racconto nicoletta torre

illustrazioni luisella grondona

disegni grazia tinelli

redazione grafica grazia cormio

computer grafica gianni maragno pino losito

traduzioniinglese sophie mattersspagnolo lourdes carrasco colom

qualcuno vuole ascoltarmi?

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“Vieni, ti faccio il bagnetto” dice quando la mamma non c’è.“Sono pulita…” e gli mostro le mani.“Hai paura dell’acqua?” e mi spinge verso la stanza da bagno.Mentre la schiuma si gonfia, lui mi solleva e m’immerge fra le bolle in cui brillano mille arcobaleni. Poi si spoglia ed entra nella vasca con me.Io chiudo gli occhi. Non mi piace vederlo nudo. “Sei una sciocchina…” e i suoi occhi diventano sottili e arrossati.M’accarezza la schiena, poi la mano scende e le sue dita si muovono lentamente là…Io sto immobile come una statua e stringo più forte che posso, ma lui s’innervosisce.“Stenditi sopra di me!”Mi spaventa la sua voce, ma soprattutto mi fa paura la luce nera che gli filtra, come il buio della notte, dalle ciglia socchiuse. Trattengo il respiro e aspetto.Quando un getto tiepido e vischioso mi s’appiccica addosso, è tutto finito. Lui adesso è contento.“Sciacquati” dice uscendo dalla vasca. Io ho le gambe rigide, ma sono contenta che il gioco, per oggi, sia finito.“Vestiti. Usciamo”Per strada mi tiene la mano.“Sei stata buona, oggi. Meriti un bel gelato”A volte andiamo ai grandi magazzini e mi compra un peluche, oppure un vestitino.“Non parlare a nessuno del nostro gioco…” mi raccomanda prima di rincasare. Faccio segno di sì con la testa, poi suono il campanello e aspetto che la mamma apra la porta.

Papà non faceva così.Mi fregava forte, con la spugna, mi lavava i capelli con lo shampo delicato e rideva forte quando lo schizzavo d’acqua. Poi mi avvolgeva nell’accappatoio, mi vestiva in fretta perché non prendessi freddo e mi asciugava i capelli col phon.“Hai rubato i riccioli alla principessa?” diceva mentre mi pettinava con la spazzola della mamma. Dalle sue mani, come per magia, usciva sempre una sorpresa. A volte era un ovetto di cioccolata, altre una scatola di pennarelli, altre ancora un libro di figure.Quando eravamo soli preparava la cena, mi aiutava nei compiti e ripeteva con me la lezione. Ero felice, io, quando c’era il mio papà.

Nel lettone, dove papà dormiva con la mamma, adesso c’è lui.A volte, quando non riesco a prendere sonno, lo sento urlare.“Sei una lagna! Non ne hai mai voglia!”“Zitto, che svegli la bambina!”

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“E chi se ne frega!” Come onde del mare mi arrivano i singhiozzi della mamma. Poi il silenzio bagnato di lacrime mi porta il muggito di un toro che scalpita prima di caricare il torero.Ma non c’è il toro in casa mia: c’è solo lui che vuol fare, con la mamma, il gioco della vasca da bagno.Io vorrei consolarla, dirle di non piangere, che non fa poi tanto male, ma lui… “è un nostro segreto…Se non lo mantieni…” dice ogni volta.Così ho paura che mi castighi, se parlo, e sto zitta.

Prima la mamma sorrideva sempre e canticchiava mentre faceva le pulizie di casa o cucinava.Mio padre, invece, era stonato come una campana, ma suonava la chitarra.In estate, quando andavamo in campeggio, gli amici venivano nella nostra piazzola e cantavamo a squarciagola fino a mezzanotte.Poi la mamma preparava gli spaghetti per tutti e papà riempiva di vino fresco i bicchieri di carta.Io cerco di non pensare a quegli anni, perché i ricordi mi fanno tristezza. Ma basta il canto di una cicala per ritrovarmi nella pineta colorata di tende… basta un tramonto per rivedere il sole, tondo e rosso come allora, scivolare dietro il mare e sparire sotto l’orizzonte.

La mamma, adesso, sta sempre fuori perché lavora in casa di una signora così vecchia e ammalata che non può più camminare. A volte si ferma anche a dormire e la vedo per pochi minuti al mattino quando rientra.“Come va? Hai fatto colazione? E i compiti?”“Tutto a posto”.Mi aiuta a sistemare le cinghie dello zaino, mi fa una carezza e va a dormire.Io esco in fretta e mentre cammino penso che, al suo posto, stanotte ci sono stata io.è lui che vuole farmi dormire nel lettone quando la mamma non c’è.Dice che così l’uomo nero non può portarmi via perché c’è lui che mi difende.“Ma l’uomo nero non esiste!” rispondo.“Eccome se esiste! E poi ci sono i lupi, i diavoli e i vampiri che succhiano il sangue ai bambini! Ma, se sei con me, nessuno potrà farti del male!”Poi mi spoglia e mi abbraccia stretta stretta.“Sei la mia sposina…” sussurra mentre mi accarezza.Io sto ferma mentre lui mi tocca, e anche se ho caldo mi viene da tremare.“Buona… così… sta’ buona …ecco…”Solo dopo avermi bagnato si allontana da me.

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Si corica, chiude gli occhi e mi manda via.“Va’ a lavarti” dice mentre scendo dal letto. Poi si gira dall’altra parte e non mi parla più.Lo specchio del bagno mi rimanda la mia faccia pallida, i riccioli spettinati… Ma la tristezza… no… Quella nessuno la vede. Solo io so che c’è. Solo io.La maestra dice che sono sempre imbronciata e mi sgrida.“Non sei l’unica bambina senza papà!” dice. “Devi fartene una ragione!”“Non è per questo…” rispondo.“E perché, allora? Perché la mamma va a lavorare? Quasi tutte le mamme dei tuoi compagni lavorano, ma nessuno di loro ha il muso lungo come il tuo!”“Ma…”“Niente ma!” grida. “Ti comporti da ragazzina capricciosa e viziata. Finirai per diventare antipatica a tutti!”Allora non le rispondo più. Abbasso la testa e la lascio sfogare sperando, per un po’, di essere lasciata in pace.Lei non sa che davanti agli occhi ho sempre quella faccia e che, quando sono a casa sola con lui, vorrei trasformarmi in un uccellino e volare lontano.Non lo sa perché è solo capace di parlare, parlare, parlare…e non ascolta mai nessuno. Forse nemmeno se stessa.Non capisce niente, la mia maestra. Mi faccio la doccia e poi m’infilo nel mio letto. So che i diavoli non ci sono e che nessun lupo è nascosto nell’armadio. Ma continuo a tremare lo stesso perché ormai lo so: un lupo, in casa mia, c’è, e adesso sta dormendo nel letto della mamma.Un lupo a due zampe.

Quando mi svegliavo presto, al mattino, entravo in punta di piedi nella camera grande e m’infilavo sotto le coperte. Mi riaddormentavo subito, al calduccio fra mamma e papà.Lui era sempre il primo ad alzarsi quando la sveglia suonava. Se mi trovava rannicchiata nel lettone mi faceva il solletico, e le nostre risate disturbavano la mamma che brontolava perché voleva dormire ancora un po’.“Ma siete matti, voi due?!” diceva. “è l’alba!”Zitta zitta salivo sulle spalle di papà e andavamo in cucina a preparare il caffè. Poi lo guardavo mente si faceva la barba e gli dicevo che, con la schiuma bianca, sembrava Babbo Natale.Spremeva le arance per la colazione della mamma, scaldava il latte per me, beveva un altro caffè e si precipitava verso la porta.“è tardi, tardissimo!” borbottava scimmiottando il coniglio di Alice. “Va a finire che mi licenziano!”Sapevo che scherzava: i suoi occhi ridevano.Mi dava un bacio sui capelli e si correva giù per le scale.

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7 Lui ci affonda le mani, nei miei capelli, dice che sono la cosa più bella che ho e, mentre infila le dita nei riccioli, mi mordee mi succhia come fossi un gelato. “Fallo anche tu” dice, “è un gioco divertente…”Se non voglio, lui si arrabbia: mi afferra il viso e se lo preme sulla pancia, con forza, e provo tanta paura che scoppio a piangere.Lui allora urla, dice un mucchio di parolacce e mi molla un paio di ceffoni.Io singhiozzo ancora più forte e tremo come una foglia, ma sono così terrorizzata che faccio tutto ciò che vuole per non farlo arrabbiare ancora di più. A volte, invece, riesco a scappare, corro in camera mia, chiudo a chiave sperando che mi lasci stare, ma un minuto dopo lo sento abbassare la maniglia e la sua voce mi arriva anche se mi tappo le orecchie.“Non fare la sciocchina…” dice. “Stavo solo scherzando…Apri…”Non gli rispondo e me ne sto arrotolata in un angolo, nuda e infreddolita.“Fa’ come vuoi. Ma domani faremo i conti!”So già cosa mi aspetta domani, ma per oggi, almeno, è finita.

Facevamo impazzire la mamma, io e papà, quando giocavamo in casa e correvamo come matti da una stanza all’altra.Se riusciva ad acchiapparmi mi sollevava da terra e mi faceva dondolare come una campana.Ricordo che una volta, mentre facevamo la lotta con i cuscini, uno finì sul lampadario a gocce del salotto e, nel tirarlo giù, la stoffa si lacerò.Una pioggia di piume scese dall’alto e ricoprì il divano, il tavolo, il tappeto persiano.Era divertente stare lì sotto, ma quando arrivò la mamma e vide il guaio che avevamo combinato… apriti cielo! “Adesso le raccogliete tutte dalla prima all’ultima!” gridò e per un’ora restammo in ginocchio a raccattare piume.Quando ci alzammo, con la schiena rotta, m’accorsi che papà ne aveva alcune infilate nei capelli“Sembri un guerriero indiano!” gli dissi e scoppiammo a ridere come pazzi.Anche la mamma rise e il nervoso le passò.Mio padre era sempre allegro e mi portava al parco, alle giostre e ai gonfiabili.In primavera andavamo in campagna e m’insegnava il nome dei fiori e delle piante.Durante l’inverno, invece, facevamo i pupazzi di neve e li vestivamo con vecchi abiti e cappelli di cartone.Quando ero con papà non avevo paura di niente perché, con lui vicino, mi sentivo protetta e sicura.

