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IL TERRITORIO CONDIVISO 30-01-2004 MONASTERO DELLE LUCREZIE, TODI Trascrizione della registrazione degli interventi. Claudio Mammoli Coordinatore del Progetto R2-P3-00 Malgrado la neve e nonostante tutte le condizioni più difficili che potevano verificarsi, cominciamo, pur con un ora e più di ritardo, il nostro incontro. Avrebbe dovuto celebrare l’apertura del Convegno il Vicepresidente della Provincia di Perugia Palmiro Giovagnola. Il Vicepresidente ha appena avvertito che il versante del lago Trasimeno, dove egli abita, è quello in cui la neve ha insistito in maniera più forte e quindi si trova ancora nell’impossibilità di uscire di casa. Credo che ci raggiungerà per la sessione di questa sera alle ore 17, per la parte che riguarderà il rapporto partecipazione istituzioni e che prevede uno scambio di opinioni fra gli amministratori. Quindi cominciamo subito con il Sindaco di Todi, Katiuscia Marini, che avvierà i lavori con il suo saluto, grazie Katiuscia Marini Sindaco di Todi Buongiorno a tutti e benvenuti a Todi, ringrazio la provincia di Perugia che ha promosso, pensato e costruito insieme a tutti gli altri partner questa esperienza di lavoro ed ha utilizzo al meglio un tipo di progetto innovativo dell'Unione Europea messo a disposizione delle amministrazioni locali. Vi do il benvenuto a Todi, in una città che vedete non al meglio della sua effettiva capacità di accoglienza, perché, anche per la conformazione della città, questa situazione di neve, di dimensioni particolari anche per noi, non ci consente di fornire, specie nelle strade del centro storico, una accoglienza piana e tranquilla; comunque avrete la possibilità di vedere un paesaggio suggestivo e anche inconsueto con tutta questa neve in città e nelle colline circostanti. Saluto modo particolare insieme ai rappresentanti delle istituzioni italiane che insieme alla provincia di Perugia e al comune di Todi partecipano a questa esperienza, quindi il comune di Viterbo e la provincia di Napoli, gli ospiti stranieri, sia francesi che sudamericani che con noi hanno condiviso i lavori di questo ultimo periodo. Nell'accogliervi e nel darvi il benvenuto a Todi, voglio portare un brevissimo contributo ai lavori di questa mattina, sottolineando soprattutto l’importanza di questa esperienza come una fase di sperimentazione ed approfondimento che spero ci possa tornare utile nell’attività istituzionale ordinaria: nella programmazione urbanistica ed nella valorizzazione del paesaggio e dei centri storici del nostro territorio. Voglio fare riferimento ad un punto che mi sembra interessante. La nostra esperienza ha riguardato il ruolo e la funzione della partecipazione dei cittadini alle fasi decisionali; può sembrare un tema non nuovo se si guarda alla discussione in Italia negli ultimi dieci anni dove anche attraverso modifiche istituzionali e legislative si è accentuato il ruolo della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e reso ancora più forte anche dalle modifiche delle leggi elettorali che hanno cambiato in maniera sostanziale il rapporto tra elettori ed eletti, ma credo che questa esperienza sia innovativa perché di fatto la partecipazione l’abbiamo sempre vissuta

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IL TERRITORIO CONDIVISO 30-01-2004MONASTERO DELLE LUCREZIE, TODI

Trascrizione della registrazione degli interventi.

Claudio Mammoli Coordinatore del Progetto R2-P3-00Malgrado la neve e nonostante tutte le condizioni più difficili che potevano verificarsi, cominciamo, pur con un ora e più di ritardo, il nostro incontro.Avrebbe dovuto celebrare l’apertura del Convegno il Vicepresidente della Provincia di Perugia Palmiro Giovagnola. Il Vicepresidente ha appena avvertito che il versante del lago Trasimeno, dove egli abita, è quello in cui la neve ha insistito in maniera più forte e quindi si trova ancora nell’impossibilità di uscire di casa. Credo che ci raggiungerà per la sessione di questa sera alle ore 17, per la parte che riguarderà il rapporto partecipazione istituzioni e che prevede uno scambio di opinioni fra gli amministratori. Quindi cominciamo subito con il Sindaco di Todi, Katiuscia Marini, che avvierà i lavori con il suo saluto, grazie

Katiuscia Marini Sindaco di TodiBuongiorno a tutti e benvenuti a Todi, ringrazio la provincia di Perugia che ha promosso, pensato e costruito insieme a tutti gli altri partner questa esperienza di lavoro ed ha utilizzo al meglio un tipo di progetto innovativo dell'Unione Europea messo a disposizione delle amministrazioni locali.Vi do il benvenuto a Todi, in una città che vedete non al meglio della sua effettiva capacità di accoglienza, perché, anche per la conformazione della città, questa situazione di neve, di dimensioni particolari anche per noi, non ci consente di fornire, specie nelle strade del centro storico, una accoglienza piana e tranquilla; comunque avrete la possibilità di vedere un paesaggio suggestivo e anche inconsueto con tutta questa neve in città e nelle colline circostanti.Saluto modo particolare insieme ai rappresentanti delle istituzioni italiane che insieme alla provincia di Perugia e al comune di Todi partecipano a questa esperienza, quindi il comune di Viterbo e la provincia di Napoli, gli ospiti stranieri, sia francesi che sudamericani che con noi hanno condiviso i lavori di questo ultimo periodo.Nell'accogliervi e nel darvi il benvenuto a Todi, voglio portare un brevissimo contributo ai lavori di questa mattina, sottolineando soprattutto l’importanza di questa esperienza come una fase di sperimentazione ed approfondimento che spero ci possa tornare utile nell’attività istituzionale ordinaria: nella programmazione urbanistica ed nella valorizzazione del paesaggio e dei centri storici del nostro territorio.Voglio fare riferimento ad un punto che mi sembra interessante. La nostra esperienza ha riguardato il ruolo e la funzione della partecipazione dei cittadini alle fasi decisionali; può sembrare un tema non nuovo se si guarda alla discussione in Italia negli ultimi dieci anni dove anche attraverso modifiche istituzionali e legislative si è accentuato il ruolo della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e reso ancora più forte anche dalle modifiche delle leggi elettorali che hanno cambiato in maniera sostanziale il rapporto tra elettori ed eletti, ma credo che questa esperienza sia innovativa perché di fatto la partecipazione l’abbiamo sempre vissuta essenzialmente come condivisione di un processo decisionale che da parte del cittadino, nelle forme anche più avanzate, si è tradotto in forme consultive, referendarie, di fatto di assenso o meno a decisioni che venivano elaborate nelle sedi di governo, siano esse le istituzioni locali o nazionali.La novità sostanziale, e forse questo è il senso anche di ciò che stiamo sperimentando nei progetti che abbiamo inserito nel programma URB-AL, sta nel vedere in un rapporto nuovo il cittadino, che viene chiamato alla partecipazione e alla decisione, e i soggetti decisori e quindi i rappresentanti delle istituzioni negli organi di governo, ed ancora i rappresentanti politici, i tecnici e i funzionari.Per quanto mi riguarda, io considero la questione più significativa e più innovativa quella di rendere partecipi i cittadini nella fase di elaborazione e di costruzione, diciamo così, del progetto e quindi della decisione, non tanto e solo un assenso su quello che l'amministrazione ha in mente di fare, non tanto e solo una partecipazione alla scelta che si sta elaborando, ma alla costruzione di una scelta condivisa, e quindi di un'elaborazione anche di idee e di proposte. La stessa Amministrazione costruisce il suo progetto ed il suo programma cogliendo nella fase partecipativa tutti gli elementi che possono essere utili alla costruzione della decisione e sforzandosi di far si che tanti più soggetti siano parte di questo momento elaborativi. L'esperienza che noi abbiamo messo in campo riguarda progetti che abbiamo definito nell'ambito della programmazione urbanistica e, soprattutto, dell'elaborazione del nuovo piano regolatore generale del comune di Todi: vale a dire i circuiti del paesaggio.Todi ha avuto già in passato un’esperienza di riqualificazione significativa del suo centro storico, utilizzando strumenti anche ad hoc che questa città ha avuto insieme alla città di Orvieto e quindi in realtà, quello che ci si è presentato al momento di elaborare il nuovo Piano Regolatore Generale della città di Todi, a quasi trent’anni dal primo piano che risaliva al 1973, era in realtà un contesto nel quale il centro storico aveva

vissuto una fase significativa di cambiamento, di trasformazione, di conservazione, di riqualificazione nel corso dell'ultimo decennio, e al tempo stesso vi era un contesto esterno differente, dove c'erano però elementi di forte valore e di identità: perché per noi, senza dubbio, l’identità é la qualità del centro storico, ma è anche la qualità dell'ambiente circostante e del paesaggio.E dobbiamo dire che questa questione del paesaggio non è tanto e solo un intuizione d’oggi, ma nasce da un esperienza vissuta dalla città, nei primi anni ‘90 quando degli studiosi di una università americana, dei ricercatori della facoltà urbanistica e architettura di quella università, studiando lo sviluppo sostenibile pensò di ricercare, diciamo così, nella realtà un modello reale che si potesse avvicinare il più possibile ad una sorta di costruzione di laboratorio di una città che aveva la dimensione dello sviluppo sostenibile, e da lì è nata, se volete anche una fortuna massmediologica per la città di Todi: Todi città vivibile e città sostenibile.Perché ho voluto fare questo riferimento? Perché quando noi ci siamo posti il problema dell'elaborazione del nuovo Piano Regolatore Generale abbiamo riflettuto su come ripartire da questo studio che era stato abbastanza estemporaneo e che aveva avuto più una eco sui giornali che non una sua conseguente sostanza nell'attività strettamente urbanistica, amministrativa della città; come fare invece di questa intuizione uno degli elementi di approfondimento del nuovo Piano Regolatore Generale; come, cioè pensare ad un piano regolatore che fosse a dimensione di uno sviluppo appunto possibile e sostenibile, e naturalmente dentro a questo come filo conduttore, perché, se volete anche con un atteggiamento molto provincialistico, ci ponevamo nell'idea che chi pensava a Todi pensava al suo centro storico e ai suoi monumenti principali, la Piazza, il Tempio della Consolazione, ecc.In realtà quello che emergeva dallo studio condotto dagli americani era che il primo impatto, la prima grande differenza che percepivano non era tanto questo centro storico bello ed importante, ma che ce ne sono per fortuna in Italia e tanti, ma il primo impatto era quello dell'inserimento nel contesto ambientale e paesaggistico della città. Quello che emergeva era l'insieme dell'ambiente, le colline circostanti, come si erano sviluppate le costruzioni in ambito rurale e come si inseriva la città storica tradizionale dentro al suo paesaggio e al suo territorio, ed al suo ambiente, quindi la campagna, le colline, i boschi, il fiume e così via, e da questo anche elemento abbiamo pensato di guardare alla città, non guardandola da dentro diciamo così, ma guardandola anche un po’ da fuori, da quello che si vedeva arrivando e quindi l'immagine importante ma anche la sostanza della qualità dell'ambiente è rappresentato dall'elemento del paesaggio che ha tante componenti, le componenti ambientali, il patrimonio rurale, il patrimonio storico che possiamo definire minore, i borghi, le frazioni circostanti, il centro storico e poi la parte che riguarda anche il contesto nuovo di nuova edificazione, soprattutto quella degli anni 60-70-80 che senza dubbio è un edificazione che manca molto spesso di qualità edilizia e di qualità urbana pur in un territorio come il nostro. Ho voluto fare questo riferimento per dire che da questo processo è nata l'idea che un esperienza come questa di URB-AL potesse essere utile per definire quelli che abbiamo chiamato “i circuiti del paesaggio”, cioè degli itinerari che avessero come filo conduttore il paesaggio, ma dentro al quale poi si trovavano le attività economiche, le attività ricettive, le attività e le aziende agricole, le attività artigianali ed industriali, le presenze anche di architettura o rurale di un certo pregio; su questo abbiamo fatto un grande lavoro proprio perché il territorio è molto vasto ed è fatto soprattutto di una grande vastità di patrimonio rurale tradizionale. Noi sappiamo che in Italia magari tuteliamo un edificio costruito 50 anni fa solo perché scatta l'automatico vincolo del patrimonio pubblico e non abbiamo strumenti di tutela di casolari, molini, assai più importanti perché risalenti alla seconda metà dell'800, ai primi del ‘900 e che costituiscono oggi un ricchissimo patrimonio storico architettonico ed artistico.Ecco, ci serviva di pensare un modo per cui una intuizione ed un filo conduttore del piano regolatore divenisse consapevolezza diffusa, perché poi la città è, senza voler formulare slogan, soprattutto dei cittadini che la costruiscono e la vivono, i cittadini sono gli attori fondamentali della costruzione della città e della sua trasformazione e del suo cambiamento, in positivo o in negativo e quindi l'idea di mettere l’esperienza dei circuiti del paesaggio come sperimentazione della partecipazione del cittadino era utile anche a noi amministratori perché ci ha consentito di modificare, su una programmazione anche molto innovativa, l'impostazione tradizionale che era quella magari che gli uffici, il comune, elaborano un'idea di piano e su quella idea di piano poi si va a verificare il gradimento ed il consenso raggiungibile. Tale atteggiamento è stato rovesciato e, soprattutto con i circuiti del paesaggio, proprio dagli incontri partecipativi abbiamo cercato di tirare fuori le idee, le proposte, le intuizioni anche, che potevano tornare utile ad una programmazione più generale e mettendo anche a rete le risorse finanziarie pubbliche e private che potevano essere utilizzate, e quindi non tanto pensando ad un progetto per cui vi sono quei determinati fondi pubblici o dell'Unione Europea o anche privati, a quelli attingiamo e quindi costruiamo un progetto in misura dei finanziamenti, ma invece costruiamo una esigenza del territorio condivisa sia dal pubblico, sia dai diversi attori privati e insieme cerchiamo di capire quale è la rete delle risorse finanziarie, pubbliche e private che possiamo mettere in campo e far si che poi la programmazione diventi anche attuazione degli obiettivi.Io voglio esprimere anche a nome dell'amministrazione comunale, soprattutto ai tecnici che più di altri hanno seguito l'esperienza di URB-AL, a cominciare dall'architetto Marini, anche un ringraziamento per i risultati che noi abbiamo raggiunto e quindi agli altri partner rappresentanti delle istituzioni non solo italiane ma

anche straniere che hanno con noi partecipato a questa esperienza che spero possa avere un seguito nella sua fase successiva di attuazione perché senza dubbio anche l'attuazione di questi progetti alla luce della loro elaborazione forse necessita anche lì della sperimentazione di un percorso condiviso, partecipativo di coinvolgimento che è differente anche al modo tradizionale di operare nell’amministrazione pubblica.Io faccio gli auguri di buon lavoro per questa mattina, vi saluto e vi ringrazio, spero che al di là clima freddo dovuto alla temperatura esterna, possiate sentire invece il calore dell’accoglienza di questa città e possiate avere un buon soggiorno a Todi e l'occasione di visitare tutto quello che è possibile, il centro storico ed alcuni monumenti della nostra città, grazie e buon lavoro

CLAUDIO MAMMOLI Ringraziamo il Sindaco di Todi anche perché il suo non è stato solo un saluto, ma un contributo concreto ed ha affrontato anche un tema che poi sarà oggetto della nostra discussione sia oggi, ma soprattutto domani e nei prossimi giorni, alla conclusione del 2° Seminario Internazionale di cui questo convegno è un momento fondamentale. E’ il tema del prosieguo di questa iniziativa, del nostro Progetto, in qualche modo richiesto da tutti i partner; c’è l'attesa, da parte di tutti, di un seguito rispetto ai risultati e alle conoscenze acquisite con questa nostra esperienza; ma di questo torneremo a parlare.Il nostro programma continua con la presentazione di una serie di casi: sono le esperienze che abbiamo incontrato in questi due anni di scambi e di lavoro comune. Questa parte si svilupperà fino al primo pomeriggio. Il raggruppamento di questi casi è un po’ di fantasia nel senso che abbiamo cercato di trovare, nella varietà delle esperienze, un filo conduttore, degli elementi di continuità e di unione tra i vari progetti, in modo di presentare a noi stessi e a chi oggi ci ascolta, un’idea chiara e per quanto possibile sistematica dell’ampio spettro di casi in cui si è sviluppata la nostra tematica.Ma prima è in programma una breve presentazione del nostro progetto e cercherò di essere veloce nel ricordare i vari passaggi di questa esperienza. La presentazione continuerà e si concluderà con la relazione di Marcello Archetti, che parlerà in modo specifico delle griglie valutative, che ci hanno impegnato in questi ultimi mesi e che sarà anch’esso un altro tema da sviluppare domani, nel corso degli atelier.

CLAUDIO MAMMOLIL’esperienza del Progetto Comune URB-AL R2-P3-00Il Convegno che stiamo per presentare nasce da una esperienza che ha visto 10 partner, cinque europei e cinque sudamericani, per due anni lavorare insieme sul tema del rapporto tra Enti e società civile o cittadini nella definizione delle scelte che riguardano il territorio, per definire procedure efficaci confrontando esperienze e costruendo ipotesi di lavoro in cui, da tali metodologie potessero uscire concreti ed apprezzabili risultati per i propri territori. Ciò è avvenuto grazie al Programma Comunitario URB-AL, un programma della Commissione Europea per la cooperazione regionale finalizzato allo sviluppo di reti orizzontali di città, Enti territoriali, Istituti culturali e di ricerca, Associazioni di cittadini, che in modo autonomo ed autogestito sviluppano progetti comuni sui temi dell’urbano e del territorio

Cos’è URB-ALIl Programma URB-AL è nato nel 1996 articolato su otto reti tematiche: 1. Droga e città 2. La conservazione dei contesti storici urbani 3. Democrazia nelle città 4. La città come promotrice dello sviluppo economico 5. Politiche sociali urbane 6. Sviluppo urbano 7. Gestione e controllo dell’urbanizzazione 8.Controllo della mobilità urbana. Nel 2001, conclusa la prima fase, sono state aggiunte altre sei reti, (9. Finanza locale e bilancio partecipato 10. Lotta contro la povertà urbana 11. Città e politiche residenziali 12. Promozione delle donne nelle istanze decisionali locali 13. Città e società dell’informazione 14. Città e sicurezza) implementando ed aggiornando le problematiche connesse alla gestione del territorio vissuto. In tal modo URB-AL è divenuto un programma maturo, con una storia di esperienze condivise e rielaborate e progettualità disponibili. La seconda fase di URB-AL, appena iniziata, intende dare un seguito alle esperienze di confronto ed interscambio e di socializzazione dei saperi individualmente raggiunti; essa vuole sviluppare il percorso finora compiuto individuando ulteriori e ancora più concreti obbiettivi, come per esempio, l’avvio di nuove azioni sul tessuto urbano e nello spazio fisico delle comunità. L’introduzione dei nuovi progetti di tipo B, che prevedono la attuazione di azioni progettate, rappresentano infatti la grossa novità di URB-AL, anche se ne costituiscono l’atteso e naturale sviluppo.

Il nostro Progetto Comune nasce all’interno della Rete 2 “la valorizzazione dei contesti storici”.La convinzione che qualsiasi ipotesi di sviluppo di un territorio fondato sui criteri di sostenibilità, non possa essere praticato senza un effettivo coinvolgimento della popolazione che quel territorio vive e utilizza, e senza riconoscere agli abitanti il ruolo di attore comprimario essenziale per il processo che si intende

avviare, ha portato la Provincia di Perugia a proporre, all’interno di questa Rete, un progetto sui temi della partecipazione della popolazione nei processi di recupero del patrimonio storico urbano e territoriale. Il punto di partenza è stata la presenza nel suo territorio di alcune questioni riguardanti aree difficili e complesse in cui l’innesco di processi di sviluppo di tipo sostenibile, vale a dire nel rispetto delle risorse locali non sembrano di immediata soluzione.Tali questioni di grande complessità, fatte emergere ed individuate come centrali dalla Provincia di Perugia nell’esplicare la sua funzione di coordinamento e raccordo della pianificazione comunale tramite la titolarità del Piano d’Area Vasta, sono rappresentate dalla diffusa presenza di un patrimonio storico ambientale di grande valore solo in parte raggiungibile, ai fini della sua tutela e valorizzazione ( recupero fisico e funzionale) anche con i nuovi modelli di valorizzazione e sviluppo basati sulla combinata disposizione di imprenditoria privata e sostegno pubblico. Si tratta del patrimonio delle aree meno accessibili, marginali, soggette ad un abbandono ormai storico anch’esso, in quanto iniziato negli anni ’70, che sta rendendo deserti nuclei, case sparse, chiese ed insieme, prive di manutenzione siepi, fossi, campi, antiche infrastrutture, paesaggi. Per queste aree (per il patrimonio che esse contengono e rappresentano) esiste senz’altro un problema di risorse finanziarie per poter recuperare fisicamente i singoli elementi (in un territorio dove il patrimonio storico è “abbondante” il mercato invita a stimare i valori e le potenzialità ed a fare selezioni), ma ancora di più esiste il problema, forse più forte, del mantenimento del bene recuperato fisicamente, vale a dire del suo uso, della sua trasformazione in un qualcosa che tramite l’uso, si auto mantenga. In queste aree, il ruolo di una popolazione stabile, radicata e motivata nel vivere ed agire su quel territorio è determinante e solo in presenza di questa sarà possibile, probabilmente, invertire l’attuale tendenza al disfacimento di quel patrimonio recuperandolo ed inserendolo in un processo di sviluppo locale come risorsa dalle molteplici valenze. Solo cosi, inoltre, sarà possibile costruire occasioni (molto spesso uniche) per consentire agli abitanti stessi qualità di vita soddisfacenti e con queste, la permanenza in loco.Si tratta come si vede di un processo che vede il patrimonio storico ambientale e gli abitanti scambiarsi i ruoli e le posizioni (soggetto – oggetto; obbiettivo - attore) con un procedere ad elica dove le parti si intrecciano ed uniscono.Proprio per il ruolo fondamentale esercitato in tutto ciò da una popolazione radicata e motivata, il progetto ha affiancato al tema del recupero partecipato del patrimonio storico, quello della educazione patrimoniale ed ambientale, riconoscendo a quest’ultima la capacità di fornire l’elemento culturale in grado di far scattare l’esigenza soggettiva della partecipazione: la cultura intesa come patrimonio elaborata ed utilizzata dalla cultura rappresentata dai cittadini che hanno coscienza della loro storia e del rapporto con quanto sta loro intorno. La formazione patrimoniale ed ambientale ha perciò un ruolo strutturale e strategico insieme; essa è necessaria accanto a tutti i processi e deve sviluppare anche una azione permanente, su tempi lunghi, e finalizzata alla formazione dei cittadini di domani.

Su questi temi, appunto, i dieci partner, vale a dire le città di Grenoble, Caxias do Sul, Pelotas, Piratini, Viterbo, Todi, l’Istituto per il Patrimonio Storico Artistico dello Stato del Rio Grande do Sul, una Associazione turistica, l’Assotur Estrada do Imigrante, che promuove lo sviluppo socio economico di un’area rurale segnata dalla prima immigrazione italiana in Brasile, le province di Napoli e di Perugia, hanno sviluppato un lavoro in comune scambiandosi informazioni ed esperienze, elaborando ricerche e studi, organizzando cinque appuntamenti nell’arco di due anni impegnandosi ciascuno a contribuire al raggiungimento dell’obbiettivo di rintracciare possibili linee di condotta sulla scorta delle variegate esperienze delle varie comunità connotate da storie diverse, ma anche omogenee per la ricerca comune di un rapporto integrato tra società ed ambiente. L’elemento unificante fra i partner è stato l’atteggiamento comune del voler essere orientati verso uno sviluppo basato sulla valorizzazione delle realtà locali, sull’uso compatibile delle proprie risorse territoriali, pur nella specificità delle loro identità storiche e sociali. Con questo obbiettivo il Progetto Comune intendeva agire per una idea di globalizzazione democratica e solidale.

Il percorso del progettoLa prima fase del progetto comune è stata quella di definire che cosa ciascun partecipante avrebbe fornito, in fatto di elaborazioni di esperienze, per la costruzione di una esperienza collettiva. I punti di partenza erano naturalmente diversificati per la qualità e la quantità di esperienze di ciascuno. Vi erano partner con una storia anche antica di esperienze partecipate, partner che si avvicinavano per la prima volta a questo tema, partner che, sia pure con una storia recente, sulla partecipazione hanno predisposto protocolli e

procedure e la utilizzano, a regime, in tutte le fasi della gestione pubblica del territorio. Erano diversificati anche gli obbiettivi specifici di ciascun partner che aveva sostenuto l’adesione al progetto: la necessità di informarsi per conoscere possibili strade da seguire e confrontarsi per affrontare i

propri problemi ed acquisire nuove competenze nelle azioni;

il bisogno di verificare l’efficacia delle proprie procedure, il desiderio di far conoscere metodi elaborati e sperimentati con esperienze sviluppate sul proprio

territorio per promuovere sia i principi informatori che le politiche sostenute, la volontà di innescare processi partecipativi a tutti i livelli di gestione ed in particolare a quelli

attinenti le scelte di assetto territoriale. Tutto ciò è possibile rintracciarlo nei progetti e nelle esperienze con cui i partner si sono confrontati nel corso del Progetto. I quattro gruppi in cui è stata, in modo schematico, ordinata la presentazione dei progetti e delle esperienze, vorrebbero suggerire gli obbiettivi strategici che in qualche modo accomunano gruppi di esperienze nate per lo più da soggetti diversi e che solo in questa occasione hanno dialogato tra loro. Si tratta di progetti a volte caratterizzati da un forte pragmatismo che cerca di governare la conflittualità comunque ineliminabile laddove sono presenti molteplici interessi o anche solo molteplici soggettività ed a volte invece segnati da una programmatica carica culturale ed ideale in cui dietro l’obbiettivo immediato del raggiungimento di un migliore livello di vita per un gruppo o una comunità appare l’obbiettivo più forte dell’emancipazione di quei gruppi e comunità e del recupero di una cultura su cui poter ricostruire le radici ed i loro caratteri identitari. In tutti i casi comunque, emerge l’importanza, praticata o rivendicata, della formazione sul patrimonio e l’ambiente e di come il tema della educazione-formazione, possa essere non solo parallelo, come era stato collocato nell’assunto iniziale al lancio del Progetto Comune, ma fortemente interrelato con i processi di costruzione delle scelte su specifiche questioni.

Il confronto delle esperienze e le griglie valutativeL’incontro intermedio di Grenoble e poi il 1° Seminario internazionale svoltosi in Brasile, sono stati le occasioni di confronto e scambio sulle varie esperienze studiate o vissute da ciascun partner. Dalla grande quantità di esperienze socializzate ed anche dalla loro qualità, è scaturita l’esigenza di una sistematizzazione o almeno dell’individuazione di elementi ricorrenti, o di “indicatori” capaci di rendere più facile il confronto e la selezione dei caratteri comuni, costanti e dei passaggi più significativi.L’esigenza di giungere a qualcosa chiamata “griglie valutative” è stata riconosciuta come primaria da tutti i partner al termine della settimana del 1° Seminario Internazionale durante la quale è stato possibile entrare in contatto diretto con i programmi della città di Pelotas riguardanti la realizzazione delle Case della Memoria, il recupero del Centro storico quale luogo delle funzioni urbane a carattere territoriale tramite la rifunzionalizzazione dei suoi edifici storici e la promozione di processi di riqualificazione professionale dei suoi abitanti, la valorizzazione della tradizione del Carnevale come momento di ricostruzione ed affermazione di un rapporto di appartenenza tra città ed abitanti. Oppure è stato possibile incrociarsi con l’esperienza dell’Orçamento Participativo a Porto Alegre che passa anche attraverso un recupero sociologico oltre che edilizio del patrimonio storico della città o con l’attenta e programmaticamente condivisa operazione di ripensamento del Centro Urbano della città di Caxias do Sul che procede parallelamente e organicamente alla costruzione di nuove centralità all’interno di una città che è cresciuta da meno di 60.000 abitanti nel 1950 ad oltre 350.000 attuali.Una griglia valutativa che non vuole, si badi bene, classificare e dare patenti di maggiore o minore partecipazione ai “processi” indagati, ma che dovrebbe facilitare l’individuazione dei passaggi più significativi, le situazioni (e le condizioni) in cui si verificano i risultati positivi, i fattori che accelerano o ritardano il successo di un progetto partecipato.Con questa esigenza da tutti riconosciuta come necessaria per passare da una adesione emotiva ad un atteggiamento razionale e propositivo, abbiamo cercato di individuare questi indicatori di qualità del progetto, attingendo dal contributo della Provincia di Perugia al Progetto Comune: una analisi di quattro esperienze, distribuite nell’arco di 30 anni e svoltasi nel territorio della provincia, individuate come significative per svariati aspetti, ancorché di limitate dimensioni, dal punto di vista del rapporto istituzioni-mondo produttivo-abitanti all’interno di una ricca ed ormai lunga esperienza di recupero del patrimonio edilizio storico in Umbria. Dall’analisi di questi quattro casi è stato possibile estrarre elementi utili per organizzare percorsi valutativi che sono stati chiamati griglie e sulle quali i partner hanno provato a trasferire i loro progetti.Questo esperimento è stato il tema del 2° incontro intermedio di Napoli-Vico Equense dell’ottobre scorso, durante il quale abbiamo iniziato una discussione sulla efficacia e sulla capacità di queste griglie di essere adattabili ad una molteplicità di situazioni.L’esigenza infatti di individuare percorsi guida per la lettura-valutazione di un processo di progettazione o pianificazione partecipata, si configurava come una esigenza primaria collegata all’obbiettivo di inserire la pratica partecipativa all’interno del concetto di copianificazione, strumento fondamentale della pianificazione d’area vasta della Provincia di Perugia, ma anche tecnica generalmente condivisa dalla pluralità di soggetti che agiscono sul territorio.La consapevolezza del divario tra ciò che si era prodotto e l’importanza ad esso attribuita, ha portato i partner a ricercare anche all’esterno occasioni di verifica e di sperimentazione dell’efficacia delle griglie. Nel corso dell’incontro di Napoli fu evidenziata l’esigenza di provare ad allargare l’ambito delle verifiche e del

confronto e di costruire una occasione più aperta in cui i temi fin qui affrontati fossero confrontati, nell’analisi e nei giudizi, con altri soggetti con esperienze qualificate accertate .Da qui il nostro Convegno, in cui presentiamo i temi affrontati e proviamo a rileggerli secondo percorsi unificati. Ma proviamo anche ad estendere la discussione sul nostro lavoro ad altri soggetti, incontrati direttamente o indirettamente nel corso di questo nostro percorso, chiedendo loro di esprimersi liberamente e senza riserve e attribuendo al loro esprimersi il dovuto valore.

Il Convegno di oggi è quindi il tentativo di dare corpo a più esigenze: la prima è senz’altro quella di condividere, con quanti al di fuori dei partner del progetto sono

interessati al tema, le realtà partecipative che in questa avventura abbiamo avuto modo di incontrare ed al tempo stesso di costituire un momento di rilancio, nella nostra realtà locale di questo tema e di queste esperienze, che, come abbiamo visto nel corso del Progetto, pur non essendo ancora molto diffuse, non sono state assenti negli ultimi 30 anni ed hanno dato risultati anche significativi ancorchè segnati da processi per lo più spontanei e non sempre del tutto consapevoli;

la seconda è quella di costituire una occasione per sviluppare maggiormente la discussione sui temi affrontati nel biennio passato, rendendola ancora più collegiale e facendo uno sforzo ulteriore per giungere insieme alla definizione di metodologie e percorsi che rendano misurabili ed in qualche modo apprezzabili nelle varie fasi del loro divenire i progetti partecipati che ciascuno di noi andrà a costruire o promuovere nei mesi futuri;

la terza è quella di impostare, sulla base delle esperienze conosciute ed in qualche modo acquisite nel corso dello svolgimento del Progetto Comune, un ragionamento sul significato, le potenzialità, le attese, le possibili misure di uno sviluppo futuro del Progetto nell’ambito del Programma URB-AL.

Porre questo argomento all’interno di un Convegno che già nasce come esigenza di condivisione di una esperienza cognitiva vissuta, può sembrare un atto di ottimismo sfrenato, da ritenere forse ingenuo e quindi poco attendibile. E’ comunque e senz’altro un mettere in giuoco una opportunità, ed anche un chiamare a partecipare ad essa. È per questo che ci è sembrato necessario farlo.Grazie per l’attenzione

Procediamo. Marcello Archetti ora ci parlerà della costruzione delle griglie, il lavoro di una metodologia condivisa, il lavoro delle griglie

MARCELLO ARCHETTI antropologo, curatore della ricerca sui centri storici della provincia di PerugiaSalve a tutti, grazie di essere qui.Il primo lucido è per descrivere le 5 griglie dentro le quali ho tentato di mettere i nostri 12 casi studio esaminati. La griglia 1 è di primo livello, descrittiva e conoscitiva; la griglia 2 cerca di entrare dentro il processo connesso alla metodologia dello stesso progetto partecipato (processo prodotto, risultato) tramite un primo livello di valutazione qualitativa; la griglia 3 contiene i primi indicatori o criteri o modi lungo l'asse della pianificazione partecipata; la griglia 4 è una scala di valutazione dei fattori favorenti i processi di partecipazione riferita sia a livello istituzionale sia a livello dei cittadini-abitanti; la griglia 5 è una ulteriore verifica su di una scala di valutazione per autorappresentarsi su quale piano il progetto partecipato si collocasse e per ipotizzare alcune azioni da mettere in campo al fine di raggiungere un livello superiore di partecipazione.

