccato. Quelli che sono chiamati da Gesù e l'ascoltano, non appartengono oramai a questo mondo: Giovanni 15,18-19: “Se il mondo (“kosmos”) vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia.” Ma esiste anche il concetto che il mondo, come società umana, ha sofferto cambiamenti nella sua storia, potendosi parlare di mondi distinti: 2 Pietro 3,3-7: “Questo anzitutto dovete sapere, che verranno negli ultimi giorni schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo le proprie passioni e diranno: «Dov'è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione». Ma costoro dimenticano volontariamente che i cieli esistevano già da lungo tempo e che la terra, uscita dall'acqua e in mezzo all'acqua, ricevette la sua forma grazie alla parola di Dio; e che per queste stesse cause il mondo di allora, sommerso dall'acqua, perì. Ora, i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della rovina degli empi.” In questo passo si menziona al "mondo di allora", formato per cieli e terra stabiliti tra le acque per la creazione di Dio, ma che quel mondo ("kosmos"), "perì sommerso dall’acqua del diluvio" e che ci sono "cieli e terra attuali”, cioè, il "mondo" di ora. Ma c'è anche un'altra distinzione molto importante che ci permetterà di identificare con più chiarezza a che mondo appartengono i cristiani, che non sono oramai di questo mondo, perché seguendolo a Cristo smisero di fare parte di esso. Per studiarlo dobbiamo vedere un'altra parola che normalmente si traduce come "mondo." d) Età o era ("eone"): C’e una parola greca, "eone" o "aione", che appare 126 volte nel Nuovo Testamento, e che è tradotta di molte maniere che ostacolano molto la sua interpretazione: "mondo", "secolo", "sempre", le accezioni più comuni. In particolare, quando è tradotta come "mondo" può produrre molta confusione, specialmente quando si sta parlando di eventi escatologici. Il termine "eone" possiede il significato di un certo periodo di tempo, di durata sconosciuta o indeterminata, definito in relazione agli eventi che succedono in una certa epoca, alle caratteristiche religiose o spirituali che la definiscano. Nella predicazione di Gesù si distinguono con chiarezza la differenziazione che il Signore fa del "eone" presente e del "eone" futuro che lo succederà: Matteo 12,32: “A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo (“eone”), né in quello futuro.” Risulta chiaro da questa espressione che c'è un "eone" che segue all'attuale, e Gesù rivela che in questo "eone" futuro ci saranno coloro che bestemmieranno contro lo Spirito Santo, per quello che risulta chiaro che non si sta riferendo ad un "eone" celestiale, dove vivono solo santi risuscitati nel cielo, come insegna la dottrina cattolica comunemente accettata, ma si riferisce ad un'età nella quale ancora esisterà il peccato. Ma anche Gesù insegna che nel "eone" che verrà esisterà la vita eterna:

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Luca 18,29-30: “Ed egli rispose: «In verità vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo (“eone”) che verrà».” (cf. Marco 10,29-30). Questa età che verrà premierà a coloro che abbiano lasciato tutto per il Regno di Dio, con la vita eterna, che implica nel suo concetto la resurrezione di tra i morti: Luca 20,34-36: “Gesù rispose: «I figli di questo mondo (“eone”) prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo (“eone”) e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio».” Questa rivelazione è in totale accordo con quello che sviluppiamo nel nostro lavoro, dove il "eone" futuro che Gesù inaugura con la sua Parusia, conterrà il Regno di Dio terreno ed il Regno di Dio celestiale, popolato per i santi risuscitati, al quale si riferisce in questo testo. San Paolo sviluppa anche con molta chiarezza l'esistenza di un "eone" posteriore all'attuale, che definisce come "cattivo" o "perverso": Galati 1,3 -5: “Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo (“eone”) perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.” L'apostolo esorta i cristiani a non conformarsi al "eone" presente, bensì a "trasformarsi" (vedere Capitolo 3.D): Romani 12,2: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo (“eone”), ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.” Nelle sue preghiere al Padre, Paolo supplica il dono del spirito di sapienza e di rivelazione per i suoi fratelli Efesini, affinché "comprendono a quale la speranza sono stati chiamati da Lui": Efesini 1,17-21: “Perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santie qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro.” C'è un secolo attuale, nel quale Cristo è seduto alla destra del Padre nel cielo, al di sopra di ogni potere angelico cattivo, quello che si manterrà anche nel "eone" venturo, benché lì queste potestà saranno sconfitte e sottomesse per Gesù (vedere Capitolo 8.D). Il "eone" per venire ha già al presente un anticipo, in quelli che ricevono il dono della grazia e vivono la presenza e l'azione nelle sue vite dello Spirito Santo: Ebrei 6,1-6: “Perciò, lasciando da parte l'insegnamento iniziale su Cristo, passiamo a ciò che è più completo, senza gettare di nuovo le fondamenta della rinunzia alle opere morte e della fede in Dio, della dottrina dei battesimi, dell'imposizione delle mani, della risurrezione dei morti e del giudizio eterno. Questo noi intendiamo fare, se Dio lo permette. Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, che hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo (“eone”) futuro. Tuttavia se sono caduti, è impossibile rinnovarli una seconda volta portandoli alla conversione, dal momento che per loro conto crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all'infamia.” Un'altra rivelazione della Scrittura è che le età ("eoni"), sono state create da Dio Padre per suo Figlio Gesù Cristo:

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Ebrei 1,1-2: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo (“eoni”).” San Paolo riconosce Gesù come "Re dei secoli” ("eoni"): 1 Timoteo 1,17: “Al Re dei secoli (“eoni”) incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli (“eoni”) dei secoli (“eoni”). Amen.” Nell'Apocalisse troviamo la stessa espressione: Apocalisse 15,3: “Cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell'Agnello: «Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti (“eoni”)!” È il canto che intonano i superstiti nella terra, quelli che stanno vivendo già il "eone" che arriverà dopo la Parusia dal Signore. Come nel testo anteriore, l'espressione "eoni di eoni" si ripete frequentemente nel Nuovo Testamento, e si traduce in forma corrente come "secoli dei secoli”. Significa una successione indefinita di "eoni", quello che si avvicinerebbe al concetto di eternità (vedere Matteo 6,13; Luca 1,33; Galati 1,5; Filippesi 4,20; 2 Timoteo 4,18; 1 Pietro 4,11; Apocalisse 1,6, etc.). Una delle maggiori confusioni che produce la traduzione di "eone" per "mondo" è quando si parla del "fine dell'eone”, quello che normalmente si esprime come "fine del mondo”. Vedemmo già nel punto (c) che non esiste l'espressione "fine ("telos"), del mondo ("kosmos"), poiché quello che esprime tutto il Nuovo Testamento è il concetto di "fine dell'età presente" ("eone" attuale). È proprio quello che insegna Gesù, specialmente nelle parabole sul Regno di Dio. È molto significativa la parabola del seme e la zizzania, perché in essa troviamo le due parole, "kosmos" ed "eone": Matteo 13,36-43: “Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo (“kosmos”). Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo (“eone”), e i mietitori sono gli angeli.Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo (“eone”). Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!” Nella parabola, il campo dove si semina il seme è il "kosmos", cioè, la società umana nel suo insieme, dove c'è seme buono (i figli del Regno), e zizzania (i figli del Maligno), quello che crescerà tutto asieme al presente "eone." Ma alla fine di questo “eone”, gli angeli comandati dal Figlio dell'uomo raccoglieranno e getteranno fuori da questo "kosmos" a tutti i operatori di iniquità (il Giudizio dei vivi), lasciando preparata l'instaurazione del Regno di Dio terreno. Si vede chiaro come questa parabola, così correttamente interpretata, ha un significato molto distinto alla temuta e senza speranza "fine del mondo”, come fine di tutto quello creato, che provviene da una traduzione nella quale è dato a "kosmos" ed "eone" lo stesso significato di "mondo." La medesima cosa succede con la domanda che fanno gli apostoli e discepoli a Gesù, quando questo pronuncia il "discorso escatologico":

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Matteo 24,3: “Sedutosi poi sul monte degli Ulivi, i suoi discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Dicci quando accadranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo (“eone”)».” È chiaro che il fine del "eone" presente si produrrà in consonanza con la seconda Venuta del Signore. Questo stesso lo espressa San Paolo: Tito 2,11-13: “È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo (“eone”), nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.” Nel "eone" presente i cristiani aspettano con speranza la Parusia del Signore, vivendo per l’azione della grazia salvatrice di Dio con sobrietà, giustizia e pietà, segni propri del "eone" futuro che si sta aspettando. Vedremo ora quello che ci rimase in attesa del punto c), che è la relazione tra il concetto biblico di "kosmos" ("mondo"), e quello di "eone" ("età"). Per quello ci serviremo da un testo di San Paolo: Efesini 2,1-2: “Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell'aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli.” Altre traduzioni scrivono: “secondo lo spirito di questo mondo" o “secondo il corso di questo mondo”. Ma letteralmente il greco esprime: "secondo il "eone" che è questo mondo” ("kosmos"). Quale è il vero significato di questa espressione? È sommamente importante chiarificarlo. Si identifica a "questo mondo" ("kosmos"), come l'appartenente ad un determinato "eone" o età che è la presente, quella che si vive attualmente. Un po' prima, nella stessa Lettera agli Efesini, troviamo il seguente passo: Efesini 1,17-21: “Perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo (“eone”) presente ma anche in quello futuro.” Qui si parla del "eone presente" e del "eone futuro"; corrisponde a due espressioni rabbiniche, "olam hazeh" e "olam habd" che designano il tempo che precede la venuta del Messia la prima, ed il tempo messianico la seconda. Gli autori del Nuovo Testamento utilizzano queste espressioni per designare l'attuale tempo storico, e quello che verrà dopo della seconda Venuta di Gesù Cristo. Pertanto, ritornando all'espressione di Efesini 2,2: "secondo l'eone che è questo kosmos", il suo significato è ora molto ovvio: si riferisce al modo di vivere, allo spirito di coloro che stanno nel mondo presente, premesiánico, del quale Satana è il principe, e non sono entrati nel mondo futuro o mondo cristiano della grazia. Con questo significato schiarito di "mondo", possiamo capire ora quello che lasciamo esposto alla fine del punto c): a che mondo appartengono i cristiani. È un mondo nuovo, il mondo della grazia, il mondo dell'azione soprannaturale di Dio, offerta come Dono a tutti gli uomini mediante la Redenzione di Gesù Cristo. Appartengono cioè a questo mondo tutti gli uomini che vivono in stato di grazia, che possiedono la grazia santificante ricevuta nel battesimo (sacramentale o di desiderio), e non l'hanno persa a causa di peccato mortale, o se forse così è successo loro, l'hanno recuperata mediante il sacramento della riconciliazione.

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Questi cristiani, nel caso di perseverare nel suo stato di grazia fino alla morte, arriveranno alla gloria del cielo e dell'eternità, benché abbiano potuto avere bisogno previamente dell'ultima purificazione nel Purgatorio. Questo è il Regno di Dio che è già presente nel mondo (cf. Matteo 12,28; Luca 17,20 -21), benché ancora non abbia raggiunto la sua perfezione finale, essendo appena un piccolo e quasi invisibile seme di senape agli occhi di questo mondo, destinato a crescere abbondantemente (vedere "La rivelazione di Gesù sul Regno di Dio per mezzo delle Parabole, punto B.3) Ma arriverà un giorno che si manifesterà la sua pienezza finita (Regno di Dio celestiale) e con una gran perfezione tra gli uomini (Regno di Dio terreno). Alla luce di questo concetto, possiamo studiare ora il significato di un testo del Vangelo di Giovanni che normalmente è utilizzato per negare l'esistenza di un Regno di Dio terreno: Giovanni 18,33-37: “Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Tu sei il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?». Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».” Gesù definisce chiaramente, davanti a Poncio Pilato, che Egli è Re, ma che il suo Regno non è di questo mondo ("kosmos"). Molti interpreti prendono il termine "kosmos" come se si riferisse al mondo materiale, alla terra, dicendo che allora le parole di Gesù assicurano che solamente il suo Regno può essere celestiale, quello che elimina di radice qualunque analisi o dottrina rispetto alla possibile esistenza di un Regno di Dio terreno. Ma per tutto quello sviluppato in questo capitolo sorge, in consonanza col significato della parola "kosmos", che il Signore espressa che Egli non può essere Re dell'attuale mondo che non lo riconosce come Messia, ma solamente lo è nella società umana "messianica", che sono i cristiani che hanno accettato la sua Salvazione e Redenzione, e la vivono più o meno pienamente. Cristo è pertanto già oggi Re nella Chiesa terrena, e lo sarà con più ragione nel Regno Mileniale, dove una Chiesa purificata e santa, senza la presenza dell'attuale principe del mondo, Satana, governerà ed evangelizzerà a tutto il mondo, in un'età di santità, pace e giustizia non vista mai prima. Allora rimane chiaro che in nessun modo questo testo di San Giovanni esclude la possibilità di un Regno di Dio terreno con le caratteristiche che sviluppiamo in questo studio, anzitutto afferma la necessità di un profondo cambiamento, come lo espressa Gesù con il termine "palingenesi”: Matteo 19,27-28: “Allora Pietro prendendo la parola disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione (“palingenesi”), quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.” L’espressione "nuova creazione" ("palingenesi" in greco), ha il significato di "ricreazione", benché letteralmente possa significare un ritorno alla vita, e qui Gesù riferisce che questo fatto succederà nel mondo della sua Parusia, "quando sia seduto sul trono della sua gloria" (vedere "La trasformazione dei santi" nel Capitolo 3.D.) Abbiamo così la strada aperta per sviluppare il tema dall'instaurazione del Regno di Dio tanto nella sua fase terrena come nella celestiale a partire dalla Parusia del Signore.

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C) L'instaurazione del Regno di Dio terreno. 1) Il ritorno dei santi accompagnando Cristo. Il primo avvenimento che inizia l'instaurazione del Regno di Dio è la Parusia, come vedemmo nel capitolo anteriore. Il Signore si presenta nel cielo in forma visibile a tutta l'umanità, in tutta la gloria della sua potenza e divinità, al contrario della sua prima venuta in umiltà totale, senza essere percepito più che per alcuni pastori ed i re maghi. Si produce il gran combattimento escatologico tra il Signore contro le forze del male, risultante del suo Giudizio sui vivi, con la sconfitta totale degli empi. Allora sorge uno dei punti interrogativi cruciali per definire come sarà l'instaurazione del Regno di Dio terreno: Quale è il destino di Gesù Cristo? O, detto altrimenti, arriva Gesù alla terra e rimane lì, o ritorna al cielo dopo la sua manifestazione gloriosa? La risposta a queste domande può schiarire le polemiche dottrinali esposte durante buona parte della storia della Chiesa. Continuiamo ad analizzare quello che ci rivela la Sacra Scrittura. Puntualizziamo già nel Capitolo 6.2 che tutti i passi che descrivono la Parusia parlano sempre di una visione di Cristo glorioso nel cielo, ma in nessuna parte della Bibbia troviamo un riferimento a che il Signore arrivi fino alla terra. Al contrario, l'unica descrizione dettagliata la dà l'Apocalisse in 21,9-27, ed è che fino alla terra arriva, scendendo dal cielo, da Dio, la Gerusalemme terrena, che secondo vedemmo già anteriormente è la Chiesa formata per i santi che furono rapiti e sollevati all'incontro del Signore. E allora otteniamo un dato di enorme importanza, come l'analizziamo nel punto A.2 di questo capitolo: nella Gerusalemme terrena che scende dal cielo non si trova la presenza personale visibile di Cristo, solamente la sua luminosa gloria. Invece rimase schiarito che troviamo questa presenza alla Gerusalemme celestiale, dove Gesù Cristo, l'Agnello, occupa il trono vicino al Padre. Di tutto questo otteniamo la seguente conclusione fondamentale: Gesù Cristo, dopo la sua apparizione nelle nubi nella Parusía, visibile a tutto il mondo e con qualche tipo di comunicazione all'umanità, il cui contenuto e forma ignoriamo, lascerà i santi vivi che l'accompagnarono nella terra, e ritornerà alla Gerusalemme celestiale, assieme agli angeli ed i santi risuscitati. Lì lo troviamo nella descrizione della Gerusalemme celestiale, e da essa, coi suoi santi risuscitati, governerà al mondo, attraverso i santi vivi che rimangono nella terra, della maniera che vedremo un po' più avanti. Questo rimane riaffermato per i Vangeli: Luca 22,28-30: “Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.” Gesù sta parlando agli Apostoli, e conferma loro che saranno insieme a Lui nel Regno di Dio, e che "giudicheranno" al popolo di Dio. Stiamo affermando che questi apostoli saranno resuscitati in quel Regno che si instaura nella Parusia, poiché sono morti già venti secoli fa, ed ancora non arrivò la seconda venuta del Signore, e qui si rivela che mangeranno e berranno. Pertanto è evidente che Gesù, dopo la sua manifestazione nella Parusia, si trova nel Regno Celestiale, coi suoi santi risuscitati. Anche il Vangelo di Matteo è molto chiaro su questo argomento: Matteo 19,28: “E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.”

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Qui Matteo dice esplicitamente che Gesù è seduto sul suo trono glorioso, e l'accompagnano i dodici apostoli, anche nei suoi troni. Come vedemmo già, il trono dell'Agnello sta solamente nella Gerusalemme Celestiale, dove si trova Gesù coi santi risuscitati, tra cui ci sono, in primo luogo, per logica, i dodici apostoli, dopo la "nuova creazione", cioè, la rinnovazione del mondo e la resurrezione prodotti per la Parusia del Signore. Rimangono così completamente rifiutate le dottrine sbagliate che situano Gesù, insieme ai suoi santi risuscitati, nel mondo, confusi coi vivi, durante il tempo del Regno milleniale di Cristo nella terra. Crediamo che ci sia un altro elemento importante al riguardo del giudizio di Cristo che, secondo la terminologia definita fin dall'Antico Testamento si compie nel "Giorno Del Signore" o "Giorno dell'ira del Signore." Il termine "giorno" non è ovviamente mai utilizzato in queste espressioni come qualcosa che ha la durata di un giorno solare, ma esprime sempre un certo lasso di tempo indeterminato. Ma nella Seconda Lettera di San Pietro abbiamo un'indicazione abbastanza precisa su come interpretare la durata del "Giorno del Signore”, quello che studieremo in dettaglio nel Capitolo 8.C. Vogliamo puntualizzare qui che "il Giorno del Signore", durante il cui decorso si produrrà il giudizio del Signore, durerà per tutto il tempo che esista il Regno mileniale o Regno di Dio terreno, cioè, avrà la durata definita per la frase "mille anni", che come rivela la Seconda Lettera di Pietro, "per il Signore un giorno è come mille anni." Per completare questa chiara dottrina, ci rimane da spiegare come sarà il governo del Regno di Cristo terreno, e perché può affermarsi che realmente Gesù Cristo regna nella terra, senza essere presente in forma visibile. 2) Il governo del Regno Terreno. La Scrittura, tanto nell'Antico come nel Nuovo Testamento rivela che i santi dovranno giudicare al mondo. In questo punto diventa necessario chiarire che il termine "giudicare" è utilizzato nella Bibbia in una forma più ampia del senso giuridico dell'attuazione di un giudice, ma implica anche le facoltà di governo, che solitamente si univano nei re o capi. Precisamente nell'Antico Testamento il Libro dei Giudici ci presenta a questi uomini che, col titolo di “giudici” “liberavano i figli dell’Israele dalle mani di quelli che li spogliavano” (Giudici 2,16). In ebreo il verbo "safat" vuole dire "giudicare", ma anche "governare", e questi giudici, suscitati per il Signore, avevano come funzione principale quella di essere liberatori, vincendo i nemici dell'Israele. San Paolo rivela anche questa funzione dei santi: 1 Corinzi 6,1-2: “V'è tra voi chi, avendo una questione con un altro, osa farsi giudicare dagli ingiusti anziché dai santi? O non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se è da voi che verrà giudicato il mondo, siete dunque indegni di giudizi di minima importanza?” Si esprime in questo testo che i santi giudicheranno al mondo, senza fare distinzione tra i santi morti e risuscitati che si trovano nella Gerusalemme Celestiale ed i santi vivi che furono rapiti e sono ritornati col Signore. Molto più esplicita è la parabola di Luca sulle mine, riferita al Regno di Dio che si instaurerà nella Parusia che studiamo già nel Capitolo 3: Luca 19,15-19: “Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine. Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città. Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine. Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.”

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Questo passo può prendersi in forma allegorica o simbolica, ma nel contesto che stiamo studiando nulla ostacola che lo consideriamo in forma letterale, nel senso che questi santi che fecero fruttare i doni ricevuti staranno governando diverse città nella terra dopo la Parusia. San Matteo, nella Parabola dei Talenti, espressa che il Signore “le darà autorità su molto” ad i riferiti servi, quello che implica anche il senso che darà loro una responsabilità di importanza, probabilmente di governo. Nell'Antico Testamento si trovano ugualmente riferimenti al governo dei santi nel Regno di Dio: Daniele 7,21-22: “Io intanto stavo guardando e quel corno muoveva guerra ai santi e li vinceva, finché venne il vegliardo e fu resa giustizia ai santi dell'Altissimo e giunse il tempo in cui i santi dovevano possedere il regno.” Sapienza 3,1-8: “Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità. Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia, correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro.” Si prospetta qui un concetto di resurrezione delle anime dei giusti, e che essi giudicheranno alle nazioni e domineranno ai popoli. Ancora non si fa nessuna distinzione tra le due fasi del Regno di Dio, il terreno ed il celestiale. Ma la rivelazione biblica più chiara sul governo del mondo per i santi, e le circostanze che lo circondano, la dà il Libro dell'Apocalisse: Apocalisse 20,1-4a: “Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'Abisso e una gran catena in mano. Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell'Abisso, ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni. Dopo questi dovrà essere sciolto per un po' di tempo. Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano.” Si narra qui in forma di visione profetica gli avvenimenti che trascorrono dopo l'annichilazione dell'impero dell'Anticristo e di tutti quelli che non sono destinati a sopravvivere alla gran tribolazione. Il primo evento è quello che si conosce come "l'incatenamento di Satana", e consiste nel fatto che Dio cancella il suo permesso affinché il Diavolo possa agire sugli uomini con la sua tentazione. Si presenta la scena di un angelo poderoso, che potrebbe essere l'Arcangelo San Michele, chi aveva lottato già col Diavolo e l'aveva precipitato dal cielo alla terra (Apoc. 12,7-9), che discende dal cielo ed incatena Satana, rinchiudendolo nell'abisso. In questo brano troviamo le due prime menzioni del periodo di "mille anni" delle cinque che presenta il capitolo 20. Satana rimane impedito nel suo azionare sugli uomini, consistente in sedurre o tentare alle nazioni, per un periodo di mille anni. Risulta ovvio da questa espressione che ci saranno nazioni nei cosidetti “mille anni”, per quello che si sta parlando del mondo terreno. D’ogni modo bisogna pensare che possibilmente questa non sia una cifra esatta in anni, ma esprime un tempo lungo, un periodo importante nella storia umana. Dopo questo intervallo Satana sarà liberato nuovamente, come si rivela in Apoc. 20,7. Finisce il passo che stiamo esaminando con una frase abbastanza oscura: "Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare".

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La maggioranza dei commentatori dell'Apocalisse trovano gran difficoltà in questo breve paragrafo, ma alla luce di quello che veniamo sviluppando si può interpretare con abbastanza facilità e certezza. Ci sono "troni", che nella concezione dell'epoca significano il posto dove si siedono quelli che governano e giudicano, e ci sono persone che occupano quelli troni, ed “è data loro" la potestà di giudicare. La cosa importante è individualizzare chi sono questi che ricevono tale potestà, e chi è quello che gliela dà. Se consideriamo che questa visione è chiaramente continuazione dell'anteriore, dove si produce il trionfo di Cristo, con una rappresentazione plastica degli avvenimenti prodotti cuando si versa il flagello della settima coppa, dobbiamo fermarci nei personaggi che troviamo lì, per riconoscere a coloro che stiamo cercando. Vediamo che il centro della scena l'occupa Gesù Cristo, chi cavalca assieme all'esercito celestiale, composto, come vedemmo prima alla fine del Capitolo 6, per i santi vivi rapiti, i santi risuscitati e gli angeli. Allora, il riferimento che “si sedettero nei troni" corrisponderebbe ai santi vivi, e colui che diede loro il potere di giudicare non può essere un altro che lo stesso Gesù Cristo. Questo l'avalla il testo che segue: Apocalisse 20,4b-6: “Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beati e santi coloro che prendon parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni.” Appena ora, dopo gli successi anteriori, si rivela la sorte dei santi morti che resuscitano nella prima resurrezione e fanno anche parte del corteo del Signore nella sua Parusia: "regnarono con Cristo per mille anni", cioè, stanno alla Gerusalemme celestiale con Gesù, e non nella terra come gli anteriori. Nel Capitolo 3.C.2 commentiamo questo passo, dove si rivela che ci sarà una prima resurrezione, di santi morti, già sia di martiri ("decapitati"), o di coloro che resisterono il dominio dell'Anticristo, i quali equivalgono nella storia della Chiesa agli denominati per San Paolo "quelli che sono di Cristo" (1 Corinzi 15,23). Centriamo ora la nostra attenzione nelle azioni che svolgeranno questi santi risuscitati. Ci rivela questo testo che "regnarono con Cristo per mille anni", e che "saranno sacerdoti di Dio e del Cristo." Se Cristo si trova nella Gerusalemme o Chiesa Celestiale, allora anche questi santi risuscitati stanno lì. E ci domandiamo ora: su chi regnano? Per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare a guardare la situazione nella terra. Ci troviamo nel mondo posteriore alla Parusia, dove la Chiesa possiede lo splendore dei santi che la formano, "presentati" all'umanità, per così dirlo, per lo stesso Gesù nella manifestazione della sua gloria, e che sono facilmente identificati per lo splendore o aureola che li avvolge, come lo commentiamo nel Capitolo 4.B.4 (chiesa di Tiátira). Ricordiamo che questi santi sono quelli che si fecero, per la sua condotta, meritevoli alle ricompense che promette loro Gesù nelle lettere alle sette Chiese che, come vedemmo opportunamente, rappresentano l’insieme della Chiesa degli ultimi tempi. Questi premi non sono ricompense distinte, ma formano l'insieme di una sola retribuzione che ha due componenti distinti, uno terreno ed altro celestiale. Si riferiscono esclusivamente ai santi vivi che si trovano nella terra al momento della Seconda Venuta. Allo stesso modo non bisogna compiere con una sola delle condizioni che stabilisce ogni lettera, ma bisogna abbracciare l'insieme di esse. Presentiamo a modo di quadro questi premi o ricompense:

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* Ricompense terrene: Lettera 3, Pérgamo: saranno degni di ricevere l'Eucaristia (manna nascosta). Dato che la stessa è abolita dall'Anticristo, ed soltanto sarà restaurata nella Gerusalemme terrena o Chiesa terrena, questa promessa implica ritornare alla terra e partecipare al Regno di Cristo nel mondo. Riceveranno anche la missione che dovranno svolgere in quella Chiesa (nome nuovo nella pietra bianca). Lettera 4, Tiàtira: Avranno potere sulle nazioni e li dirigeranno con scettro di ferro. Riceveranno l'astro dell'alba, l'aureola luminosa che li distinguerà del resto dell'umanità. Lettera 5, Sardi: Riceveranno le bianche vesti della santità nella Seconda Pentecoste, per condividere le Nozze dell'Agnello e ritornare alla terra insieme a Cristo. Lettera 6, Filadelfia: saranno rapiti e preservati dell'ora della prova. * Ricompense celestiali: Tutte si riassumono in un'unica: ricevono la confermazione in grazia. È importante ricordare qual’è il significato teologico della "confermazione in grazia." Per questo argomento ricorrerò ad alcuni concetti che sviluppa il P. Royo Marín in "Teologia della Perfezione Cristiana." San Giovanni della Croce, nel "Cantico spirituale" 22,3 afferma che quando nella contemplazione infusa si arriva al massimo grado di unione con Dio, il chiamato "matrimonio spirituale", “questo stato non accade mai senza che l'anima riceva la confermazione in grazia, perché si conforma la fede di entrambi, confermandosi qui quella di Dio nell'anima. Risulta allora che questo è il più alto stato a che può arrivarsi in questa vita.” Bisogna cercare di capire il significato della confermazione in grazia in tutte le sue portate, che si basa su questi punti: 1°) Non si tratta di vera impeccabilità intrinseca, cosa impossibile in questa vita 2°) Si tratta di un'assistenza speciale di Dio, che, senza tornare all'anima impeccabile, ostacolerà in realtà che pecchi mortalmente. 3°) Questa assistenza speciale si riferisce unicamente al peccato mortale, non ai peccati veniali, niente affatto alle imperfezioni, poichè richiederebbe un privilegio molto speciale che solos consta che fu ricevuto dalla Vergine María. Pertanto, le promesse dei premi celestiali fatte ai santi vivi rapiti e ritornati alla terra con Gesù sono valide ricevendo la confermazione in grazia, poiché, alla sua morte, avranno assicurato il destino di arrivare alla Gerusalemme Celestiale. Lettera 1, Efeso: Gli darò di mangiare dell'albero della Vita che sta nel Paradiso di Dio. Lettera 2, Smirna: Il vincitore non sarà raggiunto per la seconda morte, ma resusciterà per salvazione. Lettera 5, Sardi: riceveranno la resurrezione, poiché staranno nel libro della Vita. Lettera 6, Filadelfia: saranno colonna nel santuario di Dio (Gerusalemme Celestiale) ed avranno il nome della Nuova Gerusalemme. Lettera 7, Laodicèa: Condivideranno la stessa vita divina di Gesù Cristo, quello che significa "sedersi presso di Lui, sul suo trono della Gerusalemme celestiale”. È cosicché troviamo una Chiesa di gran santità che dovrà governare ed evangelizzare un mondo nel quale ci sono cristiani e pagani. Precisamente nella descrizione della Gerusalemme terrena che scende dal cielo in Apocalisse 21,16 troviamo in forma simbolica descritta la potenza che ha dato Dio a questa sua nuova Chiesa per arrivare a tutti gli confini del mondo.

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Lì si dice che questa Gerusalemme che scende dal cielo ha la forma di un cubo, i cui lati misurano 12.000 stadi, che equivalgono in cifre rotonde a 2.200 chilometri. Anche questa dimensione ha dato molto lavoro agli esegeti per potere spiegarla, ma crediamo che il suo simbolismo è molto semplice e chiaro: la Gerusalemme terrena, cioè la Chiesa nel Regno di Dio terreno, avrà, in prima istanza, un'influenza simbolizzata per la luce divina che irradia, che raggiungerà tutto il mondo. Possiamo fare una prova molto semplice che ci convincerà di questo: prendiamo un planisfero e tagliamo nella sua stessa scala un quadrato di 2.200 chilometri di lato, e lo andiamo ubicando in differenti posizioni sulla carta geografica, con alcuna parte della sua superficie sopra la città di Gerusalemme. Vedremo che possiamo ottenere un'ubicazione che abbraccerà praticamente tutto il mondo conosciuto in quell'epoca, da Roma, passando per la Grecia ed Asia Minore, coprendo Pisidia, Bitinia, Cappadòcia, Siria, Mesopotamia ed il nord dell'Africa, comprendendo Egitto, Libia e Cirène. Ovviamente questo studio possiamo sofisticarlo utilizzando, per esempio, Google Map, ed arriveremo allo stesso risultato. Di questa maniera rimane chiaro il significato di questa enorme dimensione: l'influenza di Gerusalemme "raggiunge" i confini del mondo conosciuto allora, copre tutti i popoli e nazioni dell'orbe. Ma abbiamo un altro aspetto dimensionale sommamente importante: la città, in realtà, è un cubo, che ha anche un'altezza di 2.200 chilometri. Teniamo in conto i seguenti dati che ovviamente gli antichi ignoravano completamente: la prima cappa dell'atmosfera terrestre, la stratosfera, arriva fino ai 50 chilometri di altezza; quindi gli segue la mesosfera che arriva fino a 80/90 Km, e la termosfera che si prolunga fino a circa 600/800 km di altezza. Soltanto più in alto ci troviamo con l'esosfera, che raggiunge un'altitudine di circa 2.000 chilometri; in questa cappa dell'atmosfera i gas si disperdono a poco a poco fino a che la sua composizione è simile a quella dello spazio interplanetario, dove esiste praticamente il vuoto. Con questo ci rendiamo conto di che enorme è l’altezza della Gerusalemme terrena, e l'unico significato simbolico possibile è che, per l'epoca in cui fu scritto l'Apocalisse, si considerava che quell'altezza arrivava fino al cielo, fino alla dimora di Dio. Cioè, altrimenti, questo significa che la Chiesa terrena è unita con la Chiesa celestiale, c'è una comunicazione diretta tra i due stati della Chiesa. In questa unione, o, per spiegarlo con più proprietà teologica, in questa comunione, risiede la spiegazione della domanda che abbiamo fatto più dietro, rispetto ai santi risuscitati che si trovano alla Gerusalemme celestiale e regnano con Cristo per mille anni: su chi regnano? La risposta è molto semplice: regnano sul Regno di Dio terreno, governato per la Chiesa terrena, durante i "mille anni" della sua durata. E compiono anche una funzione sacerdotale, cioè, sono mediatori tra gli uomini e Dio, offrendo suppliche e preghiere per le necessità degli abitanti della terra. Questa funzione di regnare, essendo sacerdoti di Dio, la realizzano a partire del mistero della "comunione dei santi”. Vediamo con un certo dettaglio questo tema, perché è cruciale per potere spiegare il significato dell'instaurazione del Regno di Dio dopo la Parusia, nei suoi due stati differenti di "Regno di Dio terreno” e "Regno di Dio celestiale”, e comprendere perché Cristo è Re e governa, coi suoi santi, entrambe le realtà del suo Regno. La "comunione dei santi” si spiega comunemente di questa maniera: per essere la Chiesa il Corpo Mistico di Gesù Cristo, esiste tra tutti i suoi membri un'unione intima e profonda che è quello che si denomina "comunione dei santi”. Questo è un dogma, una verità di fede cattolica. In questo dogma, il termine "santi" deve intendersi del senso più ampio, poiché designa in primo luogo ai santi che si trovano già nella gloria del cielo, formando la Chiesa celestiale o trionfante, dopo a quelli che passano per l'ultima purificazione prima di entrare al cielo, nel Purgatorio (Chiesa Purgante), ed ai santi che stanno ancora nella terra in lotta permanente col peccato e la tentazione (Chiesa Militante).

