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1 CAMPO SCUOLA DIOCESANO - MEDIE 2-9 luglio 2016 – Nocera Umbra (Pg) In che senso? ----------------------------- 1. DENTRO AL TEMA ----------------------------- Siamo esseri in relazione, il nostro stesso corpo ce lo dice, ma scoprire questo non è proprio così scontato. Abbiamo bisogno di educarci a capire cosa dovrebbe caratterizzare veramente le nostre relazioni, lo spessore che vogliamo dargli, capire con che cosa entrare veramente in relazione, essere capaci semplicemente di entrare in relazione. Risulta piuttosto evidente che i sensi, non solo ci mettono in contatto con il mondo e con gli altri, ma non avrebbero motivo di esistere senza il mondo e gli altri. I sensi sono degli strumenti indispensabili che ognuno di noi ha a disposizione per relazionarsi con il mondo esterno ed interno: non sarebbe possibile conoscere, valutare, desiderare, gustare, sentire il bisogno di qualcosa o di qualcuno se i sensi non mi fornissero prima degli elementi per poter fare tutto questo. I sensi ci mettono di fronte a qualcosa che per noi è inevitabile (vediamo qualcosa, ascoltiamo, tocchiamo, gustiamo, odoriamo qualcosa…) ma che non è scontato per nulla saper gestire. Entrare in relazione, conoscere, giudicare, riconoscere sentimenti, cogliere delle differenze, apprezzare, gustare in profondità, capire cosa c’è dietro… siamo proprio così sicuri di saperlo fare? Siamo proprio sicuri di saper andare oltre le informazioni che i sensi ci forniscono? Se non è così scontato per noi, forse non lo è neppure per i nostri ragazzi delle medie che iniziano a vivere in modo germinale le grandi domande di senso che poi esploderanno nell’adolescenza. Il giudizio che tanto temono degli altri, il modo in cui si guardano allo specchio, l’apparenza delle cose che tanto li affascina… possono avere a che fare con la loro capacità/incapacità di saper vedere, ascoltare, toccare, gustare, odorare? Possono avere a che fare con la loro capacità/incapacità di sapersi vedere, ascoltare, toccare, gustare, odorare? Stiamo parlando quindi di canali che consentono alla persona di entrare in contatto col mondo. Possiamo articolare questo movimento in tre passi: a) la conoscenza (i sensi servono per acquisire il mondo... per averne un immagine interiore e comprenderlo) b) stabilire relazioni... I sensi mi permettono di articolare dei linguaggi di varia natura per comunicare con gli altri e intessere delle relazioni c) mi permettono di donarmi, di uscire dall'isolamento e di entrare in relazione con gli altri.

In che senso? - diocesicivitacastellana.com 2017/Pastorale Giovanile... · interiore e comprenderlo) b) stabilire relazioni... I sensi mi permettono di articolare dei linguaggi di

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CAMPO SCUOLA DIOCESANO - MEDIE 2-9 luglio 2016 – Nocera Umbra (Pg)

In che senso?

----------------------------- 1. DENTRO AL TEMA

----------------------------- Siamo esseri in relazione, il nostro stesso corpo ce lo dice, ma scoprire questo non è proprio così scontato. Abbiamo bisogno di educarci a capire cosa dovrebbe caratterizzare veramente le nostre relazioni, lo spessore che vogliamo dargli, capire con che cosa entrare veramente in relazione, essere capaci semplicemente di entrare in relazione. Risulta piuttosto evidente che i sensi, non solo ci mettono in contatto con il mondo e con gli altri, ma non avrebbero motivo di esistere senza il mondo e gli altri. I sensi sono degli strumenti indispensabili che ognuno di noi ha a disposizione per relazionarsi con il mondo esterno ed interno: non sarebbe possibile conoscere, valutare, desiderare, gustare, sentire il bisogno di qualcosa o di qualcuno se i sensi non mi fornissero prima degli elementi per poter fare tutto questo. I sensi ci mettono di fronte a qualcosa che per noi è inevitabile (vediamo qualcosa, ascoltiamo, tocchiamo, gustiamo, odoriamo qualcosa…) ma che non è scontato per nulla saper gestire. Entrare in relazione, conoscere, giudicare, riconoscere sentimenti, cogliere delle differenze, apprezzare, gustare in profondità, capire cosa c’è dietro… siamo proprio così sicuri di saperlo fare? Siamo proprio sicuri di saper andare oltre le informazioni che i sensi ci forniscono? Se non è così scontato per noi, forse non lo è neppure per i nostri ragazzi delle medie che iniziano a vivere in modo germinale le grandi domande di senso che poi esploderanno nell’adolescenza. Il giudizio che tanto temono degli altri, il modo in cui si guardano allo specchio, l’apparenza delle cose che tanto li affascina… possono avere a che fare con la loro capacità/incapacità di saper vedere, ascoltare, toccare, gustare, odorare? Possono avere a che fare con la loro capacità/incapacità di sapersi vedere, ascoltare, toccare, gustare, odorare? Stiamo parlando quindi di canali che consentono alla persona di entrare in contatto col mondo. Possiamo articolare questo movimento in tre passi:

a) la conoscenza (i sensi servono per acquisire il mondo... per averne un immagine interiore e comprenderlo)

b) stabilire relazioni... I sensi mi permettono di articolare dei linguaggi di varia natura per comunicare con gli altri e intessere delle relazioni

c) mi permettono di donarmi, di uscire dall'isolamento e di entrare in relazione con gli altri.

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I SENSI E I LINGUAGGI Pensiamo che proprio dai sensi si sviluppano dei linguaggi: ad ogni senso corrisponde un arte o comunque una ricerca estetica (la dimensione della bellezza come elemento attrattivo che mi porta ad uscire da me)

vista: arti figurative, letteratura udito: letteratura e musica olfatto: profumi e aromi gusto: arte culinaria tatto e le esperienze fisiche: si aprirebbe il capitolo del piacere è della sessualità

Tutte le arti suppongono condivisione: Cantava qualcuno che il cantante peggiore che c'è / è chi canta solo per se!

LA RICHIESTA DI UNA REAZIONE: FARE UN PASSO IN PIÙ Dalla percezione alla profondità Lo ripetiamo ancora, i sensi ci offrono delle informazioni che da sole non bastano: occorre essere capaci di elaborarle, di poter andare oltre quello che inizialmente dicono. La relazione non si misura e non si costruisce solo con ciò che possiamo apprezzare semplicemente guardando con gli occhi (SENSI)… i sensi sono un buon punto di partenza ma ci vuole un “oltre”, una capacità di andare oltre le apparenze “sensoriali”, per cogliere in fondo e il fondo delle cose e delle persone. I sensi da soli non bastano, ci chiedono di fare un passo in più, un passo che spetta alla nostra interiorità, al nostro intelletto, al nostro cuore: vedere una persona e giudicarla solo da quello che mostra di se è troppo poco. Non serve neanche sentirla soltanto parlare… c’è bisogno di fare qualche passo in più… C’è bisogno di allenarsi a un movimento che dall’esterno arrivi sempre più in profondità, che dalla percezione di qualcosa (colori, suoni, odori…) arrivi ad una conoscenza vera. In altre parole, i sensi ci chiedono una reazione, non ci vogliono lasciare nel limbo dell’indifferenza, non si accontentano di averci lasciato dei dati. Dietro le possibilità che noi abbiamo usando i nostri sensi, c’è sempre un motivo nascosto, un invito alla scoperta di qualcosa di ulteriore che non sempre è così scontato trovare. Cosa c’è o chi c’è veramente dietro quello che percepisco? Siamo abituati a fare questo passo in avanti? Quanto ci si ferma a un livello esteriore? Quanto siamo abituati a pensare che i sensi sono solo un primo gradino per entrare dentro la nostra interiorità e quella delle altre persone? Quanto siamo allenati a osservare, ascoltare, gustare… cosa c’è dietro, cosa c’è veramente? Dove sta la verità? Cosa vuol dire non fermarsi a quello che vedo, non fermarsi a quello che ascolto, non fermarsi a quello che gusto (mi piace/non mi piace), non fermarsi a quello che odoro, non fermarsi a quello che tocco?

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I SENSI: CANALI DELLA VITA INTERIORE I sensi sono quindi strumenti indispensabili che ognuno di noi ha a disposizione per relazionarsi con il mondo esterno (fuori di se) ma anche con il nostro mondo interno (dentro di se): non vedo solo qualcosa fuori di me ma (si dice proprio così!) posso guardare anche dentro di me, posso ascoltarmi. Questo poi lo si può dire anche degli altri: gli altri possono guardare dentro di me e io posso guardare dentro di loro… Più sono capace di trovare cosa c’è dietro quello che i sensi mi mettono davanti e più sono capace di poter fare la stessa operazione dentro di me… e viceversa. I sensi così aiutano anche ad esprimere la nostra interiorità: gli occhi sono lo specchio di sentimenti e di stati d’animo; un gesto fatto con il tatto può essere espressione di intimità, di incoraggiamento, di tenerezza, di affetto, di risentimento, di paura…; il desiderio di ascoltare qualcosa a cui tengo mi dispone ad assumere un particolare tipo di atteggiamento e a mostrare, anche esteriormente, un certo interesse… i sensi sono rivelatori di qualcosa di più profondo che si trova dentro di noi… brutto sarebbe se non rivelassero proprio nulla di noi… come i sensi mi indicano di trovare cosa c’è oltre un’apparenza del mondo esterno, così anche io devo abituarmi a esprimere attraverso i miei sensi quello che sono veramente. I nostri sensi dovrebbero esprimere anche la nostra interiorità ma siamo proprio sicuri che quello che facciamo miri proprio a questo?

