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Il Teatro su detti e fumetti

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Sono Willy il bradipo e mi occuperò di Teatro; andremo lontano...con calma. Dopo la defezione di Eros che non era tagliato per parlare di teatro... abbiamo chiamato un amico di Linda, direttamente da Statford- Inghilterra.

Cari amici vi presento Willy, il nostro amico bradipo, che da oggi si occuperà di teatro per Detti e fumetti. Ma ora lasciamo la parola a lui; ecco una sua mail di presentazione direttamente da oltre-manica:

"Cari Amici, quando mi è stato chiesto di seguire questa rubrica, ho voluto mettere in chiaro il mio pensiero, e dalla foto che ho spedito traspare chiaramente... Sono un bradipo e davanti a me vi è il palcoscenico vuoto; tutto ciò ha un significato chiaro e netto...

Vi Parlerò di teatro a trecentosessanta gradi. Non rimarrò fermo ad un ruolo ...parlerò di tutto ciò che lo riguarda. Tenterò di contribuire ad una riflessione su cosa vuol dire teatro. Perché il teatro non è solo“finzione” ma è molto di più. Teatro è un mondo che si apre e ti fa entrare in una dimensione ai più sconosciuta, che rimanda a sua volta ad interagire con il proprio io. Voglio rassicurarvi che non farò alcun raffronto con vari autori noti o meno noti e tanto meno dotte dissertazioni o critiche su cosa e perché si è scritto o detto in quella commedia o tragedia. Io vi parlerò tra l’altro dell’impossibilità di poter portare sul palco cose nuove (chi vi scrive lo sa benissimo, visto che è autore di varie commedie andate in scena in questi anni; a proposito l’ultima questo marzo, si chiama “Allora come va?” e va in scena al Manhattan con la Compagnia del Brivido)Vi parlerò dei piccoli teatri perché i grandi sanno cavarsela da soli.Continuerò, come gli altri miei amici della redazione, la mia missione chiamata Arte... insomma credo che per il momento possa bastare.Seguitemi in tanti, a presto.

Dario Santarsiero, o meglio WILLY il bradipo".

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VISTO DA QUI, il teatro Ciao Ragazzi, sono Willy il bradipo per la rubrica di teatro ricordate? ....sapete quale sarà il nome della rubrica? VISTO DA QUI Ho anche la locandina che ve ne pare?

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L'editoriale di Willy, il bradipo esperto di Teatro...

Questa mattina mentre ero seduto in metropolitana, sottolineo questa situazione perché come potete immaginare non sempre si è così fortunati da trovare un posto a sedere nell’ora di punta. Riflettevo sulla difficoltà per gli autori e registi di mettere in scena le loro opere nei teatri off della capitale. Questa riflessione è nata dopo che sulla banchina ho letto, affisso nello spazio pubblicitario, il calendario degli spettacoli teatrali. Mi sono chiesto come facciano queste compagnie a mettere in scena, e per scena intendo non solo far muovere sul palcoscenico gli attori ma far partire la macchina dell’organizzazione che, credetemi non è cosa da poco, iniziando dall’affitto del teatro che porta via gran parte delle economie di una compagnia. Forse dipenderà dal fatto che presentano, nella maggior parte dei casi, commedie o tragedie messe in scena oramai in tutte le salse possibili, eppure vengono riproposte. Mi chiedo e vi chiedo come sia possibile questo! Una delle tante risposte potrebbe essere che i proprietari dei teatri preferiscono andare sul sicuro e non investono su compagnie giovani che presentano nuovi e inediti lavori. Il motivo è purtroppo quello economico. Sacrificandogli l’arte che, detto in maniera brutale ma significativa, non porta soldi. Si deve a rigor del vero “spezzare un braccio”, lasciatemi passare il termine, ai proprietari dei teatri costretti dall’indifferenza del pubblico, distratto da altri mille interessi a cedere, se vogliono sopravvivere, al ricatto del“Questa commedia la conosco!” pena la diserzione delle sale. Ne fa le spese anche il cinema costretto a competere con internet. Purtroppo la ricetta per cercare di superare lo scoglio della crisi che investe soprattutto la cultura, non è l’innovazione, non è nuovi lavori ma quella di restare fermi su proposte vecchie che si, hanno fatto la storia del teatro ma è anche vero che immobilizzano le nuove generazioni, mi riferisco agli autori registi e attori che dedicano la loro vita al teatro e ne vengono ripagati con la frustrazione e delusione. Forse, come dicevo prima, la ricetta è quella di, e mi riferisco ai proprietari dei teatri, avere più coraggio e investire nel nuovo, mettendo in moto strategie di marketing per far arrivare il messaggio capillarmente ad un pubblico curioso ma un po’ pigro. Rischiando si ma con la certezza di un prodotto fecondo da ogni punto di vista, anche e non da ultimo quello economico.

