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649 IMPORTAZIONE E PRODUZIONE LOCALE DI PIASTRELLE CON RIVESTIMENTO VETRIFICATO IN LIGURIA TRA XIV E XVI SECOLO: DATI ARCHEOLOGICI E ARCHEOMETRICI di CLAUDIO CAPELLI *, ALEXANDRE GARDINI **, PAOLO RAMAGLI *** * Università degli Studi di Genova – DIP.TE.RIS ** Soprintendenza Archeologica della Liguria *** Istituto Internazionale di Studi Liguri INTRODUZIONE La Liguria, soprattutto attraverso gli scali portuali di Genova e Savona, ha giocato un ruolo di primo piano nel panorama generale dei commerci nel Mediterraneo occi- dentale nel corso del Medioevo. Il principale aspetto ar- cheologico degli scambi commerciali, ovvero lo studio dei reperti ceramici, si è recentemente arricchito di nuovi ele- menti grazie all’indagine sulle piastrelle con rivestimento vetrificato realizzata nell’ambito dell’edizione integrale dei reperti provenienti dagli scavi del Palazzo della Loggia al Priamàr di Savona (cfr. RAMAGLI, CAPELLI 2001). La campagna di analisi archeometriche integrata con lo studio archeologico-tipologico svolta in tale ambito, prin- cipalmente rivolta alle piastrelle monocrome prive di ele- menti morfologico-decorativi diagnostici, ha permesso di formulare inattese ipotesi sull’introduzione di questo tipo di reperti nella nostra regione, mettendo in discussione, al- meno in parte, la tradizionale attribuzione a manifatture lo- cali. I dati più interessanti ottenuti riguardano infatti la pro- venienza dei reperti più antichi, i cui centri di produzione sono stati localizzati nel sud della Spagna. Sulla base delle nuove acquisizioni si è deciso di esten- dere la ricerca ad altre aree liguri, in parte riesaminando e sottoponendo a nuove considerazioni siti già noti, in parte rivolgendosi a contesti inediti, al fine di caratterizzare gli elementi peculiari delle diverse produzioni e di definirne con più precisione modi e tempi di diffusione. Con il presente studio si è focalizzata l’attenzione sul- l’importazione di piastrelle monocrome – avvenuta princi- palmente dai settori meridionali della Spagna, secondo le analisi archeometriche – nel corso del XIV secolo e sull’in- flusso che tali manufatti ebbero sull’avvio della produzio- ne locale di mattonelle rivestite monocrome, dando vita ad uno standard tipologico che si protrasse per oltre due seco- li. La ricerca, che abbraccia un arco cronologico che dal XIV secolo giunge sino al pieno XVI, all’interno di un am- bito geografico compreso tra la provincia di Genova e quel- la di Imperia, tralascia quindi l’esame delle piastrelle deco- rate introdotte in Liguria da altre zone della Penisola Iberi- ca, soprattutto l’area di Valenza, nel corso del XV e XVI secolo, così come l’analisi della più ricca e variegata pro- duzione locale di XVI secolo, dal momento che questi re- perti sono già stati oggetto di studi approfonditi. L’indagine archeometrica, condotta attraverso lo stu- dio in sezione sottile al microscopio polarizzatore, ha avuto le finalità di caratterizzare i manufatti dal punto di vista sia composizionale, sia tecnologico, di distinguere le diverse produzioni e di ottenere informazioni riguardanti la loro provenienza. Per questo ultimo scopo sono stati utilizzati i confronti con la cartografia geologica, con la banca dati a disposizione, costituita da diverse centinaia di sezioni sot- tili relative a produzioni savonesi e di importazione, e con l’analisi di nuovi laggioni decorati di sicura importazione. In totale, sono stati studiati in sezione sottile 42 cam- pioni, smaltati, invetriati o ingobbiati, monocromi o deco- rati; 21 sono inediti, mentre i rimanenti 21 sono riferibili in parte ai laggioni del Palazzo della Loggia a Savona, in par- te a campioni dell’archivio ISCUM (Istituto di Storia della Cultura Materiale), principalmente realizzato da Tiziano Mannoni a partire dagli anni ’60. Essi sono rappresentativi di 9 siti liguri che hanno restituito, per la quasi totalità, pia- strelle monocrome (cfr. Tab. 1). Al fine di inserire l’analisi dei nuovi dati a nostra di- sposizione nel complesso quadro degli studi di carattere generale effettuati sino ad oggi, si ritiene utile sintetizzare quanto noto sull’uso di questo tipo di manufatti in Liguria. Come osservato da S. Gelichi e S. Nepoti, le testimo- nianze di uso di laterizi rivestiti in Liguria costituiscono uno dei gruppi regionali più considerevoli a livello italiano, per numero di attestazioni e omogeneità nella scansione diacro- nica (GELICHI, NEPOTI 1999). La tradizione di utilizzare late- rizi rivestiti nella nostra regione sembra risalire essenzial- mente al XIV secolo, fatta eccezione per il caso isolato del pavimento in mattoni (circa cm 24,5×12×3,5) rinvenuto nel chiostro dell’ex convento di S. Francesco a Savona, nel qua- le vennero messi in opera – tra il 1259 e il 1266 stando ai dati stratigrafici (CAMEIRANA 1973, p. 135) – circa 3000 esempla- ri smaltati (bianco e verde) ed invetriati (bruno e verde). I mattoni sono stati attribuiti a manifatture locali (CAMEIRANA 1999, p. 49; VARALDO 1999); le analisi condotte su alcuni campioni non escludono tale ipotesi, ma evidenziano pochi confronti con gli standard tecnici più elevati delle coeve ce- ramiche rivestite savonesi, facendo di questi mattoni un’espe- rienza isolata nel panorama della produzione ceramica loca- le (cfr. anche RAMAGLI, CAPELLI 2001, p. 286). Il rinvenimento di piastrelle monocrome o decorate in vari scavi condotti a Genova e Savona, soprattutto a partire dagli anni ’70 del XX secolo, testimonia l’introduzione in contesti privilegiati, nel corso del XIV secolo, del gusto di decorare gli edifici con laterizi rivestiti; tale gusto, impor- tato dalla Spagna islamica, si affermerà e si diffonderà in maniera considerevole nel secolo seguente, soprattutto in cappelle private all’interno di edifici religiosi, ma anche in edifici pubblici e privati, oppure, come nei due casi qui documentati, per l’ornamento di cuspidi di campanili. Le piastrelle vennero utilizzate per ricoprire superfici ampie, sia pavimentali che parietali, ma anche molto ridotte, come inserti decorativi (ad esempio a palazzo Ricci a Finalborgo, dove alcune mattonelle rivestono i sedili di una finestra che si apre sullo scalone principale, o a S. Maria di Castello a Genova, dove ornano il davanzale di una bifora che fian- cheggia l’ingresso della sala capitolare). Il Quattrocento segna anche l’avvio su larga scala della produzione locale di questo tipo di manufatti, denominati “laggioni” (sull’origine del termine v. CAMEIRANA 1999, p. 49, nota 2). Il più antico documento d’archivio in cui si faccia riferimento a produzioni di piastrelle risale al 1465, quando Lorenzo Nico, definendosi magister lagionorum habitator Saone, rivolge una supplica al governatore di Genova affin- ché gli sia consentito costruire una fabbrica per la lavorazio- ne delle piastrelle nel capoluogo ligure (CAMEIRANA 1999, p. 49). La capacità produttiva di queste manifatture era notevo- le: nel 1485 il nobile Paride Fieschi commissionò al figlio di Lorenzo Nico, Giovanni (anche lui magister lahionorum in Saona), una fornitura di 40.000 laggioni (bianchi, verdi, neri) dei quali 2.000 decorati con le insegne del Sommo Pontefice (il genovese G.B. Cybo, ovvero papa Innocenzo VIII), la cui consegna doveva essere effettuata entro due mesi e mezzo dalla stipula del contratto (LAVAGNA, VARALDO 1987, p. 90; CAMEIRANA 1999, p. 50). Laggioni vernixiados compaiono anche in un atto del 16 novembre 1500, nella ragguardevole quantità di 100.000 unità, corrispondente al prezzo di una casa con fornace e piazzale (LAVAGNA, VARALDO 1987, p. 90). Nel corso del XVI secolo nei documenti compare la distinzione tra lagioneti e quadretti. Con “laggionetti” si intendono sicuramente le

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IMPORTAZIONE E PRODUZIONE LOCALEDI PIASTRELLE CON RIVESTIMENTO

VETRIFICATO IN LIGURIATRA XIV E XVI SECOLO:

DATI ARCHEOLOGICI E ARCHEOMETRICI

diCLAUDIO CAPELLI*, ALEXANDRE GARDINI**,

PAOLO RAMAGLI***

* Università degli Studi di Genova – DIP.TE.RIS** Soprintendenza Archeologica della Liguria

*** Istituto Internazionale di Studi Liguri

INTRODUZIONE

La Liguria, soprattutto attraverso gli scali portuali diGenova e Savona, ha giocato un ruolo di primo piano nelpanorama generale dei commerci nel Mediterraneo occi-dentale nel corso del Medioevo. Il principale aspetto ar-cheologico degli scambi commerciali, ovvero lo studio deireperti ceramici, si è recentemente arricchito di nuovi ele-menti grazie all’indagine sulle piastrelle con rivestimentovetrificato realizzata nell’ambito dell’edizione integrale deireperti provenienti dagli scavi del Palazzo della Loggia alPriamàr di Savona (cfr. RAMAGLI, CAPELLI 2001).