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----------------------------- 2. I SENSI E LA BIBBIA

----------------------------- Possiamo allora comprendere facilmente come nella BIBBIA, e in modo particolare nel Vangelo, sia riservata un’attenzione speciale ai sensi. Se pensiamo ai ciechi che ha guarito Gesù e a frasi del tipo “perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi” (Gv 9,39) possiamo semplicemente pensare che si tratta solo di vedere con gli occhi? Se pensiamo al cieco Bartimeo di Mc 10, alla sua capacità di vedere (mentre è cieco) quello che gli altri (che non sono ciechi) non sono capaci di vedere… La Maddalena (Gv 20) che vede davanti a se Gesù ma lo scambia per un giardiniere e lo riconosce soltanto quando viene chiamata per nome… c’è un invito a cogliere sempre qualcosa di più, qualcosa che è oltre, un invito ad andare in profondità! UNIRE ODORATO E GUSTO. Se pensiamo all’uso dei profumi e al gusto di qualcosa: nel Vangelo sono rivelativi dei sentimenti di alcuni personaggi! Maria che a Betania (Gv 12) cosparge i piedi di Gesù con del profumo di puro nardo, “assai prezioso”, poi li asciuga con i suoi capelli… cosa indica? È solo l’uso di un profumo o indica un coinvolgimento personale fortissimo? E la reazione di Giuda che fa affermazioni sull’opportunità di vendere quel profumo? Nicodemo che in Gv 19 compra 30 Kg di una mistura di mirra e di aloe? L’incapacità dei sommi sacerdoti, degli scribi e dei farisei di ascoltare anche le cose più evidenti… di cosa è segno? Vuol dire che non hanno capito quello che hanno ascoltato da Gesù oppure… forse lo hanno capito troppo bene… e allora non vogliono ascoltare? Quindi non si ascolta dopo che si è ascoltato? Oppure il rimprovero ai discepoli (Mc 8,18): “Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?” Tommaso che vuole toccare le ferite dei chiodi e il costato di Gesù (Gv 20); la donna emorroissa (Mc 5) che vuole solo sfiorare il mantello di Gesù per essere guarita ma senza essere vista (!) e l’invito di Gesù a venire allo scoperto; i malati che (At 5) si stendono affinché solo l’ombra di Pietro possa ricoprirli… Toccare è segno di essere sanati, toccare vuol dire avere fiducia, toccare vuol dire avere coraggio… NEL RAPPORTO CON DIO I SENSI NON SERVONO A NIENTE?: riuscire a percepire delle cose, non comprendendole per forza. I “sensi” come possibilità di percepire qualcosa… “Dio non lo vedi eppure lo senti” Proviamo a pensare all’esperienza sensoriale nella liturgia e nella preghiera: l’uso di profumi (incenso), gesti come lo scambio della pace e il mettersi in ginocchio, l’ascolto di parole e della Parola di Dio, i colori liturgici, ecc.

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3. LE NOSTRE QUATTRO TAPPE -----------------------------

Nella riflessione che facciamo con i ragazzi, piuttosto che prendere un senso per volta, possiamo dividere il cammino in 4 tappe che ci aiutano a considerare sempre i 5 sensi insieme, a partire da varie prospettive. Sono tappe che ci aiutano a comprendere il significato, l’utilità, le provocazioni che i sensi ci offrono quotidianamente. La suddivisione che proponiamo è la seguente.

1) I SENSI PER CONOSCERE

A) PRESENTAZIONE DEL TEMA I sensi non possono portarci da soli a conoscere la verità ma sicuramente ci aiutano a conoscere il mondo; spesso possono ingannare, portare fuori strada… è proprio vero che con i sensi arriviamo alla verità? I sensi ci aiutano a percepire un’apparenza, un’emotività ma la verità è oltre quello che percepisci. Non occorrerebbe parlare di sensi, mondo, verità: i sensi ci aiutano a conoscere il mondo ma ci rendiamo conto che dobbiamo avere una visione più ampia. Come detto prima, i sensi sono solo all’inizio di un processo che ci porta a conoscere il mondo e a scoprirne la verità. Essi portano con se un continuo invito a scendere in profondità, ad andare oltre l’apparenza e la semplice percezione delle cose. CONOSCERE LA VERITA’: la verità esiste oppure ognuno la vede a modo suo? I sensi captano segnali confusi e ognuno ne trae quello che vuole? Ognuno ha la sua verità? Oppure la verità è qualcosa di armonico? La verità è un assolo che gestisce solo qualcuno? Una cosa stupefacente è che quando nasciamo noi veniamo al mondo, quando conosciamo portiamo il mondo (con tutto quello che contiene) dentro di noi… il primo step della conoscenza è quello sensibile. I sensi ci fanno percepire, ci aiutano cioè ad afferrare e a prendere alcuni elementi che poi noi dobbiamo mettere insieme per dare dei significati. SAPER PERCEPIRE: cosa vuol dire saper vedere, ascoltare, gustare, odorare, toccare? È scontato dire che basta aprire gli occhi per vedere? Eppure, dobbiamo riconoscere, che ci sono osservatori più attenti di noi, come ce ne sono altri più sbadati: si impara a vedere, ci si allena e ci si raffina. È vero per tutti i sensi. Si potrebbe affrontare il tema della ricchezza che connota il mondo e dunque la varietà dei colori, dei suoni, degli odori…il punto è che siamo così abituati ad avere queste cose sotto gli occhi, sotto il naso, sotto l’orecchio, che a volte ci dimentichiamo o non ci accorgiamo della loro bellezza… E’ proprio dalla meraviglia suscitata dalla bellezza che posso iniziare a cercare

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il significato, il senso, di quello che i sensi mi presentano e che mi rimanda ad altro. La conoscenza più interessante nasce infatti dallo stupore, dalla curiosità, dal desiderio che mi spinge a cercare di capire sempre di più… se oltre a questo ci fosse addirittura l’amore, non ci sarebbe nulla che mi potrebbe frenare dal conoscere la persona che amo… La conoscenza è importante anche per imparare a conoscere il carattere utile o nocivo delle realtà che incontro. Aggiungiamo una prospettiva: nella crescita di un bambino, quando impara ad usare i sensi, finché non sono ben tarati non danno una risposta chiara della realtà. Ci mette un po’ di tempo a capire le distanze, a riconoscere i colori… questo accade anche per quanto riguarda il discorso della verità. Nella vita il ragazzo deve rendersi conto che le sue verità cambiano: non esistono le verità? È cambiato il mondo? È cambiato il mio metodo valutativo? O forse il mondo nella sua meraviglia e bellezza ha bisogno di un cammino sempre più lungo per poterlo comprendere… con il passare del tempo cambiano gli “strumenti” che diventano sempre più complessi… occorre imparare ad avere uno sguardo di insieme sulla realtà: di fatto non esiste la verità come definizione ma la possiamo I ragazzi vivono di sensazioni, si lasciano trasportare dalle emozioni e questo li porta spesso a rimanere in una superficialità. Meraviglia e stupore sono temi da approfondire. Si potrebbe anche stimolarli a mettersi di fronte alla loro apatia di fronte allo stupore: con internet ormai possono arrivare a vedere tutto e a non meravigliarsi di nulla.

B) IL BRANO BIBLICO DI RIFERIMENTO

DAL VANGELO DI MARCO (8,22-26)

22Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. 23Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: "Vedi qualcosa?". 24Quello, alzando gli occhi, diceva: "Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano". 25Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. 26E lo rimandò a casa sua dicendo: "Non entrare nemmeno nel villaggio".

Alcuni spunti sul brano

Il brano del cieco di Betsàida non può essere letto come brano che ha senso in se stesso!

L’arrivo in questo villaggio del Lago di Tiberiade è annunciato da Gesù 2 capitoli prima (6,45),

subito dopo la prima moltiplicazione dei pani e dei pesci: Gesù quindi vuole arrivare a Betsàida,

non ci passa per caso e sembra volerci arrivare dopo aver fatto un cammino insieme ai

discepoli.

Tra Mc 6,45 e 8,22 ci sono molte guarigioni, discussioni con i farisei e c’è anche la seconda

moltiplicazione dei pani e dei pesci. In questa sezione c’è un continuo ritornello sulle labbra di

Gesù: “non capite ancora?”, “avete il cuore indurito?”, “non comprendete ancora?”.

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Nonostante i tanti segni del Regno (guarigioni, annuncio del Regno, ecc.) i discepoli non

riescono a credere in Gesù, a fidarsi di Lui: la sottolineatura è sulla lentezza nel comprendere!

Per mettere in risalto questo, in Mc 8,18, Gesù richiama un’espressione cara ai profeti: “Avete

occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?”.

La guarigione del cieco di Betsàida, i due step per compiere questa guarigione, la sua cecità,

non sono altro che lo specchio della lentezza dei discepoli a credere e a comprendere;

insomma, un episodio per sottolineare la loro cecità e la loro sordità.

Si può sempre capire tutto? Si può sempre capire tutto e subito? E se ci vuole tempo per

capire? Saresti disposto ad aspettare? Cosa rinunceresti volentieri a capire?