A presto

Dario Santarsiero

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Allora Come Va? la Commedia teatrale di Dario Santarsiero

Cari amici sono Osvy e voglio parlarvi di una bellissima commedia ‘Allora come va?!’ scritta dal nostro

amico e redattore di Detti e Fumetti Dario Santarsiero.

Allora come va?! ,per la regia di Raffaello Sasson, ha un cast di alto livello: Andrea Dugoni, Chiara

Pavoni, Francesca Stajano e Biagio Tomassi. Con la partecipazione straordinaria di Fabio Marcari.

Con ironia e sarcasmo Santarsiero è riuscito a restituirci un esilarante spaccato dei vizi e delle manie

della società contemporanea. E’ la storia di quattro cugini che si ritrovano nella sala d’aspetto di una

clinica nella quale è ricoverato il vecchio zio milionario. Non che loro siano li per i soldi… come

potrebbe sembrare. Anche loro a ricchezza non scherzano… Nell’attesa non perdono occasione per

punzecchiarsi ed attaccarsi l’un l’altro col coltello tra i denti..ma senza affondare l’ultima stoccata.

Un’aggressività ed un cinismo che mal cela la propria fragilità, un’esistenza piatta fatta di amicizie

superficiali e legami sentimentalmente instabili, e, fondamentalmente, quel legame morboso ma forte

che hanno con i propri cugini, con la propria Famiglia.

INFO: Allora Come Va? sarà in scena al Teatro Manhattan di Roma fino al 10 Marzo 2013; Le

repliche proseguiranno al Teatroinscatola dal 15 al 17 marzo 2013 La Compagnia: Compagnia del

Brivido. Sponsors: Carrot’s di Alessio Marcari-lospazio Ex Lavanderia di Santa Maria della Pietà

[Filippo Novelli per Detti e Fumetti]

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Willy intervista il regista Raffaele Sasson

Pubblicato il 2 giugno 2013 da filippo

Salve amici, continua il nostro ciclo di interviste ai protagonisti del mondo del teatro. Oggi abbiamo

intervistato un regista teatrale, Raffaello Sasson.

W. Perché hai deciso di fare il regista?

R. Ho deciso di fare il regista perché dopo aver scritto un paio di sceneggiature ho sentito il bisogno

fisico di tradurre quelle parole in immagini.

W. I tuoi esordi sono nel cinema noir, cosa ti ha spinto verso il teatro?

R. Ho esordito al teatro partecipando ad un concorso. Il mio testo Il Dolce Veleno dell’Inganno è

arrivato tra i primi sei su settecento testi valutati dalla giuria e come premio mi hanno dato la possibilità

di portarlo in scena. Da quel momento mi sono innamorato e non ho più smesso di fare teatro. Infatti

subito dopo ho fondato la Compagnia del Brivido. La cosa più bella è il rapporto che si instaura con il

pubblico, diretto e sincero.

W. Che sensazioni provi nel dirigere gli attori nei ruoli che gli hai assegnato?

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R. L’attore non può semplicemente stare in scena ma deve lavorare duramente per imparare a parlare

ed agire autenticamente in palcoscenico. Ed è una sensazione stupenda dirigere e aiutare gli attori a

prendere possesso dei personaggi che gli ho assegnato. Certo, non è un lavoro semplice. È un lungo

viaggio; arrivati a destinazione l’attore non entra in scena per recitare ma per agire autenticamente. Il

pubblico deve credere che quei personaggi sono carne viva. Il lavoro con gli attori è quello che rende

unico e meraviglioso questo lavoro.

W. Davanti a te un palcoscenico vuoto, cosa vedi?

R. Davanti a me il palcoscenico è vuoto ma in realtà avendo già letto il testo tre volte e preso appunti,

avendo già parlato con i miei capi reparto come: lo scenografo, la costumista, il light designer, ho già

bene in mente le atmosfere che voglio trasmettere e dunque ho una visione d’insieme che mi sarà utile

in seguito e che mi farà da guida nei momenti di grande difficoltà (ci sono sempre). La gestione dello

spazio ed i movimenti degli attori sono tra le cose, tra le tante, che curo con molta attenzione.

W. Grazie Raffaello, ci vediamo al tuo prossimo lavoro!

Grazie a te caro Willy a presto!

