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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA - VARESE Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate Corso di Laurea Magistrale Scienze e Tecniche della Comunicazione Apprendimento e comunicazione musicale: analisi applicativa del metodo Suzuki. Il caso ImmaginArte di Varese Relatore: Chiar.mo Prof. Giulio M. Facchetti Correlatore: Chiar.ma Prof.ssa Paola Biavaschi Studente: Dott.ssa Antonella Ilardi matr. 617343 Anno Accademico 2013/2014

Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA - VARESE - Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate - Corso di Laurea Magistrale - Scienze e Tecniche della Comunicazione Apprendimento e comunicazione musicale: analisi applicativa del metodo Suzuki. Il caso ImmaginArte di Varese Dott.ssa Antonella Ilardi - Relatore Chiar.mo Prof. Giulio M. Facchetti - Correlatore Chiar.ma Prof.ssa Paola Biavaschi

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA - VARESE

Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate

Corso di Laurea Magistrale

Scienze e Tecniche della Comunicazione

Apprendimento e comunicazione musicale:

analisi applicativa del metodo Suzuki.

Il caso ImmaginArte di Varese

Relatore: Chiar.mo Prof. Giulio M. Facchetti Correlatore: Chiar.ma Prof.ssa Paola Biavaschi

Studente: Dott.ssa Antonella Ilardi matr. 617343

Anno Accademico 2013/2014

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Indice

Introduzione 6

Capitolo I

La musica e l’uomo 8

1.1. Che cos’è la musica? 8

1.2. La funzione della musica 10

1.3. La musica nella storia 12

1.3.1 La musica primitiva 13

1.3.2 La musica nell’Antico Egitto 14

1.3.3 La musica nell’Antico Testamento 16

1.3.4 L’Antica Grecia: Aristotele e la musica 17

1.3.5 La musica e le tribù africane 22

Capitolo II

Pedagogia e musica 24

2.1 L’educazione musicale e i risvolti pedagogici 24

2.1.1 Teorie sull’educazione musicale 27

2.1.2 Arte e musica per un’educazione integrale 27

2.1.3 L’educazione musicale e la socializzazione 29

2.2 Espressione, creatività e autonomia 31

2.2.1 L’ascolto 31

2.2.2 La produzione 32

2.2.3 L’espressività 33

2.2.4 L’autonomia 34

2.3 L’educazione musicale 35

2.3.1 Identità e complessità 36

2.3.2 L’educatore musicale 38

2.3.3 L’integrazione educativa 41

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Capitolo III

Il metodo Suzuki 43

3.1 Shinichi Suzuki: vita e studi 43

3.2 L’Educazione al Talento e riflessioni pedagogiche 45

3.3 Le neuroscienze e l’importanza dell’apprendimento in età prescolare 49

3.4 L’intelligenza musicale 52

3.4.1 La formazione musicale e le funzioni cerebrali 54

3.4.2 La funzione dell’emisfero destro del cervello: 55

emozioni e patologie

3.5 L’importanza dell’interazione nell’apprendimento 56

3.6 Il ruolo della famiglia e l’accompagnamento 58

3.6.1 Il valore genitoriale 59

3.6.2 Si fa insieme e si cresce insieme 60

3.6.3 L’impegno dei genitori 61

3.6.4 L’insegnante del metodo e il genitore educatore 62

3.7 Genitori e figli nella storia della musica 63

3.8 La lezione musicale e la relazione tra bambino e genitore 65

3.8.1 L’appello 66

3.8.2 Il tuffo 67

3.8.3 I ritmi 67

3.8.4 Le canzoni di repertorio 68

3.8.5 La manualità della canzone 69

3.8.6 La filastrocca 69

3.8.7 Il saluto 71

3.9 La disciplina come gioco 71

3.9.1 Gioco e ripetizione 72

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Capitolo IV

Applicazione e esperienze 74

4.1 L’indagine metodologica 74

4.2 Analisi di un contesto applicativo: l’associazione ImmaginArte 76

4.2.1 Il Children's Music Laboratory e la prelettura 78

4.2.2 Il corso di Armonia Applicata 79

4.2.3 Music Lullaby 80

4.2.4 L’Orchestra 81

4.2.5 Esperienze e riconoscimenti 82

4.3 L’intervista al docente di musica 83

4.4 L’intervista ai genitori 97

4.5 Il contenuto delle interviste: proposte e aspettative 116

4.6 L’iniziativa 119

4.6.1 El Sistema 120

4.6.2 El Sistema in Italia 123

4.6.3 L’intervista al Dirigente Scolastico 125

Conclusioni 130

Bibliografia 133

Sitografia 143

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! 5

Antonio Vivaldi, Concerti delle stagioni, 1730

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! 6

Introduzione

L’imitazione (dal latino imitatio) è un processo che rappresenta una

produzione comportamentale basata su un modello preesistente che si intende

eguagliare.

In campo comunicativo l’imitazione è la prova, specie in età infantile, del

potenziale che il fanciullo esprime nel processo di apprendimento.

In campo musicale, in particolar modo, lo studio e l’applicazione proposta dal

maestro violinista Shinichi Suzuki, negli anni ‘30, fu parte importante della

costellazione delle proposte educative che in quegli anni vide partecipare Maria

Montessori e Jean Piaget.

Considerando il processo d'apprendimento umano, Suzuki, attraverso il suo

metodo, dimostrò che si poteva insegnare a un bambino l’uso degli strumenti

comunicativi musicali, sfruttando le stesse modalità con cui il bambino imparava a

parlare, ascoltando e ripetendo continuamente le parole dette dai genitori.

Secondo Suzuki, il fanciullo avrebbe potuto imparare a suonare, ascoltando e

ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo e una melodia proposta

dall’insegnante nel corso della giornata.

In base al modello, il mondo della musica potrà divenire parte fondamentale e

del tutto naturale nella vita del bambino e della sua famiglia, stimolando la

formazione del carattere e la crescita del buon gusto, rafforzando l’autostima e

sostenendo la capacità di relazione con gli altri e rispettandone le regole di contatto.

Il valore legato al riconoscimento del proprio ruolo (nell’orchestra), non solo

aumenterebbe i livelli di sensibilità, utile a gestire i rapporti con il gruppo, ma

contribuirebbe a favorire lo sviluppo del proprio stile.

La tesi intende indagare le verità del metodo Suzuki e confermarne i vantaggi.

Il metodo di indagine è basato su interviste che intendono obiettivare i

risultati del valore dell’applicazione del metodo e i benefici di natura relazionale di

coloro che sono iniziati all’applicazione del metodo stesso.

Attraverso l’analisi proposta dal percorso di ricerca, s’intende, dunque,

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confermare il valore didattico e produttivo del metodo Suzuki, illustrando il percorso

di crescita, studiando i diversi metodi didattici proposti nella storia e che

accompagnano, e continuano ad accompagnare, l’apprendimento del linguaggio

musicale.

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Capitolo I

La musica e l’uomo

Vorrei insegnare alle persone la musica, la fisica, la filosofia; ma soprattutto la

musica, perché nel modello della musica sono contenute le chiavi

dell’apprendimento1.

Platone

1.1 Che cos’è la musica?

La musica può essere definita l’arte di combinare più suoni in base a regole

definite, diverse a seconda dei luoghi e delle epoche2. Questa definizione è valida per

tutti i generi di musica, sia che si parli di musica classica o popolare, di musica rock

o jazz.

La musica, così come sosteneva Debussy3, esprime l’inesprimibile

all’infinito4, giunge dove la parola non arriva.!

Diverse sono le definizioni che possono essere attribuite alla musica, in

quanto organizzazione di note e generazione di melodia, come produzione di suoni

udibili e legati alla ricostruzione cognitiva. V’è da precisare però, che la musica ha

ottenuto definizioni ben più complete, nel momento in cui è stata la letteratura a

offrirne una spiegazione, caratterizzando il piacevole modo di ascoltarla a quello di

sentirla emozionalmente. Siohan5, per esempio, dedica all’arte del suono

l’espressione seguente:

La musica è una cosa misteriosa. Quando l’ascoltiamo, essa ci suggestiona, ci eleva,

ci anima, ci culla, ci rattrista, ci turba. Rende più importanti noi e il mondo in

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!1 E. Moutsopoulos, La musica nell’opera di Platone, Vita e Pensiero, Milano, 2002, p. 277. 2 Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli. 3 Claude-Achille Debussy (1862 – 1918) è stato un compositore e pianista francese. 4 R. Siohan, Possibilités et limites de l'abstraction musicale, Journal de Psychologie, Presses Universitaires De France, Parigi, 1959, p. 258. 5! Robert Siohan (1894-1985) fu un direttore d'orchestra, compositore francese e un violista di formazione.

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cui risuona, sia esso il mondo di ogni giorno o quello fantastico di un film o di un

pièce teatrale. Illumina particolari oggetti, avvenimenti, espressioni o gesti di per sé

irrilevanti dando loro un nuovo significato6.

La parola musica deriva dalla parola greca moysa (ovvero musa). L'idea

occidentale di musica è collegata alle muse e in questo senso alludeva ad ogni

scienza ed arte che risveglia l'idea di cosa perfetta e gradevole.

È difficile, però, dare una definizione di musica, in quanto non è qualcosa che

si può vedere o toccare: semplicemente la sentiamo.

Essa ha il potere di valorizzare anche gli aspetti più semplici della vita, è

capace di portarci lontano, nell’immensità delle sensazioni, delle emozioni e degli

affetti. Il suo forte potere evocativo fa riemergere ricordi, sussurra idee, bisbiglia

nomi, tratteggia luoghi, grida la rabbia, urla il dolore, esalta la gioia e così provoca

sussulti, ansie, gioie, ricordi, fantasie, amore e voglia di vivere. La musica, come

scriveva lo scrittore Erri De Luca … è la colonna sonora della nostra vita7.

La musica è in grado di stimolare ed affinare l’espressione, l’immaginazione,

la rappresentazione e le abilità nello stabilire e mantenere le relazioni sociali.

In una lettera inviata al musicista Ludwig Senfl8 nel 1530, Lutero9!affermò che:

La musica è un po’ come una disciplina che rende gli uomini più pazienti e più dolci,

più modesti e più ragionevoli. […] Grazie alla musica si dimentica la collera e tutti

gli altri vizi. […] Chiunque è portato per quest’arte non può non essere un uomo di

buon carattere, pronto a tutto10.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!6!J.!Maròthy, Musica e uomo, Ricordi Unicopli, Milano, 1987, p. 11.!7 E. De Luca, La musica provata, Feltrinelli, Milano, 2014, p. 35.!8!Ludwig Senfl (1486 – 1543) è stato un compositore svizzero e una figura importante per lo sviluppo dello stile polifonico franco-fiammingo nelle terre tedesche. 9!Martin Lutero (1483-1546), teologo tedesco e iniziatore della Riforma Protestante. La confessione cristiana basata sulla dottrina teologica, prende il nome di luteranismo. 10 E. Fubini, L’estetica musicale dall’antichità al Settecento, Einaudi, Torino, 1976, p. 140.

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1.2 La funzione della musica

Aristotele, nella sua opera Politica, sosteneva che:

[…] la musica non va praticata per un unico tipo di beneficio che da essa può

derivare, ma per usi molteplici, poiché può servire per l’educazione, per procurare

la catarsi e in terzo luogo per la ricreazione, il sollievo e il riposo dallo sforzo11.

Il compositore Luciano Berio12 affermava che:

La musica non è mai sola. Essa assume diverse funzioni che variano da cultura a

cultura e si modificano in base all’evoluzione della cultura. In occidente, nel corso

dei secoli, il sapere e la prassi musicale si sono istituzionalizzati in un sistema di

istruzione, documentazione e diffusione, basato sul concetto di musica intesa come

arte e scienza ma, soprattutto, regolato sempre più marcatamente da criteri di

mercato13.

La globalizzazione e l’integrazione culturale hanno permesso alla musica

occidentale di essere fruita in qualsiasi parte del mondo, mettendo a rischio sia la

sopravvivenza della cultura musicale tradizionale, sia la sua funzione. Ne emerge un

tema complesso che fa emergere il problema dell’identità culturale e il ruolo della

musica nella sua definizione.

Un tentativo di riassumere in pochi capi le funzioni della musica nei suoi

molteplici contesti risulta essere difficile. È necessario un ragionamento fortemente

dialettico nella definizione delle finalità di un fenomeno che abbraccia la sfera

individuale e collettiva e che implica al tempo stesso un’attività naturale e artificiale,

istintiva e disciplinata, fisica e intellettuale.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!11 G. Comotti, La musica nella cultura greca e romana. Vol. 1, EDT, Torino, 1991, p. 158. 12!Luciano Berio è stato un compositore italiano d'avanguardia, pioniere anche nel campo della musica elettronica.!13 L. Berio, Un ricordo al futuro. Lezioni americane, Einaudi, Torino, 2006, pp. 5-25.

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Secondo l’etnomusicologo Allan P. Merriam14, la musica si articola in tre

categorie principali15:

- funzioni di organizzazione e supporto delle attività sociali;

- funzioni di induzione e coordinamento delle reazioni sensorio-motorie;

- funzioni espressive.

Alla prima appartengono le attività musicali relative ai riti religiosi e sociali,

alle cerimonie, celebrazioni, ricorrenze, alle occasioni di lavoro e d’intrattenimento

collettivo, in cui la musica funge una funzione di stimolo e di organizzazione16.

La seconda categoria si riferisce ad ogni esperienza musicale: la componente

cinetica, quella dell’esecuzione vocale e strumentale, nonché nella danza17.

Alla terza categoria appartiene l’intera sfera dell’espressione individuale, la

comunicazione di idee attraverso forme simboliche codificate all’interno di una

cultura musicale, e il godimento estetico18.

È in questo ultimo ambito, che si pone la dialettica tra l’autonomia della

musica e la sua eteronomia in quanto prodotto e rappresentazione di una determinata

realtà sociale e storica.

Proprio nel dibattito sulla capacità della musica di comunicare e di

trasmettere emozioni e concetti, e sul rapporto tra evento musicale ed extramusicale,

si riconosce la base dell’inconscio19.

Ma la musica, nella sua storia, ha rappresentato altro.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!14 Allan P. Merriam (1923-1980) è stato un etnomusicologo statunitense. Il suo testo più importante, Antropologia della musica, promuove lo studio della musica con un metodo e una prospettiva antropologica. 15 A. Bannour, M. Bensalah, E.M. Chadli, M. Conoscenti, J.N. Dibie, J. Monleon, P. Scarnecchia, in M. Brondino e Y. Fracassetti (a cura di), Il Mediterraneo vede, scrive, ascolta, Jaca Book, Milano, 2005, p. 336. 16 Ibidem. 17 Ibidem. 18 Ibidem. 19 F. Giannattasio, Il concetto di musica. Contributi e prospettive della ricerca etnomusicologica, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992, p. 273.

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La funzione terapeutica20della musica, nota fin dall’antichità e vagamente

implicita tra le tre categorie elencate sopra, ha avuto negli ultimi decenni un

riconoscimento e un’applicazione di notevole profondità e diffusione nella

musicoterapia come campo specifico di studio e di attività professionale.

L’importanza della musica nell’educazione, fin dalle primissime fasi della vita è

riconosciuta universalmente, ma la sua applicazione varia molto tra le diverse culture

e da un paese all’altro. Mentre nelle società di tradizione orale la partecipazione del

bambino alle attività musicali è parte integrante della sua formazione in quanto

membro della comunità, nelle culture occidentali il compito della formazione

musicale è delegato a professionisti e a istituzioni specializzate e ciò comporta

spesso una netta carenza nell’introduzione naturale del bambino ai segreti e ai piaceri

della musica21.

L’apporto di discipline quali la psicologia, l’antropologia, la semiologia e le

scienze cognitive, è stato basilare per allargare gli orizzonti e approfondire la

comprensione delle dinamiche universali che accomunano l’esperienza musicale in

tutte le culture.

1.3 La musica nella storia

L’arte dei suoni esiste da tempi molto antichi. Non esiste civiltà che non

abbia sviluppato o adottato un proprio sistema musicale.

Nei paragrafi successivi s’intende riportare la funzione della musica nei

diversi periodi storici, quando la musica veniva utilizzata prevalentemente

nell'ambito di cerimonie religiose, come nell’Antico Egitto o a fine educativo, come

nell’Antica Grecia: sino al ruolo che la musica ricopre nei giorni nostri.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!20 Il musicista e psichiatra argentino Rolando Omar Benenzon, definisce la musicoterapia una disciplina scientifica che si occupa dello studio e della ricerca del complesso suono-essere umano con l’obiettivo di cercare elementi di diagnosi e metodi terapeutici. Ma dal punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica e il movimento per provocare effetti regressivi e aprire canali di comunicazione, con l’obiettivo di attivare, per il loro tramite, il processo di socializzazione e di inserimento sociale" (R. Benenzon, Manuale di Musicoterapia, Borla, Roma 1992).!21!F. Giannattasio, Il concetto di musica. Contributi e prospettive della ricerca etnomusicologica, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992, p. 275.

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1.3.1 La musica primitiva

Ancora prima dell’esistenza dell’uomo sulla terra, molteplici erano le voci

della natura che deliziavano l'aria con i suoni: il sibilo del vento, il ticchettio della

pioggia, il fragore delle cascate, il rombo del tuono, il cinguettio degli uccelli,

l’ululato dei lupi, ecc..

Ogni cosa nell’universo era governata da un’imperante armonia22.

L’evoluzione e la conseguente apparizione dell’uomo, vedeva come sua unica

forza l'intelligenza, che lo rendeva capace di comprendere l'ordine del mondo in cui

viveva e lo spingeva a fabbricare i mezzi utili alla sopravvivenza, prendendo il

sopravvento sulle forze ostili che lo circondavano.

L’uomo primitivo scoprì la musica in modo spontaneo, ascoltando e

riproducendo i suoni della natura, imitando i versi degli animali, inizialmente al fine

di attirarli nelle proprie trappole23.

Successivamente, la musica servì per accompagnare le cerimonie

propiziatorie, così che potessero essere un invito ad una caccia proficua.

Osservando la natura e imitandone i suoni, l’uomo ne apprese le sue leggi e

ne carpì i segreti. Questo gli permise di controllarla attraverso la creazione di

strumenti utili a rendere la propria esistenza più sicura e agevole: fortificando, per

esempio, le abitazioni per far fronte alle grandi tempeste.

Nessuno può dire con certezza quali furono le prime manifestazioni musicali

dell'uomo, ma quello che è certo: è che l'uomo, da sempre, è stato accompagnato

dalla musica nel suo percorso di vita24.

Lo studio del mondo primitivo afferma come, presso queste popolazioni, la

prima espressione musicale fu il ritmo, espresso con le mani, con i piedi, con gli

utensili di lavoro di uso quotidiano, che all’occorrenza venivano usati anche come

semplici produttori di suono (bacchette, aste di legno e pietre battute sfregate).

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!22 M. Schneider, La musica primitiva, Adelphi, Milano, 1992, p. 85. 23 M. Schneider, Il significato della musica, SE, Milano, 2007, p.139. 24 W. Maioli, Le origini: il suono e la musica, Jaca Book, Milano, 1991, p. 31.

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Oltre gli utensili da lavoro, tra i primi rudimentali strumenti musicali creati e

utilizzati dagli uomini primitivi, si ricordano i membranofoni25,realizzati con pelli di

animali tese in vari modi, al fine di acquistare l'elasticità necessaria a produrre il

suono. Gli strumenti a fiato, erano realizzati con ossa di animali, svuotate e dotate di

piccoli fori laterali. Seppure meno diffusi, perché più difficili da realizzare, si

ricordano gli strumenti a corde. Tra questi, i primi esemplari furono l'arco, costituito

da una corda tesa tra le due estremità di un bastone ricurvo e il salterio di canna,

costruita con una sottile striscia di scorza presa da una canna di bambù26.

Per quanto concerne il canto, che spesso accompagnava il suono o il ritmo

dello strumento, era fatto solo di brevi sillabe gutturali e di grida inarticolate: atto a

comunicare sentimenti di gioia, dolore, paura e incitamento27.

1.3.2 La musica nell’Antico Egitto

Presso i popoli più antichi, come quelli egiziani, la musica veniva utilizzata

prevalentemente nell'ambito di cerimonie religiose.

In Antico Egitto, la musica era considerata un dono del cielo ed era fonte di

letizia e serenità. Il suo nome, infatti, era “Hy” che significa gioia e beatitudine28.

Secondo Platone29, gli antichi egizi apprendevano fin da giovanissimi l’arte

del suono e della danza, in quanto si riteneva che siffatte arti avessero effetti benefici

sia sul corpo che sull’anima30.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!25 I membranofoni sono una categoria di strumenti musicali in cui il suono è prodotto dalla vibrazione di una membrana tesa. Essi si suddividono in due grandi categorie. Alla prima, detta dei tamburi, appartengono quegli strumenti in cui la membrana viene posta in vibrazione mediante percussione (con le mani, bacchette od altro) e perciò questi strumenti rientrano nella tradizionale categoria degli strumenti a percussione, insieme agli idiofoni. 26!C.!Sachs, Storia degli strumenti musicali, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1995, p. 51. 27 Ibidem.!28 Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti (DEUMM) a cura di Alberto Basso, UTET, 1985. 29!Platone è stato un Torino, filosofo greco antico. Assieme al suo maestro Socrate e al suo allievo Aristotele, ha posto le basi del pensiero filosofico occidentale. 30 M. Betrò, V. Simini, Sono venuta correndo a cercarti. Canzoni e musica nell'antico Egitto, Edizioni ETS, Pisa, 2010, p. 115.

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La musica sacra, inizialmente, era regolata esclusivamente dai sacerdoti di

sesso maschile. Solo dal sedicesimo secolo a.C. in poi, fu permessa la pratica anche

alle donne, purché di famiglia sacerdotale.

Tuttavia, l’arte dei suoni era praticata a tutti i livelli sociali: il canto

accompagnava i vari momenti del lavoro dei campi, le battute di caccia, i riti magici,

il riposo, il divertimento e i canti popolari31.

Anche i riti funebri erano accompagnati da lamenti funerei, danzatori e

musicanti32.

Nelle grandi cerimonie venivano impiegati gli strumenti a percussione,

favorendo una musica fortemente ritmata e chiassosa. Al contrario, in privato si

tendeva a una musica più dolce, attraverso l’uso di strumenti da caratteristiche

raffinate: prodotta dall’arpa o dal flauto33.

Probabilmente la voce accompagnava gli strumenti e, curiosamente,

sembrerebbe che gli egiziani prediligessero cantatrici siriane34.

L’arte del suono occupava un ruolo molto importante anche nei riti magici.

Interessante, a tale proposito, è l’Inno al Nilo, il corrispondente di un incantesimo,

finalizzato ad ottenere la pioggia. Questo rito spettava al faraone, il quale, attraverso

l´intonazione dell’inno, assicurava al paese l´acqua tanto desiderata35.

Un´intensa attività musicale era svolta anche alla corte del faraone, dove i

musicisti godevano di una grande importanza. Essi erano considerati sudditi

privilegiati e occupavano una delle posizioni più elevate della scala sociale36.

Della musica egiziana, purtroppo, si conosce ben poco in quanto, come in

altre civiltà antiche, la musica era di tradizione orale.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!31!N. Grimal, Storia dell’antico Egitto, trad. G. Scandone Matthiae, Biblioteca Storica Laterza, Bari, 2013, p. 254. 32 Ibidem. 33 Riferimento al sito Antika: <http://www.antika.it/007275_strumenti-musicali-nellantico-egitto.html>. 34 Ibidem. 35!E. Bresciani, Letteratura e poesia dell’Antico Egitto. Cultura e società attraverso i testi, Einaudi, Torino, 2007, p. 453. 36 L. Scoppola, Note di classe. Ricerca sull’insegnamento della musica nelle scuole, Franco Angeli, Milano, 2014, p. 26.

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1.3.3 La musica nell’Antico Testamento

Anche gli ebrei attribuivano al canto e alla musica un'enorme importanza nel

campo spirituale.

In molti passi della Bibbia, infatti, si parla di canti intonati da strumenti e da

danze, attraverso cui il "popolo di Dio" esprimeva coralmente i propri sentimenti di

gioia o di tristezza.

Ancora oggi, per un Ebreo, la musica è inscindibile dalla preghiera, e nel

passato non era lecito seguire cerimonie pubbliche o religiose senza che ci fosse un

adeguato accompagnamento musicale37.

La musica ebraica toccò il maggior fulgore nel periodo dei Re (XI - X sec.

a.C. ). La tradizione riconosce Davide38, re d’Israele, come provetto arpista e autore

di molti salmi.

Sotto il suo regno le cerimonie erano imponenti e ad esse prendevano parte

migliaia di coristi che accompagnavano il loro canto con gli strumenti musicali che

Davide stesso aveva fatto costruire. L'esperienza musicale ebraica, attraverso la

produzione di salmi, è particolarmente importante in quanto crea le basi di quello che

diventerà il canto gregoriano39.

All'inizio del XX secolo, il musicologo Abramo Z. Idelsohn40 registrò e

trascrisse canti di alcune tribù ebraiche stanziatesi nello Yemen e nella Palestina, che

avevano conservato il patrimonio dei canti dell’antichità attraverso i secoli41.

Questo fu il primo contributo scientifico allo studio della musica degli ebrei,

successivamente ampliato e approfondito dagli studi della musicologia moderna.

Il successivo raffronto dei canti raccolti da Idelsohn con melodie Gregoriane,

mostrò evidenti affinità fra essi. Da qui si argomentò che la musica ebraica avesse

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!37 E. Anati, Origini della musica, 2 ed., Atelier, Pistoia, 2014, p. 14. 38 Davide (Betlemme, 1040 a.C. ca – Gerusalemme, 970 a.C. ca) è stato il secondo re d'Israele durante la prima metà del X secolo a.C.. Fu un valoroso guerriero, musicista e poeta. La tradizione lo riconosce come autore di molti salmi. 39 L. Scoppola, Note di classe. Ricerca sull’insegnamento della musica nelle scuole, Franco Angeli, Milano, 2014, p. 39. 40 Abramo Z. Idelsohn (1882 - 1938) è stato un etnologo, musicologo e compositore. 41 G. Tumbarello, La musica e gli strumenti musicali nella Bibbia e nella Chiesa, riferimento al sito Libero: < http://digilander.libero.it/cappellania/musicaebibbia.htm>.

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profondamente influenzato la nascita del canto cristiano42.

Grande spazio occupava nel culto ebraico l'esecuzione dei salmi, guidata da

un cantore-solista a capo dell'assemblea dei fedeli, coinvolti in maniere diverse di

partecipazione43.

1.3.4 L’Antica Grecia: Aristotele e la musica

Nella cultura greca e romana il termine mousikè non si riferisce solo all’arte

dei suoni, ma comprende anche la poesia e la danza che accompagnano il canto, per

cui un unico artista è artefice della melodia, delle parole e dei movimenti di danza44.

Per i greci la musica era considerata uno dei mezzi più efficaci per

l'educazione morale e intellettuale dei cittadini e faceva parte perciò

dell'insegnamento scolastico. Nelle scuole greche, infatti, oltre all’insegnamento

della letteratura e della scrittura, si educavano i giovani ai rudimenti della musica45.

Gli insegnanti, quando i bambini sanno già leggere, fanno loro declamare in classe,

seduti su sgabelli, i versi dei grandi poeti e li costringono a impararli a memoria. I

citaristi, a loro volta, quando l’allievo sa suonare lo strumento, gli fan conoscere

altre belle opere, le opere dei poeti lirici. Più tardi ancora, si manda il ragazzo dal

pedotribo46.

Temistocle47, per esempio, ammetteva di avere avuto un’educazione

incompleta perché non aveva imparato a suonare la cetra48.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!42 Riferimento al sito Artutu: <http://www.arturu.it/v/musica/storia/?id=1_2>. 43 Riferimento al sito Adipa: <http://www.adipa-noce.it/approfondimenti-biblici/36-attualita/80-breve-storia-della-musica-cristiana>. 44 M.P. Guidobaldi, La musica e la danza nell’antica Roma, Archeo, n. 11, De Agostini, Novara, Novembre 1995, p.59. 45 Ibidem.!46 R. Flacelière, La vita quotidiana in Grecia al tempo di Pericle, Fabbri Editori, Milano,1998, p. 126. 47 Temistocle è stato un politico e militare ateniese. Tra i primi politici di spicco della giovane democrazia di Atene, condusse una politica a favore del popolo, ricevendo perciò il supporto delle classi meno abbienti della città, e generalmente in contrasto con le famiglie nobili. 48 S. Cagnazzi, Nicobule e Panfila: frammenti di storiche greche, Edipuglia, Bari, 1997, p. 100.

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! 18

Un tratto comune a molte civiltà musicali dell'antichità fu la convinzione che

la musica potesse influire - in senso positivo o negativo - sul comportamento morale

degli uomini e sui loro costumi. È a Pitagora49che si attribuisce l'affermazione della

relazione tra la musica e l'animo umano, concetto che assunse i caratteri della

dottrina dell'ethos. Essa indicò le relazioni esistenti tra alcuni aspetti del linguaggio

musicale e determinati stati d'animo. Le differenti potenzialità emotive della musica

riguardavano principalmente le armonie, ma potevano anche riferirsi ai ritmi e agli

strumenti.

La dottrina dell'ethos ebbe la prima elaborazione nell'ambito della scuola

pitagorica, ma venne sviluppata sistematicamente solo a partire dal V secolo a.C. ad

opera di Damone50 di Atene, e successivamente da Platone e da Aristotele51. Il nucleo

centrale della dottrina consisteva nel riconoscere che a ogni armonia era attribuito un

proprio ethos, cioè un sentimento52.

Il pensatore greco che per primo si occupò dell'importanza della musica

nell'educazione fu l'ateniese Damone. Poiché la musica può influire sulla formazione

del carattere dei giovani, Damone riteneva necessario distinguere le armonie e i ritmi

buoni da quelli cattivi, e controllare che nella scuola si insegnassero solo le armonie

e i ritmi idonei a formare gli animi alla virtù e al coraggio. Le sue idee influenzarono

la dottrina musicale dei secoli successivi: le sue considerazioni sull’ethos delle

armonie in rapporto all’educazione furono accolte da Platone e da Aristotele e

condizionarono di conseguenza il pensiero ellenistico e romano53.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!49 Pitagora è stato un filosofo greco antico. Fu matematico, taumaturgo, astronomo, scienziato, politico e viene ricordato come fondatore storico della scuola a lui intitolata, nel cui ambito si svilupparono le conoscenze matematiche e le sue applicazioni come il noto teorema di Pitagora. Il suo pensiero ha avuto comunque importanza per lo sviluppo della scienza occidentale, perché ha intuito per primo l'efficacia della matematica per descrivere il mondo. 50 Damone (V sec. a.C.) è stato un teorico della musica greco antico, vissuto nel V secolo a.C.. Maestro, amico e consigliere di Pericle, diede un contributo importantissimo alla storia della teoria musicale della Grecia classica e influenzò profondamente gli studi di Platone. Credeva nel potere della musica di influenzare gli stati d'animo, e sosteneva che questo potesse venire provato solo sperimentalmente. 51 Aristotele (384-322 a.C.) Discepolo di Platone, è considerato una delle menti filosofiche più innovative, prolifiche e influenti del mondo antico occidentale per la vastità dei suoi campi di conoscenza; è stimato da secoli come l'emblema dell'uomo sapiente e come precursore di scoperte. 52 R. Flacelière, La vita quotidiana in Grecia al tempo di Pericle, Fabbri Editori, Milano, 1998, p.132. 53 G. Comotti, La musica nella cultura greca e romana, Vol.1, EDT, Torino, 1991, p. 34.

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Nella stessa direzione di Damone, si muoveva il pensiero di Platone. Egli

affermava che la musica non doveva perturbare gli animi dei cittadini e che non tutte

le armonie potevano considerarsi educative. Sosteneva, inoltre, che ogni armonia

musicale avesse un proprio ethos: un proprio sentimento. Il suono e l’ascolto della

musica doveva avvenire con particolari cautele (per Socrate, suo Maestro, addirittura

non solo i modi devono essere accuratamente scelti, ma anche i ritmi, ognuno

appropriato alla giusta occasione)54.

Aristotele, a differenza di Platone, ammetteva tutti i tipi di musica, anche

quella che perturbava gli animi e non li rasserenava, per l’effetto catartico che

producevano sugli ascoltatori. Nell’ultimo libro della Politica, il filosofo si dedica ai

problemi dell’educazione e in particolare a quelli dell’educazione musicale55.

Per Aristotele la musica ha un’importante valore, anche al dì fuori

dell’ambito educativo: procura divertimento (paidia); si adatta allo stile di vita

(diagoge) dei cittadini liberi; contribuisce a sviluppare un buon carattere (ethos); può

produrre quel tipo di “purificazione” che libera l’anima dalle emozioni pericolose ed

eccessive, e che Aristotele chiama katharsis56.