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Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione "Lumen gentium" dà chiare precisioni su questo dogma di fede cattolica: * Si entra solo nella comunione dei santi stando in stato di grazia: N°49: “Tutti però, sebbene in grado e modo diverso, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo… Tutti infatti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in lui”. Vivere in una “stessa carità" e "essere di Cristo per possedere il suo Spirito" significano chiaramente stare in stato di grazia. * La "comunione dei santi” stabilisce una comunione di beni spirituali ed un'azione di alcuni a beneficio di altri: N° 49: “L'unione quindi di quelli che sono ancora in cammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata; anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dallo scambio dei beni spirituali” *C'è anche un'azione dei beati in favore del Corpo di Cristo: N°49: “A causa infatti della loro più intima unione con Cristo, gli abitanti del cielo rinsaldano tutta la Chiesa nella santità, nobilitano il culto che essa rende a Dio qui in terra e in molteplici maniere contribuiscono ad una più ampia edificazione (cfr. 1 Cor 12,12-27). Ammessi nella patria e presenti al Signore (cfr. 2 Cor 5,8), per mezzo di lui, con lui e in lui non cessano di intercedere per noi presso il Padre… La nostra debolezza quindi è molto aiutata dalla loro fraterna sollecitudine.” È di capitale importanza il principio che si stabilisce in virtù del quale è efficace l'aiuto dei beati nel cielo ai membri della Chiesa terrena: “sono più intimamente uniti a Cristo." Dobbiamo esaminare ora questo concetto alla luce della resurrezione dei santi, e per questo obbiettivo cercherò di appoggiarmi sull'eccellente opera del P. Candido Pozo, "Teologia del al di là”, e nel documento della Commissione Teologica Internazionale di 1990, "Alcune questioni rispetto all'escatologia." Il primo punto teologico fondamentale a tenere in conto è la differenza tra lo stato intermedio dell'anima separata del corpo, e la resurrezione, nella quale l'anima ritornerà ad unirsi al corpo. Come vedemmo già questo succederà nei santi in un momento determinato della storia umana conosciuto come la "fine dei tempi”, in consonanza con la Parusia o seconda Venuta di Cristo. Dall'inizio la dottrina cattolica accettò questi due stati, avendo chiaro che il primo era un stato ancora imperfetto. Vediamo alcune definizioni del documento citato della Commissione Teologica Internazionale che c'aiuteranno: "La differenza fondamentale tra l'uomo e le altre creature si manifesta nella sua tendenza innata alla felicità, provocando che l'uomo odi e respinga l'idea di un annichilimento totale della sua persona. Dato che l'antropologia cristiana include una dualità di elementi, lo schema corpo-anima, che possono separarsi in modo che uno di essi, la "anima spirituale ed immortale", sussista e sopravviva separatamente, a volte fu accusata di dualismo platonico... Come nella tradizione cristiana lo stato di sopravvivenza dell'anima dopo la morte non è definitivo né ontológicamente supremo, bensì, al contrario, "intermedio" e transitorio e diretto finalmente verso la resurrezione, l'antropologia cristiana ha caratteristiche che gli sono assolutamente proprie ed è differente della molto conosciuta antropologia dei platonici... Sant'Agostino espressa chiaramente il pensiero comune dei Padri scrivendo, a causa dell'anima separata: "Una specie di ardente desiderio naturale per governare il corpo è inerente all'anima... Mentre non si sia riunito col corpo, quell'ardente desiderio non sarà soddisfatto" (Sant’Agostino, De generi ad litteram, 12,35)…

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Anche San Tommaso deduce che nell'anima separata esiste una tendenza verso il corpo, cioè, verso la resurrezione: "È evidente che l'anima si unisce naturalmente al corpo e che si separa da lui contro la sua natura, e "per accidens." Per quel motivo, l'anima privata del corpo, mentre si trova senza lui, è imperfetta". (San Tommaso, “Super primam epistolam ad Corinthios”, c 15, lect 2)… Ugualmente lo stato intermedio si concepisce come transitorio, senza dubbio desiderabile per l'unione che implica con Cristo, ma in maniera tale che la speranza suprema sia sempre la resurrezione dei corpi Bisogna aggregare inoltre che nel cristianesimo detta riunione, dei fratelli in Cristo, raggiunge la sua cuspide alla fine della storia, quando gli uomini sono condotti per la resurrezione alla sua realtà esistenziale piena, perfino corporale... Così la vita è diretta verso la comunione con Cristo dopo la morte che già si raggiunge nello stato di anima separata, stato senza dubbio ontológicamente imperfetto ed incompleto.” In tutto quello esposto sopra si trova un'idea centrale, presente nella Chiesa fin dai Padri: l'anima separata, anche se è in presenza di Dio, vive un stato ontológicamente imperfetto, "desiderando ardentemente” tornare a riunirsi col suo corpo, più ancora tenendo in conto che l'anima "sa" che questo sarà un corpo glorificato e trasformato, destinato a vivere eternamente nel "nuovo cielo e nuova terra". Se lo stato dell'anima separata non è ancora perfetto, allora che cosa aggiunge il fatto della resurrezione? Seguiamo la spiegazione che dà il P. Candido Pozo: "Nella prima metà del Secolo XIII si fa strada la tendenza -che è stata dopo prevalente fino a tempi recenti- a stimare fortemente l'escatologia intermedia e poco la finale, in quanto a che si comincia ad interpretare la resurrezione gloriosa come qualcosa che apporta solo una nuova gioia accidentale al giusto già pienamente felice nello stato dell'escatologia Intermedia. La beatitudine nell'escatologia intermedia è senza dubbio già piena in quanto a che è visione faccia a faccia di Dio, e non un certo principio di retribuzione. Ma, se la cosa nuova che ci sarà data col giudizio finale è una gioia accidentale, l'importanza di quell'avvenimento è in sé stessa accidentale; la resurrezione ottiene, in questa prospettiva, un rilievo accidentale nell'insieme della dottrina escatologica. E, tuttavia, un'importanza accidentale della resurrezione non spiegherebbe l'insistenza e l'enfasi con che la Scrittura ed i Padri si riferiscono a quell’ "giorno del Signore”. Sembra che l'unica maniera di stimare debitamente l'escatologia finale sia supporre che per la resurrezione si dia un aumento intensivo di quello che è sostanziale della beatitudine; cioè, un aumento intensivo della visione di Dio, un aumento intensivo dello stesso possesso di Dio. Tale teoria rappresenta non pochi vantaggi; basta segnalare qui un riferimento mariológico: se la resurrezione dà un aumento intensivo del possesso beato di Dio e non solo una gioia accidentale, appare il profondo senso religioso del dogma dell'Assunzione; la glorificazione corporale sarebbe stata data a María in quanto che per essa si dà il più perfetto possesso di Dio per la Vergine... In sintesi, crediamo che una valutazione equilibrata delle due fasi dell'escatologia implicasse affermare che la resurrezione apporta non solo un godimento accidentale al felice, bensì un più intimo possesso di Dio.” Abbiamo trascritto questo testo, al quale aderiamo pienamente, per lasciare bene in chiaro che l’aiuto dei santi risuscitati alla Chiesa terrena, a partire dalla "Comunione dei santi” è indubbiamente molto maggiore di quello che esiste oggi mentre stanno nello stato intermedio di anime separate. Questo fatto è la base a partire dalla quale questi santi cittadini della Gerusalemme celestiale, alle ordine del Re di Re, sono gli strumenti per il governo della Gerusalemme terrena, durante il periodo conosciuto come "il millennio", secondo lo puntualizza il Capitolo 20 dell'Apocalisse. Questo ausilio, la cui base è l'intercessione, e che "Lumen Gentium" N° 50 riassume nel fatto che "rivolgiamo loro supplici, invocazioni e ricorriamo alle loro preghiere e al loro potente aiuto", vedemmo che è possibile perché i santi beati “sono più intimamente uniti a Cristo" (N° 49), unione che avrà un aumento intensivo a partire dalla resurrezione dei corpi.

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Ma affinché questa azione dei santi risuscitati sia efficace dobbiamo guardare anche la condizione spirituale di coloro che si trovano nella Chiesa terrena. La Teologia Ascetica e Mistica ci definisce che la crescita spirituale, o crescita nella perfezione cristiana o nella santità, che sostanzialmente si riferiscono alla stessa cosa, possiede una caratteristica distintiva che permette di conoscere il suo grado di avanzamento, che è l'apertura crescente alle mozioni dello Spirito Santo, cioè alle ispirazioni della grazia divina, quello che produce come risultato una percezione sempre più sicura di quale è la volontà di Dio per ognuno, ed una maggiore facilità per compierla. Detto altrimenti, lo sviluppo della grazia santificante nel credente, dono di Dio, si produce altrettanto con l'aiuto divino, dato per le nuove facoltà soprannaturali innestate nell'anima del cristiano per il battesimo (virtù infuse e doni dello Spirito Santo), quelle che gradualmente permettono di "divinizzare" l'azione dell'intelligenza e volontà umane. L'intelletto comincia a "captare" ogni volta con più chiarezza le mozioni che vengono dall’alto (contemplazione infusa), e la volontà si presenta a sua volta con docilità sempre maggiore agli impulsi della carità, quello che porta nel suo insieme, come puntualizzavamo più su, alla conoscenza della volontà di Dio ed al suo perfetto compimento (con le limitazioni del cristiano che stando ancora in questa terra non è impeccabile, come lo sarà nel cielo). È allora quando ha effetto la preghiera più importante del cristiano: "sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra." Se assumiamo che dopo la Parusía troveremo un mondo che oramai non starà sotto l'azione tentatrice di Satana e la sua corte di demoni, e che avrà una Chiesa santa, vedremo che ella spingerà anche ad una santità elevata ad un'umanità composta per cristiani e pagani che avranno affrontato il giudizio dei vivi e saranno sopravvissuti. Di questa maniera non solo i santi che governeranno al mondo bensì molti altri avranno non solo la sufficiente apertura spirituale per accedere facilmente "alle loro preghiere e al loro potente aiuto" dei santi intercessori nel cielo, dando vita ad una "comunione dei santi” rinnovata e vigorosa. Richiama l'attenzione come nei messaggi della Vergine María al P. Gobbi (vedere l'articolo "I messaggi di María al P. Gobbi e la seconda Venuta di Gesù Cristo"), si indica molte volte che ci sarà una rinnovata esperienza della comunione dei santi. C'è un altro aspetto sommamente importante relazionato con la forma in che Cristo "regnerà" nel suo Regno terreno, che è il riferito alla sua presenza Eucaristica nel mondo. Col ritorno alla terra assieme a Gesù nella Parusia della Chiesa rapita al cielo, che l'Apocalisse presenta simbolicamente come la discesa alla terra della Gerusalemme terrena, Sposa di Cristo dopo delle Nozze dell'Agnello (secondo quello descritto nel Capitolo 3 ed in questo Capitolo), tornerà ad instaurare la messa e la consacrazione del pane e del vino, con quello che ritornerà non soltanto il sacramento dell'Eucaristia, ricevuta nella comunione per i cristiani, ma anche l'adorazione a Gesù Sacramentato. Precisamente molti dei messaggi di María al P. Gobbi parlano di una gran rifioritura dell'adorazione eucaristica dopo della Seconda Venuta di Gesù Cristo (vedere "I messaggi di María al P. Gobbi e la Seconda Venuta di Gesù Cristo"). Nel messaggio del 14/06/1979, ricevuto in Garabandal, Spagna, la Vergine dice: “Il suo regno glorioso risplenderà soprattutto nel trionfo di Gesù Eucaristia, perché l'Eucaristia tornerà ad essere il cuore ed il centro di tutta la vita della Chiesa”. Precisamente l'adorazione del Santissimo Sacramento è una fonte enorme di grazie per il cristiano, e si costituisce in un mezzo sommamente efficace per aprirsi alle mozioni divine, come lo espressa San Giovanni: Giovanni 7,37-39: “Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.”

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Dal seno di Gesù glorificato sorgono i fiumi di acqua viva che rappresentano allo Spirito Santo che è dato ai credente. Nel Santissimo Sacramento si trova la presenza reale di Cristo glorificato, in corpo, sangue, anima e divinità, per quello che questa Parola si realizza interamente per ogni fedele che piega le sue ginocchia davanti alla presenza eucaristica di Gesù ed apre la sua mente ed il suo cuore con umiltà all'azione della grazia divina. Anche questa azione che trasforma e santifica la troviamo espressa con chiarezza in un altro messaggio della Santa Vergine al Padre Gobbi, del 21/08/1987: "Perché nell'Eucaristia, Gesù è realmente presente, rimane sempre con voi, e questa presenza si farà sempre di più forte, risplenderà sul mondo come un sole, e segnalerà il principio della nuova era. La venuta del Regno glorioso di Cristo coinciderà col maggiore splendore dell'Eucaristia. Cristo instaurerà il suo Regno glorioso col trionfo universale del suo Regno Eucaristico, che si svilupperà con tutta la sua potenza, ed avrà la capacità di cambiare i cuori, le anime, le persone, le famiglie, la società, la stessa struttura del mondo.” Non c'è dubbio che Gesù, dal Santissimo Sacramento, "regnerà" in forma reale e corporale nel Regno di Dio terreno, e produrrà la trasformazione interna dei cristiani, in primo luogo, il cui effetto sarà dopo quello di instaurare un mondo rinnovato pieno di pace, giustizia ed amore. Un ultimo aspetto che desideriamo puntualizzare in quanto al governo del Regno di Dio terreno per i santi, che incomincerà coi santi rapiti che ritorneranno alla terra, è la forma in cui si porterà a termine lo stesso. Non ci sono molte indicazioni nella Scrittura. Il riferimento più importante corrisponde all'esegesi fatta nel Capitolo 3.B.1 sulla figura di Apocalisse 11,4 (i due testimoni caratterizzati come quelli due olivi menzionati in Zaccaria 3 e 4), dove concludiamo che i rapiti al cielo che ritornano per prendere il governo terreno, ostenteranno tanto il potere politico come il religioso, benché ovviamente sarà un'assoluta teocrazia, poiché essi non saranno più che strumenti e rappresentanti del vero Re, Gesù Cristo. D) Senso del Regno di Dio terreno. Avendo contemplato fino qui gli avvenimenti mediante i quali si instaurerà il Regno di Dio nella sua fase terrena, anche chiamato il "Regno millenario", che crediamo che chiariscono le polemiche e discussioni su questo, senza opporsi a nessuno nei dogmi di fede cattolica (Vedere Capitolo 10), è importante esaminare la sua realtà da un altro punto di vista, che sempre tengono in conto i teologi e gli esegeti: le ragioni di convenienza della sua esistenza. Sebbene questa analisi non apporta nuovi dati rivelati, a partire dalla cui esegesi si possa definire l'interpretazione di avvenimenti che avallano l'instaurazione del Regno di Dio terreno, è complementare di tutto quello già esposto, e rinforza con ragioni teologiche quello che fu affermato prima. Queste ragioni di convenienza sono due principali: 1) Il grado di gloria eterna dei salvati. C'è un aspetto sommamente importante della dottrina escatologica cattolica che è preso in generale molto poco in conto, quello che fa che si abbia una comprensione molto povera, e perfino distorta, del senso della salvezza eterna: è quello che si riferisce al grado di felicità dei beati. Affinché questo concetto possa captarsi in tutta la sua ampiezza, percorreremo tutto il cammino dottrinale che ci farà sboccare in esso. La prima cosa che dobbiamo affrontare è un punto interrogativo cruciale: quale è stato il proposito di Dio per creare l'uomo? L'esponiamo succintamente (per maggiore dettaglio vedere il nostro libro "La piena vita cristiana, Capitolo 1). Dio che è amore pieno e perfetto, vuole condividere la sua vita divina e le sue infinite perfezioni con esseri che Egli crea, gli uomini, e così lo porta a termine col primo uomo e la prima donna nel

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Paradiso. Persa questa intimità con Dio per il peccato, l'uomo inizierà una faticosa tappa per ritornare alla intimità iniziale con il suo Creatore. Dopo di un lungo processo di rivelazione ed avvicinamento alle sue creature, che conosciamo come il periodo dell'Antico Testamento, arriverà l'inizio della pienezza dei tempi, con la prima Venuta al mondo di Gesù Cristo, in umiltà e povertà. Si inaugureranno i tempi della Redenzione e Salvazione del genere umano, dove, per il dono soprannaturale della grazia, la creatura tornerà ad avere aperto il libero accesso alla presenza di Dio, nel cielo, dopo del suo passo terreno, che costituisce il tempo nel quale dovrà optare nella sua libertà per accettare il dono del suo Creatore, ricevuto per i meriti di suo Figlio Gesù Cristo. Gli uomini che, docili alle ispirazioni della grazia, ottengano l'accesso al cielo, già sia in forma diretta morendo in santità piena, o dopo della necessaria purificazione, se sono rimasti con peccati o colpe senza remissione, compieranno con il proposito del suo Creatore quando diede loro la vita, che consiste in che vivano come i suoi figli adottivi nell'eterna beatitudine della sua presenza. L'elemento fondamentale del cielo è precisamente la visione di Dio “a faccia a faccia” (1 Cor. 13,12), denominata visione beatifica, quella che produce la felicità completa dei beati, poiché di quella visione che implica contemplare l'essenza stessa di Dio, i suoi attributi e perfezioni, nascono l'amore ed la gioia di Dio (può ampliarsi questo tema in "La piena vita cristiana" Parte 2, Cap. 6). Questa visione intuitiva di Dio è, pertanto, una realtà soprannaturale e sta al di sopra dell'intelletto umano. Si ha bisogno di un aiuto soprannaturale speciale affinché l'intelletto possa "vedere" intuitivamente a Dio; a questo aiuto divino se lo denomina "luce di gloria" ("lumen gloriae"), che è un dono soprannaturale che risiede nell'intelletto. L'esistenza e necessità della "luce di gloria" è una verità di fede divina e cattolica. Quello che ha un'enorme importanza è il fatto che questa capacità soprannaturale costituita per la "luce di gloria" dipende dal grado di crescita della carità ottenuto nella vita terrena, che equivale alla crescita in grazia, o, detto di un'altra forma, del grado di santità raggiunto nel momento della morte. Sorge allora una conseguenza molto chiara: dato che la crescita in grazia ed il grado di santità conseguente ottenuto fino al momento di abbandonare la vita in questa terra è differente per ogni persona, la "luce di gloria" avrà pertanto anche un grado differente nei beati. E questa differenza, a sua volta, produrrà che il grado di felicità o grado di gloria nei beati, derivato della visione beatifica, sia differente. In sintesi, ogni beato possiederà un grado di "luce di gloria" differente, conseguenza del grado di grazia santificante raggiunto concludendo la sua vita terrena, per cui la sua visione intuitiva di Dio o visione beatifica sarà più o meno profonda, della quale risulterà un grado maggiore o minore di felicità. Tutti i beati saranno sazi secondo il suo grado di felicità, ma alcuni godranno più profondamente di Dio che altri. Non prestare la dovuta attenzione a questa dottrina porta a che la gran maggioranza dei cattolici credano che ci sono solamente due opzioni: arrivare al cielo o andare all'inferno. Come risultato di questa dottrina a molti fedeli le appare una specie di "ingiustizia" di Dio, quando, per esempio, si pensa che un assassino può arrivare al cielo se prima di morire si pente sinceramente del suo crimine e riceve il sacramento della riconciliazione, così come arriverà una persona buona che si sacrificò tutta la sua vita per il bene altrui. Ma il dettaglio è che manca prendere in considerazione il grado di gloria che raggiungeranno uno ed un altro nel cielo, quello che darà loro per tutta l'eternità una gran differenza nel grado di felicità che godranno. Santa Teresa di Gesù diceva che ella sarebbe disposta a sottomettersi durante il resto della sua vita a tutte le sofferenze possibili in questo mondo, se quello gli assicurava un po' più di gloria per vivere nell'eternità. Esposto così in dettaglio questo aspetto fondamentale sul grado di felicità di coloro che si salvano, mettiamo la nostra attenzione in tentare di immaginarci come sarà la vita dei beati nell'eternità, una

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volta raggiunta la fine del mondo, cioè, quando si sarà completato il numero di figli adottivi che Dio manterrà con sé eternamente nel cielo. Ci imposteremo due ipotesi differenti, secondo in che circonstanze si produrrà questa fine della storia dell'umanità, col denominato Giudizio Finale: a) Il Giudizio Finale e la fine del mondo si produrranno con la Parusia di Gesù (dottrina cattolica tradizionale). Supponiamo meramente come un'ipotesi di lavoro che la Parusia del Signore si produca in questo Secolo XXI, come esponiamo nel Capitolo 3.B. Avremmo una popolazione mondiale stimata più o meno di 9.000 milioni di persone. Possiamo stimare anche il totale di persone che hanno vissuto fino ad ora nell'umanità, prendendo le tavole di popolazione esistenti, ed assumendo una longitudine media della vita delle persone, che per semplificare i calcoli la prendo in 50 anni. In questo modo sorgerebbero i seguenti dati che non pretendono avere la massima esattezza, ma servono per apprezzare gli ordini di grandezza relativi: Dall'inizio della storia biblica fino alla prima Venuta di Cristo: 1.200 milioni Dall'anno 1 dopo Cristo fino all'anno1.000: 2.500 milioni Dall'anno 1.000 dopo Cristo fino all'anno 1750: 3.800 milioni Dall'anno 1.751 fino all'anno 2.000: 9.500 milioni Totale di popolazione: 17.000 milioni Possiamo domandarci ora: di questa massa di persone che vissero e morirono nella terra, quanti sono stati grandi santi, e quanti sono cioè quelli che raggiungeranno la salvazione eterna, cioè che andranno al cielo? Ricorriamo all'informazione che diede il Cardinale José Saravia Martins, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, alla fine del pontificato di Giovanni Paolo II (vedere: "perché la Chiesa canonizza oggi? in www.iglesia.org/articulos/canoniza-hoy): La quantità di santi e beati canonizzati ascendeva a 764 e 2.082 rispettivamente, facendo un totale di 2.846 persone. Considerando secondo la tavola di popolazione vista che dall'esistenza del cristianesimo fino all'anno 2.000 hanno vissuto attorno di 15.800 milioni di persone, ci darebbe che ci sono stati approssimativamente un santo o beato riconosciuto per la Chiesa ogni cinque milioni di persone. Il Cardinale Saravia Martins fa una riflessione: "Se il numero dei cristiani che hanno vissuto santamente si riducesse a quelli che sono stati canonizzati o proclamati beati, ci vedremmo obbligati a riconoscere il fallimento totale della Chiesa nel compimento della sua missione. Per fortuna non è così, dato che in nessuna epoca hanno mancato i santi che costituiscono una moltitudine innumerabile, la cui commemorazione celebriamo nella solennità di tutti i santi.” Si prospetta qui la definizione di quello che crediamo è un santo. Riassumiamo quello che sviluppiamo in "La vita cristiana piena, La santità nella terra." Si può definire in generale alla santità cristiana come una partecipazione nella santità di Dio, che è per eccellenza il "santo", il tre volte santo. Da quando una persona partecipa alla vita divina per l'accoglienza della grazia santificante nel battesimo, è santa, e lo sarà fino a che non perda questa grazia a causa di peccato mortale. Ma succede che in generale si riserva il termine "santità", nell'uso corrente, per riferirsi ai gradi eminenti, più profondi della santità nell'uomo, poiché la santità è una nozione dinamica, giacché come è una vita nuova, soprannaturale, ricevuta come dono di Dio, ha un'evoluzione ed una crescita nel tempo, e, ovviamente, può essere anche persa.

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Se stiamo parlando di santi o beati riconosciuti per la Chiesa ci stiamo riferendo evidentemente a quelli cristiani che risaltarono per lo sviluppo della sua santità e furono notati, poiché è molto difficile nascondere la santità, essa brilla in una maniera tale che inevitabilmente attrae le persone. Possiamo ammettere qualunque ipotesi rispetto all'esistenza ignorata di altri grandi santi, per esempio che duplichi il numero dei riconosciuti, ed ancora ci troveremo in una proporzione molto bassa, di approssimativamente un gran santo per ogni due milioni e mezzo di persone che vissero nella terra dal principio del cristianesimo. Ma se ci riferiamo come santi a tutti quelli che hanno raggiunto la salvazione, tanto i battezzati sacramentalmente che hanno fatto parte della Chiesa degli Apostoli, come quelli che lo fecero per la volontà salvífica universale dal Padre (cf. Lumen Gentium N° 2, N° 15 e N°16), benché abbiano avuto la necessaria purificazione previa prima di arrivare al cielo, passando per il Purgatorio, dobbiamo pensare che sono una gran proporzione degli approssimativamente 17.000 milioni di persone che hanno vissuto nella terra, soprattutto fidandosi della gran misericordia di Dio, oltre a considerare la sua giustizia infinita. Ci troviamo così con un panorama molto speciale se guardiamo la "composizione" dei santi del cielo e dei quali, ancora nella tappa del Purgatorio, arriveranno anche lì: ci sarà una proporzione minima di santi con una gloria elevata, cioè, secondo lo spieghiamo prima, con un grado di "luce di gloria" tale che permette loro un alto grado di felicità nella sua visione beatifica, ed una travolgente maggioranza di santi con un grado di gloria molto piccolo che, ovviamente, saranno completamente sazi nella sua capacità di felicità, benché la stessa abbia un grado minimo. Possiamo incoraggiarci ora a fare una domanda che è tremendamente difficile, perché implica in qualche modo penetrare nei sentimenti di Dio, benché sìa certo che Dio ha voluto e vuole che gli uomini conoscano i suoi sentimenti verso essi: Si realizzerà di questa maniera il proposito di Dio creando l'uomo, per condividere eternamente la sua vita divina con le sue creature? O detto altrimenti: Sarà felice Dio condividendo la profondità della sua essenza divina con tanti pochi santi, mentre il resto potrà comprendere molto poco? Ed ancora questo panorama si aggrava in una maniera tremenda se applichiamo l'ipotesi prima che stiamo sviluppando in questo punto: se si produrrebbe la Parusía in questo secolo e terminasse il mondo col Giudizio Finale, ci sarebbero minimamente altri 9.000 milioni di persone che avrebbero la possibilità di integrarsi ai salvati nel cielo. Quanti di questa moltitudine sono oggi eminenti santi, e quanti quelli che comunque raggiungeranno almeno la salvazione? In un mondo materialista, dove l'ateismo pratico raggiunge proporzioni mai viste prima nell'umanità, non ci sono molte speranze che questo numero sia maggiore a quello che si ha avuto fino ad ora, e mi arrischiarei a dire che sicuramente sarà molto minore. Pertanto ci rendiamo conto che, prendendo solamente il concetto che una persona si salva o condanna, senza ponderare il tema del grado di gloria che si terrà nel cielo, stiamo occultando con le dottrine che presuppongono la fine del mondo al momento della Parusía, una situazione nell'eternità, nella Chiesa celestiale, di una povertà di grandi santi che chiama veramente l’attenzione. Si è confrontata sovente la presenza dei grandi santi nel cielo con la similitudine di un giardino bello e grande, che sarebbe la Chiesa celestiale, dove quegli eminenti uomini e donne di Dio sono incantevoli fiori che abbelliscono i prati eterni. Ma, col panorama visto, il cielo si vedrebbe come un'enorme e monotona prateria di erba, con alcuno che un altro fiore disperso qua e là, che non avrebbe molto simile col bel e colorito giardino che possiamo immaginarci. Questo paragone non è magari il migliore, ci sarebbero forse molti altri, ma credo che c'aiuti a prendere coscienza che in questa ipotesi ci sia qualcosa che non va bene, che forse non sia quello che Dio ha pensato per condividere durante tutta l'eternità con le sue creature.

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Vediamo che c'apporta la tesi sostentata in questo libro circa l'esistenza di un Regno di Dio terreno dopo la Parusia, con un tempo storico molto lungo. 2) L’apporto del Regno di Dio terreno. Esposta l'esistenza di una Chiesa rinnovata, la Gerusalemme terrena, che instaurerà il Regno di Dio nella terra, esteso a tutte le nazioni superstite del mondo, seguono conclusioni molto interessanti. Vedemmo già come, avendo esaminato la situazione che si darà nel Regno di Dio terreno, che sarà il compimento delle petizioni del Padre Nostro "venga il tuo Regno" e sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”, ci sono vari elementi che c'assicurano che si vivrà un “eone” (era) di gran santità e splendore cristiano: *Si partirà di un'umanità conformata per il resto che sarà sopravvissuto alla gran tribolazione, che avrà passato per il Giudizio dei Vivi (vedere il Capitolo 5.B), e che comprenderà cristiani che avranno resistito la persecuzione finale dell'Anticristo, che non avranno accettato adorare la sua immagine, ed ad uomini e donne non cristiani, ma conformando persone "di buona volontà", quelli che Lumen Gentium N° 16 definisce come: “Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo” *Ci sarà una Chiesa pura e santa, la Gerusalemme che avrà sceso dal cielo, figura che esprime il ritorno dei santi vivi alla terra come i nuovi apostoli, dopo essere stati rapiti, di esperimentare la Seconda Pentecoste, e di essere uniti come Sposa all’Agnello nelle sue Nozze. Questi grandi santi avranno la missione di evangelizzare tutta la terra, già preparata per gli avvenimenti che si saranno vissuti, e di guidare al popolo di Dio in un cammino di crescita in santità che non riconoscerà precedenti nell'anteriore storia della Chiesa. *In questo compito, tanto quelli evangelizzati come gli evangelizzatori, avranno l'aiuto prezioso dei santi risuscitati che abitano alla Gerusalemme celestiale chi, attraverso il mistero della comunione dei santi, potranno offrire in forma più intensa le sue "preghiere e il loro potente aiuto" (Lumen Gentium N°50), quelle che saranno effettive data la gran apertura spirituale che avranno la maggioranza dei cristiani. *Esisterà inoltre una rinnovata e profonda vita eucaristica, con la comunione e l'adorazione del Santissimo Sacramento, come fonte inesauribile di grazie per i cristiani. *Ci sarà anche un altro argomento molto importante: non esisterà oramai l'azione tentatrice di Satana, insieme a tutta la sua corte di demoni, perché il nemico dell'uomo sarà "rinchiuso nell’abisso", non avrà il permesso divino per agire tra gli uomini nella terra, avendo perso così la sua condizione di "padrone" del mondo, sconfitto egli ed i suoi seguaci per il Re di Re e Signore di Signori nella sua Parusia. Rimarrà, nonostante, l'azione interna che spinge verso il peccato all'uomo, conseguenza che nella sua natura caduta a causa del peccato originale risiede la tripla concupiscenza, fonte dei sette peccati capitali. Tuttavia, la crescita spirituale e l'uso fervoroso dell'aiuto dei sacramenti, farà che i cristiani del Regno terreno di Cristo possano vincere con molta maggiore facilità gli assalti del "uomo vecchio", quello che diminuirà il peccato nel mondo in una forma che oggi non conosciamo e che c'è impossibile da immaginare, col conseguente riflesso nella pace, la giustizia e la carità nelle relazioni umane. L'unione di tutti questi elementi farà che in questo "Regno Messianico" si produca la nascita di un enorme numero di grandi santi, quelli che, a sua volta, saranno esempi a seguire per il resto degli uomini, come faro che illuminerà le moltitudini, e che spingerà alla santità di molti, in una retroazione che trasformerà questo nuovo eone in una vera "fabbrica" di santi di enorme statura.