La campagna di analisi archeometriche integrata con lostudio archeologico-tipologico svolta in tale ambito, prin-cipalmente rivolta alle piastrelle monocrome prive di ele-menti morfologico-decorativi diagnostici, ha permesso diformulare inattese ipotesi sull’introduzione di questo tipodi reperti nella nostra regione, mettendo in discussione, al-meno in parte, la tradizionale attribuzione a manifatture lo-cali. I dati più interessanti ottenuti riguardano infatti la pro-venienza dei reperti più antichi, i cui centri di produzionesono stati localizzati nel sud della Spagna.

Sulla base delle nuove acquisizioni si è deciso di esten-dere la ricerca ad altre aree liguri, in parte riesaminando esottoponendo a nuove considerazioni siti già noti, in parterivolgendosi a contesti inediti, al fine di caratterizzare glielementi peculiari delle diverse produzioni e di definirnecon più precisione modi e tempi di diffusione.

Con il presente studio si è focalizzata l’attenzione sul-l’importazione di piastrelle monocrome – avvenuta princi-palmente dai settori meridionali della Spagna, secondo leanalisi archeometriche – nel corso del XIV secolo e sull’in-flusso che tali manufatti ebbero sull’avvio della produzio-ne locale di mattonelle rivestite monocrome, dando vita aduno standard tipologico che si protrasse per oltre due seco-li. La ricerca, che abbraccia un arco cronologico che dalXIV secolo giunge sino al pieno XVI, all’interno di un am-bito geografico compreso tra la provincia di Genova e quel-la di Imperia, tralascia quindi l’esame delle piastrelle deco-rate introdotte in Liguria da altre zone della Penisola Iberi-ca, soprattutto l’area di Valenza, nel corso del XV e XVIsecolo, così come l’analisi della più ricca e variegata pro-duzione locale di XVI secolo, dal momento che questi re-perti sono già stati oggetto di studi approfonditi.

L’indagine archeometrica, condotta attraverso lo stu-dio in sezione sottile al microscopio polarizzatore, ha avutole finalità di caratterizzare i manufatti dal punto di vista siacomposizionale, sia tecnologico, di distinguere le diverseproduzioni e di ottenere informazioni riguardanti la loroprovenienza. Per questo ultimo scopo sono stati utilizzati iconfronti con la cartografia geologica, con la banca dati adisposizione, costituita da diverse centinaia di sezioni sot-tili relative a produzioni savonesi e di importazione, e conl’analisi di nuovi laggioni decorati di sicura importazione.

In totale, sono stati studiati in sezione sottile 42 cam-pioni, smaltati, invetriati o ingobbiati, monocromi o deco-

rati; 21 sono inediti, mentre i rimanenti 21 sono riferibili inparte ai laggioni del Palazzo della Loggia a Savona, in par-te a campioni dell’archivio ISCUM (Istituto di Storia dellaCultura Materiale), principalmente realizzato da TizianoMannoni a partire dagli anni ’60. Essi sono rappresentatividi 9 siti liguri che hanno restituito, per la quasi totalità, pia-strelle monocrome (cfr. Tab. 1).

Al fine di inserire l’analisi dei nuovi dati a nostra di-sposizione nel complesso quadro degli studi di caratteregenerale effettuati sino ad oggi, si ritiene utile sintetizzarequanto noto sull’uso di questo tipo di manufatti in Liguria.

Come osservato da S. Gelichi e S. Nepoti, le testimo-nianze di uso di laterizi rivestiti in Liguria costituiscono unodei gruppi regionali più considerevoli a livello italiano, pernumero di attestazioni e omogeneità nella scansione diacro-nica (GELICHI, NEPOTI 1999). La tradizione di utilizzare late-rizi rivestiti nella nostra regione sembra risalire essenzial-mente al XIV secolo, fatta eccezione per il caso isolato delpavimento in mattoni (circa cm 24,5×12×3,5) rinvenuto nelchiostro dell’ex convento di S. Francesco a Savona, nel qua-le vennero messi in opera – tra il 1259 e il 1266 stando ai datistratigrafici (CAMEIRANA 1973, p. 135) – circa 3000 esempla-ri smaltati (bianco e verde) ed invetriati (bruno e verde). Imattoni sono stati attribuiti a manifatture locali (CAMEIRANA1999, p. 49; VARALDO 1999); le analisi condotte su alcunicampioni non escludono tale ipotesi, ma evidenziano pochiconfronti con gli standard tecnici più elevati delle coeve ce-ramiche rivestite savonesi, facendo di questi mattoni un’espe-rienza isolata nel panorama della produzione ceramica loca-le (cfr. anche RAMAGLI, CAPELLI 2001, p. 286).

Il rinvenimento di piastrelle monocrome o decorate invari scavi condotti a Genova e Savona, soprattutto a partiredagli anni ’70 del XX secolo, testimonia l’introduzione incontesti privilegiati, nel corso del XIV secolo, del gusto didecorare gli edifici con laterizi rivestiti; tale gusto, impor-tato dalla Spagna islamica, si affermerà e si diffonderà inmaniera considerevole nel secolo seguente, soprattutto incappelle private all’interno di edifici religiosi, ma anche inedifici pubblici e privati, oppure, come nei due casi quidocumentati, per l’ornamento di cuspidi di campanili. Lepiastrelle vennero utilizzate per ricoprire superfici ampie,sia pavimentali che parietali, ma anche molto ridotte, comeinserti decorativi (ad esempio a palazzo Ricci a Finalborgo,dove alcune mattonelle rivestono i sedili di una finestra chesi apre sullo scalone principale, o a S. Maria di Castello aGenova, dove ornano il davanzale di una bifora che fian-cheggia l’ingresso della sala capitolare).

Il Quattrocento segna anche l’avvio su larga scala dellaproduzione locale di questo tipo di manufatti, denominati“laggioni” (sull’origine del termine v. CAMEIRANA 1999, p. 49,nota 2). Il più antico documento d’archivio in cui si facciariferimento a produzioni di piastrelle risale al 1465, quandoLorenzo Nico, definendosi magister lagionorum habitatorSaone, rivolge una supplica al governatore di Genova affin-ché gli sia consentito costruire una fabbrica per la lavorazio-ne delle piastrelle nel capoluogo ligure (CAMEIRANA 1999, p.49). La capacità produttiva di queste manifatture era notevo-le: nel 1485 il nobile Paride Fieschi commissionò al figlio diLorenzo Nico, Giovanni (anche lui magister lahionorum inSaona), una fornitura di 40.000 laggioni (bianchi, verdi, neri)dei quali 2.000 decorati con le insegne del Sommo Pontefice(il genovese G.B. Cybo, ovvero papa Innocenzo VIII), la cuiconsegna doveva essere effettuata entro due mesi e mezzodalla stipula del contratto (LAVAGNA, VARALDO 1987, p. 90;CAMEIRANA 1999, p. 50).

Laggioni vernixiados compaiono anche in un atto del16 novembre 1500, nella ragguardevole quantità di 100.000unità, corrispondente al prezzo di una casa con fornace epiazzale (LAVAGNA, VARALDO 1987, p. 90). Nel corso del XVIsecolo nei documenti compare la distinzione tra lagioneti equadretti. Con “laggionetti” si intendono sicuramente le

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1 928 // Albenga, Cattedrale XVI S bianco? xxxxx xxxx xxxx x (0.1) xxxxx Savona 1 3716 SMC2 GE, S. M. di Cast. XIV // ? xxx xxxx xxxx x // // Savona 1 3717 SMC3 GE, S. M. di Cast. XIV S Verde xxxx xxxx xxxx x 0.2-0.3 xxxxx Savona 1 3718 SMC4 GE, S. M. di Cast. XIV // ? xxx xxxx xxxx x // // Savona 1 5936 PL3937 SV, Priamàr XV S bianco? xxxx xxxx xxxx x 0.2-0.3 xxxxx Savona 1 6558 CD 9998 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI S blu xxx xxx xx xxx 0.2 xxxxx Savona 1 6559 CD 9605 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI V nero x xxxx xxx xx 0.1-0.2 assente Savona 1 6560 CD 9994 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI S blu xxxx xx x xxxx 0.3 xxxxx Savona 1 6561 CD 9981 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI I+V giallo xx xxx xxx xx 0.2-0.3 tot assente Savona 1 6562 CD 9982 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI I+V giallo x xxx xxx xxx 0.2 tot assente Savona 1 6563 CD 9543 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI S verde x xxxx xxx xx 0.3-0.4 xx Savona 1 6564 CD 9905 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI S bianco xx xxx xx xxx 0.2-0.3 xxxxx Savona 1 6565 CD 9564 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI S blu xxxx xxx x xxxx 0.2-0.3 xxxxx Savona 1 6566 CD 9570 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI V nero xxxx xxxx xxxx x 0.2-0.3 assente Savona 1 6567 CD 9606 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI S bianco xx xxxx xxx xx 0.2-0.3 xxxxx Savona 1 6568 CD 9588 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI S bianco xxxx xxxx xxxx x 0.2-0.3 xxxxx Savona 1 6569 CD 9560 SV, S. Domenico 1° ¼ XVI S bianco x xxx xxx xxx 0.3 xxxxx Savona 1 6574 // Taggia 1470-1479 S verde xxxx xxxx xxxx x 0.2-0.3 xxxxx Savona 1 6841 L1 SV, Priamàr XVI S blu xx xx x xxxx 0.3 xxxxx Savona 1 6842 L2 SV, Priamàr ? S ? x xxxx xxx xxx 0.2 xx Savona

