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I Il sisma de L’Aquila del 6 Aprile 2009: Caso studio sui Moduli Abitativi Provvisori Nota introduttiva Il 6 aprile 2009 a L’Aquila, alle ore 3:32, un grande boato squarcia- va la notte di quel nefasto lunedì, portando con se lutti e distruzioni. Mentre mi accingo a pubblicare una sintesi del mio lavoro di tesi 1 sul sisma de L’Aquila, mi giungono le immagini della distruzione che ha nuovamente ferito l’Italia Centrale 2 e rivivo il dramma delle popolazioni interessate come allora, quando mi recai in Abruzzo nei luoghi colpiti dal sisma. Tuttavia osservo che come in quel momento le considerazioni da fare sono sempre le stesse: Prevenzione, educare alla Prevenzione la po- polazione, altrimenti il nostro patrimonio più antico, i nostri centri storici minori e non solo, saranno destinati, col ripetersi di eventi simili, alla di- struzione. Dunque mi sono chiesto, se eventi sismici di tale entità possano es- sere affrontati in modo da conciliare esigenze di sveltezza nelle procedure e nelle realizzazioni dei nuovi alloggiamenti, al fine di alleviare i disagi e le sofferenze delle popolazioni, ovvero, se la ricostruzione, specialmente nei centri storici come L’Aquila, debba avvenire secondo le intenzioni dei residenti, com’era e dov’era o se sono giuste le intuizioni relative alla co- struzione di “new town”. L’Abruzzo è una regione ricca di edifici storici di notevole pregio architettonico e monumentale, come in tutte le regioni italiane, ma vi so- no, come ad esempio nelle zone colpite dal sisma, centri storici minori di uguale valore; insieme a questa migliore qualità architettonica esistono, e sono la stragrande maggioranza, gli edifici abitativi che formano i bellis- simi centri storici e questi, lo sappiamo, sono quelli che soffrono mag- giormente l’aggressione sismica. 1 «Analisi ingegneristica dei Moduli Abitativi Provvisori: il sisma de L’Aquila del 6 Aprile 2009» discus- sa in data, 11 Novembre 2015 e consultabile al seguente link http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=51183&forceCom=y 2 24/08/2016 Sisma di Amatrice

Il sisma de L Aquila del 6 Aprile 2009: Caso studio sui ... · ... la faglia di Paganica a sud ... Castello de L’Aquila Gravi danni Chiesa di S. Maria ... Riflessioni ingegneristiche

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I

Il sisma de L’Aquila del 6 Aprile 2009:

Caso studio sui Moduli Abitativi Provvisori

Nota introduttiva

Il 6 aprile 2009 a L’Aquila, alle ore 3:32, un grande boato squarcia-

va la notte di quel nefasto lunedì, portando con se lutti e distruzioni.

Mentre mi accingo a pubblicare una sintesi del mio lavoro di tesi1

sul sisma de L’Aquila, mi giungono le immagini della distruzione che ha

nuovamente ferito l’Italia Centrale2 e rivivo il dramma delle popolazioni

interessate come allora, quando mi recai in Abruzzo nei luoghi colpiti dal

sisma. Tuttavia osservo che come in quel momento le considerazioni da

fare sono sempre le stesse: Prevenzione, educare alla Prevenzione la po-

polazione, altrimenti il nostro patrimonio più antico, i nostri centri storici

minori e non solo, saranno destinati, col ripetersi di eventi simili, alla di-

struzione.

Dunque mi sono chiesto, se eventi sismici di tale entità possano es-

sere affrontati in modo da conciliare esigenze di sveltezza nelle procedure

e nelle realizzazioni dei nuovi alloggiamenti, al fine di alleviare i disagi e

le sofferenze delle popolazioni, ovvero, se la ricostruzione, specialmente

nei centri storici come L’Aquila, debba avvenire secondo le intenzioni dei

residenti, com’era e dov’era o se sono giuste le intuizioni relative alla co-

struzione di “new town”.

L’Abruzzo è una regione ricca di edifici storici di notevole pregio

architettonico e monumentale, come in tutte le regioni italiane, ma vi so-

no, come ad esempio nelle zone colpite dal sisma, centri storici minori di

uguale valore; insieme a questa migliore qualità architettonica esistono, e

sono la stragrande maggioranza, gli edifici abitativi che formano i bellis-

simi centri storici e questi, lo sappiamo, sono quelli che soffrono mag-

giormente l’aggressione sismica.

