20
inchiostro.unipv.it Il giornale degli studenti dell’Università di Pavia Marzo 2014 Distribuzione gratuita Anno XIX - Numero 131 Le conseguenze sulla politica internazionale, ma anche la testimonianza degli ucraini che vivono in Italia: quello che succede a Kiev ci riguarda da vicino Kiev parla, Pavia ascolta

Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Il giornale degli studenti dell'Università di Pavia. In questo numero: -Speciale Ucraina -Rubrica Letteraria -Perchè sanremo era sanremo ...e molto altro ancora!

Citation preview

Page 1: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

inchiostro.unipv.it

Il giornale degli studenti dell’Università di Pavia

Marzo 2014Distribuzione gratuita

Anno XIX - Numero 131

Le conseguenze sulla politica internazionale, ma anche la testimonianza degli ucraini che vivono in Italia:

quello che succede a Kiev ci riguarda da vicino

Kiev parla, Pavia ascolta

Page 2: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

Anno XIX - Numero 131 - marzo 2014Sede legale: Via Mentana, 4 - Pavia -

Tel. 346/7053520 (Simone),320/1638343 (Camilla), 334/9394320 (Irene)

E-mail: [email protected]: http://inchiostro.unipv.it

DIRETTORE RESPONSABILE: Simone Lo GiudiceCOMITATO EDITORIALE: Irene Doda, Camilla Rossini, Stefano Sfondrini

DIRETTORI BLOG: Stefano SfondriniTESORIERE: Francesca Carral

IMPAGINATORI: Chiara Pertusati, Elisa ZamboniCORRETTORI DI BOZZE: Cristina Ferrulli, Cristina Motta, Veronica Di Pietrantonio, Airina Paccalini,

Stefano Sette

IN QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATO:Irene Brusa, Francesca Carral,

Claudio Cesarano, Irene Doda, Cristina Ferrulli, Francesca Lacqua, Simone Lo Giudice,

Matteo Merogno, Camilla Rossini, Stefano Sfondrini, Valeria Sforzini, Elisa Zamboni

Contattaci a: [email protected]

twitter/InchiostroPavia

facebook/Inchiostro

seguici anche sul WEB:http://inchiostro.unipv.it/

Il giornale degli studentidell’Università di Pavia

Iniziativa realizzata con il contributoconcesso dalla Commissione Permanente

Studenti dell ’Università di Pavia nell ’ambito del programma per la

promozione delle attivitàculturali e ricreative degli studenti

Fondi 2014: 6162,76 Euro.Stampa: Industria Grafica Pavese s.a.s.

Registrazione n. 481del Registro della Stampa Periodica Autorizzazione del Tribunale di Pavia

del 23 Febbraio 1998. Tiratura: 900 copie

Questo giornale è distribuito con licenza Creative Commons Attribution -

Share Alike 2.5 ItalyQuesto giornale è andato in stampa

in data 12-03-2014

twitter

IMMAGINE COPERTINA Chiara Pertusati

SommarioEDITORIALE Irene Doda

pag.3

PARKING PRICING E BUS RISERVATIStefano Sfondrini

pag.4-5

#NONUMEROCHIUSO VS#NUMEROCHIUSOSERVEFrancesca Lacqua

pag.6

DONNE (DUDUDU) IN CERCA DI GUAIValeria Sforzini

pag.7

#OSCARS2014, TÈ E CHEESECAKEIrene Brusa

pag.13

MADE IN ITALY, PAID IN USAIrene Brusa

pag.8

SPECIALE Francesca Carral, Claudio Cesarano e Camilla Rossini

DUE DI DUE: RUBRICA LETTERARIACristina Ferrulli e Matteo Merogno

pag. 16

INTO THE WILD?Irene Doda

pag.14-15

ORIANA FALLACI: STORIA DI UNADONNA DISUBBIDIENTEFrancesca Carral

pag.17

PERCHÉ SANREMO ERA SANREMOSimone Lo Giudice

pag.18-19

META-ARTICOLOElisa Zamboni

NAVIGANDO NEL TUBO... THE PILLS!Elisa Zamboni

pag.20

pag.19

pag.9-12

Page 3: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

INCHIOSTRO MARZO 2014 3

DOVE SOFFIA IL VENTO

Marzo è un ottimo mese per i buoni pro-positi. La sessione invernale è ormai un ri-cordo lontano, perso dietro la cortina di fumo alcolico dei festeggiamenti post-esami. Ora che abbiamo portato a casa i nostri 30-25-18 possiamo concentrarci sui progetti che avevamo messo nero su bianco all’inizio dell’anno. Ed eventualmente realizzarli.Già, perché il passo tra l’immaginare e il realizzare non è di certo dei più sempli-ci. Richiede uno sforzo di volontà notevole. Starsene sdraiati a letto e dire a se stessi che tanto c’è tempo, che inizieremo domani, è facile. La sfida sta nel cogliere l’attimo, nel credere che quello che vive nella nostra te-sta possa diventare reale, tangibile. Non vo-glio sembrare catastrofica dicendo che ogni giorno che viviamo potrebbe essere l’ultimo, ma cerchiamo almeno di non dare troppe cose per scontate, facendoci ingessare dalla confortevole routine. Il consiglio che mi sento di darvi all’inizio di questo piovoso marzo è: fate sempre la scelta più difficile. Quella che non avreste mai immaginato di poter fare. La cosa più assurda e insensata. Concedetevi di uscire dai binari per un po’, e di vedere che suc-cede. Fuori dalle quattro mura sicure dell’a-bitudine il vento tira forte, ma l’aria è più fresca e frizzante. Il mondo sembra sempre più grande e più bello, osservato da nuove prospettive.Anche noi, in redazione, ci stiamo applican-do per ampliare lo sguardo sulle cose, sen-za rinunciare al consueto taglio “a misura di studente”. In questo numero troverete uno speciale sul-le vicende ucraine che stanno sconvolgendo la politica internazionale nelle ultime setti-mane, il racconto di un viaggio in Islanda, la storia di un gruppo di ragazzi italiani che

di Irene Doda

Editoriale

Il consiglio che mi sen-to di darvi all’inizio di questo piovoso marzo è: fate sempre la scelta più diffi cile. Quella che non avreste mai immaginato di poter fare. La cosa più

assurda e insensata

ha sviluppato un progetto di Made in Italy grazie a dei fondi statunitensi. Come contraltare, stiamo anche vivendo più a fondo la realtà cittadina. Le prime due pagine sono dedicate al problema del-la mobilità e dei trasporti a Pavia, e perfino i due libri recensiti a pagina 16 ci sono stati consigliati dalla Libreria “Il Delfino” (di piazza Cavagneria, proprio dietro al Duomo).Nella primavera del 2014 molte cose stanno cambiando, in Italia e nel mondo. Alcune in meglio, molte altre in peggio. Noi nel nostro piccolo non smettiamo di osare, di seguire il

cambiamento e di sperare.

«Lentamente muore chi non rischia la certezza per l’incertezza di inseguire un sogno» scriveva Martha Medeiros. Mentre fuori le giornate si allungano e il mondo fa capolino verso la primavera, usciamo an-che noi dal nostro guscio, e puntiamo verso l’orizzon-te e l’ignoto.

Page 4: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

4 INCHIOSTRO MARZO 2014

PARKING PRICING E BUS RISERVATI

di Stefano Sfondrini

L’automobile è il mezzo più utilizza-to dai dipendenti dell’Università di Pavia: l’indagine QSCL del progetto “Pavia Mobility Manager” lo conferma con una ricerca svolta su un campione com-plessivo di circa 2.800 soggetti tra per-sonale docente e tecnico-amministrativo. Se è vero che circa il 40% degli spo-stamenti casa-lavoro in auto è inferiore ai 5 km e poco meno del 20% ai 3 km, complessivamente è stata evidenziata una generale propensione per il mezzo privato a motore per i propri spostamen-ti – nonostante le ridotte dimensioni del-la nostra città e il territorio pianeggiante.