Il brano è pieno di riferimenti ai sensi (vedere e toccare): è la gente che accompagna il cieco

che chiede a Gesù di toccarlo. Gesù lo tocca ma non guarisce subito: perché? È Gesù che non

ha abbastanza poteri? Gesù ha bisogno di ripetere il miracolo due volte perché la prima volta

non ha funzionato: la guarigione del cieco in due tappe sembra essere l’esempio e il riassunto

della lentezza nel credere in Gesù e nella potenza del Regno. La gradualità nel vedere dipende

dal cieco e non da Gesù e viene presa come riassunto della lentezza dei discepoli che hanno

occhi ma non vedono, hanno orecchi ma non riescono ad ascoltare e quindi a capire.

Nella guarigione del cieco, questa lentezza e gradualità sono ben riconoscibili:

- C’è un uomo cieco

- Questo uomo inizia a vedere “come degli alberi che camminano”

- Vede chiaramente, da lontano vedeva distintamente ogni cosa

C’è un cammino per imparare a vedere:

# chiaramente: con chiarezza, comprendendo i particolari

# anche da lontano: non ci sono soltanto le persone e le cose attorno a me, c’è un mondo da

scoprire e rischi di perdertelo se ti accontenti di quello che conosci e di quello che è a portata

di mano. Spesso le persone e le cose più belle le scopri quando osi mettere i piedi dove non li

hai mai portati!

# distintamente: cogliendo le differenze rispetto ad altre cose, imparando a vedere che non

tutte le cose e le persone sono uguali

# ogni cosa: è possibile vedere tutto? Tutto e subito certamente no! Per vedere ogni cosa

occorre tempo, la possibilità di poterlo fare, qualcuno che mi apre gli occhi su cose che non

saprei neanche dove potrebbero essere…

Occorre riconoscere prima di tutto, aver bisogno di imparare a vedere meglio. Non guarisce

chi non sente di averne bisogno! Pensi di aver già imparato tutto?

Mi piace / non mi piace

Mi interessa / non mi interessa

Posso cercare di capire solo quello che mi piace? Certo che è più semplice… ma possono

esserci cose importanti che non mi interesserebbe conoscere, vedere, ascoltare, toccare…?

Hai già esperimentato questo?

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Altro punto molto importante è quello di non accontentarsi di vedere delle ombre, non

accontentarsi di dire che basta vedere “come degli alberi”: non sarebbe più bello vedere gli

alberi stessi, vedere le cose come sono? Il cieco non avrebbe potuto accontentarsi?

D'altronde, sempre meglio vedere delle ombre piuttosto che non vedere per niente: cosa vuol

dire accontentarsi? “Accontentare” vuol dire rendere contento qualcuno; “accontentarsi”

vuol dire che posso essere contento quando raggiungo una situazione che a me sta bene e che

mi rende soddisfatto abbastanza: posso accontentarmi di poco? Ti è mai capitato di pensarlo

quando, per ottenere qualcosa di più, dovevi affrontare un sacrificio in più, quando magari

dovevi aspettare un po’ più di tempo? È sempre la stessa storia: pensiamo sempre che tutte

le volte che dobbiamo affrontare dei sacrifici e delle fatiche, vuol dire allora che ci possiamo

fermare e, magari, addirittura tornare indietro! Sei d’accordo? Sempre? Per cosa vale la pena

andare oltre, cercare di superare fatiche e sacrifici? Per cosa saresti disposto ad aspettare più

tempo?

Forse il punto allora non è se devo o non devo accontentarmi, ma chiedermi se sono davvero

felice di come vivo i miei rapporti con gli altri o di come gli altri si comportano con me;

domandarmi se sono davvero felice quando mi comporto in un certo modo!

Gli occhi non sono fatti per vedere “come degli alberi”, delle ombre: sono fatti per vedere

distintamente, anche da lontano, ogni cosa… sei disposto a fare questo passo in più? A

chiedere il massimo ai tuoi occhi e a te stesso? Oppure preferisci vivere al di sotto delle tue

possibilità? È un po’ come avere una ferrari e guidare come se avessi una panda degli anni

’80…

Ti è mai capitato di sbagliarti sull’idea che ti sei fatto di qualcuno?

L’uomo cieco vede “come degli alberi” e dice di vedere della gente: non è sicuro che siano

delle persone ma si butta nella valutazione! È molto probabile che siano veramente delle

persone ma se non fosse così? Eppure il suo giudizio è stato abbastanza chiaro: “vedo la

gente”. Non ha detto “forse”! Una volta recuperata totalmente la vista cosa avrà visto

veramente? Non accontentarsi di vedere delle ombre vuol dire esporsi anche al rischio di

scoprire che la realtà non è come immaginavi o come gli altri hanno detto che era!

Hai mai detto la stessa cosa anche tu? Ti è mai capitato di essere sorpreso quando poi hai

scoperto la verità di cose o di persone? Quando è stato piacevole e quando no?

C) STRUMENTI UTILI PER LA RIFLESSIONE Gioco aperitivo Video presentazione https://www.youtube.com/watch?v=tde_gs5RZXE ilearning – errori di percezione

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Illusioni percettive

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SOGNA RAGAZZO SOGNA – ROBERTO VECCHIONI

E ti diranno parole rosse come il sangue, nere come la notte; ma non è vero, ragazzo,

che la ragione sta sempre col più forte io conosco poeti che spostano i fiumi con il pensiero,

e naviganti infiniti che sanno parlare con il cielo. Chiudi gli occhi, ragazzo,

e credi solo a quel che vedi dentro stringi i pugni, ragazzo,

non lasciargliela vinta neanche un momento copri l'amore, ragazzo,

ma non nasconderlo sotto il mantello a volte passa qualcuno,

a volte c'è qualcuno che deve vederlo.

Sogna, ragazzo sogna quando sale il vento nelle vie del cuore, quando un uomo vive per le sue parole o non vive più;

sogna, ragazzo sogna, non lasciarlo solo contro questo mondo

non lasciarlo andare sogna fino in fondo, fallo pure te.. Sogna, ragazzo sogna quando cade il vento ma non è finita

quando muore un uomo per la stessa vita che sognavi tu Sogna, ragazzo sogna non cambiare un verso della tua canzone,

non lasciare un treno fermo alla stazione, non fermarti tu...

Lasciali dire che al mondo quelli come te perderanno sempre perché hai già vinto, lo giuro, e non ti possono fare più niente

passa ogni tanto la mano su un viso di donna, passaci le dita nessun regno è più grande

di questa piccola cosa che è la vita

E la vita è così forte che attraversa i muri per farsi vedere la vita è così vera

che sembra impossibile doverla lasciare la vita è così grande che quando sarai sul punto di morire,

pianterai un ulivo, convinto ancora di vederlo fiorire

Sogna, ragazzo sogna, quando lei si volta, quando lei non torna, quando il solo passo che fermava il cuore non lo senti più

sogna, ragazzo, sogna, passeranno i giorni, passerrà l'amore, passeran le notti,

finirà il dolore, sarai sempre tu...

Sogna, ragazzo sogna, piccolo ragazzo nella mia memoria, tante volte tanti dentro questa storia: non vi conto più;

sogna, ragazzo, sogna, ti ho lasciato un foglio sulla scrivania, manca solo un verso a quella poesia, puoi finirla tu.

Canzoni

RENATO ZERO – VOLA ALTO Non si finisce mai, da fare ce n'è. Quanto lavoro per il cuore. Domenica non è per chi come me ha un gran bisogno di capire. Pur di aiutare il cambiamento ci si improvvisa eroi. Ma non c'è mai abbastanza tempo. L'anima di un uomo si misura per la sua caparbietà. So riconoscere gli amici, la spalla giusta so qual è. Merito delle mie radici e del rispetto che ho di me. Sognatore fino in fondo. Più convinto di così. Se c'è fiamma io mi accendo e poi ti sfido con un sì. La rivincita mi prendo su chi un giorno mi tradì. Reagiamo pure noi, chiediamo di più. Che sia davvero un mondo onesto. Ognuno faccia il suo: passione ed energia. Sbagliare in fondo serve tanto. L'avidità ci impoverisce, gli slanci invece no. Se quell'istinto si perdesse dove troverebbe la risposta questa vita? Chi lo sa... La strada stimola i pensieri, gli incontri le opportunità. Il ragazzino che ero ieri dimostra ancora la sua età. Vola alto e stai sereno! Prendi il meglio finché vuoi! Che il primo impegno, non scordarlo, è dare spazio ai sensi tuoi. Tu vola alto, amico caro! Pure per chi non ce la fa. Per chi di un sogno è prigioniero, per chi rinuncerà. Pensa in grande, fallo ancora! Tu cavalca quell'idea. Suda, incazzati e poi prega e quando puoi tu scappa via! Che soffrire di coraggio è la più bella malattia! Vola alto...