1var? 3725 SS11 GE, S. Silvestro XIV ? // xxxx xx x xxxx // // Savona 1var? 3876 SS12 GE, S. Silvestro XIV S bianco? xx xxx x xxxx 0.3 xxxxx Savona 1var? 6843 PL 5662 SV, Priamàr XVI S blu xxxx xx xxxxx 0.3 xxxxx Savona 1var? 5963 PL 4338 SV, Priamàr 1515-22 S policromo xxxxx xxx xxxxx 0.1-0.2 xxxxx Savona

2 5937 PL33407 SV, Priamàr XIV S bianco xxx xxxx xxxx x 0.3 xxxxx Malaga 2 5939 PO6 SV, Priamàr XIV S bianco xxxx xxxx xxxx x 0.4-0.5 xxxxx Malaga 2 5940 PO3 SV, Priamàr XIV V nero xxx xxxx xxx xxx 0.3-0.4 assente Malaga 2 5941 PL7073 SV, Priamàr XIV S bianco dec lustro xxx xxxxx xxx xx 0.1-0.2 xxxxx Malaga 2 5942 PL13815 SV, Priamàr XIV S bianco dec. blu xxx xxxx xxx xx // xxxxx Malaga 2 5943 PO2 SV, Priamàr XIV S bianco xxxx xxxx xxx xx 0.3 xxxxx Malaga 2 5944 PO4 SV, Priamàr XIV S bianco dec lustro xxxxx xxx xxxx x // // Malaga 2 5945 PL13813 SV, Priamàr XIV S bianco dec. blu xxx xxxx xxx xx 0.3 xxxxx Malaga 2 5946 PL7268 SV, Priamàr XIV S bianco dec. blu xxxx xxxx xxx xx 0.3 xxx Malaga 2 5994 COM C I1 GE, Comm. di Pré XIV S bianco xxx xxxx xxx xxx 0.3-0.5 xxxxx Malaga 2 5995 COM C I2 GE, Comm. di Pré XIV V nero xxxx xxxx xxxx x 0.5-0.8 assente Malaga 2 5997 COM C I4 GE, Comm. di Pré XIV S verde-azzurro xxxx xxx xxx xx 0.3-0.4 xxxx Malaga 2 5998 COM C I5 GE, Comm. di Pré XIV S verde-azzurro xxxxx xxxx xxx xx 0.3-0.6 xxxxx Malaga 2 6910 MV4786 GE, S. Agostino XIV V nero xxxxx xxxx x xxxx 0.5-0.6 assente Malaga 2 6911 MV4781 GE, S. Agostino XIV V giallo xxxxx xxxxx xxx xx 0.2-0.4 assente Malaga 2 6912 MV4789 GE, S. Agostino XIV S verde xxxxx xxxxx xxx xx 0.3 xx Malaga 2 6913 MV5613 GE, S. Agostino XIV S bianco xx xxxxx x xxxx 0.3 xxxxx Malaga 2 6914 MV5754 GE, S. Agostino XIV S bianco dec. blu xxxx xxxxx xxx xx 0.2-0.4 xxxxx Malaga 3 6001 8/SFR88C21 Camogli, San Frutt. XIV S bianco xxxx xxx xxxx x 0.2 xxx area islamica 3 5999 6/SFR88C21 Camogli, San Frutt. XIV S verde xxxx xxx xxxx x 0.3-0.4 xxx area islamica 3 6000 7/SFR88C21 Camogli, San Frutt. XIV V marrone xxxxx xxx xxxx x 0.1-0.2 assente area islamica 4 5996 COM C I3 GE, Comm. di Pré XIV S bianco dec. blu xxxxx xxx xx xxx 0.05 xxxxx Valenza

Tab.1 – Tabella riassuntiva dei dati relativi alle piastrelle analizzate.

piastrelle di piccole dimensioni, mentre il termine “quadret-ti” indica le quadrelle rinascimentali ma non solo, dal mo-mento che una fornitura effettuata nel 1558 prevede qua-dretti di terracotta di forma ottagonale con inserti di laggio-ni con rivestimento vetrificato («quadreti de octo angulisforme magne de terra cocta et rubea cum suis lagionetis decoloribus turchini et viridis» ROSSETTI 1992, p. 152).

La fabbricazione di piastrelle monocrome di tradizionemedievale si protrae quindi per buona parte del Cinquecento,affiancandosi ai nuovi modelli rinascimentali, che si presenta-no a partire dagli inizi del secolo con caratteristiche dimensio-nali differenti e con una ricca e variegata tipologia decorativache attinge ampiamente ai repertori dei modelli spagnoli, peresaurirsi nel corso del XVII secolo (CAMEIRANA 1999).

I CONTESTI ANALIZZATI

Partendo da questi dati, ci si è indirizzati, come già det-to, ad un riesame su nuove basi di contesti già editi dal pun-to di vista archeologico, e talora anche archeometrico(S. Fruttuoso; Genova: S. Agostino, S. Maria di Castello,

S. Silvestro, S. Giovanni di Pré; Savona: Priamàr), e, inparte, inediti (Savona: S. Domenico; Albenga: S. Michele;Taggia: S. Domenico). Fatta eccezione per il caso delPriamàr, che documenta un centro di potere laico, i repertiprovengono esclusivamente da contesti religiosi.

Tra i criteri che hanno orientato la scelta dei nuovi sitida esaminare, i principali sono le cronologie e la possibilitàdi ottenere campioni rappresentativi dal punto di vista tec-nico, composizionale e tipologico da sottoporre all’analisidi laboratorio, scelta che è stata effettuata con un lavoro dicostante confronto tra archeologo e archeometrista. Sonostati quindi scartati diversi contesti ancora in situ che nonhanno permesso il campionamento. Al fine di quantificarecon più precisione il fenomeno dell’importazione nelle fasiiniziali, sono stati privilegiati i contesti di XIV secolo equindi, in scansione diacronica sino al XVI secolo, queicomplessi che permettessero di ottenere un quadro il piùesauriente possibile sulla nascita e l’evoluzione delle pro-duzioni locali. Ad eccezione della chiesa di S. Domenico aTaggia e del campanile della cattedrale di Albenga, le re-stanti mattonelle provengono da scavi archeologici o sono

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state individuate nel corso di interventi di restauro e sonocomunque riferibili a precisi edifici.

Le schede seguenti, ordinate secondo un criterio geo-grafico dalla riviera di Levante a quella di Ponente, hannolo scopo di riassumere i principali dati archeologici sullepiastrelle in relazione ai contesti di provenienza. Per infor-mazioni più esaurienti sugli edifici o sui ritrovamenti si ri-manda alle bibliografie citate.

Camogli (GE) – Abbazia di S. Fruttuoso

Negli scavi del complesso abbaziale vennero recupera-te circa 170 piastrelle a forma di stella a otto punte o dicroce, monocrome, rivestite da smalto bianco o verde op-pure da vetrina bruna (Fig. 1), oltre ad alcuni esemplari diforma quadrata invetriati marroni oppure smaltati bianchicon due tratti in manganese incrociati lungo le diagonali.Le mattonelle a forma di stella hanno larghezza massima dicm 11,5 e spessore variabile tra 1,6 e 1,8 cm; quelle a formadi croce hanno larghezza da cm 11,4 a 12 con spessori va-riabili tra 1,2 e 1,7 cm. Gli impasti si presentano, macro-scopicamente, di colore rosso scuro.

La datazione del complesso è ascrivibile al XIV secolo.La mancanza di decorazioni e la qualità delle piastrelle han-no fatto pensare ad una imitazione locale di modelli islami-ci, ma le recenti analisi hanno contraddetto tale attribuzio-ne (cfr. GARDINI 1999a) (analisi inedite, n. 5999-6001).

Genova – Chiesa di S. Agostino – Campanile

La chiesa di S. Agostino a Genova conserva il più notoesempio, in area ligure, di rivestimento in piastrelle a deco-ro di campanili. Le mattonelle, per la quasi totalità sostitu-ite da copie, ricoprivano la cuspide e i pinnacoli ed eranoinserite, in riquadri disposti a rombo, al di sotto dellearcatelle cieche che scandiscono i diversi ordini del campa-nile. La costruzione della chiesa di S. Agostino fu termina-ta alla fine del XIII secolo, periodo a cui viene fatto risaliretradizionalmente anche il completamento del campanile(MARCENARO 1984, p. 26). Analisi mensiocronologiche deilaterizi dello stesso campanile, condotte sotto la guida diTiziano Mannoni, hanno proposto una datazione compresatra il XIV e il XV secolo.

Tra il 1925 e il 1927, quando vennero stanziati fondiper il restauro del campanile, alcuni laggioni erano ancorain opera sui pinnacoli, mentre la cuspide ne conservava letracce sull’intonaco. Le mattonelle originali vennero stac-cate e si decise per la sostituzione e l’integrazione con nuo-ve piastrelle fabbricate dalla ditta “Maioliche artistiche Lan-da” di Albisola Capo (MARCENARO 1984, p. 42).

Le piastrelle originali, rimosse e attualmente conservatenei depositi del Museo di S. Agostino, sono nella stragrandemaggioranza monocrome, nere, verdi, bianche e gialle. Par-ticolarmente interessante il complesso di quelle decorate inblu su smalto bianco, con motivi di varia natura (araldici,vegetali, animali, geometrici, arabeschi, etc.; Figg. 2-4), finoad ora note soltanto attraverso i disegni realizzati da Alfredod’Andrade agli inizi del Novecento, dai quali si evince anchela presenza di «due quadrelli … a minutissimi disegni a colo-re di rame» (BLAKE 1982, p. 279). Presso il suddetto Museosono conservate due piastrelle decorate a lustro, nel tipicostile di Malaga, con dimensioni identiche alle precedenti (Fig.5/1); tuttavia, per questi due esemplari permane un dubbiosull’attribuzione al campanile a causa delle vicende collezio-nistiche inerenti alcune raccolte (i due esemplari in questio-ne, infatti, fanno parte della collezione Capurro).