Tra le motivazioni dell’appeal dell’au-tomobile, nonostante i periodici rincari del carburante e la generale crisi eco-nomica, coloro che hanno compilato il questionario hanno indicato l’autonomia

Le proposte di dipendenti e studenti per una Pavia più sostenibile

di movimento, la rapidità e la co-modità del viaggio. È indubbio che poter guidare un mezzo ci dia la possibilità di stabilire itinerario e fer-mate, e quindi ci faccia sentire au-tonomi. Dato l’elevatissimo numero di veicoli in circolazione, è tuttavia alquanto improbabile che gli spo-stamenti in macchina siano rapidi e comodi: quante più auto circola-no, tanto più sarà il traffico e quindi

il tempo perso in coda, con aumento dello stress per chi si metta alla gui-da per raggiungere il proprio posto di lavoro.Il vero motivo per cui così tanti di-pendenti del nostro ateneo preferi-scono fare pochi chilometri in auto anziché a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici (pure imbottigliati nel traffico prodotto dai mezzi privati) riguarda un dato fondamentale: il 95% posteggia il proprio veico-lo gratuitamente in spazi forniti dall’Università, in stalli posti sulla strada o in altre strutture. In que-sti termini ogni alternativa all’auto-mobile perde di attrattività: chi, spe-cialmente con il freddo o la pioggia, si sognerebbe mai di camminare, pedalare o stringersi tra decine di altre persone su un bus quando può parcheggiare sotto il proprio ufficio senza spendere un euro? Prospetti-va di fronte alla quale code e costi (benzina, bollo, assicurazione) diven-tano irrilevanti, come dimostrano i risultati del questionario.

Sono stati invece circa 22.000 gli universitari che hanno risposto alle domande sugli spostamenti casa-università, dei quali la metà circa domiciliata nel comune di Pavia. Gli studenti hanno dimostrato una propensione maggiore per moda-lità sostenibili di trasporto, con risposte che delineano un 83% di spostamenti a piedi, in bicicletta o in autobus, mentre solo il 10% ha dichiarato di utilizzare l’auto per re-carsi alle lezioni.

Chi si sognerebbe mai di camminare, pedalare o stringersi su un bus quando può parcheggiare sotto il

proprio uffi cio senza spendere un euro?

Il progetto “Pavia Mobility Manager”, co-finanziato dalla Fondazione Cariplo nell’ambito del Bando 2010 «promuovere forme di mobilità sostenibile alter-native all’auto privata», mira a diffondere la logica e gli strumenti operativi del mobility management nel contesto territoriale locale, coinvolgendo, oltre l’Università di Pavia, i principali attrattori di traffico in ambito urbano: am-ministrazione comunale, amministrazione provinciale, ASM-Line e Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo. I risultati attesi del progetto sono la realizza-zione di una banca dati degli spostamenti casa-lavoro dei soggetti rilevanti sul territorio e la promozione di azioni sinergiche da parte degli enti coin-volti per una loro gestione più razionale e sostenibile nel tempo.Per info: http://mobility.unipv.it/mobility/

PAVIA MOBILITY MANAGER, SPOSTAMENTI PIÙ INTELLIGENTI

UNIVERSITÀ

Page 5: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

INCHIOSTRO MARZO 2014 5

Oltre a domande a scelta vincolata, il questionario prevedeva pure domande a risposta aperta in cui i partecipanti potevano porre osservazioni e fornire suggerimenti. Per quanto paradossale possa apparire, i dipendenti hanno proposto di attivare una for-ma di “parking pricing”, vale a dire far pagare un abbonamento annuo per l’utilizzo dei parcheggi nelle strutture universitarie. Con il gettito ottenuto po-trebbe essere possibile finanziare politiche di mobilità sostenibile a favore dei dipendenti, le quali portereb-bero a parcheggi meno affollati disincentivando l’utilizzo dell’auto, privilegiando viceversa mezzi di trasporto meno inquinanti e ingombranti. Per diminuire il numero di auto circolanti è stato anche proposto di realizzare un sito per organizzare gli spostamenti casa-lavoro tramite car-pooling.Tra le altre proposte, docenti e personale hanno pen-sato a convenzioni con le compagnie di trasporto su rotaia per abbonamenti, incentivi per l’acquisto di biciclette e installazione di stalli e rastrelliere dove posteggiarle in sicurezza, e non da ultima la possibili-tà di attivare il telelavoro per alcune tipologie di lavo-ratori, che permetterebbe loro di svolgere determinate mansioni comodamente dal computer di casa.

Le osservazioni e le proposte di dipen-denti e studenti dell’Università saranno valutate per migliorare la viabilità di Pavia Come arrivare al palazzo Mezzabarba? Dove trovare il

bus che mi serve? Qual è il percorso più rapido per arrivare a lezione? Con l’applicazione “Trip planner” è possibile pianificare i propri spostamenti tramite in-dirizzi e punti di interesse. La nuova app, ideata per facilitare gli spostamenti degli studenti e dei cittadini e avvicinarli sempre di più alle smart cities, permette di definire un itinerario multimodale nell’area di Pavia. Le prime versioni dell’app operano con dati statistici, mentre la versione con i dati in tempo reale è prevista entro la primavera. Il progetto prevede inoltre un’im-plementazione graduale dell’applicazione con servizi aggiuntivi.“Trip planner” nasce all’interno del progetto IRMA (In-tegrated Real-time Mobility Assistant), frutto di una si-nergia tra Università e Comune di Pavia. Coordinatore scientifico del progetto è il prof. Gianmario Motta.

“TRIP PLANNER”, L̓ APP PER MUOVERSI A PAVIA

In linea con quest’ultima proposta, gli studenti hanno consigliato di ampliare i già disponibili servizi on-line per evitare di doversi recare necessariamente in università per motivi amministrativi, oppure strutturare gli orari di lezione in modo tale da ridurre al minimo gli spostamenti in città durante i giorni feriali. Spo-stamenti che potrebbero essere più comodi e rapidi con autobus e corse riservate agli universitari che colleghino Centrale e Nave negli orari di inizio delle lezioni mattutine (proposta nata certamente dalla ne-cessità di una frequenza maggiore di bus dellelinee 3, 5 e 7). I ragazzi hanno inoltre fatto notare che le corse serali e dal mercoledì in poi sono scarse, così come il servizio di navetta “Noctibus” andrebbe decisamente migliorato. Anche da parte degli studenti è stata inoltre avanzata la proposta di convenzioni e abbonamenti per gli spo-stamenti su rotaia. Non da ultimo è stato suggerito di introdurre postazioni di bike sharing nelle principali sedi dell’università, soprattutto al polo scientifico – an-che se, aggiungiamo noi, vanno certamente migliorate le modalità per ottenere il pass per poter usufruire di questo servizio.

Le osservazioni e le proposte di docenti, persona-le e studenti del nostro ateneo saranno valutate, unitamente agli altri risultati dell’indagine QSCL del progetto “Pavia Mobility Manager”, con l’obiettivo di proporre politiche di mobilità sostenibile nell’ambito universitario e migliorare la viabilità di una città ogni giorno soffocata dal traffico e dai gas di scarico. Twitter: @SteSfo

UNIVERSITÀ

Page 6: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

6 INCHIOSTRO MARZO 2014

#numeroprogrammatoserve, #numerochiusoserve, #vogliamospecializzarci sono gli hashtag ricorrenti del-la manifestazione di protesta virtuale lanciata su Twitter dall’account @accessoprogrammato, in sostegno all’asso-ciazione dei giovani medici. A scatenare la protesta, la sentenza del TAR del Lazio dello scorso 31 gennaio che aveva ammesso in seconda battuta, alle rispettive sedi di Medicina, più di 1000 studenti che avevano partecipato al bando di ricorso indetto dall’UdU.Le preoccupazioni dei giovani medici riguardano alcuni pro-blemi dell’Università italiana, ad esempio la mancanza di spazi adeguati a una didattica frontale rivolta a centinaia di studenti per corso, costretti a trasformare le aule in accampamenti. Altri temi ricorrenti della protesta sono la sproporzione tra laureati e posti di lavoro e le borse di studio mancanti. Un altro problema importante è il numero dei posti disponibili nelle scuole di specializzazione. In Italia, secondo Adnkronos Salute, negli ultimi 4 anni si sono persi 1.700 posti destinati alle scuole di specializzazione medica e i posti sono oggi circa la metà di quelli necessari: 3.300 contratti di specializzazione a fronte di circa 7000 laureati.