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2) I SENSI PER INCONTRARE (USO DEI LINGUAGGI)

A) PRESENTAZIONE DEL TEMA È il linguaggio che consente la relazione. Due persone sono su una soglia e poi si incontrano; una volta che attraverso i sensi ho stabilito la relazione, dono tutto di me (amore). Prima di donare se stessi occorre amare se stessi, conoscere se stessi: chiaro che le cose accadono contemporaneamente ma, per far comprendere, le mettiamo una prima dell’altra. PROBLEMI NELLA COMUNICAZIONE: per ogni senso un uomo ha sviluppato un linguaggio (arte, musica, letteratura, cucina, profumi, ecc.) che dice qualcosa, desiderano dire qualcosa: i linguaggi sono sì importanti ma ancor di più è importante il contenuto del messaggio che si vuole comunicare, altrimenti il linguaggio risulta “vuoto”. I linguaggi sono importanti perché sono la strada che viene percorsa dalle cose che noi desideriamo comunicare: si può comunicare qualcosa di importante o di superficiale, qualcosa di urgente o non necessariamente impellente… ma tutto deve essere l’espressione di qualcosa di profondo che desideriamo condividere. Una canzone è bella se ha l’intenzione di comunicare qualcosa di bello: altrimenti è banale. Ma è banale la canzone o chi ha voluto esprimere questa banalità? Comunicare con dei linguaggi ha una sua responsabilità: è la responsabilità che ho nei confronti degli altri che mi ascoltano o mi vedono o mi toccano… non posso trattare gli altri comunicandogli le cose più superficiali e scontate che mi vengono in mente. La comunicazione richiede impegno, ascolto di se stessi. I linguaggi che uso rivelano così chi sono, le mie passioni, i miei desideri, i miei stati d’animo, le mie paure, i miei pregiudizi, i miei limiti, i miei gusti: dipingere un quadro e scegliere di usare determinati colori ad esempio; scrivere una canzone usando certe parole piuttosto che altre, scegliendo un tema piuttosto che un altro; musicare una canzone usando un ritmo piuttosto che un altro. Possiamo immaginare questa giornata con dei laboratori: linguaggi visivi, uditivi, tattili e far fare delle esperienze di comunicazione sulla base del tatto… ti voglio comunicare qualcosa usando questo linguaggio… importante che i contenuti di questo dialogo siano selezionati e centrati. Si può anche portarli a esprimersi a diverse difficoltà: dal comunicare qualcosa di più semplice fino a un sentimento; comunicare un sentimento con linguaggi differenti. Si può anche osservare come certi linguaggi siano inadeguati ad esprimere certi tipi di sentimenti o di contenuti (lo slang da strada esprime con difficoltà la tenerezza ad esempio). La molteplicità di quello che possiamo esprimere con le nostre facce (gioco di simulare le emoticons). Sarebbe interessante uno stand con il linguaggio di Dio: si può pensare come preghiera del mattino o della sera? Un linguaggio esperienziale che mi porta a coinvolgermi: prostrazione, incenso, luce (candela), suono (parola), gusto (comunione)…. Articolare un percorso di preghiera sensoriale… senza ricercare effetti speciali ma con grande naturalezza e semplicità.

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B) IL BRANO BIBLICO DI RIFERIMENTO DAGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (2,1-13)

1Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. 3Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, 4e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. 5Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. 6A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. 7Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: "Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? 8E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? 9Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, 10della Frìgia e della Panfìlia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti,11Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio". 12Tutti erano stupefatti e perplessi, e si chiedevano l'un l'altro: "Che cosa significa questo?". 13Altri invece li deridevano e dicevano: "Si sono ubriacati di vino dolce".

Alcuni spunti sul brano

Questo brano non è il racconto di una magia operata da Dio: gli apostoli chiusi dentro al cenacolo per timore dei Giudei, per timore di fare la stessa fine di Gesù in croce, ricevono il dono dello Spirito Santo che gli dà la forza e il coraggio di uscire dal cenacolo e di affrontare tutto e tutti, senza alcuna paura… non è così! Certo che c’è il dono dello Spirito Santo ma in cosa consiste? Cerchiamo di entrare nel testo offrendo una lettura esistenziale di esso. In questo brano sono presenti tante esperienze sensoriali:

- fragore, quasi di vento impetuoso che si abbatte (udito e vista) - lingue come di fuoco (vista) - diverse lingue parlate (udito)

Queste esperienze sensoriali arrivano all’improvviso, sono inattese, non erano programmate e pensate da nessuno dei presenti a Gerusalemme. Questo evento inatteso provoca turbamento e sorpresa: come è possibile che sia accaduto questo? Qui il punto non è l’evento sensazionale ma il ritenere che l’esperienza di poter comprendere e di poter comunicare non era pensabile, non sarebbe mai potuta accadere! A Gerusalemme avranno sentito tante cose, avranno sentito parlare anche di Dio ma, sembra, che nessuno fino ad ora abbia capito qualcosa: soltanto quando parlano la lingua nativa di ognuno, tutti possono capire! Prima della festa della Pentecoste c’erano persone che parlavano ma bisognava avere la fortuna di trovare altre persone che parlavano la stessa lingua: esperienza alquanto difficile visto che c’era gente proveniente da 16 nazioni differenti. Tante lingue ma poca comunicazione. Sembra ripetersi la confusione, l’incomunicabilità della Babele dell’Antico Testamento!

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Si parla ma non ci si comprende, si parla e si usano lingue che non riescono a trasmettere quello che si vorrebbe: poco conta se poi tornerai a casa e potrai comunicare con altri… ma se si trattasse invece di un’esperienza che sei costretto a vivere? Ti è mai successo di voler comunicare qualcosa a qualcuno e non riuscire a farti capire? Magari qualcosa a cui tenevi particolarmente o qualcuno a cui tenevi particolarmente? Di fatto, per ogni nazionalità presa singolarmente, non accade nulla di nuovo: ognuno sente parlare nella propria lingua: quello che stupisce è che tutti possano capire, a tutti è data la possibilità di capire quello che gli apostoli vogliono comunicare! Tutti possono capire le grandi opere di Dio! La reazione della gente: ciò che accade non è compreso e accolto da tutti allo stesso modo!

- “tutti” (quasi tutti): si chiedono “che cosa significa”, cercano di comprendere di più, sono mossi da stupore e da perplessità

- “altri”: deridono. Sono quelli che sicuramente non arrivano al contenuto che i vari linguaggi volevano trasmettere: non si arriva al messaggio perché la si butta in “caciara”. Niente di nuovo sotto il sole: magari quando le cose costano compromissione, quando dovresti impegnarti di più, quando dovresti imparare qualcosa di nuovo… molto più facile deridere, così ti senti apposto con la coscienza, gli altri che hai coinvolto a deridere non ti giudicheranno… chi ci rimette veramente?

Gli effetti di ciò che accade a Gerusalemme, gli effetti della predicazione degli apostoli:

- La folla si radunò: mentre prima ognuno sembra andasse per la sua strada, senza pensare che sarebbe stato possibile e utile incontrarsi, ora si converge tutti quanti attorno agli apostoli. Dalla confusione, dalla dispersione, dalla solitudine, dalla differenza inconciliabile si passa all’unità, alla comunione, all’armonia, alla condivisione attorno alla stessa radice: le grandi opere di Dio! A volte sembra più semplice andare “per gli affari miei” ma si paga con la solitudine, l’incomprensione: ti è mai capitato di volerti isolare dagli altri? Quando?

- Ognuno riesce a capire: si viene a Gerusalemme e ci si può accontentare di esserci venuti e di vivere l’esperienza del pellegrinaggio in modo esteriore, distante… oppure ci si può anche non accontentare, non mettersi a ridere su quello che sta accadendo! Ti è mai successo di arrivare a una riconciliazione, a una pace fatta, a una comprensione tra amici perché non ci si era capiti, perché ognuno preferiva ascoltare solo le proprie convinzioni, perché ognuno voleva ascoltare solo se stesso?

- È una possibilità che riguarda tutti: tutte le nazioni e tutte le lingue sono coinvolte, nessuno può dire “io non ho capito”, “a me non lo hai detto”. Si tira fuori chi non desidera costituirsi come unico popolo e preferisce andare per le sue strade, per quello che ha sempre fatto (deridendo chi magari però si mette a cercare qualcosa di più!); si tira fuori chi non desidera cambiare; si tira fuori chi non vuole lasciare quello che ha conquistato fino ad allora, chi non vuole rinunciare a quello che ha per andare verso qualcosa di migliore; si tira fuori chi ha paura degli altri, del confronto con gli altri (non del giudizio: a giudicare nel brano sono solo le persone che si tirano fuori!!!). Ti è mai successo?

- Si ristabilisce un’unità perduta (dispersi in tutte le nazioni; lingue differenti; la lingua nativa non è più l’ebraico: incomunicabilità) e che non si pensava si sarebbe ricomposta. Ti capita di pensare che alcune situazioni, alcuni rapporti con alcune persone, non saranno mai recuperati?

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C) STRUMENTI UTILI PER LA RIFLESSIONE

Gioco aperitivo

15 Opere d’arte ridicole vendute cifre imbarazzanti Quante volte vi sarà capitato, di fronte a un’opera d’arte contemporanea di dire: “e questo cosa è?”, “lo farei meglio io”, “sembra fatto da un ragazzino”, “e questa sarebbe un’opera d’arte?”… Un’opera d’arte è espressione, è desiderio di un artista di voler comunicare qualcosa servendosi di colori, materiali, forme…: è un linguaggio. Ma se questo linguaggio non riusciamo a capirlo? Arriviamo a definire le opere d’arte come “ridicole” semplicemente perché non abbiamo capito cosa l’artista desidera comunicare attraverso di esse. Vediamo alcuni esempi eclatanti!