Note Biografiche

Raffaello Sasson è nato a Roma e si è diplomato in regia cinematografica all’Istituto Superiore della

Cinematografia a Roma. Ha cominciato la sua carriera nel mondo della pubblicità e degli videoclip

collaborando con grossi nomi della musica italiana. In seguito ha diretto diversi thriller psicologici e nel

2003 ha fondato la Compagnia del Brivido portando in teatro thriller acclamati da critica e pubblico tra i

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quali ricordiamo Il Demonio, thriller ambientato nell’Austria di fine ‘800. Attualmente ha appena portato

in scena lo spettacolo Allora come va? scritto da Dario Santarsiero e sta in preparazione per girare il

film L’ultima moglie di Dracula scritto da Francesca Stajano. Nelle prossime settimane uscirà il nuovo

CD musicale del M° Mino Freda, compositore di diverse colonne sonore tra i quali i film di Mario

Monicelli, dal titolo UNCHAINED SOULS contenente la colonna sonora del film Il Demonio scritto e

diretto da Raffaello Sasson.

Per saperne di più:

www.raffaellosassoncinema.com

www.raffaellosassonteatro.com

www.youtube.com/user/raffaellosassonregia

[Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI - Rubrica di Teatro - articolo del 1 giugno 2013]

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WILLY intervista il compositore Mino Freda

Diventare compositore non è cosa facile. Bisogna avere non solo la sensibilità per far “uscire” le note

giuste da uno strumento, ma anche una fervida immaginazione, per trasportarti con la musica in paesi

lontani. A Questo penso mentre mi fermo davanti alla

palazzina dove ha lo studio di registrazione Mino Freda.

Mino mi accoglie sulla porta con una calorosa stretta di mano, poi mi invita ad entrare in una atmosfera

decisamente “musicale”.

Nella sala di incisione dove sulle pareti ci sono i riconoscimenti della passione di Mino per la musica,

troneggia un mixer da regia a cui si affida per creare le sue melodie.

La sua creatività, lo ha spinto a sperimentazioni sempre più mature; così è stato per la radio e la

televisione. Le colonne sonore dei vari programmi, e in particolare nel cinema una su tutte il film “Le

rose del deserto” del regista Mario Monicelli, hanno lasciato un segno indelebile non solo nella sua

carriera ma anche nel suo animo.

Ovviamente la cosa che mi sta più a cuore, come potete immaginare, è il suo interesse per il teatro.

Tra i vari lavori ha musicato “Allora come va!?” ( il mio ultimo lavoro andato in scena al Manhattan di

Roma, NdA)

[W.] A che età e cosa ha scatenato in te la passione per la musica?

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[M.] Non ci crederai, ma sembrerebbe un racconto d’altri tempi. Il mio amore per la musica è nato in

una chiesa nella periferia di Roma, la mia parrocchia d’infanzia, a sei anni, quando facevo il

chierichetto. In quella chiesa c’era un organo con circa 6500 canne – è uno dei più grandi d’Europa – e

di certo non poteva rimanermi indifferente. L’imponenza del suono era così coinvolgente che di ritorno

a casa non facevo che suonare un vecchio Bontempi simulando le parti della Messa. In seguito, nel

periodo della formazione, la musica sacra antica è stata per me importante per il rigore e la ricchezza

delle tecniche contrappuntistiche che sono indispensabili se vuoi comporre musica.

[W.] Un compositore prestato al teatro, cosa hai provato, visto che vieni da esperienze

cinematografiche?

[M.] Di solito il mio contributo sonoro nel teatro nasce sempre in accordo con il regista che condivide

sovente un’idea dell’”uso” del suono che ritrovi poi nel cinema. Se la musica nel teatro conserva in molti

casi un impianto da “commento” o qualche volta svolge una funzione specifica per la scena, l’uso del

suono e dei rumori tende invece a interagire con il testo drammaturgico e in molti casi lo amplia. Ad

esempio, proprio con il regista Raffaello Sasson, (nel tuo “Allora come va”) – anche lui proveniente da

esperienze cinematografiche – abbiamo usato il suono secondo le tipiche modalità cinematografiche,

con un’attenzione spaziale ben precisa e non solo come apporto evocativo. Insomma, il teatro ha modo

di tirarsi fuori dal testo; il suono, in qualche modo, contribuisce così a costruire uno spazio scenico più

profondo e più realistico. Quello che voglio dire è che il suono non è solo un condimento, oppure un

elemento cha ha una specifica funzione all’azione. Ha un corpo; una sua entità fisica alla stregua della

presenza attoriale, della voce, della scenografia, delle luci, etc.

[W.] Quale è la differenza emotiva nel musicare un film o uno spettacolo teatrale?

