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CONCETTI DI BASE IN IMMUNOLOGIA

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CONCETTI DI BASE IN IMMUNOLOGIA

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IMMUNITA’ INNATA E ACQUISITA

L’immunità innata costituisce una prima barriera agli agenti patogenie si basa soprattutto sulla capacità di cellule fagocitarie di rimuoverel’agente senza che vi sia stata alcuna esposizione precedente alloantigene.

GRANULOCITI E MACROFAGI

L’immunità acquisita o adattativa viene generata nel corso della vita,quando l’individuo viene a contatto con un determinato agenteinfettivo

LINFOCITI

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LE COMPONENTI DEL SISTEMA IMMUNITARIO

Le cellule del sistema immunitario originano nel midollo osseo, dovela maggior parte vi maturano anche. Quindi migrano per controllare i tessuti, circolando nel sangue e inun sistema specializzato di vasi chiamato sistema linfatico.

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CELLULE DELLA LINEA MIELOIDE

Le cellule della linea mieloide partecipano sia all’immunitàinnata che a quella acquisita.I granulociti comprendono i neutrofili, i basofili e gli eosinofili: sonocellule circolanti che rimangono all’interno del sangue fino a chenon vengono richiamate nel sito di infezione e infiammazione, dovesi comportano da cellule effettrici.I macrofagi ed i mastociti completano la loro maturazione nei tessutidove agiscono come cellule effettrici. I macrofagi fagocitano batteri erichiamano i neutrofili circolanti. I mastociti sono coinvolti nelladifesa contro i parassiti e nelle reazioni allegiche: richiamanoeosinofili e basofili.Le cellule dendritiche entrano nei tessuti come fagociti immaturi dove si specializzano per catturare l’antigene e poi migrano nei tessuti linfoidi.

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I linfociti naive sono cellule di piccole dimensioni, con pochiorganelli citoplasmatici e molta cromatina nucleare inattiva.

I linfociti sono potenzialmente in grado di scatenare una rispostaimmunitaria specifica contro qualsiasi agente estraneo a causa dellaespressione sulla loro superficie di recettori antigenici con una singolaspecificitàIl recettore dell’antigene delle cellule B o BCR (B cell receptor) è unanticorpo legato alla membrana che verrà secreto dopo l’attivazione ela differenziazione in plasmacellule.Il recettore dell’antigene delle cellule T o TCR (T cell receptor)riconosce gli antigeni derivati dalle proteine estranee o dai patogeniche sono stati processati all’interno della cellula.

Le cellule “natural killer” o cellule NK non hanno recettori antigene-specifci (sistema immunitario innato): difesa contro cellule tumorali,infettate da virus e da patogeni intracellulari.

LINFOCITI

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Gli organi linfoidi sono tessuti organizzati che contengono un elevatonumero di linfociti che interagiscono con cellule non linfoidi.Queste interazioni sono importanti sia per il loro sviluppo, che per il loro sostentamento e per l’inizio della risposta immunitaria acquisita.

I linfociti B e T originano nel midollo osseo, ma mentre i linfociti Bvi maturano, i linfociti T lo fanno nel timo.Midollo osseo e timo sono chiamati organi linfoidi centrali o primari.

Una volta maturati, entrambi i tipi di linfociti entrano nel circolosanguigno per raggiungere gli organi linfatici periferici, dove hainizio la risposta immunitaria acquisita.Gli organi linfatici secondari sono i linfonodi, la milza ed i tessutilinfoidi associati alle mucose.

MATURAZIONE DEI LINFOCITI

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In questi organi avviene l’incontro tra linfociti e gli antigenitrasportati da cellule dendritiche.

I linfonodi catturano l’antigene proveniente dai tessuti periferici e trasportato da macrofagi e cellule dendritiche. I linfociti arrivanoai linfonodi dal sangue e vi entrano attraverso venule capillarispecializzate. Le cellule dendritiche arrivano attraverso i vasi linfaticiafferenti.

La milza cattura gli antigeni del sangue. I linfociti e le cellule dendritichesi incontrano nella capsula linfoide periarteriolare.

I tessuti linfoidi associati alle mucose (GALT, BALT, MALT) hannouna struttura simile a quella degli altri organi e sequestrtano gli antigenipresenti sulle superfici epiteliali.

ORGANI LINFOIDI PERIFERICI

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I linfociti naive circolano continuamente tra il sangue e i tessutilinfodi periferici. I linfociti vengono poi riportati nel sangue o attraverso i vasi linfatici o nella milza entrano direttamente in circolo.

Se non avviene l’incontro con l’antigene, i linfociti comunque ricevonosegnali di sopravvivenza.

Se avviene l’incontro si fermano nel tessuto linfoide dove proliferano e maturano in cellule effettrici capaci di combattere l’infezione. Una volta proliferati e differenziati, i linfociti lasciano i linfonodi attraverso i vasi linfatici efferenti o la milza attraverso le venetrabecolari.

CIRCOLAZIONE DEI LINFOCITI

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Le cellule del sistema immunitario innato (macrofagi e neutrofili)svolgono un ruolo essenziale nell’innescare la risposta contro l’infezione e nell’indirizzare il controllo dell’infezione verso la risposta immunitaria acquisita.

Il periodo di tempo che passa tra l’infezione e l’inizio della risposta immunitaria acquisita è di 4-7 giorni.

PRINCIPI DI IMMUNITA’ INNATA ED ADATTATIVA

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Molti agenti infettivi inducono una risposta infiammatoriaattivando l’immunità innata.

I macrofagi riconoscono i batteri, penetrati nei tessuti attraversole superfici epiteliali, mediante recettori capaci di riconoscere icostituenti batterici comuni.Dopo la fagocitosi i macrofagi attivati secernono le citochine e lechemochine (per neutrofili e monociti).L’infiammazione locale e la fagocitosi dei batteri possono venire ancheindotti dall’attivazione del complemento legato sulla superficie batterica.

RISPOSTA IMMUNITARIA INNATA ED INFIAMMAZIONE

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La risposta immunitaria innata e l’infiammazione contribuiscono in maniera cruciale all’attivazione dell’immunità acquisita.La risposta infiammatoria è caratterizzata da un incremento dellapermeabilità vascolare e da fuoriuscita di liquidi nell’interstizio,con conseguente aumento del flusso di linfa che contiene l’antigene e lecellule dendritiche all’interno dei tessuti linfoidi.

I componenti del complemento legati sulla superficie del patogenoe i cambiamenti indotti nelle cellule che hanno fagocitato i microrga-nismi danno segnali di attivazione per i linfociti i cui recettori legano specifici antigeni microbici.

RISPOSTA IMMUNITARIA INNATA ED INFIAMMAZIONE

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Le cellule dendritiche sono le cellule specializzate nel presentarel’antigene ai linfociti.Migrano dal midollo osseo ai loro siti tessutali periferici e sonoimmature finché non incontrano i patogeni. Dopo la fagocitosi migrano attraverso la linfa nei linfonodi regionali. Se lecellule dendritiche non si attivano, inducono tolleranza verso l’antigene che hanno catturato.

Le cellule dendritiche hanno recettori specifici per i componenticomuni di alcuni patogeni (es. proteoglicani). Inoltre sono capaci dicatturare materiale extra-cellulare mediante un processo recettore-indipendente chiamato macropinocitosi, come succede con alcuneparticelle virali o batteriche.

ATTIVAZIONE DELLE CELLULE SPECIALIZZATE NELPRESENTARE L’ANTIGENE

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Le cellule dendritiche attivate migrano nei linfonodi e maturanoin cellule che presentano l’antigene o APC e subiscono deicambiamenti che le rendono capaci di attivare i linfociti patogeni-specifici che incontrano nei linfonodi.

Le cellule dendritiche attivate secernono citochine che inducono siala risposta immunitaria innata che quella acquisita.

ATTIVAZIONE DELLE CELLULE SPECIALIZZATE NELPRESENTARE L’ANTIGENE

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Il sistema dell’immunità innata può far conto su recettori codificatidurante la linea germinale che riconoscono molecole comuni a moltipatogeni. Tale sistema però non conferisce protezione verso:• nuovi tipi di patogeni o molecole modificate nel corso dell’evoluzione• batteri con capsula protettiva• virus che non espongono antigeni sulla superficie

I batteri rivestiti da capsula e i virus possono però essere fagocitati dacellule dendritiche, le loro molecole processate e i peptidi antigenicipresentati ai linfociti.

LIMITI DELL’IMMUNITA’ INNATA

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I linfociti posseggono recettori specifici per un solo antigene. La specificità di questi recettori è generata da un unico meccanismo genetico che opera nel midollo osseo e nel timo durante lo sviluppolinfocitario e genera migliaia di differenti varianti geniche che codificano per il recettore.Questa diversità permette che milioni di linfociti circolanti esponganomilioni di recettori differenti specifici per ogni tipo di antigene:-> repertorio recettoriale dei linfociti.

Durante la vita questi linfociti vanno incontro a un processo di selezione naturale per cui solo quei linfociti che incontrano l’antigenespecifico per il recettore sono in grado di proliferare e di differenziarsiin cellule effettrici.

SPECIFICITA’ DEI LINFOCITI

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Per spiegare perché un individuo produceva solo gli anticorpi,che potevano essere indotti virtualmente verso qualsiasi antigene,specifici per l’antigene a cui era stato esposto, Macfarlane Burnetpropose l’ipotesi della selezione clonale.

SELEZIONE CLONALE DEI LINFOCITI

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Gli anticorpi sono la forma secreta del recettore delle cellule B o BCR.In generale, sono formati da una regione costante, in grado di acquisiresoltanto una della cinque forme biochimiche identificate, ed unaregione variabile che, al contrario, può assumere un’infinita varietà diforme differenti.

STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

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La regione variabile determina la specificità dell’anticorpo versol’antigene, mentre la regione costante determina il modo in cuil’anticorpo reagisce nei confronti del patogeno a cui si è legato.

Ogni anticorpo possiede due assi di simmetria ed è composto da duecatene pesanti identiche e due catene leggere identiche. Sia lecatene pesanti che leggere contengono regioni costanti e regionivariabili; le regioni variabili di ciascuna catena si combinano per formare il sito che lega l’antigene in maniera specifica.

STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

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Come può un numero finito di geni codificare per un numeroquasi infinito di recettori antigenici?

I geni della regione variabile delle immunoglobuline vengonoereditati come segmenti genici, ognuno dei quali codifica per una partedella regione variabile di una delle catene polipeptidiche che formanogli anticorpi.Durante lo sviluppo delle cellule B nel midollo osseo questi segmentisono rimescolati tramite ricombinazione del DNA per formare un trattogenico che codifica per una intera regione variabile.

I segmenti genici vengono uniti in maniera diversa in cellule diverse-> ogni cellula genera un unico gene per le regioni variabili.

GENERAZIONE DELLA SPECIFICITA’ DEGLI ANTICORPI

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Lo stesso schema generale è usato nella generazione dei recettoriper l’antigene dei linfociti T.

DIFFERENZE TRA BCR E TCRImmunoglobuline di superficie dei linfociti B hanno due siti diriconoscimento dell’antigene e vengono secrete.

I recettori delle cellule T hanno un solo sito di riconoscimento erimangono sempre sulla superficie della cellula.

GENERAZIONE DELLA SPECIFICITA’ DEGLI ANTICORPI

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La diversità dei recettori linfocitari è quindi determinata da:

• poche centinaia di segmenti genici differenti si possono combinarein modi variabili, generando milioni di recettori diversi.

• diversità di ricongiuzione: aggiungendo o sottraendo alcuni nucleotidinel processo di unione dei segmenti.

• ogni recettore è generato dall’accoppiamento di due differenti catenevariabili ognuna codificata da due differenti segmenti genici.

-> un migliaio di differenti catene variabili di ogni tipo generano 106

recettori antigenici ed esistono 108 linfociti con differente specificitàantigenica su cui agisce la selezione clonale

DIVERSITA’ DEI RECETTORI LINFOCITARI

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La maturazione e la sopravvivenza dei linfociti è regolata dasegnali che ricevono attraverso i loro recettori antigenici.

I segnali che riceve un linfocita immaturo può portarlo a morte oppureindurre ulteriori riarrangiamenti recettoriali:è questo il meccanismo della delezione clonale per cui i recettorispecifici per proteine self vengono esclusi dal repertorio linfocitario.

SVILUPPO E MANTENIMENTO DEL REPERTORIO LINFOCITARIO

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I segnali di sopravvivenza derivano da altre cellule presenti negliorgani linfoidi ed almeno in parte dagli antigeni self.

Per i linfociti B:durante lo sviluppo nel midollo osseo dalle cellule stromaliquando sono maturi e circolanti dai follicoli di cellule B del tessutolinfoide periferico

Per i linfociti T:durante lo sviluppo nel timo dalle molecole self presenti sulle celluleepiteliali specializzate e dalle stesse molecole espresse dalle celluledendritiche dei tessuti linfatici periferici.

I segnali di sopravvivenza ricevuti attraverso il recettore antigenicoagiscono inibendo l’apoptosi.

SVILUPPO E MANTENIMENTO DEL REPERTORIO LINFOCITARIO

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Un numero così grande di recettori linfocitari ha il significato che solouna frazione di linfociti può legare e riconoscere un antigene.

L’espansione clonale permette di ottenere un numero sufficiente dilinfociti in grado di combattere un’infezione: il linfocita deveproliferare e la sua progenie maturare in cellule effettrici.

-Attivazione: una volta riconosciuto l’antigene il linfocita si arrestanell’organo linfoide e in qualche ora si trasforma in linfoblasto.-Proliferazione: le mitosi avvengono tra le due le quattro volte al giornoper 3-5 giorni-Differenziazione in cellule effettrici: cellule B in plasmacellulecellule T in cellule in grado di distruggere cellule infettate o di attivarealtre cellule del sistema immunitario

ATTIVAZIONE E PROLIFERAZIONE DEI LINFOCITINEL TESSUTO LINFOIDE PERIFERICO

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Le cellule effettrici hanno una aspettativa di vita limitata: una voltarimosso l’antigene queste cellule vanno incontro ad apoptosi.

Qualcuna comunque rimane anche dopo l’eliminazione dell’antigene.Sono le cellule della memoria che assicurano una risposta più rapida ed efficace nel caso di un secondo incontro con lo stesso agente patogeno e conferisce una protezione immunitaria di lunga durata.

La memoria immunologica consta in una risposta anticorpale secondariache si sviluppa dopo un periodo di latenza più corto, raggiunge unlivello anticorpale più alto e produce anticorpi con un affinità, o forzadi legame, più elevata.

MEMORIA IMMUNOLOGICA

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Le risposte linfocitarie verso un antigene richiedono non solo il segnalegenerato dal legame del recettore per l’antigene, ma anche un secondosegnale generato da un’altra cellula.

Le cellule T naive sono in genere attivate da cellule dendritiche, mentrele cellule B sono attivate da un linfocita T effettore.

ATTIVAZIONE LINFOCITARIA NEI TESSUTI LINFOIDI PERIFERICI

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I meccanismi effettori della risposta immune sono diversi in quantodiverse sono le caratteristiche dei vari agenti patogeni.

I linfociti B riconoscono l’antigene presente su cellule estranee alcorpo umano (es. i batteri); le cellule T invece riconoscono gliantigeni generati all’interno delle cellule infettate, prodotti, ad es.,dai virus.

I meccanismi effettori della risposta immunitaria acquisita sonoessenzialmente identici a quelli dell’immunità innata.

MECCANISMI EFFETTORI DELL’IMMUNITA’ ACQUISITA

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Gli anticorpi dipendono nelle loro funzioni effettrici quasiinteramente dalle cellule e dalle molecole del sistema immunitarioinnato.Gli anticorpi si trovano nel plasma e nei fluidi extracellulari-> immunità umorale.

Ciascun anticorpo appartiene a una delle cinque classi, o isotipi. Unavolta avvenuto il riconoscimento, ognuna di queste classi sviluppauna serie di meccanismi effettori per eliminare l’antigene.

NEUTRALIZZAZIONEIl meccanismo più semplice e diretto consiste nel legame tra l’anticorpoe l’agente patogeno (es. tossina, alcuni virus), bloccandone l’accesso in cellule che potrebbero essere infettate o distrutte.

MECCANISMI EFFETTORI CONTROPATOGENI EXTRACELLULARI E LORO TOSSINE

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OPSONIZZAZIONEAlcuni batteri non sono riconosciuti direttamente dai fagociti.Gli anticorpi possono rivestire i patogeni e i fagociti riconoscono laregione costante dell’anticorpo legato al batterio.

ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTOGli anticorpi possono attivare il sistema del complemento il quale può:• distruggere i batteri direttamente (ma importante in poche infezionibatteriche).• legare il batterio favorendone la sua cattura e la sua distruzione daparte dei fagociti.

Il complemento, quindi, marca i patogeni ed in questa funzione“complementa” gli anticorpi.

MECCANISMI EFFETTORI CONTROPATOGENI EXTRACELLULARI E LORO TOSSINE

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I patogeni sono accessibili agli anticorpi solo nel sangue e neglispazi extracellulari.

Alcuni batteri, tutti i virus e alcuni parassiti si replicano all’internodella cellula dove gli anticorpi non li possono eliminare. La distruzione di tali agenti patogeni è compito dei linfociti T-> immunità cellulo-mediata.

Le reazioni cellulo-mediate dipendono dalle interazioni dirette tra ilinfociti T e le cellule che presentano l’antigene.

MECCANISMI EFFETTORI CONTROPATOGENI INTRACELLULARI

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LINFOCITI T CITOTOSSICIQueste cellule, che esprimono la molecola CD8 sulla loro superficie,riconoscono le cellule infettate dai virus. Gli antigeni derivati dalvirus in replicazione vengono esposti sulla superficie delle celluleinfettate, dove vengono riconosciuti dalle cellule T. Queste ultimepossono controllare l’infezione uccidendo le cellule infettate prima chevenga completata la replicazione virale.Il meccanismo citotossico prevede l’attivazione delle caspasinelle cellule infettate ed il taglio del DNA sia virale che dell’ospite.

MECCANISMI EFFETTORI CONTROPATOGENI INTRACELLULARI

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LINFOCITI T HELPERQueste cellule, che esprimono la molecola CD4 sulla loro superficie,possono essere suddivisi in due sottogruppi.

Il primo è importante per il controllo delle infezioni batteriche intracellulari (Mycobacterium tubercolosis e M. leprae). Questi battericrescono nelle vescicole dei fagociti, le quali non si fondono con ilisosomi. Le cellule TH1 attivano i macrofagi e inducono fusione dei lisosomi con le vescicole fagosomiche. Inoltre attivano altri meccanismiantibatterici dei fagociti e secernono citochine che attirano altrimacrofagi nel sito dell’infezione.

MECCANISMI EFFETTORI CONTROALTRI PATOGENI INTRACELLULARI ED

EXTRACELLULARI

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LINFOCITI T HELPERIl secondo sottogruppo è rappresentato dalle cellule TH2, le quali sonocoinvolte nella distruzione dei patogeni extracellulari attivando lecellule B. Storicamente, sono le prime descritte come T helper.

Sono pochi gli antigeni con particolari proprietà che possono attivareda soli i linfociti B. La maggior parte degli antigeni richiede unsegnale complementare dalle cellule T helper.

MECCANISMI EFFETTORI CONTROALTRI PATOGENI INTRACELLULARI ED

EXTRACELLULARI

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Tutti gli effetti dei linfociti T dipendono dalle interazioni con lecellule che espongono proteine estranee.

Nel caso delle cellule T CD8 e le cellule TH1, le proteine estraneedevono essere prodotte dai patogeni infettanti la cellula bersagliooppure devono venire ingerite dalla cellula bersaglio stessa. Le cellule T helper riconoscono ed interagiscono con le cellule Bche hanno legato e internalizzato l’antigene estraneo tramite leimmunoglobuline di membrana.

In ogni caso, le cellule T riconoscono l’antigene quando legato a speciali molecole, glicoproteine di membrana che fanno parte delcomplesso maggiore di istocompatibilità (MHC).

RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEI LINFOCITI T

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Le molecole MHC di classe I e di classe II hanno come caratteristicacomune quella di avere due domini extracellulari che formano unatasca nella quale un singolo peptide viene intrappolato durantela sintesi e l’assemblaggio delle molecole MHC all’interno dellecellule.

RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEI LINFOCITI T

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La differenza tra le due classi risiede nel tipo e nell’origine delpeptide che trasportano alla superficie.

Le proteine MHC di classe I legano peptidi derivati da proteine sintetizzate nel compartimento citoplasmatico e sono quindi capacidi esporre sulla superficie cellulare frammenti di proteine virali.

RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEI LINFOCITI T

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Le proteine MHC di classe II legano peptidi derivati da proteinecontenute nelle vescicole intracellulari e quindi espongono peptididerivati da patogeni presenti nelle vescicole macrofagiche ointernalizzati da macrofagi o cellule B.

RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEI LINFOCITI T

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Le molecole MHC di classe I che legano peptidi virali sono riconosociute da cellule T citotossiche, che uccidono direttamentele cellule infettate.Le molecole MHC di classe II vengono riconosciute dalle celluleTH1 e TH2.

RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEI LINFOCITI T

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RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEI LINFOCITI T

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RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEI LINFOCITI T

L’attivazione mediata dall’antigene delle cellule T effettrici èaiutata da co-recettori:

CD8 nei linfociti citotossici che lega le molecole MHC I

CD4 nei linfociti TH1 e TH2 che lega le molecole MHC II

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ALTERAZIONI DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA

Le immunodeficienze sono difetti o deficienze di alcune risposte del sistema immunitario.Quando l’immunità acquisita è completamente assente, si puòanche avere morte durante l’infanzia per l’insorgenza di graviinfezioni.Se l’immunodeficienza è selettiva, la conseguenza sono infezioniricorrenti.

Il virus dell’immunodeficienza umana o HIV causa l’AIDS nonsolo sfuggendo ma anche sovvertendo i meccanismi protettivi dellarisposta immunitaria acquisita. L’HIV distrugge le cellule T cheattivano i macrofagi, causando infezioni di batteri intracellulari.

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ALTERAZIONI DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA

Le allergie. le malattie autoimmuni e il rigetto dei trapiantisono associate ad una normale risposta immunitaria direttacontro un antigene inappropriato.

Nelle allergie l’antigene è una innocua sostanza estranea,nelle malattie autoimmuni è un antigene self,nel rigetto dei trapianti, l’antigene deriva da una cellulaestranea.

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IMMUNITA’ INNATA

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I meccanismi dell’immunità innata riescono a riconoscere e distruggere i microrganismi nel giro di poche ore o giorni inquanto essi non portano all’espansione clonale di linfocitiantigene-specifici.

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Le malattie infettive si verificano quando un microrganismo riesce adevadere o sconfiggere le difese innate dell’ospite, per stabilire unfocolaio d’infezione e replicazione, che ne permette la suaulteriore diffusione,

La diffusione dei patogeni è spesso contrastata da una rispostainfiammatoria che recluta molte molecole effettrici e cellule del sistema immunitario innato dai vasi sanguigni locali, mentre induceun blocco più a valle, così che i patogeni non possono diffondereattraverso il sangue,

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Le superfici epiteliali rappresentano una barriera fisica, grazie anchealla presenza delle giunzioni strette tra cellule adiacenti.In caso di rotture della barriera epiteliale (ferite, bruciature) l’accessodei patogeni all’interno è facilitato.In assenza di soluzioni di continuità, due sono i modi di invasione deipatogeni:1) legandosi a molecole della superficie epiteliale interna;2) aderendo e colonizzando la superficie epiteliale.

In quest’ultimo caso la rimozione da parte di flussi d’aria o di fluidiviene impedita.

Ruolo del muco: i patogeni rivestiti da mucine non possono aderire evengono espulsi grazie al movimento delle ciglia epiteliali.

GLI EPITELI RAPPRESENTANO LA PRIMA BARRIERACONTRO LE INFEZIONI

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Dopo aver attraversato la barriera epiteliale, il patogeno è riconosciutodai fagocit mononucleati, o macrofagi, che si trovano nei tessuti.Essi si trovano nel tessuto connettivo di:• tratto gastrointestinale• polmoni (sia negli interstizi che negli alveoli)• fegato (cellule di Kupffer)• milza

La seconda grande famiglia di fagociti è rappresentata dai neutrofili,cellula vita breve, abbondanti nel sangue, ma non presenti normalmentenei tessuti.

Queste cellule riconoscono e distruggono i patogeni senza l’aiutodella immunità immune acquisita.

RUOLO DEI FAGOCITI

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I fagociti riconoscono i patogeni attraverso recettori di superficiecellulare, che possono distinguere tra molecole di superficieesposte dai patogeni e quelle proprie dell’ospite:• recettore per il mannosio (solo sui macrofagi e non sui monociti eneutrofili)• recettori spazzini• CD14, recettore per lipopolisaccaridi batterici (prevalentemente suimonociti e macrofagi)• recettore per il complemento

RUOLO DEI FAGOCITI

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Al legame fa seguito fa seguito la fagocitosi:formazione del fagosoma -> fusione coi lisosomi -> formazionedel fagolisosoma.

Durante la fagocitosi, macrofagi e neutrofili producono una grandevarietà di prodotti tossici che aiutano ad uccidere il patogenofagocitato.

RUOLO DEI FAGOCITI

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Il secondo importante effetto dell’interazione tra i patogeni e imacrofagi è l’attivazione di questi a rilasciare citochine e altrimediatori, che determinano uno stato d’infiammazione neltessuto e richiamano neutrofili e proteine plasmatiche nel sitod’infezione.I recettori che legano i patogeni inducono la secrezione dicitochine.Le citochine danno un importante contributo sia alla infiammazionelocale che a reazioni indotte, ma non adattative, che si verificanonei primi giorni dell’infezione.

I recettori che segnalano la presenza di patogeni inducono anchel’espressione di molecole, dette co-stimolatorie, sia sui macrofagi chesulle cellule dendritiche, permettendo a queste di iniziare una risposta immune adattativa.

RUOLO DEI FAGOCITI

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Il ruolo dell’infiamazione nel controllare le infezioni è triplice:• far arrivare molecole e cellule effettrici nel sito d’infezione • fornire una barriera fisica per impedirne l’infezione• promuovere la riparazione dei tessuti danneggiati

A livello dei vasi sanguigni:• aumento del diametro vascolare con riduzione della velocità delflusso ematico nei piccoli vasi• aumento dell’adesività dell’endotelio nei confronti dei leucociticircolanti• aumento della permeabilità vascolare

RUOLO DELL’INFIAMMAZIONE

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Questi cambiamenti sono indotti da una grande varietà di mediatoriinfiammatori: prostaglandine, leucotrieni e PAF.

Le loro azioni sono seguite da quella delle citochine e chemochine.

Anche il complemento contribuisce alla risposta infiammatoria.Il C5a aumenta la permeabilità vascolare, induce l’espressione dialcune molecole di adesione, agise come un forte chemoattraenteper neutrofili e monociti, e attiva fagociti e mastcellule locali, stimolate a rilasciare granuli contenenti istamina e TNF-.

Se vi sono ferite, il danno ai vasi stimola altre due cascate dienzimi protettivi: il sistema delle chinine e il sistema dellacoagulazione.

RUOLO DELL’INFIAMMAZIONE

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Il sistema del complemento è parte integrante del sistema immuneinnato, benché possa essere un’arma effettrice della rispostaanticorpale. Comunque, esso può essere attivato precocementedalle infezioni, in assenza di anticorpi.

Il sistema del complemento è costituito da un gran numero diproteine plasmatiche. Un certo numero di queste proteine sonoproteasi, attivate da tagli proteolitici. Tali enzimi sono sotto formainattiva (zimogeni). Nella cascata del complemento, avviene unaamplificazione della risposta.

Ci sono tre diverse vie attraverso le quali il complemento puòessere attivato sulla superficie dei patogeni. Queste tre vie nellefasi inziali dipendono da molecole diverse che poi convergononel generare lo stesso gruppo di molecole effetrici.

IL SISTEMA DEL COMPLEMENTO

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Le tre vie del complemento sono:• la via classica, che può essere attivata dal legame di C1q, la primaproteina della cascata del complemento, direttamente sullasuperficie del patogeno. C1q si può legare ai complessi antigene-anticorpo.• la via della lectina legante il mannosio (MB-lectin pathway) èattivata in seguito al legame della lectina legante il mannosio, unaproteina sierica, al mannosio dei polisaccaridi sulla superficie dialcuni batteri, o di virus.• la via alternativa, la quale viene attivata quando il componente C3del complemento si attiva spontaneamente e lega la superficie deipatogeni.

IL SISTEMA DEL COMPLEMENTO

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Tutte e queste tre vie portano alla produzione di una proteasi, laC3 convertasi. Questi eventi “precoci” consistono di cascateenzimatiche, nelle quali zimogeni inattivi sono tagliati perprodurre due frammenti, il più grande dei quali (denominato “b”)è una serin proteasi, mentre l’altro più piccolo (denominato “a”) èrilasciato dal sito di reazione e può agire come mediatore solubile.

Il frammento b viene trattenuto sulla superficie del patogeno eciò assicura che il precursore successivo inattivo sia tagliato e attivatosulla superficie del patogeno.

IL SISTEMA DEL COMPLEMENTO

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La C3 convertasi è legata covalentemente alla superficie delpatogeno, dove taglia il C3 per produrre grandi quantità di C3b, lamolecole effettrice principale del sistema del complemento.

C3b agisce come opsonina: legano in modo covalente il patogeno,che diventa perciò un bersaglio per la distruzione da parte deifagociti, che hanno recettori per C3b.C3b lega inoltre la C3 convertasi per formare la C5 convertasi, cheforma sia C5a (mediatore dell’infiammazione) che C5b, che iniziagli eventi “tardivi” dell’attivazione del complemento.Ciò comporta una serie di reazioni di polimerizzazione in cui gliultimi componenti del complemento interagiscono per formare uncomplesso di attacco alla membrana, che crea pori nella membranadei patogeni.

IL SISTEMA DEL COMPLEMENTO

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Il sistema del complemento è regolato a due livelli:

1) i componenti chiave attivati sono rapidamente inattivati, finchénon legano la superficie del patogeno dove era avvenuta la loroattivazione;

2) proteine regolatorie agiscono sui componenti del complementoper prevenire l’improvvisa attivazione del complemento sullasuperficie delle cellule ospiti.

IL SISTEMA DEL COMPLEMENTO

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La via classica svolge un ruolo importante sia nell’immunità innatache acquisita. C1q unisce il sistema del complemento alla rispostaumorale acquisita, legando anticorpi complessati con antigeni, ma può legare direttamente la superficie dei patogeni in assenza deipatogeni.

C1q fa parte del complesso C1, che comprende una molecola C1qa due molecole ciscuna degli zimogeni C1r e C1s.C1q è una lectina, appartenente alla famiglia delle collectine, proteineche legano zuccheri, in maniera calcio-dipendente, caratterizzate dadomini collagene-simili.

VIA CLASSICA DEL COMPLEMENTO

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Il legame di più di una delle teste di C1q al patogeno determina uncambiamento conformazionale nel complesso (C1r:C1s)2 portando all’attivazione di C1r. La forma attiva di C1r taglia C1s, per generareuna serin proteasi attiva.

C1s agisce sui due successivi componenti della via classica, C4 e C2,indrolizzandoli e generando C4b e C2b, che insieme costituiscono laC3 convertasi della via classica.Nel primo passagio, C1s taglia C4 per genarare C4b, il quale legacovelentemente la superficie del patogeno. C4b lega quindi C2,rendndolo sensibile al taglio di C1s.C1s taglia C2 producendo C2b, una serin proteasi. C4b-C2b rimane sulla superficie del patogeno e la sua principaleattività è di tagliare il maggior numero di C3 per produrre C3b, cheriveste la superficie del patogeno.

VIA CLASSICA DEL COMPLEMENTO

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La lectina legante il mannosio è molto simile a C1q.E’ una collectina che lega mannosio e altri zuccheri che si trovanosulla superficie dei patogeni (sulle cellule dei vertebrati sono presentialtri gruppi di zuccheri, specialmente l’acido sialico).

La MBL presenta sei teste e lega due zimogeni, MASP-1 e MASP-2 (serin proteasi associate alla lectina che lega il mannosio).

Quando il complesso MBL lega la superficie del patogeno, MASP-1e MASP-2 sono attivate e tagliano C4 e C2.

L’importanza della MBL è indicata dal fatto che una sua deficienzapuò comportare un aumento di infezioni durante la prima infanzia, cioèprima che le risposte immunitarie acquisite siano completamente maturee dopo che gli anticorpi materni, trasferiti attraverso la placenta e ilcolostro siano stati perduti.

VIA DELLA LECTINA LEGANTE IL MANNOSIO

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Il taglio di C4b da parte di C1s o delle MASP espone un legametioestere altamente reattivo, che le permette di legare covalentementeproteine o carboidrati nelle immediate vicinanze del suo sito di attivazione.Se C4b non forma rapidamente questo legame, il legame tioestere èidrolizzato da una reazione con l’acqua e tale reazione d’idrolisiinattiva irreversibilmente C4b. Questo previene la diffusione di C4bdal sito di attivazione sulla superficie microbica e il suo legame con lacellula ospite.

L’ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO E’ CONFINATASULLA SUPERFICIE DEL PATOGENO

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C2 diventa suscettibile al taglio da parte di C1s solo quando è legatoa C4b, quindi anche la proteasi C2b rimane confinata sulla superficiedel patogeno.Anche C3b si lega alla stessa maniera sul patogeno. C3b èrapidamente inattivato mediante lo stesso meccanismo di C4b, a menoche non si leghi covalentemente sul patogeno.

L’ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO E’ CONFINATASULLA SUPERFICIE DEL PATOGENO

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La via alternativa del complemento è innescata dall’idrolisispontanea di C3 ed un elevato numero di meccanismi assicura che l’attivazione si svolga sulla superficie del aptogeno.

C3 è abbondante nel plasma e C3b è prodotto ad una velocità elevatain seguito alla idrolisi spontanea del legame tioesterico per formareC3(H20), che presenta un’alterata conformazione e permette il legamedel fattore B. Il legame di B permette il legame di un’altra proteasiplasmatica, il fattore D, e di tagliare il fattore B a Ba e Bb, dei qualil’ultimo rimane associato a C3(H20) per formare il complessoC3 (H20)Bb. Questo complesso è una C3 convertasi in fase fluida epuò tagliare molte molecole di C3 a C3a e C3b. La maggior parte di C3b è inattavata rapidamente da idrolisi, ma una parte lega in manieracovalente la superficie delle cellule ospiti o del patogeno attraversoil suo gruppo tioesterico.

VIA ALTERNATIVA DEL COMPLEMENTO

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C3b, legato in questo modo, è in grado di legare il fattore B, permettendo al fattore D di tagliarlo e di ottenere il frammento Bb chelega C3b e forma la convertasi della via alternativa, C3b,Bb, legatosulla superficie cellulare.

Se C3 ha legato le cellule dell’ospite esiste una serie di meccanismiche limitano o inibiscono il proseguimento dell’attivazione delcomplemento.CR1 e la proteina di membrana conosciuta come DAF (decay accelerating factor) o CD55 competono con il fattore B per il legamea C3 e possono allontanare Bb da una convertasi che si è già formata.

Una proteina plasmatica, il fattore I, in associazione a proteine leganti C3b, che agiscono da cofattori, come CR1 e MCP (membrane cofactorof proteolysis) o CD46, taglia C3b nel suo derivato inattivo iC3b.

VIA ALTERNATIVA DEL COMPLEMENTO

Page 65: Immuno Log i Ax Stud

Una proteina plasmatica, il fattore H, è in grado di competere con ilfattore B e allontanare Bb dalla convertasi, inoltre agisce comecofattore del fattore I. Il fattore H lega prevalentemente C3b legato alle cellule di vertebrati, poiché presenta un’elevata affinità per i residui di acido sialico.

Al contrario, le superfici dei patogeni non posseggono queste molecoleregolatorie e acido sialico, per cui la convertasi si può formare e persistere. Questo processo può essere favorito dal fattore P oproperdina, che lega le superfici microbiche e stabilizza la convertasi.

VIA ALTERNATIVA DEL COMPLEMENTO

Page 66: Immuno Log i Ax Stud

Dopo essersi formata, la convertasi C3b, Bb taglia ancora C3 a C3b,che può legare il patogeno e agire come opsonina oppure iniziarenuovamente la via per formare altra conevrtasi.

Questo meccanismo di amplificazione permette alla via alternativa di contribuire all’attivazione del complemento, inizialmente scatenataattraverso la via classica o la via lectinica.

VIA ALTERNATIVA DEL COMPLEMENTO

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Le convertasi che si formano in seguito all’attivazione della viaclassica e lectinica (C4b,2b) e dalla via alternativa (C3b,Bb) sono apparentemente distinte, ma presentano delle analogie.

Gli zimogeni delle due vie, C2 e il fattore B, sono proteine strettamentecorrelate, codificate da geni omologhi posizionati in tandem nel complesso maggiore di istocompatibilità sul cromosoma 6.I loro rispettivi partner di legame, C4 e C3, contengono legamitioesterici che rappresentano il mezzo per legare covalentemente laC3 convertasi alla superficie del patogeno.

L’unico componente della via alternativa non correlato ad alcun componente della via classica e lectinica è il fattore D, il quale circolacome enzima attivo. E’ comunque sicuro in quanto il fattore D nonha altri substrati, se non il fattore B legato a C3b.

CONFRONTO TRA LE TRE VIE

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Nella via classica e lectinica la C5 convertasi è formata dal legame diC3b a C4b,2b per produrre C4b,2b,3b. Allo stesso modo, la C5convertasi della via alternativa è formata dal legame di C3b a C3b,Bbper formare C3b2,Bb.

C5 è catturato da questi complessi C5 convertasi, attraverso il legamea un sito accettore su C3b e così è reso suscettibile all’attività ditaglio della serin proteasi C2b o Bb.

Questa reazione è molto più limitata del taglio di C3, in quanto C5può essere solo tagliato quando si lega a C3b.

ATTIVAZIONE DELLA C5 CONVERTASI

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L’azione più importante del complemento è di facilitare la captazionee la distruzione dei patogeni da parte di cellule fagocitarie.

Questo si verifica in seguito al riconoscimento specifico di componentidel complemento legati da recettori del complemento o CRs suifagociti.-> opsonizzazione dei patogeni è la funzione principale di C3b e deisuoi derivati proteolitici. Anche C4b può funzionare da opsonina, main minor grado poiché prodotto in quantità minore di C3b.

FAGOCITOSI E RECETTORI PER IL COMPLEMENTO

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Il più rappresentato è il recettore per C3b, CR1 o CD35, espresso siasui macrofagi che sui leucociti polimorfonucleati.