1. Blood Red Mirror di Gerhard Richter – 1 milione e 100.000 $

2. Concetto spaziale, Attese di Lucio Fontana – 1 milione e 500.000 $

3. Green White di Ellsworth Kelly – 1 milione e 600.000 $

4. Untiled (Stoffbild) di Blinky Palermo – 1 milione e 700.000 $

5. Cowboy di Ellsworth Kelly – 1 milione e 700.000 $

6. Peinture (Le Chien) di Joan Miro – 2 milioni e 200.000 $

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7. White Fire I di Barnett Newman – 3 milioni e 800.000 $

8. Blue Fool di Christopher Wool – 5 milioni $

9. Untitled (1961) di Mark Rothko – 28 milioni $

10. Riot (1990) di Christopher Wool – 29 milioni e 900.000 $

11. Onement Vi di Barnett Newman – 43 milioni e 800.000 $

12. Untitled (1970) di Cy Twombly – 69 milioni e 600.000 $

13. Black Fire 1 di Barnett Newman – 84 milioni e 200.000 $

14. Orange, Red, Yellow di Mark Rothko – 86 milioni e 900.000 $

15. Anna’s Light di Barnett Newman – 105 milioni e 700.000 $

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PIETER BRUEGEL IL VECCHIO – LA TORRE DI BABELE

Ecco, così, la “Piccola torre di Babele” (1563 – chiamata piccola torre perché più piccola della seconda torre dipinta da Bruegel). Ancora in costruzione, è già minacciata da scure nubi che la circondano. In alto se ne vede lo scheletro interno in mattoni, con setti radiali e deambulatori anulari di derivazione chiaramente romana. Guardandola con attenzione ci si accorge che non c’è la monotonia delle arcate di un anfiteatro: le finestre inserite al loro interno sono continuamente variabili in forma, dimensioni e numero; quasi un segno della confusione che già cominciava a regnare… Confusione che emerge maggiormente nell’altro dipinto, la “Grande torre di Babele“.

In questa seconda versione - La grande torre (1563) - la roccia affiora dalla struttura della costruzione che, sebbene più regolare nel suo paramento murario esterno, appare molto più incompiuta ed instabile. Il brulichio intorno all’edificio è palpabile: un’intera città dagli aguzzi tetti nordici circonda la torre, gli operai si muovono ad ogni livello con tanto di macchine edili dell’epoca e, in primo piano, appare il re Nimrod, il discendente di Noè che ordinò la costruzione della torre. Il tutto rappresentato con la tipica cura maniacale dei fiamminghi per ogni dettaglio. Probabilmente Bruegel non sapeva che la torre era realmente esistita. Certo non ci fu nessuna divinità ad interromperne la costruzione ma, sicuramente, doveva trattarsi di una colossale ziqqurat, un tempio mesopotamico di origine sumera a forma di piramide a gradoni.

La ziqqurat del dio Marduk ricostruita da Nabucodonosor (VI sec. a.C.) era alta 91 metri (come un palazzo di trenta piani!) ed aveva il lato della base quadrata della stessa misura e dimensione decrescente per ognuno dei sette livelli. Questa costruzione era stata vista dagli Ebrei, a quel tempo deportati in Babilonia, come manifestazione della superbia umana. Ne abbiamo una possibile ricostruzione grazie ad una stele originale nella quale era tracciata sia la pianta che l’alzato. Definitivamente demolita nel 478 a.C. dai Persiani di Serse sarà probabilmente stata di ispirazione al racconto biblico, arricchito naturalmente da un finale moralizzante. Di simile alle torri fiamminghe c’è solo l’andamento piramidale. E d’altra parte sarebbe stato difficile, all’epoca, costruire strutture alte dalle pareti verticali (come ci insegna la torre di Pisa). L’inclinazione delle murature e la progressiva contrazione planimetrica dei vari livelli (sovrapposti o a spirale che fossero) era garanzia di stabilità.

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ARTICOLO Alla radio, o sugli i-phone, spesso sentiamo in continuazione canzoni-tormentone delle quali magari neanche comprendiamo il senso; a volte siamo scusati perché un senso non ce l’hanno davvero!

Usa, le 25 canzoni (banali) che hanno cambiato il mondo di Francesco Tortora - Corriere della sera, 28 dicembre 2011

Tanti di questi pezzi sono riusciti a rafforzare la gloria degli Stati Uniti nel mondo nell'ultimo quarto di secolo MILANO - Non hanno né un testo profondo né una melodia ricercata. Anzi spesso le loro parole sono banali e la melodia è scontata. Tuttavia, ognuna, a modo suo, è riuscita a segnare la storia dell'umanità. Il blog mentalfloss.com presenta la classifica delle 25 canzoni che hanno cambiato la storia del mondo nell'ultimo quarto di secolo e sottolinea come tanti di questi pezzi, alcuni molto vecchi, altri recentissimi, non solo hanno salvato la vita a tante persone, ma sono riusciti a rafforzare la gloria degli Stati Uniti nel mondo.

IL PODIO - Al primo posto nella top 25 c'è «I love you» la canzone del cartone animato americano «Barney il dinosauro». Sebbene il testo sia davvero surreale, la melodia è la più usata nella «discoteca», una zona del carcere di Guantanamo dove sono portati i terroristi per confessare le loro colpe e soprattutto per svelare i segreti di Al Qaeda. Etichettata come «musica della futilità», la canzone riesce a trasmettere al prigioniero il messaggio che è inutile mantenere il silenzio e resistere. Un po' pomposamente il blog afferma che gli Usa non hanno perso la guerra contro il terrorismo anche grazie alla canzone del dinosauro Barney. Al secondo posto si piazza «Believe» di Cher, prima canzone nella quale è stato usato l'auto-tune, un software che manipolando l'audio permette di correggere l'intonazione o mascherare piccoli errori o imperfezioni della voce. La melodia di Cher che nel 1998 fu un autentico successo con oltre 10 milioni di copie vendute, grazie

al software ha cambiato la storia della musica (oggi è usato da tantissimi cantanti) ed è unica secondo il blog perché ha reso «l'importanza della voce del cantante obsoleta e superflua». Sul gradino più basso del podio c'è la storica «Everybody hurts» dei Rem. Il suo testo non è un inno alla felicità, ma sembra che ascoltato dalle mucche le stimoli a produrre più latte. L’hanno rivelato due ricercatori dell'università inglese di Leicester che hanno dimostrato come questa «ode all'empatia» del gruppo americano riduca lo stress mentale dei bovini e li spinga a produrre almeno mezzo litro di latte in più ogni giorno. LE ALTRE - Al quarto posto si piazza «Jigsaw Falling into Place», singolo di «In Rainbows» settimo album in studio dei Radiohead. Registrato nel 2007, il pezzo secondo il blog «ha ucciso le case discografiche». In un'epoca in cui il download illegale è diventato un costume comune e la musica in generale soffre una grande crisi, la band britannica è stata la prima a chiedere ai propri fan di scaricare il pezzo direttamente dal proprio sito web e di offrire un compenso a scelta libera. Almeno un terzo degli utenti ha scaricato gratuitamente l'intero album, ma in media gli acquirenti hanno versato circa otto dollari. L'affare per i Radiohead è stato enorme (sono stati venduti almeno 3 milioni di copie virtuali): essi non solo hanno diminuito considerevolmente il potere delle case discografiche, ma hanno creato un modo di operare (successivamente la tecnica è stata imitata da molteplici band) che è riuscito a salvare la musica dalla crisi del download illegale. Segue in classifica la celebre «Across the Universe» dei Beatles. Il 4 febbraio del 2008 la melodia è stata diffusa verso l'Universo dalla Nasa e potrebbe essere il primo messaggio musicale ascoltato da eventuali alieni che vivono nel cosmo. Al sesto posto la canzone «Gin and Juice» di Snoop Dogg. Il 19 marzo del 1994, il rapper che vestiva una maglia bianca rossa e blu oversize di Tommy Hilfiger presentò la melodia al Saturday Night Live e l'indomani i fan del cantante assaltarono i megastore di Manhattan per comprare lo stesso indumento indossato dal loro idolo. Il marchio che fino allora era considerato «da figli di papà» divenne il più amato dalle gang di strada e dai ragazzi comuni. Da allora è nata una collaborazione tra lo stilista statunitense e il rapper americano che più tardi sarebbe stata imitata da altri artisti e stilisti. Nella restante top 25 sono da segnalare al nono posto la canzone «The Drugs don't work» dei Verve che secondo studi scientifici è talmente triste da rallentare il battito cardiaco e quindi è sconsigliata a chi è molto giù, l'assordante «Panama» dei Van Halen, usata nel gennaio del 1990 dai marines americani per stanare il dittatore Noriega che aveva ottenuto asilo nella sede dell'ambasciata del Vaticano nello stato centroamericano (dopo 10 giorni di tortura musicale a tutto volume il signore della droga uscì dal suo rifugio preferendo il carcere) e infine al ventunesimo posto Gran Vals, canzone composta nel 1902 dal chitarrista Francisco Tárrega e divenuta dal 1993 la suoneria ufficiale dei telefoni Nokia: si stima che ogni giorno sia ascoltata circa 1,8 miliardi di volte ed è secondo il blog la musica che ha definitivamente segnato la fine del silenzio.