Di seguito la breve analisi di tali funzioni.

- Aristotele afferma che la paidia, il “divertimento” o il “gioco”, non

rappresenta lo scopo primario della vita. È facile comprendere come per i

cittadini, siano le attività utili a procurarsi da vivere le vere priorità della vita.

Tuttavia, il lavoro comporta fatica e syntonia, “tensione”, e il piacere del

divertimento ha la capacità di porre rimedio a questa tensione recando un

piacevole rilassamento fisico e psichico che conduce alla condizione di riposo

(anapausis). La musica può svolgere questa funzione sia per i “cittadini liberi

ed educati”, sia per quelli che Aristotele considera rozzi e volgari: ogni

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!54 Platone La Repubblica, Vol. III, M. Vegetti (a cura di), BUR, Milano 2006. 55A. Barker, Psicomusicologia nella Grecia antica, A. Meriani (a cura di), Guida, Napoli, 2005, pp. 99-100. 56 Ivi, pp. 100-103.

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! 20

cittadino, infatti, ricaverà dalla musica il piacere che è più conforme alla sua

natura57.

- Per Aristotele, inoltre, l’arte dei suoni ha lo scopo di “indirizzare alla

ricreazione intellettuale che si realizza nell’ozio”58. La musica è vissuta come

una forma di saggezza: la sua funzione è di portare il cittadino a un regime di

vita eccellente dal punto di vista etico. Il filosofo ritiene sia fondamentale

insegnare ai fanciulli a suonare gli strumenti musicali e a cantare, perché la

formazione permette loro di acquisire abilità di cui, da adulti, necessiteranno

per condurre una vita che possa essere la migliore possibile. Questo

apprendimento non vuole formare i fanciulli in esecutori professionisti: per

Aristotele nessun cittadino libero dovrà canterà o suonare uno strumento

musicale, in quanto l'esecuzione musicale richiede un'abilità manuale, come

quella del fabbro o del muratore, che spetta solo ai banausoi59. L’attività che

più si addice agli “uomini liberi”, è invece la contemplazione estetica e

intellettuale, godere, quindi, dell’ascolto di tale arte. Ai giovani, tuttavia, è

bene insegnare a suonare e a cantare perché sarebbe difficile, in futuro,

diventare un buon giudice di cose di cui non si ha un’esperienza pratica e

diretta. Lo svolgimento di tale attività compiute da piccoli, permette loro, da

adulti, di accrescere facoltà critiche che essi eserciteranno in seguito, da

membri di un pubblico raffinato intelligente60.

- Aristotele osserva che la musica collabora allo sviluppo di un buon

carattere. La virtù, dice Aristotele, è una disposizione ad amare e odiare le

cose giuste. E’ dunque fondamentale imparare a valutare correttamente il

carattere e il comportamento, e abituarsi ad apprezzare caratteri buoni e le

azioni nobili. Ebbene, nella musica i ritmi e le melodie contengono

somiglianze con caratteri buoni e cattivi. Se dunque acquisiamo la capacità di

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!57 Ivi, pp. 105-106. 58 Ivi, pp. 107-108. 59 Il termine banausoi, è un epiteto della classe di operai o artigiani nell'antica Grecia. 60 A. Barker, Psicomusicologia nella Grecia antica, A. Meriani (a cura di), Guida, Napoli 2005, p. 109.

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provare attrazione per alcune di queste somiglianze e repulsioni per altre,

saremo molto vicini a provare attrazione e repulsione per gli elementi reali

con i quali la musica mostra somiglianze, ossia i caratteri stessi, buoni o

cattivi. Rispetto alle altre arti, soltanto la musica produce imitazioni di qualità

morali che sono in grado di agire sul carattere; ecco perché l’importanza

fondamentale che la musica deve avere nel contesto educativo. Aristotele

afferma che le melodie contengono queste “imitazioni”. Il filosofo sostiene

che gli individui reagiscono in modi diversi alle diverse harmoniai. Ad

esempio, chi ascolta harmoniai come la mixolidia avverte pena e

oppressione, mentre chi ascolta harmoniai rilassate, la reazione mentale sarà

più morbida. Visto che le varie harmoniai, come anche i diversi ritmi,

producono sul carattere effetti così diversi, e non tutti questi effetti sono

desiderabili, è chiaro che delle diverse musiche si dovrà fare un uso selettivo.

Ma contrariamente a Platone, Aristotele ritiene che tutti le harmoniai, per un

motivo o per l'altro, abbiano funzioni utili, e che nessuno vada rifiutata del

tutto. Aristotele risolve il problema permettendo che nel contesto educativo

vengano impiegate soltanto le harmoniai che formano un buon carattere,

ritagliando per le altre delle nicchie in contesti differenti61.

- La musica, secondo Aristotele, produce una purificazione emotiva,

katharsis. Egli sostiene che le melodie estatiche, non debbano essere eseguite

direttamente dai cittadini liberi; quest’ultimi, invece, per goderne i benefici

devono limitarsi ad ascoltarne le produzioni eseguite da altri. Esse possono

essere efficaci come terapia per le emozioni troppo intense: l’esecuzione di

melodie che suscitano l’estasi dell’anima, libera le emozioni degli individui

“posseduti” da questi turbamenti, sicché essi vengono purificati e alleggeriti

del loro peso. L’idea è che questa musica induce nell’anima un’attività che

libera queste emozioni trattenute e le fa esaurire in modo inoffensivo. Le

passioni suscitate da questa musica, si esauriscono direttamente su quelli che

l’ascoltano in teatro, si esauriscono senza tradursi in azioni potenzialmente

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!61 Ivi, p.110.

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dannose, e gli ascoltatori lasciano la platea emozionalmente purificati e

pacificati. Nessuna musica di questo tipo deve essere usata nell’educazione:

se i fanciulli la eseguissero, o se vi fossero esposti per lunghi periodi di

tempo, il loro carattere potrebbe esserne danneggiato62.

1.3.5 La musica e le tribù africane

Di questo vasto territorio, è utile prendere in considerazione soprattutto

l'Africa centrale o subsahariana, la sola che presenti una tradizione musicale

autenticamente autoctona63.

La musica in Africa non svolge una funzione puramente di intrattenimento o

di rilassamento, ma mira a svariate funzioni che comprendono l’aspetto educativo,

culturale, religioso e informativo.

Per tradizione, l’arte dei suoni oltre a presiedere nell’educazione dei giovani e

delle future madri, è praticata in tutti i momenti più importanti della vita di un uomo

(nascita, circoncisione, iniziazione, matrimonio, malattia, morte e sepoltura), ma

soprattutto a tutti i livelli sociali (riti, feste, celebrazioni, caccia, pesca). Essa, infatti,

ha una profonda valenza culturale, ha il compito di tramandare, esprimere e

rafforzare le tradizioni comuni, le scale di valori del gruppo a cui si appartiene e di

consolidare l'intesa fra persone già legate da vincoli parentali e comunitari. Quindi,

nella società tradizionale l’arte del suono è soprattutto evento sociale e

socializzante64.

Anche la scelta della musica è adattata alle circostanze che deve

accompagnare, non può essere improvvisata, ma deve rispettare la tradizione. Sono i

capi delle comunità che controllano e scelgono le musiche da eseguire e gli strumenti

da utilizzare nelle occasioni ufficiali65.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!62 Ivi, p.111. 63! L.!D'Amico, A. Kaye, Musica dell'Africa nera. Civiltà musicali subsahariane fra tradizione e modernità, L'Epos, Palermo, 2004. 64 Ibidem. 65 J.H. Kwabena Nketia, La musica dell’Africa, trad. di B. Rabezzana, Società Editrice Internazionale, Torino, 1974. !

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Il concetto di arte, di musica in Africa, si differenzia dal concetto tipicamente

occidentale. Nella cultura africana tradizionale, il musicista o il cantante, non

praticano l’arte dei suoni per puro diletto personale, né per rilassarsi. La musica non

è un gioco.

Pensiamo ai lavoratori impegnati nei campi. Ebbene, il loro canto non

rappresenta un semplice passatempo per combattere la noia, ma persegue un

obiettivo concreto, che può essere semplicemente di dimenticare la fatica e rendere

maggiormente sul lavoro.

Ma non tutti i tempi sono buoni per fare musica. In diversi popoli, vige il

divieto di fare musica in alcuni contesti, come ad esempio durante le ore di lavoro,

questo per non distogliere l’attenzione dalle attività e dal rendimento. Sono invece

privilegiate le ricorrenze della vita del villaggio e soprattutto le sere di luna piena,

quando la comunità si riunisce nella piazza del villaggio (luogo privilegiato della

musica) attorno al falò per scambiarsi informazioni, ascoltare storie, indovinelli,

cantare e danzare66.

La musica africana tradizionale richiede, inoltre, la partecipazione dell'intera

comunità. Nessun singolo svolge un ruolo a sé stante, anzi, l'esecuzione corale deve

essere talmente sinergica, al punto che dovrà risultare difficile individuare gli

interpreti principali, per cui anche il professionista scompare nella folla67.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!66 D. Stapleton, C. May, Musica africana. Un atlante sonoro, Arcana Editrice, Milano, 1991. 67 E. Tosi, La kora e il sax. Forme e protagonisti della musica africana moderna, EMI, Bologna, 1990.

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Capitolo II

Pedagogia e musica

2.1 L’educazione musicale e i risvolti pedagogici

Per secoli l’educazione musicale è stata identificata con lo studio della tecnica

strumentale, così che la rigidità dei metodi si risolvesse in scarsa attenzione alle reali

esigenze dell’allievo, alla sua naturale curiosità e alla necessità di un suo costante

coinvolgimento atto a favorire l’apprendimento e la motivazione68.

L’accostamento alla pratica avveniva in un secondo tempo, dopo mesi di

teoria e solfeggio, mostrando lo strumento come miraggio e oggetto inafferrabile del

desiderio.

Molti didatti, nel passato, hanno teso a incentivare il virtuosismo, piuttosto,

che sviluppare la musicalità, spesso a causa dei riscontri immediati di successo, degli

apprezzamenti di genitori e pubblico. I risultati di un tale insegnamento non erano

solo fittizi, ma deleteri per l’allievo, la cui apparente riuscita tendeva ad

incrementarne vanità ed orgoglio, atrofizzando sempre più la sua innata sensibilità

musicale69.

Se nella didattica specializzata la situazione era quella appena delineata, in

ambito scolastico il ruolo della musica appariva generalmente sottovalutato: fino al

1900, la lezione di musica rappresentava un additivo culturale che introduceva

qualche nozione di teoria e storia della musica. L’educazione musicale tendeva ad

uniformarsi a un sistema educativo, prevalentemente, basato sulla trasmissione di

informazioni da parte degli insegnanti e, in ogni caso, era difficile capire come fosse

possibile fare musica in un’aula scolastica70.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!68 E. Mammarella, F. Mazzoli, Per una pedagogia del linguaggio sonoro, La Nuova Italia, Firenze, 1980, p.23. 69 É. Jaques-Dalcroze, Il ritmo, la musica e l’educazione, EDT, Torino, 2008, p.102. 70 J. Paynter, Suono e struttura, Torino, 1996, p. 46.

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L’arte, in generale, non fu mai riconosciuta come parte essenziale

dell’educazione, in particolare di quella superiore. La formazione che non fosse

esclusiva speculazione teorica e storica, ma effettiva scuola di produzione artistica,

fu relegata agli istituti specifici, quali le accademie ed i conservatori71.

Nel XX secolo emersero nuove voci di studiosi ed esperti che si resero conto

di quanto, educazione e didattica musicale necessitassero di rinnovamento e un

nuovo modo di considerarne presupposti e fini, tramite una maggiore integrazione

con altri ambiti pedagogici, una nuova adesione alla vita reale, alla naturalezza ed al

bagaglio pregresso, che il bambino si porta dietro fin dalla nascita.

Di fronte all’artificiosità dell’insegnamento tradizionale, gli studiosi

indagarono l’origine della musica come entità intrinseca all’essere umano e tentarono

di trovare il canto originario, una sorta di ur-melodia che accomunasse tutti i bambini

di qualsiasi luogo e cultura72. Si innescò così una querelle sull’innatismo delle

strutture musicali, simile a quella ben più famosa relativa al linguaggio, motivata

dalla consapevolezza che la musica risultasse talmente forte e “necessaria” nella sua

oscura utilità, da sfidare la selezione naturale.

L’educazione musicale, così intesa, costituì dunque un campo di ricerca

relativamente recente; le proposte più precise ed elaborate risalgono alla prima metà

del Novecento e le loro premesse vanno ricercate nelle idee di Pestalozzi73, Herbart74,

Fröbel75, Dewey76 ed altri: il rifiuto dell’insegnamento tradizionale astratto e

nozionistico, il richiamo alla concretezza degli apprendimenti, l’attenzione ai

processi di sviluppo fisico e mentale degli alunni e quindi ai loro bisogni ed interessi.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!71 H. Read, Educare con l’arte, Edizioni di Comunità, Milano, 1976, p. 112. 72 H. Gardner, Il bambino come artista, Anabasi, Milano, 1993, p. 77. 73 Johann Heinrich Pestalozzi (1746 –1827) è stato un pedagogista e riformista svizzero. Pestalozzi è noto come educatore e riformatore del sistema scolastico ma era anche filosofo e si dedicò alla politica 74 Johann Friedrich Herbart (1776-1841) è stato un filosofo e pedagogista tedesco. 75 Friedrich Wilhelm August Fröbel (1782-1852) è stato un pedagogista tedesco. Definito il Pedagogista del Romanticismo è universalmente noto per aver creato e messo in pratica il concetto di Kindergarten (giardino d'infanzia corrispondente all'odierna scuola dell'infanzia). 76 John Dewey (1859-1952) è stato un filosofo e pedagogista statunitense. È stato anche scrittore e professore universitario.

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! 26

A queste concezioni si riallacciano studiosi come Jaques-Dalcroze77,

Willems78, Orff79 e Kodály80 unanimemente considerati padri dell’educazione

musicale.

Scopo dell’insegnamento musicale non è unicamente l’abilità tecnica, la

quale è sì importante, ma lo è di più lo sviluppo di aspetti come l’espressività,

l’autonomia e la socialità. Alcune delle loro istanze richiamano concetti importanti

dell’attivismo pedagogico, laddove si parla di intelligenza e conoscenza subordinate

al meccanismo della sensazione e dell’esperienza senso-motoria81.

Nell’ambito della disciplina musicale, lo spirito del metodo attivo si

manifesta in ogni situazione in cui l’allievo è spinto a fare musica ben prima di

impararne la teoria, per mezzo di azioni o oggetti che ne suscitano l’interesse ludico

e la partecipazione. Si darà dunque una nuova rilevanza al canto, ai giochi ritmici

corporei e all’uso di semplici strumenti musicali82.

La fiducia nella musicalità, presente in ogni essere umano, vuole allontanare

lo spettro di una formazione riservata ai soli allievi di talento: la centralità della

materia lascia il posto all’importanza primaria del bambino83.

A ben vedere si possono rintracciare le linee pedagogiche della moderna

educazione musicale fin nell’Emilio di Rousseau:

La conoscenza delle note non è più necessaria per saper cantare di quanto lo sia la

conoscenza delle lettere per saper parlare84.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!77 Émile Jaques-Dalcroze (1865-1950) è stato un pedagogo svizzero. Ideò lo sviluppo dell'euritmica, un metodo per insegnare e percepire la musica attraverso il movimento. 78 Edgar Willems (1890-1978) fu l’ideatore di un metodo per l’educazione musicale utilizzato in Europa, nel quale, al pari di Orff, propone l’uso di strumenti musicali semplici ed economici. 79 Carl Orff (1895-1982) è stato un compositore tedesco, ma si occupò anche di pedagogia e didattica. 80 Zoltán Kodály (1882-1967) è stato un compositore, linguista, filosofo, etnomusicologo ed educatore ungherese. Si interessò al problema dell'educazione musicale e scrisse molta musica a scopi educativi per le scuole. 81 G. Piazza, Orff-Schulwerk: musica per bambini, Suvini-Zerboni, Milano, 1979, p. 93. 82 T. Dwyer, Educare alla musica, Armando, Roma, 1969, p.43. 83 M. Fiori, Il corpo è musica, la musica è corpo. Un’analisi psico-fisiologica, ARS, Milano, 2007, p. 32. 84 J. J. Rousseau, Emilio o dell’educazione, Armando, Roma, 1991, p. 97.

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! 27

2.1.1 Teorie sull’educazione musicale

Nel fondamento pedagogico musicale è possibile distinguere tre diverse

teorie, che riportano differenti pesi sulle capacità o conoscenze da conseguire e sui

mezzi più adatti al loro raggiungimento. Ad oggi è possibile distinguere tre teorie85:

- quelle che partono dall’educazione auditiva;

- quelle che privilegiano un fare di musica attivo ed organico, utilizzando sia

la voce che gli strumenti per sollecitare l’espressività e la creatività;

- quelle che mirano in primo luogo all’acquisizione delle capacità di lettura

e della pratica corale.

A queste scuole, sempre attuali e autorevoli, va riconosciuto il merito di aver

fatto da “apripista” per una vera rivoluzione pedagogico-musicale.

Oggi i repentini mutamenti sociali e la perdita di certezze, unitamente al

contributo scientifico in ambito pedagogico, hanno dato adito a nuove frontiere della

ricerca musicale. Si pensi alla ricerca d’avanguardia di Paynter86 o di Skemton87.

Pur trattandosi ancora di proposte, non del tutto organizzate in modelli di

insieme, ci danno testimonianza della vivacità delle sperimentazioni in corso e dei

possibili sviluppi futuri88.

2.1.2 Arte e musica per un’educazione integrale

Secondo Dewey, l’arte non è nata separatamente dalla vita quotidiana e

pratica, dalle arti manuali, dall’artigianato. Semmai ne è stata il perfezionamento e

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!85 É. Jaques-Dalcroze, Il ritmo, la musica e l’educazione, EDT, Torino, 2008, p.102. 86 John Paynter è un compositore e insegnante. L’artista ha svolto un ruolo cardine nello sviluppo della didattica musicale moderna in Inghilterra.!87 Howard Skempton è un compositore, fisarmonicista ed editore musicale inglese.!88 R. Dalmonte, M.P. Jacoboni, Proposte di musica creativa nella scuola, Zanichelli, Bologna, 1978, p. 65.

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l’idealizzazione. Pertanto la scuola dovrebbe rendersi conto che la semplice attività

“calata dall’alto” tende a degenerare nell’artificio o nella vacuità del

sentimentalismo. Uno spirito di unità, invece, darà vitalità all’arte e profondità e

ricchezza a ogni altro lavoro89.

Ogni arte, presuppone organi fisici: l’occhio e la mano, l’orecchio, la voce; e

tuttavia, è più della perizia tecnica richiesta dagli organi dell’espressione. Essa

implica un’idea, un pensiero, una traduzione spirituale delle cose; eppure è più di un

certo numero di idee in sé per sé. È un’unione vivente, del pensiero e dello studio

d’espressione. Quest’unione si può simboleggiare col dire che nella scuola ideale,

l’opera d’arte si può considerare quella dei laboratori passata di nuovo nell’azione,

attraverso l’alambicco della biblioteca e del museo90.

Se questo è vero, è bene ribaltare quella lodevole istanza espressa da molti,

relativa alla necessità di dare dignità scolastica alla musica; è forse il caso di dare

dignità musicale alla scuola, descolarizzare in parte la musica e musicalizzare di più

la scuola, evitando di portare ancora una volta le cose più sul piano della didattica

che su quello dell’arte e della sua produzione?

La scuola dovrebbe incentivare lo sviluppo della musicalità, considerandola

elemento basilare della formazione, innanzitutto, perché promuove l’integrazione

delle diverse componenti della personalità: percettivo-motoria, affettivo-sociale e

cognitiva.

Edgar Willems evidenzia la necessità di intendere l’esperienza musicale che

viene maturandosi nel tempo, come indissolubile correlazione fra sviluppo e

recettività sensoriale, sensibilità affettivo-uditiva e intelligenza: egli mette in luce

una certa identità fra leggi che interessano vita musicale e vita umana in generale,

ponendo in relazione aspetti basilari della vita umana con gli elementi fondamentali

della musica (il ritmo e la melodia)91.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!89 J. Dewey, Scuola e società, La Nuova Italia, Firenze, 1949, p. 37. 90 Ivi, pp. 56-57. 91 E. Willems, L’orecchio musicale, Zanibon, Padova, 1977, p. 115.

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Willems fonda la sua pedagogia musicale sulla dialettica continua fra due poli

opposti, presenti sia nell’uomo che nella musica, vale a dire tra la componente

materiale e quella spirituale92.

Anche in ambito didattico, quindi, si procederà dal materiale e corporale

all’intellettuale e spirituale, finalizzando l’azione allo sviluppo graduale della

sensorialità, dell’affettività e dell’intelligenza uditiva, in diretta correlazione con il

fine generale di un’educazione integrale della persona.

L’educazione integrale è relativamente indifferente al destino delle singole

materie, perché il suo assunto fondamentale è che lo scopo dell’educazione, sia

sviluppare attitudini generali di visione e sensibilità, che sono fondamentali anche

per la matematica e per la geometria93.

2.1.3 L’educazione musicale e la socializzazione

Le discipline “immaginative”, “creative”, e “estetiche”, dovrebbero, dunque,

essere trattate alla stregua delle altre, nel rispetto di uno sviluppo mentale

onnicomprensivo.

Si deve ricercare un metodo educativo che sia fondamentalmente e

formalmente estetico, e nel quale:

[…] la conoscenza e l’abilità manuale, la disciplina e il rispetto, non siano se non

altrettanti facili e inevitabili prodotti di una naturale industriosità infantile94.

È risaputo che il gruppo rappresenta per i più giovani il luogo privilegiato

della comunicazione, degli affetti, della condivisione dei propri vissuti emotivi.

Nell’ambito del gruppo la costruzione di un linguaggio musicale comune assume un

ruolo importantissimo, basti pensare ai complessini nei garage, al riconoscersi per

appartenenze musicali, da cui la necessità di partecipare ai concerti e aderire ai fans

club.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!92 Ibidem. 93 H. Read, Educare con l’arte, Edizioni di Comunità, Milano, 1976, p. 262. 94 Ibidem.

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Questa capacità di mettere in relazione le persone è forse quella più

unanimemente riconosciuta alla musica:

La musica, componente fondamentale e universale dell’esperienza e dell’intelligenza

umana, offre uno spazio simbolico e relazionale propizio all’attivazione di processi

di cooperazione e di socializzazione95.

Tali potenzialità della musica non devono, dunque, rimanere avulse dal

mondo della scuola, ma possono essere sapientemente utilizzate dagli insegnanti

proprio come mezzo di educazione all’interazione, alla condivisione, alla solidarietà

e a tutti quei valori democratici che oggi urgono più che mai.

Il metodo teorizzato nel Schulwerk96 di Karl Orff è costruito proprio su questo

aspetto, ovvero, quello del fare musica insieme: l’insieme musicale diviene

organismo educativo collettivo capace di accogliere e armonizzare tutte le abilità e le

competenze, in un modo del tutto naturale, perché realizzato tramite relazioni

interpersonali e di gruppo, fondate su pratiche compartecipate e sull’ascolto

condiviso. Ognuno porterà il proprio contributo: chi inserirà nell’insieme un semplice

ritmo di legnetti, chi sarà già in grado di realizzare un piccolo assolo di chitarra.

Si scopre così che una delle prerogative della musica sta nel coordinare

insieme il meno abile col più abile, inserendovi anche il contributo importante del

diversamente abile, debitamente assistito. Ed è proprio questa peculiarità integrativa

che richiede di elaborare insieme le proprie musiche.

Per realizzare tutto questo Orff si propone di mettere in grado i bambini, fin

dai primi giorni di esperienza musicale, di praticare una musica di gruppo che li

educhi direttamente, ancor prima di ogni conoscenza teorica.

Quest’idea di base, condivisa anche da altri studiosi come Suzuki, vuole che i

bambini abbiano nei confronti del linguaggio musicale lo stesso tipo di approccio che

hanno con il linguaggio materno.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!95 Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Tecnodid, Napoli, 2007, p. 64. 96 G. Piazza, Orff-Schulwerk: musica per bambini, Suvini-Zerboni, Milano, 1979, p. 123.

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! 31

2.2 Espressione, creatività e autonomia

La musica dispone di potenzialità creative pressoché infinite, proprio perché

le sue forme non sono coinvolte nella realtà tangibile; o meglio, ciò che l’artista

presenta è una realtà “altra”, più intensa ed inafferrabile. Qualunque siano le ragioni

per cui un artista abbia realizzato un’opera – sentimenti, idee, visioni – la ragione più

intima sta nel “desiderio di creare una particolare coerenza, un modello che ci riveli

qualcosa di nuovo circa la dimensione tempo/spazio o che almeno ci aiuti in qualche

misura a trovarne il senso”97.

Nella realtà di oggi, spesso eccessivamente conformata a valori

standardizzati, veicolati il più delle volte dai media che condizionano più o meno

fortemente le scelte, la nostra autonomia (e ancor più quella dei nostri bambini),

diviene obiettivo irrinunciabile così come la capacità di sognare, di immaginare e

tendere a futuri differenti da quelli prospettati, di intuire e presentire possibilità

inusitate, squarci di luce laddove un infruttuoso pessimismo vorrebbe vedere solo

grigiore ed appiattimento.

È l’immaginazione che ha il potere: “di dare vita e luce a ciò che è ordinario,

consueto e banale, per costruire ed apprezzare situazioni prima non avvertite ed estranee98.

Non a caso, le indicazioni ministeriali invitano l’educatore musicale a trovare

strade opportune per sviluppare nell’allievo: un pensiero flessibile, intuitivo e creativo99.

2.2.1 L’ascolto

In musica questo può essere realizzato, innanzitutto, attraverso l’ascolto e

l’interpretazione.

L’ascolto aiuta gli allievi a lavorare sulla gerarchia degli elementi e sulla loro

continuità, su quegli aspetti che fanno di ogni brano musicale un “intero”, definito

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!97 J. Paynter, Suono e struttura, , EDT, Torino, 1996, p. 17. 98 Ivi, p. 29. 99 Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Tecnodid, Napoli, 2007, p. 64.

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! 32

come “ascolto creativo” e che, meglio delle parole, aiuta a comprendere come la

musica possa occupare un “paesaggio temporale”, ma anche come la capacità di

ascoltare si sviluppa tramite l’esperienza diretta per eseguirla e comprenderla100.

Un’educazione all’ascolto che sia consapevole, comincia allorché si iniziano

ad esplorare i mezzi espressivi e si impara ad apprezzare e ad utilizzare come stimolo

la creazione altrui, quando si cerca di scoprire in prima persona ciò che di unico ed

irripetibile c’è in un brano musicale, capendone progressivamente le peculiarità, lo

stile e arrivando a comprendere che cosa esso ci vuole dire.

L’educatore giungerà così alla decodifica della struttura e della forma di ciò

che si ascolta, cercando di comunicare al bambino come smontare e rimontare un

brano di musica, al pari di un giocattolo, per capire che cosa lo fa funzionare e

facendo in modo di collegare linguaggio e fantasia101.

2.2.2 La produzione

Accanto all’ascolto vi è un altro lato della creatività che è la produzione, sia

sotto forma di improvvisazione che di vera e propria composizione.

Essa è sperimentata dal bambino, ben prima dell’attività scolastica, fin dai

primi anni di vita: così come inventa con i colori, compone e manipola creativamente

anche con i suoni, può improvvisare impasti e combinazioni di fronte all’uso di uno

strumento musicale.

Questi “scarabocchi” sonori, in passato, sono stati considerati imperfetti e

fuorvianti dalla didattica tradizionale, che si è sistematicamente preoccupata di

bloccarli e reindirizzarli verso uno studio metodico, con un effetto di impedimento e

demotivante102.

Un esempio è dato dall’insegnante che cade vittima dell’imbroglio di credere

che, per inventare occorra conoscere in maniera astratta, razionale, la grammatica del

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!100 J. Paynter, Suono e struttura, EDT, Torino, 1996, p. 39. 101 T. Dwyer, Educare alla musica, Armando, Roma, 1969, p. 33. 102 D. Branca, L’importanza dell’educazione musicale: risvolti pedagogici del fare bene musica insieme, Studi sulla Formazione, Firenze University Press, Firenze, p.92

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linguaggio. In questo imbroglio non cade la maestra quando fa parlare liberamente i

bambini, cioè fa usare creativamente la parola: lo fa senza pretendere che il bambino

sappia classificare le parti del discorso o razionalizzare le regole della sintassi.

L’insegnante di musica, invece, pensa spesso che si possa inventare musica soltanto

quando si conoscono le regole astratte della melodia, del ritmo, dell’armonia103.

L’idea che il bambino sia un’imperfezione da condurre alla perfezione è

dunque erronea: il bambino esprime assolutamente il proprio mondo, con parole,

gesti, disegni e musiche. È un mondo fatto di assimilazioni ed accomodamenti, un

processo in cui entrano e vengono adattati e fusi in un crogiuolo espressivo personale

i più disparati materiali sonori104.

Dunque, è necessario partire da ciò che c’è di innato e pregresso nel bambino,

che già a sei-otto mesi inventa le sue canzoni, i suoi musical babbling105, che con

l’età divengono più articolati, strutturati e complessi.

Decidendo di costruire su queste manifestazioni spontanee, l’insegnante

inviterà il bambino ad esplorare e riorganizzare i suoni, aiutandolo a sviluppare il

proprio potere critico e le sue percezioni, accompagnandolo in ogni tappa del

processo creativo che è una situazione sperimentale, fatta di continue scelte,

valutazioni e conferme106.

2.2.3 L’espressività

Un elemento fortemente legato alla creatività è l’espressività, spesso

trascurata dagli insegnanti, perché rimandato all’acquisizione perfetta della tecnica.

Ma se i materiali e le tecniche sono “oggetti”, deve essere il soggetto a

renderli materia viva, attraverso la propria personalità. Solo così il bambino potrà

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!103 C. Delfrati, Fondamenti di pedagogia musicale, EDT, Torino, 2008, p. 78-79. 104 D. Branca, L’importanza dell’educazione musicale: risvolti pedagogici del fare bene musica insieme, Studi sulla Formazione, Firenze University Press, Firenze, p. 93. 105 Le musical babbling sono le prime risposte motorie alla musica che i bambini sviluppano dai sei mesi ad un anno di vita e consistono in produzioni vocali. Se il bambino riceve dall’ambiente stimoli adeguati (adulti e bambini che cantano), verso la fine del primo anno di età le musical babbling diventeranno veri e propri abbozzi di canzoni che aumenteranno gradualmente in lunghezza e varietà. 106 T. Dwyer, Educare alla musica, Armando, Roma, 1969, p. 39.

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evitare di vivere le sue prime esperienze musicali in modo arido, noioso e privo di

significato, trovando senso in ciò che suona, muovendo ad esso la sua sensibilità e la

sua affettività, vivendo così un’esperienza gratificante.

Sarebbe erroneo pensare che l’espressività debba essere necessariamente

assimilabile all’estemporaneità: essa si poggia, invece, su abilità analitiche che

l’insegnante comunica via via all’allievo, facendogli scoprire i vari ingranaggi della

composizione con cui è alle prese, spingendolo a compiere scelte espressive che

siano basate sulla comprensione dei dinamismi interni al brano107.

Dewey insegna che estetica e espressività non sono esclusive proprietà

dell’opera d’arte, ma pervadono ogni atto della vita, non esaurendosi con il puro

godimento, ma servono ad allargare i significati dell’esistenza.

Un’educazione alla creatività e all’espressività incentiva la capacità critica

dell’alunno, esercitandone la sensibilità artistica «mediante l’ascolto critico e

l’interpretazione sia di messaggi sonori sia di opere d’arte, elevando la sua

autonomia di giudizio e il livello di fruizione estetica del patrimonio culturale108».

2.2.4 L’autonomia

Creatività ed espressività sono due facce di una stessa medaglia, ovvero

l’autonomia. Si è autonomi se si apprende a decidere in proprio, a trovare soluzioni

personali ed originali ai problemi.

In opposizione ad una scuola che educa alla dipendenza, si deve mirare ad

educare ad essere, e a sviluppare al meglio le proprie risorse e le proprie peculiarità

fisiche, intellettive, affettive, etiche, così da costruire la propria autonomia.

La scuola deve divenire “autonomizzante”, in quanto se non si coltiva lo

spirito dell’alunno, lo stesso, da adulto sarà facile preda di insicurezze, sensi di

vergogna e dubbio.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!107 J. Dewey, Educazione e arte, La Nuova Italia, Firenze, 1977, p. 18. 108 Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Tecnodid, Napoli, 2007, p. 64.