Il legame di C3b a CR1 non stimola di per sé la fagocitosi, ma puòportare alla fagocitosi in presenza di altri mediatori immunitari, cheattivano i macrofagi. Ad es., C5a può attivare i macrofagi ad ingerirebatteri legati a CR1. C5a si lega ad un altro recettore che ha settedomini transmembrana. Tali recettori sono accoppiati a proteineintracellulari leganti nucleotidi guanilici, chiamate proteine G.

Proteine della matrice extracellulare, come la fibronectina, possonocontribuire all’attivazione dei macrofagi, quando questi sonoreclutati nel tessuto connettivo.

FAGOCITOSI E RECETTORI PER IL COMPLEMENTO

Page 71: Immuno Log i Ax Stud

Altri tre recettori del complemento, CR2 (CD21), CR3 (CD11b:CD18),e CR3 (CD11c:CD18) legano forme inattive di C3b, che rimangonoattaccate alla superficie del patogeno.Uno di questi derivati è iC3b. A differenza di quando C3b o iC3b legaCR1, il legame di iC3b a CR3 è sufficiente a stimolare la fagocitosi.

Un secondo prodotto di rottura di C3b è C3dg, il quale lega solo CR2.CR2 si trova sulle cellule B come parte del complesso co-recettorialeche può aumentare il segnale ricevuto attraverso il recettoreimmunoglobulinico.-> una cellula B in cui il recettore per uno specifico patogeno è legatoa questo, riceverà un segnale fortemente aumentatoin seguito allegame di questo rivestito da C3dg.

FAGOCITOSI E RECETTORI PER IL COMPLEMENTO

Page 72: Immuno Log i Ax Stud

In questo caso una risposta umorale innata può contribuire allaattivazione dell’immunità umorale acquisita.In parallelo, vedremo come la risposta cellulare innata dei macrofagie delle cellule dendritiche può contribuire all’attivazione dellarisposta mediata dalle cellule T.

L’opsonizzazione da parte di C3b e dei suoi frammenti inattivi giocaun ruolo fondamentale nella distruzione dei patogeni extracellulari.-> mentre deficienze di un qualsiasi componente tardivo del complemento non hanno effetti negativi, individui deficienti di C3 odi molecole che catalizzano la formazione di C3b mostrano unaaumentata suscettibilità alle infezioni determinate da un’ampia gammadi batteri extracellulari.

FAGOCITOSI E RECETTORI PER IL COMPLEMENTO

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I piccoli frammenti del complemento C3a, C4a e C5a legano specificirecettori per indurre risposte infiammatorie locali.Se sono prodotti in grandi quantità o iniettati sistematicamente induconouno stato di shock, detto anafilattico-> questi piccoli frammenti sono indicati come anafilotossine.Attività biologica: C5a > C3a > C4a

Inducono contrazione del muscolo liscio e aumentata permeabilitàvascolare, ma C5a e C3a agiscono anche sulle 1) cellule endoteliali, attivando l’adesione cellulare e sulle 2) mastcellule, che inducono a rilasciare istamina e TNF-.

I cambiamenti indotti da C5a e C3a reclutano anticorpi, complementoe cellule fagocitarie nel sito d’infezione.

PICCOLI FRAMMENTI DEL COMPLEMENTO E RUOLO NELL’INFIAMMAZIONE

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C5a aumenta l’adesione dei neutrofili e monociti alla parete vascolare,la loro migrazione verso il sito d’infezione e la loro capacità difagocitare, così come aumenta l’espressione di CR1 e CR3 sulla lorosuperficie.

-> C5a e C3a sinergizzano con altri componenti del complementoper velocizzare la distruzione dei patogeni da parte dei fagociti.

PICCOLI FRAMMENTI DEL COMPLEMENTO E RUOLO NELL’INFIAMMAZIONE

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Un importante effetto dell’attivazione del complemento èl’assemblaggio dei componenti terminali del complemento per formare il complesso di attacco alla membrana.

Il risultato è la formazione di un poro nel bilayer lipidico dellamembrana che distrugge il patogeno in seguito all’alterazione delgradiente protonico attraverso la membrana.

I COMPONENTI TERMINALI DEL COMPLEMENTO

Page 76: Immuno Log i Ax Stud

Il primo passaggio nella formazione del complesso di attacco allamembrana è il taglio di C5 da parte di una C5 convertasi per ilrilascio di C5b.Una molecola di C5b lega una molecola di C6, e il complesso C5b,6 lega una molecola di C7. Questo legame determina un cambiamentoconformazionale nelle molecole con esposizione di un sito idrofobico inC7, che si inserisce nel bilayer lipidico. Siti idrofobici simili sonoesposti sui componenti C8 e C9. La proteina C8 lega C5b, e questo legame permette al domicio idrofico di C8di inserirsi nellamembrana. Infine, C8 induce la polimerizzazione da 10 a 16 molecoledi C9 in una struttura formante un poro, il complesso di attacco allamembrana, alterando l’integrità del bilayer lipidico.

-> perdita dell’omeostasi cellulare, la distruzione del gradiente protonicoe la penetrazione di enzimi, come il lisozima.

I COMPONENTI TERMINALI DEL COMPLEMENTO

Page 77: Immuno Log i Ax Stud

L’importanza del complesso di attacco alla membrana sembra limitato.

Le deficienze dei componenti C5-C9 sono state associate consuscettibilità verso i batteri appartenenti alla specie Neisseria.

-> le azioni opsonizzanti ed infiammatorie dei componenti iniziali dellacascata del complemento sono chiaramente più importanti nelle difesedell’organismo contro le infezioni.

I COMPONENTI TERMINALI DEL COMPLEMENTO

Page 78: Immuno Log i Ax Stud

Due caratteristiche dell’attivazione del complemento salvaguardanocontro l’attivazione incontrollata della cascata del complemento:• l’attivazione degli zimogeni avviene sulla superficie del patogeno• i frammenti del complemento attivati legano la superficie microbicasono rapidamente inattivati per idrolisi.

Ciò nonostante, tutti i componenti del complemento sono attivatispontaneamente a bassa velocità nel plasma e alcuni di essi si possonolegare a proteine presenti su cellule dell’ospite.

-> proteine di controllo che agiscono a vari livelli, le quali permettonodi distinguere il self dal non self.

PROTEINE DI CONTROLLO DEL COMPLEMENTO

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VIA CLASSICAL’attivazione di C1 è controllata da un inibitore plasmatico delle serinproteasi o serpina, l’inibitore di C1 (C1INH). C1INH lega l’enzima attivoC1r:C1s e provoca la sua dissociazione da C1q, che invece rimane legatoal patogeno. -> C1INH limita il tempo durante cui C1s attivo è in grado di tagliareC4 e C2.

Deficienza di C1INH: edema angioneuritico ereditario in cui laattivazione cronica del complemento porta alla produzione in eccesso diframmenti di C4 e C2. C2a è ulteriormente tagliato in un peptide, lachinina C2, che causa gonfiori estesi (ingrossamento della glottide ->soffocamento).A questa patologia contribuisce la bradichina, prodotta dalla callicreina,la quale viene inibita dal C1INH.

PROTEINE DI CONTROLLO DEL COMPLEMENTO

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VIA CLASSICA E ALTERNATIVAControllo della C3 convertasi: 1) taglio di qualsiasi C4b e C3b, che legano la cellula ospite comeprodotti inattivi. La proteina responsabile è la serin proteasi plasmatica fattore I: essa circola attiva ma può tagliare C4b e C3b quando questisono legati ad un cofattore. In queste circostanze il fattore I taglia C3b,prima in iC3b e poi ulteriormente in C3dg e lo inattiva permanentemente.Il C4 è pure inattivato a C4c e C4d.Le due proteine di membrana che possono legare C4b e C3b e hannoattività di cofattore per il fattore I sono CR1 e MCP.Le superfici batteriche, a differenza di quelle dei vertebrati, non hannoqueste proteine e non possono promuovere il taglio di C3b e C4b.Deficienza di fattore I: attivazione incontrollata del complemento conriduzione dei livelli delle proteine del complemento -> infezionibatteriche ricorrenti.

PROTEINE DI CONTROLLO DEL COMPLEMENTO

Page 81: Immuno Log i Ax Stud

VIA CLASSICA E ALTERNATIVAControllo della C3 convertasi (prevenzione di formazione della C3convertasi): 2) ci sono anche proteine plasmatiche con attività cofattoriale per ilfattore I.C4b viene legato dalla proteina legante C4b o C4BP, che fungeprincipalmente da regolatore della via classica in fase fluida.C3b viene legato sia in fase fluida che a livello di membrane cellulari daun cofattore chiamato fattore H. Il fattore H ha forte affinità per iresidue di acido sialico delle glicoproteine delle cellule ospiti e ciòaumenta il legame del fattore H a qualsiasi C3b depositato sulla cellulaospite. A livello di parete cellulare di molti batteri, il fattore H ha affinitàmolto ridotta per C3b, a cui si lega preferenzialmente il fattore B.

PROTEINE DI CONTROLLO DEL COMPLEMENTO

Page 82: Immuno Log i Ax Stud

VIA CLASSICA E ALTERNATIVAControllo della C3 convertasi:

3) numerose proteine competono con il legame di C2b al C4b legato alle cellule e di B a C3b legato alle cellule, inibendo così la formazionedella convertasi. Queste proteine legano C3b e C4b sulla superficie dellecellule ed inoltre aumentano la dissociazione delle convertasi C4b,2b eC3b,Bb che si sono già formate. Le molecole di membrana che agiscono attraverso entrambi questi meccanismi includono DAF e CR1.

PROTEINE DI CONTROLLO DEL COMPLEMENTO

Page 83: Immuno Log i Ax Stud

VIA CLASSICA E ALTERNATIVAControllo del complesso di attacco alla membrana

Il complesso polimerizza su molecole C5b rilasciate dalla C5 convertasie si inserisce vicino al sito di attivazione del complemento sullasuperficie del patogeno. Per evitare che alcuni complessi diffondano einserirsi in membrane di cellule ospiti adiacenti, vi sono proteineplasmatiche che legano C5b,6,7 sia in fase fluida che sulla superficiecellulare. Le membrane delle cellule ospiti contengono la protettina oCD59, che inibisce il legame di C9 ai complessi C5b,6,7,8.

CD59 e DAF sono legati alla superficie cellulare mediante un’ancoraglicolipidica di fosfoinositidi (PIG). Un enzima coinvolto nella sintesidi code PIG è codificato dal cromosoma X ed è deficitario in un clonedi cellule ematopoietiche -> emoglobinuria parossistica notturna.

PROTEINE DI CONTROLLO DEL COMPLEMENTO

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Dipendono dalle citochine e chemochine che sono prodotte inrisposta al riconosimento dei patogeni.

Le citochine prodotte dai macrofagi promuovono la risposta fagocitariaattraverso il reclutamento e la produzione di nuovi fagociti e molecoleopsonizzanti.

Gli interferoni sono citochine indotte da infezioni virali e dalle celluleNK, attivate a loro volta da interferoni, e che contribuiscono alle difeseinnate dell’ospite contro i virus e patogeni intracellulari.

RISPOSTE INNATE INDOTTE DALLE INFEZIONI

Page 85: Immuno Log i Ax Stud

L’immunità adattativa utilizza molti meccanismi dell’immunitàinnata, ma è in grado di indirizzarli con maggiore precisione.

Cellule T-antigene specifiche attivano le proprietà microbicide e disecrezione di citochine dei macrofagi che legano i patogeni.

Gli anticorpi attivano il complemento, agiscono come opsonine diretteper i fagociti, e stimolano le cellule NK ad uccidere le cellule infettate.

Infine, la risposta adattativa utilizza citochine e chemochine, in modosimile alla immunità innata, per stimolare risposte infiammatorie, chepromuovono l’influsso di anticorpi e linfociti effettori nel sitod’infezione.

RISPOSTE INNATE INDOTTE DALLE INFEZIONI

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L’infezione delle cellule da parte dei virus induce la produzione diproteine chiamate interferoni, in quanto interferiscono con la replicazione virale in cellule in coltura e in vivo, in cellule noninfettate precedentemente.

IFN-: famiglia di proteine strettamente correlateIFN-: prodotto di un singolo geneIFN-: prodotto da cellule T e NK

La sintesi di interferoni è stimolata da RNA a doppia elica, il qualecostituisce il genoma di alcuni virus e può essere prodotto durante ilciclo infettivo di tutti i virus.

RUOLO DEGLI INTERFERONI NELL’IMMUNITA’ INNATA

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Gli interferoni e inducono uno stato di resistenza alla replicazionevirale in tutte le cellule.

Vengono secreti dalle cellule infette e si legano ad un recettore comunedi superficie sia sulle cellule infette sia su quelle vicine. Il recettore degliinterferoni è accoppiato ad una tirosin-chinasi della famiglia Janus. Essafosforila direttamente attivatori della trascrizione che traducono ilsegnale (STATs), che traslocano nel nucleo e attivano la trascrizionegenica. I geni che vengono trascritti sono coinvolti nell’inibizione dellareplicazione virale: 1) oligoadenilato sintetasi, che attiva una endoribonucleasi che degrada l’RNA virale;2) P1 chinasi, una serin-treonin chinasi che fosforila una proteinaeucariotica, il fattore di iniziazione della sintesi proteica eIF-2, inibendola traduzione del messaggero virale.

RUOLO DEGLI INTERFERONI NELL’IMMUNITA’ INNATA

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Gli interferoni proteggono l’ospite dai virus anche stimolando la risposta immunitaria cellulare verso questi patogeni.

Gli interferoni inducono un aumento dell’espressione di molecole MHC di classe I, che presentano in maniera efficace i peptidi antigenici allecellule T CD8.

Gli interferoni attivano le cellule NK, le quali uccidono le cellule infettatee rilasciano citochine.

RUOLO DEGLI INTERFERONI NELL’IMMUNITA’ INNATA

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Sebbene di origine linfoide, le cellule NK non hanno recettori antigene-specifici e fanno perciò parte del sistema immunitario innato.

Possiedono sia recettori attivatori che recettori inibitori. Gli ultimi inibiscono l’uccisione di una cellula target quando sono legati amolecole MHC di classe I-> più è elevata l’espressione di MHC di classe I sulla superficie di unacellula, più questa è protetta dalla distruzione da parte di cellule NK.

Gli interferoni proteggono le cellule ospiti non infettate dalle cellule NKstimolando maggiormente l’espressione di molecole MHC di classe I,mentre attivano le cellule NK a uccidere le cellule infettate.

INTERFERONI E CELLULE NK

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Anche se il meccanismo di uccisione delle cellule bersaglio da parte delle cellule NK è uguale a quello utilizzato dalle cellule T citotossichegenerate in una risposta immunitaria adattativa, l’uccisione da partedelle cellule NK è stimolata da recettori invarianti.

La loro azione interviene nelle fasi precoci delle infezioni con diversipatogeni intracellulari: herpes virus, il protozoo Leishmania, e ilbatterio Listeria monocytogenes.

Le cellule NK sono attivate da interferoni ( e ) e citochine derivate daimacrofagi (IL-12).La risposta precoce delle cellule NK limita le infezioni virali fintanto chela risposta immunitaria adattativa genera cellule T-antigene specifiche che possono eliminare l’infezione.

RUOLO DELLE CELLULE NK NELL’IMMUNITA’ INNATA

Page 91: Immuno Log i Ax Stud

L’IL-12, insieme al TNF-, può anche stimolare la produzione di IFN-da parte delle cellule NK, e l’IFN- secreto è fondamentale nel controllodi alcune infezioni, prima del controllo operato dalle cellule T.

Una di queste infezioni è quella da Listeria monocytogenes. Topi chemancano di linfociti B e T sono resistenti a questo patogeno, ma ladeplezione di cellule NK, mediata da anticorpi, o la neutralizzazione diTNF- o IFN- o dei loro recettori, aumenta la mortalità a distanza dipochi giorni dall’infezione, prima che la risposta adattativa possa essereindotta.

RUOLO DELLE CELLULE NK NELL’IMMUNITA’ INNATA

Page 92: Immuno Log i Ax Stud

Dato che le cellule NK mediano le difese dell’ospite contro virus e altripatogeni intracellulari, devono possedere un qualche meccanismo perdistinguere le cellule infette da quelle sane.Si pensa che ciò avvenga mediante il riconoscimento del ‘self alterato’.

I recettori ‘attivanti’ stimolano l’uccisione da parte delle cellule NK.Tra questi vi sono le lectine leganti il calcio di tipo C, che riconosconouna grande varietà di ligandi carboidratici, presenti su molte cellule.

I recettori ‘inibenti’ inibiscono l’attivazione e impediscono alle celluleNK di uccidere cellule normali dell’organismo. Questi recettori sonospecifici per molecole MHC di classe I-> le cellule NK uccidono selettivamente cellule bersaglio che espongonobassi livelli di MHC di classe I.

RUOLO DELLE CELLULE NK NELL’IMMUNITA’ INNATA

Page 93: Immuno Log i Ax Stud

Un’alterata espressione di MHC di classe I può essere una caratteristicadelle cellule infettate da patogeni intracellulari, dato che molti di essihanno sviluppato strategie per interferire con la capacità delle molecoleMHC di catturare ed esporre peptidi alle cellule T.

Quindi un modo attraverso cui le cellule NK riconoscono le celluleinfettae da quelle sane è mediante il riconoscimento delle alterazioni nell’espressione di MHC di classe I.

Inoltre, riconoscono cambiamenti nelle glicoproteine di superficiecellulare indotti da infezioni virali.

RUOLO DELLE CELLULE NK NELL’IMMUNITA’ INNATA

Page 94: Immuno Log i Ax Stud

Nel topo i recettori inibitori sulle cellule NK sono codificati da una famiglia multigenica di lectine di tipo C, chiamate Ly49.

Nell’uomo sono membri della superfamiglia delle immunoglobuline:sono chiamati p58 e p70 o recettori inibitori killer (KIRs).Cellule NK umane possono esprimere un eterodimero costituito da duelectine di tipo C, chiamate CD94 e NKG2.

L’invio di segnali mediante i recettori KIR sopprime la capacità diuccidere le cellule genticamente identiche, con una normal espressionedi molecole MHC di classe I. Inoltre, le cellule sane possono rispondereagli interferoni aumentando l’espressione delle loro MHC di classe I.

RUOLO DELLE CELLULE NK NELL’IMMUNITA’ INNATA

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Le cellule infettate da virus possono diventare suscettibili all’azione delle cellule NK attraverso vari meccanismi:1) alcuni virus inibiscono la sintesi di tutte le proteine nelle loro celluleospiti, inclusa quella delle molecole MHC di classe I.2) alcuni virus possono selettivamente prevenire l’esportazione dimolecole MHC di classe I3) le cellule NK possono riconoscere i cambiamenti nelle molecole MHC di classe I che si verificano quando si complessano a peptidi derivati daproteine prodotte in seguito all’infezione.4) alcuni virus alterano la glicosilazione delle proteine cellulari, probabilmente permettendo il riconoscimento da parte dei recettori attivanti o rimuovendo il normale ligando del recettore inibitorio.In quest’ultimo caso vi sarà riconoscimento anche quando i livelli diMC di classe I non sono stati alterati.

RUOLO DELLE CELLULE NK NELL’IMMUNITA’ INNATA

Page 96: Immuno Log i Ax Stud

Alcune sottopopolazioni linfocitarie esprimono solo una varietà limitatadi recettori, codificati da pochi riarrangiamenti comuni. Questi linfocitinon vanno incontro a espansione clonale prima di rispondere all’antigenee perciò si comportano da intermedari tra immunità innata e adattativa.

Una popolazione di questo tipo è rappresentato dai linfociti Tintraepiteliali. Presentano recettori immunoglobulino-simili codificati dageni riarrrangiati e ne esistono due gruppi.Un gruppo si trova nel tessuto linfatico di tutti i vertebrati e, come lecellule B e le cellule T , esprimono recettori estremamente differenti.Il secondo gruppo è costituito da cellule intraepiteliali T , che sonodifferenti nei diversi vertebrati ed espongono recettori omogenei.

ALTRI EFFETTORI DELL’IMMUNITA’ INNATA

Page 97: Immuno Log i Ax Stud

Si pensa che le cellule intraepiteliali possano riconoscere ligandiche derivano dall’epitelio in cui esse risiedono, ma che sono espressi soloquando una cellula viene infettata.Ligandi possibili sono le proteine heat-shock, le molecole MHC di classeIB, e nucleotidi e fosfolipidi non ortodossi.A differenza delle cellule T , quelle non riconoscono antigeni presentati da molecole MHC, invece sembrano che lo facciano direttamente su molti tipi cellulari.Recenti studi indicano che le cellule T siano impicate nella regolazionedella risposta immune, il che è in accordo con la loro capacità di secernere citochine regolatorie.

ALTRI EFFETTORI DELL’IMMUNITA’ INNATA

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Un altro gruppo di linfociti che esprimono recettori non molto diversi èil gruppo di linfociti B-1, le quali sono distinguibili per la proteina disuperficie CD5.Sono simili per molti aspetti alle T, compaiono presto nell’ontogenesi,utilizzano un gruppo distintivo e ristretto di riarrangiamenti genici performare i loro recettori, si auto-ricostituiscono in periferia e sono i linfociti principali della cavità peritoneale.

Le cellule B-1sembrano attuare risposte anticorpali principalmente versoantigeni polisaccaridici e possono pordurre anticorpi della classe IgMsenza l’aiuto di cellule T. Questa risposta compare entro 48 ore dallaesposizione all’antigene, perché probabilmente c’è un’alta frequenza diprecursori linfocitari che si espandono. In assenza dell’aiuto di cellule Tantigene-specifche, sono formate IgM e queste risposte agiscono attraversol’attivazione del complemento. La mancanza di una interazione antigene-specifica spiega perché non si generi memoria immunologica.

ALTRI EFFETTORI DELL’IMMUNITA’ INNATA

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Non è ancora chiaro il ruolo fisiologico delle cellule B-1.Nei topi la deficienza di cellule B-1 determina una maggiore sensibilitàalle infezioni determinate da Streptococcus pneumoniae, per mancanza di anticorpi contro il fosfolipide fosforilcolina, protettivo contro questomicrorganismo.

In termini di evoluzione, è interessante notare come le cellule T sembrano difendere le superfici dell’organismo, mentre le cellule B-1 difendono le cavità corporee. Entrambi i tipi cellulari hanno specificitàlimitata e limitata efficienza nelle loro risposte.

ALTRI EFFETTORI DELL’IMMUNITA’ INNATA

Page 100: Immuno Log i Ax Stud

Esiste infine un gruppo di anticorpi conosciuti come ‘anticorpi naturali’.Queste IgM naturali sono codificate da geni anticorpali riarrangiati chenon hanno subìto mutazioni somatiche.

Costituiscono una parte consistente delle IgM circolanti e non sembranoderivare da una risposta adattativa antigene-specifica alle infezioni.

Hanno una bassa affinità per molti microrganismi patogeni e sonoaltamente cross-reattivi.

Non se ne sa ancora esattamente il ruolo, ma sembra che si leghino aimicrorganismi nei primi momenti dell’infezione eliminandoli primache diventino dannosi.

ALTRI EFFETTORI DELL’IMMUNITA’ INNATA

Page 101: Immuno Log i Ax Stud

RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE

Page 102: Immuno Log i Ax Stud

IMMUNOGLOBULINERegione variabile o regione V: lega l’antigene

Regione costante o regione C: innesca le attività funzionali del linfocita B, che è quella di reclutare altre cellule e molecole per distruggere il patogeno. Presenta cinque possibili conformazioni, specializzate perl’attivazione di diversi meccanismi effettori.

Il recettore del linfocita B, che è legato alla membrana, non presentatali funzioni effettrici, perché la regione C è inserita nella membrana. Funziona come un recettore, riconosce e lega l’antigene mediante laregione V e trasmette un segnale che causa l’attivazione del linfocita B.

RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEILINFOCITI B

Page 103: Immuno Log i Ax Stud

RECETTORI DEI LINFOCITI T (TCR)Sono esclusivamente proteine legate alla membrana e la loro funzione èdi attivare il linfocita T.

Sono simili alle immunoglobuline tanto per la struttura proteica(possiedono le regioni C e V) quanto per il meccanismo genetico chegenera la loro grande variabilità.

Il TCR differisce dal recettore dei linfociti B perché non riconosce direttamente l’antigene, ma riconosce piccoli frammenti peptidici diproteine del patogeno, legati alle molecole MHC sulla superficie di altrecellule.

RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEILINFOCITI T

Page 104: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHCLe molecole MHC sono caratterizzate da una tasca che corre lungo lasuperficie esterna, alla quale possono legarsi una grande varietà dipeptidi.

Le molecole MHC mostrano una grande variabilità genetica nella popo-lazione e ciascun individuo possiede fino a 12 possibili varianti, il cheaumenta la gamma dei peptidi che possono essere riconosciuti.I TCR riconoscono sia le caratteristiche del peptide antigenico che dellamolecola MHC a cui esso è legato-> restrizione MCH: ogni recettore non è specifico per un peptideestraneo, ma per una combinazione unica di peptide e molecola MHC.

RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEILINFOCITI T

Page 105: Immuno Log i Ax Stud

STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

Delle cinque classi di immunoglobuline -IgM, IgD, IgG, IgA, IgE-useremo le IgG come esempio per descrivere le caratteristichegenerali della struttura delle Ig.

Le IgG sono grandi molecole di peso molecolare di circa 150 kDa,composte da due tipi diversi di catene polipeptidiche. Una di circa50 kDa è detta catena pesante o catena H; l’altra, di 25 kDa, èdetta catena leggera o catena L. Le due catene pesanti sono legatetra loro da legami disolfuro, e un ulteriore ponte disolfuro legaciascuna catena pesante ad una catena leggera.

Esistono due tipi di catene leggere, chiamate lambda () e kappa(), e una data Ig possiede catene oppure , ma non entrambe. Nonsono state trovate differenze funzionali tra i due tipi di catene.

Page 106: Immuno Log i Ax Stud

STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

La classe dell’anticorpo, e quindi la sua funzionalità, sono definitedalla catena pesante.Esistono cinque principali classi di catene pesanti o isotipi (alcunidei quali con sottotipi): .

Le IgG sono di gran lunga le più abbondanti e hanno diverse sottoclassi (IgG 1, 2, 3 e 4 nell’uomo).

Le peculiari proprietà delle catene pesanti sono conferite dalla regionecarbossi-terminale, che non si associa alla catena leggera.

Page 107: Immuno Log i Ax Stud

STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

La determinazione della sequenza aminoacidica delle Ig ha permessodi comprendere due importanti caratteristiche degli anticorpi:

1) ogni catena consiste di una serie di sequenze simili, anche se nonidentiche, ciascuna lunga circa 110 aminoacidi. Ognuna di queste ripetizioni corrisponde ad una regione discreta della proteina, notacome dominio proteico. La catena leggera è formata da due soli domini, mentre la catena pesante ne contiene quattro.

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STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

2) elevata variabilità della parte amino-terminale delle catene pesantie leggere. La sequenza variabile è limitata ai primi 110 aminoacidi,corrispondente al primo dominio, mentre gli altri domini sono costantitra catene immunoglobuliniche dello stesso isotipo.

Le sequenze amino-terminali variabili o domini V delle catene pesantie leggere (VH e VL, rispettivamente) formano insieme la regione Vdell’anticorpo, mentre i domini costanti (domini C) delle catene pesanti e leggere (CH e CL, rispettivamente) formano la regione C.

Page 109: Immuno Log i Ax Stud

STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

Con l’uso di enzimi proteolitici che tagliano le sequenze polipeptidicheè stato possibile scomporre la struttura dell’anticorpo.

Una digestione limitata, ad opera della papaina, divide l’anticorpo in treframmenti. Due di essi sono identici e contengono l’attività dilegame con l’antigene. Sono detti frammenti Fab (Fragment antigenbinding), e corrispondono alle due braccia identiche dell’anticorpo e contengono le due catene leggere appaiate ai domini VH e CH dellecatene pesanti. L’altro frammento non contiene alcuna attività di legame con l’antigene ma fu osservato che cristallizza con facilità e perquesto fu denominato Fc, frammento cristallizzabile. Esso corrispondeai domini CH2 e CH3 appaiati ed è la parte dell’anticorpo che interagisce con cellule e molecole effettrici.

Page 110: Immuno Log i Ax Stud

STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

Un’altra proteasi, la pepsina, taglia l’anticorpo nella stessa zona dellapapaina ma sul lato carbossi-terminale dei legami disolfuro.

Questo produce il frammento F(ab’)2 in cui i due bracci che legano l’antigene restano legati. La parte rimanente delle catene pesanti viene tagliata in frammenti più piccoli. Il frammento F(ab’)2 non è chiamato F(ab)2 perché non è uguale al frammento Fab, ma contiene qualche aminoacido in più comprese le cisteine che formano il ponte disolfuro.

Page 111: Immuno Log i Ax Stud

STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

La regione cerniera che lega le prozioni Fc e Fab dell’anticorpo nonè una connessione rigida ma piuttosto una catena flessibile chepermette movimenti indipendenti dei due frammenti Fab.

Una certa flessibilità è presente anche alla giunzione tra i domini V e Ce permette al dominio V di piegarsi e di ruotare rispetto al dominio C.

La flessibilità presente sia a livello della cerniera che della giunzioneV-C consente ad entrambe le braccia dell’anticorpo di legare antigeniche si trovano a diverse distanze l’uno dall’altro come sulla paretecellulare polisaccaridica di un batterio.

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STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

I diversi domini di una immunoglobulina hanno strutture simili.

Le catene pesanti e leggere delle Ig sono composte da una serie didomini proteici discreti. Questi domini hanno strutture ripiegate inmodo simile, ma esistono anche delle differenze.

Ciasun dominio è composto da due foglietti beta (-sheets), che sonocostituiti da filamenti della catena polipeptidica impacchettati tra loro(filamenti beta o -strand). I foglietti sono legati tra loro da un legamedisolfuro e formano una struttura dalla forma “a barile” nota comebarile beta ( barrel).

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STRUTTURA DEGLI ANTICORPI

La differenza principale tra i domini V e C è che il dominio V è piùgrande ed ha un’ansa in più poiché ha due filamenti C’ e C’’ in piùrispetto al dominio C. Le anse flessibili dei domini V formano il sito di legame con l’antigene.

Altre proteine con una sequenza simile a quella delle Ig formanodomini con strutture simili, e questi domini sono denominati immunoglobulin-like domains. Sono presenti in molte proteine delsistema immunitario e in proteine coinvolte nel riconoscimentocellula-cellula nel sistema nervoso e in altri tessuti. Insieme alleimmunoglobuline e ai recettori dei linfociti T, queste proteinecostituiscono la superfamiglia delle immunoglobuline.

Page 114: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA ANTICORPO E ANTIGENE

Le regioni V di un dato anticorpo sono uniche rispetto a quelle deglialtri. La variabilità della sequenza non è distribuita uniformementelungo la regione V ma è concentrata solo in alcuni tratti.

Confrontando le sequenze aminoacidiche di molte regioni V, sonostati identificati tre segmenti di particolare variabilità nei dominiVH e VL, denominati regioni ipervariabili: HV1, HV2 e HV3.

I tratti compresi tra una regione ipervariabile e l’altra mostrano unavariabilità minore e sono denominati regioni cornice (framework regions): FR1, FR2, FR3 e FR4.

Page 115: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA ANTICORPO E ANTIGENE

Le regioni cornice sono formate dai foglietti che forniscono l’intelaiatura strutturale del dominio, mentre le sequenze ipervariabili corrispondono a tre anse sul bordo esterno del barile .

Quando i domini VH e VL sono appaiati sulla molecola dell’anticorpo,le anse ipervariabili dei due domini si trovano vicine, creando un singolosito ipervariabile sulla sommità di ciascun braccio dell’anticorpo.

Page 116: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA ANTICORPO E ANTIGENE

Le tre anse ipervariabili formano una superficie complementare alloantigene e sono dette regioni che determinano la complementarità (CDR1, CDR2, e CDR3).

Poiché le regioni CDR di entrambi i domini VH e VL contribuiscono aformare il sito per l’antigene, è la combinazione di catene pesanti e leggere a determinare la specificità per l’antigene.

Uno dei modi del sistema immunitario di generare anticorpi con diversespecifictà è attraverso combinazioni differenti di regioni V di cateneleggere e pesanti.Si parla in generale di diversità combinatoria.

Page 117: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA ANTICORPO E ANTIGENE

Il legame dell’anticorpo con l’antigene dipende dalla sequenza amino-acidica delle CDR, ma anche dalla forma e dalle dimensioni delloantigene.

Apteni (piccole molecole di varia natura, delle dimensioni della catenalaterale di una tirosina) o corti peptidi legano una cavità o una tascacompresa tra i domini V della catena leggera e pesante.

Nel caso di proteine, queste possono non trovare posto in una tasca ocavità; l’interfaccia tra anticorpo e antigene è allora una superficie estesa che coinvolge tutte le CDR e, a volte, parte delle regioni cornice.

Page 118: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA ANTICORPO E ANTIGENE

Un anticorpo riconosce generalmente solo un tratto limitato sullasuperficie di una grande molecola come un polisaccaride o una proteina.La struttura riconosciuta da un anticorpo è detta determinante antigenicoepitopo.

Nel caso delle proteine (ad es. del capside virale), le strutture riconosciutesono sulla superficie di queste molecole. Inoltre, tali strutture sono ingenere formate da aminoacidi provenienti da zone diverse della catenapolipeptidica, avvicinati dal ripiegamento della proteina: epitopiconformazionali o discontinui.

Gli epitopi composti da una singola sequenza sono detti epitopi lineari ocontinui.

La maggior parte degli anticorpi riconosce epitopi conformazionali.

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INTERAZIONE TRA ANTICORPO E ANTIGENE

Il legame anticorpo-antigene è reversibile e non covalente.

Page 120: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA ANTICORPO E ANTIGENE

Le interazioni elettrostatiche si attuano tra le catene laterali degliaminoacidi, nei legami idrogeno e possono coinvolgere le forze acorto raggio di van der Waals.

In alcuni casi, molecole di acqua possono essere intrappolate tra antigene e anticorpo e permettere al legame tra residui polari.

Le interazioni anticorpo-antigene avvengono principalmente attraversointerazioni idrofobiche e forze di van der Waals, a causa della presenzadi molti aminoacidi aromatici nella molecola dell’anticorpo.

Le interazioni elettrostatiche tra catene laterali cariche e i legamiidrogeno combinano gruppi chimici specifici rinforzando il legamecomplessivo. Sono queste interazioni a determinare l’affinità di legame.

Page 121: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA ANTICORPO E ANTIGENERIASSUNTO

La specificità del legame antigene-anticorpo è determinata dalleanse ipervariabili e cioè dalle regioni che determinano lacomplementarità.

A livello chimico, tale complementarità è mediata da legamiidrofobici e forze a corto raggio di van der Waals.

L’affinità di legame è invece mediata da interazioni elettrostatiche elegami idrogeno.

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RICONOSCIMENTO DELL’ANTIGENE DA PARTE DEI LINFOCITI T

I linfociti T interagiscono con gli antigeni solo se questi si trovanosulla superficie di cellule specializzate. Tali antigeni possono derivareda:• virus • batteri intracellulariche si replicano all’interno delle cellule

oppure da• patogeni e loro derivati presenti nei fluidi extracellulari e internalizzati dalle cellule per endocitosi

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RECETTORE DELL’ANTIGENE DEI LINFOCITI T

Il recettore per l’antigene dei linfociti T presenta delle caratteristichesimili al frammento Fab delle immunoglobuline.

E’ formato da una catena e da una catena (TCR e TCR) legateda un ponte disolfuro.

Tali recettori comunque differiscono dalla Ig di membrana che costituisce il recettore dei linfociti B: essi hanno un solo sito di legame per l’antigene e inoltre non vengono mai secreti.

Page 124: Immuno Log i Ax Stud

RECETTORE DELL’ANTIGENE DEI LINFOCITI T

Dal cDNA clonato del TCR si è potuti risalire alla sequenza amino-acidica, che ha rivelato che entrambe le catene hanno una regionevariabile (V), omologa al dominio V delle Ig, una regione costante (C),omologa al dominio C delle Ig, e una regione cerniera contenente unresiduo di cisteina che forma un ponte disolfuro intercatenario.

Le catene attraversano il doppio strato lipidico con un dominioidrofobico e terminano con una breve coda citoplasmatica.

Page 125: Immuno Log i Ax Stud

RECETTORE DELL’ANTIGENE DEI LINFOCITI T

I TCR riconoscono l’antigene in maniera differente dagli anticorpi.

Mentre le Ig riconoscono aminoacidi che non sono contigui nella sequenza primaria, i TCR riconoscono brevi sequenze di aminoacidicontigui.

Poiché tali molecole si trovano all’interno della struttura nativa della proteina, si rende necessaria una qualche denaturazione della proteina,successivamente processata fino alla riduzione in frammenti peptidici.

La natura dell’antigene riconosciuto dai linfociti T divenne chiaraquando si capì che i peptidi stimolanti vengono riconosciuti solo sesono legati a molecole MHC.

Page 126: Immuno Log i Ax Stud

CO-RECETTORI DEL TCR

CD8 e CD4 sono espressi da due classi linfocitarie, i linfociti T cito-tossici e i linfociti T helper rispettivamente.Queste due classi di linfociti riconoscono due classi diverse di MHC,MHC di classe I e di classe II, rispettivamente.

CD8 e CD4 non sono solo dei marcatori di classi linfocitarie, ma svolgono un ruolo importante nel riconoscimento diretto delle MHC.

CD8 lega molecole MHC di classe I, mentre CD4 lega le MHC di classeII.

Durante il riconoscimento dell’antigene, CD4 o CD8 si associano alTCR e legano i siti costanti della porzione MHC del complesso peptide:MHC. Questo legame è necessario perché la cellula produca unarisposta funzionale: per questo motivo CD4 e CD8 sono chiamati co-recettori.

Page 127: Immuno Log i Ax Stud

CO-RECETTORI DEL TCR

CD4 è una molecola a catena singola composta da quattro dominisimili a quelli immunoglobulinici, chiamati D1-D4.

I primi due (D1 e D2) formano una bacchetta rigida e sono uniti da una cerniera flessibile al terzo e al quarto dominio (D3 e D4).

CD4 lega le molecole MHC di classe II grazie ad una regione collocatain una zona laterale del primo dominio.

CD4 lega le molecole MHC ben lontano dal sito di legame del TCR:-> le due molecole possono legarsi allo stesso complesso peptide:MCH.

Page 128: Immuno Log i Ax Stud

CO-RECETTORI DEL TCR

CD4 interagisce con una tirosin-chinasi citoplasmatica, chiamata Lck,e permette il suo avvicinamento alle strutture deputate alla trasmissionedel segnale, nel complesso del recettore.

Questo determina un incremento del segnale generato dal legame trarecettore e antigene.