1 «Analisi ingegneristica dei Moduli Abitativi Provvisori: il sisma de L’Aquila del 6 Aprile 2009» discus-sa in data, 11 Novembre 2015 e consultabile al seguente link http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=51183&forceCom=y

2 24/08/2016 Sisma di Amatrice

II

Ecco, nonostante quest’ultimi, sia per L’Aquila città che per i paesi

d’Abruzzo, siano stati costruiti in passato con buona tecnica muraria e le

strutture portanti verticali delle murature siano state realizzate con la

tecnologia a regola d’arte in uso al tempo, al verificarsi dell’evento sismi-

co del 6 aprile 2009, le strutture murarie si sono dimostrate assai vulnera-

bili, soprattutto anche per la scarsissima resistenza delle murature alle

sollecitazioni di trazione e a quelle ondulatorie che producono flessioni.

Il risultato è stato catastrofico: le murature si sono come sfarinate:

all’osservazione esse presentavano malta polverulenta priva ormai anche

di una minima resistenza.

Queste riflessioni, assieme al caso studio che andrò ad introdurre,

frutto della mia diretta esperienza sul campo nel luglio 2009, mi hanno

indotto ad intraprendere il lavoro di ricerca sul fenomeno terremoto.

1

Aspetti fisici del terremoto del 6 aprile 2009

Il 6 aprile 2009 un terremoto di magnitudo momento sismico Mw=

6.3, ha colpito la regione Abruzzo ed in particolare il suo capoluogo:

L’Aquila. Troviamo forti analogie tra alcune caratteristiche peculiari della

sequenza sismica del 2009 e di alcuni eventi storici che si sono verificati

nella zona., in particolare in occasione del sisma del 1461 e 1762.

L’evento ha devastato gravemente la città de L’Aquila (circa 73.000

abitanti) e decine di paesi situati nella Valle dell’Aterno (di seguito

M.A.V.–“Middle Aterno Valley”). Un mese dopo l’evento, il suo impatto

sociale, non era ancora del tutto noto, ma era certamente gravoso: 308 vit-

time, il 47% delle case danneggiate nella zona epicentrale e quasi 40.000

persone rimaste senza casa.

Anche se l’intensità dell’evento non è stato tra i più grandi che si

sono verificati nell’Appennino, il terremoto Abruzzese può essere consi-

derato uno dei più disastrosi del secolo scorso. Gli effetti dello scuotimen-

to sono stati registrati non solo nella zona epicentrale, ma anche in zone

molto più distanti come ad esempio Roma.

Quadro sismotettonico e sismicità storica

La regione appenninica comprendente la provincia de L’Aquila è

caratterizzata da una forte sismicità dovuta al fatto che è attraversata (in

direzione approssimativamente Nord Ovest-Sud Est) dal confine fra due

placche, quella africana e quella euroasiatica. In questa regione, a causa

dell’elevata attività delle faglie sopracitate insistenti nella M.A.V., si sono

verificati in passato diversi terremoti di grande intensità e con effetti pe-

santemente distruttivi.

Si precisa comunque che ci sono studi relativi all’attuale attività an-

che della Faglia di Campo Imperatore (C.I.F.), ma nessun evento sismico

della storia è associabile a questa placca.

Il primo terremoto particolarmente intenso (con magnitudo stimata

Mw= 6.5) conosciuto ed avvenuto nella M.A.V. ha avuto luogo il 26 no-

vembre 1461, preceduto da una sequenza sismica con scosse di varia in-

2

tensità e seguito da numerose repliche. Questo sisma provocò gravi danni

alla città e circa 150 vittime.

Fra i terremoti che colpirono la città de L’Aquila e la zone immedia-

tamente circostanti si ricorda soprattutto quello del 2 febbraio 1703, cui si

attribuisce magnitudo Mw= 6.9, il quale provocò alla città danni enormi e

oltre 6000 morti. Anche in questo caso gli scuotimenti furono preceduti

da una lunga sequenza di scosse minori fra cui una particolarmente in-

tensa (con magnitudo stimata Mw= 6.8) che si era verificata pochi giorni

prima (14 gennaio 1703) nella parte settentrionale della provincia.

