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Immanuel Kant 1

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Immanuel Kant

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Vita

• Kant ebbe una vita priva di avvenimenti di rilievo, votata esclusivamente allo studio e alla riflessione filosofica.

• Nacque a Kőnigsberg, in Prussia nel 1724.

• Frequentò il collegio e l’Università della sua città, dove studiò filosofia, teologia, matematica e fisica.

• Inizialmente lavorò come precettore presso alcune famiglie nobili e nel 1755 iniziò la sua carriera di docente universitario.

• Nel 1804 muore nella sua città natale.

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La periodizzazione degli scritti

• Nel primo periodo della sua produzione (fino al 1760) Kant si interessa di filosofia naturale.

• Nel secondo periodo (fino al 1781) prevale l’interesse filosofico e si delinea il criticismo di Kant.

• Nel terzo periodo (dal 1781 in poi) il punto di vista critico viene esteso a tutto il mondo dell’uomo e si delinea la filosofia trascendentale.

• Gli scritti del primo e del secondo periodo sono comunemente raggruppati come «scritti del periodo precritico». Gli scritti del terzo periodo sono indicati come «scritti del periodo critico».

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Gli scritti del periodo critico

I tre capolavori di Kant del periodo critico sono:

1. Critica della ragion pura, in cui affronta il problema della conoscenza;

2. Critica della ragion pratica, in cui viene presa in considerazione la morale;

3. Critica del Giudizio, che tratta dell’esperienza estetica e sentimentale.

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Il criticismo

• Il pensiero di Kant è detto criticismo perché fa della critica lo strumento per eccellenza della filosofia. Criticare per Kant significa interrogarsi sul fondamento di determinate esperienze umane, chiarendone:• Le possibilità (le condizioni che ne permettono l’esistenza),

• La validità (i titoli di legittimità o non legittimità che le caratterizzano),

• I limiti (i confini di validità).

• Il criticismo si configura come un’autentica filosofia del limite, ossia un’interpretazione dell’esistenza che riconosce il carattere finito delle nostre possibilità.

• Tracciare il limite di un’esperienza significa nel contempo garantirne, entro il limite stesso, la validità.

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1. La Critica della ragion pura

• La critica della ragion pura è un’analisi critica dei fondamenti del sapere. Ai tempi di Kant il sapere si articolava in scienza (matematica e fisica) e metafisica.

• La scienza appariva come un sapere fondato e in continuo progresso. La metafisica non sembrava affatto aver trovato il cammino sicuro della scienza. Kant ne riconosce tuttavia nobiltà e importanza e la descrive come una disposizione naturale che spinge l’uomo alla speculazione.

• Kant formula quattro domande fondamentali:• Come è possibile la matematica pura?

• Come è possibile la fisica pura?

• Come è possibile la metafisica in quanto disposizione naturale?

• Come è possibile la metafisica come scienza?

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L’eredità di Hume

• Kant riconosce a Hume il merito di averlo risvegliato dal suo sonno dogmatico, mostrando che il principio di casualità, fondamento della conoscenza umana, non ha alcuna base oggettiva, ma è l’oggetto di una credenza soggettiva, generata dall’abitudine e da una sorta di istinto che consente all’uomo di orientarsi nella vita pratica.

• Kant tuttavia intende mostrare che la conoscenza umana può essere universale e necessaria e al tempo stesso feconda (cioè dice qualcosa di nuovo).

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I tre tipi di giudizi

I giudizi consistono nel connettere un predicato con un soggetto e Kant distingue tra:

Giudizi analitici a priori Analitici = il predicato esplicita qualcosa che è già implicitamente contenuta nel soggetto. Sono infecondi perché non ampliano la nostra conoscenza.A priori = sono necessari e universali, non derivano dall’esperienza

Giudizi sintetici a posteriori Sintetici = il predicato dice qualcosa di nuovo rispetto al soggetto, perciò sono fecondi.A posteriori = derivano dall’esperienza e dunque sono privi di universalità e necessità.