Le piastrelle monocrome hanno il lato compreso tra 10,2a 10,5 cm, con spessori attorno a 1,7-1,8 cm. Quelle deco-rate hanno lato di 10,5, sino ad arrivare a 10,7; non sempresono perfettamente quadrate (ad es. 10,5×10,7)

I laggioni di S. Agostino sono stati oggetto di studio daparte di Hugo Blake, il quale nel 1972 suggeriva una data-zione al XIV secolo e un’attribuzione a centri spagnoli, sia

Figg. 2-4 – Genova, campanile della chiesa di S. Agostino. Matto-nelle decorate in blu.

Fig. 1 – Camogli, S. Fruttuoso (GE). Ricomposizione delle matto-nelle monocrome a croce e a stella.

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Fig. 5 – 1) Genova, S. Agostino. Mattonella decorata a lustro; 2)Savona, Priamàr. Mattonella decorata a lustro; 3-4) Savona,Priamàr. Mattonelle decorate in blu.

nienza, che facessero parte di un unico lotto di ceramiche ac-quistate a scopo ornamentale.

Genova – Complesso conventuale di S. Maria di Castello

Gli scavi del complesso conventuale di S. Maria di Ca-stello hanno portato al ritrovamento di numerose mattonellesmaltate monocrome nei colori bianco e verde e di invetriatemarroni con lato di cm 9-9,5, oltre a esemplari quadrati dipiccole dimensioni con lato di cm 4, o rettangolari (larghez-za cm 4). Alcune di queste sono ancora collocate in posto,nella chiesa, nella sacrestia e nel chiostro. Le nuove analisimineralogiche ribadiscono i risultati di quelle precedenti,confermando l’origine savonese dei manufatti. Queste pia-strelle sono state rinvenute in associazione con altre di formarettangolare (cm 14×20), decorate in blu su smalto biancocon motivo ad intreccio racchiudente motivi vegetali stiliz-zati, di produzione spagnola. I dati stratigrafici riportano adun orizzonte cronologico di XIV secolo (Cfr. GARDINI 1988,pp. 215-217, e GARDINI 1999c) (analisi n. 3716-3718).

Genova – Complesso di S. Silvestro

Gli scavi del complesso vescovile di S. Silvestro hannorestituito piastrelle quadrate monocrome del tutto simili aquelle rinvenute a S. Maria di Castello, con lato di circa cm9, smaltate bianche e verdi e invetriate marroni. Secolo XIV.Il riesame delle sezioni sottili appartenenti all’archivioISCUM conferma l’origine savonese dei manufatti(Cfr. GARDINI 1988, p. 217, e GARDINI 1999d) (analisin. 3725, 3876).

Genova – Commenda di S. Giovanni di Pré

Piastrelle quadrate monocrome (bianco, verde e marro-ne-nero) provenienti dalla demolizione di un rivestimentoparietale o pavimentale e confluite nello strato maceriosorelativo alla costruzione dell’abside dell’oratorio di S. Bri-gida (1421). Si tratta di piastrelle utilizzate nel corso delXIV secolo, periodo di particolare benessere economico peril complesso ospedaliero di S. Giovanni di Pré. Le misuredei lati variano tra gli 11,5 e gli 11,8 cm, con spessori di cm1,5 e 1,6 (analisi inedite, n. 5994-5995, 5997-5998).

Macroscopicamente l’impasto si presenta rosso, duro,depurato; i rivestimenti hanno colore bianco-grigio, ver-de scuro o chiaro, marrone scuro o nero. La mancanza disegni di usura permette di ipotizzarne l’utilizzo come de-coro parietale. Precedentemente attribuite a produzionisavonesi (cfr. GARDINI 1999b), tali piastrelle sembranoinvece provenire, secondo le analisi archeometriche, daarea andalusa.

Nello stesso contesto sono state rinvenute piastrellespagnole, attribuibili ad area valenzana, dipinte in blu susmalto bianco con motivi vegetali, di forma rettangolare(lunghezza cm 26-26,2, larghezza cm 14-14,5, spessore 1,5-2) (analisi inedita, n. 5996).

Savona – Priamàr

Le piastrelle provenienti dai vari locali del palazzo del-la Loggia sono state recentemente oggetto di revisione ericonsiderazione (cfr. RAMAGLI, CAPELLI 2001). Escludendole quadrelle rinascimentali, gli scavi della Loggia hannorestituito circa 650 piastrelle medievali o di tradizione me-dievale tra intere e frammentarie, provenienti da livelli didemolizione, testimonianza di diverse fasi di ristrutturazio-ne dei rivestimenti pavimentali e murari di palazzi impor-tanti ubicati nell’area dell’attuale Priamàr. I reperti più in-teressanti provengono essenzialmente da due unità strati-grafiche e costituiscono altrettanti gruppi omogenei. Misu-re: lato cm 9,5-9,9, in media 9,8, spessori tra 1,4 e 1,7 cm.Colori: invetriate brune, smaltate verdi e bianche.

È stato possibile ricondurre questi manufatti a produ-zioni della Spagna meridionale (area di Malaga-Granada)

per le piastrelle monocrome sia per quelle policrome, pro-ponendo anche un confronto tra la disposizione a diamantedi quelle poste sotto gli archi ciechi e quella delle piastrellesul campanile di S. Martín a Teruel (BLAKE 1972, p. 57).Successivamente, lo stesso Blake, postdatando il comples-so al XV secolo, attribuì ad ambito spagnolo soltanto lemattonelle decorate, considerando poco probabile l’impor-tazione di quelle monocrome in un periodo in cui era inten-sa la produzione locale (BLAKE 1982, pp. 278-279, 287-288e tavv. LXXXIV-LXXXV).

Il riesame delle piastrelle decorate, effettuato su nuo-ve basi archeologiche e archeometriche, consente di col-locare queste piastrelle in un preciso ambito cronologicoe geografico. I motivi degli esemplari decorati in blu tro-vano infatti confronti stringenti con la ceramica di epocanazarì proveniente dal regno di Granada. Tra i motivi de-corativi tipicamente andalusi c’è ad esempio quello della“sebca” (Fig. 2, in basso al centro), consistente in uno sche-ma reticolato che deriva dal «entrecruzamiento de arcos,iniciado en la arquitectura cordobesa» (MARTÍNEZ CAVIRÓ1995, p. 158, dib. 10) che si ritrova anche in coeve composi-zioni ad alicatado (Arte islámico, p. 419). I tralci vegetalidisposti a girali terminanti con foglie a tre o cinque lobi (Fig.3) si trovano su vasellame decorato in azzurro e lustro diepoca nazarì (Arte islámico, p. 478). Lo stesso motivo si rin-viene, a contorno di figure umane e animali, su alcuni azulejosconservati nel Peinador Bajo de la Reina dell’Alhambra (ul-timo quarto XIV secolo. MARTÍNEZ CAVIRÓ 1991, p. 112; Arteislámico, p. 369). Altro motivo tipico della ceramica andalu-sa di XIV secolo è quello dell’“ataurique” (Arte islámico, p.430) (Fig. 4). Le piastrelle decorate a lustro (Fig. 5/1) trova-no un riscontro nei motivi Cuarto Real de Santo Domingo(MARTÍNEZ CAVIRÓ 1991, p. 99).

I precisi confronti con la ceramica nazarì permettono diproporre una provenienza per questo complesso di piastrelledal regno di Granada (Granada, Malaga o Almería) e di collo-carle cronologicamente nell’ambito del XIV secolo (analisiinedite, n. 6910-6914).

In seguito a queste considerazioni assume nuovo interessela presenza, sullo stesso campanile, di una scodella, oramainon più esistente, che Hugo Blake, sulla base dell’unica testi-monianza rappresentata dai disegni di Alfredo d’Andrade, hainterpretato come pertinente alla fase iniziale delle ceramichea lustro di area andalusa, datandola approssimativamente allametà del XIV secolo (BLAKE 1982, p. 278); in effetti presentastringenti analogie con una scodella rinvenuta negli scavi delPriamàr a Savona e databile tra la fine del XIII e gli inizi delXIV secolo (GOBBATO 2001, p. 270, n. 934).

Purtroppo manca qualsiasi dato sull’inserimento di tuttiquesti manufatti al di sopra della torre campanaria, ma non sipuò escludere, viste le concordanze cronologiche e di prove-

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sulla base dei dati provenienti dalle analisi e dalla presen-za, negli stessi complessi, di individui decorati a lustro oblu su smalto bianco (Fig. 5/2, 5/4), caratterizzati da ugualielementi composizionali e riconducibili tipologicamente abotteghe operanti nella stessa area (analisi n. 5937, 5939-5941, 5943-5944, 5946).