[M.] Sono due situazioni diverse. Il cinema è una grande macchina che pretende perfezione perché

tutto ciò che sarà prodotto deve permanere su una pellicola il più a lungo possibile, per cui ogni

elemento partecipa a rendere l’opera “eterna”. Nel teatro l’unico elemento stabile è il testo, per il resto

tutto è affidato all’estemporaneità e alla precarietà del tempo … ogni riproposizione del testo è diversa,

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cambia la compagnia, le scene, i costumi e ogni altra cosa, compreso l’eventuale presenza di musica,

di suoni etc.

In fondo se parliamo di teatro di prosa, cioè escludendo forme come le sperimentazioni multimediali o

quello di carattere musicale (l’Opera, il musical, la commedia musicale etc.), l’attenzione al suono e alla

musica è di solito secondaria. Il più delle volte l’opera teatrale si condisce all’ultimo con qualche

intervento di musiche originali e con qualche suono di scena. E’ difficile trovare un testo impregnato di

suoni o di musiche con valenze drammaturgiche. Come dire, partire dal suono, così come avrebbe fatto

nel cinema uno Stanley Kubrik. L’idea di teatro borghese, “contemporaneo”, imperniato sul solo “testo”,

denota tra l’altro come esso sia lontano dalla sua origine, da quel teatro antico, dove termini come coro,

orchestra, riportano a forme di esecuzioni musicali, in cui il testo era intonato e accompagnato da

suoni. Questo basterebbe farci riflettere su quanto in passato siano state così vicine le due arti.

[W.] Cosa ti senti di dire ai giovani compositori che vogliono intraprendere la tua stessa carriera?

[M.] Il contributo da parte di noi compositori è quello di apportare il massimo di esperienze che

provengono da svariate forme e stili musicali. Per questo mestiere occorre essere poliedrici e

conoscere moltissimi generi e adattarsi a ogni richiesta proveniente dal regista o dalla produzione.

Purtroppo, il panorama musicale odierno è caratterizzato da un’estrema classificazione di generi e

pertanto il rischio è quello per cui un regista spesso è costretto ad adattarsi ad un’offerta che potrebbe

essere non consona alla richiesta, con un risultato inevitabilmente mediocre. Condivido ciò che

consiglia il maestro Morricone: “Il compositore di musica applicata deve conoscere le tecniche di

composizione, di orchestrazione e conoscere bene generi come la musica classica, pop, jazz, la

musica popolare etc.; a questo bisogna aggiungere un’ eccellente conoscenza della computer music.

Da parte mia consiglierei anche una bella dose di letture, di conoscenza del teatro, del cinema, della

danza e finanche delle arti visive. Un po’ troppo? No, solo tanta curiosità per scoprire la “bellezza”

nascosta pronta per essere donata agli altri!”

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[W. ]Grazie Mino, a presto!

[M.] Grazie a te Willy, Arrivederci!

“Unchained Souls – soundtracks”, ultimo cd di Mino Freda (CNI 2013)

NOTE BIOGRAFICHE

Mino Freda (Roma 1963), è compositore, sound designer, produttore e storico dell’arte. Dopo

un’esperienza decennale in orchestre sinfoniche e liriche, con cui ha compiuto tournée in Italia e

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all’estero si è dedicato prevalentemente all’attività di compositore, il più delle volte operando nell’ambito

delle arti visuali. Che gli deriva essenzialmente dai suoi interessi di storico dell’arte e in particolare dalle

ricerche che da alcuni anni conduce attorno al concetto d’interazione tra musica e arte.

Per Rai Radio Tre ha composto le musiche de “L’occhio magico“. Ha collaborato con Rai 2 per il

programma Ballarò.

Scrive per riviste specializzate di musica contemporanea e pubblicato musiche pianistiche per

l’edizione musicale “Domani Musica”.

Nel 2006 entra nel mondo del cinema, firmando le musiche originali dell’ultimo film di Mario Monicelli Le

Rose del Deserto, ed. FreeLife Company srl. Pubblicate nel cd soundtrack (CNI 2007). In seguito,

faranno parte di una compilation delle colonne sonore dei film compositori del calibro di N.Rota, E.

Morricone, C. Rustichelli, P. Piccioni, N. Piovani, A. Trovaioli etc.

Nel 2008, compone e produce l’intera colonna sonora, nonché sound design (ed. mus. Look Studio-

CNI) del film dal titolo Totem Blue del regista esordiente Massimo Fersini (Leucasia prod.2008). Il film

ha ottenuto l’Award excellence al Indie Film Fest in california (The Indie Fest).

Nel marzo 2010, e nell’aprile dello stesso anno conquista l’Award Accolade sempre in California.