Giudizi sintetici a priori Sintetici = il predicato dice qualcosa di nuovo rispetto al soggetto, e quindi sono fecondi.A priori = non derivano dall’esperienza e dunque sono universali e necessari.

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I giudizi sintetici a priori

• La scienza si deve basare sui giudizi sintetici a posteriori, essi rappresentano l’impalcatura su cui si regge tutto il pensiero scientifico poiché accrescono in sapere allo stesso tempo sono universali e necessari.

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La conoscenza come sintesi di materia e forma• Se non derivano dall’esperienza da dove provengono i giudizi sintetici a priori?

• Per rispondere a questa domanda Kant elabora una nuova teoria della conoscenza, intesa come sintesi di materia e forma:• La materia della conoscenza è la molteplicità caotica e mutevole delle impressioni sensibili

che provengono dall’esperienza (elemento a posteriori o empirico);

• La forma della conoscenza è l’insieme delle modalità fisse attraverso cui la mente umana ordina tali impressioni (elemento a priori o razionale).

• Kant ritiene che la mente filtri attivamente i dati empirici attraverso forme che le sono innate e che sono comuni a tutti i soggetti pensanti. Queste forme sono a priori rispetto all’esperienza e hanno validità universale e necessaria, in quanto tutti le possiedono o le applicano allo stesso modo.

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La rivoluzione copernicana

• Questa nuova impostazione del problema della conoscenza implica importanti conseguenze.

• La prima è quella rivoluzione copernicana che Kant si vantò di aver operato in filosofia. Così come Copernico aveva ribaltato il rapporto tra la terra e il sole, allo stesso modo Kant ribalta i rapporti tra soggetto e oggetto, affermando che non è la mente che si modella in modo passivo sulla realtà, ma la realtà che si modella sulle forme a priori attraverso cui la percepiamo.

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Il fenomeno e la cosa in sé (noumeno)

• Un’altra conseguenza è la distinzione kantiana tra:

• Il fenomeno che è la realtà quale ci appare tramite le forme a priori che sono proprie della nostra struttura conoscitiva. Non è un’apparenza illusoria ma possiede una peculiare oggettività che consiste nel fatto di valere allo stesso modo per tutti gli intelletti strutturati come il nostro;

• La cosa in sé (noumeno) che è la realtà considerata indipendentemente da noi e dalle forme a priori mediante le quali la conosciamo.

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Le facoltà conoscitive

• Kant distingue tre facoltà conoscitive principali:• La sensibilità è la facoltà con cui gli oggetti ci sono dati intuitivamente attraverso i sensi e

tramite le forme a priori di spazio e tempo;

• L’intelletto è la facoltà attraverso cui pensiamo i dati sensibili tramite i concetti puri o le categorie;

• La ragione è la facoltà con cui, procedendo oltre l’esperienza, cerchiamo di spiegare globalmente la realtà mediante le idee di anima, mondo e Dio.

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La partizione della critica della ragion pura

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Il concetto di trascendentale

• Kant connette il concetto di trascendentale con quello di forma a priori, la quale non esprime una proprietà (ontologica) della realtà in sé, ma solo una condizione (gnoseologica) che rende possibile la conoscenza della realtà fenomenica.

• L’estetica trascendentale studia la sensibilità e le forme a priori dello spazio e del tempo, sulle quali si fonda la matematica.

• L’analitica trascendentale studia le forme a priori dell’intelletto, sulle quali si fonda la fisica.

• La dialettica trascendentale studia le forme a priori della ragione (le tre idee di anima, mondo e Dio), sulle quali si fonda la metafisica.

• La critica della ragion pura è dunque un esame critico generale della validità e dei limiti che la ragione umana possiede in virtù dei suoi elementi puri a priori. E’ un’analisi delle autentiche possibilità conoscitive dell’uomo.

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L’estetica trascendentale: spazio e tempo

• La sensibilità è ricettiva perché non genera i propri contenuti, ma li accoglie per intuizione dalla realtà esterna o dalla esperienza interna.