E dopo le borse di specializzazione mancanti, la disoccu-pazione e il sovraffollamento:

La selezione in ingresso dovrebbe garantire meritocrazia, una miglior gestione delle risorse, generali migliori condizio-ni di insegnamento e un posto di lavoro post laurea sicuro. Questo accade davvero?

Davvero, per raggiungere ciò, basta limitare il nu-mero degli studenti iscritti a una facoltà attraverso un test d’ingresso? Siamo certi che questo test vagli tutte le capacità intellettive, il background culturale e personale di ogni studente e l’attitudine a svolge-re quella professione?Secondo alcuni, sicuramente il modo per migliorare il sistema universitario italiano è limitare l’ingresso di potenziali laureati, perché “in Italia già ce ne sono tanti e poi non si trova lavoro”.Secondo altri invece non è così. L’hashtag contra-rio, già da tempo lanciato dall’Unione degli Univer-sitari, è #nonumerochiuso:

#NONUMEROCHIUSO VS #NUMEROCHIUSOSERVETra Twitter e il futuro dellʼaccesso programmato

di Francesca Lacqua

UNIVERSITÀ

Quella contro il numero chiuso è una delle batta-glie che più impegna il sindacato studentesco, il quale sta preparando una proposta organica desti-nata al ministero.Utili sarebbero una ridefinizione interna all’orga-nizzazione dei tirocini e una “selezione naturale” interna al corso di laurea, esame per esame.

I soldi esistono laddove vengono investiti, dietro ogni finanziamento o non finanziamento c’è una scelta politica ed economica ben precisa.I criteri definitori di “meritocrazia” e “università di qualità” sono mobili e non possono essere presi come parametri di finanziamento.Deve essere possibile scegliere del proprio futuro serenamente senza nessuna seconda scelta del “se non lo passo”, cosa che del resto nuoce alle facoltà a numero aperto, che per alcuni studenti diventano parcheggi in attesa del prossimo test.In relazione a queste ultime viene lanciato l’hashtag #fermailcontagio affinché il morbo dei test non si diffonda anche in altri dipartimenti, come già accade nell’Ateneo di Palermo.Il rischio è quello di trasformare la formazione uni-versitaria in una lotteria, un premio che si vince, dove chi ha fortuna entra e può formarsi.

Page 7: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

INCHIOSTRO MARZO 2014 7

#NONUMEROCHIUSO VS #NUMEROCHIUSOSERVE

Il sesso debole, la donna angelicata, la principessa che aspetta per secoli di essere salvata nella stanza più remota della torre più alta. Probabilmente, fino ad ora, scrittori e poeti hanno preso un abbaglio. Senza dubbio, se Dante avesse visto Beatrice atterrare una nemica con una strattonata di capelli nel corso della sua passeggiata, invece che limitarsi a diventare strabica a furia di lanciare sguardi, non ci sarebbe stata nessuna Vita Nova e, men che meno, una “mirabile visione”.

DONNE (DUDUDU) IN CERCA DI GUAI

di Valeria Sforzini

Quando si assiste a una rissa fra ragazze

Pestaggi, insulti, violenze fisiche e psicologiche sono oggi, a quanto pare, un gioco da ragazze. Le botte e le risse tra maschi, che sono argomento quotidiano e non suscitano certo scalpore, nella mag-gior parte dei casi si risolvono in pochi minuti, dopo qualche spintone, e cadono presto nel dimenticatoio assieme alle motivazioni che le hanno suscitate. Il genere femminile, invece, è da sempre più subdolo, capace di raggiungere gradi di crudeltà inimmaginabi-li, sapendo esattamente quali nervi toccare e in quale punto sferrare l’attacco per ferire più in profondità corpo e spirito.

Cosa stupisce quando si assiste a una lotta tra ra-gazze? Forse rappresenta un ideale deluso, forse quella parità così decantata è giunta in realtà al totale disincanto, toccando vertici di bassezza tanto prevedibili quanto inaspettati. La causa scatenante è molto spesso vecchia, ormai stantia: la lotta per un ragazzo, il classico pezzo di carne conteso, un fantoccio privo di alcuna voce in capitolo (in media il suo ruolo consiste nel postare il video su Youtube). Evolute, multitasking, emancipa-te, sessualmente libere, eppure ancora così ingenue, chiuse in una serie di dogmi, in un bozzolo di idee preistoriche. Dietro a questi gesti non ci sono solo maleducazione e ignoranza, ma anche e soprattutto una pura e semplice stupidità. Stupidità che porta giovani donne a credere che se sferreranno un calcio

Il passo da acquasantiera a posa-cenere è brevissimo e i modelli imposti dalla società non fanno

altro che passarci mozziconi

in faccia a quella che ha messo un “mi piace” al loro ragazzo, dimostreranno di essere “pas-sionali” o “istintive”, e non piut-tosto delle maniache violente; che staranno solo difendendo ciò che appartiene a loro, non

procurandosi dei precedenti penali. Dovrebbero for-se essere considerate protettrici di una dignità e di un orgoglio di altri tempi, quando un’onta o un tradimento potevano essere lavati solo col sangue? La verità è che quando mancano obiettivi, ambizioni e speranze diventa inevitabile considerarsi meno di zero e lasciare che le insicurezze prendano il so-pravvento. Quando si crede di non avere nulla e di non poter conquistare qualcuno solo grazie alla pro-pria personalità, si finisce per cercare di trattenere con ogni mezzo ciò che si crede di possedere e lo si difende con le unghie e con i denti. Il passo da acquasantiera a posacenere è brevissimo e i modelli imposti dalla società non fanno altro che passarci mozziconi. Non stupirebbe nessuno scoprire che le piccole rissose e i loro incitatori siano dei gran-dissimi followers di Fabrizio Corona o che abbiano stracciato il poster di Vivien Leigh e Clark Gable della madre per lasciare posto a Belen e Stefano Di Martino.Forse al posto delle Apps, che forniscono giochi da fare mentre si è sul water o di uccellini che devono evitare dei tubi, sarebbe il caso di creare un codice della nonna: una raccolta di consigli provati con esperienza da passare di generazione in generazio-ne. Oppure, perché no, un codice penale che preve-da la trasmissione di insegnamenti saggi quali: “se-dersi sulla sponda del fiume e aspettare che passi il cadavere del tuo nemico” (magari qualcuno ha una trisavola pellerossa scampata a Custer), o ancora un

compendio di risposte per le rime, di motti, in modo tale da non doversi mai più trovare a rimuginare pomeriggi interi su “cosa avrei potuto rispondere a quella mentecatta...”.