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Possiamo affermare allora che i "mille anni" di durata di questo Regno terreno che ci dà l'Apocalisse, sarà il lasso di tempo che Dio ha previsto per arrivare a coprire il giardino del Paradiso celestiale coi begli e vari fiori rappresentati per la moltitudine di grandi santi che Egli conosce solo quanti dovranno essere, affinché nell'eternità si realizzi definitivamente il suo proposito di avere numerosi figli adottivi tra le sue creature, per condividere con esse la sua vita divina e procurarli il maggiore grado di felicità senza fine. 3) La conversione degli ebrei e la sua incorporazione alla Chiesa. Esamineremo ora la seconda ragione di convenienza per l'esistenza del Regno terreno di Cristo o Regno millenniale, che si riferisce anche, in parte, all'effetto che studiamo nel punto anteriore, in quanto al sorgere di grandi santi. Abbiamo esposto già la nostra posizione in quanto alla conversione degli ebrei in massa, come popolo, a Gesù Cristo, nel capitolo anteriore, stimando che questa conversione si produrrà come conseguenza della Parusia del Signore, e non prima. Svilupperemo ora questo avvenimento con maggiore dettaglio, riferendoci a quello che verrà dopo quella conversione. Analizziamo già il testo biblico più importante su questo tema, costituito per la rivelazione di San Paolo nella Lettera ai Romani, Capitolo 11, sopra il quale ritorniamo ora. Lì Paolo espone come, il popolo dell'Israele, in una piccola parte accettò Cristo, costituendo la Chiesa primitiva, alla quale si incorporarono le nazioni pagane, e l'altra parte lo respinge, conformando all'Israele infedele che perde i suoi privilegi e la sua elezione. In questo scritto Paolo si fa varie domande: Romani 11,1;11-13: “Io domando dunque: Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch'io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino. Ora io domando: Forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta ai pagani, per suscitare la loro gelosia. Se pertanto la loro caduta è stata ricchezza del mondo e il loro fallimento ricchezza dei pagani, che cosa non sarà la loro partecipazione totale (“pleroma”)! Pertanto, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero.” Pablo stabilisce che la "pienezza" ("pleroma"), degli ebrei sarà una ricchezza per il mondo ancora maggiore che la sua caduta, che aprì a tutti i popoli della terra la possibilità di fare parte del Nuovo Israele. Indubbiamente questa "pienezza" si riferisce alla conversione di tutto l'Israele. Quindi abbiamo un'altra domanda dell'Apostolo: Romani 11,15: “Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti?” L'ammissione degli ebrei convertiti nella Chiesa se l'equipaggia qui con una "resurrezione dai morti." L'interpretazione di questa espressione bisogna prenderla in funzione di quello che Paolo sta esponendo, che è la ricchezza della Chiesa che produrrà la conversione di tutto l'Israele. In questo contesto può interpretarsi che la conversione dell'Israele produrrà una resurrezione spirituale nella Chiesa cristiana, tanto sia come che la sua conversione produca un effetto di emulazione in altri popoli pagani, come per il apporto di saggezza e rinnovazione che porterà pertanto alla Chiesa il tesoro conservato per il popolo ebreo per tanto tempo, le Scritture dell'Antico Testamento, che sapranno interpretare e spiegare alla luce di Cristo magari come non si sia fatto mai prima. I teologi cattolici, nella sua maggioranza sono d’accordo che la conversione dell'Israele non significherà un nuovo mezzo di salvazione del quale la Chiesa si sarebbe visto privata fino ad allora. Ma sì, invece, sarà una ricchezza che si incorporerà a lei per la sua crescita in santità e la conversione dei popoli pagani nel Regno terreno di Cristo.

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Riguardo agli ebrei in sé, possiamo incorporarli anche alle ipotesi che abbiamo svilluppato nel punto anteriore. Se il mondo terminasse appena prodotta la sua conversione, non si perderebbe tutta quella ricchezza che San Paolo sostiene con somma convinzione che il popolo dell'Israele apporterà alla Chiesa nella sua riammissione ad essa? E, inoltre, quanti grandi santi ebrei staranno in presenza di Dio per tutta l'eternità? Quanti "fiori" del popolo "amato per Dio a causa dei padri" (Romani 11,28), saranno presenti nel giardino celestiale per tutta l'eternità? La risposta in questo caso è chiara: molto pochi, alcuni dell'Antico Testamento ed altri pochi dell'epoca cristiana. Tuttavia, che differente sarebbe la situazione con all'esistenza di un Regno di Dio terreno! Quanti grandi santi del lignaggio di Abramo sorgerebbero nel decorso di questo Regno milleniale! E, inoltre, come sostenevamo prima, che importante aiuto per la Chiesa nella sua missione di evangelizare le nazioni pagane e governare il Regno di Dio qui nella terra! Vediamo allora con chiarezza come, attraverso tutto quello sviluppato in questo punto, la conversione del popolo ebreo e la sua incorporazione alla Chiesa presenta un'altra forte ragione di convenienza per l'esistenza del Regno terreno di Cristo, nel lungo lasso di tempo figurato per i "mille anni" che menziona il Libro dell'Apocalisse nel famoso capitolo 20. Rimangono così esposte queste due ragioni di convenienza molto importanti e la sua armonia con tutti gli argomenti sviluppati anteriormente, che è quello che si denomina "analogia della fede”, quando le ragioni di convenienza si riferiscono all'insieme dei dogmi cattolici, che ovviamente non è questo caso, ma la sua applicazione può essere fatta su qualunque sviluppo dottrinale.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 8: IL GIUDIZIO FINALE ED IL REGNO DI DIO ETERNO. A) La vita nel Regno di Dio terreno. Non troviamo nel Nuovo Testamento descrizioni sulla vita nel Regno terreno di Dio, ma dove troviamo numerose allusioni ad esso è nell'Antico Testamento, con le descrizioni profetiche dei tempi messianici. Tutti questi testi dei profeti hanno presentato e continuano a presentare un'enorme difficoltà per gli esegeti cattolici, che si trovano nel imbarazzo per adattare gli eventi che si descrivono, che appartengono indubbiamente all'ordine terreno, al concetto che si regge solitamente, nel senso che con la seconda Venuta di Gesù Cristo rimane inaugurato un unico ed eterno Regno celestiale popolato per tutta l'umanità redenta e resuscitata. Invece, è di una semplicità estrema l'interpretazione di queste stesse scene profetiche quando li riferiamo al Regno di Dio terreno o Regno Millenario che abbiamo descritto, considerando ovviamente che il popolo di Dio del quale si parla è il Nuovo Israele, o nuovo popolo di Dio, conformato per la Chiesa. Le profezie che troviamo aprono un panorama diafano e pieno di speranza, facendoci pensare che il desiderio di un mondo migliore, dove imperano la pace e la giustizia, non è un'utopia strampalata nata da menti che si trovano fuori della realtà, ma è qualcosa di molto concreto che Gesù Cristo vuole regalare alla sua Chiesa ed a tutti gli uomini della terra. C'affacceremo ora ad alcune di queste visioni profetiche, applicabili senza dubio al Regno di Dio terreno: Isaia 65,19-25: “Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza; poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto. Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto. Non fabbricheranno perché un altro vi abiti, né pianteranno perché un altro mangi, poiché quali i giorni dell'albero, tali i giorni del mio popolo. I miei eletti useranno a lungo quanto è prodotto dalle loro mani. Non faticheranno invano, né genereranno per una morte precoce, perché prole di benedetti dal Signore essi saranno e insieme con essi anche i loro germogli. Prima che mi invochino, io risponderò; mentre ancora stanno parlando, io già li avrò ascoltati. Il lupo e l'agnello pascoleranno insieme, il leone mangerà la paglia come un bue, ma il serpente mangerà la polvere, non faranno né male né danno in tutto il mio santo monte». Dice il Signore.”

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Ci sarà lunga vita, poiché si raggiungeranno facilmente i cento anni, qualcosa di molto raro nell'epoca di Isaia, ma che ora sappiamo che è perfettamente possibile. Nella mentalità dell'epoca significa anche che non ci sarà né violenza né guerre, né neanche fame e povertà, tutte cause principali delle morti premature. Non avranno lavori ed occupazioni dove il beneficio sia solamente per alcuni pochi poderosi, ma ogni persona godrà del suo proprio sforzo, che lo provvedrà un'abitazione degna e l'alimento necessario. I figli saranno realmente una benedizione, perché tutta sarà speranza per essi, poiché li accompagnerà sempre la benedizione di Dio. Perfino la natura e gli animali accompagneranno in qualche modo la pace ed armonia che esisterà in tutta la creazione. Isaia 11,5-9: “Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi la fedeltà. Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare.” Si presenta qui l'immagine di una pace paradisiaca, dove l'armonia tra l'uomo ed i suoi simili, e quella dell'uomo con la natura, rotta per la ribellione della creatura contro Dio, è ristabilita. Sono la pace e la giustizia messianiche, cantate anche per il salmista: "Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo” (Salmi 84,11-12). Ezechiele 36,8-14: “E voi, monti d'Israele, mettete rami e producete frutti per il mio popolo d'Israele perché sta per tornare. Ecco infatti a voi, a voi io mi volgo; sarete ancora lavorati e sarete seminati. Moltiplicherò sopra di voi gli uomini, tutta la gente d'Israele, e le città saranno ripopolate e le rovine ricostruite. Moltiplicherò su di voi gli uomini e gli armenti e cresceranno e saranno fecondi: farò sì che siate popolati come prima e vi elargirò i miei benefici più che per il passato e saprete che io sono il Signore. Ricondurrò su di voi degli uomini, il mio popolo Israele: essi vi possederanno e sarete la loro eredità e non li priverete più dei loro figli. Così parla il Signore Dio: Poiché si va dicendo di te: Tu divori gli uomini, tu hai privato di figli il tuo popolo, ebbene, tu non divorerai più gli uomini, non priverai più di figli la nazione. Oracolo del Signore Dio.” La terra non sarà oramai ostile come lo fu durante la gran tribolazione,con tutti i terremoti e catastrofi naturali, che devono rimanere ancora come un ricordo fresco negli spaventati sopravvissuti, ma tutto sarà propizio affinché ci siano frutti abbondanti e la natura offra agli uomini la fecondità del suo suolo. Le città diroccate saranno popolate nuovamente, ed a poco a poco si riedificherà tutto quello perso nella distruzione, benché senza dubbio il mondo sarà in qualche modo differente. Amos 9,13-15: “Ecco, verranno giorni, - dice il Signore - in cui chi ara s'incontrerà con chi miete e chi pigia l'uva con chi getta il seme; dai monti stillerà il vino nuovo e colerà giù per le colline. Farò tornare gli esuli del mio popolo Israele, e ricostruiranno le città devastate e vi abiteranno; pianteranno vigne e ne berranno il vino; coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto. Li pianterò nella loro terra e non saranno mai divelti da quel suolo che io ho concesso loro, dice il Signore tuo Dio.” In questo brano di Amos anche troviamo la figura della ricostruzione di tutto quello devastato, e che ogni uomo riceverà il frutto del suo lavoro e non sarà ingiustamente spogliato di esso. Il sfondo di tutte queste profezie è che finalmente gli abitanti del Regno Messianico possiederanno la terra, cioè, non ci sarà oramai sfruttamento dell'uomo per l'uomo, e tutti avranno una vita degna come figli di Dio. Necessariamente queste immagini profetiche fanno risuonare nella nostra memoria la descrizione della prima comunità cristiana che troviamo nei Atti degli Apostoli:

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Atti 2,42-47: “Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.” Atti 4,32-37: “La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba, che significa «figlio dell'esortazione», un levita originario di Cipro, che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l'importo deponendolo ai piedi degli apostoli.” Non è molto più quello che possiamo trovare nelle Scritture sul Regno di pace che instaurerà il Messia, ma è sufficiente per permettere che ci affaciamo a questo tempo di ineguagliabile pace, giustizia e carità, dove la santità fiorirà ed il nome di Dio sarà lodato per la sua gloria. B) Il destino di coloro che muoiono in questo Regno terreno. Abbiamo visto che con la Parusia di Cristo si produce la resurrezione dei santi, che insieme al Signore regnano nella Gerusalemme celestiale. Come vedremo nel punto "D" di questo capitolo, l'Apocalisse situa la resurrezione del resto dei morti al momento del Giudizio Finale, nel tempo della fine del mondo. Le anime di questi morti staranno evidentemente nel frattempo in due luoghi o stati, come se l'ami considerare: *Quelli che si salveranno, nel Purgatorio. *I dannati, nell'Inferno. Questa è la situazione che troviamo all'inizio del Regno di Dio terreno. Bensì man mano che trascorra la sua storia, gli uomini moriranno, e, d’accordo a tutto quello esposto fino ad ora, possiamo prospettarci le seguenti ipotesi sul suo destino dopo la morte: a) I santi rapiti che ritornarono con Cristo alla terra nella Parusia:

Vedemmo più sopra che esistono ragioni molto chiare per pensare che questi santi riceverono la confermazione in grazia, cioè, non si condanneranno oramai, perché non cadranno in peccato mortale. Nel caso che muoiano senza peccati né colpe per purgare, è logico pensare che andranno direttamente al cielo, per quello che dovrebbero ricevere la resurrezione in forma immediata, poiché la Gerusalemme celestiale sarà già solamente un Regno composto per risuscitati. b) I santi che sorgeranno nel Regno di Dio terreno. Il resto dei santi, tanto quelli che abbiano raggiunto questa meta per la sua costanza nelle tribolazioni dei tempi del fine, come quelli che arriveranno alla perfezione cristiana durante il Regno Milleniale, sarebbe anche logico pensare che, alla sua morte, dovrebbero arrivare al cielo, sperimentando la sua immediata resurrezione (non confondere questa ipotesi con le teorie moderne dei protestanti che negano, nell'attuale tappa della Chiesa previa alla Parusía, l'escatologia intermedia dell'anima separata, affermando che per ogni uomo la resurrezione succede nel momento della propria norte). c) Quelli che muoiano in grazia di Dio. Invece, quelli che arrivino alla morte stando in grazia, ma imperfettamente purificati, dovranno passare per la necessaria purificazione prima di potere entrare al cielo, per quello che il suo destino,

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almeno temporario, dovrebbe risultare il Purgatorio. In questo caso potrebbero esistere due possibilità distinte: *Le anime rimarrebbero nel Purgatorio fino al momento del Giudizio Finale, così come starebbero le anime dei morti che non presero parte della prima resurrezione. *Le anime uscirebbero dal Purgatorio una volta completata la sua purificazione, ed al arrivare al cielo dovrebbero ricevere l'immediata resurrezione. Questa ultima alternativa sembrerebbe essere la più probabile, poiché sappiamo che esiste la dottrina di pregare per le anime del Purgatorio ed offrire suffragi per esse, affinché si completi quanto prima sia possibile la sua purificazione. Cioè, la maggioranza dei teologi ammettono che la durata delle pene del Purgatorio è differente, poiché il reato contratto per ogni anima è differente. Indubbiamente c’è ancora molto per discernere e studiare in tutta questa questione, per quello che non andiamo oltre questa sintesi orientativa. C) La liberazione di Satana e la battaglia finale. Il Libro dell'Apocalisse, culminando il famoso Capitolo XX, ci segue descrivendo gli avvenimenti che succederanno all'instaurazione del Regno millenario di Cristo nella terra: Apocalisse 20,7-10: “Quando i mille anni saranno compiuti, satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magòg, per adunarli per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare. Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d'assedio l'accampamento dei santi e la città diletta. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.” In questi quattro versetti di molta intensità, vediamo gli avvenimenti che succederanno terminando il periodo simbolico dei "mille anni." Ci sarà un avvenimento commovente: l'Avversario dell'uomo, Satana, sarà liberato della prigione dove era stato incatenato per un Angelo poderoso (20,1-3). Misteriosa e spaventosa rivelazione, che produce un freddo mortale quando accettiamo la possibilità della sua realizzazione, poiché è come un temibile strepito che scuote la calma e la pace imperante nel Regno di Dio terreno. Tornerà a sorgere la tentazione diabolica tra gli uomini, magari aiutata per un tempo in cui la fede cristiana avrà cominciato a raffreddarsi nuovamente, stando già molto lontano nella storia e nella memoria tutto quello successo nella Parusía del Signore. Questa seduzione di Satana ai popoli per tornare a formare un esercito col quale affrontare ai santi e la città amata Gerusalemme (la Chiesa), si dirige specificamente a due popoli denominati "Gog" e "Magòg" che rappresentano ai regni e popoli anticristiani. Troviamo una fonte biblica molto chiara di questo testo, nel passaggio dei capitoli 38 e 39 di Ezechiele. Il profeta ha esposto nei capitoli anteriori la visione della restaurazione dell'Israele, che stava come morta, con le sue ossa secche esposte al sole, rivivendo ed alzandosi. Inoltre profetizza l'unione di tutto il popolo di Dio, Israele e Giudá, cioè, delle dodici tribù che compongono l'Israele completo. Avranno un solo re, il Messia discendente di Davide, che sarà il suo unico Pastore, chi stabilirà un'alleanza di pace eterna con quel popolo. Vediamo la profezia: Ezechiele 38,1-8: “Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell'uomo, volgiti verso Gog nel paese di Magòg, principe capo di Mesech e Tubal, e profetizza contro di lui. Annunzierai: Dice il Signore Dio: Eccomi contro di te Gog, principe capo di Mesech e Tubal, io ti aggirerò, ti metterò ganci alle mascelle e ti farò uscire con tutto il tuo esercito, cavalli e cavalieri tutti ben equipaggiati, truppa immensa con scudi grandi e piccoli, e tutti muniti di spada. La Persia, l'Etiopia e Put sono con loro, tutti con scudi ed elmi. Gomer e tutte le sue schiere, la gente di Togarmà, le estreme regioni del settentrione e tutte le loro forze, popoli numerosi sono con te. Sta' pronto, fa' i preparativi insieme con tutta la moltitudine che si è radunata intorno a te: sii a mia disposizione. Dopo molto tempo ti sarà dato l'ordine: sul finire degli anni tu andrai contro una

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nazione che è sfuggita alla spada, che in mezzo a molti popoli si è radunata sui monti d'Israele, rimasti lungamente deserti. Essa rimpatriò dalle genti e tutti abitano tranquilli.” Gog è un principe che comanda un esercito immenso e ben equipaggiato ed allenato disposto per la distruzione, ma che non ha il permesso divina per operare, il suo azionare si trova ostacolato ("ti metterò ganci alle mascelle"). Questa situazione ricorda chiaramente il periodo in che Satana è incatenato e paralizzato di agire durante il millennio. L'esistenza della Chiesa del regno Milleniale è descritta accuratamente in questa profezia: "una nazione che è sfuggita alla spada, che in mezzo a molti popoli si è radunata sui monti d'Israele". Sarà alla fine del mondo che queste forze nemiche dei santi saranno lanciate: "dopo molto tempo" e "sul finire degli anni tu andrai contro una nazione che è sfuggita alla spada” Quella sarà l'ordine che Dio gli darà a Gog: Ezechiele 38,14-16: “Perciò predici, figlio dell'uomo, e annunzia a Gog: Così dice il Signore Dio: In quel giorno, quando il mio popolo Israele dimorerà del tutto sicuro, tu ti leverai, verrai dalla tua dimora, dagli estremi confini del settentrione, tu e i popoli numerosi che sono con te, tutti su cavalli, una turba grande, un esercito potente. Verrai contro il mio popolo Israele, come un nembo per coprire la terra. Sul finire dei giorni io ti manderò sulla mia terra perché le genti mi conoscano quando per mezzo tuo, o Gog, manifesterò la mia santità davanti ai loro occhi.” Questi avvenimenti si produrranno senza nessun dubio alla fine del mondo ("sul finiré degli anni”), e, senza saperlo, Gog sarà lo strumento che Dio utilizzerà per mostrare il suo potere e santità, ostacolando che si realizzino i piani di questo terribile nemico del cristianesimo, che non potrà arrivare neanche a toccare la Città Santa. È molto interessante vedere come questa visione profetica di Ezechiele presenta l'azionare della tentazione di Satana, liberato della sua reclusione, su Gog, spingendo le sue ansie di potere e le sue macchinazioni, ed agendo, della stessa forma che altre volte, come il "idiota utile" di Dio. Ezechiele 38,10-12: “Dice il Signore Dio: In quel giorno ti verranno in mente dei pensieri e concepirai progetti malvagi. Tu dirai: Andrò contro una terra indifesa, assalirò genti tranquille che si tengono sicure, che abitano tutte in luoghi senza mura, che non hanno né sbarre né porte, per depredare, saccheggiare, metter la mano su rovine ora ripopolate e sopra un popolo che si è riunito dalle nazioni, dedito agli armenti e ai propri affari, che abita al centro della terra.” Il Signore, nella profezia, assicura la sconfitta di Gog, che si produrrà in mezzo a cataclismi, e specialmente per la caduta di fuoco e zolfo sulle sue forze: Ezechiele 38,19-22; 39,4-6: “Nella mia gelosia e nel mio furore ardente io vi dichiaro: In quel giorno ci sarà un gran terremoto nel paese di Israele: davanti a me tremeranno i pesci del mare, gli uccelli del cielo, gli animali selvatici, tutti i rettili che strisciano sul terreno e ogni uomo che è sulla terra: i monti franeranno, le rocce cadranno e ogni muro rovinerà al suolo. Contro di lui, per tutti i monti d'Israele, chiamerò la spada. Parola del Signore Dio. La spada di ognuno di essi sarà contro il proprio fratello. Farò giustizia di lui con la peste e con il sangue: farò piovere su di lui e le sue schiere, sopra i popoli numerosi che sono con lui, torrenti di pioggia e grandine, fuoco e zolfo. Tu cadrai sui monti d'Israele con tutte le tue schiere e i popoli che sono con te: ti ho destinato in pasto agli uccelli rapaci d'ogni specie e alle bestie selvatiche. Tu sarai abbattuto in aperta campagna, perché io l'ho detto. Oracolo del Signore Dio. Manderò un fuoco su Magòg e sopra quelli che abitano tranquilli le isole: sapranno che io sono il Signore.” Troviamo così nel passaggio di Ezechiele il correlato del racconto dell'Apocalisse, dove scende dal cielo un fuoco divoratore ed annichilisce a Gog e Magog ed i suoi eserciti. È sommamente importante questo testo profetico dell'Antico Testamento che rimane rivelato alla luce dell'esistenza del Regno di Dio terreno, poiché precisamente afferma la sua esistenza ("una nazione che è sfuggita alla spada, che in mezzo a molti popoli si è radunata sui monti d'Israele"), e che alla fine di un lungo periodo sopravverrà la distruzione della terra per il fuoco. Sarà allora il momento che Satana ritornerà definitivamente all'inferno, insieme a tutti i dannati, dove rimarrà per tutta l'eternità:

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Apocalisse 20,10: “E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.” Nel Nuovo Testamento troviamo un altro passo chiave su questi avvenimenti della fine del mondo, che anche ha provocato molti mal di testa agli esegeti che hanno tentato di adattare la sua descrizione ad una simultaneità della Parusia col Giudizio Finale: 2 Pietro 3,3-13: “Questo anzitutto dovete sapere, che verranno negli ultimi giorni schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo le proprie passioni e diranno: «Dov'è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione». Ma costoro dimenticano volontariamente che i cieli esistevano già da lungo tempo e che la terra, uscita dall'acqua e in mezzo all'acqua, ricevette la sua forma grazie alla parola di Dio; e che per queste stesse cause il mondo di allora, sommerso dall'acqua, perì. Ora, i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della rovina degli empi. Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell'adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia.” Troviamo negli empi una miscredenza circa la Parusia, e come il tempo passa e niente succede, si beffano di quelli che sostengono che "un giorno ritornerà Cristo." Ma l'autore della Lettera insiste che la promessa si realizzerà a tempo debito, nel momento che nessuno l'aspetterà, poiché i cieli e la terra attuali sono destinati alla distruzione nel Giorno del Signore. In questo passo appare un'interpretazione molto importante riguardo precisamente al "Giorno del Signore” o "Giorno dell'ira del Signore": questo "giorno" non corrisponde, ovviamente, alla durata di un giorno secondo il calendario degli uomini, ma è un periodo di tempo lungo, che si può definire di una durata di mille anni, secondo la misura umana del tempo. È esattamente la durata che da' l'Apocalisse del Regno di Dio terreno! La nostra conclusione è che "il Giorno" ha la durata che avrà il millennio, lasso durante il quale si eseguirà il giudizio di Cristo, che comprenderà allora a tutti gli avvenimenti che trascorrano tra la sua manifestazione visibile al mondo, la Parusia, e l'annichilimento materiale del mondo, il Giudizio Finale e l'instaurazione eterna dell'unica Nuova Gerusalemme. È cosicché con questa chiave possiamo capire chiaramente la spiegazione dei versetti 12 e13: i cieli e la terra si brucieranno, fonderanno e dissolveranno alla fine del "Giorno di Dio" che comincia con la seconda Venuta, dando luogo all'apparizione dei "nuovi cieli e una nuova terra", dove abiterà la giustizia perfetta per tutta l'eternità. Possiamo trovare una conferma a questa esegesi in un scritto di San Paolo, nella Seconda Lettera a Timoteo 4,1, in base al testo di alcuni traduzioni: Bibbia di Gerusalemme: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione (“epifania”) e il suo regno” Bibbia di Straubinger: “Ti sconcongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che giudicherà a vivi e morti, tanto nella sua manifestazione ("epifanía"), come nel suo regno”. A partire da questo passo si capisce molto bene che il giudizio di Cristo Gesù ai vivi ed i morti si svilupperà tanto per la sua Manifestazione o Seconda Venuta come per il tempo dal suo Regno, quello che coincide totalmente con la nostra interpretazione.

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Altre traduzioni, come la Bibbia del Popolo di Dio (Argentina) e la Bibbia dell'America Latina traducono: "Io ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che deve giudicare ai vivi ed i morti, ed a nome della sua Manifestazione e del suo Regno”. Si interpreta qui che lo scongiuro di Paolo è non solamente per la presenza di Dio e di Gesù Cristo, ma si aggiungono altri due motivi per la scongiur: la Manifestazione di Cristo ed il suo Regno. Tuttavia questa interpretazione non sembra molto solida, poiché questi due motivi addizionali danno l'impressione di essere ridondanti di fronte all'invocazione di Dio e Gesù Cristo, che comprendono tutto il resto. Con questa argomentazione si elimina la denominazione di "Venuta Intermedia" di Gesù che è sorta negli ultimi anni, specialmente nell'ambito di teologi italiani. È senza dubbio molto ben trovata la posizione che espone questa dottrina (vedere il nostro studio "La Venuta Intermedia di Gesù: analisi su questa dottrina"), in quanto all'instaurazione di un Regno terreno dopo la Parusia di Gesù ("Venuta Intermedia"). Ma nel nostro sviluppo sosteniamo che c'è solamente una Venuta di Gesù Cristo nella Parusia, dopo della quale il Signore regna nel suo Regno (tanto nel terreno come nel celestiale), durante tutto il periodo di tempo denominato "il millennio", finito il quale arriverà il Giudizio Finale e la fine del mondo, senza che sia necessaria una nuova "Venuta", poiché fino a lì tutto quello che succeda sarà effetto della Parusia. Di questa maniera prende un senso molto chiaro quell'espresso in questo passo della Seconda Lettera di Pietro, che risulta completamente in armonia con la rivelazione profetica dell'Antico Testamento, in questo caso di Ezechiele, e con quella dell'Apocalisse, nei passi che studiamo in precedenza. D) Il Giudizio Finale Universale. C'affacceremo ora alla contemplazione del magno atto della sovranità di Dio che conosciamo come il Giudizio Finale. La realtà di questo giudizio, con caratteristiche di universale è una verità di fede divina e cattolica definita, che stabilisce che Dio, attraverso Cristo, sarà il giudice di vivi e di morti, secondo le innumerabili definizioni del Magistero della Chiesa. In questo Giudizio compariranno tutti gli uomini resuscitati, per rendere conto dei suoi atti e ricevere il premio o la punizione eterna. Noi sosteniamo che il giudizio comincia con la Parusia del Signore e finirà con la fine del mondo, secondo gli avvenimenti che subito vedremo. Il Libro dell'Apocalisse presenta con figure di gran plasticità questo avvenimento che culminerà la storia dell'umanità: Apocalisse 20,11-15: “Vidi poi un grande trono bianco e Colui che sedeva su di esso. Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo senza lasciar traccia di sé. Poi vidi i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Furono aperti dei libri. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri, ciascuno secondo le sue opere. Il mare restituì i morti che esso custodiva e la morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.” "Colui che è seduto nel trono bianco" può essere Dio Padre, o magari, Egli e Cristo insieme, come definisce Apoc. 22,3, che presenta "il trono di Dio e l'Agnello." La terra ed il cielo conosciuti sparirono, come vedemmo nel punto anteriore, fusi ed annichiliti per il fuoco che discese dal cielo. Nella visione di Giovanni appaiono in primo luogo "i morti, grandi e piccoli" che stanno "ritti davanti al trono." L'espressione "ritti" o “stare in piedi” ha sempre nell'Apocalisse una connotazione di risuscitato (cf. 5,6, l'Agnello resuscitato, o 7,9, i santi risuscitati). Menziona il testo che "furono aperti dei libri" e che "dopo fu aperto un altro libro che è quello della vita." Ma i morti ai quali si sta riferendo in primo luogo "vennero giudicati secondo quello scritto nei libri, ciscuno secondo le sue opere." Cioè, questi morti che resuscitano, soffrono il giudizio secondo

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"quei libri", secondo le buone opere realizzate nella sua vita, e non secondo “il libro", della vita che si userà per giudicare alle altre categorie di morti che si descriveranno nei seguenti versetti. Chi sono questi "morti grandi e piccoli?" Nella nostra opinione sono i santi che stavano nella Città Amata, quando discese fuoco dal cielo. Cioè, questi santi muoiono e resuscitano immediatamente, e secondo le sue opere, che determineranno la sua statura spirituale o santità, grande o più piccola, ricevono tutti il premio della vita eterna, con un grado di gloria concorde ai meriti di ognuno. Un altro testo della Scrittura che ci mostra gli elementi che abbiamo visto anteriormente è di San Paolo: 1 Corinzi 3,7-15: “Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere. Non c'è differenza tra chi pianta e chi irrìga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco.” San Paolo si riferisce agli "collaboratori di Dio", gli apostoli come egli e quelli che li accompagnano, come il caso di Apollo, a chi si riferì in versetti anteriori. Hanno tutte distinte funzioni, secondo la vocazione che Dio ha dato ad ognuno; in questo caso Paolo si mette come esempio di chi inizia un'opera che altri continueranno, come nuovi servitori di Dio nella Chiesa. L'opera apostolica di ognuno sarà più o meno solida, più o meno preziosa, secondo la statura spirituale e l'attaccamento alla verità di ognuno, quello che si esemplifica con la varietà di materiali, dai più nobili e resistenti, come l'oro, l'argento e le pietre preziose, fino ai meno resistenti e grossolani, come il fieno e la paglia. Definito questo principio generale, Paolo ci trasporta al "Giorno del Signore, al momento del Giudizio Finale, dove gli ipotetici evangelizzatori saranno sottommessi al fuoco, che proverà la qualità della sua opera. È esattamente quello che esprime il passio finale del capitolo 20 dell'Apocalisse visto sopra. Ed osserviamo qualcosa di molto importante: la qualità del collaboratore di Dio sarà provata, e tutti si salveranno, tanto quelli che edificarono con oro come quelli che lo fecero con paglia, benché i primi ricevessero una ricompensa particolare. Diremmo che saranno "i grandi" nel cielo, quelli che otterranno una maggiore portata di gloria eterna. Secondo tutto quello esposta, crediamo che questo testo di Paolo esprima la stessa realtà che sosteniamo: i santi vivi, alla fine del mondo, quegli accampati alla Gerusalemme terrena, Città Santa, moriranno, resusciteranno e tutti saranno redenti, benché riceveranno un differente grado di gloria eterna. Seguendo col passo dell'Apocalisse visto in ultimo termine, appaiono dopo altre categorie di morti: *Quelli che sono restituiti per il mare che li custodiva. *Quelli che restituisce il Hades (inferí). *Quelli che restituisce la morte. Troviamo qui l'enunciazione di tutti gli uomini morti nel corso della storia dell'umanità, esclusi i santi che presero parte della prima resurrezione, i santi che dopo morirono ed anche resuscitarono (vedere punto B.b e c.) ed i santi vivi al momento della distruzione della terra che abbiamo menzioniato.