• La sensibilità tuttavia è anche attiva perché organizza il materiale delle sensazioni (intuizioni empiriche) tramite lo spazio e il tempo, che sono forme a priori (intuizioni pure) della sensibilità.

• Lo spazio è la forma del senso esterno ed è fondamento di tutte le intuizioni esterne e del disporsi delle cose una accanto all’altra.

• Il tempo è la forma del senso interno, fondamento dei nostri stati interni e del loro disporsi secondo un ordine di successione, una dopo l’altra.

• Tuttavia i dati del senso esterno ci giungono unicamente attraverso il senso interno, pertanto il tempo si configura anche come la forma del senso esterno, cioè come la maniera universale attraverso cui percepiamo tutti gli oggetti.

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L’analitica trascendentale: le categorie

• Se le intuizioni sono affezioni (qualcosa di passivo), i concetti sono funzioni, operazioni attive che consistono nell’ordinare diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune.

• I concetti possono essere empirici, cioè costruiti con materiali ricavati dall’esperienza o puri, cioè contenuti a priori dell’intelletto.

• I concetti puri sono le categorie, quei concetti basilari della mente che costituiscono le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto. Rappresentano dei modi di funzionamento dell’intelletto che non valgono per la cosa in sé, ma soltanto per il fenomeno.

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• Ci sono tante categorie quante sono le modalità di giudizio a ogni tipo di giudizio corrisponde un tipo di categoria, secondo lo schema seguente.

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La deduzione trascendentale: l’io penso

Con l’espressione «deduzione trascendentale» Kant indica il problema di giustificare la legittimità e la validità dell’uso delle categorie.

La risposta a tale problema può essere articolata nei seguenti punti:

1. L’unificazione del molteplice deriva da un’attività sintetica che ha la sua sede nell’intelletto;

2. Kant identifica la suprema unità fondatrice della conoscenza con l’identica struttura mentale che accomuna gli uomini e che denomina con l’espressione «io penso»;

3. L’attività dell’io penso si attua tramite i giudizi;

4. I giudizi si basano sulle categorie;

5. Gli oggetti non possono essere pensati senza essere categorizzati.

6. L’io penso è dunque il principio supremo della conoscenza umana, ciò che rende possibile l’oggettività del sapere

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La dottrina dello schematismo trascendentale

• Come è possibile che l’intelletto condizioni le intuizioni e quindi gli oggetti sensibili?

• L’intelletto agisce indirettamente sugli oggetti della sensibilità tramite il tempo. Ciò avviene attraverso una facoltà che Kant chiama immaginazione produttiva, in quanto produce una serie di schemi temporali che corrispondono ognuno a una categoria.

• Lo schema è la rappresentazione intuitiva di un concetto.

• Gli schemi trascendentali sono le regole attraverso cui l’intelletto condiziona il tempo, sono le categorie tradotte in linguaggio temporale.

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I principi dell’intelletto puro

• Gli oggetti, pur non essendo creati dalla mente, si costituiscono già nell’esperienza in sintonia con il nostro modo di pensarli.

• I principi dell’intelletto puro sono le regole di fondo tramite cui avviene l’applicazione delle categorie degli oggetti. Kant li suddivide in quattro gruppi: • Gli assiomi dell’intuizione che corrispondono alle categorie della quantità;

• Le anticipazioni della percezione che corrispondono alle categorie della qualità;

• le analogie dell’esperienza che corrispondono alle categorie di relazione;

• i postulati del pensiero empirico in generale che corrispondono alle categorie di qualità.

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L’io legislatore della natura

• Se per natura intendiamo quell’ordine necessario e universale che sta alla base dell’insieme di tutti i fenomeni, risulta evidente che tale ordine non deriva dall’esperienza, bensì dall’io penso e dalle sue forme a priori.

• Essendo il fondamento della natura, l’io è anche il fondamento della scienza che la studia.

• I pilastri ultimi della fisica si identificano coi principi dell’intelletto puro, poggiano sui giudizi sintetici a priori della mente, che a loro volta derivano dalle intuizioni pure di spazio e di tempo e dalle dodici categorie.