Le griglie di valutazione del progetto partecipato

griglia 1- Scheda generale e descrittiva del progetto partecipato(viene proposta una serie di domande quantitative e qualitative di tipo informativo per poter ottenere un primo quadro complessivo di dati che consente di avere uno scenario di prima conoscenza del progetto svolto).

griglia 2 - Metodica del progetto partecipato(2.1 processo>2.1.1 condizioni di partenza>2.1.2 sviluppo>2.2 prodotto>2.3 risultato)

(viene proposta una serie di domande più approfondite e selezionate dell'intero progetto e delle tre fasi metodologiche principali Processo>Prodotto>Risultato, per poter ottenere una serie di valutazioni quantitative e soprattutto qualitative del progetto svolto).

griglia 3 - Pianificazione del progetto partecipato(3.1 organizzazione del progetto>3.2 svolgimento del progetto)

(viene proposta una lista di indicatori o criteri o modi di esecuzione connessi specificatamente alla pianificazione del progetto partecipato da scegliere, valutare e descrivere nei suoi elementi più significativi e rilevanti).

griglia 4 - Scala dei fattori favorenti il progetto partecipato(viene proposta una scala di valutazione ai livelli 1-5 dei fattori istituzionali favorenti e dei fattori cittadini favorenti, sempre rispetto all'intero progetto svolto).

griglia 5 - Scala della partecipazione(viene proposta una scala di valutazione ai livelli 1-5 e relativa alla valutazione dell'intero progetto svolto e inoltre, dopo aver valutato da 1 a 5 il livello raggiunto dal progetto partecipato svolto, si richiede di descrivere le azioni, eventualmente da svolgere, per poter permettere di raggiungere un livello superiore sulla scala della partecipazione).

Si era richiesto a tutti i partners e anche ai casi studio degli ospiti di questa mattina, di approfondire soprattutto la griglia 2 (Metodica del progetto partecipato) e la griglia 4 (Scala dei fattori favorenti il progetto partecipato) che erano già state in parte discusse e confrontate nel precedente incontro a Napoli, e di cui faccio una comparazione con l’analisi e l’interpretazione da me elaborate a Perugia.Mentre a Napoli, con il workshop, si invitavano i partners presenti a fare una scelta di priorità, in pratica il metodo era quello di scegliere le priorità rispetto alle tematiche proposte, a Perugia si è fatta una analisi-interpretazione dei casi studio, cioè i risultati emersi sono derivati da una mia lettura integrale e integrata delle risposte date in ciascun caso studio.Nella griglia 2, che tratta le valutazioni soprattutto qualitative del progetto svolto, la metodica del progetto partecipato è composta di processo, prodotto e risultato: il processo ha inoltre due sottotemi, condizioni di partenza e sviluppo.

Il processo: le condizioni di partenzaSolo in questa fase, cioè nelle condizioni di partenza, i risultati di Napoli e Perugia sono identici. Per le condizioni di partenza scelte e valutate, ottimali per un progetto o processo partecipato, diventa essenziale, quasi un vincolo, l’esistenza di un ambiente favorevole, se vi è un protocollo informale di alleanze, se vi è già stato un tipo di coinvolgimento di alcuni attori sociali; nel caso in cui non c'è questo humus di relazioni e di rapporti, le condizioni di partenza di un progetto o processo partecipato devono cominciare prima, non si può iniziare in una situazione sociale e culturale completamente assente di partecipazione, e sicuramente una pratica di coinvolgimento nelle varie forme aiuta il contesto a saper poi meglio partecipare.La seconda apprezzata condizione di partenza è una precisa definizione dei vari ruoli per ciascun soggetto coinvolto; deve esistere o perlomeno è favorente il fatto che ci siano delle funzioni precise tra i soggetti della partecipazione, ruoli definiti e una cornice di riferimento su cui sapere chi siamo e che cosa facciamo diventano essenziali in ogni progetto o processo partecipato.Di seguito, le condizioni di partenza, favorenti il progetto o processo partecipato, risultano essere:Napoli con scelta di priorità (domande>temi):I) pre-contesto avviato e contesto favorevole al progetto di coinvolgimentoII) precisa definizione dei vari "ruoli" per ciascun soggetto coinvolto

Perugia con analisi-intepretazione dei casi-studio (risposte>azioni):I) pre-contesto avviato e contesto favorevole al progetto di coinvolgimentoII) precisa definizione dei vari "ruoli" per ciascun soggetto coinvolto

Il processo: lo sviluppoDopo le condizioni di partenza, trattiamo lo sviluppo che favorisce il progetto o processo partecipato. A Napoli, in relazione allo sviluppo, erano tutti i partners a scegliere i temi prioritari ma non c'erano i quattro casi studio studiati dalla Provincia di Perugia, così come nella analisi-interpretazione da me svolta a Perugia, sempre di ordine socio-culturale e antropologico, chiaramente non è stato possibile, per questioni di tempo, valutare i nuovi cinque casi studio ospiti al Convegno di Todi, ma nonostante ciò i risultati ottenuti sono importanti e significativi.A Napoli è emerso che lo sviluppo partecipato deve essere legato agli obiettivi: occorre tenere costantemente fermi gli obiettivi, mai divagare nella partecipazione, con l'obiettivo che diventa fondamentale. Il secondo tema è quello di rafforzare i punti di forza, cioè bisogna lavorare su ciò che è positivo, provare a coinvolgere e rafforzare tutto ciò che è forza e in alcuni casi anche abbandonare coloro i quali non riescono a stare nel progetto o processo partecipato.A Perugia, lo sviluppo migliore sta nel costante aumento di soggetti coinvolti, si assiste cioè ad un progressivo coinvolgimento di altri e diversi soggetti in quanto l'attivazione di altri soggetti sociali come protagonisti della partecipazione diventa un elemento di diffuso e capace sviluppo. Il secondo è quello di

dare soluzioni partecipate e condivise ai problemi prioritari ed evidenti; nei processi di partecipazione, che voi mi avete proposto ed io ho osservato, emergono problemi ma tocca sempre risolverli, mai rimandarli, e nel processo partecipato esistono momenti di forti discussioni rispetto alla priorità, all'evidenza e alla condivisione delle questioni e delle relative soluzioni ma ad un certo punto si deve scegliere e si deve andare avanti in modo e forma evolutivi rispetto al processo generale di partecipazione.Di seguito, lo sviluppo, favorente il progetto o processo partecipato, risulta essere:Napoli con scelta di priorità (domande>temi):I) sviluppo partecipativo legato agli obiettivi da raggiungereII) rafforzare i punti di forza

Perugia con analisi-intepretazione dei casi-studio (risposte>azioni):I) caratterizzato da un costante aumento di soggetti coinvoltiII) dare soluzioni (partecipate e condivise) ai problemi (prioritari ed evidenti)

Il prodottoA Napoli il prodotto del progetto partecipato è un forte indicatore, come visibilità e concretezza di una trasformazione avvenuta: si vede un mutamento forte, un prima e un dopo. La seconda priorità è la sostenibilità raggiunta e la riproducibilità metodologica, quindi la riproposizione e l’estendibilità del metodo nonché la durata nel tempo di ciò che è stato prodotto.

A Perugia emergono come caratteristiche essenziali e rilevanti del prodotto, l’ottima qualità totale raggiunta e la sua diffusione in tutta la città che lo fa diventare cittadino e patrimonio della comunità in quanto tutti i cittadini vi si riconoscono collettivamente, anche se non hanno partecipato direttamente: il prodotto partecipato ha una forza di estensione collettiva di senso.Di seguito, il prodotto, favorente il progetto o processo partecipato, risulta essere:Napoli con scelta di priorità (domande>temi):I) visibilità e concretezza della trasformazione avvenutaII) sostenibilità raggiunta e riproducibilità metodologica

Perugia con analisi-intepretazione dei casi-studio (risposte>azioni):I) ottima qualità totale raggiuntaI) diffuso in tutta la città ("diventa cittadino")

Il risultatoA Napoli, dove si sono scelte le priorità, la prima, in relazione al risultato raggiunto, è la pratica dello spazio che produce appartenenza: far lavorare i soggetti sullo spazio permette che esso possa poi diventare luogo di appartenenza, un luogo se non di appartenenza significativa e importante, rilevante e riconoscibile, almeno una forma/fase del processo di identificazione sociale individuale e collettiva. La successiva priorità scelta è quella dello scambio e dell'apprendimento formativo di conoscenze, competenze e saperi, cioè si assiste ad un aumento formidabile a livello didattico-educativo reciproco tra i diversi soggetti che si sono incontrati nella pratica partecipata e condivisa.A Perugia, viene fuori un alto valore sociale ed umano, cioè sembrerebbe che il risultato produca un sentimento quasi etico, un certo valore ricco di affettività particolarmente sentita e di senso molto elevato; inoltre, emerge la positività e la soddisfazione finale complessiva con un generale apprezzamento e piacere del risultato, che insieme si è costituito durante le varie fasi partecipate.Di seguito, il risultato, favorente il progetto o processo partecipato, risulta essere:Napoli con scelta di priorità(domande>temi):I) pratica dello spazio fa/produce appartenenzaII) scambio e apprendimento formativo di conoscenze, competenze e saperi

Perugia con analisi-intepretazione dei casi-studio (risposte>azioni):I) alto valore sociale ed umanoI) positività e soddisfazione finale e complessiva

Dopo i risultati della griglia 2, adesso descrivo la griglia 4 (Scala dei fattori favorenti il progetto partecipato) in cui veniva proposta una scala di valutazione ai livelli 1-5 dei fattori istituzionali favorenti e dei fattori cittadini favorenti, sempre rispetto all'intero progetto o processo partecipato svolto. Questa griglia non era stata svolta a Napoli, mentre a Perugia ho elaborato il valore medio delle valutazioni date dai partners di progetto relativamente ai loro specifici casi studio.Rispetto alle valutazioni date dai soggetti istituzionali, il fattore economico è fondamentale nella dinamica dei processi partecipati: non si possono coinvolgere i cittadini, non possono essere in qualche maniera chiamati alla partecipazione da parte delle amministrazioni se non vi sono soldi certi e sicuri o perlomeno devono esserci modi e forme diverse per la gestione amministrativa di un progetto o processo partecipato.

Gli altri fattori sono omogenei come valutazione e ridimensionati: la politica, con linea e obiettivi chiari, che accetta il confronto partecipavo; il contesto locale, in cui già si collaborava e praticava il coinvolgimento della popolazione; i risultati, visibili e concreti, verificabili e riconosciuti; il rafforzamento del senso di appartenenza, del sentimento d'identità, dell'orgoglio della crescita.Perugia con analisi-intepretazione dei casi-studio (valutazione istituzionale) (valore medio)2,6 I soldi, certi e immediatamente a disposizione3,4 La politica, con linea e obiettivi chiari, che accetta il confronto partecipavo3,4 Il contesto locale, in cui già si collaborava e praticava il coinvolgimento della popolazione3,4 I risultati, visibili e concreti, verificabili e riconosciuti3,4 Il rafforzamento del senso di appartenenza, del sentimento d'identità, dell'orgoglio della crescita

La valutazione dei cittadini sottolinea i fattori del risanamento di “qualcosa di pubblico” e la crescita e la maturazione individuale collettiva; appare importante quindi questo senso o sentimento di uno sviluppo qualitativo complessivo e totale di tutti e per tutti; la partecipazione si fa in pochi, non tutti si coinvolgono, ma il risultato e il senso della partecipazione è esteso a tutta la cittadinanza, anzi fa e permette la cittadinanza attiva. Dopo viene l'alta competenza e professionalità di tutti gli addetti all'intervento e il forte e radicato senso (significato + valore) di appartenenza (storia + identità + relazione). Per ultima, come valutazione, si colloca la visibilità di ogni fase del processo di partecipazione tramite risultati concreti.Perugia con analisi-intepretazione dei casi-studio (valutazione cittadini) (valore medio)3,2 Il risanamento di "qualcosa di pubblico"3,2 La crescita e la maturazione individuale e collettiva3,8 L'alta competenza e professionalità di tutti gli addetti all'intervento3,8 Il forte e radicato senso (significato + valore) di appartenenza (storia + identità + relazione)4,1 La visibilità di ogni fase del processo di partecipazione tramite risultati concreti.

In conclusione, domani noi ci vedremo per lavorare nel laboratorio. La costruzione delle griglie di valutazione nel progetto o processo partecipato è stata fatta con Claudio e Ray, e soprattutto con il coinvolgimento attivo e continuo di tutti i partners di progetto.Domani faremo un lavoro di “conversazione sociale e di ricostruzione libera” per definire insieme una griglia esperienzale, perché le griglie si fanno con i protagonisti reali dei progetti e dei processi partecipati, in maniera libera ma contemporaneamente accompagnata.Tutto ciò per condividere e abitare un paesaggio che sia soprattutto dell'anima, grazie.

CLAUDIO MAMMOLIGrazie Marcello, cominciamo con la presentazione dei progetti, siamo completamente fuori dei tempi programmati e credo che dovremo fare alcuni aggiustamenti all’organizzazione dei lavori. Il primo aggiustamento, indolore, sarà che la pausa caffè invece che alla fine della presentazione del primo gruppo di esperienze, quelle attinenti a “il processo partecipativo nella rivitalizzazione dei centri storici”, potrebbe essere fatta a metà di questa, dopo le prime due presentazioni. Sarà invece un po’ più dolorosa la seconda proposta che farò, vale a dire di contenersi assolutamente nel quarto d'ora assegnato e se possibilmente anche in qualcosa di meno nel presentare le esperienze. Peraltro avremo poi tempo, sono 2 i giorni che staremo insieme, e senz’altro potremo comunicare, scambiarci informazioni tenendo conto che abbiamo del materiale esposto nella sala accanto. Se siamo d’accordo su questo, cominciamo la presentazione delle esperienze e le persone che le illustreranno sono invitate a sedersi al tavolo.Cominceremo con la città brasiliana di Caxias Do Sul e con Mauro Cirne,, assessore alla pianificazione di quella città, che presenterà il suo caso. Successivamente sarà Renata Requião a parlare per la città di Pelotas di cui è Assessore alla Cultura.

MAURO CIRNE Secretario Municipal do Planejamento de Caxias do SulBom dia a todos. E’ com satisfação, eu gostaria de inicialmente saudar o Claudio Mammoli e a satisfação de estar com todos voces aqui, seja lá brasileiros, italianos, franceses, de contar um pouquinho da nossa experiência de revitalização do centro histórico da cidade de Caxias do Sul. Primeiro a nossa cidade é uma cidade nova, ela tem 125 anos, conta hoje com 380 mil habitantes, é uma cidade industrial baseada no pólo metal-mecânico e que foi escolhida no ano passado a melhor cidade gaúcha em qualidade de vida e a 12° cidade brasileira no índice de desenvolvimento humano, pela série de investimentos que o nosso governo vem fazendo desde o início de ’97 na área de educação, saúde, saneamento e a questão da renda.Primeiro eu gostaria de dizer que o nosso governo é um governo de esqueda e que tem na participação popular a definição de todos os investimentos e tudo o que se faz na cidade, seja uma escola, seja um

posto de saúde, seja uma pavimentação de uma via, tudo isso é definido com a participação da população. Se usa a divisão do território em regiões, se chama a população e se discute as suas necessidades. Ao final do ano que passou nós realizamos na cidade um congresso da cidade, onde com a população definimos as grandes diretrizes da cidade para o futuro, seja na educação, na área social, na área do desenvolvimento econômico, nas diferentes áreas. Também no ano passado iniciamos uma discussão nova na cidade, que é os temas urbanos da cidade passarem a ser também discutidos com a população. E depois de ter recuperado uma série de patrimônios históricos da cidade, como a Casa de Cultura, como a Casa de Pedra, o Monumento ao Imigrante, passamos a discutir a área mais central da cidade de Caxias do Sul. A nossa cidade passou ao longo do tempo, na década de ’70 nós tínhamos 144 mil habitantes, e já em 2000 éramos 360 mil habitantes, em 30 anos aumentamos em 150% a nossa população, portanto essa área, essa urbanização acelerada da nossa cidade, trouxe consequências na área central, especialmente nos espaços públicos, espaços públicos que perderam a sua funcionalidade, de alguma forma sofreu uma degradação muito forte, como consequência quase um esquecimento do patrimônio histórico existente nesses espaços públicos, espaços que se tornaram inseguros e que, especialmente à noite, não havia mais a frequência da população. Já haviamos feito no ano anterior ainda a recuperação de um parque da cidade, se chama Parque Getúlio Vargas, em homenagem a um Presidente da República do Brasil, e a grande idéia desse parque era trazer a população para ocupar o parque, e com isso, fazer com que se ampliassem os espaços de convivência desse parque da cidade, enfim a população voltasse e se apropriasse desse espaço. No ano passado, ainda num encontro anterior que foi em Napoli, nós iniciamos um processo de revitalização da Praça Dante Alighieri, que é a praça central da cidade. A Praça Dante Alighieri, já estava no processo de discussão da revitalização do centro, cujo projeto foi discutido dentro do nosso governo, com os técnicos, com os secretários e que foi levado à discussão para as diferentes entidades da cidade, foram 26 reuniões com entidades diferentes, com a participaçãos de 3500 pessoas, e depois realizamos uma audiência pública onde oficialmente chamamos a população para vir conhecer o projeto e apresentar sugestões, depois realizamos o seminário final, onde aprovamos com a população a revitalização do centro da cidade, com ampla divulgação à toda a população para que tivesse conhecimento das diferentes etapas de implementação e também a definição das prioridades.Como a gente tem recursos públicos finitos, decidimos, com a população também, quais seriam as prioridades no primeiro, segundo e terceiro momento. A plenária de desenvolvimento urbano definiu a Praça Dante Alighieri, que é a Praça mais importante, é a Praça situada no coração da nossa cidade, com forte valor histórico e simbólico, para ser feita uma intervenção que ocorreu a partir do dia 21 de Setembro do ano passado.Qual era o objetivo desse projeto de recuperação dessa praça central? Era na realidade, por ter-se tornado um espaço inseguro em função de uma série de obstáculos existentes nesse espaço, de fazer com que ele então trouxesse de volta as famílias dentro da praça que já não mais vinham, e à noite se tornou um espaço extremamente seguro, por outro lado também promover a valorização do patromônio histórico, ampliar os espaços de convivência, fortalecer o comércio e o turismo entorno dessa praça e também renovar todos os equipamentos públicos ali existentes. Progeto elaborado por engenheiros e arquitetos foi também apresentado à cidade no encontro, esse progeto recebeu sugestões, progeto que foi aprimorado. E então em 22 de Setembro do ano passado nós iniciamos a intervenção nessa praça de muita importância e onde circulam milhares de pessoas diáriamente, até porque fica próximo às paradas de ônibus onde a maioria da população passa ao longo do dia.Bom esse tema da revitalização era um tema novo e que também a implementação da nossa praça abriu uma grande polêmica na cidade que era, nela havia uma rua, a rua principal da cidade a Avenida Júlio de Castilhos conhecida como a Rua Grande, que ligava do monumento nacional ao Imigrante, importante, significativo da cidade ao estádio municipal onde ali havia um aeroporto, uma via de aproximadamente 4 quilômetros,que no meio estava interrompida, exatamente na passagem desta praça e cuja proposta, depois de muita discussão, foi pela reabertura desta rua e a eliminação daquilo que a gente chamava de “Calçadão”, mas que não era. Na realidade era um espaço de ampliação da praça, que estava todo interrompido por canteiros e que não tinha mais um bom uso feito pela população. O projeto iniciado então no dia 22 e em função da definição de melhorar a segurança e de valorizar o patrimônio histórico, nós procemos ao corte de aproximadamente 60 árvores na cidade, árvores exóticas, que trouxe uma grande polêmica na nossa cidade, eram árvores de aproximadamente 60 anos, mas que por um lado, além de ter uma vegetação já envelhecida, criava obstáculos que favorecia nessa nossa praça muita protituição, assaltos, drogas e que era levantado pela população como principal problema nesse espaço. E os espaços públicos hoje, na grande maioria de uma cidade como a nossa, com um desenvolvimento industrial rápido e com forte migração de pessoas, é a questão da segurança. Iniciado, e com essa grande polêmica também, a praça completamente fechada por tapumes, trouxe na realidade uma grande expectativa e a Catedral da cidade, que fica em frente a essa praça.. na realidade a discussão com a cidade, é só para mostrar aqui, nós temos uma maquete virtual que a gente procurava mostrar para a

população no período de discussão, para ela tentar visualizar o que que aconteceria com a praça depois de revitalizada, que era um grande problema: a população não conseguia na realidade visualizar isso. Iniciada então essa implementação, os cortes e todo o trabalho de revalorização dos monumentos, do traçado dos canteiros, enfim de todos esses espaços. O piso da nossa praça era histórico, construído ao estilo “pedra portuguesa”, e que ali havia o desenho do primeiro ciclo de desenvolvimento da cidade que era a uva e o vinho, contido lá naquele piso. O trabalho demorou 4 meses de revitalização desse espaço - em seguida vou mostrar as fotos. Então na última sexta-feira foi entregue essa praça, completamente revitalizada, à cidade. E pela discussão toda que houve, na sua inauguração, nós tivemos 10 mil pessoas na nossa praça para receber esse espaço revalorizado, com uma grande expectativa da cidade e que foi um sucesso total. Principalmente porque a população participou dando sugestões, definindo conosco e com a parte técnica o que se vai fazer. Então o que a gente tem que dizer é que a participação na discussão dos rumos do espaço público e da área urbana da cidade, sem dúvida precisa da participação da população, porque na realidade é ela que usa esse espaço, e portanto, tem todo o direito de participar desse espaço. Eu vou tentar agora mostrar através de uma fotos o que que aconteceu com esse espaço para voces terem noção da transformação que ocorreu.Isso é o que a gente procurava trabalhar e mostrar com a população: essa é uma avenida que vai ser a próxima intervenção na cidade.Isso é as luminárias e o trabalho que a gente mostrava à população, como ficaria o espaço. Aqui também é uma maquete virtual que a gente fez, mostrava à população o que que aconteceria com uma avenida da cidade. Aqui na realidade é uma estrutura festiva que junto com a revitalização vai ficar para que o comércio possa fazer toda uma decoração nas diferentes datas importantes da cidade.Que só servia na realidade como ponto de passagem, as pessoas não paravam mais para desfrutar desse espaço. E também para revitalizar esse espaço, como o problema de segurança era muito grande, especialmente da zona central entorno dessa praça, foram instalados um sistema de câmaras de vídeo, ligados diretamente à polícia municipal, que passa então a monitorar essa áreas públicas, trazendo de volta a população que realmente já não vinha, especialmente mais à noite para esses espaços. Aí são os custos o custo de revitalização dessa praça custou ao redor de 1 milhão e meio. Vamos lá agora rapidinho então para finalizar, pode seguir em frente, pode seguir. Bom então aqui já a praça revitalizada, um espaço que antes não tinha colorido, não tinha vida, passou a ter então elementos que a população, nos últimos dias que eu estava lá, diáriamente passavam alí cinco mil pessoas por dia nessa praça, visitando, olhando, as famílias de volta. Nós abrimos alamedas de valorização dos monumentos, que estão nas laterais, aí no dia já da entrega, no início da tarde da entrega da praça para a população da cidade, com aproximadamente 10 mil pessoas, aqui ainda é no início do evento. Aqui se aproximando da solenidade, a população chegando para esse espaço, que foi completamente revitalizado e que volta a frizar graças à participação da população, teve essa afluência de pessoas, com grande curiosidade pelo novo espaço. Aí as pessoas já usando o novo espaço completamente revitalizado. Então durante um momento, à noite, da praça sendo entregue à população, completamente revitalizada, com um sistema de iluminação completamente novo. Pode continuar.. Aqui no momento da comemoração, com fogos, a população comemorando. Na realidade a entrega ao povo daquela praça.Pode continuar.. Na realidade a praça fica num espacinho perdido no centro da cidade , na parte alta, depois daquele parque que foi completamente revitalizado. Acho que tem mais algumas fotos... Eu vou mostrar rápidamente, em dois minutos mais algumas fotos desse espaço. Bem rápido então, vamos passando, o espaço... Bom então, é isso, é um espaço que voltou então à população, revitalizado, e que teve na participação um resultado ótimo e que fez aquilo que era o nosso grande objetivo que é trazer as famílias com os filhos de novo para esse espaço público da cidade. Obrigado.

REQUIÃO RENATA Secretaria Municipal da Cultura di Pelotas/RSBom dia a todos, eu vou tentar ser bastante objetiva Claudio, respitando os quinze minutos, mas não posso deixar de fazer referência à nossa experiência de ontem com a neve, para nós que viemos do Brasil, saímos de lá com uma temperatura de 38°, foi realmente um impacto inesquecível. E eu quero fazer referência a isso porque, para nós, em Pelotas no sul do Rio Grande do Sul, numa região, a região mais européia do país, esse resgate das diferentes experiências que as diferentes comunidades que constituem a nossa cidade, que estão na origem da nossa cidade, é que é o grande objetivo, é a grande meta, é o princípio que

está por trás de todas as ações, mais especificamente da Secretaria Municipal de Cultura, que é a responsável pelo trabalho com o patrimônio cultural da nossa cidade. De qualquer modo esse resgate, essa valorização da memória, eles são pressupostos para os governos da Frente Popular, mais especificamente para os governos que trabalham dentro do Partido dos Trabalhadores, porque é justamente aí, nesse núcleo memorial, que nós podemos encontrar as diferentes identidades de que nós podemos, valorizando as diferentes identidades, valorizando as diferentes memórias, os diferentes rituais, as diferentes formas de ser, nós podemos encontrar formas que rompam com essa lógica de um capitalismo globalizante e que nos permitam encontrar então diferentes mecanismos de sustentabilidade, trabalhando com inserção social, trabalhando com participação, como fez referência o nosso colega Mauro.Pelotas é uma cidade que hoje tem 194 anos, é uma cidade que foi riquíssima no século XIX, a sua riqueza vem fundamentalmente da exploração do charque, a carne-seca, e é uma cidade que tem marcas culturais muito variadas, a gente brinca que somos uma cosmópoli européia, poque se temos de um lado as marcas arquitetônicas da França e de Portugal, temos de outro lado a malha urbana espanhola, e temos na constituição do nosso povo italianos, portugueses, alemães, espanhois e japoneses, mais recentemente. E o encontro de todo esse grupo étnico com a maior colônia negra do Rio Grande do Sul: isso nos dá então uma característica muito peculiar. Se fomos muito ricos no final do século XIX, na metade do século XIX, viemos empobrecendo ao longo do século XX, não soubemos fazer a virada possível, com as diferentes tecnologias, com os avanços da indústria, empobrecemos tanto, que ao longo dos últimos 20 anos, antes do governo da Frente Popular ter assumido a Prefeitura da cidade de Pelotas, nós tivemos uma decadência brutal- de metade dos anos 70 para cá a nossa cidade empobreceu muito. Nós éramos uma cidade que tínhamos um comércio local muito rico, tínhamos uma indústria de produtos agrícolas muito rica, uma indústria conserveira muito rica, uma indústria na área do couro também muito rica, mas fomos justamente empobrecendo em função dessa decadência, por não termos conseguido avançar, acompanhando o desenvolvimento industrial.O Projeto com o qual nós nos integramos à rede URB-AL, que é o projeto “Casas de Memória”, ele pretende então fazer o resgate de toda essa nossa história, marcada por essas diferentes culturas, marcada por esse empobrecimento depois de um período de apogeu e marcada por uma diferença de poderio muito grande. No século XIX os poderosos eram os charqueadores e esses contaram a sua história, esses impregnaram a cidade com as suas marcas. Mas toda essa comunidade, à qual eu me referi, que constituiu a cidade, não teve a sua história contada, não teve a sua história mantida. As Casas de Memória, elas são pequenos equipamentos, elas têm por característica uma dimensão menor do que a dimensão monumental, elas são de certo modo museus, mas também são equipamentos vivos, elas são museus vivos. Então elas são um pequeno museu de bairro, mas elas são também um pequeno espaço onde acontecem oficinas das mais diversas habilidades, das mais diversas artesanias, elas devem estar sempre agregadas a lugares nos bairros que sejam identificados pela comunidade (escolas, igrejas, associações, parques), e elas se mantêm, elas se constituem do encontro estimulado pela Prefeitura com a comunidade. Nesse sentido é que se dá essa participação ativa. Nós temos a tarefa de localizar na comunidade, mas através de informantes da própria comunidade, as pessoas que por motivos variados tenham sido capazes de manter essa história, de nos contar os “causos” dos lugares e depois, num momento posterior, na metodologia - essas pessoas funcionam como integradores dessa comunidade com a Prefeitura. O objetivo- a nossa cidade é uma cidade de 300 mil habitantes – e o objetivo do projeto Casas de Memória é implantarmos na cidade 14 casas. Nós temos 9 Casas de Memória na malha urbana própriamente dita e mais 5 Casas de Memória no que nós chamamos de zona rural. A zona rural é esse entorno urbano, colônia eu acho que chamamos aqui, a campanha, a nossa campanha ela também se mantém marcada pelas diferentes colonizações, então nós temos uma campanha francesa, uma campanha italiana, uma campanha híbrida, com diferentes constituições étnicas e também com diferentes origens das classes trabalhadoras. Esse projeto, ele tem já uma casa implementada, a Casa de Memória do Bairro Arial, que se localiza dentro do Museu Parque da Baronesa, projeto esse que a equipe do URB-Al conheceu quando esteve em Pelotas conosco, no início do ano passado. E a nossa previsão era de implantação até o final do ano de 2003 de mais 3 casas. Infelizmente nós temos tido que dar contas de uma série de outras demandas muito mais emergentes na nossa Prefeitura, justamente em função desses 20 últimos anos de uma gestão completamente decadente, então não conseguimos ainda implementar as outras 3, embora continuemos com esse mesmo planejamento, a mesma localização, e a metodologia é sempre essa. Um outro dado que é muito importante, que eu não quero de deixar de fazer referência aqui, e que eu sei que agrada muito ao Marcelo, pela sua formação, é que esse contato com a comunidade ele sempre é feito através de uma equipe de estudantes da Universidade Federal de Pelotas, orientados por 2 professores e cuja orientação é a da escuta antropológica, e o que nós temos percebido é que essa escuta, é a que permite justamente essa aproximação real.

Nós tentamemos no início, na metade de 2001, quando nós começamos a experimentar a metodologia, nós tentamos um outro tipo de contato e as abordagens sempre foram desastrosas, porque, justamente a grande riqueza dessa trabalho via a antropologia é a própria experiência, - não é Marcelo?- a qual o sujeito ouvinte, ele deixa de ser simplesmente um ouvinte, ele passa a ser uma pessoa que se aproxima de outra pessoa. Isso gera uma riqueza de escuta, uma riqueza de pesquisa infinitamente superior a uma pesquisa mais formal, com algum formulário que nos permitisse detectar simplesmente quais eram os agentes culturais daquela comunidade, quais seriam os agentes culturais daquela comunidade, quais são as pessoas que sabem fazer isso ou aquilo. Com essa escuta, que é uma escuta que requer um tempo muito mais longo, um tempo paciente, que é o tempo da conversa, que é o tempo do envolvimento, nós conseguimos ter um manancial de informações enorme e se criou efetivamente uma lógica de redes de informações, de uma rede de riqueza muito grande para abastecer então as Casas de Memória. Eu não quero me alongar muito, tenho uns cinco minutos Claudio? Não. Estás contando o tempo? Ele esqueceu do relógio! Enquanto ele olha o tempo, queria pedir desculpas também por nós não termos trazido o material visual que colabora muito com a compreensão dos projetos, porque tanto eu quanto a Vereadora Miriam Marroni que está aqui conosco hoje, e que vai falar conosco às cinco horas, nós estávamos de férias e tivemos que suspender as férias para vir para o encontro. Pedindo desculpas por essa falha que realmente prejudica bastante... dois minutos!Eu só não quero deixar de fazer referência então ao seguinte: essa mesma lógica que pressupõe essa busca paciente de todas as informações que constituam a história não oficial da nossa cidade, ela pressupõe também outros trabalhos, não só na Secretaria de Cultura, como a Vereadora Miriam vai fazer referência logo mais à noite, mas ela pressupõe especificamente um trabalho com todo o inventário arquitetônico e cultural que está presente na nossa cidade. Nessa grande malha ortogonal, que constitu o centro da nossa cidade, o centro expandido da nossa cidade, nós temos entorno de 2200 imóveis inventariados, 2200 imóveis de arquitetura neo-clássica eclética e portuguesa. Imóveis monumentais, mas imóveis também muito pequenos, de 100 m2 , que marcam a nossa arquitetura, a nossa urbanidade. E esses imóveis eles têm por característica serem das mesmas famílias que os construíram- então voces imaginem a riqueza pulverizada na cidade que nós temos devido à essa circunstância, e em função disso nós estamos conseguindo fazer uma discussão muito adequada, contaminando o plano diretor da cidade, a planificação da cidade, com esse conceito da preservação. Mas a preservação entendida como estímulo para um futuro, não a preservação no sentido da conservação, da imobilização, da museologização da cidade, mas a preservação no sentido do resgate daquilo que tem valor para um lugar, que identifica aquele lugar como único, mas que permite o seu desenvolvimento, a sua inserção no mercado. Nesse sentido, para nós patrimônio precisa ser compreendido dentro da lógica da redistribuição de renda, da redistribuição desse patrimônio, e esse olhar antropológico que nos permite olhar, escuta antropológica que nos permite escutar o outro, aquele que nunca teve a sua história contada, permite que nós sejamos capazes, num futuro que nós esperamos próximo, sejamos capazes de propor alguma ação mais complexa no sentido de desenvolvermos uma economia sustentável à partir desses princípios.Tenho que encerrar por aqui. Agradeço a escuta de voces.