PAVIA

Page 8: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

8 INCHIOSTRO MARZO 2014

MADE IN ITALY, PAID IN USA

di Irene Brusa

PAVIA

Apple, Facebook, Google: l’alfabeto delle startup salta qualche lettera, ma conserva una base comune. Si fa una proposta, un’ idea nuova da ren-dere subito indispensabile. Ci vuole tempo per muoversi con sicurezza e abbastanza soldi per proseguire no-nostante gli iniziali “no”. A varcare con coraggio la soglia del regno di-gitale c’è anche la pavese Funam-bol. Creata nel 2003 da Fabrizio Ca-pobianco, ingegnere e attuale CEO della stessa, Alberto Onetti, business planner, Stefano Fornari, software designer, oggi l’azienda ha all’attivo 70 ingegneri nel centro operativo di Pavia, 3 milioni e mezzo di utenti nel mondo e sede nella Valley. Funam-bol vende un software per il personal cloud, One Media Hub. Con questo strumento si può gestire il flusso di email push e sincronizzare i propri dati nella famosa “cloud” accessibile da più mezzi informatici. È di poco tempo fa la notizia di un accordo con Telefonica, principale azionista di Telecom: il prodotto ita-

Funambol: ecco come vive (altrove) il digitale italiano

liano sarà offerto agli abbonati, per un potenziale di 320 milioni di utenti, tra Europa e America La-tina. Non male per un’idea matu-rata in uno scantinato lombardo. Telecom è stata invece diffidente fin dai primi passi del funambolo, triste esempio della scarsa lun-gimiranza che ammorba le prin-cipali aziende del nostro paese. Funambol ha esteso la sua fune molto lontano, stabilendosi a San Francisco dove ha ottenuto fondi e successo. Insomma: il mercato digitale italiano piace, ma gli stra-nieri pagano prima. In particolare, 35 milioni di dollari. Per fare un

confronto, la somma rappresenta un terzo dei fondi ottenuti da tut-te le startup italiane nel corso del 2013. Pecunia cantat. Questo in Italia non è una novità: quello informatico è solo l’ultimo settore che si scontra con l’at-tualità. Tutto resta sempre troppo simile, come le scuse per le lun-gaggini e i faldoni di burocrazia che affossano le proposte vin-centi assieme a quelle mediocri, creando un pastone di fragilità, producendo insicurezza e spesso un duplice interrogativo: resto o

vado via? Nello specifico, Ca-pobianco ha potuto agire, for-te di esperienze maturate nel corso della carriera, puntando in alto e trovando lì la sua fortuna. Coadiuvata da un buon sof-tware e dall’intuito di chi la gestisce, la startup si muove in quest’inizio di 2014 e spera in una quotazione in borsa. È importantissimo avere buoni advisors, consulenti tecnici e analisti di mercato, per porta-re l’azienda a livelli ecceziona-li conservando la qualità degli inizi. Poi, la strada è comun-que in salita. Capobianco sa che tutto può crollare da un momento all’altro, per questo è essenziale puntare su clienti sicuri: i privati. Si può dire che Funambol sia solo un pesce piccolo in un mare che non solo è immen-so, ma non ha confini; però resiste e bene. La cura dei dettagli, la pianificazione dei bilanci e il dinamismo sono qualità tutte italiane, anche se viene facile credere al con-trario. Funambol è l’esempio che per far crescere un pa-ese non serve aspettare una cura, ma essere da dentro il suo rimedio. Come lo stesso Capobianco sostiene: “5% in-spiration, 95% perspiration”. Il lavoro paga sempre, a volte 35 milioni di dollari.

Twitter: @IreBru

Insomma: il mercato digi-tale italiano piace, ma gli stranieri pagano prima. In particolare, 35 milioni

di dollari

Page 9: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

INCHIOSTRO MARZO 2014 9

Nel giro di poche settimane la “Ri-voluzione ucraina” ha cambiato com-pletamente volto: nella nostra reda-zione, l’idea di uno speciale sugli scontri che hanno sconvolto Kiev na-sceva dall’interesse per la ribellione al governo corrotto di Yanukovich da parte di un fronte popolare composi-to: da giovani studenti a preti. Ma, in una regione delicata quale l’Europa dell’Est e in un epoca di conflitti glo-balizzati, gli argini non hanno retto. La destituzione di un governo assai vicino al Cremlino ha, infatti, inne-scato l’invasione russa della Crimea, decisa dal presidente Putin dietro il pretesto di tutelare la popolazione russofona. Si riapre così la disputa sulla regione annessa all’Ucraina nel 1954 per decisione di Kruscev come atto interno all’Unione Sovietica e si-gillo degli allora buoni rapporti tra Russia e Ucraina. Sull’illegittimità di questa invasione dal punto di vista del Diritto Internazionale consiglio un’interessante analisi pubblicata su Affari Internazionali a firma di Nata-lino Ronzitti, professore emerito alla LUISS.

Nel momento in cui scrivo, il pros-simo evento decisivo nella regione sarà il referendum previsto per il 16 marzo: questa consultazione popola-re, pur non riconosciuta dall’Ucraina e criticata dagli Stati Uniti poiché pi-lotata dai russi, stabilirà se la Crimea e la città di Sebastopoli debbano en-trare a far parte della Federazione Russa o rimanere sotto la sovranità ucraina.

Tuttavia di popolare resta ben poco in questa rivoluzione. La piazza, come già successo nelle Primavere Arabe, da motore del cambiamento

SPECIALE

RIVOLTE LOCALI, CONFLITTI GLOBALICosa lʼUcraina ci dice del sistema mondiale

di Claudio Cesarano

ha rapidamente perso il suo peso centrale: le reazioni in piazza Mai-dan alla presentazione del nuovo governo, che traghetterà l’Ucraina verso le elezioni di maggio, non sono state molto calorose. Resta, inoltre, profondo scetticismo per il panorama politico definitosi dopo la caduta di Yanukovich: il ritor-no dell’ex-presidente Yulia Tymo-shenko, da poco scarcerata, e la discesa in campo di alcuni perso-naggi nuovi, molto carismatici ma altrettanto inesperti, come il pugile Wladimir Klitschko o l’imprendito-re Petro Poroshenko, non lasciano intravedere l’emergere di un nuovo leader capace di traghettare l’U-craina fuori dalla crisi.

Putin, d’altra parte, si è già distinto come antagonista della leadership mondiale americana opponendosi strenuamente all’intervento in Siria contro il governo del suo alleato Bashar Al-Assad: alla fine ha otte-nuto che la questione della distru-zione delle armi chimiche prendes-se il sopravvento su ogni progetto di Obama, peraltro mai così de-ciso, di risoluzione del conflitto. Benché Putin tenga fortemente a questo ritrovato ruolo di prima fila sulla scena internazionale –i suoi aspri commenti sulle sanzioni ri-chieste ne sono una prova - il

leader russo si preoccupa soprat-tutto per la stabilità interna del suo paese. Immune alle proteste a Sochi, Putin teme piuttosto l’e-spandersi della rivolta in altre zone instabili della Russia. L’inva-sione della Crimea diventa prova di forza necessaria.La gestione dei rapporti con la Russia ci dice e ci dirà molto delle potenzialità dell’UE come attore nella politica estera: regna, come sempre, una forte divergen-za di posizioni tra i membri. Se i paesi dell’Est (in particolare la Polonia) hanno assunto una posi-zione più dura accogliendo la ri-chiesta di sanzioni che viene da-gli Stati Uniti, i paesi Occidentali e in particolar modo la Germania puntano su una soluzione diplo-matica. La preoccupazione per questi è, ovviamente, soprattutto di natura economica e in partico-lare spaventa il rischio di influire negativamente sul rifornimento energetico e sull’export di beni.Infine rimangono le Nazioni Uni-te e la tanto rinviata riforma del sistema di voto: la Russia ha il diritto di veto al Consiglio di Si-curezza, perciò la possibilità che in questa sede passino delle san-zioni è da escludersi.

Pur in questa breve e frammenta-ria ricostruzione degli attori, una cosa appare chiara: come Mary Kaldor teorizza nel suo lavoro Le nuove guerre, i conflitti contem-poranei, pur essendo territorial-mente sempre più circoscritti, sa-ranno allo stesso tempo sempre più globali per implicazioni e vie di risoluzione. Twitter: @ponyilcasoche

Tuttavia di popolare resta ben poco in questa rivolu-zione. La piazza, come già successo nelle Primavere Arabe, da motore del cam-biamento ha rapidamente perso il suo peso centrale

INCHIOSTRO MARZO 2014 9

Page 10: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

10 INCHIOSTRO MARZO 2014

La crisi ucraina non potrebbe essere più vicina a noi. Gli ucraini in Italia, infatti, sono 200.730: di questi, 3.273 in provincia di Pavia. Ognuno di essi, mantenendosi in contatto con la madrepatria, porta notizie quasi dirette dalle sue piazze. Con tutti i rischi di parzialità delle notizie dirette, ma anche con dei vantaggi: uno sguardo senza filtri alle azioni e alle speranze della gente.Tra gli ucraini in Italia c’è anche Kate: nata a Poltava, nella parte Est del paese, ma trasferitasi a 12 anni a Cipro con la famiglia, a causa della difficile situazione economica, a 18 anni è venuta da sola in Italia, ha imparato la lingua e ora studia Ingegneria Edile nel nostro Ateneo.