• Le leggi della natura scoperte dalla scienza risultano pienamente giustificate nella loro validità. L’ordine oggettivo della creazione coincide con le condizioni formali del soggetto.

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Il concetto di noumeno

• La messa in luce della validità delle categorie e della legittimità della scienza implica simultaneamente una delucidazione dei limiti del loro uso possibile.

• Le categorie funzionano solo in rapporto al materiale che esse realizzano, cioè il fenomeno.

• Considerate di per sé sono vuote. Il conoscere non può estendersi al di là dell’esperienza. L’unico uso possibile delle categorie è quello empirico.

• La conoscenza si applica soltanto al fenomeno, che si distingue dalla cosa in sé, il noumeno, un concetto limite che serve ad arginare le nostre pretese conoscitive.

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La dialettica trascendentale

• Per dialettica trascendentale Kant intende l’analisi e lo smascheramento dei ragionamenti fallaci della metafisica.

• Noi possediamo una tendenza innata a voler procedere oltre i dati esperienziali. La nostra ragione è irresistibilmente attratta verso il regno dell’assoluto e verso una spiegazione globale e onnicomprensiva di ciò che esiste.

• Tale spiegazione fa leva su tre idee trascendentali:

• L’idea di anima che è l’idea della totalità assoluta dei fenomeni interni;

• L’idea di mondo, che è l’idea della totalità assoluta dei fenomeni esterni;

• L’idea di Dio, inteso come fondamento di tutto ciò che esiste.

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L’errore della metafisica

• L’errore della metafisica consiste nel trasformare queste tre esigenze mentali di unificazione dell’esperienza in altrettante realtà, dimenticando che noi non abbiamo mai a che fare con la cosa in sé, ma solo con il fenomeno.

• Per dimostrare l’infondatezza della metafisica Kant prende in considerazione:

• La psicologia razionale che studia l’anima;

• La cosmologia razionale, che indaga il mondo;

• La teologia razionale, che studia Dio.

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La psicologia razionale

• Si fonda su un ragionamento errato che consiste nell’applicare la categoria di sostanza all’io penso, trasformandolo in una realtà permanente chiamata anima.

• In realtà l’io penso non è un oggetto empirico ma soltanto un’unità formale a cui non possiamo applicare alcuna categoria.

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La cosmologia razionale

• Pretende di far uso della nozione di mondo, inteso come la totalità assoluta dei fenomeni cosmici. In realtà, la totalità dell’esperienza non è mai un’esperienza, in quanto noi possiamo sperimentale questo o quel fenomeno ma non la serie completa dei fenomeni. L’idea di mondo è al di fuori di ogni esperienza possibile.

• Quando i metafisici pretendono di fare un discorso intorno al mondo nella sua totalità, cadono inevitabilmente nelle cosiddette antinomie, veri e propri conflitti della ragione con se stessa, coppie di affermazioni opposte tra le quali non è possibile decidere (v. pag. 481).

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La teologia razionale

• Anche la teologia razionale, che si occupa della questione di Dio, risulta priva di valore conoscitivo. La tradizione ha elaborato una serie di prove dell’esistenza di Dio che Kant raggruppa in tre classi:

Prova ontologicaRicava l’esistenza dal semplice concetto di Dio come essere perfettissimo, affermando che, in quanto tale, egli non può mancare dell’attributo dell’esistenza.

Non è possibile saltare dal piano della possibilità logica a quello della realtà ontologica. In quanto l’esistenza è qualcosa che possiamo constatare solo per via empirica.

Prova cosmologicaGioca sulla distinzione tra contingente e necessario, affermando che se qualcosa esiste, deve anche esistere un essere assolutamente necessario.

Fa un uso illegittimo del principio di causa: il principio di causa è una regola con cui connettiamo i fenomeni tra di loro e non può connettere i fenomeni con qualcosa di trans-fenomenico.

Prova fisico-teologicaFa leva sull’ordine, sulla finalità e sulla bellezza del mondo per innalzarsi a una mente ordinatrice, un Dio creatore, perfetto e infinito.