Quando il CD4 e il recettore si legano simultaneamente allo stessocomplesso peptide:MHC, sono necessarie quantità di antigene 100volte inferiore per attivare il linfocita T.

Page 129: Immuno Log i Ax Stud

CO-RECETTORI DEL TCR

CD8 è un eterodimero costituito da una catena ed una legate daun ponte disolfuro.

Ciascuna catena presenta un singolo dominio simile a quello immuno-globulinico legato alla membrana plasmatica da una lunga catenapolipeptidica.

Quest’ultimo segmento è estesamente glicosilato, il che serve amantenere il polipeptide in configurazione allungata e a preservarlo datagli proteolitici.

Page 130: Immuno Log i Ax Stud

CO-RECETTORI DEL TCR

CD8 lega debolmente un sito costante delle MHC di classe I e, analogamente al legame di CD4 alle MHC di classe II, lascia lasuperficie superiore di MHC libera di interagire nello stesso momentocon il TCR.

Anche CD8 lega Lck per mezzo della coda citoplasmatica della catena e attiva la chinasi in prossimità del recettore.La presenza di CD8 fa aumentare di circa 100 volte la sensibilità deilinfociti T per l’antigene presentato da MHC di classe I.

Page 131: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHC

Le molecole MHC di classe I e II hanno una diversa distribuzione tra lecellule e i tessuti.

Page 132: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHC

Le molecole MHC di classe I presentano peptidi derivati da patogeni,in genere virus, ai linfociti T CD8 citotossici.

Poiché i virus possono infettare qualunque cellule nucleata, quasi tutte esprimono le molecole MHC di classe I anche se il livello diespressione varia da un tipo cellulare all’altro.

Le cellule non nucleate, come gli eritrociti, presentano livelli moltobassi, e quindi al loro interno si può sviluppare un’infezione senza chesia rilevata da linfociti T. Dato che i virus non possono replicarsi all’interno delgi eritrociti, questonon ha conseguenze in caso di infezione virale.Al contrario, permetterà al Plasmodium, l’agente della malaria, disopravvivere all’interno dei globuli rossi.

Page 133: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHC

La funzione dei linfociti T CD4 che riconoscono le MHC di classe IIè quella di attivare altre cellule del sistema immunitario-> le molecole MHC di classe II si trovano normalmente su linfociti B,macrofagi e cellule dendritiche.

Si trovano anche molto espresse su cellule specializzate nellapresentazione dell’antigene, presenti nei tessuti linfoidi dove i linfocitiT naive o vergini incontrano l’antigene e vengono attivati per la primavolta.

Page 134: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHC

L’espressione di entrambe le classi di MHC è regolata dalle citochine,in particolare dagli interferoni. L’IFN- può indurre l’espressione delleMHC di classe II su alcuni tipi cellulari che normalmente non leesprimono.

Gli interferoni stimolano anche la presentazione dell’antigene da partedelle MHC di classe I inducendo l’espressione di elementi chiave delmeccanismo intracellulare usato per installare i peptidi sulle molecoleMHC.

Page 135: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHC

Le due classi MHC sono formate da subunità diverse ma nella struttura d’insieme appaiono correlate.

In entrambe le classi, i due domini in prossimità della membrana sonosimili al dominio immunoglobulinico, mentre i due domini distalisi ripiegano uno sull’altro formando una tasca, il sito a cui si lega ilpeptide.

Page 136: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHC DI CLASSE I

Consistono di due catene polipeptidiche, una catena maggiore, codificata nel locus genetico MHC, e una catena minore, la 2 microglobulina, legata in modo non covalente, che non è polimorfica e non viene codificata dal locus MHC.

La molecola consta di quattro domini, tre formati dalla catena eduno costituito dalla 2 microglobulina.

Il dominio 3 e la 2 microglobulina sono simili al dominio C delleIg.

Le catene 1 e 2 formano una tasca sulla superficie della molecola,il sito di legame del peptide. Sono anche i siti polimorfici che determinano il riconoscimento da parte dei linfociti T.

Page 137: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHC DI CLASSE II

Sono formate dal complesso non covalente di due catene e , cheattraversano la membrana.

Entrambe le catene sono codificate dal locus MHC.

L’analisi cristallografica mostra che la struttura delle molecole MHC di classe II è molto simile a quella delle MHC di classe I.

Anche nel caso delle MHC di classe II i siti polimorfici sono collocatinella tasca, formata dai domini 1 e 1.

Page 138: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHC

Sia nelle MHC di classe I che di classe II i peptidi sono contenuti trale due eliche della molecola.

L’unica differenza è che le estremità della tasca delle MHC di classe IIsono più aperte: come conseguenza, le estremità di un peptide legatoalle MHC di classe I sono interne alla molecola, mentre nella classe IIsono esposte all’esterno.

Il recettore dei linfociti T interagisce con il suo ligando prendendocontatto sia con la molecola MHC che con il frammento peptidicodell’antigene.

Page 139: Immuno Log i Ax Stud

MOLECOLE MHC

Al fine di attivare i linfociti T in presenza di tutte le infezioni possibili,le molecole MHC devono essere in grado di legare molti tipi diversidi peptidi.

La struttura cristallografica ha permesso di capire come faccia un singolo sito a legare con alta affinità una grande varietà di peptididiversi.

I peptidi stabilizzano la struttura molecolare che li lega, permettendoalle molecole MHC di essere indicatori affidabili della presenza di antigeni specifici.

Page 140: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA PEPTIDI E MOLECOLE MHCDI CLASSE I

Il legame del peptide nella tasca di una molecola MHC di classe Iè stabilizzato su entrambe le estremità attraverso contatti tra leterminazioni aminica e carbossilica del peptide e alcuni siti costantidella molecola MHC, presenti ad entrambi i capi della tasca.

I peptidi sono lunghi solitamente 8-10 aminoacidi, quando presentanolunghezze maggiori trovano posto ugualmente ripiegando loscheletro peptidico.

Page 141: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA PEPTIDI E MOLECOLE MHCDI CLASSE I

Le molecole MHC di classe I sono molto polimorfiche.Esistono centinaia di versioni diverse, o alleli, dei geni MHC di classeI nella popolazione, e ogni individuo ne porta una piccola frazione.

Le differenze principali tra le varianti alleliche si trovano indeterminati siti aminoacidici all’interno della tasca di legame con il peptide. Ne consegue che le diverse varianti MHC hanno dellepreferenze di legame per peptidi diversi.

I peptidi che si legano a una certa variante di molecole MHC hannogli stessi, o molto simili, aminoacidi in due o tre particolariposizioni. Gli aminoacidi che corrispondono a queste posizioni e cheinteragiscono con i residui polimorfici delle MHC sono chiamatiresidui di ancoraggio.

Page 142: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA PEPTIDI E MOLECOLE MHCDI CLASSE I

Anche se sia la posizione che l’identità dei residui di ancoraggiopossono variare a seconda della variante allelica della MHC di classe I, quasi tutti i peptidi possiedono un residuo idrofobico(a volte basico) alla loro estremità carbossiterminale.

Di solito il legame non è influenzato dagli aminoacidi presenti nellealtre posizioni.

Queste qualità di legame permettono ad una singola molecola MHC diclasse I di legare un’ampia gamma di peptidi diversi e a diversevarianti alleliche di legare diversi gruppi di peptidi.

Page 143: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA PEPTIDI E MOLECOLE MHCDI CLASSE II

I peptidi che legano le molecole MHC di classe II sono lunghialmeno 13 aminoacidi e possono esserlo molto di più.

Nella tasca delle MHC di classe II, le estremità del peptide non sonolegate.

Il peptide interagisce con residui polimorfici presenti lungo tutta la tasca. Esistono anche delle interazioni tra lo scheletro del peptidee le catene laterali di aminoacidi conservati lungo il solco.

Page 144: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA PEPTIDI E MOLECOLE MHCDI CLASSE II

Le tasche di legame delle molecole MHC di classe II sono piùpermissive, perché consentono di alloggiare catene laterali diverse.

Nonostante questo e la diversa lunghezza dei peptidi che possonoessere alloggiati, si è riusciti a definire un pattern di aminoacidipermissivi per ciascun allele della MHC di classe II.

Page 145: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA TCR E COMPLESSO PEPTIDE:MHC

L’analisi cristallografica a raggi X ha permesso di comprenderecome il TCR interagisca con il complesso peptide:MHC.

La catena del recettore è posta tra il dominio 2 di MHC e laestremità aminoterminale del peptide legato.

La catena del recettore è posta tra il dominio 1 e l’estremitàcarbossiterminale del peptide.

Le anse CDR3 delle catene e sono poste in corrispondenza dellaregione centrale della tasca.

Page 146: Immuno Log i Ax Stud

INTERAZIONE TRA TCR E COMPLESSO PEPTIDE:MHC

Nel legame del TCR al complesso peptide:MHC sono importantisia residui presenti sul peptide che sulla molecola MHC-> la specificità del riconoscimento del linfocita T coinvolge sia il peptide che la MHC che lo presenta.

Questa doppia specificità è alla base del fenomeno della restrizioneMHC.

Page 147: Immuno Log i Ax Stud

TCR

Una minoranza della popolazione di linfociti T presenta un tipodiverso di recettore costituito da un dimero anziché .

I recettori potrebbero essere coinvolti nel riconoscimento di diversitipi di ligando, come per esempio le proteine heat shock o ligandinon peptidici, come gli antigeni lipidici dei micobatteri.

I recettori non sembrano essere ristretti dalle “classiche” molecoleMHC di classe I o II. Possono quindi legare l’antigene libero, comefanno le Ig, e/o peptidi o altri antigeni presentati da molecole MHC“nonclassiche”, le quali assomigliano alle MHC di classe I ma sonorelativamente non polimorfiche.

Page 148: Immuno Log i Ax Stud

LA FORMAZIONE SUI LINFOCITI DEI RECETTORIPER GLI ANTIGENI

Page 149: Immuno Log i Ax Stud

Ciascuna diversa catena recettoriale non può esserepresente come singola unità codificante nel genoma, perché questorichiederebbe un numero di geni maggiore di quanto ce ne sianoin realtà.

Un meccanismo genetico è alla base della variabilità dei recettoriper l’antigene: riarrangiamento genico.

I domini V dei recettori sono costituiti da più frammenti, i quali sonocodificati da segmenti genici, i quali, a causa della ricombinazione somatica del DNA che avviene durante la maturazione linfocitaria,vengono riuniti per formare una sequenza completa.

Ciascun tipo di segmento è presente in più copie nel genoma e laselezione di un segmento genico avviene casualmente.

Page 150: Immuno Log i Ax Stud

I SEGMENTI GENICI DELLE IMMUNOGLOBULINE

Il dominio V della catena leggera è codificato da due segmenti geniciseparati di DNA.

Il primo codifica i primi 95-101 aminoacidi ed è chiamato segmentogenico V e corrisponde alla maggior parte del dominio V.

La parte rimanente (fino a 13 aminoacidi) è codificata dal secondosegmento, detto segmento genico J (dall’inglese Joining).

Durante la ricombinazione, i segmenti V e J vengono uniti per formare un esone V.

Il dominio C della catena leggera è codificato da un esone separato equesto viene unito all’esone V durante la maturazione dell’mRNA.

Page 151: Immuno Log i Ax Stud

I SEGMENTI GENICI DELLE IMMUNOGLOBULINE

Il dominio V della catena pesante è codificato da tre segmenti genici.

Oltre i segmenti V e J, esiste un terzo segmento detto segmento genicoD (diversity) localizzato tra i segmenti V e J.

Vi sono molti esoni diversi che possono codificare la regione Cdella catena pesante.

In entrambi i casi, lo spicing dell’RNA porterà alla riunione dellaregione V con la vicina regione C.

Page 152: Immuno Log i Ax Stud

I SEGMENTI GENICI DELLE IMMUNOGLOBULINE

In effetti esistono molte copie di ciascuno dei segmenti genici.

Page 153: Immuno Log i Ax Stud

I SEGMENTI GENICI DELLE IMMUNOGLOBULINE

I segmenti genici delle immunoglobuline sono organizzati in trecluster o loci genici: , . e il locus per le catene pesanti.

Locus delle catene leggere : cromosoma 22.Il gruppo costituito dai segmenti genici V è seguito da una serie diquattro segmenti genici J ciascuno seguito da un singolo gene C.

Locus delle catene leggere : cromosoma 2.L’insieme dei geni V è seguito da un gruppo di geni J e infine da unsolo gene C.

Locus della catene pesanti: cromosoma 14.Assomiglia al locus della catene k, con gruppi separati di di geni perVH, DH, e JH e infine i geni CH.Inoltre, esso contiene non una sola catena C, ma una serie di sequenzeC allineate una dopo l’altra.

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RICOMBINAZIONE V D J

La ricombinazione somatica V(D)J è determinata da enzimi:

1) il processo di rombinazione del DNA è operata da enzimi specifici per la linea linfoide: RAG-1 e RAG-2 (recombinase -activating genes)

2) la riparazione del DNA è operata da enzimi ubiquitari che modificano il DNA e da un enzima che aggiunge nucleotidi, la TdT (deossi-nucleotidil transferasi terminale), un altro enzima specifico della linealinfoide.

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MECCANISMI DELLA DIVERSITA’ ANTICORPALE

La diversità anticorpale è determinata in quattro modi.

Il riarrangiamento genico, grazie al quale due o tre segmenti genicisi combinano per formare un esone completo della regione V,genera diversità in due modi.

1) i riarrangiamenti possono utilizzare combinazioni diverse deivari frammenti genici -> diversità combinatoria

2) nel punto di giunzione dei diversi segmenti genici si origina ladiversità giunzionale, dovuta al fatto che durante la ricombinazionepossono essere aggiunti o sottratti nucleotidi.

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MECCANISMI DELLA DIVERSITA’ ANTICORPALE

La terza causa è ancora una forma di diversità combinatoria.Deriva dal fatto che le regioni V delle actene leggere e pesanti possono combinarsi in vari modi quando queste si appaiano performare il sito di legame per l’antigene.

Questi tre meccanismi avvengono durante lo sviluppo dellecellule B immature. Quindi avremo sulle cellule B naive un repertoriodi 1011 differenti molecole anticorpali.

Il quarto meccanismo è rappresentato dalle mutazioni che avvengono nelle cellule B mature ed attivate, e solo sulle regioni V: ipermutazione somatica.

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MECCANISMI DELLA DIVERSITA’ ANTICORPALE

Per le catene leggere :40 geni V e 5 segmenti J = 200 diverse regioni V.

Per le catene leggere :30 geni V e 4 geni J = 120 diverse regioni V.

In totale possono essere utilizzate 320 catene leggere diverse.

Per le catene pesanti:65 geni VH, 27 geni DH e 6 geni JH= 11.000 differenti regioni VH.

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MECCANISMI DELLA DIVERSITA’ ANTICORPALE

Durante la maturazione delle cellule B, al riarrangiamento del locusdelle catene pesanti, fanno seguito molti cicli di divisione cellulareprima che avvenga il riarrangiamento delle catene leggere.

La particolare combinazione dei segmenti genici usati per produrreuna catena pesante non sembra condizionare la scelta dei segmentiricombinati per ottenere la regione variabile della catena leggera.

320 x 11.000 = 3,5 x 106

Considerando anche la meccanismo di giunzione , si ritiene che ilrepertorio ammonti a 1011.

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DIVERSITA’ GIUNZIONALE

Due delle tre anse presenti nella regione ipervariabile delle Ig sonocodificate dal segmento genico V.La terza (HV3 o CDR3) è localizzata nel punto di giunzione tra ilsegmento V e il segmento J, nelle catene pesanti è in parte codificatadal segmento D.

Sia nelle catene pesanti che leggere la diversità tra le varie regioniCDR3 è incrementata notevolmente dall’aggiunta o dalla delezionedi nucleotidi nella regione di giunzione tra i vari segmenti.

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IPERMUTAZIONE SOMATICA

Il quarto meccanismo di generazione della diversità anticorpaleagisce nelle cellule B a livello degli organi linfatici perifericidopo che sono stati assemblati i geni funzionali delle Ig.

Esso introduce un numero considerevole di mutazioni puntiforminelle regioni V dei geni riarrangiati delle catene pesanti e leggere,dando così origine a recettori mutati sulla superficie delle cellule B.

Alcune delle Ig mutate legano l’antigene meglio del recettore originalee le cellule B che le esprimono vengono scelte per diventare cellulemature secernenti gli anticorpi: maturazione per affinità.

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IPERMUTAZIONE SOMATICA

L’ipermutazione somatica ha luogo quando la risposta delle cellule Ball’antigene si avvale dei segnali delle cellule T attivate.

Coinvolge solo la regione V e non la regione C delle Ig, e nessun altrodei geni espressi dalle cellule B.

Le mutazioni che alterano le sequenze aminoacidiche nelle particonservate modificheranno la struttura di base e quindi verrannoselezionate negativamente.Invece le mutazioni che saranno selezionate positivamente perchérisultano in una maggiore affinità per l’antigene, sono quelle che alterano le sequenze aminoacidiche delle regioni CDR.

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IL RIARRANGIAMENTO DEI GENI PER IRECETTORI DELLE CELLULE T

I loci per il recettore delle cellule T sono formati da gruppi disegmenti, così come i loci per le catene pesanti e leggere delle Ig.

Il locus TCR sul cromosoma 14, allo stesso modo dei loci per le catene leggere, contiene segmenti genici V e J.

Il locus TCR sul cromosoma 7, come quello per le catene pesanti, contiene i segmenti genici D in aggiunta ai segmenti genici V e J.

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IL RIARRANGIAMENTO DEI GENI PER IRECETTORI DELLE CELLULE T

Una delle differenze più importanti fra i geni delle Ig e quelli del TCR risiede nel numero di geni che codificano la regione C.

Le regioni C nei loci TCR sono molto più semplici di quelle nellocus per le catene pesanti delle Ig. C’è un solo gene C e, sebbene,vi siano due geni C, essi sono largamente omologhi e non vi ènessuna differenza funzionale tra i loro prodotti.

I geni per la regione C del recettore T codificano solo polipeptidi transmembrana. Le funzioni effettrici delle cellule T dipendono dalcontatto cellula-cellula.

Al contrario, le funzioni effettrici delle cellule B dipendono daglianticorpi secreti che devono le loro proprietà ai differenti isotipi dellaregione C della catena pesante.

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IL RIARRANGIAMENTO DEI GENI PER IRECETTORI DELLE CELLULE T

Un’altra differenza tra i TCR e le Ig risiede nella diversa natura deiloro ligandi.

I siti di legame per l’antigene delle Ig devono adattarsi alla superficie di un numero quasi illimitato di antigeni. Al contrario, il ligando diun recettore T è sempre un peptide legato ad una molecola MHC.Da ciò l’ipotesi che i siti di riconoscimento dell’antigene sui TCRdovrebbero possedere meno varianti strutturali, con gran parte dellavariabilità focalizzata sul peptide antigenico.

Sia in un anticorpo che in un recettore T, la parte centrale del sito dilegame per l’antigene è costituita dai CDR3. Nel TCR è codificata daisegmenti genici D e J. Il sito è fiancheggiato dalle anse CDR1 e CDR2,codificate da segmenti genici V.

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IL RIARRANGIAMENTO DEI GENI PER IRECETTORI DELLE CELLULE T

I loci per il recettore delle cellule T hanno circa lo stesso numero disegmenti genici V che hanno i loci per le Ig, ma solo le cellule Bdiversificano i geni riarrangiati per ipermutazione somatica.

Quindi la variabilità delle anse CDR1 e CDR2 sarà molto maggiorefra le molecole anticorpali che non fra i recettori delle cellule T.

Questo concorda con il fatto che le anse CDR1 e CDR2 del recettoreT prendono contatto con la molecola MHC che è relativamente menovariabile rispetto al peptide.

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IL RIARRANGIAMENTO DEI GENI PER IRECETTORI DELLE CELLULE T

La variabilità della struttura dei recettori T è soprattutto imputabilealla diversità combinatoria e giunzionale.

Il locus TCR contiene molti più segmenti genici J dei loci delle cateneleggere delle Ig. Nelle Ig e nel recettore T questa regione codifica perl’ansa CDR3. Quindi la parte centrale del recettore sarà altamentevariabile, mentre la periferia sarà soggetta ad una minore diversità.

Nelle cellule T, i nucleotidi vengono aggiunti a tutte le giunzioni V eJ dei geni TCR riarrangiati, mentre solo la metà delle giunzioni V-Jdei geni per le catene leggere sono modificate dall’aggiunta dinucleotidi.

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I LOCI PER LE CATENE E

L’organizzazione dei loci TCR e TCR assomiglia a quella dei loci e , ma con differenze importanti.

L’insieme dei segmenti genici che codificano per la catena è contenuto all’interno del locus , tra i segmenti genici V e J.

Il riarrangiamento dei geni V nel locus porterà alla delelzione del locus .

I loci TCR e TCR hanno meno segmenti genici sia dei loci e , che di qualunque locus delle Ig.

La diversità delle catene g e d risiede nella regione di giunzione, checompensa il piccolo numero di segmenti genici V.

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IPERMUTAZIONE SOMATICA E TCR

Nella generazione della variabilità degli anticorpi, l’ipermutazionesomatica aumenta la variabilità di tutte tre le CDR di entrambe lecatene delle Ig.

Nei geni dei recettori T non si ha ipermutazione somatica, quindi lavariabilità delle regioni CDR1 e CDR2 è limitata a quella deisegmenti genici V nella conformazione germinale. Tutta la diversitàtra i recettori T si genera durante il riarrangiamento e di conseguenzaè dovuta alle regioni CDR3.

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IPERMUTAZIONE SOMATICA E TCR

Il ruolo principale delle cellule T è di stimolare entrambe le risposteimmunitarie, umorale e cellulare, ed è quindi fondamentale che lecellule T non reagiscono contro proteine proprie.

Non solo durante lo sviluppo intratimico le cellule T autoreattivevengono eliminate, ma la mancanza di ipermutazione somatica permette di evitare che nel corso della vita compaiono dei mutanti somatici che riconoscano il self.

Qualora dovesse generarsi un clone di cellule B in grado di reagirecontro il self, in circostanze normali non sarebbe in grado di produrreanticorpi specifici, in quanto mancherebbero le cellule T autoreattivecapaci di cooperare per la risposta.

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VARIAZIONI STRUTTURALI DELLE REGIONICOSTANTI DELLE IMMUNOGLOBULINE

Le regioni CH che determinano la classe o isotipo dell’anticorpo,e quindi le sue funzioni effettrici, sono codificate da geni separati avalle dei geni V nel locus delle catene pesanti.

Inizialmente viene espresso, in associazione col gene V, solo il primodi questi geni, il gene C. Durante la risposta anticorpale, le cellule Bpossono però esprimere un diverso gene CH, grazie a un processo diricombinazione noto come cambio dell’isotipo.

Lo splicing alternativo permette, per ciascun isotipo, la produzione della forma legata alla membrana o di quella secreta, e anche lacontemporanea produzione di IgM e IgD di superficie nei linfociti Bmaturi ma che non hanno ancora incontrato l’antigene (B naive).

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VARIAZIONI STRUTTURALI DELLE REGIONICOSTANTI DELLE IMMUNOGLOBULINE

Questi meccanismi generano una variabilità strutturale delle Ig,mentre questo non avviene per i geni del recettore delle cellule T.

Le Ig funzionano sotto forma di molecole solubili che devono sia legare l’antigene sia reclutare una serie di cellule effettrici e dimolecole con cui interagire in modo appropriato.

Il recettore delle cellule T funziona solo da recettore legato allamembrana che deve attivare la giusta risposta cellulare.

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VARIAZIONI STRUTTURALI DELLE REGIONICOSTANTI DELLE IMMUNOGLOBULINE

La variazione tra i vari isotipi dipendono da differenze nelle catene pesanti: numero e posizione dei legami disolfuro, il numero di cateneoligosaccaridiche, il numero dei domini C e la lunghezza della regionecardine.

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CAMBIO DELL’ISOTIPO

La ricombinazione somatica V(D)J avviene una sola volta durante lamaturazione dei linfociti B, quindi tutta la progenie di una determinata cellula B esprimerà lo stesso gene V.

Al contrario, durante la risposta immunitaria, nella stessa progenie possono essere espressi geni diversi per la regione C.

Ogni cellula B inizia ad esprimere le IgM come recettori. In seguito lastessa regione V può essere espressa negli anticorpi IgG, IgA o IgE.

Il cambio dell’isotipo è stimolato da segnali esterni, come le citochinerilasciate dalle cellule T o da segnali che stimolano la mitosi portatida patogeni.

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CAMBIO DELL’ISOTIPO

I geni CH formano un grosso cluster posizionato a valle dei segmentigenici JH.

Il gene che codifica la regione C è il più vicino ai geni JH e quindi,dopo il riarrangiamento, sarà il più vicino alla regione V.Qualunque segmento genico JH rimasto tra il gene V e il gene C vienerimosso durante il processo di maturazione dell’RNA.

-> il primo isotipo ad essere prodotto durante la maturazione dei linfocitiB è l’IgM.

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CAMBIO DELL’ISOTIPO

In 3’, vicino al gene , si trova il gene , che codifica per la regione Cdella catena pesante delle IgD.Sulla superficie dei linfociti B maturi, le IgD sono coespresse con le IgM.Le cellule B che esprimono le IgM e le IgD non sono ancora andate incontro al cambio di isotipo che comporta un cambiamento irreversibilenel DNA. Invece producono un lungo trascritto che viene tagliato eriunito in modo diverso per formare due diverse molecole di mRNA.L’esone VDJ è o legato a C per sintetizzare una catena pesante m oppure a C in modo da codificare una catena pesante .

Le cellule B immature fanno soprattutto trascritti mentre quandomaturano formano principalmente la forma e pochi trascritti .

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CAMBIO DELL’ISOTIPO

Il passaggio ad altri isotipi avviene solo dopo l’incontro con l’antigene.

Questo avviene grazie ad un meccanismo di ricombinazione guidato da sequenze ripetute di DNA conosciute come regioni di scambio.

Le regioni di scambio si trovano in un introne compreso tra i geni JH e il gene C e in siti equivalenti, a monte dei geni delle catene pesanti di tutti gli altri isotipi, ad eccezione del gene .

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CAMBIO DELL’ISOTIPO

Gli enzimi responsabili di questo tipo di ricombinazione non sono statiancora identificati. Tuttavia sappiamo che sono coinvolti gli enzimiche riparano il DNA, utilizzati anche nella ricombinazione V(D)J.

L’enzima Citidina Deaminasi Indotto dall’Attivazione, coinvolto anchenella ipermutazione somatica, agisce nel processo di editing dell’RNA.potrebbe essere coinvolto nel cambio dell’isotipo, in quanto nell’uomola mancanza di questo enzima è associata ad una forma di immuno-deficienza chiamata sindrome da Iper IgM di tipo 2, ed è caratterizzataunicamente dalla presenza di IgM.La sindrome da Iper IgM di tipo 1 è dovuta invece all’incapacità da partedei linfociti T di attivare il cambio dell’isotipo.

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FORME SECRETE E DI MEMBRANA DELLE IG

Inizialmente tutte le cellule B esprimono sulla membrana le IgM.Dopo la stimolazione antigenica, verranno prodotte sia cellule chediventeranno plasmacellule secernenti IgM sia cellule che andrannoincontro al cambio di isotipo. Queste ultime poi passeranno a produrrela forma secreta del nuovo isotipo anticorpale.

La sintesi delle due fome delle Ig è ottenuta attraverso la maturazionedi due forme alternative di mRNA.

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FORME SECRETE E DI MEMBRANA DELLE IG

Cellule B immature: IgM di membrana

Cellue B mature naive: coespressione di IgM e IgD di membrana

Cellue B attivate: cambio di isotipo e secrezione delle Ig

Una cellula B attivata smette di coesprimere IgM e IgD sia perchéle sequenze m e d sono state rimosse per il cambio dell’isotipooppure, in caso di plasmacellule IgM secernenti, la trascrizione sottoil controllo del promotore VH non prosegue oltre l’esone C.

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LA REGIONE C DELL IG E LA LORO SPECIALIZZAZIONEFUNZIONALE

Le regioni C delle Ig hanno tre funzioni principali.

1) Le porzioni Fc dei diversi isotipi sono riconosciute da recettorispecifici posti sulle cellule immunitarie effettrici. Le porzioni Fc delle IgG1 e IgG3 sono riconosciute da recettori per l’Fcpresenti su macrofagi e neutrofili.L’Fc delle IgE si lega ad alta affinità con il recettore Fc presente suimastociti, basofili ed eosinofili attivati.

2) Le porzioni Fc dei complessi antigene:anticorpo possono legare ilcomplemento.

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LA REGIONE C DELL IG E LA LORO SPECIALIZZAZIONEFUNZIONALE

3) L’Fc può localizzare gli anticorpi in siti in cui non potrebbero arrivaresenza un meccanismo di trasporto attivo.Si tratta, nel caos delle IgA, delle secrezioni mucose, delle lacrime e dellatte; nel caso del IgG del sangue fetale per trasferimento dalla madre.

Questo trasferimento si attua mediante il legame a recettori.

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IgM E IgA POSSONO FORMARE DEI POLIMERI

Le regioni C delle IgM e delle IgA possiedono una “coda” di 18aminoacidi che contiene una cisteina indispensabile per la polimerizzazione.

Una catena polipetidica indipendente, chiamata catena J, catalizzala polimerizzazione legandosi alla cisteina della coda.

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IgM E IgA POSSONO FORMARE DEI POLIMERI

La polimerizzazione delle IgA a dimeri è necessaria per il loro trasporto attraverso gli epiteli. Le IgA del plasma sono monomeriche.3

Le IgM si ritrovano sotto forma di pentameri, e a volte di esameri (senzacatena J) nel plasma; questi ultimi sono più attivi nell’attivare ilcomplemento.

La polimerizzazione delle molecole immunoglobuliniche è importanteper il legame dell’anticorpo a epitopi ripetuti.Di solito le IgM riconoscono epitopi ripetuti polisaccaridici dei batteri.L’affinità di legame di ogni singolo sito sarà bassa in quanto le IgM vengono prodotte durante la risposta primaria, prima che avvenga laipermutazione somatica e maturi l’affinità. A questo rimediano i molti(10) siti di legame con i quali si ottiene una forza di legame, o avidità, molto alta.

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ISOTIPI, ALLOTIPI E IDIOTIPI

Gli isotipi immunoglobulinici sono definiti dalle regioni C delle catene pesanti.

Gli allotipi sono determinati dalla presenza di diversi alleli nella popolazione dello stesso gene C.

Gli idiotipi sono determinati dalle particolari associazioni VH e VL.

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PRESENTAZIONE DELL’ANTIGENE AI LINFOCITI T

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La protezione dipendente dai linfociti T dipende dalla loro capacità diriconoscere le cellule che trasportano patogeni o che hanno internalizzatoi patogeni o i loro prodotti.

La generazione del peptide dall’antigene intatto implica modificazionidella proteina originaria che prendono il nome di processamento dell’antigene.

L’esposizione del peptide sulla superficie cellulare tramite le molecoleMHC viene chiamato presentazione dell’antigene.

Entrambe le molecole MHC di classe I e II devono legarsi al peptideprima di essere stabilmente espresse sulla superficie cellulare.

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Gli agenti infettivi si possono replicare in due distinti compartimenticellulari. I virus e alcuni batteri si replicano nel citoplasma, mentre molti batteripatogeni e qualche parassita eucariota si replicano negli endosomi e neilisosomi del sistema vescicolare.

Le cellule infettate dai virus e dai batteri citosolici vengono eliminate dailinfociti T citotossici CD8.

I patogeni ed i loro prodotti che si trovano nel sistema vescicolare vengono riconosciuti dai linfociti T CD4: TH1 e TH2.

Il riconoscimento di material estraneo proveniente dal citosol o daicompartimenti vescicolari avviene attraverso l’uso di molecole MHC diclasse I e di classe II rispettivamente.

PROCESSAMENTO DELL’ANTIGENE

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Le molecole MHC, come tutte le proteine destinate alla superficiecellulare, vengono trasportate nel reticolo endoplasmico (RE) durante laloro sintesi. La parte della molecola MHC che lega il peptide vieneripiegata correttamente nel lume del reticolo e non viene mai esposta nelcitosol.

Il trasporto dei peptidi virali dal citosol nel lume del RE avviene mediante due proteine ATP-dipendenti della famiglia ABC(ATP-binding cassette): TAP1 e TAP2 (Transporter associated withAntigen Porcessing).Le due proteine TAP formano un eterodimero espresso sulla membranadel RE.I geni TAP1 e TAP2 sono presenti all’interno del gene MHC e vengonoindotti dagli interferoni.

TRASPORTO DEI PEPTIDI DI CLASSE I

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La degradazione di molte proteine citosoliche è effettuata da un complesso enzimatico multicatalitico chiamato proteasoma.Esso è un grande complesso cilindrico formato da 28 subunitàassemblate in 4 anelli, 7 subunità per anello.

Due subunità del proteasoma, LMP2 e LMP7, sono codificate nellaregione MHC vicino ai geni TAP1 e TAP2. Insieme alle molecoleMHC I e TAP, sono indotte dagli interferoni. Una terza subunità,MECL-1, non è codificata nella regione MHC ed è anch’essa indottadagli interferoni.

Questre tre subunità inducibili sostituiscono altre tre subunità costitutivee questo porta ad un cambio della specificità del proteasoma:il clivaggio è a valle dei residui idrofobici e basici, piuttosto che di quelliacidi.

RUOLO DEL PROTEASOMA NELLA GENERAZIONEDEI PEPTIDI DI CLASSE I

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Il ripiegamento e l’assemblaggio delle molecole MHC I nel RE dipendedall’associazione della catena prima con la catena 2-microglobulinaed in seguito col peptide,e questo processo coinvolge numerose proteine accessorie con funzioni simili alle chaperonine.

Solo in seguito al legame con il peptide la molecola MHC I vienerilasciata e può raggiungere la superficie cellulare, altrimenti rimanein forma parzialmente ripiegata. Se questo stato persiste, le molecoleMHC I sono instabili e vengono ritrasportate nel citosol dove vengonodegradate.

TRASPORTO DELLE MHC I SULLA SUPERFICIE CELLULARE

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TRASPORTO DELLE MHC I SULLA SUPERFICIE CELLULARE

Alcuni virus hanno sviluppato strategie per impedire la loro esposizioneinterferendo con la comparsa del complesso peptide:MHC I sullasuperficie cellulare.

Il virus herpes simplex previene il trasporto dei peptidi virali all’internodel RE producendo una proteina che lega e inibisce TAP.

Gli adenovirus codificano per una proteina che lega le molecole MHC Ie le trattiene all’interno del RE.

I cytomegalovirus accelerano il trasporto retrogado delle MHC I nelcitoplasma dove vengono degradate.

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I patogeni che risiedono nelle vescicole non sono accessibili al proteasoma del citosol.In seguito all’attivazione dei macrofagi, le proteine all’interno dellevescicole vengono degradate da proteasi contenute nelle vescicole stesse.

L’endocitosi, la fagocitosi e la macropinocitosi utilizzano gli endosomie quindi i lisosomi per la processazione dell’antigene.

Gli endosomi ed i lisosomi contengono proteasi che vengono attivate daun pH acido e sono quindi conosciute come proteasi acide.

Le proteasi acide appartengono alla famiglia delle catepsine (B, D, S edL).

PROCESSAMENTO DEI PEPTIDI DI CLASSE II

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Le molecole MHC II vengono traslocate nel RE durante la loro sintesi,ma poiché devono interagire coi peptidi formatisi nelle vescicole acide,il loro legame con polipeptidi appena sintetizzati o con peptidi appenatrasportati nel lume del RE deve essere prevenuto.

Le molecole MHC II neo-sintetizzate vengono legate da una proteina notacome catena costante associata alle molecole MHC II (Ii).La catena costante forma trimeri e ogni subunità lega in maniera noncovalente un eterodimero nella tasca per il peptide.

Le catene pesanti hanno anche la funzione di indirizzare le molecoleMHC II verso le vescicole acide dove può avvenire il legame con ilpeptide. Prima però la catena pesante deve essere degradata e lasciareil sito di legame libero.

TRASPORTO DELLE MOLECOLE MHC II ALLEVESCICOLE ACIDE

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Le molecole MHC II vengono rilasciate in vescicole che originano dalcomplesso di Golgi, le quali, ad un certo punto, si fondono con gliendosomi.Esistono evidenze che i complessi MHC II:Ii vengano trasportati primaalla superficie e poi internalizzati come endosomi.

La microscopia elettronica ha permesso di localizzare le molecole MHC IIin un compartimento subcellulare specializzato dove avviene il taglio diIi e il caricamento del peptide (compartimento MIIC).

TRASPORTO DELLE MOLECOLE MHC II ALLEVESCICOLE ACIDE

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Nel compartimento MIIC il caricamento del peptide è facilitato da unamolecola simile alle MHC II, chiamata HLA-DM.I geni HLA-DM si trovano vicino ai geni TAP e LMP nella regioneMHC II.

La HLA-DM non viene espressa sulla superficie cellulare, ma si trovaprincipalmente nel compartimento MIIC.

La HLA-DM catalizza il rilascio di CLIP dal complesso MHC II:CLIP e il legame degli altri peptidi alle molecole MHC II vuote.

LEGAME DELLE MOLECOLE MHC II CON IL PEPTIDE

Page 196: Immuno Log i Ax Stud

Il ruolo di HLA-DM nel facilitare il legame del peptide alle molecoleMHC II rispecchia quello delle molecole TAP nel legame di peptidi alle molecole MHC I.

Alcuni patogeni hanno evoluto strategie in grado di inibire il legame delpeptide con le molecole MHC II.

LEGAME DELLE MOLECOLE MHC II CON IL PEPTIDE

Page 197: Immuno Log i Ax Stud

Il legame del peptide alle molecole MHC sulla superficie cellularedeve essere stabile per ottenere un’efficiente presentazione dell’antigeneed evitare che altre cellule non infette vengano eliminate.

Se il complesso si dissocia troppo rapidamente il patogeno può evaderela sorveglianza delle cellule T.

Le molecole MHC presenti sulle cellule non infettate potrebbero legarepeptidi rilasciati da MHC presenti su cellule infettate ed erroneamentesegnalare ai linfociti T che cellule sane siano state infettate, decretando lapropria morte.Le molecole MHC vuote, sia di classe I e II, vengono rapidamenteperse dalla superficie per un processo di reinternalizzazione e di degradazione-> il legame delle molecole MHC con peptidi presenti nei fluidi extra-cellulari viene prevenuto efficacemente.

LEGAME DELLE MOLECOLE MHC CON IL PEPTIDE

Page 198: Immuno Log i Ax Stud

Il ruolo delle molecole MHC è quello di legare frammenti peptidici derivati dai patogeni ed esposti sulla superficie delle cellule in modoche vengano riconosciuti dagli appropriati linfociti T.