Infine, uno dei sismi più rovinosi verificatisi in Italia, con magnitu-

do Mw=7, colpì la zona della Marsica il 15 gennaio 1915 distruggendo

completamente la città di Avezzano e vari paesi nei dintorni, causando ol-

tre trentamila vittime.

Figura 1 - Mappa della sismicità storica con identificazione della Valle dell’Aterno

3

Il sisma del 6 Aprile 2009

Arriviamo al dicembre 2008: attività frequenti di tremori e scosse di

varia intensità interessano la città de L’Aquila. Il 30 marzo 2009 una scos-

sa più intensa (Mw=4), destò allarme nella popolazione e sei giorni più

tardi, il 6 aprile 2009 alle ore 3:32, preceduto poche ore prima da un’altra

scossa, avvenne il grande terremoto di magnitudo Mw=6,3.

Il sistema di faglie attivato e responsabile del sisma, è composto da

due segmenti di faglia principali immergenti verso Sud-Ovest: la faglia di

Paganica a sud e la faglia di Campotosto a nord. La prima, ha una geome-

tria di tipo planare dalla superficie fino alla profondità di 10 km, è lunga

quasi 20 km e si estende per circa 250 km. La seconda, attivata da tre ter-

remoti di magnitudo Mw≥5, mostra invece una geometria listrica, cioè ha

una progressiva variazione dell’angolo di inclinazione del piano di faglia

con la profondità. [1]

Si è riscontrato inoltre, che nella fase finale della sequenza sismica

si è attivato un “cluster” di sismicità (concentrazione di terremoti di bassa

magnitudo) nel settore nord del sistema di faglie, vicino a Cittareale. La

Figura 2 - Evento sismico principale inserito in mappa con indicazione delle faglie principali

4

lunghezza complessiva del sistema di faglie innescato, che si estende in

direzione Nord Ovest-Sud Est lungo gli Appennini, è di circa 50 km. [2]

Il meccanismo di rottura delle faglie appena descritte è di tipo

normale, con ipotizzabile piano di rottura orientato a 122 gradi rispetto al

nord. Secondo le leggi di scala, le dimensioni della rottura sismica sono di

circa 12 km in lunghezza e 9 km in larghezza.

Accettando questa soluzione per la rottura, la città di L’Aquila ha

visto la rottura sismica avanzare verso di essa ricevendo così uno scuoti-

mento assai maggiore rispetto ad un sito alla stessa distanza

dall’epicentro, ma posto dalla parte opposta della faglia. [2]

È importante soffermarci inoltre, sull’attività sismica antecedente

l’evento principale. Come si evince nella figura n. 3, i cerchi di colore ros-

so rappresentano gli epicentri delle scosse registrate prima (precursori)

e dopo (repliche) l’evento principale (rappresentato in verde); la grandez-

za del cerchio è associata alla magnitudo dell’evento.

Un intenso sciame sismico è stato registrato a partire dal mese di

gennaio 2009, con un evento di magnitudo pari a 4.0, avvenuto il 30 mar-

Figura 3 - Sismicità tra il 10 marzo e il 9 aprile

5

zo. Sia i precursori che le repliche sono disposte lungo strutture orientate

principalmente nella direzione Nord-Sud.

Per ciò che concerne le repliche (quasi cinquanta eventi di magni-

tudo maggiore di 2.5), la sismicità si è distribuita inizialmente a sud

dell’evento principale ed è culminata con il terremoto del 7 aprile, di ma-

gnitudo 5.3. Nei giorni seguenti è invece migrata a Nord dell’epicentro,

con tre scosse di magnitudo superiore a 4,5.

Per tutti gli eventi, infine, è stata registrata una profondità compre-

sa fra 5 e 15 km, e per la maggior parte di essi confinata intorno a 10 km.