Dimentica che l’ordine della natura potrebbe essere una conseguenza della natura stessa e delle sue leggi immanenti.

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L’agnosticismo di Kant

• Kant con tali critiche non intende negare Dio (ateismo), ma piuttosto mettere in discussione la dimostrabilità razionale e metafisica della sua esistenza. Kant non è ateo, ma agnostico, in quanto ritiene che la ragione umana non possa dimostrare né l’esistenza di Dio ne la sua non esistenza.

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La funzione regolativa delle idee

• Le idee della ragion pura, anche se non hanno un valore conoscitivo, possono e devono avere una funzione regolativa. Ogni idea è una regola che spinge la ragione a dare al suo campo di indagine, che è l’esperienza, non solo la massima estensione, ma anche la massima unità sistematica:• L’idea psicologica spinge a cercare i legami tra tutti i fenomeni del senso interno e a

rintracciare in essi una sempre maggiore unità proprio come se fossero manifestazioni di un unica sostanza semplice.

• L’idea cosmologica spinge a passare incessantemente da un fenomeno naturale all’altro, proprio come se la totalità dei fenomeni costituisse un unico mondo.

• L’idea teologica attribuisce all’intera esperienza un ideale di perfetta organizzazione, come se tutto dipendesse da un unico creatore.

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Il nuovo concetto di metafisica

• Alla vecchia metafisica dogmatica, Kant contrappone una nuova metafisica scientifica o critica, una scienza che abbraccia le conoscenze che possono essere ottenute indipendentemente dall’esperienza, di cui fanno parte:

• Una metafisica della natura che studia i principi a priori della conoscenza della natura;

• Una metafisica dei costumi che studia i principi a priori dell’azione morale.

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2. La critica della ragion pratica

• La ragione serve a dirigere non solo la conoscenza, ma anche l’azione. Accanto alla ragione teoretica abbiamo quindi una ragione pratica.

• Nel suo scritto Critica della ragion pratica Kant distingue tra:

• una ragion pura pratica, che opera indipendentemente dall’esperienza e dalla sensibilità, è la vera morale, obbedisce a una legge universale e non deve essere sottoposta a critica, ma semplicemente illustrata nelle sue funzioni;

• una ragione empirica pratica, che opera sulla base dell’esperienza e della sensibilità, non è la vera morale, deve essere sottoposta a critica.

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La legge morale

• Tesi dell’assolutezza o incondizionatezza della morale: Kant è convinto che esista una legge morale assoluta o incondizionata (la ragion pura pratica) che non deve essere dimostrata, ma semplicemente constatata.

• Questa tesi implica due convinzioni legate tra loro:• La libertà dell’agire, la morale implica la possibilità umana di autodeterminarsi;• La legge morale è universale e necessaria, ossia immutabilmente uguale e sé stessa

in ogni tempo e luogo.

• La morale si gioca all’interno della tensione bipolare tra ragione e sensibilità:• se l’uomo fosse esclusivamente sensibilità, ossia animale e impulso, l’individuo

agirebbe sempre per istinto e la morale non esisterebbe;• viceversa se l’uomo fosse pura ragione, l’individuo sarebbe sempre in una santità

etica, e anche in questo caso la morale perderebbe di senso.

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La legge morale

• L’agire morale si concretizza in una lotta permanente tra ragione e impulsi egoistici. Tra legge morale e volontà non c’è spontanea coincidenza: la morale si presenta nella forma dell’imperativo, ovvero di un comando che richiede di sacrificare le proprie inclinazioni sensibili, e che l’uomo può anche trasgredire.

• La morale è profondamente segnata dalla finitudine dell’uomo e non dev’essere trasformata in fanatismo, cioè nella presunzione della santità (cioè del possesso della perfezione etica).

• I sentimenti e l’inclinazione al piacere non possono essere posti alla base dell’etica, in quanto mutevoli e soggettivi. La morale deve avere un valore universale, cioè valido per tutti e per sempre.

• L’etica non riguarda l’essere (come di fatto gli uomini si comportano), ma il dover-essere (come gli uomini dovrebbero comportarsi), pertanto quella di Kant è un’etica prescrittiva e non descrittiva.