TRA EUROPA E RUSSIA

L’Ucraina di oggi e di domani dalla voce di Kate, studentessa a Pavia

di Francesca Carral e Camilla Rossini

Inchiostro - Conosci persone che sono state coinvolte nelle manifestazioni?Kate - Ho molti amici a Kiev che vi hanno preso parte, da chi preparava i cocktail molotov ed era in prima linea, a chi, pur non partecipando direttamen-te agli eventi più estremi, ha aiutato portando cibo e vestiti per i manifestanti.Qual è il tuo giudizio sul governo Yanukovich e sull’opposizione?Yanukovich secondo molti non ha alcun valore politico. Non è nem-meno capace di strutturare una frase sensata. Adesso all’opposi-zione c’è Klitschko (leader di un partito di ispirazione liberale, ndr), che è un ex pugile e che sarà an-che una brava persona, ma come politico secondo me non è adatto.Il neo-primo ministro, Yatsenyuk, è del partito di Tymoshenko. Lei ha una grande influenza sulla gen-te, però non credo sia sincera. Mi spiego: loro sono sì dei politici abili, ma sono compromessi dai legami con i governi precedenti. E io non ho più fiducia in loro.Che peso ha lo Svoboda (partito nazionalista di estrema destra, ndr)?Tantissima gente mi ha chiesto: “Cosa succede? Ho sentito che i nazionalisti in Ucraina fanno casino.” Non è così semplice. Questo è stato un modo di Putin di manipolare le notizie. Anche in Russia tan-tissimi la pensano così. Il fatto è che se in Ucraina dichiari di amare il tuo Paese ti dipingono come un nazista. Ci sono tanti che amano la propria patria senza alcun risvolto negativo. Questa gente aveva iniziato a manifestare pacificamente poi, ovviamente,

davanti alla violenza non poteva restare a guardare. Ma il nazionalismo non è poi così cattivo come cer-cano di rappresentarlo loro.Che ruolo giocano gli attriti tra parte Est e parte Ovest del Paese?Tutti cercano di spiegare la situazione ucraina con questa divisione etnica. C’è la parte a Est (da dove vengo io) in cui parliamo russo, anche se molti l’ucrai-

no lo sanno. Io non penso che parlare in ucraino voglia dire che sei un nazionalista, né che chi parla in russo odi il suo paese e la sua storia. È soltanto una questione storica e geografica, non ha significato politico. Tutta-via nella parte a Est molti odiano la gente della parte Ovest, vicina alla Polonia, che parla in ucraino

e spesso non sa il russo. È normale che, data la di-stanza geografica, la gente viva e pensi in modo un po’ diverso nelle due aree: una parte del paese è più proiettata verso l’Europa, l’altra verso la Russia.L’influenza della Russia si percepisce in tutto il Paese?Secondo me sì, perché c’è anche il problema del gas. Il gasdotto che passa dall’Ucraina ci costringe ad avere dei rapporti molto stretti con la Russia. Siamo uno stato indipendente dal 1991, ma l’indipendenza sinceramente non si sente. Si è sentita solo adesso, con Maidan (la piazza simbolo delle proteste, ndr). In ogni caso, Yanukovich è solo un fantoccio di Putin. Ricordo benissimo che, ancora prima che vincesse le elezioni, già Putin si congratulò con lui per la vittoria! Poi, ho visto che, quando hanno mostrato gli oggetti folli contenuti nella residenza del presidente, c’era

«Cento persone sono morte per questa prote-sta, e anche se ne fosse morta una sola sarebbe stato ugualmente un co-

sto troppo elevato»

SPECIALE

10 INCHIOSTRO MARZO 2014

Page 11: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

INCHIOSTRO MARZO 2014 11

una moneta celebrativa per le olimpiadi di Sochi con scritto: “Per il presidente ucraino, sua maestà”. Ed è avvenuto quando già c’era Maidan.E l’influenza dell’Unione Europea?C’è tantissima gente che chiede: “Perché volete en-trare in Unione Europea?” Fondamentalmente per sfuggire all’influenza di Putin, cui siamo sottomessi. Entrandoci, la Russia non potrà più pesare sulle no-stre scelte. Noi vogliamo i diritti garantiti dall’Unione Europea, che mancano da un bel po’. Maidan è pro-prio per quello.La situazione politica dopo Maidan: come la vedi, cosa vorresti vedere e cosa pensi invece che succederà?Ora ci sono persone che sembrano politicamente migliori di quelle di prima, ma non si sa mai. Il fatto è che noi non abbiamo leader e, di certo, il nuovo primo ministro non è un personaggio incisivo. Io ho paura che sbaglieremo ancora ed è un peccato per-ché cento persone sono morte per questa protesta, e anche se ne fosse morta una sola sarebbe stato ugualmente un costo troppo elevato. Spero in bene.Hai seguito l’evolversi della vicenda da media italiani?Sinceramente no. Siccome avevo degli amici che po-tevano informarmi direttamente, l’ho trovato inutile. Io comunque, per quanto potevo, anche da qui (e mi è dispiaciuto moltissimo essere lontana) cercavo di diffondere più informazioni possibile. Per esempio, su Facebook collaboravo con la versione italiana della pagina Maidaners, dove persone comuni che parte-cipavano a Maidan raccontavano le loro esperienze (vedi box). Anche per far capire qui in Italia che i ma-nifestanti non sono estremisti pazzi, è gente normale: studenti, preti, di tutto.Si sono viste molte foto che mostravano la par-tecipazione dei religiosi in piazza.Era una cosa incredibile, c’erano i preti in prima linea. Anche se non tutti hanno una grande considerazione

della Chiesa, io non ho voluto fare caso alla religione, ma agli atti individuali. Poi la fede nei momenti così è fondamentale, può dare un grande supporto. La presen-za dei preti che erano lì, senza niente, a combattere è impressionante. Mi sento veramente fiera di questa gente.La protesta è espressione solo di Kiev o di tutto il Paese?Nella parte Ovest la protesta è stata più semplice, hanno preso facilmente le città, come Lviv: qui, quando hanno occupato il municipio, anche la polizia era con la gente. A Est invece non era facile, la polizia si è opposta, ma piano piano ce l’hanno fatta... anche nella mia città! Ero molto contenta! Hanno pure abbattuto la statua di Lenin, come del resto in tutto il Paese. Alla fine è solo un simbolo, ma è un modo di guardare oltre, di liberarsi del passato.In Italia i tuoi amici si sono preoccupati della si-tuazione?Alcuni sì, ma altri non sanno nulla di politica mondiale. Soprattutto si è informata gente straniera che conosco. Non posso dire che se ne siano interessati in tantissimi.Come giudichi la reazione dell’Unione Europea alle proteste?Non hanno fatto proprio niente, e mi chiedevo perché. Di solito dicono di “combattere per i diritti umani” e così via: sono successe delle cose orribili (prendevano gli attivisti dagli ospedali, li portavano nei boschi e li uccidevano!) e abbiamo trovato un sacco di prove della presenza di forze speciali russe durante Maidan, per questo tutti speravamo in un aiuto. Non è arrivato, amen. Abbiamo vinto da soli.

Abbiamo intervistato Kate il 27 febbraio. Arrivavano le prime vaghe informazioni sulla Crimea. Lei si dichiarava “in attesa di vedere come va a finire in quella zona”. Ogni momento vengono diffuse nuove notizie: noi spe-riamo che l’entusiasmo di Kate non venga deluso dai fatti futuri.