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Si presenta a questi morti acchiappati nel mare, che biblicamente simbolizza i domini del male (è di dove sorge la Bestia dal mare, l'Anticristo), e nei domini della Morte e del inferno (Hades o Sheol), il luogo dei morti secondo la dottrina ebrea. Ricordiamo che la Morte ed il Hades sono rispettivamente il cavaliere del quarto cavallo dei sigilli dell'Apocalisse, e chi gli segue, quelli che raccolgono le vittime delle guerre, la fame, le pesti e le catastrofi naturali. Tutti essi saranno giudicati secondo l'altro libro, il Libro della Vita, per la sua salvazione, o per vivere la morte seconda, la dannazione eterna, insieme al Diavolo, la Bestia, il Falso Profeta, la Morte ed il Hades, nel lago di fuoco (inferno). Questo è il momento della fine del mondo, dove tutto rimarrà consumato e dove finalmente avrà perfetto compimento il proposito eterno del Padre creando l'umanità. San Paolo presenta in forma magnifica questo momento, mostrando con chiarezza gli avvenimenti che precedono questa fine: 1 Corinzi 15,21-28: “Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.” Si intende di generale che Paolo si riferisce qui esclusivamente ai cristiani morti, ed espone un "ordine" di resurrezione, che abbraccia l'azione di Gesù Cristo tra la sua prima Venuta e la fine del mondo. In primo luogo, come primizia, resuscita Cristo dopo la sua morte di croce, quello che assicura nei cristiani la fede nella sua propria resurrezione: 1 Corinzi 15,13-14: “Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede.” In secondo termine si produrrà la resurrezione dei santi, "quelli che sono di Cristo", quando arrivi il tempo della sua Seconda Venuta, la Parusia, come lo studiamo nel Capitolo 5.B. Poi verrà la fine, che si definisce in questo passo come il momento in che Cristo abbia abbattuto ogni nemico, ogni potere avverso, essendo l'ultimo la stessa morte. È precisamente il tempo in che, secondo il testo dell'Apocalisse visto anteriormente, "la Morte e glil inferi furono gettati nello stagno di fuoco." Paragoniamo quello detto prima con un'altra espressione di San Paolo: Efesini 1,18-23: “Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, i ogni potenza e dominazione di ogni altro nome che si possa nominare on solo nel secolo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose.” Al presente secolo ("eone", vedere capitolo 7) esistono potenze angeliche opposte a Dio (Principati, Autorità, Potenze e Dominazioni), rispetto alle quali Cristo sta al di sopra, ma saranno anche presenti nel "eone" venturo, che corrisponde al Regno di Dio, tanto nella sua fase terrena come nella celestiale. Sarà in quello "eone" che il Signore dominerà queste Potenze e Principati, e le "sottometterà ai suoi piedi", ed allora, al iguale che l'espressione di 1 Corinzi 15,28, “Dio sarà tutto in tutti." Così ci troveremo nell'ora in che Cristo avrà finito di regnare nella terra, poiché avrà “sottomesso a tutti i nemici ai suoi piedi." Come indicano alcuni esegeti cattolici, il Regno che Gesù consegnerà al Padre deve intendersi di senso militare, attivo e combattivo, allo stile del "imperium" che si dava ai

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generali romani quando dovevano fare una campagna, che deponevano quando vincevano e celebravano il trionfo. Questo è il Regno Messianico che, combattivo e vittorioso, ottiene la sua finalità concreta: stabilire il Regno di Dio Padre nel mondo. Quando questo regno si sia stabilito per mezzo del trionfo definitivo sulle potenze del male, il Regno o "imperium" messianico cesserà ed allora sarà consegnato al Padre. Finisce San Paolo esprimendo una frase di profondo senso teologico, che condensa in forma magnifica quello che rappresenterà il Regno di Dio eterno: "Dio sarà tutto in tutti." E) La discesa della Nuova Gerusalemme Celestiale. Come presenta il libro dell'Apocalisse l'instaurazione del Regno di Dio dopo la fine del mondo terreno? Con la figura della Nuova Gerusalemme, la Città Santa, come la descrive nel capitolo 21,1-8 e 22,1-5, che abbiamo identificato con la Chiesa Celestiale. Questo testo l'analizzammo già nel Capitolo 7.A.1., nel suo paragone con la descrizione della Gerusalemme terrena che contiene il passo di 21,9-27, dove stabilimmo con chiarezza che si tratta di due realtà distinte, ma con lo stesso simbolismo: la Chiesa di Cristo. La Chiesa terrena si descrive come "la città santa, Gerusalemme", ed anche come "la fidanzata, la sposa dell'Agnello", e la visione mostra che "scendeva dal cielo, da Dio", quello che corrisponde al ritorno alla terra dei santi rapiti e sollevati “nell’aria”, che accompagnano Gesù Cristo nella Parusia. Invece, la Chiesa celestiale, esistente da sempre, perché è la dimora di Dio, che fin dalla resurrezione di Gesù Cristo accoglieva le anime dei santi, tanto quelli dell'Antico Testamento, ai quali Gesù andò a cercare al "Sheol", come quelli dell'epoca cristiana, e che con la Parusia accoglie ai santi gi`risuscitati, è anche descritta come “una sposa adorna per il suo sposo", ma se la differenzia dalla Gerusalemme terrena chiamandola "la Città Santa, la Nuova Gerusalemme." Perchè questa citta è nuova? Perchè l’obbietivo per il quale la nuova Gerusalemme scende dal cielo, e quello di occupare il posto che lasciò il Regno di Dio terreno dopo della sua sparizione consumato per il fuoco inviato dal cielo, che è precisamente il significato dell’espressione "la terra e il cielo erano scomparsi”, o, come dice 20,11, "il cielo e la terra fuggirono dalla sua presenza senza lasciar tracia." Per quel motivo la visione della Nuova Gerusalemme è presentata nel suo inizio con la frase "vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra." Questo è quello che c'evidenziano i due primi versetti del capitolo 21 dell'Apocalisse. Quindi segue la descrizione di questa Chiesa celestiale che analizziamo in dettaglio nel Capitolo 7. In questo modo si avrà terminato di completare la grandiosa assemblea celestiale che Giovanni aveva potuto vedere dall'inizio delle sue visioni, come lo descrive in 7,9-17, e che nella sua pienezza eterna rimane magnificamente descritta nella risonanza gloriosa di questi versetti: Apocalisse 22,3-5: “E non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell'Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli.” Che tutto quello che abbiamo visto c'ispiri il desiderio bruciante del ritorno di nostro Signore Gesù Cristo, affinché stabilisca il suo Regno tra noi, che implica che dobbiamo unirci col nostro massimo fervore alla preghiera della Chiesa guidata per lo Spirito Santo: "Lo Spirito e la Sposa dicono: «Vieni!» E chi ascolta ripeta: «Vieni!»” (22,17) La risposta sarà per noi la stessa con la quale culmina la Bibbia: "Colui che attesta queste cose dice: «Sì, verrò presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù!” (22,20).

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 9: Il Compimento delle Profezie Messianiche A) Concetti basilari per interpretare le profezie messianiche dell'Antico Testamento.

Tutti gli studi ed esegesi che si sono fatti sull fine dei tempi e l'instaurazione del Regno di Dio, già sia i tradizionali che considerano una sola fase: Venuta, Resurrezione, Giudizio Finale Universale e Regno di Dio celestiale ed eterno (che normalmente si denominano con la espressione "no millenaristi", e le differenti concezioni, chiamate in forma generica "millenaristi", che ammettono un Regno di Dio terrena intermedio, finiscono sempre con la necessità che sorge, come una specie di "filtro" delle tesi sviluppate, di evidenziare di che maniera si realizzano nella dottrina sostenuta le profezie dell'Antico Testamento sui tempi messianici, il famoso "Giorno dell'ira del Signore."

Si trovano in questo campo innumerabili proposte, cominciando da quelle che parlano di profezie già compiute con la prima Venuta di Gesù e la distruzione di Gerusalemme per i romani (dottrine dell’escatologia realizzata), fino acoloro che prendono queste profezie alla lettera e li applicano al popolo dell'Israele secondo la carne, non avendo allora più uscita che sviluppare la sua tesi del Regno di Dio terreno sulla base che sarà il popolo ebreo convertito quello che rimane nella terra, mentre la Chiesa cristiana è rapita al cielo ed abita alla Gerusalemme celestiale.

Molti altri cercano di sistemare queste profezie, generalmente utilizzando la risorsa dell'allegoria, affinché in un modo o nell'altro si vada dando già il suo compimento nella storia già trascorsa del cristianesimo, lasciando molto pochi annunci profetici per la fine dei tempi, quelli che non è possibile applicare a nessun avvenimento già trascorso.

Noi proponiamo una interpretazione basata nei chiari concetti cattolici sul significato biblico del "popolo di Dio" o "popolo dell'Israele" applicato ai tempi del cristianesimo. Il fatto di capire questo concetto provvede la chiave maestra che dà la comprensione piena di tutte le profezie dell'Antico Testamento riferite ai tempi della fine, e, qualcosa ancora più importante, permette che la sua lettura e meditazione siano applicate alle realtà del cristianesimo che si stanno vivendo oggi, ed anche a quelle che verranno nel futuro. Il riferimento migliore e più aggiornato che possiamo prendere è quello del Concilio Vaticano II, in modo che non rimangano dubbi di fronte a tutto quello esposto nei suoi magni documenti. Il

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Capitolo II della Costituzione Dogmatica "Lumen gentium" sulla Chiesa, ci parla rispetto al "popolo di Dio”. Vediamo alcuni testi:

9: “In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia (cfr. At 10,35). Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità. Scelse quindi per sé il popolo israelita, stabilì con lui un'alleanza e lo formò lentamente, manifestando nella sua storia se stesso e i suoi disegni e santificandolo per sé. Tutto questo però avvenne in preparazione e figura di quella nuova e perfetta alleanza da farsi in Cristo, e di quella più piena rivelazione che doveva essere attuata per mezzo del Verbo stesso di Dio fattosi uomo. « Ecco venir giorni (parola del Signore) nei quali io stringerò con Israele e con Giuda un patto nuovo... Porrò la mia legge nei loro cuori e nelle loro menti l'imprimerò; essi mi avranno per Dio ed io li avrò per il mio popolo... Tutti essi, piccoli e grandi, mi riconosceranno, dice il Signore » (Ger 31,31-34). Cristo istituì questo nuovo patto cioè la nuova alleanza nel suo sangue (cfr. 1 Cor 11,25), chiamando la folla dai Giudei e dalle nazioni, perché si fondesse in unità non secondo la carne, ma nello Spirito, e costituisse il nuovo popolo di Dio. Infatti i credenti in Cristo, essendo stati rigenerati non di seme corruttibile, ma di uno incorruttibile, che è la parola del Dio vivo (cfr. 1 Pt 1,23), non dalla carne ma dall'acqua e dallo Spirito Santo (cfr. Gv 3,5-6), costituiscono « una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo tratto in salvo... Quello che un tempo non era neppure popolo, ora invece è popolo di Dio » (1 Pt 2,9-10).”

13: “Tutti gli uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio. Perciò questo popolo, pur restando uno e unico, si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli, affinché si adempia l'intenzione della volontà di Dio, il quale in principio creò la natura umana una e volle infine radunare insieme i suoi figli dispersi (cfr. Gv 11,52). A questo scopo Dio mandò il Figlio suo, al quale conferì il dominio di tutte le cose (cfr. Eb 1,2), perché fosse maestro, re e sacerdote di tutti, capo del nuovo e universale popolo dei figli di Dio. Per questo infine Dio mandò lo Spirito del Figlio suo, Signore e vivificatore, il quale per tutta la Chiesa e per tutti e singoli i credenti è principio di associazione e di unità, nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere (cfr. At 2,42).

In tutte quindi le nazioni della terra è radicato un solo popolo di Dio, poiché di mezzo a tutte le stirpi egli prende i cittadini del suo regno non terreno ma celeste. E infatti tutti i fedeli sparsi per il mondo sono in comunione con gli altri nello Spirito Santo, e così « chi sta in Roma sa che gli Indi sono sue membra ». Siccome dunque il regno di Cristo non è di questo mondo (cfr. Gv 18,36), la Chiesa, cioè il popolo di Dio, introducendo questo regno nulla sottrae al bene temporale di qualsiasi popolo.”

Si conclude da questi testi conciliari con diafana chiarezza che il “popolo dell'Israele secondo la carne" fu “preparazione e figura (tipo) di quella nuova e perfetta alleanza da farsi in Cristo”. Pertanto, a partire dall'avvenimento della prima Venuta di Cristo, si costituisce il "nuovo popolo di Dio" o "nuovo Israele", convocato per il Signore e che include ebrei e gentili unificati non secondo la carne bensì nello Spirito Santo. Questo "Nuovo Israele" è designato come Chiesa di Cristo, e tutti gli uomini sono chiamati a fare parte di essa, senza nessun tipo di accezioni né distinzioni.

Di questa maniera, ogni profezia dell'Antico Testamento che si situa nei tempi escatologici, che ovviamente ancora non sono arrivati, che fa riferimento al "popolo di Dio, al "popolo dell'Israele", alla "Casa dell'Israele" o ad altre denominazioni equivalenti, deve applicarsi senza dubbio al "Nuovo popolo di Dio", o "Nuovo Israele" o, semplicemente, alla Chiesa di Cristo.

Con questa chiave di interpretazione dovrebbero leggersi allora le profezie escatologiche antiche, quello che sembrerebbe di essere, in principio, molto semplice. Ma sorge un'ulteriore difficoltà, che presenta la necessità di trovarle soluzione, per evitare l’apparizione di grandi problemi al cercare di studiare l'applicazione delle profezie dell'Antico Testamento al Nuovo Popolo di Dio.

Questo ostacolo appare quando troviamo profezie che si riferiscono alternativamente ai due regni in cui si divide il Regno dell'Israele come conseguenza dello scisma politico e religioso che si produrrà alla morte del re Salomone: il regno del Sud o regno di Giudà, composto per due tribù, quelle di Giudà e Beniamino, con capitale in Gerusalemme, ed il regno del Nord o regno dell'Israele, formato per le altre dieci tribù, con capitale in Samaria.

Ma sappiamo che il regno dell'Israele fu devastato dagli assiri, cadendo nel 722 A.C. la sua capitale Samaria, e dopo la sconfitta i suoi abitanti furono deportati alle lontane regioni del nord, dove si perderà ogni traccia delle dieci tribù che lo componevano.

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Quasi un secolo e mezzo più tardi il regno di Giudà sarà sconfitto dai Persiani, Gerusalemme ed il Tempio finiranno bruciati e distrutti, e la gran maggioranza del popolo ebreo soffrirà l'esilio in Babilonia. A continuazione di questi fatti, tutti i profeti posteriori annunceranno che nei tempi messianici, tempi escatologici nei quali L’Unto di Dio restaurerà al popolo eletto, si produrrà nuovamente l'unione delle dodici tribù dell'Israele.

Vediamo allora che, di fronte a queste realtà, non è facile applicare direttamente le profezie antiche alla Chiesa degli ultimi tempi, ma altre definizioni sono necessarie. Crediamo che per delucidare queste incognite sia molto utile ricorrere alla teoria del "tipo" e del "antitipo" che si applica alle rivelazioni profetiche.

Si definisce come "antitipo" l'oggetto principale di una profezia, quello che, rivelato per Dio attraverso un suo profeta, si realizzerà in un futuro. Invece, il "tipo" è l'avvenimento conosciuto e vissuto per il profeta, che prefigura quello che succederà a partire dalla visione o la parola profetica.

Vediamo alcuni esempi classici di questa dottrina che ci chiariranno la sua applicazione: nel Libro dell'Apocalisse la persecuzione ai cristiani per i romani, che succedeva nell'epoca in cui fu scritto (alla fine del secolo I) è il "tipo" della persecuzione che soffrirà la Chiesa fedele degli ultimi tempi ("antitipo"), per la "Gran Babilonia" in primo luogo, e finalmente per l’Anticristo.

Anche la distruzione di Gerusalemme per l'esercito romano nell'anno 70 è il "tipo" della distruzione per l'Anticristo ed i suoi seguaci della Gerusalemme dei tempi finali (Chiesa cristiana) che costituisce il "antitipo".

Gesù utilizza chiaramente questo simbolismo del "tipo" e "antitipo" nel suo discorso escatológico (Matteo 24, Luca 21), dove presenta l'assedio e la rovina di Gerusalemme per i romani come figura di quello che succederà nei tempi della sua seconda Venuta.

Nel Nuovo Testamento si usa la parola greca "typo", solitamente tradotta come "figura", precisamente per stabilire il concetto di "tipo" come stiamo definendolo. Vediamo alcuni esempi:

Romani 5,12-15: “Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Fino alla legge infatti c'era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura (“typo”) di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini.”

Il primo uomo, Adamo, come capo della razza umana, peccò e per la sua colpa il peccato e la morte ricadono sull'umanità. Il primo padre è "tipo" di Cristo, nuovo Capo della razza umana, che salva gli uomini del peccato e la morte, essendo dono di Dio per l'umanità.

1 Corinzi 10,1-11: “Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto. Ora ciò avvenne come esempio (“typo”) per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolàtri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci alla fornicazione, come vi si abbandonarono alcuni di essi e ne caddero in un solo giorno ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come fecero alcuni di essi, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di essi, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio (“typo”), e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi.”

Quello che succedè agli israeliti nella sua marcia per il deserto è il "tipo" che mostra quello che succederà alla fine dei tempi ("antitipo"), per averlo come avviso e non cadere nella stessa cattiva condotta.

Troviamo anche in altri testi il concetto di "antitipo":

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1 Pietro 3,18-21: “Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione; essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua. Figura (“typo”), questa, del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo”

Prendendo allora questa dottrina "tipologica", l'applicheremo allo scisma politico e religioso che si produce nel regno dell'Israele, considerando che è il "tipo" della separazione tra ebrei e cristiani ("antitipo") che produrrà la prima Venuta di Gesù Cristo. Vediamo in primo luogo i concetti del "tipo":

Dopo la morte del re Salomone, assunse come re suo figlio Roboamo, chi impose al paese carichi ancora più pesanti che quelli che aveva esatto suo padre per mantenere lo splendore del regno dell'Israele in generale, e specialmente di Gerusalemme ed il Tempio.

Questa situazione sboccò finalmente in un scisma politico, costituendosi da una parte il regno dell'Israele o regno del Nord con Geroboamo come re, formato per dieci delle dodici tribù, con capitale in Samaría, ed il regno di Giuda, nel sud, con capitale a Gerusalemme e diretto per Roboamo, rimanendo lì solamente "la casa di Davide", formata per le tribù di Giudà e Beniamino. Trascorreva l'anno 931 a.C.

Il regno dell'Israele cadde rapidamente nell'idolatria, come conseguenza che Geroboamo, per evitare che il popolo ritornasse a Gerusalemme per offrire sacrifici nel Tempio, e di quella maniera potesse abbandonare il regno del Nord, decide di costruire due vitelli di oro, ai quali colloca in Betel e Dan, affinché siano adorati come "il tuo dio, che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto" (cf. 1 Re 12,1-33).

Dopo di più di 200 anni, nell'anno 722 a.C. appare l'invasione del regno dell'Israele per gli assiri, che distruggono Samaria e deportano al nord agli israeliti, dei quali si perderà definitivamente la traccia nell'oscurità della storia, dando luogo alle cosidette “dieci tribù perse del Israele."

Il regno di Giuda, nonostante possedere il Tempio a Gerusalemme, cioè, il luogo dove si trovava la presenza di Dio ed il vero culto, cadrà anche maggioritariamente nell'apostasia, intestata per re empi ed idolatri che si vanno succedendo, fino a che nell'anno 587 la Città Santa sarà devastata per l'esercito dei persiani, il Tempio sarà distrutto, e la maggioranza degli ebrei saranno deportati alla lontana Babilonia.

Il profeta Zaccaria, 200 anni più tardi (anno 520 a.C.), profetizzerà sulla restaurazione messianica dell'Israele, e, con gran chiarezza, avrà visioni sulle due venute del Messia, Gesù Cristo, la prima in umiltà e la seconda col potere per eseguire il giudizio del "Giorno del Signore”. Nel Capitolo 11 presenta profeticamente la prima Venuta del Signore, utilizzando per ciò la figura del "Buon Pastore":

Zaccaria 11,4-14: “Così parla il Signore mio Dio: «Pasci quelle pecore da macello che i compratori sgozzano impunemente, e i venditori dicono: Sia benedetto il Signore, mi sono arricchito, e i pastori non se ne curano affatto. Neppur io perdonerò agli abitanti del paese. Oracolo del Signore. Ecco, io abbandonerò gli uomini l'uno in balìa dell'altro, in balìa del loro re, perché devastino il paese - non mi curerò di liberarli dalle loro mani». Io dunque mi misi a pascolare le pecore da macello da parte dei mercanti di pecore. Presi due bastoni: uno lo chiamai Benevolenza e l'altro Unione e condussi al pascolo le pecore. Nel volgere d'un sol mese eliminai tre pastori.

Ma io mi irritai contro di esse, perché anch'esse si erano tediate di me. Perciò io dissi: «Non sarò più il vostro pastore. Chi vuol morire, muoia; chi vuol perire, perisca; quelle che rimangono si divorino pure fra di loro!». Presi il bastone chiamato Benevolenza e lo spezzai: ruppi così l'alleanza da me stabilita con tutti i popoli. Lo ruppi in quel medesimo giorno; i mercanti di pecore che mi osservavano, riconobbero che quello era l'ordine del Signore. Poi dissi loro: «Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare». Essi allora pesarono trenta sicli d'argento come mia paga. Ma il Signore mi disse: «Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!». Io presi i trenta sicli d'argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore. Poi feci a pezzi il secondo bastone chiamato Unione per rompere così la fratellanza fra Giuda e Israele.”

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Qui il profeta svolge, a domanda di Yahveh, il ruolo del buon Pastore, essendo il tipo di Cristo. In primo luogo gli è chiesto che pascoli "le pecore da maccello" che rappresentano il resto del popolo di Dio fedele che soffre a conseguenza dei re cattivi e l'ingiustizia degli empi, che lo sfruttano crudelmente:

Salmi 44(43),18-23: “Tutto questo ci è accaduto e non ti avevamo dimenticato, non avevamo tradito la tua alleanza. Non si era volto indietro il nostro cuore, i nostri passi non avevano lasciato il tuo sentiero; ma tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose. Se avessimo dimenticato il nome del nostro Dio e teso le mani verso un dio straniero, forse che Dio non lo avrebbe scoperto, lui che conosce i segreti del cuore? Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello.”

Lo stesso Gesù riprenderà duramente i cattivi pastori in molti dei suoi discorsi (cf. Luca 11,37-53; Matteo 7,15), perché vedeva al popolo abbandonato come pecore senza pastore:

Matteo 9,36: “Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.”

Nel brano di Zaccaria il pastore pascola alle pecore prendendo due bastoni che hanno per nome “Benevolenza” ("Grazia") e "Unione", che simbolizzano, il primo, l’antica alleanza che Dio fece col popolo eletto, come la grazia della Nuova Alleanza fatta attraverso Gesù Cristo:

Giovanni 1,17: “Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.”

La "Unione" è quella che esiste tra le dodici tribù dell'Israele, come un unico regno sotto lo stesso re. Il pastore è respinto dalle pecore: “anch’esse si erano tediate di me", realizzandosi quello che succederà a Gesù:

Luca 19,41-42: “Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.”

Davanti a questo rifiuto del popolo il buon pastore l'abbandona ai nemici e le lotte interne, in segno del quale rompe il bastone "Grazia." Respingendolo e disprezzando la sua grazia, gli ebrei persero la promessa di Dio, preferendo la sua propria giustizia:

Romani 3,21-24: “Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti; giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono. E non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù.”

La giustizia di Dio si manifesta nella giustificazione del peccatore, per la grazia di Dio data agli uomini attraverso la Redenzione di Cristo Gesù.

Romani 10,1-4: “Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza. Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza; poiché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede.”

Gli ebrei ignorarono la giustizia di Dio, non l'apprezzarono come dovevano, e si inventarono un ideale di giustizia che era solo l'espressione del suo proprio orgoglio. Il buon pastore è licenziato per il popolo con disprezzo, poiché il salario che gli pagarono, trenta sicli d’argento, era il prezzo di un schiavo (cf. Mateo 27,3 -5). Tutto questo si realizzò in Gesù Cristo, chi fu consegnato ai sommi sacerdoti per Giuda per il prezzo di trenta monete di argento, il cui dopo, assalito per i rimorsi, li lanciò nel Tempio (cf. Mateo 27,3 -5). Il pastore rompe finalmente anche il secondo bastone, quello che significa la separazione del popolo israelita in due regni, Giudà ed Israele.

Se accettiamo che questa profezia è su Gesù Cristo, è evidente che non esisteva oramai più che Giudà nel momento della prima Venuta del Signore, per quello che in questa visione la frattura o scisma storico del popolo dell'Israele è chiaramente il "tipo" della separazione tra gli ebrei che respingeranno a Gesù ed il resto di essi che sì l'accettano e riconoscono, insieme alle genti che entreranno anche nella Chiesa, quello che costituisce il "antitipo."

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Questo lo sviluppa San Paolo nella Lettera ai Romani, capitoli 9 al 11, le cui affermazioni possono riassumersi dicendo che il popolo dell'Israele, prendendo una posizione contraria a Cristo o riconoscendelo come il Messia, rimane diviso in due porzioni: una, accettando Cristo, si trasforma nella Chiesa, il vero Israele, nuovo popolo di Dio, prolungamento dell'antico Israele, che sarà il fautore delle sue promesse. Continuità profonda e vera che, incorporando al popolo eletto le nazioni pagane, conserva come nucleo il "resto" annunciato per i profeti -gli ebrei credenti in Cristo- e costituisce la primitiva Chiesa.

L'altra parte, respingendolo, conforma l'Israele infedele, che perde la sua elezione, i suoi privilegi, e, come gruppo, si situa fuori della salvazione. L'Israele non ha perso l'elezione fondamentale di Dio a causa della quale tutti gli uomini sono chiamati alla salvazione, bensì l'elezione particolare che fece dell'Israele il depositario della speranza di salvazione e guardiano dei privilegi divini che appartengono oggi alla Chiesa.

Pertanto, questo sviluppo ci chiarifica un fatto sommamente trascendentale, che è un altro aspetto della chiave maestra che abbiamo per potere capire il senso delle profezie dell'Antico Testamento riferite con gli ultimi tempi, i tempi messianici: la venuta di Cristo produce un scisma nel popolo di Dio, apparendo da una parte la Chiesa, nuovo popolo di Dio, antitipo del regno di Giudà, che è il suo tipo, e per un altra parte gli ebrei che non riconoscono e respingono il Messia, che costituiscono l'antitipo del regno dell'Israele.

Quanta luce lancia questa interpretazione sul senso delle profezie dell'Antico Testamento! All'improvviso, gli innumerabili passi profetici che parlano della riunione delle 12 tribù dell'Israele nei tempi messianici prendono un senso diafano, senza dovere forzare con dottrine svariate un'interpretazione letterale riferita al popolo ebreo.

Quella riunione delle dodici tribù dell'Israele, alla fine dei tempi, non sarà più che, come dice San Paolo (Romani 11,16 -24), il reinserimento in un'unica radice santa dei rami naturali strappati dell'olivo (popolo ebreo), insieme ai rami silvestri (gentili) innestati prima in quella radice. Si realizzeranno allora le parole di Gesù trasmesse per San Giovanni:

Giovanni 10,16: “E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.”

Riassumendo, abbiamo due chiari concetti di interpretazione delle profezie dell'Antico Testamento per i tempi messianici:

*Il "Popolo di Dio", "Popolo dell'Israele", "Casa dell'Israele", si riferiscono al "Nuovo popolo di Dio" o "Nuovo Israele", che è la Chiesa di Cristo.

*Il "Regno dell'Israele" o "Efraím" o "le dieci Tribù", o altre denominazioni che designano il regno del Nord corrisponde agli ebrei come popolo negli ultimi tempi, mentre "il regno di Giudà”, o "Casa di Davide", o altri titoli che si dìano al Regno del Sud con capitale a Gerusalemme, corrisponde nei tempi escatologici alla Chesa Cristiana.

B) Analisi del compimento delle profezie messianiche.

Con questa base di interpretazione analizzeremo il compimento delle profezie escatologiche dell'Antico Testamento, quelle che divideremo per il suo riferimento in diversi temi. Bisogna tenere in conto un dato addizionale che concerne l'interpretazione delle profezie dell'Antico Testamento sui tempi messianici, facendo che abbiano diversa applicazione: è la differenza che sorge secondo si tratti della Prima Venuta di Gesù o della Seconda, fatto che era velato nelle profezie antiche (Venuta in povertà ed umiltà e Venuta con gloria e potenza). In ogni caso continueremo a chiarificare questa distinta applicazione delle profezie.

1) Apostasia ed allontanamento di Dio da parte degli uomini:

I profeti richiamano al popolo dell'Israele l'infedeltà e l'allontanamento di Dio per la sua apostasia, che per i tempi finali dobbiamo interpretare che si riferiscono alla Chiesa cristiana:

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Geremia 5,26-31: “Poiché tra il mio popolo vi sono malvagi che spiano come cacciatori in agguato, pongono trappole per prendere uomini. Come una gabbia piena di uccelli, così le loro case sono piene di inganni; perciò diventano grandi e ricchi. Sono grassi e pingui, oltrepassano i limiti del male; non difendono la giustizia, non si curano della causa dell'orfano, non fanno giustizia ai poveri. Non dovrei forse punire queste colpe? Oracolo del Signore. Di un popolo come questo non dovrei vendicarmi? Cose spaventose e orribili avvengono nel paese. I profeti predicono in nome della menzogna e i sacerdoti governano al loro cenno; eppure il mio popolo è contento di questo. Che farete quando verrà la fine?”

L'ingiustizia e l'ambizione dei malvagi spoglia i poveri ed indifesi, arricchendosi a costo di essi, ed acchiappandoli nei suoi inganni e trappole come se fossero uccelli cacciati. Succedono cose terribili nella terra, specialmente perché si falsifica la vera religione, attraverso falsi profeti e sacerdoti opportunisti che oramai non predicano né insegnano la verità, ma parlano di quello che gli piace udire agli uomini, di quello che non li interpella secondo le leggi di Dio.

Questo male, quello della religione falsificata e sistemata al gusto degli uomini, è uno dei peggiori mali che soffrono gli uomini, al che Dio un giorno gli metterà fine. Questa falsa religione è quella che definirà la maggiore impostura religiosa alla fine dei tempi, quando l'Anticristo proclami essere il Cristo vero che è ritornato nella sua Parusia, abolendo il vero culto, sopprimendo la messa e la consacrazione eucaristica, appoggiato per la falsa chiesa, comandata per un pseudo Papa, quello che l'Apocalisse denomina "il falso Profeta" o "Bestia della terra”.

Isaia 59,1-16: “Ecco non è troppo corta la mano del Signore da non poter salvare; né tanto duro è il suo orecchio, da non poter udire. Ma le vostre iniquità hanno scavato un abisso fra voi e il vostro Dio; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere il suo volto così che non vi ascolta. Le vostre palme sono macchiate di sangue e le vostre dita di iniquità; le vostre labbra proferiscono menzogne, la vostra lingua sussurra perversità. Nessuno muove causa con giustizia, nessuno la discute con lealtà. Si confida nel nulla e si dice il falso, si concepisce la malizia e si genera l'iniquità. Dischiudono uova di serpenti velenosi, tessono tele di ragno; chi mangia quelle uova morirà, e dall'uovo schiacciato esce una vipera. Le loro tele non servono per vesti, essi non si possono coprire con i loro manufatti; le loro opere sono opere inique, il frutto di oppressioni è nelle loro mani. I loro piedi corrono al male, si affrettano a spargere sangue innocente; i loro pensieri sono pensieri iniqui, desolazione e distruzione sono sulle loro strade. Non conoscono la via della pace, non c'è giustizia nel loro procedere; rendono tortuosi i loro sentieri, chiunque vi cammina non conosce la pace. Per questo il diritto si è allontanato da noi e non ci raggiunge la giustizia. Speravamo la luce ed ecco le tenebre, lo splendore, ma dobbiamo camminare nel buio. Tastiamo come ciechi la parete, come privi di occhi camminiamo a tastoni; inciampiamo a mezzogiorno come al crepuscolo; tra i vivi e vegeti siamo come i morti. Noi tutti urliamo come orsi, andiamo gemendo come colombe; speravamo nel diritto ma non c'è, nella salvezza ma essa è lontana da noi. Poiché sono molti davanti a te i nostri delitti, i nostri peccati testimoniano contro di noi; poiché i nostri delitti ci stanno davanti e noi conosciamo le nostre iniquità: prevaricare e rinnegare il Signore, cessare di seguire il nostro Dio, parlare di oppressione e di ribellione, concepire con il cuore e pronunciare parole false. Così è trascurato il diritto e la giustizia se ne sta lontana, la verità incespica in piazza, la rettitudine non può entrarvi. Così la verità è abbandonata, chi disapprova il male viene spogliato. Ha visto questo il Signore ed è male ai suoi occhi che non ci sia più diritto. Egli ha visto che non c'era alcuno, si è meravigliato perché nessuno intercedeva. Ma lo ha soccorso il suo braccio, la sua giustizia lo ha sostenuto.”