Page 35: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

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Autonomia significa capacità critica, scevra di pregiudizi e conformazioni,

soprattutto quelli imposti dai mass media, nel campo musicale più che mai109.

L’individuo deve potere accedere ad una formazione culturale critica e

filosofica, così da sottrarlo a quel mondo amministrato, che tende a schiacciarlo e a

quell’industria culturale che è ormai il volano di quel mondo110.

Ai ragazzi bisogna offrire l’opportunità d’essere musicalmente creativi,

bisogna dare loro l’opportunità di scegliere e toccare con mano i materiali stessi della

composizione, manipolando e costruendo e l’insegnante deve spogliarsi della figura

di dispensatore di soluzioni, facendosi tutor, lasciando agli allievi il compito di

valutare da sé il processo compositivo: che è poi il modo più corretto per abituare

alla critica e per impossessarsi degli strumenti necessari ad una crescita culturale

autentica111.

2.3 L’educazione musicale

Esplorazione, ascolto, creatività, scelta e valutazione sono le parole-chiave di

un’attività che risulta altamente educativa.

Se l’adulto di domani avrà più fiducia in se stesso e nelle proprie capacità

creative e professionali, saprà scegliere con cura cosa ascoltare, le parole da usare, i

luoghi dove abitare e le persone da frequentare, sapendo incontrare e rispettare le

diverse razze, culture, religioni, suoni e saperi. Esso sarà forte di aver frequentato

una scuola in cui gli artisti e le loro opere, rappresentano l’antidoto alla

standardizzazione culturale.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!109 F. Cambi, Le pedagogie del Novecento, Laterza, Roma-Bari, 2005, p.186. 110 Ibidem. 111 R. Dalmonte, M. P. Jacoboni, Proposte di musica creativa nella scuola, Zanichelli, Bologna, 1978, p. 10.

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! 36

2.3.1 Identità e complessità

Un’educazione musicale rinnovata ed efficace non può essere incentrata

sull’alfabetizzazione ad un sistema, con conoscenze ed abilità stabilite a priori, ma

l’orizzonte e il quadro operativo, più che la musica: è la musicalità112.

Un progetto di formazione non può non avere tra i suoi fini la formazione

dell’identità, deve, cioè, far sì che ciascuno diventi se stesso. Ognuno di noi ha una

sua identità musicale che si articola in quattro differenti tratti113:

- l’imprinting originario, costituito dalle esperienze sonore primarie

prenatali e neonatali;

- il vissuto, l’insieme dei sensi e dei significati elaborati intorno alle

esperienze avute nel corso della vita, a livello individuale e nell’ambito del

gruppo di appartenenza;

- i valori attribuiti alla musica;

- le abilità e le conoscenze in campo musicale, acquisite non solo in percorsi

didattici, ma anche nella quotidianità.

L’identità è un processo instabile, che varia e si evolve nel corso del tempo,

proprio perché integra le diverse esperienze della vita. Si può dire quindi che essa

abbia un suo imprinting originario, formatosi all’inizio della vita nell’ambito

familiare e sociale, e che poi continui ad evolversi nel suo processo di costruzione e

ricostruzione permanenti. Il soggetto stesso, oggi, non si è dato un’identità complessa

e non crede più nella semplicità/linearità della propria identità. Oggi il soggetto si è

fatto identità plurale114.

E’ necessario, però, considerare che le diverse identità del soggetto si

integrino e si completino in base alle esigenze e ai contesti: in ogni situazione o

momento della vita, entra in gioco un’identità diversa, di tipo affettivo, professionale,

culturale, politico e musicale.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!112 M. Piatti, G. Stefani, Orizzonti dell’educazione musicale, PCC, Assisi, 1987, p. 81. 113 D. Branca, Famiglia ed identità musicale: la creazione di un clima affettivamente ricco attraverso le esperienze sonore, Rivista Italiana di Educazione Familiare, n. 1, Firenze University Press, Firenze, 2013, p. 55. 114 F. Cambi, Manuale di storia della pedagogia, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 133.

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! 37

L’identità musicale, dunque, si costruisce grazie all’apporto della memoria

che fa riaffiorare esperienze e vissuti; essa ha un carattere narrativo, perché può

essere definita solo attraverso un percorso storico e autobiografico, ripercorrendo i

passi che l’hanno costituita, non solo a livello individuale, ma anche collettivo, nel

caso si parli di identità di un gruppo o di una nazione115.

Anche a livello formativo si sta iniziando a battere il sentiero

dell’autobiografia musicale, pratica che permette di far emergere la consapevolezza

della condotta musicale di un individuo, cioè il suo rapporto con la musica. Gusti,

passioni, interessi musicali sono strettamente connessi alle relazioni quotidiane, agli

incontri, ai contesti; canzoni e suoni che definiscono momenti vissuti, amori,

momenti di gioia o di sofferenza.

Se i suoni della vita (dalle lallazioni al rock) accompagnano e condizionano le

relazioni con l’altro e l’ambiente circostante, ricostruire un’autobiografia musicale

diventa un’occasione per ripensare e prendere coscienza del proprio percorso di

crescita musicale116.

Fare autobiografia musicale è un processo autoriflessivo da percorrere con la

scrittura, la narrazione orale e con l’utilizzo della musica e delle sonorità come

metafore per descrivere la propria esistenza musicale117.

L’identità necessita del rapporto con l’alterità, in quanto trova la sua

definizione e i suoi confini proprio nella constatazione che vi sono identità differenti,

volte tutte all’arricchimento: non c’è approccio più coerente con i presupposti della

pedagogia interculturale di quello autobiografico, che mette al centro la reciproca

non conoscenza, che ha rispetto per le voci e le lingue altrui, che invita il ricercatore,

il formatore, l’operatore sociale e l’insegnante a sospendere il giudizio e ad aprirsi

alla narrazione118.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!115 D. Branca, Famiglia ed identità musicale: la creazione di un clima affettivamente ricco attraverso le esperienze sonore, Rivista Italiana di Educazione Familiare, n. 1, Firenze University Press, Firenze - 2013, pp. 51-55. 116 D. Branca, L’importanza dell’educazione musicale: risvolti pedagogici del fare bene musica insieme, Studi sulla Formazione, Firenze University Press, Firenze, p. 96. 117 A. Di Pietro, Ludobiografie musicali – pratiche per raccontarsi in musica, in F. Cambi e F. Tamburini (a cura di), Educazione e musica in Toscana, Armando, Roma, 2006, p. 220. 118 M. Giusti (a cura di), Ricerca interculturale e metodo autobiografico, La Nuova Italia, Firenze, 1999, p. 7.

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! 38

Nella predisposizione di un percorso interculturale, la musica appare, dunque,

come una delle discipline privilegiate. Infatti, sono individuate almeno tre ragioni di

questa sua particolarità119.

- la fruibilità: la musica è diretta, non ha bisogno di mediazioni o traduzioni;

- la capacità di coinvolgimento: gruppi che collaborano per fare musica si

intendono facilmente;

- la trasferibilità degli stilemi120 da una “lingua musicale” ad un’altra, anche

se molto lontana; creare commistioni, ibridazioni, rende più ricco e

interessante il vocabolario e la sintassi musicale di ogni cultura.

2.3.2 L’educatore musicale

L’educatore musicale deve partire da un presupposto basilare: un’educazione

che promuove l’apertura alle altre culture non è utile solo alla tolleranza, ma anche

alla crescita della propria cultura.

Una ricerca americana svolta su diverse scolaresche per un anno scolastico ha

dimostrato come i programmi sperimentali, migliorino le abilità dei bambini: ad

alcune sono state insegnate canzoni tonali scritte in metri regolari, ad altre sono stati

proposti brani con altre ambientazioni tonali e impostazioni ritmiche variabili. Alla

fine dell’anno le scolaresche del secondo gruppo riuscivano decisamente meglio ad

eseguire anche le canzoni tonali121.

Nel 1998 il Gruppo Musica del MCE122dichiarava:

Concepiamo l’educazione musicale primariamente come incontro-confronto-

trasformazione di risorse, desideri e identità, più che come apprendimento (con

metodi più o meno aggiornati) di contenuti disciplinari e di abilità123.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!119 C. Delfrati, Fondamenti di pedagogia musicale, EDT, Torino, 2008, p. 63. 120 Nella musica, gli stilemi si riferiscono ai segni distintivi di opere musicali o di musicisti. 121 M. Giusti (a cura di), Ricerca interculturale e metodo autobiografico, La Nuova Italia, Firenze, 1999, p. 19. 122 Riferimento al sito Arpnet: <http://www.arpnet.it/animus/didattica/MCE.htm>. 123 M. Disoteo, Antropologia della musica per educatori, Guerrini, Milano, 2001, p. 193.

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! 39

Insomma, non basta imparare qualche canzone originaria del paese del

bambino immigrato per pensare che il “gioco sia fatto” e non è detto che questa

pratica gli faccia piacere: egli desidera, forse, apprendere i linguaggi propri del paese

che lo ospita, perché considera la cultura di provenienza, piuttosto, debole rispetto a

quella nuova, o perché l’urgenza di integrarsi lo spinge a uniformarsi il più possibile

ai compagni, frequentare interessi, attività e musiche che lo rendano simile a loro124.

L’insegnante partirà, perciò, da un’attenta osservazione, sfrutterà tutte le sue

capacità empatiche, relazionali, comunicative, tutte le sue conoscenze, armandosi di

pazienza, di discrezione, di attenzione alle sensibilità ed ai vissuti. Il suo compito

andrà ben oltre la semplice accoglienza: egli dovrà insegnare ad accettare,

riconoscere, apprezzare tutti i modi di vita diversi dai propri, tutte le varie identità

culturali che prima non si credeva possibile mettere su un piano di parità con la

propria.

Le dichiarazioni sono lungi dal cancellare le differenze, dal livellare le

particolarità. Al contrario, è necessario preservare queste identità ed insegnare loro a

non ignorarsi, respingersi o combattersi: bisogna permettere e fornire loro i mezzi per

dialogare e arricchirsi a vicenda.

Perché proprio la musica deve prendersi carico di queste istanze? E perché

essa è armonia?

Se i musicisti non tentano, non v’è nessuna ragione di sperare che una

armonia entri, finalmente, nei fatti della nostra vita sociale.

Bisogna, allora, disperare della musica e non trovare più motivi per praticarla

o al contrario, se si pensa dunque che è urgenza estrema, quella di cambiare i nostri

modi di pensare, cioè anche i modi di agire gli uni verso gli altri, allora, il patrimonio

di insegnamenti, l’accumulo di modelli che mette a disposizione del nostro

interrogarci, l’immenso serbatoio di musiche dell’umanità può servire da terreno

privilegiato per una sperimentazione di comportamenti “armonici” per aprirci

all’orizzonte di un futuro più respirabile125?

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!124 Ibidem. 125 H. Pousseur, Comporre (con) identità musicali, Progetto Uomo-Musica, II, Edizioni PCC, Assisi, 1992, p. 6.

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V’è da considerare che la complessità non è solo un paradigma identitario e

sociale, ma anche disciplinare:

I saperi, infatti, nell’età del postmoderno hanno decantato sia le logiche di

complessità e sia le relazioni complicate e mobili che ogni sapere stabilisce con gli

altri saperi, in un sistema di interferenze ed interazioni reciproche126.

La realtà non è qualcosa di parcellizzato e separato al suo interno, ma è un

continuum di esperienze, relazioni e contesti, è luogo di ibridazione ed intersezione

di diversi piani, punti di vista, conoscenze ed emozioni. Se questo è vero non si

capisce come mai la scuola abbia sempre svolto la sua attività, isolando le materie e

chiudendole in compartimenti stagni127.

L’insegnamento disciplinare in sé per sé, spesso è ridotto in nozioni separate

dalla realtà, tende a non permanere, neanche come conoscenza mnemonica;

assumendo il concetto di mondo scolastico come astratto, slegato dalla vita e per

nulla interessante e demotivante128.

I confini tra un approccio multidisciplinare e quello interdisciplinare non sono

facili da tracciare; in generale possiamo dire che mentre il primo è costruito intorno

ad un oggetto, il secondo lo è intorno ad un processo, se il primo si chiede che cosa,

il secondo si chiede come e perché. Interdisciplinarità si ha quando ogni disciplina è

capace di offrire un proprio alimento ai paradigmi delle altre ed il suo terreno è

l’attività creativa che intrecci diversi linguaggi senza che nessuno possa dirsi

preminente sull’altro, tantomeno separabile, perché ciò che ne deriva nasce e si

compone come unità129.

Basti pensare proprio alla musica, al suo intrecciarsi con il testo nell’ambito

di una semplice canzone: non si può dire dove finisca il valore della melodia e dove

inizi quello letterario, vi è una totale interpenetrazione, un’opera di reciproco

scaffolding130.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!126 M. Callari Galli, F. Cambi, M. Ceruti, Formare alla complessità. Prospettive dell'educazione nelle società globali, Carocci, Roma, 2003, p. 127. 127 C. Delfrati, Fondamenti di pedagogia musicale, EDT, Torino, 2008, p. 355. 128 Ivi, p. 356. 129 Ibidem. 130 Il termine scaffolding viene utilizzato in psicologia e pedagogia per indicare l'aiuto dato da una persona ad un'altra per svolgere un compito.

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Oggi può sembrare del tutto logico e concettualmente semplice, eppure è di

difficile realizzazione. Tenendo sempre presente il paragone tra interdisciplinarità e

multidisciplinarità, si può dire che l’integrazione non si ottiene discutendo su

tematiche specifiche, ma su obiettivi sovradisciplinari e trasversali: rispettando le

opinioni altrui, incoraggiando l’autostima e imparare a dedurre.

Non c’è insegnante che non possa declinare il proprio lavoro in modo da

promuovere queste competenze131.

Nell’analisi del buon docente, insomma, lo stesso deve raggiungere la

consapevolezza del saper trasmettere quando insegna, a ragionare correttamente e

quando fa distinguere l’interpretazione soggettiva di un brano musicale

dall’osservazione oggettiva di come quel brano è costruito.

Egli deve saper insegnare a rispettare, innanzitutto. l’altro e non solo nelle

esperienze di semiosi, ma in tutte le occasioni in cui ogni ragazzo esponga la propria

interpretazione del brano ascoltato, e tutte le volte che nel far musica insieme è

sollecitato ad ascoltare132.

2.3.3 L’integrazione educativa

L’integrazione fra discipline, fa sì che il linguaggio musicale sappia attingere

normalmente ad altri linguaggi come quello delle scienze, della matematica o della

linguistica.

Allo stesso modo, le altre discipline dovrebbero poter utilizzare liberamente e

con competenza il linguaggio musicale. E qui si apre una porta su un’ulteriore

questione che è la cultura generale dell’insegnante di una disciplina: espressioni del

tipo “io non ci capisco niente di matematica” o “la musica non fa per me: sono

stonato come una campana”, convinzioni e attribuzioni di causalità assai comuni fra

gli studenti, non sono per nulla estranei anche al mondo dei docenti; eppure, possedere

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!131 C. Delfrati, Fondamenti di pedagogia musicale, EDT, Torino, 2008, p. 357. 132 Ivi, p. 360.

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possedere sufficienti competenze negli ambiti del sapere, diversi da quelli del proprio

impegno professionale, è condizione necessaria per un’autentica educazione

interdisciplinare.

Diversi insegnanti delle secondarie, ad esempio, pur avendo una cultura ampia,

che spazia su campi diversi dello scibile umano, presentano un’ignoranza pressoché su

scienze indispensabili alla relazione educativa come la pedagogia. Ma la formazione

specialistica degli ultimi anni ha tentato di ovviare a queste carenze espugnando anche

l’ultimo baluardo, la secolare ed immobile formazione musicale133.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!133 H. Gardner, Il bambino come artista, Anabasi, Milano,1993, p.45. !

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Capitolo III

Il metodo Suzuki

3.1 Shinichi Suzuki: vita e studi

Shinichi Suzuki, fondatore dell'omonimo metodo concepito negli anni Trenta,

fu uno dei primi violinisti concertisti del Giappone e insegnante presso il

Conservatorio di Tokio.

La sua vita fu caratterizzata dall’interesse per lo sviluppo della formazione

musicale dei giovani studenti di violino.

Suzuki nacque a Nagoya, nel 1898, da una famiglia di discendenza samurai. I

genitori lo avrebbero voluto alla direzione dell’impresa di famiglia, tuttavia, il

destino volle altro: innamorarsi del violino approfondendone lo studio134.

Nonostante la mentalità giapponese dell’epoca, che considerava lo studio e

l’esecuzione della musica una occupazione per gente povera e incolta, quindi non

adatta alla classe sociale a cui apparteneva Shinichi, egli iniziò a frequentare una

scuola di musica a Tokio135.

Trasferitosi a Berlino all’età di 22 anni, Suzuki ebbe la possibilità di studiare

con il grande Maestro Karl Klingler136. Fu in questo periodo che venne a contatto con

i più illustri musicisti del tempo, intellettuali e scienziati, tra cui Albert Einstein:

anch’esso bravo violinista137.

In seguito agli studi musicali compiuti in Germania, che durarono otto anni,

Suzuki conobbe la cultura musicale europea e le teorie sullo sviluppo infantile di

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!134 D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 3. 135 Ivi, p. 4. 136 Karl Klingler (1879 -1971) è stato un violinista, compositore, insegnante di musica e docente universitario tedesco. 137 D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 11.

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J. Piaget138 e Maria Montessori139 e tale bagaglio di conoscenze, insieme alla sua

preparazione violinistica e ad uno eccezionale istinto didattico ed osservativo, gli

permisero di elaborare un nuovo approccio all’educazione musicale precoce.

Riflettendo sulla capacità dei bambini tedeschi di apprendere tramite l’ascolto

e l’imitazione della loro lingua madre, costituita da migliaia di vocaboli complessi,

dimostrò che la musica poteva essere appresa da bambini molto piccoli, mediante lo

stesso processo140.

Come un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendo continuamente le

parole pronunciate dai genitori, nello stesso modo può imparare a cantare e a suonare

ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo o una

melodia141.

In questo processo di apprendimento, mamma e papà assumono un ruolo

fondamentale: affiancare attivamente il proprio bambino durante gli studi con il

maestro, al fine, così di aiutarlo quotidianamente a casa.

Il successo di tale metodo è sostenuto dal fatto che la musica è vissuta come

un gioco, in compagnia dei genitori, che partecipano in modo attivo

all’apprendimento, creando un clima rassicurante e incoraggiante142.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!138 Jean Piaget (1896-1980), è stato uno psicologo svizzero, creatore della psicologia e dell'epistemologia «genetiche». Uno dei più importanti studiosi della psicologia infantile, P. elaborò una teoria sistematica dello sviluppo dell'intelligenza in cui l'evolversi del pensiero del bambino è spiegato alla luce dell'esigenza dell'organismo di adattarsi all'ambiente circostante. 139 Maria Montessòri (1870 – 1952) fu una pedagogista italiana che s'interessò al problema dell'educazione dei fanciulli. Il suo metodo, applicato anche in USA, Canada, India e Giappone, è considerato uno dei principali esperimenti di scuola nuova. Esso mira a fare della scuola la casa dei bambini, ovvero, un ambiente in cui i bambini si esercitano liberamente e spontaneamente col materiale didattico. 140!D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p.15. 141 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, p 23.!142 Ivi, p. 25.

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! 45

In modo del tutto naturale, quindi, la musica entrerà a far parte della vita del

bambino e della sua famiglia, permettendo al piccolo di affinare la sua sensibilità.

Attraverso l’apprendimento della lingua madre, il più universale e naturale tra

tutti i linguaggi, nasce il metodo dell’Educazione al Talento, che Suzuki importò con

successo nell’insegnamento della musica143.

3.2 L’Educazione al Talento e riflessioni pedagogiche

Suzuki non intendeva istruire i bambini alla musica, affinché essi

diventassero dei musicisti professionisti, ma voleva farne dei cittadini migliori,

capaci, attraverso l’arte del suono, di sviluppare delle abilità e una sensibilità

superiore, indipendentemente dalla professione che da adulti avrebbero svolto144.

La finalità del Maestro, era coltivare la memoria del piccolo educando, il

senso della disciplina, la capacità di stare insieme agli altri, l’aiuto reciproco,

l’esercizio, la creatività e affinare la sensibilità al buon gusto145.

Suzuki è stato il primo didatta a sviluppare un metodo completo e innovativo

per l'insegnamento di uno strumento in età precoce, affermando che si possono

avviare i bambini allo studio della musica, al dì là che questi siano individui dotati.

Egli ritenne che i punti deboli dei bambini potessero essere attribuibili al “carattere”

o alla loro “natura” e che questi fossero il motivo per cui i fanciulli faticavano a

imparare. L’esercizio continuo, lo studio e la ripetizione permisero al piccolo di

sviluppare l’abilità, grazie a un costante processo d’istruzione da parte del proprio

insegnante e del supporto del genitore 146.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!143 D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 11.!144 Ivi, p. 13. 145 Ivi, p. 22. 146 Ivi, p. 10.

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! 46

H. Suzuki introdusse il concetto di Educazione al Talento, affermando che il

talento non è innato: ogni bambino è dotato delle stesse capacità e il talento può

essere raggiunto, anche in maniera eccellente, solo attraverso l’esercitazione

continua, fino a quando l’abilità non diventa parte dell’educando. Questo è il motivo

per cui il Maestro ha elaborato un percorso di studio per il violino indirizzato a

bambini di tre o quattro anni147.

L’Educazione al Talento si basa sul processo di imitazione, ovvero, sul

ripetuto ascolto dei brani in registrazione e, soprattutto, sulla collaborazione costante

di un genitore che segue il bambino a lezione e nello studio a casa. Gli stessi genitori

sono invitati a imparare i primi rudimenti dello strumento in modo che i figli possano

imitarli e imparare a suonarli148.

V’è da considerare, inoltre, un altro elemento importante che agisce

sull’apprendimento del bambino: l’ambiente149.

Lev Semënovič Vygotskij150! (1896-1934), psicologo sovietico, afferma che,

essendo gli esseri umani inseriti in una matrice socioculturale, la formazione del

bambino avviene attraverso la relazione, considerando, quindi, non solo la

componente cognitiva ma, anche l'intreccio fra sviluppo emotivo e sviluppo

cognitivo. In quest’ottica l’ambiente può limitare o favorire il suo sviluppo151.

Sono le interazioni con le altre persone all’interno dei vari contesti sociali e

gli “strumenti psicologici” usati in quelle occasioni, come ad esempio il linguaggio,

che plasmano il bambino152. Gli psicologi socioculturali, in concordanza con lo

studioso, considerano il bambino in un contesto che lo definisce e lo plasma e dal

quale ne è plasmato153.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!147 Ibidem. 148!Riferimento al sito Ester Wegher: <https://esterwegher.wordpress.com/shinichi-suzuki/>.!149 D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 20. 150 Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934), fu padre della scuola storico-culturale, è stato definito il «Mozart della psicologia». 151 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, pp. 25-26. 152!Ibidem. 153 Ivi, p. 58.

Page 47: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

! 47

Lo stesso pensiero è sostenuto dal Maestro Suzuki. Egli afferma che la

predisposizione per la musica non viene dall’interno, ma si sviluppa

progressivamente in un ambiente adeguato. È un fatto di sensibilità, di percezione e

di velocità nell’adattarsi, quindi: avere capacità eccezionali, vuole soltanto dire

essere nati con il potere di adattarsi il più in fretta possibile al proprio ambiente,

qualunque esso sia154.

Possiamo, quindi, affermare che l’imitazione, l’ascolto, l’incoraggiamento, la

ripetizione e un’ambiente favorevole sono gli elementi fondamentali per ogni tipo di

apprendimento, compreso quello musicale155.

Nella tabella che segue è possibile confrontare le caratteristiche fondamentali

che distinguono il metodo tradizionale dal metodo Suzuki156.

Tab. 1 - Differenze tra metodo classico e metodo Suzuki

Il metodo Tradizionale Il metodo Suzuki

Seleziona i bambini con talento Sviluppa il talento presente in ciascun

bambino

Inizia all'età di 9-10 anni Inizia all'età di 3-4 anni

Non è previsto il coinvolgimento della famiglia Al centro del metodo c'è la famiglia

Si utilizzano strumenti con dimensioni standard Le dimensioni dello strumento sono

proporzionate al corpo del bambino!Prima si suona e poi si ascolta Prima si ascolta e poi si suona

Prima si legge e poi si suona Prima si suona e poi si legge

L’insegnante mantiene segreto il metodo Gli insegnanti ricercano e condividono i

risultati

Fin dagli inizi viene dato rilievo alla tecnica Tecnica e studi vengono posticipati

L'obiettivo è l'istruzione musicale L'obiettivo è l'educazione globale

L'accento è posto sui risultati L'accento è posto sul “come” si ottengono i

risultati

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!154 D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 20. 155 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, pp. 63-65. 156 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=20&Itemid=21>.

Page 48: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

! 48

Un atteggiamento pedagogico simile a quello di Shinichi Suzuki, lo si

riscontra nel pedagogista Giovanni Pestalozzi oltre un secolo fa. !Egli riteneva che l’educazione doveva essere finalizzata allo sviluppo

armonico dello spirito e delle sue tre facoltà peculiari: la mente, il cuore e la mano157.

Il metodo didattico pestalozziano prevedeva un passaggio dal semplice al

complesso e dall’elementare al globale158.

Nella propria esperienza educativa con fanciulli e adolescenti, il canto costituì

l’attività primaria, grazie alla quale i discenti, facendo una prima esperienza

melodica con singoli fonemi, successivamente con singole parole e, infine, con frasi

dapprima semplici e via via più complesse, riuscivano con facilità e gioia a

pronunciare le prime parole. Solo una volta che erano state udite e cantate, le parole

diventavano oggetto di lettura e di scrittura: dal fonema si passava in seguito al

grafema159.

Lo sviluppo della competenza musicale partiva, quindi, da un’attività vissuta

dai discenti in modo ludico e spontaneo, come un prolungamento del rapporto

caloroso e protettivo vissuto, ognuno, con la propria madre o figura materna. Il canto

andava cioè ad incidere su una competenza affettiva, permettendo la condivisione e

la fraternità tra i discenti e tra discenti e educatori160.

Il ruolo spontaneistico, ludico ed affettivo del canto fu, successivamente,

esaltato anche da pedagogisti ed educatori italiani, impegnati nelle scuole

dell’infanzia o nelle scuole elementari161: si pensi all’esperienza delle sorelle

Agazzi162 nei loro asili o a quelle del pedagogista Giuseppe Lombardo Radice163.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!157 L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 280. 158 L. Molinari, Psicologia dello Sviluppo Sociale, Il Mulino, Bologna, 2007, p. 198. 159 Ibidem. 160 Ivi, p.199. 161!L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 287. 162 Rosa Agazzi (1866-1951) e Carolina Agazzi (1870-1945) sono state due pedagogiste ed educatrici sperimentali. Il punto principale de loro pensiero pedagogico è esaltare la vitalità e la spontaneità dell'infanzia. 163! Giuseppe Lombardo Radice, pedagogista che collaborò alla Riforma scolastica del 1923 con l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile.

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! 49

Diverso, invece, il pensiero educativo adottato da Maria Montessori164,

contemporanea di Suzuki. Secondo la pedagogista, l’educazione artistica e

linguistica, come la musica e il canto, dovevano essere subordinate, in età prescolare,

a quella sensorio-motrice, poiché è quest’ultima a porre le basi per l’apprendimento

della prima165..

A proposito della metodologia proposta da Montessori, lo studioso Mauro

Laeng166riporta:

Ella ritiene sufficiente e già impegnativo provvedere all’educazione dei mezzi

funzionali che saranno impiegati, ad un livello superiore in queste attività (attività

linguistica ed artistica). Il possesso del meccanismo della scrittura e della lettura, il

disegno a ricalco o su sagoma a traforo, il riconoscimento acustico delle note

musicali nel loro puro strumentalismo le sembrano mete già cospicue da

raggiungere167.

3.3 Le neuroscienze e l’importanza dell’apprendimento in età

prescolare

L’apprendimento musicale è possibile per tutti, può inoltre ottenere grandi vantaggi

da un insegnamento che rispetti la sua dimensione propriamente linguistica

privilegiandone i momenti di acquisizione prima che di apprendimento, ed è un

potente facilitatore e motore di acquisizione e competenze trasversali e meta

cognitive; in sintesi: imparando la musica si diventa più intelligenti168.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!164 Maria Montessori (1870-1952. Medico, pedagogista, filosofa, educatrice. Presso la clinica psichiatrica dell’università “La Sapienza” (Roma) le fu affidato il recupero dei bambini considerati “deficienti”. Proprio per loro elaborò i materiali che sono tuttora alla base del suo metodo di insegnamento. 165 M. Montessori, Educare alla libertà, Mondadori, Milano, 2008, p. 57. 166 Mauro Laeng (1926 - 2004); fu professore di pedagogia nell'Università di Roma dal 1975 al 1996, fondò e diresse, a partire dal 1966, la rivista Didattica delle scienze. 167 M. Laeng, Proposta di un manifesto per una pedagogia strutturalistica neo-montessoriana, Opera Nazionale Montessori, Roma, 1997, p. 22. 168 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, p. 150.

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! 50

Dal pensiero del Maestro Suzuki, si evincono due aspetti importanti nel suo

metodo169:

- l’apprendimento delle competenze musicali in modo spontaneo e naturale

attraverso l’imitazione, la ripetizione e alla pratica continua, corretta e

quotidiana;

- L’esigenza di intraprendere il percorso in età precoce (3-4 anni), periodo in

cui il cervello del bambino è ancora flessibile e aperto a apprendere abilità

difficilmente acquisibili dopo i 6-8 anni a causa della diminuita plasticità

cerebrale, cioè la capacità del cervello di riorganizzarsi e creare nuove

sinapsi, nuove connessioni neuronali.

Il glottologo Giovanni Freddi170sosteneva che già a 3 anni il bambino possiede

un sistema motorio e visivo maturo che gli consente di mettere in atto complesse

abilità motorie e visive171. Avvicinare i bambini in età prescolare allo studio della

musica, permette di intervenire tra la prima e la seconda fase di maturazione

cerebrale potendo contare sulla massima plasticità cerebrale, che può determinare la

formazione di percorsi nervosi stabili associati al linguaggio musicale172.

La ragione per cui una seconda lingua, quale può essere il linguaggio

musicale, può essere appresa allo stesso livello della lingua madre, solo se acquisita

in tenera età, risiede nel fatto che in questo periodo della vita, la prima e la seconda

lingua sono rappresentate nelle stesse aree cerebrali173che vengono attivate dai

sistemi di memoria procedurale, gli stessi che permettono di acquisire il modo in cui

si fanno le cose e di come si usano gli oggetti 174.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!169 Ivi, pp. 23-25.!170!Giovanni Freddi, è stati uno dei padri della ricerca italiana nel campo dell'educazione linguistica e docente di didattica delle lingue moderne a Ca' Foscari dal 1969 al 1994. Fu promotore di progetti di ricerca e sperimentazione, convinto assertore dell'autonomia epistemologica della "Glottodidattica" nell'ambito delle scienze del linguaggio. 171 G. Freddi, Glottodidattica. Fondamenti, metodi e tecniche, UTET, Milano, 1994, p. 87. 172 Ibidem. 173 F. Fabbro, Manuale di neuropsichiatria infantile. Una prospettiva psicoeducativa, Carocci, Roma, 2012, p. 189. 174 E. Tulving, Episodic memory: From mind to brain, Annual Review of Psychology, Annual Reviews, Palo Alto, California, n. 53, 2002, pp. 1-23 .

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! 51

L’apprendimento, perciò, risulterà naturale, di alto livello e stabile. In età

scolare, la seconda lingua inizierà ad occupare nel cervello aree differenti e più

estese, che richiederanno un maggiore sforzo per essere attivate, e porteranno ad una

competenza linguistica meno attenta e più artificiale175.

Come sostiene il Maestro Suzuki, è preferibile imparare a suonare uno

strumento prima di saper leggere, perché questo permette al bambino di

interiorizzare la pratica musicale in modo naturale176.

Howard Gardner177, psicologo americano, sostiene che l’educazione debba

tener conto di alcuni aspetti che egli definisce intelligenze multiple178:

a. Le esperienze che accadono nei primissimi anni di vita agiscono un ruolo

chiave nell’apprendimento.

b. Tutti posseggono delle potenzialità. Esse, però, devono essere sviluppate

ed utilizzate attivamente. Se ciò non avviene, si rischia la perdita o

l’atrofizzazione delle connessioni preposte a tali scopi.

c. Un cervello allenato a risolvere attivamente i problemi è più facilitato

all’apprendimento. Al contrario, se le esperienze vengono vissute in modo

passivo, la comprensione risulterà più labile e transitoria.

d. Esiste una connessione documentata tra abilità musicali e competenze

spaziali. Perciò la possibilità di suonare uno strumento fin da piccoli

avrebbe ricadute positive su altre competenze.

e. La plasticità neuronale diminuisce con il passare del tempo.