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9Adesso sento male. Le sue dita sono dure, prepotenti come lui, e ogni volta mi fanno sanguinare.“Non voglio fare questo gioco!” grido, ma lui mi afferra per i capelli e mi scuote come fossi un burattino.Non posso neppure più scappare in camera mia perché lui ha tolto la chiave e l’ha nascosta. Allora grido, corro per tutte le stanze, ma lui riesce sempre ad acchiapparmi.Così mi sento in gabbia come un uccellino che si lancia contro le sbarre della prigione e, anche se sa che si spezzerà le ali e non potrà volare mai più, continua a provarci.“Lo dico alla mamma!” singhiozzo quando mi trascina in camera.“Provaci…” urla, “ e vedrai… cosa ti succede!”Poi mi picchia.Ma ora, quando gli grido: “Glielo dico lo stesso!”, si mette a ridere.“Ma la mamma lo sa!” risponde.“Non è vero, sei un bugiardo!”“E invece sì. Ed è molto contenta perché anche a lei piace tanto giocare con me!”Non so cosa rispondere. E se fosse vero? mi chiedo. Se la mamma sapesse e fosse d’accordo? Se…Mi sento il fuoco nella testa e non so più cosa pensare. Ma a chi posso raccontarlo, allora? C’è qualcuno che mi vuole ascoltare? E se lui dicesse che sono io a voler giocare così? Oppure che mi sono inventata queste fantasie e ho raccontato un sacco di frottole?I grandi vogliono sempre aver ragione, lo so, e tutti crederebbero a lui, non a me, e farei la figura della bugiarda.Sono solo una bambina….No. Meglio stare zitta. Anche la mamma si arrabbierebbe moltissimo e mi direbbe che sono cattiva mentre lui, invece, è gentile e generoso perché mi compra tante bambole e mi ha anche regalato un gattino. Però era meglio se lo lasciava dove l’aveva trovato, povera bestiola, perché l’afferra per il collo e lo lancia sul terrazzo, gli tira la coda e ride quando il gattino piange come un bambino.

“Papà… un cane abbandonato…”Stavamo tornando da una gita in montagna e ci eravamo fermati all’autogrill per mangiare un panino. La neve era stata spalata e nello spiazzo c’erano collinette bianche spruzzate di terra e sale.Il cane, nero e marrone, teneva le orecchie basse e ogni tanto sollevava la testa e osservava la gente che passava. Guaiva piano, come un cucciolo, anche se un cucciolo non era più perché il suo pelo era secco e gli occhi vecchi e tristi.

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Papà si avvicinò, gli fece annusare le mani e cominciò ad accarezzarlo piano piano sulla testa. Poi gli grattò la gola e il cane sollevò il muso da terra e gli leccò le dita.“Non ha collare” disse papà. “L’hanno lasciato a morire in autostrada…”“Allora?” “Allora…”“Possiamo…?”Mi fissò negli occhi, serio. Poi guardò di nuovo il cane. E ancora me.“Lo prendiamo noi…” disse. “L’unico problema è…”“La mamma?” sussurrai pensando che cambiasse idea.“Già. Non vuole bestie in casa…”“E…”“E noi lo prendiamo lo stesso. Brontolerà per un po’, ma dopo….”Lo caricammo in macchina e lo portammo subito dal veterinario.“è un cane molto vecchio” ci disse mentre gli osservava i denti. “E anche ammalato. In più è denutrito. Ha bisogno di flebo e di un’alimentazione particolare. Sarebbe meglio portarlo al canile…”Invece Barone restò con noi e anche la mamma, dopo aver brontolato un po’, lo accettò in casa e si prese cura di lui.Ogni giorno io e papà lo portavamo a passeggio nel parco, ma Barone non correva con gli altri cani. Se ne stava accucciato sotto un albero, con la lingua penzoloni, e quando l’abbracciavo e lo baciavo appoggiava la testa sulle mie ginocchia e mi leccava le mani.Una mattina non si svegliò più. Lo avvolgemmo in una coperta e andammo in campagna. Era primavera e i prati erano verdi d’erba e colorati di fiori. Papà scavò una buca e lo depose dentro. Lo ricoprì di calce perché gli animali del bosco non sentissero il suo odore e poi riempì la buca.Io e la mamma piangevamo in silenzio.

Lui, anche se non lavora, ha sempre un mucchio di soldi in tasca e io non riesco a capire come fa ad essere così ricco.Vorrei chiederglielo, ma la mamma dice che non devo fare domande perché lei guadagna poco e, se non fosse per lui che paga l’affitto e il mangiare, vivremmo sotto un ponte.“Ubbidisci e non contraddirlo…” mi raccomanda sempre prima di uscire. Allora è proprio vero che lei lo sa! penso. Lui non mi ha detto una bugia, stavolta!Anche se questa idea fissa mi fa star male da morire, e non mi lascia dormire alla notte, non ho più alcun dubbio: la mamma vuole che continui a giocare altrimenti lui ci sbatte in strada e restiamo senza cibo.

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E questa, per lei, è la cosa più importante. Molto più di me. Adesso ha comprato una videocamera e vuole riprendermi nuda o vestita di veli e mutandine di pizzo nero. “Non voglio fare l’indossatrice…” rispondo. “Da grande studierò per diventare veterinaria!”“Bene” risponde. “Allora cominciamo a tagliare a pezzi il gattino per vedere com’è fatto dentro!”“NO!” urlo.“Allora ubbidisci”.Poi mi fa vedere delle immagini che tiene chiuse a chiave nella scrivania e dei filmini in cui ci sono bambine e maschietti nudi in posizioni strane mentre giocano con uomini grandi.Io provo tanta vergogna e gli dico che non voglio fare quelle cose, ma lui mi molla un ceffone e mi costringe a spogliarmi.“Vedi come sei bella?” dice poi mostrandomi le foto. Io faccio sì con la testa, ma chiudo gli occhi perché non voglio vedere.

Le foto che guardo sono quelle che tengo nella scatola segreta, nascosta dietro la libreria in camera mia. Sono quelle che mi ha fatto papà. Quando andavamo in vacanza portava sempre con sé la macchina fotografica e mentre sciavo o nuotavo lui scattava una foto dietro l’altra.Mi piace tuffare le mani nella mia scatola e vedermi in tuta sullo slittino o mentre annaspo in mare con un salvagente a forma di draghetto.Ci sono anche le foto dei miei compleanni, mentre spengo le candeline, e quelle del primo giorno di scuola. Ricordo benissimo il momento in cui papà me le ha fatte.Eravamo in cortile e in terra c’erano già tante foglie secche e pozzanghere d’acqua in cui danzavano fiori appassiti. I bambini grandi salutavano i compagni e le mamme rincorrevano i più piccini.Io stringevo forte la mano di papà e cercavo di ricacciare indietro le lacrime prepotenti che volevano, a tutti i costi, uscirmi dagli occhi.Allora lui si mise la mano in tasca e tirò fuori una ranocchia verde e gialla. Le schiacciò la pancia e un cra-cra uscì dalla bocca spalancata. Io risi.“Tienila” disse papà. “Ti farà compagnia”.Io la presi e le lacrime restarono nascoste dietro gli occhi.

Con lui, oggi, c’è un altro uomo.“è un mio amico” dice. “Sii gentile con lui”Cosa vuol dire essere gentile? Gli dico buongiorno, faccio un sorriso e penso di essere stata educata proprio come lui si aspetta da me.Me ne torno in cameretta a fare i compiti e a giocare col gattino, poi mi butto sul letto e nascondo la testa sotto il cuscino per non sentire le loro risate che trapassano i muri.

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Ma la porta si apre e lui entra col suo amico.Tiene in mano le mie foto e l’altro, mentre le guarda, diventa rosso-lucido in faccia e si passa la lingua sulle labbra.“Belle” dice. “Belle”.Poi si volta verso di me.“Fatti vedere anche da me… ho un bel regalino…”Io resto muta, immobile e non riesco ancora a capire.Vuol farmi le foto anche lui?Salto giù dal letto e m’avvicino alla porta, ma una mano mi blocca e mi trascina in mezzo alla stanza.“Hai sentito il mio amico? Spogliati!”Comincio a singhiozzare.Lui afferra il gattino per la coda e spalanca la finestra. “Vuoi vederlo volare?”Mi asciugo le lacrime e faccio segno di no con la testa.Mi spoglio e chiudo gli occhi: ho capito cosa vuole il suo amico da me e mi lascio cadere sul letto senza fare altre storie.Mentre l’uomo mi tocca, mi accarezza e mi bacia, penso di meritare tutto questo.è colpa mia: dovevo dirglielo subito che questo gioco non mi piaceva, dovevo raccontare tutto alla mamma fin dalla prima volta…Ma poi mi ritornano alla mente le sue parole: “Ubbidisci e non contraddirlo!” e mi sembra di essere in una stanza buia, senza porte né finestre.

A papà piaceva giocare a pallone e al sabato si allenava nel campetto del quartiere. Faceva giocare anche me e i miei amici e quando segnavo un goal urlava “Brava!” e mi abbracciava stretta stretta.A volte stavo in porta e lui, spesso, tirava piano per farmi parare.Fra qualche anno t’iscrivo ad una squadra di calcio femminile, diceva, perché il tuo vecchio padre non sa più insegnarti niente.Invece era bravissimo e quando faceva una partita coi suoi amici era il migliore in campo.Io stavo seduta sulle gradinate con gli altri bambini e urlavo come una pazza ogni volta che papà tirava in porta.Lui si girava dalla mia parte e alzava due dita in segno di vittoria.Poi andavamo tutti insieme a mangiare la pizza e stavamo alzati fino a mezzanotte.

Non mi piace più andare a scuola. Faccio sempre un mucchio di errori e la maestra mi sgrida.“Sta’ attenta!” urla quando s’accorge che guardo fuori dalla finestra e non seguo le spiegazioni.“Dammi il diario!” grida quando non riesco a ripetere la lezione.Quasi ogni giorno prendo una nota o un brutto voto,

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ma la mamma non lo sa perché io strappo le pagine e cancello le note.Oggi c’è una supplente giovane perché la maestra è ammalata e, quando la guardo, m’accorgo che mi fissa.“Mi sembri triste, pensierosa… che hai?” mi chiede durante la ricreazione.Scuoto la testa. Che posso fare? Raccontarle i miei giochi? Dirle che non mi piacciono, ma che li devo fare lo stesso…altrimenti, la mamma si arrabbia perché non sa dove andare ad abitare? Che lui mi butta il gattino dalla finestra? La guardo ancora.Lei mi sorride.Mi alzo dal banco, faccio due passi verso la cattedra…poi mi fermo, torno indietro e mi siedo al mio posto.No, non posso. Mi vergogno a parlare di queste cose e poi…ho paura, troppa paura che lui lo venga a sapere.Mi ammazzerebbe di botte!

Papà era orgoglioso di me: sfogliava i miei quaderni, disegnava con me e mi faceva imparare a memoria le poesie.“Com’è andata oggi?” chiedeva quando veniva ad aspettarmi all’uscita.“Bene”. Andava sempre bene. Mi piaceva stare con le compagne, andare a mensa, giocare in cortile durante la ricreazione, leggere, dipingere.Tutte le sere papà mi leggeva una storia nuova: ora erano le fate che sconfiggevano gli orchi, ora le streghe che combattevano contro i maghi, ora i draghi che sputavano fiamme sui folletti.Sfogliavamo libri illustrati, ascoltavamo la musica, giocavamo a dama e persino a scacchi.Ogni giorno era una festa e tutte le sere m’addormentavo sperando che il sole del giorno dopo s’alzasse presto.