[3]

Interventi di consolidamento fatti negli anni ‘50-’60 su alcuni edifici di

interesse e analisi del loro comportamento durante il sisma del 6 Aprile

Nella tesi di ricerca sono stati sviscerati gli interventi di consolida-

mento, effettuati nel corso degli anni ‘50-’60 (coordinati e coadiuvati prin-

cipalmente dalla Soprintendenza dei Beni Artistici e Archeologici de

L’Aquila), riguardanti nove edifici storici caratteristici, situati in terra

d’Abruzzo e nel proprio capoluogo. L’indagine si è resa necessaria per

capire se, le tecniche di consolidamento antisismico adottate e basate,

quasi nella loro totalità, sull’impiego del cemento armato, hanno trovato

riscontro, sia esso positivo o negativo, nell’evento sismico dell’Aprile

2009. [3] [4]

Come si evince dalla tabella sottostante, alcuni edifici tuttavia, non

hanno riportato danni rilevanti; in particolare, i nove fabbricati che ho se-

lezionato, si sono ben comportati, subendo danni lievi, ma in altre parti

non interessate dai consolidamenti. Vi sono tre casi specifici che, almeno a

quanto risulta a oggi, hanno riportato lievissimi danni, tali da non vedere

pregiudicata la loro funzionalità; mi riferisco all’ex Monastero di S. Chia-

ra, a S. Pietro ad Oratorium e a S. Pietro di Alba Fucens.

Il risultato ottenuto in questi edifici è senz’altro da imputare, agli

interventi di rafforzamento antisismico adottati negli anni cinquanta-

sessanta.

6

Fabbricati analizzati Risposta al sisma

Castello Piccolomini Lievi danni

Castello de L’Aquila Gravi danni

Chiesa di S. Maria delle Grazie Lievi danni

Chiesa di S. Bernardino Gravi danni

Complesso Monastico del S. Spirito Lievi danni

Casa Santa dell’Annunziata Lievi danni

Ex Monastero di S. Chiara Nessun danno

S. Pietro ad Oratorium Nessun danno

S. Pietro di Alba Fucens Nessun danno

Riflessioni ingegneristiche sugli interventi di rinforzo e restauro

I danneggiamenti riportati da una struttura in muratura a seguito

di evento sismico riguardano i suoi punti deboli: i giunti che provocano

deformazioni di fuori piano; il movimento delle strutture lignee che do-

vrebbero contribuire invece, con le loro deformazioni elastiche, alla dissi-

pazione dell’energia trasmessa dal sisma stesso.

Le caratteristiche peculiari degli interventi di consolidamento,

dunque, devono essere tali da minimizzare il danno e scongiurare il crol-

lo della struttura; questi obiettivi si possono così riassumere:

Interventi sulle murature per migliorarne il comportamento

tendente al corpo rigido, monolitico;

Interventi tesi ad incrementare la resistenza a compressione;

Interventi tesi a migliorare la resistenza al taglio;

Interventi tesi ad incrementare la resistenza, ma non troppo.

E sono proprio questi gli obiettivi degli interventi eseguiti negli an-

ni sessanta del secolo scorso, sugli edifici d’interesse, descritti nel prece-

dente paragrafo; interventi eseguiti con la tecnica del cemento armato e

dove le murature sono state rinforzate con iniezioni di malte fluidificanti,

con fasciature da ambo i lati con paretine di calcestruzzo armato con rete

7

elettrosaldata, con inserimento di barre al fine di contrastare le sollecita-

zioni al taglio, eccetera.

Vi sono stati anche interventi che hanno migliorato il comporta-

mento rigido dell’insieme delle strutture e così si sono inseriti cordoli in

cemento armato, a livello dei solai orizzontali e/o in copertura con staf-

faggi a code di rondine, e altri a collegare le strutture lignee delle copertu-

re ai cordoli in Cemento Armato.

Ma lo sviluppo delle nuove tecniche (si veda la tecnica del Reticola-

tus), ha permesso nei casi di interventi post sisma di intervenire per il

raggiungimento degli stessi obiettivi in modo ancor più incisivo.

Tuttavia le tecniche di consolidamento e restauro sono pienamente

in evoluzione e molti altri interventi sono stati ideati, come ad esempio il

sistema ticorapsimo, tecnica consistente nella posa in opera di trefoli in

basalto a orditura planare e ortogonale al piano della muratura, utilizzato

principalmente per migliorare la resistenza di murature in corrisponden-

za di porte e finestre.