RAYMOND LORENZO Urbanista esperto in strategie partecipativeCredo che a questo punto è il momento di fare il break per il caffè, dopo i primi due interventi. Se siete d'accordo facciamo così, penso che a mezzogiorno riprendiamo--------------------------------------------------------------pausaCLAUDIO MAMMOLIRiprendiamo la presentazione delle esperienze concludendo il gruppo del “processo partecipativo nella rivitalizzazione dei centri storici”Ora sarà la volta della Mairie di Grenoble e Catherine Venturini ce lo esporrà; subito dopo prenderà la parola Luciano Pantaloni per la cooperativa di Abitanti Andria, di Correggio.

CATHERINE VENTURINI – Responsable Service Rehabilitation et Patrimoine Urbaine - Mairie de Grenoble)Je vais vous présenter une experience qui est actuellement en cours, qui n’est pas achevée et qui sera achevée début 2005. Grenoble est une ville au milieu des montagnes, comme vous le voyez sur la diapositive, dans une agglomération de 375.000 habitants Grenoble est la ville centre avec 150.000 habitants. C’est une ville qui a un territoire très petit, très serré, et qui au cours de l’histoire a grandi dans des murailles, des enceintes successives qui ont toujours contenu son developpement. Aujourd’hui le développement est contenu plutôt par le site géographique, c’est à dire par les montagnes. Le patrimoine historique dans l’agglomération grenobloise est concentré dans la ville de Grenoble et c’est un patrimoine qui est un peu difficile à sentir, à percevoir parce que il a eté beaucoup transformé, reconstruit sur

lui même depuis la période gallo-romaine. L’objectif du projet est de créer dans Grenoble une zone de protection du patrimoine architectural urbain et paysager qui s’appelle, d’un nom très vilain on dit ZPPAUP, c’est un nom difficilement prononçable. Dans un contexte pour la municipalité de Grenoble il y a un enjeu très fort de conserver des habitants et des familles dans la ville de Grenoble qui, comme beaucoup de villes centres avec une université importante, a vu les familles partir et le patrimoine bâti de la ville, les logements de la ville être occupés de plus en plus par des personnes seules et avec des incidences sur l’utilisation des équipements de la ville et la nécessité de redonner du sens pour les familles de l’agglomération à habiter en ville. J’ajoute qu’il y a de gros problèmes de circulation et d’embouteillages dans Grenoble et autour, parce que les gens habitent de plus en plus loin et qu’il y a vraiment un enjeu a redonner de la qualité de vie au centre ville. Ce projet de zone de protection s’inscrit dans ce contexte là et le travail avec les habitants consiste à ce qu’ils prennent conscience des enjeux du patrimoine de la ville, à ce que leur perception de ce patrimoine évolue et avec l’objectif d’amener les habitants et en particulier les propriétaires divers à investir un peu plus dans ce patrimoine et à en modifier au fil du temps l’image. Voilà sur cette photo le centre ancien de Grenoble qui est concerné par la future zone de protection et donc par la démarche de participation. On voit la colline de la Bastille avec ses fortifications et on voit la ville ancienne aux pieds de la colline et la rivière, l’Isère, qui sépare les deux. Alors, voilà donc nos résumés, nos objectifs de travail: sensibiliser les habitants, les entreprises qui travaillent sur le patrimoine pour qu’elles améliorent la qualité de leur travail, en particulier pour les aménagements de magasins, d’enseignes et puis également sur l’espace publique; faire accepter la règle, pusique la zone de protection va consister à établir une règle où on ne pourra plus faire ce qu’on veut dans le centre historique de Grenoble et puis inciter donc les propriétaires à valoriser leur patrimoine. Alors, différents publiques sont concernés par ce travail de participation des habitants, évidemment les habitants du centre ville, mais le centre ville de Grenoble est frequenté par toute l’agglomération, les enfants beaucoup, parce que les enfants, les jeunes en particulier utlisent la ville, ils utilisent les cinemas, les magasins, l’espace publique et que nous pensons qu’il est important qu’ils perçoivent qu’ils habitent dans une ville qui a une histoire, un passé, qu’ils en prennent conscience et puis nous avons vu donc toutes les entreprises qui travaillent sur le patrimoine. Alors c’est la ville de Grenoble qui a l’initiative de créer la Zone de Protection et c’est un dispositif qui est monté en partenariat avec l’Etat, les services de l’Etat. Ce projet est piloté par l’adjoint à l’urbanisme Pierre Kermen que vous avez pu voir aux précendentes rencontres, il est suivi par le Service Réhabilitation et Patrimoine Urbain par Sylviane Bailss que vous connaissez et moi même, nous avons un expert extérieur à la Mairie qui est un professionnel qui nous aide à animer les groupes des travail avec les associations, pour travailler avec un peu de méthodologie et nous travaillons beaucoup aussi avec les services du Département de l’Isère, le Département chez nous c’est l’équivalent de la Province en Italie et les services d’archéologie décentralisés sont dans les Départements et nous avons des actions pédagogiques auprès des enfants en partenariat avec eux. Les enfants qui participent au projet vont pour leurs loisirs les mercredis et les vacances dans un endroit qui s’appelle «  La Maison pour Tous » du quartier Saint Laurent et l’encadrement de cette Maison pour Tous participe au projet et puis également un étudiant, de l’Institut de Géographie Alpine, qui a fait un mémoire d’étude sur la perception par les jeunes du patrimoine de Grenoble. Alors il ya des groupes de travail qui se déroulent avec des habitants, qui sont surtout en fait des représentants d’ associations et puis des habitants qui peuvent participer à titre individuel mais c’est surtout porté par des représentants d’associations, soit des associations de terrain sur les quartiers, soit des associations qui s’interessent au patrimoine. Ce groupe de travail a travaillé sur le diagnostique du patrimoine de Grenoble, vous pouvez voir le résultat de leur travail dans les fac-similés des panneaux d’exposition qui sont dans le hall et nous entamons une deuxième phase maintenant sur les propositions pour qu’il soit associé à l’élaboration de la Régle. Donc le diagnostique a fait l’objet d’une première exposition, où les habitants, les associations, les enfants et puis également les professionnels du Département et de la ville ont confronté leur pérception du Patrimoine grenoblois et à la fin du dossier, quand nous disposeront d’une Règle, nous ferons un travail pédagogique pour donc expliquer cette Règle et nous produirons les outils pédagogiques à ce moment là. Les enfants ont fabriqué dans leur atelier avec leurs animateurs et avec les archéologues des objets en utilisant les téchniques anciennes : ils ont fait des copies des chapiteaux romans et puis ils ont appris la téchnique du vitrail et nous allons travailler maintenant avec eux en ouvrant un petit peu leur champ d’intérêt sur le trajet entre leur domicile et leur école, avec un travail sur le patrimoine qu’ils voient au quotidien sur leur itinéraire. Voilà quelques photos pour illustrer le travail de diagnostique qu’ont fait les habitants. Il y a eu trois ateliers : un atelier qui a travaillé sur le patrimoine bâti, un atelier qui a travaillé sur les espaces publiques, les espaces verts, les parcs etc., et un atelier qui a travaillé sur les commerces, les enseignes, en fait les rez-de-chaussée d’immeubles. C’est un problème très difficile pour nous à Grenoble d’avancer vers plus de qualité sur les espaces commerciaux. Nous sommes au milieu de ce processus, là où vous voyez le curseur rouge sur le planning, et je ne vais pas rentrer dans les détails, c’est un planning technique un peu compliqué, mais c’est un processus qui dure deux ans avec de différentes étapes parce que la Zone de Protection doit être approuvée par l’Administration d’Etat.

Alors, les résultats provisoires, on est donc au milieu de la démarche, pour nous ce sont des résultats très insuffisants et nous essayons maintenant d’ouvrir les ateliers de travail avec les habitants et par l’intermédiaire de l’exposition nous avons pu avoir un contacte avec beaucoup plus d’habitants et nous espérons avoir des ateliers plus ouverts et avec plus de monde pour la phase de proposition. Les enfants des écoles du quartier Saint Laurent eux, c’est au fil des activités de leur Maison pour Tous, donc les enfants se renouvellent au fil des années. Quant à l’exposition dont vous avez les fac-similés affichés, elle est en cours en ce moment donc jusqu’à la fin du mois de février nous ne savons pas encore quel publique, sur quel publique sera ouverte la démarche. Alors pour nous l’enjeu important maintenant c’est d’arriver à trouver des moyens de communication pour associer plus de monde à ce travail, c’est très difficile parce que à Grenoble le patrimoine n’est pas quelque chose de très porteur, dans la mesure que c’est une ville qui a bâti son image sur la modernité, sur les nouvelles téchnologies et sur l’industrie de pointe et que ce n’est pas un sujet prioritaire à priori le patrimoine de la ville, et nous devons faire évoluer ceci et nous pensons que ça va être encore un petit peu difficile. Voilà.

LUCIANO PANTALEONI cooperativa di abitanti andria – Correggio (Reggio Emilia)Buongiorno a tutti.Sono Luciano Pantaleoni direttore di Andria Cooperativa di Abitanti.La partecipazione è il nostro mestiere, Andria ha 4500 soci.Quotidianamente un gruppo molto ampio di persone ci contatta, ci visita, ci parla e ci racconta i suoi bisogni, e su queste indicazioni noi abbiamo costruito tutta la nostra attività.Lavoriamo in Emilia Romagna vicino a Bologna, in comuni di piccole dimensioni, in una piccola realtà. Di fronte a questa platea ci si sente un po’ piccoli. Ma Tolstoj diceva: ”parla del tutto villaggio sarai universale” quindi io vi racconto una storia piccola, che spero serva a tutti, come riflessione e come esperienza. La cooperativa è nata nel 1975 come Cooperativa Edificatrice Comprensoriale, la missione di questa cooperativa era: costruire case a basso prezzo per i propri soci.

Sono intervenute grandi trasformazioni nella realtà italiana, e la cooperativa le ha accompagnate attraverso una evoluzione culturale ed organizzativa. Siamo passati da cooperativa di abitazione a cooperativa di abitanti. E’ cambiata la nostra missione ora dobbiamo essere capaci di raccogliere i bisogni, i desideri, le necessità a volte diciamo anche un po’ i sogni dei nostri soci e trasformarli in realtà.Al centro della nostra attenzione non vi sono più le case, ma gli abitanti. Da loro partiamo per costruire tutti i nostri progetti.

Abbiamo lavorato per cinque anni con 700 bambini, 50 maestre e numerosi tecnici per chiedere ai bambini come volevano la loro casa, ne è uscito: “il manifesto delle esigenze abitative dei bambini”. Ma non ci volevamo fermare alla ricerca e quindi abbiamo accettato la sfida di costruire questo quartiere che si chiamerà “coriandoline”. Con questo progetto abbiamo vinto nel 2001 il premio Peggy Guggenheim.

Un altro progetto interessante è quello delle case per Gio.Co, abitazioni evolutive per giovani coppie. Dove Gio.Co. sta per divertimento ma anche per giovani coppie.Sono case che costano poco all'inizio, (dei piccoli fienili, dei loft) che poi si trasformano nel tempo e crescono con il crescere delle esigenze e delle disponibilità economiche della famiglia. Ne abbiamo già costruite circa 250 e hanno ottenuto grande apprezzamento. Questo progetto ha ottenuto la MENZIONE D'ONORE del WORD HABITAT AWARD 2002

Un altro progetto innovativo è Cas’o Mai (case o mai) appartamenti in affitto per lavoratori extra comunitari e famiglie in difficoltà. Abbiamo realizzato una settantina di abitazioni attraverso processi di collaborazione e di integrazione estremamente interessanti.

Ma il tema di riferimento di questo incontro è la “Partecipazione nei processi di trasformazione urbana” e quindi vi presenterò il progetto: Le Corti.Si tratta del recupero urbanistico di un’area industriale occupata dalla Ditta Cemental, fabbrica costruita nel dopoguerra, che produceva tubi e coperture in cemento amianto e occupava un’area di circa 30.000mq. a diretto contatto con il centro storico.Nei primi anni 80 l'amministrazione comunale ha preso coscienza del grave problema di salute pubblica dovuto all’amianto.Vi erano stati diversi casi di morte dovuti probabilmente a questo tipo di inquinamento per cui l'amministrazione comunale ha obbligato alla cessazione dell'attività. Vi sono stati forti tensioni sociali perché i 40 dipendenti chiedevano che fosse garantito il loro posto di lavoro, e i titolari non volevano cessare l’attività.

Inoltre la legge italiana ancora non prevedeva la chiusura di queste fabbriche e l'azienda aveva incaricato l'università di Milano di fare una ricerca nella quale aveva dimostrato che c'era più inquinamento da amianto in una strada di Correggio dovuta ai freni delle automobili che non intorno alla fabbrica. Questi dissidi hanno creato una tensione tale che la fabbrica era stata soprannominata dalla nostra comunità: Chernobyl. Nel tempo tutti i dipendenti dell’azienda hanno trovato altre occupazioni, e anche l'amministrazione comunale e la proprietà hanno trovato un accordo. E’ stato concesso all’azienda di poter ricostruire le volumetrie esistenti, quindi una volumetria abbastanza consistente, in cambio di un elevato indice di verde pubblico. Questo accordo ha permesso di realizzare la bonifica dell'area, e di dare avvio alla progettazione.Dalla cittadinanza, l’intervento di recupero urbanistico era vissuto come una opportunità per una forte valorizzazione della zona, come una grande occasione della città da non sprecare con interventi speculativi di bassa qualità urbanistica e architettonica. L’Amministrazione Comunale considerava il recupero urbano di quest’area uno degli obbiettivi prioritari del Piano Regolatore Generale. L’area veniva considerata strategica per la riqualificazione del quartiere.Si richiedeva un progetto di qualità che sapesse raccogliere tutti gli stimoli e sapesse rispondere alle grandi aspettative della città. Il progetto doveva ricomporre, in una prospettiva di qualità futura condivisa, le lacerazioni dovute alla cessazione dell’attività. All’inizio abbiamo creato un gruppo di lavoro multidisciplinare. Ormai pensiamo che il progetto debba avere le qualità di un progetto globale: nessuno può pensare di progettare un quartiere, una piazza…all’interno del tessuto urbano, come atto creativo personale, senza fare riferimento al contesto urbano, sociale, economico in cui si inserisce, senza preoccuparsi di come presentare questo progetto pubblicamente e di come condividere le scelte con la città.Quindi, abbiamo dovuto capire cosa doveva essere il progetto, quali dovevano essere i contenuti, quali le metodologie operative. Il progetto è un idea formalizzata attraverso la quale si intende trasformare la realtà per dare vita ad un luogo.

Ho usato questo termine luogo non a caso.“… Quale che sia il significato assunto da “spazio” e “tempo”, luogo e avvenimento significano di più ….Spazio non offre un luogo e tempo non offre l’istante. Rendi accogliente ogni porta e dai un viso a ogni finestra. Fai di ogni punto un luogo….” (A. Van Eyck)

Un luogo quindi è uno spazio dotato di significato“Campi, alberi e giardino erano per me spazio solamente, finche tu, amore mio, non li hai mutati in luogo”. (Goethe)

La mutazione da spazio a luogo è una magia.Ci dobbiamo quindi occupare della “Magia” che trasforma uno spazio in luogo.Gli ingredienti necessari per questa MISTURA magica sono:

1. IDENTITA’

Lo spazio deve avere IDENTITÀdeve essere uno spazio dotato di significati.

Nel passato sugli spazi intervenivano nei luoghi rituali e nelle città:I progettisti che avevano ben chiare queste necessità.Gli abitanti dotavano di significati gli spazi attraverso l’uso.

Oggigiorno vi è una specializzazione delle competenze, a definire gli spazi intervengono solamente i progettisti. Il compito di dare identità è demandato a loro.L’ identità nasce da un progetto.Calvino in un bellissimo libro: LEZIONI AMERICANE (sei proposte per il prossimo millennio) ci lascia al riguardo un testamento estremamente interessante:“Cercherò prima di tutto di definire il mio tema. Esattezza vuol dire per me soprattutto tre cose:1) un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato;2) l’evocazione d’immagini visuali nitide, incisive, memorabili,; in italiano abbiamo un aggettivo che non

esiste in inglese, “icastico”, dal greco EIKAOTIKOS;3) un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e

dell’immaginazione.

Questi obbiettivi si possono ottenere attraverso un progetto che non è più solamente un progetto tecnico ma è un progetto globale che coinvolge molti saperi.Non mi dilungo su questo aspetto, ma voglio ricordare che si tratta di un sapere:

- storico- urbanistico - ambientale- morfologico - architettonico- tecnico - metodologico- culturale - comunicativo- di marketing socialeCome vedete serve molto know-how che di solito un progettista solo non possiede e quindi serve un gruppo di lavoro di varia competenza. Il progetto lo possiamo definire globale e globale deve essere l’approccio. La prima caratteristica come abbiamo visto è l’IDENTITÀ, la capacità di essere memorabile.

2. Il secondo ingrediente è la RICOSCIBILITA’.

Potremo fare lunghissimi discorsi sui linguaggi e sul tipo di linguaggio corretto da adottare, mi limiterò a dire che il linguaggio deve essere ricco e comprensibile.Calvino un attimo fa ci diceva che il linguaggio deve essere il più preciso possibile come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione.Deve essere capace di connotare l’uso, di differenziare uno spazio da un altro e di definire l’unicità di un luogo.

Nell’urbanistica e nell’architettura attuale tutto è appiattito, tutto è uguale e insignificante: la piazza, la strada, la fabbrica, la palestra, la chiesa …. Il progetto poi deve essere capace di farsi leggere.I progetti sono difficili da comprendere perché parlano un linguaggio tecnico per addetti ai lavori.In questi anni il problema si è ulteriormente aggravato perché i progetti devono comunicare “la qualità” che non si riesce ad esprimere con i sistemi convenzionali.

3. Terzo ingrediente importante è la CONDIVISIONE.

L’idea, il progetto deve essere condiviso. Ci sono progetti veramente interessanti da un punto di vista estetico e della ricerca che poi naufragano su questo ingredienti importantissimo: la condivisione della gente.Troppo spesso gli architetti vogliono fare “Manifesti” in cui celebrano le loro idee dimenticando che il loro mestiere è definire luoghi di vita. Gli esempi si sprecano. Il progetto deve riuscire a raccogliere, soddisfare, interpretare i bisogni, i desideri, le necessità e anche un po’ i sogni delle persone, della comunità al quale è rivolto.E’ chiaro che il progetto non deve essere banale, non deve raccontare solamente cose note, deve contenere ricerca e deve rappresentare un passo in avanti. Ma un passo in questa direzione: un passo verso le persone alle quali è rivolto.

Qui si apre il capitolo importantissimo della PARTECIPAZIONE degli abitanti.

La mia formazione e la mia esperienza mi portano a considerare questo aspetto strategico. Fuori dalla condivisione non esiste luogo, non esiste città.

Da un punto di vista operativo siamo partiti da una ricerca approfondita, su quali erano le famiglie interessate ad andare ad abitare in questo quartiere:

Famiglie in riconversione Vi erano molte famiglie di anziani che avevano realizzato da diversi anni fa una casa o un appartamento grande, spesso in periferia, dove avevano cresciuto la loro famiglia.Sposati i figli, rimasti soli, si ritrovavano con una abitazione grande, scomoda, tecnologicamente obsoleta e con poche risorse economiche. Per questo desideravano cedere la loro casa acquistando un alloggio in condominio per avere altre persone vicino e per monetizzare la riduzione dell’abitazione ricavando risorse economiche che li tranquillizzassero per il futuro.

Famiglie qualificanti Molte famiglie possedevano già un’abitazione e desideravano migliorare le loro condizioni abitative in termini di contesto urbanistico, qualità architettonica, dimensione.Era una domanda di seconda generazione che si concretizzava solamente:- in condizioni di serenità economica e sociale;- in condizioni di convenienza quando cioè vi era un buon rapporto tra

il sacrificio richiesto e un effettivo aumento di qualità dei progetti.Giovani coppie o singoli Vi erano giovani che preferivano abitare in edifici condominiali vicino al

centro storico.Questo tipo di utenza esaltava gli aspetti dell’originalità: giardini privati, attici, doppi volumi, loggiati ……Normalmente richiedevano finanziamenti agevolati.

Investitori Il calo di redditività degli investimenti finanziari tradizionali e la necessità di diversificare gli investimenti avevano liberato molte risorse che si orientavano al mercato immobiliare. La richiesta di questi soggetti si indirizza prevalentemente su piccoli appartamenti in ambiti di qualità.

Terminata questa analisi abbiamo sviluppato uno studio del luogo e quindi siamo andati a studiare le potenzialità, le valenze e tutti i riferimenti che potevamo avere per costruire questo nuovo quartiere, attraverso: un’analisi storica, una analisi morfologica, una analisi urbanistica, uno studio di casi europei simili che si potevano confrontare con questo nostro problema. Attraverso l'analisi storica, abbiamo colto quali erano gli elementi di pregio della nostra area, abbiamo trovato alcuni riferimenti che ci sembravano significativi e che dovevano essere comunque elementi informatori del progetto.Attraverso l'analisi morfologica e abbiamo studiato la struttura della nostra città, abbiamo scomposto tutte le componenti di questo linguaggio morfologico, abbiamo interpretato i segni sul territorio, per cogliere gli elementi di qualità che potevano diventare riferimenti del progetto Abbiamo poi sviluppato un'attenta analisi urbanistica per individuare le valenze e i problemi dell’area. Abbiamo studiato come doveva essere distribuito il traffico, dove prevedere la realizzazione delle strutture commerciali, dove invece quelle residenziali.

Alla fine con tutte queste informazioni è stato elaborato un progetto di massima ed è stato realizzato un plastico di studio in cartone per capire i rapporti volumetrici, per valutare la qualità degli scenari urbani che stavamo costruendo.Con questi elaborati ci siamo andati a confrontare con tutta la cittadinanza, con i vicini, con tutti gli abitanti interessati.Il progetto poi informato di tutti questi elementi è diventato progetto definitivo.

Completati gli aspetti urbanistici e architettonici rimaneva il problema di come accontare il progetto alla città e soprattutto come riuscire a cancellare questa evocazione di Chernobyl.Abbiamo incaricato lo scrittore Giuseppe Pedariali, che partendo dai nostri racconti popolari e dalle nostre favole ha scritto una leggenda del quartiere, ha inventato una storia “veramente falsa”.E’ stato un gioco, chiaramente, che però ha creato un vissuto completamente nuovo e anche le famiglie hanno percepito questo quartiere non più come Chernobyl ma come: Le Corti.Il primo risultato lo abbiamo ottenuto ed era un risultato importante.A mano a mano che il quartiere si realizzava abbiamo organizzato inaugurazioni con tanto di sindaco e di sacerdote , con tanto di clown che venivano a far divertire le famiglie, con tanto di narratori che venivano a raccontare le loro storie, che erano le storie “veramente false” del quartiere.Abbiamo anche sviluppato una attività di accompagnamento, sviluppando iniziative specifiche, adeguando in continuazione il progetto e variando le tipologie.Durante lo sviluppo del quartiere si è creata la necessità di realizzare una struttura educativa innovativa, per cui al posto delle vecchie sale condominiali abbiamo costruito un centro per l'infanzia di proprietà della cooperativa.

Voglio concludere questa mia relazione parlandovi di Osvaldo, è il personaggio inventato da Stefano Benni e illustrato da Piero Cuniberti nel libro Stranalandia.Stefano Benni racconta che esiste una strana città, uno strano luogo, uno strano paese dove vive Osvaldo.

Osvaldo è la misura delle cose, per cui le case sono alte tre Osvaldi, gli alberi sono alti otto Osvaldi e i pozzi sono profondi cinque Osvaldi; questo per dire cosa? Per dire che l'uomo deve tornare ad essere misura delle cose.Gli uomini di oggi sono degli uomini strani, quando li andiamo ad ascoltare non ci dicono le cose che noi ci aspettiamo che dicano, ma noi dobbiamo essere capaci di ascoltarli.Osvaldo usa un’antenna come lancia, Osvaldo ha una etnia strana, strane idee … Ma per governare delle trasformazioni complesse nei centri storici, nelle zone di riqualificazione urbana l'unica strada è quella della partecipazione: dobbiamo ascoltare Osvaldo.

CLAUDIO MAMMOLIGrazie a Luciano Pantaleoni, per la sua affascinante presentazione.Va da sé che i tempi che Luciano Pantaloni si è conquistato con l’interesse che ha saputo suscitare attorno al suo “racconto” costituiscono una irripetibile eccezione sui nostri tempi di marcia. Proporrei un cambiamento sulla successione degli interventi perché ci sono dei presenti che devono fare la relazione e poi partire; quindi capovolgerei questa parte del programma anticipando la presentazione de “I processi sul patrimonio diffuso” rispetto a quelli su “la valorizzazione del patrimonio e l'identità locale”. Se siete d’accordo, quindi, inviterei a parlare la Provincia di Napoli con il dottor Savarese, il comune di Todi con L’Arch. Franco Marini e l’arch. Jean Claude Roffet che abbiamo invitato per parlarci di una esperienza collegata ai Contrats du Pays francesi.Si può cominciare con Aniello Savarese

ANIELLO SAVARESE Dirigente Regione Campania – Rappresentante della Provincia di NapoliBuongiorno a tutti. Tenterò di recuperare velocemente lo sfalsamento temporale determinato dall’intervento di Luciano Pantaleoni, devo dire benvenuto, dal momento che ci ha presentato un esempio concreto, così importante e così significativo da meritare un po' di tempo in più. In quanto rappresentante della Provincia di Napoli,(delegato dal dott. Pomella di cui vi porto i saluti più cordiali e l’augurio di buon lavoro), partner del progetto URB-AL, dirò pochissime cose su un percorso, su un processo , iniziato nel lontano 96 , quando lo strumento della programmazione negoziata era stato appena attivato, anche nella nostra area, con il Patto territoriale della Penisola Sorrentina, con il Comune di Meta capofila rappresentato dal suo, ancora in carica, sindaco dott. Carlo Sassi, che conoscerete più tardi nell'incontro tra amministratori pubblici.Un processo che abbiamo fin da allora condiviso e che ci ha fatto considerare l’invito al partenariato URB-AL un naturale approdo di un lavoro lungo, faticoso che ha richiesto tante energie ma che ha prodotto , nonostante le lungaggini burocratiche, la costruzione di una strategia di sviluppo del territorio , alla cui formulazione, per la prima volta nella storia dei nostri luoghi, hanno partecipato i portatori degli interessi imprenditoriali, ambientali e sociali, le istituzioni e gli enti pubblici, gli operatori turistici e le imprese stesse.La programmazione negoziata, certamente nota agli italiani presenti, è stata ed è una pratica amministrativa e diciamo di sviluppo di territorio basata su una filosofia completamente nuova per quell'epoca : la concertazione.Un primo embrione di partecipazione, anche se ancora rivolto solo agli stakeholder (portatori di interessi e bisogni), ai rappresentanti di categoria datoriale e sindacale,alle sovrintendenze, all’associazionismo, a tutti quelli che assieme alle amministrazioni locali, avessero competenze e volontà per essere coinvolti nella pianificazione dello sviluppo dei territori interessati, si è verificato in Penisola Sorrentina con il Patto territoriale, che si è agganciato più tardi alla costiera amalfitana nell’ambito di un Progetto Integrato Territoriale (PIT - di cui il sottoscritto è oggi il responsabile nominato dalla Regione Campania) co-finanziato da Fondi Strutturali europei attraverso il Programma Operativo Regionale 2000-2006.Si tratta di un territorio omogeneo a vocazione turistica matura, con un sistema produttivo di eccellenza , che sta suggerendo alla Regione, di essere riconosciuto come Sistema Turistico Locale (STL) ai sensi della LN.135/01. L’elaborazione progettuale del POR Campania ha considerato ed inglobato tutte le istanze e le progettualità, prodotte nell'ambito dei patti territoriali e quindi della programmazione negoziata; la sua stesura ha visto la partecipazione dei rappresentanti di categoria, (gli Stakeholder), attraverso una attività di ascolto e di rilevazioni dei fabbisogni che tutti sono stati in grado di produrre.Quel piano (POR) ha previsto, per la realizzazione delle azioni e degli interventi progettuali, quali strumenti attuativi, i Piani Integrati o Progetti Integrati (PIT). Che cosa sono e cosa rappresentano questi Strumenti (PIT) all’interno del Piano Operativo (POR) 2000-2006 che è stato il primo serio programma di sviluppo elaborato e condiviso dalla maggior parte delle rappresentanze socio-economiche regionali? Sono Piani di sviluppo socio-economico Territoriali che prevedono un’insieme di azioni intersettoriali (Infrastrutturali, Formative, di Aiuti alle Imprese e di Servizi), incentrate su un’Idea Forza” scelta e condivisa da un’insieme di Soggetti Pubblici e Privati (Enti, Sindacati, Associazione di categoria, Università, Centri di

Ricerca, Associazioni territoriali ecc.). Di fatto i PIT possono diventare Strumenti di governo di Area Vasta che facciano della Partecipazione la propria Filosofia di programmazione e pianificazione dello Sviluppo; e per me, che all’epoca della Programmazione Negoziata (Patti Territoriali) ero un operatore privato di Sviluppo Locale, trovarmi oggi ad essere Responsabile Regionale di Progetti Integrati (PIT), è il personale approdo di un percorso, immaginato inizialmente nella mia elaborazione concettuale e concretizzatosi via via, fino all’aggancio con URB-AL.I risultati fino ad oggi raggiunti, attraverso tutto l’iter progettuale amministrativo e procedurale percorso, mi sembrano del tutto normali anche se, quando abbiamo iniziato, le condizioni erano ben diverse dalle attuali e le difficoltà decisamente maggiori. Basti pensare che l’avvio della fase di Concertazione prevista dalla Programmazione Negoziata (Patti Territoriali) è partita subito dopo il periodo di “Tangentopoli” quando parlare di coesione sociale ed istituzionale sembrava un’utopia. Alla fine però ci siamo riusciti; il contributo fornito da Istituzioni, Forze Sociali, Organizzazioni Datoriali, Istituti Culturali e Scientifici, ha consentito che la Partecipazione diventasse un Valore. Si sono in effetti create le condizioni affinché questo nuovo processo partecipativo venisse normato e reso operativo anche attraverso l’individuazione di nuovi strumenti amministrativi come Accordi di Programma, Conferenze di Servizi, Protocolli di collaborazione ecc.,il tutto riportato nell’ultima modifica costituzionale “Titolo V” che ha sancito i concetti di Decentramento e Sussidiarietà. Tutto questo ci ha consentito di portare un contributo anche al progetto URB-AL, sia nel rappresentare le potenzialità ed i processi avviati nei nostri territori di sperimentazione, sia partecipando alla definizione della griglia di valutazione che Marcello Archetti precedentemente, in modo sintetico, ha illustrato. Riteniamo adesso necessario completare il percorso avviato dando un’ulteriore input ai processi partecipativi, consentire cioè ai cittadini, anche singolarmente, di partecipare ai programmi di pianificazione ed elaborazione dello sviluppo. Con URB-AL, con il quale abbiamo avviato la sperimentazione, dobbiamo rafforzare la collaborazione, implementare gli scambi e trasferire le migliori esperienze realizzate, partendo da quella qui rappresentata da Luciano Pantaloni, a cui va tutto il merito, ma che forse non ha tenuto in debita considerazione nella creazione del gruppo interdisciplinare la presenza di esperti socio-economici. Perché dico questo? Perché per noi un territorio è tanto più condiviso se il suo capitale sociale è considerato e valorizzato nella sua interezza, intendendo per capitale sociale quello ambientale,storico, culturale, paesaggistico,umano, ma anche socio economico. Questo insieme di valori “Capitale Sociale” deve essere il valore aggiunto per la Partecipazione al fine di creare Sviluppo Locale condiviso. Questa è la sperimentazione che vogliamo concretizzare nel territorio della penisola sorrentina e della costiera amalfitana utilizzando lo Strumento PIT ovvero governo di area vasta sotto forma di un Sistema Turistico Locale, perché, essendo questo un territorio a forte vocazione turistica, esso non può non diventare Sistema Turistico Locale. E qui, dicevo prima a Ray Lorenzo, era forse opportuno inserire un primo intervento sperimentale di Progettazione Partecipata. Forse però la scelta di conseguire prima il risultato di approvazione del Progetto Integrato (PIT) da parte della Regione Campania, con tutte le sue progettualità e con tutte le sue procedure standardizzate è stata più funzionale, rinviando però solo di qualche mese, nella fase attuativa, la sperimentazione di un processo di Progettazione Partecipata da rendere poi prassi condivisa e consolidata nel successivo Sistema Turistico Locale che andremo a definire da qui alla fine del 2004. Questo è l'esempio concreto di come un processo iniziato nel lontano 1996 possa diventare una buona prassi per l’affermazione, anche da noi, della filosofia e della pratica della Progettazione Partecipata che vede nel programma URB-AL un potenziale strumento di diffusione ed attuazione.Grazie per l'attenzione, spero di essere stato breve e di aver recuperato tempo per gli altri interventi.