Adesso non riesco più a prendere sonno. Sento tutti i rumori della notte: una porta che cigola, un autobus che frena, l’ascensore che sale.Resto con gli occhi spalancati nel buio della mia stanza e seguo le ombre e le luci che vanno e vengono sulle pareti. Sono i fari delle auto e delle moto, lo so, ma ai miei occhi diventano fantasmi che si rincorrono nel buio e vogliono acchiapparmi.Allora chiudo gli occhi, ma subito m’appare la sua faccia e quella del suo amico, e mi viene da piangere e da gridare.Mi alzo, vado in cucina, bevo un po’ d’acqua e prendo il gattino che dorme nella cesta sotto il tavolo. Zitta zitta torno a letto e lo infilo sotto le coperte. Lui comincia a ronfare dalla gioia, poi si accoccola sulle mie ginocchia e s’addormenta.Beato te! penso mentre gli accarezzo il pelo. Beato te!

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Stanotte fa caldo, così vado in bagno a rinfrescarmi. Poi mi guardo allo specchio e quasi non mi riconosco più. Sono dimagrita e i miei occhi sembrano quelli di una bambola che sa solo aprire e chiudere le palpebre, ma è incapace di vedere.Mi passo una mano fra i capelli, biondi e ricci come quelli di papà, con lunghe ciocche chiare e striature dorate.“è la cosa più bella che hai…” ha detto lui e, mentre ripenso a queste parole, capisco cosa devo fare.Mezz’ora dopo una massa di riccioli riempie il lavabo e la mia testa assomiglia ad un pagliaio in cui il contadino ha ammassato steli secchi e aggrovigliati.“è finita” sussurro alla mia immagine riflessa nello specchio. “…Finalmente è finita. Adesso che sono diventata brutta lui non mi vorrà più… e neppure il suo amico…”.La mamma mi guarda, spalanca la bocca per dire qualcosa, ma poi cambia idea e mi molla un ceffone.Io sbatto la fronte sulla tazza, comincio a piangere e a urlare e butto all’aria tutto quello che c’è sul tavolo.Mi arriva un altro ceffone, più forte del primo, e io urlo ancora di più.Allora lui viene in cucina.Mi osserva e scoppia a ridere.“Sembri un bel maschietto!” dice. “Niente male, niente male. Oggi ti porterò dalla parrucchiera per farti aggiustare il taglio, ma i capelli corti, tutto sommato, ti donano molto!”La mamma scrolla le spalle ed esce per andare al lavoro.

Papà non voleva che mi tagliassi i capelli e gli piacevano sciolti sulle spalle.Diceva che sembravano una mantella d’oro e che il sole, ogni mattina, nascondeva uno dei suoi raggi fra i miei riccioli.Allora io scuotevo la testa perché volevo far uscire il raggio, ma quello restava lì, nascosto fra i capelli, e solo alla sera il sole passava a riprenderlo prima di tuffarsi sotto il mare.Al mare, invece, portavo la coda o i codini e quando uscivo dall’acqua le gocce che mi scendevano dai riccioli sembravano perle grosse e lucenti, simili a quelle delle collane che le sirene portano al collo.Una volta, prima che papà partisse per un viaggio, mi tagliai un ricciolo e glielo posai in mano, ridendo, e lui restò immobile, con quel ciuffetto fra le dita, e non riuscì a dire nemmeno una parola.“Portalo con te” gli dissi. “Così puoi vederlo quando vuoi”.Lui si chinò su di me e mi abbracciò, poi mise in ricciolo in un piccolo portafoto e lo infilò nel taschino della giacca. Quel ricciolo ce l’ho io. è nella scatola dei ricordi e non lo butterò mai via.Quelli che ho tagliato adesso, invece, li ho gettati nel secchio

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della spazzatura perché li ha toccati il lupo a due zampe, non il mio papà.

Adesso lui, ogni giorno, porta un amico nuovo. A volte ne porta anche due insieme.Non mi ribello più perché ho capito che è inutile: anche se urlo e scappo, quelli sono più forti di me e mi acchiappano in ogni nascondiglio.Lui, quando non ubbidisco, mi picchia forte e ogni volta minaccia di buttare il gattino nella lavatrice o nel forno.“Vuoi un gattino arrosto per cena?” e ride a bocca spalancata mentre i suoi occhi diventano ancora più cattivi.Quei signori mi fanno tanti regali, mi dicono che sono carina e che da grande potrò guadagnare tanti soldi. Io non rispondo, ma faccio di sì con la testa per accontentarli.Lui scatta sempre tante foto, mi chiede anche di sorridere, ma io faccio finta di non sentire e me ne sto con gli occhi chiusi, distesa sul letto, mentre gli uomini giocano col mio corpo.A volte sogno di volare via, fingo di essere dentro l’acqua o su un prato colorato di fiori… Vorrei anche tapparmi le orecchie per non sentire le parolacce che mi sussurrano, i sospiri, i gemiti… ma non posso. Quelli mi arrivano dentroe mi s’appiccicano nella testa, mi rubano la voglia di vivere e mi sporcano il cuore come gli spruzzi che m’imbrattano il corpo e di cui mi resta addosso l’odore anche dopo la doccia.Sono artigli di un’aquila le dita che mi frugano dentro e mi dilaniano… sono tentacoli di una piovra le bocche che s’appiccicano al mio corpo e lo risucchiano… sono zanne di lupo i denti che mordono la mia carne e la divorano…Allora penso di essere nell’antro di una strega e, mentre combatto contro animali feroci che mi vogliono fare a brandelli, arriva un cavaliere con l’armatura e li uccide tutti.E quando si toglie l’elmo… lo riconosco.“Papà…” sussurro. “Papà… Dove sei? Ritorna…”è lontano lui e non può fare niente per me. Lo so.Ma il suo ricordo è tutto ciò che mi resta. Per continuare a vivere.

Quando papà si ammalò, lo portarono all’ospedale per operarlo e per tanto tempo non riuscii a parlargli. Era in una stanza silenziosa e i medici gli giravano intorno come angeli vestiti di bianco. Lui se ne stava lì, grigio come una statua di pietra, coperto da un lenzuolo e da un telo verde. Sulla testa, al posto dei capelli, aveva una benda bianca che lo avvolgeva fino agli occhi. Io lo guardavo da una vetrata, schiacciando il naso fino a farmi male, e lo chiamavo piano sperando che lui sentisse. Poi lo portarono in corsia, ma diventava ogni giorno più pallido e magro e aveva tanti aghi conficcati nelle braccia

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e nel collo. Un giorno gli chiesi perché si era tagliato i capelli e lui mi rispose che li aveva regalati ad una rondine perché preparasse il nido per i suoi piccoli.Io mi accorgevo che stava male e non mangiava più, ma lui continuava a sorridere e mi raccontava storie buffe sui dottori e gl’infermieri.Io stavo ore intere seduta sul suo letto e mentre gli parlavo lui stringeva piano la mia mano.“Sarai sempre la mia principessa…” disse una sera, e nella notte morì.

“Bimbo incustodito precipita dalla finestra. Inutili i soccorsi”.Lo leggo mentre passo davanti all’edicola e non riesco a pensare ad altro. Adesso i suoi genitori piangeranno, mi dico, ma lui non sente più niente. Chi piangerebbe per me?Papà no. Sono io che ho pianto per lui.La mamma? Forse. Ma non me ne importa niente perché non mi vuole più bene. Così, mentre la maestra spiega grammatica, immagino di morire anch’io.Posso scavalcare il poggiolo e lasciarmi cadere nel vuoto, penso, oppure ingoiare una scatola intera di medicinali, o buttarmi dal ponte quando il fiume è in piena…“Che hai da sorridere?” mi urla la maestra. “Ti conviene stare attenta perché poi t’interrogo…”Non le rispondo. Non m’accorgo di sorridere. Però mi sento felice, leggera come una piuma. Domani sarò una nuvola, o un fiore, o una goccia d’acqua. O un uccellino fuggito dalla gabbia.Quando suonano alla porta, non scappo, non mi nascondo.“E’ l’ultima volta” penso. “Domani sarà tutto finito”.Lui mi ha fa spogliare e, mentre il suo amico gioca col mio corpo, comincia a scattare foto e a filmare le mani grasse e pelose che mi frugavano dentro.Nessuno sente lo scatto della chiave nella serratura.Nessuno s’accorge che una mano abbassa la maniglia della porta. Nessuno.Solo io.Solo io sento.Solo io vedo il viso della mamma affacciarsi nella penombra e subito ritrarsi.Un minuto come un’eternità e poi… La mamma spalanca la porta ed entraMi guarda. Poi i suoi occhi si spostano sui due uomini.L’aria è immobile e si sentono solo i nostri respiri.Mentre la mamma viene verso di me, lui e l’altro scivolano dal letto come serpenti velenosi e s’addossano alla parete. Li guardo.

I visi sudati hanno il colore della cenere. Una bava giallastra, mischiata a suoni simili a grugniti, cola dalle loro labbraFissano la mamma e i loro occhi, dilatati dal terrore, sono incatenati alla sua mano. Lei, adesso, è accanto a me.Mi copre col lenzuolo e con un braccio mi stringe a sé. Con uno solo, perché l’altro è teso in avanti, rigido e immobile come il ramo di una quercia.è un’orsa furiosa, adesso, e io, rannicchiata contro il suo corpo, sento profumo di latte e miele.Anche la voce è il ringhio di un animale ferito a morte.Le abbraccio i fianchi.Lei mi guarda, poi i suoi occhi si spostano sui due… Adesso, senza artigli e senza zanne, strisciano verso la porta e belano come agnelli inseguiti dal lupo.Mi stringo a lei.Mi stringe a sé.La sua mano vibra e le parole che le escono dalla bocca, dure come l’acciaio, assomigliano allo schiocco di una frusta che lacera l’aria.O all’esplosione di proiettili che precedono la puzza della morte…. e il profumo del silenzio.

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‘Ven que te voy a bañar dice cuando mamá no está.‘Estoy limpia’ y le enseño mis manos.‘¿Tienes miedo del agua?’ y me empuja hacia el cuarto de baño.Mientras la espuma crece, él me levanta y me sumerge entre las burbujas en las que brillan miles de arco iris. Luego se desnuda y se mete conmigo en la bañera.Cierro los ojosNo me gusta verlo desnudoEres una tontita... sus ojos se enrojecen y su mirada cambia.Me acaricia la espalda, luego baja la mano y sus dedos se muevan lentamente hasta ahí...Yo me quedo inmóvil como una estatua y aprieto todo lo que puedo, pero él se pone nervioso.‘¡Siéntate encima mío!’Me asusta su voz, pero sobretodo me da miedo la luz oscura que se filtra a través de sus ojos entrecerrados.Aguanto la respiración y espero.Cuando un chorrito tibio y viscoso se me pega encima todo ha terminado.Ahora está contento.‘Aclaráte’ dice saliendo de la bañera.Yo tengo las piernas rígidas pero estoy contenta de que el juego se haya acabado por hoy.‘Vístete. Salimos’Por la calle me coge de la mano.Hoy te has portado bien, te mereces un helado.A veces vamos a los grandes almacenes y me compra un peluche o un vestido.‘No le digas nada a nadie de nuestro juego’ me dice antes de entrar en casa.Asiento con la cabeza, luego toco el timbre y espero a que mamá abra la puerta.