Fotografie, corredate di brevi storie. Persone di ogni età, provenienti da tutto il paese. Questo mostra la bacheca della pagina Facebook “Maidaners.it”, cui Kate racconta di aver contribuito traducendo in italiano alcune testimonianze. Ci sono pagine analoghe in molte altre lingue: un contributo che gli ucraini all’estero vogliono dare alla diffu-sione dei fatti della loro patria, da un punto di vista diverso da quello dell’informazione tradizionale.C’è Taras Antonovyc, 73 anni, di Leopoli. È un cosacco ucraino e dal 24 novembre è a Kiev per partecipare alle proteste, ospitato da una giovane coppia residente nella capitale. C’è Anna Zayachkivs’ka, che distribuisce tè in piazza per i manifestanti, avvolta in felpe e sciarpe. Prima di questo, è stata Miss Ucraina 2013. C’è il ventiquattrenne Ivan, seminarista che la notte fra il 10 e l’11 dicembre, quando le forze speciali hanno tentato di disperdere la piazza, ha suonato le campane della chiesa fino a riempirsi le mani di vesciche. C’è Maria Oliynik, che si dichiara centenaria e “nel pieno delle sue forze”. C’è, infine, Sergio. Il post racconta che Sergio ha vent’anni, è un armeno nato e cresciuto in Ucraina. Sente delle proteste al telegiornale, rag-giunge rocambolescamente Kiev, e a chi gli chiede perché dice: “È

TUTTI I COLORI DI MAIDAN

SPECIALE

anche il mio futuro, ci devo vivere”. Il testo su di lui si conclude con poche, strazianti parole: “P.S.: questo post è stato scritto il 3 gennaio. Il 22 gennaio, Sergio Nigoyan è morto a causa delle ferite da arma da fuo-co durante la manifestazione in via Grushevs’kogo.”

INCHIOSTRO MARZO 2014 11

Page 12: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

12 INCHIOSTRO MARZO 2014

Inchiostro - Rivoluzione, rivolta, colpo di Stato: sono tutte espres-sioni che sono state impiegate per descrivere Maidan. Quale di queste racconta ciò che sta ac-cadendo veramente in Ucraina? Prof. Battegazzorre - Si è trattato di una rivolta popolare (qui “popolo” vuol dire “minoranza politicamente attiva”, ispirata peraltro da motiva-zioni diverse) guidata da una contro-élite a sua volta unita solo dall’o-stilità per il governo in carica. Quel che ha reso inevitabile l’esito è il fatto che la materia del contendere non ammette né una soluzione di compromesso – si può stare con l’Europa o con la Russia, non le due cose insieme – né la pura e sempli-ce repressione.L’Ucraina rischia di diventare la vittima sacrificale sull’altare de-gli interessi economici e strate-gico-militari di Unione europea e Nato da una parte e della Russia dall’altra? L’Ucraina paga il prezzo di una posizione geopolitica incompatibile con l’attrazione esercitata dall’Oc-cidente su una parte almeno della sua leadership e della sua popo-lazione. In quest’ottica, le manovre dell’Unione Europea sono state un capolavoro di irresponsabilità, che dimostrano una volta di più, se ce ne fosse bisogno, l’inadeguatezza di una struttura tecnico-burocratica a comprendere –prima ancora che a gestire– le questioni di natura po-litica. Nei rapporti internazionali, gli imperativi della Realpolitik sono più forti delle velleità ideologiche e degli

SPECIALE

UCRAINA: QUALE FUTURO DOPO MAIDAN?

Tentativo di spiegare un Paese diviso tra voglia di Occidente e infl uenza russa

di Francesca Carral

interessi economici.I movimenti di truppe russe in Crimea sono solo una prova di forza da parte di Putin o prean-nunciano un’invasione? La Crimea è già un fatto compiuto. Sul resto, è difficile dire. Probabil-mente la Russia aspetterà che le cose facciano il loro corso natura-le, che è la soluzione per lei meno costosa. Può contare sul fatto che l’UE non può fare concretamente nulla, e che né gli Stati Uniti né, di conseguenza, la Nato hanno in-teresse a imbarcarsi in un’avven-tura di cui è difficile prevedere gli

effetti. L’ipotesi di una futura adesione dell’Ucraina all’Unione Europea è da considerarsi plausibile, vi-sta anche la drammatica situa-zione in cui versa l’economia del Paese? È un’ipotesi priva di qualsiasi fon-damento. La Russia non può per-metterlo, ed è l’unica tra gli attori in gioco che ha le risorse (militari, ma anche economiche) per scon-giurare quest’esito. Resta aperta –ed è tutt’altro che implausibile– la

possibilità dello smembramento del Paese. Tutto sta nel capi-re se l’Ucraina così com’è oggi (e scontata la perdita della Cri-mea) è un Paese governabile o no. L’impressione è che non lo sia, ma bisognerebbe conoscere meglio la situazione interna per esprimersi al riguardo.Qual è il peso del partito na-zionalista Svoboda all’interno della nuova coalizione di go-verno? Le accuse di estremi-smo rivolte ai suoi militanti sono giustificate? Non sono in grado di rispondere a questa domanda con cogni-zione di causa. Posso solo dire questo: che una forma moderata di nazionalismo, qualora esistes-se, potrebbe costituire un punto di raccordo e di compromesso tra le due anime in cui il Pa-ese è diviso. Ciò implicherebbe, naturalmente, una scelta politica di equidistanza sia dall’Occidente sia dalla Russia, cioè la neutra-lizzazione della linea di conflit-to che ha fatto da detonatore dell’intera questione ucraina. Nel breve-medio termine potrebbe anche funzionare. Se il nazio-nalismo si presenta invece nella sua versione estremista, sostan-zialmente e dichiaratamente anti-russa, anche questo spiraglio si chiude. La sensazione è che la polarizzazione del conflitto abbia rimosso questa eventualità, am-messo che in precedenza sia mai esistita.

L’attuale situazione politica ucraina è complicata e incredibilmente fluida. Inchiostro ha cercato di coglierne alcune sfaccettature intervistando Francesco Battegazzorre, professore associato di Scien-za politica e Teoria del cambiamento politico all’Università di Pavia. Le domande poste e le risposte ottenute hanno un ovvio limite: quando saranno pubblicate lo scenario avrà subito dei mutamenti. Speriamo comunque di offrire al lettore strumenti utili per comprendere meglio le vicende che si stanno svolgendo in Ucraina.

«La materia del conten-dere non ammette né una soluzione di compromesso – si può stare con l’Europa o con la Russia, non le due cose insieme – né la pura e

semplice repressione»

12 INCHIOSTRO MARZO 2014

Page 13: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

INCHIOSTRO MARZO 2014 13

A L.A. è una giornata ventosa, sotto decine di gazebo alli-neati ci sono già centinaia di fan, tutti pronti a immortalare i loro divi preferiti con gli smartphone. L’86ª edizione della cerimonia degli Oscar inizia in grande stile: è ancora pomeriggio quando sfilano le prime limousine con i partecipanti alla cerimonia. 1500 i commensali per la cena ufficiale, con la possibilità di avere versioni vegane di ogni portata; dolci ripieni alla crema a forma di statuetta, il miglior vino dalla California. Ecco la magia culinaria che ai comuni mortali non è concessa, ma che nel momento clou di Instagram piace raccontare. Accecante, il lunghissimo red carpet è pronto a sfoggiare le divinità hollywoodiane. Ecco arrivare due uomini addetti alla custodia delle buste con i nomi dei vincitori, racchiuse in alcune valigette nere. Perlomeno gli Oscar danno lavoro, anche i più impensabili. Quanta adrenalina nell’aria, sembra palpabile. È una gara strana, perché deve vincere il migliore tra i migliori. Eccoli arrivare, visi così noti da sembrare irreali, con abiti mera-vigliosi e sguardi studiati. Li guardo e penso che dietro a tutto questo fasto, ci sia l’onere di non poter avere tregua, sempre spiati e criticati. È una vita bellissima e senza via di scampo. Il Dolby Theatre si riempie, la conduttrice Ellen Degene-res sembra un folletto biondo caricato a molla. È sera, lo spettacolo ha inizio! Il palco è una colata d’oro, sembra che la crisi non arrivi mai a toccare la ricchezza di questo evento. Ellen è scatenata: «Le cose importanti della vita sono l’amore e una famiglia, chi non le ha è nello show business!». La sala è piena di visi bellissimi e vestiti da ca-pogiro, eppure una risata collettiva rende tutto più umano, più accessibile per chi in mano ha una tazza di tè e mezzo