JEAN-CLAUDE ROFFET Contrat du Pays du GresivaudanBonjour, je vais vous présenter une expérience en cours, qui est différente de certaines qui ont été présentées et se rapproche plutôt de celle de Naples. C’est un travail au niveau d’un projet de territoire périurbain. Mon exposé va se dérouler de la manière suivante: je vais vous dire quelques mots sur ce qu’est le Pays du Grésivaudan, que peu d’entre vous doivent connaître. Je vous parlerai ensuite du projet sur lequel on a travaillé, la Charte de Développement Durable, de la méthode suivie en termes de concertation, du résultat obtenu et puis du premier bilan qu’on peut tirer à mi-parcours, parce que on n’en est pas à l’achèvement. Le Pays du Grésivaudan, c’est un territoire qui est situé entre deux grandes agglomérations, une dont vous avez entendu parler toute à l’heure qui est celle de Grenoble, et l’agglomération de Chambéry. C’est un territoire entre les deux qui n’a pas de grandes villes, la plus grande d’entre elles a 8.000 habitants. Au total on a une petite centaine de milliers d’habitants dans 700 km2, 49 communes, sachant que les communes françaises sont beaucoup plus petites que les communes italiennes, et un certain nombre de structures intercommunales, 6 au total. Le Pays est un lieu de mise en cohérence de toutes ces politiques. C’est un territoire qui est en développement important, avec une croissance de la population de 2% par an et une augmentation des emplois de 40% ces 5 dernières années. Ce développement s’est fait autour d’une

industrie high-tech qui est la microélectronique, avec tous ses avantages mais aussi tous les défauts d’une mono activité qui est par ailleurs assez pollueuse, par rapport notamment à la ressource en eau.Ce territoire est soumis à une grosse pression sur les prix du foncier, sur les logements, il en manque beaucoup, et sur les transports. C’est une vallée alpine avec ses balcons, où l’environnement est un enjeu majeur. On est dans un cadre montagneux exceptionnel. Il faut le préserver pour ne pas tuer, si on peut dire, la poule aux œufs d’or qui a permis en partie son développement. On doit aussi porter une attention forte aux déséquilibres d’une part entre la montagne et la vallée, d’autre part entre la rive droite et la rive gauche de l’Isère qui pour des questions d’ensoleillement ne sont pas du tout habitées par les mêmes types de population. On a dans un pays riche beaucoup plus de difficultés à trouver une place importante pour les populations les plus fragiles, si on y prend garde.

Passons au projet lui-même : la Charte. D’abord quelques mots sur son déroulement, pour situer la concertation. On peut distinguer quatre étapes dans la démarche. La première a été la définition du périmètre. La concertation est venue après, quand il s’est agit de travailler sur le projet de territoire, qui est la deuxième étape. L’étape suivante qui n’est pas terminée à ce jour est le programme d’actions. La dernière étape sera la contractualisation avec la Région Rhône-Alpes pour aider au financement d’un certain nombre d’actions.Les trois enjeux majeurs du Pays identifiés dans la Charte sont le soutien du dynamisme et des politiques ambitieuses des transports et de l’habitat, avec, bien sûr une grande attention à l’environnement. La méthode de concertation suivie par les Elus a été, au moins dans un premier temps, de travailler avec la société civile plutôt que directement avec la population. Il y avait une première expérience, le contrat de développement précèdent, qui avait porté sur les cinq années antérieures. Il y avait eu dans ce cadre un début d’association de la société civile, au niveau du bilan du programme d’actions. Des représentants des milieux économique et associatif avaient été associés en effet à cette phase d’évaluation. Au départ la démarche de concertation était vécue par une partie des élus comme la réponse à une obligation. La loi sur les pays et les agglomérations prévoyait en effet la création d’un Conseil de Développement, bâti autour de la société civile, pour accompagner la démarche de contrat de développement, et de manière encore plus forte, la Région Rhône-Alpes en avait fait une obligation pour contractualiser. Dans ce contexte, le Conseil de Développement a été créé en cours de route, en janvier 2003, une fois le périmètre arrêté. De façon concrète, 70 membres ont été choisis par les élus, tous non élus, dont 57 représentants des milieux associatif, culturel et socio-économique et 13 personnes qualifiées.Le rôle du Conseil de Développement était au départ assez limité. Ses membres étaient invités à la première réunion des commissions thématiques, charge à eux de se structurer, de définir leur méthode de travail, pour pouvoir formuler, le temps voulu, l’avis officiel qui leur sera demandé sur le texte de la Charte. Le départ a été laborieux parce qu’on s’est retrouvé à 70 personnes se connaissant assez peu, avec un mélange de porteurs d’intérêts collectifs et de porteurs de projets. On est entré dans des commissions thématiques qui avaient déjà un ou deux ans de travail. Cela s’annonçait assez difficile.Et finalement ça c’est beaucoup mieux passé qu’on ne pouvait le penser. Petit à petit se sont créées des relations de confiance, une volonté de construire quelque chose ensemble et puis une prise de conscience progressive des enjeux qu’il y avait à travailler ensemble. De façon concrète, très vite les membres du Conseil de Développement ont été associés à toutes les réunions des commissions auxquelles ils voulaient participer. La limite de participation à la première réunion qui nous avait été donné au départ a été abandonnée De son côté le Conseil de Développement s’est doté d’une organisation légère avec un comité de pilotage comprenant un ou deux représentants de chaque commission thématique, sans exclure personne, tous ceux qui voulaient y participer ayant pu s’y inscrire. Le comité de pilotage rend compte à l’assemblée plénière tous les deux mois.

Venons en au résultat obtenu au bout d’un de travail. On peut dire de façon concrète qu’il y a eu une inflexion des conclusions de la plupart des commissions. Alors que les élus municipaux se devaient d’abord de défendre les intérêts de leur commune, les membres du Conseil de Développement ont souvent pu donner un regard transversal, intercommunal, sur la base d’approches associatives ou socio-économiques. Certains membres du Conseil de développement ont pu apporter également une plus-value importante dans leur domaine de compétences. Il y a eu incontestablement des résultats, cependant très variables d’une commission à l’autre, en fonction des hommes et de ce que chacun pouvait apporter et voulait bien entendre. Il y a eu des avancées importantes dans la Charte. Il y a eu un moment fort, celui où le Conseil de Développement devait donner son avis officiel sur la Charte. Cet avis était un peu dérangeant au départ. Il y a eu la volonté du président de la structure intercommunale, donc du Pays, d’engager une négociation avec les représentants du Conseil de Développement. Cela s’est traduit par deux avancées significatives dans le domaine des valeurs les plus fortes du Conseil de Développement, même si on n’en est encore qu’au stade des intentions.

La première est l’engagement d’une démarche de développement durable ambitieuse du type Agenda 21 pour la construction du programme d’actions. Cela ne s’était encore jamais vu encore dans les contrats de développement de Pays, donc c‘est incontestablement une très forte avancée au stade des intentions.La deuxième est de s’appuyer sur le Conseil de Développement pour engager un véritable processus de concertation, cette fois ci, avec les populations. Là encore, on n’en est qu’au stade des intentions, mais c’est écrit dans la Charte que vous pourrez consulter d’ailleurs, si vous le souhaitez. J’ai amené un Cd Rom et quelques tirages pour ceux qui souhaitent en disposer.Au total, le Conseil de Développement a maintenant un rôle bien affirmé. On est loin de la première intention qui était de l’associer seulement à la première réunion et de se contenter des avis officiels qu’on était obligé de lui demander. Maintenant il est associé à toutes les étapes, y compris à l’élaboration du programme d’actions, à l’analyse des actions, point extrêmement sensible, au suivi et à l’évaluation des actions. Une animatrice de développement local a été recrutée à mi-temps pour accompagner la démarche du Conseil de Développement. La dernière décision, qui date de quelques jours, est de proposer que le Conseil de Développement soit désormais associé en tant que partenaire, avec avis consultatif bien sûr, aux structures décisionnelles du Pays. Sa place est devenue maintenant presque incontournable. Ses missions ont été clarifiées, que ce soit à court terme, au niveau de l’élaboration de la Charte et du programme d’actions, ou que ce soit à moyen et long termes, aux niveaux du suivi et de l’évaluation de ce programme, de la mise en réseau et de l’accompagnement des acteurs socio-économiques et associatifs, de la mise en place d’une démarche de développement durable du type Agenda 21, et de l’implication directe des populations.Alors, quel bilan peut-on dresser de cette expérience au bout d’un an ? On peut dire qu’il y a eu des avancées incontestables, que le travail qui se fait avec le Conseil de Développement approche du niveau 3 dans la grille qui nous a été donnée, c’est à dire qu’on en est à un stade d’association aux décisions, même si, bien sûr, c’est la démocratie qui le veut et c’est une bonne chose, ce sont les élus qui gardent l’entière maîtrise des décisions, mais on est fortement impliqué jusqu’aux ultimes stades préalables. Se sont crées des relations de confiance et des relations de travail constructives. Il y a maintenant une prise de conscience progressive mais réelle, de la plupart des élus, de l’intérêt d’associer la société civile. On n’en est plus au stade de le faire pour toucher les subventions régionales. Maintenant tout le monde en a compris l’intérêt et est prêt à jouer le jeu. Il y a eu cet affichage d’une démarche ambitieuse de développement durable. Ce sont des points qui n’étaient absolument pas acquis, il n’en était même pas du tout question un an avant. Donc ce sont des progrès réels.

Cela étant dit ce bilan reste fragile. D’abord les deux avancés les plus fortes sont des intentions, qu’il reste à traduire de façon concrète dans le programme d’actions. Le Conseil de Développement  y veillera, mais il n’est pas décisionnel. Deuxième point, même si c’est prévu à partir d’avril, aucune communication n’a encore été faite au niveau des populations, même pas une simple information. C’est préoccupant, même si il y a eu une bonne raison de le différer, en France on a souvent en effet des élections et quand il y a des élections, il y a des périodes de réserve pour faire des réunions à l’extérieur et cela en a été l’explication. Troisième fragilité, autant où l’intérêt d’associer la société civile est maintenant partagé par la quasi totalité des élus, autant celui d’associer suffisamment en amont des décisions les populations est loin d’être partagé par tous les élus, il est partagé par le Président de la structure et par les membres du bureau, mais au niveau des autres élus il reste encore beaucoup de travail à faire et au delà de cela le Conseil de développement a lui aussi ses propres limites. D’abord il n’a aucune légitimité de représentation des populations, même si ses membres sont des acteurs impliqués dans la vie locale. Deuxième point, en un an déjà un certain nombre de ses membres ne sont plus opérationnels, soit ils se sont découragés, soit ils ont complètement changé de fonction de lieu, d’habitat, donc il y a un besoin de renouvellement incontestable.Troisième limite c’est que le Conseil de Développement n’a pas de moyens financiers propres. S’il veut se lancer en forçant un petit peu la rapidité de mise en place, notamment dans la concertation avec les populations, il ne peut le faire que par ses moyens. Ses propres moyens, ce sont uniquement du bénévolat, donc ce sont des gens qui font ça le soir après leur travail, ce qui a de fortes limites. Et puis surtout il y a eu un échéancier très court auquel on est soumis depuis le début. Le Conseil de Développement a toujours couru après les décisions, et n’a pas pris le temps de construire sa vie propre.Ne terminons pas quand même par une note pessimiste, je crois qu’il y a eu un grand pas de  fait en avant, sincèrement je crois que la volonté des principaux décideurs y est totalement, donc il n’y a aucune raison que le processus ne se poursuive pas voilà.

Merci de votre attention.

FRANCO MARINI Responsabile Servizio Urbanistica e PRG del Comune di TodiDal PRG ai circuiti del paesaggio attraverso la partecipazione dei cittadini

Nell’ambito del programma Urb-Al, il comune di Todi ha presentato una esperienza in itinere che si è sviluppata nel corso degli ultimi due anni e che proseguirà al meno sino al 2005. Un progetto che anche grazie agli stimoli ed al confronto di esperienze favorite dal programma URB-AL ha conosciuto una evoluzione di un certo interesse.La linea di ricerca del Comune di Todi è la partecipazione dei cittadini alle politiche di valorizzazione del paesaggio, che si è tradotta in un progetto che abbiamo chiamato “circuiti del paesaggio”. E’ opportuno illustrare brevemente il contesto in cui si è sviluppato il progetto ed il metodo di lavoro che si è dato l’ufficio. Il riferimento è il Piano regolatore generale, la cui elaborazione è stata avviata nel 1999 sulla base di un “documento di indirizzi” in cui i temi della sostenibilità ambientale e della valorizzazione del paesaggio hanno guidato le scelte per la pianificazione del territorio extraurbano. Il nuovo PRG tende a superare una visione del paesaggio, tutta conservativa e regolata attraverso vincoli (che pur sono importanti), proponendo un percorso volto a “progettare il paesaggio” e ad individuare politiche attive di valorizzazione e sviluppo che incentivino i soggetti che vivono e lavorano sul territorio ad operare secondo modalità ambientalmente sostenibili. È in sintesi la ricerca di una visione della tutela del paesaggio condivisa che non sia vissuta esclusivamente come norme e prescrizioni da rispettare, ma come opportunità e risorsa. Il processo di piano è stato costruito con una attenzione particolare agli aspetti operativi, con il preciso intento di definire le modalità ed i possibili canali finanziari per il raggiungimento degli obiettivi e delle previsioni contenute nel PRG. In tal senso il documento programmatico ha assunto la valenza di Piano strategico costruito secondo una sequenza logica così articolata: individuazione dei problemi – definizione degli obiettivi – azioni e canali finanziari. Una delle risposte all’obiettivo della valorizzazione del paesaggio e delle 35 frazioni del comune di Todi sono stati i cosiddetti “circuiti del paesaggio”, pensati sin dalla redazione del documento programmatico, che ne ha indicato i possibili canali di finanziamento (piano di sviluppo rurale, programma comunitario Leader plus). L’idea, che consiste nella creazione di percorsi volti alla valorizzazione delle risorse storico-culturali e dei prodotti tipici del territorio, è stata successivamente sviluppata nel corso della redazione del Piano Regolatore Generale, in cui sono stati svolti degli studi specialistici sul paesaggio, sui beni architettonici del territorio, sull’agricoltura. L’insieme delle informazioni degli studi specialistici è stato tradotto in un progetto, che ha l’ambizione di essere anche un progetto di sviluppo economico costruito insieme agli operatori del settore agricolo ed alle popolazioni locali.Il progetto è stato presentato nel luglio del 2003 al Gruppo d’Azione Locale della Media Valle del Tevere (che è l’organismo che gestisce i finanziamenti relativi al programma Leader plus) ed è stato finanziato per un importo complessivo di 555.000 Euro. E’ articolato in tre blocchi di attività: 1. Progetti studi e ricerche, 2. Realizzazione di opere pubbliche, 3. Materiale documentario e organizzazione eventi. Lungo tutto il corso del progetto è prevista una attività continuativa di partecipazione e animazione che è iniziata, grazie alla adesione del nostro comune al programma urb-al, sin dalla fine del 2002 quando ancora il progetto non era finanziato. Per il comune di Todi Urb-al è stato uno stimolo veramente decisivo nello sviluppo ed approfondimento del tema della partecipazione dei cittadini nel progetto dei circuiti del paesaggio ed in generale nella formazione delle scelte in materia urbanistica. Ma perché viene dato tanto rilievo alla partecipazione dei cittadini nello sviluppo dei circuiti del paesaggio? La risposta è che senza un reale coinvolgimento degli operatori del settore agroalimentare, di quello ricettivo e delle popolazioni locali il progetto non sarà mai un veicolo per lo sviluppo locale, per la conoscenza del territorio e delle sue tradizioni, ma poco più di una guida turistica: una pubblicazione, qualche segnaletica, una cartina colorata. Crediamo invece che il coinvolgimento dei cittadini nella costruzione del progetto e nella gestione sia la chiave per il successo dell’iniziativa. La partecipazione è iniziata ancor prima che fosse finanziato il progetto ed è stata così strutturata. 1. Riunioni informative svolte presso la sede comunale (gennaio 2003). In particolare sono stati organizzati

2 incontri (uno con le associazioni dell’agricoltura ed un altro con le strutture ricettive) in cui è stata illustrata l’idea.

2. N. 2 giornate di lavoro presso la sede comunale con soggetti selezionati. In particolare sono stati invitati i rappresentanti delle associazioni di categoria (agricoltura e artigianato), delle associazioni culturali dello sport e del tempo libero, rappresentanti delle istituzioni, gli operatori del settore ricettivo. Nel primo workshop (6 febbraio 2003) sono state raccolte utili indicazioni in merito agli obiettivi del progetto, alle strategie operative, agli aspetti gestionali e organizzativi. Nel secondo è stato presentato nel dettaglio il progetto preliminare, e si è lavorato sui circuiti (26 marzo 2003). Sono emerse interessanti proposte che hanno portato ad una modifica del progetto certamente migliorativa.

Da aprile a giugno 2003 l’ufficio ha predisposto il progetto ed il quadro economico per la richiesta di finanziamento al Gruppo di Azione Locale. Il progetto è stato ammesso a finanziamento nel settembre 2003. Nel frattempo sono usciti numerosi articoli sulla stampa locale che hanno contribuito alla diffusione e ad una più ampia conoscenza del progetto. Come si svolgerà la partecipazione in futuro? Intendiamo creare un gruppo promotore chiedendo alle singole associazioni di categoria di segnalare un proprio referente, che dovrà affiancare l’ufficio nella attuazione del progetto e nella organizzazione degli incontri partecipativi sul territorio. Incontri di lavoro, uno per ogni circuito, che verranno svolti nelle frazioni con la collaborazione dei referenti delle associazioni, delle pro loco e dei vari circoli ricreativi locali.Dopo le prime azioni informative sul territorio, che potranno articolarsi in eventi anche ludici (caccia fotografica per conoscere luoghi non segnalati da valorizzare; iniziative enogastronomiche) la partecipazione dovrà svolgere un salto di qualità. Dalla fase della diffusione/conoscenza del progetto si dovrà passare alla fase della gestione. Alla costruzione-condivisione di una serie di iniziative, pubbliche e private, che sullo sfondo dei circuiti del paesaggio, siano messe in rete per favorire una importante valorizzazione del territorio. Ma questo è un capitolo tutto da scrivere.

CLAUDIO MAMMOLIPenso che a questo punto dovremo fermarci per la colazione. Alle ore tre dovremo riprendere i lavori per poter rimetterci nei tempi del programma, grazie a tutti quanti

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POMERIGGIO

CLAUDIO MAMMOLIRiprendiamo i lavori dal punto in cui l’avevamo lasciato. Avremo ora la presentazione di tre esperienze, le tre esperienze su “la valorizzazione del patrimonio e l'identità locale”, che vengono tutte dal Brasile.Comincia l’Istituto do Patrimonio Historico Artistico do Estado del Rio Grande do Sul con Debora Magalhães Da Costa che ne è la direttrice; poi avremo la città di Piratino/RS, con Vanessa Dubra che ne è il tecnico responsabile del Progetto e, infine, l’Assotur Estrada do Imigrante, che è un’Associazione turistica e di promozione sociale, ONG, di Caxias do Sul con Ivo Posser, rappresentante dell’Associazione

DEBORA MAGALHẪES DA COSTA Diretora do Instituto do Patrimônio Histórico Artístico do Estado do Rio Grande do Sul Boa tarde a todos, eu sou Debora Magalhães da Costa, sou arquiteta e diretora do Instituto do Patrimônio Histórico e Artístico do Estado - IPHAE, uma das instituições da Secretaria de Estado da Cultura do Governo do Estado do Rio Grande do Sul.A nossa instituição é responsável por todo o trabalho na área do Patrimônio Histórico do Estado do Rio Grande do Sul. Nós escolhemos, nessa participação do URB-AL trabalhar com uma cidade muito significativa para o Estado, que é São José do Norte, por ser a cidade considerada uma das mais antigas do Estado, porque ali se instalou o primeiro posto de vigilância da Coroa Portuguesa, e por ter sido uma cidade muito desenvolvida mas que vem, ao longo dos anos, se degradando e hoje é uma cidade muito pobre, com uma das menores taxas de desenvolvimento na área da saúde e da educação. O IPHAE possui pouquíssimos profissionais, somos sete arquitetos, uma historiadora e 3 estagiárias. Então o trabalho é bastante difícil, pois atendemos todo o Estado, são quase 400 municípios no Estado, e quem se dedicou a esse trabalho, mais especificamente foi eu e a arquiteta Miriam que está aqui presente. O nosso trabalho tem como título “A qualificação do Centro Histórico de São José do Norte”.È um município que está localizado bem no Sul do país, e São José do Norte também fica bem no Sul do Estado do Rio Grande do Sul. Ele é um município que se ve na área axureada no mapa, entre a Lagoa e o Oceano Atlântico.O objetivo principal È desenvolver esse município no campo da cultura, buscando o equilíbrio entre a natureza e a cultura, o respeito ao conjunto de elementos materiais e imateriais. Durante muito tempo o Brasil trabalhou com a questão do material, das edificações e, de um tempo para cá, começamos a trabalhar a questão dos bens imateriais que esses bens edificados carregam. Trabalhamos os elementos materiais e imateriais que são herdados dos antepassados, reconhecidos e identificados pela comunidade, que deverá ser transferido às futuras gerações.

Esse trabalho começou com maior força, no ano passado, e nós fomos ao município para elaborar um diagnóstico onde observamos diversos pontos, positivos e negativos. Os pontos positivosE’ um patrimônio histórico edificado açoriano, que está em precárias condições, mas com edificações de muito valor. E’ o povoamento considerado o mais antigo do Estado, é um município beneficiado com o tombamento da Mata Atlântica, que é um conjunto reconhecido pela UNESCO como reserva da biosfera, e tem uma localização também privilegiada nas margens do Oceano Atlântico. A gastronomia desse município é muito rica, à base de frutos do mar. E um dos bens imateriais, nos diversos que nós identificamos, a tradição açoriana de construção de embarcações de pesca feito à beira do Oceano Atlântico.Os pontos negativosNós encontramos um município com uma baixa auto-estima, a população descontente e com pensamento muito negativo. Notamos que houve uma omissão por parte do Poder Público, tanto Federal, Estadual e Municipal, relegando o município. Esse município não possuía nenhum disciplinamento do uso do solo, as construções eram desregradas, e um município com uma das menores taxas de desenvolvimento, sócio-econômico, como eu já falei, na educação e na saúde (está entre os 10 piores municípios do Estado), uma péssima qualidade da arquitetura atual, e um difícil acesso. E’ um município de difícil acesso, naquele primeiro mapa observamos que é um município onde o acesso realizado pela via terrestre, ainda não foi terminada, ela foi iniciada há muitos anos e não há ainda um aceno do Governo em terminar esse acesso, e então o único acesso que eles tem é através de embarcações, que se passa de um municípiio a outro através de uma barca, ou de uma balsa para veículos.As ações propostas para o ano de 2003 Foram as diretrizes para as nossas contruções, o regramento dessas novas construções que estavam cada vez mais sendo desarmoniosas, com esse acervo arquitetônico edificado que eles têm. Foi elaborado um mutirão para o escoramento das edificações que estão em péssimo estado. Um trabalho de educação patrimonial com escolas estaduais, que já está sendo iniciado, através da secretaria de educação, um trabalho feito com oficinas, onde os professores que vão disseminar aos alunos e aos outros professores a questão da cultura e do patrimônio da cidade. Oficinas técnicas de resgate do uso da cal e da madeira, pois nós encontramos no município mestres de obra que trabalharam e que conhecem esta técnica, antigos operários. Vamos realizar oficinas para o resgate dessa técnica que já foi perdida.Valorização do artesanato local. Embora o nosso Instituto seja exclusivamente voltado ao patrimônio histórico, identificamos inúmeros outros problemas na cidade que não têm a ver conosco, mas que no fim nós vamos ter que trabalhar de alguma forma com isso também, que é a questão do artesanato local.Restauração do único bem tombado pelo Estado que existe no município, que é a Intendência Municipal.A qualificação dos projetos arquitetônicos.Há uma péssima qualidade da arquitetura local, Qualificação da hotelaria.Divulgação. Isso já foi realizado. Nós fizemos um trabalho de divulgação em jornais locais, em jornais do Estado. O plano diretor.A elaboração do plano diretor, também já está sendo iniciado.ParticipaçãoNa área da participação foram realizadas diversas reuniões, encontros, cursos, orientações para as novas construções, visitas e palestras com a comunidade. Como é que se deu todo esse método no projeto de participação? As condições iniciais que nós tínhamos era a motivação, a comunidade e o IPHAE,. Detectamos uma inversão de papéis no município. A Prefeitura que tinha que participar não participava, então pessoas sózinhas trabalhavam em prol do resgate do seu patrimônio histórico, do resgate dos bens imateriais, sem apoio de nenhuma instituição governamental. E a efetivação do andamento do processo, se deu com o desenvolvimento do trabalho, vimos que o processo também estava continuando e que isso era necessário e muito solicitado pela comunidade.O desenvolvimento do projeto. Os pontos fortes.Houve um grande apelo da comunidade para que uma instituição, qualquer que fosse, olhasse por eles. Eles estavam sozinhos. Hoje nós somos os “salvadores”.Os pontos fracosA baixa auto-estima da comunidade. E havia conflitos nessa comunidade, entre o Conselho Municipal do Patrimônio e a Prefeitura. Hoje as coisas estão em melhores condições.E o produto desse trabalho, dessa metodologia que foi criada. Agentes técnicos e políticos se tornaram parceiros para a motivação da comunidade. Então estão se formando outras parcerias com a comunidade para apoiar esse trabalho, a comunidade já está um pouco mais consciente e apta, e cobrando ações efetivas do Poder Público.

Vimos que sustentabilidade é fundamental para o projeto, mas não só uma sustentabilidade econômica mas principalmente a sustentabilidade cultural, não é possível realizar qualquer trabalho em uma comunidade sem pensar na sustentabilidade.O Resultado. Foi um enriquecimento dos agentes técnicos, políticos e da comunidade. Houve um despertar para a reapropriação da identidade através do resgate de outros bens imateriais como o "Terno de Reis", um trabalho que está sendo feito com esse bem imaterial. Estabelecimento de regras de disciplinamento para as novas construções e de veículos de propaganda.Obrigado.

VANESSA DUTRA – Historiadora - Secretaria de Turismo da Cultura PiratiniBoa tarde á todos. Sou Vanessa Dutra, historiógrafa, museóloga e atualmente  Assessora de Projetos Especiais da Secretaria de Cultura do Rio Grande do Sul/Brasil.Realizo um trabalho no município de Piratini, juntamente com o Arquiteto Roberto Savitski sobre a Requalificação do Centro Histórico de Piratini. O surgimento de Piratini ocorreu com a chegada de 48 casais de açorianos. Localizada no cume de uma coxilha, nas proximidades do rio Camaquã e Piratini, a cidade cresceu com a criação de gado e o cultivo do linho e do trigo. Foi a 1ª capital da República rio-grandense durante a Revolução Farroupilha(1835/1845) e por isso,  tem um passado muito significativo para o Rio Grande do Sul. O gaúcho se orgulha da sua história e a revolução farroupilha é um dos fatos históricos mais comemorados e relembrados, até hoje.Giuseppe Garibaldi, Luis Rosetti chegaram ao Rio Grande do Sul para lutarem na revolução, assim como outros jovens italianos. Foi valiosa a atuação de ambos na trajetória republicana e na formação da marinha farroupilha. Notável foi a façanha de Garibaldi ao transportar dois lanchões (Seival e Farroupilha), por terra, da Lagoa dos Patos até o Atlântico, com o auxílio de mais de 200 bois. Luis Rossetti foi o editor do primeiro jornal da República rio-grandense, onde escrevia sobre os princípios republicanos- liberais.A metodologia do trabalho seguiu as diretrizes propostas pelas grelhas, segundo os 04 eixos programáticos.

1º Processo. O município já possuía Normas e legislações  sobre patrimônio, como por exemplo o Plano Diretor de 1985 e a legislação que proíbe o trânsito de carga pesada no Centro Histórico. Essas legislações já eram um primeiro passo para uma organização institucional de patrimônio. Foram feitas inicialmente oficinas de educação patrimonial e programas no radio local, envolvendo os alunos da rede pública. Foram realizadas visitas guiadas no Museu Histórico Farroupilha, instituição da Secretaria da Cultura que abriga acervo do decênio farroupilha. Foi distribuído material didático às escolas municipais para o desenvolvimento de estudos sobre o patrimônio.Como entramos tardiamente no projeto URB-AL, a retomada contou com a colaboração de órgãos federais e estaduais , como o IPHAN e o IPHAE, que permitiram um contato produtivo com autoridades,técnicos e a comunidade.Realizamos um trabalho coordenado pela Secretaria da Cultura em parceria com a Secretaria do Planejamento e do Turismo, onde foi elaborado a sinalização e a delimitação do Centro Histórico e seu entorno, pelo Arq. Roberto Savitski.

2º Produto. Há um apelo da comunidade para ações mais concretas, que realmente tragam uma auto sustentabilidade. Os pontos fortes do projeto são inúmeros tais como:- a existência de um profundo " senso de pertencer ao lugar";- a comunidade tem conhecimento de sua história e da revolução farroupilha, assim como da

necessidade  de preservar sua memória e seu patrimônio;

- o orgulho de ser piratinense e ter tido um papel fundamental na revolução contra o Império do Brasil e contra as imposições da Coroa Portuguesa.

Algumas ações salientaram os pontos fracos como, por exemplo:- a distância do município á capital do Estrado ( 340km);- a ausência de um escritório executivo no município;- os escassos recursos dos órgãos públicos;- as redes públicas de telefonia, energia elétrica são inadequadas ao Centro Histórico.

3º Desenvolvimento.      Temos a propor para o desenvolvimento do projeto ações como:-atualização do Plano Diretor;-Implementação da Disciplina de Educação Patrimonial nos currículos escolares;-Restauração de bens tombados no Centro Histórico;-Incentivar a comunidade no gerenciamento o seu próprio patrimônio;-Implantar uma política de financiamentos para patrimônio particular, para que o proprietário se convença de que seu imóvel faz parte de um todo.-Legislar uma medida punitiva, quando houver o descumprimento da legislação municipal de preservação.

4º ResultadoFoi constatado que as várias ações realizadas trouxeram:- uma conscientização de que o trabalho integrado tem resultados satisfatórios e compensadores;- um aumento significativo do sentimento de "pertencer ao lugar";- uma qualificação do Museu Histórico Farroupilha;- uma delimitação do Centro Histórico;uma modificação no comportamento social, cultural e político da população;Finalizando, gostaríamos de dizer que o município de Piratini tem a missão de preservar o Centro Histórico que é considerado um dos mais completos e homogêneos do Estado, mas também preservar a história de dois mundos, que estão entrelaçados pela memória de seus antepassados. Assim, propomos para a próxima etapa do URB-AL, a restauração da Casa de Garibaldi em Piratini, que foi sede do Jornal"O Povo".Muito obrigada.

