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Cronache 22 il Giornale Domenica 10 agosto 2008 STEFANO LORENZETTO L o zio Michele ride, scherza, di- stribuisce complimenti e ca- rezze, contrae il viso in smor- fie da clown, talvolta urla, spesso si fa prendere per il naso, e non in senso metaforico. Ha qualche con- corrente nel Regno Unito, in Sve- zia, negli Stati Uniti. In Italia no, è riconosciuto come il numero uno. Lo zio Michele possiede una sensi- bilità rabdomantica: riesce ad apri- re casseforti di cui nessuno cono- sce la combinazione. Forzieri spe- ciali che si muovono, respirano e interagiscono con lui, perché sono fatti di carne. Bambini autistici. «Fortezze vuote», per il famoso psi- cologo Bruno Bettelheim. Ma non per il professor Michele Zappella, neuropsichiatra infantile e pedia- tra, specializzato in malattie nervo- se e mentali. In 35 anni che si occu- pa di loro ne ha curati più di 10.000. Molti sono migliorati, alcu- ni guariti. Iniziò nel reparto da lui stesso fondato all’ospedale di Siena, un ex convento. Nonostante il prima- rio abbia un aspetto badiale, là den- tro, per le antiche scale, non s’è mai sentito un monaco o un missio- nario, l’officiante di una religione laica, «l’ho sempre inteso solo co- me un dovere civile verso gli altri e verso il mio Paese». Suo zio Mario - perché anche lo zio Michele ha avu- to un parente che ha contato molto nella propria formazione - visse per 40 anni un’esperienza analoga nel decrepito manicomio di Mag- giano (Lucca) e ci ricavò il suo ro- manzo più noto, Per le antiche sca- le, appunto. Quando faccio notare a Zappella che assomiglia in modo impressionante a lui, allo psichia- tra-scrittore Mario Tobino, la sua bocca si allarga in un’espressione di stupefatta malinconia: «Bisogna farlo bene, fino in fondo, il nipote di uno zio così». Il neuropsichiatra infantile è fi- glio di Clotilde, detta Tilde, la sorella mag- giore di Tobino. L’11 dicembre 1991 ebbe il privilegio d’accom- pagnare l’illustre zio in quello che sarebbe stato l’ultimo viag- gio, ad Agrigento, do- ve gli conferivano il premio Luigi Piran- dello: «Ma a lui, più che il riconoscimen- to, interessava il ma- re. Guardava al di là del Mediterraneo, co- me se sognasse di tor- nare in quel deserto della Libia al quale quarant’anni prima aveva dedicato l’omo- nimo romanzo che ri- evoca la sua odissea di ufficiale medico du- rante la seconda guerra mondiale. Lo zio ne avrebbe com- piuti 81, portati ma- lissimo, di lì a pochi giorni. Ebbi la sensazione che quel premio fosse una sfida alla morte. Durante la cerimonia raccontò ai giovani la sua vita. Alla sera volle stare con loro al ristorante fin dopo la mezzanotte. Mangiò, bevve, scherzò anche pesantemente con le donne come un ventenne. Il mat- tino seguente fu schiantato dall’en- nesimo infarto. Una morte in palco- scenico, come Molière». Il professor Zappella, in pensio- ne da un anno e mezzo, ha festeg- giato i 72 a marzo e oggi continua a curare i suoi piccoli pazienti per le nuove scale dell’ospedale della Ver- silia, un avveniristico complesso sa- nitario che sorge a Lido di Camaio- re, a pochi chilometri dal Piazzone della sua Viareggio, su cui si apriva la finestra della camera dello zio Mario. È consulente dell’unità ope- rativa di neuropsichiatria infantile diretta dal dottor Giorgio Pini. Ma visita anche a Siena, dove abita, a Roma e a Corigliano Calabro, un omaggio alla moglie che è nata lì ma soprattutto un favore alle fami- glie disagiate del Sud, perché il me- todo di cura messo a punto dal pro- fessor Zappella comporta sedute di apprendimento e richiede l’assi- dua partecipazione di mamme e papà. Il luminare è presidente del comi- tato scientifico della Società italia- na della sindrome di Rett e fino a cinque anni fa presiedeva la Socie- tà italiana della sindrome di Tou- rette, due malattie neurologiche di eccezionale rarità e gravità. La pri- ma colpisce solo le bambine dopo il primo anno di vita