Dagli scavi della Loggia provengono anche 7 frammentidi mattonelle con smalto turchese o verde giallastro; deldecoro si conserva solo una filettatura in blu lungo il bordo,in un solo caso parte del decoro centrale entro cornice qua-drata, probabilmente a motivo epigrafico, sempre in blu.Lo spessore del corpo ceramico è maggiore, tra 2,1 e 2,2cm. Queste piastrelle, prive di confronti puntuali, sono sta-te attribuite alle stesse aree produttive delle precedenti sul-la base delle analisi archeometriche (analisi n. 5942, 5945)

La costruzione della Loggia, risalente al 1417-1418, chedeterminò la formazione di uno dei due livelli di macerie,

Fig. 6 – Particolari in sezione sottile di alcuni campioni analizzati.L’area reale inquadrata corrisponde a 1,3x1 mm. 1) an. n. 6569(nicol incrociati), di probabile provenienza savonese (gruppo 1);sono evidenti due componenti mal mescolate, una ferrica (scura),l’altra carbonatica (chiara); 2) an. n. 5936 (nicol incrociati), diprobabile provenienza savonese (gruppo 1); lo scheletro dell’im-pasto è ricco di elementi derivati dagli gneiss. Il rivestimento ècostituito da uno smalto ricco di opacizzante; 3) an. n. 6561 (nicolparalleli), di probabile provenienza savonese (gruppo 1); il rive-stimento è costituito da una sottile vetrina su ingobbio; 4) an. n.6910 (nicol incrociati), di probabile provenienza Andalusa (grup-po 2); tra gli inclusi si notano, in particolare un clasto di scistofilladico (a sinistra in basso) e un microfossile a guscio calcareo(a destra in alto); 5) an. n. 5999 (nicol incrociati), di provenienzadall’area islamica occidentale (gruppo 3); lo scheletro, classato epoco abbondante, è costituito da quarzo, calcari e microfossili. Ilrivestimento (smalto), di qualità particolarmente scarsa, è ricco direlitti di quarzo non fuso.

ci offre un valido termine ante quem per la datazione deilaggioni, messi in opera nel corso del XIV secolo.

Meno numerose le piastrelle di produzione locale: smal-tate verdi e bianche, invetriate marroni-brune, più rare quellecon smalto blu cobalto o azzurro. Due esemplari unici sonorappresentati da un frammento con vetrina gialla e da unesemplare ingobbiato, sempre con vetrina giallo ocra.

Più tarda la datazione di questi esemplari, soprattuttoper la presenza di esemplari smaltati in blu, non anteceden-ti alla fine del XV secolo (analisi n. 5938, 5936, 6841-6843).

Savona – Chiesa di S. Domenico

Il complesso conventuale di S. Domenico, fondato trail 1288 e il 1306, venne demolito nel 1544 in seguito allacostruzione della fortezza del Priamàr (cfr. VARALDO 1992,pp. 49-52, 55-71). Le piastrelle qui esaminate provengonoda due delle cinque cappelle affiancate alle navata destra,

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la cui costruzione è da collocare tra l’ultimo quarto del XVe i primi decenni del XVI secolo (VARALDO 1992, p. 64).Terza cappella laterale destra. All’interno di questo vanosono stati rinvenuti 90 piastrelle monocrome tra intere eframmentarie, distinguibili in due tipologie: il primo tiporappresenta produzioni sicuramente locali, ovvero piastrel-le con lato tra 9,9 e 10,2 cm e spessori di 1,9-2 cm, piùraramente con lato di cm 1,4-1,6. Colori: verde, bianco enero, un solo esemplare blu. L’impasto è formato da dueterre differenti, una ferrica ed una carbonatica, mescolatein maniera approssimativa, con la conseguente presenza dievidenti strie e plaghe di colore diverso.

Accanto a queste ci sono piastrelle di dimensioni piùpiccole con lato di cm 9,2-9,3 e spessori di circa 1,5 cm,con impasto di colore rosso cupo, con segni di mescolamentomeno evidenti (analisi inedite, n. 6559, 6563, 6565-6569).Seconda cappella laterale destra. In questa cappella il pa-vimento e le pareti erano decorate, sino ad una certa altez-za, con laggioni monocromi smaltati (bianchi, verdi e blu)e ingobbiati (gialli), a formare dei riquadri scanditi da sotti-li lesene di piastrelle rettangolari a disegni policromi neglistessi quattro colori delle monocrome. La mancanza di esem-plari con vetrina marrone scuro e l’inserimento di piastrellegialle ingobbiate, molto rare negli scavi savonesi, è da ri-collegare all’esigenza di carattere estetico di riprendere iquattro colori presenti nelle piastrelle policrome.

I lati dei 196 frammenti rinvenuti hanno lunghezza va-riabile tra 9,8 e 10,1 cm, con spessori di cm 1,9-2. Comenel caso precedente, anche queste piastrelle hanno impastomolto mescolato. Da segnalare la presenza di esemplaritriangolari finiti su tutti e tre i lati, non ricavati, quindi daltaglio di piastrelle quadrate (analisi inedite, n. 6558, 6560-6562, 6564).

La datazione della messa in opera di entrambi i com-plessi è da ascrivere al primo quarto del XVI secolo. Produ-zione locale.

Albenga (SV) – Campanile della cattedrale di S. MicheleIl campanile della cattedrale di Albenga è concluso da

una cuspide a base ottagonale che si eleva per circa 9 m aldi sopra del coronamento, i cui spicchi sono rivestiti da pia-strelle monocrome di forma quadrata con lato di 18 cm. Lacostruzione dell’attuale campanile, effettuata utilizzandocome base i resti di una preesistente struttura romanica, ri-sale al periodo compreso tra il 1392 e il 1397, come testi-moniano le deliberazioni del consiglio comunale conserva-tesi a partire dal 1364 (LAMBOGLIA 1965). Nei secoli succes-sivi fu oggetto di alcune trasformazioni, tra cui la costru-zione di quattro pinnacoli fiancheggianti la cuspide, avve-nuta presumibilmente nel corso del 1582 in occasione dilavori di trasformazione interna (DE MAESTRI 1965, p. 44).Colpito da un fulmine nel 1882, il campanile fu sottopostoa restauri negli anni attorno al 1900, che comportarono an-che il rifacimento di buona parte del rivestimento in cera-mica, utilizzando nuove piastrelle fabbricate a Milano dal-la ditta Richard con terra inglese (DE MAESTRI 1965, p. 44).

L’inaccessibilità della parte sommitale del campanileha impedito un’analisi diretta dei manufatti; soltanto la do-cumentazione relativa ai restauri realizzati negli anni ’60,conservata presso l’archivio della Soprintendenza per i BeniArchitettonici della Liguria, ha permesso di acquisire alcu-ni dati utili all’analisi del contesto. In particolare, in un pre-ventivo di spesa per il rinnovo del rivestimento della cuspi-de si fa distinzione tra le piastrelle antiche (blu scuro, verdescuro, bianco sporco) e le copie messe in opera agli inizidel Novecento (nei colori verde chiaro, marrone chiaro, neroe bianco), prevedendo la realizzazione di nuove piastrellecon dimensioni di cm 18×18, simili alle antiche.

La mancanza di una verifica diretta di questi dati sugge-risce una certa cautela nel loro utilizzo; se troveranno con-

ferma in future indagini, le dimensioni insolite e la presenzadi esemplari con smalto blu, consentiranno di proporre unadatazione compresa tra gli inizi del XVI secolo ed il 1582. Ilrivestimento potrebbe essere stato realizzato, o rinnovato, anotevole distanza di tempo dalla conclusione delle operemurarie, forse proprio in occasione dei lavori di rifacimentodelle strutture interne. Le dimensioni eccezionalmente gran-di, al di fuori dei canoni di XV e XVI secolo, potrebberoforse essere spiegate come stratagemma per rendere la poli-cromia d’insieme meglio apprezzabile, vista la notevole al-tezza del campanile. Inoltre, non è possibile stabilire se ilcampione di produzione savonese, prelevato nel corso deirestauri degli anni ’60, sia rappresentativo di tutto il com-plesso, poiché non sono noti i criteri di scelta (analisi n. 928).

Taggia (IM) – Chiesa di S. Domenico

L’edificazione del complesso costituito dal convento deiPadri Domenicani e dalla chiesa di S. Maria della Misericor-dia e di S. Domenico si protrasse dal 1460, anno della fonda-zione, sino alla fine degli anni ’70 dello stesso secolo, peressere poi consacrato nel 1490. La costruzione delle quattrocappelle lungo il lato destro della chiesa, pavimentate a lag-gioni, risale agli anni ’70 del Quattrocento; la messa in ope-ra, nel 1479, di un gradino di raccordo tra il pavimento dellanavata e quello delle cappelle, sancisce il completamento diquella parte dell’edificio religioso (BARTOLETTI 1999, p. 12).Oltre alle cappelle laterali, anche quella a sinistra del pre-sbiterio conserva un pavimento in mattonelle monocromeCappelle laterali. Le quattro cappelle presentano tutte unapavimentazione in piastrelle monocrome nei consueti coloribianco, verde (smaltate) e bruno (invetriate), la cui messa inopera dovette rappresentare un intervento unitario, dati i ca-ratteri di estrema omogeneità tecnico-composizionale e tipo-logica. Le misure variano da cm 9,3 a 9,4. La terza cappella(da cui proviene il campione analizzato), dedicata a S. Cate-rina, subì un intervento di riparazione della pavimentazionemediante piastrelle di dimensioni maggiori (cm 11,8-12).Datazione: 1470-1480. Produzione savonese (campione daarchivio ISCUM, analisi inedita, n. 6574).Cappella a sinistra del presbiterio. Le piastrelle messe inopera in questo vano (bianche, verdi e brune) presentano,come le precedenti, gli impasti variegati tipici della produ-zione locale, ma se ne differenziano per le misure maggio-ri, avendo un lato di cm 12. L’analogia dimensionale con lepiastrelle impiegate per la reintegrazione nella cappella diS. Caterina fa propendere per una datazione più tarda, ascri-vibile alla prima metà del XVI secolo.

ANALISI MINERO-PETROGRAFICHE

I campioni analizzati in sezione sottile sono stati distin-ti in 4 gruppi principali, differenti per caratteri composizio-nali e tecnici.