Le conseguenze sono quasi sempre deleterie per le cellule infettate davirus o patogeni, in quanto queste cellule vengono uccise.

Esiste quindi una forte pressione selettiva in favore di ogni patogeno mutato in modo da sfuggire alla presentazione da parte delle MHC.

Due caratteristiche delle molecole MHC rendoono questa via di fugadifficile per i patogeni. Il sistema MHC è polgenico: il locus MHC contiene diversi geni MHC I e II. Il sistema MHC è polimorfo: visono molteplici varianti dello stesso gene.

IL SISTEMA MAGGIORE DI ISTOCOMPATIBILITA’

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Il locus MHC è localizzato sul cromosoma 6 nell’uomo e contiene circa200 geni.

I geni che codificano per la catena delle molecole MHC I e per le catene e delle MHC II sono comprese all’interno di questo complesso;i geni per la 2-microglobulina e per la catena costante Ii sono sucromosomi differenti.

Nell’uomo questi geni sono anche chiamati HLA (Human LeukocyteAntigen), essendo stati inizialmente scoperti attraverso differenze antigeniche nei globuli bianchi di individui diversi.

ORGANIZZAZIONE DEL LOCUS MHC

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Vi sono 3 geni della catena a (MHC I), chiamati HLA-A, -B e -C.

Vi sono 3 paia di geni per le catene e (MHC II), chiamati HLA-DR,-DP e -DQ. Il cluster HLA-DR contiene un gene extra , che puòaccoppiarsi con la catena DR. Quindi tre set di geni possono dare luogo a 4 tipi di molecole MHC II.

I due geni TAP si trovano nella regione MHC II in stretta associazionecon i geni LMP del proteasoma. Sempre nella regione II, si trova ilgene TAPBP per la tapasina, che si lega sia alle TAP che alle molecoleMHC I vuote.

ORGANIZZAZIONE DEL LOCUS MHC

Page 201: Immuno Log i Ax Stud

Le cellule stimolate da interferoni mostrano un forte aumento dellatrascrizione della catena dell’MHC I e del gene 2-micorglobulina,dei geni del proteasoma, della tapasina e della TAP.

Questa induzione aumenta l’abilità delle cellule di processare proteinevirali e di presentare i peptidi derivati dalla processazione sullasuperficie cellulare. La regolazione coordinata dei geni che codificano per questi componenti viene facilitata dal legame genetico di moltidi questi geni all’interno del locus MHC.

ORGANIZZAZIONE DEL LOCUS MHC

Page 202: Immuno Log i Ax Stud

I geni per l’HLA-DM, che codificano le MHC-DM, la cui funzione èquella di catalizzare il legame del peptide alle molecole MHC II, sonocorrelati ai geni MHC II.

I geni MHC II classici, insieme ai geni DM e e alla catena costante Ii,sono regolati in modo coordinato. La loro trascrizione viene stimolatadall’IFN-, prodotto dai linfociti TH1 attivati dalle cellule NK e dallecellule CD8 attivate, permettendo ai linfociti di rispondere alle infezionibatteriche inducendo un’aumentata espressione di quelle molecolecoinvolte nella processazione e nella presentazione di antigeni intra-vescicolari.

ORGANIZZAZIONE DEL LOCUS MHC

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Ogni individuo può esprimere almeno tre differenti molecole MHC I e tre(o quattro) molecole MHC II sulla superficie delle proprie cellule.Di fatto il numero di MHC espresse è molto più grande a causa deipolimorfismi delle molecole MHC e l’espressione co-dominante dei geniMHC.

Le varianti alleliche di alcuni geni MHC I e II sono più di 200, ed ogniallele è presente con una frequenza relativamente alta nella popolazione.

Vi è quindi una ridotta possibilità che il locus MHC corrispondente suentrambi i cromosomi di un individuo abbia lo stesso allele.La maggior parte degli individui è eterozigote nel locus MHC.La particolare combinazione di alleli MHC che sitrova su di un singolocromosoma è conosciuta come aplotipo MHC.

POLIGENIA E POLIMORFISMO MHC

Page 204: Immuno Log i Ax Stud

L’espressione degli alleli MHC è co-dominante, e quindi entrambi iprodotti degli alleli verranno espressi sulla superficie cellulare edentrambi sono in grado di presentare gli antigeni alle cellule T.

POLIGENIA E POLIMORFISMO MHC

Page 205: Immuno Log i Ax Stud

I polimorfismi ad ogni locus possono raddoppiare il numero di molecoleMHC espresse in un individuo ed incrementare la diversità giàdeterminata dalla poligenia.

POLIGENIA E POLIMORFISMO MHC

Page 206: Immuno Log i Ax Stud

Il prodotto degli alleli MHC può differire da uno all’altro fino a 20aminoacidi. La maggior parte delle differenze sono localizzate nel dominio esternodella molecola, in particolare nella tasca dove si lega il peptide.

I residui polimorfi che costituiscono il sito di legame del peptidedeterminano le proprietà del sito di legame delle molecole MHC.

POLIMORFISMO MHC E RICONOSCIMENTO ANTIGENICODA PARTE DEI LINFOCITI T

Page 207: Immuno Log i Ax Stud

Il fenomeno della restrizione MHC ha permesso di spiegare il fenomenodel riconoscimento delle molecole MHC non-self nel rigetto deitrapianti di organi e tessuti tra individui della stessa specie.

Il rigetto avviene anche se le molecole MHC differiscono di un soloaminoacido ed è mediato da linfociti T specificamente reattivi versomolecole MHC non-self o allogeniche. Questi linfociti ammontano acirca l’1-10% dei linfociti T in un individuo.

RICONOSCIMENTO DELLE MHC NON-SELF

Page 208: Immuno Log i Ax Stud

Dato che un recettore dei linfociti T normalmente lega peptidi estraneiesposti sulle molecole MHC self, vi sono due modi in cui può legaremolecole MHC non-self.

1) In alcuni casi il peptide legato dalla molecola MHC non-self interagisce fortemente con il recettore T e il linfocita T viene attivato.Questo meccanismo cross-reattivo è conosciuto come peptide-dominante.

2) Nel secondo meccanismo, conosciuto come MHC-dominante, i linfociti T alloreattivi reagiscono a causa del legame stretto del recettoreT con le molecole MHC non-self.

RICONOSCIMENTO DELLE MHC NON-SELF

Page 209: Immuno Log i Ax Stud

I superantigeni sono una classe distinta di antigeni che stimola, nei linfociti T, una risposta simile a quelle elicitate da molecole MHCallogeniche.

Essi agiscono come superantigeni in quanto si legano in maniera diversacontemporaneamente alle molecole MHC ed al TCR, permettendo lastimolazione di un ampio numero di linfociti T.

I superantigeni vengono prodotti da batteri, micoplasmi e virus, e lerispste che provocano sono più di aiuto per il patogeno che per l’ospite.

RICONOSCIMENTO E RISPOSTA AI SUPERANTIGENI

Page 210: Immuno Log i Ax Stud

I superantigeni non devono venire processati per essere riconosciuti.Legano direttamente la superficie esterna di una molecola MHC II cheha già legato un peptide e la regione V di molti TCR.

RICONOSCIMENTO E RISPOSTA AI SUPERANTIGENI

Page 211: Immuno Log i Ax Stud

Il modo in cui avviene la stimolazione da parte dei superantigeni nondetermina una risposta adattativa verso il patogeno, ma una massicciaproduzione di citochine da parte dei linfociti T CD4.

Superantigeni esogeni batterici sono l’enterotossina A dello stafilococco (SEA), che causa avvelenamento da cibo e la tossina 1 della sindrome da shock tossico (TSST-1), che è un potenteinduttore di IL-1 e TNF-, il che spiega sia la sua capacità stimolatoriasulle cellule T sia alcune delle manifestazioni cliniche (febbre alta,debolezza muscolare, e caduta della pressione sanguigna che porta alloshock) .

Il ruolo dei superantigeni virali nelle malattie umane è meno chiaro.

Esistono anche superantigeni endogeni, tra cui quello del virus deltumore mammario del topo, il quale si è stabilmente integrato nelgenoma dell’ospite.

RICONOSCIMENTO E RISPOSTA AI SUPERANTIGENI

Page 212: Immuno Log i Ax Stud

TRASMISSIONE DEL SEGNALE ATTRAVERSO IRECETTORI LINFOCITARI

Page 213: Immuno Log i Ax Stud

Quando i recettori dell’antigene sui linfociti legano il proprio ligando trasmettono un segnale che causa un loro raggruppamento (cluster)sulla superficie cellulare.

Il clustering dei recettori determina l’attivazione linfocitaria

I recettori vengono raggruppati quando interagiscono con patogeni chehanno epitopi ripetuti sulla loro superficie.

Nel caso della stimolazione delle cellule B da parte di antigenimonomerici solubili, l’incapacità di tali antigeni nell’indurre ilclustering dei recettori potrebbe spiegare perché l’attivazione delle celluleB naive in risposta a questi antigeni dipenda dalla ricezione di segnaliattivanti provenienti da cellule T.

RAGGRUPPAMENTO DEI RECETTORI

Page 214: Immuno Log i Ax Stud

I recettori per gli antigeni non hanno un’attività tirosin-chinasicapresentata da altri recettori (ad es. per fattori di crescita).

Le porzioni citoplasmatiche di alcune componenti recettorialilegano tirosin-chinasi denominate tirosin-chinasi associate al recettore.

Quando i recettori aggregano, questi enzimi vengono riuniti insieme eagiscono gli uni sugli altri e sopra le code citoplasmatiche dei recettoriper iniziare il processo di trasmissione del segnale.

Nel caso del recettore per l’antigene, le prime tirosin-chinasi associateal recettore sono membri della famiglia src.

ATTIVAZIONE DELLE VIE DI TRASDUZIONE DI SEGNALE

Page 215: Immuno Log i Ax Stud

I recettori dell’antigene presenti sulle cellule B e T sono complessimultiproteici formati da catene variabili clonalmente leganti l’antigeneassociate con proteine accessorie invarianti.

le proteine invarianti sono necessarie per il trasporto dei recettori sullasuperficie cellulare sia per iniziare la trasmissione del segnale quandoil recettore si lega al suo ligando extracellulare.

STRUTTURA DEL RECETTORE DELL’ANTIGENE

Page 216: Immuno Log i Ax Stud

Le immunoglobuline di membrana si associano, tramite le catenepesanti, a due altre catene, chiamate Ig e Ig, per formare un recettorecompleto delle cellule B.

Le catene accessorie sono composte da un unico dominio simile alleimmunoglobuline connesso, attraverso un dominio transmembrana, ad una lunga coda citoplasmatica.

STRUTTURA DEL BCR

Page 217: Immuno Log i Ax Stud

Il trasporto del recettore sulla membrana e la trasmissione del segnale dal complesso recettoriale BCR dipende dalla presenza di sequenze aminoacidiche in Ig e Ig chiamate motivi di attivazione dell’immunorecettore basati su tirosine o ITAMs.

Queste sequenze sono anche presenti nelle catene accessorie del TCR enei recettori Fc.

Le ITAMs sono composte da due residui di tirosina separati da circa9-12 aminoacidi. Ig e Ig presentano ciascuna una ITAM.

STRUTTURA DEL BCR

Page 218: Immuno Log i Ax Stud

Quando un antigene si lega al recettore le ITAM vengono fosforilatedalle tirosin-chinasi della famiglia Src associate al recettore: Blk, Fyn o Lyn.

in virtù delle loro tirosine fortemente spaziate, le ITAM sono poi capacidi legarsi con alta affinità ai domini SH2 dei membri di una secondafamiglia di tirosin-chinasi, coinvolte nella progressione del segnale.

STRUTTURA DEL BCR

Page 219: Immuno Log i Ax Stud

Il TCR contiene molte catene accessorie invarianti che formano ilcomplesso CD3: CD3, CD3, CD3 e CD3.

Sulla superficie delle cellule T, due eterodimeri a:b sono associati conun CD3, un CD3, due CD3 ed un omodimero citoplasmatico CD3.

Le tre proteine , ed sono codificate da geni adiacenti e sono regolatecome un’unica unità e sono necessarie per l’espressione sulla superficie del TCR e per la trasmissione del segnale.

L’espressione ottimale del recettore e la trasmissione del segnalerichiedono anche la catena .

STRUTTURA DEL TCR

Page 220: Immuno Log i Ax Stud

Il primo segnale intracellulare che indica che i linfociti hanno riconosciutoil loro antigene è la fosforilazione in tirosina delle ITAM.

Nelle cellule B sono responsabili tre protein-chinasi della famiglia Src: Fyn, Blk e Lyn.

Nelle cellule a riposo, le protein-chinasi si associano ai recettori con un legame a bassa affinità con le ITAM. Quando i recettori si aggregano inseguito al legame con l’antigene, le chinasi associate si attivano e siattivano reciprocamente. Inoltre fosforilano le ITAM presenti nelle codecitoplasmatiche di Ig e Ig. La fosforilazione di una singola tirosina delle ITAM permette il legame di una chinasi Src a tale motivo,permettendo la fosorilazione delle altre tirosine.

FOSFORILAZIONE DELLE ITAM

Page 221: Immuno Log i Ax Stud

Nelle cellule T intervengono due chinasi della famiglia Src: Lck e Fyn.

Lck è costituivamente associata al dominio citoplasmatico delle molecoleco-recettoriali CD4 e CD8. Fyn si associa con le catene citoplasmatiche e con CD3 in seguito all’aggregazione dei recettori.

Poiché CD4 o CD8 si aggregano insieme al recettore quando quest’ultimosi lega al complesso peptide:MHC, il riconoscimento dell’antigene avràcome conseguenza di permettere a Lck e a Fyn di fosforilare le ITAM sulle catene accessorie del complesso del recettore dei linfociti T.

FOSFORILAZIONE DELLE ITAM

Page 222: Immuno Log i Ax Stud

L’attività enzimatica delle chinasi Src è regolata dallo stato di fosfo-rilazione della regione chinasica e del dominio carbossiterminale, ognunodei quali presenta residui di tirosina regolatori.

La fosforilazione della tirosina nel dominio chinasica è attivatoria, mentrela fosforilazione del dominio carbossiterminale è inibitoria.Dopo la fosforilazione della tirosina attivante, le chinasi possono esseretenute a freno dalla protein tirosin chinasi chiamata Csk (chinasi SrcC-terminale) che fosforila la tirosina inibitoria. Poiché la Csk è espressa in maniera costitutiva nelle cellule a riposo, le chinasi Src sono in genereinattive.

La tirosin fosfatasi CD45 (antigene comune leucocitario) può rimuovere ilfosfato dalle tirosine inibitorie, permettendo l’attivazione delle Src.

REGOLAZIONE DELLE TIROSIN-CHINASI SRC

Page 223: Immuno Log i Ax Stud

Una trasmissione ottimale del sgnale attraverso il recettore delle cellule Trichiede l’aggregazione dei co-recettori CD4 o CD8.

I co-recettori si aggregheranno al complesso del recettore T legando ilcomplesso peptide:MHC attraverso la parte costante delle MHC.

L’aggregazione dei co-recettori con il TCR comporta l’avvicinamento diLck in prossimità delle ITAM delle catene accessorie e di altri bersagli,tra cui un’altra chinasi associata alla catena , chiamata ZAP-70, che èimportante nella propagazione del segnale.

ATTIVAZIONE DEI CORERECETTORI NELLE CELLULE T

Page 224: Immuno Log i Ax Stud

Anche la trasmissione del segnale nelle cellule B viene aumentata dallaaggregazione con il co-recettore. Il co-recettore delle cellule B è uncomplesso costituito dalle molecole di superficie CD19, CD21 e CD81.

CD21 è il recettore del complemento 2 (CR2) e può legarsi al recettoredelle cellule B quando viene attivato il complemento: infatti esso legaC3d, C3dg e iC3b. Così patogeni che hanno attivato il complementopossono determinare la formazione di legami crociati tra il recettore deilinfociti B, CD21 e le molecole ad esse associate. Questo induce lafosforilazione della coda citoplasmatica di CD19 ad opera delle tirosin-chinasi associate al recettore. Il CD19, a sua volta, recluta sia le chinasidella famiglia Src che una chinasi lipidica, chiamata fosfatidilinositolo3-OH.

Il ruolo del terzo componente CD81 rimane sconosciuto.

ATTIVAZIONE DEI CORERECETTORI NELLE CELLULE B

Page 225: Immuno Log i Ax Stud

Una volta che le ITAM delle code citoplasmatiche dei recettori sonostate completamente fosforilate, esse possono reclutare altre chinasicoinvolte nella trasmissione del segnale: Syk nelle cellule B e ZAP-70nelle cellule T.

Syk è enzimaticamente inattiva fintanto che rimane legata alle ITAMdoppiamente fosforilate del recettore delle cellule B. Per essere attivatedevono essere fosforilate e questo avviene perché vengono strettamentea contatto e transfosforilano l’una con l’altra.

Appena fosforilata, Syk fosforila le proteine bersaglio per iniziare lacascata delle molecole coinvolte nella trasmissione del sgnale.

ATTIVAZIONE DELLE TIROSIN-CHINASI LEGATE ALLE ITAM

Page 226: Immuno Log i Ax Stud

ZAP-70 non viene attivata per transfosforilazione dopo il legame con leITAm delle catene ; invece viene attivata da Lck, associata alco-recettore.

Una volta attivata, ZAP-70 fosforila il substrato LAT (linker di attivazionenelle cellule T) e la proteina SLP-76, una seconda proteina adattatricedelle cellule T.

LAT è una proteina citoplasmatica associata alla faccia interna dellamembrana citoplasmatica mediante residui di cisteina che sono palmitoi-lati. In virtù dei suoi molti residui di tirosina, LAT è capace di reclutaremolte proteine che trasmettono il segnale verso i bersagli a valle.

Anche nelle cellule B è stata identificata una proteina adattatrice, BLNK(proteina linker nelle cellule B). Anch’essa ha multipli siti di fosforilazio-ne in tirosina ed intergisce con molte proteine viste prima.

ATTIVAZIONE DELLE TIROSIN-CHINASI LEGATE ALLE ITAM

Page 227: Immuno Log i Ax Stud

Importanti fattori di trascrizione coinvolti nella risposta dei linfocitisono attivati da fosforilazione operata dalle MAP chinasi (mitogenactivated protein kinases). Queste chinasi sono attivate dalla fosforila-zione; nello stato inattivo, non fosforilato, risiedono nel citoplasma, maquando sono attivate traslocano nel nucleo.

Le MAP chinasi attivate dal legame antigene:recettore sono chiamateErk1 (Extracellular-regulated kinase-1) e Erk2. Le MAPK sono attivatea loro volta dalle MAPKK, che nei linfociti sono Mek1 e Mek2. LeMAPKK sono anch’esse attivate dalla fosforilazione per opera delleMAPKKK, che nei linfociti è Raf. Raf è attivata dalla piccola proteina GRas nella sua forma legata al GTP.

ATTIVAZIONE DEI FATTORI DI TRASCRIZIONE

Page 228: Immuno Log i Ax Stud

La cascata delle MAP chinasi attivata da segnali che partono dal co-recettore dei linfociti B attiva chinasi diverse e attiva fattori ditrascrizione diversi.

La via delle MAP chinasi attivata dalla via del recettore dell’antigeneattiva il fattore di trascrizione Elk che, a sua volta, aumenta la sintesidel fattore di trascrizione Fos.

Al contrario, la via delle MAP chinasi innescata dal legame del co-recettore, attiva il fattore di trascrizione Jun.

Queste vie possono combinare i loro effetti in quanto eterodimeri di June Fos formano il fattore di trascrizione AP-1, che regola l’espressione dimolti geni coinvolti nella crescita cellulare.

ATTIVAZIONE DEI FATTORI DI TRASCRIZIONE

Page 229: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DEI FATTORI DI TRASCRIZIONE

Entrambe le vie sono richieste per guidare l’espressione l’espansioneclonale dei linfociti naive.

Nei linfociti T, la via delle MAP chinasi che attiva Jun, viene attivata daCD28, la quale interagisce con le molecole co-stimolatorie indotte sullasuperficie delle cellule presentanti l’antigene. Queste molecole sonoB7.1 (CD80) e B7.2 (CD86).

Page 230: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DEI FATTORI DI TRASCRIZIONE

Un altro fattore di trascrizione attivato dalla trasmissione del segnale èNFAT (Fattore nucleare dei linfociti T attivati).Nelle cellule non stimolate NFAT è confinato nel citosol perché èfosforilato in un segnale di localizzazione nucleare.NFAT è rilasciato dal citoplasma e migra nel nucleo per azione dell’enzima calcineurina, una protein fosfatasi che defosforila NFAT.

L’attivazione da calcineurina è insufficiente per permettere a NFAT difunzionare all’interno del nucleo. Altri segnali costimolatori sononecessari perché NFAT rimanga nel nucleo e possa agire comeregolatore della trascrizione in combinazione con AP-1.

Page 231: Immuno Log i Ax Stud

INIBIZIONE DEL SEGNALE DA PARTE DI RECETTORICON ITIM

Altri recettori espressi sia dai linfociti B che T possono inibire i segnaliattivanti inviati dai recettori degli antigeni e dai co-rerecettori.

Questi recettori presentano nella coda citoplasmatica un motivochiamato motivo inbitorio dell’immunorecettore basato sulla tirosina ITIM.

La funzione del motivo ITIM è quella di reclutare fosfatasi inibitorie,quali SHP-1, SHP-2 e SHP. Le prime due rimuovono i gruppi fosfatoaggiunti dalle tirosin chinasi. SHIP è una inositol fosfatasi e rimuove ilfosfato in 5’ dal fosfatidil inositolo trifosfato (IP3) e sembra che agiscainibendo l’attivazione di PLC-.

Page 232: Immuno Log i Ax Stud

INIBIZIONE DEL SEGNALE DA PARTE DI RECETTORICON ITIM

Un recettore contenente ITIM e che inibisce l’attivazione dei linfocitiè il recettore Fc per le IgG (FcRIIB-1), presente sui linfociti B. Questorecettore funziona spingendo SHP all’interno del complesso del recettore delle cellule B.

Nei linfociti B, altri due recettori inibitori sono CD22, una proteina transmembrana e PIR-B, che agisce interagendo con SHIP-1.

Nelle cellule T, la proteina transmembrana CTLA-4 indotta dallaattivazione ha un ruolo critico nella regolazione della trasmissione del segnale; essa lega le molecole costimolatorie come CD28 e recluta SHIP-2.

Motivi ITIM sono presenti anche nei recettori KIR (killer inibitori) dellecellule NK.

Page 233: Immuno Log i Ax Stud

SVILUPPO E SOPRAVVIVENZA DEI LINFOCITI

Page 234: Immuno Log i Ax Stud

Una volta che i linfociti B e T acquisiscono il loro recettore di superficie, quest’ultimo è messo alla prova per le sue proprietà diriconoscimento nei confronti di molecole presenti nell’ambientecircostante.

La specificità e l’affinità del recettore per questi ligandi determinerannoil destino del linfocita immaturo: • la cellula verrà selezionata per sopravvivere e svilupparsi ulteriormente o• morirà senza raggiungere la maturità

Page 235: Immuno Log i Ax Stud

Se i recettori dei linfociti interagiscono debolmente con gli antigeniself, o li legano in un modo particolare, ricevono un segnale disopravvivenza -> selezione positiva

I linfociti i cui recettori legano saldamente gli antigeni autologhiricevono segnali di morte -> selezione negativaI linfociti che reagiscono intensamente con il self vengono rimossiprima che diventino del tutto maturi e possano dar luogo a unareazione autoimmune -> tolleranza

In assenza di segnali da parte del loro recettore, i linfociti vannoincontro a morte e questo accade alla grande maggioranza deilinfociti immaturi che muore prima di fuoriuscire dagli organi linfaticiprimari o negli organi linfoidi periferici prima di arrivare alla maturità.

Page 236: Immuno Log i Ax Stud

Nei mammiferi la maggior parte dello sviluppo dei linfociti avvienenegli organi linfoidi centrali, ovvero midollo osseo (e fegato fetale)per i linfociti B, il timo per i T.

I linfociti B vengono continuamente prodotti dal midollo osseo,anche nell’adulto.

I linfociti T non vengono più prodotti dal timo nell’adulto ma dallacontinua divisione di cellule mature, fuori degli organi linfoidi centrali.

Lo sviluppo dei linfociti è caratterizzato dalle diverse fasi di assemblaggio ed espressione dei geni per i recettori, che regola ilsuccessivo stadio di sviluppo.

SVILUPPO DEI LINFOCITI NEL MIDOLLO OSSEO ENEL TIMO

Page 237: Immuno Log i Ax Stud

Questo sviluppo a stadi richiede dei segnali dai microambientispecializzati in cui si sviluppano i linfociti.

I tessuti linfoidi primari forniscono una rete di cellule stromali nonlinfoidi, che interagiscono strettamente con i linfociti in maturazionefornendo fattori di crescita solubili o molecole di membrana chelegano i recettori dei progenitori linfocitari.

I riarrangiamenti delle catene pesanti e leggere delle Ig e delle catene e del recettore delle cellule T non sempre producono una sequenzadi DNA in frame -> riarrangiamento non produttivo.In questo caso il linfocita muore.Solo se avviene un riarrangiamento produttivo, la cellula potràprogredire verso il successivo stadio di sviluppo.

SVILUPPO DEI LINFOCITI NEL MIDOLLO OSSEO ENEL TIMO

Page 238: Immuno Log i Ax Stud

I loci vengono riarrangiati solo uno per volta e con una successionedeterminata.

Sia i linfociti B che T si occupano per prima cosa del locus checontiene i segmenti del gene D, che nel caso dei linfociti B è illocus per la catena pesante, per i T si tratta della catena del recettore.

Solo se avviene un riarrangiamento produttivo i linfociti interrompono il riarrangiamento di quel locus, e i linfociti B procedonocon il locus per la catena leggera ed i T con quello della catena .

SVILUPPO DEI LINFOCITI NEL MIDOLLO OSSEO ENEL TIMO

Page 239: Immuno Log i Ax Stud

Il prodotto proteico di ogni locus per il recettore deve essere espressoinsieme a quello di un altro locus: ad esempio, per costituire ilrecettore dei linfociti T sono necessarie una catena e una catena .

Come fa un linfocita T a verificare il corretto riarrangiamento dellocus della catena se non è ancora disponibile una catena , perchénon ancora riarrangiata?

Sia i linfociti B che T producono delle catene “surrogate”, sempre uguali.Questi surrogati si appaiano con la catena pesante o con la catena per produrre dei “recettori” che possono essere espressi sulla superficie cellulare. La formazione di questi recettori genera dei segnali che inducono la cessazione del riarrangiamento VDJ. Seguono diversi cicli mitotici prima che la cellula proceda con il riarrangiamento VJ nellocus della catena leggera nei B e in quello per la catena nei T.

SVILUPPO DEI LINFOCITI NEL MIDOLLO OSSEO ENEL TIMO

Page 240: Immuno Log i Ax Stud

I fattori prodotti o secreti dalle cellule stromali non linfoidi da cui dipende lo sviluppo dei linfociti B nel midollo osseo sono:• molecole di adesione: VCAM-1 che ha come contro-recettore VLA-4sul precursore dei linfociti B• citochine: una citochina di membrana, SCF (fattore per le cellulestaminali) che lega sulle cellule pro-B il suo recettore tirosin-chinasicokit.

Interleuchina-7 è invece richiesto nello sviluppo delle cellule B in fasepiù tardiva di sviluppo (pre-B).

Il fattore 1 derivato dalle cellule stromali, detto anche fattore di stimolazione delle cellule pre-B (SDF/PBSF) ha un ruolo importantenello stadio pre-B.

SVILUPPO DEI LINFOCITI B NEL MIDOLLO OSSEO

Page 241: Immuno Log i Ax Stud

Durante lo sviluppo primario dei linfociti B, i vari stadi sonodefiniti dalla sequenza di riarrangiamenti ed espressione dei geni perle catene pesanti e leggere delle Ig.

Inoltre possono essere ulteriormente distinti degli stadi intermedi sullabase dell’espressione di altre proteine di superficie.

Cellula pro-B: sono le cellule progenitrici più precoci che si conoscano ed hanno limitata capacità di autorinnovarsi. In queste cellule avvieneil riarrangiamento del locus della catena pesante delle Ig: l’unioneDJ allo stadio di cellula pro-B precoce, seguita dall’unione di V e DJnello stadio di cellula pro-B tardiva.La formazione di una catena intatta è il lasciapassare per lo stadiosuccessivo.

SVILUPPO DEI LINFOCITI B NEL MIDOLLO OSSEO

Page 242: Immuno Log i Ax Stud

Cellula pre-B: la catena delle grandi cellule pre-B è espressaall’interno della cellula e, in piccola quantità, sulla superficie cellulare,combinata con un surrogato della catena leggera per formare ilrecettore della cellula pre-B.

L’espressione del recettore della cellula pre-B è il segnale che inducela cellula a interrompere sia il riarrangiamento del locus della catenapesante che la produzione del surrogato della catena leggera, e aduplicarsi diverse volte prima di dar luogo alla piccola cellula pre-B.In questa ha inizio il riarrangiamento del locus della catena leggera.

SVILUPPO DEI LINFOCITI B NEL MIDOLLO OSSEO

Page 243: Immuno Log i Ax Stud

Fino allo stadio di linfocita B immaturo, la maturazione è avvenuta nelmidollo osseo ed è stata indipendente dall’antigene. Ora i linfociti Baffrontano una selezione per la tolleranza del self ed in seguito per lacapacità di sopravvivenza nei tessuti linfoidi periferici.

Le cellule che sopravvivono subiscono un ulteriore differenziamentoe diventano linfociti B maturi, in grado di esprimere le IgD, oltre chele IgM.

Finché non incontrano l’antigene specifico, queste cellule sono dettelinfociti B naive o vergini, ed entrano in circolo passando attraverso itessuti linfoidi periferici dove possono venire a contatto con l’antigenee attivarsi.

SVILUPPO DEI LINFOCITI B NEL MIDOLLO OSSEO

Page 244: Immuno Log i Ax Stud

Quando i linfociti B si trasformano da cellule pro-B a cellule B mature,oltre che le Ig, esprimono altre proteine, caratteristiche di ogni stadio.

Tra le prime sono espressi due recettori per fattori di crescita: c-kit edil recettore per IL-7.IL-7 è un fattore di crescita essenziale per lo sviluppo sia dei linfocitiB che T. Se si blocca il segnale con un anticorpo anti-IL-7 lo sviluppodel linfocita B si arresta.

Poi vengono espresse proteine coinvolte nella trasduzione del segnale:CD45 e CD19.Poiché le segnalazioni attraverso recettori delle cellule B ne guidano losviluppo, l’assemblaggio dei componenti del complesso recettoriale inizia subito, a partire dallo stadio di cellula pro-B precoce.

SVILUPPO DEI LINFOCITI B NEL MIDOLLO OSSEO

Page 245: Immuno Log i Ax Stud

Il timo consiste in numerosi lobuli ciascuno dei quali suddiviso in unaregione corticale esterna e una midollare interna.

Negli individui giovani, il timo contiene un numero cospicuo diprecursori dei linfociti T che si stanno sviluppando inclusi in una rete fatta da cellule epiteliali, lo stroma timico.

La corticale contiene solo timociti immaturi e pochi macrofagi dispersi.

La midollare contiene timociti maturi, insieme alle cellule dendriticheed ai macrofagi.

SVILUPPO DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 246: Immuno Log i Ax Stud

I precursori che arrivano al timo dal midollo osseo vi trascorronoun periodo di circa una settimana in cui vanno incontro a maturazione prima di intraprendere una fase di intensa proliferazione.

Solo meno del 5% dei linfociti che maturano all’interno del timo lolasciano per la periferia. La restante parte muore per apoptosi ed icorpi apoptotici vengono fagocitati dai macrofagi della corticale.

Esiste un severo controllo a cui ogni linfocita è sottoposto per lacapacità di riconoscere le proprie molecole MHC e per la tolleranza alself.

SVILUPPO DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 247: Immuno Log i Ax Stud

I linfociti T immaturi passano una serie di fasi, contraddistinte dallaespressione del recettore per l’antigene e da cambiamenti nellaespressione di proteine di superficie, come il complesso CD3 ed ico-recettori CD4 E CD8.

Due linee distinte di linfociti T - e - si separano precocementedurante lo sviluppo.

In seguito, le cellule si sviluppano in due sottogruppi funzionalmentedistinti: le cellule CD4 e le CD8.

SVILUPPO DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 248: Immuno Log i Ax Stud

Quando le cellule progenitrici, provenienti dal midollo osseo, entrano nel timo per la prima volta non hanno ancora molecole di superficiecaratteristiche dei linfociti T e non hanno ancora riarrangiato i genidei loro recettori.

Le interazioni con lo stoma del timo danno avvio alla fase iniziale didifferenziamento, seguita da una fase di proliferazione, e dallaespressione di molecole di superficie specifiche per i linfociti T, comeCD2.

All fine di quest fase, che dura circa una settimana, i timociti presentanodei marcatori distintivi della linea T, ma non esprimono nessuna delletre molecole di superficie che definiscono i linfociti T maturi: ilcomplesso CD3:recettore, CD4 o CD8. A causa dell’assenza di CD4 eCD8 sono chiamati timociti doppi negativi.

SVILUPPO DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 249: Immuno Log i Ax Stud

Lo stadio di doppio negativo può essere ulteriormente suddiviso sullabase dell’espressione della molecola di adesione CD44, di CD25(la catena del recettore per IL-2) e c-kit.

Dapprima le cellule esprimono c-kit e CD44 ma non CD25, e i geni peril recettore sono nella configurazione germinale.Successivamente, cominciano ad esprimere CD25 e, ancora più tardi,si riduce la presenza di c-kit e CD44. In queste cellule, note come CD44low CD25, avviene il riarrangiamento per la catena del recettore.Le cellule capaci di esprimere la catena perdono nuovamente laespressione di CD25.

C-kit e il recettore per IL-7 sono fondamentali per lo sviluppo dei timociti doppi negativi.

SVILUPPO DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 250: Immuno Log i Ax Stud

La catena espressa dai timociti CD44low CD25 si appaia con unsurrogato della catena , detta pT che consente di assemblare un recettore delle cellule pre-T. Quest’ultimo è espresso sullasuperficie cellulare come complesso con le molecole CD3.L’assemblaggio del complesso CD3:recettore pre-T porta allatrasduzione del segnale che induce proliferazione, all’arresto delriarrangiamento del locus ed all’espressione di CD4 e CD8.Questi grandi timociti doppi positivi costituiscono la maggior parte deitimociti.

Quando essi cessano di proliferare e diventano piccoli timociti doppipositivi, allora il locus della catena inizia a riarrangiare. La strutturadel locus permette numerosi tentativi di riarrangiamento di modo chela maggior parte dei timociti riuscirà ad averne uno produttivo.

SVILUPPO DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 251: Immuno Log i Ax Stud

I piccoli timociti doppi positivi inizialmente esprimono bassi livellidi recettore.Poiché la maggior parte di essi hanno recettori che non sono in gradodi riconoscere le molecole MHC, non superano la selezione positivae quindi muoiono.Quelli che invece riconoscono le molecole MHC continuano a maturareed esprimono alti livelli di recettore. Contemporaneamente, essismettono di esprimere CD4 o CD8 e diventano timociti mono positivi.

I timociti subiscono anche una selezione negativa durante e dopo lo stadio di timociti doppi positivi.Circa il 2% dei doppi positivi supera questo controllo e viene esportatodal timo per formare il repertorio di linfociti T periferici.

SVILUPPO DEI LINFOCITI T NEL TIMO

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Verso il bordo esterno della corteccia timica, proliferano attivamentedei grandi timociti immaturi doppiamente negativi.

In una zona più interna della corteccia, la maggior parte dei timocitiè costituita da piccole cellule doppiamente positive.

Le cellule epiteliali dello stroma corticale sono dotate di prolungamentiramificati che esprimono molecole MHC di classe I e II.Il contatto tra le molecole MHC presenti sulle cellule epiteliali ed irecettori dei linfociti T in via di sviluppo ha un ruolo cruciale nellaselezione positiva.

SVILUPPO E LOCALIZZAZIONE DEI LINFOCITI T NEL TIMO

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La midollare contiene relativamente pochi timociti, singolarmente positivi, appena maturati che stanno lasciando il timo.

Prima della maturazione, i timociti subiscono una selezione negativa, perrimuovere le cellule reattive verso il self. Questo compito è svoltoprincipalmente dalle cellule dendritiche, particolarmente numerose allagiunzione tra corticale e midollare, e dai macrofagi che si trovanosparsi nella corticale, ma sono abbondanti anche nella midollare.

SVILUPPO E LOCALIZZAZIONE DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 254: Immuno Log i Ax Stud

Lo sviluppo di un linfocita è regolato in modo che ogni cellula maturaproduca un singolo tipo di ciascuna catena, così che il recettore che nederiva sia unico.

Nei linfociti B esiste una serie strettamente programmata di riarrangia-menti genici.Il processo di ricombinazione dei segmenti genici che codificano laregione V delle immunoglobuline non è preciso, ma si verifica unaaggiunta casuale di nucleotidi nei punti di unione tra i segmenti genici.Quando un segmento genico V si unisce per riarrangiamento ad unsegmento J o ad una seuqnza DJ, due volte su tre la sequenza a valledel punto di giunzione non è nella corretta cornice di lettura.

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

Page 255: Immuno Log i Ax Stud

In secondo luogo è da tenere presente che in un genoma diploide cisono due alleli di ciascun locus in grado di riarrangiare. La cellula deve impedire che siano entrambi produttivi, per evitaredi esprimere due o più recettori con differenti specificità antigeniche.Questo risultato si ottiene controllando la buona riuscita del riarrangia-mento non appena questo viene effettuato.

La formazione di un recettore completo richiede tre eventi di ricombina-zione: 1) congiunzione DH con JH; 2) congiunzione di VH con DJH perprodurre il gene per la catena pesante e 3) l’unione di VL a JL per quellodella catena leggera. Il locus per la catena in genere viene riarrangiatoprima di quello per , e quest’ultimo inizia solo se il tentativo del locus fallisce.

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

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Poiché solo un terzo di tali riarrangiamenti saranno produttivi e ne sononecessari tre di essi per ottenere una molecola immunoglobulinicacompleta, un gran numero di cellule B immature vengono perse adognuno dei passaggi di ricombinazione.

I riarrangiamenti non produttivi nel locus della catena leggera porterannoa un numero molto minore di morti cellulari, rispetto a quanto avviene per la catena pesante. Questo è dovuto al fatto che ci sono due loci - e - da riarrangiare.