e si manifesta con mutismo, epilessia, atrofie mu- scolari, difficoltà di deambulazio- ne e coazione ad attività ripetitive, simili al lavaggio delle mani; la se- conda con atteggiamenti strava- ganti, tic e un’irrefrenabile pulsio- ne a pronunciare sconcezze. Tutte sfide, per zio Michele. Che cos’è l’autismo? «Una malattia con spiccata compo- nente genetica che compare nei pri- mi anni di vita con tre caratteristi- che: difficoltà grave nello sviluppo delle relazioni sociali; problemi di comunicazione; comportamenti ri- petitivi, come dondolare il corpo avanti e indietro, ed ecolalia, la pro- nuncia ossessiva di parole udite in precedenza». Essere il nipote dello psichiatra Tobino l’ha aiutata nel suo lavo- ro? «Mio zio mi ha insegnato l’ascolto partecipato. Le malate di mente gli correvano intorno e lui s’immedesi- mava nel loro delirio: “Lei è una contessa... Prenda la torcia, andia- mo! Il cavallo ci aspetta”. Ho capito che con i bambini autistici serviva la stessa capacità di avvicinamen- to. Loro non ti guardano, scappano nell’angolo più lontano della stan- za. Allora la prima volta che li in- contro vado a prenderli in sala d’at- tesa e mi congratulo per il loro aspetto. Quando comincia una visi- ta deve iniziare una relazione posi- tiva. La reciprocità fra adulto e bambino è la chiave di tutto». Quanti sono gli autistici in Italia? «Fino agli Anni 70 si riteneva che fossero 4 ogni 10.000 abitanti, quindi lo 0,04% della popolazione. Oggi si sa che questa percentuale è dello 0,6%. Quindi stiamo parlan- do di un bambino ogni 160 nati». Da 0,04 a 0,6 è un incremento al- larmante, il 1400% in più. Come si spiega? «Sono migliorate le tecniche dia- gnostiche. Ma soprattutto viviamo in una società che punta tutto sulla relazione. Un secolo fa l’impiegato autistico passava inosservato: gli bastavano pennino, calamaio e una di- screta calligrafia. Ma oggi? Deve usare il computer, padroneg- giare Internet, dialo- gare col pubblico. Fra il 1961 e il 1965 ho lavorato al Foun- tain hospital per cere- bropatici a Londra e poi in neurologia in- fantile al Children’s hospital di Washin- gton: conoscevamo poco l’autismo, lo giu- dicavamo un handi- cap rarissimo. Del re- sto la definizione cli- nica era stata data so- lo vent’anni prima a Baltimora dall’au- striaco Leo Kanner, che lo aveva indivi- duato su 11 bambini, nove maschi e due femmine. La medesi- ma proporzione che riscontriamo ai nostri giorni». Negli Stati Uniti si parla dell’auti- smo come di un’epidemia. «Si è data la colpa alle vaccinazio- ni, a causa della presenza del mer- curio nei preparati. Ma nel 2001 le case farmaceutiche hanno tolto dai vaccini il thimerosal, tiosalicila- to di mercurio, e le diagnosi sono aumentate ugualmente. In un di- stretto del Giappone per un certo periodo le vaccinazioni sono state sospese e anche lì i casi sono cre- sciuti. Credo che dipenda da una banale concomitanza: l’autismo si manifesta nell’età in cui si eseguo- no le vaccinazioni». Perché ha deciso di occuparsi pro- prio di questa patologia? «Nel 1973 mi fu portato in reparto Pino, 8 anni. Era un caso difficile, un gigante cerebrale, con un capoc- cione enorme. Disgrazia volle che quel giorno i dirigenti amministra- tivi venissero a farmi perdere tem- po per discutere di problemi logisti- ci. Quando uscii dal mio studio, Pi- no non c’era più: la mamma, stufa d’aspettare, lo aveva riportato a ca- sa. Il giorno dopo andai io a cercar- li. Abitavano a Scrofiano, non lonta- no da Siena, in un modesto allog- gio. Pino toccava quasi il soffitto con la testa. Non riuscii a curarlo». Le famiglie dei piccoli malati spes- so si colpevolizzano. «È la conseguenza di un passato molto brutto, quando la psicoanali- si pensava che l’autismo fosse il frutto di difficoltà nel rapporto ma- dre-figlio, anziché di alterazioni dell’amigdala, del cervelletto e del- l’ippocampo. Mi hanno portato una bimba con la sindrome di Rett che per nove anni, dico nove anni, è stata