Sempre nello stesso anno, le musiche del film vengono pubblicate su iTunes (Totem Blue soundtrack)

dalla CNI e compone le musiche per il film di Francesca Garcea, Il Volo di Dio (I contrari prod. 2010) e

nel 2011 presenta al Festival Internazionale del Cinema di Firenze – I 50 giorni – il suo spettacolo

multimediale Silent (movie) Ghost basato su un film muto di genere horror del 1927.

Nel 2012, compone le musiche originali del film-documentario “Giuseppe Di Donna. Vescovo di Andria”

diretto dal regista Massimo Fersini (Leucasia prod. 2012) e una serie di produzioni per la pubblicità e

spettacoli in DVD.

Il 2013 lo vede produttore con l’associazione culturale Uno.cinque, di cui è fondatore e vicepresidente,

del suo ultimo cd per la CNI dal titolo Unchained Souls, una raccolta di musiche scritte per il cinema.

Si interessa di teatro Collaborando come compositore e sound designer a progetti teatrali con i registi

Raffaello Sasson (Allora come va, Parenti e serpenti), Mariella Gravinese (Il venditore di attimi) e

Nicola Abbatangelo (El Dante). E’ docente IED – Roma al corso di Sound Design.

(Per approfondimenti: www.minofreda.it)

[Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI - rubrica di Teatro - articolo del 9 luglio 2013]

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Scrivere di emotività non è facile

Il Teatro non è soltanto recitazione, è qualcosa che fa emozionare. Per chi ha letto le tre interviste,

all’attrice Francesca Stajano alla fotografa di scena Alessi Fanutti ed al regista Raffaello Sasson, dove

il tema erano le emozioni, avrà intuito che ciò che emerge sono la capacità di “sentire” l’emozione e di

“esprimerla”. Esprimerla con la recitazione, che Francesca Stajano fa con i movimenti del corpo, con

l’espressione del viso e con la voce, modulandola a seconda delle situazioni. Sentirla come riesce a

farlo Alessia Fanutti che la estrapola con la fotografia e ferma in uno scatto l’alone che traspare da un

personaggio che in quel momento esprime una sensazione, che sia di gioia o di dolore. Da un palco in

apparenza vuoto e silenzioso, ma pieno di tutti i personaggi che fino a quel momento hanno calpestato

quelle assi, una foto, può rendere visibile l’emozione a chi sa guardare. E nel caso del Raffaello

Sasson, l’esperienza dell’emozione esprime con i personaggi che animano il palcoscenico, di fronte ad

un pubblico severo che non ammette incertezze ma solo conferme che l’emozioni, possono e devono

entrare a pieno diritto nell’animo umano. Dare vita all’emozione non è facile.

Scrittori, registi e artisti tentano con il loro lavori di stimolare l’animo umano. Non sempre ci riescono

ma quando ciò avviene, allora esci dal tuo solito stato difensivo ed entri in un mondo totalmente

diverso, fatto di sensazioni che ti trascinano in vortici a cui è impossibile sfuggire, a volte è così forte da

farti star male; ne sa qualcosa chi ha avuto a che fare con la sindrome di Stendhal. Apro una piccola

parentesi per chi non sappia cosa sia la sindrome di Stendhal detta anche sindrome di Firenze (città in

cui si è spesso manifestata), è il nome di una affezione psicosomatica che provoca tachicardia,

capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d’arte di

straordinaria bellezza, specialmente se esse sono compresse in spazi limitati. La malattia, piuttosto

rara, colpisce principalmente persone molto sensibili e fa parte dei cosiddetti “malanni del viaggiatore”.

E qui entra in ballo la sensibilità, non solo deve essere innata ma deve essere anche educata. Una

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domanda che mi sono posto, è stata come si fa ad educarla, una delle tante possibili risposte potrebbe

essere quella di osservare. Anche se non basta, ma farlo, può giocare un ruolo determinate per

stimolarla, la sensibilità intendo. Come stavo dicendo non basta osservare ma compenetrare in ciò che

si vede. Nel mio caso, mi riferisco al teatro, dove si tutto è finzione ma è anche un luogo vero, perché

veri sono gli attori il regista con le loro problematiche, che mettono da parte una volta entrati in scena.

Da qui in poi tutto sta nella bravura e nella sensibilità del’attore, che farà vivere il personaggio, dandogli

la possibilità di emozionare.

[Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI - rubrica di Teatro - articolo del 28 maggio 2013]

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Intervista ad Alessia Fanutti, Fotografa di scena.

Cari amici, continua la mia indagine nell’animo umano attraverso interviste ad attori e agli artisti che

gravitano attorno al mondo del teatro.Oggi intervistiamo Alessia Fanutti, fotografa di scena.