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

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Allo stadio di cellula pre-B le cellule si dividono ripetutamente primache diventino piccole cellule pre-B quiescenti. Quindi una grande cellula pre.B, con un determinato riarrangiamento della catena pesante,dà luogo a una numerosa progenie.Ciascuna delle cellule figlie può compiere un riarrangiamento diversoper il gene della catena leggera. Quindi da una singola cellula pre-B sene possono generare molte, con diverse specificità antigeniche.

Un persorso simile avviene nel timo in modo che, durante lo sviluppodei linfociti T, molte e diverse catene siano espresse insieme ad unadeterminata catena .

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

Page 258: Immuno Log i Ax Stud

Come succede per la catena pesante, anche per il locus della catena leggera, il riarrangiamento avviene prima su uno dei due alleli e inseguito sull’altro. Contrariamente a quanto accade per la catenapesante, su ogni allele della catena leggera c’è l’opportunità diriarrangiamenti ripetuti dei segmenti genici V e J non utilizzati.

Quindi si possono realizzare diversi tentativi di riarrangiamento genicoprima su di un cromosoma e, se questi falliscono, sul secondocromosoma.

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

Page 259: Immuno Log i Ax Stud

Una volta riarrangiati con successo i geni per la catena leggera, questaviene sintetizzata e si combina con la catena pesante per formare unaIgM completa. Questa appare sulla superficie insieme ad Ig e Ig.

Se il nuovo recettore appena formato incontra un antigene che riconoscecon alta affinità -vale a dire, se il linfocita B è fortemente reattivo versoil self- lo sviluppo viene interrotto e la cellula non proseguirà nella suamaturazione. Questo è il primo processo di selezione negativa a cui sono sottoposti i linfociti B. Invece, se la IgM non è reattiva verso ilself, la cellula continua la sua maturazione.

Non è ancora chiaro come, in assenza del legame con un antigene specifico, la cellula possa percepire di avere espresso un recettore funzionale, e come faccia a progredire nella maturazione.

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

Page 260: Immuno Log i Ax Stud

La cessazione del riarrangiamento che avviene quando si arriva ad unaricombinazione produttiva è il meccanismo che sta alla base dellaesclusione allelica, l’espressione di uno solo dei due alleli in unacellula diploide.L’esclusione allelica avviene sia nel locus della catena pesante che inquello della catena leggera.

Un meccanismo simile presuppone la cosidetta esclusione isotipica, laproduzione di una catena leggera da uno solo dei loci - o -in unasingola cellula.

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

Page 261: Immuno Log i Ax Stud

I linfociti T nel timo subiscono una serie di riarrangiamenti dei segmentigenici simile a quelli che avvengono nei linfociti B.

Esistono però due imprtanti differenze rispetto alle cellule B:1) A partire da un precursore comune possono essere prodotti duediversi tipi di cellule -le e le . Quindi il programma di sviluppoutilizzerà diversi loci a seconda quale recettore dovrà essere prodotto edeve anche assicurare che un linfocita maturo esprima i componenti delrecettore caratteristici di una sola delle linee.

2) L’assemblaggio della Ig porta alla cessazione del riarrnagiamento edà inizio ad un ulteriore diffeernziamento del linfocita B mentre, nel casodelle cellule T, la ricombinazione dei segmenti V continua fino a quandonon c’è un segnale che seleziona positivamente il recettore.

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

Page 262: Immuno Log i Ax Stud

I geni per la catena dei linfociti T sono confrontabili con quelli perle catene leggere delle Ig e . Infatti, non hanno segmenti genici D,vengono riarrangiati solo dopo l’espressione dell’altra catena e sonopossibili ripetuti tentativi di riarrangiamento.In effetti, sulla base del gran numero di segmenti V e J, sono possibilimolti più recuperi rispetto ai linfociti B.

Molte cellule T presentano riarrangiamenti nella corretta cornice di letturasu entrambi i cromosomi e quindi possono produrre due tipi di catene .Questo è possibile perché, diversamente da quanto accade nei linfociti B,l’espressione del recettore T non è sufficiente a interrompere il riarrangia-mento genico nel locus .

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

Page 263: Immuno Log i Ax Stud

Quindi diverse catene possono essere assemblate ad una catena ed essere testate per il riconoscimento delle molecole MHC autologhe. Questa fase cessa solo con il verificarsi di una selezione positiva oppure della morte cellulare.

Solamente i recettori selezionati positivamente per il riconoscimentodelle proprie molecole MHC possono funzionare nelle risposte MHC-ristrette.

-> anche se vengono espresse due o più catene , la regolazione delriarrangiamento dei geni per la catena , che avviene per selezione positiva, assicura la specificità di ogni cellula T.

RIARRANGIAMENTO DEI SEGMENTI GENICI E SVILUPPO DEI LINFOCITI

Page 264: Immuno Log i Ax Stud

Lo sviluppo dei linfociti a partire da un precursore fino ad una cellulache esprime un recettore antigenico completo è incentrata sullaverifica dei riarrangiamenti genici e sulla proliferazione delle cellulecon riarrangiamenti produttivi. Allo stesso modo viene controllatol’avvicendarsi dei riarrangiamenti in modo che sia espresso ununico recettore.

A questo punto, il destino del linfocita immaturo verrà determinatodalla specificità del suo recettore.

SELEZIONE NEGATIVA E POSITIVA DEI LINFOCITI

Page 265: Immuno Log i Ax Stud

Quando un linfocita B immaturo arriva ad esprimere una IgM dimembrana, il suo destino viene determinato dalla natura dei segnaliche riceve attraverso il recettore antigenico.

Esistono quattro possibili destini per il linfocita B immaturo, a secondadella natura del ligando:

• morte cellulare per apoptosi• produzione di un nuovo recettore per modificazione del precedente• induzione di uno stato di non responsività (anergia) all’antigene• l’ignoranza antigenica: una cellula è definita ignorante quando ha affinitàper un antigene autologo ma non ne rileva la presenza, o perché sequestrato o perché in bassa concentrazione o perché non reagisce con il recettore del linfocita.

SELEZIONE NEGATIVA E POSITIVA DEI LINFOCITI B

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L’apoptosi e l’eliminazione dei linfociti immaturi reattivi verso il selfsembrano predominare quando l’antigene è multivalente, come nelcaso delle copie multiple di una molecola MHC sulla superficie dellecellule stromali.

La deprivazione di cellule dalla popolazione totale dei linfociti indottadall’antigene è nota come delezione clonale.

Prima della morte cellulare i linfociti B possono essere recuperati daulteriori riarrangiamenti genici che rimpiazzano il recettore con unonuovo, non più auto-reattivo -> revisione del recettore.

SELEZIONE NEGATIVA E POSITIVA DEI LINFOCITI B

Page 267: Immuno Log i Ax Stud

Il riarrangiamento continuato del gene della catena leggera avviene soloquando il recettore incontra un antigene fortemente reattivo.Al contrario, nei linfociti T, il riarrangiamento del gene continua comeparte del normale programma di sviluppo fino a quando la cellulaviene selezionata positivamente oppure muore.

La presenza di molteplici segmenti V e J nel locus della catena leggerapermette che quelli non utilizzati vengano selezionati per ulterioririarrangiamenti multipli. Inoltre, le cellule cha hanno terminato le regioniJk possono riarrangiare il locus . La revisione del locus della catena pesante è molto più difficile perché non ci sono segmenti D disponibili al locus riarrangiato per la catenapesante.

SELEZIONE NEGATIVA E POSITIVA DEI LINFOCITI B

Page 268: Immuno Log i Ax Stud

La revisione del recettore mette in questione il supposto meccanismo della esclusione allelica.

Indubbiamente la diminuzione dei livelli di RAG, che si verifica inseguito a un riarrangiamento produttivo non auto-reattivo, è cruciale nelmantenimento della esclusione allelica, poiché riduce la possibilitàdi un riarrangiamento successivo.

Comunque anche se avvenisse un altro riarrangiamento produttivo, sullostesso cromosoma eliminerebbe il riarrangiamento precedente, sulcromosoma opposto sarebbe non produttivo in due casi su tre.

La diminuzione dei livelli di RAG potrebbe essere sufficiente adassicurare che un secondo riarrangiamento produttivo sia un evento raroe potrebbe essere il principale meccanismo di esclusione allelica.

SELEZIONE NEGATIVA E POSITIVA DEI LINFOCITI B

Page 269: Immuno Log i Ax Stud

I linfociti immaturi che incorrono in una reazione più debole versoantigeni autologhi solubili che fanno da ponte tra due recettori, tendono a raggiungere uno stato di inattività permanente, o anergia.

Le cellule B anergiche trattengono le loro IgM all’interno dellacellula e ne trasportano sulla superficie solo una piccola quantità.

Alla base dell’anergia esiste un blocco parziale della trasduzione del segnale, prima della fosforilazione di Ig e Ig. Oppure vi è incapacità di trasporto dei recettori a raggiungere le regionidella cellula in cui segregano normalmente altre molecole importanti per la trasduzione del segnale. Infine, cellule anergiche potrebbero incrementare il livello di molecole che inibiscono la trasduzione delsegnale e la trascrizione.

ANERGIA DEI LINFOCITI B

Page 270: Immuno Log i Ax Stud

I linfociti B anergici mostrano alterazioni nelle migrazione verso gli organi linfoidi periferici e ne sono compromesse la durata di vita ela capacità di competere con i linfociti B immunocompetenti.

I linfociti B anergici sono trattenuti in aree dei tessuti linfoidi perifericiproprie dei linfociti T e sono escluse dai follicoli linfoidi. Essi non possono essere attivate dai linfociti T e comunque questi ultimi sono tolleranti verso antigeni autologhi.

Le cellule B anergiche in realtà muoiono presto, presumibilmente permancanza di segnali di sopravvivenza da parte dei linfociti T e ciòassicura che il pool di linfociti B periferici di lunga vita sia privato di potenziali cellule auto-reattive.

ANERGIA DEI LINFOCITI B

Page 271: Immuno Log i Ax Stud

La quarta possibilità di evolvere per un linfocita B immaturo all’incontrocon l’antigene è l’ignoranza del proprio antigene autologo.Questa avviene all’incontro con antigeni con bassa affinità per il recettore: il segnale di trasduzione è molto fievole o nullo.

In alternativa, l’antigene è sequestrato cioè non è accessibile ai linfocitiT in corso di maturazione nel midollo osseo o nella milza.E’ probabile che questi linfociti auto-reattivi con bassa affinità possanoessere attivati in determinate circostanze causando malattie autoimmuni.

Normalmente le cellule B auto-reattive vengono tenute sotto controllodalla mancanza di attivazione da parte delle cellule T, dalla inaccessi-bilità dell’antigene autologo o dalla tolleranza, che può essere indottanelle cellule B mature.

IGNORANZA DEI LINFOCITI B

Page 272: Immuno Log i Ax Stud

La maggior parte dei linfociti B auto-reattivi incontrano il loro antigenequando sono ancora immaturi, poiché molti antigeni autologhi circolano attraverso i tessuti in forma solubile o sono espressi da moltitipi cellulari, inclusi quelli presenti nel midollo osseo.

Esiste comunque la possibilità che linfociti B maturi auto-reattivi siformino comunque e che siano eliminati anche quando siano già attivati.

1) I linfociti B che incontrano antigeni autologhi altamente reattivi in periferia sono direttamente indotti all’apoptosi, diversamente dai linfocitipresenti nel midollo osseo, che invece tentano riarrangiamenti permodificare il loro recettore. E’ probabile che le cellule dello stroma (ad es. nella milza) impartiscanoalle cellule B mature istruzioni diverse su come rispondere ai segnalidel recettore, rispetto a quelle impartite dallo stroma del midollo osseo.

TOLLERANZA DEI LINFOCITI B VERSO IL SELF

Page 273: Immuno Log i Ax Stud

2) I linfociti B che incontrano e legano un abbondante antigene solubilediventano anergici.

3) Infine esiste un meccanismo per eliminare i linfociti B attivati, seessi mutano diventando auto-reattivi durante la fase di replicazione e ipermutazione somatica che avviene nei centri germinativi dei tessutilinfoidi periferici.

TOLLERANZA DEI LINFOCITI B VERSO IL SELF

Page 274: Immuno Log i Ax Stud

Solamente i timociti i cui recettori riescono ad interagire con icomplessi MHC autologo:peptide autologo sopravvivono e arrivano alla maturazione.

La componente timica responsabile della selezione positiva è lo stroma,in particolare le cellule epiteliali della corticale.

Le cellule che non riconoscono le MHC presenti sull’epitelio del timo,non vanno mai oltre lo stadio di doppi positivi e muoiono nel timo3-4 giorni dall’ultima divisione.

SELEZIONE POSITIVA DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 275: Immuno Log i Ax Stud

Nel timo, il destino di un timocita è dunque determinato dallaspecificità del recettore.La specificità può subire diversi cambiamenti dal momento che i geniper la catena a continuano a riarrangiare.La capacità di un singolo linfocita immaturo di esprimere diversi geniper la catena riarrangiati mentre è sottoposto alla selezione positiva,aumenta significativamente la resa finale dei linfociti T.Senza questo meccanismo un numero maggiore di timociti nonsupererebbe la selezione positiva e morirebbe.

I linfociti con doppia positività potrebbero dar luogo a risposteimmunitarie inadeguate. Comunque, quando una cellula vieneselezionata positivamente per un dato recettore, il riarrangiamento allocus della catena si interrompe, e quindi si avrà selezione clonale.

SELEZIONE POSITIVA DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 276: Immuno Log i Ax Stud

Al momento della selezione positiva, il timocita presenta entrambe lemolecole co-recettoriali CD4 e CD8. Al termine del processo di selezione, i timociti pronti per essere esportati in periferia, esprimonosolo uno dei due co-recettori.

Inoltre, quasi tutte le cellule mature che esprimono CD4 hanno un recettore che riconosce peptidi legati a molecole MHC di classe II e sonoprogrammate per diventare cellule secernenti citochine.Al contrario la maggior parte delle cellule che esprimono CD8 hanno recettori che riconoscono peptidi legati a molecole MHC di classe I esono programmati per divenire cellule citotossiche.

Quindi, la selezione positiva coordina l’espressione di CD4 o CD8 con laspecificità del recettore e le potenziali funzioni effettrici delle cellule.

SELEZIONE POSITIVA DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 277: Immuno Log i Ax Stud

Le molecole MHC sono importanti per le selezione positiva: la mancanzadi MHC di classe I portano ad un’assenza di linfociti CD8, al contrariol’assenza di MHC II portano alla deficienza di linfociti CD4.

Inoltre è stato anche visto che il legame del co-recettore alla molecola MHC è anche richiesto per la normale selezione positiva.

Quindi la selezione positiva dipende dal reclutamento del recettore e delco-recettore con una molecola MHC, e determina la sopravvivenza dicellule che esprimono il co-recettore appropriato.

Quale meccanismo coordini lo sviluppo della linea cellulare con laspecificità del recettore non è ancora noto: è probabile che vi debba essereun’integrazione a livello di segnali di trasduzione.

SELEZIONE POSITIVA DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 278: Immuno Log i Ax Stud

I linfociti T che reagiscono intensamente agli antigeni autologhiubiquitari vengono eliminati nel timo.L’eliminazione di queste cellule impedisce che si possano attivare infuturo, incontrando nuovamente lo stesso peptide come cellulemature.

Tuttavia non tutte le proteine di un organismo sono espresse nel timo e quelle espresse in altri tessuti o in altri stadi dello sviluppo, ad esempiodopo la pubertà, incontreranno cellule T mature potenzialmente ingrado di reagire ad esse. Esistono dei meccanismi che impedisconoquesto evento.

SELEZIONE NEGATIVA DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 279: Immuno Log i Ax Stud

La selezione negativa nel timo può essere mediata da diversi tipidi cellule, ma le più importanti sono i macrofagi e le celluledendritiche provenienti dal midollo osseo.

Sono cellule la cui funzione è di presentare l’antigene, attivando anche i linfociti T maturi nei tessuti linfoidi periferici. Gli antigeni autologhi presentati da queste cellule sono perciò la fontemaggiore di possibili risposte autoimmuni e i timociti che rispondonoa tali peptidi devono essere eliminati dal timo.

SELEZIONE NEGATIVA DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 280: Immuno Log i Ax Stud

Come fa l’interazione del recettore con i complessi peptidi:MHC aportare in un caso alla selezione positiva e nell’altro alla morte?

Inoltre bisogna capire come la specificità e/o l’affinità dell’interazione tra complesso peptide:MHC ed il recettore dei linfociti T nella selezionenegativa sia diversa da quella della selezione positiva. Altrimenti, tuttele cellule selezionate positivamente nella corteccia del timo verrebberoeliminate dalla selezione negativa.

SELEZIONE POSITIVA E NEGATIVA DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 281: Immuno Log i Ax Stud

Sono state proposte due ipotesi per spiegare questi eventi.

La prima è l’ipotesi dell’avidità. Essa afferma che il risultato del legame tra il complesso peptide:MHCe il recettore dei linfociti dipende dall’affinità del recettore per ilcomplesso e dalla densità di complessi presenti sulle cellule corticalidel timo.

I linfociti che ricevono una stimolazione debole non vanno in apoptosi, al contrario succede per i timociti stimolati più intensamente.

Dal momento che è più facile che un complesso leghi debolmente ilrecettore che in modo forte, ne deriverà una maggiore propensione perla selezione positiva, e quindi il repertorio di cellule selezionatepositivamente sarà più vasto di quelle che subiscono una selezionenegativa.

SELEZIONE POSITIVA E NEGATIVA DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 282: Immuno Log i Ax Stud

In alternativa, la selezione positiva potrebbe essere spiegata conl’invio di segnali di attivazione incompleti da parte di peptidi autologhi-> ipotesi del segnale differenziale.

E’ la matura del segnale inviato dal recettore e non il numero deirecettori che distingue la selezione positiva da quella negativa.

Utilizzando peptidi con uguale affinità ma con effetti diversi sullaattivazione dei linfociti, è stato scoperto come la dimerizzazione deirecettori e quindi la trasmissione del segnale siano importanti nellarisposta della cellula.Quindi l’ipotesi del segnale differenziale potrebbe essere corretta.

SELEZIONE POSITIVA E NEGATIVA DEI LINFOCITI T NEL TIMO

Page 283: Immuno Log i Ax Stud

SOPRAVVIVENZA E MATURAZIONE DEILINFOCITI NEGLI ORGANI LINFOIDI PERIFERICI

Page 284: Immuno Log i Ax Stud

ORGANI LINFOIDI SECONDARI

Una volta lasciati i tessuti linfoidi centrali, i linfociti si trasferisconoattraverso il sangue nei tessuti linfoidi periferici.

Se il linfocita non incontra il suo antigene specifico e quindi siattiva all’interno di un tessuto linfoide periferico, esso lascia iltessuto e ricircola tra il sangue ed i tessuti, finché non incontral’antigene o muore. Il suo posto viene preso da un linfocita di nuova formazione, permettendo un ricambio del repertorio direcettori e assicurando che il numero dei linfociti riimanga costante.

Negli organi linfoidi secondari i linfociti T e B sono organizzati inaree distinte. Oltre che linfociti, sono presenti altri tipi di leucociti,principalmente macrofagi e cellule dendritiche, e cellule stromali nonleucocitarie.

Page 285: Immuno Log i Ax Stud

MILZAI linfociti di nuova formazione entrano nella milza attraverso il sanguee migrano fino alle aree di polpa bianca a loro riservate. I linfociti chesopravvivono al passaggio attraverso la milza, la lasciano passandonel seno laterale.

I follicoli possono contenere i centri germinativi, aree in cuisi trovano i linfociti B coinvolti attivamente nella risposta immunitaria,in proliferazione e sottoposti a ipermutazione somatica. I linfociti a riposo vengono sospinti più esternamente a costituire la zona delmantello o corona.

Page 286: Immuno Log i Ax Stud

MILZALa zona dei linfociti B contiene una rete di cellule dendritichefollicolari o FDC, che presentano dei lunghi processi in contatto con lecellule B.

Non sono però leucociti e non derivano dal midollo osseo; inoltre non fagocitano e non esprimono MHC di classe II. Sembrano essere specializzate nel catturare antigeni sotto forma di complessi immuni ( formati da antigene, anticorpi e complemento).Le FDC non internalizzano i complessi immuni i quali rimangono sullasuperficie cellulare, dove l’antigene può essere riconsociuto dailinfociti B.

Page 287: Immuno Log i Ax Stud

MILZALe aree destinate ai linfociti T contengono una rete di celluledendritiche derivate dal midollo osseo, le cellule dendritiche inter-digitate.

Ne esistono due sottootipi, distinti da peculiari proteine di superficie:• cellule dendritiche linfoidi: esprimono la catena di CD8• cellule denditiche mieloidi non esprimono CD8 ma CD11b, unaintegrina espressa anche dai macrofagi

Page 288: Immuno Log i Ax Stud

LINFONODII linfociti di nuova formazione giungono al linfonodo dal sangue,attraverso le pareti di vasi specializzati, le venule con endoteli alti(HEV), collocate all’interno delle zone dei linfociti T.

I linfociti B vergini migrano, attraverso l’area dei linfociti T, versoil follicolo dove, a meno che non incontrino il loro antigenespecifico e vengano attivate, restano per circa un giorno.

I linfociti T e B lasciano il linfonodo con la linfa del vaso linfaticoefferente, che li riporta nel sangue.

Page 289: Immuno Log i Ax Stud

TESSUTI LINFOIDI ASSOCIATI ALLE MUCOSE (MALT)Le cllule epiteliali che sono immediatamente al di sopra di questitessuti linfoidi sono disperse all’interno di una densa rete di celluledendritiche, che nella cute sono dette cellule di Langherans.Le cellule stromali dei MALT, in particolare a livello del GALT,secernono la citochina TGF-, che induce la secrezione di IgA.

Durante lo sviluppo fetale, ondate di cellule T dotate di specificiriarrangiamenti genici lasciano il timo e migrano verso questebarriere epiteliali.

Page 290: Immuno Log i Ax Stud

La precisa localizzazione di linfociti B, T e cellule dendritiche neitessuti linfoidi periferici è controllata da chemochine, prodotte siada cellule stromali che da quelle derivate dal midollo osseo.

I linfociti B sono attratti verso i follicoli dalle chemochine deilinfociti B o LBC, per le quali essi esprimono il recettore CXCR5.La fonte più probabile di BLC sono le cellule dendritiche follicolari(FDC). Inoltre, i linfociti B, a loro volta, sono la fonte di linfo-tossina (LT), necessaria allo sviluppo delle FDC.

Anche i linfociti T possono esprimere CXCR5, anche se a livelliinferiori: questo può spiegare come mai essi siano in grado dientrare nei follicoli dei linfociti B, cosa che fanno quando sonoattivati, e partecipare alla formazione dei centri germinali.

RUOLO DELLE CHEMOCHINE NELLO SVILUPPO EORGANIZZAZIONE DEI TESSUTI LINFOIDI PERIFERICI

Page 291: Immuno Log i Ax Stud

Responsabili della localizzazione dei linfociti T nelle loro aree sonodue chemochine, MIP-3 e la chemochina linfoide secondaria (SLC).Entrambe legano il recettore CCR7, presente sui linfociti T.SLC è prodotta dalle cellule stromali della zona T nella milza e dallecellule endoteliali delle HEV nei linfonodi e nelle placche di Peyer.SLC e MIP-3 sono anche prodotti dalle cellule dendritiche interdigitate, anch’esse presenti in quantità nelle zone T.

Anche i linfociti B - in particolare quelli attivati - esprimono CCR7,ma a livelli inferiori dei T. Questo potrebbe spiegare come fanno a migrare attraverso la zona T per gungere ai follicoli.

RUOLO DELLE CHEMOCHINE NELLO SVILUPPO EORGANIZZAZIONE DEI TESSUTI LINFOIDI PERIFERICI

Page 292: Immuno Log i Ax Stud

Almeno la metà delle cellule pre-B viene perduta durante la maturazioneche avviene nel midollo osseo, per mancata produzione di riarrangia-mento produttivo e per la delezione clonale delle cellule immatureauto-reattive.

La maggior parte delle cellule immature, che esprimono alti livelli disIgM, non sopravvivono fino a diventare cellule che esprimono bassilivelli di sIgM e alti di IgD.

RUOLO DELLA SELEZIONE POSITIVA NELLAMATURAZIONE E SOPRAVVIVENZA DEI LINFOCITI B

Page 293: Immuno Log i Ax Stud

Esistono due classi di linfociti B periferici.

Quelli a vita breve sono rappresentati da quei linfociti che, formatisidi recente, non riescono ad entrare nei follicoli linfoidi o perchéanergici o perché non superano una sorta di selezione positiva.

Circa il 90% di tutti i linfociti periferici sono cellule B mature a vitarelativamente lunga che sembrano aver superato la selezione positiva inperiferia.

Solo un piccolo gruppo di linfociti B riesce a sopravvivere per diventarepool di cellule periferiche a vita lunga.

RUOLO DELLA SELEZIONE POSITIVA NELLAMATURAZIONE E SOPRAVVIVENZA DEI LINFOCITI B

Page 294: Immuno Log i Ax Stud

L’impossibilità di sopravvivere per più di pochi giorni che incontra lamaggior parte dei linfociti B in periferia sembra dovuta principalmentealla competizione per l’accesso ai follicoli nei tessuti linfoidi periferici.

Sembra che i follicoli forniscano ai linfociti B vergini dei segnaliessenziali per la sopravvivenza e forse per la maturazione. Perciò se ilinfociti non riescono a penetrare nei follicoli, il loro passaggioattraverso la periferia è terminato e finiscono per morire.

Le dinamiche di popolazione indicano che la competizione favorisce lecellule B mature che fanno parte del pool di cellule periferiche a lungavita. Queste cellule potrebbero aver subito dei cambiamenti fenotipiciche le avvantaggiano, es. CXCR5, o espressione elevata di CD21.

RUOLO DELLA SELEZIONE POSITIVA NELLAMATURAZIONE E SOPRAVVIVENZA DEI LINFOCITI B

Page 295: Immuno Log i Ax Stud

Comunque, cosa determina il destino di un linfocita B immaturo?

La sua permanenza in vita è solo un fatto casuale oppure esso èdeterminato da un processo di selezione positiva che coinvolge laspecificità del recettore (come accade ai linfociti T nel timo)?

Sembra che la espressione continua del recettore e la relativatrasduzione del segnale attraverso di esso sia necessaria alla sopravvi-venza del linfocita B.

Il recettore potrebbe dare un messaggio di “tonicità”. L’assemblaggio del complesso recettoriale potrebbe generare un segnaledebole che di tanto in tanto scatena alcuni, oppure tutti i segnali a valle.

RUOLO DELLA SELEZIONE POSITIVA NELLAMATURAZIONE E SOPRAVVIVENZA DEI LINFOCITI B

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In alternativa, potrebbe essere la specificità del recettore ad avere unruolo nella selezione dei linfociti B immaturi.

Alcuni studi dimostrano che il repertorio di recettori dei linfocitimaturi sopravvissuti è arricchito di determinate specificità antigeniche,se confrontato con la popolazione immatura.

Comunque, i linfociti del pool a vita lunga potrebbero avere bisognodi altri segnali, che ora non sono stati ancora identificatI: per esempio,dalle cellule del loro ambiente naturale, il follicolo, attraverso il qualeripassano ad intervalli di pochi giorni.

La continua perdita e produzione di linfociti B assicura che il repertoriodi reecettori sia continuamente modificato in modo da raccogliere lenuove sollecitazioni antigeniche.

RUOLO DELLA SELEZIONE POSITIVA NELLAMATURAZIONE E SOPRAVVIVENZA DEI LINFOCITI B

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Al contrario dei linfociti B che vengono esportati in grande numerodal midollo osseo, solo un piccolo numero di linfociti T vengonoesportati dal timo.

I linfociti maturi vergini CD4 e CD8 sono sostenuti, al di fuori deltimo, da ripetuti contatti con i complessi MHC:peptidi autologhisimili o identici a quelli che originariamente ne hanno determinatola selezione positiva.

L’incontro tra i linfociti T e i loro ligandi sembra che avvenga sullecellule dendritiche linfoidi delle zone T. Queste cellule sono similia quelle che migrano verso i linfonodi dai siti periferici, ma mancanodel potenziale co-stimolatorio sufficiente per attivare i linfociti T

SOPRAVVIVENZA IN PERIFERIA DEI LINFOCITI T

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I linfociti B immaturi vanno incontro, nel midollo osseo, principalmentead un processo di selezione negativa.La selezione positiva avviene in periferia, con un meccanismo ancorain parte sconosciuto.

I linfociti T sono rigidamente controllati nel timo prima dalla selezionepositiva. Le cellule che hanno superato questo passaggio potrebberoancora essere auto-reattivi, pertanto vanno incontro alla selezionenegativa, che induce tolleranza verso il self.

RIASSUNTO DELLA MATURAZIONE E SOPRAVVIVENZADEI LINFOCITI

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IMMUNITA’ MEDIATA DALLE CELLULE T

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Cellule T mature circolanti che non hanno ancora incontrato il loroantigene sono chiamate cellule T naive. Le cellule che hanno invece incontrato l’antigene e vanno incontro aproliferazione e differenziazione in modo da contribuire alla rimozionedei patogeni sono chiamate cellule T effettrici armate. Le cellule sucui agiscono sono definite cellule bersaglio.

Esistono tre classi funzionali di cellule T effettici armate:1) le cellule T citotossiche (virus)2) le cellule TH1 (stimolano i macrofagi e inducono le cellule B aprodurre IgG estremamente efficaci nell’opsonizzazione dei patogeniextracellulari)3) le cellule TH2 (stimolano cellule B naive a produrre IgM, e di altriisotipi compresi IgA e IgE, neutralizzanti e/o deboli opsonizzanti).

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L’attivazione di cellule T naive e la loro successiva proliferazione edifferenziazione costituisce la risposta immunitaria primaria.Tale risposta produce contemporaneamente cellule T effettrici armatee cellule della memoria.

Le cellule T armate agiscono sia mediante meccanismi di citotossicitàdiretta che attivando i macrofagi -> immunità cellulo-mediata

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Per essere attivate, le cellule T naive devono riconoscere un frammentopeptidico estraneo legato alle molecole MHC autologhe.La completa attivazione delle cellule T richiede la presenza di segnalico-stimolatori.

Solo le cellule dendritiche, i macrofagi e le cellule B sono capaci diesprimere sia entrambe le molecole MHC che le molecoleco-stimolatorie.

Gli attivatori più potenti delle cellule T naive sono le cellule dendritichemature e si pensa che queste inneschino la maggior parte, se non tutte, lerisposte delle cellule T in vivo.

DIFFERENZIAZIONE DELLE CELLULE T EFFETTRICI ARMATE

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Le cellule dendritiche immature dei tessuti:1) catturano l’antigene nei siti di infezione2) vengono attivate3) si spostano nel tessuto linfatico locale4) maturano in cellule che esprimono alti livelli di molecole stimolatorie e di adesione5) interagiscono con le cellule T naive

L’attivazione e l’espansione delle cellule T naive, al loro primo incontrocon l’antigene, sulla superficie delle cellule presentanti l’antigene (APC),è chiamato fenomeno di priming, per distinguerlo dalle rispostesuccessive delle cellule T effettrici armate all’antigene esposto sullecellule bersaglio e dalle risposte delle cellule T memoria.

DIFFERENZIAZIONE DELLE CELLULE T EFFETTRICI ARMATE

Page 304: Immuno Log i Ax Stud

In un linfonodo, le cellule dendritiche sono presenti principalmente nelle aree delle cellule T. Quando arrivano nel linfonodo le celluledendritiche hanno perso la capacità di catturare nuovi antigeni.

I macrofagi si trovano in molte aree dei linfonodi, specialmente nelseno marginale, dove la linfa afferente entra nel tessuto linfatico,e nel cordone midollare, dove si raccoglie la linfa efferente. Quipossono fagocitare microrganismi e antigeni particellari, impedendoche entrino nel sangue.

Le cellule B si concentrano nei follicoli e sono particolarmente efficienti nel fagocitare antigeni solubili, come tossine batteriche. Dopola internalizzazione recettore-mediata, i peptidi possono esserecomplessati a MHC di classe II -> stimolazione dei T CD4.Le cellule B non sono molto efficienti nell’iniziare una risposta immuni-taria acquisita.

CELLULE PRESENTANTI L’ANTIGENE

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Le cellule T naive circolano continuamente tra il sangue ed il tessutolinfatico, dove prendono contatti con migliaia di APC.

Questi contatti permettono di vagliare i complessi peptidi:MHC esono importanti per due motivi:1) rinforzano la selezione positiva per l’incontro con complessiMHC autologhe:peptidi autologhi -> sopravvivenza

2) incontro con antigeni derivati dai patogeni.Ciò è fondamentale per l’inizio di una risposta immunitaria acquisita,dato che solo una cellula T su 104-106 è specifica per un particolareantigene e che l’immunità acquisita dipende dall’attivazione e dallaespansione di poche cellule antigene-specifiche.

DIFFERENZIAZIONE DELLE CELLULE T EFFETTRICI ARMATE

Page 306: Immuno Log i Ax Stud

La migrazione delle cellule T naive attraverso i linfonodi e la lorointerazione con le APC e successivamente con le cellule bersaglio dipende dalla presenza di molecole di adesione.

Le classi principali di molecole di adesione che controllano le interazioni dei linfociti sono:• selettine• integrine• membri della superfamiglia delle immunoglobuline• addressine vascolari simil-mucina

MOLECOLE DI ADESIONE COINVOLTE NELLAATTIVAZIONE LINFOCITARIA

Page 307: Immuno Log i Ax Stud

Le selettine possono essere espresse sia sulla superficie dei linfociti(L-selettine) o su quella delle cellule endoteliali (P-selettine ed E-selettine).

Le L-selettine sono espresse sulla superficie delle cellule T naive e guidano il passaggio dal sangue ai tessuti linfatici periferici.

Le selettine presentano un dominio lectinico nella porzione extra-cellulare della molecola.I domini lectinici legano particolari gruppi oligosaccaridici, comei domini di solfato sialyil-Lewis presenti sulle addressine vascolariCD34 e GlyCAM-1, espresse sulle venule con cellule endoteliali altedei linfonodi.Una terza addressina, MadCAM-1, è espressa sulle cellule endotelialidelle mucose e aiuta i linfociti ad entrare nel MALT.

MOLECOLE DI ADESIONE COINVOLTE NELLAATTIVAZIONE LINFOCITARIA

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L’interazione tra le L-selettine e le addressine vascolari è responsabileper lo stazionamento delle cellule T naive negli organi linfatici, manon è sufficiente per permettere l’attraversamento della barrieraenodteliale e giungere nel tessuto linfatico.

Sono necessarie altre due famiglie di molecole di adesione, leintegrine e la superfamiglia delle immunoglobuline.Queste due categorie di molecole sono importanti anche per le intera-zioni tra i linfociti e le APC e, inseguito, con le cellule bersaglio.

MOLECOLE DI ADESIONE COINVOLTE NELLAATTIVAZIONE LINFOCITARIA

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Le integrine legano strettamente i loro ligandi dopo aver ricevutosegnali che inducono cambiamenti conformazionali.Le chemochine attivano le integrine delle cellule T durante lamigrazione di queste cellule negli organi linfatici.

La migrazione delle cellule T naive nei tessuti linfatici è mediata dallachemochina SLC (chemochina linfoide secondaria). Questa èespressa dall’endotelio a cellule alte, dalle celluls tromali e dendritichedei tessuti linfatici e lega il recettore CCR7 sulle cellule T naive.

Questa interazione è in grado di aumentare il legame delle integrine,di arrestare i linfociti T sulle venule, permettendo ad essi di entrarenel tessuto linfatico.

MOLECOLE DI ADESIONE COINVOLTE NELLAATTIVAZIONE LINFOCITARIA

Page 310: Immuno Log i Ax Stud

Le integrine dei leucociti hanno una comune catena 2 e diversecatene .Tutte le cellule T esprimono LFA-1 (lymphocyte function-associatedantigen-1). Svolge un ruolo nella migrazione sia di cellule T naiveche effettrici. Inoltre sembra essere la molecola di adesione piùimportante per l’attivazione dei linfociti T.

Le cellule T esprimono anche le integrine con la catena 1.L’espressione dell integrine 1 aumenta molto in uno stadio tardivodell’attivazione delle cellule T, e pertanto sono chiamate VLA (verylate antigen) e sono importanti nel dirigere le cellule T effettriciverso i tessuti bersaglio infiammati.

MOLECOLE DI ADESIONE COINVOLTE NELLAATTIVAZIONE LINFOCITARIA

Page 311: Immuno Log i Ax Stud

Molte molecole di adesione sulla superficie cellulare appartengonoalla superfamiglia delle immunoglobuline (recettori degli antigenidelle cellule B e T, co-recettori CD4, CD8e CD19, domini costantidelle molecole MHC).

ICAM-1, ICAM-2 e ICAM-3 legano l’integrina LFA-1 delle cellule T.

ICAM-1 e ICAM-2 sono espresse a livello endoteliale e sulle APC,permettendo ai linfociti di migrare attraverso la parete vascolare.

ICAM-3 è espressa solo sui leucociti e sembra essere importante nellaadesione alle APC: lega, oltre LFA-1, una lectina che si trova solo sullecellule dendritiche, DC-SIGN.

Un altro membro di questa famiglia, CD2 (LFA-2) delle cellule T, legaLFA-3, espressa dalle APC.

MOLECOLE DI ADESIONE COINVOLTE NELLAATTIVAZIONE LINFOCITARIA

Page 312: Immuno Log i Ax Stud

Una volta extravasati nella parte corticale del linfonodo, le cellule Tlegano temporaneamente qualsiasi APC che incontrano.

Le interazioni tra molecole di adesione mediano questo legame, e la loro interazione è mutuamente sinergica.

E’ questo un sistema altamente rindondante, che permette di funzionareanche in assenza di una specifica molecola di adesione.

MOLECOLE DI ADESIONE COINVOLTE NELLAATTIVAZIONE LINFOCITARIA

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Il legame transitorio delle cellule T naive alle APC è fondamentaleper dare tempo alle cellule T di scrutinare un sufficiente numero dimolecole MHC e di peptidi antigenici.

Nella gran parte dei casi, non si ha nessun riconoscimento antigenicospecifico. In questo caso avviene una dissociazione rapida, e la cellulaT è in grado di migrare attraverso il linfonodo.

Nei rari casi in cui la cellula T riconosca il suo ligando specifico, unsegnale mediato dal recettore dell’antigene induce un cambio conforma-zionale in LFA-1 aumentandone l’affinità per ICAM-1 e ICAM-2.Questo stabilizza l’associazione tra cellula T antigene specifica e

l’APC.Tale legame può durare molti giorni, durante i quali il linfocita T proli-fera e la sua progenie, che lega l’APC, matura in cellule effettrici.