È tanto grande ed esteso il peccato nel mondo che sembra che Dio l'avesse abbandonato, che Egli non vuole udire né intervenire a beneficio degli uomini, benché sono essi che si separarono di Dio e, dandogli la schiena, l'ignorano. I versetti 7 e 8 sono citati da San Paolo in Romani 3,15-17, per dimostrare che tutti, ebrei e gentili, sono sotto il peccato.

Dopo della denuncia del profeta, a partire dal versetto 9 fino al 15, è il popolo accusato quello che prende la parola: "Per questo il diritto si è allontanato da noi e non ci raggiunge la giustizia."; si fa qui un'eloquente confessione collettiva, che servirà di introduzione alle promesse messianiche che chiuderanno il capitolo.

Vediamo le terribili denunce del profeta, applicabili totalmente ai tempi finali:

*Si parlano solo falsità e perfidia.

*Nessuno muove causa per giustizia, accettando ed approfittandosi dell'ingiustizia.

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*Non c'è chi giudichi con lealtà e verità.

*Le opere che si realizzano sono cattive ed inique.

*Le azioni degli uomini sono piene di violenza e si versa sangue innocente.

*I frutti di questi cammini dell'umanità sono di distruzione e la rovina.

*Non esistono né la pace né la giustizia.

2) Verrà un giorno col giudizio severo del Signore sul suo popolo corrotto e peccatore, che si conoscerà come "il Giorno del Signore", o semplicemente "quel giorno":

Isaia 2,6-12.17-19: “Tu hai rigettato il tuo popolo, la casa di Giacobbe, perché rigurgitano di maghi orientali e di indovini come i Filistei; agli stranieri battono le mani. Il suo paese è pieno di argento e di oro, senza fine sono i suoi tesori; il suo paese è pieno di cavalli, senza numero sono i suoi carri. Il suo paese è pieno di idoli; adorano l'opera delle proprie mani, ciò che hanno fatto le loro dita. Perciò l'uomo sarà umiliato, il mortale sarà abbassato; tu non perdonare loro. Entra fra le rocce, nasconditi nella polvere, di fronte al terrore che desta il Signore, allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra. L'uomo abbasserà gli occhi orgogliosi, l'alterigia umana si piegherà; sarà esaltato il Signore, lui solo in quel giorno. Poiché ci sarà un giorno del Signore degli eserciti contro ogni superbo e altero, contro chiunque si innalza ad abbatterlo; Sarà piegato l'orgoglio degli uomini, sarà abbassata l'alterigia umana; sarà esaltato il Signore, lui solo in quel giorno e gli idoli spariranno del tutto. Rifugiatevi nelle caverne delle rocce e negli antri sotterranei, di fronte al terrore che desta il Signore e allo splendore della sua maestà, quando si alzerà a scuotere la terra.”

L'Israele si è trasformato in un popolo inquinato per dottrine ed idee pagane che lo seducono ed attraggono, si riempì di beni ed accumulò ricchezze approffitandosi dei poveri ed indifesi, ed adora ogni tipo di idoli fabbricati per le sue proprie mani, dimenticando al suo Dio.

Sarà cosicché il Signore fisserà "un giorno" nel futuro, dove il suo giudizio si manifesterà a pieno con questo popolo prostituito agli idoli. È la situazione che vedemmo che si ripeterà nella Chiesa degli ultimi tempi, inquinata per lo spirito materialista e razionalista del mondo.

Gioele 1,13-15;2,1-3: “Cingete il cilicio e piangete, o sacerdoti, urlate, ministri dell'altare, venite, vegliate vestiti di sacco, ministri del mio Dio, poiché priva d'offerta e libazione è la casa del vostro Dio. Proclamate un digiuno, convocate un'assemblea, adunate gli anziani e tutti gli abitanti della regione nella casa del Signore vostro Dio, e gridate al Signore: Ahimé, quel giorno! È infatti vicino il giorno del Signore e viene come uno sterminio dall'Onnipotente. Suonate la tromba in Sion e date l'allarme sul mio santo monte! Tremino tutti gli abitanti della regione perché viene il giorno del Signore, perché è vicino, giorno di tenebra e di caligine, giorno di nube e di oscurità. Come l'aurora, si spande sui monti un popolo grande e forte; come questo non ce n'è stato mai e non ce ne sarà dopo, per gli anni futuri di età in età. Davanti a lui un fuoco divora e dietro a lui brucia una fiamma. Come il giardino dell'Eden è la terra davanti a lui e dietro a lui è un deserto desolato, non resta alcun avanzo.”

C'è un'esortazione del Signore alla penitenza ed il pentimento, per evitare le terribili conseguenze del suo giudizio quando venga nel suo "giorno". Questa esortazione arriverà agli uomini attraverso gli "apostoli degli ultimi tempi", nella proclamazione del Vangelo a tutto il mondo nei tempi finali, coi tre annunci successivi, come vedemmo nel Capitolo 2.D.3.

Amos 5,13-20: “Perciò il prudente in questo tempo tacerà, perché sarà un tempo di sventura. Cercate il bene e non il male, se volete vivere, e così il Signore, Dio degli eserciti, sia con voi, come voi dite. Odiate il male e amate il bene e ristabilite nei tribunali il diritto; forse il Signore, Dio degli eserciti, avrà pietà del resto di Giuseppe. Perciò così dice il Signore, Dio degli eserciti, il Signore: In tutte le piazze vi sarà lamento, in tutte le strade si dirà: Ah! ah! Si chiamerà l'agricoltore a fare il lutto e a fare il lamento quelli che conoscono la nenia. In tutte le vigne vi sarà lamento, perché io passerò in mezzo a te, dice il Signore. Guai a coloro che attendono il giorno del Signore! Che sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre e non luce. Come quando uno fugge davanti al leone e s'imbatte in un orso; entra in casa, appoggia la mano sul muro e un serpente lo morde. Non sarà forse tenebra e non luce il giorno del Signore, e oscurità senza splendore alcuno?”

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Qui nella voce del profeta Amos troviamo anche un'esortazione al pentimento, ad un cambiamento di condotta, quello che permetterà almeno ad un "resto" di salvarsi dalle conseguenze del "giorno di Yahveh”. Allo stesso modo che Gioele si descrive questo "giorno" come un giorno di tenebre, di oscurità, di lamenti dei peccatori.

Il "resto" composto per la Chiesa fedele che rimarrà nella vera fede nei tempi della fine, sarà in parte preservato dalle prove e tribolazioni mediante il "rapimento" (Capitolo 3.B.1.)

Sofonia 1,4-8.14-16: “Stenderò la mano su Viuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme; sterminerò da questo luogo gli avanzi di Baal e il nome stesso dei suoi falsi sacerdoti; quelli che sui tetti si prostrano davanti alla milizia celeste e quelli che si prostrano davanti al Signore, e poi giurano per Milcom; quelli che si allontanano dal seguire il Signore, che non lo cercano, né si curano di lui. Silenzio, alla presenza del Signore Dio, perché il giorno del Signore è vicino, perché il Signore ha preparato un sacrificio, ha mandato a chiamare i suoi invitati. Nel giorno del sacrificio del Signore, io punirò i prìncipi e i figli di re e quanti vestono alla moda straniera; È vicino il gran giorno del Signore, è vicino e avanza a grandi passi. Una voce: Amaro è il giorno del Signore! anche un prode lo grida. «Giorno d'ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione, giorno di rovina e di sterminio, giorno di tenebre e di caligine, giorno di nubi e di oscurità, giorno di squilli di tromba e d'allarme sulle fortezze e sulle torri d'angolo.”

Sofonia enuncia il giudizio di Dio nel suo "giorno", in particolare rispetto all'idolatria del suo popolo ed all'abbandono del suo Dio per abbracciare il culto dei pagani, con una purificazione profonda del popolo di Dio.

Anche il profeta Zaccaria parla della sopravvivenza di un "resto" dopo il terribile "Giorno di Yahveh":

Zaccaria 13,8-9: “In tutto il paese, -oracolo del Signore- due terzi saranno sterminati e periranno; un terzo sarà conservato. Farò passare questo terzo per il fuoco e lo purificherò come si purifica l'argento; lo proverò come si prova l'oro. Invocherà il mio nome e io l'ascolterò; dirò: «Questo è il mio popolo». Esso dirà: «Il Signore è il mio Dio».”

Spicca con chiarezza da questi testi profetici, come di molti altri simili, che ci sarà un giudizio del Signore molto severo contro il suo popolo eletto, curato per lui, ma i cui frutti non furono gli attesi, come riflette il profeta Isaia nella similitudine dell'Israele con una vigna:

Isaia 5,1-4.7: “Canterò per il mio dilecto il mio cantico d'amore per la sua vigna. Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l'aveva vangata e sgombrata dai sassi e vi aveva piantato scelte viti; vi aveva costruito in mezzo una torre e scavato anche un tino. Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica. Or dunque, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha fatto uva selvatica? Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi.” I frutti non apparvero, poiché invece del bene il popolo fece il male, praticò l'ingiustizia e si approfittò dei deboli ed indifesi, esemplificati per le vedove e gli orfani, ma, soprattutto, lasciarono da parte al Dio dei suoi genitori, quello che aveva realizzato portenti e prodigi un ed un'altra volta per ausiliare ai suoi eletti, per correre dietro gli idoli e le abitudini pagane delle nazioni che vivevano nella terra che avevano occupato.

Di questa maniera, per bocca dei profeti, il Signore annuncia il suo severo giudizio e punizione, per un "Giorno" terribile che verrà. Sarà a questo "Giorno" che corrisponderanno gli avvenimenti relazionati con la "Parusia" di Gesù Cristo ed il suo giudizio sui cristiani in generale, ed i santi vivi in particolare (Capitolo 3).

3) Questo "giorno" di giudizio del Signore raggiungerà anche tutti i popoli pagani della terra, che dovranno rispondere in generale per i suoi peccati, ed in particolare quelli che fecero soffrire al popolo eletto saranno giudicati con maggiore severità:

Isaia 13,1.4-9: “Oracolo su Babilonia, ricevuto in visione da Isaia figlio di Amoz. Su un monte brullo issate un segnale, alzate per essi un grido; fate cenni con la mano perché varchino le porte

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dei principi. Io ho dato un ordine ai miei consacrati; ho chiamato i miei prodi a strumento del mio sdegno, entusiasti della mia grandezza. Rumore di folla sui monti, simile a quello di un popolo immenso. Rumore fragoroso di regni, di nazioni radunate. Il Signore degli eserciti passa in rassegna un esercito di guerra. Vengono da un paese lontano, dall'estremo orizzonte, il Signore e gli strumenti della sua collera, per devastare tutto il paese. Urlate, perché è vicino il giorno del Signore; esso viene come una devastazione da parte dell'Onnipotente. Perciò tutte le braccia sono fiacche, ogni cuore d'uomo viene meno; sono costernati, spasimi e dolori li prendono, si contorcono come una partoriente; ognuno osserva sgomento il suo vicino; i loro volti sono volti di fiamma. Ecco, il giorno del Signore arriva implacabile, con sdegno, ira e furore, per fare della terra un deserto, per sterminare i peccatori.” Babilonia è per eccellenza il nemico dell'Israele, causante della rovina di Gerusalemme e dell'esilio massiccio di Giuda, essendo inoltre un popolo di abitudini pagane ed idolatre che si oppongono al Dio personale ed unico dell'Israele. È la Babilonia il tipo del popolo pagano e feroce che sottomette al popolo di Dio, e così sarà considerato fino alla fine della rivelazione del Nuovo Testamento, col Libro dell'Apocalisse.

A questi regni e nazioni arriverà loro il severo giudizio di Dio nel "Giorno del Signore". È quello che in primo luogo sviluppiamo nel Capitolo 5 di questo libro, col giudizio alla Gran Babilonia, e dopo all'Anticristo ed i suoi seguaci mediante i flagelli delle sette coppe.

Geremia 46,1.10-12: “Parola del Signore che fu rivolta al profeta Geremia sulle nazioni. Ma quel giorno per il Signore Dio degli eserciti, è un giorno di vendetta, per vendicarsi dei suoi nemici. La sua spada divorerà, si sazierà e si inebrierà del loro sangue; poiché sarà un sacrificio per il Signore, Dio degli eserciti, nella terra del settentrione, presso il fiume Eufrate. Sali in Gàlaad e prendi il balsamo, vergine, figlia d'Egitto. Invano moltiplichi i rimedi, non c'è guarigione per te. Le nazioni hanno saputo del tuo disonore; del tuo grido di dolore è piena la terra, poiché il prode inciampa nel prode, tutti e due cadono insieme.”

Questo oracolo espone il giudizio del Signore contro l'Egitto, un'altra delle nazioni simbolo della persecuzione all'Israele e della religione pagana, fin da quando si stabilisse la nazione ebrea, con la sua cattività in quello paese e la posteriore fuga assistito per la potenza del Signore nell'esodo verso la terra promessa.

Ezechiele 30,1-7: “Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell'uomo, predici dicendo: Dice il Signore Dio: Gemete: Ah, quel giorno! Perché il giorno è vicino, vicino è il giorno del Signore, giorno di nubi sarà il giorno delle nazioni. La spada verrà sull'Egitto e ci sarà l'angoscia in Etiopia, quando cadranno in Egitto i trafitti, le sue ricchezze saranno asportate e le sue fondamenta disfatte. Etiopia, Put e Lud e stranieri d'ogni specie e Cub e i figli del paese dell'alleanza cadranno con loro di spada. Dice il Signore: Cadranno gli alleati dell'Egitto e sarà abbattuto l'orgoglio della sua forza: da Migdòl fino ad Assuan cadranno di spada. Parola del Signore Dio. Sarà un deserto fra terre devastate e le sue città fra città desolate.”

Anche il profeta Ezechiele annuncia da parte di Dio il giudizio e la rovina dell'Egitto nel "Giorno di Yahveh", rimanendo distrutte le sue città, come quelle di altri popoli pagani. Così come fu annunciato al suo popolo eletto, cadrà il giudizio implacabile del Signore sulle nazioni pagane idolatre, molto specialmente su quelle che sottomisero, perseguirono e spianarono alla nazione dell'Israele.

Sarà punita molto particolarmente la superbia ed altezzosità dei popoli, che essendo potenze militari, si crederono padroni delle nazioni più deboli ed indifese, sottomettendoli all'oppressione, non solo politica ed economica, bensì la religiosa, pretendendo di allontanarli dal Dio che si era rivelato al suo popolo eletto.

4) Il "Giorno del Signore", oltre a costituirsi in giorno di giudizio, tanto per l'Israele come per le nazioni pagane, produrrà anche la nascita di una terra rinnovata e restaurata, per cui si dovrà distruggere previamente tutto quello esistente.

Perirà una buona parte dell'umanità, rimanendo solamente un "resto", tanto del popolo di Dio come delle nazioni pagane, e la terra sarà trasformata come conseguenza di catastrofi cosmiche non viste mai prima. Si ritornerà allora ad un stato di pace e giustizia como non si sarâ vissuto mai tra gli uomini.

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Isaia 13,9-13: “Ecco, il giorno del Signore arriva implacabile, con sdegno, ira e furore, per fare della terra un deserto, per sterminare i peccatori. Poiché le stelle del cielo e la costellazione di Orione non daranno più la loro luce; il sole si oscurerà al suo sorgere e la luna non diffonderà la sua luce. Io punirò il mondo per il male, gli empi per la loro iniquità; farò cessare la superbia dei protervi e umilierò l'orgoglio dei tiranni. Renderò l'uomo più raro dell'oro e i mortali più rari dell'oro di Ofir. Allora farò tremare i cielo e la terra si scuoterà dalle fundamenta per lo sdegno del Signore degli eserciti, nel giorno della sua ira ardente.”

Nelle parole profetiche di Isaia si annuncia la distruzione delle cose esistenti e la sussistenza di una piccola porzione dell'umanità. La rinnovazione e restaurazione della terra è annunciata nell'espressione “e la terra si scuoterà dalle fundamenta."

Isaia 24,1-6: “Ecco che il Signore spacca la terra, la squarcia e ne sconvolge la superficie e ne disperde gli abitanti. Avverrà lo stesso al popolo come al sacerdote, allo schiavo come al suo padrone, alla schiava come alla sua padrona, al compratore come al venditore, al creditore come al debitore, a chi riceve come a chi dà in prestito. Sarà tutta spaccata la terra, sarà tutta saccheggiata, perché il Signore ha pronunziato questa parola. È in lutto, languisce la terra; è squallido, languisce il mondo, il cielo con la terra perisce. La terra è stata profanata dai suoi abitanti, perché hanno trasgredito le leggi, hanno disobbedito al decreto, hanno infranto l'alleanza eterna. Per questo la maledizione divora la terra, i suoi abitanti ne scontano la pena; per questo sono bruciati gli abitanti della terra e sono rimasti solo pochi uomini.”

In questo passo il profeta riafferma gli elementi del "giorno di Yahveh": terra devastata, pochi sopravvissuti umani, e si definisce con chiarezza il peccato dell'umanità: la terra creata per il Signore, dove tutto era buono, è stata profanata dai suoi abitanti, che ruppero il proposito del suo Creatore e trasgredirono le sue leggi sacre.

Gioele 3,3-4.4,14-15: “Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. Folle e folle nella Valle della decisione, poiché il giorno del Signore è vicino nella Valle della decisione. Il sole e la luna si oscurazo e le stelle perdono lo splendore.”

Descrive il profeta Gioele i grandi segni cosmici che accompagneranno il "Giorno del Signore", affinché non ci siano dubbi tra gli abitanti della terra che il giudizio del Signore è arrivato.

Isaia 11,6-9: “Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare.”

Sarà ristabilita nella terra l'armonia tra l'uomo, la natura, i suoi simili e Dio, che fu rotta per la ribellione dell'essere umano contro Dio, che generò il peccato e le sue funeste conseguenze.

Isaia 25,6-10: “Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza. Poiché la mano del Signore si poserà su questo monte». Moab invece sarà calpestato al suolo, come si pesta la paglia nella concimaia.” La visione profetica paragona le benedizioni che verranno dopo il "giorno del Signore" con un banchetto strapieno di succulente vivande. Non ci sarà oramai tristezza, perché lo stesso Signore asciugherà le lacrime del suo popolo, e la morte sarà sconfitta per sempre.

Gioele 4,17-18: “Voi saprete che io sono il Signore vostro Dio che abito in Sion, mio monte santo e luogo santo sarà Gerusalemme; per essa non passeranno più gli stranieri. In quel giorno le montagne stilleranno vino nuevo e latte scorrerà per le colline; in tutti i ruscelli di Viuda scorreranno le acque. Una fonte zampillerà dalla casa del Signore e irrigherà la valle di Sittìm.”

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È una figura dell'abbondanza che fluirà sull'umanità ed il popolo di Dio restaurati ed in armonia col suo creatore, per opera della misericordia del Signore.

Amos 9,11-15: “In quel giorno rialzerò la capanna di Davide, che è caduta; ne riparerò le brecce, ne rialzerò le rovine, la ricostruirò come ai tempi antichi, perché conquistino il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è stato invocato il mio nome, dice il Signore, che farà tutto questo. Ecco, verranno giorni, - dice il Signore - in cui chi ara s'incontrerà con chi miete e chi pigia l'uva con chi getta il seme; dai monti stillerà il vino nuevo e colerà giù per le colline. Farò tornare gli esuli del mio popolo Israele,e ricostruiranno le città devastate e vi abiteranno; pianteranno vigne e ne berranno il vino; coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto. Li pianterò nella loro terra e non saranno mai divelti da quel suolo che io ho concesso loro, dice il Signore tuo Dio.” Si rinnovano attraverso Amos le promesse del Signore di restaurare al suo popolo per ritornarlo alle condizioni più brillanti della sua storia ("i tempi antichi").

Il profeta Ezechiele fa apparire la promessa di restaurazione e prosperità dell'Israele futuro immediatamente dopo di avere promesso l'effusione del suo Spirito a tutti gli uomini:

Ezechiele 36,33-38: “Così dice il Signore Dio: «Quando vi avrò purificati da tutte le vostre iniquità, vi farò riabitare le vostre città e le vostre rovine saranno ricostruite. Quella terra desolata, che agli occhi di ogni viandante appariva un deserto, sarà ricoltivata e si dirà: La terra, che era desolata, è diventata ora come il giardino dell'Eden, le città rovinate, desolate e sconvolte, ora sono fortificate e abitate. I popoli che saranno rimasti attorno a voi sapranno che io, il Signore, ho ricostruito ciò che era distrutto e ricoltivato la terra che era un deserto. Io, il Signore, l'ho detto e lo farò». Dice il Signore Dio: «Permetterò ancora che la gente d'Israele mi preghi di intervenire in suo favore. Io moltiplicherò gli uomini come greggi, come greggi consacrati, come un gregge di Gerusalemme nelle sue solennità. Allora le città rovinate saran ripiene di greggi di uomini e sapranno che io sono il Signore».” Si riedificherà tutto quello distrutto nel "Giorno di Yahveh", e la terra sembrerà un nuovo giardino dell'Eden. Il "resto" salvato si moltiplicherà e ripopolerà la terra rinnovata. Saranno i sopravvissuti dell'umanità che soffrì il Giudizio di Cristo ai vivi, che popoleranno il Regno di Dio terreno.

5) Si stabilirà tra il Signore ed il "resto" del suo popolo una nuova Alleanza che rimpiazzerà l'antico patto di Dio col suo popolo:

Il frutto più importante del "Giorno di Yahveh" consisterà in una profonda rinnovazione spirituale del popolo di Dio, dove non sarà oramai necessario un sforzo dell'uomo per tentare di compiere le opere della Legge di Dio, ma dal suo stesso interno, dal suo cuore, sorgerà l'impulso necessario, dato per Dio stesso, per andare per i suoi cammini e non allontanarsi da Lui.

Isaia 44,1-5: “Ora ascolta, Giacobbe mio servo, Israele da me eletto. Così dice il Signore che ti ha fatto, che ti ha formato dal seno materno e ti aiuta: «Non temere, Giacobbe mio servo, Iesurùn da me eletto, poiché io farò scorrere acqua sul suolo assetato, torrenti sul terreno arido. Spanderò il mio spirito sulla tua discendenza, la mia benedizione sui tuoi posteri; cresceranno come erba in mezzo all'acqua, come salici lungo acque correnti. Questi dirà: Io appartengo al Signore, quegli si chiamerà Giacobbe; altri scriverà sulla mano: Del Signore, e verrà designato con il nome di Israele».”

Troviamo qui la promessa del Signore di effondere il suo Spirito e le sue benedizioni sulla "posterità" dell'Israele, dopo che la terra sia rimasta come un deserto per il giudizio di Dio nel "Giorno di Yahveh", quello che sarà come una pioggia di fresca acqua per gli assetati. Si produrrà una piena conversione del popolo di Dio, che apparterrà interamente al Signore.

Isaia 59,20-21: “Come redentore verrà per Sion, per quelli di Giacobbe convertiti dall'apostasia. Oracolo del Signore. Quanto a me, ecco la mia alleanza con essi, dice il Signore: Il mio spirito che è sopra di te e le parole che ti ho messo in bocca non si allontaneranno dalla tua bocca né dalla bocca della tua discendenza né dalla bocca dei discendenti dei discendenti, dice il Signore, ora e sempre.”

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Quelli che si convertano sinceramente a Dio riceveranno lo Spirito di Dio, quello che costituirà un nuovo patto del Signore con tutta la discendenza del popolo eletto.

Geremia 31,31-34: “«Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. Non come l'alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d'Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Parola del Signore. Questa sarà l'alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».”

Questa profezia stabilisce senza nessun tipo di dubbio una nuova Alleanza di Dio col suo popolo, in "giorni che verranno", "dopo quei giorni", cioè, in occasione del "Giorno del Signore." La Legge di Dio rimarrà registrata all'interno dell'uomo, nel suo cuore, messa lì per Dio, quello che significa l'annuncio profetico della grazia santificante che si spargerà sugli uomini come conseguenza della Redenzione di Gesù, che aprirà loro la porta per la Salvazione eterna.

Quello che era stato impossibile per l'uomo nell'Antico Testamento a partire unicamente delle sue forze umane, ora sarà possibile, perché l'uomo riceverà da parte di Dio un dono soprannaturale, la grazia, che si incorporerà al suo essere naturale e gli darà la possibilità di raggiungere la salvazione di Dio, entrando nel suo Regno.

Lo Spirito Santo darà a tutti la capacità di conoscere in forma personale a Dio, di sperimentare il suo amore e salvazione. Non può interpretarsi in nessun modo questo passo nel senso che non sarà oramai necessaria la predicazione né l'insegnamento apostolico, poiché la grazia ricevuta dà la facoltà potenziale della conoscenza di Dio ("conoscere" nel senso ebreo di un'esperienza concreta) e delle sue verità, ma ha bisogno di una crescita guidata per maestri ed assistita per i sacramenti, poiché altrimenti non produrrà frutti di santità.

Ezechiele 36,24-28: “Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio.”

Lo Spirito che ispirò i profeti, nei tempi messianici si infonderà in tutto il popolo eletto, il quale, purificato dei suoi peccati, riceverà come se fosse un nuovo cuore, che rimpiazzerà all'antico cuore duro come "pietra."

Questo Spirito guiderà ai redenti per il cammino sicuro dei precetti e norme del Signore, che saranno ubbidite con allegria e facilità.

Gioele 3,1-5: “Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il mio spirito. Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamati.”

Questa profezia è applicata da Pietro nel suo discorso dopo l'evento di Pentecoste, significando che lo Spirito Santo si è sparso secondo quello predetto per il profeta Gioele. Questo succederà come conseguenza del "Giorno di Yahveh", dove quelli che siano considerati degni nel giudizio di Dio sopravvivranno e formeranno la nuova umanità nel Regno di Dio.

È molto importante avere chiaro che nella visione dei profeti dell'Antico Testamento ancora era velata la rivelazione sulle due venute del Messia, la prima in povertà ed umiltà e la seconda in gloria e maestà. Pertanto questa Nuova Alleanza e l'effusione dello Spirito Santo si realizza, in primo luogo, con l'incarnazione (prima Venuta) di Gesù Cristo, che sparge il dono della grazia e mette a portata dell'uomo la sua Salvazione e Redenzione, con gli aiuti soprannaturali necessari per la

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conversione e santificazione dei cristiani, quello che permetterà loro di avere aperto l'accesso al Regno di Dio.

Ma ci sarà un'altra istanza, con la seconda Venuta del Signore dove si produrrà una nuova e forte effusione dello Spirito Santo nella Chiesa, e, attraverso lei, sull'umanità, e che darà come frutto il Regno di Dio terreno o Regno milleniale, dove inoltre sarà sparita l'influenza tentatrice di Satana, incatenato nell'abisso.

6) Apparirà il Messia, inviato per Dio, nei tempi finali, per compiere le sue promesse.

La parola "messia" ha origine ebreo, e significa "unto", che è la persona consacrata al servizio a Dio. Nell'Antico Testamento l’unzione si produceva versando olio consacrato sul capo dell'eletto, usandosi a questo effetto per i re, i profeti ed i sommi sacerdoti.

Dopo, col tempo ed il divenire della storia del popolo dell'Israele, l'espressione "messia" prenderà un significato più personale e concreto, che si applicherà ad un unto del Signore definito, che avrà una missione specifica per il popolo ebreo.

Si riconoscono alcune profezie "messianiche", cioè, con relazione a questo "unto" del Signore molto antichi, appartenenti al Pentateuco o libri della Legge (i cinque primi Libri della Bibbia):

La prima promessa delal Bibbia tradizionalmente considerata come messianica è quella del libro del Genesi, anche conosciuta come il "proto-vangelo", cioè, predecessore del Vangelo:

Genesi 3,14-15: “Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».”

Con queste parole Dio condanna al tentatore per eccellenza, il diavolo, e consola agli uomini fin dall'inizio della creazione, promettendo che ci sarà un tempo che un discendente della donna schiaccerà la testa del proprio Satana. Ma si rivela anche che questo discendente soffrirà a causa del serpente che personifica il nemico dell'uomo, che lo produrrà patimenti fisici (le "insidierà il calcagno").

Questo futuro Messia, che qui si denomina come "stirpe" della donna, è già definito come qualcuno che sarà concepito senza partecipazione di uomo, poiché non se lo nomina come discendente di un padre fisico.

Troviamo dopo al Signore parlando profeticamente ad Abramo:

Genesi 22,15-18: “Poi l'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse:«Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».”

Nel testo ebreo la parola "discendenza" ("stirpe") è in singolare, riferendosi così ad un discendente specifico, non a vari. Così San Paolo l'interpreta e l'applica a Cristo come il vero Messia:

Galati 3,16: “Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furon fatte le promesse. Non dice la Scrittura: «e ai tuoi discendenti», come se si trattasse di molti, ma e alla tua discendenza, come a uno solo, cioè Cristo.”

Un'altra antica profezia messianica la pronuncia il patriarca Giacobbe, nipote di Abramo:

Genesi 49,9-10: “Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi oserà farlo alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli.”

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Il scettro ed il bastone del comando sono simboli dell'esercizio della regalità per la dinastia di Davide, della tribù di Giuda, fino all'arrivo di un re ideale che estenderà il suo dominio su tutti i popoli.

Numeri 24,15-19: “Egli pronunciò il suo poema e disse: «Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo dell'uomo dall'occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell'Altissimo, di chi vede la visione dell'Onnipotente, e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi. Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set, Edom diverrà sua conquista e diverrà sua conquista Seir, suo nemico, mentre Israele compirà prodezze. Uno di Giacobbe dominerà i suoi nemici e farà perire gli scampati da Ar».”

Questa è la famosa profezia di Balaam, profeta convocato per i principi di Moab per maledire gli israeliti. Ma Balaam, mosso per lo Spirito di Dio benedice al popolo ebreo e trasmette quattro oracoli del Signore, l'ultimo dei quali è quello che trascriviamo, e lì il profeta annuncia, sotto la figura di una stella, l'apparizione del Messia come gran re dell'Israele.

Deuteronomio 18,15-18: “Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore tuo Dio, sull'Oreb, il giorno dell'assemblea, dicendo: Che io non oda più la voce del Signore mio Dio e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia. Il Signore mi rispose: Quello che hanno detto, va bene; io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò.”

Dio promise solennemente a Mosè inviare al popolo israelita, al suo tempo, un gran profeta che parlerà per bocca di Dio. Questa profezia è applicata a Gesù per Pietro (Atti 3,22 -23) ed è citata da Stefano (Atti 7,37). Lo stesso Gesù allude ad essa in Giovanni 5,45-47.

Dopo del Pentateuco, troviamo nuove profezie relative al Messia, specialmente durante il regno di Davide attraverso i Salmi:

2 Samuele 7,8-13: “Ora dunque riferirai al mio servo Davide: Così dice il Signore egli eserciti: Io ti presi dai pascoli, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi il capo d'Israele mio popolo; sono stato con te dovunque sei andato; anche per il futuro distruggerò davanti a te tutti i tuoi nemici e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo a Israele mio popolo e ve lo pianterò perché abiti in casa sua e non sia più agitato e gli iniqui non lo opprimano come in passato, al tempo in cui avevo stabilito i Giudici sul mio popolo Israele e gli darò riposo liberandolo da tutti i suoi nemici. Te poi il Signore farà grande, poiché una casa farà a te il Signore. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno.”

La promessa del Signore è molto chiara: susciterà un discendente del re Davide che avrà affermato il suo trono per sempre, quello che succederà in un tempo futuro, dove si compieranno le promesse messianiche di pace e senza nemici.

Salmi 2,1-12: “Perché le genti congiurano, perché invano cospirano i popoli? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia: «Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami». Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall'alto il Signore. Egli parla loro con ira, li spaventa nel suo sdegno: «Io l'ho costituito mio sovrano sul Sion mio santo monte». Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra. Le spezzerai con scettro di ferro, come vasi di argilla le frantumerai». E ora, sovrani, siate saggi istruitevi, giudici della terra; servite Dio con timore e con tremore esultate; che non si sdegni e voi perdiate la via. Improvvisa divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia.”

Questo Salmo si conosce come il Salmo messianico per eccellenza. È applicato a Gesù per gli apostoli nel suo discorso dopo la liberazione di Pietro e Giovanni (Atti 4,25 -27), per San Paolo nel suo discorso ad Antiochia (Atti 13,33), ed è citato in Ebrei 1,5 e 5,5. I versetti 5 e 12 si riferiscono chiaramente al "giorno del Signore" annunciato per i profeti ("la sua ira divampa all’improvviso".

Il "Unto" è qui il Re escatologico, il Messia, chi riceverà tutto l potenza di Dio Padre e si trasformerà nel Re dell'umanità.