sottoposta inutilmente a cin- que sedute settimanali dallo psicoa- nalista. Di errori i seguaci di Freud ne hanno fatti tanti». La maggior parte delle coppie che han- no un figlio autistico nel giro di pochi an- ni si separano. «È vero. Quasi sem- pre è il marito che se ne va, lasciando la moglie da sola ad af- frontare la situazio- ne». Un autistico può di- ventare pericoloso per sé e per gli altri? «Nella maggioranza dei casi no. Però alcu- ni sono molto ritarda- ti, non capiscono le regole, hanno biso- gno d’essere accudi- ti. È vero che la scuo- la pubblica assegna a ciascuno di loro un’in- segnante di sostegno e spesso un’assisten- te, tuttavia la pretesa di integrare tutti ap- partiene al radicali- smo estremo. Vedo ragazzi d’ogni parte d’Italia: cominciano a star be- ne quando le scuole chiudono e vanno al mare. Bisogna sempre aver presente che si tratta di perso- ne molto sensibili, più permeabili di altre all’aggressività scatenata da patologie sovrapposte, come la depressione, l’agitazione motoria, il disturbo maniacale. Non riuscivo a curare un bimbo di Prato in pe- renne agitazione. Inserito in un centro speciale, non ha più avuto bisogno di medicine». E una volta terminata la scuola dell’obbligo? «Subentra il vuoto. Gravitano sulla famiglia o sui centri diurni. Quelli più intelligenti, i cosiddetti asper- ger, possono trovare collocazioni terapeutiche mirate. Seguo un trentenne che è un fuoriclasse del- la chimica, s’è laureato con ottimi voti in Abruzzo. Lavorava in una università del Centro Italia, ma, vin- to dalla depressione, ha tentato il suicidio. L’hanno salvato. Ora ha cominciato un dottorato di ricerca nello stesso ateneo e va meglio». Come si cura l’autismo? «I ritardati e i ripetitivi, anche se parlano, hanno bisogno d’essere organizzati mediante l’uso delle im- magini. Sapere come vanno fatte determinate cose li tranquillizza». Sono uomini d’ordine. «Super ordine. Per mandare in cri- si un mio paziente che lavora in un vivaio di piante è bastato che il pro- prietario della serra gli cambiasse mansione dalla mattina al pomerig- gio». E i meno gravi come si curano? «Bisogna fornirgli i mattoni per svi- luppare le relazioni. Perché non co- noscono le modalità di approccio, non sanno chiedere al compagno di banco: “Mi presti la gomma?”. Quindi per loro invento scenette te- atrali in cui ci scambiamo i ruoli. Ciao Giovanni, bella giornata, oggi. “Ciao zio Michele, bella giornata, oggi”. Stesso percorso per genitori, insegnanti e terapisti». La leggenda di zio Michele quan- do è nata? «Non me lo ricordo nemmeno più. Incontravo parecchie famiglie di Napoli e mi preoccupavo che i pic- coli non vedessero in me il medico in camice bianco che fa le punture, che mette paura. Qualche genitore diceva al figlio: “Siamo venuti a tro- vare zi’ Michele”. Ha avuto succes- so». Dove trova tutta questa pazien- za? «Stare con un autistico per un’ora è diverso dallo starci tutto il giorno. La sera, anche adesso che sono an- ziano, quando finisco le visite mi sento benissimo, non sono mai stanco. Ho un forte ritorno affetti- vo da questi bambini che non vor- rebbero andarsene dal mio studio. Mi mantengono giovane. Teo, un giovanotto della Lucania che oggi lavora in un ristorante, mi fu porta- to negli Anni 80 da padre, madre e nonno. Dopo poche sedute, parla- va. Dissi loro: “Teo è guarito”. Se lei avesse visto la felicità di quel nonno... Molto tempo dopo vado a un convegno in Campania. Al ter- mine dei lavori mi ritrovo quest’uo- mo sulla porta che mi aspetta con ceste piene di ogni bendidio. Impa- gabile». Dall’autismo si guarisce, dunque. «L’autismo è plurale, sono diverse malattie in una. Nel 5-7% dei casi è reversibile, per esempio quando nasce da deprivazioni ambientali, vedi il caso dei piccoli rumeni se- gregati negli orfanotrofi di Ceause- scu». Esistono davvero geni come l’auti- stico Raymond interpretato vent’anni fa da Dustin Hoffman nel film Rain man? «Certamente. Il savant ha