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3) I SENSI PER USCIRE FUORI DA SE A) PRESENTAZIONE DEL TEMA

I sensi mi spingono ad andare oltre me stesso ma a partire da me. Vedo qualcosa che è altro da me, così come posso ascoltare, toccare, odorare e gustare cose che sono altre da me. Un servizio importante che i sensi offrono è quello di farci un continuo invito ad andare oltre noi stessi, ad uscire dalla tentazione di pensare che siamo il centro del mondo o l’unico punto di riferimento. Non siamo fatti per vivere da isolati dal mondo e dagli altri: le relazioni ci costruiscono e ci edificano, possono farci del male e possono sostenerci ma non possiamo farne a meno! Ne verrebbe ad essere menomato il nostro essere, il nostro carattere e anche il nostro fisico. Uscendo da noi stessi ci accorgiamo che anche gli altri sono capaci di vedere, ascoltare… gli altri sono portati verso di me ed io verso di loro in una possibilità di un’uscita reciproca, gli uni verso gli altri. È comunque una possibilità perché l’invito fatto dai sensi può rimanere inascoltato. Proviamo a pensare al senso di alcune espressioni: “riesce ad ascoltare solo se stesso”, “riesce a vedere solo se stesso”, “non riesce a vedere al di là del proprio naso”. A perderci non è soltanto chi decide di far abortire l’invito dei sensi a uscire fuori da se stessi; sono anche gli altri che ci rimettono, che vengono privati dell’apporto che tutti possiamo e dobbiamo dare alla comunità. Il tema dell’indifferenza: siamo invitati ad uscire da noi ma, viceversa, l’indifferenza ci porta a non preoccuparci più di tanto di quello che ci sta attorno. Abbiamo tutto a portata di mano di un cellulare che conoscersi, cercarsi non è proprio così scontato. Cogliamo la progressione dei passi fatti:

- I sensi mi aiutano a conoscere il mondo - I sensi mi portano a creare dei linguaggi - I sensi mi spingono verso gli altri

B) IL BRANO BIBLICO DI RIFERIMENTO DAL VANGELO DI LUCA (7,36-50)

In quel tempo, 36uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!".

40Gesù allora gli disse: "Simone, ho da dirti qualcosa". Ed egli rispose: "Di' pure, maestro". 41"Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. 42Non avendo

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essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?". 43Simone rispose: "Suppongo sia colui al quale ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene". 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco". 48Poi disse a lei: "I tuoi peccati sono perdonati". 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è costui che perdona anche i peccati?". 50Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!".

Alcuni spunti sul brano

Può aiutarci sicuramente dividere la riflessione in base ai due personaggi chiamati in causa da Gesù: la donna peccatrice e Simone il fariseo.

In questa tappa si sta mettendo a fuoco l’invito che i sensi ci offrono nell’andare oltre noi stessi, nell’uscire fuori da un isolamento, nell’andare verso gli altri alla ricerca di relazioni significative. A) LA DONNA PECCATRICE. Perché questa donna esce fuori da se stessa? Dalle parole del Vangelo sappiamo che si tratta di una peccatrice, molto probabilmente una prostituta. Il suo desiderio di uscire fuori da se stessa lo possiamo cogliere in questo:

- Forse non vuole più continuare a vivere la sua condizione - Sicuramente è alla ricerca di un’alternativa, di un’altra possibilità - Cerca qualcuno che la accolga senza doppi fini - Vuole essere amata per quello che è - Non vuole essere usata da nessuno - È stanca di sentirsi giudicata, messa da parte, evitata

Ti piacerebbe trovare qualcuno che ti ami così come sei? Qualcuno che non ti accoglie di più se sei vestito in un certo modo, con le scarpe o le magliette firmate… qualcuno a cui fa piacere stare con te per quello che sei, per quello che provi? Ti piacerebbe essere trattato bene, accolto, ben voluto, amato? Questa donna sta cercando questo! Tutti sono pronti a giudicarla, a sparare sentenze su di lei: è una peccatrice, una che è “meno” di loro, una che vale di meno, che non è come gli altri, una che non merita considerazione, una che non merita fiducia, una che non merita di essere amata veramente. Prova a pensare a come si sente veramente questa donna! A giudicarla per prima sono gli uomini di Dio… C’è sicuramente tanta solitudine dietro questa donna, tanta voglia di trovare qualcuno pronto ad ascoltarla, pronto a guardarla negli occhi senza giudicarla, senza pensare male di lei… non è quello che ognuno di noi vorrebbe per se? Hai paura del giudizio degli altri? Di quello che gli altri potrebbero dire di te? Hai paura di essere messo da parte, allontanato,

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escluso dal gruppo degli amici? Ti capita, di contro, di comportarti così con qualcuno? Pensi faccia piacere a lui o a lei? Perché lo fai? Per sentirti più forte? Gli unici che si avvicinano a lei se ne vogliono approfittare! Ti piacerebbe se gli altri si comportassero così con te? C’è quindi, in questa donna, un forte motivo per uscire fuori da se, per uscire fuori dalla situazione in cui si trova. Entra in punta di piedi in una casa (quella di Simone il fariseo) dove non era stata assolutamente invitata perché lei non se lo meritava di entrare lì dentro: dentro quella casa solo i “più bravi”, quelli che non hanno difetti o peccati… e allora chi dovrebbe entrarci? Deve superare:

- Il giudizio che gli altri hanno di lei - La vergogna che prova nel vedersi addosso gli occhi di tutti quelli che la giudicano - La legge che la considerava un’impura - Il fatto di non essere una persona gradita: “tu non sei stata invitata!” - Il sentirsi inferiore a tutti: la donna peccatrice non si sente migliore di nessuno. Sa che

quello che ha fatto in passato non può portarla a vivere con arroganza (l’atteggiamento degli altri e di chi è sempre pronto a giudicare e a ritenersi migliore).

Anche a te potrebbe costare fatica uscire fuori, comunicare quello che hai dentro: forse per per il timore di quello che gli altri potrebbero dire, per l’ansia di voler piacere a tutti? Ti capita di venire fuori, di uscire, di esprimerti in modo finto, mostrando magari una maschera, recitando una parte, entrando in un personaggio che non sei? Facendo così non nascondi però quello che sei veramente, i tuoi sentimenti? La parte più bella e più vera di te non rimane imprigionata? Per trovare accoglienza, per uscire fuori dalla situazione in cui si trova, questa donna ha pensato di inventarsi dei gesti che esprimano dei sentimenti, degli atteggiamenti interiori:

- Mettersi dietro a Gesù: non vuole stare al centro dell’attenzione, come piace invece agli altri

- Si mette vicino ai piedi di Gesù: con atteggiamento di umiltà - Lava i piedi di Gesù con le sue lacrime (non si possono buttare via le lacrime di una donna

che piangendo esprime tutta la sua solitudine, la voglia di non essere più giudicata, la voglia di riavere una dignità e di poter guardare in faccia qualcuno, la voglia di essere amata veramente per quello che è) e li asciuga con i suoi capelli: non sono gesti esteriori, distanti, freddi. Avrebbe potuto usare acqua e asciugamani. Sono gesti che indicano coinvolgimento e desiderio di esprimere una verità quello che gli altri non sono pronti ad accogliere e a vedere!

- Profuma i piedi di Gesù e li bacia: è un linguaggio che viene compreso dai presenti come un linguaggio di seduzione e che Gesù accoglie comprendendo cosa c’è davvero dietro.

È un comportamento pieno di pudore, discrezione, rispetto, umiltà. Ti piacerebbe ridurre una persona, un tuo amico o una tua amica, in questo stato? Magari solo perché “gliela vuoi far pagare”? Ti piacerebbe se gli altri si comportassero così con te? Se pensassero questo di te?

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B) SIMONE IL FARISEO Simone non esce fuori da se, non va incontro agli altri, semplicemente perché non ne sente il bisogno! In questo non va incontro né a Gesù né, figuriamoci, alla donna peccatrice

- È sicuro di se - È sicuro di essere migliore degli altri, sicuramente di questa donna - Non vuole uscire fuori dalla cerchia dei “perfetti”, di quelli che si considerano migliori

degli altri - Non è disponibile a un vero confronto - Al di fuori della cerchia dei suoi “amici” non è capace di gesti di accoglienza e quindi non

è disposto ad uscire fuori da se né ad accogliere altri: lo fa (ripetiamolo) sia con Gesù (“tu non mi hai lavato i piedi, baciato…”) che con la donna peccatrice.

- Non riesce ad esprimersi, usando i suoi sensi: Gesù gli rinfaccia che quello che la donna ha fatto nei suoi confronti, Simone non è stato capace di farlo (o non lo voleva proprio fare!)

- Lui che si ritiene migliore degli altri è quello che ha più bisogno di tutti di

Uscire fuori da se

Cambiare Abituato a giudicare e a fare paragoni, subisce il paragone giudicante pronunciato da Gesù.

C) STRUMENTI UTILI PER LA RIFLESSIONE

Gioco aperitivo

Invito alla lettura

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MINA, NEK – SE TELEFONANDO Lo stupore della notte spalancata sul mar ci sorprese che eravamo sconosciuti io e te. Poi nel buio le tue mani d'improvviso sulle mie, è cresciuto troppo in fretta questo nostro amor. Se telefonando io potessi dirti addio ti chiamerei. Se io rivedendoti fossi certa che non soffri ti rivedrei. Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta ti guarderei. Ma non so spiegarti che il nostro amore appena nato è già finito. Se telefonando io volessi dirti addio ti chiamerei. Se io rivedendoti fossi certa che non soffri ti rivedrei. Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta ti guarderei. Ma non so spiegarti che il nostro amore appena nato è già finito

Da IL DIARIO DI BRIDGET JONES

Mark: Non penso affatto che tu sia un’idiota. Oddio, è vero che c’è qualche cosa di ridicolo in te, nei tuoi modi. Tua madre è piuttosto imbarazzante. E devo ammettere che sei veramente pessima quando ti capita di parlare in pubblico, e tutto quello che ti passa per la testa lo fai uscire dalla bocca senza tener conto delle conseguenze. Certo mi rendo conto che quando ti ho conosciuta al buffet di tacchino al curry di Capodanno sono stato imperdonabilmente scortese: avevo addosso quel maglione con la renna sopra… che mi aveva regalato mia madre il giorno prima. Ma il punto è… quello che cerco di dirti… in modo molto confuso… è che, in effetti, probabilmente, malgrado le apparenze… tu mi piaci. Da morire. Bridget: Ah! A parte il fatto che fumo, che bevo, che ho una madre volgare e… soffro di diarrea verbale… Mark: No, tu mi piaci da morire, Bridget, così come sei.