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Questo Salmo riconosce come parallelo il Salmo 110, che è anche famoso, e del quale Sant’ Agostino dice: "Breve per il numero delle parole, grande per il peso delle sentenze":

Salmi 110 (109): “Oracolo del Signore al mio Signore: «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: «Domina in mezzo ai tuoi nemici. A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato». Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek». Il Signore è alla tua destra, annienterà i re nel giorno della sua ira. Giudicherà i popoli: in mezzo a cadaveri ne stritolerà la testa su vasta terra. Lungo il cammino si disseta al torrente e solleva alta la testa.”

In questo prezioso Salmo si trova il germe della rivelazione della divinità del Messia futuro. Il Messia è qui proclamato Figlio di Dio (Dio lo glorifica alla sua destra e lo genera eternamente). Lo stesso Gesù utilizza questo Salmo per proclamare la doppia natura del Cristo: Matteo 22,41-46: “Trovandosi i farisei riuniti insieme, Gesù chiese loro: «Che ne pensate del Messia? Di chi è figlio?». Gli risposero: «Di Davide». Ed egli a loro: «Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore, dicendo: Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?». Nessuno era in grado di rispondergli nulla; e nessuno, da quel giorno in poi, osò interrogarlo.”

Gesù Cristo, come uomo, è figlio di Davide, è il suo discendente (cf. Mateo 1,1: e"Genealogia di Gesù Cristo, figlio di David, figlio di Abramo"), ma in quanto è anche Dio, allora è il suo Signore. Gesù proclama di questa maniera con molta chiarezza la divinità della sua Persona comefiglio eterno e consustanziale del Padre.

È molto importante determinare con chiarezza la rivelazione profetica che il Messia atteso sorgerà quando arrivi il "Giorno di Yahveh."

Un primo passo importante in questo senso lo troviamo nel Libro del profeta Isaia, nei capitoli 11 e 12. Vediamo i brani più rilevanti:

Isaia 11,1-4: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese. La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento; con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio.”

Si descrive con chiarezza al Messia, della discendenza di Davide, figlio di Iesse. Troviamo in altri passaggi biblici l'espressione "germoglio" applicata al Messia:

Isaia 4,2: “In quel giorno, il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e ornamento per gli scampati di Israele.”

Zaccaria 3,8-10: “Ascolta dunque, Giosuè sommo sacerdote, tu e i tuoi compagni che siedono davanti a te, poiché essi servono da presagio: ecco, io manderò il mio servo Germoglio. Ecco la pietra che io pongo davanti a Giosuè: sette occhi sono su quest'unica pietra; io stesso inciderò la sua iscrizione - oracolo del Signore degli eserciti - e rimuoverò in un sol giorno l'iniquità da questo paese. In quel giorno - oracolo del Signore degli eserciti - ogni uomo inviterà il suo vicino sotto la sua vite e sotto il suo fico».”

Tutti questi brani sottolineano l'apparizione del "Germoglio" in "Quel giorno", cioè, nel “Giorno dell'ira del Signore".

Isaia 11,5-9: “Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi la fedeltà. Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare.”

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Abbiamo qui la visione dell'era messianica di giustizia, pace e prosperità che porterà il "germoglio" di Iesse, con la restaurazione di tutte le cose. La "conoscenza del Signore" (che è il senso alla lettera di “saggeza del Signore” como è tradotto qui), nel senso ebraico di "conoscere", che significa un'esperienza concreta, abbraccerà tutta la terra, esemplificato con la figura tanto plastica del mare coperto completamente per le acque.

Isaia 11,10: “In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia, la sua dimora sarà gloriosa.”

Si riafferma che tutti questi eventi succederanno "quel giorno" (il "Giorno del Signore”).

Isaia 12,1-4: “Tu dirai in quel giorno: «Ti ringrazio, Signore; tu eri in collera con me, ma la tua collera si è calmata e tu mi hai consolato. Ecco, Dio è la mia salvezza; io confiderò, non temerò mai, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza. Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza». In quel giorno direte: «Lodate il Signore, invocate il suo nome; manifestate tra i popoli le sue meraviglie, proclamate che il suo nome è sublime.”

Tutto quello profetizzato da Isaia circa il Messia, come discendente di Davide che abbiamo visto si realizzerà in "quel giorno", il famoso "Giorno del Signore."

Un altro passo biblico che ci rivela ugualmente l'unione intima tra questi due avvenimenti, il “Giorno dell'ira del Signore" e l’apparizione del Messia l'abbiamo nel profeta Geremia:

Geremia 23,5-6: “«Ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele starà sicuro nella sua dimora; questo sarà il nome con cui lo chiameranno: Signore-nostra-giustizia.”

Qui utilizza anche Geremia il termine "Germoglio giusto", così come vedemmo prima in Isaia e Zaccaria, applicandolo al Messia atteso. E questo succederà in un futuro definito come "verranno giorni" o "nei suoi giorni", e che si riferiscono inequivocabilmente al "giorno del Signore" annunciato per tanti altri profeti. Questo stesso lo riafferma più avanti Geremia nel suo Libro:

Geremia 33,14-17: “Ecco verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia. Così dice il Signore: Davide non sarà mai privo di un discendente che sieda sul trono della casa di Israele;”

Le promesse del Signore fatte al suo popolo per i tempi messianici avranno il suo compimento "in quelli giorni" che sono "giorni che verranno." Nuovamente ricordiamo che in queste profezie non si distinguono le due venute del Messia, per quello che gli eventi che si rinchiudono nel cosidetto "Giorno del Signore" si riferiscono alcuni all'incarnazione del Verbo, ed altri alla sua "Parusia."

C'è un aspetto che si riferisce al Messia che nell'Antico Testamento si va insinuando: la sua divinità. Dio non rivelerà la condizione divina del suo Unto nell'Antico Testamento, poiché in questo periodo le rivelazioni agli uomini da parte del Signore cercano di consolidare la nozione di un monoteismo esclusorio e radicale in Israele, per distinguerlo chiaramente dal politeismo verso gli idoli dei popoli pagani.

La divinità del Messia Gesù Cristo sarà rivelata pienamente per Lui stesso, ma, alla luce di questa rivelazione del Nuovo Testamento possiamo scoprire dati biblici anteriori che mirano alla decisione inimmaginabile per l'uomo, e molto meno per un ebreo pio, che il Messia sarà il Figlio eterno del Padre:

Salmi 2,6-8: “«Io l'ho costituito mio sovrano sul Sion mio santo monte». Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra.”

San Paolo si riferirà a questo Salmo per definire che la "Buona Novella" della promessa fatta per Dio ai padri si è realizzata in Gesù:

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Atti 13,32-33: “E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.”

Isaia, nel Capitolo 9,5 concede al Messia profetizzato, tra altri titoli, quello di "Dio poderoso." Il profeta Daniele, nella sua visione di Dio e del Figlio dell'uomo, mostra a questo essendo portato alla presenza di Dio, ricevendo una dignità regia molto al di sopra della quale possiedono i re terreni. Questo passo è molto importante, dato che "Figlio di uomo" sarà il titolo che Gesù Cristo si assegnerà a sé stesso:

Daniele 7,9.13-14: “Io continuavo a guardare, quand'ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto.”

Non esistono dubbi che in questa profezia di Daniele il Regno futuro sta intimamente legato ad una persona, alla quale si descrive come simile ad un "Figlio di uomo"; questo è l'origine del titolo che Gesù si attribuirà a sé stesso e che continuerà ad identificare la sua funzione messianica profetizzata nell'Antico Testamento.

Anche il profeta Michea dà un'indicazione della preesistenza nell'eternità del Messia che verrà da Betlemme:

Michea 5,1: “E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà ocluí che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti.”

In definitiva, in funzione dei testi biblici visti, ed altri che citeremo ora, vediamo che il concetto di "Messia" comprende diversi aspetti che ora riassumiamo:

* Apparirà alla fine dei tempi, nel cosidetto "giorno del Signore". Abbiamo visto che per la rivelazione dello stesso Gesù in realtà il Messia verrà in due momenti storici distinti nel divenire dall'umanità, costituendo la prima e la seconda Venuta del Signore.

Queste due Venute, la prima in umiltà, povertà e sofferenza, e la seconda con maestà, potenza e gloria, rimarranno come velate e coperte nelle profezie dell'Antico Testamento, benché ora, già trascorsi due mille anni della prima, possiamo separare con una certa chiarezza i testi profetici relativi ad un ed un'altra venuta.

*Sarà un Re poderoso ed avrà come missione, dopo la realizzazione del giudizio di Dio sul suo popolo e le nazioni pagane, riconciliare gli uomini con Dio e stabilire il Regno di Dio sulla terra, regno di pace, di giustizia, di allegria e di abbondanza. Questo regno sarà universale ed a lui saranno sommesse tutte le nazioni del mondo.

Affinché il Messia possa compiere la sua missione è stato dotato per Dio di certe qualità e poteri speciali:

-riposa su lui lo Spirito del Signore coi suoi doni (sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio (Isaia 11,2-3; Isaia 61,1);

-giudicherà con giustizia e rettitudine, specialmente ai deboli ed indifesi (Isaia 11,4);

-avrà tutto il potere (Isaia 11,4; Salmi 110,2);

-sarà davanti a Dio il Sommo Sacerdote (Salmi 110,4);

-nascerá di un modo miracoloso da una vergine (Isaia 7,14);

-guarirà le malattie fisiche degli uomini (Isaia 35,5-6);

-soffrirà per gli uomini e sarà ucciso, ma resusciterà (Isaia 53,10-12).

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7) La riunione dell'Israele e Giuda.

In questo tema tanto importante per il chiaro intendimento degli eventi che le profezie annunciano per i tempi messianici, applicheremo lo sviluppo effettuato all'inizio di questo capitolo, in quanto al significato che deve darsi ai Regni di Giuda ed Israele nei tempi della fine.

In questo luogo dimostriamo che il Regno di Giuda è il tipo della Chiesa, nuovo popolo di Dio, che è il suo antitipo, e che il Regno dell'Israele è il tipo del popolo ebreo che nella prima Venuta di Cristo non lo riconoscerà come il vero Messia e lo respingerà.

Vediamo alcune delle principali profezie sulla riunione di Giuda ed Israele nei tempi escatologici:

a) Ezechiele.

La profezia più importante la troviamo nel capitolo 37 di Ezechiele, che si divide in due sezioni principali: la prima è la famosa visione delle ossa inaridite che ricevono vita, e la seconda si riferisce all'unione di Giuda ed Israele, realizzata mediante un'azione simbolica del profeta.

Insieme al capitolo 36, questo è uno dei passi dell'Antico Testamento più rilevanti rispetto agli eventi escatologici, per quello che ha una gran importanza la sua analisi.

Ezechiele 37,1-14: “La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare tutt'intorno accanto ad esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annunzia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete: Saprete che io sono il Signore». Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre io profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l'uno all'altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai ed ecco sopra di esse i nervi, la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c'era spirito in loro. Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell'uomo e annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato. Mi disse: «Figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la gente d'Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.” Questa prima parte della profezia comincia con l'espressione "la mano del Signore fu sopra di me"; questa frase appare sette volte nel Libro di Ezechiele, ed intesta sempre gli eventi più rilevanti che riferisce il profeta come rivelazione di Dio. Invece, nel resto delle profezie si usa un'altra frase: "la parola del Signore mi fu diretta in questi termini."

Le sette volte che menzioniamo comprendono le seguenti sezioni:

1°) 1,3: Prima visione della gloria del Signore e vocazione del profeta.

2°) 3,14: Il Signore esplicita ad Ezechiele la sua missione profetica.

3°) 3,22: Seconda visione della gloria del Signore.

4°) 8,1: Visione dell'idolatria nel Tempio, col falso idolo posto in esso.

5°) 33,22: Annuncio della punizione del Signore sopravvissuti di Gerusalemme.

6°) 37,1: Le ossa inaridite e la riunione dell'Israele e Giuda.

7°) 40,1: La visione del Nuovo Tempio.

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Pertanto, ci troviamo nel passo che stiamo studiando di fronte ad una rivelazione profetica di gran importanza.

La visione mostra ad Ezechiele una pianura coperta per numerose ossa che si sono inariditi in estremo. Il Signore gli dà l'ordine di profetizzare su quelle ossa: Dio farà che si ricoprano nuovamente di nervi, carne e pelle, restituendole il corpo, e dopo infonderà loro il suo spirito e recupereranno la vita.

Attonito, il profeta contempla questa impressionante scena, ed allora Dio gli rivela quello che è essenziale nella visione: quelle ossa rappresentano a tutta la casa dell'Israele, cioè, alla totalità del popolo di Dio, nei tempi escatologici.

Vediamo l'esegesi di questa visione: come chiarisce Dio, le ossa rappresentano a tutta la Casa dell'Israele, cioè, quello che sarà alla fine dei tempi la Chiesa cristiana ed il popolo ebreo, a chi Dio considera il popolo della sua proprietà.

Di fronte ai terribili avvenimenti del "Giorno di Yahveh", si alza un clamore da questo popolo: “le nostre ossa si sono inaridite, è svanita la nostra speranza, noi siamo perduti". Ovviamente possiamo trovare qui alcuno riferimento implicito al dogma della resurrezione della carne, ma non è questo il senso primario della visione.

Dio espone che ci sarà un rinascimento spirituale, che non sarà più che il compimento effettivo della promessa che fa al suo popolo pochi versetti prima di questo capitolo:

Ezechiele 36,23-28: “Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio - quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio.”

In questo brano troviamo esplicitato con chiarezza il senso di "infondere lo Spirito di Dio" che è quello che fa rivivere a quelle ossa, che benché già ricoperte di carne seguono morte: c'è una purificazione dei peccati ed un cambiamento di cuore, cioè, una conversione profonda che permette di seguire i comandamenti di Dio, essendo veramente figli adottivi del Padre celestiale.

È l'azione della grazia che salva e redime, e si versa sugli uomini nella Pentecoste, e che sarà nuovamente regalata all'umanità con la seconda Venuta del Signore, a partire della Seconda Pentecoste.

Pertanto questa profezia anticipa gli eventi che succederanno alla fine dei tempi, dove lo Spirito Santo produrrà la conversione e la nascita ad una nuova vita del resto della sua Chiesa che rimase nella terra e del popolo ebreo.

San Paolo, nella Lettera ai Romani, espressa con molta chiarezza il significato della conversione degli ebrei e la sua riammissione come popolo di Dio nella Chiesa:

Romani 11,15: “Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti?”

Troviamo in questo brano dell'Apostolo la figura che presenta la visione di Ezechiele delle ossa inaridite ed il suo ritorno alla vita.

Ma la profezia non rimane solamente in questo avvenimento, ma va più in là, mostrando attraverso un gesto simbolico di Ezechiele come, dopo di questo rinascere spirituale, la casa di Giuda, Chiesa cristiana, e la casa dell'Israele (popolo ebreo), torneranno a conformare un unico popolo, una sola casa, "ed un solo re sarà il re di tutti", Gesù Cristo il Signore, il servo di Davide, il Germoglio Giusto, il Figlio unico del Padre, che sarà per sempre il suo "Principe della Pace”.

Di questa maniera rimane spiegato, con semplicità e senza ricorrere a nessun artificio, il senso di questa profezia di Ezechiele.

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b) Geremia.

Il profeta Geremia si riferisce anche alla riunione delle tribù dell'Israele e Giuda quando arrivino i tempi messianici:

Geremia 3,17-18: “In quel tempo chiameranno Gerusalemme trono del Signore; tutti i popoli vi si raduneranno nel nome del Signore e non seguiranno più la caparbietà del loro cuore malvagio. In quei giorni la casa di Giuda andrà verso la casa di Israele e tutte e due torneranno insieme dalla regione settentrionale nel paese che io avevo dato in eredità ai loro padri.”

La Gerusalemme messianica vedemmo già che rappresenta alla Chiesa purificata e santificata che discende alla terra con Cristo nella sua Parusia, dopo essere stata rapita e sollevata verso Lui. Le nazioni pagane si convertiranno, ed insieme alla casa di Giuda (cristiani) e quella dell'Israele (ebrei) si uniranno formando un unico popolo di Dio.

Geremia 31,1: “In quel tempo - oracolo del Signore - io sarò Dio per tutte le tribù di Israelí ed esse saranno il mio popolo».”

Dio riunirà a tutte le tribù dell'Israele nei tempi messianici, quello che significa come vedemmo l'unione in un unico popolo di Dio di ebrei e cristiani.

c) Isaia:

Nel capitolo 11 il profeta Isaia predice l'apparizione di un virgulto dalla radice di Iesse (padre di Davide) che sarà il Messia atteso. Quindi parla esplicitamente della riunione delle dodici tribù dell'Israele, in "quel giorno":

Isaia 11,9-13: “Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare. In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia, la sua dimora sarà gloriosa. In quel giorno il Signore stenderà di nuovo la mano per riscattare il resto del suo popolo superstite dall'Assiria e dall'Egitto,da Patròs, dall'Etiopia e dall'Elam, da Sènnaar e da Amat e dalle isole del mare. Egli alzerà un vessillo per le nazioni e raccoglierà gli espulsi di Israele; radunerà i dispersi di Giuda dai quattro angoli della terra. Cesserà la gelosia di Efraim e gli avversari di Giuda saranno sterminati; Efraim non invidierà più Giuda e Giuda non osteggerà più Efraim.”

Il Signore riunirà per abitare nel suo Regno terreno, regno di pace e giustizia descritte come il "santo monte", dove non ci sarà saccheggi né nessuno farà male, alle tribù disperse di Giuda ed Israele (Efraim), ed allora cesserà ogni invidia e disunione tra cristiani ed ebrei che abiteranno alla Sion messianica, la Chiesa di Dio:

Isaia 12,5-6: “Cantate inni al Signore, perché ha fatto opere grandi, ciò sia noto in tutta la terra. Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion, perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele».”

Vediamo cosicché questa riunione delle due case dell'Israele, la casa di Giuda (2 tribù), e la casa dell'Israele (10 tribù), profetizzata per i tempi messianici, che evidentemente non potrà realizzarsi letteralmente poiché la casa dell'Israele è sparita già da 2700 anni, arriverà al suo compimento con la conversione del popolo ebreo nei tempi finali e la sua unione col popolo cristiano nell'unica Chiesa di Gesù Cristo, formando il vero ed eterno popolo di Dio, il Nuovo Israele, sul quale regnerà il Messia, Gesù Cristo il Nostro Signore.

8) Sorgerà il Regno di Dio nella terra, regno di pace e giustizia.

La nozione del "Regno di Dio" impregna tutta la Bibbia, riconoscendosi questo concetto fin dai primi Libri della storia sacra:

A partire da Abramo, il patriarca, Dio irrompe nella storia umana in forma chiara e tangibile, per la realizzazione in essa del suo mistero di salvazione per gli uomini.

Dio sceglie un uomo, a chi mette il nome di Abramo, che significa "il padre di molti popoli", facendogli una benedizione solenne:

Genesi 12,1-3: “Il Signore disse ad Abram: «Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò

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grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra».”

Come conseguenza di questa benedizione il Signore sceglie un popolo per sé, che sarà il destinatario delle sue rivelazioni e benedizioni, e che avrà per missione essere luce delle nazioni nel mondo. Così Dio effettua una chiamata ed una promessa, portando a termine un'alleanza col popolo che ha scelto e chiamato.

Il momento decisivo nella storia dell'Israele, nel quale Dio manifesterà col suo intervento soprannaturale che questo è realmente il suo popolo eletto, lasciando questo fatto nella coscienza profonda di questa nazione, è costituito per la liberazione portentosa degli ebrei dalla schiavitú alla quale erano stati sottomessi dagli egiziani.

Tutti gli eventi che vivrà questo popolo, la sua fuga miracolosa della feroce persecuzione delle truppe del Faraone, la Legge ricevuta nel Monte Sinaí, il suo peregrinare per il deserto, e l'arrivo alla terra promessa, porteranno all'indubbia evidenza che Dio fece di un popolo di schiavi uno di uomini liberi. Da allora tutto questo prefigurerà la vera liberazione degli uomini della schiavitú del peccato per la Redenzione di Quello che verrà nella pienezza dei tempi.

Da quando cominciano a vivere questa esperienza della potenza di Dio, gli israeliti riconoscono che il Signore è chi regnerà su loro, come lo espressa Mosè nel suo canto trionfale dopo avere attraversato miracolosamente il mare Rosso:

Esodo 15,16-18: “Piombano sopra di loro la paura e il terrore; per la potenza del tuo braccio restano immobili come pietra, finché sia passato il tuo popolo, Signore, finché sia passato questo tuo popolo che ti sei acquistato. Lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua sede, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani, Signore, hanno fondato. Il Signore regna in eterno e per sempre!».”

Davanti all'intervento prodigioso del Signore, Mosè proclama il regno senza fine del suo Dio. Questo stesso Dio gli rivelò più avanti, nel Sinaí, il senso profondo di quello che aveva fatto col popolo dell'Israele:

Esodo 19,3-6: “Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste parole dirai agli Israeliti».”

Il Signore sceglie per libero beneplacito al popolo dell'Israele, dichiarandolo la sua "proprietà", costituendolo come un "regno di sacerdoti" e "una nazione santa." Di questa maniera Dio separa all'Israele da tutti gli altri paesi, facendolo santo, cioè, consacrato a Lui, e chi dovrà riconoscerlo come il suo unico Dio, per opposizione agli idoli che adorano i popoli pagani.

Nella seconda profezia di Balaam si esalta la presenza di Dio in Israele e la forma in cui protegge al suo paese:

Numeri 23,20-22: “Ecco, di benedire ho ricevuto il comando e la benedizione io non potrò revocare. Non si scorge iniquità in Giacobbe, non si vede affanno in Israele. Il Signore suo Dio è con lui e in lui risuona l'acclamazione per il re. Dio, che lo ha fatto uscire dall'Egitto, è per lui come le corna del bufalo.”

Il profeta Michea, in una visione che dichiara al re dell'Israele Acab, vede al Signore come Re universale, circondato di un consiglio celestiale:

1 Re 22,19: “Michea disse: «Per questo, ascolta la parola del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l'esercito del cielo gli stava intorno, a destra e a sinistra.”

Dio regna sul mondo in generale, e sul popolo eletto in particolare, che appartiene a questo regno, e dal quale suscita i suoi strumenti. Ma gli uomini che il Signore elige per condurre al suo popolo avevano chiaro che era in realtà Dio quello che regnava e chi si occupava del suo popolo:

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Giudici 8,22-23: “Allora gli Israeliti dissero a Gedeone: «Regna su di noi tu e i tuoi discendenti, poiché ci hai liberati dalla mano di Madian». Ma Gedeone rispose loro: «Io non regnerò su di voi né mio figlio regnerà; il Signore regnerà su di voi».”

Anche i Salmi cantano a Dio come Re di tutta la creazione e specialmente del suo popolo eletto:

Salmi 24 (23) 1.7-8: “Del Signore è la terra e quanto contiene, l'universo e i suoi abitanti. Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia.”

Il Signore è il creatore di tutta la terra, ed a lui gli appartiene la sua creazione. Molto probabilmente questo Salmo fu composto da Davide in occasione di portare l’Arca della Alleanza al Tabernacolo del Tempio di Gerusalemme. Qui si esorta a Gerusalemme personificata a ricevere il Re della gloria.

Salmi 47 (46): “Applaudite, popoli tutti, acclamate Dio con voci di gioia; perché terribile è il Signore, l'Altissimo, re grande su tutta la terra. Egli ci ha assoggettati i popoli, ha messo le nazioni sotto i nostri piedi. La nostra eredità ha scelto per noi, vanto di Giacobbe suo prediletto. Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni; cantate inni al nostro re, cantate inni; perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio regna sui popoli, Dio siede sul suo trono santo. I capi dei popoli si sono raccolti con il popolo del Dio di Abramo, perché di Dio sono i potenti della terra: egli è l'Altissimo.”

La Bibbia tradotta per Straubinger commenta: "Il nuovo Salterio Romano intitola questo Salmo: "Dio, Re conquistatore, ascende al Trono", e riassume così il suo contenuto: I. Dio, magno Re, soggetta al suo popolo tutte le nazioni (2-5). II. Dopo la vittoria sale al suo trono celestiale (6-7). III. Regna allora su tutte le nazioni e tutti i principi e poteri della terra (8-10). Il Salmo tratta della vittoria finale di Dio e dell'istituzione del Regno universale messianico. Israele e le genti costituiscono il unico regno del Messia.

Salmi 145 (144),1-3.13: “O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre. Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare. Il tuo regno è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione.”

Il Signore è il Re poderoso il cui regno è eterno, ed è degno che il suo Nome sia lodato, le benedetto per i suoi sudditi. Non c'è dubbio che Dio regna su tutta la creazione:

Salmi 93 (92),1-2: “Il Signore regna, si ammanta di splendore; il Signore si iveste, si cinge di forza; rende saldo il mondo, non sarà mai scosso. Saldo è il tuo trono fin dal principio, da sempre tu sei.”

Anche il Signore è il Re delle nazioni pagane, e sta al di sopra di ogni re terreno, per la sua potenza e saggezza, benché i poderosi dei popoli, afferrati ai suoi idoli, l'ignorino; Geremia lo denomina "Re delle nazioni”:

Geremia 10,6-8: “Non sono come te, Signore; tu sei grande e grande la potenza del tuo nome. Chi non ti temerà, re delle nazioni? Questo ti conviene, poiché fra tutti i saggi delle nazioni e in tutti i loro regni nessuno è simile a te. Sono allo stesso tempo stolti e testardi; vana la loro dottrina, come un legno.”

Risulta chiaro da queste espressioni dell'Antico Testamento che gli israeliti non intendevano la espressione "regno di Yahveh" come una realtà territoriale, bensì come un'azione di regno di Dio su tutta la sua creazione in generale, ed in particolare sul popolo eletto per essere la sua proprietà, quello che lo conoscerà e sperimenterà la sua azione protettiva, e dovrà essere disposto a farlo conoscere alle nazioni pagane, a partire da una preponderanza politica, economica e religiosa su esse.

Di questa maniera il regno del Signore ha una speciale manifestazione in Israele, poiché lì risiede il Re in mezzo ai suoi, in una città, Gerusalemme, che è la Città Santa per eccellenza. Il Re benedice da lì al suo popolo, lo guida e lo protegge:

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Salmi 48 (47), 2-3: “Grande è il Signore e degno di ogni lode nella città del nostro Dio. Il suo monte santo, altura stupenda, è la gioia di tutta la terra. Il monte Sion, dimora divina, è la città del grande Sovrano.”

Tuttavia più avanti il popolo non accettò che solo il Signore lo governasse, esigendo avere un re come le altre nazioni:

1 Samuele 8,4-8: “Si radunarono allora tutti gli anziani d'Israele e andarono da Samuele a Rama. Gli dissero: «Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non ricalcano le tue orme. Ora stabilisci per noi un re che ci governi, come avviene per tutti i popoli». Agli occhi di Samuele era cattiva la proposta perché avevano detto: «Dacci un re che ci governi». Perciò Samuele pregò il Signore. Il Signore rispose a Samuele: «Ascolta la voce del popolo per quanto ti ha detto, perché costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi. Come si sono comportati dal giorno in cui li ho fatti uscire dall'Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dèi, così intendono fare a te.”

In questo episodio si osserva con chiarezza come gli uomini non vogliono accettare che Dio regni su essi, ma desiderano come re a qualcuno a chi vedano a chi ascoltino per se stessi, e sopra il quale in qualche modo possano influire. È il dramma profondo dell'essere umano, che tende sempre a sostituire al Dio vero per altri dei, già siano esseri umani, già siano sociali (il potere, la fama, l'adulazione), o anche intellettuali (la cultura, la scienza pura, l'arte, un ideale politico, presi come i grandi obiettivi della vita), o infine materiali (la ricchezza, i beni materiali, una professione, etc.).

Ma Dio, rispettando assolutamente la libertà della sua creatura, permette questo desiderio, sapendo tirare fuori in qualche modo il bene di tanti mali.

A partire che la struttura politica dell'Israele continua ad evolvere, appare la regalità umana, che, tuttavia, dovrà sottomettersi alla regalità del Signore, non essendo più che un strumento del Re supremo.

Nonostante instaurarsi la monarchia in Israele, il gran re Davide riconoscerà chiaramente al Signore come il vero Re:

1 Cronache 29,10-13: “Davide benedisse il Signore davanti a tutta l'assemblea. Davide disse: «Sii benedetto, Signore Dio di Israele, nostro padre, ora e sempre. Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno; tu ti innalzi sovrano su ogni cosa. Da te provengono la ricchezza e la gloria; tu domini tutto; nella tua mano c'è forza e potenza; dalla tua mano ogni grandezza e potere. Ora, nostro Dio, ti ringraziamo e lodiamo il tuo nome glorioso.”

Di Dio è tutto quello che esiste nel cielo e nella terra, perché egli è il suo creatore, e per quello è il Re, e sta al di sopra di tutti gli uomini e della creazione intera. È Dio che governa veramente al mondo, perché è chi ha la potenza, la grandezza e la fortezza.

Di questa maniera confluiranno nella coscienza dell'Israele le due dimensioni del regno e del regnare: la dimensione cronologica e politica, e la dimensione trascendente e religiosa. Il Dio dell'Israele è Re in senso totale, temporale e religioso, anche se esistano capi o re politici che governino al popolo nel suo nome.

Tuttavia i re dell'Israele non stettero all'altezza della sua missione, cadendo nel peccato, nell'idolatria, in ambizioni politiche che li furono separando a loro ed al popolo che governavano dal suo vero Dio.

Sorge allora, attraverso i profeti che il Signore suscita, la voce del Re supremo che rimprovera ai dirigenti ed al popolo dell'Israele l'allontanarsi dal suo vero Dio, ed annuncia le conseguenze che deriveranno da questo atteggiamento sbagliato, se non si produrrà un cambiamento nella sua condotta.

Come non si rettificherà la rotta, essendo disattesa la voce dei profeti, si sboccherà nel crollo della regalità israelita, iniziato per lo scisma che dividerà al popolo eletto in due regni, quello del Nord, Israele, con la sua capitale in Samaria, ed il regno del Sud, Giuda, che manterrà la sua sede a Gerusalemme.

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Arriveranno dopo i flagelli delle nazioni vicine che distruggeranno e deporteranno ai due regni: prima Assira conquisterà l'Israele, deportando alle dieci tribù che formavano il Regno del Nord alle sue lontane terre, dove si perderà per sempre il rastro di questo popolo.

Dopo un po’più di un secolo la stessa sorte arriverà per il regno di Giuda con la sua capitale Gerusalemme, cadendo in mani del popolo dei Caldei, che distruggerà la città santa e deporterà alla maggioranza della sua popolazione alla lontana e pagana Babilonia.

In mezzo a quella terribile situazione il Signore annuncia per il suo profeta Isaia che riscatterà al suo paese, ricordandogli che continua ad essere il suo Re, nonostante le circostanze nelle quali sono sommersi:

Isaia 43,14-15: “Così dice il Signore vostro redentore, il Santo di Israele: «Per amor vostro l'ho mandato contro Babilonia e farò scendere tutte le loro spranghe, e quanto ai Caldei muterò i loro clamori in lutto. Io sono il Signore, il vostro Santo, il creatore di Israele, il vostro re».”

Di fronte allo sconcerto che produrrà questo terribile e funesto panorama, non scorgendosi un cambiamento prossimo, e dove sembra che il popolo eletto per il Signore soccomberà senza speranza, e non arriveranno mai a compiersi le grandi promesse del suo Dio, si alza la voce dei grandi profeti, che cercheranno che il popolo alzi il suo sguardo avanti, ad alcuni tempi futuri e lontani, nei quali la teocrazia o regno del Signore sulla terra ritornerà a recuperare i suoi tratti originali, cioè, si vivrà in forma piena una regalità di Dio.

Già nei Salmi si scorge la manifestazione del Signore nei tempi escatologici, come Re di tutta la terra:

Salmi 96 (95),4-13: “Grande è il Signore e degno di ogni lode, terribile sopra tutti gli dèi. Tutti gli dèi delle nazioni sono un nulla, ma il Signore ha fatto i cieli. Maestà e bellezza sono davanti a lui, potenza e splendore nel suo santuario. Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome. Portate offerte ed entrate nei suoi atri, prostratevi al Signore in sacri ornamenti. Tremi davanti a lui tutta la terra. Dite tra i popoli: «Il Signore regna!». Sorregge il mondo, perché non vacilli; giudica le nazioni con rettitudine. Gioiscano i cieli, esulti la terra, frema il mare e quanto racchiude; esultino i campi e quanto contengono, si rallegrino gli alberi della foresta davanti al Signore che viene, perché viene a giudicare la terra. Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti.”