Gardner sostiene che bambini di due mesi siano già in grado di imitare la

tonalità ed il profilo melodico delle canzoni della madre, e a quattro mesi possono

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!175 Fabbro, Manuale di neuropsichiatria infantile. Una prospettiva psicoeducativa, Carocci, Roma, 2012, p. 189. 176 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, p. 89. 177 Howard Gardner è uno psicologo e docente statunitense di origine ebraica. Professore presso la Harvard University nel Massachusetts, ha acquisito celebrità nella comunità scientifica grazie alla sua teoria sulle intelligenze multiple. 178 H. Gardner, Formae mentis. Saggio sulla pluralità della intelligenza, Feltrinelli, Milano, 2013, p. 279.

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! 52

anche accompagnarne la struttura ritmica179.

Da una ricerca condotta da Gardner in merito all'insegnamento musicale

tradizionale in Africa, emerge che nella società degli Anang180della Nigeria, i

bambini di appena una settimana vengono avvicinati alla musica e alla danza dalle

madri, e quando raggiungono i due anni di età, si uniscono a gruppi in cui imparano a

cantare, ballare e suonare. A soli cinque anni, i piccoli Anang sanno cantare centinaia

di canzoni, suonare diversi strumenti a percussione ed eseguire complicati passi di

danza181.

Lo psicologo sostiene che l’intelligenza musicale, oltre a favorire la memoria

a lungo termine, influisce sullo sviluppo emotivo, spirituale e culturale, più di altre

intelligenze.

La musica, inoltre, aumenta la creatività, migliora l’autostima dell’individuo

e permette lo sviluppo delle abilità relazionali, percettive, motorie e psicomotorie182.

3.4 L’intelligenza musicale

“Siamo fatti di musica183”, afferma lo psicologo e neuroscienziato statunitense

Daniel J. Levitin, nel suo saggio dal titolo omonimo e l’essere umano è fatto per

rispondere alla musica.

I rapporti tra musica e cervello sono stati oggetto di studio da parte di

numerosi scienziati nell’ambito delle neuroscienze. Tali ricerche, indicano come

l’ascoltare e il praticare l’arte del suono incidano, significativamente, sulle modalità

adottate dal cervello mentre apprende e lavora184.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!179 Ibidem. 180 Anang è un gruppo etnico che abita la provincia nigeriana di Calabar situata a sud del fiume Croce, nella regione della foresta tropicale. 181 H. Gardner, Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Erickson, Trento, 2005, p. 77. 182 D. Campbell, L’Effetto Mozart: curarsi con la musica, Baldini & Castoldi, Milano, 1999. 183 D. J. Levitin, Fatti di musica. La scienza di un’ossessione umana, Codice Edizioni, Torino 2008, p.134. 184 Ibidem.

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! 53

Robert J. Zatorre, professore di neuroscienze cognitive della Montreal

Neurological Institute, sottolinea che:

La musica è pane per le neuroscienze […] Essa tocca quasi ogni abilità cognitiva a

cui i neuroscienziati sono interessati: non solo gli ovvi sistemi uditivi e motori

coinvolti nella percezione e nella produzione musicale, ma anche le interazioni

multisensoriali, la memoria, l’apprendimento, l’attenzione, la progettualità, la

creatività e le emozioni185.

Levitin e Zatorre, che lavorano presso il BRAMS, International Laboratory

for Brain Music and Sound Research della McGill University di Montreal (il più

importante istituto di ricerca sul rapporto musica e cervello), attraverso i loro studi,

hanno dimostrato che la musica stimola un numero di parti del cervello superiore a

qualunque altra attività umana. La musica permette di accedere ad una più profonda

comprensione dei processi connessi con la cognizione umana186.

Howard Gardner sostiene che l’intelligenza musicale ha una “competenza

intellettuale autonoma”, con una specifica localizzazione neurologica distinta da

quella del linguaggio e con un rapporto di indipendenza dagli oggetti fisici del

mondo187.

Daniel J. Levitin, afferma che:

… l’ascolto della musica coinvolge parte delle strutture sottocorticali, come per

esempio il cervelletto, i cui circuiti sono preposti alla sincronia e al ritmo e

l’amigdala, sede dell’elaborazione corticale delle emozioni188.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!185 I. Peretz, Zatorre R. J., The Cognitive Neuroscience of Music. Oxford University Press, UK, 2003. 186 D. J. Levitin, Fatti di musica. La scienza di un’ossessione umana, Codice Edizioni, Torino 2008, p. 135. 187 H. Gardner, Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Erickson, Trento, 2005, p. 107. 188 D. J. Levitin, Le radici della musica: E’ solo un’illusione, Psicologia Contemporanea, Giunti Editore, Firenze, novembre-dicembre 2008, pp. 20-24.

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Il riconoscimento di una musica nota o familiare viene svolto invece

dall’ippocampo, il centro della memoria, e dalla corteccia frontale inferiore.

L’esecuzione della musica richiede, invece, l’intervento di una parte dei lobi frontali

per quel che riguarda la fase dell’intenzionalità e della corteccia sensoriale per quel

che riguarda il feedback tattile189.

Per quel che concerne l’ascolto ed il ricordo di testi musicali, un ruolo

importante viene rivestito dalle aree di Broca190 e Wernicke191 e da altri centri del

linguaggio, situati nei lobi temporali e frontali.

La lettura della musica chiama in causa, invece, la corteccia visiva del lobo

occipitale, situato nella parte posteriore del cervello192.

3.4.1. La formazione musicale e le funzioni cerebrali

La studiosa Nicoletta Beschin, riporta uno studio condotto da un gruppo di

ricercatori internazionali, basato sulla somministrazione di un questionario on line a

600 musicisti ed altrettanti non musicisti. In esso, emergono due modalità di pensiero

differenti 193.

I professionisti tendono a utilizzare modalità di pensiero musicale strutturate

e sistematiche, sono per cui portati a focalizzare la loro attenzione sui singoli

strumenti e sulle componenti vocali ivi presenti.

I non professionisti, invece, pongono maggiore attenzione alla parte emotiva

della musica e, pertanto, sono condizionati a usare una modalità di pensiero e di

ascolto empatica, intuitiva e meno analitica194.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!189 Ibidem. 190 L’area di Broca è una parte dell'emisfero dominante del cervello, la cui funzione è coinvolta nell'elaborazione del linguaggio. 191!L'area di Wernicke è una parte del lobo temporale del cervello le cui funzioni sono coinvolte nella comprensione del linguaggio. 192!D. J. Levitin, Le radici della musica: E’ solo un’illusione, Giunti Editore, Firenze, novembre-dicembre 2008, pp. 20-24. 193 N. Beschin, Musicisti: altro che sensibili! Psicologia Contemporanea, Giunti Editore, Firenze, luglio-agosto 2010, p. 52. 194 Ibidem.

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! 55

Sul piano neurologico, queste due differenti modalità di elaborazione della

musica, indicano un differente uso dei due emisferi cerebrali: nel primo caso prevale

l’attivazione dell’emisfero sinistro, nel secondo, l’attivazione del destro.

La formazione musicale andrebbe dunque a incrementare il ruolo

dell’emisfero sinistro su quello destro nell’interpretazione, esecuzione o semplice

ascolto della musica195.

Interessanti sono le considerazioni seguenti di Gardner:

…quanto migliore è la formazione musicale dell’individuo, tanto maggiore è la

probabilità che egli attinga almeno in parte ai meccanismi dell’emisfero sinistro

nella risoluzione di un compito che il principiante affronta primariamente attraverso

l’uso di meccanismi dell’emisfero destro”, questo perché, continua: “musicisti

esperti possono essere in grado di usare classificazioni linguistiche formali come

semplice ausilio, mentre soggetti dalla preparazione insufficiente sono costretti a

ricadere in capacità di elaborazione puramente intuitive196.

3.4.2. La funzione dell’emisfero destro del cervello: emozioni e patologie

Quando il nostro orecchio riceve delle stimolazioni da parte della musica,

l’emisfero destro del cervello coinvolge la dimensione emotiva ed esistenziale

dell’essere umano197.

Dagli studi di Zatorre, si evince che la musica possiede la medesima capacità

di stimolazione del cibo, delle droghe e del sesso, sui sistemi neuronali; è inoltre in

grado di lenire l’ansia, grazie all’inibizione da essa operata sulle strutture del sistema

nervoso centrale e di determinare la capacità di attenzione per mezzo dell’attivazione

di altre strutture del medesimo sistema198.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!195 Ibidem. 196 H. Gardner, Formae mentis. Saggio sulla pluralità della intelligenza, Feltrinelli, Milano, 2013, p.185. 197 D. Patel Aniruddh, La musica, il linguaggio e il cervello, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2014, p. 81.!198 I. Peretz, R. J. Zatorre, The Cognitive Neuroscience of Music. Oxford University Press, UK, 2003. !

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! 56

La capacità di agire sulle emozioni delle persone è stata utilizzata in ambito

terapeutico per curare alcune malattie di tipo psicologico, come la depressione o

l’ansia, e malattie neurogenerative come il morbo di Alzheimer, il morbo di

Parkinson o malattie terminali199.

L’ascolto di una musica ricca di armonici e ripetitiva consente per esempio

alle persone di rilassarsi, allontanando tensioni mentali e psicologiche200.

Il canto è risultato essere benefico sui pazienti affetti da demenza senile,

come spiegato dalla dottoressa Lucia Jandolo:

Se l’infermiere, nell’aiutare il paziente con demenza a lavarsi e a vestirsi comincia a

cantare, stimolando il paziente stesso a fare altrettanto, le tensioni si allentano, le

emozioni positive aumentano e il paziente acquisisce un maggiore controllo dei

propri movimenti e della propria postura, oltre ad ottenere un miglioramento della

propria competenza ed espressività verbale201.

Simile attività, costituendo per la persona malata uno strumento per

comunicare liberamente le proprie emozioni, va ad attivare in lei un processo

psicologico di rielaborazione dei propri traumi e delle proprie esperienze negative202.

Risulta avere dunque un effetto terapeutico in malattie depressive, ma anche

gravi come un cancro avanzato203.

3.5 L’importanza dell’interazione nell’apprendimento

Come dichiarato da Vygotskij: ”diventiamo noi stessi attraverso gli altri204”.

Conosciamo gli altri attraverso la socializzazione primaria, in cui il bambino impara

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!199!Riferimento al sito Psicolab: <http://www.psicolab.net/2011/intelligenze-multiple-gardner/>.!200! G. Manarola, Manuale di musicoterapia. Teoria, metodo e applicazioni della musicoterapia, Cosmopolis, 2006, p.385.!201 L. Jandolo, Musica per il cervello, Psicologia Contemporanea, Giunti Editore, Firenze, gennaio-febbraio 2010, pp. 24-29. 202 Ibidem. 203 Ibidem.!204 L.S. Vygotskij, Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori e altri scritti, Giunti Editore, Fi renze, 1990, p. 200.

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! 57

a conoscere l'altro e come l'altro lo interpreta, e in tal modo apprende a conoscersi.

Perciò il linguaggio, importante mezzo di interazione con gli altri, è anche uno

strumento di comunicazione fra l'uomo e se stesso. Da qui l'importanza di quella che

Vygotskij chiama relazione tutoriale, che incoraggia lo sviluppo205. La differenza fra

i problemi che il soggetto è in grado di risolvere in modo autonomo, è chiamata area

dello sviluppo prossimale o potenziale206.

L’apprendimento è possibile per l’esistenza dell’intersoggettività. Si cresce

attraverso relazioni significative, una sorta di grande contenitore, in cui gli stimoli

culturali costituiscono una specie di impalcatura, quella che gli psicologi definiscono

scaffolding207. Si tratta di un’impalcatura temporanea che sostiene operai e materiali

coinvolti nella costruzione di un qualunque edificio; allo stesso modo, genitori,

insegnanti, educatori, sostengono, provvisoriamente, le abilità emergenti di un

bambino, il quale costruisce così, attivamente, la nuova conoscenza e le nuove

abilità208.

Secondo il pensiero del ricercatore, infatti, l’apprendimento dei bambini, è un

naturale sottoprodotto della loro partecipazione al pensiero collettivo, non un’idea

esterna che si infiltra nella mente.

Le esperienze all’interno di una relazione ben condotta forniscono

opportunità per imparare ad assumere la prospettiva dell’altro e a risolvere i conflitti.

Il bambino è un essere attivo, intrinsecamente sociale, il suo agire si verifica nel

contesto delle azioni altrui, ogni attività comunitaria interiorizzata e trasformata

cognitivamente, viene portata dal piano interpersonale a quello intrapersonale. Il

genitore segue e precede lo sviluppo del figlio come l’educatore si relaziona al

discente, in modo corrispondente ai livelli di sviluppo e maturità che, nel tempo,

manifesta, dal punto di vista di una crescita potenziale209.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!205 Ibidem. 206 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, pp. 29-30. 207 Il termine scaffolding (impalcatura o ponteggio) viene utilizzato in psicologia e pedagogia per indicare l'aiuto dato da una persona ad un'altra per svolgere un compito. 208 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, pp. 28-29. 209 Ibidem.

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! 58

Vygotskij dà, quindi, importanza all'interazione nel processo di

apprendimento, che diventa un elemento strutturante di azione mediata finalizzata

alla crescita nella relazione e legata allo sviluppo emotivo210.

È infatti nell’interazione che il pensiero può divenire autonomo.

3.6 Il ruolo della famiglia e l’accompagnamento

La famiglia è per ogni bambino il punto di riferimento all'interno del quale

sperimentare il proprio sviluppo.

Le dinamiche famigliari sono fondamentali per la formazione del fanciullo:

ma l’iperprotezione genitoriale può limitare l'autonomia e la fantasia del ragazzo,

rendendolo dipendente o, altrimenti, rafforzarne l'aggressività.

Se si vuole fare emergere il proprio figlio, è necessario, dunque, evitare di

sottovalutarlo continuamente.

Il ragazzo sottovalutato e svilito, difficilmente riuscirà ad emergere211.

Chiunque, non apprezzato abbastanza, non motivato e non stimolato,

potrebbe correre il rischio di convincersi di non essere in grado di portare a termine

differenti compiti e questo lo porterebbe a non riuscire più a compierli: dando inizio

a un circolo vizioso.

Queste dinamiche sono presenti in ogni nucleo famigliare, problematico e no.

Spesso, imprudentemente, il genitore non incentiva il proprio figlio perché

non lo ritiene fondamentale. Per questo è fondamentale che ogni bambino, a livello

emotivo ed affettivo, percepisca la vicinanza di mamma e papà, e il loro

coinvolgimento allo sviluppo della propria crescita. Deve percepire che i propri

genitori hanno fiducia nella sua capacità di costruirsi il futuro212.

Comunicare queste certezze, anche attraverso modalità non verbali, potrebbe

evitare percorsi esistenziali disagiati e problematici213.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!210 Ivi, pp. 57-58. 211 S. Porcelluzzi, Famiglia, scuola e società nella crescita della persona, Elledici, Torino, 2008, p. 77. 212 E. Scabini, G. Rossi, La ricchezza delle famiglie. Studi Interdisciplinari sulla Famiglia n. 24. Milano: Vita e Pensiero, 2010. 213 Ibidem.!

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! 59

Ricerche effettuate su bambini con ritardi mentali di grado lieve-medio hanno

evidenziato che i migliori risultati in alcune attività, quasi alla pari con i normodotati,

avvenivano quando la famiglia incoraggiava tali performance. Quando la famiglia

sminuiva ogni successo, non credendolo possibile, lo sviluppo cognitivo si bloccava,

tali ragazzi addirittura regredivano quando non erano supportati dalla fiducia dei

famigliari nelle loro potenzialità214.

Tali automatismi interessano tutti gli individui e non soltanto coloro che

possiedono difficoltà cognitive.

In riferimento al valore della genitorialità e della compartecipazione

educativa, Suzuki comunica la sua filosofia di vita, che abbraccia lo sviluppo

complessivo del bambino, dichiarando che: Insegnare musica è il mio scopo principale. Desidero creare buoni cittadini ed

esseri umani nobili. Se un bambino ascolta musica fin dalla nascita ed impara a

suonare, egli svilupperà sensibilità, disciplina e tenacia. Ed avrà un grande

cuore215.

3.6.1 Il valore genitoriale

Per raggiungere tale scopo, il bambino dovrà essere accompagnato nel suo

percorso di crescita musicale, sia dall’insegnante che dai suoi genitori.

Il Maestro Suzuki afferma che la ripetizione e l’esercizio, sono principi

indispensabili al raggiungimento dell’obiettivo, ma perché tali elementi siano

costanti, è importante che essi vengano esercitati anche nell’ambiente quotidiano del

piccolo, ovvero, a casa, con mamma e papà che diventeranno per lui insegnanti e

modelli a cui ispirarsi, costituendo una didattica familiare che vada oltre la semplice

ora di lezione, tipica della maggioranza dei metodi tradizionali utilizzati ancora oggi.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!214 L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 137. 215 S. Suzuki, Crescere con la musica, Volontè & Co., Milano, 2010.

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In questo modo, sia l’insegnante che i genitori trasmetteranno al bambino

l’importanza della costanza, della pazienza e della disciplina, attraverso cui

parteciperanno a farne una persona matura, consapevole, equilibrata ed interessata

agli altri216.

La musica, secondo Suzuki, può cambiare la vita delle persone e in

particolare dei bambini, insegnando loro come progettare un futuro migliore e

rendendoli essere umani più ricchi, curiosi e aperti alla vita217.

Il genitore, quindi, costituisce il terzo elemento fondamentale di questo

efficace triangolo formato insieme al bambino e all'insegnante.

Il ruolo dei genitori è fondamentale, sia nel campo educativo che didattico.

I genitori sono i primi insegnanti dei propri figli. È assodato che i bambini

apprendono molto di più dall'esperienza diretta e vissuta all'interno della famiglia,

che offre un'istruzione formale che viene dall'esterno e questo rafforza il legame

affettivo all’interno del nucleo familiare, favorendo il consolidamento del rapporto

con i figli, spesso lasciato in secondo piano rispetto alle diverse esigenze della vita:

un buon genitore educa tutti i giorni e non delega mai ad altri questo importante

compito218.

3.6.2 Si fa insieme e si cresce insieme

Come sostengono Camaioni e di Blasio:

[…] i genitori sono i primi insegnanti […] e di solito anche gli unici di qualche

importanza. Se si considera che, durante i primi 5 anni di vita il bambino acquisisce

approssimativamente il 90% di tutto suo bagaglio culturale, l'importanza della

qualità dell’insegnamento parentale diventa subito chiara219.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!216!D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, pp. 64-65.!217 Ibidem.!218 L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002.!219 T. Gordon, Insegnanti efficaci, Giunti Editore, Firenze, 2013, p. 75.

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Infatti, nel processo educativo, il maestro rappresenta l'elemento tecnico,

mentre è il genitore che trasforma, giorno dopo giorno, questa tecnica in didattica: il

maestro è “insegnante a scuola” una volta alla settimana, il genitore è “insegnante a

casa” tutti i giorni220.

Affinché il bambino possa raggiungere l’autonomia, è importante che tra il

maestro e il genitore si stabilisca una collaborazione continua e di fiducia. Sarà

compito dell’insegnante educare il genitore fornendogli le indicazioni tecniche dei

brani suonati a lezione e consigliare la condotta da tenere a casa durante lo studio del

proprio bambino.

E’ ovvio che, seguire il proprio bambino nello studio, richiede costanza,

sacrificio e impegno.

Per alcuni genitori, cantare o compiere gli esercizi con il proprio figlio può

risultare difficile, a volte a causa di imbarazzo nell’esibirsi davanti a estranei o

perché non credono completamente in ciò che stanno facendo. Se il bambino

percepisce il disagio del genitore, mostrerà conseguentemente “vergogna”

nell’eseguire il compito e questa situazione può comportare il fallimento del

percorso. Ma il fallimento è attribuibile solo al genitore221.

E’ necessario, dunque, che questo non avvenga e che il genitore creda,

effettivamente, nella scelta fatta: in particolare, egli non dovrà sentirsi obbligato dalla

tendenza del momento o dall'immagine nella società. Se così fosse, è meglio che non

intraprenda questo percorso in quanto, per suo figlio, non potrà essere un buon

insegnante.

3.6.3 L’impegno dei genitori

Lo sviluppo dell’autonomia del bambino rappresenta, dunque, un obiettivo

inscindibile dal processo educativo. Il genitore che intende accompagnare il proprio

figlio nello sviluppo della sua intelligenza emotiva, deve essere consapevole che la

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!220 S. Suzuki, Crescere con la musica, Volontè & Co., Milano, 2010. 221!Ibidem.!

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strada è lunga e tortuosa e richiede rinunce, come quelle degli spazi dedicati al relax,

alle vacanze e a volte, anche al lavoro222.

Affinché l’autonomia del bambino venga raggiunta, si richiede la fondamentale

presenza del genitore: costante e coerente. Questo non significa sostituirsi a lui, anzi,

la presenza del genitore deve essere vissuta come una base stabile, ma non

vincolante: il bambino deve essere sicuro che mamma e papà ci sono sempre e sono

pronti a intervenire in caso di necessità223.

I figli osservano e interiorizzano l’esempio offerto dai genitori. Se il genitore

affronta con energia i conflitti e le difficoltà, anche i figli assimileranno lo stesso

modello, la loro fiducia interiore, le loro modalità di approccio alle difficoltà e la

capacità di affrontare la gestione dei problemi, di riconoscere ed elaborare i vissuti

spiacevoli e le delusioni224.

È solo attraverso l'interazione con i genitori e gli adulti che il fanciullo riesce

a dare un senso alla realtà esterna.

3.6.4 L’insegnante del metodo e il genitore educatore

Il metodo Suzuki è, innanzitutto, un percorso pedagogico e il bambino è il

protagonista assoluto, con la sua personalità, il suo carattere e i suoi gusti. Ma attorno

al bambino ruotano altre due figure determinanti: il genitore e l'insegnante.

Anch'essi con la propria identità culturale e musicale, partecipano a stabilire

una triplice relazione: genitore/bambino, genitore/insegnante e insegnante/bambino.

In questo rapporto a tre, ogni elemento partecipa secondo il proprio essere,

mettendo in gioco le caratteristiche specifiche e la sensibilità del proprio io, ognuno

secondo la propria identità: l'insegnante, attingendo alla propria identità musicale, si

porrà al bambino in modo diverso da quello del genitore, il cui rapporto, oltre a

includere la propria identità culturale, implicherà anche momenti emotivi ed

esperienze di altro tipo. Si tratta di un cammino a tre, nel pieno rispetto reciproco

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!222 L. Camaioni, P. Di Blasio, Psicologia dello Sviluppo, Il Mulino, Bologna, 2002, p. 176. 223 Ibidem. 224 S. Vegetti Finzi, A.M. Battistin, I bambini sono cambiati, Mondadori, Milano, 1997, p. 56.

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delle risorse individuali, sfruttando gli elementi di riconoscimento comuni e gli

elementi di separazione, quelli che distinguono e caratterizzano.

Nel trasmettere le competenze, entra in gioco la personalità del soggetto

educante nella sua completezza, perché, insieme alle conoscenze, egli trasmette una

parte di sé, di emozioni, di carattere, di gusti e valori.

Per questo è importante che il primo e principale educatore del bambino sia il

genitore: il genitore che conosce il proprio figlio, perché è sempre in relazione con

lui.

Educando, trasmette al bambino tutto quello che lui è, ovvero: la propria

identità.

Se il genitore dispone il suo impegno in modo continuo, il processo educativo

porterà al successo; altrimenti, se il genitore non assolve a questo compito, il risultato

non potrà che essere mediocre.

Per l'evoluzione dell'uomo e il progresso della cultura, ogni genitore dovrebbe

impegnarsi affinché il proprio figlio li raggiunga.

Quando il genitore-educatore o l'insegnante entrano in relazione con il

bambino, tra i due soggetti si stabilisce un rapporto biunivoco cioè, mentre insegnano

si coinvolgono imparando.

Il processo biunivoco di insegnamento/apprendimento, come ogni relazione,

porta a cambiamenti del comportamento in entrambe le parti, permettendo una

maturazione e un arricchimento: il genitore insegna al bambino, ma anche viceversa,

e il genitore deve essere pronto e aperto ad accettare gli insegnamenti del proprio

figlio.

3.7 Genitori e figli nella storia della musica

Nel passato, così come nel presente, i bambini che hanno iniziato molto

presto a suonare e a leggere grazie a genitori e a un ambiente stimolante, sono poi

diventati degli adulti d'intelligenza superiore e di straordinarie abilità tecniche e

artistiche. Lo confermano alcuni esempi tratti dalla storia della musica.

Page 64: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

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Primo fra tutti, Leopold225, il padre di Wolfgang Amadeus Mozart226! che,

attraverso la propria influenza, permise alla primogenita, Nannerl227, di divenire

un'ottima pianista e a Wolfgang di sviluppare un grande talento grazie ad una

educazione basata sulla musica e volta alla musica.

Allo stesso modo, il padre di Franz Schubert228 influenzò il figlio. Egli era

maestro di scuola e, come tutti gli insegnanti dell'impero asburgico, insegnava anche

musica: è stato lui ad impartire le prime lezioni al piccolo Franz.

Anche Robert Schumann229 si appassionò alla musica ascoltando la madre che

dava lezioni di pianoforte e, anche se poi studiò giurisprudenza, non abbandonò mai

questa disciplina e tradusse la sua creatività e la sua personalità artistica, più nella

composizione che nell'esecuzione.

Franz Liszt230iniziò precocissimo lo studio del pianoforte con il padre Adam:

all'età di undici anni si trasferì con la famiglia a Vienna, dove continuò gli studi di

composizione con Salieri e di pianoforte con Czerny.

Un'altra famiglia di musicisti, da diverse generazioni, era quella di Lorenzo

Perosi e fu proprio il padre Giuseppe, maestro di cappella del duomo di Tortona, a

infondere la passione per la musica, a lui e agli altri cinque figli.

Il talento pianistico, invece, di Claudio Arrau231, nacque quasi per caso, ma

crebbe, poi, grazie alla grande volontà della madre. Fin da bambino visse in un

ambiente familiare in cui la musica e il pianoforte erano presenti ovunque.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!225 Johann Georg Leopold Mozart (1719-1787), padre di Wolfgang Amadeus Mozart e di Maria Anna Mozart, è stato un compositore e violinista tedesco.!226!Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) è stato un compositore, pianista e violinista austriaco, a cui è riconosciuta la creazione di opere musicali di straordinario valore artistico. Mozart è annoverato tra i più grandi geni della storia della musica, dotato di raro e precoce talento. 227!Maria Anna Walburga Ignatia Mozart (1751 –1829), sorella maggiore di Wolfgang Amadeus Mozart è stata una pianista austriaca. In famiglia la chiamavano "Nannerl" ("Nannina" o "Nannarella") e con questo vezzeggiativo è passata alla storia. 228 Franz Schubert (1797-1828) è stato un compositore e pianista austriaco di musica classico romantica.!229 Robert Alexander Schumann (1810-1856) è stato un compositore, pianista e critico musicale tedesco. Fu uno dei più famosi compositori della musica romantica e svolse un'importante attività anche come critico musicale.!230 Franz Liszt (1811-1886) è stato un compositore, pianista, direttore d'orchestra e organista ungherese.!231! Claudio Arrau (1903-1991) è stato un pianista cileno allievo del maestro Martin Krause. È considerato uno dei maggiori interpreti del XX secolo.!

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Sempre tra le mura di casa, in un ambiente caratterizzato da un vivo interesse

per la musica, il piccolo Arturo Benedetti Michelangeli232 iniziò a studiare il

pianoforte all’età di tre anni con il padre Giuseppe, avvocato e diplomato in

composizione e pianoforte.

Alla stessa età si avvicinò alla musica anche un altro grande pianista: Arthur

Rubinstein233. Grazie al felice acquisto dei genitori di un pianoforte per il salotto di

casa, gli fu permesso di giocare con la tastiera in modo divertente: imparò a suonare

con grande abilità lo strumento senza conoscere alcun elemento di teoria o notazione

musicale.

Il padre di Uto Ughi234, avvocato e appassionato di musica, avviò il piccolo

allo studio della musica e delle tecniche violinistiche all'età di cinque anni,

permettendogli così di debuttare al Teatro Lirico di Milano a soli sette anni.

Bisogna tenere conto che solo attraverso l'attenzione, la sensibilità e la

determinazione che il genitore dedica al proprio figlio è possibile raggiungere i

risultati succitati.

Un tempo si avvicinavano alla musica solo i figli di musicisti che,

precocemente, imparavano a suonare senza avere nozioni di teoria musicale mentre,

gli altri bambini, seguivano un percorso più tradizionale, che iniziava in età scolare e

faceva precedere alla pratica strumentale le conoscenze teoriche.

Negli ultimi anni, alla luce dei recenti studi di pedagogia e di didattica e

grazie alla sensibilità delle famiglie, si è capita l'importanza di avvicinare i bambini

alla musica molto presto, seguendo le metodologie basate sul rispetto della

personalità del bambino.

3.8 La lezione musicale e la relazione tra bambino e genitore

La lezione, a scuola, rappresenta per il bambino un appuntamento importante:

la scuola è il luogo e il momento in cui egli interagisce con il gruppo e attraverso

l'ascolto e l'osservazione dei coetanei, acquisisce e interiorizza nozioni e abilità.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!232!Arturo Benedetti Michelangeli (1920-1995) è stato un pianista italiano. È considerato uno dei più grandi interpreti di pianoforte del XX secolo. 233!Arthur Rubinstein (1887-1982) è stato un pianista polacco. 234 Uto Ughi è un violinista italiano.!

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La presenza e la partecipazione attiva del genitore a lezione, permette di

avviare fin da subito la relazione tra genitore e bambino, che dovrà poi essere ripresa

e sviluppata a casa. Più è forte la sinergia, più il legame familiare aumenta e più il

bambino eseguirà i “compiti” senza problemi, così che più in fretta si vedranno i

risultati. Se il genitore non è convinto, questa sinergia viene meno e i bambini lo

percepiranno subito, rifiutandosi di partecipare, collaborare e seguire una lezione a

casa.

Di seguito, vengono definiti i passaggi educativi che caratterizzano il metodo

Suzuki secondo la musicista Elena Enrico, Presidente dell’Associazione Musical

Garden235.

3.8.1 L’appello

Il metodo Suzuki definisce l’appello come l’inizio della lezione, in cui si

richiama l’attenzione degli alunni e dei loro genitori236. In questa prima fase del

percorso, si ha il primo approccio al metodo: maestro, genitore e figlio si rendono

disponibili a lavorare in gruppo. Il gruppo è fondamentale, perché il primo specchio

per un bambino è proprio un altro bambino. Per il bambino, è normale che l’adulto

(genitore o insegnante) sappia fare una cosa. Più importante è vedere come un altro

bambino risolve un determinato esercizio (es. tenere dei legnetti).

La ripetizione della melodia e la compartecipazione del genitore e del

bambino, creano una ritualità che permette di acquisire l’idea del metodo di studio: il

metodo della lingua madre.

Come un bambino impara a parlare ascoltando, imitando e ripetendo le parole

pronunciate da mamma e papà, nello stesso modo imparerà a cantare e a suonare

imitando il proprio genitore237 e con lui a fianco, il bambino non avrà paura di

ripetere all'infinito, perché consapevole che avrà tutto il sostegno di cui abbisognerà.

Genitore e figlio insieme, acquisiscono il metodo di studio da utilizzare a casa.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!235 Riferimento al sito Musical Garden: <http://www.musicalgarden.it/musical-garden_ita/contatti. Html>. 236 E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, p.31. 237 C.M. Scaglioso, Suonare come parlare. Linguaggi e neuroscienze. Implicazioni pedagogiche, Armando Editore, Roma, 2008, p 23.!

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! 67

3.8.2 Il tuffo

In ogni lezione viene proposta la canzoncina per l’apprendimento della

cadenza attraverso le scale, gli arpeggi, gli intervalli e le funzioni tonali238.

Attraverso lo studio e l'esecuzione delle scale e degli arpeggi, il bambino

affronta l'idea della salita e della discesa, dell'andata e del ritorno, l'idea cioè che

anche se ci si allontana dal punto di partenza, poi ci si ritorna: nella crescita del

bambino, sicurezza e stabilità sono due elementi fondamentali.