IVO POSSER Vice Presidente Assotur Estrada do Imigrante Caxias do Sul/RSNeste Seminário represento a Associação de Turismo Estrada do Imigrante, e tenho o privilégio de falar da nossa história . Por que um roteiro turístico sobre a imigração tem que ter uma história para contar , tem que ter vida. E a nossa história ela começa em 1875. Como vocês estão vendo nesse mapa, aqui na Itália, nessa época, muitas pessoas tiveram que imigrar para outros lugares. Nas nossa região os imigrantes vieram do Norte da Itália. Eles resolveram, em 1875, procurar novos horizontes, novas terras, novos mundos. E nessa época lhes foi oferecido a América do Sul. O Roteiro Turístico Estrada do Imigrante está resgatando essa história, a história deste povo. Esse povo que estava procurando um novo horizonte. E encontrou, pela sua bravura, pelo seu trabalho, pela sua competência, pela sua terra sonhada, que com obstinação , procuravam uma coisa melhor do que tinha na época aqui na Itália. Eles pensavam assim, porque quando alguém imigra para um outro país, para um outro lugar, ele está procurando uma nova vida. Então chegaram à nossa região. Essa foi a região que eles encontraram, que foi posta à disposição deles. Nesta época os imigrantes que aqui chegaram, depois, mais tarde, denominado Caxias do Sul, encontraram selva,selva, selva. O único transporte que tinham , o único meio de comunicação que tinha, era por rio. E eles vieram pelo rio que vocês estão vendo. Chegaram à Porto Alegre, num rio chamado Guaíba, depois chegaram nesse Rio Caí, e tiveram que subir essas montanhas, nas terras que a eles foram destinadas. Anteriormente o vale do Caí já tinha sido ocupado pelos alemães e imigrou 50 anos antes . O nosso roteiro começa neste vale que é a região de fronteira entre a colonização italiana e alemã.Eu vou começar a contar a história que o nosso roteiro está preservando.Essa é a Terceira Legua, vila que nós temos na nossa região hoje. Se passaram muitos anos, desde 1875. Aquela igreja que vocês estão vendo ali, foi a primeira paróquia da nossa comunidade. Hoje nós temos em Caxias do Sul quase 400 mil habitantes. Como o Mauro Cirne mostrou esta manhã, a nossa Praça Dante Aligheri revitalizada, é uma nova realidade depois depois de passarem tantos anos.O projeto sobre o território do Projeto está numa fase de estudo e nós estamos trabalhando com a Prefeitura, que está colaborando conosco nesse projeto e nós estamos fazendo um projeto de tutela. O que é tutela? É a preservação do território, da história,da sua identidade, é prever, de modo compatível com as

características do mesmo território, a realização das construções e outras intervenções , como indústrias poluentes. O nosso “slogan” é “ Por aqui Começou Caxias”. Esta foi a primeira estrada, o primeiro caminho que os imigrantes usaram para chegar à Caxias do Sul.Nós fizemos um mapa do nosso roteiro, que tem o objetivo de ser um mapa turístico dos principais prédios que os imigrantes construiram . Até 1911, todo o tráfego, o comércio, o transporte de mercadorias de Caxias para Porto Alegre era feito por esse caminho. Em 1910 foi inaugurada a Ferrovia . Com a inauguração da ferrovia , o transporte de cargas pesado deixou de ser feito por esse caminho, uma vez que a subida da serra era muito íngreme. A estrada então se chamava Viconde do Rio Branco e foi utilizada até 1938, quando o Presidente Getulio Vargas iniciou a construção da estrada federal BR 116 , pavimentada, que passa por Galópolis, inaugurada em 1945. A Visconde do Rio Branco então passou a ser usada somente pelos colonos que moravam no seu entorno, tendo o tráfego sido desviado para a BR 116 . Na parte da Serra , a estrada chegou a praticamente virar novamente uma picada, onde passava somente pessoas a pé ou a cavalo. Em 1993 a estrada foi novamente reaberta e mudado o nome, para Estrada Municipal do Imigrante, em homenagem aos pioneiros imigrantes italianos que ali chegaram. Em 1998 , nós começamos um movimento de resgatar essa história. Foi quanto surgiu o roteiro turístico Estrada do Imigrante, com a finalidade da preservação da história, da memória dos antepassados, dando um caráter cultural ao turismo na nossa região. Para o desenvolvimento do turismo, escolhemos as casas antigas e as transformamos em equipamentos recepticos, como restaurantes, museu , café da colonia, vinculando as primeiras casas que surgiram ao lado da estrada com o projeto de turismo. Um exemplo é a Casa Bonnet, que no foi construída por Henri Bonnet e mais tarde foi adquirida pela Familia Tonietto, que hoje utiliza como restaurante.Bonnet era farmacêutico e montou uma espécie de pousada, um armazém , e servia de paradouro para os imigrantes que subiam pela estrada no processo de colonização. A localização da casa era estratégica, pois depois de praticamente um dia de subida da serra, os animais chegavam muito cansados, bem como os imigrantes, e a casa era o lugar ideal para descansar.Hoje ela está restaurada, desenvolvendo a atividade de museu e restaurante. Voltou a ter a função que tinha na origem , que era receber os viajantes. Das curiosidades da casa está também uma nascente d’agua que brota bem embaixo da casa, onde foi feito um poço que na época servia ao restaurante e às pessoas. Também no roteiro foi restaurada a casa da família Signani , que hoje é a casa - museu da familia italiana. A casa é feita toda em madeira, muito abundante na época, em função dos pinheiros que existiam na região.Como no início as famílias eram muito numerosas, os imigrantes faziam a casa de dois andares ( due piani) , uma vez que tinham muitos filhos , uma necessidade de mão de obra para o trabalho no desmatamento e na lavoura. Também guardavam na casa todo o cereal que produziam, servindo também da paiol . A Casa Zignani é uma das últimas que restaram no estilo construtivo de madeira e dois andares. Os imigrantes tinham uma necessidade muito grande de religiosidade, que trouxeram da Itália e servia também como elemento de fé e de esperança, pelas diversidades, sacrificios que passavam . A Igreja dos Sagrados Corações - Sacre Coeur, foi construída por um imigrante de nome Luigi Giacomelli , que fez uma promessa de construir um santuário caso conseguisse sair vivo da guerra . A Capela mantém a originalidade daquela época, toda feita em pedra, em mais de 11 anos de trabalho. Os imigrantes tinham muito conhecimento de ofícios quando foram para o Brasil . Mas onde se instalaram não havia nada. Tinham que começar do nada.Depois de passarem 3 meses no navio, chegaram no Brasil e tinham que subir uma montanha onde não existia estrada, só existia mato, e chegaram ao seu território. Não puderam trazer muita coisa. Então a primeira matéria prima que encontraram foi a pedra, o elemento que existia para a construção de casas, , igrejas . A comunidade foi construindo, com o passar dos anos, uma identidade cultural, que constitui a italianidade, através do dialeto, da gastronomia, das festas populares . Uma destas festas é a Expochácara, uma exposição de animais , de pequenos produtos para interior, quem trabalha no colonia. Tem como finalidade a sustentação e promoção do roteiro turistico.O patrimônio cultural é a coisa que nós mais preservamos, o que nós mais valorizamos. Alguns momentos são fortes em nosso meio, como a colheita da uva, em Março. Um dos produtos fortes da nossa economia é a uva e o vinho. Então nós fizemos a Festa da Colheita , ponto forte da vida cultural e economica da comunidade. Quando completaram-se 125 anos da Imigração Italiana, organizamos uma reconstituição da vinda dos imigrantes. Todos se vestiram como de época, e refizemos o trajeto que os imigrantes percorreram , desde Porto Alegre , a chegada num barco, depois em São Sebastião do Caí, e finalmente a chegada a Caxias a pé , demonstrando o respeito e a devoção dos imigrantes com a sua história. Para a dinamização cultural do território, surgiu o teatro em dialeto veneto, com um grupo formado de agricultores e moradores da Terceira Legua , que se reune todas as quartas-feiras para ensaiar. O

grupo é acompanhado por um mestre de teatro dialetal, João Tonus, que orienta e desenvolve o grupo. Já prepararam três espetáculos:” El Mascio”, “Polenta e Pissacán” e a mais recente peça “Balochi di Vita”. Os atores são todos da comunidade . Trata-se de uma forma muito concreta de participação , com a manutenção dos traços culturais de nossa identidade. A comunidade também elege uma rainha na Festa da Colheita, como também as princesas. É uma forma de valorizar a beleza feminina do lugar . Elas então desfilam no dia seguinte , durante o desfile da Festa. O carretão é a evolução da “slitta”, uma espécie de prancha que antes era puxada por boi ou então cavalo e que hoje foi adaptado para um pequeno trator , de uma transformação de um jipe . A finalidade do carretão é poder transitar debaixo dos parreirais e transportar a uva para a estrada, onde está o caminhão esperando. Até bem pouco tempo atrás o transporte da uva era feito nas costas.Manter a cultura e os traços da nossa identidade depende também de um trabalho educativo, o que é feito nas escolas da comunidade. Nós integramos a escola à nossa comunidade, para que não se percam os valores da nossa história, porque para nós ela é muito importante.Outro fator de preservação no local são as belezas naturais, a paisagem do meio ambiente. Temos uma preocupação constante com o meio ambiente.Entre o nosso patrimonio natural está a Gruta de Lourdes, que começou a ser usada como lugar de celebrações em 1960. O acesso é dificil , são 150 degraus para descer . Na época usavam cordas para chegar até a gruta . Hoje é o lugar mais visitado da Terceira Legua. Faz parte do Vale dos Parreirais , onde estão nossos vinhedos. Entre as maravilhas naturais da região está também a Cascata Véu de Noiva, à margem da BR 116 em Galópolis. O turismo colaborou para o surgimento de novos empreendimentos no local, entre os quais o Orquidário do Pebi ( Cleverton Mugnaga) , que faz parte do roteiro desde a sua fundação e está conosco neste seminário, representando todos os empreendedores, das vinícolas, restaurantes, museus, etc…. Um dos pontos fortes do processo de participação no roteiro turistico é a valorização do ser humano. São as pessoas que podem dar vida a um projeto, como o Arnaldo Poletti, Presidente do Roteiro Turístico Estrada do Imigrante, eu que sou o Vice-presidente . Mas a participação não pára por aí . Até mesmo na restauração de um velho cemitério a comunidade se reúne, discute para ver como fazer, como também na música , na cultura do teatro. A música folclórica italiana é muito forte entre nós. Nós temos vários grupos que cantam, porque desde a escola ensinamos os alunos a cantar, a manter o dialeto através da musica. Muitas músicas foram feitas por pessoas daquela região, que partcipam inclusive de festivais . Outro elemento de participação é a Festa da Uva, que acontece a cada dois anos e é o maior evento de Caxias do Sul. A próxima acontece de 20 de fevereiro a 7 de Março 2004. Um dos principios que desenvolvemos é que o patrimônio histórico pode ser educativo, que a memória histórica pode ser educativa quando preservada: é um dos fatores para a conservação da memória. Quando os italianos chegaram na Terceira Legua, fundaram uma sociedade de mútuo , que se chamava Sociedade Duque D’Aosta , e que popularmente se chama sociedade do “Caicio”. Era uma sociedade de colaboração e solidariedade, por problemas de doença, alimentação, alguma praga, sempre se ajudavam. Assim como a sociedade do Caicio, outras formas de entre – ajuda e participação se desenvolveram na comunidade, como a cooperativa, o sindicato, o grupo de jovens, o clube de mães. Assim vou concluindo minha exposição de como surgiu a Associação de Turismo Estrada do Imigrante. Ela surgiu da comunidade, com participação e foi assim que nós chegamos até hoje com nosso movimento, mantendo a cultura da ancestralidade, da família e a valorização do patrimonio.Boa Tarde.

CARLA VALERIA LEONINI CRIVELLARO NEMA (Nucleo de Educação e Monitoramento Ambiental) de Rio Grande/RSEu sou Carla Crivellaro, sou geógrafa e represento aqui o NEMA, uma ONG _ Organização Não Governamental, o Núcleo de Educação e Monitoramento Ambiental.Primeiramente eu gostaria muito de dedicar a minha presença aqui ao IPHAE, o Instituto do Patrimônio Histórico e Artístico do Rio Grande do Sul, que me possibilitou no ano passado participar do Seminário em Pelotas, onde eu pude apresentar uma experiência de educação ambiental, realizada pelo Núcleo, no município de São José do Norte.Bem, o NEMA é uma organização que existe há 17 anos, ela está localizada na região costeira do Rio Grande do Sul, na Planície Arenosa, o maior sistema homogêneo de praia arenosa do planeta, localizada estrategicamente às margens da Laguna dos Patos, um ambiente importantíssimo: econômico, cultural e ambiental. Rio Grande possui um patrimônio socioambiental muito significativo no que diz respeito às atividades ligadas à pesca, devido ao potencial pesqueiro. Também possui um patrimônio arquitetônico de

relevância, no qual podemos observar, aqui abaixo, o Sobrado dos Azulejos, há pouco tempo restaurado; a Doca nas margens da Lagoa dos Patos e a Alfândega, construída na época do Império. Essa cidade, Rio Grande, é a cidade mais antiga do Rio Grande do Sul, possui cerca de 300 anos. E aqui mais alguns aspectos da arquitetura local.Bom, eu vou iniciar falando sobre o nosso princípio, a nossa base filosófica, isto é, a forma como nós concebemos e pensamos o meio ambiente. O trabalho que nós desenvolvemos está fundamentado numa visão sistêmica e ecológica da vida em que todos os elementos são interdependentes, considerando o planeta vivo. Esse conceito de meio ambiente não está vinculado somente a questões ecológicas, mas a questões éticas, culturais, econômicas, históricas, políticas e tecnológicas. Estes são todos os elementos que compõem a grande forma de que nós vemos, estamos e transformamos nosso ambiente.Bom, a área de atuação do NEMA, é basicamente na zona costeira do Rio Grande do Sul e do Brasil. Atualmente, já estamos trabalhando em outras regiões, onde é possível adaptar a tecnologia, as metodologias que viemos desenvolvendo.O NEMA tem como meta, como objetivo, uma aproximação do ser humano, enquanto natureza, onde todos os seus aspectos tanto éticos, como os valores, e a possibilidade de transformação possam ser considerados. Trabalhamos em vários âmbitos, representando a sociedade em fóruns, através da educação e da informação ambiental, na formação e difusão de profissionais, na pesquisa e projeto, nas consultorias ambientais e na gestão ambiental. E essa gestão que o NEMA realiza, é uma gestão comunitária, porque ela não tira competência dos órgãos, os quais têm as obrigações sociais. Mas ela compartilha isso, juntamente com a comunidade para que se dê, de fato, uma gestão participativa.O NEMA trabalha com projetos, ele tem uma autonomia, busca recursos em organizações governamentais e privadas. Esses projetos têm caráter continuado, porque a forma de trabalho é através de uma cooperativa. Eis alguns dos projetos que nós realizamos, desde a criação do NEMA: o Projeto Mentalidade Marítima _ Ondas que te Quero Mar, que é a nossa metodologia de educação ambiental, que é a base, o subsídio para todos os projetos os quais o componente educação ambiental faz parte; o trabalho com as dunas costeiras, que é a requalificação da paisagem: nós recuperamos áreas degradadas, com uma metodologia muito simples; o trabalho de manejo e conservação dos mamíferos, entre eles as espécies de lobos e leões marinhos, que ocorrem na nossa costa, na qual hoje criamos unidades de conservação, de proteção desses animais; um trabalho junto às Unidades de Conservação federais, no caso aqui, o Parque Nacional da Lagoa do Peixe, no qual São José do Norte tem uma parte desse território, faz parte desse Parque, a APA _ Área de Proteção Ambiental da Lagoa Verde que é uma área pertencente ao município do Rio Grande; o viveiro florestal, que se desenvolveu para a realização de ações de educação ambiental e a produção de espécies nativas da restinga; um programa de ecoturismo, no qual se utiliza essa metodologia de educação ambiental nas trilhas interpretativas; a elaboração de um plano de desenvolvimento sustentável, elaborado juntamente com a comunidade no entorno da estação ecológica do Taim, e, mais recentemente o projeto tartarugas marinhas que visa o manejo e a conservação destes animais na costa do Rio Grande do Sul.A concepção de educação ambiental que nós temos, ela está vinculada ao conceito de meio ambiente, e ela pode ser tratada:- de maneira pontual - através de datas comemorativas;- com ênfase em uma ação, em um problema, um conflito;- através do conhecimento e sensibilização;- e através da elaboração de projetos.A nossa preferência, o que nós motivamos é o trabalho com projetos, onde tu tens condições de abarcar toda a diversidade, toda a potencialidade, o conflito de um lugar.O nosso fazer educação ambiental ele desenvolveu metodologias de trabalho.A primeira delas, que é a nossa grande mãe, é o trabalho que resultou no Projeto Ondas que te quero mar, que é uma metodologia na qual se trabalha com três áreas do conhecimento: as ciências do ambiente, a arte e a educação psico-física. Essas três áreas se complementam e foi o subsídio para que nós elaborássemos uma estrutura, para que o educador pudesse trabalhar na escola de forma interdisciplinar, não fazendo da educação ambiental uma disciplina. Essas ondas estão estruturadas em 5 temas geradores de conteúdos e atividades, que começa pela valorização do eu, eu não ego, eu indivíduo, eu ser natureza, ampliando o meu conceito para o lugar onde vivemos, daí para a biodiversidade, a biosfera e a ecologia, e depois eu retorno para planejar as minhas ações - o planejamento ambiental. Como resultado deste trabalho apresento o livro do Ondas, que é um subsídio para a educação ambiental na escola, que foi distribuído para todas as escolas de Rio Grande e São José do Norte.

Essa metodologia possibilitou uma forma de trabalho muito participativa, que são “as árvores do fazer”, a “árvore conflito” e a “árvore solução”, onde é possível colher idéias e sistematizá-las, buscando os meios e ações para solucionar questões socioambientais. Na “árvore conflito”, no tronco eu coloco o meu conflito, nas raízes as causas, nos galhos as conseqüências. E na “árvore solução”, no seu tronco coloca-se o

conflito resolvido, nas raízes os meios, e nos galhos os fins. Então eu posso ter um panorama de que maneira eu vou poder articular e trabalhar com os vários segmentos da sociedade.A seguir a “Espiral do Fazer”, que apresenta um roteiro, para a elaboração de projetos: primeiramente a formação de um grupo, um grupo interdisciplinar, a seguir este grupo fundamenta-se teoricamente e parte para a prática que consiste na elaboração de um diagnóstico da realidade que se quer pesquisar, estabelece as ações e a busca de parceiros. Tudo isso avaliado permanentemente.Aqui apresento um outro tentáculo da metodologia, que são as “Visões Marinhas”, as vertentes e os signos para a educação ambiental. A metodologia das visões é uma metodologia participativa, não isenta de emoção, da qual eu posso resgatar e identificar as peculiaridades ambientais, sociais, culturais e econômicas de uma comunidade. As vertentes são as áreas do conhecimento as quais eu vou ter que buscar. E os signos, são os elementos representativos de uma comunidade, que dão identidade àquela comunidade. É o ver e o olhar, o ver objetivo e o olhar subjetivo. Esse método consiste na imersão, que é o tempo que eu vou estar em contato com uma comunidade, e essa imersão pode ser de dias, de anos. Quanto mais tempo eu permanecer no lugar, um repertório maior de informação eu vou ter.A seguir uma palestra, onde eu convido a comunidade a participar e mostrar esse lugar maravilhoso que ela vive. Após as entrevistas com a comunidade, onde eu faço um resgate da transmissão do conhecimento de geração para geração e o que tem permanecido.E a seguir, então, um trabalho integrado com as crianças – saídas de campo, observação dos ambientes, fauna, flora, atividades artísticas, entre outras. Essa metodologia foi desenvolvida na costa brasileira, em várias localidades, e depois realizado o intercâmbio de informação, onde as crianças e a comunidade podiam mostrar seu lugar para outras comunidades, as quais poderiam sugerir alternativas de solução para seus problemas. Essa metodologia permite dar um passo à frente, isto é, levantar esses subsídios básicos sobre a realidade local, abre espaço pra uma prática interdisciplinar com a identificação das vertentes, possibilita a evolução de projetos de conservação na zona costeira. É uma linguagem simples, capaz de sensibilizar as pessoas, valorizar profissionais de diferentes áreas, é uma nova concepção de redescobrir as belezas e as riquezas sobre outros olhares, valoriza as ilhas de especiação cultural e é uma metodologia que pode ser utilizada em qualquer local no planeta, simples.Essas metodologias que eu apresentei elas proporcionaram um produto que foi a construção de um Plano de Desenvolvimento Sustentável para o Entorno das Comunidades do Taim.Ali nós temos um mapa da região Sul da Planície Costeira, com duas lagoas do complexo de lagoas que existe nessa costa, a Lagoa Mirim e a Lagoa Mangueira e na hachura está a localização da Estação Ecológica do Taim e as comunidades do entorno.

Essa aqui é uma foto aérea do banhado, o banhado do Taim em especial é Núcleo da Reserva da Biosfera da Mata Atlântica, e é uma das zonas mais ricas em aves aquáticas da América do Sul. Tem grande valor como patrimônio genético e paisagístico, devido à sua grande diversidade biológica e ecossistêmica. É um ambiente único no Brasil, peculiar e muito querido por todos, e respeitado também.

Aqui apresento a diversidade, o peão da estância, os cisnes (espécies em extinção), as lontras, as corujas, o pescador e as figueiras centenárias com seus colhereiros voando.A construção do Plano se deu a partir de um levantamento bibliográfico, da inserção do projeto na comunidade através de entrevistas, de oficinas de diretrizes (onde foi aplicada a metodologia das “árvores”) e depois um trabalho de avaliação pela comunidade e aceite por parte dela. Foram identificados parceiros no andamento desse plano, a formação de um grupo de trabalho, uma avaliação externa, a consolidação de um conselho gestor que envolveu entidades (Prefeituras, Universidades, órgãos vinculados à agricultura e pesca do Estado do Rio Grande do Sul). Este conjunto resultou então na construção de um plano de desenvolvimento sustentável, no qual foram definidas ações prioritárias a sustentabilidade.As ações, os anseios comunitários se traduziram num programa de visitação orientada no entorno da Estação Ecológica do Taim, com o estabelecimento de trilhas interpretativas, nas quais foi estabelecida a capacidade de suporte, atualmente estamos num processo de capacitação comunitária em artes e ofícios, e na preparação de monitores locais que recebem os visitantes e os orientam nessas trilhas.As diretrizes para um plano de ordenamento territorial da Capilha, que é uma pequena vila na qual estamos trabalhando, na qual foi realizado um levantamento aerofotogramétrico, a análise ambiental territorial e, atualmente estamos realizando as oficinas para a construção dos cenários socioambientais, que são as visões de futuro - o que essa comunidade quer para o futuro em termos de espaço, como ela vai crescer, e até onde ela vai crescer.O trabalho também com pescadores artesanais, estes foram agrupados, formamos uma Associação de Pescadores da Vila Anselmi, que é o nome do lugar, consolidamos a sua organização através de cursos de capacitação, de formação e acompanhamento, e vamos realizar também medidas de manejo participativo na pesca, que consiste numa pesquisa da aplicação de um programa de estabelecimento da biomassa, isto è:- “Quanto de peixe ainda tem naquele lugar?”, através da utilização de um programa chamado ECOPATH. Uma outra ação foi o fomento a procedimentos e técnicas para recompor a paisagem natural, requalificar, reconstruir matas nativas, banhados, campos e, associado a isso, experimentar técnicas agroecológicas.

Nesse primeiro ano do projeto nós plantamos sete hectares de arroz ecológico, e ali em baixo temos uma foto do nosso arroz, que já cresceu e que está sendo acompanhado por um grupo de técnicos, juntamente com uma associação, a ATLA (Associação dos Trabalhadores da Lavoura do Arroz), e tem dado resultados bastante satisfatórios. Isso é uma forma de transformar um dos principais problemas potenciais na região, que é o uso de agrotóxicos e de agroquímicos, que é um contaminante em potencial.E o fio condutor de todas essas ações é o intercâmbio com essas comunidades, o estabelecimento de um programa de educação e informação ambiental (aqui a gente tem o material já produzido, que é um caderno escolar que é distribuído para a comunidade), também o acompanhamento e a avaliação do desenvolvimento do projeto. Este projeto tem o apoio do PROBIO – Projeto de Conservação e Utilização da Diversidade Biológica Brasileira do Ministério do Meio Ambiente, do BIRD – Banco Mundial, do GEF – Fundo Mundial para o Meio Ambiente, do CNPq e da Estação Ecológica do Taim - IBAMA. Aqui temos o contato do NEMA, seu endereço para quem quiser comunicar-se conosco.E por final uma bela paisagem do nosso Sul do Brasil.Agradeço a minha participação e obrigada.

CLAUDIO MAMMOLIOltre all’intervento di Carla Crivellaro ed a quello di Alessio di Giulio, che seguirà subito dopo, erano in programma altri due interventi sul tema “I processi di educazione patrimoniale ed ambientale”, vale a dire l'intervento dell'esperto del Museo del tessuto di Prato e quello del CRIDEA, il centro regionale di informazione e educazione ambientale della Regione Umbria, che non potranno essere fatti per motivi personali il secondo e per motivi meteorologici il rappresentante del Museo di Prato, che dopo aver provato tre volte ieri a partire per Todi ed essere stato intrappolato questa mattina in una fila di 12 chilometri a Firenze nord sull’autostrada del sole, ha telefonato per dire che non sarebbe mai arrivato in tempo e che avremmo trovato un’altra occasione per incontrarci. Quindi chiude la serie delle esperienze di formazione Alessio Di Giulio

ALESSIO DI GIULIO Italian Landscapes Exploration - Fontecchio (AQ)La proposta di ILEX ha il suo focus nel collegamento fra analisi del paesaggio e della identità locale e creazione, su questa base, di una serie di servizi e di attività di natura turistica ed educativa, elaborati con metodi decisamente partecipativi.

Partiamo, infatti, da momenti di lavoro comune di gruppi di esperti di discipline diverse che, prima, analizzano il paesaggio ciascuno secondo il proprio punto di vista (economico, storico, naturalistico, insediativo, difensivo, antropologico ecc), poi, in una seconda fase, si contaminano a vicenda cercando di intrecciare e collegare i loro "racconti". Quindi, in una terza fase, dal dialogo e dalla contaminazione fra gli esperti si passa alla contaminazione con la gente del posto, portatrice di un altro sapere, forse meno consapevole ma certamente molto profondo. L'ultimo stadio di questa filiera, consiste ne tradurre questo insieme di letture incrociate in servizi, evitando così che esso rimanga solo un bell’esercizio accademico. Servizi e proposte che coinvolgano i visitatori, per fini educativi, per stage universitari o per programmi di turismo culturale.Se è vero che il paesaggio è uno dei tanti linguaggi che ci consentono di capire la cultura di un luogo (come la si può capire attraverso l'espressione artistica o attraverso il lingua parlata o attraverso l'analisi gli usi sociali), noi cerchiamo di partire dal paesaggio per arrivare alla cultura locale. Il tentativo è quello di far si che il visitatore - colui che viene da fuori e che vuole capire quel luogo - non venga coinvolto nei consueti programmi di visita monotematica (ad es il tour delle chiese romaniche o il tour gastronomico o il giro delle botteghe artigiane), dove ciascun elemento del percorso sembra sia posto lì per caso o sia nato dal nulla (non ci si domanda perché quella chiesa è in cima a quello specifico monte; perché si producono proprio in quel paese particolari manufatti, perché si mangia proprio quel piatto..) ogliamo, piuttosto, far si che il visitatore - per quanto possibile, data la complessità del tema - possa guardare al paesaggio dal punto di vista del locale; possa cioè vedere il mondo come lo vede chi abita quel luogo; possa concepire il tempo come lo concepisce o lo ha concepito uno del luogo.Riuscire a recuperare questo patrimonio di diversi modi di vivere e di vedere il mondo - che si riverberano anche sulle relazioni sociali, sulle relazioni economiche e si basano su un gioco di sponda tra ambiente, risorse e stile di vita - significa, non solo fare un lavoro di straordinaria importanza culturale ma anche dare a persone "senza terra" - come quelle che vivono nei grandi centri urbani (e non solo) - un contatto con una dimensione socio-economica caratterizzata da una relazione diversa e più intensa con il territorio.La sfida che vogliamo lanciare non è tanto quella di proteggere, conservare e fare un museo o meglio un mausoleo della civiltà contadina scomparsa ma piuttosto quella di riavviare un meccanismo inceppato, in

continuità con la cultura e con il passato ma capace di progettare il proprio futuro. Riuscire a rimettere in moto una possibilità di vita che possa attrarre persone, che possa ricreare un'economia locale, che sappia collegarsi alla propria storia e farne risorsa per il futuro.Un processo non facile ma certamente realizzabile che va in contro-tendenza alla tentazione a "toscanificare" il territorio, cioè a diffondere il sogno kitsch della campagna e del contadino felice; del paesino con gente affabile attorno al gran tavolo di rovere antica; del barattolino con la marmellata della nonna con la cuffietta di stoffa sopra. Ciò che vogliamo capire è se ci siano o meno usi e tradizioni locali ancora vitali che possano diventare risorsa ed essere interessanti come tali per dei visitatori. Ci interessano in particolare casi analoghi a quello che mi raccontavano al bar di Fontecchio, in Abruzzo. Mi dicevano di una particolare insalatina selvatica, un tarassaco, che cresce in una particolare zona, che viene raccolta in una particolare stagione e che viene utilizzata per fare una particolare minestra con un fondo amaro che viene fatta durante il periodo della festa della Madonna Addolorata perché ricorda l'amarezza della Madonna. Questa serie, mette in corto circuito biodiversità, usi sociali, stagionalità e concezione del tempo, alimentazione e risorse, religione e sue rappresentazioni, in un transetto che taglia la realtà paesaggistica e culturale mostrando collegamenti fra i diversi elementi, talora di natura funzionale, talora logica, talora emozionale e sinestetica.

Senza la pretesa di offrire un panorama completo della straordinaria complessità di un sistema paesistico (..bisogna passarci una vita in un luogo per conoscerlo e, forse, non basta neppure), proponiamo delle "pennellate", dei "transetti" che aiutino il visitatore a capire il punto di vista locale, la cultura locale, le sue logiche, le sue connessioni.L'ultimo stadio della filiera, come accennavo sopra, è quello di elaborare programmi piuttosto flessibili e favorire il contatto fra il visitatore o lo studente di fuori con la gente del posto, cercando di strutturare minimamente questa proposta e lasciandola sufficientemente aperta così da non ricreare il programma-pacchetto .

Per questa elaborazione, partiamo da un momento di lavoro di equipe e considerando alcuni elementi cardine di ogni cultura locale e di ogni insediamento. Per esempio il combustibile, l'acqua, il cibo o anche elementi immateriali come l'armonia e la bellezza, le relazioni sociali ecc.Partendo da ciascuno di questi elementi, si procede ad una sessione di brain storming con un gruppo affiatato ed eterogeneo di esperti. Col dialogo e la contaminazione reciproca, s'indaga come quel dato elemento (ad esempio l'armonia e l'estetica) si declina nei diversi ambiti della vita locale e del paesaggio.Si avrà quindi l'armonia di sapori in un piatto ben cucinato; il senso estetico nel piantare un filare o nel preparare un orto; il senso del decoro e della grazia nelle relazioni; la bellezza di una casa ben costruita e la ferita estetica di una nuova espansione edilizia. Avrò l'attenzione al decoro in un oggetto artigiano; la percezione di armonia del paesaggio; il piacere estetico di particolari luoghi o suoni; le opere d'arte sacre e profane ecc.Questa prima mappa mentale tracciata da esperti di discipline diverse, viene poi rafforzata e sustanziata da approfondimento disciplinari e dal dialogo con la gente del luogo.Ciò che prima dicevo sull’erbetta amara, nessun esperto, nessun botanico, nessun antropologo potrà metterlo in luce. Probabilmente, invece, parlando al bar con la gente del luogo può accadere di sentire fatti simili che è importante riuscire a captare e mettere in luce perché diventino - anche ma non solo! - un elemento di significato economico fortemente connesso con l'identità locale.