Dunque, col fine di salvaguardare l’imponente patrimonio storico

architettonico, ma anche i centri storici così detti minori (di cui il nostro

paese è estremamente carico), tali interventi sono stati applicati anche ad

altri edifici storici e non. Nuove tecniche e possibili soluzioni si stanno

studiando per evitare collassi di strutture in muratura, come la fasciatura

delle sommità perimetrali e/o agli interpiani, con tessuti mono o bidire-

zionali nelle zone tese; come sono altresì allo studio soluzioni che, se-

guendo la tipologia del precedente, consistono nell’applicare tessuti per

contrastare le azioni di taglio nei maschi murari, ovvero nel consolida-

mento dei pilastri mediante la posa in opera di armature di acciaio volte a

cerchiare l’interno dei giunti degradati. [5]

La nota importante è che queste tecniche di notevole efficienza, si

stanno applicando anche agli edifici abitativi in muratura, sia nelle parti

esterne, sia in quelle interne. [5]

Concludendo questa breve riflessione si può affermare che si è

giunti a un buon livello di intervento per quanto attiene il raggiungimen-

to dei livelli di sicurezza antisismica, purtroppo però, esiste ancora uno

8

scoglio che deve essere evitato e superato, per affermare a tutto tondo di

essere sulla buona strada e che potrà traghettare la bella edilizia dei nostri

centri storici fuori dal rischio di catastrofi come quella che ha colpito

L’Aquila nel 2009, mi riferisco ovvero, ai costi che queste tecniche

d’intervento hanno per essere attuati.

Occorreranno obbligatoriamente delle normative ad hoc che con-

sentiranno anche ai privati cittadini, di poter intervenire in modo auto-

nomo, per la messa in sicurezza delle loro abitazioni con opere antisismi-

che di ultima generazione, poiché abbiamo visto che se pur con ritardi,

per le opere architettoniche di valore storico, prima o dopo i finanziamen-

ti arrivano e l’intervento previsto viene realizzato.

La fase emergenziale: i piani per le sistemazioni alloggiative

Il sisma del 6 Aprile 2009 ha interessato 57 comuni per la maggio-

ranza nella provincia de L’Aquila (42) ma anche Teramo (8 comuni) e Pe-

scara (7 comuni), per una popolazione complessiva di circa 150.000 abi-

tanti.

Il patrimonio edilizio è risultato inagibile per il 32% nell’edilizia re-

sidenziale, il 21% degli edifici pubblici e il 54% di quelli storico artistici.

Sono rimaste senza casa circa 67.500 persone, delle quali al febbraio

2012, 33.476 sono rientrate a casa e 21.941 sono state alloggiate a carico

dello Stato.

Dopo la primissima fase, durata cinque-sei mesi, di assistenza alla

popolazione attraverso soluzioni temporanee di rapido allestimento (cer-

tamente disagevoli come tende o alberghi), si è dato il via alla realizza-

zione di due distinti programmi di costruzione di insediamenti residen-

ziali atti ad accogliere la popolazione sfollata: il piano C.A.S.E. (Comples-

si Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili) e il piano M.A.P. (Moduli

Abitativi Provvisori).

Il primo ha riguardato 19 aree nella periferia de L’Aquila dove sono

stati realizzati 185 edifici prefabbricati di tre piani fuori terra, per un tota-

le di 4.600 appartamenti (circa 17.000 persone ospitate). Ogni edificio pre-

fabbricato appoggia su una piastra di cemento armato, isolata dal terreno

9

attraverso dei dispositivi antisismici detti “a pendolo scorrevole”, che ga-

rantiscono la necessaria elasticità alle sollecitazioni orizzontali.

Il secondo programma (M.A.P.) ha riguardato invece 107 insedia-

menti di casette di legno mono piano, che sono stati realizzati nei restanti

53 comuni del cratere sismico e in 29 frazioni de L’Aquila (circa 10.000

persone ospitate). [6]

Ed è questo secondo punto, vista l’esperienza diretta che ho tra-

scorso nel territorio aquilano nella prima metà di agosto 2009, il tema cen-

trale del caso studio in oggetto.

Più precisamente, ho analizzato la realtà di Comuni limitrofi (non si

pensi, erroneamente, che abbiano ricevuto pochi danni), come Pizzoli e

Montereale e relazionandomi con i tecnici comunali, mi sono occupato in

prima persona dell’individuazione della aree idonee e della progettazione

delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per collocare i Mo-

duli Abitativi Provvisori, richiesti dai Comuni stessi.