MOLECOLE DI ADESIONE COINVOLTE NELLAATTIVAZIONE LINFOCITARIA

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SEGNALE CO-STIMOLATORIO NELL’ATTIVAZIONEDEI LINFOCITI T

Per l’espansione clonale e la differenziazione delle cellule T ènecessario, oltre il segnale derivato dal legame del recettore e del co-recettore, un secondo segnale, o co-stimolatorio.

Il segnale co-stimolatorio deve essere rilasciato dalla stessa cellula chepresenta l’antigene.

Le molecole cos-stimolatorie meglio caratterizzate sono le glicoproteineB7.1 e B7.2. Sono omodimeri e membri della superfamiglia delle immunoglobuline. Ciascuna catena è formata da un dominio simile alla regione V e da uno simile alla regione C.Il recettore per le molecole B7 è il CD28, anch’esso membro dellasuperfamiglia delle Ig, omodimero con un solo dominio per catenasimile alla regione V.

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SEGNALE CO-STIMOLATORIO NELL’ATTIVAZIONEDEI LINFOCITI T

Una volta attivata, la cellula T naive esprime numerose molecole checontribuiscono a conservare o modificare il segnale co-stimolatorioe che guidano l’espansione clonale e il differenziamento.

Una di queste è il ligando CD40, così chiamato perché lega CD40 sulla superficie delle APC. Il legame di CD40L a CD40 induce unaulteriore attivazione delle cellule T e le APC a esprimere molecole B7.CD40L e CD40 appartengono alla famiglia del TNF.

Un’altra coppia di molecole della famiglia TNF, che interviene nellastimolazione delle cellule T, sono le molecole 4-IBB e il suo ligando4-IBBL, espresso da tutte e APC.

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SEGNALE CO-STIMOLATORIO NELL’ATTIVAZIONEDEI LINFOCITI T

Sulle cellule T attivate vengono anche indotte proteine associate alCD28 e servono a modificare il segnale co-stimolatorio.

Una è CTLA-4, recettore aggiuntivo per le molecole B7. Il CTLA-4lega le molecole B7 con un’affinità circa 20 volte più elevata di CD28e invia segnali inibitori alle cellule T attivate.

CTLA-4 fa sì che la progenie di una cellula T attivata sia meno sensibile alla stimolazione da parte di APC e rilasci meno IL-2, un fattore di crescita autocrino delle cellule T.

Page 317: Immuno Log i Ax Stud

SEGNALE CO-STIMOLATORIO NELL’ATTIVAZIONEDEI LINFOCITI T

Le cellule T sono quindi impegnate in un dialogo co-stimolatorio con le APC, il quale sembra essere iniziato principalmente dal legame tra molecole B7 e CD28.

La necessità di inviare simultaneamente segnali antigene-specifici eco-stimolatori, nell’attivazione di cellule T naive, implica che soltantole APC, e in particolare le cellule dendritiche, possono iniziare la risposta delle cellule T.

Poiché la selezione negativa intratimica non elimina completamente icloni potenzialmente self-reattivi, la self-tolleranza potrebbe esserespezzata se cellule T naive autoreattive riconoscessero antigeni selfsulle cellule dei tessuti e quindi fossero co-stimolate da una APC,localmente o in sito distante.

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SEGNALE CO-STIMOLATORIO NELL’ATTIVAZIONEDEI LINFOCITI T

In effetti, antigeni che legano il recettore T in assenza dico-stimolazione, non soltanto non attivano le cellule, ma inducono uno stato di anergia, nel quale la cellule T diventa refrattaria allaattivazione di antigeni specifici, anche quando questi sono presentatitramite una cellula specializzata nel presentare l’antigene.

Page 319: Immuno Log i Ax Stud

CELLULE DENDRITICHE

L’unica funzione conosciuta delle cellule dendritiche è quella dipresentare l’antigene alle cellule T, e questa proprietà è soprattuttodelle cellule dendritiche mature, che si trovano nei tessuti linfatici.

Al contrario, le cellule dendritiche immature, che si trovano nellacute o in organi solidi come il cuore e i reni, non presentano questacapacità.

In questi tessuti hanno bassi livelli di molecole MHC e non presentanole molecole B7 sulla loro superficie. Possono riconoscere patogeni attraverso recettori del sistema innato e fagocitare antigeni medianterecettori come DEC205, oppure in maniera non specifica mediantemacropinocitosi.

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CELLULE DENDRITICHE

Le cellule dendritiche mature dei tessuti linfatici non sono più capacidi captare antigeni, tuttavia esprimono livelli molto alti di molecoleMHC di classe I e II ed esprimono alti livelli di molecole B7, cosìcome di molecole di adesione come DC-SIGN.Secernono una chemochina che attrae cellule T naive ed è espressa soloda cellule dendritiche mature, chiamata DC-CK.

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CELLULE DENDRITICHE

Sebbene le cellule dendritiche mature possano presentare alcunipeptidi autologhi, non potranno essere possibili risposte da partedelle cellule T a causa della selezione negativa intratimica.

Le cellule dendritiche, inoltre, che giungono alla fine della lorovita senza essere state attivate migrano verso i tessuti linfatici locali.Poiché non esprimono le molecole co-stimolatorie, inducono tolleranzaverso ogni antigene da loro esposto e derivante dai tessuti periferici.

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CELLULE DENDRITICHE

Le cellule dendritiche stimolano risposte delle cellule T contro batteri,virus e funghi.

La risposta ai batteri Gram-negativi è mediata da recettori per gli LPS.

LPS/TLR-4 NF-kB

Espressione di B7 e di TNF

TNF stimola la migrazione di cellule dendritiche tessutali.

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CELLULE DENDRITICHE

Altri membri della famiglia dei TRL riconoscono e segnalano lapresenza di batteri Gram-positivi, mentre altri recettori possono legare ipatogeni, quali i recettore per il complemento o i recettori dei fagociti,quali quello per il mannosio.

I patogeni che eludono il riconoscimento da parte dei recettori sonocatturati mediante macropinocitosi -> degradazione intracellulare delpatogeno -> legame dei motivi CpG non metilati del DNA batterico daparte di TLR-9 -> attivazione della via delle MAP chinasi -> attivazione di NF-kB -> produzione di citochine (IL-6, IL-2, IL-18) e degli IFN e -> induzione delle molecole co-stimolatorie.

Page 324: Immuno Log i Ax Stud

CELLULE DENDRITICHE

Le cellule dendritiche sembrano essere molto importanti nellostimolare risposte delle cellule T contro i virus.

I virus, entrati nelle cellule dendritiche mediante endocitosi, usano il sistema di sintesi proteica delle cellule e ciò porta all’espressione di peptidi virali associati a molecole MHC di classe I.

In seguito alla captazione di virus da parte dei recettori fagocitici, come il recettore del mannosio, o attraverso macropinocitosi, peptidi viralipossono essere presentati sia su molecole MHC di classe I che classe II.

Si ritiene che le cellule dendritiche possano presentare antigeniderivati da funghi.

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MACROFAGI

Quando i macrofagi non riescono a distruggere i patogeni che hannoingerito, stimolano la risposta immunitaria acquisita che, a sua volta,stimolerà l’attività fagocitaria e microbicida di tali cellule.

I macrofagi a riposo esprimono bassi livelli di molecole MHC di classeII e non esprimono molecole B7. Una volta fagocitati e degradati negli endo-lisosomi, si originano peptidiche vengono presentati da molecole MHC di classe II.I recettori che riconoscono questi patogeni trasmettono un segnale cheporta all’espressione di molecole MHC di classe II e molecole B7.

Page 326: Immuno Log i Ax Stud

MACROFAGI

I macrofagi continuamente sono impicate nella rimozione di cellulemorte, le quali sono ricche sorgenti di antigeni propri.Ad es. le cellule del Kupffer dei sinuosidi epatici ed i macrofagi dellapolpa rossa della milza.

E’ importante quindi che i macrofagi non attivino le cellule T.

In effetti gli antigeni self non inducono attività co-stimolatoria.

Quando invece questi antigeni sono mescolate con batteri diventanoimmunogeniche. I batteri che sono responsabili di questo meccanismosono detti adiuvanti.

Page 327: Immuno Log i Ax Stud

CELLULE B

I macrofagi non possono catturare antigeni solubili efficientemente,mentre le cellule dendritiche immature possono fagocitare grandiquantità di antigeni dai fluidi extracellulari.

Le cellule B, al contrario, sono particolarmente adatte a legare specifichemolecole solubili.

Le cellule B internalizzano gli antigeni mediante le loro Ig di superficie,ed espongono i peptidi sulla superficie legati alle molecole MHC di classe II, le quali sono espresse ad alti livelli -> attivazione di celluleT CD4.

Page 328: Immuno Log i Ax Stud

CELLULE B

Le cellule B non esprimono costitutivamente attività co-stimolatoriama possono essere indotte da componenti microbiche.

Per questo motivo, le cellule B non sono capaci di di dare il via ad unarisposta immunitaria contro proteine solubili self, in assenza diinfezione.

L’importanza dell’attivazione da parte delle cellule B delle cellule T naive durante la risposta immunitaria naturale non è chiaro.Antigeni solubili proteici (tossine) non sono abbondanti durante le infezioni.

Le cellule dendritiche hanno più possibilità di incontrare l’antigene edi presentarlo alle cellule T di quanto possono fare le poche cellule Bcapaci di legare un determinato antigene. La possibilità che questoavvenga aumenta nel tessuto linfatico dopo che una cellula T è statatrattenuta.

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APC: RIASSUNTO

Le risposte mediate da cellule T possono essere stimolate da tretipi distinti di APC.

Le cellule dendritiche sono ben equipaggiate per presentare unagran varietà di antigeni alle cellule T.I macrofagi stimolano la risposta delle cellule T verso i patogeni checatturano, ma che non sono capaci di eliminare.Le cellule B sono specializzate nel presentare frammenti degli antigeniche legano le loro Ig di superficie.

In ciascuno di questi tipi cellulari, l’espressione di attività co-stimolatoria è controllata in modo da produrre risposte contro ipatogeni e non contro gli antigeni autologhi.

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INTERLEUCHINA-2

La proliferazione e differenziazione delle cellule T sono guidate dauna citochina, l’interleuchina-2 (IL-2), prodotta dalle stesse celluleT attivate.

L’incontro iniziale con lo specifico antigene in presenza delloappropriato segnale co-stimolatorio induce l’entrata della cellula Tin G1 e induce la sintesi di IL-2 e della catena del recettore dellaIL-2.

Le cellule T esprimono in fase di riposo solo le catene e delrecettore (lega l’IL-2 con affinità ridotta). Il recettore completolega l’IL-2 con alta affinità.

Il legame di IL-2 al suo recettore induce la cellula a progredire attraverso il ciclo cellulare.

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INTERLEUCHINA-2

Il legame di IL-2 al suo recettore induce la cellula a progredire attraverso il ciclo cellulare.

Le cellule T attivate in tal modo possono dividersi due-tre volte algiorno generando un clone costituito da migliaia di cellule che portano tutte un identico recettore per l’antigene.

IL-2 induce anche la differenziazione di queste cellule in linfociti Teffettori armati.

Page 332: Immuno Log i Ax Stud

INTERLEUCHINA-2

La funzione più importante del segnale co-stimolatorio è di indurrela sintesi di IL-2.Il fattore di trascrizione coinvolto nella sintesi di IL-2 è NFAT.

La trascrizione del gene di IL-2 non porta di per sé alla produzionedi IL-2, che richiede il legame di CD28 a B7. Tale legame determinala stabilizzazione del mRNA per IL-2.

Un secondo effetto del legame di CD28 è l’attivazione di fattori dicrescita (AP-1 e NFkB) che aumentano di 3 volte la trascrizione delmRNA di IL-2.

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PROPRIETA’ DELLE CELLULE T EFFETTRICI ARMATE

Dopo che una cellula T si è differenziata in una cellula effettricearmata, l’incontro con il suo antigene specifico determina unarisposta immunitaria senza la necessità di co-stimolazione.

Questa proprietà è importante:Nel caso di linfociti T citotossici CD8 questo si risolve nella morte dellacellula infettata target,sia che essa esprima molecole co-stimolatorieche non le esprima.

Nel caso di linfociti CD4, per attivare macrofagi e cellule B, anchequando queste cellule abbiano un’attività co-stimolatoria troppobassa per attivare le cellule T CD4 naive.

Page 334: Immuno Log i Ax Stud

PROPRIETA’ DELLE CELLULE T EFFETTRICI ARMATE

Le cellule T effettrici armate presentano dei cambiamenti anche nellemolecole di adesione.

Queste esprimono maggiori livelli di LFA-1 e di CD2, ma perdono l’espressione di L-selettine: pertanto non possono più circolare neilinfonodi.

Esprimono invece l’integrina VLA-4 che permette loro di legarsialle cellule endoteliali nei siti di flogosi e quindi di svolgere nellasede dell’infezione le loro funzioni.

Page 335: Immuno Log i Ax Stud

CELLULE T CD4 POSSONO DIFFERENZIARE IN TH1 O TH2

Le cellule T CD8 che escono dal timo sono già predestinate a diventarelinfociti citotossici, anche se non esprimono le funzioni delle celluleeffettrici armate.

Nel caso delle CD4, queste possono differenziarsi, una volta attivate, incellule TH1 e TH2, che differiscono per le citochine che producono eper la loro funzione.

Page 336: Immuno Log i Ax Stud

CELLULE T CD4 POSSONO DIFFERENZIARE IN TH1 O TH2

Che cosa decide se, durante le fasi precoci della risposta immunitaria,una cellula T CD4 proliferante si differenzierà in TH1 o in TH2?

Sebbene la risposta non è ancora completamente chiara, vari fattoripotrebbero avere un ruolo:

• la citochina prodotta (IFN-, IL-12 o IL-4)• le molecole co-stimolatorie usate per guidare la risposta• natura del ligando MHC:peptide

Page 337: Immuno Log i Ax Stud

CELLULE T CD4 POSSONO DIFFERENZIARE IN TH1 O TH2

Le conseguenze dell’induzione delle cellule TH1 invece che TH2ha conseguenze profonde:la produzione selettiva di TH1 porta ll’immunità mediata da cellule,mentre la produzione di cellule TH2 attiva l’immunità umorale.

LEBBRANella forma detta tubercoloide, si ha una prevalenza dell’induzione dicellule TH1 -> pochi batteri vivi, pochi anticorpi e, nonostante il dannoai nervi periferici e alla pelle dovuto all’infiammazione mediata daimacrofagi, la malattia procede lentamente.Nella forma detta lepromatosa, si ha prevalenza TH2 -> risposta principale umorale, gli anticorpi non possono raggiungere i batteriintracellulari, determinando una massiccia distruzione tessutale.

Page 338: Immuno Log i Ax Stud

MODALITA’ DI ATTIVAZIONE DELLE CELLULE T CD8

Poiché l’azione effettrice delle cellule CD8, come cellule citotossiche,è più distruttiva delle CD4, le cellule CD8 naive richiedono unamaggiore attività co-stimolatoria per essere attivate.

Una modalità è l’attivazione da parte di cellule dendritiche, che hannoun’elevata attività co-stimolatoria intrinseca. Queste cellule possonodirettamente stimolare cellule T CD8 a produrre IL-2 che guida laloro proliferazione e differenziazione.

-> utile nella risposta delle cellule T ai tumori

Page 339: Immuno Log i Ax Stud

MODALITA’ DI ATTIVAZIONE DELLE CELLULE T CD8

La seconda modalità richiede le cellule CD4 e sembra importante inalcune risposte verso virus e trapianti.

In questo caso, sia le cellule CD4 che le CD8 riconoscono gli antigeniad esse correlati sulla superficie della stessa APC. L’azione della CD4è quello di compensare l’inadeguata co-stimolazione delle celluleCD8 naive da parte dell’APC.

La cellula CD4 effettrice armata induce l’espressione di CD40 sullasuperficie dell’APC. Il legame del CD40L sulla superficie dellacellula T al CD40 delle APC stimola l’espressione di molccole B7 epermette alle APC di stimolare pienamente le cellule T CD8.

Page 340: Immuno Log i Ax Stud

PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

Dopo la loro differenziazione, la maggior parte delle cellule T effettricilasciano il loro sito di attivazione nel sito linfatico ed entrano nel sangue.Solo alcune cellule TH2 incontrano le loro cellule B bersaglio senzaabbandonare il tessuto linfatico.

Le cellule T effettrici sono guidate ad incontrare i loro bersagli dacambiamenti nelle molecole di adesione degli endoteli e da fattorichemiotattici locali.

Le interazioni delle cellule T effettrici con le cellule bersaglio sonomediate da molecole di adesione cellulare non antigene specifiche.

Page 341: Immuno Log i Ax Stud

PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

Il legame iniziale di una cellula T al suo bersaglio non dipende dalloantigene ed è mediato da LFA-1 e CD2. I livelli di queste molecole aumentano sulle cellule T armate rispetto alle cellule T naive.

Tale interazione è temporanea, però il riconoscimento dell’antigenesulla cellula T determina un aumento dell’affinità di LFA-1 per isuoi ligandi -> la cellula T lega più strettamente il suo ligando e rimane legata asufficienza per rilasciare le proprie molecole effettrici.

Page 342: Immuno Log i Ax Stud

PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

Il legame delle cellule CD4 permette di mantenere contatti con le cellulebersaglio per tempi più lunghi delle cellule CD8.

Le cellule CD8 citotossiche si legano e si distaccano da un bersaglioal successivo velocemente dopo averlo ucciso.

Page 343: Immuno Log i Ax Stud

PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

Quando sono legate ai complessi peptide:MHC, le molecole delrecettore e i loro co-stimolatori si raggruppano nel sito di contattocellula-cellula.

Il raggrupparsi dei recettori determina una riorganizzazione delcitoscheletro che polarizza le cellule effettrici così come concentra ilrilascio di molecole effettrici nel sito di contatto con la cellulabersaglio.

La riorganizzazione del citoscheletro corticale di actina porta alriorientamento del centro di organizzazione dei microtubuli (MTOC)che, in risposta, allinea l’apparato secretorio, compreso l’apparato diGolgi, verso la cellula bersaglio, così come i granuli litici (nelle CD8).

Page 344: Immuno Log i Ax Stud

PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

La polarizzazione di una cellula T indirizza quindi la secrezione dimolecole solubili effettrici, la cui sintesi è indotta de novo dal legamedel recettore delle cellule T.

Il recettore antigene-specifico delle cellule T controlla l’induzione disegnali effettori in tre modi:1) induce il legame stabile di cellule effettrici alle loro cellule bersaglioper creare una stretta associazione e uno spazio ridotto nel quale lemolecole effettrici possano essere concentrate;2) indirizza il loro invio nel sito di contatto inducendo il riorientamentodell’apparato di secrezione delle cellule effettrici;3) induce la sintesi e/o il rilascio di molecole effettrici.

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PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

Le molecole effettrici prodotte dalle cellule T armate appartengono adue grandi gruppi: • le citotossine, immagazzinate in granuli citoplasmatici specializzati e rilasciate dalle cellule T CD8; • le citochine e relative proteine associate alla membrana, sintetizzatede novo, e sono i mediatori principali dell’azione delle cellule T CD4.

Il rilascio delle citotossine deve essere regolato in maniera molto fine,dato che possono penetrare il bilayer fosfolipidico e attivare unprogramma di morte cellulare.Le citochine e le proteine associate alla membrana agiscono legandorecettori specifici sulla superficie delle cellule bersaglio.

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PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

Le citochine possono essere raggruppate, a seconda della struttura, infamiglie:• le ematopoietine• gli interferoni• la famiglia TNF

Anche i loro recettori possono essere ragguppati:• recettori di classe I delle citochine (IL-3, IL-4, Il-5)• recettori di classe II delle citochine (interferoni)• recettori per la famiglia del TNF (TNFRI e TNFRII, CD40)• recettori per le chemochine

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PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

Le molecole effettrici legate alla membrana sono tutte strutturalmentelegate al fattore di necrosi tumorale o TNF. Tutte e tre le classi dilinfociti T esprimono uno o più membri della famiglia TNF in seguitoal riconoscimento dell’antigene sulle cellule bersaglio.

Il ligando CD40 è particolarmente importante per le funzioni effettrici delle cellule T CD4. Viene indotto sulle cellule TH1 e TH2 e invia segnali di attivazione alle cellule B e ai macrofagi attraverso la proteina CD40.

TNF- è prodotto dalle cellule TH1, alcune cellule TH2 e da cellulecitotossiche e può inviare segnali di attivazione ai macrofagi.

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PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

Alcuni membri della famiglia possono stimolare l’apoptosi, come illigando Fas (FasL), una volta che si è legato sulle cellule bersaglioche espongono la proteina di membrana Fas (CD95).

Alcune cellule TH1 esprimono il ligando Fas e possono uccidere lecellule che portano Fas.FasL e Fas sono coinvolti nei meccanismi di omeostasi dei linfociti Tovvero nella rimozione di linfociti; in caso di mutazioni di Fas o diFasL si avrà una malattia linfoproliferativa associata ad una gravereazione autoiimune.

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PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

La principale citochina rilasciata dalle cellule T CD8 è IFN- che puòbloccare la replicazione virale oppure portare all’eliminazione deivirus all’interno delle cellule senza ucciderle.

Le cellule TH1 e TH2 rilasciano citochine differenti.Le TH1 secernono IFN-, la citochina principale dell’attivazione deimacrofagi, e le linfotossine (TNF- ), che attivano i macrofagi, inibiscono le cellule B e sono direttamente citotossiche su alcunecellule.

Le TH2 secernono IL-4 e IL-5, che attivano le cellule B, e IL-10, cheinibisce l’attivazione dei macrofagi.

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PROPRIETA’ GENERALI DELLE CELLULE TEFFETTRICI ARMATE

Le citochine agiscono localmente, anzi nel sito di contatto delle cellulebersaglio.

Altre citochine hanno effetti a distanza. IL-3 e GM-CSF, rilasciati da entrambi i tipi di cellule T CD4, stimolano nel midollo osseo la produzione di macrofagi e di granulociti, entrambi effettori non specifici sia nell’immunità umorale che cellulo-mediata.

Entrambe stimolano anche la produzione dei cellule dendritiche da precursori del midollo osseo.

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CITOTOSSICITA’ MEDIATA DALLE CELLULE T

Le cellule T CD8 svolgono il ruolo di difesa dell’organismi neiconfronti di patogeni che proliferando all’interno delle cellule infettatenon possono essere raggiunti dagli anticorpi:

• virus• protozoi (Toxoplasma gondii): parassiti vescicolari che esportanopeptidi nel citosol, i quali entrano nel processamento attuato dallemolecole MHC di classe I.

L’eliminazione delle cellule infette senza la distruzione dei tessuti sanirichiede che i meccanismi di citotossicità siano diretti accuratamenteverso il bersaglio.

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CITOTOSSICITA’ MEDIATA DALLE CELLULE T

Le cellule T citotossiche (CTL) uccidono i loro bersagli inducendoapoptosi. I CTL possono indurre apoptosi nelle cellule bersaglio in5 minuti, anche se la morte può impiegare ore per divenirecompletamente evidente.

Il meccanismo di apoptosi non uccide solo le cellule bersaglio mainfluenza direttamente anche i patogeni citoplasmatici. Ad es., lenucleasi attivate possono degradare anche il DNA virale, impedendol’assemblaggio di virioni completi, che altrimenti infetterebberocellule adiacenti.

L’apoptosi è preferibile alla necrosi; durante la necrosi sono rilasciatimicrorganismi intatti dalle cellule morte.

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CITOTOSSICITA’ MEDIATA DALLE CELLULE T

Il meccanismo d’azione delle CTL nell’indurre apoptosi è mediatodal rilascio calcio-dipendente di granuli litici.Questi granuli sono lisosomi modificati che contengono almeno dueclassi di proteine effettrici espresse selettivamente dalle CTL.

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CITOTOSSICITA’ MEDIATA DALLE CELLULE T

La perforina forma una struttura cilindrica all’interno del bilayer dimembrana della cellula bersaglio: lipofilica all’esterno e idrofilicaverso il centro della cavità.I pori che si formano permettono all’acqua e ai Sali di passarerapidamente all’interno determinando la morte della cellula.

Sia la perforina sia i granzimi sono necessari per uccidere le cellulebersaglio. I granzimi, una volta penetrati all’interno delle cellulemediante i pori formati dalla perforina, attivano una caspasi (CPP-32).Quest’ultima attiva una nucleasi, chiamata deossiribonucleasi caspasi-attiva (CAD), tagliando una proteina inibitoria (iCAD) e liberandouna CAD attiva.

L’altra modalità di induzione di apoptosi in maniera perforina-indipendente è dato dall’interazione ligando del Fas-Fas (CTL e celluleTH1)

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CITOTOSSICITA’ MEDIATA DALLE CELLULE T

Le CTL uccidono solo le loro cellule bersaglio, ma non le cellule“innocent bystander” (testimone innocente) e le stesse cellule T, anchese queste possono costituire un bersaglio, in quanto le molecole litichemancano di qualsiasi specificità per l’antigene.

Il modo altamente polarizzato di secrezione dei granuli litici permettel’uccisione solo delle cellule bersaglio con cui i CTL vengono acontatto.

La sintesi delle proteine citotossiche dei CTL avviene durante ilprimo incontro di una cellula T naive con l’antigene specifico.Il legame del recettore T nei successivi incontri con le cellule bersaglioinduce la sintesi de novo di perforine e granzimi, così che la riserva digranuli litici è mantenuta. Ciò permette ad una singola cellula T CD8 diuccidere più cellule bersaglio in successione.

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CITOTOSSICITA’ MEDIATA DALLE CELLULE T

Le cellule T CD8 rilasciano anche citochine: IFN-, TNF- e TNF- .

IFN- inibisce direttamente la replicazione virale e induce un’aumentataespressione di molecole MHC di classe I e di altre molecole coinvoltenel trasporto di MHC .Attiva anche i macrofagi reclutandoli nel sito di infezione, sia comecellule effettrici che come cellule presentanti l’antigene. L’attivazionedei macrofagi è imprtante nella risposta immunitaria verso protozoiintracellualri come Toxoplasma gondii.

TNF- o TNF- possono cooperare con IFN- nell’attivazione deimacrofagi o nell’uccisione di alcune cellule bersaglio interagendo conTNFRI.

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ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI DA PARTE DELLE TH1

Alcuni microrganismi, come i micobatteri, sopravvivono e crescononei fagolisosomi dei macrofagi. Tali patogeni possono essereeliminati quando i macrofagi sono attivati dalle cellule TH1.

I macrofagi riescono ad eliminare molti patogeni senza l’interventodelle cellule TH1, ma per molte infezioni le cellule TH1 sononecessarie per fornire segnali attivatori per i macrofagi. In effetti,l’azione effettrice principale dell cellule TH1 è l’induzione dimeccanismi microbicidi nei macrofagi, azione conosciuta comeattivazione macrofagica.

Tra i patogeni extracellulari bersaglio dei macrofagi c’è Pneumo-cystic carinii, una delle cause di morte comune nei pazienti con AIDS,dove vi è deficienza di cellule CD4. La capacità dei macrofagi didanneggiare bersagli extracellulari si estende anche alle cellule sane,da cui la necessità di mantenere i macrofagi in uno stato inattivato.

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ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI DA PARTE DELLE TH1

I macrofagi hanno bisogno di due segnali per essere attivati.Le cellule TH1 possono fornirli entrambi: • IFN-, la principale citochina secreta da cellule TH1• ligando di CD40, che invia segnali di sensibilizzazione in seguitoal legame con CD40 sui macrofagi.

I macrofagi possono essere resi più sensibili all’IFN- da piccolequantità di lipoplisaccaridi batterici.TNF- o TNF- associati alla membrana possono sostituire CD40nell’attivazione dei macrofagi, e stimolano i macrofagi a produrreTNF-.Le cellule TH2 sono invece inefficaci nell’attivazione dei macrofagi,in quanto secernono IL-10, una citochina inibitoria dei macrofagi.

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ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI DA PARTE DELLE TH1

Il riconoscimento del bersaglio da parte delle cellule TH1 induce latrascrizione dei geni delle citochine e la sintesi richiede ore, inveceche minuti (nel caso delle cellule T CD8).

Le citochine neosintetizzate sono trasportate al sito di contatto tra lamembrana della cellula T e quella del macrofago. Così anche illigando di CD40 viene espresso in modo polarizzato.

Anche se tutti i macrofagi esprimono il recettore dell’IFN-, imacrofagi che presentano l’antigene alle cellule TH1 armate sonopiù facilmente attivati rispetto a quelli vicini non infettati.

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ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI DA PARTE DELLE TH1

L’attivazione da parte delle cellule TH1 converte i macrofagi incellule effettrici con proprietà antibatteriche molto forti.

I macrofagi attivati fondono i lisosomi in maniera più efficiente con ifagosomi e vi riversano un gran numero di enzimi litici.Producono radicali liberi dell’ossigeno e ossido nitrico, così comepeptidi antibatterici e proteasi che possono essere rilasciate perattaccare patogeni extracellulari.

Ulteriori cambiamenti aiutano ad amplificare la risposta immunitaria.Aumenta il numero di molecole di MHC di classe II, di molecole B7,di CD40 e di recettori per TNF, rendendo sia le cellule più efficientinel presentare l’antigene a nuove cellule T naive, sia più responsiveal ligando di CD40 e a TNF-.

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ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI DA PARTE DELLE TH1

Il TNF-ha un’azione sinergica con IFN- nell’attivazione deimacrofagi, specialmente nell’induzione di ossido nitrico, che ha unaforte attività battericida, tramite la ossido nitrico sintetasi inducibile.

I macrofagi attivati secernono IL-12 , che stimola la differenziazione dicellule T CD4 naive attivate in cellule TH1.

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ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI DA PARTE DELLE TH1

L’attivazione macrofagica comporta un notevole dispendio dienergia nonché potrebbe essere tossica per le cellule e i tessuticircostanti non infettati.Deve quindi esistere un meccanismo fine di controllo dell’attivazionedei macrofagi da parte delle cellule TH1.Un meccanismo è rappresentato dalla regolazione dell’emivita delmRNA che codifica per l’IFN-. Gli mRNA per le citochine presentanouna sequenza nella regione 3’ non tradotta che induce la degradazionedel mRNA.La rapida degradazione del mRNA per l’IFN-, insieme al trasportodi IFN- nel punti di contatto tra le cellule TH1 ed i macrofagi limital’azione delle clelule effettrici sulle cellule bersaglio.

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ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI DA PARTE DELLE TH1

L’attivazione dei macrofagi è inibita fortemente da citochine comeTGF-, IL-4, IL-10 e IL-13.

Dato che molte di queste citochine sono prodotte da cellule TH2,l’induzione di cellule T CD4 appartenenti al sottogruppo TH2 rappresenta un mezzo per controllare le funzioni dei macrofagiattivati.

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ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI DA PARTE DELLE TH1

Sebbene IFN- ed il ligando di CD40 siano le molecole effettrici piùimportanti prodotte dalle cellule TH1 e costituiscano il momentocentrale nella risposta a patogeni che proliferano nei macrofagi, altrecitochine prodotte dalle cellule TH1 hanno un ruolo importante nelcoordinare queste risposte.

Ad esempio, nel caso in cui i macrofagi siano cronicamente infettatida battteri intracellulari potrebbero perdere la capacità di essereattivati, costituendo un serbatoio di patogeni. Le cellule TH1 attivatepossono esprimere il ligando del Fas e perciò uccidere un grupporistretto di cellule bersaglio che esprimono Fas, compresi i macrofagi.

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ATTIVAZIONE DEI MACROFAGI DA PARTE DELLE TH1

Quando i microrganismi resistono all’azione battericida dei macrofagiattivati, possono svilupparsi infezioni croniche con infiammazione.

Spesso si formano granulomi, costituito da una parte centrale dimacrofagi circondati da linfociti. L formazione di cellule giganti apartire dai macrofagi serve a “murare” i patogeni che resistano alladistruzione.

Sembra che le cellule TH2 partecipino, insieme alle cellule TH1, allaformazione dei granulomi, probabilmente regolando la loro attività.

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RISPOSTA IMMUNITARIA UMORALE

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Molti microrganismi si riproducono negli spazi extracellulari e lamaggior parte dei microrganismi intracellulari diffondono da unacellula all’altra attraverso i fluidi extracellulari.La funzione principale della risposta immunitaria umorale è quella didistruggere i microrganismi extracellulari e di prevenire la diffusionedi quelli intracellulari.

L’attivazione delle cellule B e la loro differenziazione in plasma-cellule è indotta dall’antigene e solitamente richiede l’intervento dellecellule T adiuvanti. Poiché principalmente sono le cellule TH2 ad aiutare l’attivazione delle cellule B, ma talvolta anche un sottotipoTH1 può avere lo stesso ruolo, il termine di cellula T adiuvante verràusato in generale per qualsiasi cellula T CD4.

Le cellule T adiuvanti controllano anche lo scambio di isotipo econtribuiscono all’innesco dell’ipermutazione somatica dei geni della regione variabile dell’anticorpo.

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ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B DA PARTE DELLECELLULE T ADIUVANTI ARMATE

Le Ig di membrana che svolgono il compito di recettore per l’antigeneinducono l’attivazione delle cellule B in due modi.

Primo, al pari del recettore per l’antigene della cellula T, le Ig disuperficie trasmettono direttamente un segnale alla cellula dopo illegame all’antigene.

Secondo, trasportano l’antigene all’interno della cellula, il quale vieneinfine presentato sulla superficie legato alle molecole MHC di classe II-> attivazione delle specifiche cellule T adiuvanti armate -> rilasciodi citochine che inducono la proliferazione e la differenziazione dellecellule B.

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ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B DA PARTE DELLECELLULE T ADIUVANTI ARMATE

Alcuni antigeni microbici possono attivare direttamente le cellule B inassenza di cellule T adiuvanti e questo garantisce una risposta piùveloce ai microrganismi. Gli anticorpi prodotti in questa maniera sonomeno variabili e funzionalmente versatili di quelli indotti con l’aiutodelle cellule T.

I fenomeni che determinano lo scambio di classe e l’ipermutazionesomatica e la conseguente maturazione per affinità sono invece sempredipendenti dall’interazione tra cellule B, cellule T adiuvanti, e altrecellule presenti negli organi linfatici secondari.

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ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B DA PARTE DELLECELLULE T ADIUVANTI ARMATE

La regola generale dell’immunità acquisita è che i linfociti antigenespecifici naive non possono essere attivati dal solo antigene.

Le cellule B naive richiedono dei segnali accessori forniti o dalle celluleT effettrici armate o in alcuni casi direttamente dagli antigeni batterici.

Le risposte anticorpali contro antigeni proteici richiedono l’aiuto deilinfociti T. Questi antigeni sono chiamati antigeni timo-dipendenti(TD). In assenza del segnale attivante fornito dalle cellule T adiuvantii linfociti B che legano antigeni TD diventano anergici.

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ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B DA PARTE DELLECELLULE T ADIUVANTI ARMATE

Molti costituenti batterici, quali i polisaccaridi della capsula, possonoattivare le cellule B anche senza intervento delle cellule T adiuvanti.

Questi antigeni sono chiamati timo-indipendenti (TI). Il secondosegnale per attivare la produzione di anticorpi contro antigeni TI èpredisposto dal riconoscimento di un costituente microbico comune oda una cellula accessoria di derivazione non timica in unione con unmassiccio legame multiplo crociato dei recettori delle cellule B, cheintervengono quando una cellula B lega epitopi ripetuti sulla cellulabatterica.

Page 372: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B DA PARTE DELLECELLULE T ADIUVANTI ARMATE

La cellula B e la cellula T che la deve attivare devono riconoscere lostesso antigene -> riconoscimento congiunto

Per attivare una cellula B, una cellula T adiuvante specifica deve essere attivata e maturare in una cellula T adiuvante armata in seguito all’interazione con una cellula APC che abbia processato lo stesso antigene.

Sebbene i linfociti B ed i T riconoscano epitopi diversi nell’antigene,deve essere necessario che i due epitopi facciano fisicamente partedello stesso antigene.

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ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B DA PARTE DELLECELLULE T ADIUVANTI ARMATE

Una cellula B può captare particelle grandi come virus le cui proteinecapsidiche sono riconosciute dagli anticorpi di membrana.

Dopo che è avvenuta l’internalizzazione, il virus è degradato e presentato tramite le molecole MHC di classe II.

Le cellule T adiuvanti che sono state pre-attivate dai macrofagi odalle cellule dendritiche che hanno presentato gli stessi peptidi internidelle proteine antigeniche possono attivare le cellule B che producono proteine contro le proteine del capside virale.

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ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B DA PARTE DELLECELLULE T ADIUVANTI ARMATE

Due conseguenze del riconoscimento congiunto:

1) Vaccino contro un batterio capsulato: Hemophilus influenzae

2) Reazioni allergiche agli antibiotici: penicilline

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ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B DA PARTE DELLECELLULE T ADIUVANTI ARMATE

Il riconoscimento dei complessi peptide:MHC di classe II sulle cellule B stimola la cellula T CD4 che sintetizzerà molecole di superficie e molecole secrete, entrambe con effetto sinergico nell’attivazione dellecellule B.

Una molecola di superficie delle cellule T e fondamentale nell’attivazione delle cellule B è il ligando del CD40 che lega CD40sulla superficie delle cellule B.Il legame CD40L-CD40 fa entrare la cellula B in ciclo cellulare ed èessenziale per la risposta dei linfociti B agli antigeni timo-dipendenti.

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ATTIVAZIONE DEI LINFOCITI B DA PARTE DELLECELLULE T ADIUVANTI ARMATE

Una molecola secreta importante per l’attivazione delle cellule B daparte delle cellule T adiuvanti è IL-4. CD40L e IL-4 hanno un’azionesinergica nell’induzione dell’espansione clonale delle cellule B cheprecede la maturazione in plasmacellule.

L’IL-4 è secreta in modo focalizzato dalle cellule TH2 ed è rilasciatanel sito di contatto con la cellula B.

Due altre citochine, IL-5 e IL-6, entrambe secrete dai linfociti Tadiuvanti, inducono infine la maturazione delle cellule B.

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LO SCAMBIO DI CLASSE RICHIEDE L’ESPRESSIONE DICD40L SULLE CELLULE T

Tutti i linfociti B naive esprimono IgM e IgD di superficie, ma leIgM rappresentano meno del 10% delle IgM plasmatiche.Nel plasma le più abbondanti sono le IgG, quindi la maggior partedegli anticorpi deriva da cellule B che hanno subito lo switchisotipico.Comunque, durante le fasi precoci della risposta immunitaria predominano le IgM. Nel seguito della risposta gli isotipi prevalentisaranno le IgG e le IgA, mentre le IgE saranno presenti in minimaquantità.