Willy: Alessia cosa ti ha spinto ad intraprendere la professione di fotografa?

Penso sia stata principalmente la curiosità; fotografare le persone ti aiuta a capire chi hai davanti e allo

stesso tempo è un invito a esplorare te stesso, a conoscerti.

Crescendo scopri che quello che vedi è solo una minima parte della realtà e il mezzo fotografico può

farti carpire molte sfumature di quello che c’è dietro, è una piccola magia.

W. Perché ti sei avvicinata al teatro?

E’ successo per caso, la Compagnia del Brivido è stata una delle prime ad accogliermi e ho avuto

modo non solo di fotografare ma di partecipare all’intero iter di preparazione di uno spettacolo: è

un’esperienza intensa e coinvolgente, un lavoro di equipe dove ogni piccola idea deve sposarsi con la

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struttura portante del progetto. Quando leggi un copione non sai bene quali sorprese ti riserverà ma

ben presto prende forma e s’impossessa del tuo mondo onirico… l’emozione della Prima è impagabile!

W. Cosa ti suscita più emozione fotografare la scena o gli attori mentre recitano?

Sono due cose ben distinte che però danno entrambe delle sensazioni particolari?

Mi piace fotografare la scena perché mi permette di contestualizzare il personaggio, di comunicare

qualcosa della sua storia anche attraverso la scenografia…durante una filata non si ha mai il tempo di

distinguere le emozioni ma l’approccio è diverso, cogli un’espressione particolare del volto di un attore

e un momento dopo fotografi una scena intera dove tre personaggi fanno contemporaneamente tre

cose diverse. L’emozione più grande è vederle in sequenza e rendersi conto da pochi scatti di quello

che sta succedendo sul palco.

W. Nel descrivere la tua ultima personale hai :“Le immagini sono così invitate a rendere l’idea di un

tempo sospeso, fino a creare un paradosso: fermare un istante che non esiste.”

Ciò che hai detto si può in un certo senso accostare al mondo del teatro?

Certamente, e per un semplice motivo: ogni sera gli attori portano in scena qualcosa di nuovo. Il teatro

è bello per questo, è sempre in evoluzione e un copione non è mai definitivo. Nella personale che ho

esposto volevo giocare sull’ambiguità temporale per creare dei personaggi un po’ “surreali”, inafferrabili

in un certo senso…….nel teatro i personaggi sono caratterizzati e hanno un vissuto ben preciso ma

sono “instabili”, la loro storia si arricchisce sera dopo sera, potendoli fotografare ogni volta ne

uscirebbero sfumature caratteriali sempre diverse.

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NOTE BIOGRAFICHE

Alessia Fanutti è nata a Udine, classe 1985, ha dedicato gli ultimi anni allo studio della fotografia

sperimentandone l’applicazione pratica in diversi settori, spaziando dalla fotografia di scena al ritratto.

Consapevole della necessità di rendere il suo lavoro sempre più personale e ricercato, continua a

tutt’oggi a frequentare corsi di specializzazione e intraprendere esperienze lavorative che possano farla

crescere culturalmente e come artista visivo. Vive e lavora a Roma dall’età di 21 anni.

[Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI - Rubrica di Teatro - articolo del 12 maggio 2013]

[Illustrazioni di Filippo Novelli 2009- tutti i diritti riservati]

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Willy intervista l’attrice Francesca Stajano per DETTI E FUMETTI

Cari amici ho deciso di iniziare questa rubrica di teatro con alcune interviste ad attrici ed attori perchè

trovo interessante indagare il loro animo, la loro passione; perchè è bello svelare il motivo che ha

innescato quella scintilla che ha fatto loro dedicare la vita all’arte della recitazione.

Iniziamo con l’intervista a Francesca Stajano.

W. A che età hai deciso che da grande avresti fatto l’attrice?

La mia decisione di entrare nel mondo dello spettacolo è nata molto presto, avevo circa cinque anni

quando indossando le meravigliose camicie da notte di mia madre mi pavoneggiavo davanti allo

specchio giocando alla signora, in bilico su scarpe con i

tacchi, mi divertivo a fare le facce buffe, serie, spaventate. Poi il mio primo spettacolo a sei anni, del

quale curavo anche la regia “Il Chicca Show” in occasione delle cene in casa dei miei genitori per

allietare i loro ospiti. In seguito verso gli otto anni avevo una amica che addirittura mi scriveva dei testi

che io recitavo alle feste di compleanno.