Figura 4 - Modulo Abitativo Provvisorio posato in opera

10

Caso di studio dopo il sisma del 6 aprile 2009

A circa tre mesi dal sisma, nel luglio 2009, la fase critica

dell’emergenza era cessata, in breve tempo furono allestite numerose aree

di accoglienza per ospitare la popolazione sfollata e le prime sistemazioni

provvisorie, come i Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili

(C.A.S.E.), erano già in fase di costruzione.

Diversamente da quanto si potesse pensare, la richiesta di forze e di

volontari tecnici, era vertiginosamente aumentata: c’era bisogno di rileva-

re i danni agli edifici civili e storici, ma soprattutto, di supportare i Co-

muni più piccoli (ricadenti nel cratere sismico), carenti di personale tecni-

co e amministrativo e dunque non in grado, sia di rispondere alle migliaia

di persone che chiedevano udienza, sia di redigere tutta la parte burocra-

tica di “richiesta aiuto” da depositare in tempi ben definiti, presso gli or-

gani competenti, come la DI.COMA.C. (Direzione di COMAndo e Con-

trollo).

Figura 5 - Sopralluogo nella zona rossa del centro storico

11

Era il 28 luglio 2009 e un comunicato Federcasa, trasmesso

all’Azienda in cui presto servizio come tecnico, richiedeva entro 2 giorni,

la disponibilità a partire per l’Abruzzo. Fui l’unico in grado di rispondere

a tale richiesta e la mattina del 30 luglio 2009, partii per L’Aquila. Nei

giorni immediatamente successivi all’arrivo, dalla DI.COMA.C, fui desti-

nato al Centro Operativo Misto n. 3 di Pizzoli.

Progettazione dei basamenti per la costruzione dei M.A.P. nel Comune

di Montereale

Il Centro Operativo Misto era il punto nevralgico di quella zona ed

era necessario per coordinare le molte funzioni che entravano in gioco,

soprattutto in quella fase post emergenziale. Il primo obiettivo fu quello

di individuare il Comune a cui poter dare il nostro sostegno (ero stato af-

fiancato ad un collega di Caserta), visto che in pochi giorni, avremmo do-

vuto redigere un progetto esecutivo di realizzazione delle casette in le-

gno.

La scelta ricadde sul Comune di Montereale e i moduli richiesti

erano 10.

Naturalmente ci eravamo divisi i compiti della progettazione: resti-

tuzione del rilievo, sulla cui planimetria una volta stampata si iniziarono

a fare le prime ipotesi di collocazione delle casette, grazie anche alle boz-

ze fornite, ma anche a disegnare le opere di urbanizzazione, come la via-

bilità, l’illuminazione, le fognature, eccetera, insomma un vero lavoro di

equipe. Data l’intensità e la rapidità del nostro lavoro sembrava di essere

in un vero studio professionale, un’esperienza assai formativa. Riuscim-

mo a consegnare il progetto definitivo al Coordinatore del C.O.M. n. 3

proprio allo scadere del quindicesimo giorno.

12

Nell’ottobre 2009 i lavori di realizzazione dei n. 12 moduli abitativi

provvisori (a fronte dei 10 richiesti) nel Comune di Montereale, furono

completati. Cinque anni più tardi, con Deliberazione del Consiglio Co-

munale n. 12 del 5/8/2014, viene approvato un Regolamento dedicato,

per la gestione del “Villaggio M.A.P.”: tutte le unità abitative che risultas-

sero libere, dopo la fase emergenziale, sono riconsegnabili e gestite dal

Comune stesso.

Grazie alla consultazione delle fotografie aree (v. fig. 6), accessibili

in qualunque momento, ho rilevato che il progetto da noi eseguito non è

stato assolutamente stralciato o stravolto, anzi, sono state confermate, sia

l’area scelta per attivare l’intervento, sia la tipologia dei moduli da instal-

lare: una bella soddisfazione.

Figura 6 - I Moduli Abitativi Provvisori del Comune di Montereale, terminati

13

Conclusioni

Attraverso il lavoro di tesi mi sono convinto innanzi tutto della

complessità del fenomeno terremoto, mai facile da affrontare e gestire.