Papá no hacía eso.Me frotaba fuerte con la esponja, me lavaba el pelo con un chapmpú delicado y se reía mucho cuando lo salpicaba con agua.Después me envolvía con el albornoz, me vestía rápido para que no cogiera frío y me secaba el pelo con el secador.‘¿Le has robado los rizos a la princesa?’ Decía mientras me peinaba con el cepillo de mamá.De sus manos, como por arte de magia, salía siempre una sorpresa. A veces un huevo de chocolate, otras una caja de pinturas u otras un libro de figuras.Cuando estábamos solos hacía la cena, me ayudaba con las tareas y repasaba conmigo la lección.Yo era feliz cuando estaba mi papá.

En la cama dónde antes dormía papá, ahora está él.A veces, cuando no consigo dormirme, lo oigo gritar.‘¡ Eres una quejica!, ¡Nunca tienes ganas!’‘Calla, que vas a despertar a la niña’‘Y qué más da’Como las olas del mar me llegan los sollozos de mamá.Luego el silencio bañado en lágrimas me trae el bramido de un toro antes de atacar al torero.

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Pero no hay ningún toro en casa, está sólo él que quiere jugar con mamá al juego de la bañera.Yo querría consolarla, decirle que no llore, que al final no duele tanto, pero él...’es nuestro secreto...si no lo mantienes...’ dice siempre.Así que tengo miedo a que me castigue si hablo, y me quedo callada.

Antes mamá sonreía siempre y canturreaba mientras limpiaba la casa o cocinaba.Mi padre, en cambio, estaba desafinadísimo, pero tocaba la guitarra.En verano cuando íbamos al camping, los amigos venían a nuestro lugar y cantabamos a pleno pulmón hasta la medianoche.Luego mamá hacía espaguetis para todos y papá llenaba de vino fresquito los vasos de papel.Yo intento no pensar en aquellos anos, porque los recuerdos me ponen triste. Me basta con el canto de una cigarra para reencontrarme en el pinar coloreado por las tiendas de campaña... Basta un atardecer para ver el sol redondo y rojo como entonces, deslizarse tras el mar y desaparecer bajo el horizonte.

Mamá ahora está siempre fuera porque trabaja en casa de una señora tan vieja que no puede ni caminar. A veces se queda también a dormir y la veo pocos minutos por la mañana cuando vuelve.‘¿Cómo estás?’ ¿Has desayunado? ¿Y las tareas?’‘Todo hecho’Me ayuda a colocar las tiras de la mochila, me acaricia y se va a dormir.Yo salgo deprisa, y mientras camino pienso que, esta nohe, en su lugar estuve yo.Es él el que me quiere hacer dormir en su cama cuando mamá no esta. Dice que así el hombre del saco no se me puede llevar porque esta él para defenderme.‘¡ Pero si el hombre del saco no existe!’ le respondo yo.‘¡Y tanto que existe! Y ademas estan los lobos, los diablos y los vampiros que les chupan la sangre a los niños! Pero si estás conmigo, nadie podrá hacerte daño.Después me desnuda y me abraza fuerte.Eres mi mujercita...susurra mientras me acaricia.Yo estoy quieta mientras me toca y aunque tengo calor empiezo a temblar.Sé buena...así...muy bien...Sólo después de haberme mojado se aleja de mi, se mete en la cama, cierra los ojos y me manda fuera.‘Ve a lavarte’ dice mientras bajo de la cama. Luego se gira hacia el otro lado y no me habla más.El espejo del baño refleja mi cara pálida y mis rizos despeinados...Pero la tristeza no...esa nadie la puede ver. Sólo yo se que está. Sólo yo.La maestra dice que estoy siempre malhumorada y me grita.‘No eres la única niña sin padre!’ dice. ‘Tienes que acostumbrarte’‘No es eso...’ contesto.‘¿Entonces por que? ¿Porque tu mamá va a trabajar? ¡Casi todas las mamás de tus compañeros trabajan, pero ninguno de ellos pone la cara larga como la tuya!’‘Pero...’‘¡Nada de peros!’ grita. ‘Te comportas como una niña caprichosa

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y mimada. ¡Acabarás cayéndole mal a todos!’Entonces no respondo nada más. Bajo la cabeza y la dejo desfogarse esperando que me deje en paz.Ella no sabe que delante de mi tengo siempre esa cara. Y que, cuando estoy sola con él, querría convertirme en un pajarillo y volar lejos.No lo sabe porque sólo sabe hablar, hablar, hablar...Y no escucha nunca a nadie. Alomejor ni si quiera a sí misma.No entiende nada mi maestra.Me doy una ducha y me meto en mi cama, se que los diablos no están y que no hay ningún lobo escondido en el armario. Pero sigo temblando igual porque ahora ya se qué lobo hay en mi casa, y que ahora está durmiendo en la cama de mamá.Un lobo a dos patas.

Cuando me despertaba pronto por la mañana, entraba de puntillas en el cuarto de papá y mamá y me metía bajo las sabanas. Me volvía a dormir enseguida al calorcito entre ellos dos.Él era siempre el primero en levantarse cuando sonaba el despertador .Si me encontraba acurrucada en su cama, me hacía cosquillas y nuestras risas despertaban a mamá que refunfuñaba porque quería dormir un poco más.‘¿Pero estáis locos vosotros dos?. ¡Apenas está amaneciendo!’En silencio me subía a caballito a papá e íbamos a la cocina a preparar café. Luego lo observaba mientras se afeitaba y le decía que, con la espuma blanca, parecía Papá Noel.Exprimía naranjas para el desayuno de mamá, calentaba la leche para mí, se bebía otro café y se marchaba hacia la puerta.‘¡Es tarde, tardísimo!’ Murmullaba imitando el conejito de Alicia. ¡Me despedirán!’Yo sabia que bromeaba, sus ojos sonreían.Me daba un beso en el pelo y corría escaleras abajo.

Él hunde sus manos en mi pelo, dice que son lo más bonito que tengo y, mientras mete sus dedos entre mis rizos, me muerde y me chupa como si fuese un helado.‘Hazlo tu también’ dice. ‘Es un juego divertido’Si no quiero se enfada, me coge la cara y la aprieta contra su barriga con fuerza, y tengo tanto miedo que me pongo a llorar.Él entonces grita, dice un monton de palabrotas y me da un par de bofetadas.Yo lloro todavía más fuerte y tiemblo como una hoja, pero tengo tanto miedo que hago todo lo que quiere para no hacerlo enfadar más.A veces, en cambio, consigo escapar, corro hacia mi cuarto, cierro con llave esperando que me deje en paz, pero un minuto más tarde lo oigo mover el pomo de la puerta y oigo su voz aunque me esté tapando los oidos.‘No hagas la tontita...’ dice. ‘Sólo estaba bromeando...abre’.No le contesto y me quedo encogida en un rincón, desnuda y muerta de frío.‘Haz lo que quieras. ¡Pero mañana pasaremos cuentas!’Ya se lo que me espera mañana, por hoy, al menos, se acabó.

Hacíamos volver loca a mamá, papá y yo, cuando jugábamos en casa como locos de una habitación a otra.Si conseguía cogerme, me levantaba el suelo y me balanceaba como una campana.

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Recuerdo que una vez, mientras hacíamos una guerra de almohadas, una acabó sobre la lámpara de cristal del salón, y al estirarlo hacia abajo, la tela se rasgó.Una lluvia de plumas cayó de lo alto cubriendo el sofá, la mesa y la alfombra persa.Era divertido estar alli debajo, pero cuando llegó mamá y vio el desastre que habíamos armado... ¡tierra tragame!‘Ahora las recogéis todas, de la primera a la última!’ gritó.Y estuvimos una hora arrodillados recogiendo plumas.Cuando nos alzamos con la espalda destrozada, me di cuenta de que papá tenía algunas enganchadas en el pelo.‘¡Pareces un guerrero indio!’ le dije, y nos pusimos los dos a reir.También mamá se rió y se le pasó el enfado.Mi padre siempre estaba contento, me llevaba al parque, a las atracciones y a los castillos hinchables.En primavera íbamos al campo y me enseñaba el nombre de las plantas y las flores.En cambio durante el invierno hacíamos muñecos de nieve y los vestíamos con ropas viejas y sombreros de cartón.Cuando estaba papa yo no tenía miedo de nada, porque con él cerca me sentía protegida y segura.

Ahora me siento mal. Sus dedos son duros, prepotentes como él, y cada vez me hacen sangrar.‘¡No quiero jugar a este juego!’ grito, pero él me agarra por el pelo y me agita como si fuera una marioneta.Ni siquiera puedo escapar a mi habitacion porque él ha cogido la llave y la ha escondido.Entonces grito, corro por todas las habitaciones, pero él siempre consigue atraparme.Me siento en una jaula como un pajarillo que se lanza contra los barrotes de la prisión, y anunque sabe que se destrozará las alas y no podrá volar nunca más, continúa intentándolo.‘¡Se lo diré a mamá!’ sollozo cuando me arrastra hasta la habitación.‘Inténtalo...’grita, ‘¡y verás...lo que te pasa!’Entonces me pega.Pero ahora, cuando le grito: ‘¡Se lo diré igualmente!’, se pone a reir.‘¡Mamá lo sabe todo!’ responde.‘¡No es verdad, eres un mentiroso!’¡Si que es verdad, y esta muy contenta porque a ella también le gusta mucho jugar conmigo!’No se que contestar.¿Y si fuera verdad? me pregunto. ¿Y si mamá lo supiese todo y estuviese de acuerdo?Y si...Siento como mi cabeza arde y ya no se qué pensar. Pero, ¿a quién puedo contarselo entonces? ¿Hay alguien que me quiera escuchar? ¿Y si él dijera que soy yo la que quiere jugar asi? ¿O incluso que me invente todas estas fantasias y que digo un montón de mentiras?Los mayores quieren siempre tener razon, lo sé, y todos le creerían a él y no a mi, y entonces quedaría como una mentirosa.Soy sólo una niña...No. Mejor quedarse callada. También mamá se enfadaría muchísimo y me diría que soy mala, cuando él es amamble y generoso, porque me compra un montón de muñecas e incluso me ha regalado un gatito.Pero habría sido mejor si lo hubese dejado donde lo encontró, pobre

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animalito, porque lo agarra por el cuello y lo tira a la terraza, le estira de la cola y se rie cuando el gatito llora como un bebé.