Questi cambiamenti isotipici non avvengono negli individui che nonhanno il ligando del CD40, e pertanto si formano solo IgM che sonopresenti ad elevati livelli e sono indotti da antigeni timo-indipendenti-> immunodeficienza da iper IgM.

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LO SCAMBIO DI CLASSE RICHIEDE L’ESPRESSIONE DICD40L SULLE CELLULE T

Le citochine prodotte dai linfociti T possono influenzare loscambio isotipico. La maggior parte di queste citochine (IL-4, IL-5 e TGF-) sonoprodotte da cellule TH2.

IL-4 induce preferenzialmente lo scambio da IgG a IgE.Il TGF- induce lo scambio di IgG2 a IgA.IL-5 favorisce la sintesi delle IgA secretorie dimeriche, in cellule chegià hanno fatto questo scambio.

Anche le cellule TH1 possono avere un ruolo, in quanto secernonoIFN- che induce uno scambio preferenziale da IgG2 a IgG3.

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LO SCAMBIO DI CLASSE RICHIEDE L’ESPRESSIONE DICD40L SULLE CELLULE T

Le citochine inducono lo scambio di classe provocando lo scambiodei siti di ricombinazione posti all’estremità 5’ di ciascun gene Cdelle catene pesanti.

Ad esempio, quando le cellule B sono esposte alla LPS, che è capacedi attivare le cellule B indipendentemente dall’antigene, vengonoindotte a secernere IgM. In seguito, quando vengono esposte adIL-4 si può osservare la trascrizione a monte delle regioni di scambioC1 e C uno o due giorni prima che avvenga lo scambio.

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LO SCAMBIO DI CLASSE RICHIEDE L’ESPRESSIONE DICD40L SULLE CELLULE T

Cosa determina quale dei due geni attivati per la trascrizione subiràlo scambio?

Ciascuna delle citochine coinvolte nello scambio sembra poter indurreun cambiamento nella conformazione della cromatina nella regionedi scambio di due geni CH diversi e promuovere la ricombinazione diuno di questi geni.

In effetti non si sa che cosa determinerà quale dei due geni verràespresso.

Quindi le cellule T adiuvanti regolano sia la produzione degli anticorpiche l’espressione dell’isotipo che ne condizionerà la funzioneeffettrice.

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ATTIVAZIONE DELLE CELLULE B

Come fa una cellula B antigene specifica ad incontrare una cellula Tadiuvante con l’appropriata specificità antigenica?

La frequenza di linfociti naive specifici per qualsiasi antigene è bassa:è stimata tra 1:10.000 e 1:100.000.Pertanto, la possibilità di un incontro tra un linfocita B e un linfocita Tche riconoscano lo stesso antigene dovrebbe essere tra 1: 108 e 1:1012.

Inoltre, le cellule T e le cellule B occupano prevalentemente zone distinte nei tessuti linfoidi periferici.

La risposta si trova nell’intrappolamento antigene specifico deilinfociti migranti.

Page 382: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DELLE CELLULE B

L’intrappolamento dei linfociti T nelle zone corticali di un linfonodoavviene grazie all’incontro con l’antigene presentato da celluledendritiche.

Le cellule B con recettori antigene specifici sono anch’esse intrappolatenelle zone a cellule T con un meccanismo simile. La maggior parte dellecellule B si sposta velocemente dalla zona a cellule T a quella dellecellule B (follicolo primario).Nell’incontro con l’antigene, le cellule B migranti sono fermate dallaattivazione di molecole di adesione e dal coinvolgimento di recettoriper chemochine come CCR7, un recettore per MIP-3 e SLC.

L’interazione con le cellule T adiuvanti attiva le cellule B ad iniziareun centro primario di espansione clonale, al confine tra la zone a celluleT e quella a cellule B.

Page 383: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DELLE CELLULE B

Dopo diversi giorni, il centro primario va incontro ad involuzione perapoptosi.

Alcuni dei linfociti B proliferanti si differenziano in plasmacellulesintetizzanti anticorpi e migrano nella polpa rossa splenica o neicordoni midollari del linfonodo.

Le plasmacellule presentano delle notevoli caratteristiche morfologichedovute all’impegno nel produrre Ig (10-20% delle proteine totali).

Le molecole MHC di classe II non sono più espresse, così che le plasma-cellule non possono più presentare l’antigene alle cellule T, benché queste possano ancora dare importanti segnali di differenziazione e sopravvivenza alle plasmacellule, come IL-6 e CD40L.

Page 384: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DELLE CELLULE B

Le plasmacellule presentano ancora Ig di superficie, sebbene a livellimolto bassi, e la loro sopravvivenza potrebbe in parte dipendere dalla loro abilità nel continuare a legare l’antigene.

In effetti, alcune plasmacellule sopravvivono alcuni giorni sino a pochesettimane dopo la loro differenziazione finale, mentre altre vivonomolto a lungo e sono responsabili della persistenza della rispostaanticorpale.

Page 385: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DELLE CELLULE B

Un altro destino per alcune cellule B e T che proliferano nel centroprimario è quello di migrare in un follicolo linfoide primario dovecontinuano a proliferare e formano da ultimo un centro germinativo.

I centri germinativi sono formati principalmente da cellule B proliferanti, e le cellule T compongono circa il 10% dei linfociti eforniscono il necessario aiuto alle cellule B.

I centri germinativi sono delle isole nell’ambito dei follicoli primaricomposti da cellule B a risposo addensate intorno alle cellulefollicolari dendritiche (CDF), le quali attirano sia le cellule B naiveche quelle attivate attraverso la secrezione della chemochina BLC.

Page 386: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DELLE CELLULE B

I primi eventi nel centro primario conducono alla pronta secrezionedi specifici anticorpi che servono come immediata protezione agliindividui.La reazione del centro germinativo predispone per una più energicarisposta tardiva, altrimenti l’agente patogeno instaurerebbe unainfezione cronica o l’ospite diventerebbe reinfetto.A tal fine le cellule B vanno incontro a numerose trasformazioni nelcentro germinativo: mutazioni ipersomatiche con la conseguentematurazione per affinità, che determina la sopravvivenza di celluleB con alta affinità per l’antigene, e lo scambio isotipico, che permettea queste cellule B di esprimere una varietà di funzioni effettrici.

Le cellule B selezionate inoltre si differenzieranno in cellule B dimemoria o in plasmacellule, le quali secerneranno anticorpi adalta affinità e diverso isotipo nella fase finale della risposta immunitariaprimaria.

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ATTIVAZIONE DELLE CELLULE B

Il centro germinativo è un centro di intensa proliferazione cellulare,dove le cellule B si dividono ogni 6-8 ore.

Inizialmente sulla superficie delle cellule in proliferazione si riducel’espressione delle Ig, in particolare le IgD e si formano i centrolasti.

Le cellule poi si dividono di meno e ri-esprimono alti livelli di Igsulla superficie: centrociti.

I centroblasti inizialmente proliferano nel centro scuro del centrogerminativo, così chiamato perché le cellule sono addensate. In seguito,le cellule iniziano a riempire la zona chiara, un’area del follicoloriccamente provvista di CFD e meno addensata di cellule.

Page 388: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DELLE CELLULE B

La ipermutazione somatica è ristretta alle cellule B che stannoproliferando nei centri germinativi.

Le mutazioni puntiformi si accumulano in maniera graduale come icloni di cellule B si espandono nel centro germinativo. In linea generale, una cellula B non acquisisce più di una o due mutazioni in ogni generazione.

Le mutazioni possono interferire con la capacità delle cellule B di legare l’antigene e questo determinerà il destino della cellula Bnel centro germinativo.

Alcune mutazioni (la >> parte) saranno sia negative che neutre-> recettore modificato o a bassa affinità -> apoptosi delle cellule B

Mutazioni che detrminano alta affinità del BCR -> sopravvivenzadelle cellule B

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ATTIVAZIONE DELLE CELLULE B

Le mutazioni deleterie sono un evento frequente, dal momento chei centri germinativi sono ricchi di cellule B apoptotiche che sono velocemente fagocitate dai macrofagi, risultando come macrofagidai corpi sfumati.

Le cellule che invece sono portatrici delle mutazioni che aumentanol’affinità del recettore sono selezionate e indotte a espandersi.

Quindi vi sono ripetuti processi di espressione e selezione che, manmano, raffinano l’affinità del recettore.

Page 390: Immuno Log i Ax Stud

DIFFERENZIAZIONE IN PLASMACELLULE E CELLULE MEMORIA

Lo scopo della reazione del centro germinativo serve per aumentarel’ultima parte della risposta immunitaria tardiva, formando plasma-cellule e cellule memoria.

Le pasmacellule migreranno nel midollo osseo, dove sopravviverannoper un lungo periodo di tempo grazie ai segnali mandati dalle cellulestromali. Queste plasmacellule costituiscono una fonte di anticorpiad alta affinità

Le cellule memoria sono discendenti di lunga vita di cellule che sonostate stimolate a proliferare nel centro germinativo.Queste cellule, però, si dividono molto lentamente o per nulla;esprimono Ig di superficie, ma non secernono anticorpi ad alto tasso.

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DIFFERENZIAZIONE IN PLASMACELLULE E CELLULE MEMORIA

Le cellule B memoria ereditano i cambiamenti genetici che sono avvenuti nei centri germinativi, comprese le mutazioni somatiche e lo scambio isotipico

Quali sono i segnali che stimola le cellule B a diventare cellule dimemoria?

Una possibilità è che i segnali derivino dalle CFD.Un’altra possibilità è che l’affinità per l’antigene controlli la lorodifferenziazione: le cellule ad alta affinità sono preferenzialmentestimolate a diventare cellule di memoria, mentre quelle a bassaaffinità vengono indirizzate verso diversi cicli di proliferazione,mutazione e selezione.

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ANTIGENI TIMO INDIPENDENTI

Sebbene le risposte anticorpali contro antigeni proteici dipendano dallecellule T adiuvanti, gli individui con deficienze di cellule T possonoformare anticorpi contro molti batteri.Queste risposte sono tipicamente stimolate da polimeri proteici opolisaccaridi: antigeni timo-indipendenti (TI).

Antigeni TI-1 possiedono la capacità intrinseca di indurre la prolifera-zione dei linfociti B.A concentrazioni elevate, questi antigeni inducono la proliferazione ela maturazione delle cellule B senza restrizione per la specificitàantigenica di queste cellule -> attivazione policlonale.Uno di questi antigeni è la LPS che si lega alle proteine leganti la LPS e a CD14 e poi associa al recettore TLR-4.

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ANTIGENI TIMO INDIPENDENTI

A basse concentrazioni, solo le cellule B i cui recettori legano gli antigeni TI-1 vengono attivate -> risposta anticorpale specifica.

In vivo sarà più probabile che tali antigeni si trovino a basseconcentrazioni e quindi si svilupperà una risposta specifica.

Il tempo di latenza di questa risposta sarà più breve poiché non vi è lanecessità di indurre l’attivazione e l’espansione clonale dei linfocitiT adiuvanti.

Gli antigeni TI-1 non inducono scambio di classe, maturazione peraffinità o induzione di cellule B memoria, che richiedono l’interventodei linfociti T.

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ANTIGENI TIMO INDIPENDENTI

La seconda categoria di antigeni timo-indipendenti è composta damolecole quali i polisaccaridi della capsula batterica che possiedonostrutture ripetute: antigeni TI-2, che non possiedono la capacità distimolare direttamente le cellule B.

Mentre i TI-1 sono capaci di attivare i linfociti B maturi ed immaturi,i TI-2 possono attivare solo i linfociti B maturi.

(I linfociti B immaturi sono inattivati da antigeni ripetuti -> anergiadel neonato verso antigeni polisaccaridici).

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ANTIGENI TIMO INDIPENDENTI

La risposta verso antigeni TI-2 è tipica delle cellule B1 (o cellule BCD5) che comprende una sottopopolazione di cellule B:

• compare per prima nell’ontogenesi• si replica autonomamente in cavità pleurica e peritoneale• richiede IL-10 per replicarsi e il fosfolipide fosfatidilcolina(si trova sulla superficie dei batteri che colonizzano l’intestino)• presenta restrizione della variabilità anticorpale• forse coinvolta nella risposta precoce, non adattativa, verso antigenibatterici comuni• produce IgM che normalmente circolano nel sangue: anticorpinaturali che legano a bassa affinità sia antigeni batterici che quelliautologhi.

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ANTIGENI TIMO INDIPENDENTI

Gli antigeni TI-2 molto probabilmente agiscono tramite il legamecontemporaneo di molte Ig di membrana del linfocita B maturo.

Tuttavia, il legame contemporaneo di un numero troppo elevato di Igdi membrana rende le cellule B non responsive o anergiche-> la densità degli epitopi è cruciale per la risposta:una densità troppo bassa non è sufficiente per il legame contemporaneodi molte Ig di membrana -> non rispostauna densità troppo alta -> anergia cellulare.

Sembra che le cellule T possano comunque contribuire alle risposteanticorpali dirette contro antigeni TI-2 attraverso il riconoscimento di antigeni TI-2 tramite una molecola di superficie condivisa da tutti i linfociti.

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ANTIGENI TIMO INDIPENDENTI

Le risposte delle cellule B agli antigeni TI-2 costituiscono una rispostaprecoce e protettiva diretta contro una categoria importante di microrganismi infettanti.

La >> parte dei microrganismi extracellulari possiedono polisaccaridi della parete che li rende resistenti alla fagocitosi, mancata presentazioneda parte dei macrofagi e assenza di induzione di risposte mediate dacellule T.

Gli anticorpi diretti contro i polisaccaridi potrebbero ricoprire questibatteri capsulati e stimolarne l’ingestione e la successiva distruzione.(I più comuni batteri caspulati sono i batteri piogeni)

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ANTIGENI TIMO INDIPENDENTI

Sia anticorpi IgM che IgG sono indotti dagli antigeni TI-2.

Sembra che siano una componente essenziale nella risposta al polisaccaride della capsula di Hemophilus influenzae tipo B.

I pazienti portatori di una immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich, presentano una risposta normale contro gli antigeni proteicima non verso i polisaccaridi.Questi soggetti si ammalano di gravi infezioni causate da batteri extra-cellulari capsulati.

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DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE FUNZIONALIDELLE IMMUNOGLOBULINE

Poiché i microrganismi extracellulari possono raggiungere qualunquelocalizzazione dell’organismo, di conseguenza anche gli anticorpidevono avere una distribuzione altrettanto ampia.

La >> parte degli anticorpi diffondono per diffusione dal sito diproduzione.

Esistono anche dei meccanismi di trasporto per il trasferimento delle Igsulle superfici epiteliali interne, quali quelle del polmone e dell’inte-stino. La localizzazione degli anticorpi è condizionata dal loro isotipoche può limitarne o promuoverne la diffusione o la capacità di legarsia specifici trasportatori.

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DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE FUNZIONALIDELLE IMMUNOGLOBULINE

I microrganismi il più delle volte penetrano nell’organismo attraversole barriere epiteliali della mucosa respiratoria, urogenitale, del trattointestinale o della cute danneggiata.

Più raramente sono introdotti direttamente nel sangue tramite puntured’insetti, ferite o iniezioni.

Tutti questi compartimenti sono difesi da anticorpi che si distribuisconoin base alla loro classe isotipica.

Poiché una data regione variabile può essere associata con qualunque regione costante, la progenie di una singola cellula B può produrreanticorpi della stessa specificità antigenica in diversi compartimentidell’organismo.

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DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE FUNZIONALIDELLE IMMUNOGLOBULINE

I primi anticorpi prodotti durante la risposta immunitaria umoralesono sempre le IgM, perché sono espresse senza diversificazione isotipica.Queste IgM sono prodotte prima che le cellule B vadano incontro aipermutazione somatica e quindi sono di bassa affinità.

Le IgM formano tuttavia dei pentameri e sopperiscono alla bassaaffinità con alta avidità per l’antigene.

I pentameri IgM, date le dimensioni, non lasciano il sangue e sonoparticolarmente potenti nell’attivare il complemento.

La rapida produzione di IgM e l’attivazione del complementocostituiscono un efficace meccanismo di controllo delle infezioni ematiche.

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DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE FUNZIONALIDELLE IMMUNOGLOBULINE

Gli altri isotipi -IgG, IgA e IgE- sono di più piccole dimensioni epossono diffondere dal sangue ai tessuti. Le IgA formano dei dimeri, mentre le IgG e le IgE sono sempremonomeriche -> la maturazione per affinità è molto importante perl’efficacia protettiva di questi anticorpi.

Le IgG costituiscono l’isotipo principale presente nei fluidi extra-cellulari dove sono presenti complemento e cellule accessorie-> sono fortemente opsonizzanti e attivano il complemento

Le IgA si trovano soprattutto sulle superfici epiteliali su cui fagocitie complemento sono assenti-> sono neutralizzanti e blandamente opsonizzanti e deboli attivatoridel complemento

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DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE FUNZIONALIDELLE IMMUNOGLOBULINE

Le IgE sono presenti in bassissime concentrazioni nel sangue e neifluidi extracellulari, ma sono legate con grande avidità dalle cellulegranulose basofile presenti nel sottocutaneo, sottomucose e nelconnettivo perivascolare.

Il legame dell’antigene alle IgE attiva le cellule basofile a rilasciarepotenti mediatori chimici che causano la tosse, gli starnuti e il vomito,che possono contribuire ad espellere l’agente infettante.

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TRASPORTO DELLE IMMUNOGLOBULINEATTRAVERSO LE BARRIERE EPITELIALI

Le plasmacellule secernenti IgA si trovano prevalentemente neltessuto connettivo denominato lamina propria situato immediatamentesotto la membrana basale di molti epiteli.

Le IgA sintetizzate nella lamina propria vengono secrete come dimeroa cui è associata una catena J singola.

Il dimero IgA lega un recettore presente sulla superficie basolateraledell’epitelio, chiamato recettore poli-Ig. Il complesso viene trasportatosulla superficie apicale mediante vescicole, chiamato transcitosi.

Sulla superficie apicale, il recettore è staccato rimanendone solo unaporzione legata alla regione Fc, denominata componente secretorio, cheprotegge la IgA dimerica dalla digestione enzimatica.

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TRASPORTO DELLE IMMUNOGLOBULINEATTRAVERSO LE BARRIERE EPITELIALI

I siti principali di sintesi e secrezione delle IgA sono:• intestino• epitelio respiratorio• ghiandola mammaria durante l’allattamento• ghiandole salivari e lacrimali

Si pensa che la funzione principale delle IgA sia la protezione dellesuperfici epiteliali dagli agenti infettivi.

Le IgA prevengono l’attacco dei batteri o delle tossine alle superficiepiteliali.

-> particolarmente importanti le IgA materne trasferite al neonatomediante l’allattamento.

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TRASPORTO DELLE IMMUNOGLOBULINEATTRAVERSO LE BARRIERE EPITELIALI

Le IgG materne sono trasferite attraverso la placenta nel circoloematico del feto durante la vita intrauterina.

Nella placenta è presente una proteina specifica, FcRn, strettamentecorrelata alle molecole MHC di classe I.

Nonostante questa somiglianza, FcRn lega la prozione Fc delle IgG,in quanto la tasca per il peptide è occlusa.

Nei roditori, FcRn regola anche il trasporto di IgG materne ingerite con il latte o con il colostro, dal lume dell’intestino del neonato nel sangue e nei tessuti.

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TRASPORTO DELLE IMMUNOGLOBULINEATTRAVERSO LE BARRIERE EPITELIALI

Tramite questi recettori di trasporto specializzati vengono forniti findalla nascita anticorpi protettivi contro microrganismi patogeni chesi trovano comunemente nell’ambiente.

Durante lo sviluppo l’organismo sintetizza i propri anticorpi di isotipodiverso che si distribuiscono in modo selettivo nei vari compartimentidell’organismo.

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NEUTRALIZZAZIONE DELLE TOSSINEDA PARTE DI IgG E IgA AD ALTA AFFINITA’

Molti batteri possono indurre effetti patologici tramite la secrezione ditossine che danneggiano la funzione delle cellule somatiche (t. tetanica,t. difterica, ecc.)

Per indurre questi effetti le tossine interagiscono con una loro subunitàcon un recettore cellulare, vengono endocitate così che un’altra subunitàinduce l’effetto tossico.

Gli anticorpi legano la subunità che interagisce con il recettore dellacellula e quindi proteggono quest’ultima-> anticropi neutralizzanti.

Sono soprattutto IgG che diffondono nei tessuti e legano rapidamente econ alta affinità le tossine. le IgA possono neutralizzare le tossine sullesuperfici mucose.

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NEUTRALIZZAZIONE DI VIRUSDA PARTE DI IgG E IgA AD ALTA AFFINITA’

Le IgG e le IgA ad alta affinità sono importanti per la neutralizzazionedei virus.

L’ingresso di molti virus dipende dall’interazione di proteine del capside(o involucro) con proteine di superficie specifiche per ciascun tipocellulare, e conseguente endocitosi.Ad es. il virus dell’influenza possiede l’emoagglutinina, che lega iresidui di acido sialico terminali presenti sulle catene oligosaccaridichelaterali di glicoproteine espresse dalle cellule epiteliali dell’apparatorespiratorio. (E’ denominata così perché causa agglutinazione di globulirossi del pollo).

Gli anticorpi neutralizzanti il virus agiscono grazie alla loro capacità diinibire il legame del virus ai recettori di superficie.

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BLOCCO DELL’ADERENZA BATTERICA

Molti batteri possiedono specifiche molecole di superficie, denominateadesine, che ne permettono l’adesione alla superficie delle celluledell’organismo e possono quindi contribuire alla loro patogenicità.

Alcuni batteri, una volta adesi, possono entrare nella cellula, comeSamonella, o rimangono extracellulari, come nel caso di Neisseriagonorrheae. Quest’ultimo possiede la pilina che permette l’adesione alla superficiedell’epitelio della mucosa urogenitale ed è essenziale per l’infettività.

le IgA secrete sulle superfici mucose possono svolgere un ruolo protettivo nei confronti di questi microrganismi.

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ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO

I complessi antigene:anticorpo possono attivare la via classica delcomplemento attraverso il legame con C1q.

L’attivazione del complemento è innescata quando gli anticorpi legatialla membrana del patogeno legano C1q.

C1q può essere legato sia da IgM o da IgG ma, a causa dei requisitistrutturali del legame con C1q, nessuno di questi isotipi può attivareC1q in soluzione; questo avviene solo quando gli anticorpi sono legatia siti multipli della superficie del patogeno.

C1q viene attivato quando una o più unità globulari legano il dominioFc delle Ig.

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ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO

Nel plasma le IgM pentameriche hanno una conformazione planareche non può legare C1q.

Il legame alla superficie del patogeno deforma il pentamero così cheassomiglia a una gruccia o a una stampella e questa deformazioneespone i siti di legame con le unità di C1q.

Page 413: Immuno Log i Ax Stud

ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO

Sebbene C1q leghi con bassa affinità alcune sottoclassi di IgG insoluzione, l’energia di legame richiesta per l’attivazione di C1qè raggiunta solo quando una singola molecola di C1q può legaredue o più molecole di IgG poste entro 30-40 nm tra di loro.

Questo richiede che molte molecole di IgG siano legate a un singoloagente patogeno per attivare il complemento e implica che le IgMsiano più efficienti delle IgG nell’attivare il complemento.

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ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO ERIMOZIONE DEGLI IMMUNOCOMPLESSI

Molti piccoli antigeni solubili formano con gli anticorpi i cosiddettiimmunocomplessi, che contengono troppo poche molecole di IgGper poter essere legate dai recettori Fc.

Questi antigeni includono tossine legate da anticorpi neutralizzanti e detriti di microrganismi morti.

Gli immunocomplessi solubili inducono la propria rimozione attivandoil complemento, ancora attarverso il lgame di C1q, che porta al legamecovalente di componenti attivate come C4b e C3b al complesso.

Il recettore CR1 sulla superficie eritrocitaria lega C4b e C3b e trasportagli immunocomplessi e complemento nel fegato e nella milza.

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I macrofagi di questi organi rimuovono i complessi dalla superficiedei globuli rossi senza distruggere le cellule e poi li degradano.

I macrofagi legano sia Fc delle Ig sia mediante l’FcR che i fattori del complemento mediante CR1.

Anche aggregati più grandi di antigeni particolati e anticorpi possonoessere resi solubili attraverso l’attivazione della via classica delcomplemento e venire rimossi attraverso il legame con i recettori delcomplemento.

ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO ERIMOZIONE DEGLI IMMUNOCOMPLESSI

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ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO ERIMOZIONE DEGLI IMMUNOCOMPLESSI

Gli immunocomplessi che non sono rimossi tendono a depositarenelle membrane basali dei piccoli vasi sanguigni, in particolare inquelli dei glomeruli renali.

Gli immunocomplessi che passano la membrana basale del glomerulolegano il recettore del complemento CR1 sui podociti renali, che giacciono sotto la membrana basale.

Possono svolgere un ruolo in alcune malattie autoimmuni, come il lupus eritematoso sistemico. Eccessivi livelli di i.c. circolanticausano un enorme deposito di antigeni, anticorpi e complemento suipodociti -> danno glomerulare.

Pazienti con deficienze nei componenti del complemento non riesconoa rimuovere i.c. -> danni tessutali, specialmente renali

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DISTRUZIONE DEI PATOGENI

La capacità degli anticorpi ad alta affinità di neutralizzare tossine,virus e batteri non può da sola anche rimuovere i microrganismi oi loro prodotti dall’organismo.

Inoltre, molti microrganismi non vengono neutralizzati dagli anti-corpi e quindi devono venire distrutti da altri meccanismi.

Un importante meccanismo di difesa è rappresentato dall’attivazionedi cellule accessorie effettrici che espongono il recettore per l’Fc,specifico per la porzione Fc degli anticorpi di un determinato isotipo.

Questo meccanismo rende massima l’efficacia di tutti gli anticorpisenza riguardo al loro legame con l’antigene.

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DISTRUZIONE DEI PATOGENI

Le cellule accessorie effettrici sono:• fagociti professionali (macrofagi e neutrofili)• cellule NK• eosinofili• cellule granulose basofile

(stimolate a secernere mediatori preformati)

Tutte queste cellule accessorie sono attivate quando i recettori Fc sonoaggregati dal legame con la prozione Fc della molecola anticorpalelegata all’antigene.

Possono essere anche attivate da mediatori solubili che comprendonoprodotti della cascata del complemento, che può essere attivato daglianticorpi.

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RECETTORI Fc

Ciascun membro della famiglia dei recettori Fc riconosce le Igdi un isotipo o di pochi ristretti isotipi attraverso l’interazione di un dominio della catena del recettore.

I recettori Fc sono membri della superfamiglia delle immunoglobuline.

Le diverse cellule accessorie espongono recettori Fc per gli anticorpidei diversi isotipi-> l’isotipo determinerà quale cellule accessoria sarà attivata in unadeterminata risposta immunitaria.

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RECETTORI Fc

I recettori Fc, come i recettori delle cellule T, sono proteine composteda molte subunità, di cui solo la catena è necessaria per il riconoscimento specifico.

Le altre catene sono necessarie per il trasporto alla superficie dellacellula e per la trasmissione del segnale.

La >> parte dei segnali trasmessi sono mediati da una catena cheè strutturalmente simile alla catena del recettore della cellula T.

FcRII-B1 e FcRII-B2 sono recettori a singola catena ma chefunzionano da recettori inibitori dal momento che contengono unasequenza ITIM che innesca una fosfatasi SHIP.

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RECETTORI Fc

La funzione più importante dei recettori Fc è l’attivazione dellecellule accessorie contro i microrganismi.

Altre funzioni:• il recettore FcRII-B regola negativamente le cellule granulosebasofile, macrofagi e neutrofili modulando la soglia alla quale gliimmunocomplessi possono attivare queste cellule

• i recettori Fc espressi dalle cellule dendritiche le rendono capacidi fagocitare il complesso antigene-anticorpo e presentare i peptidiantigenici alle cellule T

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RECETTORI Fc E FAGOCITOSI

I fagociti sono attivati soprattutto da anticorpi IgG, specialmente leIgG1 e le IgG2.

I fagociti vengono attivati non da anticorpi liberi ma da quelle chehanno interagito con l’antigene.

Questa attivazione è dovuta all’aggregazione o multimerizzazionedegli anticorpi quando questi ultimi legano antigeni multimerici oparticelle multivalenti, quali virus o batteri.

I recettori Fc legano anticorpi singoli con bassa affinità, mentre legano con alta avidità i complessi antigene:anticorpo.

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RECETTORI Fc E FAGOCITOSI

Molti batteri sono riconosciuti direttamente, ingeriti e distrutti daifagociti professionali.

I batteri con polisaccaridi capsulati in genere sono resistenti allafagocitosi diretta. Questi batteri diventano suscettibili solo quandosono rivestiti dagli anticorpi e dal complemento che legano Fc o Fce CR1, rispettivamente.

Il legame stimola sia l’internalizzazione che la distruzione del microrganismo.

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RECETTORI Fc E FAGOCITOSI

La fagocitosi mediata dal legame ai recettori del complemento è moltoimportante nella risposta immune iniziale, prima che sia avvenuta ladifferenziazione isotipica.

I polisaccaridi capsulari appartengono alla classe TI-2 e possonostimolare la produzione di IgM.Le IgM non sono di per sé anticorpi opsonizzanti dal momento che nonci sono recettori Fc per le IgM, ma sono molto utili nell’attivare ilsistema del complemento.

Le IgM legano i batteri con capsula stimolano velocemente la loroingestione e distruzione da parte dei fagociti che hanno recettori per il complemento.

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RECETTORI Fc E FAGOCITOSI

I recettori Fc ed i recettori del complemento sinergizzano nell’indurrela fagocitosi.

Il legame dei recettori Fc e del complemento segnala ai fagociti diincrementare il grado di fagocitosi, di fondere i fagosomi con ilisosomi, ed incrementare l’attività battericida.

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RECETTORI Fc ED ESOCITOSI

I microrganismi troppo grandi per essere fagocitati, come ad esempioi vermi parassiti, sono distrutti mediante un altro meccansimo.

In questi casi il fagocita si attacca alla superficie del parassita tramitei recettori Fc, Fc o Fc e i lisosomi si fondono con la membranacellulare-> il contenuto dei lisosomi viene riversato all’esterno sulla superficiedel parassita provocandone la morte: esocitosi

Le cellule accessorie più importanti per la distruzione dei batteri sonoi macrofagi e i neutrofili, mentre i grandi parassiti sono solitamenteattaccati dagli eosinofili.

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RECETTORI Fc ED CELLULE NK

Le cellule infettate sono normalmente distrutte da cellule T attivateda peptidi estranei o da cellule B mediante la produzione di anticorpi diretti contro epitopi esposti sulla membrana.

Le cellule ricoperte dagli anticorpi possono essere uccise da celluleNK.

La distruzione della cellula bersaglio ricoperta da anticorpi da partedelle cellule NK è denominata citotossicità cellulo-mediataanticorpo-dipendente (ADCC) ed è attivata quando l’anticorpo legato alla cellula bersaglio interagisce con i recettori Fc della NK.

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RECETTORI Fc ED CELLULE NK

Le cellule NK esprimono il recettore FCRIII, che lega le IgG1 e IgG3ed attiva l’attacco della cellula NK conro il bersaglio con meccanismianaloghi a quelli di una cellula T citotossica.

-> rilascio di granuli citoplasmatici contenenti perforina e granzimi.

Il ruolo dellìADCC nella difesa contro le infezioni virali o batterichenon è stato completamente chiarito.

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RECETTORI Fc

Una delle prime cellule specializzate ad intervenire nella difesadell’organismo contro le infezioni che si possono instaurare attraversole barriere epiteliali sono le cellule granulose basofile.

Esse rilasciano i loro granuli e secernono mediatori lipidici dellainfiammazione e citochine quando sono attivate dal legame dianticorpi con il recettore specifico per le IgE (FcRI) o per le IgG(FcRIII).

Mentre la >> parte dei recettori Fc sono attivati dagli anticorpi soloquando questi sono legati all’antigene, il recettore FcRI lega le IgEmonomeriche con un’elevata affinità-> anche in presenza di bassi livelli di IgE tipici del plasma degliindividui normali, una notevole quantità di IgE è legata al FcRI sullecellule granulose basofile e sui precursori circolanti di queste, i basofili.

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RECETTORI Fc

Gli eosinofili possono esprimere i recettori Fc, ma solo quelloFcRI quando sono attivate e reclutate nel sito infiammatorio.

Sebbene le cellule granulose basofile leghino normalmente i monomeri di IgE, questi non possono attivare la cellula.

L’attivazione avviene nel caso che l’antigene multivalente leghicontemporaneamente più IgE legate alla cellula.

L’esocitosi dei granuli avviene dopo pochi secondi-> rilascio di istamina-> rilascio di mediatori (prostaglandina D4, leucotriene C4) e dicirochine (TNF-)

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RECETTORI Fc

Si ritiene che le cellule granulose basofile medino almeno treimportanti funzioni nell’organismo:

1) reclutano effettori specifici ed aspecifici nei siti dove è piùprobabile la penetrazione dell’agente infettante

2) aumentano il flusso di linfa drenata dal sito di infezione ai linfonodiregionali -> attivazione delle cellule T naive

3) inducono la contrazione della muscolatura liscia che può favorirel’espulsione dell’agente patogeni dai bronchi o dall’intestino

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RECETTORI Fc

Queste risposte delle cellule granulose basofile sono conseguential legame dell’antigene alle IgE di superficie.

La loro attivazione porta al richiamo e all’attivazione di basofilied eosinofili che contribuiscono ulteriormente alla risposta mediatada IgE.

Queste risposte sono cruciali nella difesa contro le infezioni parassi-tarie.

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RECETTORI FcE DIFESA CONTRO I PARASSITI

Nelle infezioni da elminti si ha mastocitosi, cioè accumulo di cellulegranulose basofile nell’intestino.

Topi mutanti W/Wv, che hanno una grave carenza di cellule granulosebasofile e di basofili, mostrano un deficit nell’eliminazione di nematodiintestinali.

Le infezioni di certe classi di parassiti, in particolare gli elminti, sonoassociate alla produzione di anticorpi IgE ed alla presenza di unnumero elevato di eosinofili (eosinofilia) nel sangue e nei tessuti.

Page 434: Immuno Log i Ax Stud

RECETTORI FcE DIFESA CONTRO I PARASSITI

Le IgE, le cellule granulose basofile, i basofili e gli eosinofilisvolgono anche un ruolo nella resistenza contro insetti ematofaghicome le zecche.

Nel punto dove la zecca ha punto, la pelle mostra cellule granulosebasofile degranulate ed un accumulo di basofili ed eosinofili chevanno incontro a degranulazione.

La resistenza a questi insetti si sviluppa dopo il primo contatto,suggerendo un meccanimso immunologico specifico.

Lo stesso sistema IgE/recettore FcRI ad alta affinità è coinvolto nellereazioni allergiche (asma, febbre da fieno) quando l’allergene legale IgE sulla superficie delle cellule granulose basofile.

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IPERSENSIBILITA’ ED ALLERGIA

Page 436: Immuno Log i Ax Stud

Le reazioni di ipersensibilità sono risposte immunitarie dannose chepossono portare anche a malattie gravi.

Le reazioni di ipersensibilità sono classificate in quattro gruppi.

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ALLERGIA

Le reazioni allergiche (reazione di ipersensibilità di tipo I o reazionedi ipersensibilità di tipo immediato mediato dalle IgE) si manifestanoquando un individuo che ha già prodotto IgE in risposta ad un antigene innocuo, o allergene, viene successivamente in contattocon lo stesso antigene.

L’allergia è una malattia che si presenta in seguito ad una risposta delsistema immunitario verso un antigene innocuo.

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LA PRODUZIONE DI IgE

La produzione di IgE è favorita da particolari antigeni e da specificimodi di presentazione di essi.In questo tipo di risposta sono coinvolte le cellule CD4 TH2, lequali sono capaci di promuovere lo switch da IgM a IgE.

Gli antigeni che richiamano le cellule TH2 e che scatenano unarisposta immunitaria mediata da IgE sono chiamati allergeni.

Molte allergie sono scatenate da basse dosi di piccoli antigeni inalatie la produzione di IgE si ha solo in individui suscettibili.

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LA PRODUZIONE DI IgE

L’entrata di basse dosi di antigene per via transmucosale è una viaparticolarmente efficace per indurre una risposta TH2 mediata da IgE.

La produzione di IgE richiede la presenza di cellule TH2 che rilascianoIL-4 e IL-13. La presentazione di basse dosi di antigene favorisce l’attivazione di cellule TH2 più che quella di TH1.

Di solito alcuni fra gli allergeni comuni pervengono alla mucosarespiratoria con l’inalazione di basse dosi.

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ALCUNI ALLERGENI SONO ENZIMI

I parassiti entrano nel nostro organismo secernendo enzimi proteolitici.Alcuni di questi enzimi funzionano da allergeni.

L’allergene presente nelle feci dell’acaro è un cistein proteasi omologaalla papaina, Der p 1. Questo enzima ha il compito di tagliare laoccludina, un componente delle giunzioni strette. Una volta attraversate le giunzioni strette, Der p 1 può essere captato dalle cellule dendritiche sub-epiteliali e determinare la generazione di cellule TH2 specifiche che la produzione di IgE Der p 1 specifiche.Der p 1 si può quindi legare alla IgE specifiche sui mastociti residenti.

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ALCUNI ALLERGENI SONO ENZIMI

La proteasi papaina viene generalmente usata per rendere più tenerala carne e causa allergie nei lavoratori che preparano questo enzima-> allergia occupazionale

Un’altra comune allergia occupazionale è l’asma causata dall’inalazionedell’enzima batterico subtilisina, un componente biologico di alcunidetergenti usati in lavanderia.

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CELLULE TH2 E SCAMBIO DI CLASSE VERSO LE IgE

Sono necessari due eventi che portano la risposta immunitaria a produrre IgE:1) presenza di segnali che favoriscono la differenziazione delle cellulenaive TH0 in cellule TH2;2) l’azione di citochine e seganli costimolatori dalle cellule TH2 chestimolano le cellule B a produrre IgE.

Nei siti dove la risposta IgE deve essere più importante, le cellule delsistema immunitario innato ed adattativo si sono specializzate asecernere principlamente citochine che conducono ad una rispostamediata da cellule TH2.

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CELLULE TH2 E SCAMBIO DI CLASSE VERSO LE IgE

Le cellule dendritiche presenti in questi siti, con fenotipo mieloide,dopo aver catturato l’antigene, migrano verso i linfonodi dove avvienel’interazione con cellule CD4 naive e ne promuovono la differenziazionein cellule TH2.

a) lo fanno direttamente, perché esprimono un particolare set di citochine e di molecole costimolatorie non ancora caratterizzate

b) queste cellule attivano le cellule NK1.1+, che secernono elevatequantità di IL-4, che induce le cellule T a differenziarsi in TH2 dopola stimolazione antigenica.