queste capacità straordinarie e misterio- se, soprattutto di tipo matematico. Io gli chiedo: che giorno era il 7 maggio 1998? Lui risponde di get- to: giovedì. Vado a controllare ed è vero. C’è una teoria che attribuisce l’autismo a un’anomalia nelle con- nessioni cerebrali. Se è vera, devo- no esistere delle iperconnessioni a noi ignote». Ho letto che lei si occupa anche di bullismo. Che c’entra con l’auti- smo? «C’entra, purtroppo. Un giorno mi arriva in stato catatonico un autisti- co grave di 17 anni. I genitori mi raccontano che il fratello di 14, vit- tima dei compagni a scuola, è stato sbattuto contro una cancellata fino a fratturargli la clavicola. L’episo- dio violento aveva sovvertito per qualche giorno l’ordine familiare e il ragazzo più grande, sentitosi per- so, era finito al pronto soccorso, do- ve l’avevano imbottito di neuroletti- ci. M’è sembrata un’ingiustizia in- tollerabile». E che cosa ha fatto? «Ho cominciato a documentarmi, scoprendo che il bullismo colpisce sistematicamente autistici, iperatti- vi, neri, intelligenti e obesi. E come reagisce la scuola? Con risposte inadeguate. Ho letto di una studen- tessa di 16 anni spogliata nuda per- ché considerata secchiona. Sa qual è stato il castigo per i bulli? Li han- no mandati a pulire i bagni. Che cosa devono pensare i bidelli? Che il loro è un lavoro disonorevo- le? Lo trovo spavento- so. Alla vittima non è stata offerta alcuna protezione». Lei che propone? «Non occorre essere geni: basta andare a vedere che cosa s’è fatto in Scandinavia o leggersi il program- ma di prevenzione del bullismo compila- to dalla dottoressa Rachel Vreeman, ri- cercatrice della scuo- la di medicina dell’In- diana University. Ne- gli Usa ben 35 Stati su 50 si sono dotati di un’apposita legisla- zione per arginare questo deprecabile fenomeno». In Italia non si posso- no sospendere i vio- lenti dalle lezioni in ossequio al di- ritto allo studio. «In Italia si fa una gran confusione. Il bullismo induce disturbi depres- sivi, istinti suicidari, sintomi psicoti- ci. Fior di statistiche attestano che chi è bullo da adolescente spesso diventa inquilino di prigioni da adulto. La censura contro questi in- dividui dovrebbe essere rapidissi- ma, la sanzione severissima. Ma nel 1998, quand’era ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlin- guer, fu varato uno Statuto delle studentesse e degli studenti che of- fre tali e tante garanzie da rendere di fatto impossibile l’immediata pu- nizione dei colpevoli. Una roba scandalosa». (419. Continua) [email protected]t , , Dal professor Michele Zappella arrivano malati di autismo da tutta Italia. Si occupa anche delle rarissime sindromi di Rett e di Tourette TIPI ITALIANI La psicoanalisi colpevolizza le madri Come «Rain man», questi malati hanno doti straordinarie, misteriose. Mi sono dedicato a loro perché persi la scommessa con Pino, 8 anni. A scuola sono vittime del bullismo e lo statuto di Berlinguer fa il resto Il professor Zappella, senza camice, dialoga a smorfie con una bimba autistica. Per i piccoli pazienti lui è zio Michele. La sua tecnica è unica in Italia Quarant’anni fa non li riconoscevamo A Londra e Washington, dove ho lavorato, era giudicato un handicap rarissimo. Oggi si registra un caso ogni 160 nati. Negli Usa parlano di epidemia e incolpano i vaccini, ma la causa è genetica. Il 7% è curabile Neuropsichiatra infantile, è nipote di Mario Tobino,il primario-scrittoredel manicomio di Maggiano: «Lo accompagnai nell’ultimo viaggio». Da lui ha imparato che la malattia mentale richiede smorfie, sorrisi e carezze MICHELE ZAPPELLA Il medico che si traveste da zio per guarire i bambini autistici PER LE NUOVE SCALE Il professor Michele Zappella, 72 anni, nel nuovo ospedale della Versilia, a Lido di Camaiore, dov’è consulente di neuropsichiatria infantile. Il nipote dello psichiatra che scrisse il romanzo «Per le antiche scale» è stato fino al 2006, quando è andato in pensione, primario a Siena