Anche se, all'inizio, il cambiamento del punto di partenza può essere

disorientante, soprattutto quando il bambino ha ripetuto le scale insieme

all'insegnante, grazie al genitore ristabilisce la sua tranquillità emotiva.

Con l'esercizio delle scale e degli arpeggi, il bambino sviluppa e affina

l'intonazione che contribuisce alla formazione dell'orecchio assoluto.

3.8.3 I ritmi

I ritmi sono proposti in successione, uno per lezione, con formula imitativa239.

Attraverso l’uso degli strumenti messi a disposizione ai bambini, si iniziano a

studiare i ritmi. In questa fase, la collaborazione e la complicità del genitore è

fondamentale: giocare e familiarizzare con i ritmi, unitamente al proprio genitore,

consente al discente di acquisire ciò che si andrà a eseguire con lo strumento.

Compiere correttamente l’esercizio, riuscendo a coordinare ritmo, canto e

gestualità, permette al bambino di sentirsi orgoglioso e gratificato, perché potenzia la

fiducia personale240.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!238!E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, p.31.!239!Ibidem.!240 E. E. Gordon, L’apprendimento musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare, Curci, Milano, 2003.!

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3.8.4 Le canzoni di repertorio

Secondo Marinangeli:

Cantare, specie in coro, aiuta il senso di comunione e di accordo con gli

altri. Questo procura il grandissimo piacere […] di vivere in un intrecciarsi

amoroso di voci maschili e femminili che collaborano insieme a produrre

bellezza241.

Le canzoni di repertorio sono accompagnate da elementi coreografici, perché

è attraverso il movimento che il bambino sviluppa il proprio intelletto242.

Edwin E. Gordon, docente nel campo dell'educazione musicale, afferma che

non si può essere musicali se non c’è movimento e solo una corretta coordinazione

del respiro al movimento e al flusso muscolare del corpo, permettono di concepire e

comprendere internamente il tempo e il ritmo.

Per essere musicali, sostiene il ricercatore, è necessario essere capaci di

accogliere in sé un movimento rilassato a flusso continuo, nella convinzione che il

cervello non possa percepire il ritmo, fintanto che il corpo non glielo trasmette: “Il

corpo sa prima che il cervello conosce”243.

Gordon ritiene che il bambino dovrebbe imparare la musica secondo gli stessi

processi e gli stessi tempi di apprendimento del linguaggio. Egli, quindi, prima deve

avere la possibilità di ascoltare, comprendere, assorbire e interiorizzare i diversi ritmi

e solo dopo aver imparato ad imitare le proposte musicali, sarà pronto per imparare a

coordinare le proprie risposte musicali e il proprio canto al respiro e al movimento,

esattamente come sostenuto dal Maestro Suzuki,

Ecco perché genitori e insegnanti devono eseguire, per e con il bambino,

canzoni e canti ritmici accompagnati dal movimento244.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!241!L. Marinangeli, Parlare con Pinocchio. Come comunicare con i bambini perché crescano sereni, Bompiani, Milano, 2003. 242 E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, pp.31-32. 243! E. E. Gordon, L’apprendimento musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare, Curci, Milano, 2003.!244 Ivi, p. 53.

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! 69

3.8.5 !La manualità della canzone

Gli esercizi di manualità hanno il compito di sviluppare la capacità motoria

fine e specifica per lo studio strumentale. Generalmente, è questo il compito in cui i

bambini incontrano maggior difficoltà, in quanto, non riescono a ottenere subito un

risultato soddisfacente e quindi non si sentono gratificati e si stancano. Per questa

ragione, a casa, l’allievo tende a rifiutarli preferendo le attività di canto, danza o i

semplici ritmi245.

Per addolcire la “pillola” al bambino, si propongono le “Canzoni per

fare246”che, grazie alla melodia invitante, alla gestualità allegra e alle parole che

coadiuvano i movimenti, permettono al bambino di allenarsi senza annoiarsi.

L’esercitazione manuale, fondamentale per lo studio dello strumento, richiede

un ulteriore impegno da parte del genitore, sia a lezione che a casa: egli dovrà essere

un modello per il suo bambino, capace di trovare un equilibrio tra rigore e dolcezza,

tra fermezza e condiscendenza, sperimentando via via i tempi di attenzione del suo

bambino per saper operare in modo corretto lo studio strumentale247.

Anche la fantasia può diventare un alleato prezioso per il genitore, in quanto

gli permette di riproporre gli esercizi a casa in modo diverso. Per esempio, se il

bambino deve svolgere un esercizio con una pallina, durante il momento del pranzo

lo si può fare con un mandarino. In questo modo il bambino esegue l’esercizio in

modo naturale e spontaneo, quasi senza accorgersi di farlo. Questo è molto

importante perché va ad aumentare il bagaglio degli automatismi di cui il bambino

abbisogna, non solo nella musica.

3.8.6 La filastrocca

Le prime poesie che ho imparato erano le filastrocche all’asilo, e prima che io potessi

leggerle per me stesso avevo imparato ad amare solo le loro parole, le sole parole.

Quello che le parole volessero dire, simboleggiare o significare erano di secondaria

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!245 E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, pp.31-32.!246 Ibidem.!247!Ibidem.!

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importanza- quello che importava era il loro suono speciale quando le ho sentite per

la prima volta. E quelle parole erano, per me, come le note delle campane, il suono

degli strumenti musicali, il rumore del vento, del mare, della pioggia....248”

Dylan Thomas249!!

Le parole di Dylan Thomas rappresentano la conferma di ciò che Suzuki

considera importante nella recita della filastrocca: fondamentale per lo sviluppo della

memoria. La sua rappresentazione, richiede al piccolo un’attenzione particolare

nell’articolare correttamente la parola e nell’acquisire una postura normale

(contenendo i movimenti), sviluppando la capacità di ascolto durante l’esecuzione

dei compagni250.

Questa è una fase articolata e delicata per il bambino, il quale dovrà sostenere

una esibizione e, quindi, concentrarsi sulla memoria, pensare al modo in cui eseguirà

l’inchino e, cosa più difficile, affrontare un pubblico, fatto di mamma o papà, ma

anche da compagni e loro famiglie251.

La recita di una breve filastrocca facilita i rapporti interpersonali tra i

compagni e ha un enorme effetto benefico sulla timidezza e sull’inibizione,

accrescendo la consapevolezza di sé252.

Per il bambino, infatti, è molto importante avere l’opportunità di affrontare da

subito timidezza, inibizione e ansia da prestazione. Farlo in un gruppo in cui si è

cresciuti insieme, dà un ambiente tutelato in cui il bambino si sente libero di

esprimersi.

Il genitore, quindi, dovrà sostenere psicologicamente il proprio figlio, con

dolcezza e pazienza, senza sostituirsi a lui nel suggerirgli le parole della filastrocca

stessa o impedendogli di far da sé e sperimentare la crescita.

In tutto questo, i tempi dei bambini devono essere tenuti in considerazione e

rispettati, così da evitare la rinuncia dovuta alla paura di sbagliare.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!248 E. E. Gordon, L’apprendimento musicale del bambino dalla nascita all’età prescolare, Curci, Milano, 2003. 249!Dylan Marlais Thomas (1914-1953) è stato un poeta, scrittore e drammaturgo gallese. Nei suoi ricordi d’infanzia, v’è il padre che gli leggeva poesie già a due anni di età. 250 E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, p. 32.!251!Ibidem.!!252 Riferimento al sito Educazione & Scuola: <http://www.edscuola.it/archivio/ped/promuovendo_ unattivita_teatrale.htm>.

Page 71: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

! 71

3.8.7 Il saluto

Il! saluto! è un atto comunicativo in cui si prende contatto con un altro

individuo, segnalando la propria attenzione ed esprimendo al contempo il tipo di

relazione tra sé e l'altro.

Benché i saluti siano estremamente diversificati, in quanto strettamente legati

alle singole culture, lingue e tradizioni, il fenomeno del saluto in sé è universale.!!Il saluto può comportare sia espressioni linguistiche sia manifestazioni

corporee: spesso una combinazione delle due.

Seguendo il metodo Suzuki, si assiste alla chiusura della lezione a scuola

proprio attraverso un saluto importante che si accompagna a una breve melodia: il

saluto vedrà l’allievo chinarsi come si fa alla fine di un concerto, così da onorare il

“pubblico” ascoltatore e valorizzare l’impegno dell’esecutore stesso.

Il lavoro continua a casa, dove il genitore, seguendo gli appunti scritti o

registrati durante l'incontro a scuola, diventa “l'insegnante di tutti i giorni” 253.

3.9 La disciplina come gioco

Secondo Canciani e Sartori:

[…] il gioco è terreno privilegiato per trasmettere al bambino l’arte del pensare, in

quanto, attraverso la trasformazione dei contenuti che il bambino esprime giocando,

lo si introduce alla capacità di pensare, permettendogli così di mettere a punto il

proprio apparato per farlo254.

Allo stesso modo, Friedrich Fröbel, pedagogista tedesco dell’800, asseriva

che: l'infanzia corrisponde alla prima fase educativa del bambino (prima

educazione), quando inizia a rappresentare spontaneamente l'interno nell'esterno255.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!253!E. Enrico, Suonare come parlare, Musica Practica, Torino, 2007, p.32.!254 D. Canciani, P. Sartori, Dire Fare Giocare. Il gioco come spazio di crescita. Come vi partecipano i genitori? Armando Editore, Roma, 1997, p. 45.!255!B. Colombo, TUTTO-Psicologia e pedagogia, De Agostini,!Novara, 2014, p. 209.!

Page 72: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

! 72

È attraverso il gioco che il bambino sperimenta se stesso, si ritrova e si

conosce: giocando, il piccolo riesce a liberare la propria mente da contaminazioni

esterne, quale può essere il giudizio altrui e ha la possibilità di scaricare la propria

istintualità ed emotività. Costruire, scoprire e ripetere sempre le stesse cose, consente

al piccolo di acquisire quella sicurezza che gli permetterà di crescere in serenità e di

avere fiducia in se stesso: solo quando si sentirà sicuro in una cosa, la abbandonerà

per passare a un'altra.

Compito del genitore, o maestro, è di intervenire e guidare il bambino verso

la precisione e la chiarezza.

Tuttavia, la presenza del genitore durante l’apprendimento, attraverso il

metodo Suzuki, deve essere “discreta”. È importante, infatti, che il bambino non

comprenda, almeno inizialmente, che il genitore lo stia “educando”. Deve avere la

sensazione che il genitore stia giocando con lui e che ha del tempo dedicato tutto per

sé: è compito dell'adulto far sì che l’entusiasmo sfoci nella giusta direzione.

3.9.1 Gioco e ripetizione

Non sapevo ancora che bisogna riprendere un brano centinaia di volte per poterlo

suonare in una maniera più corretta, più elegante e più bella. Ma Klingler mi

insegnò che cos’è la vera essenza dell’arte256. S. Suzuki

Il bambino abbisogna sempre di fare qualcosa, e magari ripeterla numerose

volte senza mai staccarsi.

Si pensi a quanto possa piacere al bambino sentirsi ripetere, tutte le sere, la

stessa favola prima di addormentarsi e si osservi quanto, sia per lui, necessario

riascoltarla sempre allo stesso modo: parola per parola. In questo modo, il bambino

acquisisce e interiorizza una serie di conoscenze che lo formano e lo preparano a

assimilarne sempre delle nuove.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!256 D. Cutrì, Crescere suonando. L’educazione musicale nel metodo Suzuki, Musica Practica, Torino, 2012, p. 38.!

Page 73: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

! 73

Ma se gioco e ripetizione sono i due elementi essenziali nel processo

educativo del bimbo, allora, perché non trasferirli all’interno delle attività proposte?

Il metodo di apprendimento pensato e adottato dal Maestro Suzuki si basa

proprio su questo: ripetere le attività al fine di stimolare l'interesse del bambino.

Affinché il bambino non si annoi, però, è necessario che gli esercizi siano

proposti nel modo migliore. A tale proposito, Suzuki consiglia257che:

1. le attività proposte al bambino devono tenere conto sia del suo carattere

che del momento della giornata;

2. non bisogna sforzare il bambino inutilmente, rischiando di opprimerlo, ma

occorre comprendere quali siano i suoi interessi;

3. bisogna stimolare il bambino affinché non si annoi e cercare di alimentare

in lui il desiderio di apprendere;

4. è necessario che non vi siano tensioni nel rapporto tra genitore e figlio

quando ci si presta a fare l’attività, piuttosto, qualora comparissero, è

meglio sospenderla e aspettare un momento migliore;

5. è bene gratificare il piccolo ogni volta che raggiunge un progresso e non

inferire negativamente quando “sbaglia”: il bambino non deve dubitare

delle proprie capacità e deve sempre avere fiducia in sé.

E’ doveroso ricordare che i risultati migliori si ottengono in un ambiente

sereno, tranquillo, gioioso, disponibile e pieno di entusiasmo.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!257 S. Suzuki, Crescere con la musica, Volontè & Co., Milano, 2010.!

Page 74: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

! 74

Capitolo IV

Applicazione e esperienze

4.1 L’indagine metodologica

Il progetto di ricerca, finalizzato al lavoro di tesi, aveva come obiettivo quello

di indagare come l’apprendimento in età prescolare, in campo musicale, potesse

essere favorito attraverso “ripetizione” e “imitazione”, così come avviene per

l’apprendimento della lingua madre.

Dopo una prima revisione bibliografica, effettuata attraverso l’analisi di testi

e tesi dedicate all’argomento, si è deciso di iniziare un percorso d’indagine

qualitativa, esplorando, grazie all’intervista, la realtà dei vissuti di coloro, esperti del

settore e genitori, insegnano e frequentano la scuola del metodo Suzuki. Il progetto,

dunque, aveva l’intenzione di conoscere vantaggi e svantaggi dell’applicazione del

metodo Suzuki.

Al fine di raggiungere l’obiettivo, è stata effettuata una revisione sistematica

della letteratura, stilato un disegno dello studio, scelto gli strumenti d’indagine e,

infine, contattato e incontrato persone che vivono la realtà del metodo.

Lo studio si è proposto di documentare informazioni relative alle esperienze,

considerazioni, preoccupazioni e aspettative del vissuto genitoriale e professionale,

attraverso il processo di accompagnamento al metodo e alla crescita del bambino,

operando interviste semi-strutturate volte a un esperto del settore musicale, a un

dirigente scolastico e a n. 5 genitori che hanno scelto di sperimentare il percorso

metodologico con i propri figli.

Lo studio è stato orientato ad una ricerca di carattere qualitativo e gli

strumenti sono stati scelti studiando i modelli teorici a disposizione per questo tipo di

indagine, nonché quelli più appropriati per il raggiungimento dello scopo. In

particolare, è risultata idonea l’intervista, che è stata strutturata secondo domande

costruite attraverso incontri con i relatori, essi stessi genitori di bambini che

frequentano le lezioni presso una scuola di musica in una regione del nord Italia.

Page 75: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

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L’intervista è stata registrata con l’ausilio di un registratore multidirezionale.

Lo sbobinamento è stato effettuato in parte da software dedicato e in parte dal

riascolto e dattilografia, con uso di programma per scrittura.

Il campione degli intervistati è stato definito in base ad una miscela di

convenienza e intenzionalità.

La tecnica della intervista utilizzata, si è avvalsa del supporto teorico della

Grounded Theory, ovvero una sistematica raccolta dei dati, che contiene sia una

metodologia induttiva che deduttiva. Uno degli obiettivi di questa tecnica è

formulare ipotesi sulla base di idee concettuali. Un altro obiettivo della Grounded

Theory è scoprire la principale preoccupazione dei partecipanti e come cercare di

risolverla258.

Il metodo caratterizzante la teoria, non mira solo a scoprire la realtà del

vissuto, ma a concettualizzare cosa sta succedendo tramite ricerca empirica.

I risultati della GT non sono una segnalazione di probabilità statisticamente

significativa, ma un insieme di istruzioni di probabilità circa la relazione tra i

concetti e l’insieme integrato di ipotesi concettuali sviluppati a partire da dati

empirici259.

L’intervista semi-strutturata, utilizzata per effettuare l’indagine, ha previsto

una griglia che riferisce gli argomenti che obbligatoriamente devono essere affrontati

durante l’inchiesta. Essa è stata organizzata in un elenco di aspetti, attraverso una

sequenza di domande prima di carattere generale e poi più specifici.

Sebbene sia presente una traccia fissa e comune per tutti, la conduzione

dell’intervista ha mutato la struttura sulla base delle risposte date dall’intervistato e

sulla base della singola situazione. L’intervistatore, difatti, non può affrontare temi

non previsti dalla traccia ma, a differenza di quanto accade nell’intervista strutturata,

ha potuto sviluppare alcuni argomenti che sorgono spontaneamente, qualora

ritenga che tali argomenti siano giovevoli alla comprensione del partecipante. E’

successo, ad esempio, che l’intervistato abbia anticipato alcune risposte e quindi

l’intervistatore è stato costretto a cambiare l’ordine delle domande.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!258 P. Corbetta, La ricerca sociale: metodologia e tecniche qualitative, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 27. 259 M. Tarozzi, Cos'è la Grounded Theory, Carocci, Roma, 2008, p. 43.

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In sintesi, la griglia costituisce una sorta di confine entro cui l’intervistato e

l’intervistatore hanno libertà di movimento consentendo a quest’ultimo di trattare

ogni argomento necessario ai fini conoscitivi.

Le procedure necessarie allo sviluppo della tesi hanno richiesto una

definizione dei campi da sondare e le modalità per farlo. E’ stato necessario reperire

il contatto per l’intervista e avvalersi della sua disponibilità, anche attraverso contatti

a distanza, disponibili attraverso gli attuali software dedicati: Skype, telefonia mobile,

e-mail, ma soprattutto attraverso l’incontro diretto.

Attraverso le parole raccolte e il comportamento del soggetto intervistato nel

sondaggio stesso, lo sbobinamento ha aiutato a interpretare fazioni ombreggiate e

frasi importanti nella semplice rendicontazione dell’intervistatore, nel lungo processo

di riascolto di quanto reperito.

Tutto il resoconto del percorso, che ha comportato grande impegno di tempo,

attenzione e concentrazione, rivela non solo una grande soddisfazione, quanto

l’interesse accresciuto di un possibile prossimo approfondimento del tema.

4.2 Analisi di un contesto applicativo: l’associazione ImmaginArte

Al fine di analizzare un contesto operativo in cui il metodo Suzuki venisse

applicato era necessario contattare una scuola che rispondesse a tali caratteristiche

metodologiche e che, soprattutto, rispondesse positivamente alla richiesta di

indagine.

La scelta, sin da subito, è caduta sull’associazione ImmaginArte260in provincia

di Varese, che ha sin da subito dimostrato disponibilità allo studio e che ha risposto

cordialmente all’invito.

L’associazione ImmaginArte ha sede legale a Tradate (VA), ma

operativamente organizza le lezioni presso la città di Varese da circa 10 anni.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!260 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/>.

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L’associazione conta circa n. 80 iscritti di età tra i 2 anni e ½ e i 18 anni ed è

composta da n. 9 docenti di musica e personale di segreteria.

In contatto con l’Istituto Suzuki Italiano261 e con il Sistema delle orchestre e

dei cori giovanili e infantili in Italia262, l’associazione offre la possibilità di seguire in

età prescolare lezioni di ritmica.

Al termine del primo corso, il bambino, secondo i suoi desideri, le attitudini

dimostrate e il parere dell’insegnante di ritmica, potrà accedere al corso di violino,

violoncello o pianoforte263.

La formazione musicale generale (uditiva, percettiva e teorica), in parallelo ai

corsi strumentali, continua con i corsi di ritmica 2, prelettura e, in età più avanzata,

con teoria e solfeggio. La frequenza è di circa 1/2 ora o 45 minuti alla settimana, a

seconda dell’età.

Le lezioni sono individuali e si avvalgono della fondamentale presenza del

genitore.

Tutta la dimensione della ritmica viene definita dal Children's Music

Laboratory, attraverso lezioni di gruppo, che richiedono la presenza attiva di un

genitore che apprenda e faccia ripetere a casa al bambino gli esercizi proposti,

utilizzando l'apposita valigetta contenente gli strumenti-gioco.

La necessaria presenza attiva e consapevole di un genitore del bambino

permette di vivere un’esperienza che va oltre la realtà scolastica ed entra in modo

processuale, educativo e musicale nella realtà famigliare264.

Il Children's Music Laboratory conta di due fasi (1 e 2), di un successivo

corso di Prelettura e del corso di Armonia Applicata (1, 2 e 3), che segue

parallelamente allo studio strumentale fino alla licenza elementare265.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!261 Riferimento al sito Istituto Suzuki Italiano: <http://www.istitutosuzukiitalia.org/index.htm>. 262! Riferimento! al sito Sistema Lombardia: <http://www.sistemalombardia.eu/chi-siamo/sistema-in-lombardia>.!263 Riferimento al sito Cemi: <http://www.cemi-rimini.it/Documenti/regolamento% 20Associati% 20Rimini%202012-13.pdf>.!264 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/ index .php? option=com_content&view=article&id=37&Itemid=38>. 265 Ibidem.

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4.2.1 Il Children’s Music Laboratory e la prelettura

Il Children's Music Laboratory 1, si pone i seguenti obiettivi didattici266:

- la formazione dell’orecchio ritmico e melodico;

- l’uso dello spazio e del coordinamento motorio generale;

- l’uso della motricità fine con esercizi propedeutici alla pratica

strumentale;

- lo sviluppo della capacità di autocontrollo e della disciplina in relazione al

gruppo;

- l’apprendimento dei brani in repertorio strumentale;

- il potenziamento delle capacità di memorizzazione;

- la conoscenza e l’uso delle note applicate all’esecuzione vocale di

cadenza, scale maggiori ascendenti e discendenti, arpeggi maggiori e

minori.

Al Children's Music Laboratory 2, accedono i bambini che hanno maturato le

percezioni e le abilità richieste nel corso precedente e che hanno iniziato lo studio

dello strumento. Ha come obiettivi didattici267:

- l’approfondimento e lo sviluppo delle attività motorie con particolare

riferimento alla pratica strumentale specifica;

- lo sviluppo delle capacità vocali attraverso esercizi di respirazione e

vocalizzi;

- la pratica polifonica con l’utilizzo delle seconde voci dei brani di

repertorio, canoni e sovrapposizioni armoniche;

- il primo approccio delle triadi e rivolti con l’ausilio di cubetti di legno;

- l’interiorizzazione dei tempi attraverso gli elementi coreografici

(scavalcamento della battuta, direzione d’orchestra e metronomo);

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!266 Riferimento al sito Musical Garden: < http://www.musicalgarden.it/home.htm>. 267 Ibidem.!

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- la visualizzazione e la lettura di schemi ritmici;

- il potenziamento della memoria e della dizione attraverso gli

scioglilingua;

- lo sviluppo della consapevolezza del proprio corpo e dello spazio, della

durata dei suoni e del loro rapporto con la tecnica specifica.

Al corso di prelettura accedono, invece, i bambini che proseguono lo studio

dello strumento. Tale corso si pone i seguenti obiettivi didattici268:

- la conoscenza della disposizione delle note sul pentagramma nelle chiavi

di violino e basso sino alla prima soprariga e sottolinea;

- la lettura delle note a velocità crescente, lettura ritmica e solfeggio cantato

di brevi melodie, canoni con l’ausilio di un ostinato ritmico e gestualità;

- i dettati melodici e ritmici (con percezione visiva e/o acustica);

- il trasporto di semplici melodie;

- la conoscenza dei gradi della scala, delle alterazioni e degli intervalli di

tono e semitono;

- la costruzione delle scale maggiori;

- la conoscenza di cadenze, scale arpeggi e accordi;

- l’esecuzione vocale e coreografica di brani popolari e di danze;

- l’uso del quaderno operativo: sviluppo dell’orecchio armonico mediante

le casette tonali;

- la conoscenza della tastiera.

4.2.2 Il corso di Armonia Applicata

Il corso di Armonia applicata 1, 2 e 3 prosegue parallelamente allo studio

strumentale fino al compimento dei 10 anni di età dello studente.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!268 Ibidem.

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! 80

Il programma sviluppa e approfondisce le esigenze orchestrali (percussioni,

parti cantate o coreografate). Gli obiettivi didattici sono269:

- i solfeggi parlati, cantati e ritmati;

- l’invenzione di testi su melodie date;

- le scale, gli arpeggi e gli accordi maggiori e minori, con applicazione

pratica sulla tastiera;

- la conoscenza e l’uso della tastiera (piccoli brani anche a più voci, ecc.);

- l’utilizzo della tastiera quale ausilio di studi per l’applicazione pratica

delle altezze, dei valori, dell’intonazione, degli intervalli e della

memorizzazione di passaggi;

- i dettati ritmici e melodici scritti o estemporanei alla tastiera;

- la costruzioni di semplici armonie su un basso;

- l’esecuzione estemporanea di elementari bassi numerati;

- l’armonizzazione di melodie;

- l’uso di schemi di accompagnamento per i solfeggi cantati;

- lo sviluppo della capacità corporea espressiva.

4.2.3 Music Lullaby

Associazione ImmaginArte offre anche un percorso rivolto ai piccolissimi,

definito Music Lullaby I per i bambini di età compresa tra i 18 e i 24 mesi e Music

Lullaby II, rivolto ai bambini dai 24 ai 30 mesi270.

Il percorso prevede l’inserimento della musica, quale veicolo di educazione,

formazione e sviluppo psicomotorio e cognitivo all’interno della famiglia, ma

soprattutto, come ulteriore forma di linguaggio e codice comunicativo tra il bambino

e le sue figure educative di riferimento, avendo come obiettivi lo sviluppo della

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!269 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=37&Itemid=38>. 270 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=35&Itemid=75>.!

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vocalità, del ritmo e della manualità proposti a vari livelli di difficoltà e in una

graduale scoperta degli elementi musicali nella loro forma primordiale271.

Le indicazioni operative fornite settimanalmente dall’insegnante, sono

riproposte all’interno dei vari momenti di vita quotidiana del bambino (cambio,

addormentamento, pappa, bagnetto, ecc.) attraverso la relazione unica e privilegiata

che vede nella madre e nel padre le figure fondamentali.

L’evoluzione di questo percorso didattico - musicale sfocia nel metodo

Suzuki, che offre ai bambini a partire dai 30 – 36 mesi il naturale passaggio dal

Music Lullaby al Children’s Music Laboratory, fino ad arrivare allo studio di

uno strumento musicale, indispensabile alla crescita culturale ed umana di ogni

individuo272.

4.2.4 L’Orchestra

Fin dalle primissime lezioni di strumento, i bambini hanno la possibilità di

suonare tutti insieme in una vera orchestra per 2 volte al mese273.

Questa possibilità, ha generato il progetto sperimentale dell’orchestra de I

Piccoli Musici Estensi, che nasce come naturale sviluppo delle attività didattiche

della scuola Suzuki di Varese e dell’associazione ImmaginArte: infatti tutti i bambini

che ne fanno parte studiano tutti con la metodologia Suzuki.

In pochi anni il livello musicale è cresciuto, grazie all’entusiasmo e alla grinta

di tutti (bambini, genitori e insegnanti) supportati anche dall’obiettivo didattico e

umano che un progetto-percorso di questo tipo può prefissarsi274.

E’ proprio grazie ai contributi dei bambini, dei genitori e degli insegnanti

che è nata l’UKOM®, un’orchestra internazionale, gestita dall’associazione

ImmaginArte e composta da bambini italiani, per la maggior parte della Scuola Suzuki

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!271 Ibidem. 272 Ibidem. 273 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option =com_content&view=article&id=44&Itemid=45>. 274 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=43&Itemid=44>.

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di Varese, in collaborazione con bambini di altre realtà italiane, francesi, inglesi ed

americane, uniti dalla voglia di suonare insieme in un gemellaggio musicale tra

bambini di tutto il mondo275.

Tutti i bambini sono uniti dal forte potere educativo e spirituale della musica

che è ben espresso dal nome stesso dell’orchestra (United Kids Of Music) che è lo

scopo principale dell’orchestra stessa: i bambini suonano insieme al di sopra e al di

là di ogni barriera politica, convenzionale o umana, rispettandosi vicendevolmente,

instaurando profonde relazioni umane e facendo conoscenza di altri bambini, culture,

costumi e tradizioni, in un gemellaggio musicale ed umano a livello internazionale.

Ci sono una ventina di bambini nella formazione cameristica, fino a una

settantina e più nell’orchestra, con bambini che vanno dai 5 ai 15 anni276.

4.2.5 Esperienze e riconoscimenti

L’impegno e le proposte didattiche innovative dell’associazione ImmaginArte

hanno portato la stessa a ottenere diversi riconoscimenti in campo regionale e

nazionale.

In particolare è il progetto Music Lullaby, nato in collaborazione con la Coop.

Sociale ONLUS Educational Team, che ha goduto dell’accoglimento della

sperimentazione presso diversi asili nido della provincia di Varese negli ultimi anni,

fino ad ottenere il sostegno della Regione Lombardia (L. 23/1999) e alla sua

presentazione presso il "14th Suzuki World Convention 2006" organizzato a

Torino277. Molti allievi risultano vincitori di concorsi nazionali e internazionali. Sono

ormai numerosi i concerti che l’orchestra ha eseguito, sia in ambiti scolastici e didattici,

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!275 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=82&Itemid=78> . 276 Ibidem. 277Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php?option =com_content&view=article&id=35&Itemid=75>.

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sia in ambiti concertistici veri e propri, ottenendo sempre riscontri altamente

positivi278.

Nel 2011, l’orchestra di ImmaginArte si è esibita in Italia presso il Teatro Dal

Verme di Milano, il Teatro Fraschini di Pavia, la Chiesa della Pietà di Venezia,

presso la Basilica di Sant’Antonio in Laterano e il Teatro Valle a Roma279.

A livello internazionale, l’UKOM®, nell’autunno 2013, ha proposto una

prestigiosa tournée Music Without Borders presso l’UNESCO a Parigi e a New York

(tra cui: Memoriale, Merkin Concert Hall del Kaufman Music Center, La Scuola

d’Italia Guglielmo Marconi, Consolato Generale d’Italia e Christ & St. Stephen’s

Episcopal Church)280.

Quest’ultimo evento ha aperto le “frontiere” umane, musicali e territoriali a

giovani musicisti che hanno voluto esprimere il loro talento musicale, andando “oltre

le barriere”281.

4.3 L’intervista al docente di musica

Il giorno 3 dicembre 2014, alle 15.30, è stata effettuata l’intervista a Carlo

Taffuri, docente presso la Scuola Suzuki dell’associazione immaginArte di Varese.

Carlo Taffuri è musicista e didatta. Si diploma in violino presso il Conservatorio G.

Cantelli di Novara, proseguendo poi la sua formazione all'Accademia di Santa

Cecilia di Portogruaro (VE). Frequenta master class con violinisti di livello internazionale,

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!278 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=17&Itemid=18>. 279 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=43&Itemid=44>. 280 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=82&Itemid=78>. 281 Ibidem.

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tra cui Mariana Sirbu282, Stefan Gheorghiu283, Sergei Girshenko284 e Alessandro

Moccia285 e suona in vari gruppi d’archi in Italia e all’estero: Inghilterra, Francia,

Spagna, Svizzera, Germania, Croazia, Austria, Israele, Palestina, Stati Uniti, Sud e

Centro America, con interessanti collaborazioni lungo il percorso.

Il maestro Taffuri considera la musica qualcosa di più che: semplicemente

“suonare”. Egli considera la musica come un linguaggio universale, una forma di

profonda identificazione ed un media meraviglioso, capace di abbattere qualsiasi

diversità, capace di unire e di coinvolgere. L’abilitazione all’insegnamento con la

metodologia Suzuki e il pensiero sempre rivolto a nuove iniziative, accompagnano i

suoi primi anni nel nuovo millennio. A partire dal 2003, è tra i fondatori e presidente

dell’associazione ImmaginArte, contenitore culturale che gestisce un’ampia offerta

musicale, dalla didattica per bambini, fino al concertismo professionale286.

Nel 2004 diventa direttore artistico dell’orchestra italiana I Musici Estensi,

con cui realizza più di 150 concerti, con tournée in America e in Africa.