Gruppo 1

Il raggruppamento comprende impasti in apparenza piut-tosto diversi, che sono tuttavia accomunati da più elementipetrografici discriminanti, ben evidenti in sezione sottile.

La variabilità dipende soprattutto dal fatto che i manu-fatti, nella maggior parte dei casi, sono stati realizzati me-scolando, in diverse proporzioni e con diverso grado di ac-curatezza, due terre differenti (Fig. 6/1): l’una ricca di ferrodiffuso, l’altra di carbonati. Spesso l’impasto appare più omeno fortemente “variegato”, con evidenti strie e plaghe dicolore rosso (la cottura è sempre ossidante) e giallo. Si han-no però anche termini estremi della gamma: impasti omo-geneamente rossi o arancio (per l’utilizzo della sola argillaferrica o, più frequentemente, per un buon mescolamentodelle due componenti), oppure gialli o giallo-rosati (la terracarbonatica è unica o prevalente).

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In molti casi la fascia esterna priva di rivestimento evi-denzia un certo grado di schiarimento (il rosso tende al gial-lo-arancio), molto probabilmente non intenzionale.

Lo scheletro litico (Fig. 6/3) ha natura metamorfica, aci-da e subordinatamente basica. È molto prevalente la frazio-ne inferiore a 0,1-0,2 mm, in percentuali da medie a medio-alte, angolosa e costituita essenzialmente da individui dimiche, quarzo e feldspati, con accessori anfibolo, titaniteed epidoto. Gli inclusi di dimensioni maggiori, intorno a0,3-0,5 mm, raramente fino a 1 mm, sono più o meno scar-si, talora assenti; essi sono formati principalmente da fram-menti subangolosi o subarrotondati di gneiss (paragneiss emetagranitoidi, spesso milonitici), di quarzo e, meno fre-quentemente, di anfiboliti a plagioclasio. Le percentuali ele dimensioni dello scheletro tendono a diminuire negliimpasti molto carbonatici (gialli).

Più o meno abbondanti sono i microfossili, di dimensio-ni inferiori a 0,1-0,2 mm, a guscio sia calcareo (foraminife-ri), molto prevalenti, sia siliceo (spicole di spugna ed altro).

Sovente, presso le superfici non rivestite, si nota unaconcentrazione di frammenti di rocce metamorfiche di di-mensioni in genere inferiori a 0,3-0,5 mm. Tale componen-te dei laterizi, già riscontrata in altri casi e per convenzionedefinita “sabbia di superficie” o “di formatura” (CAPELLI c.s.;CAPELLI, BOTTO 2001; RAMAGLI, CAPELLI 2001), è da ritene-re estranea all’impasto, rappresentando invece ciò che ve-niva sparso, secondo una tecnica ancor oggi diffusa, sulfondo delle forme in cui veniva pressata l’argilla per facili-tare il successivo distacco dei manufatti.

In genere i rivestimenti hanno uno spessore omogeneo,compreso tra 0,2 e 0,3 mm, e la superficie del corpo cera-mico sottostante è piuttosto ben lisciata.

Le piastrelle monocrome bianche, verdi e blu e quelledipinte in blu mostrano smalti ricchi di opacizzante (proba-bilmente stagno, anche in assenza di altre analisi; Fig. 6/2).In diversi casi si nota la diffusa presenza di piccoli indivi-dui di quarzo non completamente disciolti nel vetro. In ge-nere le piastrelle blu hanno impasto carbonatico (giallo),mentre negli altri casi non vi sono correlazioni tra compo-sizione del corpo ceramico e colore del rivestimento.

I rivestimenti delle due piastrelle monocrome nere adocchio nudo risultano, in sezione sottile, vetrine trasparenti;il colore è omogeneamente rosato chiaro nella n. 6559 e gial-lo nella n. 6566; in entrambi i casi vi è, alla base, una piccolaconcentrazione di ossidi microcristallini opachi non deter-minabili. Il nero è quindi il risultato della sovrapposizionedel colore della vetrina con quello dell’impasto (rosso in tuttie due i campioni) che quest’ultima lascia trasparire.

Le due piastrelle monocrome gialle hanno un rivesti-mento costituito da un sottile strato di ingobbio sottostanteuna vetrina trasparente, anch’essa sottile, di colore giallinochiaro (Fig. 6/3).

Gruppo 2L’insieme comprende corpi ceramici di colore variabi-

le da giallo-rosato (rari) a rosso-arancio (la cottura è sem-pre ossidante), in funzione del rapporto ferro-carbonati nellamatrice dell’impasto. In molti casi si osserva uno schiari-mento (colori tendenti al giallo), probabilmente non inten-zionale, presso le fasce esterne, ma talora anche al nucleo.

In genere l’impasto, all’osservazione macroscopica, ap-pare omogeneo; tuttavia, in sezione sottile e raramente adocchio nudo, sono spesso evidenti gli indizi (strie e plaghericche di ferro oppure di carbonati, con poche e piccole in-clusioni litiche) di un non completo mescolamento di dueterre differenti (l’una forse alluvionale, l’altra di origine ma-rina). Inoltre, non si esclude che almeno parte degli inclusirappresenti una terza componente aggiunta alle prime due.

Lo scheletro è in genere abbondante e piuttosto classa-to (Fig. 6/4). Prevalente è la frazione inferiore a 0,1-0,2 mm,costituita essenzialmente da microfossili calcarei (dissociatio meno in funzione del grado di cottura, variabile da medio

ad elevato) e individui angolosi di quarzo, feldspati e mi-che; in quantità accessorie o occasionali sono presenti indi-vidui di anfibolo (orneblenda arrossata dalla cottura), tita-nite, clinopirosseno e frammenti di rocce metamorfiche esedimentarie. La frazione maggiore (solitamente di dimen-sioni comprese tra 0,3-0,4 e 0,8-1 mm, con massimi di 1,5-2 mm), in percentuali da scarse a medie, è costituita da cla-sti di forma da subangolosa a arrotondata, in prevalenzaformati da rocce metamorfiche acide (scisti filladici tipica-mente molto allungati, micascisti e paragneiss a grana fine,gneiss talora milonitici); in quantità minime si trovano fram-menti di selci, calcari e di rocce basiche ad anfibolo e pla-gioclasio con tessitura (magmatica?) non orientata.

Le superfici dei corpi ceramici sono relativamente benlisciate, mentre la “sabbia di formatura” è presente (e co-munque non abbondante) solo in rari casi.

I rivestimenti evidenziano di solito uno spessore piuttostoomogeneo (mediamente intorno a 0,3-0,4 mm) ed una buonaqualità, con rari casi di bollosità e inclusioni relitte di quarzo.

Le piastrelle monocrome di colore bianco, verde, verde-azzurro e quelle bianche dipinte in blu sono smaltate, conopacizzante (stagno) di solito abbondante e ben distribuito.

Vetrine trasparenti caratterizzano invece la sola piastrellagialla analizzata, priva di ingobbio, a differenza di quelladel gruppo 1, con rivestimento giallino quasi incolore insezione sottile, e le tre nere, il cui rivestimento, di spessoremolto elevato in due casi, ha un colore rosato.

Gruppo 3Il raggruppamento, omogeneo e ben distinto dagli altri,

è costituito dai tre campioni provenienti da San Fruttuosodi Camogli.

La matrice è in prevalenza ferrica. Il colore è rosso-arancio in tutta la sezione trasversale, tranne che in unaporzione del nucleo del campione n. 6000 (grigio-bruna acausa di una non completa ossidazione). Non sono presentiin nessun caso né fasce schiarite, né “sabbia di formatura”.

La componente non plastica legata alla matrice è relati-vamente scarsa ed è costituita principalmente da microfos-sili calcarei e individui di quarzo di dimensioni di pochicentesimi di millimetro.

Lo scheletro maggiore (dimensioni massime 0,5 mm,ma in prevalenza comprese tra 0,1 e 0,2 mm), mediamenteabbondante e classato, è principalmente formato da: unacomponente calcarea micritica (relativamente conservata,probabilmente per una cottura a temperature non troppoalte), che comprende frammenti subangolosi di calcari e dimicro- e macrofossili, gusci di microfossili di varia formaintegri e riempiti da carbonati; gusci di foraminiferi spessoriempiti da argilla ferrica; individui di quarzo da subarro-tondato ad angoloso (Fig. 6/5). In quantità accessorie sonopresenti frammenti di selci, argilliti ferriche, quarzo-arenitifini e quarzo policristallino, insieme a individui di feldspa-to e minerali opachi.

Il basso grado di assortimento dello scheletro e la suaassenza o concentrazione in alcune parti dell’impasto sem-brano indicare che si tratti di una sabbia aggiunta intenzio-nalmente.

Se osservate in sezione sottile, le superfici dei corpiceramici non appaiono ben lisciate. Inoltre, non sono pre-senti né fasce schiarite, né “sabbia di formatura”.

I rivestimenti dei campioni nn. 5999 (verde) e 6001(bianco) sono smalti (stanniferi) non molto carichi. Il pri-mo (0,3-0,4 mm), di qualità particolarmente scarsa, è riccodi grandi inclusioni (fino a 0,2 mm) di quarzo arrotondato(non fuso) e di bolle, ed è in parte devetrificato (Fig. 6/5).Nel secondo (0,1-0,2 mm di spessore), di qualità migliore,le inclusioni sono poco frequenti.

Il rivestimento del terzo campione è invece costituitoda una vetrina trasparente, sottile (anche se può arrivarefino a 0,2 mm per l’irregolarità della superficie del corpoceramico sottostante) e di colore giallo (l’effetto sulla pia-

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strella è di un marrone scuro, in quanto ad esso si unisce ilcolore dell’impasto), non cavillata, né devetrificata.