Ilmedicochesitravestedazio per guarire i bambini autistici · 2012. 8. 1. · 22 Cronache il Giornale Domenica 10 agosto 2008 STEFANO LORENZETTO L ozioMicheleride,scherza,di-stribuisce

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Page 1: Ilmedicochesitravestedazio per guarire i bambini autistici · 2012. 8. 1. · 22 Cronache il Giornale Domenica 10 agosto 2008 STEFANO LORENZETTO L ozioMicheleride,scherza,di-stribuisce

Cronache22 il Giornale � Domenica 10 agosto 2008

STEFANO LORENZETTO

L ozio Michele ride, scherza,di-stribuisce complimenti e ca-rezze, contrae il viso in smor-

fie da clown, talvolta urla, spesso sifa prendere per il naso, e non insenso metaforico. Ha qualche con-corrente nel Regno Unito, in Sve-zia, negli Stati Uniti. In Italia no, èriconosciuto come il numero uno.Lo zio Michele possiede una sensi-bilità rabdomantica: riesce ad apri-re casseforti di cui nessuno cono-sce la combinazione. Forzieri spe-ciali che si muovono, respirano einteragiscono con lui, perché sonofatti di carne. Bambini autistici.«Fortezzevuote», per il famoso psi-cologo Bruno Bettelheim. Ma nonper il professor Michele Zappella,neuropsichiatra infantile e pedia-tra, specializzato inmalattie nervo-se e mentali. In 35 anni che si occu-pa di loro ne ha curati più di10.000. Molti sono migliorati, alcu-ni guariti.

Iniziò nel reparto da lui stessofondato all’ospedale di Siena, unex convento. Nonostante il prima-rioabbiaunaspettobadiale, làden-tro, per le antiche scale, non s’èmai sentito un monaco o un missio-nario, l’officiante di una religionelaica, «l’ho sempre inteso solo co-me un dovere civile verso gli altri everso il mio Paese». Suo zio Mario -perchéanche lozio Micheleha avu-to un parente che ha contato moltonella propria formazione - visseper 40 anni un’esperienza analoganel decrepito manicomio di Mag-giano (Lucca) e ci ricavò il suo ro-manzo più noto, Per le antiche sca-le, appunto. Quando faccio notarea Zappella che assomiglia in modoimpressionante a lui, allo psichia-tra-scrittore Mario Tobino, la suabocca si allarga in un’espressionedi stupefatta malinconia: «Bisognafarlo bene, fino in fondo, il nipote diuno zio così».

Il neuropsichiatra infantile è fi-glio di Clotilde, dettaTilde, la sorella mag-giore di Tobino. L’11dicembre 1991 ebbeil privilegio d’accom-pagnare l’illustre zioin quello che sarebbestato l’ultimo viag-gio, adAgrigento, do-ve gli conferivano ilpremio Luigi Piran-dello: «Ma a lui, piùche il riconoscimen-to, interessava il ma-re. Guardava al di làdelMediterraneo, co-mesesognassedi tor-nare in quel desertodella Libia al qualequarant’anni primaavevadedicato l’omo-nimoromanzo cheri-evoca la sua odisseadiufficialemedicodu-rante la secondaguerra mondiale. Lozio ne avrebbe com-piuti 81, portati ma-lissimo, di lì a pochigiorni. Ebbi la sensazione che quelpremio fosse una sfida alla morte.Durante la cerimonia raccontò aigiovani la sua vita. Alla sera vollestare con loro al ristorante fin dopola mezzanotte. Mangiò, bevve,scherzò anche pesantemente conle donne come un ventenne. Il mat-tino seguente fu schiantato dall’en-nesimo infarto.Unamorte inpalco-scenico, come Molière».

Il professor Zappella, in pensio-ne da un anno e mezzo, ha festeg-giato i 72 a marzo e oggi continua acurare i suoi piccoli pazienti per lenuovescale dell’ospedaledellaVer-silia,un avveniristicocomplessosa-nitario che sorge a Lido di Camaio-re, a pochi chilometri dal Piazzonedella sua Viareggio, su cui si aprivala finestra della camera dello zio

Mario. È consulente dell’unità ope-rativa di neuropsichiatria infantilediretta dal dottor Giorgio Pini. Mavisita anche a Siena, dove abita, aRoma e a Corigliano Calabro, unomaggio alla moglie che è nata lìma soprattutto un favore alle fami-glie disagiate del Sud,perché il me-todo di cura messo a punto dal pro-fessor Zappella comporta sedutedi apprendimento e richiede l’assi-dua partecipazione di mamme epapà.