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CELLULE TH2 E SCAMBIO DI CLASSE VERSO LE IgE

Nelle cellule B lo scambio di classe è indotto da due segnali diversi eche possono derivare dalle cellule TH2.

1) Secrezione di Il-4 e IL-13

2) Interazione tra tra il ligando CD40 sulla superficie delle cellule Te il CD40 sulla superficie delle cellule B.Questa interazione è fondamentale per lo switch di tutti i tipi dianticorpi.

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CELLULE TH2 E SCAMBIO DI CLASSE VERSO LE IgE

La risposta mediata da IgE, una volta iniziata, può essere amplificatadai basofili, mastociti ed eosinofili, i quali possono stimolare laproduzione di IgE.

Le IgE secrete dalle plasmacellule si legano con alta affinità al recettoreFcRI presente sulla superficie di queste cellule, che in seguito alcross-linking dei recettori, esprimono CD40 e secernono IL-4.

L’interazione tra mastociti e granulociti eosinofili attivati e le cellule Bavviene nel sito della reazione allergica poiché le cellule B formanocentri germinali nei siti di infiammazione (ad es. nei tessuti linfonodaliassociati ai bronchi).

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FATTORI GENETICI ED AMBIENTALI

Per atopia si intende un’elevata tendenza a sviluppare una rispostaallergica mediata da IgE (febbre da fieno ed asma).

Gli individui atopici hanno livelli più elevati di IgE e più eosinofilinel sangue rispetto agli individui normali.

Studi genetici hanno identificato regioni sui cromosomi 11q e 5q chesembrano essere importanti per lo sviluppo dell’atopia:11q: gene che codifica la subunità beta del recettore ad alta affinità delle IgE5q: cluster di geni per IL-3, IL-4, Il-5

Altre mutazioni associate sono quelle nel promotore del gene dell’IL-4e quelle della subunità alfa del recettore dell’IL-4

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FATTORI GENETICI ED AMBIENTALI

Altre mutazioni ereditarie legate alla risposta mediata da IgE si trovanosulla regione dell’MHC di tipo II.E’ stato dimostrato che la produzione di IgE verso particolari allergeniè associata con alcuni alleli di MHC di classe II

-> la combinazione di particolari peptidi con l’MHC potrebbe favorireuna forte risposta TH2.

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FATTORI GENETICI ED AMBIENTALI

La prevalenza dell’allergia atopica, e dell’asma in particolare, è aumentata nelle regioni economicamente sviluppate.

Sono quattro i fattori invocati:a) l’esposizione a malattaie infettive nella prima infanziab) inquinamento ambientalec) livelli di allergenid) cambiamenti nella dieta

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FATTORI GENETICI ED AMBIENTALI

L’atopia è associata negativamente con il morbillo o con il virusdell’epatite A e con la positività al test della tubercolina.

Al contrario, i bambini che hanno avuto attacchi di bronchite acutadovuta a infezioni da virus respiratorio sinciziale (RSV) tendonoa sviluppare successivamente l’asma.

E’ possibile che le infezioni di un microrganismo che richiama unarisposta immunitaria dominata da TH1 nella prima infanzia riducala probabilità di una risposta TH2 e viceversa.

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MECCANISMI EFFETTORI DELLE REAZIONI ALLERGICHE

Le reazioni allergiche si scatenano quando gli allergeni (antigeniinnocui non associati a microrganismi patogeni) si legano alle IgEgià preformate e legate ai propri recettori FcRI presenti suimastociti.

Una volta attivate , queste cellule inducono una reazione infiammatoria immediata.

Gli effetti dell’attivazione dei mastociti dipendono dalla dose diantigene e dalla via di entrata di questo.

La reazione allergica è seguita da una infiammazione più sostenuta, conosciuta come risposta di fase ritardata, caratterizzata dal richiamo dicellule TH2, eosinofili e basofili.

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I MASTOCITI

La degranulazione dei mastociti avviene entro pochi secondi dal cross-linking dei recettori FCeRI da parte degli antigeni.

I mastociti presentano dei mediatori preformati:1) Istamina -> aumento del flusso sanguigno e aumentata permeabilitàvascolare2) Enzimi (chinasi dei mastociti, triptasi e serin esterasi) -> attivano lemetalloproteasi della matrice con distruzione tessutale3) Una piccola quantità di TNF- è racchiusa nei granuli -> attivazionedelle cellule endoteliali inducendo un’aumentata espressione di molecole di adesione.

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I MASTOCITI

Dopo l’attivazione, i mastociti sintetizzano e rilasciano chemochine,mediatori lipidici dell’infiammazione (leucotrieni e PAF) e citochine.

Mediatori lipidiciLeucotrieni C4, D4, E4: contrazione muscolatura liscia, aumento dellapermeabilità vascolare, secrezione di muco

PAF: richiamo ed attivazione dei leucociti (eosinofili, neutrofili e piastrine)

CitochineIL-4 e IL-13: stimolano ed amplificano la risposta TH2IL-3, IL-5, GM-CSF: promuovono la produzione ed attivazione deglieosinofili

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I GRANULOCITI EOSINOFILI

I granulociti eosinofili si trovano nella maggior parte nei tessuti,specialmente in quello connettivo del tratto respiratorio, intestinale edurogenitale.

Gli eosinofili, una volta attivati, possono rilasciare dai granuli proteinetossiche e sintetizzare mediatori lipidici, citochine e chemochine.

Poiché le proteine tossiche possono indurre dei danni molto gravi aitessuti, gli eosinofili sono controllati da tre meccanismi:

1) in assenza di infezioni vengono generalmente prodotti pochi eosinofili. Nel caso di attivazione delle cellule TH2 -> rilascio di IL-5che stimola la produzione nel midollo osseo

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I GRANULOCITI EOSINOFILI

2) entrata nei tessuti per rilascio di chemochine CC: eotaxina 1 eeotaxina 2.Queste chemochine hanno anche la proprietà di attivare gli eosinofili

3) nel loro stato non attivato, gli eosinofili non esprimono i recettoriad alta affinità per le IgE e hanno un’elevata soglia per il rilascio delcontenuto dei loro granuli.Dopo l’attivazione da parte di citochine e chemochine, esprimono irecettori FCRI, si abbassa la soglia di rilascio.

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I GRANULOCITI BASOFILI

I granulociti basofili sono normalmente presenti a bassi nel torrentecircolatorio e sembrano avere un ruolo simile a quello deglieosinofili nella difesa contro i patogeni (Parassiti) e vengono reclutatinel sito di reazioni allergiche.Esprimono FcRI e dopo essere stati attivati dalle citochine o dagliantigeni rilasciano istamina e IL-4.

Eosinofili, basofili e mastociti sono in grado di interagire tra loro.Gli eosinofili rilasciano la proteina basica maggiore, che stimola asua volta la degranulazione dei mastociti e dei basofili.IL-3. IL-5 e GM-CSF, citochine che stimolano la crescita e differen-ziazione degli eosinofili e dei basofili, amplificano questo effetto.

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RISPOSTA IMMEDIATA E RITARDATA

La risposta infiammatoria che segue l’attivazione dei mastociti comprende una reazione immediata che inizia dopo pochi secondie una reazione ritardata che si sviluppa entro 8-12 ore.

Reazione immediataRilascio di istamina e TNF- che inducono un aumento della permea-bilità vascolare e la contrazione delle cellule muscolari lisce

Reazione ritardataMediatori neo sintetizzati richiamano altri leucociti, eosinofili e celluleTH2 -> edema, contrazione muscolatura liscia.Iperreattività delle vie aeree superiori a stimoli broncocostrittorinon specifici come istamina e metacolina.meno evidente clinicamente della reazione immediata.

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RISPOSTA IMMEDIATA E RITARDATA

La reazione di fase ritardata è causa importante di malattie gravi, comel’asma cronica.

Nella reazione ritardata si ha richiamo di leucociti, in particolareeosinofili e cellule TH2. Questa risposta può diventare facilmente cronica se la presenza delloallergene persiste perché richiama costantemente le cellule TH2allergene-specifiche, che promuovono a loro volta eosinofilia e ulteriore produzione di IgE.

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MANIFESTAZIONI CLINICHE DELLE REAZIONI ALLERGICHE

Gli aspetti clinici della reazione allergica dipendono principalmenteda tre variabili:

• percentuale di IgE specifiche per un particolare allergene• via di ingresso dell’allergene• dose di allergene

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MANIFESTAZIONI CLINICHE DELLE REAZIONI ALLERGICHE

Se un allergene entra direttamente nel sangue o viene assorbitorapidamente dall’intestino, vengono attivati tutti i mastociti connettivaliassociati ai vasi sanguigni -> reazione di anafilassi sistemica

Shock anafilattico: repentino abbassamento della pressione sanguignaper aumento generalizzato della permeabilità vascolare, forte difficoltàrespiratoria e rigonfiamento dell’epiglottide.

Si ha in seguito a:• somministrazione di farmaci a persone che hanno IgEspecifiche per quei farmaci• dopo puntura di insetto in individui allergici alle loro tossine• ingestione di cibi, come le noci brasiliane e arachidi

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MANIFESTAZIONI CLINICHE DELLE REAZIONI ALLERGICHE

La penicillina si comporta come un aptene (piccola molecola che dasola non riesce ad indurre una risposta immunitaria).

La penicillina contiene un anello beta-lattamico che reagisce con i gruppi aminoacidici delle proteine dell’ospite per formare coniugaticovalenti.

Quando la penicillina viene ingerita o iniettata per la prima volta, formadei coniugati che, in alcuni individui, possono provocare una rispostadelle cellule TH2, che poi stimolano le cellule B a produrre IgEspecifiche per l’aptene penicillina.

Quando la penicillina viene iniettato in individui allergici, le proteineautologhe modificate dalla penicillina causano un cross-link delle IgElegate sui mastociti e inducono anafilassi.

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REAZIONI ALLERGICHE RESPIRATORIE

La rinite allergica è causata da allergeni ambientali presenti solamentedurante certe stagioni: pollini di alcuni alberi o erbe, come l’ambrosia.

E’ caratterizzata da intenso prurito, starnuti, edema locale che causa ilblocco delle vie respiratorie nasali e da essudato nasale, tipicamentericco di eosinofili -> rilascio di istamina.

L’asma allergico è invece causato dall’attivazione dei mastociti presenti nelle vie aeree più basse.In pochi secondi si ha costrizione bronchiale e ipersecrezione di fluidie muco.La risposta cronica è caratterizzata da un aumentato numero di linfocitiTH2, eosinofili, e neutrofili.

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REAZIONI ALLERGICHE RESPIRATORIE

Anche se l’asma allergico si presenta inizialmente in riposta ad unospecifico allergene, l’infiammazione cronica che segue sembraperpetuarsi anche in assenza di quell’allergene.

Le vie aeree diventano iperattive e altri fattori oltre all’esposizioneall’antigene possono scatenare attacchi asmatici.

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REAZIONI ALLERGICHE CUTANEE

L’entrata dell’allergene nell’epidermide o nel derma scatena una reazione allergica locale -> eritema cutaneo.L’attivazione dei mastociti porta a:• aumento della permeabilità vascolare -> gonfiore• riflesso assonale -> vasodilatazione cutanea -> arrossamento

Dopo 8 ore -> risposta di fase ritardata

Quando un allergene ingerito entra in circolo e raggiunge la cute si haun eritema disseminato conosciuto come orticaria.

Le cause dell’orticaria cronica sono poco conosciute. In un terzo dei casisembra essere una malattia autoimmune causata da anticorpi diretticontro la catena del recettore FcRI (reazione di ipersensibilità di IItipo).

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REAZIONI ALLERGICHE CUTANEE

Una vera e propria risposta infiammatoria cronica è rappresentatadall’eczema o dermatite atopica.

L’eziologia dell’eczema non è ancora bene conosciuta.Sono coinvolte le IgE e le cellule TH2 e generalmente scomparedurante l’adolescenza, al contrario di asma e riniti che possonopersistere per tutta la vita.

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REAZIONI ALLERGICHE AI CIBI

L’ingestione di allergeni può causare due tipi di reazioni:• attivazione dei mastociti associati alla ucosa del tratto gastro-intestinale -> perdita di fluidi transepitelilae e contrazione dellecellule muscolari lisce -> vomito e diarrea

• entrata in circolo -> attivazione dei mastociti del derma e deltessuto sottocutaneo -> orticaria (ad es. penicillina)

anafilassi sistemica con collasso cardiocircolatorio e bronco-costrizione dopo ingestione di noci, arachidi e crostacei

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI II TIPO

In queste reazioni non comuni il farmaco si lega alla superficie cellularee diventa bersaglio per gli anticorpi IgG anti farmaco e ne diventanocausa di distruzione da parte dei macrofagi tissutali presenti nellamilza che possiedono i recettori Fc.

Cellule bersaglio: eritrociti (anemia) e piastrine (trombocitopenia)

Farmaci: penicillina, quinidina (antiaritmico), metildopa (antiipertensivo)

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI III TIPO

Queste reazioni si hanno in presenza di antigeni solubili.I complessi antigene:anticorpo o immunocomplessi che si formano durante la risposta anticorpale possono essere di due tipi:

1) gli aggregati più grandi fissano il complemento e vengono rimossidalla circolazione dal sistema reticolo-endoteliale;

2) i complessi più piccoli che si formano a causa di un eccesso di antigene si depositano sulla superficie delle pareti vascolari, si possonolegare ai recettori Fc dei eucociti causano la loro attivazione e quindi idanni tessutali.

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI III TIPO

Le reazioni di ipersensibilità di III tipo localizzata a livello cutaneo puòavvenire in soggetti sensibilizzati che possieodno IgG contro antigenispecifici.

Reazione di Arthus: quando un antigene viene iniettato nella pelle, leIgG circolanti diffondono nel sito di iniezione formando immuno-complessi, i quali attivano i mastociti che hanno i recettori FcgRIII-> aumento della permeabilità vascolare e invasione da parte delle celluleinfiammatorie

Gli immunocomplessi attivano anche il complemento causando il rilasciodi C5a.

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI III TIPO

Una reazione di ipersensibilità di III tipo sistema è la malattia da siero.Si aveva soprattutto in era pre-antibiotica quando il siero di cavalliimmunizzati veniva usato come terapia della polmonite da pneumococco.

La reazione agli antigeni presenti nel siero avviene tipicamente dopo 7-10 giorni dalla somministrazione, tempo necessario per avere lo switch diclasse da IgM a IgG.

A livello clinico si ha: brividi, febbere, arrossamento cutaneo, atrite, etalvolta glomerulonefrite.

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI III TIPO

La malattia da siero è dovuta alla deposizione degli immunocomplessiin tutto il corpo, i quali fissano il complemento e possono legare eattivare i leucociti che hanno i recettori Fc.

La formazione degli immunocomplessi causa la captazione degli antigeniestranei per cui la malattia da siero è normalmente auto-limitante.

Oggi si sviluppa dopo la somministrazione di globuline anti-linfociti(nei pazienti trapiantati come agenti immunosoppressori) o distreptochinasi (enzima batterico usanto come agente antitrombolitico).

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI III TIPO

Una risposta di III tipo avviene anche in due situazioni in cui c’èpersistenza dell’antigene:

1) una risposta anticorpale non riesce ad eliminare un agente infettivo:nelle endocarditi batteriche subacute o epatiti virali croniche i batteri o ivirus continuano a produrre antigeni anche in presenza di una rispostaanticorpale persistente che non riesce ad eliminarli. Gli immunocomplessiinducono una malattia persistente, causando danni ai vasi sanguigni piùpiccoli in alcuni tessuti e organi, inclusi cute, reni e nervi.

2) Gli immunocomplessi si formano anche in alcune malattie auto-immunitarie (lupus eritematoso sistemico), dove c’è persistenza delloantigene self.

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI III TIPO

Alcuni allergeni inalati provocano una risposta mediata da IgG più cheda IgE perché presenti nell’aria a dosi elevate.

La reintroduzione dell’antigene causa la deposizione degli immuno-complessi negli alveoli polmonari -> accumulo di fluidi, proteine e cellule nelle pareti alveolari con compromissione degli scambi polmonari.

Malattia del polmone da agricoltore: esposizione continua a polvere difieno e spore di muffa.

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI IV TIPO

Al contrario delle reazioni di ipersensibilità immediate e mediate daanticorpi, l’ipersensibilità ritardata o di IV tipo è mediata da cellule Tantigene-specifiche (TH1 e CD8 citotossiche).

Se ne distinguono tre tipi:1) ipersensibilità di tipo ritardato (antigene iniettato all’interno della pelle)

2) ipersensibilità da contatto (antigene viene assorbito dalla cute)

3) enteropatia sensibile al glutine (antigene assorbito dall’intestino)

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI IV TIPODI TIPO RITARDATO

Test alla tubercolinaLa tubercolina, una miscela di peptidi e carboidrati derivati da M.tubercolosis, è usata per individuare gli individui già esposti albatterio.Dopo l’iniezione nel derma, si ha una reazione infiammatoria localizzatanel giro di 24-72 ore. La risposta è mediata da cellule TH1, che entranonel sito di iniezione dell’antigene, riconoscono il complesso peptide:MHCII sulle che presentano l’antigene e rilasciano citochine infiammatoriequali IFN- e TNF-.Le citochine stimolano l’espressione di molecole di adesione sulloendotelio e aumentano la permeabilità vascolare -> ingresso e attivazione di monociti/macrofagi e liquidi nel sito di iniezione (gonfiore).

Page 475: Immuno Log i Ax Stud

REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI IV TIPODA CONTATTO

Alcuni antigeni che causano ipersensibilità cutanea sono piccole molecole altamente reattive che possono facilmente penetrare nella pelleintatta, specialmente se causano prurito. Fungono da apteni e reagiscono con proteine autologhe ed essereprocessati ed esposti insieme a molecole MHC.

Due fasi della risposta da ipersensibilità cutanea:1) sensibilizzazione: le cellule cutanee di Langherans catturano eprocessano l’antigene, migrano nei linfonodi a ttivano le cellule T incellule T memoria che a loro volta migrano nel derma.

Page 476: Immuno Log i Ax Stud

REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI IV TIPODA CONTATTO

2) reazione: la riesposizione all’antigene porta alla presentazione di questoalle cellule T memoria le quali rilasciano citochine quali IFN- e IL-17:attivazione dei cheratinociti a rilasciare altre citochine (IL-1, IL-6,etc.) e chemochine CXC (come IL-8 e MIG (monokine induced by IFN- ).

Queste citochine aumentano la risposta infiammatoria inducendo lamigrazione dei monociti nel sito della lesione dove maturano a macrofagi e infine attirano altre cellule T.

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REAZIONI DI IPERSENSIBILITA’ DI IV TIPODA CONTATTO

Reazioni a cationi divalenti come il nichel: può alterare la conformazioneil legame dei petidi all’MHC II e provocare una risposta delle cellule T.

Reazione da contatto con il veleno dell’edera: pentadecacatecolo, solubile nei lipidi, attraversare la membrana cellulare e modificare proteine intracellulari -> queste proteine modificategenerano peptidi che vengono esposti sulla membrana dall’MHC diclasse I.Questi vengono riconosciuti dalle cellule CD8 le quali uccidono le celluleche espongono tali peptidi e secrenono IFN- -> danni tessutali

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AUTOIMMUNITA’

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Le malattie autoimmuni sono provocate da una risposta immunitariaacquisita specifica verso il self.

Quando si innesca una risposta adattativa contro il self è impossibile peri meccanismi immunitari eliminare completamente l’antigene e quindisi innesca una risposta che si autoperpetua-> infiammazione cronica che danneggia i tessuti e può essere letale

Nelle malattie autoimmuni i danni ai tessuti sono prodotti essenzialmentedagli stessi meccanismi che intervengono nell’immunità protettiva enell’allergia.

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Le risposte immunitarie adattative iniziano con l’attivazione dellecellule T antigene-specifiche.Le reazioni autoimmuni iniziano alla stessa maniera.Le cellule T possono danneggiare i tessuti in due maniere:1) diretta: risposta delle cellule T citotossiche e attivazione incongruadei macrofagi da parte delle cellule TH1 -> danno ai tessuti;

2) indiretta: aiuto inappropriato delle cellule T alle cellule B sensibiliz-zate verso il self -> risposte anticorpali

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La tolleranza per il self è la regola.

Nei soggetti normali non si hanno risposte immunitarie acquisite dilunga durata contro gli antigeni propri, anche se risposte transitoriecontro i tessuti danneggiati possono avvenire.

Nell’uomo l’autoimmunità insorge di solito spontaneamente, anche seagenti infettivi sono stati invocati, come nella febbre reumatica.

Alcune forme di autoimmunità possono derivare da disordini internidel sistema immunitario.

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MALATTIE AUTOIMMUNITARIE SISTEMICHEO ORGANO-SPECIFICHE

• Le malattie autoimmuniorgano-specifiche si trovanospesso nello stesso individuo

• Le malattie autoimmunisistemiche possono coesisterein membri della stessafamiglia

• Le anemie emoliticheautoimmuni possono essereorgano-specifiche o associateal LES

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MALATTIE AUTOIMMUNITARIE SISTEMICHEO ORGANO-SPECIFICHE

Gli autoantigeni riconosciuti in queste due categorie di malattie sonorispettivamente sistemici ed organo-specifici.

Organo-specificiMalattia di Graves: anticorpi contro il recettore dell’ormone tireotropoTiroidite di Hashimoto: a. contro la perossidasi tiroideaDiabete di tipo I: anticorpi anti-insulina

SistemiciLES: anticorpi contro antigeni ubiquitari: contro la cromatina o controle proteine dello spliseosoma.

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SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

Studi sui gemelli e sulle famiglie hanno evidenziato l’importanza siadi fattori genetici che ambientali nella suscettibilità alle malattieautoimmuni.

La componente genetica più importante sembra essere l’MHC esoprattutto l’associazione è con MHC di classe II, mentre in alcunicasi è con MHC di classe I.

L’associazione del genotipo MHC con una malattia viene valutataconfrontando la frequenza di un determinato allele presente neipazienti con la frequenza dello stesso allele nella popolazione normale.

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SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

Associazione tra alleli MHC di classe II HLA-DR3 e DR4 ediabete insulino-dipendente (o di tipo I).

Effetto protettivo dell’allele MHC di classe II HLA-DR2: solo pochicasi di diabete presentano questo allele e soggetti portatori di questoallele, anche in presenza di alleli associati alla sucettibilità, raramentesviluppano diabete.

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SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

Un altro modo per determinare se i geni MHC sono importanti nellemalattie autoimmuni è lo studio delle famiglie dei soggetti colpiti.

In questi studi si è osservato che è molto probabile rispetto all’atteso che due consanguinei colpiti dalla stessa malattia autoimmune condividano lo stesso aplotipo MHC.

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SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

Alla sietotipizzazione con anticorpi delle molecole MHC si sonoaggiunte metodiche più precise, come il sequenziamento dei geni HLA.

Gli alleli HLA-DR3 e DR4 sono associati con gli alleli DQ che conferiscono suscettibilità al diabete insulino-dipendente.

Nella popolazione normale nella posizione 57 di DQ cìè un residuodi acido aspartico capace di formare un ponte. I pazienti diabetici hanno valina, serina o alanina che non formano ponti.

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SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

Il legame tra genotipo MHC e malattie autoimmuni è spiegabile dalfatto che in tutte le risposte autoimmuni intervengono le cellule T, lacui capacità di rispondere a un particolare antigene dipende dal genotipoMHC.

Una ipotesi riguarda la capacità delle diverse varianti alleliche delcomplesso MHC nel presentare i peptidi dell’autoantigene allecellule T autoreattive.

Un’altra tiene conto del ruolo degli alleli MHC nella selezione delvasto repertorio dei recettori delle cellule T.

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SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

La risposta dei linfociti T immaturi alla stimolazione antigenica èalla base della selezione negativa intratimica.

I linfociti T che reagiscono intensamente agli antigeni autologhiubiquitari vengono eliminati nel timo.

-> allele MHC che lega debolmente i peptidi o peptidi espressi poco -> malattia autoimmune

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SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

Il genotipo MHC da solo non indica se una persona svilupperà lamalattia autoimmune.

I gemelli identici hanno molte più probabilità di avere la stessa malattiaautoimmune rispetto a due consanguinei con identico MHC-> altri fattori genetici diversi dall’MHC influenzano la suscettibilità.

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SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

La maggiore anormalità sierologica del LES è la presenza di anticorpicontro antigeni intracellulari abbondanti e ubiquitari, come la cromatina.

Numerosi geni sono coinvolti nell’eziologia del LES e sono classificatiin tre categorie in base alle loro funzioni fisiologiche.

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SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

1) Proteine coinvolte nella eliminazione di frammenti cellulariC1q e PTX3: cellule apoptotiche Componente P amilide sierica: lega la cromatina e può mascherarne ilriconoscimento dal sistema immuneDNase I: digersice la cromatina extracellulare

2) proteine che regolano la soglia di tolleranza e l’attivazione dei linfocitiFas, ligando del Fasla fosfatasi inibitoria SHP-1il recettore CD22 inibitore delle cellule Bil recettore FCRIIBinibitore del ciclo cellulare p21

Page 493: Immuno Log i Ax Stud

SUSCETTIBILITA’ ALLE MALATTIE AUTOIMMUNI

3) proteine che potrebbero avere un ruolo organo-specifico attraversoun loro coinvolgimento nell’infiammazione mediata dagli immuno-complessiPolimorfismi geni FcRIIa e FcRIII: diversa capacità di legare gliimmunocomplessi ->nefriti

Un altro importante fattore nella malattia è il sesso e lo stato ormonale.-> incidenza massima negli anni della fecondità con aumentataproduzione di estrogeni e progesterone.

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MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

Nelle malattie autoimmunitarie , il danno tessutale può essere causatosia dalle cellule T che dagli anticorpi.

Le malattie autoimmunitarie in cui i danni sono causati da reazioni diipersensibilità di tipo II sono le più comuni.

Nelle reazioni di tipo III si hanno malattie autoimmunitarie di tiposistemico caratterizzate da vasculiti.

Nelle malattie organo-specifiche, la risposta delle cellule T è responsabiledel danno tessutale.

Page 495: Immuno Log i Ax Stud

MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

Il legame delle IgG e delle IgM agli antigeni localizzati sulla superficiedegli eritrociti ne causa la lisi -> anemia emolitica autoimmune

La porpora trombocitopenica autoimmune è dovuta ad autoanticorpidiretti contro il recettore del fibrinogeno, GpIIb:IIIa presente sullepiastrine -> emorragie.

Anticorpi contro i neutrofili causano neutropenia, con aumento dellasuscettibilità alle infezioni piogeniche.

Page 496: Immuno Log i Ax Stud

MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

La lisi delle cellule nucleate mediante il complemento è menoimportante perché queste cellule posseggono delle proteine regolatricidel complemento sulla loro superficie.

Inoltre, le cellule nucleate sono in grado di resistere alla lisi medianteendocitosi di porzioni di membrana cellulare che sono state legatedal complesso di attacco alla membrana.

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MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

Comunque la fissazione del complemento sulle cellule a dosi sub-litichepuò causare una risposta infiammatoria e danno tessutale mediantediversi meccanismi.

A seconda del tipo di cellula, l’interazione del complesso del complemento con la membrana cellulare può determinare:• rilascio di citochine• attivazione metabolica ossigeno-dipendente• liberazione di acido arachidonico -> prostaglandine e leucotrieni

Si forma anche C5a -> chemoattractante sulle cellule del sistema immune

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MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

Anche i leucociti sono attivati dopo il legame con l’Fc dell’auto-anticorpo sulla loro superficie. I leucociti attivati e la citotossicità cellulare anticorpo-dipendente, mediata dalla cellule NK contribuiscono ai danni tessutali.

Un esempio di questo tipo di autoimmunità è la tiroidite di Hashimoto,anche se in questa malattia è molto importante anche la citotossicitàmediata dalle cellule T.

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MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

Una particolare classe di reazioni di ipersensibilità di tipo II si verificaquando gli autoanticorpi si legano ai recettori sulla superficie cellulare,determinando una loro attivazione o bloccarne la stimolazione daparte del ligando fisiologico.

Malattia di GravesAutoanticorpi contro il recettore per l’ormone tireotropo delle celluletiroidee determinando una produzione di ormone tiroideo in ecesso-> ipertiroidismo

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MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

Miastenia gravisAutoanticorpi contro la catena alfa del recettore nicotinico per l’acetil-colina delle giunzioni neuromuscolari bloccano la trasmissione neuro-muscolare. Gli anticorpi determinano endocitosi e degradazione deirecettori per l’acetilcolina.

Diabete resistente all’insulina (di tipo II)Autoanticorpi contro il recettore per l’insulina (antagonista)-> iperglicemia

IpoglicemiaAutoanticorpi contro il recettore per l’insulina (agonista) -> ipoglicemia

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MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

Le risposte anticorpali contro le molecole della matrice extracellularenon sono frequenti.

Nella sindrome di Goodpasture, si formano anticorpi contro la catena3 del collagene della membrana basale (tipo IV) dei glomeruli e, inalcuni casi, degli alveoli.

Gli autoanticorpi legano i recettori Fc presenti sui leucociti, attivandocosì monociti e mastociti tessutali. Quest’ultimi rilasciano chemochineche richiamano i neutrofili causando un grave danno tessutale.Gli autoanticorpi determinano l’attivazione del complemento, cheamplifica il danno tessutale.

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MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

Le reazioni di ipersensibilità di tipo III sono mediate da complessiimmuni che non vengono rimossi efficacemente dal sistema reticolo-endoteliale.

Nel lupus eritematoso sistemico, viè produzione cronica di autoanticorpiIgG contro tre costituenti cellulari (nucleoproteine): nucleosoma, spliceosoma, complesso citoplasmatico ribonucleoproteico (contenentedue proteine conosciute come Ro e La).Questi antigeni vengono continuamente esposti dalle cellule morte omorenti e sono rilasciate nel danno tessutale.

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MECCANISMI EFFETTORI NELL’AUTOIMMUNITA’

Nel LES, i piccoli immuno-complessi che si formano in presenza di eccesso di antigene si depositano sulle pareti dei vasi sanguigni dei glomeruli renali e sulla membrana basale dei glomeruli, nonché sui vasi delle articolazioni e di altri organi

-> attivazione dei fagociti mediante il legame del recettore Fc -> ildanno tessutale rilascia complessi nucleoproteici che stimola laformazione di ulteriori immunocomplessi

-> attivazione del complemento

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INFLUENZA DEI CO-FATTORI AMBIENTALI

Il collagene di tipo IV si trova in tutte le membrane basali dell’organismo,incluse quelle dei glomeruli renali, degli alveoli polmonari e dellacoclea dell’orecchio interno.I pazienti con sindrome di Goodpasture sviluppano tutti glomerulonefrite,circa il 40% sviluppa emorragie polmonari, nessuno divenat sordo.

Nel rene gli anticorpi passano attraverso la membrana basale glomerulareche è fenestrata.Negli alveoli è necessario un danno alla membrana basale che vienestimolato dal fumo di sigaretta -> infiammazione che danneggia i capillariesponendo gli autoantigeni.La membrana basale cocleare sembra essere immune agli autoanticorpi.

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INFLUENZA DEI CO-FATTORI AMBIENTALI

Nella granulomatosi di Wegener, una vasculite necrotizzante, sonopresenti anticorpi citoplasmatici anti-neutrofili (ANCA). L’autoantigeneè una serin proteasi dei ganuli dei neutrofili, la proteasi-3.E’ comune che pazienti con granulomatosi abbiano alti livelli di ANCAma siano senza sintomi. Se l’individuo sviluppa un’infezione si ha invece la comparsa veloce di una vasculite.

In assenza di infezione, la proteasi-3 si trova all’interno dei granuli. In caso d’infezione, le citochine attivano i neutrofili e la proteasi-3 vieneesposta sulla superficie cellulare. Gli anticorpi anti-proteasi-3 legano ineutrofili -> degranulazione e rilascio di radicali liberi.L’infezione determina attivazione delle cellule endoteliali con aumentodi espressione di molecole di adesione -> interazione endotelio-neutrofili-> lesione vascolare

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DANNI TESSUTALI CAUSATI DA CELLULE T AUTOREATTIVE

Le cellule T specifiche attivate da peptidi “self”: complessi MHC possono determinare infiammazione e danno locale attraverso l’attivazionedei macrofagi o danneggiare direttamente le cellule tessutali.

Questi meccanismi sono rilevanti nel diabete insulino-dipendente, nellaartrite reumatoide e nella sclerosi multipla.

I tessuti di questi pazienti sono inflitrati da linfociti T e macrofagi attivati.Inoltre, le cellule T sono richieste per sostenere le risposte anticorpali.

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DANNI TESSUTALI CAUSATI DA CELLULE T AUTOREATTIVE

Mediante modelli murini è stato possibile identificare l’antigeneresponsabile della risposta mediata dalle cellule T.Nella encefalomielite allergica sperimentale (EAE) si possono avere deisintomi simili alla scelrosi multipla, in cui placche di demielinizzazionesono disseminate lungo il sistema nervoso centrale.

Tra gli antigeni identificati c’è la proteina basica della mielina (MBP) e isintomi della malattia sono causati anche dalla somministrazione di cellule TH1 (infiammatorie) specifiche per MBP ottenute da animaliammalati in animali sani-> questi animali sviluppano la EAE.

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DANNI TESSUTALI CAUSATI DA CELLULE T AUTOREATTIVE

In altre malattie, come il diabete insulino-dipendente (IDDM) si èriconosciuto il ruolo delle cellule T CD8.

Nell’IDDM le cellule del pancreas sono distrutte specificatamenteda cellule CD8. Questo suggerisce che una proteina espressa dallecellule sia la fonte del peptide riconosciuto dalle cellule T CD8patogenetche. Gli studi su topi NOD (non obese diabete) con diabete di tipo I hanno dimostrato che i peptidi derivati dlal’insulina sono riconsociuti da cellule T trovate nelle lesioni insulari.

Alcuni studi indicano anche un ruolo patogenetico delle cellule T CD4nell’IDDM.Vi è associazione tra suscettibilità alla malattia e particolari alleli diclasse II.

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LA TOLLERANZA AL SELF E’ LA REGOLA

La tolleranza al self si acquisisce• per delezione clonale intratimica da parte degli antigeni “self”ubiquitari• per inattivazione clonale da parte degli antigeni specifici tessutalipresentati in assenza di segnali co-stimolatori -> anergia

Inoltre, la tolleranza viene mantenuta in quanto la maggior parte deipeptidi “self” saranno presentati a livelli troppo bassi per poter attivarele cellule T effettrici.

E’ improbabile che l’autoimmunità rifletta l’insufficienza dei principalimeccanismi di tolleranza, perché questi meccanismi sono estremamemteefficaci.

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ANTIGENI PRESENTI IN SITI IMMUNOLOGICAMENTEPRIVILEGIATI

Gli organi immunologicamente privilegiati sono quelli in cui i trapianti di tessuto non provocano una risposta immunitaria:

• Cervello• Camera anteriore dell’occhio• Testicoli• Utero (feto)

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ANTIGENI PRESENTI IN SITI IMMUNOLOGICAMENTEPRIVILEGIATI

Alcuni antigeni espressi in queste localizzazioni non induconotolleranza né attivazione, ma se l’attivazione è indotta altrove possonodivenire bersaglio di un attacco autoimmune.

Oftalmia simpaticaSe un occhio è lesionato da un trauma, si può avere una risposta auto-immune contro le proteine dell’occhio. La risposta attacca entrambi gli occhi.

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CONTROLLO DELLE CELLULE B AUTOREATTIVE

Durante la maturazione delle cellule B, se una molecola self vieneespressa in forma adeguata, la delezione clonale e la “revisione” delrecettore potranno rimuovere tutte le cellule B reattive al self.

Molte molecole self sono solo disponibili in periferia ed espresse soloda particolari organi: es. la tiroglobulina (precursore della tiroxina)presente solo nella tiroide e a livelli molto bassi nel plasma.

Quattro meccansimi di controllo assicurano che una cellula B matura non rispondi all’incontro con un autiantigene

-> l’autoimmunità potrebbe essere dovuta al venir meno di questimeccanismi

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CONTROLLO DELLE CELLULE B AUTOREATTIVE

1) Le cellule B autoreattive non riescono a lasciare la zona T dei linfonodi e ad entrare nei follicoli linfatici. Le cellule B che legano gliantigeni self non sono in grado di interagire con i T CD4 perché talicellule per gli stessi antigeni self sono assenti -> assenza di segnali disopravvivenza -> apoptosi.

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CONTROLLO DELLE CELLULE B AUTOREATTIVE

2) Induzione dell’anergia in cellule B periferiche. Se avviene l’incontro con un antigene self solubile nel sangue periferico, ciò porta allaregolazione negativa dell’espressione di IgM e alla parziale inibizionedei segnali nelle cellule B.

3) Inoltre non possono essere attivati dai linfociti T e anzi vengono rimossi per apoptosi in seguito al legame Fas/Fas-L.

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CONTROLLO DELLE CELLULE B AUTOREATTIVE

4) Nella fase di maturazione nel centro germinativo, l’ipermutazione somatica può portare alla formazione di un anticorpo fortementereattivo contro il “self”. L’incontro di queste cellule B con antigenisolubili determina l’apoptosi di queste cellule in assenza di cellule Thelper.

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CONTROLLO DELLE CELLULE B AUTOREATTIVE

4) Nella fase di maturazione nel centro germinativo, l’ipermutazione somatica può portare alla formazione di un anticorpo fortementereattivo contro il “self”. L’incontro di queste cellule B con antigenisolubili determina l’apoptosi di queste cellule in assenza di cellule Thelper.

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RUOLO DELLE INFEZIONI NELL’AUTOIMMUNITA’

Un possibile meccanismo per la perdita della tolleranza è che imicoorganismi inducano attività co-stimolatoria nelle cellule chepresentano bassi livelli di antigene (es. cellule dei tessuti) attivandocosì le cellule autoreattive.

L’autoimmunità potrebbe essere iniziata da un meccanismo denominatomimetismo molecolare: gli anticorpi o le cellule T prodotte nellarisposta a un microrganismo danno reazione crociata con antigeni self.

Le proteine dell’ospite che formano complessi con i batteri possonoindurre una risposta autoimmune temporanea: il batterio funge datrasportatore (“carrier”), permettendo alle cellule B che esprimono unrecettore autoreattivo di ricevere un aiuto non dovuto dalle cellule T.

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RUOLO DELLE INFEZIONI NELL’AUTOIMMUNITA’

Parecchie malattie autoimmuni nell’uomo sono precedute da unainfezione con un patogeno specifico o con una classe di microorganismiche causano una particolare malattia.

La suscettibilità a tale malattia è determinata in larga misura dalgenotipo MHC.