Francamente ho dei seri dubbi sul fatto che sia possibile ed auspicabile "museificare" il paesaggio e tutelarlo solo con leggi e regolamenti. Basta pensare a quanti sono i centri storici, a quanti sono i muretti a secco, a quanti sono i filari di alberi, quante le case sparse e quanti gli elementi impalpabili di un paesaggio. Quale è, poi, lo stadio che vogliamo conservare? Quale è quello "giusto" ? Il medioevo forse? O un indefinita stagione "bucolica" ? Nel paesino dove abbiamo la nostra sede - Fontecchio, vicino all'Aquila - la vecchia giunta comunale ha voluto dare alla piazza un tono "medievale" e quindi ha preso il monumento ai caduti - pagato coi soldi raccolti dalla gente - e lo ha tolto di mezzo. Molti si sono risentiti e, cambiata la maggioranza in Comune, è stato rimesso il monumento ai caduti al suo posto, creandoci però attorno un orrendo accrocco di aiuole e bandiere, con un'esagerazione nel senso opposto. Quindi, alla situazione originaria - una monumento senza pretese, in una bella piazza con edifici di epoche diverse - si sostituiscono nel giro di pochi ani due kitsh di senso opposto. Noi vogliamo cercare di evitare questi Kitsch, queste estremizzazioni non spontanee e riuscire invece a trovare metodi che permettano al visitatore di entrare dentro la cultura locale e trovate le chiavi per capire un luogo, chiavi economiche, chiavi delle risorse naturali, chiavi delle relazioni ecc. Ciò riuscirebbe anche a dare, a persone che vivono in ambienti sempre più alienanti, la dimensione di una relazione forte e necessaria con il territorio

Qualche tempo fa ero stato, sempre in Abruzzo, in un paese, vicino al quale hanno liberato degli avvoltoi provenienti dalla Spagna perchè ormai estinti in Italia. Chiedo ad un anziano signore: "dove si possono vedere gli avvoltoi?" e lui, un po' sconcertato: "no.. gli avvoltoi, no, no". Ribatto che mi era stato detto da amici e che mi dicevano fosse possibile vederli anche dal paese. Allora lui si illumina e mi dice "ah sì.. i grifoni!" Ho avuto la netta sensazione di avere di fronte, sovrapposti nella stessa persona, due mondi che non comunicano fra di loro. Perché i grifoni sono cosa che egli ha percepito essere bella, nuova e ricercata dai turisti. Mentre gli avvoltoi sono una cosa antica e schifosa come tutti i rapaci che si ricordava dalla sua infanzia. I due livelli si sovrappongono senza dialogare. Il nostro tentativo è quello di ricucire questi due sistemi culturali e far si che un passato, che spesso viene buttato via, e un presente "restaurato-recuperato-tipico" che piace tanto ai turisti, riescono a dialogare e a contaminarsi reciprocamente, a trovare un continuità culturale, prima che economica, che li leghi. Solo così questo passato moribondo potrà evitare di evolvere in un moderno funzionale ma anonimo e di lasciare sul paesaggio i segni della sua degenerazione. La Word Tourism Organisation ci dice che c'è una tendenza molto forte all'aumento dei turisti fra il 35 e i 55 anni che viaggiano per capire, che rifiutano il pacchetto tutto compreso e che cercano esperienze vere ed esclusive, capitante "solo a loro". Se ci si fa caso, molto spesso, quando si viaggia, quello di cui ci ricordiamo meglio e più volentieri, non è tanto la visita standard al Colosseo ma piuttosto di quando, mentre andavamo a visitate il Colosseo, ci è successo di incontrare una data cosa o persona inaspettata, vera e sorprendente. Quella cosa trovata per caso diventa l'elemento esclusivo più interessante di un viaggio, altrimenti banale.

Bernard Cova, un autore francese, mette in luce, nel suo bel libro "Marketing Tribale", alcuni aspetti molto utili per il nostro ragionamento. Cova individua fra le nuove "tribù urbane" anche quella che è l'oggetto del cosiddetto "retro marketing tribale". Si tratta di una forma di marketing che si rivolge a persone sensibili al "gesto autentico" e non commerciale. Interessante è il grafico che Cova propone per rappresentare la mappa dei diversi atteggiamenti di marketing (vedi figura). Abbiamo un grafico a croce dove, sulle ordinate, troviamo la minore (in alto) o maggiore (in basso) "commercialità" dell'atteggiamento di vendita di un prodotto; sulle ascisse abbiamo, invece, la maggiore (a destra) o minore (a sinistra) profondità di contenuti, storia e passione che il prodotto contiene. Nel quadrante in alto a destra, per esempio, si colloca il vecchio pastore, incontrato sulla Gran Randonné in Corsica che ci ha invitato nel suo stazzo e ci ha venduto il formaggio, quasi tale vendita fosse cosa accessoria, non indispensabile e ce ne ha invece generosamente regalato un altra forma assieme al pane che - diceva - non si può far pagare (al viandante). Questo gesto è percepito come poco commerciale, profondo, frutto di una cultura della relazione e dell'ospitalità. Sul quadrante opposto, in basso a sinistra, abbiamo, ad esempio, i villaggi Valtur dove l'ospite trova l'inno Valtur da cantare ogni mattina ed dove lo stile è ovunque uguale: un atteggiamento fortemente commerciale e standardizzato.Da un lato, quindi, abbiamo la standardizzazione dei servizi che è poi quella verso cui va l’Europa degli ISO e che fa sì che venga tolto il bancone di marmo locale per mettere ovunque quello di acciaio inossidabile, "a norma". Dall'altro lato, invece, c’è la domanda e la tendenza a valorizzare la "diversità" per fini culturali ma anche economici.

Il processo di "valorizzazione" della diversità che stiamo cercando di percorrere con i nostri programmi, passa attraverso strumenti di partecipazione delle comunità locale, conditio sine qua non per la realizzazione del "prodotto". Nasce perciò, anche in questo settore, un nuovo ruolo professionale. Come l'urbanista, che prima era il portatore delle tecniche indiscutibili per pianificare le città, sempre più negli ultimi anni sta assumendo anche il ruolo di facilitatore di processi sociali che ascolta la gente e poi contribuisce con la propria tecnica. Analogamente, gli insegnanti, visti prima solo come portatori di saperi e di discipline, diventano oggi sempre più facilitatori di crescita e di sviluppo dei ragazzi. Ed anche nel campo del turismo culturale, sempre di più si passerà dall’esperto che guida a vedere le chiese romaniche a quello che facilita la relazione fra turisti, territorio e comunità locali. Facilitando la relazione con il territorio faccio sì che esso ed i suoi significati recuperino un valore economico che non è più quello tradizionale ma di esso è l'evoluzione e l'apertura verso l'esterno. Grazie a questo nuovo significato economico degli elementi del paesaggio e della identità locale, faccio si che essi possano vivere ed evolversi anziché sopravvivere fino al loro rapido esaurimento.

CLAUDIO MAMMOLIStiamo arrivando alla conclusione di questa prima giornata. Ora è previsto un incontro piuttosto particolare: una tavola rotonda, un giro di opinioni sul tema della partecipazione fatto tra gli amministratori. Questa mattina la maggior parte degli interventi sono stati fatti dal punto di vista tecnico, anche se in alcuni casi abbiamo visto che sono stati gli amministratori stessi a presentare i vari casi ed esperienze, volevamo però dare questo segno particolare: tentare un rapporto diretto con gli amministratori e sentire cosa ne pensano su questo tema, “il recupero del ruolo partecipativo degli abitanti e la sostenibilità dei processi” il compito di seguire questo incontro, di faciltare questo giro di opinioni è affidato a Raymond Lorenzo che solleciterà ad esprimersi sull’argomento gli amministratori presenti e che si invitano a sedere a questa tavola: il sindaco del comune di Corciano, il sindaco del comune di Montone, rappresentanti di due centri che sono stati oggetti degli studi sviluppati dalla Provincia di Perugia per questa esperienza, il rappresentante della municipalità di Pelotas che è Miriam Marroni, il rappresentante della municipalità di Caxias do Sul che è Mauro Cirne, il sindaco del comune di Meta, Carlo Sassi che è qui presente come Provincia di Napoli in quanto il lavoro della Provincia di Napoli riguarda specificatamente, come abbiamo visto questa mattina, i patti territoriali della penisola sorrentina di cui il Comune di Meta è capofila.

RAYMOND LORENZO Urbanista esperto in strategie partecipativeBenvenuti tutti alla tavola rotonda. Io avrò il piacevole e forse difficile compito di facilitare un dibattito tra un gruppo di amministratori per cercare di focalizzare alcuni temi per noi importanti. Volevo cominciare con due minuti di introduzione e poi dare l'avvio al breve intervento dei politici, magari poi, cercando gli amministratori, stimolando un dibattito.Vorrei cominciare con una piccola riflessione, di tipo “ispirazionale”, mi auguro pertinente con gli obiettivi della nostra rete e del nostro progetto. E’ una breve citazione da un’intervista di Giorgio Gualdrini a Giovanni Michelucci, che forse tutti in Italia conoscono come architetto e maestro, ma forse all'estero non è tanto conosciuto, riportata nel volume “Appunti per una urbanistica raccontata ai ragazzi” che questo autore ha pubblicato, con La Nuova Età di Faenza, nel 1990. Ho travato queste frasi di Giovanni Michelucci molto significative per il nostro lavoro e spero che lo siano anche per voi. “Io sono in un bosco ed in questo bosco vedo che c'è una capanna piccola, molto piccola, mal ridotta, certamente abbandonata. Poi, avvicinandomi, mi accorgo che non è abbandonata ma che c’è gente dentro. Qualcosa si muove. C'è gente? Ma chi può abitare lì dentro? Quanta gente? Una, due persone? Come mai?. Allora mi avvicino più che posso e, ad un certo momento, attraverso un'apertura che è nella capanna, vedo l’ala di un Angelo che si sta movendo là dentro.Ecco la ragione! Questo spazio non è adatto agli uomini. L'uomo (così com'è) non arriva a capire tutto quello che può dare una capanna come questa; un Angelo si. Allora significa che è l'uomo che deve cambiare. Bisogna acquisire quella sensibilità per cui un oggetto, anche una misera capanna, può diventare essenziale e non è mai lontano dalle nostre possibilità di usarlo e di trasformarlo, poiché quell’Angelo metteva o posto tutti gli oggetti che stavano dentro a quel piccolo ambiente e questa delicata operosità gli permetteva di conquistare uno spazio sufficiente e bello per vivere.”Lo spazio può bastare se lo sappiamo amministrare con creatività.Il significato qui che vedo io è il mettere a posto gli oggetti che siano ambientali, sociali, relazionali, politici, ma soprattutto con una delicata operosità e penso che questo lo abbiamo sentito negli interventi di questa mattina, magari quando Luciano Pantaleoni ha descritto i dettagli del lavoro alla scala di una casa o di un quartiere, o quando si parlava, Savarese per esempio, dei lavori che uno dovrebbe fare a livello politico per spostare gli oggetti con persone e idee.Ho sentito, recentemente, una conversazione fra un direttore generale, due assessori ed un paio di tecnici di un comune umbro in cui dicevano: “Ormai in Umbria ci siamo. La partecipazione è arrivata (è normata), ci stanno le leggi … l'urbanistica tradizionale è ormai tramontata”. Allora, ho messo su le mie “antenne” perché sapevo che nel Work Shop che avrebbe seguito quella conversazione sarebbero emerse tutte le difficoltà che avevano avuto nell’avviare, nel proprio comune, una strategia efficace di partecipazione. Nel workshop chiedevano come fare funzionare quel processo partecipativo, come gestire i passaggi essenziali. Appunto. Come applicare quella “delicata operosità” che deve essere alla base di tutti processi di partecipazione e di pianificazione. Non è ancora molto diffuso il “come” della nostra operosità.Comunque le opportunità ci sono: le leggi, anche i finanziamenti, in alcuni casi. L'attenzione degli amministratori e di alcuni tecnici è alta, però esistono ancora molti problemi operativi e strategici. Le discussioni nell’arco degli ultimi due anni nell’ambito della rete URB-AL ha evidenziato fattori favorenti, criticità e lacune nelle esperienze di partecipazione. C’è da ragionare e lavorare molto ancora, anche se possiamo sottolineare ad esempio gli anni della cooperativa Andria che ha anche la qualità architettonica più complessa e di maggiore qualità; abbiamo anche assistito ad una crescita del senso di appartenenza dei cittadini ai luoghi e anche al territorio ed ancora al processo che si è avviato, di maggiore avvicinamento e

fiducia fra le istituzioni e i cittadini, aumento di senso civico e una presa di coscienza delle responsabilità dei cittadini non solo di ricevere dall'amministrazione ma anche di dare e contribuire. Però quali sono le incongruenze e lacune che sembrano emergere: le leggi promuovono e reclamano la partecipazione, ma senza precise indicazioni attuative o operative è un problema oppure è bene che non venga detto esattamente come si deve fare la partecipazione?Chi pratica la partecipazione (spesso fra di noi penso che siamo diventati molto amici anche nella rete di URBAL perché sono gli stessi valori che muovono le persone) spesso utilizza strumenti, approcci, metodologie diverse che vengono da mille fonti: la cultura locale, il campo in cui uno offre le sue esperienze professionali, un momento storico nel paese eccetera.Ma probabilmente, dobbiamo ammettere, che nel settore privato e pubblico ci sono ancora molti tecnici preparati solo in “teoria” …ma non nella “pratica” della partecipazione. Questo è un “chiodo duro” in Italia. Rispetto alla formazione dobbiamo considerare il ruolo dell'università e degli ordini professionali. Però nell'università, almeno in Italia, è solo da pochi anni che si comincia a “parlare della partecipazione” in una maniera consistente. Alcuni nostri amici “Guru nell’Accademia” sanno che da 20 o trent'anni parlano nel deserto. Adesso il contesto (sociale, amministrativo) è pronto, ma ancora l’Italia è molto più legata ad un approccio teorico piuttosto che alla “pratica” … su come fare. Forse non è considerato centrale il ruolo dell'Università nell’insegnare “come fare” anche nei campi tecnici (!!!). Infatti, è difficile trovare documentazione di buone pratiche. Proprio quello che abbiamo cercato di fare qui nella Rete URB-AL e aumentare ancora di più la ricerca di un linguaggio comune per capire di cosa stiamo parlando. Abbiamo evidenziato un bisogno per un glossario che sottolinea il significato delle parole che utilizziamo.Poi ci sono altri problemi e questi sono “mete problematiche”. Nel contesto di URB-AL stesso, abbiamo sentito di esperienze precedenti che potrebbero essere considerate “negative”, per mancanza di fiducia da parte dei cittadini rispetto - appunto - alle antiche forme di partecipazione o di non partecipazione. E, poi, i soliti problemi dei “tempi” … sono più lunghi con la partecipazione o sono più brevi? Questo è un dibattito aperto.In fine, c’è la questione economica. I costi della partecipazione. Costa di più fare piani e progetti con la partecipazione o costa di più fare senza la partecipazione? Ci sono due scuole di pensiero in questo ambito. Detto questo, chiederò ai nostri amministratori di fare, se è possibile, brevi interventi cinque o dieci minuti in cui, partendo o dalla propria esperienza o anche da osservazioni, da riflessione teorica, o dalla vita di amministratore in contesti partecipati, non partecipati eccetera, ragionare su alcune cose, in modo di capire se anche il politico, cioè l'amministratore, vede situazioni o occasioni che sono favorevoli ad una migliore partecipazione, il nostro famoso fattore favorente, quale potrebbe essere un qualche cosa che fa funzionare meglio il rapporto fra l'amministratore ed il cittadino e, anche nel settore comunale, quali sono le criticità o problematiche che abbiamo visto nel passato e ancora oggi giorno, sia in merito alla partecipazione nella trasformazione del territorio e della valorizzazione dello stesso e sviluppare poi anche qualche proposta e riflessione per il futuro; vale a dire, che cosa si potrebbe fare in meglio dal punto di vista dei principi, non so se vogliamo dire strategie, strategie politiche; come le politiche potrebbero cambiare per meglio accompagnare questo tipo di partecipazione o promuovere questo tipo di partecipazione Cominciamo con Miriam Maroni, grazie

MIRIAM MARONI Vereadora ao Conselho Municipal de Pelotas/RSBoa tarde a todos e a todas. Quero agradecer a URB-AL - Claudio, Marcello – pelo convite. Desta vez eu pude participar. Para nós de Pelotas é uma honra podermos dividir experiências, aprender um pouco mais. Trago aqui também um abraço do Prefeito Marroni, que infelizmente não pode comparecer neste último encontro. Mas todo o compromisso da Administração Municipal, na presença da nossa Secretária Renata, que nos orgulha com o seu trabalho, orgulha a nossa Administração.Venho aqui para falar um pouco também de uma luta do nosso Partido, da minha bancada, da minha Prefeitura hoje, que governamos, esta de Pelotas, a Frente Popular, e também hoje governando o país: o Presidente Lula. O Ministro Gilberto Gil, que esteve há pouco em Perugia, numa atividade de encontro de Prefeitos, onde já apresentamos as intenções do meu País, de estabelecer essas relações com a União Européia em vários setores: da economia, do patrimônio, porque aqui é o berço da cultura. A diferença é gritante do tempo, da história. Nós temos 500 anos. Quando chegamos aqui, encontramos uma ancestralidade de um passado convivendo com o presente que deve traduzir, Marcello, um comportamento a ser percebido por nós - porque nós vivemos com um passado muito recente . Então este aprendizado na Europa, e principalmente com os italianos e franceses, onde conseguimos estabelecer um vínculo de afeto que superou a troca de experiências. E é o grande valor da experiência é essa. E tivemos a oportunidade de sediar o encontro da URB-AL em Pelotas, aquela cidadezinha lá do interior, final do Brasil. Um país continental, que é o Terceiro país maior do mundo, um país que é a 10° economia do mundo, mas que é o país de maior desigualdade social do mundo, onde 1/3 da população passa fome.

Essa realidade, um país de múltiplas culturas étnicas, que não tira a capacidade da identidade de ser brasileiro: eu sou de origem italiana, mas jamais diria que sou uma ítala-brasileira, sou brasileira. Isso é uma característica do povo brasileiro, temos origens portuguesas, italianas, espanhola, negro (básicamente a minha região, a minha cidade tem 48% da população negra), Bahia tem 80%, que é um outro Estado. Então essa multicultura tem uma característica importante que é o orgulho de ser brasileiro. Se cria essa identidade, que se estrutura à partir dessas outras raízes, mas que não se confunde com a idéia de ser brasileiro.Então nós, lá no interior do Brasil, estamos lidando com essa diversidade, com esse desafio de um país e governantes:eu sou do Poder Legislativo, e o compromisso político com o Poder Executivo. O desafio que se tem no Brasil é, não se fala em patrimônio, pelo menos a concepção do povo, concepção dos políticos, todos no seu discurso defendem a questão do patrimônio, por uma questão de discurso, para não ficar mal. Mas na prática a ação do Governo é uma ação, realmente, que se compreende. O Brasil é um país que precisa resolver problemas emergenciais de fome: na minha cidade nós temos 30 mil pessoas passando fome, uma população de 325 mil, onde 30 mil passam fome. O Prefeito Marroni tem um desafio que é saneamento básico, água e esgoto, moradia. Diferente da realidade européia do qual essas coisas da infraestrutura da vida, elas estão práticamente resolvidas. Não se tem problema do abastecimento de água, de iluminação, asfalto. Nós temos esta realidade brutal a ser resolvida no país. E é a grande contradição, pois nós somos a 10° economia do mundo e não conseguimos, por concentração de renda (tem muito dinheiro na mão de muito poucos).Nesse sentido o despertar do compromisso político no meu país, é fazer com que essas ações do desafio, da infraestrutura, elas estejam casadas com uma concepção da história, da identidade, do patrimônio. Porque se considerarmos mais barato construir a escola nova, a caixinha de cimento, e não aproveitarmos um prédio que está lá na lista de inventário da Secretaria de Cultura, porque sai mais caro a conservação, e a preservação do patrimônio, e a revitalização. Se sai pela via mais fácil, mais econômica, mais imediata. O grande convencimento - não do meu Prefeito, nem do meu Presidente -, é fazer com que o comportamento popular, fazer com que os poderes constituídos, Legislativo, o Judiciário, que tem tido uma atuação, e que está se encontrando, o Judiciário .. Um parentesis aqui . O Judiciário. Quando se tem um processo de não respeito da lei municipal, quando derrubam um prédio inventariado, se recorre à Justiça, e no Brasil a Justiça não tem uma legislação específica sobre como julgar, nem o Judiciário tem um conhecimento da questão do julgamento de um patrimônio histórico, como ele se dá, qual é a legislação. Temos uma, duas ou três legislações criadas, sem muita discussão. A nossa em Pelotas, a 7 anos atrás, que eu sou autora, do Sistema Municipal do Patrimônio Histórico, foi votada no escuro, sem muita discussão para não chamar a atenção dos investidores imobiliários, porque a pressão era imensa. Para que conservar esta velharia que atrapalha o investimento econômico? Porque falta essa percepção da combinação da história e do moderno, que é possível conviver, mantendo a característica da cidade, que nós somos o maior patrimônio eclético do país, com uma diversidade de linhas arquitetônicas – neo-clássico, colonial , e... e que 2200, Renata, prédios inventariados, e que sofrem uma pressão. Eu chegando lá, tenho que participar de uma reunião com um empresários da construção civil e dos que trabalham com aluguéis (esqueci a organização lá), justamente pressionando, me pressionando. Porque eu lidero lá essa questão do patrimônio, no Legislativo, para que nós possamos retirar do inventário, dos 2000 prédios, alguns prédios para serem retirados do patrimônio e poderem ser destruídos.Então nós estamos ainda nesse processo, de convenci... Melhorou. O nosso Governo conseguiu sensibilizar através da questão da Lei Municipal, da isenção do IPTU, onde quem vai investir, no seu prédio, possa ser isento dos impostos municipais. Isso deu uma melhorada significativa, todas as ações de ocupação e revitalização de alguns espaços que foram revitalizados, ocupação do banco, ocupação do restaurante, algo que a população possa conviver. Não mais só museu, algo que é fechado,que pinta e ninguém entra. Essa é uma idéia que começou a ter simpatia da população, onde ela... Nós compramos um hotel antigo, na volta da Praça, do qual as Secretarias Municipais, vão ser ocupadas pelas Secretarias. Isso não é comum lá. Como essa experiência que, Santa Maria, o Presídio que visitamos ontem, que a Universidade está ocupando, e ficou bélissimo! Tiramos muitas fotografias para mostrar como se lida com esta combinação do moderno da história.Nos preocupa também, aí nós temos que convencer o legislador, porque se ele não tiver convencido: ele é pressionado pelo poder econômico, da visão do moderno, da visão estreita do moderno. Convencer esta questão também da concepção do conceito de cultura. Quando alguns se convencem, se covencem pelo método oficial ou pelo patrimônio oficial: da família do grande nome, do grande prédio- isso basta! Hoje nós trabalhamos com esse projeto da Secretaria, que é a Casa de Memórias. Começou pelo meu bairro, do qual eu tive o prazer de poder ajudar a construção dessa história não oficial, dessa história do valor do morador do bairro, que criou uma lógica e uma cultura diferenciada, e que nem sabe que tem

raízes, que é importante, que precisa ser materializada a história das pessoas. E não só a história oficial, a história reconhecida dos Barões, dos Poderosos.Então nós estamos... Já? E’ difícil!Estamos em várias frentes. O desafio é convencer os poderes constituídos, que no Brasil são os que detêm o poder, que detêm o dinheiro: o poder econômico, político, poder legislativo, poder executivo (são as Prefeituras, o Estado, o Governo Federal) - são os grandes financiadores de qualquer ação. Eles têm que estar juntos. Penso que naquele grande momento em Pelotas, onde nós tivemos a oportunidade de receber os companheiros para essa discussão, e chegar lá no interior do Rio Grande Sul uma delegação européia, é algo que chama a atenção para nós. Não somos ainda um país Tupuniquim mas... Não estamos acostumados com essas relações permanentes de trocas de experiências, e cometemos um erro aqui, Marcello, de não termos aberto melhor, para que o Poder Legislativo pudesse ter ouvido melhor quais as ações que hoje o grande exemplo europeu traz.A Miriam Marroni chegando lá, e relatando aos vereadores as nossas discussões, não tem o mesmo peso, que teria esta Delegação, que tem história, que tem desenvolvimento econômico, para o Poder Legislativo. Porque é um problema grave no Brasil, o papel do Poder Legislativo.Lá, para encerrar.. Na verdade essa é a parte mais importante dessa nossa experiência. Quero pedir diesculpas aqui, que não pedi, por não ter trazido o nosso data show com esta representação, que é a participação popular. Eu estava em férias, no meio do Brasil, com 38° e mandei buscar o meu casacão para poder vir. Para a neve que foi uma, um presente!Nós temos uma experiência prática do Orçamento Participativo, onde.. E’ uma experiência prática do Partido dos Trabalhadores de todas as Prefeituras que nós governamos no país, que é o OP. O OP se estrutura da seguinte forma:Dividimos a cidade em regiões, lá, no caso 10 regiões (isso varia), 10 regiões dos quais o Prefeito nomeia um cargo de confiança para coordenar cada região (tem um nomeado pela Prefeitura). Em seguida há uma mobilização, plenárias regionais para informar como o Orçamento Participativo se estrutura. O terceiro momento, o Prefeito chama a reunião, do qual ele apresenta o Orçamento, apresenta a situação da Prefeitura, gastos que são permanentes, dificuldades, dívidas, juntamente com o projeto que foi eleito. Porque antes de qualquer participação, há um projeto político a ser eleito, ele foi eleito em cima de propostas. Então não se abre mão daquilo que foi votado no processo eleitoral, que elegeu o Prefeito. Combinado com os princípios dos quais o Partido foi eleito, nós vamos trabalhar parte do Orçamento, onde a população ela decide ONDE vai aplicar. Onde ela aplica? Quais as suas necessidades? Então nós temos delegados nos bairros, eleitos na assembléia do bairro (para cada 10 presentes tem o direito de eleger 1 delegado), posteriormente há uma plenãria regional, dos quais se elege um Conselho. Os delegados dos bairros elegem um Conselho. Este Conselho, sim, atua permanente. Ele tem reuniões semanais, com o Coordenador do Orçamento Participativo, que é cargo de confiança do Prefeito, junto com os sub-governadores das regiões e os conselheiros, que são todos participantes da população. Esta tarefa então, de continuidades plenárias, decide o Orçamento que é colocado à disposição, decide prioridades. Não tem dinheiro para tudo. O que se apresenta? Os Secretários apresentam todo o plano de governo, e dentro deste plano e alterações, e do dinheiro que é pouco, se decide o que é que primeiro se faz.Os grandes desafios... Isso está em construção.. Não é uma experiência pronta, acabada. Nós estamos reformulando a cada...Nós temos mais ou menos 16 anos de experiência, em função da Prefeitura de Porto Alegre, que é a capital do nosso Estado. E a cada momento nós estamos reformulando essa experiência da participação popular.Ela é objetiva, ela é grandiosa, ela é o nosso princípio político. Porque quem paga imposto é a população, e ela tem o direito de decidir aonde quer que se aplique.A nossa nova experiência é com a Casa de Memórias: discutir, combinar todo esse desafio com a origem, com a cultura, com a identidade, com auto-estima, que é para nós fundamental que a população possa perceber a que região ela per...(Fine lato A)

Lato B ... tamento das pessoas, principalmente um país como o Brasil. Os modelos importados. E a globalização, ela é um risco para isso. Então nós estamos num momento de ressaltar as nossas origens, as nossas identidades, extrapolando inclusive esse patrimônio oficial trabalhando com a Casa de Memórias essa identidade local e regional.Obrigado

RAYMOND LORENZOAdesso il sindaco di Meta, grazie

CARLO SASSI Sindaco di MetaBuona sera, io innanzitutto saluto tutti i partecipanti colleghi che sono qui: i rappresentanti della provincia di Perugia che é il capofila del progetto URBAL, porto il saluto dell'Assessore Allodi, assessore alle politiche della comunità della provincia di Napoli e del presidente Amato Lamberti, che non sono potuti intervenire.Io in questo momento rappresento il Comune di Meta che è partner della Provincia di Napoli in questo progetto. Innanzitutto, perché il Comune di Meta è partner della provincia? Perché la Provincia di Napoli, nel momento in cui ha deciso di partecipare a questo programma ha scelto il comune di Meta, in quanto comune coordinatore del Patto Territoriale della Penisola Sorrentina; cioè ha scelto un'organizzazione già esistente, che già aveva in atto iniziative e programmi inerenti le politiche della programmazione negoziataQuindi, facendo una panoramica complessiva e riprendendo quanto diceva prima Ray Lorenzo sui nuovi strumenti di pianificazione partecipata (contratti di quartiere, vari strumenti di programmazione negoziata, ecc.), dobbiamo dire che questi strumenti erano stati portati avanti dal governo dell'Ulivo e che il nuovo governo aveva prima decretato la morte di questi strumenti di programmazione negoziata e poi si era ricreduto nel tempo facendo una clamorosa marcia indietro, ma, nel fare la marcia indietro, ha deciso anche di regionalizzare gli strumenti della programmazione negoziata. Quindi questi strumenti già dal 2003 dovevano essere regionalizzati, ma in effetti solo nel luglio scorso, con l'ultima delibera del CIPE, si è di fatto conclusa la regionalizzazione e adesso le varie regioni devono stipulare gli accordi di programma nell'ambito dell'Intesa istituzionale Stato-Regioni, per il trasferimento effettivo delle funzioni sulla programmazione negoziata.Noi, penisola sorrentina, scegliemmo lo strumento del patto territoriale, vicino a noi; nell'area stabbiese tornese. invece, è stato scelto uno strumento diverso quale è il Contratto d’Area, la PES, Noi quindi abbiamo scelto quest’altro strumento che parte proprio dalla base, la programmazione secondo le richieste della base. Il patto territoriale parte dalla istituzione di un tavolo di concertazione, tavolo di concertazione che rappresenta tutti gli organismi a livello di rappresentanti territoriali, rappresentanti dei lavoratori, delle organizzazioni, delle istituzioni. Noi abbiamo istituito il tavolo di concertazione e dopo varie fasi che sono durate due anni e quindi una non semplice fase di concertazione, abbiamo sottoscritto il protocollo d'intesa del patto territoriale e abbiamo avuto l'autorizzazione dal ministero all'istruttoria e così viaFanno parte del Patto Territoriale della penisola sorrentina i comuni che vanno da Vico Equense a Massa Lubrense: VicoEquense e Meta, Piano di Sorrento, Sant’Aniello, Sorrento e MassaLubrense, i sei comuni della penisola sorrentina. abbiamo anche costituito il Soggetto della gestione, all'epoca in cui la provincia ci ha chiesto di collaborare non lo avevamo ancora costituito, ma tra i nostri, diciamo promotori, che adesso sono divenuti gli azionisti, abbiamo rappresentanti degli albergatori, rappresentanti dei sindacati, rappresentanti dei sindacati dei balneari come imprenditori, abbiamo la lega delle cooperative, abbiamo il banco di Napoli, ex banco di Napoli ora San Paolo e altri piccoli, la CAI, una associazione di cooperative eccetera. Si tratta quindi di un partenariato abbastanza vasto e rappresentativo, da qui la scelta della Provincia di Napoli di portare in URB-AL il Patto Territoriale, rappresentato dal Comune di MeTa quale ente coordinatore. Nell'ambito del nostro progetto noi abbiamo scelto tre interventi, alcuni dei quali erano già diciamo in itinere e in particolare quello nel Comune di Meta che riguardava il recupero di vecchi fabbricati. Non si tratta di recupero fine a se stesso; con una manifestazione che è giunta al quinto anno e che si chiama Meta porte aperte, noi facciamo aprire tutti i fabbricati, invitiamo gli abitanti, che collaborano in maniera sempre più forte, ad aprire tutti i fabbricati storici, i portoni più importanti, per consentire la visita da parte di coloro che lo desiderano. Questo quindi diventa un momento culturale e turistico nello stesso momento, ma è anche un momento partecipato perché poi la gente, i proprietari che ci tengono, diciamo così, a far bella figura, fanno la manutenzione di questi fabbricati, il recupero dei portoni, ecc., quindi riusciamo ad ottenere il recupero dei fabbricati e nello stesso tempo a rivitalizzarli, farli diventare attrattori turistici eccetera e ogni anno noi cerchiamo di realizzare il restauro di qualche cosa, di un'opera. Una volta abbiamo restaurato una vecchia fontana, un'altra volta una piccola cappella, ancora un dipinto eccetera, quindi ogni anno finalizziamo questa manifestazione ad un recupero, al restauro di una di quelle opere che riteniamo di poter fare nel suo ambito; ma la cosa più importante è la partecipazione dei cittadini perché senza il coinvolgimento attivo dei cittadini questa manifestazione non potrebbe avvenire. Il Comune di Meta ha delle grosse tradizioni marinare; diciamo che prima dell'avvento delle costruzioni delle navi in ferro, Meta, insieme al vicino Piano di Sorrento, era il secondo polo di costruzioni navali in Italia di navi in legno e le navi che qui si costruivano erano navi transoceaniche che facevano viaggi all'estero, esportazioni. Quindi in questo luogo c'erano armatori, padroni di navi, comandanti, oltre che marittimi

semplici. Ciò comportava che Meta fosse un paese abbastanza ricco in cui questi armatori, questi capitani costruivano delle case abbastanza di lusso, molte volte importavano delle idee che venivano dall'estero e le facevano realizzare. Si tratta quindi di un centro storico minore abbastanza importante piuttosto bello, anche se da recuperare e da mantenere e quindi bisognoso di interventi. Ecco perché abbiamo pensato di abbinare questa nostra iniziativa, come Comune, al progetto URBAL. E questo è quanto riguarda il Comune di Meta.Al Comune di Piano, perché tre sono le iniziative che noi abbiamo inserito in questo progetto, attiene la seconda iniziativa presentata. Essa riguarda un fabbricato che si chiama Villa Fondi di Sangro, il fabbricato in cui noi abbiamo tenuto un seminario qualche mese fa, durante il 2° Incontro intermedio del Progetto URB-AL dell’ottobre scorso e che apparentemente è un falso storico, in quanto esso è un fabbricato che è crollato per l'80% durante il terremoto dell'’80 e che la vecchia Amministrazione Comunale di Piano prima voleva ricostruire in modo, diciamo, futuristico: molto moderno, in acciaio e cristalli, ecc., ma che ha avuto da parte della Sopraintendenza un diniego, partendo dal quale si è arrivati invece a questa ricostruzione. Il fabbricato oggi, per la parte esterna, è perfettamente identico a quello esistente prima del terremoto, ma nel sottosuolo è stata realizzata la sala congressi ed altre sale. La cosa importante di questa esperienza è che oltre ad aver recuperato, con questo “ falso storico” il fabbricato esattamente come era reinserendolo tra quei fabbricati storici caratteristici che si affacciano sul mare, è stato possibile sistemare al suo interno un museo archeologico oltre che quella sala congressi, sala congressi che il Comune di Piano gestisce organizzandovi molte manifestazioni per lo più locali.Questo era il secondo esempio che noi abbiamo voluto mettere in questo progetto URB-AL proprio per segnalare il caso di un recupero, in questo caso di una ricostruzione, fedele al fabbricato storico originario che ha comportato una riqualificazione urbanistica passando dalla residenza che era, residenza dei Principi Fondi di Sangro, a struttura di servizio restituita al territorio, in parte sotto forma museale, in parte sotto forma congressuale.Il terzo esempio invece è un piccolo borgo marinaro in Comune di Massa Lubrense a confine con Sorrento, un borgo marinaro dove gli stessi abitanti si sono costituiti in una associazione a tutela del borgo, ed in cui, quindi, l’iniziativa partecipativa principale è proprio degli abitanti che,costituendosi in associazione, praticano la tutela ed agiscono contro lo stravolgimento del borgo: recupero e valorizzazione dei caratteri originari.Questa era la caratteristica importante che pensavamo ben si sposasse con la linea di URBAL: una sinergia tra gli attuali residenti e l'amministrazione Comunale per realizzare un recupero reale del villaggio, senza destinazioni esclusive e soprattutto monouso per esempio esclusivamente turistiche, salvaguardando le residenze e salvaguardando poi quello che era il nucleo storico abitativo.Chiedeva prima l'architetto Lorenzo di formulare qualche ipotesi su possibili sviluppi di queste iniziative. Una l’ha lanciata questa mattina il dottore Savarese ricordando che, nell'ambito del Por Campania 2000-2006, la Regione Campania ha destinato il 30% di tutti i fondi europei ai progetti integrati, nel logico prosieguo di quella che è l’idea della programmazione negoziata nata dal governo dell'Ulivo.Uno di questi progetti integrati è il progetto sorrentino amalfitano che è nato su proposta possiamo dire della base, cioè sulla proposta messa insieme dai comuni delle aree che prima avevano lavorato sui due Patti territoriali unificandone i progetti e che hanno chiesto alle rispettive province di agire affinché la regione Campania individuasse uno dei progetti integrati nel progetto sorrentino amalfitano, che è a cavallo tra due province e quindi è stato il primo progetto diciamo interprovinciale; una sorta di esperimento che la Regione Campania ha accettato, una specie di sfida che abbiamo proposto alla Regione e che la Regione ha accettato. Al momento la prima fase si è conclusa, il Nucleo di Valutazione ha completato il suo lavoro e, tra poco, partiranno gli interventi.Quale era, diciamo, il progetto? l’idea base di questo progetto integrato è un turismo di qualità, vale a dire andare a ricercare un’ulteriore di qualità nell’offerta turistica su due zone le cui caratteristiche sono, da una parte, la costiera amalfitana, patrimonio dell'Unesco, che già ha un turismo particolarmente di qualità, e dall’altra la penisola sorrentina che ogni anno conta oltre tre milioni e mezzo di presenze e quindi rappresenta uno dei poli turistici nazionali. Il progetto è quindi la creazione di un distretto turistico che potrebbe nascere, anche in esecuzione della 135 la nuova legge quadro sul turismo, proprio dall'integrazione dei due patti territoriali e come continuazione delle attività di questo progetto integrato, che segue le attività della programmazione negoziata con i suoi tavoli di concertazione, la rappresentanza di tutti i comuni e poi di tutto il partenariato sociale che hanno proposto e condiviso le azioni i cui strumenti potrebbero essere costruiti in modo integrato e partecipato all’interno di un secondo progetto URB-AL. Grazie

FRANCO CAPECCI Sindaco di MonnetoBuona sera, porto il saluto dell'Amministrazione Comunale di Montone a tutti gli ospiti e soprattutto agli amici che vengono da fuori, un ringraziamento alla Provincia di Perugia per aver preso e inserito in questo programma il nostro piccolo borgo. Io rappresento 1560 abitanti che vivono in un territorio di circa 50 chilometri quadrati. Il borgo è nato nell'anno 1000 circa ed il suo massimo sviluppo è stato raggiunto nel tardo medioevo, tra il milletrecento ed il millequattrocento.