Il luminareèpresidente del comi-tato scientifico della Società italia-na della sindrome di Rett e fino acinque anni fa presiedeva la Socie-tà italiana della sindrome di Tou-rette, due malattie neurologiche dieccezionale rarità egravità. La pri-ma colpisce solo le bambine dopo ilprimo anno di vita e si manifestacon mutismo, epilessia, atrofiemu-scolari, difficoltà di deambulazio-ne e coazione ad attività ripetitive,simili al lavaggio delle mani; la se-conda con atteggiamenti strava-

ganti, tic e un’irrefrenabile pulsio-ne a pronunciare sconcezze. Tuttesfide, per zio Michele.Che cos’è l’autismo?«Unamalattia con spiccata compo-nentegeneticachecompareneipri-mi anni di vita con tre caratteristi-che: difficoltà grave nello sviluppodelle relazioni sociali; problemi dicomunicazione; comportamenti ri-petitivi, come dondolare il corpoavanti e indietro, edecolalia, lapro-nuncia ossessiva di parole udite inprecedenza».Essere il nipote dello psichiatraTobino l’ha aiutata nel suo lavo-ro?«Mio zio mi ha insegnato l’ascoltopartecipato. Le malate di mente glicorrevano intorno e lui s’immedesi-mava nel loro delirio: “Lei è unacontessa... Prenda la torcia, andia-

mo! Il cavallo ci aspetta”. Ho capitoche con i bambini autistici servivala stessa capacità di avvicinamen-to. Loro non ti guardano, scappanonell’angolo più lontano della stan-za. Allora la prima volta che li in-controvadoaprenderli in salad’at-tesa e mi congratulo per il loroaspetto.Quando comincia una visi-ta deve iniziare una relazione posi-tiva. La reciprocità fra adulto ebambino è la chiave di tutto».Quanti sono gli autistici in Italia?«Fino agli Anni 70 si riteneva chefossero 4 ogni 10.000 abitanti,quindi lo 0,04% della popolazione.Oggi si sa che questa percentuale èdello 0,6%. Quindi stiamo parlan-do di un bambino ogni 160 nati».Da 0,04 a 0,6 è un incremento al-larmante, il 1400% in più. Come sispiega?«Sono migliorate le tecniche dia-gnostiche. Ma soprattutto viviamoin una società che punta tutto sullarelazione. Un secolo fa l’impiegatoautistico passava inosservato: gli

bastavano pennino,calamaio e una di-screta calligrafia. Maoggi? Deve usare ilcomputer, padroneg-giare Internet, dialo-gare col pubblico.Fra il 1961 e il 1965ho lavorato al Foun-tainhospitalpercere-bropatici a Londra epoi in neurologia in-fantile al Children’shospital di Washin-gton: conoscevamopoco l’autismo, logiu-dicavamo un handi-caprarissimo. Del re-sto la definizione cli-nicaerastatadataso-lo vent’anni prima aBaltimora dall’au-striaco Leo Kanner,che lo aveva indivi-duato su 11 bambini,nove maschi e duefemmine. La medesi-ma proporzione che

riscontriamo ai nostri giorni».Negli Stati Uniti si parla dell’auti-smo come di un’epidemia.«Si è data la colpa alle vaccinazio-ni, a causa della presenza del mer-curio nei preparati. Ma nel 2001 lecase farmaceutiche hanno toltodai vaccini il thimerosal, tiosalicila-to di mercurio, e le diagnosi sonoaumentate ugualmente. In un di-stretto del Giappone per un certoperiodo le vaccinazioni sono statesospese e anche lì i casi sono cre-sciuti. Credo che dipenda da unabanale concomitanza: l’autismo simanifesta nell’età in cui si eseguo-no le vaccinazioni».Perchéha decisodi occuparsipro-prio di questa patologia?«Nel 1973 mi fu portato in repartoPino, 8 anni. Era un caso difficile,ungigantecerebrale, conun capoc-