Accompagna I Piccoli Musici Estensi, un’orchestra d’archi giovanile, in

diversi concerti internazionali e realizza collaborazioni importanti con le Scuole

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!282 Mariana Sirbu, nata a Iasi, in Romania, ha iniziato giovanissima la carriera concertistica in tutta Europa, vincendo numerosi premi internazionali. Nel 1968 è stata tra i fondatori del "Quartetto Academica" che ha ottenuto importanti primi premi nei Concorsi Internazionali di Liegi (1972), Monaco (1973), Ginevra (1974), Belgrado (1975) e con il quale ha sostenuto un'intensa attività concertistica in tutto il mondo.Nel 1985 è entrata a far parte del Trio di Milano con il pianista Bruno Canino e il violoncellista Rocco Filippini, con i quali ha partecipato a numerose tournée in Europa. 283 Ştefan Gheorghiu (1926 - 2010), nato a Galati in Romania, è stato un violinista e professore presso l' Università Nazionale di Musica di Bucarest. 284 Sergey Girshenko è un violinista russo. Dal 2001 è concertmaster della State Academic Symphonic Orchestra. Durante la sua attività artistica è stato leader di molte delle più conosciute orchestre della Russia, le Big Theatre e St.-Petersburg Philharmonic society. Sergey Girshenko ha studiato presso il Moscow conservatory (sotto la guida di David Ojstraha e Dmitry Tsyganov). Oltre all’attività concertistica, dal 1986 Sergey Girshenko insegna presso il Moscow Conservatory. Inoltre detiene masterclass in Germania, Italia, Spagna e Brasile. 285 Alessandro Moccia, nato a Cagliari, ha studiato il violino al Conservatorio G. Verdi di Milano. Dopo il diploma, si è perfezionato a Cremona con Salvatore Accardo ed a Portogruaro con Pavel Vernikov. Dal 1987 ha alternato l'insegnamento ad un'attività concertistica come solista in Europa, in Sud America ed in Giappone, e cameristica nei vari festival europei. Nel 1991 crea il Quartetto Turner e, sempre nello stesso anno, diventa primo violino dell' Orchestre des Champs-Élysées. Moccia è impegnato in un'intensa attività pedagogica nei vari paesi europei, e dal 2004 è stato invitato a tenere delle master classes all'Accademia di Musica di Kyoto in Giappone. 286 Riferimento al sito ImmaginArte: <http://www.associazioneimmaginarte.it/suzuki/index.php? option=com_content&view=article&id=54%3Acarlotaffuri&catid=2%3Aimmaginarte&Itemid=3>.

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! 85

Suzuki di Oslo, Parigi e Galway (Irlanda), con il Conservatorio di Gerusalemme e il

Miami Music Project negli Stati Uniti287.

Dal 2009 è fra gli ideatori e promotori di Una Primavera per..., rassegna

musicale umanitaria che coinvolge una rete di Conservatori italiani, al fine di

raccogliere fondi per progetti musicali in Africa. Nel 2011 è nominato direttore

artistico dell’Orchestre Symphonique du Mont-Blanc288.

L’intervista è svolta presso la sede della Fondazione Molina, in occasione dei

preparativi del saggio di Natale. Le domande poste sono 30 e l’intervista è durata

circa 1 ora e ½.

Seduti sul palco del teatro dedicato al saggio, si pone a Carlo Taffuri la prima

domanda.

Secondo Alessandro Baricco: la musica è l'armonia dell'anima289, e per lei,

che cos’è la musica?

È una domanda a cui non si può rispondere - il Maestro sorride. Da concertista, il

mio pensiero si avvicina a quello che diceva Baricco: “La musica è l’armonia

dell’anima”, ma da didatta, ritengo che la musica è quell’espressione che permette

di sviluppare il proprio io, la propria personalità, e l’essenza più profonda: è

l’espressione che aiuta a conoscerci.

Quale differenza c’è tra suonare la musica e insegnarla?

C’è una differenza importantissima tra suonare e insegnare musica. Spesso, però,

si confondono i ruoli. Si dice che un bravo musicista, magari scelto in una grande

accademia, è perfetto per l’insegnamento, ma in realtà non è così. La differenza più

importante e che per suonare “bene” la musica, per essere un grande solista, devi

essere un artista, con la capacità di avere tutta la tecnica strumentale. Insomma,

bisogna essere artisti “dentro” e a 360 gradi; per suonare in orchestra, invece, è

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!287 Ibidem. 288 Ibidem.!289 A. Baricco, Castelli di Rabbia, Rizzoli, Milano, 1991, p. 43.

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necessario essere artista, ma con un carattere: pena, fuoriuscire dai canoni della

vita orchestrale.

Insegnare la musica è qualcosa che parte da una grande passione, e spesso il

grande artista non ha questa passione, o meglio vuole trasmetterla suonando: è

perfetta per chi ascolta ma, in questo caso, l’artista non ci trasmette i suoi segreti.

Insegnare significa trasmettere tutta la propria sapienza; solo se si è “generosi”si

riesce a trasmettere qualcosa. In caso contrario, ci si limita a dare delle mere

nozioni e il bambino percepisce solo una piccola parte di ciò che gli serve realmente

per fare un passo in avanti.

Qual è il rapporto tra ciò che vive creando musicalmente e ciò che invece la

spinge a invitare gli altri al meraviglioso mondo della musica?

Il concetto su cui voglio ritornare è la “generosità”. Personalmente quando suono

non mi risparmio e credo che questo avvenga per qualsiasi musicista. Quando suono

sono generoso nel modo in cui devo esserlo: in orchestra, in violino e pianoforte, o

nella musica da camera, sono generoso per quei canoni; quando insegno sono

generoso perché desidero trasmettere tutto.

In realtà, c’è un legame molto evidente nel creare musica e nello spingere le persone

ad avvicinarsi anche come spettatore, perché nei concerti a volte amo far intervenire

il pubblico. Mi piace portare come esempio i concerti che facciamo per i “nonni”

delle case di riposo: loro mi guardano, li invito a battere le mani, mando un

bambino a suonare vicino a loro, insomma, li coinvolgo: questo vuol dire essere

generosi nei confronti di coloro che stanno ascoltando.

Il mondo adulto è diverso per sensibilità da quello infantile: quali sono le

potenzialità che valorizzano o penalizzano l’uno e l’altro?

Tutti possono imparare la musica e a qualsiasi età. Chi intraprende lo studio della

musica da adulto, e per adulto intendo già 13 anni, apprende in modo diverso

rispetto a chi si avvicina in questo mondo sin da piccolo (3-4 anni).

Da piccolissimo il bambino è un foglio bianco su cui si può scrivere di tutto: questo

vuol dire che bisogna stare molto attenti a ciò che si scrive, occorre una grande

conoscenza del percorso musicale che il bambino deve avere. Più il bambino è

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grande, più quel foglio bianco è già scritto da tanti stimoli, positivi e negativi, dalla

musica ascoltata negli anni, quindi, anche da pregiudizi.

Questo è il motivo per cui ho adottato il metodo Suzuki.

Un bambino che riceve degli stimoli sin da piccolo, ha più oggettività nel giudicare

qualsiasi cosa. Se già a due anni inizia a lavorare con tutti i percorsi specifici, a

cinque anni percepirà la musica di Bach in modo consapevole, a differenza di un

adulto che difficilmente potrà comprenderne il senso più profondo dell’opera.

Se si è messi nella condizione di vivere queste sensazioni al meglio sin da piccolo,

credo sia un vero vantaggio. Il paragone che rende meglio l’idea è quello fatto con

la lingua madre: la musica, prima la si impara, più la si assimila facilmente.

Per esempio, per quanto io possa applicarmi da adulto nell’imparare la lingua

inglese, il risultato ottenuto sarà sempre più limitato rispetto ad un bambino che

inizia a parlarla in tenera età. Quindi, in età prescolare, si ha percezioni e

sensazioni diverse rispetto che in età adulta e chiaramente differenti potenzialità.

La sua vita per la musica è stata caratterizzata da conquiste e, forse, delusioni.

Quanto l’avvicinamento alla musica e il vivere con essa ha favorito/condizionato la

sua personalità di musicista/uomo?

Tantissimo. Il mio avvicinamento alla musica lo devo a mia madre che, con

stratagemmi vari, mi ha sempre accompagnato alle lezioni di musica, anche quando

ne avevo meno voglia. Più passava il tempo, più mi appassionavo. Grazie alla

musica ho vissuto esperienze bellissime, ho girato il mondo e conosciuto molta gente

e questo mi ha aiutato a relazionarmi con le altre persone e in maniera diversa.

Nella sua vita, da quanto dichiarato, ha avuto modo di suonare in molti Paesi.

Secondo la sua esperienza, v’è un Paese in particolare che è più “sensibile” al mondo

della musica?

Se parliamo di musica classica, v’è l’Austria, la Germania, la Francia e

l’Inghilterra. Essi sono i paesi più aperti, questo perché la loro cultura prevede una

educazione musicale sin da quando si è bambini: in questi Paesi è fondamentale che

tutti siano educati da piccoli alla musica, per formare una personalità diversa.

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In Italia, purtroppo, la musica nelle scuole è un “optional”. Un politico disse che:

“con la musica non si mangia!”. Chiaramente, mi distacco completamente da questa

affermazione; è vero che la musica non produce un bene, ma io preferisco dire che

produce un bene visibile alla lunga e fa la differenza. Da questo punto di vista, i

paesi del centro Europa hanno una marcia diversa.

Quanto la comunicazione musicale, intesa come espressione non verbale,

migliora la capacità comunicativa?

Migliora la capacità comunicativa perché ti dà un altro canale, nel senso che se sei

abituato a dire ciao a una persona, tu lo puoi dire con la faccia stanca o triste, è

sempre ciao; se lo dici col sorriso, dai un altro tipo di messaggio. Se dici “Ciao” col

violino, che non sarà “ciao”, ma una piccola frase di saluto come spesso si fa coi

bambini, lo dai con un altro canale che ti può aiutare a migliorare altri canali di

comunicazione più vicini a te. Se inizi a dire ciao con la musica, poi lo farai col

sorriso in maniera differente. Se si entra in quest’ottica, la comunicazione con ogni

persona deve seguire una determinata linea, che in dati momenti può essere più

attenta, precisa o più distesa, esattamente come un brano di musica strutturato in

modo diverso.

Il mondo dell’apprendimento musicale consta di diverse metodologie. Perché

ha scelto di impostare le linee del suo insegnamento sul metodo Suzuki?

Suzuki è stato il primo a parlare della musica come linguaggio madre, secondo cui

un bambino apprende la propria lingua attraverso stimoli mirati, come il ripetitivo

ascolto delle parole pronunciate dai propri genitori. La stessa cosa avviene per la

musica: il bambino impara la musica attraverso l’ascolto e la ripetizione di un

frammento musicale.

Esistono percorsi di studio per diventare maestri di tale metodo?

Ho seguito un percorso lungo e impegnativo, ma molto interessante a Torino, oltre a

vari Master Class in Europa e Italia. Non ci si inventa “Maestri del metodo”.

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! 89

È richiesta tanta generosità e tanta voglia di dare, perché ogni bambino è a sé. È il

maestro che si deve adeguare al bambino, come una sorta di canovaccio, cercando

di capire come intervenire e comprendere se vive difficoltà di apprendimento,

sociale o altro.

Nell’insegnamento standard della musica, invece, spesso avviene il contrario: se un

bambino non acquisisce la nozione trasmessagli dal maestro, il “fallimento” è solo

dell’allievo.

Attraverso la sua esperienza ha potuto appurare risultati interessanti sul piano

dell’apprendimento. Confrontando gli esiti dell’insegnamento classico e quello

dettato dal metodo Suzuki, perché ritiene che l’applicazione di questo ultimo è da

favorirsi rispetto ad altri?

Fino agli 8-9 anni v’è una differenza abissale rispetto ai metodi tradizionali, in

quanto si utilizza un metodo di lavoro particolare che consente al bambino di

lavorare al meglio. Attraverso un lavoro attento e preciso, il bambino impara ad

affrontare le problematiche, come la timidezza o la difficoltà della coordinazione e

dell’attenzione. Intervenire su questi aspetti sin da piccolissimi, permette risultati

importanti.

La presenza dei genitori alle lezioni è fondamentale, in quanto, lavorando

quotidianamente anche a casa con i propri figli, diventano loro stessi maestri

(ovviamente con una guida specifica rispetto a ciò che devono fare), porta a risultati

evidenti, perché, per esempio, bambini con dislessia o discalculia migliorano la

propria situazione: la musica aiuta a trovare un altro canale di lettura, di

comunicazione, quindi, i risultati sono che i bambini danno tutti il meglio di loro, ma

solo nelle condizioni ottimali. Con lo strumento in mano, a maggior ragione, c’è

molta più scioltezza, più sicurezza in quello che si fa, più attenzione ai particolari

rispetto ai metodi tradizionali.

Il valore del metodo investe non solo il discente ma tutta la realtà familiare,

che gravita intorno allo stesso. Qual è il riscontro della sua esperienza di

insegnamento?

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Coinvolgimento completo. Conoscere la famiglia e le sue dinamiche, mi permette di

capire al meglio le situazioni che vado ad affrontare, sia per l’insegnamento che

nella mia vita personale. Il mio riscontro è assolutamente positivo: anzi, quando ho

visto famiglie che cedevano al metodo Suzuki, ovviamente cedevano i genitori,

questo è stato per me una sorta di sconfitta perché non sono riuscito fino in fondo a

far capire questo messaggio, ovvero, che è un metodo prima educativo che musicale.

Il metodo Suzuki è una espressione globale e diverse sono le realtà che

vantano l’applicazione. Quale è l’esito dei confronti con i colleghi che seguono la

stessa applicazione in altre realtà?

Le realtà Suzuki non sono tutte uguali, né tutte positive. I principi su cui bisogna

insistere non sempre vengono trasmessi dall’insegnante alla famiglia e al bambino.

Il Maestro e la sua generosità fanno la differenza.

Anche se il bambino è sereno e sciolto, non è detto che il maestro mieta nel modo

più giusto. Vedo concerti in gemellaggio, quindi in realtà diverse: non sempre, trovo

le realtà all’altezza del metodo e ritengo che le difficoltà siano principalmente

dell’insegnante. L’insegnante Suzuki si deve far coinvolgere dalla situazione, pena il

rimanere al livello di superficie.

Il metodo Suzuki è anche definito come l’educazione al talento. Qual è la

definizione personale che lei conferisce all’espressione: talento?

Condivido il pensiero di Suzuki: bisogna educare al talento. È chiaro che esiste

qualche caso di bambino che ha dei geni particolari, ma nel 99% dei casi, il talento

è dato dal lavoro e dalla costanza. Sicuramente vi può essere un bambino più

predisposto di un altro, ma sono convinto che se il bambino predisposto non lavora

in una certa maniera; il talento, che è una predisposizione, rimane tale: sento dire

“sì, è bravo, è talentuoso può fare di più”. Ma, per sviluppare il talento c’è bisogno

di un lavoro continuo. In questi anni ho visto bambini partiti con molta fatica, ma

che con una passione incredibile hanno ottenuto dei risultati fantastici, superando

bambini che una volta erano decisamente più svegli. Essi hanno maturato una

razionalità così alta che consente di essere sereni nella parte emotiva.

Page 91: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

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Qualcuno è subito sveglio nella parte emotiva, qualcuno nella parte tecnica:

crescendo, la parte tecnica ha bisogno di emotività, sensibilità, così come la parte

emotiva ha bisogno di tecnica. Se ti applichi, costruisci e migliori questi percorsi, se

non ti applichi la tua predisposizione rimane lì, non c’è niente di più vero del fatto

che il talento lo costruisci con l’impegno, come succede nello sport e in altre

attività.

Quanto può il metodo favorire, oltre che la maturazione artistica e tecnica,

anche la moralità ed il carattere?

È tutto un pochino “mischiato”. Vi possono esserci aspetti di genialità negli artisti

che hanno dell’irrazionale, di cui non sono molto fiero come musicista, ma è anche

vero che ciò che fa la differenza in questo tipo di comunicazione è una preparazione

anche tecnica, che fa capire molto bene che per ottenere i risultati devi lavorare in

una certa maniera. La quotidianità di un certo tipo di percorso, la tecnica e le

“scale” ci fanno essere una persona più oggettiva. Questo non vuol dire “castrare”

la parte emotiva o morale, assolutamente: ma si offre una visione in più di tutti gli

altri aspetti. Poi, come dicevo precedentemente, suonare da piccolini, vedi Vivaldi,

Bach e i grandi del 700, aiuta a enfatizzare e crea emozioni che si ripercuotono

sull’aspetto caratteriale e morale. Ho dei bambini, per esempio, che quando devono

leggere una lettura in chiesa, mentre fanno i chierichetti, mi hanno ringraziato

perché gli anni in cui abbiamo lavorato assieme li ha aiutati a fare la lettura

“piatta”, però hanno avuto il coraggio di farlo e alcuni di loro sono riusciti a tirare

fuori l’emozione. Con questo, non voglio dire che li ho trasformati in attori, però

sono più sereni e cercano di dare un messaggio in un tono diverso.

Qual è il target d’età in cui si rivolge l’insegnamento?

La scuola Suzuki parte dai 18 mesi con vari percorsi che si dividono in ritmica 1,

ritmica 2, lullaby e così via. C’è uno schema, ci sono dei percorsi che vanno in

crescendo come impegno e difficoltà. Dai 15/18 mesi, accompagnati dai genitori, si

parte col lullaby; verso i 3 anni si inizia con la ritmica e verso i 3 anni e mezzo/

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! 92

4 anni/ 4 anni e mezzo si inizia con lo strumento. Comunque si parte da 18 mesi. Le

lezioni private con i genitori iniziano dai quattro anni circa, prima ci sono lezioni

collettive con altri insegnanti che danno altri stimoli.

Queste, sono tutte lezioni preparatorie allo strumento.

Quali sono le differenze riscontate fra i diversi allievi, considerando i risultati

in base all’età di primo approccio?

Da un punto di vista strumentale, quando svolgo lezioni individuali, sono in grado di

aggiustare il tiro in rapporto alla situazione familiare per arrivare al meglio,

offrendo giusti stimoli. Durante le lezioni di gruppo, l’applicazione a casa fa la

differenza. Ho visto bambini che non riuscivano a stare fermi un attimo, ma col

tempo, hanno dimostrato di migliorare l’aspetto di essere consapevoli durante la

lezione, poi l’impegno del concerto li ha portati a tenere un certo atteggiamento. Vi

sono stati bambini, che sembravano molto svegli, veloci e che, successivamente, si

sono impigriti. Nella mia esperienza ho poi conosciuto bambini incredibili: c’è una

bambina di tre anni e mezzo che propone addirittura dei ritmi all’insegnante, è

speciale, quindi i ritmi di base che proponiamo dopo una lezione sono chiari,

scontati. Vi sono altri bambini che, dopo un anno di opposizione, fanno fatica e non

riescono a battere le mani a tempo, gli occorre lavorare di più: non sono meno

bravi,ma semplicemente, richiedono un lavoro maggiore.

V’è uno strumento musicale che si presta maggiormente al metodo?

No. Anche se il metodo nasce per il violino, oggi si contano diverse specializzazioni,

fra le quali la fisarmonica, il flauto, il mandolino e la chitarra. Anche se ogni

strumento ha un percorso diverso, quello che accomuna tutti è il repertorio: fatto di

applicazione e costanza. Uno strumento vale l’altro.

Quali sono le resistenze manifestate dal bambino o dalla famiglia, rispetto la

scelta di uno strumento piuttosto che di un altro?

Page 93: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

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Quando i bambini non vogliono utilizzare uno strumento, hanno uno atteggiamento

passivo incredibile.

Propone lei lo strumento?

Se un bambino non ama stare in piedi, per esempio, lo indirizziamo al violoncello o

al pianoforte. Se vediamo che un bambino desidera mettersi in mostra,invece, lo si

indirizza tendenzialmente al violino.

V’è una preferenza dettata, non solo dall’allievo, ma dalla famiglia? Nella

percezione sociale: v’è uno strumento di serie A ed uno di serie B?

Non credo che vi sia una percezione di strumento di serie. Credo che sia legato, se si

tratta di genitori, ad una frustrazione personale, semmai. Nonostante il concetto

comune di violino nel pensiero odierno, paradossalmente, negli ultimi anni, abbiamo

impostato più violoncello che violino, e negli ultimi 2/3anni è partita una scuola di

viola: per noi un grande risultato perché completava l’orchestra.

Quali sono i riscontri che ha potuto appurare negli allievi che hanno iniziato a

seguire il metodo e il rispettivo profitto scolastico?

Gli allievi danno tanto delle loro potenzialità, indipendentemente dal fatto che uno

abbia più o meno possibilità. I bambini imparano a scrivere più velocemente, sono

stimolati ed è dovuto alla scuola di ritmica, che lavora molto sull’aspetto fisico.

Tendenzialmente, hanno anche voglia di imparare a leggere prima. Quando sono

più grandi, difficoltà di coordinazione, discalculia e dislessia, difficoltà di questo

tipo, sono sotto controllo, non dico superate perché una dislessia non si supera,

questo ritengo. Si possono trovare altri canali per arrivare alle stesse cose, Einstein

era discalculico, ma aveva trovato un altro canale per leggere i numeri.

Certo è che Einstein era un caro amico di Suzuki. Ma dalla sua esperienza, è

stato facile raccogliere dalle famiglie alcune soddisfazioni sul miglioramento

comportamentale del bambino?

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Assolutamente sì. Anzi, a volte la fidelizzazione delle famiglie alla nostra scuola è

dovuto a questi miglioramenti, a questa capacità di vedere il bambino che reagisce,

che sta meglio in mezzo alle persone, ed è più concentrato.

Se il ruolo della famiglia è fondamentale per gli obiettivi del metodo Suzuki,

quali sono le indicazioni che la famiglia dovrebbe seguire per facilitare e sostenere il

percorso anche a casa?

Innanzitutto, devono essere molto attenti, musicalmente parlando, a quello che

imparano loro nella lezione, anche se sono a digiuno di musica è permesso loro di

registrare le lezioni. Studiare a casa allo stesso orario, per esempio, crea una

ciclicità rassicurante. Questo è come il mangiare: un bambino mangia

regolarmente, alla stessa ora.

Spesso i bambini, specie nella prima età scolastica devono rispondere a nuovi

doveri: i compiti scolastici, le attività sportive, nonché rinunciare a quelle attività

ludiche dalle quali sono attratti. La famiglia, impegnata in responsabilità di carattere

lavorativo e domestico, è spesso alle prese con le rincorse che permettano al bambino

di adempiere ai doveri. A fronte di una gestione così complessa, può succedere che le

esercitazioni al metodo diventino causa di appesantimento e in alcuni casi di

rinuncia?

Sì, è capitato. Diciamo che tutti hanno queste problematiche in partenza, è proprio

un discorso di educazione alla famiglia dall’inizio. E’ necessario educare la

famiglia ad assumere una certa mentalità. Qui non si accettano bambini al di sopra

dei sei anni, se lo vogliono fare diamo addirittura altri indirizzi, ma perché se lo

volessero fare da noi sarebbero dei pesci fuor d’acqua rispetto agli altri, creando

delle questioni psicologiche difficili da gestire in futuro. C’è chi vuole fare tutto e fa

un po’ di tutto malino. C’è chi prende come grande obiettivo la musica a scapito

delle attività ludiche che il bambino richiede. Questo non è giusto. Il bambino deve

avere spazio per entrambe. Certo è, che un bambino di tre anni trova spazio di

relazione attraverso lo strumento, più di un bambino dei sette, per esempio.

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Ma nel gruppo orchestra o nella scuola, i piccoli trovano amicizie forti, per cui,

durante le pause delle nostre prove giocano come dei matti.

Qual è il tasso di abbandono e di ripresa?

La ripresa è rara. Il tasso di perdita è del 5%. Su circa 80 frequentanti iniziali se ne

ritrovano circa 75 alla fine. Quelli che però lasciano, sono solitamente coloro che

hanno raggiunto la fine del percorso e entrano in conservatorio. Comunque, il tasso

di abbandono è basso.

Il percorso Suzuki finisce alla terza media, prima superiore. Alcuni decidono di non

fare conservatorio perché troppo impegnativo, ma suonano in vari gruppi,insomma:

non smettono di suonare!

Altri entrano in conservatorio dopo la terza media e la prima superiore: li

accompagniamo proprio quando il percorso è finito, perché ci sono varie tappe ed

esami che devi dare in questo percorso. Il percorso è fatto di otto libri, ogni anno ne

viene dato uno. Tutti coloro che hanno seguito il metodo Suzuki, entrano in

conservatorio con una marcia in più.

Al fine di evitare una possibile rinuncia alla frequenza, come può la famiglia

intervenire sul discente?

Bisogna essere elastici. Io, per esempio, in alcuni momenti sono rigido e chiedo di

esserlo anche alla famiglia, ma dipende dal background della famiglia, e dipende da

tutto quello che è successo prima di arrivare a quella situazione; in altri momenti

sono io che addirittura ammorbidiscono la situazione, perché è il momento di non

spingere, perché magari il bambino è stanco per gli impegni scolastici. Bisogna

anche considerare il periodo della pubertà e il passaggio dalle elementari alle

medie. Ma non bisogna dimenticare che la musica non è un ostacolo, ma un

supporto importante in tutte queste situazioni. Affinché il ragazzo vada avanti, a

coltivare la passione per la musica, bisogna scendere a compromessi.

Se il bambino rinuncia per un breve periodo e, poi, vuole tornare, come agite?

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Questo non è mai accaduto. Piuttosto, cerco di tenerli collegati il più possibile,

affinché la bufera passi. È difficile che mollino, io con qualsiasi stratagemma cerco

di tenerli attaccati.

Durante il suo percorso d’insegnamento v’è stata l’opportunità di seguire

allievi diversamente abili?

No. Ho avuto, però, delle esperienze personali, in un’orchestra: mi ha dato tanti

spunti e tante idee. Era un’orchestra di diversamente abili, vedevo ragazzi down che

suonavano delle cose incredibili. Ma nella scuola non è mai capitata l’opportunità.

L’operatore musicale è costretto ad adottare una metodica diversa a seconda

del tipo di disabilità che si trova ad affrontare. Quali strategie metterebbe in campo

con le persone disabili?

Credo che potrei dare ai diversamente abili degli stimoli, ma non so quanto possa

essere compatibile. Sono pronto a offrire tutta la mia disponibilità umana e

professionale. Mi è capitato di avere a che fare con un ragazzo autistico e anche se

ho provato immense difficoltà, ritengo che la musica, in modo appropriato, possa

esprimere una nuova possibilità per lo stesso. Non credo sia sufficiente, però, per un

inserimento in orchestra. E’ cosa più difficile.

Ringraziandola per la sua disponibilità, la invito a esprimere un leitmotiv per

sostenere e favorire l’applicazione del metodo Suzuki.

Io utilizzerei il leitmotiv di Suzuki: “suonare è come parlare”. Suonare,

sicuramente, è come parlare, resto fedele a questa affermazione di Suzuki, che non è

un leitmotiv, ma un caposaldo della filosofia suzukiana.

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! 97

4.4 L’intervista ai genitori

I genitori rappresentano per il bambino l’espressione più importante,

cosicché, dedicarsi al proprio figlio, favorisce l’accrescimento dell’affettività,

fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza. Attraverso l’educazione alla musica

secondo il metodo Suzuki, il genitore crea le condizioni adatte per conseguire il

raggiungimento di diversi obiettivi, permettendo il rispetto dei tempi per studiare,

favorendo la qualità dell’impegno per seguire le lezioni e favorendo la sua capacità

d’espressione. Per adempiere a questo impegno il genitore dovrà essere sempre

presente alle lezioni del figlio per poter lavorare/giocare quotidianamente con lui a

casa, seguendo le indicazioni dell’insegnante, con il quale è indispensabile un

rapporto di fiducia, sia riguardo l’utilità di certi esercizi (specie quelli preparatori),

sia riguardo i risultati che otterrà il bambino290.

Per questo, il progetto di studio ha voluto sondare, attraverso l’intervista, il vissuto

dei genitori che hanno deciso di permettere la frequenza del proprio piccolo ad una

scuola Suzuki.

Di seguito sono state raccolte n. 5 interviste atte a raccogliere le

considerazioni, i pareri, le aspettative e le preoccupazioni che stanno alla base della

scelta metodologica di apprendimento musicale e educativo.

Le interviste sono state effettuate nel periodo intercorso tra novembre 2014 e

gennaio 2015. Gli incontri si sono tenuti, in parte personalmente (n. 1 di questi), in

parte attraverso telefonia mobile (altri n. 3) ed uno attraverso tecnologia Skype.

Gli intervistati sono n. 4 madri, di età media di 39 anni e n. 1 padre di 36

anni. N. 2 genitori sono madri di n. 2 figli, entrambi in età scolare, n.1 genitore è

madre di n. 1 figlio in età scolare e n. 1 figlio in età prescolare, n. 1 genitore è padre

di n. 1 figlio in età scolare e n. 1 genitore è madre di n. 1 figlio in età scolare.

In totale sono stati intervistati genitori di n. 8 figli di cui solo uno è in età

prescolare, e tutti, sono attualmente allievi della scuola Suzuki di Varese, ad

eccezione di uno che lo è stato fino a circa due anni fa.

La generalità dei bambini risponde a n. 7 maschi e n. 1 femmina.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!290 S. Suzuki, Crescere con la musica, Volontè & Co., Milano, 2010.

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! 98

I genitori intervistati hanno conseguito una formazione di carattere

universitaria e solo uno di loro è attualmente separato, ma con affido condiviso.

Già dalla prima domanda si comprendono le diverse motivazioni che hanno

portato i genitori a scegliere il metodo Suzuki. Di seguito si intuisce il rispetto che i

genitori manifestano nei confronti dell’indole dei propri figli.

La prima domanda posta, volgeva a comprendere il perché di una scelta di

istruzione musicale/educativa per suo/a figlio/a fosse caduta sulla frequenza

all’insegnamento del metodo Suzuki. Alcuni hanno espresso fiducia nell’esperienza

pregressa di conoscenti e parenti, altri si sono concentrati, invece, sul valore del

processo educativo musicale sin dai primi anni del proprio piccolo.

“L'iscrizione della nostra prima figlia alla Scuola Suzuki di Varese risale a dieci

anni fa, quando aveva circa quattro anni. Volevamo accostare la bambina al mondo

della musica, visto che noi genitori già ne facevamo parte (all'epoca cantavamo

entrambi in un coro semi-professionista), ma non ci piaceva l'idea di inserirla nel

liceo musicale dove le lezioni seguono il metodo classico che non ci sembrava adatto

a S., bambina molto vivace e poco propensa a seguire schemi rigidi. Il metodo

Suzuki ci era sembrato subito la soluzione ideale”.

“È stata la duplice possibilità di far apprendere al bambino un metodo di lavoro e

di possedere una sensibilità culturale che, partendo sotto forma di gioco,

gradualmente divenisse una abitudine alla costanza e all’impegno”.

“La scelta della scuola Suzuki è legata all’esperienza di mia cognata (che

attualmente ha diciassette anni e si è diplomata l’anno scorso in arpa al

conservatorio), che a cinque anni si è iscritta a questi corsi e ne è sempre stata

entusiasta. E’ stato proprio questo entusiasmo a “contagiarci”, oltre all’ottimo

livello di preparazione – non siamo musicisti, ma ascoltarla era proprio un

piacere”.

“Perché non c'era nessuna scuola che prendesse a lezione un bambino di 4 anni e

poi perché mi piaceva l'idea di un corso di musica in cui la mamma partecipasse col

bambino”.

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“E’ stato un evento inizialmente casuale e poi sempre più consapevole nei mesi

successivi al primo contatto”.

La seconda domanda, posta ai genitori, era volta a comprendere come gli

stessi fossero venuti a conoscenza del metodo. Nelle risposte si è compreso che le

amicizie e le conoscenze sono state fondamentali per il contatto.

“Parlandone con un mio amico musicista e direttore d'orchestra, Alessandro C.

All'epoca collaborava con la neonata Scuola Suzuki di Varese e quindi mi ha detto

subito di provare a iscrivere S. lì”.

“Un’amica, persona che stimo molto, mi aveva parlato dell’entusiasmante percorso

musicale dei figli presso la scuola Suzuki di Varese; incuriosita ho cominciato a

leggere qualcosa sull’argomento. Quando l’asilo che frequentavano i miei figli è

diventato sede della scuola, mi è parso un segno del destino il fatto di dover

provare”.

“Attraverso un collega di lavoro che ha due figlie frequentanti la scuola Suzuki”.

“Attraverso il più classico dei passaparola!”.

“Stavo cercando una scuola di musica, perché a M. piaceva molto la chitarra.

Quando era piccolo (2 - 3 anni) gli piaceva ascoltare la musica di Bruce

Springsteen e guardava i video alla televisione strimpellando con la chitarrina. Poi

un amico mi ha illuminato”.

L’intervista ha cercato di comprendere quale fosse l’esperienza del genitore

con la musica, in particolare è stato chiesto se lo stesso suonasse uno strumento. Le

risposte sono state differenti, ma in esse è parsa evidente la sensibilità verso il mondo

musicale.

“Sì, ho suonato per anni il pianoforte e ho studiato canto e direzione di coro.