Orgosolo (Nuoro) – il paese dei murales – uno dei murales

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Edvard Munch – L’URLO (1885)

Questo è senz’altro il quadro più celebre di Munch.

In esso è condensato tutto il rapporto angoscioso che l’artista avverte nei

confronti della vita. Lo spunto del quadro lo troviamo nel suo diario:

Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue…

mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto sul fiordo nerazzurro e sulla città

c’erano sangue e lingue di fuoco i miei amici continuavano a camminare

e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.

Lo spunto è quindi decisamente autobiografico ma ha una indubbia capacità di trasmettere sensazioni universali.

Il quadro presenta, in primo piano, l’uomo che urla (l’artista stesso). Lo taglia in diagonale il parapetto del ponte

visto in fuga verso sinistra. Sulla destra vi è invece un innaturale paesaggio, desolato e poco accogliente. In alto il

cielo è striato di un rosso molto drammatico. L’uomo è rappresentato in maniera molto visionaria. Più che ad un corpo, fa pensare ad uno spirito. La testa è completamente calva come un teschio ricoperto da una pelle mummificata. Gli occhi hanno uno sguardo allucinato

e terrorizzato. Il naso è quasi assente, mentre la bocca si apre in uno spasmo innaturale. L’ovale della bocca è il

vero centro compositivo del quadro. Da esso le onde sonore del grido mettono in movimento tutto il quadro: agitano

sia il corpo dell’uomo sia le onde che definiscono il paesaggio e il cielo. Restano diritti solo il ponte e le sagome dei

due uomini sullo sfondo, sordi ed impassibili all’urlo che proviene dall’anima dell’uomo. Sono gli amici del pittore,

incuranti della sua angoscia.

L’urlo di questo quadro fa emergere tutta l’angoscia racchiusa in uno spirito tormentato che vuole esplodere in un

grido liberatorio. Ma nel quadro non c’è alcun elemento che induca a credere alla liberazione consolatoria. L’urlo

rimane solo un grido sordo che non può essere avvertito dagli altri ma rappresenta tutto il dolore che vorrebbe

uscire da noi.

Pejac, Murales a Stavanger (Norvegia)

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PEJAC – MURALES ART (indoor & outdoor)

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4) I SENSI PER ENTRARE DENTRO ME STESSO

A) PRESENTAZIONE DEL TEMA INTERIORITA’: tutti i sensi diventano strumenti per conoscere se stessi. Si parla per analogia di uno sguardo interiore, di un ascolto interiore. San Paolo ha detto che c’è un uomo interiore e poi i Padri della chiesa hanno parlato di vista interiore, ascolto interiore… imparare a parlare dell’interiorità attraverso i sensi… Cosa vuol dire imparare a vedersi? Cosa c’è da vedere dentro di me? È lo sforzo che devo fare di andare oltre l’apparenza che offro di me stesso a me stesso: se, forse, riesco a nascondere quello che provo agli altri, è così utile farlo anche con me stesso? Cosa provo veramente? Cosa vedo dentro di me? Posso riuscire veramente a far finta di non pensare a quello che provo, a ciò che desidero, a ciò che amo? Certi pensieri, non hanno forse una forza tale da riuscire ad imporsi? Posso ascoltare quello che il cuore e la mente mi suggeriscono, posso ascoltare dove il cuore mi porta col pensiero, posso ascoltare quello che mi fa soffrire, posso ascoltare le mie aspirazioni e i miei sogni. Non ascoltare un sogno che mi porto dentro mi potrebbe portare ad essere triste? “Toccare con mano” vuol dire poter fare esperienza diretta di qualcosa: posso toccare con mano cosa vuol dire amare qualcuno, sentirmi amato, sentirmi cercato, essere scelto o essere escluso… posso toccare con mano cosa vuol dire soffrire, aspettare con ansia un risultato o una persona. Gustare me stesso fa pensare al piacere di stare con se stessi, di vivere un’intimità con la nostra interiorità, con i nostri desideri, sogni, paure, limiti… si possono gustare dei momenti, vivere cioè con intensità e piacere delle situazioni. Si tratta del coraggio di intraprendere un viaggio interiore centrato sull’ascolto: troppe cose ci distraggono però. Rientrare in se stessi, ascoltare cosa dice il nostro cuore richiede qualcosa che sembra mortificare i nostri sensi: il silenzio. Se dovessimo pensare alla vista potremmo dire che si tratta di imparare a “chiudere gli occhi”; se dovessimo parlare del tatto potremmo dire “tenere le mani legate”. Per comprender a cosa servono i sensi, per capire che cosa dovrebbero esprimere e comunicare, per comprendere come dovrebbero essere usati… ho bisogno di fare esperienza della loro privazione… quasi per dire: cosa e come dovrei vedere? Cosa vorrei gustare di più? Si gusta o si assapora soltanto un cibo o si gustano anche momenti, persone, silenzi? Fermarsi, stare fermi, in silenzio, chiudere gli occhi… per lasciar emergere le emozioni che sedimentano dentro di te, aiuta a dare il nome a sentimenti che provi, a capire le cose più belle che potresti condividere e il modo più bello per poterlo fare, usando con fantasia (ma senza fretta e banalità) il linguaggio dei sensi per esprimere, nel modo più significativo, la cosa più bella che vorresti dire, toccare, gustare, ascoltare, odorare… Qui si prova il vero gusto: il gusto vero di guardare con occhi che dicono qualcosa che provi davvero, qualcosa che hai scoperto essere molto più profondo e vero di quello che inizialmente potevi immaginare. Qui si prova il vero gusto di essere diversi, meglio dire “originali”, “unici”, non omologati a quello che dicono e pensano gli altri, non condizionati dal dire per forza quello che piacerebbe tanto agli altri sentirsi dire.

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Capiamo che per fare questo ci vuole coraggio: il coraggio di dire la verità, quello che si pensa veramente… A cosa ci stanno portando a pensare i nostri sensi? Ci stanno costringendo a fare un viaggio all’indietro, un cammino a ritroso per capire ciò che sta alla radice di tutto: alla radice dei sensi ci sei tu, il tuo cuore, chi sei veramente… se riesci a fare questo si potrebbe dire un giorno “come guardi tu, nessuno riuscirebbe a farlo”, come ascolti tu non ascolta nessun altro: esprimiamo quello che siamo davvero, comunichiamo con diversi linguaggi la nostra verità, la nostra intimità. Brutto sarebbe se ci dicessero: “sei come tutti gli altri, non hai nulla di veramente tuo da dirmi, questa cosa che hai detto l’hai copiata da qualcun altro”… perché non hai un cuore… o meglio… ce l’hai ma non lo conosci. Si tratta di “cantare (vedere, gustare, odorare.) fuori dal coro”, non per il gusto di essere alternativi a tutti i costi ma per sfuggire alla superficialità, per andare in profondità con i sensi e le nostre relazioni. La capacità di comunicazione, di usare bene la varietà dei linguaggi, di entrare in relazioni vere è proporzionale alla capacità di silenzio e di solitudine: per stare bene con gli altri devo imparare a stare da solo con me stesso. Non sottovalutiamo una fase intermedia: lo specifico di questa prospettiva sono gli strumenti per conoscere se stessi. Dovremmo parlare dei sensi interiori, gli strumenti che la saggezza, la tradizione della preghiera ci consigliano per arrivare a conoscere se stessi. Con quali sensi interiori posso fare un viaggio verso di me piuttosto che verso l’esterno? Lo strumento del deserto può essere utile. Si può pensare anche all’isolamento sensoriale. Un’eccessiva stimolazione dei sensi o la loro privazione. Occorre essere attenti: nel deserto, nell’esperienza della privazione può subentrare la paura e si può vivere con inganno questo tipo di esperienza. Chiaro che si sentono spaesati perché loro da soli non ci vogliono stare e non ci sanno stare: occorre dare uno spunto iniziale, dare una direzione. Certi tipi di esperienza possono portarmi più che a entrare in me stesso a sfuggirmi, a evitare di entrare in me stesso: c’è una musica meditativa e una assordante, una bevanda distensiva e una inebriante… a volte cerchiamo esperienze che ci portano a evitare di confrontarci con noi stessi.