Tuttavia, ripercorrendo le vicende che hanno interessato la città de

L’Aquila, non posso che tornare, con qualche spunto critico, invece, a

quanto accaduto negli interventi precedenti al sisma eseguiti su alcuni

edifici storici. Con tali interventi, per la maggior parte ben riusciti (come

emerso analizzando i relativamente trascurabili danni con il sisma del

2009), benché vi fossero precise normative e competenze tecniche, si è tal-

volta evitato l’approfondimento, sottovalutando l’importanza del feno-

meno e procedendo forse con troppa disinvoltura: il sisma ha messo a du-

ra prova tutto il patrimonio storico architettonico abruzzese ed evidenzia-

to vecchie ferite e carenze antisismiche.

A L’Aquila, molti degli edifici crollati dopo il sisma del 2009 erano

stati costruiti (o addirittura ricostruiti) dopo il terremoto del 1703 e non

avevano mai sperimentato intensità come quelle del sisma del 6 aprile.

Del resto le indagini sulle murature ne hanno evidenziato la pessima qua-

lità. Vi sono stati molti errori in passato commessi da strutturisti che han-

no agito con poca perizia e magari adoperato materiali inappropriati; ma

anche le strutture preposte istituzionalmente alla conservazione, si sono

fatte prendere la mano, in alcuni casi, approvando massicci interventi con

la tecnica del cemento armato, anche quando non era del tutto necessario

e addirittura inopportuno, per alcuni edifici storici. Lo studio delle pro-

blematiche strutturali è stato disattento, superficiale e insufficiente.

C’è da sperare che le nuove disposizioni-guida per i restauratori e

conservatori possano innescare un confronto utile per affrontare gli inter-

venti sul costruito storico in modo corretto per la conservazione del no-

stro patrimonio storico e la prevenzione del rischio sismico.

Infine, per quanto riguarda la gestione dell’emergenza sismica in

senso stretto, anche grazie alla mia diretta esperienza sul campo, posso

affermare che tutto il nostro sistema emergenziale ha funzionato in modo

molto positivo. Credo che il punto di forza, sia stato la velocità di risposta

alle quasi 70.000 persone sfollate e da lì a pochi mesi, la stessa risposta si è

14

trasformata in una sistemazione, se pur provvisoria, diversa dalla classica

tenda. Dall’altra parte, l’eccessiva velocità di progettazione mista ad una

legiferazione fin troppo rapida, hanno portato le stesse persone a rimane-

re tutt’oggi nelle sistemazioni provvisorie, scontrandosi per altro con di-

fetti manutentivi non da poco. Attualmente, tutti i progetti di rivalutazio-

ne dei milioni di ettari di suolo, utilizzati per il piano C.A.S.E. e M.A.P.,

non hanno avuto esito, anzi, molti Comuni del cratere sismico, stanno as-

segnando gli alloggi liberi agli stessi residenti e ormai questi fanno parte

del patrimonio dell’Edilizia Residenziale Pubblica.

La speranza che nutro è che le sistemazioni provvisorie liberate,

una volta risultate agibili le abitazioni in muratura, delle persone attual-

mente insediate nei piani d’emergenza soprascritti, possano essere adot-

tate, ormai in modo definitivo, per fini socialmente utili dando così una

risposta alloggiativa d’emergenza, a nuclei familiari con gravi problemi

economici.

15

Bibliografia

[1] Terremoti, previsioni e la vicenda de L’Aquila – Prof. Giovanni Vittorio Pal-

lottino;

[2] Speciale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia a 5 anni del ter-

remoto de L’Aquila – www.6aprile.it link consultato il 11/07/2015;

[3] Giovanni Carbonara - Restauro e cemento armato in architettura – AITEC

Roma;

[4] Restauri di edifici monumentali dell’Abruzzo e del Molise, in “Palladio”;

[5] Corso di consolidamento degli edifici storici – Prof. Paolo Faccio - Diparti-

mento di Architettura Costruzione Conservazione dell’Università IUAV di Ve-

nezia;

[6] Abruzzo: un primo bilancio sulla ricostruzione – Arch. Paolo Fusero – Diret-

tore del Dipartimento di Architettura dell’Università G. D’Annunzio di Chieti-

Pescara;