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I principi della ragion pura pratica

• Kant distingue i principi pratici in:• massime, che sono prescrizioni di valore puramente soggettivo, che valgono solo per

l’individuo che le fa proprie;• imperativi, che sono prescrizioni di valore oggettivo, che valgono per chiunque. A

loro volta gli imperativi si dividono in :• Imperativi ipotetici che prescrivono dei mezzi in vista di determinati fini («se…, devi…»),

comprendono le regole dell’abilità (norme tecniche per raggiungere un determinato scopo) e i consigli di prudenza (che forniscono i mezzi per ottenere il benessere o la felicità)

• Imperativi categorici che ordinano il dovere in modo incondizionato, a prescindere dallo scopo («devi»).

• La legge morale non può dipendere da circostanze mutevoli e dunque non può risiedere negli imperativi ipotetici, ma solo negli imperativi categorici, che sono totalmente incondizionati dal soggetto e dallo scopo, e ha valore perentorio per tutti e per tutte le circostanza.

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L’imperativo categorico

La formula-base dell’imperativo categorico afferma:

«agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo come principio di una legislazione universale.» L’imperativo categorico è dunque quel comando che prescrive di tener sempre presenti gli altri e che considera morale una massima solo se è generalizzabile.

Successivamente Kant ridefinirà l’imperativo categorico in altri due modi:

1. «agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.» Ciò significa rispettare la dignità umana che è in sé e negli altri, evitando di ridurre se stessi o gli altri a semplice mezzo del proprio egoismo e delle proprie passioni.

2. «la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice.» Questo significa che il comando morale non dev’essere un imperativo esterno, ma il frutto spontaneo della volontà razionale. Noi sottomettendoci ad essa, non facciamo altro che obbedire a noi stessi.

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Le caratteristiche dell’etica kantiana

• Formalità della legge: la legge non ci dice che cosa dobbiamo fare, ma comedobbiamo farlo. Non prescrive dei contenuti concreti («materiali»), ma è una legge formale-universale che afferma: quando agisci tieni presenti gli altri e rispetta la dignità umana che è in te e nel prossimo. Anche in campo etico si ripresenta la contrapposizione tra materia e forma.

• Anti-utilitarismo: la legge morale non agisce in vista di un fine o di un utile.

• Rigorismo: l’etica non può basarsi sulle emozioni e sui sentimenti, neppure sulla felicità. La moralità consiste nel puro dovere-per-il-dovere.

• Etica dell’intenzione: la morale non concerne ciò che si fa (l’azione esteriore), ma l’intenzione con cui lo si fa. Il bene consiste nel volere il bene, cioè nella volontà buona, l’intenzione della volontà di conformarsi alla legge morale.

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Rivoluzione copernicana morale

• Così come in campo gnoseologico Kant aveva posto l’uomo al centro della natura, allo stesso modo pone l’uomo al centro dell’universo morale.

• L’uomo e la sua ragione sono il fondamento dell’etica (autonomia della legge). Kant polemizza aspramente contro tutte le morali eteronome, cioè quei sistemi che pongono il fondamento del dovere in forze esterne all’uomo o alla sua ragione.

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L’unione di virtù e felicità

• La virtù, pur essendo il bene supremo, non è ancora quel sommo bene a cui tende irresistibilmente la nostra natura, il quale consiste piuttosto nell’unione di felicità e virtù. Ciò non significa che la felicità sia il motivo dell’azione, ma semplicemente asserisce che in noi c’è il bisogno di pensare che l’uomo, pur agendo per puro dovere, si renda degno di felicità.

• Ma in questo mondo virtù e felicità non sono mai congiunte: virtù e felicità costituiscono l’antinomia etica per eccellenza. L’unico modo per sciogliere questa antinomia è quello di postulare un mondo nell’aldilà in cui possa realizzarsi ciò che nell’aldiquà risulta impossibile: l’equazione virtù=felicità.