Gruppo 4La piastrella bianca decorata in blu della Commenda di

Pré (an. n. 5996) si distingue dalle altre per diversi motivi.L’impasto, omogeneo, è caratterizzato da una matrice

carbonatico-ferrica e da uno scheletro mediamente abbon-dante e assortito, costituito quasi esclusivamente da indivi-dui angolosi o più raramente subarrotondati di quarzo, didimensioni fino a 0,6 mm. Feldspati e miche sono rari,mentre microfossili e calcari micritici, mal determinabili,sono forse relativamente frequenti.

Anche dal punto di vista tecnico il manufatto è partico-lare. Presso le superfici esterne il colore dell’impasto passabruscamente da arancio a bianco-giallino. La fascia schia-rita è spessa (4 mm) nel lato non rivestito, privo di “sabbiadi formatura”, mentre è quasi impercettibile sotto il rivesti-mento (smalto), che ha uno spessore particolarmente basso(mediamente 0,05 mm).

Non si esclude l’intenzionalità di tale sbiancamento(ottenuto utilizzando acqua di mare per l’impasto, secondola tradizione nordafricana?), al fine di esaltare il risultatodel sottile rivestimento.

Discussione dei datiLa probabilità che le piastrelle del Gruppo 1 apparten-

gano a produzioni savonesi appare piuttosto alta, con leg-geri dubbi solo per quanto riguarda alcuni degli impasticarbonatici più depurati, meno caratterizzabili in sezionesottile. Numerosi sono i dati a supporto, sia storico-archeo-logici sia, soprattutto, petrografici, per i quali il materialedi confronto, costituito da scarti di fornace e produzioni certedi varia tipologia insieme a campioni di sedimenti e roccelocali, è ormai abbondante (cfr. ad es. CAPELLI 1999; CAPEL-LI, MANNONI 1999, CAPELLI, MANNONI 2001).

Per quanto riguarda le due terre utilizzate per la miscela,quella carbonatica è da riferire alle marne plioceniche affio-ranti presso le coste del Savonese, mentre quella ferrica sipuò attribuire al cappellaccio di alterazione delle marne stes-se, a livelli più arenacei intercalati a queste, oppure ai depo-siti fluviali della piana cittadina. Inoltre, la tecnica dimescolamento è simile in tutte le produzioni locali coeve. Loscheletro degli impasti, così come la “sabbia di formatura”(forse fluviale, per il grado di angolosità piuttosto significa-tivo), proviene essenzialmente dalla detrizione del basamen-to metamorfico pre-carbonifero caratteristico dell’area.

Nel precedente lavoro (RAMAGLI, CAPELLI 2001) era stataipotizzata la possibilità che, a Savona, i laterizi rivestiti ve-nissero realizzati nelle stesse fabbriche di vasellame, sia perle similitudini di composizione e tecnica di rivestimento eimpasto (anche se nella ceramica da mensa il mescolamentodelle due terre, pur non completo, appare più accurato) esi-stenti tra i laggioni smaltati e le maioliche arcaiche, sia per ilfatto che si trovano biscotti di piastrelle usati come distan-ziatori nelle infornate di vasellame. Con l’aumentare dellacasistica non solo si ribadisce quanto discusso sopra per lepiastrelle smaltate, ma viene anche evidenziata una peculia-re produzione caratterizzata dalla presenza di ingobbio, conrivestimento del tutto simile a quello delle tipiche ceramicheda mensa savonesi coeve, ingobbiate o graffite.

Relativamente al Gruppo 2, le nuove analisi confermanoed ampliano i dati emersi nel lavoro preliminare sul materia-le del Priamàr, cioè che ci si trova di fronte ad una significa-tiva presenza in Liguria di laggioni monocromi giunti da unsettore produttivo della Spagna nel quale si realizzavano an-che piastrelle decorate. Si può ipotizzare che tale territoriosia quello che comprende Malaga e Granada, sulla base deidati tipologici e storico-archeologici, dei confronti delle ca-ratteristiche petrografiche degli inclusi con la cartografiageologica e dei rapporti degli impasti del Gruppo 2 con quel-li di ceramiche di importazione (non solo i laggioni decorati,

ma anche diverse produzioni da mensa spagnole appartenen-ti all’archivio ISCUM, cfr. ad es. MANNONI 1972).

Anche in questo caso sembra che si mescolassero, madi solito in maniera più accurata che a Savona, due terredifferenti (l’una carbonatica di origine marina, l’altra ferri-ca alluvionale), alle quali non si esclude venisse aggiuntauna sabbia per smagrare l’impasto.

Le differenze composizionali e tecniche tra le produ-zioni monocrome spagnole e quelle savonesi, tipologica-mente simili, non sono evidenti all’osservazione macrosco-pica, soprattutto se le piastrelle sono intere e ricoperte dimalta e concrezioni. Ad una attenta analisi in sezione sotti-le, invece, gli elementi di distinzione appaiono più numero-si. Ad esempio, gli impasti spagnoli sono caratterizzati dal-la presenza di filladi, scisti filladici e quarzomicascisti agrana molto fine (inclusi allungati, rossi per l’ossidazionedella cottura, spesso osservabili anche con una lente in unafrattura fresca) e da rocce magmatiche basiche accessorie,mentre sono assenti i microfossili a guscio siliceo tipici delleterre savonesi. Dal punto di vista tecnico, si nota la signifi-cativa presenza di “sabbia di formatura” solo nelle piastrel-le liguri, mentre in quelle spagnole non compare. Tale dif-ferenza potrebbe essere evidente anche ad un’analisi ma-croscopica e tattile, in quanto il fondo delle piastrelle spa-gnole si presenta più liscio, ma la difficoltà ad eseguire taleverifica deriva dal fatto che molto spesso i reperti conser-vano sul fondo, ben aderente, parte della malta di alletta-mento. Inoltre, i rivestimenti dei manufatti locali hanno unospessore medio minore e presentano in genere una qualitàtecnica leggermente inferiore. Per quanto riguarda i laggio-ni gialli, è da notare come quelli savonesi siano ingobbiati,mentre quello spagnolo sia solamente invetriato.

Il Gruppo 3, relativo al peculiare contesto di San Frut-tuoso, è completamente distinto dagli altri, sia per gli impa-sti, sia per la tecnica. In sezione sottile viene evidenziata lascarsa qualità dei rivestimenti; tale caratteristica, apprezza-bile anche ad occhio nudo, insieme alla mancanza di deco-razioni, aveva fatto ipotizzare che si trattasse di un’imita-zione ligure (savonese) di forme islamiche (GARDINI 1999a).L’assoluta mancanza di confronti tra gli impasti di tale rag-gruppamento e quelli locali, tuttavia, deve ora spostare laricerca della provenienza proprio in area islamica (piastrel-le con tale forma erano diffuse in tutto il mondo islamico,dalla Penisola Iberica e dal Maghreb sino alla Persia. BER-TI 1999, pp. 20, 24-26, 27 passim).

Infine, non vi sono dubbi che la piastrella decorata delGruppo 4, molto differente da tutte le altre per composizio-ne e tecnica, sia un’importazione. La genericità dello sche-letro non esclude l’ipotesi, in accordo con i dati di caratteretipologico, che si tratti di una produzione di Valenza, manon permette, tuttavia, di localizzare con precisione il cen-tro produttivo.

CONCLUSIONI

«L’uso di pavimentare gli ambienti con mattonelle ri-vestite divenne, negli ultimi secoli del medioevo, un’espres-sione del lusso che distinse le dimore più prestigiose, reli-giose o laiche» (BERTI 1999, p. 35). La nascita di questofenomeno nella nostra regione, nel corso del XIV secolo, èstata generalmente collocata all’interno della tradizione ce-ramistica locale, individuando in ambito savonese il luogodi produzione dei cosiddetti “laggioni”.

Recentemente è stato osservato che l’importazione dilaterizi rivestiti in Italia nel corso del XIV secolo è un fattopiuttosto raro, concentrandosi in due sole aree, la Liguria ela Sicilia (GELICHI, NEPOTI 1999, p. 57). Con il presente stu-dio è stato possibile quantificare in maniera più precisa lapresenza di questi materiali in Liguria, regione dove il fe-nomeno delle importazioni dall’area andalusa risulta di no-tevole consistenza ed è contraddistinto da una grande omo-geneità nei tipi morfologici e tecnologici.

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Alla luce delle recenti acquisizioni si può affermare comenel corso del XIV secolo veda la luce il gusto di arricchire dicolore le architetture utilizzando pezzi con un’unica forma etecnicamente omogenei, gusto che trova precisi legami conla Spagna islamica. D’altra parte, sono proprio alcune cittàdell’al-Andalus che ci testimoniano, in maniera consistenteproprio a partire dal XIV secolo, il gusto di ornare gli edificicon rivestimenti maiolicati (BERTI 1999, p. 41).

È in questo secolo che in alcuni edifici religiosi di Geno-va si mettono in opera mattonelle quadrate, per lo più mono-crome nei colori verde, bianco e marrone-nero, più raramen-te gialle, in abbinamento ad altre decorate in blu o blu e lu-stro. È il caso della Commenda di S. Giovanni di Prè, dove lapresenza, nello stesso contesto, di piastrelle monocrome diprovenienza andalusa in associazione a piastrelle decorateprodotte in area valenzana, pone interessanti quesiti sullepratiche di commercializzazione di questi oggetti, che dove-vano seguire rotte marittime per costeriam.