Montone è la terra di Braccio Fortebraccio, un capitano di ventura che il sindaco di Corciano conosce per memoria storica; è un piccolo borgo, ripeto, con una popolazione che oscilla, a seconda del periodo che si guarda, tra 300 abitanti in inverno e i 400 durante il periodo estivo quando il borgo viene ripopolato dai turisti, soprattutto, ma anche da gente che negli anni del dopoguerra è emigrata ed ha comunque conservato le proprie radici storiche a Montone.Montone negli anni ‘60 è stato interessato da un grave, anzi gravissimo, dissesto idrogeologico in conseguenza del quale, ha avuto accesso ai fondi dallo Stato italiano per gli interventi di consolidamento dei centri abitati in frana. La scelta è stata quella della regimazione delle acque e della impermeabilizzazione complessiva del colle su cui sorge il borgo, appunto perché esso rischiava di slittare a valle e, tramite questi fondi, è stato possibile ristrutturare, con un’azione che si può dire è durata fino a poco tempo fa, tutto questo borgo con l'aiuto della Regione dell'Umbria che ha messo anche a disposizione il proprio staff tecnico in quanto, chiaramente, in un piccolo comune non era molto semplice sviluppare e seguire, con soltanto le proprie forze, certi lavori.Negli anni ’80, e mi riferisco soprattutto, ripeto, al recupero del centro storico e precisamente agli anni ‘85-’86, il Comune di Montone si è dotato di un Piano di Recupero dell’intero territorio alla cui elaborazione ha partecipato, su incarico del Comune, anche lo stesso arch. Savarese che questa mattina ha illustrato il progetto presentato dalla Provincia di Napoli. La consegna del Piano è avvenuta appunto nell'anno ’85 e subito questo è stato discusso con gli abitanti del borgo, con gli abitanti ed i tecnici e, onestamente, all'inizio la cosa non è stato facile sostenere e far accettare alcune idee che richiedevano un restauro conservativo che consentisse un consolidamento che non modificava nulla dell'immagine del borgo che era, giunta, trasportata dalla storia, fino ai giorni nostri. Non era molto semplice e quindi le prime azioni sono state fatte soprattutto dall’Amministrazione Pubblica e sui suoi beni. Questa, essendo comunque la proprietaria di diversi immobili (museo, biblioteca, teatro, eccetera ecc.), ha iniziato essa stessa esemplificando il recupero conservativo su queste strutture. La popolazione poi, cioè la gente comune che all'inizio non aveva accolto con entusiasmo il nuovo strumento urbanistico, si è resa conto ed ha potuto constatare che, seguendo quei principi, il borgo stesso poteva avere una trasformazione pur nella conservazione dei requisiti storici che si erano conservati fino a quel momento e si è tranquillamente, ripeto tranquillamente, accomodata a seguire queste indicazioni facendo dei progetti, incaricando dei tecnici per progettare interventi di conservazione nello spirito appunto del piano di recupero generale. E’ chiaro che vicino a questo, Montone ha avuto anche un processo di nuova espansione, di edilizia nuova, ma in altre zone però, al di fuori del borgo e senza interferire minimamente con il borgo stesso.Ora, con i nuovi strumenti di pianificazione comunale, stiamo proseguendo su questa linea, che è una linea di conservazione del territorio; tanto è vero che con il nuovo piano regolatore generale che stiamo concludendo in questo periodo, noi affermiamo l'idea, che è la nostra, della permanenza dell’immagine del borgo. Non vogliamo assolutamente invadere il borgo medievale che deve comunque apparire all'occhio del visitatore che arriva a Montone senza nessuno ostacolo interposto e nessuna nuova interferenza. Questa è l'idea di massima che sosteniamo. Certo, ripeto, a volte sono scelte difficili da far capire alla gente, però quando si raggiungono certi risultati credo che la gente stessa ne sia soprattutto orgogliosa. Questo almeno mi sembra di aver appurato attraverso i vari momenti di partecipazione che noi dagli anni ‘80 abbiamo fatto e che continuiamo comunque a fare discutendo scelte tecniche o progetti con la popolazione. Ad oggi, si può dire che Montone, fra il terremoto dell'’84 che ha veramente rovinato un po’ tutto il tessuto urbanistico del centro storico e il consolidamento che ci ha permesso di ripavimentare tutte le vie, ricostruire anche alcune zone che erano veramente malandate, è stato rimesso in funzione. Possiamo dire che con il recupero del tessuto urbano siamo intorno al 97-98%; sono rimasti appena due o tre immobili da recuperare e questi sono in fase di progettazione. L’atteggiamento nei confronti del recupero conservativo è oramai consolidato. E’ diventata una cosa di normale routine perché, avendone discusso i principi e avendoli accettati, i cittadini di Montone ora ne gustano i vantaggi e ne vedono anche i benefici: un turismo di qualità, la stessa cosa cui accennava poc'anzi il rappresentante della penisola sorrentina, se ho ben capito, e soprattutto. un ambiente vivibile e nello stesso tempo apprezzato appunto perché è stato lasciato intatto secondo le tradizioni.Grazie

MAURO CIRNE Secretario do Planejamento Prefeitura Municipal de Caxias do Sul/RSInicialmente boa tarde, eu quero saudar aqui os Prefeitos das cidade italianas, aqui na mesa, saudar a Vereadora Miriam.Para falar um pouquinho do tema que foi levantado, mas eu vou me concentrar um pouquinho na questão da participação, da importância da participação da população na definição dos rumos da cidade, seja ela na questão dos investimentos públicos, no próprio planejamento da cidade, seja na questão da definição das discussões e dos projetos que tratam da preservação do patrimônio histórico e cultural de uma cidade.

Está comprovado, pelo menos na minha cidade, de que quando as pessoas são protagonistas da construção da sua história, elas se tornam pessoas conscientes e passam a defender, passam a ajudar o poder público a governar. E’ claro que muitas vezes para o governante é difícil, porque você vai passar a dividir o poder com a população, porque você já não define sózinho e você faz muitas vezes para aqueles que votaram para você, mas você passa, muitas vezes, a ter que definir obras muitas vezes com pessoas da oposição, e isso é realmente democracia. Eu acho que o avanço da democracia representativa para a democracia participativa ela é fundamental. Quer dizer nós mesclarmos as duas. Porque?Porque essa questão da consciencia crítica, quer dizer, quando a gente fala na palavra “cidadão”. Quer dizer, o que que é o cidadão? E’ aquela pessoa da população da cidade que está consciente, e participa da definição do rumo, dos rumos da sua cidade.Eu quero dizer da experiência que nós tivemos nessa questão da participação, que a população começa a se motivar, e cada vez vai participando mais, e passa. Porque muitas vezes a gente acha que o planejamento da cidade, ou mesmo a definição de projetos de preservação, de valorização do patrimônio, só quem faz é arquitetos, engenheiros e profissionais da área. A fórmula do Partido dos Trabalhadores de governar, ele não prescinde nunca daquilo que a gente chama de conhecimento popular, a experiência popular, que é a experiência de vida. E ela nos ajuda muito seja nessa questão da consciência de preservar, de valorizar, de também reduzir as desigualdades. Porque começa à partir que as pessoas começam a definir os investimentos e como fazer os projetos. O princípio da solidariedade, de ver que alguns estão em piores situações que outros, e portanto passam a participar e muitas vezes dizer :- “Não, em vez de eu ser contemplada, a minha parte, onde eu moro, aquela região está muito pior”. Então essa questão da participação, para mim ela é fundamental, porque trabalha essa questão da consciência crítica, quer dizer, do cidadão verdadeiro, que ele é protagonista da construção da história da cidade. E quando a gente também divide o poder com a população, muitas vezes também a gente divide o ônus. Porque o governante não tem os recursos para fazer tudo numa cidade, o governante, ele tem que ter critérios. Claro que seria muito mais fácil definir aquelas obras que vai, por exemplo, beneficiar a elite da cidade, é muito mais fácil trabalhar: são formadores de opinião. Enquanto que muitas vezes a população mais pobre não é formador de opinião. Mas quando você começa a desenvolver essa consciência da cidadania, que o nosso Partido fala muito, quer dizer, é o sujeito ajudar a construir a história da cidade. E assim é na preservação do patrimônio seja arquitetônico, seja dos espaços públicos. Ele passa a cuidar, passa a ter a responsabilidade, e o poder público e todo o cidadão entende que na realidade administrar as questões públicas é uma responsabilidade compartilhada entre poder público e sociedade civil. E’ disso que resulta um desenvolvimento que seja realmente sustentável, porque não adianta nós definirmos um a série de questões ambientais, uma série de questões econômicas, se o cidadão está fora da realidade que a gente está fazendo. Quer dizer uma parte só se beneficia. E a democracia participativa, quer dizer a participação dos cidadãos, faz uma coisa que a educação formal não faz, é a educação não formal formando a personalidade das pessoas, dela entender os processos de receitas públicas, de despesas públicas, é ser cidadão por inteiro. E’ isso que a participação, sob o meu ponto de vista, é fundamental, ou seja na questão da administração pública. Quando você vai planejar a cidade, e a Miriam falava na questão de que muitas vezes a população não tem conhecimento para definir as obras da cidade, mas quando a gente instrumentaliza a população com informações de... Numa determinada região, por exemplo, a escola tem a capacidade de atender um determinado número de alunos, o posto de saúde tem condições de atender a saúde, ele passa não mais a pedir isso. Ele passa a pedir ações até na área da preservação, do lazer, da pavimentação que é uma coisa que gente aqui quase não tem. Então eu acho que essa questão seja de promover o desenvolvimento econômico e social da cidade, seja desenvolver a questão de ações de preservação e de valorização do patrimônio histórico, a participação não pode ser prescindida de forma nenhuma. Porque senão você vai sempre estar criando aquela dependência do sujeito que vota e depois ele diz: -“Não agora ele, o governante, está lá. Só nas próximas eleições é que eu vou intrevir”-. Eu acho que isso não dá mais, né? Eu acho que o mundo chegou no momento em que a gente tem que governar com a população, ele tem que saber de que os recursos públicos tem fins, e quando ele cresce a sua consciência crítica, ele fiscaliza o Poder Público, ele divide o ônus do desenvolvimento da sociedade. Então eu acho que essa questão da participação ela dá como produto, sempre, o fortalecimento da identidade cultural da cidade, ela promove a valorização e o cuidado do patrimônio histórico por parte da população, você oportuniza com isso também a questão especialmente do turismo, uma das indústrias hoje que se diz mais rentáveis no mundo inteiro.

E essa questão do sujeito ampliar a sua auto-estima. Está comprovado que quando a gente participa de uma discussão, a gente é ouvido, a gente não critica tanto, porque a gente teve a oportunidade de ir lá falar, e não falou. Então essa história de você ser protagonista em construção da história, em qualquer coisa na vida de uma cidade,o governante moderno precisa usar esse instrumento, sob pena de cometer equívocos que muitas vezes a História não consegue corrigir.

RAYMOND LORENZOMolto coraggioso un politico che dice i politici parleranno di meno e ascolteranno di più…Non ho detto questo per tagliare gli interventi, abbiamo molto tempo! adesso infatti è la volta del sindaco del comune di Corciano

PALMIERO BRUSCIA Sindaco di CorcianoBuona sera, anch’io naturalmente porto il saluto della municipalità di Corciano e se volete anche, come dire, la soddisfazione di partecipare ad una occasione come questa soprattutto dopo aver ascoltato gli interventi dei nostri amici brasiliani; l'entusiasmo presente nelle loro parole riscalda il cuore, fa bene soprattutto in questi tempi ed in questo mondo in cui viviamo e quindi li ringrazio in maniera particolare perché dimostrano che forse c'è qualche altra strada oltre quelle che siamo costretti a vedere tutte le sere in televisione, perché nella nostra televisione della vostra esperienza, si parla naturalmente poco.In effetti, il caso di specie di cui dovrei parlare io, potremmo immaginarlo come cosa al contrario rispetto a quelli che sono stati esposti fino ad ora. Lo potrei presentare così: può un intervento di recupero di un piccolo centro storico, semiabbandonato , come diceva qualcun altro, prima di me, quando parlava dei piccoli centri desertificati di popolazione, può dunque un intervento, come dire “illuminato”, di recupero del centro storico essere anche un intervento che stimola la partecipazione, che fa crescere il senso di appartenenza? La nostra esperienza, che è un'esperienza della più piccola frazione del nostro Comune, Solomeo, ci dice che può anche accadere questo. Solomeo: un piccolo borgo, un piccolo castello detta in termini nostri, 450 abitanti (questa è la dimensione), vent'anni fa si apprestava ad essere un centro vuoto rispetto alla, come dire, tendenza degli abitanti originari di uscire da quel centro e farsi la casa comoda e moderna.La sua fatale destinazione quindi, appariva essere quella del romantico rudere o poco più; ma qui accade un fatto diverso, un fatto che all'inizio non solo non suscita una condivisione, una partecipazione, ma, al contrario, suscita rigetto, in quanto non sembra proponibile quest’altra domanda: è possibile trasformare un luogo di questo tipo nel centro direzionale di una impresa, di una fabbrica, nel luogo dove si concentrano i cervelli e le funzioni direzionali di un'impresa?.Lì per lì la gente era chiaramente sconcertata da un fatto di questo genere: non tanto per quello che accadeva perché quello che accadeva appariva piacevole all'occhio, nel senso che trattandosi di un centro storico veniva recuperato secondo i criteri con cui si dovrebbero recuperare i centri storici, quindi con l’adeguata attenzione al preesistente, ma soprattutto perché ci si domandava poi che fine avrebbe fatto l'insieme.Bene, dopo un po’ di tempo cosa è accaduto? È accaduto che i processi messi in moto da questo intervento, che era anche un intervento economico, hanno riportato, come dire, l'attenzione della gente, degli abitanti, su quel loro nucleo di origine e quell’intervento che all'inizio era stato visto come un intervento estraneo e forse ostile alla loro memoria, tornava ad essere riconosciuto come il centro della loro identità e allora abbiamo visto risorgere al suo intorno non soltanto le forme classiche di partecipazione popolare, ma direi anche delle espressioni dell'identità di una comunità: le feste, le manifestazioni culturali, le manifestazioni religiose, e poi anche le attività economiche accanto a questo nucleo che diventa via via sempre più il cuore pulsante di un piccolo gruppo imprenditoriale. Certo non abbiamo di fronte la FIAT; ci troviamo davanti ad un piccolo punto, che è comunque capace di, come dire, erogare stimoli nuovi, risorse nuove, sul territorio. Abbiamo visto rinascere le attività economiche, le piccolissime attività economiche che contraddistinguono un piccolo borgo, quelle più banali: il ristorante, il bar, il negozio, il piccolo albergo. Altri importanti immobili sono stati interessati dal processo innescato: la nostra campagna umbra è piena di cose di valore che molte volte rischiano di perdersi, un altro castello recuperato, delle case del ‘400 del ‘500 recuperate e cresce intorno a questo anche la, come dire, l'emulazione per cui oggi il cittadino di Solomeo che recupera la casa ha un concetto di abitazione molto diverso da quello che poteva avere vent'anni fa prima che questo processo cominciasse; ma esso è cambiato anche per il suo atteggiamento nei confronti dell'Ambiente, per i propri bisogni e desideri, per le proprie attività.

Sono i cittadini di un paese di 400 abitanti che si può permettere di tenere in vita, con la forza dei propri abitanti, una banda musicale, un coro, una associazione sportiva, che può fare due o tre eventi culturali all'anno nei quali contano certo le risorse dello sponsor, per dirla qui in altri termini, ma conta soprattutto sulla capacità della gente di starci dentro perché altrimenti tutto questo non avverrebbe. quindi ecco, paradossalmente posso essere, come dire, testimone dell'alto valore aggiunto che una cooperazione per il recupero di cose, ma che poi diventa anche recupero di identità, può ingenerare in un tessuto sociale ed economico della nostra Italia. Grazie

RAYMOND LORENZOGrazie al sindaco, non so se qualcuno vuole intervenire oppure continuo io nella conduzione dell'incontro; forse ci saranno delle domande dal pubblico. Possiamo vedere alcuni punti che sono stati detti e approfonditi, oppure siamo tutti stanchi e chiudiamo l’incontro?. Ok, proseguiamo.Io ho preso tanti appunti, forse anche troppi! Comunque ho raccolto elementi interessanti che si incrociavano a diversi livelli, perché dall'intervento del sindaco di Corciano e anche del sindaco di Montone che hanno messo a fuoco l’attività in un piccolo borgo ove, in tutti e due i casi in un primo momento la popolazione era sospettosa, comunque non d'accordo in un certo senso con l’intervento; ma con un buon progetto, con adeguate risorse, con immaginazione e con una comunità in cui tutti si conoscono, emerge che comunque dove c'era una specie di pace sociale, si è prodotto un senso di identità ed inoltre si è sviluppata una spinta a procedere ulteriormente individuando nuovi obbiettivi per questo tipo di attività, di interventi. Nelle parole di chi era intervenuto prima, mi è sembrato di cogliere l’attenzione rivolta più alla questione dei rapporti fra livelli di governo più che alla questione della gestione della partecipazione a livello popolare, anche se era molto forte il richiamo di tutti sul ruolo del cittadino come nel caso brasiliano, nel caso del Rio Grande do Sul, ove c'è un governo favorevole alla partecipazione che sviluppa e diffonde una metodologia partecipativa che poi tramite le forze politiche o il mondo dell’associazionismo cerca di consolidare, guidare e far funzionare. E’ ovvio, che i contesti storico-culturali delle nostre esperienze sono molto diversificati, ma vorrei sottolineare come si incrociano e devono incrociarsi. Per esempio, per chi (come me) si è formato negli USA negli anni ’70, i maestri furono, anche, brasiliani. Nessun esperto di urbanistica partecipata – anglo sassone e della mia età - non può che guardare a Paulo Freire come la persona che ci ha insegnato la metà di tutto quello che sappiamo sulla gestione di processi educativo-culturali di partecipazione. Perciò, è chiaro che il Brasile non sta operando in questo campo da una posizione di subalternità rispetto all'Europa. Anzi, credo che abbiamo in questi anni verificato quanto i nostri amici di URB-AL abbiano da insegnare ai paesi cosiddetti “sviluppati”. Comunque, è anche chiaro quanto le modifiche nelle “politiche globali” accadute dopo la caduta del muro di Berlino ed a seguito della cosiddetta “morte delle ideologie”, influenzano le questioni politico-culturali e, di riflesso, metodologico-contenutistiche della “partecipazione”. Queste sono diventate molto più complesse.Mi ricordo che c'è stata una discussione durante l’incontro Intermedio di Grenoble. Si parlava del ruolo leader del Brasile rispetto all’emergente dibattito sul “bilancio partecipativo”. Mi sembra che si è detto che in Brasile, nella discussione e pratica sul bilancio partecipativo si focalizzino, soprattutto, gli aspetti sociali (e di base), mentre in Europa trattiamo più le questioni urbanistiche (e di architettura sociale). Mi sembra che questa sia la questione delle esigenze e dei bisogni delle persone coinvolte, localmente, nei processi. Dipende dal livello dei bisogno, rispetto allo “stadio di sviluppo” locale e della comunità. Dipende anche, dobbiamo ammetterlo, dal programma politico in cui tutto si svolge.Luciano Pantaleoni di “Andria” Cooperativa di Abitanti, nel suo intervento ha ricordato che nel passato in Italia, negli anni ’60, si svolgeva la lotta per la casa e per la scuola, ecc. perché, letteralmente, in molte località non esistevano né abbastanza case, né scuole. Adesso la questione è più qualitativa; si ragiona soprattutto su “che tipo di scuola o che tipo di casa” vogliono i soggetti in campo.Io mi chiedo se il Brasile, dove ci sono sicuramente ancore (molte) persone a cui mancano bisogni primari, si possa integrare la partecipazione per questi “bisogni primari” con qualcosa di più. Cioè, offrire occasioni per l’espressione di richieste di servizi, case, scuole e città che siano idonee alle esigenze ed alle culture, ai “sogni” oltre che ai “bisogni” della gente. La qualità del progetto, anzi io credo, è anch’essa un diritto ed un bisogno primario. Se le persone possono esprimere diciamo, esigenze “qualitative” (non “bisogni”), forse nei luoghi cosiddetti “sottosviluppati” si potranno evitare i 30 anni di errori e di degrado urbanistico che noi abbiamo prodotto seguendo unicamente “i bisogni”.L'identità culturale, in Italia, era molto più presente e forte trenta anni fa. E l’abbiamo, così, sciupata con una “partecipazione” molto limitata ed incompleta. Con il ricorso ad un’altra “partecipazione”, chi sta ancora agendo in situazioni di negazione di bisogni e diritti “primari” forse può evitare i nostri errori.

Sono, comunque, d'accordo con Miriam Marroni sulla importanza, anche, dell’educare e informare (sia pure “dall’alto”), sul far capire ai cittadini quali siano le grandi linee generali (della politica) e informarli su quali risorse siano disponibili; è un principio di chiarezza e trasparenza, non prendere in giro le persone quando si comincia il processo.Però forse questo richiede un dibattito troppo lungo per aprirlo adesso. Ma, comunque, mi chiedo: dove si comincia?, cioè quando il politico (o il tecnico) in Brasile ascolta le persone: Cosa emerge? Ovviamente, per prima cosa è necessario sapere che cosa dicono. Io non ho conoscenza diretta di quell’area, purtroppo. Ci saranno sicuramente delle sacche di povertà, ma il sud di Brasile non è uno dei luoghi più poveri della terra. Probabilmente non è nemmeno paragonabile alle parti del nord del Brasile. Ci sarà, senz’altro, chi ha necessità di elementi di prima necessità: alimentazione, sanità, una casa, l’istruzione; queste cose vengono prima, ma non sono tutto. Non dobbiamo reprimere “l’utopia”.Un mio collega ed caro amico, Roger Hart, esperto internazionale dei diritti dell’infanzia e della partecipazione ci fa notare che i bambini, anche in situazione di gravissima povertà e, persino, in zona di guerra richiedono, quasi sempre, per primo, il loro diritto di giocare e di avere luoghi belli e tranquilli in cui incontrarsi. Queste esigenze, per i bambini, secondo Roger, sono altrettanto importanti quanto il bisogno di acqua pulita e cibo o medicine. Può sembra una provocazione, ma il fatto è che è alquanto “facile” portare qualità della vita (anche le cose, come un giardino, che potrebbe sembrare banali in confronto ai “bisogni primari”) insieme con le prime necessità. Bisogna solo tenere presente la questione … “che tipo di partecipazione vogliamo innescare e che “tipo” di casa, di ospedale, di cibo, di territorio ecc. … vogliamo ottenere?”Non costa di più. Forse solo più pensiero … più apertura mentale.

INTERVENTO DEL PUBBLICO (non individuato)Mi richiamo a quanto diceva prima Ray Lorenzo sulle scelte: il problema è di una visione di politica economica centralista o di una visione di politica economica condivisa e partecipata.Il nuovo governo aveva deciso di abolire tutti gli strumenti di programmazione negoziata, dimenticando però che tra gli undici patti italiani non finanziati cinque erano siciliani, e per la Regione Sicilia, guarda caso, non ci sta un rappresentante della sinistra e allora ha dovuto fare marcia indietro, perché gli stessi elettori hanno detto: ma dove andate ! Questo è sostanzialmente quanto è avvenuto. Però cosa hanno fatto, hanno previsto? la regionalizzazione. Ha detto: visto che c'è già il federalismo con la modifica del titolo quinto della costituzione, sui fondi che lo stato trasferisce alle singole regioni, la Regione sceglie se continuare l'attività di programmazione negoziata Quindi sono dovuti tornare indietro perché la loro stessa base ha detto: noi vi abbiamo votato però voi ci state venendo contro. Allora hanno fatto marcia indietro, ma non lo fanno più a livello centrale, sono le singole regioni che sceglieranno e quindi nell'ambito dei fondi che vengono trasferiti, le regioni scelgono se destinarli all'attività di programmazione negoziata o no. Questa è la situazione che si è creata.

RAYMOND LORENZO Siamo stanchi ma io questa sera ho imparato molto grazie ai colleghi del Brasile. Certamente credo che dove c’è più bisogno, anche qualcuno dei colleghi lo ha detto parlando quando facevamo la presentazione, dove c'è più bisogno, le persone sono più disposte a partecipare. In Italia è difficile tirare le persone fuori dalla casa perché penso che stanno abbastanza bene, guardiamo la televisione, non abbiamo tanti problemi, fin quando magari cerchi di andare dietro l’angolo. prendere la macchina, arrivare da una parte dove puoi vedere quanto può cambiare, anche negativamente, in diversi anni una situazione. Però la situazione mi sembra in tutti e due i paesi favorevoli soprattutto quando ci sono tante persone come noi, come voi, che stanno cercando giornalmente a far funzionare questo rapporto di partecipazione; che discutono che fare con le griglie valutative e che fare nell’URB-AL 2005 e 2006.

CLAUDIO MAMMOLIDomani continuiamo con questa attività con due laboratori appunto sui temi richiamati da Ray.Nel ringraziare, volevo anche ritornare un attimo sull’esperienza di Solomeo, semplicemente per fare una precisazione che ritengo sia dovuta. Il sindaco di Corciano si è posto il problema inizialmente se poteva essere possibile quell'esperienza: partire da un privato che agisce e poi ottenere un risultato insperato. Non credo di dire questo per piaggeria, ma ritengo che questo può rappresentare anche una nuova forma di rapporto e di funzione dell'ente locale; voglio dire di atteggiamento del pubblico nei confronti dei cittadini e delle situazioni che si creano sul territorio- Credo che, almeno così a noi è risultato dalla ricerca che abbiamo fatto su Solomeo, un ruolo fondamentale in questa vicenda sia stato quello dell'amministrazione comunale che ha cercato di mediare e indirizzare per certi aspetti un progetto che nasceva come un progetto finalizzato a se stesso, senza una volontà esplicita di

agire nel sociale: una fabbrica che si installava in un certo territorio e sceglie un nucleo storico per aumentare il peso della propria immagine; ma c’è stata questa azione di mediazione dell'amministrazione comunale che ha portato ad allargare la tematica, introdurre i beni sociali, i temi del collettivo all'interno di un ambito che era assolutamente privato ed in questa maniera ha recuperato anche un livello di condivisione, di accettazione e di riconoscimento in quell'opera.Ringraziamo tutti quanti e domani chi vuole potrà continuare con questo lavoro

31/01/2004

RAYMOND LORENZONel frattempo magari racconto una storia, io sono molto contento penso che come sempre che non abbiamo mai abbastanza tempo per dire tutte quelle cose che vogliamo dire uno all'altro magari a cena ci riesce di fare cioè di aumentare la trasmissione di conoscenze ed esperienze che tutti hanno e io mi sento bloccato perché dovrei fare il Facilitatore, ma vorrei fare anche degli interventi, cioè raccontare non dico qualche cosa magari, ma un inquadramento di quello che stiamo cercando di fare. Mentre arrivano gli altri, posso dire una piccola cosa, magari per inquadrare la questione della partecipazione alla progettazione. Recentemente con un amico americano, ho scritto un articolo per una rivista di psicologia ambientale che poi adesso sta diventando un capitolo di un libro, in cui abbiamo cercato di tracciare rispetto alla partecipazione dei bambini, l'evoluzione delle varie impostazioni dagli anni60 in poi, come è stato visto, come è stato trattato e penso che ci siano molti punti in comune anche con il lavoro con gli adulti, sia per i contesti politici e culturali di diversi periodi, sia per il campo di origine delle persone che hanno lavorato in questo settore.Abbiamo visto all'inizio, forse come in Brasile negli anni 60 o anche oggi, un movimento politico, un cambiamento culturale soprattutto nei paesi anglosassoni, Inghilterra Stati Uniti, Europa. Nell'occidente, dove sono cominciate queste cose, all’inizio vi era un approccio che veniva chiamato “lavorare per” sulla base dell’osservazione di un tasso di grande iniquità nella società: poveri emarginati, gruppi etnici che non avevano rappresentanza, diciamo, in teoria e in pratica vi era il voto, ma non avevano accesso alla pianificazione non alle decisioni locali. Lo stesso rapporto rappresentativo in molti casi negli Stati Uniti sviluppava i diritti civili dei neri perché per esempio non votavano neanche le persone, perché non erano informate. Perciò alcuni urbanisti di buona volontà dicevano: “noi lavoriamo per loro” e cioè “noi persone progressiste sappiamo noi le risposte giuste, magari ascoltiamo la gente che non ha risorse, cerchiamo di fare contropiani, cioè piani che potrebbero essere opposti a quelli degli interessi forti”. Poi parallelamente si è sviluppato il gruppo in cui lavoravo io che si rivolgeva ai bambini in particolare e che chiamavamo romantico, utopista. In questo gruppo pensavamo semplicemente che se gli adulti potevano fare tutti questi errori rispetto al territorio, magari i bambini, che con la loro semplicità come qualcuno ha detto ieri, Luciano Pantaleoni credo, con la loro forza dicono le cose giuste, i bambini appunto, potevano darci una mano. Da qui l’idea dei bambini che progettavano da soli, che i bambini potevano disegnare le città senza l'appoggio di facilitatori, e che potevano fornire tutto quello che è necessario per l'impianto dei progetti; ciò ovviamente allora ha creato grande fermento, molte metodologie sono emerse, ma i progetti non sono stati utilizzati: erano pochissimi solo di piccola scala perché non doveva interagire Poi c'era tutto il gruppo che noi chiamavamo sociologico, e cioè tutti quegli esperti, professori e ricercatori nell'ambito del sociale e della economia che volevano studiare i bisogni della gente; questa sarebbe anche la linea che è emersa nel dibattito di ieri in riferimento al Brasile. Forse noi amministratori o esperti conosciamo o vogliamo studiare meglio i bisogni della gente per fare progetti migliori, progetti anche molto illuminati; anche in questo caso una mancanza di partecipazione potrebbe essere presente, la ricerca a quell'epoca non era fatta con i bambini, con i cittadini, ma fatta su di essi, per poi fare appunto progetti migliori. Un altro filone che si è sviluppato un po' più tardi, sempre rispetto ai bambini e, credo, è molto forte anche nel movimento oggi nei paesi cosiddetti in via di sviluppo, è quello dei diritti, dove la “carta dei diritti dell'infanzia” ha preso la forma di una convenzione firmata da centinaia di paesi di tutto il mondo ed in cui si diceva che i bambini hanno diritto, hanno molti diritti, primari, cioè quelli basilari, casa alimentazione e salute l’educazione; l'abbiamo detto ieri però, nell'occidente, nel paesi cosiddetti evoluti teoricamente questi problemi non sono centrali, anche se sappiamo che ci sono nei paesi occidentali grosse fette della popolazione ancora in condizioni non esattamente piacevoli: Diciamo del diritto che i bambini possano esprimersi, possano essere ascoltati, e ascoltati seriamente da chi gestisce il territorio o chi lavora per la risoluzione dei problemi che riguardano loro e ovviamente, come Luciano Panteleoni ci ha detto ieri, una città che non permette ad un bambino di uscire di casa, o di poter essere sicuro nel proprio quartiere, incontrare i suoi amici con autonomia e poi anche tutto il resto, è un problema e perciò questo filone si è sviluppato ed ha preso corpo perché con le istituzioni, chiamate a garantire questi diritti, sono arrivate anche le risorse.