Tutt'ora dirigo una corale parrocchiale e canto a mia volta”.

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“Ho suonato per molti anni il pianoforte per diletto, mi piace suonare con i miei

amici e ora ho grande piacere nel suonare per accompagnare i miei bambini”.

“No, non ho mai suonato uno strumento, pur amando la musica. A dire il vero, mi

sono però ripromesso di studiare un po’ di musica”.

“Io ho suonato per alcuni anni il pianoforte e mio marito il violino”.

“Ho studiato pianoforte dai 9 ai 15 anni”.

Attraverso l’intervista è stato possibile sondare quale fosse il rapporto con la

musica e quale musica abitualmente il genitore ascoltasse. Dalle risposte raccolte, di

seguito, è possibile comprendere che la sensibilità musicale era già presente nei

genitori intervistati.

“La musica ha sempre avuto una grande importanza nella mia vita: fin da

piccolissima i miei genitori mi facevano ascoltare musica di tutti i tipi, soprattutto

classica, sinfonica e operistica, sviluppando in me una forte passione che continua

tutt'ora, sebbene con interessi un po' diversi. Infatti, la musica che ascolto

abitualmente spazia soprattutto dalla barocca/rinascimentale, strumentale e corale,

alla contemporanea, con frequenti digressioni nella musica pop/rock di qualità”.

“La musica mi ha sempre emozionato fin troppo, mi piace soprattutto quella

classica e celtica”.

“Amo diversi tipi di musica, in particolare la musica classica del periodo

romantico, ascolto molto heavy metal in tutte le sue forme. Le due cose non sono poi

così in contraddizione come apparentemente può sembrare”.

“Spaziamo veramente su molti generi di musica, da quella leggera – italiana e

straniera - a quella classica. A casa nostra si possono sentire Bruce Springsteen,

Čajkovskij, Guccini, Vivaldi, musica blues, swing, Bach, rock in genere, Beethoven,

De Andrè, Mozart…ed altro ancora. Facciamo ascoltare ai bambini di tutto, ma

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soprattutto la musica ci trasmette forza ed entusiasmo. Non credo sia tanto “quello”

che ascoltiamo, quanto il fatto che ci piace profondamente “ascoltare” e ci diverte

molto”.

“La musica mi piace. Ascolto musica classica in prevalenza o musica jazz, quando

mio marito mette qualche cd”.

Attraverso un’altra domanda, è stato possibile indagare la percezione di

eventuali cambiamenti del comportamento dei piccoli, dopo l’inizio della frequenza

alle lezioni. In buona parte i genitori hanno sostenuto di aver assistito ad un aumento

della sensibilità musicale, dell’autoconsapevolezza e della capacità mnemonica.

“Se ci si riferisce a mia figlia, sicuramente la sua sensibilità musicale, in vero già

presente, si è molto affinata; da subito ha dimostrato un forte interesse, sebbene,

l'impegno costante a eseguire esercizi e ad apprendere a memoria scioglilingua,

filastrocche e canzoncine (il primo anno del metodo si basa sulla ritmica

strumentale, lo studio dello strumento viene dopo) non sempre è stato da lei

accettato di buon grado”.

“A mio avviso questa tipologia di apprendimento stimola moltissimo l’autostima dei

bambini, la fiducia in se stessi e il desiderio di comunicare con i coetanei. Dal punto

di vista fisico aiuta la coordinazione, l’equilibrio e anche la capacità di rimanere

fermi e concentrati”.

“Senza dubbio il bambino fa progressi nella tecnica e nella capacità mnemonica”.

Altri genitori si sono espressi diversamente, in particolare, hanno così

riportato la propria percezione.

“I bambini erano così piccoli che non saprei dire quali cambiamenti siano legati

alla loro crescita e quanti alla musica. Di certo abbiamo chiesto loro una

concentrazione e una serietà che non è abituale chiedere a dei bambini di

tre/quattro anni e questo ha sviluppato nel loro carattere la capacità di “ascoltare”

nel senso più ampio del termine”.

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“Non ho notato cambiamenti in particolare. La scuola di musica ci ha dato

l'opportunità di avere un momento tutto per noi durante il giorno, un momento nel

quale avevamo un comune linguaggio per comunicare. Ai tempi non ero così

giocherellona come lo sono ora con la mia seconda figlia. Non avevo alcuna

dimestichezza con le cose che piacciono ai bambini, con la musica, invece,

riuscivamo a metterci in un contatto non solo giocoso, ma anche affettivo e più

fluido”.

La domanda successiva posta ai genitori, ha voluto indagare quale ruolo

avesse assunto la musica nella vita quotidiana dopo l’inizio delle lezioni e se già

l’avesse prima, in quale modo aumentasse la propria importanza.

Mentre tre dei cinque genitori intervistati, hanno sottolineato l’importanza e

l’aumento del ruolo, così come segue:

“Come ho detto prima, la musica è sempre stata presente nella nostra vita, prima e

dopo l'arrivo dei figli, ma, con l'inizio delle lezioni Suzuki, sicuramente ha assunto

un ruolo fondamentale soprattutto nell'educazione dei bambini. L'impegno richiesto

ai genitori, anzi a quello dei due che segue il/i figlio/i a lezione e poi a casa, è

sicuramente forte con il metodo Suzuki, quindi necessariamente l'incontro con la

musica è pressoché quotidiano”.

“E’ diventata uno dei perni su cui gira la nostra esistenza insieme, un frequente e

piacevole argomento di conversazione e un grande piacere quotidiano”.

“Certo… la musica Suzuki è divenuta esperienza quotidiana, in quanto ogni giorno

il bambino deve fare almeno un quarto d’ora di esercizi. Il risultato è che tutti i

membri della famiglia conoscono ormai tutti i motivetti e le ballate presenti nel

piano di studio del bambino”.

Un altro ha preferito semplicemente sottolineare il legame fra l’impegno e la

soddisfazione.

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“Quello dello studio è un impegno fisso, quotidiano. Conosce la fatica e conosce la

soddisfazione”.

Una madre ha, invece, riferito il fallimento del percorso a casa, precisando

che la frequenza a scuola era motivata dal solo affetto che l’allievo provava per il suo

maestro:

“I primi anni era uno spazio sicuro in cui ritrovarci insieme, poi negli ultimi anni,

quando M. ha avuto sette otto anni è diventato un peso. Lui non aveva tanta voglia

di studiare a casa anche se andava molto volentieri a lezione perché era affezionato

al maestro”.

Le successive domande sono state utili a comprendere in modo più attento,

quali fossero stati i miglioramenti del bambino dopo aver iniziato le lezioni, e quali

fossero le percezioni degli stessi a riguardo. Le risposte seguenti sono state

focalizzate sull’emotività, la sicurezza e il rispetto delle regole, tutti gli elementi che

hanno rafforzato e migliorato la percezione di sé del bambino e la sua capacità di

affrontare al meglio la vita.

“Sicuramente una maggiore capacità di concentrazione, memorizzazione e capacità

di stare alle regole, perché con il metodo Suzuki, sin dai primi mesi di studio dello

strumento, gli allievi sono poi inseriti in orchestra, dove suonano brani adeguati

alla loro competenza del momento. Per quanto riguarda mia figlia S., la sua crescita

personale ne ha sicuramente giovato anche se, con lei, non sempre tutto è filato

liscio dopo l'inizio dello studio dello strumento”.

“I miei due bambini avevano necessità diverse: l’uno ha imparato a tenere più a

freno i suoi sentimenti e la sua emotività; l’altro invece a esternarli”.

“Il bambino fatica sempre un po’ a fare gli esercizi, ma col tempo è riuscito ad

accettare questo impegno, a comprendere che nella vita ci sono compiti a cui

dedicare del tempo. Questa consapevolezza si ripercuote necessariamente

nell’ambito scolastico, dove vi sono altrettanti impegni ed obblighi da assolvere”.

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“Credo che la musica per il rapporto tra me e M. sia stata importante per il nostro

legame. Un miglioramento è stato la sicurezza. Gli è servito tanto il periodo delle

filastrocche da recitare davanti ai bambini e ai genitori in cerchio e i saggi. Tutt'ora

non è intimidito quando deve esporsi, lo fa senza difficoltà anche a scuola e nelle

nuove situazioni. Gestisce bene la sensazione di sentirsi solo in una situazione.

L'anno scorso è andata senza difficoltà al campus in montagna di basket da solo,

senza amici. E' rimasto in montagna per una settimana e gli amici se li è fatti là. Per

me è molto importante soprattutto per le situazioni di viaggio future che avremmo

intenzione di fargli sperimentare”.

Cercando di comprendere eventuali difficoltà nell’affrontare il metodo, è stata

posta una domanda alla quale i genitori si sono espressi in modo differente. Alcuni

bambini hanno manifestato inizialmente ostruzionismo, protestando per l’impegno

richiestogli. In altri casi è emerso il problema tempo da dedicare a casa. Nonostante

queste problematiche iniziali, tutti i genitori si sono espressi valorizzando le

difficoltà, in quanto il superamento è stato esso stesso motivo di soddisfazione e

miglioramento, soprattutto in tema di sicurezza e espressività.

“Sicuramente la costanza nell'impegno, man mano che si è proseguito nello studio

dello strumento: quando l'impegno doveva necessariamente essere più prolungato e

costante nell'arco della giornata, S. ha incominciato a protestare e fare forte

ostruzionismo. Con il secondo figlio, invece, che suona il violoncello ed è

praticamente nato e cresciuto in ambiente Suzuki, tutto è stato più facile. Diciamo

che è anche una questione di carattere del bambino, visto che entrambi i figli hanno

avuto me come riferimento; comunque, le crisi di rigetto dello studio sono arrivate

per entrambi anche se mai sono arrivati a chiedere espressamente di smettere di

studiare in assoluto”.

“I bambini devono essere seguiti perché da piccoli non sono indipendenti nello

studio (anche a lezione è richiesta la presenza di un genitore); il problema è trovare

il tempo a disposizione per compiere quotidianamente gli esercizi”.

“Come detto sopra, la difficoltà principale consiste nel vincere la ribellione iniziale

del bambino nell’interrompere le attività ludiche per fare esercizi. La cosa però non

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è mai una tragedia e una volta iniziati gli esercizi, il bambino li svolge con

dedizione”.

“Come ho già detto, è faticoso. Come tutto ciò che, poi, porta soddisfazione, io

credo. F., il maggiore, ormai studia autonomamente e non c’è nemmeno bisogno di

ricordarglielo, fa in modo di organizzarsi e ormai sa quanto è prezioso quello che

ha imparato in questi anni. P., il minore, fa più fatica a mettersi a studiare, ma non

ha fretta di finire: si gode proprio il fatto di riuscire a realizzare un brano. Poi ci

sono i problemi tecnici: la posizione corretta è il primo (se la mano arco è giusta, è

sbagliata la mano strumento, oppure l’inclinazione dello strumento!), ma sono

bambini e c’è sempre qualcosa da sistemare!”.

Al fine di comprendere l’interazione tra maestro e genitore, soprattutto in

riferimento a quali fossero le indicazioni consigliate dal maestro di strumento per il

percorso a casa, è stata posta una domanda atta a comprenderne il risultato del

feedback. Diverse sono state le risposte, ma seppur comunemente hanno sottolineato

la difficoltà e l’impegno ad assumere il ruolo di “maestro a casa”, tutti i genitori sono

stati all’altezza di rispettare il compito del maestro e, così, di conseguenza, il

bambino.

“Gli insegnanti consigliano la costanza nell'esercizio ma anche la capacità di

individuare, nell'arco della giornata, il momento più adatto a farlo, cioè, si deve

individuare uno spazio fisico e temporale idoneo alla pratica dello strumento in

modo tale che per il bambino diventi un'abitudine. Sicuramente non è facile ma la

quotidianità dell'esercizio è fondamentale”.

“Il maestro accompagna sempre il genitore nel lavoro domestico, tramite

registrazioni video e spiegazioni molto esaurienti; i maestri della scuola Suzuki, sia

di strumento che di ritmica, non abbandonano mai il genitore, che può chiedere

sempre loro aiuto, anche per dubbi sulla strategia migliore da utilizzare con il

singolo bambino”.

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“Sono più che altro indicazioni di postura e posizionamento delle mani e

dell’archetto. In sostanza indicazioni molto tecniche e atte al miglioramento

complessivo del suono”.

“Il metodo Suzuki è ricco di suggerimenti che, soprattutto agli inizi, forniscono

spunti per lo studio domestico. La realtà per noi è che, più di tutto, è significativo

sapere che quello che stai studiando ti servirà per orchestra o – più semplicemente –

per sentirti dire “Bravo!” dal tuo insegnante. Quando F. era ancora alla scuola

materna, il suo insegnante di violino si era inventato per lui una “sfida” con un

bambino giapponese, per riuscire a stimolarlo a ripetere più volte un esercizio

piuttosto meccanico e noioso. Non so quanto F. ci credesse, ma il clima giocoso e la

voglia di rispondere positivamente ad una richiesta del proprio insegnante, lo ha

spinto a cercare di superare il fantomatico “record” di questo inesistente bambino

giapponese”.

“Studiare un po' tutti i giorni”.

L’intervista ha, inoltre, voluto comprendere quale fosse il rapporto che lega il

bambino al maestro e come i genitori considerano e percepiscono tale relazione.

Affetto, considerazione e rispetto sono gli elementi che tutti i genitori hanno

enunciato nelle risposte, sostenendo la riconosciuta autorevolezza del maestro di

strumento.

“S. ora ha un'altra insegnante rispetto al suo primo maestro di violino. Per come è

fatta lei e per come è evoluta (ormai è un'adolescente di 14 con tutte le sfaccettature

del caso...) il cambiamento avvenuto tre anni fa è stato molto positivo e tra le due si

è istaurato un ottimo rapporto che va anche al di là del mero studio dello strumento.

Per D. invece, il maestro è sempre stato quello che ha anche ora, con il quale si è

sempre trovato molto bene”.

“Si crea una profondissima affettività tra maestro e allievo; il maestro diviene un

punto di riferimento nella vita del bambino e la sua presenza settimanale è

essenziale. Durante le vacanze spessissimo i miei figli chiedono dov’è il maestro/a e

quando lo/a potranno rivedere. Il fatto che non si tratti di un’alternativa a mamma e

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papà (come all’asilo/scuola), ma che il genitore partecipi all’apprendimento

attivamente è un aspetto importantissimo per un bimbo piccolo”.

“M., l’insegnante di violoncello, è molto dolce ed il rapporto è ovviamente facilitato

da un atteggiamento quasi materno. Riesce a trasmettere i concetti con tranquillità e

pazienza, il rapporto è sostanzialmente ottimo e la lezione svolta in un clima

sereno”.

“Autorevolezza ed affetto, un affetto che – soprattutto per F., che suona ormai con

lo stesso insegnante da molti anni - va oltre il semplice discorso musicale, ma fa

diventare l’insegnante un punto di riferimento e d’esempio”.

“Il rapporto era molto bello. Lui era molto, molto affezionato. E' stata una figura

maschile importante in quegli anni. Anche durante la malattia. Ricordo che M. non

aveva potuto preparare i brani per il saggio a causa dell'ospedale, ma il saggio l'ha

fatto ugualmente suonando due brani che aveva imparato durante l'anno. Così ha

sentito come se le cose, malgrado i soggiorni e i controlli in ospedale, scorressero in

fondo normali”.

Allo stesso modo è stato utile comprendere la qualità del rapporto tra genitore

e maestro e se questo rispecchiasse le caratteristiche riscontate nel rapporto con il

bambino. Le risposte sono state altrettanto positive e nella quali la parola “fiducia” è

stata quella più pronunciata.

“Buonissimo, si è lavorato e si lavora ancora quasi in simbiosi. Siamo ormai

diventati una grande famiglia.

Da qualche anno, poi, la figlia grande è autonoma e non necessita più della mia

presenza a lezione o durante lo studio a casa. Per il piccolo sono ancora presente

ma stiamo raggiungendo anche per lui l'autonomia, che è poi uno degli obiettivi

prefissi”.

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“C’è un rapporto di grande fiducia. Non posso che ammirare il modo con cui questi

insegnanti trattano i bambini, come se ognuno di loro fosse unico e desidererei che

in ogni contesto i miei figli trovassero insegnanti di questo tipo”.

“Il rapporto è sereno e tranquillo. L’insegnante interagisce molto con i genitori,

spiegando loro la tecnica e il pezzo da suonare. I genitori vengono utilizzati come

tramite, durante gli esercizi a casa, per tenere a mente i concetti ed aiutare il

bambino”.

“Fiducia, profonda fiducia e stima per il lavoro che viene svolto con i miei figli”.

“Un bel rapporto di fiducia”.

Il metodo Suzuki richiede la partecipazione del genitore

nell’accompagnamento a casa, ma ancor di più prepararlo a preparare il bambino a

diventare fondamentale componente di una orchestra. La domanda seguente ha inteso

sondare il significato che i genitori danno a questa partecipazione e a comprendere

come i propri piccoli hanno accettato, rifiutato e superato lo scoglio di provare una

performance di gruppo. L’entusiasmo è stata l’emozione comune per tutti i genitori

intervistati, ad eccezione di uno che non ha potuto provare l’esperienza

dell’orchestra.

“Un significato e un'importanza fondamentale: grazie all'orchestra i bambini

crescono, migliorano tantissimo, imparano ad ascoltare gli altri, a seguire le regole

e, perché no, anche a divertirsi. Mia figlia S., per esempio, ha superato momenti di

crisi con lo studio dello strumento proprio grazie alle sessioni d'orchestra dove si è

sempre molto divertita, oltre che impegnata. La possibilità di suonare in orchestra è,

quindi, essenziale”.

“I bambini adorano suonare insieme con i loro amici e far vedere i risultati del loro

studio al pubblico: è inoltre uno stimolo eccezionale a procedere

nell’apprendimento per raggiungere i risultati dei bambini coetanei ed imitare i più

grandi”.

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“Suonare in orchestra è un esperienza estremamente gratificante ed entusiasmante

per il bambino. Nello stesso tempo si responsabilizza, perché sa che il suo operato è

fondamentale per la riuscita del concerto. La musica corale è un’esperienza sempre

molto intensa, si scopre il ruolo e compito di ogni strumento e allo stesso tempo, tutti

sono incoraggiati a fare del proprio meglio. Ci guadagna anche la sensibilità

artistica e musicale, perché si deve seguire il direttore e l’impostazione, così come la

postura, assumono un ruolo primario”.

“I nostri bambini sono spesso amici; i grandi si prendono cura dei piccoli e noi

cerchiamo di aiutarci a vicenda: è diventata la nostra tribù. Suonare insieme, per

dei bambini, è sapere creare una magia, essere dei piccoli maghi. E crearla con i

loro amici”.

“Non suonava in orchestra”.

Durante l’intervista si è cercato di comprendere quali fossero le aspettative

dei genitori, sia a breve che a lungo termine. Sono apparsi desideri, per il proprio

bambino, legati all’importanza del saper usare uno strumento musicale nella vita, ma

non è mai stato sottolineato il desiderio di vedere il proprio figlio come un

professionista della musica, ma anzi la considerazione per l’esperienza del metodo è

sempre stata considerata come un’opportunità per crescere nel modo migliore.

“Mi piacerebbe che entrambi i figli continuassero a suonare il loro strumento, se

non a livello professionistico almeno amatoriale, perché è un'esperienza unica,

arricchente al massimo e che sicuramente dà i suoi frutti anche a lungo termine.

Come diciamo spesso alla Scuola Suzuki, i bambini che hanno avuto esperienza in

campo musicale, cresciuti come i nostri nella musica, saranno ragazzi e adulti, lo

speriamo, con una marcia in più.

E' questo che mi auguro per loro”.

“La mia unica aspettativa è che tutto rimanga com’è, ovviamente seguendo un

percorso di crescita. Desidererei anche che i miei figli continuassero a coltivare le

loro amicizie in un ambiente così sano e positivo”.

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“Nessuna aspettativa in particolare, che non sia la crescita della sensibilità del

bambino. Non mi aspetto che vada al conservatorio, anche se ovviamente avrei

piacere se decidesse di continuare con passione il percorso di perfezionamento.

Sono convinto che una cultura musicale aiuti anche nella vita di tutti i giorni”.

“A breve termine mi aspetto che proseguano con impegno lo studio dello strumento.

A lungo termine…decideranno loro che cosa fare di questo sapere. Io voglio di dar

loro un’opportunità in più, tutto qui”.

“Non mi aspettavo che diventasse un musicista. E' stata un'opportunità. Quando è

stato nell'età che, se avesse realmente avuto passione, avrebbe potuto studiare da

solo senza continue sollecitazioni, non si è dimostrato abbastanza interessato. Infatti

da quando ha smesso avrà toccato il pianoforte due o tre volte, mentre del basket

parla sempre. Tutte le mattine appena alzato ancor prima di fare colazione guarda i

risultati delle partite di NBA. Questa è passione!”.

A riguardo dello strumento, è stato possibile indagare se i bimbi avessero

mostrato interesse più per uno strumento che per un altro. Ma le risposte non hanno

evidenziato resistenze particolari e lo strumento proposto è diventato, sin da subito,

l’oggetto d’interesse.

“S. ha scelto lo strumento in autonomia, sebbene non avesse ancora cinque anni, e

ha battezzato il suo piccolo violino con il nome del suo primo insegnante. Per D.

invece la scelta è caduta sul violoncello per diversificare e lui ha accettato senza

grossi problemi. Quando poi per S. è arrivato il momento dello studio anche del

pianoforte, allora sono cominciate le resistenze, che continuano tutt'ora! Per D.

vedremo…”.

“Più che altro si sono innamorati dello strumento che hanno scelto”.

“No, nessuna resistenza in particolare”.

“F. ha da sempre detto che avrebbe suonato il violino, forse avendo visto quello del

papà. P. voleva suonare il contrabbasso, ma non è fra gli strumenti

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insegnati nella nostra scuola. Però è molto felice di suonare il violoncello come O.

(uno dei “grandi” della nostra orchestra a cui è molto legato)”.

“Non ci sono state resistenze allo strumento proposto”.

In riferimento all’accettazione dello strumento, si è voluto comprendere,

invece, quale fosse stata la preferenza del genitore stesso. Il desiderio dei genitori in

buona parte si è rivelato differente, ma senza alcuna resistenza alla scelta del

maestro.

“No, niente in particolare. Il fatto di aver scelto strumenti ad arco però mi è

piaciuta perché ho scoperto un mondo nuovo rispetto al pianoforte a cui ero

abituata”.

“Non mi sono mai espressa, ma in cuor mio desideravo che non scegliessero il

pianoforte, perché volevo che avessero una forte esperienza di gruppo in

orchestra”.

“No, anche in questo caso niente di particolare”.

“No. Avrei escluso l’arpa poiché presuppone, fin dall’inizio, un impegno economico

ingente da parte della famiglia”.

“Non avevo preferenze, anche se col pianoforte rimani un poco più isolato i primi

anni”.

Spesso i bambini, specie nella prima età scolastica, devono rispondere a

nuovi doveri: i compiti scolastici, le attività sportive, nonché rinunciare a quelle

attività ludiche dalle quali sono attratti. La famiglia, impegnata in responsabilità di

carattere lavorativo e domestico è spesso alle prese con le rincorse che permettano al

bambino di adempiere ai nuovi doveri. A fronte di una gestione così complessa, può

succedere che le esercitazioni al metodo diventino causa di appesantimento e in

alcuni casi, desiderio di rinuncia da parte del bambino o del genitore stesso.

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L’intervista, a fronte di queste possibilità, ha voluto comprendere il peso

dell’impegno dei genitori in modo più oggettivo. Le risposte hanno evidenziato le

difficoltà del percorso, soprattutto quelle legate alla conciliazione con gli impegni

della scuola. Sono emerse preoccupazioni per il rendimento scolastico, che i genitori

considerano prioritario. Ma è stata evidente la consapevolezza del genitore nel

percorso di accompagnamento al bambino e al proprio ruolo di sostegno.

“Come ho detto prima, l'impegno costante con uno strumento non è per nulla facile,

ecco perché ritengo che sia preferibile che il bambino cominci a suonarlo quando è

ancora alla scuola materna e quindi non alle prese con compiti e studio. Certamente

i momenti di sconforto arrivano eccome e a volte proprio non si riesce a star dietro

a tutto. Sta comunque molto nel genitore riuscire a “tenere duro” e trovare risorse e

motivazioni nuove per proseguire il percorso. Per quanto mi riguarda, nessuno dei

miei figli ha mai detto di voler smettere di suonare, ma ci sono stati, e con la grande

ci sono ancora, momenti di forte crisi. Il fatto che noi genitori non abbiamo gettato

la spugna ha sicuramente aiutato”.

“A volte ci si chiede: sarò in grado di compiere adeguatamente il mio “lavoro” di

genitore? Tuttavia ci divertiamo troppo a suonare insieme, per ora a nessuno è mai

venuto nell’anticamere del cervello il pensiero di smettere. I risultati sono immediati

e questo conforta figli e genitori. L’equivalenza “studio = imparo” è così palese che

tutti sanno esattamente cosa devono fare. Non è speciale saper far uscire dei suoni

sensati da una scatolina di legno?”.

“Di certo, con l’incremento degli impegni, la gestione si complica, non tanto il

trovare quindici minuti al giorno per gli esercizi, quanto per trovare il tempo

necessario per presenziare la lezione del lunedì e del mercoledì. Ovvio che l’attività

musicale (che ricordo essere un’attività culturale) richiede costanza ed impegno.

Per adesso il bambino va alle scuole elementari e il carico di impegno è compatibile

con quello richiesto dalla scuola Suzuki; con l’evolversi del percorso scolastico, ci

adegueremo e affronteremo di volta in volta le problematiche. Certo la priorità è il

rendimento scolastico, il resto è una conseguenza”.

“I miei bambini, oltre alla scuola, fanno due allenamenti di calcio alla settimana

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(per la sovrapposizione partite/concerti nei week-end in cui capita ve ne siano,

mediamo di volta in volta), frequentano il catechismo e giocano parecchio in

oratorio con gli amici. Per ora la scuola va decisamente bene – sono entrambi alla

primaria. Io mi limito a sollecitarli affinché non perdano tempo. Fortunatamente,

lavoro un solo pomeriggio alla settimana e gli altri giorni rientro al massimo alle

14,30/15. Questo di sicuro aiuta, perché l’impegno di studio dello strumento,

soprattutto finché non diventano autonomi, necessita la presenza di un genitore ed è

indubbiamente pesante per quelle famiglie che, magari, fanno ritorno a casa solo

all’ora di cena. Anche noi abbiamo conosciuto momenti di stanchezza, ma è stato

sufficiente non lasciarsi spaventare e ricalibrare il tiro per un po’. Come con tutto,

d’altronde. Non si può negare ai bambini – e ogni tanto anche a noi adulti - di

essere stanchi, ma ci si può aiutare a reagire, a diminuire un po’ tutto, senza mai

lasciare niente del tutto”.

“Sì, questo può succedere. E' molto impegnativo, più si va avanti e più l'impegno

aumenta. Io e mio marito siamo dell'idea che i nostri figli non debbano essere

caricati di troppi impegni. Ci vuole il tempo libero per giocare! Giocare è un'attività

importantissima e vitale per il bambino. Anche gli adulti dovrebbero giocare.

Attraverso il gioco i bambini costruiscono la loro realtà , elaborano esperienze e

paure. Rispettiamo molto questo. Se suonare per un bambino è bello ed interessante

quanto giocare, allora ok, ma per M. non era così. C'erano giorni in cui finiva i

compiti di scuola e si metteva a suonare poi c'era tempo solo per la cena. Fare

basket, catechismo e musica sarebbe stato troppo. L'importante è avere piacere o

meglio ancora passione per qualcosa, che sia sport o musica è uguale. Il nostro

pezzetto insieme l'abbiamo fatto. Ha un'età per cui nel tempo libero è giusto che

vada avanti con le sue gambe, intendo dire gestendo appieno il suo impegno, così

come gestisce la scuola”.

Ancora in modo più approfondito, si è cercato di comprendere quali fossero

le modalità che un genitore opera al fine di motivare il proprio bambino negli

esercizi a casa. Varie sono state le risposte, quelle che trovavano il cioccolato come

un espressione di ricompensa a quelle che la ricompensa stessa era rappresentata

dall’esclusività del momento con il genitore.

Page 114: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

! 114

“Sicuramente l'aiuto di validi insegnanti a lezione è fondamentale, e in questo quelli

dei miei figli sono stati e sono davvero bravissimi. Comunque, quando i ragazzi

erano più piccoli e avendone la possibilità, cercavo di farli esercitare con lo

strumento in un altro momento della giornata rispetto a quello che avevo proposto e

che loro avevano rifiutato. Oppure pretendevo da loro meno tempo rispetto a quello

previsto per quel giorno. Spesso è capitato che per uno o due giorni li lasciassi stare

per non far aumentare il rifiuto e a volte sono stati proprio loro a chiedermi di

suonare poi. Ora che sono più grandi, la motivazione maggiore allo studio è l'obiettivo di un

esame da superare o la preparazione di un concerto o di un saggio. Per ora vedo

che funziona!”.

“Basta dir loro che passeranno qualche minuto di “intimità” soli con la mamma a

suonare e a chiacchierare. E’ proprio in questo contesto che c’è modo di rivelare

segreti e paure della scuola, della piscina, delle amicizie…e intanto si suona!”.

“Con l’incoraggiamento e la continua sollecitazione. Bisogna evidenziare sempre

come i progressi ottenuti, di cui lui stesso si accorge, siano dovuti all’impegno e

all’esercizio quotidiano. L’equivalenza, impegno, esercizi e risultati deve essere

sempre presente”.

“Con P. funziona il cioccolato. Quello che gli darei di merenda! Quando erano più

piccoli ed il pezzo da studiare era proprio impegnativo, ritagliavo una faccina

sorridete ogni volta che suonavano quel brano e, quando il foglio era pieno, c’era

un piccolo premio (una macchinina e un animale di plastica)”.

“Quando aveva 4, 5 anni suonavamo insieme. La musica era un gioco. Dopo l'ho

lasciato un po' più libero. Se avesse dimostrato maggiore iniziativa avremmo

continuato. E' bello se c'è partecipazione, ma se diventa un dovere non credo. Basta

la scuola”.

Alla fine dell’intervista, si è voluto indagare il peso effettivo che ad oggi, il

genitore da alla scelta intrapresa, favorendo la frequenza del proprio bambino presso

una scuola Suzuki, includendo il valore qualitativo della sua crescita e del saper stare

Page 115: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

! 115

con gli altri. Le risposte a prescindere se il bambino ha vissuto l’esperienza o la vive

ancora, sono state tutte positive e atte a valorizzare l’arricchimento del bagaglio

culturale del bambino. Insomma, dice un genitore: ne vale la pena!

“Come ho già detto sopra, secondo me il metodo Suzuki è davvero fondamentale per

la crescita completa di un bambino e lo consiglio sempre a chi mi chiede un parere

su quale scuola di musica scegliere per i propri figli. Certo per il genitore è molto

impegnativo, sotto ogni punto di vista, ma credo davvero che ne valga la pena”.

“All’inizio non avevo nessuna aspettativa, era solo un gioco da fare insieme,

un’altra occasione per stare tutti uniti. Oggi direi che ritengo questa la più bella

occasione educativa che hanno avuto i miei figli (e a volte li invidio un po’ rispetto

alle noiosissime lezioni di pianoforte che mi sorbivo alla loro età)”.

“Di sicuro la sensibilità musicale, la capacità di memorizzare e il senso del ritmo

non sono cose negative e certamente sono qualità che aiutano nella vita di tutti i

giorni. La cultura è sempre una ricchezza ed un bagaglio che lui porterà sempre con

sé”.

“Probabilmente ciascuno sceglie un certo ambito per far crescere il proprio figlio:

per alcuni è lo sport praticato con serietà, per altri una certa scuola…Per noi è

stato la musica ed, in questo momento, è molto importante. Anche se ci teniamo a

mantenerla in equilibrio con le altre attività svolte dai bambini, perché a questa età

devono anche imparare a muoversi in ambienti diversi e cogliere l’occasione di

imparare cose diverse”.

“Anche se ha smesso è stata un'esperienza importante. Qualche volta guardiamo

con lui e A. i video dei saggi. Mio marito pensa che è una scuola troppo impegnativa

sia come studio settimanale che come orario. Quando andavamo era certamente

impegnativo. Studiavamo quasi tutti i giorni, ma del resto lo strumento musicale è

così, richiede un esercizio regolare e costante, tutti quelli che fanno musica lo

sanno. Però posso dire che ricorda con piacere l'esperienza con Abbado alla scala,

sa chi è Beethoven, Mozart, Vivaldi, Muzio Clementi e altri ancora, anche se

preferisce Bruce, i Queen e gli ZZ top”.