cione enorme. Disgrazia volle chequel giorno i dirigenti amministra-tivi venissero a farmi perdere tem-poper discuterediproblemi logisti-ci. Quando uscii dal mio studio, Pi-no non c’era più: la mamma, stufad’aspettare, lo aveva riportatoaca-sa. Il giorno dopo andai io a cercar-li.Abitavano aScrofiano,non lonta-no da Siena, in un modesto allog-gio. Pino toccava quasi il soffittocon la testa. Non riuscii a curarlo».Lefamigliedeipiccolimalati spes-so si colpevolizzano.«È la conseguenza di un passatomoltobrutto, quando la psicoanali-si pensava che l’autismo fosse ilfrutto di difficoltà nel rapporto ma-dre-figlio, anziché di alterazionidell’amigdala, del cervelletto e del-l’ippocampo. Mi hanno portatouna bimba con la sindrome di Rettche per nove anni, dico nove anni,èstata sottoposta inutilmentea cin-quesedute settimanali dallopsicoa-nalista. Di errori i seguaci di Freudne hanno fatti tanti».La maggior partedellecoppiechehan-no un figlio autisticonel giro di pochi an-ni si separano.«È vero. Quasi sem-pre è il marito che sene va, lasciando lamoglie da sola ad af-frontare la situazio-ne».Un autistico può di-ventare pericolosoper sé e per gli altri?«Nella maggioranzadei casino. Però alcu-ni sonomolto ritarda-ti, non capiscono leregole, hanno biso-gno d’essere accudi-ti. È vero che la scuo-la pubblica assegna aciascunodi loroun’in-segnante di sostegnoe spesso un’assisten-te, tuttavia la pretesadi integrare tutti ap-partiene al radicali-smo estremo. Vedo ragazzi d’ogniparted’Italia: comincianoa starbe-ne quando le scuole chiudono evanno al mare. Bisogna sempreaverpresente che si tratta di perso-ne molto sensibili, più permeabilidi altre all’aggressività scatenatada patologie sovrapposte, come ladepressione, l’agitazione motoria,il disturbo maniacale. Non riuscivoa curare un bimbo di Prato in pe-renne agitazione. Inserito in uncentro speciale, non ha più avutobisogno di medicine».E una volta terminata la scuoladell’obbligo?«Subentra il vuoto. Gravitano sullafamiglia o sui centri diurni. Quellipiù intelligenti, i cosiddetti asper-ger, possono trovare collocazioniterapeutiche mirate. Seguo untrentenne che è un fuoriclasse del-

la chimica, s’è laureato con ottimivoti in Abruzzo. Lavorava in unauniversitàdelCentro Italia,ma,vin-to dalla depressione, ha tentato ilsuicidio. L’hanno salvato. Ora hacominciato un dottorato di ricercanello stesso ateneo e va meglio».Come si cura l’autismo?«I ritardati e i ripetitivi, anche separlano, hanno bisogno d’essereorganizzatimediante l’usodelle im-magini. Sapere come vanno fattedeterminate cose li tranquillizza».Sono uomini d’ordine.«Super ordine. Per mandare in cri-si un mio paziente che lavora in unvivaio di piante è bastato che il pro-prietario della serra gli cambiassemansionedallamattinaalpomerig-gio».E i meno gravi come si curano?«Bisogna fornirgli i mattoni per svi-luppare le relazioni. Perché non co-noscono le modalità di approccio,non sanno chiedere al compagnodi banco: “Mi presti la gomma?”.Quindi per loro invento scenette te-

atrali in cui ci scambiamo i ruoli.Ciao Giovanni, bella giornata, oggi.“Ciao zio Michele, bella giornata,oggi”. Stesso percorso per genitori,insegnanti e terapisti».La leggenda di zio Michele quan-do è nata?«Non me lo ricordo nemmeno più.Incontravo parecchie famiglie diNapoli e mi preoccupavo che i pic-coli non vedessero in me il medicoin camice bianco che fa le punture,che mette paura. Qualche genitoredicevaal figlio: “Siamovenuti a tro-vare zi’ Michele”. Ha avuto succes-so».Dove trova tutta questa pazien-za?«Stare con un autistico per un’oraèdiverso dallo starci tutto il giorno.La sera, anche adesso che sono an-ziano, quando finisco le visite mi