#OSCARS2014, TÈ E CHEESECAKECronaca della “notte in bianco” più dorata dellʼanno

di Irene Brusa

chilo di cheesecake. Ma ecco la prima no-mination, annunciata da un’Anne Hathaway, che certo non mangia fette di torta alle 2 di notte: a vincere come miglior attore non protagonista è Jared Leto, nel film Dallas Buyers Club; dedica la vittoria «ai sognato-ri, e a chi si trova in Venezuela e Ucraina, a combattere per realizzare i propri sogni». È forse la sola crepa che ricorda la realtà fuori dalle pareti vellutate del Teatro, e fa

Sono ormai le 5.50,Leonardo Di Caprio non ha vinto nemmeno que-sta volta, il sole sta per sorgere: insomma, tutto è

nella normabene a tutti. Passano i minuti e arriva Pharrel Williams a cantare Happy, Lupita Nyong’o si scatena, seguita da Amy Adams, e mi chiedo come sia possibile essere così irrag-giungibilmente magre e felici. Nel dubbio, scelgo la felicità e

mi faccio un’altra fetta di cheesecake. Lupita fa bene a ballare, perché vincerà un meritato premio come attrice non protagonista in 12 anni schiavo. Il suo viso sembra scolpito, riflette l’oro dell’Oscar che alza al cielo e sorride con gli occhi, dice: «Non conta da dove vieni, i sogni si possono avverare». Mi sembra una Cenerentola nera, con l’abitino chiaro e le speranze della giovinezza. È una not-te lunghissima, Gravity, film apprezzatissimo dall’Academy, vince tutti i premi “tecnici” previsti, lasciando American Hustle a bocca asciutta. Frozen è miglior film d’animazio-ne, il corto documentario The Lady in Number 6 ottiene il premio nella sua categoria. A seguire, Pink in rosso fuoco con Somewhere over the rainbow mi culla nel primo potente abbiocco. Il glamour è troppo, crollo per una ventina di minuti. In Italia sono le 3.45 quando mi risveglio per assistere al momento italia-no. Dopo un’attesa di quindici anni la statuetta è nuova-mente nostra, La Grande Bellezza trionfa. È bello vedere Servillo ridere di felicità, l’inglese di Sorrentino è ridicolo, eppure su quel palco a brillare è solo il talento italiano.Ellen intanto ha ordinato la pizza, la offre a Scorsese e Sandra Bullock ed io mi devo proprio fare un caffè. Cate Blanchett è migliore attrice protagonista, ringrazia Woody e l’applauso si fa più forzato; Matthew McConaughey si aggiudica la vittoria come migliore attore protagonista in Dallas Buyers Club e ringrazia la madre per avergli insegnato il rispetto verso ogni persona. 12 anni schiavo è il miglior film, Steve Mc Queen salta di gioia. «Dedico questo a Salomon, a tutti coloro che combattono ancora oggi contro la schiavitù». Sono ormai le 5.50, Leonardo Di Caprio non ha vinto nemmeno questa volta, il sole

sta per sorgere: insomma, tutto è nella norma.Per una notte sono stata anche io tra quelle divine bellezze, per la magia del cinema e per scrivere questo articolo. Non dormo da 24 ore, eppure sono ca-rica e pronta a prendere il treno delle 7 per Pavia. Credo non ci sia niente di più bello di vivere un sogno e raccontarlo, diventa condivisione.

UNIVERSITÀUNIVERSITÀUNIVERSITÀ

Come ha detto il grande Sidney Poitier: «Thank you to keep this dream alive!».(Ndr. Irene ha poi dormito 17 ore di fila per recuperare il sonno. Ora sta bene.)

CINEMA

Page 14: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

14 INCHIOSTRO MARZO 2014

INTO THE WILD?Le cose che ho imparato sullʼIslanda e gli islandesi

di Irene Doda

Le ultime due settimane di febbraio le ho passate in Islanda. Sì, in quel posto tanto a Nord, dove ci sono i puffin e l’aurora boreale; e dove i cittadini (trecentomila circa in tutto, più o meno come un quartiere di Milano o Roma) hanno fatto fallire le banche e si sono scritti la costituzione da soli. Non vi tedierò con un pezzo alla Lonely Planet, ripetendo che è un terra mozzafiato –mescola la bellezza dei paesaggi californiani e dei ghiacciai alpini– e che le Luci del Nord sono probabilmente ciò che ha ispirato il Paradiso di Dante. Per due settimane ho lavorato a un progetto giornalistico –il magazine di un’associazione di volontariato locale– e ho vissuto nella piccola e vivace capitale islandese. Forse il freddo dà alla testa, ma sono tanti gli aspetti dell’Islanda che sembrano completamente folli a noi europei del continente. Ve ne descrivo solo alcuni.

Si può pagare ovunque e qualsiasi cosa con una carta di credito. Anche un caffè o un pacchetto di caramelle. I commercianti islandesi, al contrario di quelli italiani, guardano stralunati chi paga in contanti. E fanno lo scontrino, se ve lo stavate chiedendo.

Si può pagare ovunque e qualsiasi cosa con una

Le cose più incredibili si vedono da vicino. Andate a uno dei tanti festival mu-sicali di Reykjavík, ubria-catevi con un islandese, fate shopping al mercato delle pulci, piangete per il vento gelido e per la bel-

lezza della natura

Prima di andare a lavorare gli islan-desi non vanno a fare jogging o una passeggiata al parco. Si immergo-no in piscine di acqua naturalmente calda (hot springs), all’aperto e con meno dieci gradi. Oppure fanno una nuotatina nel mare per rinfrescarsi le idee (-0,2 gradi, sì) e poi di nuovo nell’acqua calda per dieci minuti. Sono gente produttiva, non si accontentano della caffeina per svegliarsi. (Consiglio amichevole: se avete mal di testa da hangover provate l’Oceano Atlantico a febbraio. È meglio di qualsiasi altra cosa). Penserete probabilmente che con quelle temperature polari si sopravviva a forza di alcolici ad alta gradazio-ne. In parte è vero, ma l’alcool è un lusso per pochi: a Reykjavík non si trova nulla nei supermercati se non una disgustosa birra semi-analcolica. Tutto il resto è acquistabile in negozi specializzati e a prezzi esorbi-

tanti. Una bottiglia di vino in confezione di plastica (una specie di Tavernello) costa l’equivalente di nove euro. Tutto il resto va dai venti ai quaranta, per via di tasse di importazione assurdamente alte.

Che dire dei piatti tipici? Il più classico è lo squalo putrefatto, una prelibatezza rara dal soave profumo di marcio e ammonia-ca. Non ho indagato nei detta-gli il processo di preparazione, vi rimando gentilmente a WikiHow. Della tradizione islandese fa parte anche la carne di balena e la testa intera della pecora. Inutile dire che durante il mio soggiorno ho preferito nutrirmi di hot dog (che sono molto comuni e molto buoni, per la cronaca).

Si vedono in giro un sacco di giovani lavoratori (piuttosto esotico). E pensate un po’: li pagano, e anche bene. Un ragazzo spagnolo che ho incon-trato una sera mi ha raccontato di lavorare in una fabbrica di gelati (potete ridere, ma gli islandesi mangiano un sacco di gelato in inverno) e di gua-dagnare mille e trecento euro al mese (quattro cifre, avete letto bene).

VIAGGI

© Irene Doda

© Irene Doda

Page 15: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

INCHIOSTRO MARZO 2014 15

A proposito di aggregazione giovanile, a Rey-kjavík esiste un posto molto interessante. Si chiama Hitt Husid (Youth Centre). Lì quattro cose sono gratis: il caffè, il wi-fi, i preservativi e il biliardino. Consumabili in proporzioni diverse a seconda delle necessità.