‘Papá...un perro abandonado’.Volvíamos de una excursión en la montaña y nos habíamos parado en la estación de servicio a comer algo. Habían retirado la nieve, y había montañitas blancas cubiertas de tierra y sal.El perro, marrón y negro, tenía las orejas hacia a bajo y de vez en cuando levantaba la cabeza y observaba a la gente pasar.Ladraba bajito, como un cachorro, a pesar de no serlo porque tenía el pelo gastado y los ojos viejos y tristes. Papá se acercó, le hizo oler sus manos y le empezó a acariciar poco a poco la cabeza.Luego le rascó el cuello y el perro levantó el hocico y le lamió los dedos.‘No tiene collar’ dijo papá. ‘Lo han dejado morir en la autopista’.‘¿Y entonces?’‘Entonces...’‘¿Podemos...?’Me miró fijamente a los ojos, serio. Luego miró al perro. De nuevo me miró a mi.‘Nos lo llevaremos...’ dijo. ‘El único problema es...’‘¿Mamá?’ susurré pensando que cambiaría de idea.‘Sí. No quiere animales en casa...’‘Y...’‘Y nos lo llevaremos igualmente. Se quejará un poco, pero luego...’Lo subimos al coche y nos lo llevamos en seguida al veterinario.‘Es un perro muy viejo’ nos dijo mientras le miraba los dientes. ‘Y también está enfermo. A parte de malnutrido. Necesita suero y una alimentación especial. Sería mejor llevarlo a la perrera...’En cambio Barón se quedó con nosotros e incluso mamá, después de refunfuñar un poco, lo aceptó en casa y lo cuidó.Cada día papá y yo nos lo llevabamos a pasear al parque, pero Barón no corría como los demás perros. Se quedaba acurrucado bajo un árbol, con la lengua colgando, y cuando lo abrazaba y le daba besos, apoyaba la cabeza sobre mis rodillas y me lamía las manos.Una mañana no se despertó. Lo envolvimos con una manta y nos fuimos al campo. Era primavera y los prados estaban verdes y colorados.Papá cavó un hoyo y lo metió dentro. Lo cubrió de cal para que los animales del bosque no sientieran su olor y luego tapó el hoyo.Mamá y yo lloramos en silencio.

Él, aunque no trabaja, siempre tiene un montón de dinero en el bolsillo, y yo no llego a entender cómo puede ser tan rico.Querría preguntárselo, pero mamá dice que no debo hacer preguntas porque ella gana poco, y si no fuera por él que paga el alquiler y la comida, estaríamos viviendo debajo de un puente.‘Obedece y no le contradigas...’ me dice siempre antes de irse.Entonces es verdad que ella lo sabe! Pienso. ¡Esta vez no me dijo ninguna mentira!Aunque esta idea haga que me sienta fatal, y no me deja dormir por las noches, ya no tengo dudas: mamá quiere que siga jugando, o de lo contrario él nos dejará en la calle y nos quedaremos sin comida.Y esto, para ella, es lo más importante. Mucho más que yo.Ahora ha comprado una camara de video y quiere filmarme desnuda

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o vestida con velos y braguitas de encaje negro.‘No quiero hacer la modelo...’ le digo. ‘De mayor estudiaré para ser veterinaria’‘Bien’ contesta. ‘¡Entonces empezaremos a cortar a trocitos al gatito para ver cómo es por dentro!’‘¡NO!’ grito.‘¡Entonces obedece!’Luego me hace ver las fotos que tiene guardadas bajo llave en su escritorio y videos donde salen niñas y niños en posturas extrañas mientras juegan con señores mayores.Yo siento mucha vergüenza y le digo que no quiero hacer esas cosas, pero el me da una bofetada y me obliga a desnudarme.‘¿Ves que guapa eres?’ dice después enseñádome las fotos.Yo asiento con la cabeza, pero cierro los ojos porque no quiero verlas.

Las fotos que miro son las que tengo en una caja secreta detrás de la librería de mi habitación.Las que me hizo papá. Cuando íbamos de vacaciones llevaba siempre la cámara y mientras nadaba o esquiaba, él me hacia una foto tras otra.Me gusta rebuscar en la caja y verme en el tobogán o intentando mantenerme a flote con el flotador con forma de dragoncito.También hay fotos de mis cumpleaños, apagnado las velitas, y las de mi primer día de escuela.Me acuerdo perfectamente de cuando me las hizo.Estábamos en el patio y por el suelo estaba lleno de hojas secas y charcos en los que nadavan flores marchitas. Los niños mayores saludaban a sus compañeros y las mamás corrían detrás de los maás pequeños.Yo, apretando fuerte la mano de papá intentava controlar las lágrimas que querían a toda costa salir de mis ojos.Entonces él se metió la mano en el bolsillo y sacó una rana verde y amarilla. Le apretó la barriga y sonó un ‘croac’ de su boca abierta. Me reí.‘Quédatela’ dijo papá. ‘Te hará compañía’.La cogí y mis lágrimas se quedaron escondidas tras mis ojos.

Hoy esta con él otro hombre.‘Es un amigo mio’ dice. ‘Se amable con él’.¿Que quiere decir con ser amable?Le doy los buenos días, sonrío y creo haber sido educada exactamente como él espera.Vuelvo a mi habitación para hacer los deberes y jugar con el gatito, luego me estiro en la cama y me tapo la cabeza con la almohada para no oír sus risas que atraviesan las paredes.Pero la puerta se abre y entra él con su amigo.Tiene en la mano mis fotos y al otro se le pone la cara roja y se pasa la lengua por los labios mientras las mira.‘Bonitas’ dice. ‘Bonitas’.Luego se vuelve hacia mi.‘Déjame verte a mi también...tengo un regalito’Yo me quedo muda, inmóvil y no consigo entender.¿Quiere hacerme fotos él también?Bajo de la cama, y me voy hacia la puerta, pero una mano me para y

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me arrastra al centro de la habitación.‘¿Has oido a mi amigo? ¡Desnúdate!’Empiezo a sollozar.El coge el gatito por la cola y abre la ventana.‘¿Quieres verlo volar?’Me seco las lágrimas y digo que no con la cabeza.Me desnudo y cierro los ojos: ya entendí que quiere su amigo de mi y me dejo caer encima de la cama sin quejarme.Mientras el hombre me toca, me acaricia y me besa, pienso en que me merezco todo esto.Es culpa mia: tendría que habérselo dicho desde el principio que este juego no me gustaba, tendría que habérselo contado todo a mamá desde la primera vez...Pero luego me vuelven a la cabeza sus palabras: ‘Obedece y no le contradigas!’ y me da la sensación de estar en una habitación oscura sin puertas ni ventanas.

A papá le gustaba jugar a fútbol y el sábado se entrenaba en el campo del barrio. Me dejaba jugar a mi también y a mis amigos y cuando yo metía gol él gritaba ‘¡Muy bien!’ y me abrazaba fuerte.Cuando yo estaba en la portería él, muchas veces, tiraba flojito para dejarme pararla.Dentro de unos años te apunto a un equipo de fútbol femenino, decía porque tu viejo padre ya no puede enseñarte nada más.En cambio él era buenísimo y cuando jugaba un partido con sus amigos era el mejor en el campo.Yo estaba sentada en las gradas con los otros niños y gritaba como una loca cada vez que papá tiraba a puerta.El se giraba hacia mi y levantaba los dedos en señal de victoria.Luego íbamos todos juntos a comer pizza y estábamos despiertos hasta medianoche.

Ya no me gusta ir a la escuela. Me equivoco muchísimo y la maestra me grita.‘Atiende!’ grita cuando se da cuenta de que miro por la ventana y no sigo las explicaciones.‘¡Dame el diario!’ grita cuando no consigo repetir la lección.Casi cada día tengo alguna mala nota, pero mamá no lo sabe porque yo arranco las páginas y borro las notas.Hoy hay una sustituta nueva porque la maestra está enferma y, cuando la miro, me doy cuenta de que me observa.‘Pareces triste, pensativa... ¿que te pasa?’ me pregunta durante el recreo.Sacudo la cabeza. ¿Que puedo hacer? ¿Contarle mis juegos? ¿Decirle que no me gustan, pero que debo jugar igualmente...que sino mamá se enfada porque no sabe dónde ir a vivir? ¿Que él tirará el gatito por la ventana?La miro otra vez.Ella me sonríe.Me levanto de la silla y doy dos pasos hacia la mesa...me paro, vuelvo hacia atrás y me siento en mi sitio.No, no puedo. Me da vergüenza hablar de esas cosas y además...tengo miedo de que él lo sepa.¡Me mataría a golpes!

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Papá estaba orgulloso de mí: hojeaba mis cuadernos, dibujaba conmigo y me hacía aprender poesías a memoria.‘¿Cómo fue hoy?’ preguntaba cuando venía a buscarme a la salida.‘Bien’. Iba siempre bien. Me gustaba estar con mis compañeras, ir al comedor, jugar en el patio durante el recreo, leer, pintar.Todas las noches papá me leía un cuento nuevo: hadas que derrotaban a los orcos, brujas que luchaban contra magos, o dragones que escupían fuego a los duendes.Hojeábamos libros ilustrados, ecuchábamos música, jugábamos a damas y también al ajedrez.Cada día era una fiesta y todas las noches me dormía esperando que al día siguiente el sol saliera pronto.

Ahora ya no consigo dormirme. Oigo todos los ruidos de la noche: una puerta que chirría, un autobús que frena, el ascensor que sube.Me quedo con los ojos abiertos en la oscuridad de mi habitación y sigo las sombras y las luces que van y vienen por las paredes. Son las luces de los coches y de las motos, lo se, pero ante mis ojos parecen fantasmas que se persiguen en la oscuridad y quieren atraparme.Entonces cierro los ojos, pero en seguida aparece su cara y la de su amigo, y me dan ganas de llorar y gritar.Me levanto. Voy a la cocina, bebo un poco de agua y cojo el gatito que duerme en su cesta bajo la mesa. En silencio vuelvo a la cama y lo meto bajo las sabanas. Él empieza a ronronear de placer, luego se acurruca sobre mis rodillas y se duerme.¡Qué suerte tienes! Pienso mientras le acaricio el pelo. ¡Qué suerte!Esta noche hace calor, así que voy al baño a refrescarme.Luego me miro al espejo y casi ya no me reconozco. He adelgazado y mis ojos parecen los de una muñeca que sabe sólo mover las pestañas, pero que es inacapaz de ver.Me paso una mano por el pelo, rubio y rizado como el de papá con largos mechones claros y reflejos dorados.‘Es lo más bonito que tienes...’ dijo él, y al acordarme de esas palabras, me doy cuenta de lo que debo hacer.Media hora más tarde una montaña de rizos llena el lavabo, y mi cabeza parece un pajar en el que el campesino ha .......‘Se acabó’ le susurro a mi imagen reflejada en el espejo. ‘...Finalmente se acabó. Ahora que me he vuelto fea él no me querrá más...y tampoco su amigo...’Mamá me mira, abre la boca para decir algo, pero luego cambia de idea y me da una bofetada. Yo me pego con la cabeza en la taza y me pongo a llorar, a gritar y tiro por los aires todo lo que me encuentro encima de la mesa.Me da otra bofetada, más fuerte que la primera, y yo grito todavía más.Entonces llega él a la cocina.Me mira y se echa a reir.‘¡Pareces un lindo muchachito!’ dice. ‘No está mal, nada mal. Hoy te llevaré a la peluquería para que te lo arreglen, pero el pelo corto al fin y al cabo, ¡te queda muy bien!’Mamá se encoge de hombros y se va a trabajar.