Il Salterio Romano riassume così il contenuto di questo Salmo: "Il salmista contempla nella sua mente al Signore venendo alla fine dei tempi per costituire il regno messianico (13). I. Esorta tutti a che lodino e questo gran re (1-3); II. Perché questo è l'unico Dio, pieno di maestà, potenza e splendore (4-6); III. A Lui tributino lode tutti i popoli, gli offrino sacrifici, gli prestano adorazione, perché Egli stesso ha incominciato a regnare (7-10); IV. La natura si riempie anche essa di esultanza perché Dio viene a governare la terra (11-13).”

Per i profeti l'annuncio che Dio regna sul suo popolo è unito alla liberazione delle situazioni di oppressione, di esilio, ed il ritorno alla terra promessa, quello che si realizzerà nei tempi messianici:

Isaia 52,6-7: “Pertanto il mio popolo conoscerà il mio nome, comprenderà in quel giorno che io dicevo: Eccomi qua». Come sono belli sui monti piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».”

Le buone novelle che portano i messaggeri, che implicano la pace e la salvazione, si riassumono in un gran annuncio: "Già regna il tuo Dio." Sarà lo stesso annuncio che formulerà Gesù al principio della sua predicazione, indicando che il Regno di Dio, dove Dio regna, è già vicino, benché ancora non si manifesti in pienezza.

Tuttavia anche i profeti annunciano un severo giudizio che purificherà all'Israele prima di ricevere le benedizioni promesse:

Ezechiele 20,33-38: “Com'è vero ch'io vivo - parola del Signore Dio - io regnerò su di voi con mano forte, con braccio possente e rovesciando la mia ira. Poi vi farò uscire di mezzo ai popoli e vi radunerò da quei territori dove foste dispersi con mano forte, con braccio possente e con la mia ira traboccante e vi condurrò nel deserto dei popoli e lì a faccia a faccia vi giudicherò. Come giudicai i vostri padri nel deserto del paese di Egitto così giudicherò voi, dice il Signore Dio. Vi farò passare

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sotto il mio bastone e vi condurrò sotto il giogo dell'alleanza. Separerò da voi i ribelli e quelli che si sono staccati da me; li farò uscire dal paese in cui dimorano, ma non entreranno nel paese d'Israele: così saprete che io sono il Signore.”

El profeta Zaccaria annuncia chiaramente che il Signore sarà re sulla terra dopo che si produrranno gli avvenimenti conosciuti come "il Giorno del Signore":

Zaccaria 14,1.6-9: “Ecco, viene un giorno per il Signore; allora le tue spoglie saranno spartite in mezzo a te. Il Signore radunerà tutte le genti contro Gerusalemme per la battaglia; la città sarà presa, le case saccheggiate, le donne violate, una metà della cittadinanza partirà per l'esilio, ma il resto del popolo non sarà strappato dalla città. Il Signore uscirà e combatterà contro quelle nazioni, come quando combattè nel giorno della battaglia. In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente, e il monte degli Ulivi si fenderà in due, da oriente a occidente, formando una valle molto profonda; una metà del monte si ritirerà verso settentrione e l'altra verso mezzogiorno. Sarà ostruita la valle fra i monti, poiché la nuova valle fra i monti giungerà fino ad Asal; sarà ostruita come fu ostruita durante il terremoto, avvenuto al tempo di Ozia re di Giuda. Verrà allora il Signore mio Dio e con lui tutti i suoi santi. In quel giorno, non vi sarà né luce né freddo, né gelo: sarà un unico giorno, il Signore lo conosce; non ci sarà né giorno né notte; verso sera risplenderà la luce. In quel giorno acque vive sgorgheranno da Gerusalemme e scenderanno parte verso il mare orientale, parte verso il Mar Mediterraneo, sempre, estate e inverno. Il Signore sarà re di tutta la terra e ci sarà il Signore soltanto, e soltanto il suo nome.” Così apparirà poco a poco il concetto del "regno escatologico di Dio", riservato per la fine dei tempi. I profeti continueranno a rivelare una serie di elementi e circostanze concrete che segneranno l'apparizione di questo regno tra gli uomini.

Questo Regno di Dio, nella prospettiva della rivelazione divina data ai profeti dell'Antico Testamento, possiede solamente il componente del Regno "terreno", poiché la rivelazione sul Regno celestiale, la resurrezione dei morti e la vita eterna rimarrà riservata affinché la insegni il Messia, Gesù Cristo, nella sua prima Venuta al mondo.

Negli studi che pubblichiamo su questa Pagina, "La predicazione iniziale del Regno di Dio per Gesù: le Beatitudini evangeliche" e "La rivelazione di Gesù sul Regno di Dio per mezzo delle Parabole", sosteniamo che il Signore, nella sua predicazione, assunse che i suoi interlocutori, gli ebrei, conoscevano fin dalla rivelazione dei profeti in che cosa consisteva il Regno di Dio terreno, e che Cristo rivelò loro essenzialmente quattro aspetti innovativi del Regno di Dio:

1°) Con la sua Venuta al mondo, essendo egli il Messia atteso, il Regno di Dio è arrivato, benché in una tappa iniziale e non finita.

2°) Il Regno di Dio ha un componente celestiale ed eterna, destinato ad essere la dimora degli uomini salvati che resusciteranno nella sua carne.

3°) Ci sono determinate condizioni per essere ammessi nel Regno di Dio, che eccedono quelle esposte per i comandamenti antichi, ma che contano coll'aiuto soprannaturale di Dio per potere compierle, poiché altrimenti sarebbe impossibile per la sola capacità umana naturale.

4°) Sarà necessaria una seconda Venuta del Messia in gloria e maestà, per instaurare nella sua pienezza il Regno di Dio, iniziato in germe nella sua prima Venuta.

Per finire, come condensazione delle profezie escatologiche dell'Antico Testamento, che avranno pieno compimento nel Regno terreno di Cristo, possiamo prendere due passi di Isaia:

Nel Capitolo 60 il gran profeta presenta con caratteri sommamente vividi la nascita del Regno di Dio terreno, come conseguenza dell'apparizione gloriosa della Nuova Gerusalemme, concetti che accompagnano totalmente gli sviluppati nel nostro studio:

Isaia 60,1-5: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si

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dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli.”

La visione profetica di Isaia mostra l'arrivo della luce sull'oscurità che copre la terra, essendo quella luce lo stesso Messia e Redentore, Cristo, che manifesta la sua gloria visibile per tutti i popoli del mondo.

I re ed i popoli pagani accorrono rapidi accettando la preminenza della Nuova Gerusalemme, la Chiesa rinnovata e santa, rivelata per Gesù Cristo come la sua accompagnatrice nella Parusía e come il suo strumento per il governo ed evangelizzazione dei popoli.

I cristiani che si trovavano tra i popoli pagani come piccole minoranze, molte volte sdegnate ed attaccate, saranno ora riconosciuti come figli e figlie diletti del vero Dio. Il centro della cristianità, il luogo dove starà la Chiesa di Cristo con la sua gerarchia principale, si convertirà in traguardo di peregrinazione per tutte le nazioni del mondo.

Isaia 60,14-15: “Verranno a te in atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno Città del Signore, Sion del Santo di Israele. Dopo essere stata derelitta, odiata, senza che alcuno passasse da te, io farò di te l'orgoglio dei secoli, la gioia di tutte le generazioni.”

Qui il profeta sviluppa in bellisime immagini la conversione dai pagani in generali, ed anche in particolare del popolo ebreo. La Chiesa cristiana, che era costituita nei tempi della fine per un piccolo resto fedele di credenti, passerà ad essere multitudinaria, e riconosciuta come la sede del vero ed unico Dio di tutti gli uomini.

Isaia 60,18-22: “Non si sentirà più parlare di prepotenza nel tuo paese, di devastazione e di distruzione entro i tuoi confini. Tu chiamerai salvezza le tue mura e gloria le tue porte. Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più il chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore. Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si dileguerà, perché il Signore sarà per te luce eterna; saranno finiti i giorni del tuo lutto. Il tuo popolo sarà tutto di giusti, per sempre avranno in possesso la terra, germogli delle piantagioni del Signore, lavoro delle sue mani per mostrare la sua gloria. Il piccolo diventerà un migliaio, il minimo un immenso popolo; io sono il Signore: a suo tempo, farò ciò speditamente.”

La pace e la santità saranno le caratteristiche rilevanti del Regno di Dio terreno, essendo state confinate le guerre tra le nazioni, che nascevano dell'ambizione sfrenata. Questa pace e santità nasceranno dall'azione dello Spirito Santo sulle menti ed i cuori degli uomini, rappresentata per la luce e lo splendore che viene da Dio. Tutto il popolo di Dio raggiungerà questa santità, in un Regno nel che fioriranno le virtù cristiane, dove ancora i fedeli più piccoli e nascosti saranno numerosi.

Queste sono le promesse di Dio che si realizzeranno "al suo tempo", momento storico che corrisponde all'arrivo del "giorno del Signore” con la Parusia di Gesù Cristo, cioè, con la venuta del Messia atteso durante tante generazioni.

L'altro testo di Isaia che esaminiamo appartiene all'ultimo capitolo del profeta:

Isaia 66,18-22: “Con le loro opere e i loro propositi. Io verrò a radunare tutti i popoli e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle genti di Tarsis, Put, Lud, Mesech, Ros, Tubal e di Grecia, ai lidi lontani che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunzieranno la mia gloria alle nazioni. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutti i popoli come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari al mio santo monte di Gerusalemme, dice il Signore, come i figli di Israele portano l'offerta su vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra essi mi prenderò sacerdoti e leviti, dice il Signore. Sì, come i nuovi cielo e la nuova terra, che io farò, dureranno per sempre davanti a me - oracolo del Signore - così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome.” È arrivato il tempo in cui tutte le nazioni e lingue si riuniranno in un solo gregge, governato per un unico Pastore, che irradierà su lui la sua gloria luminosa. In alcuni dei redenti si vedrà un segno che indicherà che sono gli uomini che Dio ha scelto per iniziare il governo del Regno. Secondo la nostra interpretazione, questo segno è l'aura luminosa che possiedono i santi che furono rapiti e sollevati verso Cristo e che ritornarono con Lui nella sua Parusia.

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Questi santi saranno i grandi evangelizzatori del mondo pagano, andando ai popoli remoti, denominati nei tempi di Isaia genericamente "isole" o “lidi” (come la Grecia). La sua azione missionaria si evidenzierà per l'enorme quantità di fratelli che si convertiranno e che entreranno in massa nella Chiesa cristiana. Di essi usciranno anche dopo sacerdoti e servitori dalla Chiesa, dando luogo alla vera Chiesa universale.

In questo percorso che abbiamo fatto per vari testi dell'Antico Testamento, che poteva essere molto più estesa dovuto alla profusione di passi esistente su questi temi, sorge con chiarezza come lo schema esegetico proposto riflessa il pieno compimento delle antiche profezie sui tempi messianici, senza necessità di forzare nessuna interpretazione.

Nello schema tradizionale, dove si cerca di applicare il compimento di queste profezie in parte al periodo attuale della Chiesa, ed in parte alla Chiesa celestiale, si entra in una serie di contraddizioni ed interpretazioni che devono passare dalla considerazione letterale di certi passaggi biblici ad un'altra interpretazione allegorica, tutto mischiato, per potere salvare le proposte dottrinali esposte.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA VENUTA DI GESU CRISTO

CAPITOLO 10: I DOGMI DI FEDE CATTOLICA SULLA SECONDA VENUTA DI GESÙ CRISTO Per terminare questo lavoro sulla Seconda Venuta di Gesù Cristo per instaurare il suo Regno, vediamo quale è la cornice dogmatica e dottrinale che ci dà la teologia cattolica su questo tema. Avremo così un riferimento sicuro che ci permetterà di contrastare lo sviluppo dottrinale realizzato in quest’opera, quello che faremo rispetto ad ognuno dei dogmi commentati. 1) Dogma della Seconda Venuta di Cristo. “Cristo ritornerá con gloria per giudicare i vivi e i morti” Questo è quell'enunciato del dogma di fede divina e cattolica riferito alla Parusía o seconda Venuta del Signore alla terra. Il Credo della Chiesa cattolica espressa: "salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente, di la ha da venire a giudicare i vivi e i morti.”. Questo dogma c'espone due verità di fede distinta: la Seconda Venuta di Gesù Cristo, o "Parusia", ed il Giudizio che effetuarà il Signore. Come ci spiega ufficialmente la Chiesa questo dogma attraverso il Catechismo 1992? Lo fa nei seguenti numeri: N° 670, 671, 672, 673, 674, 675, 677, 678 e 679. I punti più importanti che sostiene il Catechismo in questi articoli sono i seguenti: a) Il Regno di Cristo è già presente nella sua Chiesa, ma in assoluto in forma finita, quello che soltanto succederà col ritorno del Signore alla terra (N° 671). b) Cristo stesso insegnò prima della sua ascensione al cielo che ancora non era il tempo di stabilire il glorioso Regno messianico annunciato per i Profeti e che aspettava Israele (cf. Atti 1,6 -7), ma cominciava un tempo di attesa e veglia. (N° 672). c) Prima della Seconda Venuta di Cristo la Chiesa passerà per una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti, con l'impostura religiosa dell'Anticristo. (N° 675). d) Il Regno di Dio non raggiungerà la sua pienezza attraverso un trionfo storico della Chiesa, in base ad un processo di crescita, ma si produrrà un intervento di Dio che sconfiggerà il male e scenderà dal cielo una nuova creazione. (N° 677).

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e) Cristo Redentore ha il pieno diritto di giudicare definitivamente le opere e i cuori degli uomini, quello che farà per il Giudizio dell'ultimo giorno. (N° 679). In generale la dottrina cattolica aggrega i seguenti elementi maggiormente accettati: f) Il momento in che si produrrà la Parusía di Cristo è ignorato dagli uomini, e la sua conoscenza corrisponde solo a Dio. g) Tuttavia ci saranno certi segni che indicheranno che questo momento si sta avvicinando: * La predicazione del Vangelo per tutto il mondo: non ci sarà una conversione di tutto il mondo, ma la fede cristiana sarà stata predicata a tutti i popoli. * La conversione degli ebrei: questa dottrina sorge dall'interpretazione della Lettera ai Romani 11,25-32. Sant’Agostino, nella sua opera "La Città di Dio", libro 20, Capitolo 29, spiega: "È molto comune nella bocca e cuore dei fedeli che spiegando loro la Legge questo profeta Elia, grande ed ammirabile, dovranno credere gli ebrei nel vero Cristo, cioè, nel nostro”

Sant’Agostino esprime un'opinione estesa in quanto a che la conversione a Cristo del popolo ebreo avrà relazione con una seconda venuta del profeta Elia. * L'apostasia della fede: Gesù predisse già che prima della fine del tempo appariranno falsi profeti che inganneranno a molti con la sua predica bugiarda (Mateo 24,4 -5), quello che riafferma San Paolo parlando dell'apostasia della fede cristiana prima della Parusía (2 Tessalonicesi 2,3). * L'apparizione e successo dell'Anticristo: L'Anticristo è una persona determinata, promotrice di una gran apostasia alla fine dei tempi, per la quale ingannerà a molti facendo credere che lui è il vero Cristo. * L'apparizione di grandi calamità, naturali e provocate per l'uomo: guerre e violenza, fame, pesti e malattie incurabili, terremoti, maremoti ed altre catastrofi naturali simili saranno il preludio della Seconda Venuta del Signore, ed un avviso per l'umanità. Vediamo con assoluta chiarezza che nessuno di questi punti dogmatici e dottrinali sulla Parusía sono contradetti nel nostro studio. 2) Dogma della resurrezione dei morti. "Tutti gli uomini, reprobi ed eletti, resusciteranno coi suoi corpi nell'ultimo giorno”. Questo è un altro dogma di fede cattolica, sintetizzato nel Credo della Chiesa cattolica: "Credo nella resurrezione della carne”. Il Catechismo 1992 ci chiarisce questo dogma nei seguenti numeri: N° 997, 998, 999, 1000 e 1001 È cosicché questo dogma di fede afferma il fatto della resurrezione, significando che i corpi di coloro che sono morti, già corrotti per il passo del tempo, ritorneranno alla vita unendosi con la sua stessa anima, di quello che risulterà la stessa persona umana che era prima della morte, benché il corpo avesse caratteristiche differenti. Nel dogma niente si risolve in quanto alla simultaneità o non della Parusia e della resurrezione, benché in generale le dottrine tradizionali mettano più o meno insieme questi fatti. È evidente che la tesi che facciamo al presente lavoro, in quanto ad una resurrezione in due fasi, prima, nel momento della Parusia, i santi morti, e dopo gli altri morti alla fine del mondo, non contraddice nessuna definizione dogmatica della nostra Chiesa cattolica che non si è spedita su questo aspetto dottrinale.

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3) Dogma del Giudizio Finale Universale. "Nel giorno del giudizio compariranno tutti gli uomini coi suoi corpi davanti al tribunale di Cristo per rendere conto dei suoi atti, affinché ognuno riceva secondo quello che abbia fatto di bene o abbia smesso di fare durante la sua vita terrena”. Nel Catechismo 1992 si riferiscono questi numeri al dogma del Giudizio Finale: N° 1038, 1039, 1040 e1041. Cristo sarà il Giudice dei vivi e morti, quello che succederà dopo che il Signore ritorni glorioso. Solo il Padre conosce il giorno e l'ora in cui avrà luogo; solo Egli deciderà la sua venuta. Noi conosceremo il senso ultimo di tutta l'opera della Creazione e di tutta l'economia della salvazione, e comprenderemo le strade ammirabili per le quali la sua Provvidenza avrà condotto tutte le cose alla sua fine ultima. 4) Riassunto dei dogmi. Questo è quello che si può sintetizzare sui dogmi di fede della Chiesa cattolica in riguardo ai temi che abbiamo studiato. Come si osserva, abbiamo tre principi dogmatici innegabili: 1°) Cristo ritornerà al mondo in gloria per giudicare a vivi e morti. C'è una seconda Venuta di Cristo (Parusia), col fine di giudicare ai vivi (niente si dice al riguardo), ed ai morti (è il dogma del Giudizio Finale Universale). 2°) Tutti i morti resusciteranno "nell’ultimo giorno” (reprobi ed eletti): Non si definisce l'estensione o concetto del "ultimo giorno", benché la dottrina cattolica lo collochi dopo la Parusia di Cristo. 3°) Dopo la resurrezione dei morti ci sarà un Giudizio Finale Universale: si retribuirà ad ognuno secondo le sue opere, essendo Cristo il Giudice. Tutti questi principi dogmatici si rispettano chiaramente durante l'esegesi sviluppata nella nostra opera, non trovandosi niente che contraddica queste grandi verità della fede cattolica, per quello che crediamo che niente può obiettarsi da questo punto di vista fondamentale. 5) Il millenarismo. Rispetto al tema del cosidetto "millenarismo", sebbene non è oggetto di dichiarazioni dogmatiche nella Chiesa, abbiamo alcuni aspetti dottrinali e decreti disciplinari che dobbiamo considerare. a) Decreti disciplinari: In primo luogo esistono i famosi Decreti della Suprema Congregazione del Sant’Uffizio di 1941 e 1944, come risposta ad un'interrogazione dell'Arcivescovo di Santiago del Cile, che sorse in fronte alla diffusione dell'opera del P. Manuel Lacunza "La Venuta del Messia in gloria e maestà", e che tanto sono stati utilizzati per perseguire e condannare qualunque dottrina che si propone rispetto alla possibilità dell'esistenza di un Regno terreno di Cristo (millennio). Il primo Decreto è del 11/07/1941, e stabilisce questo: "Il sistema del milenarismo, anche il mitigato, cioè, quello che insegna che, secondo la rivelazione cattolica, Cristo Nostro Signore, prima del Giudizio finale, deve venire corporalmente a questa terra a regnare, già sia con resurrezione anteriore di molti giusti o senza essa, non può insegnarsi senza pericolo”.

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Cioè, quello che “non può insegnarsi senza pericolo" è che Cristo deve venire a regnare corporalmente in questa terra, prima del giudizio finale. Ovviamente questo è un decreto con obbietivo disciplinare per applicare alla dottrina cattolica, e non una definizione dogmatica. Il 21 di Lulio di 1944 il Sant’Uffizio emette un Decreto chiarificatore dell'anteriore che troviamo nel Denzinger N°3839: "In questi ultimi tempi si ha domandato più di una volta a questa Suprema Sacra Congregazione del Sant’Uffizio cosa si debba interpretare del sistema del milenarismo mitigato, cioè, di quello che insegna che Cristo Signore, prima del Giudizio Finale, previa o non la resurrezione di molti giusti, deve venire visibilmente per regnare nella terra. Risposta: il sistema del millenarismo mitigato non può insegnarsi con sicurezza”. Questi decreti si riferiscono alla "milenarismo mitigato", cioè, quello che non parla di piaceri carnali nella terra per i santi risuscitati (millenarismo crasso), bensì solamente di "piaceri spirituali" (vedere al riguardo il nostro articolo "Il millenarismo: concetto e portata"). Ma quello che si obietta è la presenza del Signore nella terra, che nell’ultimo decreto si definisce come "visibile", invece della menzione nel decreto anteriore come presenza "corporale." In ogni modo, quello che evidentemente si presenta come che “non può insegnarsi con sicurezza" è la presenza di Cristo nella terra, eventualmente insieme ai santi risuscitati, dopo della sua Parusia, in mezzo ai vivi, quello che effettivamente porta ad interpretazioni dottrinali molto strane e difficili da accettare che ripugnano in molti aspetti alla dottrina cattolica. Giustamente questo problema non esiste nell'esegesi che sviluppiamo al presente lavoro, poiché non sosteniamo in nessun momento la presenza visibile e corporale di Cristo nella terra, né al momento della sua Parusia né dopo, poiché siamo convinti che non è possibile giustificare doctrinalmente un miscuglio nella terra di vivi mortali insieme a santi risuscitati ed allo stesso Gesù Cristo. b) Chiarimenti del Catechismo1992: Il Catechismo della Chiesa cattolica 1992 ha un numero, il 676, che fa riferimento al milenarismo: N° 676: “Questa impostura anti-cristica si delinea già nel mondo ogniqualvolta si pretende di realizzare nella storia la speranza messianica che non può esser portata a compimento che al di là di essa, attraverso il giudizio escatologico; anche sotto la sua forma mitigata, la Chiesa ha rigettato questa falsificazione del Regno futuro sotto il nome di “millenarismo”, [Cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Decreto del 19 luglio 1944, De Millenarismo: Denz. -Schönm. , 3839] soprattutto sotto la forma politica di un messianismo secolarizzato “intrinsecamente perverso” [Cf Pio XI, Lett. enc. Divini Redemptoris, che condanna il “falso misticismo” di questa “contraffazione della redenzione degli umili”; Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 20-21.]” In questo articolo del Catechismo si espongono due aspetti sul millenarismo: 1°) Si respinge il millenarismo definito come la presenza visibile di Cristo regnando nella terra dopo della sua Parusia, facendosi riferimento al decreto disciplinare che abbiamo commentato nel punto anteriore. 2°) Si respinge anche la "falsificazione del Regno futuro" prodotta per speranze messianiche portate a compimento nella storia, specialmente sotto la forma di "messianismi secolarizzati." Cioè, si obiettano soprattutto le posizioni che propugnano la possibile esistenza nel mondo di una specie di Regno di Dio raggiunto per lo sforzo dell'uomo, sopratutto quando si presenta questo "Regno messianico" dall'ottica di religioni falsificate, alla maniera di quella che proporrà alla fine dei tempi l'impostura dell'Anticristo. Rimangono di questa maniera assolutamente chiari gli aspetti del cosidetto "millenarismo" che la Chiesa respinge e condanna, ma che in assoluto scartano la possibile esistenza di un Regno terreno o milleniale di Cristo sulla terra che nella sua dottrina non cada in questi errori, che è quello che abbiamo proposto con fermi fondamenti durante la presente opera.

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IL REGNO DI DIO SI INSTAURA CON LA SECONDA

VENUTA DI GESU CRISTO

EPILOGO 1) Commento generale È necessario che ora cerchiamo di apprezzare con un’ampia veduta tutto quello che abbiamo sviluppato, dove necessariamente abbiamo dovuto entrare in un livello di dettaglio tale che ci permettesse di mettere il fondamento alle distinte conclusioni che fummo presentando, col quale, se rimaniamo solamente con quell'esposizione, corriamo il classico pericolo di perdere di vista il bosco a causa di guardare ogni albero in forma individuale. Lo scopo che cerchiamo in questo studio, come chiaramente si apprezza leggendolo, fu l'obiettivo di appoggiarci passo a passo nella Scrittura, per tentare di avanzare sulla roccia ferma della Parola di Dio durante il nostro cammino verso un sviluppo dottrinale, con una base solida e cattolica, delle grandi verità dei tempi della fine. Lasciando da parte il Prologo, l'Introduzione e questo Epilogo, il lettore potrà verificare che non c'è una sola pagina in questa opera in che non appaiano riferimenti biblici, spesso più di uno, perché questa è stata l'orientazione di questo lavoro: scrutare sotto la luce dello Spirito Santo la Bibbia, per captare la verità, in questo caso riferita ai prodigiosi avvenimenti che succederanno a partire dalla vicinanza della Seconda Venuta del Signore alla terra. Ma ora, in questa sintesi finale, ci prendiamo la licenza di parlare e commentare un po' più estesamente i ritrovamenti che sono sorti in questo itinerario per la Parola divina. Abbiamo cercato di affacciarci, partendo dalla nostra povertà umana, alla sublime rivelazione del proposito eterno di Dio per la sua massima creazione, l'uomo, e del compimento dello stesso durante le circostanze della storia dell'umanità, in particolare di quelle che non abbiamo vissuto ancora, e che denominiamo genericamente "gli avvenimenti della fine della storia." Questo è solo possibile di fare contando sull'aiuto divino, e pertanto soprannaturale, che si manifesta a partire dalla rivelazione di Dio nella Scrittura Sacra, e dell'aiuto dello Spirito Santo, attraverso la grazia e delle nuove facoltà soprannaturali che provvede al nostro intelletto naturale, le

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virtù infuse e doni dello Spirito Santo, per leggere, studiare e captare le verità rinchiuse in quella rivelazione. La nostra guida biblica è stata l'ultimo Libro del Nuovo Testamento, l'Apocalisse o Rivelazione, al quale confluisce molto dell'insegnamento di Gesù e delle Lettere cattoliche. Abbiamo percorso, guidati per la massima rivelazione profetica del Nuovo Testamento, l'interpretazione possibile degli eventi che costituiranno, in primo luogo, la "fine dei tempi” o fine del presente "eone", e dopo quelli che definiscono l "fine del mondo” e la sua sostituzione per la Nuova Gerusalemme Celestiale, i "nuovi cieli e nuova terra", dimora eterna dei figli adottivi di Dio resuscitati, i salvati dalla “morte seconda”. Avemmo così davanti al nostro sguardo un fresco che mostra il divenire storico dell'umanità, in consonanza coi piani eterni di Dio ed il suo proposito per la sua creazione principale: l'uomo. Sopratutto notiamo che risuona una sublime nota di amore, e questo si mantiene senza cambiamenti durante una storia strapiena di dimenticanze, tradimenti, abbandoni ed apostasia della creatura verso il suo Creatore, chi non lascia mai di stenderle le amorose mani e dirgli: " Si imentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai." (Isaia 49,15). Questa storia di amore è, in definitiva, quella che esiste tra Dio e la Sposa che Egli sceglie affinché un giorno, santa ed immacolata, si sposi con suo Figlio incarnato, Gesù Cristo. Quale è il tema che come "leit motiv" continua ad apparire un ed un'altra volta nella rivelazione sui tempi finali? È, senza dubbio, il ruolo assegnato alla Chiesa di Cristo, particolarmente nei difficili tempi che non sono ancora arrivati, ma che neanche possiamo giudicare come molto lontani in base ai segni che possiamo già intravedere e discernere nella nostra epoca. È la Chiesa terrena che appare sommersa in un mondo ostile, dominato per una gran metropoli o potenza politico-militare, presentata nell'Apocalisse come la "Gran Babilonia", che simbolizza l'idolatria materialista e razionalista, ferocemente anticristiana, la cui influenza si è estesa a buona parte dell'umanità. Addiritura la Chiesa si vede penetrata nel suo interno per le false dottrine idolatriche, propugnate per lupi mascherati con pelle di agnello, infiltrati nella sua struttura, e molte volte tollerati, come presentano con chiarezza le Lettere alle sette chiese, che raffigurano la Chiesa universale. È la Chiesa terrena perseguita ferocemente per il Drago Rosso, Satana, che sarà soccorsa da Cristo chi la strapperà dalla terra per avere un incontro con lei, dove sarà purificata e santificata per il fuoco della Seconda Pentecoste, rimanendo in questa maniera preparata senza macchia per lo sposalizio col Signore nelle Nozze dell'Agnello: Efesini 5,25-27: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.” Questa Chiesa sposata col Signore ritornerà alla terra, dove dovrà governare ed evangelizzare i sopravvissuti della gran tribolazione, liberata già della maligna influenza di Satana che, incatenato per gli angeli e cacciato al fondo dell'abisso infernale, non può esercitare oramai il suo mestiere di tentatore. Abbiamo contemplato anche alla Chiesa celestiale, formata per le anime dei santi chiedendo davanti a Dio affinché non si ritardi più il "Giorno del Signore”, e dopo, come conseguenza del Giudizio di Cristo, popolata per questi santi, sommati quelli che li furono uniti con motivo della gran tribolazione, risuscitati e preparati anche per le sue nozze con l’Agnello. Finalmente, concluito il Regno terreno o milleniale, vedemmo come essendo sparito il mondo attuale consumato per il fuoco di Dio, è soppiantato per la Nuova Gerusalemme Celestiale, la Chiesa eterna, che abbassa del cielo per essere sempre la dimora di Dio tra gli uomini, chi saranno il suo popolo, e dove non ci sarà oramai né morte, né pianto, né dolore, perché tutte le cose anteriori avranno passato definitivamente.