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I postulati della ragion pura pratica

• I postulati in matematica sono quei principi che, pur essendo indimostrabili, vengono accolti per rendere possibili determinate entità o verità geometriche. Analogamente i postulati della ragion pura pratica sono quelle proposizioni non dimostrabili che rendono possibile e pensabile la legge morale. Non sono dogmi teoretici, ma presupposizioni necessarie dal punto di vista pratico.

• I postulati formulati da Kant sono:• Il postulato dell’immortalità dell’anima: bisogna ammettere un tempo infinito nel

quale l’uomo può progredire verso la santità, che non è realizzabile nel nostro mondo;

• Il postulato dell’esistenza di Dio: la credenza in una volontà santa e onnipotente che faccia corrispondere la felicità al merito;

• Il postulato della libertà: è la condizione stessa dell’etica, la possibilità di agire o meno in conformità con la legge morale; e viceversa la legge morale implica la libertà di agire («Devi, dunque puoi.»).

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Libertà e determinismo

• Una stessa azione può essere determinata in quanto accadimento del mondo sensibile e libera in quanto atto morale.

• In quanto appartiene al mondo fenomenico, l’uomo è soggetto alla legge fisica (determinismo); in quanto appartiene al mondo noumenico, l’uomo è soggetto alla legge morale, alla quale tuttavia può trasgredire (libertà di agire).

• Libertà e determinismo possono dunque coesistere.

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Il primato della ragion pratica

• La teoria dei postulati stabilisce il primato della ragion pratica: l’interesse pratico prevale su quello teoretico.

• I postulati non possono avere valore di conoscenza, essi implicano soltanto una ragionevole speranza. I postulati non sono certezza, altrimenti la morale scivolerebbe verso l’eteronomia, poiché sarebbe la religione o la metafisica a fondare la morale.

• Ma non sono le verità religiose a fondare la morale, bensì la morale, con i suoi postulati, a fondare le verità religiose. Il rapporto tra morale e religione è rovesciato.

• La teoria dei postulati non elimina l’autonomia dell’etica, ma la integra con una sorta di fede razionale.

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3. La Critica del Giudizio

• Nella Critica della ragion pura la natura (mondo fenomenico) appare come una struttura causale e necessaria. Kant analizza la facoltà della conoscenza.

• Nella Critica della ragion pratica la realtà (mondo noumenico) è descritta in termini indeterministici ed è postulata la libertà dell’uomo e l’esistenza di Dio. Kant analizza la facoltà della morale.

• Nella Critica del Giudizio Kant analizza una terza facoltà: il sentimento, quella facoltà che ci permette di fare esperienza della finalità del reale. Il sentimento non ha un valore di tipo conoscitivo o teoretico, risponde al bisogno umano di rappresentarsi il mondo fisico in termini di finalità e di libertà.

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I giudizi riflettenti

• Kant distingue tra:• Giudizi determinanti, che sono i giudizi conoscitivi e scientifici studiati nella prima Critica;

• Giudizi riflettenti, che si limitano a riflettere su una natura già costituita mediante i giudizi determinanti e ad apprenderla o interpretarla mediante il nostro bisogno di finalità e armonia.

• La Critica del Giudizio è un’analisi dei giudizi riflettenti.

• Il Giudizio è l’organo dei giudizi riflettenti, una facoltà intermedia tra l’intelletto (conoscenza) e la ragione (morale).

• Il Giudizio riflettente si distingue in:• Giudizio estetico: noi viviamo immediatamente la finalità della natura (es. bel paesaggio);

• Giudizio teleologico: noi pensiamo concettualmente tale finalità mediante la nozione di fine (es. scheletro).

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Il giudizio estetico: il bello

• Nella Critica della ragion pura Kant aveva usato l’espressione «estetica trascendentale» per definire l’analisi delle forme a priori della sensibilità. Nella Critica del Giudizio Kant restituisce al termine «estetica» il suo significato tradizionale di dottrina dell’arte e della bellezza.