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! 116

Per concludere l’indagine, si è voluto comprendere quale strumento suonasse

il proprio figlio. Violino e violoncello sono stati quelli maggiormente

dichiarati e solo colui che seguiva gli studi di pianoforte ha poi lasciato il

metodo. Quest’ultimo bambino è stato lo stesso che non è stato componente

dell’orchestra.

“Per S. è iniziato il decimo anno di studio del violino e per D. il sesto del

violoncello”.

“Uno suona il violino, l’altro la viola”.

“A. suona il violoncello, direi con risultati soddisfacenti considerando i suoi sette

anni di età”.

“F. il violino e P. il violoncello”.

“Suonava il pianoforte”.

4.5 Il contenuto delle interviste: proposte e aspettative.

I risultati che si ottengono analizzando i pensieri esplicitati dal maestro

Taffuri e quelli dei genitori intervistati, sono interessanti e partecipano insieme a

dichiarare quanto la musica sia un elemento imprescindibile nella crescita di ognuno

di noi e della nostra civiltà.

L’essere semplice ricevitore di piacevoli melodie rende certamente l’uomo

più sensibile a tanti aspetti del proprio saper percepire il mondo, ma essere capaci di

produrre musica, attraverso le proprie mani e il proprio essere, rende l’uomo del

domani capace di gestire un canale comunicativo che mette in contatto tutti e annulla

le differenze culturali e generazionali.

Page 117: Ilardi Antonella: Apprendimento e comunicazione musicale. Il caso ImmaginArte di Varese

! 117

Come sostenuto dal maestro Taffuri: la musica non può essere la semplice

capacità di suonare. Egli considera la musica come un linguaggio universale e

l’identificazione di un essere, quello umano, che diventa capace di interagire con gli

altri esseri, abbattendo qualsiasi diversità, unendo e coinvolgendo.

La maggior parte dei genitori che si sono espressi, sottolineano questi aspetti

e li valorizzano, perché si sentono consigliati e accompagnati, in un mondo musicale

che vivono già, per esperienza e per piacere, ma che nella dimensione educativa,

diventano essi stessi allievi e tutori di un esperienza da far provare ai propri figli.

La piacevole e interessante esperienza del metodo Suzuki, racchiude proprio

in questi passi la sua notevole diversità didattica: il maestro non si pone al solo

discente, ma al “maestro-genitore” del discente. Quest’ultimo, con i suoi bisogni, le

difficoltà da superare e il desiderio di crescere, diventerà a sua volta motivo di

riflessione per il maestro di ritmica e strumento. Egli, a fronte della nuova realtà,

dovrà essere capace di reinventare l’approccio con il bambino ed esso stesso

rinascere ogni volta. Riuscendovi.

Taffuri punta a I Piccoli Musici Estensi e accompagna un’orchestra

d’archi giovanile in concerti internazionali. Il maestro si adopera per le rassegne

umanitarie e raccoglie fondi per progetti musicali in Africa.

Per Carlo Taffuri: la musica è tutto e tutto è la musica. Egli ha ben presente

l’espressione di Baricco, quella che sostiene che: la musica è l'armonia dell'anima.

Ma nelle sue parole, così come nel suo operato, è la generosità che conta:

quella che permette di trasmettere i significati della vita e non solo della musica, da

maestro a bambino.

Ciò che più ha sorpreso intervistare un maestro del metodo Suzuki, è stato

ascoltare le parole ricche di possibilità per chiunque, riguardo alla musica: […] tutti

possono imparare la musica e a qualsiasi età! E’ pur vero che il metodo sostiene che

un avvicinamento in età precoce, migliora i livelli di apprendimento, in quanto il

piccolo, in quella età, è definito: come un foglio bianco.

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Per Taffuri, l’apprendimento musicale, attraverso il metodo Suzuki, è una

chance fondamentale che si può offrire a donne e uomini del domani: essere capaci

di creare un messaggio e riceverlo, attraverso un canale comunicativo che non si

limiti al verbale e che, come di incanto, sia comprensibile a tutti.

Il pensiero di Taffuri parla di universalismo della comunicazione e si avvale

perciò di pochi e semplici elementi: generosità, fiducia e desiderio di esprimere

l’individualità umana.

L’analisi delle interviste ai genitori non porta ad assumere d’impatto tutti gli

elementi sostenuti dal maestro, ma molto semplicemente sono accompagnati in una

introduzione alla musica, come opportunità e alternativa alla crescita cognitiva e

spirituale del proprio piccolo.

Quello che l’analisi ha potuto appurare, vagliando le intenzionalità del

maestro e le aspettative dei genitori, è stata la straordinaria capacità dei bambini che,

nella quasi totalità dei casi, continua a perseguire il senso della musicalità ascoltata e

prodotta e che, a prescindere dallo strumento “accompagnatore” acquista, giorno

dopo giorno, il senso e l’importanza della musica.

A prescindere dalle modiche aspettative che i genitori intervistati hanno

dichiarato nei confronti del metodo Suzuki, è evidente che il senso dell’impegno che

il metodo richiede, soddisfi un criterio ben più importante, che quello limitato al

semplice approccio musicale, ma che volge al senso di partecipazione del bambino e

del genitore. Far parte di un gruppo e, addirittura, di una orchestra, richiede

l’intenzionalità d’essere coprotagonista di un grande insieme: che richiede regole e

impegno. Queste sono le stesse caratteristiche richieste per far parte di un’orchestra.

I Piccoli Musici Estensi, l’Orchestra d’esibizione internazionale o,

semplicemente, far parte di una famiglia musicale, renderanno i piccoli consapevoli

di un mondo che si crea: tutti insieme e a prescindere da quello che sarà lo strumento

suonato.

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! 119

4.6 L’iniziativa

Partendo dalle parole raccolte dall’intervista a Carlo Taffuri, ovvero: tutti

possono imparare la musica e a qualsiasi età!, l’associazione ImmaginArte ha

riconosciuto l’importanza dell’alfabetizzazione musicale anche in contesti che non

rispondono, per caratteristiche e criteri al metodo Suzuki, ma che possono offrire a

tutti i bambini e a tutti i ragazzi il valore legato alla crescita attraverso la musica.

E’ per questo che nasce un progetto che lega l’associazione ImmaginArte con

l’Istituto Comprensivo Statale “Iqbal Masih” di Malnate (VA).

La collaborazione nasce nel 2014 e vede gli alunni delle scuole di Malnate,

iniziare un percorso di educazione musicale che si propone di far vivere ai bambini

l’avvicinamento alla dimensione strumentale della musica e tentare, inoltre,

un’esperienza di riscatto sociale.

Proprio nello stesso anno, nasce il nucleo sperimentale, fortemente sostenuto

dal maestro Carlo Taffuri e il dirigente scolastico Prof. Lucio Valli dal titolo:

Orchestra Iqbal Masih. Entrambi propongono la nascita di un Nucleo Sperimentale

con dei corsi di alfabetizzazione musicale da realizzare nelle classi 2° e 3° delle scuole

Primarie di Malnate con il metodo del “El Sistema”, un modello didattico musicale

ideato dal Ministro venezuelano Josè Antonio Abreu291 e consistente in un sistema

integrato di formazione, basato sul valore di inclusione socioculturale della musica.

Nato circa quaranta anni fa in Venezuela, il metodo ha permesso di avvicinare

alla musica milioni di bambini. L’obiettivo che si pone il modello educativo musicale

è quello di contribuire ad affermare i valori della pace, della solidarietà e della

giustizia.

Il progetto si ispira al Sistema in Italia292, nato nel 2010 e promosso dal

maestro Claudio Abbado293 che ha fondato nel 2010, il Sistema Orchestre e Cori

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!291 Josè Antonio Abreu è un musicista, attivista, politico, educatore e accademico venezuelano, fondatore di El Sistema, una fondazione per la promozione sociale dell'infanzia e della gioventù attraverso un percorso innovativo di didattica musicale.!292 Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemainitalia.com>. 293 Claudio Abbado (1933–2014) è stato un direttore d'orchestra e senatore a vita italiano. Compie i suoi studi presso il conservatorio meneghino, specializzandosi in composizione, pianoforte e direzione d'orchestra. Dopo il diploma, si perfeziona con Friedrich Gulda per il pianoforte e Antonino Votto per la direzione d'orchestra. In seguito, si trasferisce a Vienna, avendo vinto una borsa di studio biennale per i prestigiosi corsi di perfezionamento in direzione orchestrale di Hans Swarowsky.

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! 120

Giovanili e Infantili - Onlus, una realtà che oggi conta oltre 45 nuclei operativi su

tutto il territorio nazionale e ben 14 regioni coinvolte.

4.6.1 El Sistema

El Sistema è una metodologia pedagogico - musicale rivolta a giovani e

giovanissimi. Fu applicata per la prima volta in Venezuela, nel 1975, ad opera di

Josè Antonio Abreu, politico e musicista venezuelano e fu rivolto alle classi sociali

svantaggiate.

El Sistema rappresentò una vera rivoluzione per il riscatto sociale in quel

Paese, in quanto, raggiunse risultati sorprendenti in poco tempo: oltre 125 orchestre e

cori giovanili, 30 orchestre sinfoniche e, ad oggi, sono 350.000 gli studenti

organizzati in 180 nuclei operativi su tutto il territorio venezuelano294.

Due milioni di bambini educati nel tempo, attraverso questo sistema, hanno

permesso di riscontare un significativo incremento della partecipazione scolastica e

un sensibile calo della delinquenza giovanile.

Quella messa in atto in Venezuela, fu una vera e propria rivoluzione pacifica

destinata a mutare, radicalmente, interi strati del tessuto sociale nazionale.

Ancora oggi, il progetto, mirando ad organizzare sistematicamente

l’educazione musicale e a promuovere la pratica collettiva della musica attraverso

orchestre sinfoniche e cori come mezzo di organizzazione e sviluppo della

comunità295 è gestito dal Ministero della Famiglia, Sport e Salute e ha come scopo

primario la salvaguardia e la protezione dei giovani attraverso l’impegno e lo studio,

la prevenzione e la correzione di comportamenti asociali e criminali.

La musica infatti assume la forma di un mezzo per la promozione ed il

riscatto sociale e intellettuale.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!294 Riferimento al sito Il Fatto Quotidiano: <http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/24/el-sistema-rivoluzione-tessuto-sociale-venezuelano-jose-antonio-abreu/1281656/>. 295 Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/el-sistema.html>.

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! 121

Il metodo si è diffuso in tutto il mondo, interessando Paesi come la Spagna,

l’India, gli Stati Uniti e l’Italia296.

Nel centro del “Sistema” si trova il concetto di Paideia297greca, volta

all’educazione morale del cittadino e attraverso questa, creare una comunità ideale,

volta alla bellezza e all’eccellenza, ottenibile attraverso le esperienze che la musica

genera nei giovani. Si punta, dunque, alla formazione di una comunità, dove tutti

hanno lo stesso accesso all’educazione musicale di alta qualità e dove le barriere

economiche e di disabilità non limitano la partecipazione comunitaria298.

Nel metodo, si valorizza la musica sinfonica e si stimola la capacità del

giovane ad essere partecipe di una orchestra, stimolando lo sviluppo di nuove

conoscenze e competenze299.

Per sviluppare questi programmi musicali è necessario un intensivo lavoro

qualitativo e quantitativo. Quantitativo, in quanto è richiesto ai giovani di investire

una importante quantità di tempo di lavoro individuale e collettivo, per impadronirsi

delle destrezze necessarie per suonare il brano sinfonico. Qualitativo perché, anche

se i ragazzi non sono chiamati ad essere professionisti della musica, i programmi

devono essere d’eccellenza, che obbligano un’intensa dedizione individuale e

collettiva.

Inoltre, la convergenza di grandi numeri di ragazzi, che suonando insieme,

obbliga lo sviluppo di competenze di intonazione e articolazione collettiva, che sono

indispensabili per acquistare l’unità del complesso sinfonico. L’aspetto sociale di

questo principio e l’opportunità dei giovani che provengono da differenti territori nel

creare una nuova comunità, punta a promuovere l’amicizia e la responsabilità

artistica attraverso le esperienze locali300.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!296 Riferimento al sito Progetto Alternativo: <http://www.progettoalternativo.com/2014>. 297 Paideia è un termine greco, il cui significato originario equivaleva a ‘educazione’ e che assunse poi il valore di ‘formazione umana’ per arrivare infine a indicare il contenuto di detta formazione, la cultura nel senso più elevato e personale. P. è perciò non tanto la pedagogia come mezzo per un traguardo formativo, quanto piuttosto il fine stesso dell’educazione, l’ideale di perfezione morale, culturale e di civiltà cui l’uomo deve tendere. 298 Riferimeto al sito Sistema: < http://www.sistemaitalia.eu/sistema/metodo-e-principi.html>. 299 Ibidem. 300 Ibidem.

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In questa convergenza, condividendo valori culturali, morali ed estetici, i

giovani si uniscono in una comunità con un solo linguaggio: la musica.

Nel Sistema, l’orchestra è concepita non solo come convergenza di differenti

sezioni di strumenti (archi, legni, ottoni e percussioni), ma anche come la

convergenza di gruppi da camera (quartetti, quintetti di fiati e ottoni, etc.) e di

orchestre di famiglie di strumenti (orchestre di flauti, violini, etc.). Per questo,

l’orchestra può essere divisa in diversi gruppi che fanno un lavoro propedeutico per

preparare il pezzo scelto come obiettivo finale del progetto di repertorio sinfonico.

I principi del “Sistema” sono, dunque301:

- divertimento e apprendimento come diritto sociale;

- competenza, rinnovamento e inclusione sociale;

- integrazione e attenzione all’individuo, alla famiglia e alla comunità;

- ricchezza spirituale per vincere la povertà materiale;

- inserimento della musica nella vita quotidiana;

- valorizzazione del linguaggio universale della musica;

- inserimento del valore della meritocrazia per il progresso umano.

I benefici individuali e sociali del "Sistema", sono dunque302:

- la felicità: attraverso l’opportunità di contare sull’appoggio della famiglia

e dei compagni d’orchestra, diventare musicista nella propria comunità,

possedere uno strumento, studiare e viaggiare;

- l’autostima e la sicurezza affettiva. Fare musica aiuta a costruire un mondo

interiore, essere presi in considerazione, sentirsi apprezzati, affrontare le

sfide e ottenere applausi: tutti elementi che rafforzano la valorizzazione di

sé stessi;

- lo sviluppo del senso estetico. I meravigliosi suoni delle opere sinfoniche,

la delicatezza degli strumenti, l’eleganza architettonica dei teatri sono

tutte espressioni che insegnano ad apprezzare la bellezza;

- la convivenza, la solidarietà e la tolleranza. Durante le lezioni, i bambini e

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!301 Ibidem. 302 Ibidem.

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i ragazzi condividono momenti di tensione e di allegria, si confrontano su

situazioni personali e assumono atteggiamenti di condivisione.

Nell’orchestra si apprende a correggere i propri e altrui errori con

tolleranza.

4.6.2 El Sistema in Italia

Guardando all’esempio venezuelano, in Italia, il 10 Dicembre 2010 nasce il

Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili Onlus303, promosso da

Federculture e dalla Scuola di Musica di Fiesole. Il Sistema è presieduto da Roberto

Grossi304, e ne sono Presidenti Onorari, Claudio Abbado e José Antonio Abreu.

Ispirandosi ai valori etici definiti nell’accordo siglato tra il Comitato

venezuelano e quello italiano, il Sistema in Italia vuole offrire l’opportunità di

accesso prevalentemente gratuito all’educazione musicale per bambini e ragazzi, in

particolare tra coloro che vivono in situazioni di disagio economico, fisico e

sociale305.

Il Sistema in Italia non aiuta e sostiene solo famiglie e ragazzi con difficoltà

economiche, psichiche e sociali, ma si propone anche come risposta al bisogno di

significato e compagnia. Questo progetto sta sempre più prendendo la forma di una

educazione musicale che mira allo sviluppo di intelligenze umane ed emotive, delle

relazioni interpersonali ed empatiche. Si offre ai ragazzi la possibilità di usare il

tempo in modo costruttivo, attraverso iniziative musicali, in cui ogni ragazzo può

dare il proprio contributo creativo, creando una comunità, dentro la quale si possa

vivere un processo di apprendimento, che diventa occasione di crescita verso un

obiettivo comune: la realizzazione di un evento artistico306.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!303 Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/organi.html>. 304 Riferimento al sito Federculture: <http://www.federculture.it/attivita/sistema-delle-orchestre-e-cori-giovanili/>. 305 Ibidem. 306 Riferimento al Sito El Sistema Macerata: <http://www.elsistema-macerata.it/progetto-el-sistema/>.

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Il Sistema in Italia307si pone, quindi, come risposta ad una emergenza

educativa, che si è manifestata sempre più chiaramente negli ultimi anni.

Tre gli assi portanti dell’esperienza del Sistema italiano si ritrova308:

- la musica come base irrinunciabile per la formazione di ogni persona;

- la musica come “leva” per l’inclusione dei disabili;

- la musica come strumento di integrazione per affrontare il disagio sociale,

come quello rappresentato dalle crescenti problematiche legate

all’immigrazione, alla dispersione scolastica, alla solitudine, alla

mancanza di punti di riferimento, all’abuso di droghe e alcol tra i

giovanissimi.

Sono già 7.500 i bambini e i ragazzi italiani, dai 4 ai 16 anni, che partecipano

alla crescita di questo importante progetto sociale, riuniti in 38 Nuclei e distribuiti in

14 Regioni italiane: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia

Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Veneto e

Toscana309.

L’obiettivo del Sistema in Italia è diffondere l’educazione musicale come

risposta alle difficoltà che gravano sul mondo giovanile, come prevenzione e cura

delle distorsioni psico-sociali, attraverso una nuova capacità di progettare il futuro,

una rinnovata scala di valori umani, contribuendo al contempo allo sviluppo

economico e sociale delle aree di riferimento310.

Il Sistema italiano richiama all’attenzione il valore educativo e sociale della

musica che, malgrado l’eccelsa tradizione musicale del nostro Paese, si è andato

perdendosi. Si configura, pertanto, come una preziosa opportunità per riscoprire il

valore della musica d’insieme311.

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!307 Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/referenti-regionali.html>. 308 Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/sistema-in-italia.html>. 309 Riferimento al Sito El Sistema Macerata: <http://www.elsistema-macerata.it/progetto-el-sistema/>.!310 Riferimento al sito Sistema: <http://www.sistemaitalia.eu/sistema/sistema-in-italia.html>. 311 Ibidem.

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Recentemente è stato stipulato un Protocollo d'Intesa con il Ministero

dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per attuare un sistema integrato di

formazione musicale nelle scuole312.

4.6.3 L’intervista al Dirigente Scolastico

In riferimento all’iniziativa intrapresa dall’associazione ImmaginArte e

l’Istituto Comprensivo Statale “Iqbal Masih” di Malnate (VA)313, volta

all’alfabetizzazione musicale degli studenti della scuola stessa, il progetto di tesi ha

inteso arricchire i propri contenuti intervistando il Prof. Lucio Valli, dirigente

scolastico dell’istituto. L’incontro, tenutosi il 3 febbraio 2015, ha permesso di

conoscere, innanzitutto, che il numero di scolari del Comune di Malnate, tra

istruzione primaria e secondaria di primo grado, è di 1.467 iscritti e che, 210 è il

totale di docenti titolari e supplenti che insegnano.

Ringraziando, sin da subito, il dirigente scolastico, per la disponibilità

dimostrata, gli è stata posta una domanda volta a indagare le sue impressioni generali

riguardo l’educazione nel mondo odierno e in continuo cambiamento. La sua

considerazioni sono state le seguenti:

Beh, affermare che la sfida educativa di oggi si presenta come particolarmente

complessa, forse può apparire banale, in quanto, in ogni epoca, la missione

educativa ha dovuto misurarsi con le difficoltà, i limiti e le necessità del contesto

storico e sociale di riferimento. Tuttavia potrebbe essere individuato un aspetto

inedito rispetto al passato e che sta modificando i paradigmi di fondo su cui fino ad

oggi poggiava la trasmissione dei saperi e dei modelli valoriali, come la

proliferazione di luoghi d'incontro virtuali e pervasivi: “tre miliardi di persone su

sette sono connesse alla più grande piattaforma di condivisione della conoscenza

che l'umanità abbia mai avuto" è il commento de la Repubblica di qualche giorno

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!312 Ibidem. 313 In collaborazione con Coop. Soc. ONLUS Educational Team, Sistema Orchestre e Cori Giovanili e Infantili in Italia/Lombardia e Music Lion Club Lombardia.

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fa314. Le generazioni dei nativi digitali assorbono contenuti e modelli di

pensiero/comportamento da ambienti che bypassano la tradizionale relazione con

gli adulti (famiglia e scuola) i quali a loro volta si ritrovano in ritardo non solo

rispetto ad una adeguata alfabetizzazione sugli ultimi veicoli tecnologici della

comunicazione ma, soprattutto, rispetto alla comprensione dei nuovi fattori che

concorrono alla formazione della persona e dei modi in cui interagire da

coprotagonisti in base ai compiti e alle responsabilità fissati dalla Costituzione

stessa. Se a questo aggiungiamo il parere espresso di recente dal Consiglio dei

Ministri Europei: "Nonostante gli sforzi compiuti in tutti i paesi europei per adottare

i sistemi educativi e di formazione connessi alla società e all’economia della

conoscenza, le riforme avviate non risultano all’altezza della posta in palio ed il

loro ritmo attuale non consentirà quindi all’Unione di raggiungere gli obiettivi che

essa ha stabilito"315, si ricava un quadro un po' preoccupante ma anche di grande

interesse.

Mantenendosi sullo stesso tema, si chiede, dunque, se secondo il Prof. Valli,

il motivo della diminuzione delle risorse dedicate alla scuola, oggettivamente

riscontrate negli ultimi tempi, potrebbero compromettere il ruolo a cui la Scuola è

chiamata e se, nonostante tutto, le buone idee e le iniziative conseguenti potrebbero

riuscire a difendere la Scuola stessa.

La riflessione sugli investimenti nel sistema scolastico si articola su più livelli:

internazionale, nazionale e locale. Il Consiglio d'Europa negli ultimi 15 anni ha

ribadito con costanza, nel contesto delle strategie di Lisbona, che investire

nell'istruzione risulta vantaggioso nel lungo periodo, con benefici diretti e indiretti,

influendo positivamente su nuove problematiche politiche cruciali, come la coesione

sociale, la concorrenza internazionale e la crescita sostenibile. Tuttavia, le risorse

pubbliche per l’istruzione sono diminuite nella maggior parte degli Stati membri e

fra essi si è distinta l'Italia. Negli ultimi anni il sistema scolastico nazionale è stato

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!314 R. Luna, Se la rete diventa il metro della vita, Riferimento al sito La Repubblica: <http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/01/25/se-la-rete-diventa-il-metro-della-vita19.html>.!315 Riferimento al sito Europa: <http://europa.eu/legislation_summaries/education_training_youth/ general_framework11071_it.htm>.

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! 127

depauperato di decine di migliaia di posti, svuotando le riforme degli anni

precedenti della loro carica innovativa che poggiava sull'organico funzionale.

Un colpo durissimo è stato inferto all'autonomia scolastica riducendo dei due terzi il

fondo annuale per il miglioramento dell'offerta formativa, necessario non solo per

sostenere progetti educativi e didattici di particolare qualità ma anche per

riconoscere il middle management che in molti Istituti si è consolidato in anni di

forte e qualificato impegno di docenti con incarico di funzione strumentale negli

ambiti strategici dell'organizzazione scolastica, quali quelli dell'integrazione , della

prevenzione dell'insuccesso scolastico, dell'autovalutazione e così via. Al momento

l'unica via che potrebbe parzialmente compensare l'impoverimento del nostro

sistema scolastico è quella del territorio: per la scuola del primo ciclo un

investimento strategico e di risorse da parte di enti locali e privati (il patto

educativo di comunità316, se redatto e agito, può diventare un ottimo tavolo per

coinvolgere le forze vitali di una comunità) e il mondo imprenditoriale per la scuola

secondaria.

Provocando il pensiero del Prof. Valli, si cita una vecchia espressione satirica

che dice:“in Italia la scuola cade sempre più a pezzi. Ma solo per non stonare col

resto” e a questa si aggiunge un aforisma di John Condry317 ovvero: “Se la scuola

fosse più efficace, la televisione non sarebbe tanto potente”318. A fronte di tali

affermazioni l’intervistato risponde di seguito.

Temo purtroppo che le due citazioni conservino una certa attualità. La scuola non

può essere migliore della società che la esprime, anche se rimane l'istituzione più

importante per i progressi della società stessa. Negli ultimi 10 anni abbiamo

assistito ad un tracollo del prestigio del mondo della scuola e del ruolo del docente,

dovuto in parte ad una tradizione ultraconservatrice - con grossa responsabilità dei

sindacati e dello Stato - che non ha consentito di ridisegnare il profilo

dell'insegnante in termini di competenze di partenza, di valutazione del suo lavoro in

itinere e di sviluppo di carriera e dall'altra di uno scarso riconoscimento economico

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!316 Riferimento al sito Comune di Malnate: <http://www.comune.malnate.va.it/attachments/article/ 1823/Allegato%20Delibera.pdf>. 317 J. C. Condry (1939 - 1993), scrittore, psicologo ed educatore statunitense.!318!J. C. Condry, The Psychology of Television, Routledge, London, 1989, p. 60.!

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! 128

della professione in relazione alle basse pretese sulle prestazioni. Ovvio a questo

punto che i modelli di riferimento sul piano valoriale e conoscitivo non siano più

quelli trasmessi dalla scuola ma, da altre fonti più suggestive e meno impegnative

che hanno declassato la stessa televisione, quali i social network.

Nonostante ciò, il Prof. Lucio Valli ha scelto di sostenere l’introduzione del

metodo del Sistema all’interno di un contesto educativo e d’istruzione così

importante come un istituto scolastico comprensivo. Gli viene chiesto, perciò, quali

siano gli elementi che lo hanno spinto a sostenere tale scelta e quali siano le

aspettative.

La motivazione principale dell’adesione a questo progetto sta nel fatto che il

modello didattico musicale proposto consiste in un sistema integrato di formazione

che si basa sul valore di inclusione socioculturale della musica e che punta alla

prevenzione del disagio e della delinquenza, al fine di offrire un’educazione

musicale che consenta ai bambini di vivere un’esperienza di “riscatto sociale”, oltre

che a ottenere risultati musicali eccellenti.

Ci aspettiamo che il numeroso gruppo che ha aderito all’iniziativa (più di 50 alunni

di classe II e III) ottenga gli splendidi risultati ottenuti in altre realtà e che tale

esperienza possa diventare un percorso stabile e verticale all’Istituto, coinvolgendo

in futuro la fascia d’età dai 7 ai 15 anni.

Comprendendo la forte aspettativa per i risultati dell’iniziativa, viene chiesto

come il dirigente intende gestire la valutazione dei risultati nell’applicazione del

programma e quale risposta si aspetta dagli alunni e dalle famiglie degli stessi.

L’esperienza è iniziata da sole due settimane e i tempi sono prematuri per

prefigurare sviluppi la cui definizione dipenderà proprio dal tipo di risultati che si

avranno. Ma, già in avvio, v’è stata una risposta di grande entusiasmo da parte di

alunni e genitori: ora dipenderà molto dalla qualità del programma del “Sistema”

mantenere le aspettative suscitate.

Al dirigente scolastico, che dichiara di non aver prima d’ora stimolato la

nascita di una iniziativa così sostenibile, viene chiesto quanto ritiene che l’applicazione

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sperimentale del Sistema possa migliorare i risultati educativi generali dei

partecipanti.

Il territorio in cui la scuola opera, presenta diffuse situazioni di disagio. Sarebbe un

ottimo risultato se questo progetto riuscisse ad agganciare alcuni alunni a rischio di

abbandono scolastico e offrisse loro un’occasione per imparare ad esprimersi

attraverso la musica, allargando così il repertorio delle opportunità pensate da

questo Istituto ai fini dell’inclusione.

Prima di congedarsi dall’incontro, appare importante porre al Prof. Lucio

Valli una ultima domanda, quella che vuole comprendere come egli stesso immagina

la scuola del domani.

La risposta lascia intendere una diversità di variabili all’insegna della

tecnologia applicata, che non potrà però sostituire il valore del capitale umano e della

professionalità che lo caratterizza nella scuola di ogni tempo.

C'è chi prospetta scenari magnifici e progressivi di una formazione altamente

personalizzata e individualizzata, grazie a software e hardware high tech. Già ora è

in arrivo il programma in grado di leggere le emozioni del viso e la sua applicazione

al sociale viene raccomandata per l'uso in classe: percepire i primi segnali e

distrazione degli studenti aiuterebbe i docenti a migliorare i propri metodi didattici

per ottenere più concentrazione e migliori risultati nell'apprendimento. A parte

l'ingenuità di certe aspettative, sicuramente l'uso spinto, competente e creativo della

didattica digitale rappresenterà un ottimo supporto all'efficacia dell'insegnamento,

ma la qualità della relazione nel rapporto insegnamento/apprendimento rimarrà

centrale per rendere significativi i processi formativi. Bisognerà pertanto investire

con coraggio e convinzione sul capitale umano e professionale.

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Conclusioni

Il progetto di studio ha inteso indagare il valore del metodo musicale e

l’identificazione del periodo più importante, nella vita dell’essere umano, che

favorisse l’apprendimento musicale.

Secondo il maestro Suzuki è individuabile, nella fase prescolare, il momento

determinante per sviluppare le potenzialità musicali innate in ogni individuo.

Sin dai primi passi effettuati attraverso la revisione della letteratura, è stato

possibile raccogliere esiti di studio volti a confermare la tesi giapponese e con essa,

l’importanza che al bambino venga offerta l’opportunità di entrare in contatto con la

musica, fin dai primi giorni di vita, per apprezzarla e acquisirne il senso della

sintassi.

Le interviste semi-strutturate effettuate al maestro e ai genitori che seguono e

hanno frequentato il metodo Suzuki, in particolare quello seguito presso

l’associazione musicale ImmaginArte di Varese, hanno permesso di confermare la

forte convinzione di Shinichi Suzuki, basata sull’assunto che la musica può essere

appresa secondo gli stessi meccanismi di apprendimento della lingua madre e che

incide, profondamente, nei primi anni di vita, sulle capacità di capire e apprendere la

musica.

Considerando che la musica, innanzitutto, è un linguaggio universale, usato

fin dall'antichità per esprimere sentimenti ed emozioni, dalla rudimentale produzione

di rumori e suoni a quello che ne è il meraviglioso sviluppo della contemporaneità,

fatta di successione armoniosa di canzoni, minuetti, rapsodie e sinfonie, la tesi ha

voluto comprendere come l’uso e la comprensione di tale linguaggio, possa essere

non solo un’opportunità di miglioramento cognitivo, ma soprattutto, di un riscatto

comunicativo, relazionale e sociale.

Il valore applicativo del metodo Suzuki, così come la partecipazione

universale al Sistema, rappresentano, insieme, una preziosa opportunità di contatto

fra il bambino do oggi, l’uomo del domani e l’emozione della sperimentazione.

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Il fine ultimo dello studio ha voluto motivarsi di una straordinaria visione: un

futuro, auspicato, in cui l’uomo sensibile sappia esprimere e raccogliere la sensibilità

umana attraverso il linguaggio della musica e vivere proficuamente con il prossimo,

attraverso il più grande e universale linguaggio comunicativo, la musica.

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Ringraziamenti

Dedico questo lavoro ai bambini di tutto il mondo e al mio caro amico Giovanni Battista

Cattellani.

Ringrazio i miei relatori Giulio Facchetti e Paola Biavaschi per aver accettato di

seguire la tesi e per aver offerto una guida sapiente.

Ringrazio Carlo Taffuri, Chiara Brusa Pasquè, gli insegnanti e i genitori di

ImmaginArte – Varese – e il Prof. Lucio Valli dell’I.C.S. Iqbal Masih di Malnate per

aver rilasciato le interviste utili per il completamento della tesi e supportato nel lavoro.

Ringrazio i colleghi Simone e Chiara che mi hanno sostenuto e “sopportato” in questo

periodo.

Ringrazio mia madre e mio padre, per avermi insegnato che cos’è l’amore, l’onestà, la

correttezza e il senso dell’impegno.

Vorrei, infine, ringraziare la persona a me più cara (a cui dedico il mio cuore, oltre che

questa tesi), al mio Antonio, il mio compagno di vita, la parte di me che mi completa e

che mi ha sempre tenuta per mano durante questo percorso impegnativo,

incoraggiandomi e sostenendomi, e senza il quale non mi sarei messa di nuovo in

discussione.

Grazie a voi tutti!

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