Il limite di questa filone poteva essere il rischio di diventare burocratico-istituzionale. Ed in Italia questo limite a volte appare: l’istituzionalità senza una attenzione alla qualità: i bambini hanno il diritto di essere ascoltati, bene, allora in ogni incontro compaiono due bambini sul tavolo con il sindaco o con l'assessore, magari bambini in molti casi non informati, non coinvolti profondamente e a volte ignari di cosa si tratta; ma la scelta in questi casi è solo, come noi diciamo in inglese, una forma di decorazione, perché sono belli si fa una fotografia. E questo è un rischio.Mettendo tutto questo insieme, si vede bene che ogni ambito ha i suoi benefici e i suoi problemi. Ma si è cominciato e vedo che siamo qui ora presi dai nostri lavori che poi sono una integrazione di tutte queste componenti, importanti per proseguire.In Inghilterra, negli Stati Uniti, questo approccio all'urbanistica si comincia a chiamare come progettazione proattiva che vuol dire un lavoro di partecipazione di ampio raggio in cui tutti contribuiscono; qui non viene, come nel mio caso romantico di trent’anni fa, magari negata la capacità del progettista buono o cattivo, ma ognuno siede a questo tavolo e tutti partecipano con proprie competenze e capacità. Anche come hanno detto il sindaco di Montone e quello di Corciano, anche l'idea del progettista o del politico, che sia illuminata, qualsiasi cosa che può fornire motivazioni e stimolare l'immaginario e la partecipazione delle persone, non sono per forza da rifiutare in quanto calate dall'alto; dipende dalla impostazione che uno ha, quando esprime questa idea, cioè non è che arriva con il disegno già fatto del quartieri e dice: “siete d'accordo?”; anche se è una bella cosa magari sarebbe meglio aspettare che emergano bisogni, esigenze e poi, su tali desideri, questa fantastica idea va modificata e integrata. Questo mio parlare che centra con oggi ? Spero che c'entri, perché noi dobbiamo andare avanti cercando di tirare dentro tutte le varie opinioni, le impostazioni, i diversi approcci, in questi passaggi ha simile valore chi ha fatto molti anni di esperienza e chi meno, chi presenta una situazione dove il governo aiuta questo processo, chi racconta di situazioni dove non vi è aiuto. Noi ora ci divideremo rapidamente in due gruppi per fare i due Workshop: uno che sarà coordinato da Marcello e che riguarda “ le griglie valutative come strumenti di osservazione e controllo dei progetti e narrazioni e guida per la costruzione di progetti partecipati” L'altro Workshop, coordinato da me, in cui cercheremo di individuare i primi scenari le prime idee per una continuità al nostro progetto URB-AL. Noi abbiamo messo il focus sulla formazione, però vorrei che fosse chiaro che la formazione vuol dire molto, poi ne parleremo; non è solo noi o altri che ci insegnano come fare le cose, io vorrei che approfondissimo che cosa significa appunto acquisire conoscenze e capacità, principi e strumenti che siano utili alla diffusione della strategia della partecipazione e del recupero del valore delterritorio, della cultura locale, dell'identità ecceteraQuali sono gli atteggiamenti, quali sono le cose, che cosa manca? Cominciamo a ragionare su questo, tutto sarà più chiaro, spero, nel Workshop.Non so se Claudio voglia dire qualcosa.

CLAUDIO MAMMOLI Volevo solo dire, rispetto a questi due Workshop, qual’era l’attesa della Provincia di Perugia, o almenoquello che, nello sviluppare in maniera coordinata questa esperienza, è venuto a crearsi nell’immaginazione delle strutture tecniche all'interno della Provincia di Perugia che vi hanno preso parte grazie anche naturalmente al forte sostegno dell’Amministrazione che con il Vice Presidente Giovagnola ci ha seguito e ci sostiene in questa attività.Per quanto riguarda il Workshop che sarà coordinato da Ray, l'obiettivo è quello di raccogliere elementi per arrivare a tracciare una linea per un nuovo programma URBAL da presentare a ottobre. Quello si vorrebbe fare, ipotizzare uno sviluppo di un nuovo programma URBAL su questi temi: o in continuazione, o come loro evoluzione sviluppatasi nei cinque incontri. Per quanto riguarda il secondo Workshop tema delle “griglie valutative” un obiettivo che si vorrebbe dare, almeno l’attesa che la provincia di Perugia ha rispetto a questo ragionamento, è la possibilità di individuare un percorso attraverso il quale sia possibile guidare e sostenere dei processi partecipativi alle varie scale. Seppure la scala della Provincia sia comunque la scala di Area Vasta, vi è però la possibilità di agire a varie scale, creando le occasioni di promuovere e sostenere processi partecipativi sviluppati all'interno delle comunità locali.Quindi la griglia in questo caso dovrebbe servire per dare gli indirizzi e verificare anche lo sviluppo. Non so se dai Workshop usciranno linee direttamente utilizzabili per queste cose o semplicemente elementi o suggerimenti per successive considerazioni, però questo é ciò che, nell’immaginare il programma e nell'organizzare questo convegno, la Provincia di Perugia pensava di ottenere.

INTERVENTO DAL PUBBLICO non identificatoPotresti spiegarci l’eventuale programma, il nuovo programma URB-AL. In che cosa si sostanzia, diciamolo, in termini di finanziamento?

Perché fino ad ora abbiamo fatto uno scambio di esperienze; sono state già finanziate opere? magari possiamo regolarci meglio nelle discussioni?

CLAUDIO MAMMOLI Allora, il progetto che vorremmo predisporre e che si vorrebbe lanciare nell'ambito di URB-AL II, è un progetto di tipo B, cioè del nuovo tipo di progetti, che consente la realizzazione di azioni.La differenza rispetto agli altri progetti è che quelli di tipo A sono finalizzati alla creazione delle reti orizzontali tra enti, quindi alla conoscenza, allo scambio di informazioni e di esperienze e, per certi aspetti, anche di azioni svolte in comune, ma sempre su un piano conoscitivo-ricognitivo, sostanzialmente teorico e quindi facenti riferimento a un budget limitato. Voi sapete già, ve lo ha ricordato in tutte le riunioni precedenti e poi martedì prossimo ve lo ricorderà di nuovo Daniela Grilli, che l’importo di questi budget ammontano, all’incirca fra i 200 e i 250 mila euro, in quanto c’è un contributo massimo dell’Unione Europea di 100.000 euro e che deve essere non superiore al 50% dell'intero importo. Quindi i progetti di tipo A sono progetti di un importo di 200.000 euro, 100.000 la Commissione Europea 100.000 il cofinanziamento dei partner. Nel nostro caso, il Progetto Comune è stato più “generoso” perché ha un budget di 250 mila euro: in percentuale il contributo europeo risulta più basso pur essendo il massimo possibile; ma ciò è dovuto al fatto che abbiamo voluto organizzarlo in una maniera particolare, con 5 incontri contro i due che in genere vengono previsti. Credo che questa scelta comunque abbia funzionato notevolmente perché in questo modo siamo riusciti a creare una rete di conoscenze e di rapporti di qualità. Ecco, un progetto di tipo B invece ha la possibilità di un contributo europeo di 800.000 euro e questo corrisponde non ad un massimo del 50%, ma del 70% dell'intero importo finanziario del progetto. Quindi calcolando il contributo di 800.000 euro e facendo questo pari al 70% del tutto, si supera l’importo di 1.100.000 euro. Questo consente di fare qualcosa; non tantissimo, tenendo presente una rete piuttosto estesa con molti partner, ma su questa dimensione possiamo lavorare. Le azioni potrebbero essere raccolte in un unico progetto da realizzare in un unico posto, oppure potrebbero articolarsi, essere una serie; potranno essere quello che emergerà dalla nostra fantasia e dalle nostre volontà e attese.Un elemento che in qualche modo è già emerso, ma che non è detto sia la scelta definitiva, come una esigenza da molti segnalata, è stato quello di un'azione che interessasse in qualche modo la formazione. Da una parte il tema della formazione permanente come presupposto per qualsiasi lavoro di partecipazionea qualsiasi processo di recupero o valorizzazione, i cittadini devono essere preparati per partecipare ai processi, devono essere messi in grado di farlo; dall’altra anche formazione in senso tecnico professionale, preparazione di esperti nei processi e nelle attività che accompagnano operazioni di recupero partecipato. Naturalmente qualsiasi altra esigenza, qualsiasi altro desiderio volontà può essere messa in discussione e questo è il momento.Ora sono le 10,45; il break lo potremmo fare a mezzogiorno. tutti insieme. Il programma è quindi il seguente: questi due laboratori di un’ora e poi facciamo il break e subito dopo ci riuniamo di nuovo qui per socializzare quanto si è detto in quest’ora. Le traduttrici sono pregate di venire con noi partecipando due ad un gruppo e due all’altro gruppo.

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CLAUDIO MAMMOLIRiprendiamo quest'ultima parte della giornata, con la socializzazione dei risultati dei due laboratori e, successivamente, con le conclusioni del Vice Presidente Giovagnola.Riferirà prima Marcello con l’atelier sulle griglie e poi Raymond sul secondo atelier, quello relativo alla Vision del futuro

MARCELLO ARCHETTI Allora grazie, io devo riportare velocemente una sintesi del lavoro che abbiamo fatto con il gruppo che lavorava sulle griglie. Il gruppo era abbastanza disomogeneo, ma interessante c’era Carlo, Alessio, Rossanna, Michele, Leonardo, Vito, Roberto, Miriam, Cleverton, Claudio, poi ha partecipato anche Candida, la traduttrice, che ringrazioIl mandato era che ognuno dei componenti del gruppo doveva scrivere, solo come promemoria, quali erano secondo loro i cinque elementi imprescindibili in un progetto o in un processo di partecipazione, indipendentemente da come queste condizioni fossero emerse. La domanda tecnica era: quali sono i cinque elementi fondamentali che determinano l'identità di un processo di partecipazione senza i quali non vi sarebbe partecipazione?

Abbiamo scritto per ricordare, diciamo che ognuno ha elaborato il suo segno, la sua marcatura del senso della partecipazione e poi abbiamo lavorato su questo spazio di apprendimento individuale.E’ nata così una articolazione di tutte le risposte, le abbiamo anche divise in maniera disinvolta tra i brasiliani, gli architetti, le persone sincretiche e potete trovare tutti i messaggi le caratterizzazioni su quel cartellone. In futuro questo lavoro sarà riportato a tutta la rete oltre che a coloro i quali diciamo hanno partecipato; chiaramente verranno analizzate e interpretate collettivamente: l’obbiettivo o la speranza è quella di fare un'altra griglia, la sesta. Diciamo che con questa impostazione sicuramente il processo partecipativo sarebbe più arricchito nella lettura che abbiamo fatto oggi. Durante lo scambio e la lettura, soprattutto su mia sollecitazione, ci siamo soffermati su alcune curiosità, abbiamo anche divagato e non sempre ci siamo attenuti precisamente al mandato, quello di fare una sintesi (fare una sintesi è impossibile). Vi riporto le modalità tramite le quali quasi tutti si sono espressi sul come continuare il lavoro e anche questo diciamo è uno spazio di un processo interno partecipativo per arrivare a un noi condiviso.Allora c’erano per 11 persone, quanti eravamo, undici per cinque, 55 opzioni, impressioni più o meno varie di ontologia di fondamentalità del processo partecipativo

RAYMOND LORENZOIl nostro gruppo aveva il compito, difficile devo dire, di cominciare a ragionare sul futuro di URB-AL, con una segnalazione da parte della Provincia di focalizzare soprattutto la questione della “formazione” tra virgolette perché si è aperto un dibattito su che cosa significa questo. Vedo la cosa più complessa e difficile quando si lavora con un gruppo di lavoro formato da persone con diverse esperienze, competenze, aspettative, risorse disponibili o no, con linguaggi diversi; però penso che il lavoro sia uscito abbastanza bene ed i risultati comunque ora li presenterò. Ho preso informazioni da ognuno, tutte trascritte da me; io dovrei ora fare una sintesi di quello che è emerso dal workshop.Ad un certo punto si è visto che c'erano diverse posizioni sul livello di competenza necessario: in che livello siamo scuola o non scuola? La formazione: ci siamo divisi in tre gruppi culturali, diciamo nazionali, Brasile, Francia Italia, anche se la diversità non era proprio fra i tre, però pensavo alla opportunità di facilitazioni linguistiche, da cui una relazione per gruppi linguistici.Allora io inquadro quello che è emerso dalla mia introduzione e dalla discussione aperta. chiamiamolo Brainstorming, anche se la difficoltà di comunicazione fra lingue, pur con traduzione e traduttrici bravissime, comunque rende difficile il (Storm), cioè la tempesta, perché non puoi rispondere con immediatezza alle sollecitazioni. eccetera, ma comunque le idee erano molto ricche e io penso che siamo ad un buon punto di partenza per farne una stesura di qualche cosa nei prossimi mesi, farlo girare e capire come andare avanti.Allora l'inquadramento: cosa dobbiamo imparare?, cioè cosa serve, a chi, a noi, agli altri,ai cittadini, ai tecnici, eccetera, e che cosa imparare?, come farlo? e poi siamo arrivati a un come. E’ cominciato su che cosa fare, gli interventi parlavano di necessità di nuove competenze, nuove mentalità, stiamo parlando di livello di partecipazione, nuovo rapporto fra le persone, interrelazioni in rapporto con la qualità della vita che così si collega allo spazio urbano e in parte al recupero del patrimonio storico. E poi c'è stata una sottolineatura anche delle competenze, conoscenze specifiche e di partecipazione, educazione rispetto a tutte le componenti del patrimonio storico, culturale e ambientale e la valorizzazione di questo, la necessità di nuove direttive, di nuove leggi rispetto a quello, formazione eccetera.Un intervento rapido da parte di un altro ansioso di andare avanti, che dice: “quale futuro?, facciamo come stiamo facendo, cominciamo ad uscire”, gli elementi su come farlo emergeranno in un contesto di concretezza, partendo da progetti specifici in ciascun luogo, che potrebbero essere poi accompagnati, studiati, formati, discussi, cooperati nei momenti di URB-AL per estrapolare conoscenze e aumentare anche le capacità a livello locale.Un altro, ritorniamo a quel punto di, ma quale competente, cosa significa lavorare in maniera partecipata, in maniera intersettoriale, in un intervento che questo…, non so se vedete là, ma c'è una stella di Davide che non era intenzionale, comunque sono due triangoli che si incrociano in cui abbiamo quali strumenti, e quali strategie sono utili per portare insieme tecnici politici, gli eletti e gli abitanti.Inquadramento delle conoscenze e ci sono specifiche tecniche, approcci, metodologie, strategie che possono aiutare questo processo, corsa avanti, allora che fare però, si cominciava ad aprire un dibattito abbastanza serrato, forse nel linguaggio o forse anche nella sostanza. Non ho detto chi era nel gruppo, scusatemi, non ho fatto come Marcello che è sempre molto ospitale, ma nel gruppo vi erano tutti gli altri che non sono stati nominati da lui, più due persone esterne, una delle quali Piero, che non è qui adesso, che ha fatto un intervento molto interessante nel portarci avanti, e un altro signore del gruppo, una persona che è del circuito dei paesaggi qui a Todi, ma di cui non ricordo il nome e che è venuto come cittadino.Allora il dibattito: la scuola. Che cosa è una scuola? possiamo partire subito, si potrebbero avere scuole in ogni comune o almeno organizzare formazione in ogni comune ma per chi? Per gli abitanti? Fatta da chi? Da esperti esterni, locali, dalla rete, da altri?

Grande sottolineatura: non parliamo solo di formazione, ma parliamo di apprendimento, perché? Perché è questo il segnale della partecipazione che le conoscenze appaiono o emergono o vengono acquisite non solo attraverso brocche di acqua che riempie una testa vuota, ma che sorge sulla base di competenze e conoscenze già esistenti nel territorio. Chi sono le persone da attivare in quel momento, che sono magari più vicine a una condivisione. Per facilitare il passaggio in avanti, può partire settorialmente per tecnici, per politici, eccetera.Siamo ad un punto che è diventato importante. Questo è venuto da un altro gruppo di italiani, e riferito anche alle necessità, forse, ancora tra di noi di sapere meglio che cosa possiamo fare, ma nel dettaglio: quali sono le metodologie, gli approcci, i passaggi, i contenuti, anche il modo del guidare o gestire la partecipazione. Per cercare, non per creare una metodologia unica che sicuramente è una delle cose da non fare nelle griglie immagino, ma per poter arricchirsi attraverso una guida e una raccolta di informazioni, qualche cosa da far girare tra noi per capire meglio, anche dei punti di vista concreti di ciò di cui stiamo parlando. Allora concretezze, azioni permanenti, spazi di formazione, però formazione che sia legata alle azioni, cioè azioni e progetti nelle varie località da accompagnare e studiare.Ho parlato molto, poi ci siamo divisi, su mio suggerimento, anche per capire bene le differenze o per vedere magicamente una ricomposizione degli obiettivi eccetera. Ora chiederò a tre persone o anche a più, perché abbiamo la Francia e l'Italia che mi sembrano aver condiviso tutto, ma poi è comunque tutto da verificare; per quanto riguarda poi il Brasile, ci sono molte più persone anche le esperienze sono diversificate e non tutti i progetti sono condivisi, ma è stato detto questo non è il nostro progetto condiviso ma è solo di alcuni o di qualcuno; perciò vediamo di capire, magari facciamo prima gli italiani e i francesi perché forse per le loro posizioni ci sarà meno dibattito e poi invitiamo gli amici e colleghi brasiliani di interagire, io cercherò di facilitare questo confronto.Prima magari l'Italia o Francia: l'Italia sta venendo su e poi Catherine magari può fare il secondo intervento.

INTERVENTO DEL GRUPPO ITALIANODunque noi riportiamo una parte della elaborazione fatta nella mattinata. L'attenzione maggiore del gruppo italiano, almeno così ci è sembrato, è stata rivolta su alcuni aspetti pragmatici della partecipazione, per l’esigenza di riuscire in qualche modo a codificare alcuni elementi o passaggi fondamentali, tenuto conto che partiamo da situazioni differenti, condizioni molto differenziate, da sensibilità diverse e con obiettivi specifici diversi. Per la realizzazione di un futuro sviluppo del programma URB-AL, ci è sembrato fosse importante considerare la possibilità di costruire un luogo di formazione di agenti della partecipazione, supportato da un attività specifica sul campo di un progetto magari che abbia degli aspetti anche magari più innovativi e relazionando poi questo luogo fisico alla sperimentazione proprio dell'intervento partecipativo; quindi anche la realizzazione di opere sul luogo insieme all'elaborazione di metodi e tecniche avendo anche una possibilità di interazione con i diversi laboratori territoriali che si svolgono contestualmente sugli altri territori in relazione alle specifiche tematiche locali. Si tratta di uno scenario abbastanza complesso sicuramente, non di facile strutturazione in questo momento, però ci sembrava una ipotesi sulla quale cercare di portare anche a sintesi una materia che sicuramente ha sfaccettature e livelli differenti e necessita sicuramente, condividendo quello che diceva Piero, ancora una importante fase di apprendimento per tutti gli operatori che saranno coinvolti.

ALTRO INTERVENTO ITALIANOVorrei esprimere una opinione mia che in parte rientra in questo discorso generale appena fatto. Partendo un po’ dal suggerimento di Claudio, che invitava a pensare per la seconda fase, alla creazione di una scuola di formazione pur ritenendo difficile individuarla in un luogo fisico specifico, l’ipotesi mia è che in secondo progetto URB-AL possa riguardare la formazione di “formatori” in modo di creare le condizioni perché ogni partner poi avesse acquisito diciamo da questi due anni di formazione una serie di conoscenze per poi nel proprio paese eventualmente riproporre l’esperienza di formazione, e quindi con esperienze che possono essere diciamo acquisite anche in altri paesi che non sono solo l'Italia, la Francia, o il Brasile, ma magari gli Stati Uniti, magari la gran Bretagna; insommacreare le condizioni perché poi ognuno sia in grado di fare una eventuale scuola di urbanistica partecipata.Riguardo all'esigenza, che soprattutto veniva dagli amici brasiliani, di fare un progetto concreto, anche quella può essere diciamo una strada, ma ritengo impossibile comunque che ogni partner lavori su un progetto. non lo credo possibile perché ci sono pochi finanziamenti; in quel caso si potrebbe pensare ad uno, due progetti che in America latina che vengono fatti con il supporto poi diciamo tecnico anche dei partner europei. questa è l’integrazione di quello che avevamo detto nel gruppo italiano

INTERVENTO FRANCESE (Catherine Venturini)Non è stato possibile recuperare il testo registrato

INTERVENTO PORTOGHESE (Mauro Cirne)Non è stato possibile recuperare il testo registrato

INTERVENTO PORTOGHESE (Renata Requião)Non è stato possibile recuperare il testo registrato

RAYMOND LORENZOIl quadro delle posizioni emerse nel Workshop è completo. Mi sembra che ci sono sinergie e punti di accordo presenti ed anche elementi cruciali da definire ancora; non so il passaggio successivo perché si è fatto tardi, ma credo che avremo modo di riprendere questo ragionamento anche martedì mattina alla conclusione del nostro seminario. Forse Claudio vuole dire quali saranno i programmi dei prossimi giorni.

CLAUDIO MAMMOLIL'orizzonte dei prossimi giorni è assai pieno di idee da discutere e cose da fare, ma particolarmente affascinante. Oggi sono emerse molte cose diverse: alcune che si potrebbero legare tra loro, altre che sono un po’ più lontane l'una dall'altra, comunque credo che sia tutto materiale su cui potremo e dovremo lavorare nelle prossime settimane e forse anche nei prossimi mesi. Non vorrei troncare questa discussione oggi, ma non credo che oggi si possa decidere quello che faremo. Martedi potremmo fare degli accenni a questa cosa, ma martedi sostanzialmente sarà una giornata in cui ognuno di noi dovrà assumere l'impegno per fare la sua piccola parte di lavoro per chiudere in modo appropriato il progetto che stiamo concludendo e giungere quindi alla scadenza del marzo prossimo con le carte in regola, in modo di poter consegnare il tutto a Bruxelles per concludere possibilmente il progetto in modo conforme al contratto e quindi recuperare la parte del contributo della Commissione Europea che abbiamo anticipato, perché, ricordiamocelo, il finanziamento è stato dato all'80%, e solo dopo che l’intero budget del progetto è stato correttamente speso, la Comunità Europea dà il 20% di saldo, ma se il progetto non viene chiuso conformemente, il 20% di saldo non è disponibile. Inoltre ritengo quello appunto di stabilire i nostri compiti per arrivare a chiudere bene come problema principale, in questo momento, perché questa sarà senz'altro una condizione per poter fare un progetto di tipo B.Io penso che sulla base di tutto il materiale raccolto in questi due laboratori, nel giro di qualche settimana tutti quanti potremmo elaborare e proporre proposte di sintesi e, come abbiamo fatto sempre dall’incontro di Grenoble in poi, concordare possibili percorsi da seguire in base ad un processo di confronto che ha caratterizzato l’intero percorso del nostro progetto.La parola va ora al VicePresidente Palmiro Giovagnola che concluderà questo Convegno e questa fase importante del nostro progetto

Palmiro Provincia di Perugia Giovagnola VicePresidente della Vi ringrazio, svilupperò questo mio intervento molto rapidamente, perché l’ora è tarda e le questioni ancora aperte sono molte. Mi sembra che noi abbiamo un altro appuntamento martedì mattina per cui in quella sede dovremo provare a, definire meglio alcune questioni. Claudio Mammoli, infatti, nell'intervento di questa mattina, prima che venissero costituiti i due gruppi per gli atelier, aveva posto due questioni specifiche, cioè la definizione, l’abbozzo di un nuovo progetto URB-AL , di tipo B, da presentare a ottobre e, rispetto alle griglie valutative, come guidare e sostenere i processi partecipativi.Ora è stato prodotto un certo lavoro, qui sono state sintetizzate alcune schede, credo che il problema che ci dobbiamo porre è come rendiamo questa elaborazione culturale, consentitemi di dire a volte anche un po' accademica, insomma come dare a questa nostra esperienza le gambe perché essa produca effetti poi nella vita quotidiana, nell'azione quotidiana che ognuno di noi poi deve portare avanti all'interno delle rispettive istituzioni. Io ho raccolto tre messaggi dalla breve discussione che c’è stata questa mattina, ricordiamoceli, ovviamente se sono condivisi, e martedì ne ragioniamo.Un metodo per tutti ci diceva l’amica francese, più azioni concrete l'amico brasiliano, infine moltiplicatori e seminatori, sono, diciamo, le tre questioni che almeno dal punto di vista nostro, dal punto di vista italiano, un po’ di differenze probabilmente ci sono nei nostri rispettivi territori, che noi dovremmo provare ad approfondire, dando per scontato che siamo d'accordo nel fare un nuovo progetto URB-AL.Un metodo per tutti, come si riesce a far partecipare di più i cittadini nei processi di cui si parla. Si è parlato in queste occasioni, quali sono i tempi della partecipazione, quali sono i modi della partecipazione e come superare le difficoltà che nella esperienza quotidiana si incontrano e che anch'io ho incontrato non tanto in questo ruolo di Vice Presidente della provincia, ma soprattutto nella mia precedente esperienza di Sindaco;

vale a dire come si fa a far partecipare i cittadini non direttamente interessati - questo è un problema grande -e come si riesce a legare interessi anche personali, anche privati in un interesse più generale?Ora nel momento in cui si fanno interventi su un quartiere o su una piazza tutto potrebbe tornare. Noi abbiamo presentato le nostre esperienze: il quartiere San Martino di Gubbio, la piazza di Fontignano dove andremo lunedì; è evidente, nel caso della piazza c'è solo un interesse generale; probabilmente nel quartiere di Gubbio c'erano interessi personali, ma c'era anche un grande interesse generale perché si recuperava una parte importante di una città medievale e quindi la partecipazione c’è stata ed è stata anche molto consistente. E’ più difficile quando invece gli interessi apparentemente sono più lontani.Prima ho sentito Franco Marini che parlava di urbanistica partecipata, bene, come la facciamo camminare però questa cosa? Perché l'esperienza vissuta, ripeto, sia da sindaco e anche ora, perché nel mio Assessorato si fa l'istruttoria dei piani regolatori che i comuni ci inviano, e la partecipazione che appare è quella di colui che vuole il pezzetto di terra in più, che vuole la cosa in più, oppure non vuole che ciò avvenga, ed in questo caso abbiamo gli interventi di comitati, di movimenti spontanei tesi spesso ad evitare alcuni inserimenti, cioè una grande infrastruttura, o una nuova via che nessuno vuole perché passa nel proprio orto e l’interesse generale dove va a finire?Noi da questo punto di vista abbiamo esperienze molto negative, anche nella nostra provincia. Per gli amici brasiliani o francesi forse la cosa è poco interessante, ma lo ricordo per gli italiani presenti.Noi abbiamo una arteria di interesse nazionale, la E 78, che dovrebbe collegare Fano a Grosseto, cioè l'Adriatico al Tirreno. Si tratta quindi una arteria di assoluto interesse nazionale che tocca l'Umbria solo per 12 chilometri su 4 o 500 complessivi, non so esattamente quanti saranno in tutto. L’Umbria è interessata solo per 12 chilometri: c’è una discussione aperta tra istituzioni, imprenditori, e cittadini esattamente dal 1986! sono 18 anni che si continuano a dare pareri diversi su dove deve passare una arteria di interesse nazionale; il risultato è che ad oggi, dopo 18 anni, ancora non sappiamo dove dovrà passare, c’è il tratto marchigiano che è praticamente terminato, il tratto toscano che è praticamente terminato, c'è questo pezzetto in Umbria che ancora non siamo riusciti a dire dove deve passare. Allora questo per dire che poi anche i modi e i tempi della partecipazione sono importanti perché altrimenti il rischio che si può correre è quello della paralisi, almeno in situazioni come le nostre diciamo, di una società “ evoluta”, abituata ormai alla democrazia da qualche decennio, ma dove, alla fine spesso quelli che partecipano lo fanno per impedire e non si capisce chi è che deve decidere. Per cui va bene la partecipazione, che sia la più ampia possibile, discutiamo con tutti, parliamo con tutti, però ci deve essere un momento stabilito in cui si dice:”OK la partecipazione c'è stata adesso decidiamo”, altrimenti il processo partecipativo può diventare paralisi, può diventare il non fare niente e purtroppo esperienze di questo tipo non mancano.L'ultima considerazione, e concludo, è come coinvolgere appunto in generale i cittadini. L'ho detto prima, quelli che sono portatori appunto di interessi generali e non specifici e soprattutto quelli, oggi piccoli cittadini, ma cittadini del futuro, che spesso sono quelli che pagano i danni delle nostre scelte, ma che al momento in cui queste sono fatte non hanno voce in capitolo per essere ascoltati. La questione non si pone solo per le grandi infrastrutture ma anche per i servizi dei quali diventeranno fruitori da lì a cinque anni, dieci anni, tre anni, perché quando progettiamo una scuola non si parla nemmeno con i ragazzi che in quel momento frequentano una scuola peggiore che deve essere migliorata e così per gli ospedali e così per una serie di altre questioni. Il problema è immenso, ovviamente, la questione è di grande rilevanza, ma se noi potessimo da qui a martedì, quando si concluderà questo nostro Seminario o nelle settimane e mesi successivi, come prima diceva Claudio, provare a codificare qualcosa, mi rendo conto che è una materia difficilissima quindi non è facile mettere in schede molto razionali queste cose, però è uno sforzo che dovremmo provare a fare, anche con il rischio di qualche imperfezione, anche con l'impegno di rivederlo un po’, però riuscissimo a fornire una griglia che fosse comprensibile e soprattutto utilizzabile anche dai tanti amministratori, forze economiche, sociali, imprenditori e quant'altro che poi quotidianamente sui nostri territori fanno delle scelte importanti, credo che avremo fatto un passo avanti e anche questa nostra esperienza avrà contribuito, come in parte ha già contribuito alla crescita culturale di tutti noi e spero delle comunità che in questo momento rappresentiamo. Grazie e al prossimo incontro.