• Per Kant il bello è ciò che piace nel giudizio estetico. Con riferimento alla tavola delle categorie definisce il bello in quattro modi:• Secondo la qualità, il bello è l’oggetto di un piacere senza alcun interesse, disinteressato.• Secondo la quantità, il bello è ciò che piace universalmente senza concetto.• Secondo la relazione, il bello è la forma della finalità (armonia formale) di un oggetto,

percepita senza uno scopo.• Secondo la modalità, il bello è ciò che, senza concetto, è riconosciuto come oggetto di un

piacere necessario (cioè su cui tutti concordano intuitivamente, senza però poterne spiegare concettualmente il perché).

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Il giudizio estetico: il bello

• Non esistono principi razionali di bellezza, perciò l’educazione alla bellezza non può risiedere in un manuale tecnico, ma soltanto nella ripetuta contemplazione delle cose belle.

• Anche per quanto riguarda l’estetica, Kant opera una rivoluzione copernicana: il bello non è una proprietà oggettiva delle cose, ma qualcosa che nasce solo per la mente e in rapporto alla mente. Se la bellezza risiedesse negli oggetti, perderebbe la propria universalità e non sarebbe più qualcosa di libero, perché verrebbe imposta a noi dalla natura (eteronomia estetica).

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Il giudizio estetico: il sublime

• Il pensiero settecentesco aveva dedicato molta attenzione all’analisi del sublime, contrapponendolo al bello.

• Se il bello è riconducibile alla misura, all’ordine, all’armonia, alla piccolezza e alla delicatezza, il sublime è collegato alla dismisura, alla sproporzione, alla cupezza, e a tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo. (Burke)

• Kant distingue due tipi di sublime: il sublime matematico e il sublime dinamico.

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Il giudizio estetico: il sublime matematico

• Il sublime matematico: nasce in presenza di qualcosa di smisuratamente grande (es. le montagne, le galassie). Di fronte a queste cose nasce in noi uno stato d’animo ambivalente:• da un lato proviamo dispiacere, perché la nostra immaginazione non riesce ad abbracciarne

le incommensurabili grandezze;

• dall’altro proviamo piacere, perché la nostra ragione è portata da tali spettacoli a elevarsi all’idea di infinito.

• Scoprendoci portatori dell’idea di infinito, riconosciamo la nostra essenza di esseri superiori alla stessa natura. Scopriamo dunque che il vero sublime non risiede tanto nella realtà che ci sta di fronte, quanto in noi medesimi.

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Il giudizio estetico: il sublime dinamico

• Il sublime dinamico nasce in presenza di poderose forze naturali (temporali, vulcani, uragani). Anche in queste situazioni (contemplate al riparo dal pericolo, altrimenti saremmo paralizzati dal terrore), inizialmente avvertiamo la nostra piccolezza materiale e la nostra impotenza nei confronti della natura. Ma in seguito proviamo un sentimento di piacere per la nostra grandezza spirituale, dovuta alla nostra realtà di esseri umani pensanti. L’esperienza del sublime ci rende consapevoli della nostra natura di esseri morali.

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L’arte

• Dal bello di natura Kant distingue il bello artistico: la natura è bella quando ha l’apparenza dell’arte, l’arte è bella quando ha l’apparenza o la spontaneità della natura.

• L’arte è un tipo di agire che produce opere. È suddivisa in arte meccanica e arte estetica. L’arte estetica a sua volta è distinta in:• Arte piacevole, se è indirizzata a uno scopo secondario, come quello di intrattenere o

rallegrare degli spettatori;

• Arte bella, che è una specie di rappresentazione che ha il suo scopo in se stessa, e dà quindi un piacere disinteressato.

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Il genio

• La spontaneità dell’arte bella proviene dal genio, il tramite con cui la natura interviene sull’arte, è il talento (dono naturale), che dà regola all’arte.

• Le caratteristiche del genio sono:• L’originalità, o creatività;

• La capacità di produrre opere esemplari, ossia che fungono da modelli per altri;

• L’impossibilità di mostrare scientificamente come compie la sua produzione.

• Per queste caratteristiche il genio è inimitabile ed esiste solo nel settore delle arti belle.

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