Nello stesso secolo il campanile di S. Agostino a Geno-va viene decorato con piastrelle monocrome, tra le qualivengono inseriti esemplari decorati in blu e a lustro. È pro-prio questo contesto che offre i maggiori confronti tipolo-gici per confermare l’origine andalusa proposta dalle inda-gini archeometriche. Infatti, relativamente al luogo di pro-duzione di queste piastrelle, il panorama della Spagna me-ridionale, ed in particolare della zona attorno a Malaga,appare, allo stato attuale della ricerca, il più probabile. D’al-tra parte i dati archeologici riguardanti l’importazione divasellame fine da mensa nel corso del XIV secolo in Ligu-ria identificano Malaga come uno dei principali centri spa-gnoli da cui vengono esportate ceramiche nella nostra re-gione. Non pare necessario in questa sintesi riesaminare lequestioni storiche riguardanti la presenza dei mercanti li-guri, non solo genovesi e savonesi, sui mercati della Spa-gna meridionale; basti ricordare come il 18% delle cerami-che spagnole rinvenute negli scavi savonesi sia rappresen-tato da prodotti di provenienza andalusa databili tra gli ini-zi del XIV e la metà del XV secolo, con una concentrazionemaggiore a partire dal 1350 circa, sino alla totale scompar-sa nella seconda metà del secolo successivo (GOBBATO 1998,p. 286; cfr. anche GOBBATO 2001). In generale, ceramicheprovenienti dal sud della Spagna sono testimoniate in con-testi di XIV secolo soltanto nelle principali città a vocazio-ne commerciale della Liguria (Genova, Savona) e dellaToscana (GARCÍA PORRAS 2000, p. 135).

L’uso di “maiolicare” le superfici murarie non riguardasoltanto edifici religiosi, come dimostra l’esempio delPriamàr a Savona: in alcuni locali del castello di S. Maria,sede dell’autorità genovese, vengono messe in opera pia-strelle bianche, verdi e nere, in associazione, anche qui, apiù radi esemplari decorati a lustro o in blu.

Sempre nel Trecento, nell’abbazia di S. Fruttuoso diCapodimonte, nella riviera di Levante, vengono collocatepiastrelle monocrome a forma di stella e di croce, di chiaraderivazione islamica, la cui provenienza non è però ancoradel tutto chiara.

L’imitazione e lo sviluppo di queste tipologie nelle bot-teghe locali non dovettero seguire di molto le importazioni;d’altra parte i vasai locali erano in grado, a partire dallaseconda metà del XIV secolo di realizzare prodotti simili,essendosi oramai affermato, con la produzione regionale dimaiolica arcaica, l’utilizzo di vetrine stannifere (BENEN-TE 2001, p. 207).

Evidenti sono gli stretti legami degli impasti e dei rive-stimenti delle piastrelle smaltate con quelli della maiolicaarcaica savonese. Ciò pone alcune interessanti questioni re-lative ai luoghi e ai sistemi di produzione, ovvero se questimanufatti fossero prodotti dalle botteghe dei ceramisti o uscis-sero piuttosto dalle fornaci per laterizi, o, ancora, se ci fosse-ro collaborazioni tra i diversi artigiani. Alcuni elementi fan-no propendere per la prima ipotesi: innanzi tutto il modo dilavorazione delle terre, che risulta lo stesso sia per le cerami-

che da mensa che per le piastrelle, seppure in maniera menocurata nei confronti di queste ultime. Quindi l’utilizzo deimedesimi rivestimenti, confrontabile soprattutto negli smaltibianchi, che assumono in entrambi i casi una colorazione ten-dente al grigio. Inoltre la presenza di distanziatori usati nellastessa bottega per la cottura dei laggioni e per il vasellame:infatti, tra i materiali fittili per l’infornamento rinvenuti negliscavi della Loggia (VENTURA, RAMAGLI 2001) sono stati rin-venuti, in un contesto omogeneo, distanziatori “a piastrella”che recano in alcuni casi aderenze rettilinee (sicuramente re-lative a piastrelle infornate “in gambetta”), in altri circolari(vasellame). Infine, una conferma in tal senso proviene dallefonti documentarie: nel 1560 Tommaso Salamone rinnova ildiritto di cavare terra a Zinola (Savona) e di disporne «prousu conficiendorum vasorum et quadretorum et aliorumvaxellaminum» (ROSSETTI 1992, p. 154). Nonostante la data-zione tarda del documento, possiamo trarre indicazione sultipo di produzione di una bottega savonese.

È interessante notare come, a differenza di altre regioniitaliane, le piastrelle di produzione locale siano costantementemonocrome, riproducendo in maniera pedissequa per circaduecento anni i modelli originari, differenziandosi, quindi,dalla coeva produzione di ceramiche da mensa. Sino all’in-troduzione dei nuovi tipi rinascimentali, sarà l’importazionedalla Spagna, con uno spostamento deciso verso l’area diValenza a partire dal XV secolo, a fornire la uniche piastrelledecorate. Un esempio ci proviene dai reperti messi in lucenell’ex convento di S. Maria di Castello a Genova dove, inun contesto trecentesco, agli esemplari locali vengono affian-cate mattonelle di origine probabilmente valenzana.

Nel corso del XV secolo la produzione si intensifica,senza novità di sorta. Unico carattere originale che distin-gue i manufatti locali da quelli importati è la presenza dipezzi triangolari finiti, il che indica una precisa program-mazione del paramento, con i laterizi disposti prevalente-mente in posizione diagonale rispetto ai perimetri delle su-perfici da rivestire, di cui i triangolari costituiscono il pun-to di partenza. Questo semplice accorgimento evitava il ta-glio degli esemplari quadrati, con un vantaggio nella preci-sione e nella diminuzione dello scarto.

Un elemento distintivo riguarda invece la maggiore in-cidenza di difetti di fabbricazione: la presenza tra i materia-li savonesi di mattonelle con superficie deformata potrebbeessere riferibile ad una scarsa cura nella preparazione e nel-l’essiccazione dopo la foggiatura, ma anche i rivestimentipresentano difetti, quali, soprattutto, una frequente bollosi-tà superficiale. Esemplari scadenti potevano comunque es-sere messi in opera.

La produzione di piastrelle monocrome continua anco-ra nel corso del XVI secolo, con alcuni elementi di novitànei rivestimenti: l’uso dello smalto di colore blu cobalto, inaccordo con l’introduzione di questo nuovo rivestimentonelle produzioni fini da mensa, e anche dell’ingobbio. I ri-vestimenti delle cappelle della chiesa di S. Domenico a Sa-vona costituiscono per ora gli unici esempi liguri di questetecniche applicate ai laggioni.

Nel tardo Cinquecento compaiono anche esemplari didimensioni maggiori, più simili alle misure delle piastrellerinascimentali, come nel caso della cappella a sinistra delpresbiterio di S. Domenico a Taggia o come sul campaniledella cattedrale di Albenga.

Un’ultima annotazione riguarda proprio le dimensionidelle piastrelle, che, dall’analisi di tutti i contesti considerati,non paiono un utile elemento di caratterizzazione in sensodiacronico. Infatti, i manufatti di XIV secolo importati dallaSpagna hanno dimensioni variabili tra i 9,5-9,9 cm (Savona,Priamàr), i 10,5 cm (Genova, S. Agostino), fino ad arrivaread 11,5-11,8 (Genova, S. Giovanni di Pré). Allo stato attualedelle ricerche non risulta possibile attribuire a queste diffe-renze di misura una diversa origine di produzione da parte dimolteplici atelier; neppure si è ancora riusciti a provare unuso di stampi di misure diverse se pur in uno stesso ambito di

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produzione. La manifattura savonese tenderà ad imitare gliesemplari più piccoli, standardizzandosi tra i 9 e i 10 cm, conalternanze non significative nell’arco cronologico compresotra il XIV e il XVI secolo.

Il lavoro non può certo dirsi concluso. La successivafase prevede, da un lato, una ricerca capillare dei contestisparsi sul territorio ligure, che verranno studiati in manieraanalitica, con una disamina approfondita delle fonti docu-mentarie al fine, soprattutto, di poter acquisire cronologiepiù precise; dall’altro, per identificare con più precisione iluoghi di origine delle piastrelle importate, saranno neces-sari sia lo studio più preciso della geologia dell’Andalusia,in particolare dell’area di Malaga e Granada, anche attra-verso campionamento di sedimenti, sia l’esame degli scartidi fornace disponibili delle produzioni ceramiche andaluse.

Si auspica infine che siano possibili nuove acquisizio-ni, le quali permettano, assieme ai dati già ottenuti, di se-guire i tempi, i modi e le vie di diffusione del gusto diinlagionare le superfici murarie in Liguria.

RINGRAZIAMENTI

Desideriamo esprimere il nostro più vivo e sincero ringrazia-mento al Prof. Tiziano Mannoni, per il costante appoggio scienti-fico, e al Dott. Alberto García Porras, per il fondamentale contri-buto nella ricerca sulle piastrelle spagnole. Un doveroso ringra-ziamento alla Dott.ssa Loredana Pessa e alla Dott. CostanzaFusconi, per la cortese disponibilità con cui hanno reso possibilile nostre ricerche.

Per quanto riguarda i reperti archeologici degli scavi delPriamàr e di S. Domenico a Savona, portati alla luce in scavi suconcessione ministeriale e affidati all’Istituto Internazionale diStudi Liguri, manifestiamo il nostro più vivo ringraziamento aiconcessionari di tali scavi, Prof. Carlo Varaldo e Dott.ssa RitaLavagna, per averne consentito lo studio.

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