W. Dei ruoli che hai fino ad ora interpretato te ne è rimasta una infinitesima parte?

Dei ruoli che interpreto mi resta sempre qualcosa, ma essendo io una persona positiva, prendo sempre

i lati belli dei personaggi mentre quelli tristi li lascio al personaggio nel momento in cui esco da lui. Si

perchè la mia caratteristica è proprio quella di entrare nella pelle del personaggio come se il

personaggio fosse un involucro vuoto che inizia a vivere quando io gli dò vita. E’ un mio metodo

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personale e che deriva da più di dodici anni di studio della recitazione e di tutti i suoi meccanismi.

W.Le sensazioni che provi quando calchi le tavole del palcoscenico a cosa sono paragonabili?

Quando sono in scena ci sono ma in realtà non ci sono, mi spiego. E’ il personaggio che è in scena, in

quel momento Francesca non c’è. Per questo motivo odio dover suggerire battute in scena ad attori

poco professionali che non ricordano la parte, vedi io sono perfettamente in grado di farlo perché

quando salgo in palcoscenico conosco alla perfezione anche la parte degli altri, tuttavia il mio

personaggio non conosce le battute degli altri perché sta vivendo in scena come nella realtà dove

nessuno conosce cosa ci risponde il nostro interlocutore. Questo mi porta a dover uscire dal mio

personaggio in scena per poter suggerire, devo ridiventare Francesca e attivare un altro tipo di

memoria. Spesso questo mi ha danneggiata nella interpretazione, per salvare gli altri ci rimetto io. Ma

per fortuna riesco a camuffare il tutto e sono solo io che soffro ahahahahahh

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W. Essere guidata da un ottimo regista fa aumentare le emozioni o consolida quelle che provi già?

Essere guidata da bravi registi è meraviglioso. Per quanto mi riguarda io mi affido completamente, non

sono di quelle attrici che vogliono farsi da sole le regie, io ho rispetto ed eseguo alla lettera quello che

mi viene richiesto, o perlomeno ci provo. Così facendo

ho sempre scoperto nuove emozioni che io da sola non sarei stata in grado di procurarmi. Questo è il

bello di essere dirette, la scoperta oltre quello che si immagina di se stessi e delle proprie potenzialità.

Grazie Francesca al prossimo spettacolo!

Grazie a te caro Willy , e un bacio grande a tutto il mio pubblico che mi segue sempre con affetto e

curiosità.

NOTE BIOGRAFICHE

Di origini salentine Francesca Stajano vive a Roma. Attrice di teatro e

tv, inizia lo studio della recitazione nel 1997 con il laboratorio di Claudio

Boccaccini, due anni dopo procede nello studio con il Laboratorio di Giancarlo

Sepe. Nel 2000 frequenta il laboratorio di Giuliano Vasilicò ed inizia lo

studio del metodo Strasberg con Luciano Curreli,in seguito partecipa a vari

stages e laboratori e conclude la sua preparazione artistica dopo circa dodici

anni. Fonda il Teatro Aldo Fabrizi di Morlupo. Insegnante di recitazione e personal coach molto

richiesta, studia anche canto lirico da soprano , canto jazz, canto per musical con Simone Sibillano.

Frequenta il Corso di sceneggiatura per il cinema di Bernardino Zapponi

(sceneggiatore di Fellini) presso la libreria il Leuto di Roma. Studia danza classica, moderna e

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contemporanea tuttora. Partecipa a diversi lavori teatrali ,con registi di spicco nel panorama teatrale

europeo, con ruoli da protagonista. La vediamo in Tv in diverse fictions ( per citarne qualcuna L’amore

non basta, Cuore, Le ragazze di Piazza di Spagna, Don Matteo, Un medico in famiglia, Paolo

VI,)partecipa anche al primo spot della Tim (Un numero fatto di persone). Ultimamente debutta come

autrice teatrale e produttrice e sceneggiatrice nella Sasson&Stajano Production. E’ organizzatrice e

direttrice insieme a Raffaello Sasson della Compagnia del Brivido che si occupa di teatro, cinema,

mostre ed eventi culturali e che opera in tutta Italia.

E’ inoltre inserita nella Compagnia dei Poeti d’Azione di Alessandro D’ Agostini e nella Compagnia

Lirica Mondo d’Arte di Davide Olivoni. Riveste inoltre in diverse manifestazioni legate al cinema e allo

spettacolo il

ruolo di madrina ed è ambasciatrice ufficiale dell’Annuario del Cinema ed Audiovisivi di Elettra

Ferraù.E’ membro permanente della giuria del Premio Medaglie d’Oro Una Vita per il Cinema fondato

da Alessandro Ferraù. Per il suo impegno e la sua professionalità ha ricevuto diversi premi e

riconoscimenti, Premio Dolmen Salento, Premio Giovani e Barocco, Premio Emozioni, Targa di

riconoscimento in occasione dei 60 anni dell’Annuario del Cinema , Targa di riconoscimento per il ruolo

di madrina dell’International Tourfilmfestival.

[Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI - rubrica di TEATRO - articolo del 8 maggio 2013]

[Illustrazioni di Filippo Novelli - tutti i diritti riservati]

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FINALMENTE SHREK A TEATRO

L’orco verde più simpatico e maldestro di sempre torna a combinare guai in nome dell’amore. Riuscirà,

lo stravagante protagonista, a conquistare il cuore della sua “bella”? Il musical che ha sbancato i

botteghini di New York, Londra e Parigi, arriva al Teatro Olimpico portando sul palco il mondo delle

favole in un modo mai visto prima dal 14 febbraio 2013

[Filippo Novelli per Detti e Fumetti]

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DETTI E FUMETTI IL PROGETTO

“Niente ci fa perdere più tempo della fretta”

Inizia con un aforisma il racconto di questo progetto, Detti e Fumetti, un blog e un free comic press

dedicato al Fumetto ma non solo.

Se il fine ultimo del Mercato è farti conoscere il prodotto e costringerti a leggere il comunicato che lo

accompagna, inevitabilmente accade che tu ogni giorno venga tempestato da slogan e spot, che la

strada che percorri per recarti a scuola, in ufficio o al mercato sia costellata da cartelloni pubblicitari, il

tuo social da spot, il tuo bar da free press.

Una notizia, pur di farla arrivare all’utente finale la si abbrevia. Del discorso si prende un frammento

che ne diventa il sunto, il suo concentrato.

Se la brevità di un contenuto è vista come la soluzione per catturare la tua attenzione, allora

l’aforisma è il prodotto ideale, anzi è di più in quanto è capace di darti un messaggio senza raccontarlo

esplicitamente, ma facendotelo solo intuire.

Ti stai chiedendo il perchè dell’accostamento del fumetto agli aforismi?

Osvy, la serie a fumetti presente in Detti e Fumetti, è un supereroe dei nostri tempi. Il suo super potere

è recitare aforismi, perché l’aforisma è un aiuto che l’uomo offre ad un altro uomo, una guida per

evitare l’errore o porvi rimedio, il conforto che l’esperienza può dare a chi deve ancora affrontarla. Osvy

è raccontato attraverso il medium letterario del fumetto perché il fumetto sintetizza il mondo reale così

come l’aforisma sintetizza un pensiero; se ne deduce che il fumetto, ed in particolare la strip breve,

è un aforisma grafico.

Detti e Fumetti raccoglie quindi le strip di Osvy ma vuole essere di piu’ di un blog, un free comic press,

incentrato sugli aforismi a fumetti. Per spezzare il ritmo delle vignette è stato dato spazio a momenti di

curiosità ed approfondimento sul mondo del Fumetto e le altre Arti, in modo da tenerti informato sulle

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ultime novità culturali dal Mondo, quasi a voler ribaltare lo schema giornalistico dei quotidiani classici

che alle strip, o al fumetto in genere, concedono piccoli e sporadici spazi tra un articolo e l’altro.

E’ per questo che Detti e Fumetti contiene rubriche di Musica, di Teatro, di Cinema, di Country living, di

Salute ed Ecompatibilità, di Danza, di Architettura e Design, e su tanti altri settori del vivere quotidiano.

Ovviamente il taglio è degno del nome della testata: le rubriche sono realizzate mediante il medium del

fumetto o comunque sono accompagnate da illustrazioni dedicate.

Anche i redattori, alcuni obtorto collo, si sono dovuti adeguare trasformandosi nel loro personaggio a

fumetti.

La redazione è un gruppo di amici ciascuno dei quali ha scritto un editoriale che puoi leggere cercando

la rubrica nella barra in alto.

LE STRIP DI OSVY

Nelle sue strip Osvy recita gli aforismi dei piu’ grandi autori della cultura mondiale. Nel Free Comic

Press cartaceo,grazie alla presenza di un QR CODE per ogni vignetta, il lettore, semplicemente

avvicinando ad esso il suo smartphone, viene indirizzato verso la pagina della biografia e verso i libri

dell’autore avendo l’opportunità di approfondire la sua conoscenza. Il progetto è condiviso con le

Biblioteche di Roma che hanno patrocinato il progetto DETTI E FUMETTI, mettendo a disposizione

del lettore decine di E-book scaricabili dal proprio sito e leggibili mediante device effettuando la

semplice iscrizione alla biblioteca.