sento benissimo, non sono maistanco. Ho un forte ritorno affetti-vo da questi bambini che non vor-rebbero andarsene dal mio studio.Mi mantengono giovane. Teo, ungiovanotto della Lucania che oggilavora inun ristorante, mi fu porta-to negli Anni 80 da padre, madre enonno. Dopo poche sedute, parla-va. Dissi loro: “Teo è guarito”. Selei avesse visto la felicità di quelnonno... Molto tempo dopo vado aun convegno in Campania. Al ter-minedei lavori mi ritrovo quest’uo-mo sulla porta che mi aspetta conceste piene di ogni bendidio. Impa-gabile».Dall’autismo si guarisce, dunque.«L’autismo è plurale, sono diversemalattie in una. Nel 5-7% dei casi èreversibile, per esempio quandonasce da deprivazioni ambientali,vedi il caso dei piccoli rumeni se-gregati negli orfanotrofi di Ceause-scu».Esistonodavvero genicomel’auti-stico Raymond interpretatovent’anni fa da Dustin Hoffmannel film Rain man?«Certamente. Il savant ha questecapacità straordinarie e misterio-se, soprattutto di tipo matematico.Io gli chiedo: che giorno era il 7maggio 1998? Lui risponde di get-to: giovedì. Vado a controllare ed èvero. C’è una teoria che attribuiscel’autismo a un’anomalia nelle con-nessioni cerebrali. Se è vera, devo-no esistere delle iperconnessioni anoi ignote».Ho letto che lei si occupa anche dibullismo. Che c’entra con l’auti-smo?«C’entra, purtroppo. Un giorno miarriva in statocatatonicoun autisti-co grave di 17 anni. I genitori miraccontano che il fratello di 14, vit-tima dei compagni a scuola, è statosbattuto contro una cancellata finoa fratturargli la clavicola. L’episo-dio violento aveva sovvertito perqualche giorno l’ordine familiare eil ragazzo più grande, sentitosi per-so, era finitoal pronto soccorso,do-ve l’avevano imbottitodineuroletti-ci. M’è sembrata un’ingiustizia in-tollerabile».E che cosa ha fatto?«Ho cominciato a documentarmi,scoprendo che il bullismo colpiscesistematicamenteautistici, iperatti-vi, neri, intelligenti e obesi. E comereagisce la scuola? Con risposteinadeguate. Ho letto di una studen-tessadi16 anni spogliata nudaper-ché considerata secchiona. Sa qualè stato il castigo per i bulli? Li han-no mandati a pulire i bagni. Che

cosa devono pensarei bidelli? Che il loro èun lavorodisonorevo-le?Lotrovospavento-so. Alla vittima non èstata offerta alcunaprotezione».Lei che propone?«Non occorre esseregeni: basta andare avedere che cosa s’èfatto in Scandinaviao leggersi il program-ma di prevenzionedelbullismo compila-to dalla dottoressaRachel Vreeman, ri-cercatricedella scuo-ladimedicinadell’In-diana University. Ne-gli Usa ben 35 Statisu 50 si sono dotati diun’apposita legisla-zione per arginarequesto deprecabilefenomeno».In Italianon siposso-no sospendere i vio-

lentidalle lezioni in ossequio aldi-ritto allo studio.«In Italia si fa una gran confusione.Il bullismo induce disturbi depres-sivi, istinti suicidari, sintomipsicoti-ci. Fior di statistiche attestano chechi è bullo da adolescente spessodiventa inquilino di prigioni daadulto.La censura contro questi in-dividui dovrebbe essere rapidissi-ma, la sanzione severissima. Manel 1998, quand’era ministro dellaPubblica istruzione Luigi Berlin-guer, fu varato uno Statuto dellestudentesse e degli studenti che of-fre tali e tante garanzie da renderedi fatto impossibile l’immediatapu-nizione dei colpevoli. Una robascandalosa».

(419. Continua)[email protected]

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Dal professorMicheleZappellaarrivano malatidi autismoda tutta Italia.Si occupaanche dellerarissimesindromi di Rette di Tourette

TIPI ITALIANI

La psicoanalisi colpevolizza le madriCome «Rain man», questi malatihanno doti straordinarie, misteriose.Mi sono dedicato a loro perché persila scommessa con Pino, 8 anni.A scuola sono vittime del bullismoe lo statuto di Berlinguer fa il resto

Il professorZappella, senzacamice, dialogaa smorfie conuna bimbaautistica. Peri piccolipazienti lui èzio Michele. Lasua tecnicaè unica in Italia

Quarant’anni fa non li riconoscevamoA Londra e Washington, dove holavorato, era giudicato un handicaprarissimo. Oggi si registra un casoogni 160 nati. Negli Usa parlanodi epidemia e incolpano i vaccini, mala causa è genetica. Il 7% è curabile

Neuropsichiatra infantile, è nipote di MarioTobino, il primario-scrittore del manicomiodi Maggiano: «Lo accompagnai nell’ultimoviaggio». Da lui ha imparato che la malattiamentale richiede smorfie, sorrisi e carezze

MICHELE ZAPPELLA

Il medico che si traveste da zioper guarire i bambini autistici

PER LE NUOVE SCALEIl professor Michele

Zappella, 72 anni, nelnuovo ospedale della

Versilia, a Lido diCamaiore, dov’è consulente

di neuropsichiatriainfantile. Il nipote dellopsichiatra che scrisse

il romanzo «Per le antichescale» è stato fino al 2006,

quando è andato inpensione, primario a Siena