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Papá no quería que me cortase el pelo y le gustaba suelto sobre los hombros.Decía que parecía una capa de oro y que el sol, cada mañana, escondía uno de sus rayos entre mis rizos.Entonces yo sacudía la cabeza porque quería sacar un rayo, pero se quedaba ahí, escondido entre mi pelo, y tan sólo por la noche el sol pasaba a recogerlo antes de bañarse en el mar.En la playa, en cambio, llevaba coleta o coletitas y cuando salía del agua las gotas que caían de mis rizos parecían perlas grandes y brillantes, parecidas a las del collar que llevan las sirenas en el cuello.Una vez, antes de que papá se fuera de viaje, me corté un rizo y riéndome, se lo puse en la mano, él se quedó inmóvil con aquel mechoncito entre los dedos, y no fue capaz de decir ni una palabra.‘Llévatelo contigo’ le dije. ‘Así puedes verlo cuando quieras’.Él se inclinó sobre mí y me abrazó, luego metió el rizo en un pequeño portafotos y lo metió en el bolsillo de la chaqueta.Ese rizo lo tengo yo. Está en la caja de recuerdos, y no lo tiraré nunca.Los que me he cortado esta vez, en cambio, los he tirado al cubo de basura porque los ha tocado el lobo de dos patas, no mi papá.

Ahora trae un amigo nuevo cada día. A veces incluso vienen dos juntos.Ya no me rebelo porque he entendido que es inútil: aunque grite y me escape, ellos son más fuertes que yo y me encuentran en cualquier escondite.Él, cuando no le obedezco, me pega fuerte y cada vez me amenaza con tirar el gatito a la lavadora o en el horno.‘¿Quieres gatito asado para cenar?’ y se rie a carcajadas mientras sus ojos parecen todavía mas malvados.Esos señores me hacen regalos, me dicen que soy bonita y que de mayor podré ganar mucho dinero. Yo no contesto, pero asiento con la cabeza para acontentarlos.Él hace siempre un montón de fotos, me pide incluso que sonría, pero yo hago como si no le oyera y me quedo con los ojos cerrados, tumbada sobre la cama, mientras los otros juegan con mi cuerpo.A veces sueño con volar lejos, imagino estar dentro del agua o en un prado lleno de flores...Querría incluso poder taparme los oídos para no oir las palabrotas que me susurran, los suspiros, los gemidos...pero no puedo. Se me clavan en la cabeza, me quitan las ganas de vivir y me ensucian el corazón como los salpicones que me marcan el cuerpo, el olor de los cuales se me queda incluso despues de la ducha.Son las garras de un águila los dedos que hurgan dentro de mí y me desgarran...son los tentáculos de un pulpo las bocas que se pegan a mi cuerpo y lo chupan...son los colmillos de un lobo los dientes que muerden mi carne y la devoran...Entonces creo estar en la caverna de una bruja y, mientras combato contra animales feroces che me quieren hacer a trizas, llega un caballero con armadura y los mata a todos.Y cuando se quita el casco...lo reconozco.‘Papá...’ susurro. ‘Papá... ¿Donde estás? Vuelve...’Él está lejos y no puede hacer nada por mí.Lo sé.

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Pero su recuerdo es todo lo que me queda.Para seguir viviendo.

Cuando papá se puso enfermo, se lo llevaron al hospital para operarlo y no pude hablar con él durante mucho rato. Estaba en una habitación silenciosa y los médicos daban vueltas a su alrededor como ángeles vestidos de blanco. Él ahí estaba, gris como una estatua de piedra, cubierto con una sábana y una tela verde. En la cabeza, en lugar del pelo, tenía una venda blanca que lo envolvía hasta la altura de los ojos. Yo lo miraba a traves de un cristal, chafando la nariz hasta hacerme daño, y lo llamaba flojito esperando que él me oyera.Luego se lo llevaron a planta, pero cada día estaba más gris y tenia un montón de agujas clavadas en los brazos y en el cuello.Un día le pregunté porqué se había cortado el pelo y él me repsondió que se lo había regalado a una golondrina para que hiciera el nido de sus pequeños.Yo me daba cuenta de que estaba mal y que ya no comía, pero él seguía sonriendo y me contaba historias divertidas sobre los médicos y los enfermeros.Me pasaba horas enteras sentada en su cama y mientras le hablaba él me apretaba suavemente la mano.‘Serás siempre mi princesa...’ dijo una tarde, y esa noche murió.

‘Niño desatendido se cae por la ventana. Auxilios sin extito.’Lo leo mientras paso por delante de un quiosco y no consigo pensar en nada más. Ahora sus padres lloraran, me digo a mí misma, pero él ya no siente nada.¿Quién lloraría por mí?Papá no. Fui yo la que lloró por él.¿Mamá? Quizá. Pero no me importa nada porque ya no me quiere.Así, mientras la maestra explica gramática, me imagino morir yo también.Podría saltar del balcón y dejarme caer al vacío, pienso, o quizá tomarme una caja entera de medicinas, o tirarme del puente cuando el río va lleno...‘¿De qué te ríes?’ me grita la maestra. ‘Te conviene estar atenta porque hoy te voy a pedir la lección...’No contesto.No me doy cuenta de estar sonriendo.Pero estoy contenta, me siento ligera como una pluma.Mañana seré una nube, o una flor, o una gota de agua.O un pajarito que se ha escapado de su jaula.Cuando llaman a la puerta, no me escapo, no me escondo.‘Es la última vez’ pienso. ‘Mañana se habrá terminado todo’.Él me hace desnudar y, mientras su amigo juega con mi cuerpo, empieza a hacer fotos y a filmar las manos gordas y peludas que hurgan dentro de mí.Ninguno oye el ruido de la cerradura.Ninguno se da cuenta de que una mano mueve el pomo de la puerta.Ninguno.Sólo yo.Sólo yo oigo.Sólo yo veo la cara de mamá asomarse en la penumbra y retirarse en seguida.Un minuto eterno y luego...

Mamá abre la puerta y entra.Me mira.Luego sus ojos se vuelven hacia los dos hombres.El aire se para y sólo se oye nuestra respiración.Mientras mamá viene hacia mí, él y el otro se deslizan de la cama como dos serpientes venenosas y se pegan a la pared.Los miro.Sus caras sudorosas son de color ceniza.Una baba amarillenta sale de sus bocas mezclada con sonidos parecidos a gruñidos.Miran a mamá y sus ojos, dilatados del terror, están clavados en su mano.Ella está a mi lado.Me tapa con una sábana y con un brazo me aprieta contra su cuerpo.Sólo con uno, porque el otro esta estirado hacia delante inmóvil y duro como un roble.Se ha convertido en una osa furiosa y yo, acurrucada contra su cuerpo, siento el perfume de leche y miel.Incluso su voz es la de un animal herido a muerte.Me abrazo a su cintura.Ella me mira y luego su mirada se vuelve hacia ellos dos...Ahora, sin garras ni colmillos, se arrastran hacia la puerta y balan como corderitos perseguidos por el lobo.Me agarro a ella.Ella me agrarra a mí.Su mano vibra, y las palabras que salen de su boca, duras como el acero, parecen el chasquido de un látigo que rasga el aire.O a los disparos de las balas que preceden al olor a muerte...y el perfume del silencio.

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1“Come here, and I’ll run a bath for you,” he says when Mum isn’t here.“But I’m clean...” I say and show him my hands.“Are you scared of the water?” he asks and shows me towards the bathroom.While the foam grows, he puts me in the bath and submerges me in the bubbles that shine like thousands of rainbows. Then he gets undressed and gets into the tub with me.I close my eyes.I don’t like seeing him naked.“You’re a fool,” and his eyes grow narrow and red.He rubs my back, and then his hand lowers and his fingers move slowly there...I become as frozen as a statue and stay like that as much as I can, but it angers him.“Get on top of me!”His voice scares me, but most of all it’s the blackness of his half-closed eyelashes, like the darkness of the night. I hold my breath and wait.When I feel a warm and sticky dribble on me I know it’s all over.Now he’s happy.“Wash yourself off” he says, getting out of the bath.My legs are rigid, but I’m happy that the game, for today anyway, has ended.“Get dressed. We’re going out.”In the street he holds my hand.“You were good today. You deserve a nice ice-cream.”Sometimes we go to the big shops and he buys me a stuffed toy, or even a piece of clothing.“Don’t speak to anyone about our game...” he reminds me before we return home. I nod my head, then ring the doorbell and wait for Mum to open the door.

Dad wasn’t like that.He washed me hard with the sponge, washed my hair with delicate shampoo and laughed loudly when I splashed him with water. Then he wrapped me tightly in my dressing gown, dressed me in a hurry so that I didn’t get cold and dried my hair with a hairdryer.“Have you stolen the princess’ ringlets?” he would ask while he combed my hair with Mum’s comb.From his hands, as if by magic, there would always come a surprise. At times it was a chocolate egg; other times a box of colouring pens; and others a picture book.When we were alone he would get dinner ready, help me with my homework and go over my lessons with me.I was happy when my father was around.

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In the bed, where there used to be Dad, now he’s there. Sometimes, when I don’t succeed in getting to sleep, I hear him shouting.“You’re such a bore! You never want to!”“Shut up, or you’ll wake the child!”“Who cares!”Like waves the sound of Mum’s tears come to me. Then a silence bathed in tears and the low sound of a bull as it paws the ground before charging at the bullfighter.But there isn’t a bull in my house: there’s just him who wants, with Mum this time, to play the bathtub game.I would like to console her, tell her not to cry, that it doesn’t hurt afterwards, but he... “It’s our secret... If you don’t keep it secret....,” he says every time.That’s why I’m scared that he’ll punish me if I speak, so I keep quiet.

Before Mum used to smile the whole time, and hum or sing to herself when she did the housework or the cooking. My father, on the other hand, was as tone deaf as a bell, but played the guitar.In the summer, when we went camping, friends would come over to our site and we’d sing at the top of our voices until midnight.Then Mum would prepare spaghetti for everyone and Dad would refill the paper cups with cold wine.I try not to think about those years, because the memories make me sad. Hearing the song of a cicada is enough for me to find myself in the coloured sea of tents again; a sunrise enough to see the round and red sun slip down beyond the sea and disappear below the horizon.