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Attraverso tutte questi espressioni sulla Chiesa si scorge l'immenso amore di Dio Trinità verso lei, scelta da sempre per il Padre come la Sposa santa che si preparò per arrivare alle sue Nozze col Salvatore. In qualche modo la Chiesa terrena, come società degli uomini redenti che stanno in comunione con Cristo, fu passando per distinte tappe di "conversione" durante la sua storia, che è ala volta la storia del cristianesimo nel mondo, a somiglianza delle tappe che anche ogni cristiano continua a transitare nella sua vita per tendere verso la perfezione spirituale, verso la santità completa, che non è più che il cammino verso la conversione. C'è una chiamata iniziale di Dio ad un popolo che Egli sceglie, col quale stabilisce un'alleanza di amore, affinché lo conosca e sperimenti la sua presenza e la sua cura, e sappia portare questa conoscenza al resto dei popoli della terra, affinché tutti si trasformino finalmente in un unico gregge. Questo popolo dell'Israele, che prefigura la preparazione storica della Chiesa, eletto e chiamato per Dio a partire dal Patriarca Abramo, si trasformerà dopo Pentecoste nel Nuovo Israele. Allo stesso modo, ogni persona individuale, dopo la venuta del Redentore, sarà chiamata a ricevere la salvazione di Gesù Cristo, non solamente per raggiungere la sua propria conversione e santità, bensì per trasformarsi in strumento per portare la salvazione ad altri. Tuttavia, il popolo di Dio, tanto quello dell'Israele secondo la carne, come il Nuovo Israele sorto da Pentecoste, un ed un'altra volta darà la schiena a Dio, si dimenticherà di Lui, correrà dietro idoli fabbricati per mano propria, benché Dio sarà sempre disposto a perdonarlo se esiste un pentimento sincero. Allo stesso modo in ogni individuo si dà questo processo di caduta nel peccato ed allontanamento di Dio, benché sempre il Padre starâ aspettando il suo ritorno come lo presenta la parabola del figlio prodigo. Arriverâ finalmente per un piccolo resto il momento di ottenere la sua santità piena, quello che permetterà loro dopo la sua morte raggiungere la vita in presenza di Dio in forma immediata. Anche la Chiesa avrà quello momento sublime, dopo l'ultima e dolorosa purificazione della fine dei tempi, di dove sorgerà santa ed immacolata, per essere definitivamente la Sposa del Signore. L'amore del Padre e di Cristo per la Chiesa risulta essere, allora, il tema che come fondo incornicia tutto l'Apocalisse, perché rappresenta il culmine del proposito eterno del Padre: che questa Sposa santa del Figlio viva per sempre insieme alla Trinità, come vive la Sposa dello Spirito Santo, la Santissima Vergine María. 2) Novità che presenta questo studio Adesso ci esporremo una domanda che si impone alla fine di questo libro: Quale è la principale "novità", almeno dentro lo sviluppo dottrinale cattolico, che presentiamo in questo lavoro? Senza dubbio si riferisce all'esistenza del Regno di Cristo nella terra, o "Regno milleniale", che sorge dopo la Parusia e del Giudizio di Dio sui vivi ed i morti. La premessa dottrinale che sviluppiamo, basata in un'esaustiva e completa interpretazione della Scrittura, elimina le serie obiezioni ed inconvenienti presentati per altri "sistemi", centrati fondamentalmente in un punto cruciale: la presenza nella terra, in un mondo popolato per uomini vivi, di Cristo ed i santi risuscitati nella prima resurrezione. La chiave interpretativa che lascia totalmente da parte questa discussione è data per un fatto basilare che abbiamo sostenuto, ed è che Gesù giudica, cioè, "governa" nel senso ampio il Regno di Dio terreno dal cielo, dalla Gerusalemme celestiale, assieme ai santi risuscitati, mediante una rinnovata e poderosa "comunione dei santi” che unisce la Chiesa terrena, purificata e santificata in un mondo in cui è sparita la nefasta influenza di Satana, con la Chiesa celestiale, mediante un scambio vitale di aiuti, definiti per Lumen Gentium N° 50 come "preghiere e potente aiuto". Si eliminano così in una maniera drastica e definitiva tutte le derivazioni dei milenarismo condannate con somma ragione per la Chiesa cattolica: il milenarismo crasso, che presenta ai santi risuscitati banchettando e dandosi ad ogni tipo di piaceri carnali, ed il millenarismo giudaizzante, che

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postula l'idea di questi santi vivendo una restaurazione del culto ebreo dell'Antico Testamento includendo la circoncisione e tutti i riti della Legge mosaica, in un nuovo Tempio ricostruito, di magnificenza superiore a quello di Salomone. In questo modo, benché sembri incredibile, spariscono le obiezioni che nacquero in Origene di Alessandria e si consolidarono con Sant’Agostino rispetto alla possibile esistenza di un Regno terreno di Cristo, che nel corso di diciassette secoli hanno condannato in forma generica l'interpretazione letterale del Regno milleniale, chiudendo tutti i cammini esegetichi per potere studiare quello che la Bibbia espresso realmente, senza dovere utilizzare figure allegoriche e spiegazioni che finalmente si contraddicono alcune ad altre. Senza dubbio il gran scoglio col quale si sono trovate queste dottrine tradizionali nella nostra epoca sono i messaggi ricevuti attraverso i mal chiamati "mistici" o "carismatici" moderni, che non rappresentano più che lo spirito di profezia che è risorto con forza nel seno della Chiesa cattolica, sicuramente perché Dio necessita nuovamente che il popolo cristiano ascolti la sua voce, per annunciare i grandi avvenimenti divini che sono sempre più prossimi. In questo sviluppo svolge un ruolo molto importante il concetto del “rapimento e ritorno alla terra" del resto fedele della Chiesa, poiché questi santi che si sono trasformati per l’espereinza della Seconda Pentecoste, sono quelli che inizieranno il governo e l'evangelizzazione del mondo posteriore al giudizio del "Giorno di Dio." Abbiamo presentato in quest’opera un'esegesi biblica molto completa rispetto a questo evento del "rapimento" della Chiesa, che presenta differenze sostanziali con le interpretazioni in boga nei nostri giorni, specialmente a partire dela dottrina del "dispensazionalismo" ed altre simili di varie denominazioni cristiane e pseudo cristiane. Noi ci basiamo su una posizione eminentemente ecclesiale, con chiara differenziazione dei diversi stati della Chiesa (terreno, celestiale e purgante), che non si confondono né si mischiano, conservando ognuno l'identità e le caratteristiche che gli sono proprie. Crediamo che sia anche importante lo sviluppo dottrinale realizzato rispetto al giudizio dei vivi in generale, ed al giudizio dei santi che saranno sollevati col rapimento in particolare, in quello che si riferisce alla materia del giudizio, dato che è una parte sostanziale della rivelazione di Gesù sui tempi della fine, evidenziata nelle parabole che fanno parte del cosidetto "discorso escatologico" del Signore. Questa materia dovrebbe richiamare ad una profonda riflessione alla Chiesa cattolica, specialmente alla gerarchia ed ai consacrati, siano tanto religiosi o laici, per, in primo luogo, prendere seriamente i segni dei tempi e gli annunci profetici di tanti strumenti di Dio che si manifestano continuamente, in particolare a quelli aggiudicati alla Santissima Vergine María. In secondo luogo, domandarsi che stanno facendo per affrontare il giudizio che è sempre più vicino, tanto nel piano personale, riferito alla propria salvazione, come nell'azione pastorale nel seno della Chiesa. Di non farlo, apparirâ il rischio certo che sarà molto piccolo il nucleo della Chiesa fedele che sarà preparato ed in condizioni di affrontare i difficilissimi tempi che sopravverranno, e che non possiamo affermare con alcuna sicurezza che siano assolutamente lontani, come sembra essere l'opinione di molti. Ha anche importanza, agli effetti soprattutto di interpretare le profezie dell'Antico Testamento, il concetto che il “Giorno dell'ira del Signore", che ovviamente nel linguaggio biblico è un periodo di tempo indeterminato, ha una durata che abbraccia dagli avvenimenti che scatenano la Parusía fino alla terminazione storica del "Regno milleniale" col Giudizio Finale Universale, tempo durante il quale il Messia, Gesù Cristo, "giudica", insieme agli apostoli e santi risuscitati, alle "dodici tribù dell'Israele", cioè, alla cristianità tutta, formata ora per l'unione dei cristiani e del popolo ebreo convertito a Gesù, con l'incorporazione massiccia delle nazioni pagane. Pertanto le due "chiavi" interpretative basilari sono rinchiuse in un doppio movimento della Chiesa terrena: in primo luogo, il resto fedele della gerarchia e di laici santi eletti, è rapito al cielo all'incontro con Gesù, dove si purifica e santifica mediante l’esperienza straordinaria della "Seconda Pentecoste", con una rinnovata e fortísima effusione dello Spirito Santo. Quindi questa Chiesa

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trasformata "ritorna" alla terra sotto la bellissima figura della Gerusalemme terrena che scende dal cielo in mezzo agli uomini, per governare ed evangelizzare i sopravvissuti del mondo. Accompagna questo doppio movimento il Signore Gesù Cristo, prima condividendo l'Effusione dello Spirito Santo e sposando alla sua Chiesa nelle Nozze dell'Agnello, e dopo mostrandosi visibilmente al mondo nella sua Parusia, accompagnato per la Chiesa che ritorna, "presentandola", per così dirlo, agli abitanti della terra. Per questo motivo tutti gli avvenimenti relativi alla Parusia del Signore stanno sotto la sua sovranità ed autorità, poiché Egli è chi ha tutta la potenza per il compimento del mandato del Padre per instaurare il Regno di Dio. Aggiuntivamente abbiamo introdotto anche interpretazioni esegetiche innovative in quello che si riferisce al significato dei "sette sigilli" nel Libro dell'Apocalisse, che tanti mal di testa hanno generato negli interpreti dell'opera del veggente Giovanni. Un altro apporto che consideriamo positivo è quello dell'interpretazione rispetto alle cause ed effetti della gran tribolazione dei tempi del fine, e la sparizione di una parte sostanziale dell'umanità, che implica che non esiste un intervento guerriero e sterminatrice dello stesso Cristo, sostenuto per molte dottrine, e che genera un'inammissibile immagine di un Dio come Giudice severo ed anche sanguinario, trucidando con la sua potenza ed azione diretta a gran parte delle sue creature. Abbiamo sostenuto che Dio soltanto utilizza strumenti umani che cercano il male, la violenza e la morte, mossi per le sue ambizioni deviate, e che misteriosamente, sa tirare fuori un bene di tante calamità ed ingiustizie. Questo è il caso del ruolo che compie il "Anticristo", il quale, essendo lo strumento che Satana ha suscitato per arrivare al completo dominio del mondo ed eliminare la vera religione cristiana, assecondato per il falso Profeta alla cima di un cristianesimo spurio, finisce "preparando" di alcun modo il cammino per la seconda Venuta di Cristo. Per l'azione dell'Anticristo ed i suoi seguaci si annichilirà l'impero materialista ed anticristiano rappresentato per la Gran Babilonia, e l'umanità affronterà la supposta apparizione di Cristo, con la supremazia, almeno nel mondo "occidentale", della religione cristiana, benché falsificata ed imbastardita per il Profeta falso, che sosterrà la menzogna della seconda Venuta del Signore. Sarà in mezzo a queste circostanze che si produrrà il magno avvenimento della vera Parusia, dove rimarrà scoperto l'inganno anteriore, e tutto il mondo percepirà visibilmente la manifestazione gloriosa di Gesù Cristo, chi impianterà allora il suo Regno terreno di pace, giustizia e santità. Infine studiamo nel Capitolo 7 le importanti ragioni di convenienza che implica la realtà del Regno di Dio terreno, in quello che fa al grado di gloria eterna che avrà una moltitudine di grandi santi che sorgeranno in quella Chiesa "milleniale", compreso il popolo ebreo convertito al cristianesimo, i quali "quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri" (Romani 11,28). Questi punti sono sono stati completamente trascurati negli sviluppi dottrinali dei tempi della fine, e sono quelli che, basati nella più pura dottrina cattolica, dimostrano chiaramente le ragioni che suscitano la necessità dell'esistenza di un Regno terreno di Cristo, in paragone con la disgraziata dottrina di una fine del mondo che succederà in consonanza con la Parusia di Cristo. Accompagna tutto quello esposto in questo lavoro, in totale armonia con esso, e senza forzare nessuna interpretazione strana ai dogmi cattolici sulla resurrezione, la dottrina della resurrezione in due fasi diverse e lontane nel tempo, prima la resurrezione dei santi in opportunità della Seconda Venuta di Cristo, e dopo, alla fine del Regno milleniale, quella dei restanti morti, nel tempo del Giudizio Finale Universale, quando culminerà la storia terrena dell'umanità e discenderà dal cielo, da parte di Dio, l'unica ed eterna Nuova Gerusalemme, dimora di Dio tra gli uomini che furono scelti durante il corso della storia umana per essere i suoi figli adottivi, nella sua presenza, per tutta l'eternità. Ovviamente rimangono ancora molti punti oscuri sugli eventi dei tempi dela fine che gli studi, guidati per la luce dello Spirito Santo, continueranno a discernere e svelare, aiutati per i segni dei

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tempi che si faranno sempre di più evidenti man mano che gli avvenimenti finali si avvicinino e si producono. 3) Differenze profonde rispetto al mondo attuale. Dalla dottrina esposta, vista un po' con un primo sguardo superficiale, si potrebbe avere l'impressione che non c'è un gran cambiamento nel Regno di Dio terreno o Regno milleniale, rispetto all'attuale regno di Cristo nella Chiesa, poiché in tutto lo sviluppo effettuato abbiamo rifiutato la possibilità della presenza visibile di Cristo e dei santi risuscitati sulla terra, dottrina che è la base della gran maggioranza degli schemi millenaristi. Tuttavia, se approfondiamo il tema, vedremo che sorgono differenze molto notevoli che possiamo sintettizzare in due aspetti principali di questo Regno terreno di Cristo: la sua universalità e la sua profondità spirituale, mai raggiunte prima nella storia del cristianesimo. Vediamo ora in dettaglio queste due caratteristiche distintive. * Universalità del Regno Terreno: Il cristianesimo avrà un'espansione per tutto il mondo che mai ottenne prima. Questa diffusione sarà il risultante di condizioni e circostanze nuove che sorgeranno con motivo di quello che abbiamo studiato come "Giorno del Signore: * L'umanità rimarrà purificata di tutti gli operatori di iniquità e degli empi, che moriranno come conseguenza delle grandi tribolazioni dei tempi della fine, nel Giudizio dei vivi che abbiamo denominato "giudizio transitorio." * I sopravvissuti del mondo saranno cristiani o non cristiani definiti come "uomini di buona volontà” che superarono il Giudizio dei vivi e che furono scelti per fare parte dell'inizio del Regno terreno di Cristo. * La seconda Venuta di Gesù Cristo sarà perfettamente visibile ed udibile in tutto il mondo, e la totalità dei popoli sarà cosciente dell'instaurazione del suo regno. * Gli avvenimenti della fine dei tempi avranno mostrato all'umanità di forma palpabile l'incapacità dell'uomo per governare al mondo lasciando a Dio ad un lato, e saranno perfettamente presenti ai suoi occhi gli estremi e derivazioni che si produssero, con le sue sequele di violenza, ingiustizia, degradazione morale, marginatura sociale, etc. * La Chiesa purificata e rinnovata, piena di santità, formata per la gerarchia ed i laici rapiti che vissero la Seconda Pentecoste e le Nozze con l'Agnello, sarà l'addetta di governare al mondo e di evangelizzare fino agli ultimi confini della terra. * La conversione degli ebrei come popolo, prodotta come conseguenza della Parusía, darà una gran ricchezza alla Chiesa e metterà a disposizione dell'evangelizzazione, col tempo necessario per il suo sorgimento, a grandi predicatori e maestri. * Profondità spirituale: I cristiani vivranno in generale un gran sviluppo nella sua vita spirituale, cioè, cresceranno in un alto grado nella perfezione cristiana, vale dire nella sua santità. Questo sarà possibile per l'esistenza di una gran quantità di fattori che favoriranno questa crescita: * La sparizione della tentazione di Satana: Sebbene l'azione tentatrice di Satana non è in sé stessa l'unico fattore che spinge l'uomo al peccato, poiché il disordine interno che provoca la tripla concupiscenza è anche strumento poderoso per indurre all'intelligenza umana all'errore ed a deviare alla volontà dalla ricerca del vero bene, è indubbio che l'attività generalizzata del Diavolo e la sua corte di demoni è oggi nel mondo, magari come mai prima lo fu, un fattore determinante dell'impero del male su un'umanità sommersa in una buona parte nel peccato.

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Questa nefasta azione sparirà quando Satana sia “rinchiuso nel abisso”, cioè, non esisterà oramai più il permesso divino per il suo azionare, come oggi succede, per quello che l'uomo sperimenterà una liberazione delle barriere ed ostacoli che interpone continuamente l'azionare demoniaco tra l'uomo e Dio, in una grandezza e portata che molto difficilmente possa immaginarsi. Ovviamente quello che si è detto non significa che sparirà il "combattimento spirituale", cioè la lotta contro il "uomo vecchio" o "uomo carnale", mosso per gli impulsi di una volontà ed intelligenza inferme e diminuite per il peccato originale, ma il cristiano dovrà continuare a ricorrere alle armi che gli provvede la grazia per vincere il "buon combattimento." Questo vuole dire anche che l'essere umano continuerà a dovere essere guarito interiormente per la grazia santificante, per rettificare gli errori della sua intelligenza e volontà naturali in una maniera soprannaturale, attraverso l'azione delle virtù infuse ed i doni dello Spirito Santo. È cosicché dobbiamo lasciare da parte ogni idea che nel millennio sarà facile e semplice essere santo, poiché in nessun modo l'uomo potrà smettere di collaborare in forma libera ed attiva con la grazia di Dio per riuscire quella guarigione e trasformazione interna che l'avvierà nel sentiero della santità, che continuerà ad essere angusto e sinuoso, e non largo e retto come a molti piacerebbe loro. * L'azione di evangelizzazione e formazione di una Chiesa santa, composta di grandi santi. La grazia che si riceve nel battesimo (sacramentale o di desiderio, tanto esplicito come implicito) è come un seme o germe che necessita crescere. Per aiutare a questa crescita si necessita, in primo luogo, conoscere quali sono gli aiuti soprannaturali che il cristiano ha a sua disposizione, e dopo sapere come utilizzarli per fare che quella grazia santificante cresca. Detto altrimenti, è necessario contare su maestri che possano avviare il credente, dopo della sua prima conversione, durante il tragitto della crescita spirituale, sviluppando le sue nuove capacità spirituali (virtù infuse e doni dello Spirito Santo), al massimo grado possibile, per così pure elevare la sua santità alle più alte cime. Per ottenere questo obiettivo, i veri ed unici maestri sono i santi, coloro che hanno percorso già questo cammino e possono trasmettere ad altri come avanzare per esso, a partire dalla sua esperienza personale da una parte, e col suo esempio e testimonianza di vita per l'altro. A questo concorrerà quello che apporterà la Chiesa santa e rinnovata che discenderà sulla terra nella figura della Gerusalemme che viene dal cielo, quello che avvenirà realmente dopo del rapimento all'incontro col Signore, e dove questi santi riceveranno la profusa effusione dello Spirito Santo. Saranno così strumenti privilegiati per guidare e formare i nuovi cristiani del Regno di Cristo, e per preparare molte generazioni di santi insigni, in una profusione mai prima vista nel mondo. Al contrario di quello che succede ora, nel Regno milleniale essere un gran santo non sarà l'eccezione altro che la regola, e questa meta si trasformerà nella gran aspirazione delle masse cristiane. * La sparizione delle religioni false o erronee. Non sussisteranno nel Regno terreno di Cristo le antiche religioni pagane, né le religioni con dottrine rivelate per uomini che nos siano Gesù Cristo, né le dottrine eretiche delle sette pseudo-cristiane. Ci sarà un'unica Chiesa riunita sotto un unico e supremo Pastore, diretta pienamente alla ricerca dell'unica Verità del Vangelo di Gesù Cristo, lasciando così dietro le dottrine e le divisioni nate di interessi ed idee erronee puramente umane. Per qualunque mente razionalista il fatto di ascoltare queste affermazioni gli farà stracciare le vesti, proclamando che così si sta abolendo la libertà di elezione umana in quanto alla sua religione. Quello che succede è che si equipara la religione cristiana ad un insieme di idee, dottrine e forma di culto, tra molte altre, come se facesse parte di un esteso elenco di possibilità religiose che si trova all'elezione secondo il gusto del consumatore. Su questo punto ritorneremo subito un po' più avanti. Ovviamente affinché si produca questa sparizione delle antiche religioni non cristiane concorreranno diversi fattori: l’inesistenza dell'azione di Satana producendo confusione, menzogne e

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divisioni, la forte azione dello Spirito Santo per portare la luce soprannaturale all'intelligenza degli uomini, ed la testimonianza di quello che avrà vissuto l'umanità nel tempo della gran tribolazione. * La Comunione dei Santi forte e rinnovata. Abbiamo studiato nel Capitolo 7.C.2 le ragioni che permettono di supporre che nel Regno terreno di Cristo esisterà una "comunione dei santi” molto più forte e profonda di quella che si è conosciuta fino ad ora nel cristianesimo. Cioè, ci sarà una comunicazione di beni tra la Chiesa terrena e la Chiesa celestiale popolata dai santi risuscitati nella prima resurrezione, che faciliterà il governo o "giudizio" di questi santi sui fedeli della terra, mediante le sue "preghiere ed potente aiuto”, come menziona Lumen Gentium N° 50. Le grazie risultanti di questa azione dei grandi santi risuscitati che si trovano nel cielo in presenza della Trinità, Dio Padre, lo Spirito Santo e l'Agnello, insieme alla Vergine María, saranno copiose e di azione poderosa, per quello che accorrere all'aiuto di questi "amici di Dio" darà grandi benefici per la crescita spirituale dei cristiani del millennio. * La presenza Eucaristica di Gesù Cristo, nel Sacramento e l'adorazione. Commentiamo anche nel Capitolo menzionato prima come sarà forte e generalizzata la presenza reale di Cristo nella terra mediante l'Eucaristia, che risulterà realmente essere la fonte ed il culmine della vita cristiana che sorgerà nel mondo dopo della Parusia dal Signore. Le grazie fluiranno come acque vive dalla presenza Eucaristica di Gesù, penetrando fisicamente come alimento celestiale nei fedeli attraverso la comunione eucaristica, o spiritualmente mediante l'adorazione al Santissimo Sacramento. Avrà anche gran significato l'estensione e nuova profonditá della devozione al Sacro Cuore di Gesù, con la vera consacrazione a lui, col fine di infiammare i cuori dei cristiani con l'ardente carità del Sacratissimo Cuore del Signore, vero forno del quale emanano fiamme purificatrici e santificatrici. * Devozione mariana rinnovata ed estesa. La Santissima Vergine ha per i tempi della fine un ruolo essenziale nella preparazione dell'umanità per il magno e sublime avvenimento della Seconda Venuta di suo Figlio Gesù Cristo alla terra. Ella è la precursora della Parusia, la Madre del Secondo Avvento, lo strumento eletto per la Santa Trinità per annunciare al mondo la prossimità dell'arrivo di suo amato Figlio, non già in povertà ed umiltà, bensì in gloria, potenza e maestà. Questo ruolo protagónico di María Santissima negli ultimi tempi aumenterà notevolmente la devozione dei cristiani verso sua Madre eccelsa, devozione questa che avrà sicuramente un'esplosione nel Regno terreno di Cristo, dove più che mai sarà riconosciuta per tutta l'umanità come corredentrice e dispensatrice di tutte le grazie, titoli questi che senza dubbio saranno già per quello tempo dogmi di fede della Chiesa cattolica. È in base a questi elementi principali (poiché ci sono altri molti che concorrono anche alla crescita spirituale) possiamo affermare senza dubitare che la nuova umanità, dopo della prima tappa necessaria di evangelizzazione, conversione e crescita spirituale conseguente, presenterà un panorama di santità generalizzata, attingendosi comunemente i gradi più alti della perfezione cristiana. Detto così solamente, non dimostra questa descrizione la cosa prodigiosa che sarà il cambiamento nella condotta personale degli uomini e donne cristiani del millennio. Basta riflettere brevemente su che cosa è realmente un santo, lasciando da parte le interpretazioni erronee (per vedere questo tema in dettaglio, "La piena vita cristiana", Parte 2, Capitolo5), per rimanere attoniti immaginando almeno un po' di quello che succede nell'uomo con la santità. Il cristiano è chiamato ad una profonda e vera trasformazione interiore, dove le sue facoltà umane, l'intelligenza e la volontà, ferite e diminuite per la infermitá del peccato originale che tutti contraggono nascendo, sono guarite e cambiate radicalmente per l'azione soprannaturale della grazia.

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È la cosidetta trasformazione del "uomo vecchio", "uomo carnale", "uomo naturale", tutte espressioni equivalenti, nel "uomo nuovo", "uomo spirituale" o "uomo celestiale", che è l'essere umano le cui facoltà superiori, intelligenza e volontà, sono divinizzate per l'azione soprannaturale della grazia. Questa "divinizzazione" appare per l'azione delle virtù infuse perfezionate per i doni dello Spirito Santo, facendo che l'uomo continui a lasciare da parte il suo processo umano razionale e discorsivo, per essere rimpiazzato gradualmente per l'accoglienza diretta delle mozioni che vengono dallo Spirito Santo. Appare così il santo, i cui pensieri ed idee sorgono direttamente dall'ispirazione divina, cioè, che possiede i pensieri di Dio, ed anche la sua volontà è spinta per lo Spirito, essendo completamente concordante con la volontà di Dio, facendosi una sola con quella dal suo Creatore. Significa questo, ovviamente, avere raggiunto il massimo grado della contemplazione infusa che è l'unione transformante con Dio, o "matrimonio spirituale" (vedere la descrizione di questo stato in "La piena vita cristiana, Parte 4, Capitolo 2). Ma la cosa più importante è che la vita di santità che si raggiunge così, non solamente ha conseguenze personali per il cristiano, in quello che fa alla sua salvazione e la possibilità di raggiungere un alto grado di gloria nella vita eterna nel cielo, ma inoltre genera un'enorme ripercussione nella società umana, portandola ad un'organizzazione politica e sociale completamente concorde ai valori evangelici, con un primato assoluto della carità al di sopra del resto delle cose e valori puramente umani. Tutto il tessuto sociale, culturale, lavorativo e politico si impregnerà profondamente degli atteggiamenti cristiani, ottenendosi cambiamenti in relazione alla realtà del mondo che soltanto possono essere intravisti in una piccola proporzione per coloro che sono riusciti a vivere l'esperienza di una vita spirituale avanzata e di una certa comunione con altri fratelli nella fede, con una esperienza di preghiera che li abbia portati, almeno in maniera incipiente, alla contemplazione infusa e la trasformazione che la stessa produce nella mente e nel cuore. È per queste ragioni che sostenevamo anteriormente che la religione cristiana non è una più tra distinte opzioni o alternative religiose, bensì l'unica e vera, quella che trasforma di radice all'uomo, con la sua accettazione libera, stabilendo così definitivamente la relazione tra la creatura ed il suo Creatore. 4) Considerazioni finali Un altro aspetto molto positivo che apporta la dottrina dell'esistenza di un Regno di Dio terreno che proponiamo nel nostro lavoro si riferisce alla mitigazione delle angosce e timori che produce nella gente in generale, e nel cattolico in speciale, il pensiero di una "fine" del mondo terribile e catastrofica, paura alimentata anche per libri e film su questo tema i cui argomenti si basano in generale in idee profane o pseudo religiose che per diverse ragioni ed interessi, in generale commerciali, alimentano e magnificano l'aspetto terrificante e cruento di questi eventi della fine. Gli eventi del fine dell'età ("eone") presente, come puntualizziamo nel Capitolo 7, al contrario, sono avvenimenti che alimentano solo la speranza del cristiano, che realmente gli fanno sognare ed aspettare un mondo molto migliore che l'attuale. Tutto quello che si riferisce a queste cose che succederanno è profondamente tinto per il colore della speranza cristiana, perché il mondo non finirà bruscamente ma si apriranno le porte ad una nuova età, come Regno di Cristo nella terra. Speranza in che il male che ci circonda, conseguenza che il mondo nella sua gran parte si è arreso ai piedi di Satana, il padrone di questa terra, sarà vinto ed apparirà una nuova umanità che vivrà in giustizia, pace e santità. Speranza in che tutti gli uomini di buona volontà che hanno esistito e morto fin dalla creazione di questo mondo, e che ancora esisteranno e morranno fino alla seconda Venuta di Gesù Cristo,

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saranno ricompensati con una resurrezione gloriosa come quella del Signore, vivendo eternamente in presenza di Dio. Speranza che la giustizia di Dio raggiungerà tutti, e che saprà anche fare pagare a quelli che, con piena conoscenza ed intenzione, trasgredirono le leggi divine, specialmente la più importante, la legge dell'amore a Dio ed ai prossimi. Se tutti gli anteriori sono motivi di speranzosa attesa della venuta del Regno di Dio, risulta allora lecito che sorga una domanda inquietante: Perché Dio dà tanto tempo all'umanità, sempre di più sviata, prima di intervenire nella storia del mondo ed irrompere col suo Regno? Con questa questione penetriamo in un gran mistero, sul quale possiamo avere solo alcune idee se ci basiamo sulla rivelazione stessa di Dio, attraverso la sua Parola. La Lettera ai Romani ci dà una prima luce: Romani 3,19-20: “Ora, noi sappiamo che tutto ciò che dice la legge lo dice per quelli che sono sotto la legge, perché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio. Infatti in virtù delle opere della legge nessun uomo sarà giustificato davanti a lui, perché per mezzo della legge si ha solo la conoscenza del peccato.” Romani 5,13-14: “Fino alla legge infatti c'era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.” San Paolo espone qui tre epoche o "età" nella storia umana: *Da Adamo fino a Mosè, il peccato senza la Legge. *Da Mosè fino a Cristo, il peccato con la Legge. *Da Cristo, il peccato col dono della grazia. Dio dà la Legge a Mosè, ed a partire da lì si evidenzierà il peccato, benché non sarà possibile evitarlo: Romani 3,10-18: “Abbiamo infatti dimostrato precedentemente che Giudei e Greci, tutti, sono sotto il dominio del peccato, come sta scritto: Non c'è nessun giusto, nemmeno uno, non c'è sapiente, non c'è chi cerchi Dio! Tutti hanno traviato e si son pervertiti; non c'è chi compia il bene, non ce n'è neppure uno. La loro gola è un sepolcro spalancato, tramano inganni con la loro lingua, veleno di serpenti è sotto le loro labbra, la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza. I loro piedi corrono a versare il sangue; strage e rovina è sul loro cammino e la via della pace non conoscono. Non c'è timore di Dio davanti ai loro occhi.” Chiaramente la legge produce la conoscenza del peccato, genera l'evidenza della sua esistenza, mettendo agli uomini di fronte a questo terribile mistero, e facendo che davanti a quella spaventosa realtà chiedano disperatamente a Dio: Salmi 51(50),5-15: “Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto; perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio. Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu vuoi la sincerità del cuore e nell'intimo m'insegni la sapienza. Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia, esulteranno le ossa che hai spezzato. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno.”

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Il Padre ascolterà questa chiamata, e nella pienezza dei tempi si incarnerà il Verbo di Dio nella natura umana, nel Messia e Salvatore, Gesù Cristo, e nascerà l'età cristiana. Tuttavia vediamo che nel tempo che è trascorso di questa epoca, e nonostante Dio metta a disposizione di tutti gli uomini il dono della Salvazione in Gesù Cristo, sono molti quelli che lo disprezzano, o l'ignorano, o che appena fanno caso di Egli. Le conseguenze di questo funesto allontanarsi da Dio sono pienamente visibili, e si apprezza anche sempre con più evidenza la pendenza, anno dopo anno più ripida, che continua a precipitare all'umanità verso un mondo strapieno di ingiustizia, violenza, rapina, morte, impurità, idolatria, egoismo, mancanza di carità, dissoluzione delle strutture sociali basilari come la famiglia, e tanti altri mali terribili a livello individuale e sociale. Ritornando alla domanda anteriore: Perché Dio permette tutto questo, conseguenza della libertà umana esercitata senza il freno della verità e la grazia di Dio e non mette d'un colpo termine a questa situazione? La risposta deve possedere ragioni simili alle quali spinsero la prima Venuta di Gesù Cristo al mondo: è necessario che l'uomo si senta incapace ed impotente per guidare il mondo per sè stesso e risolvere tutti i disastri, tante morali e sociali come ecologici e climatologici che ha prodotto suo azionare allontanato di Dio e solamente spinto per la sua ambizione ed egoismo, aperto senza molte difese alla subdola azione tentatrice del vero padrone di questo mondo: Satana. Solo nel momento che unicamente Dio nella sua infinita saggezza conosce quando arriverà, sarà capace l'uomo di accettare la necessità di quell'intervento di Dio nella storia umana. Nell'umanità sopravvissuta al Giudizio di Dio sui vivi nella Parusia, questa certezza sulla necessità di un nuovo principio per il mondo sarà quella che permetterà che sia evangelizzata per la Chiesa ed accetti massicciamente il cristianesimo. Anche questa certezza sarà stata, per molti, l'impulso a convertirsi durante il tempo finale della misericordia di Dio, facendo che sia una maggiore quantità di persone che siano parte dell'umanità che popolerà il Regno di Dio terreno. Per finire, completiamo, dalla dottrina che abbiamo sviluppato, la divisione in "età" che espone San Paolo nella Lettera ai Romani, Capitolo 5,13-14 che vedemmo anteriormente: Avremmo il seguente schema: *Età del peccato, con l'azione di Satana, senza la Legge di Dio: da Adamo fino a Mosè; non si vince al peccato né si ha coscienza dello stesso. *Età del peccato, con l'azione di Satana, con la Legge di Dio: da Mosè fino alla prima Venuta di Cristo; il peccato si evidenzia per la Legge ma questa non lo sopprime, non si può vincere. *Età del peccato, con l'azione di Satana, col dono della grazia della Redenzione di Cristo: dalla prima fino alla Seconda Venuta di Cristo; la grazia permette di vincere al peccato, ma c'è gran santità in pochi. *Età del peccato, senza l'azione di Satana, col dono della grazia: dalla Parusia fino alla fine del mondo e Giudizio Finale; può vincersi al peccato con più facilità e sorgono gran quantità da santi. *Età delle età, eterna, senza peccato: tutti i santi risuscitati nel Regno di Dio celestiale. Questa età cominciò simultaneamente con l'anteriore, e si prolunga eternamente dopo la sua fine. Rimane così disteso nella sua totalità davanti al nostro attonito sguardo il piano delle età rivelato per Dio attraverso la sua Parola contenuta nella Sacra Scrittura. Qualcosa che né lontanamente sarebbe immaginabile per la mente umana, tuttavia adesso è visibile, per la comprensione di ogni persona il cui intelletto riceva l'aiuto soprannaturale della virtù della fede, possieduta per ogni cristiano che ha ricevuto il dono della grazia santificante.

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Dio ha voluto rivelarci questi misteri perché vuole che, in mezzo alle difficoltà, lotte, dolori e tribolazioni che possiamo soffrire passando per questa vita, abbiamo il nostro sguardo alzato verso queste realtà eterne, sapendo qual’è la speranza alla quale siamo chiamati. Magari questo si realizzi in tutti i cristiani, come risposta alla supplica che San Paolo diresse a Dio per suoi amato santi, e che, senza dubbio, continua ad elevare oggi e sempre nel cielo per tutti noi: Efesini 1,15-18: “Perciò anch'io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell'amore che avete verso tutti i santi, non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi.” Gianfranco Benedetto Buenos Aires – Argentina Ottobre 2010