B) IL BRANO BIBLICO DI RIFERIMENTO DAGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (9,1-21)

9,1 Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. 3E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo 4e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?". 5Rispose: "Chi sei, o Signore?". Ed egli: "Io sono Gesù, che tu perséguiti! 6Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare". 7Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma

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non vedendo nessuno. 8Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. 9Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda. 10C'era a Damasco un discepolo di nome Anania. Il Signore in una visione gli disse: "Anania!". Rispose: "Eccomi, Signore!". 11E il Signore a lui: "Su, va' nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco, sta pregando 12e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista". 13Rispose Anania: "Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. 14Inoltre, qui egli ha l'autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome". 15Ma il Signore gli disse: "Va', perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d'Israele; 16e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome". 17Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: "Saulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo". 18E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, 19poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, 20e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio. 21E tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: "Non è lui che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocavano questo nome ed era venuto qui precisamente per condurli in catene ai capi dei sacerdoti?".

Alcuni spunti sul brano

L’esperienza sensoriale è presente in tutto il brano:

- Saulo (ascolta, vede o non vede, non mangia e non beve, riprende a mangiare, ha una visione, diventa cieco, riacquista la vista)

- Compagni di Saulo (ascoltano ma non riescono a vedere; rimangono ammutoliti; si bloccano; accompagnano prendendo per mano Saulo)

- Anania (ha una visione, impone le mani, ascolta) Saulo stava distruggendo la Chiesa e arrestava i cristiani: era diventato lo scopo della sua vita, vedeva solo quello, pensava solo a questo… si può dire che aveva occhi e orecchi solo per questo… “aveva i paraocchi” perché sembra non riuscire a vedere e a pensare ad altro. Per aprire gli occhi, per togliere i paraocchi da Saulo, Gesù si inventa qualcosa di particolare. Nel brano non è importante fermarsi alla straordinarietà della visione, al bagliore di una luce:

- L’uomo sicuro, determinato a massacrare e distruggere, condurre in catene donne e uomini cristiani, cade a terra e non può più camminare da solo senza essere sostenuto ed aiutato per mano a camminare

- Nel bagliore ascolta la voce di Gesù ed è pronto ad ascoltare le sue indicazioni: indicazioni che non contengono nulla di preciso, sono molto generiche… eppure Saulo le segue… ci sarebbe da domandarsi perché lo fa visto che chi gli ha parlato era la causa del suo essere persecutore

- Aperti gli occhi non vede più niente: scopre di essere cieco

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- Tutto accade mentre sono quasi arrivati a Damasco: mancava poco ad esaudire un suo desiderio (portare le lettere nelle sinagoghe di Damasco per condurre in catene i cristiani) ma quasi sul più bello, a un passo dall’aver portato a termine la sua spedizione, è costretto a fermarsi e a ripensare tutto.

Il brano ci dice che rimane cieco per tre giorni dopo essere stato guidato per mano fino a Damasco. Saulo non vuole mangiare né bere: sembra arrivata per lui una bella crisi! Lui che era così sicuro di se, dello scopo della sua vita… è ora costretto a fermarsi, a pensare, a chiedersi qualcosa… è veramente quello che desidero? Che cosa sto facendo? Cosa sto facendo della mia vita? Posso passare tutta la mia vita a distruggere la Chiesa? E una volta che ci sono riuscito? Forse nella testa di Saulo ha frullato questo, o forse altro… le parole degli Atti degli Apostoli ci fanno però sicuramente pensare che i tre giorni siano stati vissuti nel silenzio e nella solitudine. Non vuole mangiare né bere, non vuole che nessuno gli porti da mangiare e da bere: non può muoversi da solo, altri avrebbero dovuto portargli qualcosa. In questi tre giorni non riesce neanche più a desiderare quello che è vitale per la sopravvivenza di un uomo: ha perso la vista, ha perso il gusto e il bisogno anche delle cose più basilari. Ti è mai successo di intristirti o di provare qualcosa, senza sapere perché? Senza sapere che nome dare al tuo stato d’animo? Ti è mai successo di sentire il bisogno di essere lasciato in pace, di non voler vedere nessuno? Quando? Perché? Cosa era accaduto? Perché a volte sentiamo il bisogno di stare da soli? Ti è mai capitato di desiderarlo? Ti è mai successo di sentire il bisogno di piangere senza essere visto da nessuno? Hai mai vissuto la tentazione di riempire questo bisogno di silenzio e di solitudine per la paura di quello che avresti provato o compreso? Accendere la musica o il computer, giocare alla PS, chattare con gli amici su FB o WhatsApp per evitare di vivere questo silenzio, per non pensare a qualcosa che ti poteva turbare? Questi tre giorni di silenzio sono stati importanti per Saulo. Sicuramente saranno emerse emozioni, sentimenti, paure, rimpianti, rimorsi, rabbia, lacrime… sicuramente ha assecondato il bisogno di rimanere da solo. Forse ha capito che quello che stava facendo in realtà neanche desiderava veramente farlo? A te è mai successo di ritrovarti a fare/dire qualcosa che non ti andava neanche di fare/dire? Ti è mai capitato di farlo/dirlo per sentirti accettato? Come può ora Saulo sentire il gusto per l’esatto opposto rispetto a quello che provava prima? Perché passa dalla parte del nemico? Perché diventa cristiano e cristiano perseguitato? Il silenzio vissuto da Saulo e la sua voglia di essere lasciato in pace lo aiutano a rientrare in se stesso, a pensarsi: non vuole isolarsi e tagliare col mondo, essere lasciato in pace per sempre! Sono tre giorni che lo portano a maturare qualcosa, a sentire il desiderio di ricevere il battesimo. Sente sentimenti nuovi e questi sentimenti ora li vuole esprimere: sono sentimenti che dicono la verità di quello che sente veramente, di quello che desidera veramente. Per capire questo è dovuto passare attraverso l’esperienza di un deserto, di una solitudine non fine a se stessa: Saulo ha un cuore che prima non conosceva, ora ha iniziato a conoscerlo. Ha iniziato a farlo da quando ha smesso di vedere con gli occhi di prima!

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C) STRUMENTI UTILI PER LA RIFLESSIONE

Gioco aperitivo Proposta di un’esperienza guidata di deserto (da pensare)

Intervista ad Alessandro D’Avenia D’Avenia: Inizio sempre le lezioni del primo anno del biennio spiegando un quadro: il Narciso di Caravaggio. Dico ai ragazzi: «Questa mattina abbiamo tutti condiviso questo dramma straordinario dello specchio. Non potevate uscire dal bagno». Il primo giorno di scuola al biennio è una specie di prova del sangue, ti manifesti per la prima volta ai compagni e dici: «Chissà che pensano di me? Come mi vesto oggi?». Ti svegli con due ore di anticipo e prepari i vestiti la sera prima... Poi aggiungo: «Però la cosa straordinaria, la differenza fra voi e noi adulti qual è? Mentre noi abbiamo un po’ imparato come siamo fatti, per cui ci guardiamo allo specchio e abbiamo acquisito quel coraggio che ci consente di aprire la porta del bagno e affrontare il mondo, voi tenete quella porta chiusa. Avete una paura matta di quel che c’è fuori, perché quel mondo non conosce chi siete in profondità. Temete che non vi comprenda, che vi massacri. Ma benedetta questa prima volta in cui si percepisce la distanza fra quello che si vede in superficie e quello che cominciate a percepire di essere. Benedetto questo momento dello specchio. Se mettete di fronte allo specchio un gatto o un neonato, pensano di avere di fronte un altro gatto e un altro bimbo». L’adolescente è chi per la prima volta dice: «Cavolo, quello sono io. Ma sono più di quello, perché riesco a dire “quello sono io”». Allora si comincia a lavorare su quel «sono io». Solo che cosa accade? Si cerca di costruire sulla superficie che si vede nello specchio quell’identità che invece va costruita nel profondo.

Questo, in qualche modo, non è anche il bello di quell’età? D’Avenia: In un certo senso, sì. Basta pensare a una cosa: perché noi vogliamo amare persone profonde e non superficiali? Perché lo dobbiamo diventare, profondi. Non è che uno nasce profondo. Uno scopre che è fatto “a strati”, però non ha ancora gli strumenti per attivare quelli più profondi. Allora prova con i piercing, i vestiti, la pettinatura... Se poi ha la fortuna di incontrare qualcuno che lo aiuta a fare questo, come succede a Leo, allora forse uno comincia a crescere. Se no, il rischio è che rimanga in superficie. E magari finisce il liceo che non sa neanche quale Facoltà scegliere, che è una cosa che a me fa venire i brividi... Non nel senso che uno deve avere tutto chiaro. Però almeno deve sapere dove si indirizza il suo sguardo, cosa lo mette in movimento e cosa invece lo lascia inerte.

Poesie - Kahlil Gibran CIÒ C’HO UDITO NEL MIO SILENZIO

La mia anima mi ha parlato, fratello, e mi ha illuminato. E spesso anche a te l'anima parla e ti illumina. Tu infatti sei come me, e non c'è differenza tra noi, se non questa: io esprimo ciò che è dentro di me in parole che ho udito nel mio silenzio, mentre tu custodisci tacito ciò che è dentro di te. Ma la tua silenziosa custodia ha lo stesso valore del mio tanto parlare.

(Da Prose e Poemi)

LA VERITÀ DENTRO DI SÉ

C'è fra voi chi cerca la compagnia delle persone loquaci per timore della solitudine. Il silenzio della solitudine svela infatti ai loro occhi la loro nuda essenza, cosa dalla quale rifuggono. E vi sono quelli che parlano, e senza consapevolezza né preveggenza rivelano una verità che sono i primi a non capire. E vi sono coloro che hanno la verità dentro di sé, ma non la esprimono a parole.

(Da Il profeta)

Caravaggio, Narciso

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