Now Mum is always out because she works for a lady so old and ill that she can no longer walk. Sometimes she stops to have a nap and I see her for a few minutes at midday when I come home.“How is everything? Have you had lunch? Have you done your homework?”“It’s all sorted.”She helps me to sort out my backpack, gives me a hug and goes to have her nap.I go out in a hurry and while walking think that last night I was in her place.It’s him who wants me to sleep in bed with him when Mum isn’t there.He says that the bogey man can’t steal me away because he’d be there to defend me.“But the bogey man doesn’t exist!” I answer.“And if he does exist? And then there are the wolves, the devils and the vampires who suck the blood of children! But, if you’re with me, no one can do you any harm!”Then he undresses me and hugs me very, very tightly.“You’re my young little bride...” he whispers as he strokes me.

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I stay totally still when he touches me, and even if I’m hot I start to shiver. “Good...so...you’re so good...here...”After he’s finished with me he moves away from me. He lies down, closes his eyes and sends me away.“Go and wash yourself,” he says as I get out of bed. Then he turns to face the other way, and doesn’t speak to me.The mirror in the bathroom shows me my pale face, my dishevelled ringlets.But the sadness...no... No one ever sees that.Only I know that it’s there. Only me.The teacher says that I’m always sulky and tells me off. “You’re not the only one without a father!” she says. “You’ve got to get used to it.”“It’s not because of that...” I reply.“So why, then? Is it because your mother works? Nearly all mothers in the countryside go out to work, but none of their children have as long a face as you!”“But...”“But nothing.” She shouts. “You act like a fussy and spoilt child. You’re going to end up being nasty to everyone.”So now I don’t answer her any more. I lower my head and leave her venting her frustration, hoping that, for a while, I’ll be left in peace.She doesn’t know that in front of my eyes I always have this face and that, when I’m at home on my own with him, I would like to transform into a small bird and fly far, far away.She doesn’t know because she’s only capable of speaking, speaking, speaking…and never actually listening to anyone. Perhaps not even herself.She doesn’t understand anything, my teacher.I have a shower and crawl into bed. I know that devils don’t exist and that there isn’t a wolf hiding in my wardrobe. But I continue to tremble anyway, because despite all that I know that in my house there’s a wolf. He’s sleeping in bed with my mother.A wolf with two feet.

When I used to wake up early, I would go into the big bedroom on tiptoes and crawl under the covers. I would go back to sleep straight away, in the warmth between my mother and my father.He was always the first to get up when the alarm went.If he found me curled up in the bed he would tickle me, and our giggles would wake up Mum who would be grumpy because she wanted to sleep for a bit longer.“You two are mad!” she’d say. “It’s dawn!”Silently, silently, I’d get on to Dad’s back and we’d go into the kitchen and get some coffee ready. Then I’d watch him as he shaved and said to him that with the shaving foam around his mouth he looked like Father Christmas.He’d squeeze some oranges for Mum’s breakfast, heat up some milk for me, drink another coffee and dash towards the door.“I’m late! I’m late!” he’d say, pretending to be the rabbit from Alice

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in Wonderland. “They’re going to fire me!”I knew he was joking: his eyes were laughing.He would give me a kiss on my hair and run downstairs.

He sinks his hands into my hair, saying that it’s the most beautiful thing I have, and while threading his fingers through my curls, he bites at my flesh and sucks on it as though I were an ice-cream.“Do the same to me,” he says. “It’s a fun game…”If I don’t want to he gets angry: he grabs my face and presses it forcefully onto his stomach, and I’m so scared that I start to cry.Then he shouts, spouting a whole load of swearwords and slaps me a couple of times.I sob even harder and start to shake like a leaf, but I’m so terrified that I do everything he doesn’t want me to do so he gets even angrier. Sometimes, however, I manage to escape, and run into my room, close the door hoping that he’ll leave me alone. But a minute later I hear the door handle being lowered and I hear his voice even though I’m covering my ears.“Don’t be a fool…” he says. “I was only joking… Open the door…”I don’t answer him and I stay cowering in a corner, naked and cold.“Do what you like now but tomorrow you’ll pay for it.”I already know what tomorrow will bring. But for today, at least, it’s over.”

Dad and I used to drive Mum crazy when we’d play in the house and run like mad things from one room to another.If he succeeded in catching me he’d pick me up off the ground and hang me upside down like a bell.I remember one time, while we were fighting with some cushions, one ended up hanging off the sitting room light shade made of glass pieces and, while trying to pull it down, the cushion ripped.A cloud of feathers fell from above and covered the sofa, the table, the Persian carpet.It was great fun sitting there underneath, but when Mum arrived home and saw the mess that we’d made the sky opened!“Now pick every single one of those up!” she shouted and so we spent an hour on our knees recapturing escaping feathers. When we got up, with our backs broken, I realised that Dad had some stuck in his hair.“You look like a red Indian!” I said and we burst out laughing like crazy people.Mum also started laughing and the tension passed.My father was always light-hearted and would take me to the park, to the rides and bouncy castles.In the spring we would go to the countryside and he’d teach me the names of flowers and plants.In the winter, however, we’d make snowmen and dress them in old clothes and give them cardboard hair.

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When I was with Dad I wasn’t scared of anything, because, with him by my side, I felt safe and protected.

Now I don’t feel good. His fingers are hard, forceful like him, and every time they make me bleed.“I don’t want to play this game,” I shout, but he grabs me by the hair and shakes me as though I were a puppet.I can’t even escape into my bedroom any more because he’s taken the key and hidden it.So I shout, run around all the rooms, but he always succeeds in catching me.So I feel like I’m in a cell: like a bird who’s throwing itself against the bars of the prison and, even if it knows that it’ll break its wings and will never be able to fly again, keeps trying.“I’ll tell Mum!” I sob when he corners me in my room.“Just you try…” he yells, “and you’ll see what happens.”Then he hits me.But now, when I shout at him “I’ll tell her anyway,” he starts laughing.“But Mum already knows,” he replies.“That’s not true, you’re a liar.”“But yes it is. And she’s happy because she enjoys playing with me too!”I don’t know how to reply.What if it’s true? I ask myself. If Mum knows and agrees with him?If…I feel fire in my head and I no longer know what to think. But who can I tell, then? Is there anyone who wants to listen to me? And if he says it’s me who wants to play like that? Or even that it was me who invented stories and who was telling a pack of lies?Grown-ups are always right, and everyone would believe him, not me. And I’d look like a liar.I’m only a child…No. It’s better to stay quiet. Even Mum would get really angry and would tell me that I’m evil, while he, on the other hand, is gentle and generous because he buys me lots of dolls and even bought me a kitten.But it would have been better if he’d left it where he’d found it, poor creature, because he grabs it by the neck and throws it onto the terrace, pulls it by its tail and laughs when the kitten cries like a child.

“Dad… an abandoned dog…”We were returning home from a trip to the mountains and were having a break at a service station to eat a sandwich. The snow had been shovelled and in the clearing there were small white hills of snow dirtied with earth and salt. The black and brown dog had its ears low and every once in a while raised its head and watched the people passing by.He whined quietly, like a puppy, even if it wasn’t a puppy any longer because its skin was dry and its eyes were old and sad. Dad went

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up to it, let it smell his hands and started to stroke it very slowly on its head. Then he scratched its neck and the dog raised its head and licked his fingers.“He doesn’t have a collar,” said Dad. “Someone has left it to die on the motorway…”“So?”“So…”“Can we…?”He looked at me seriously in the eyes. Then looked at the dog again. At me once again.“We’ll take him…” he said. “The only problem is…”“Mum?” I whispered thinking that he’d change his mind.“Yep. She doesn’t want animals in the house…”“And…”“And so we’ll take him anyway. She’ll grumble for a while, but after a bit…”We took him home in the car and took him straight away to the vet.“It’s a very old dog,” he said to us and looked at his teeth. “He’s also very ill. And what’s more, he’s malnourished. He needs an IV drip and a particular type of food. It would be better to take him to the kennels.” Instead, Duke stayed with us, and even Mum, after having grumbled a bit, accepted him into the house and took care of him.Every day Dad and I took him for a walk in the park, but Duke didn’t run with the other dogs. He would stay under a tree, with his tongue hanging out, and when I hugged and kissed him he would rest his head on my knees and lick my hands.One morning he didn’t wake up. We wrapped him in a blanket and went to the countryside. It was spring and the fields were green with grass and coloured with flowers.Dad dug a hole and lay him in there. He covered him with lime so that wild animals wouldn’t smell him, and then he filled in the hole.Mum and I cried in silence.

He, even though he doesn’t work, always has a wadge of cash in his pockets and I just can’t work out how he’s always so rich.I want to ask him, but Mum says that I can’t ask him questions because she earns so little that if it weren’t for him who paid the rent and food bills, we’d be living under a bridge.“Just do what he says and don’t answer him back…,” she always warns me before going out.And so it is true that she knows! I think. He didn’t tell a lie this time.Even if this idea makes me feel so bad I want to die, and doesn’t let me sleep at night, I don’t have any more doubts: Mum wants me to carry on playing his games otherwise he’ll throw us onto the street and we won’t have anything to eat.And for her, this is what is most important. More than me.And now he’s bought a video camera and wants to record me naked or dressed in black lace knickers and a veil.

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“But I don’t want to be a fashion model…” I answer. “When I’m older I’m going to study and become a vet!”“Good” he answers. “So we’ll start by cutting the kitten into pieces to see what he’s made of inside.!”“NO!” I shout.“So then, do what I say.”Then he makes me look at the pictures he keeps locked up in the desk and the films in which there are little boys and girls naked and in strange positions whilst playing with grown-up men.I feel so much shame and tell him that I don’t want to do these things, but he slaps me and makes me get undressed.“See how beautiful you are?” he says and then shows me the photos.I nod my head, but close my eyes because I don’t want to see.

The photos that I look at are the ones I keep in a secret box, hidden behind the bookcase in my room.They’re the ones that Dad took. When we used to go on holiday he’d always take with him his camera and while we were skiing or swimming he’d take photo after photo.I like to delve into the box and see myself in my ski suit on a sledge, or messing around in the sea with a blow up dragon.There are also photos of my birthdays, or me blowing out the candles on my cakes, and those of my first day at school.I remember well the moment that Dad took them.We were in the playground and on the floor there were loads of dry leaves and water buckets full of dancing flowers. The older children greeted friends and mothers ran after the very small children. I held my father’s hand really tightly and tried to keep in the tears, that more than anything, wanted to run down my face.And so he put his hand in his pocket and brought out a green and yellow frog. I pushed down on his tummy and he made a huge croak. I laughed.“Take it” he said. “It’ll make you some friends.”I took it and my tears stayed hidden behind my eyes.

Today there’s another man with him. “This is my friend” he says. “Be nice to him.”What does it mean to be nice?I say good morning to him, smile and try to be well behaved like he expects me to be.I turn and go to my bedroom to do my homework and to play with the kitten, then I lie on my bed, hide my head under the pillow so that I don’t have to do hear their laughter as it comes through the walls.But the door opens and he comes in with his friend.In his hands are the photos of me and the other, while looking at them, becomes red in the face and licks his lips.“Beautiful” he says. “Beautiful.”Then he comes near me.

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“Why don’t you show me too? I’ve got a lovely little present for you.”I stay silent, still and don’t understand.Does he want to take photos too?I jump off my bed and edge closer to the door, but a hand blocks me and stops me in the middle of the room. “Did you hear my friend? Take off your clothes!”I start to sob.He grabs the kitten by the tail and throws the window wide open.“Do you want to see him fly?”I dry my tears and shake my head.I undress and close my eyes. I understand what his friend wants and I drop to the bed without making any more fuss.While the man touches me, strokes me and kisses me, I wonder if I deserve this. It’s my fault: I should have told him straight away that I didn’t like his game, I should have told my mother the first time…But then her words come back to me: “Do what he says and don’t answer back!” and I feel like I’m in a dark room with neither doors nor windows.

Dad used to enjoy playing football and on Saturdays he’d train at the local ground. He encouraged me and my friends to play too and if I ever scored he’d shout “Well done!” and hug me tightly.Sometimes I’d go in goal and he’d take a shot slowly so that I’d be able to save it. “In a few years I’ll sign you up for a girls’ football team”, he’d say, “because your old Dad won’t be able to teach you anything any more.”Instead he was brilliant and when he played in a game with his friends he was the best on the pitch.I would sit on the stands with the other children and shout like a madman every time Dad scored. He’d turn to me and raise two fingers in a victory ‘V’.Then we’d go, all together, to eat a pizza and stay awake until midnight.

I don’t like going to school. I always make tons of mistakes and the teacher shouts at me.“Pay attention!” she yells when she notices that I’m staring out the window and not following the instructions.“Give me your diary!” she orders when I don’t manage to repeat the lesson properly.Nearly every day I get a bad mark or score, but Mum doesn’t know because I tear out the pages and rub out the marks.Today there’s a young supply teacher because our teacher is ill, and when I look at her, I see that she’s staring at me.“You seem sad, Little Thinker… What’s wrong?” she asks me during break.

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I bow my head. What can I do? Tell her about my games? Say that I don’t like them, but that I have to play them all the same… otherwise Mum will get angry because she doesn’t know where we can go to live? That he throws the kitten out of the window?I look at her again.She smiles at me.I get up from the bench, take two steps towards the teacher’s desk… then I stop, turn around and sit next to her. No, I can’t. I’m ashamed of talking about these things and… I’m scared, too scared that he’ll find out.He’d punch me to death!

Dad was proud of me: he’d flick through my exercise books, draw with me and help me learn by heart the poems I had to learn for school.“How did today go?” he’d ask when he came to collect me from the school gates.“Well.” It always went well. I liked spending time with classmates, going to the canteen, playing in the playground during break, reading, painting.Every night Dad would read me a new story: they were tales of fairies beating monsters, witches fighting against wizards, fire-breathing dragons.We’d flick through picture books, listen to music, play draughts and even chess.Every day was a party and every evening I’d go to sleep hoping that the sun would rise soon.

Now I can’t get to sleep. I hear all the noises of the night: a door closing, a bus breaking, a lift going up.I stay with my eyes wide open in the dark of my room and follow the shadows of the lights that come and go on the walls. They’re car and motorbike lights, I know, but in my eyes they become ghosts running around in the dark wanting to catch me.Now I close my eyes, but immediately his face and his friend’s face appear to me, and I want to cry and shout out loud.I get up, go to the kitchen, drink a glass of water and pick up the kitten which is sleeping in the drawer under the table. Quietly, quietly I go back to bed and put him under the covers. He starts to purr with delight, curls around my knees and falls asleep.Lucky you! I think as I stroke him. Lucky you!Tonight it’s hot and so I go into the bathroom to cool myself down.Then I look in the mirror and barely recognise myself. I’ve lost weight and my eyes are like those of a doll that knows only how to open and shut her eyelids, but is incapable of seeing.I brush a hand through my curly, blond hair that’s like Dad’s.“They’re the most beautiful thing you have…” he said, and now

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when I think about those words, I understand what I need to do.Half an hour later and a pile of curls fill the loo and my head resembles a haystack in which a farmer has bundled together dry and tangled stalks.“It’s over,” I whisper to my reflection in the mirror. “Finally, it’s over. Now that I’m ugly he won’t want me any more… his friend won’t want me either…”Mum looks at me, opens her mouth to say something, but changes her mind and slaps me.I hit my head on the toilet, start to cry and shout, and throw everything from the table into the air.Another slap, harder than the last, and I scream even more.And so he comes into the room.He looks at me and starts to laugh.“Now you look like a good-looking young boy!” he says. “Nothing wrong, nothing wrong. Today I’ll take you to the hairdresser and tidy up the cut. But short hair… it looks great on you!”Mum shrugs her shoulders and goes out to get ready for work.

Dad didn’t want me to cut my hair and preferred me to have my hair down on my shoulders.He said that my hair looked like a golden cape and that the sun, every morning, hid one of its rays in my ringlets.And so I’d shake my head because I wanted the ray to come out, but it stayed there, hidden in my hair, and only at night did the sun come and take it back before it went down behind the sea.At the beach, however, I’d wear it in a ponytail or plaits and when I got out of the water drips of water that fell from my ringlets looked like large, beautiful pearls, similar to those on mermaids’ necklaces. Once, before Dad went away on a trip, I cut off a curl and put it in his hand, smiling, and he sat there still, with this little bit of hair between his fingers, and couldn’t say a word.“Take it with you” I said to him. “Then you can see it when you want to.”He bent over me and hugged me, and then put the curl into his wallet and in turn put that into his jacket pocket.I’ve now got that curl. It’s in my box of memories and I’ll never, ever throw it away.Those that I’ve just cut off though, I’ve put them in the rubbish bin because he has touched them with his paws, not my father.

Now, every day, he brings a new friend. Sometimes he even brings two.I don’t argue back any more because I’ve understood that it’s useless: even if I shout and try to escape, these men are stronger than me and will find me in any hiding place.He, when I don’t do what he says, hits me hard and every time

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he threatens to throw the kitten down the toilet or into the oven.“Do you want roasted kitten for supper?” and laughs with his mouth wide open while his eyes become even nastier.These men give me lots of presents, say that I’m pretty and that when I’m older I could earn lots of money.I don’t answer them, but nod my head to keep them happy.He always takes hundreds of photos. He even asks me to smile, but I pretend that I can’t hear him and I keep my eyes shut, still on the bed, while these men play with my body.Sometimes I dream of flying away or pretend to be under water or in a field full of colourful flowers. I would also like to block my ears so that I wouldn’t have to hear the dirty words they say, their breaths, their groans … but I can’t.These men enter me, fill my head, steal my will to live and dirty my heart like the juices that stain my body, and their smell stays on me even after I’ve had a shower.Their fingers are like the claws of an eagle as they ransack my body and tear me to pieces. Their mouths are like the tentacles of an octopus as they cling onto my body and suck it. Their teeth are like the fangs of a wolf biting into my flesh and devouring it.Now I think about being in a witch’s grotto, and, whilst fighting ferocious animals that want to tear me to shreds, a knight in armour arrives and kills them all.And when I take off the helmet I recognise him.“Dad…” I whisper. “Dad… Where are you? Please come back…”He’s a long way away and can’t do anything for me.I know that.But memories of him are all I have.To help me carry on living.

When Dad got ill they took him to hospital to operate on him and for ages I couldn’t speak to him. He was in a silent room and there were always doctors around him – like angels dressed in white. He just lay there, grey like a stone statue, covered in a sheet and a green blanket. On his head, instead of his hair, he wore a white bandage that came down to his eyes. I watched him from behind a screen, blowing my nose until it hurt and calling to him softly in the hope that he could hear.Then they took him to a ward, but every day he grew paler and thinner and had lots of needles stuck in his arms and neck.One day I asked him why they’d cut his hair and answered that they’d given it as a present to a swallow to make its nest for its babies.I realised that he was ill and that he didn’t eat any more, but he carried on smiling and telling me silly stories about the doctors and nurses.I spent hours and hours sitting on his bed and while I talked he would softly squeeze my hand.“You’ll always be my princess…” he said one night. During the night he died.

21‘Imprisoned child leaps from window. Ambulance useless.’I read it as I pass the newsagent and I can’t think of anything else. At this moment his parents would be crying, I tell myself, but he can’t feel anything any more.Who would cry for me?Dad? No. It was me who cried for him.Mum? Maybe. But I don’t care because she doesn’t love me any more.And so, while the teacher explained some grammar, I imagined dying.I can dig my grave and let myself fall into the emptiness, I think, or swallow a whole bottle of medicine, or throw myself from a bridge when the river is high…“What do you have to smile about?” the teacher shouts at me. “It would be a good idea to pay attention because after this I’m going to ask you questions about this.”I don’t answer her.I don’t realise I’m smiling.But I feel happy, as light as a feather.Tomorrow I’ll be a cloud, or a flower, or a drop of water.Or a small bird flown from its cage.When they ring at the door, I don’t run, I don’t hide.“This is the last time,” I think. “Tomorrow, everything will be over.”He makes me get undressed and, while his friend plays with my body, he starts to take pictures and film the fat and hairy hands that tear me apart inside. No one hears the click of the key in the door.No one realises that a hand pushes down on the door handle.No one.Only me.Only I hear.Only I see Mum’s face searching through the shadows and immediately go out.A minute is like an eternity, and then…Mum throws open the door and enters.She looks at me.And then her eyes move to the two men.The air doesn’t move and only our breathing can be heard.While Mum comes to me, he and the other one slither off the bed like poisonous snakes and press themselves against the wall.I watch them.Their sweaty faces are the colour of ash.Yellowish slobber, mixed with sounds similar to grunts, ooze from their lips.They stare at Mum and their eyes, wide with terror, are fixed on one of her hands.Now, she’s next me.She covers me with the sheet and with one arm pulls me towards her.With one arm only, because the other is stretched out in front of her, rigid and taught like a branch of an oak tree.

She’s a furious bear, now, and I, pressed against her body, can smell her skin like honey and milk.Her voice is also the growl of an injured and dying animal.I hold onto her legs tightly.She looks at me, then her eyes move to the two men…Now, without claws and without fangs, they creep towards the door and bleat like sheep followed by a wolf.I hold on to her.She holds on to me.Her hand shakes and the words that come out of her mouth, as hard as steel, are like the cr