Girando per le strade e per i locali sembra di essere stati catapultati in un film sul flower power: maglioni colorati con le trecce, cappelli di lana, ragazze con gonne lunghe dalle tonalità sgargianti e capelli raccolti a casaccio, uomini con barbe esa-gerate. Sono tutti hipster, direte. Ma mi è venuto il dubbio: non è che sono gli hipster ad aver copiato lo stile degli islandesi? Forse è come l’indovinello della gallina e dell’uovo. Vi suggerisco comunque di

INCHIOSTRO MARZO 2014 15

visitare uno dei tanti negozi di abiti di se-conda mano; vendono cose relativamente economiche (siamo sempre nella nazione più cara del mondo dopo il Giappone) e con cui farete un sacco scena una volta tornati a casa.

Sapete perché non esiste un’auto-strada che attraversa l’Islanda? Perché c’è di mezzo un ghiacciaio grande quanto la Sicilia? No. Perché esistono dei comita-ti di protezione dei folletti che organiz-zano sit-in di protesta contro la distru-zione dell’habitat delle piccole creature.

Sapete perché non esiste un’auto-

Girando per le strade e per i locali sembra di

VIAGGI

Twitter: @ggirandola

Che dire in conclusione? Visitate questa terra, visitatela davvero. Le cose più incredibili si vedono da vicino. Andate a uno dei tanti festival musicali di Reykjavík, ubriacatevi con un islandese, fate shopping al mercato delle pulci, piangete per il vento gelido e per la bellezza della natura. Io sono ancora qui che cerco malde-stramente di combattere la nostalgia. Takk, grande isola del Nord, e a presto.

INCHIOSTRO MARZO 2014 15© Irene Doda

© Irene Doda

© Irene Doda

Page 16: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

16 INCHIOSTRO MARZO 2014

A partire da questo numero, una pagina di Inchiostro si arricchisce di consigli letterari. Questo accade grazie alla prestigiosa collaborazione del nostro giornale con la storica libreria pavese “Il Delfino”, che perlustrando gli scaffali più nascosti, quelli lontani dai soliti casi editoriali in classifica, ci consiglia ogni mese due titoli, dandoci così la possibilità di offrirvi la nostra recensione e di arricchire l’orizzonte culturale di ognuno di noi. Buona lettura!

Di Ota Pavel, 1971 (ed. ita 2013)(Hey Keller Editore, 160 pp., 13,50€)

In questo libro l’autore filtra la narrazione attraver-so gli occhi di se stesso bambino, anzi, per essere precisi, di se stesso figlio. Infatti, il vero protagoni-sta è suo padre, Leo Popper, carismatico e ambi-zioso venditore porta a porta, che osserva il suo territorio, la Boemia, mutare drasticamente con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Arrivano così le prese di coscienza, gli schieramenti politici, le svolte etiche, in una parola: i cambiamenti. Uno fra tutti, forse, quello dell’esperienza del campo di concentramento. E dico “forse”, perché l’autore tralascia qualsiasi dettaglio o considerazione ap-profondita a riguardo; trattamento che, oltretutto, riserva a qualsiasi argomento presente nel roman-zo. Sembra essere proprio questa, infatti, la pecca della narrazione. Una serie di flash, filtrati dalla visione del mondo di quest’uomo poco colto e dal temperamento forte: l’inizio e la fine dell’occupa-zione nazista, gli schieramenti politici postbellici, il sogno comunista sono tutti argomenti che scor-rono fluidi nella lettura, ma che non riescono ad essere veramente incisivi, a lasciare qualcosa. L’au-tore non insaporisce la trama con quella sfumatura in più, capace di vivere per sempre nell’interiorità di chi legge. Le parole sfuggono ai ricordi, i senti-menti e le riflessioni invece no. Proprio per questo, come lettore, sono alla ricerca di un libro con-temporaneo che racconti una storia emblematica e non una tra le tante. Be’, sto ancora cercando.

Voto: 2/5

di Matteo Merogno

LA MORTE DEI CAPRIOLI BELLI

AMERICANIDi John Jeremiah Sullivan, 2011 (ed. ita 2014)(Sellerio, 2014, 316 pp., 16,00€)

Cosa accomuna Michael Jackson, l’uragano Ka-trina, il più grande raduno di rock cristiano e un week end a Disney World? Ve lo dico io: sono tutti fenomeni americani, che dell’americanità, nel bene o nel male, sono diventati il simbolo. E pro-prio per questo motivo, sono soggetto di quat-tro dei dodici saggi e reportage racchiusi nella raccolta “Americani” del giornalista (ebbene sì, americano anche lui) J.J. Sullivan. Spaziando tra i temi più vari, a volte assurdi, della cultura a stelle e strisce, Sullivan ci mostra una fotografia sincera di ciò che sono veramen-te gli Stati Uniti, senza la patina scintillante e distorcente attraverso la quale troppo spesso li vediamo noi europei. Il punto di forza di questo libro è sicuramente uno stile di scrittura al-tamente coinvolgente, sfacciatamente ironico e sapientemente trasformista. Sullivan ci racconta l’America e soprattutto i suoi abitanti in maniera disincantata, a volte quasi spietata. Tutto ciò che ci viene narrato è esperienza diretta e vissuta, trasportata in scrittura per raccontare con fedeltà lo spirito di un popolo. Mai un libro di saggistica vi terrà attaccati alle sue pagine come questo e vi farà venire voglia di recuperare tutti gli scritti del suo autore.Voto: 4/5

di Cristina Ferrulli

DUE DI DUELIBRI

Page 17: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

INCHIOSTRO MARZO 2014 17

AMERICANI

di Cristina Ferrulli

Oriana. Una donna.È un titolo semplice quello scelto da Cristina De Stefano, giornalista e scrittrice nata e cresciuta a Pavia, per la prima biografia autorizzata di Oriana Fallaci. L’opera, edita da Rizzoli, affronta però un compito che non è per niente facile: rac-contare la vita di una leggenda del giornalismo italiano, conosciuta in tutto il mondo. Come si ricostru-isce l’esistenza di un personaggio straordinario e controverso? De Stefano ha deciso di partire dal privato della Fallaci, attraverso car-te inedite e testimonianze di chi l’ha conosciuta, per offrire al lettore un’immagine diversa, inaspettata e per certi versi sconvolgente, della giornalista italiana più celebre del Novecento. Nata a Firenze il 29 giugno 1929 in una famiglia antifascista; pove-ra ma dignitosa, con un solo vi-zio, quello dei libri, Oriana sviluppa presto l’amore per la cultura e la tendenza alla ribellione. La guerra, l’occupazione nazista e i bombar-damenti americani segnano l’inizio della sua esistenza. Il padre, mem-bro del Partito d’Azione, partecipa attivamente alla Resistenza, motivo per cui viene arrestato e tortura-to rischiando la fucilazione. Anche Oriana è coinvolta nelle attività dei partigiani, come staffetta. La sua giovane età e il suo aspetto minuto la fanno apparire innocua agli oc-chi dei nazifascisti. Un grave errore di sottovalutazione che sarà com-messo spesso anche da chi avrà a che fare con lei durante la sua carriera di giornalista.Al termine del conflitto Oriana può dedicarsi a quello che da sempre è il suo sogno: scrivere. Appena

ORIANA FALLACI:STORIA DI UNA DONNADISUBBIDIENTE

Racconto inedito della vita di unʼicona che rivoluzionò il giornalismo

di Francesca Carral

uscita dal liceo si presenta alla redazione del quotidiano fiorentino Il Mattino, riesce a farsi assume-re e inizia a lavorare con tenacia instancabile per affermarsi in un ambiente professionale dominato da uomini. L’impegno e lo stile ori-ginale la porteranno fino alla pub-blicazione dei suoi articoli su L’Eu-ropeo, il settimanale italiano più prestigioso dell’epoca. La scalata al successo parte da lì. La Fallaci scrive di cinema e costume, argo-menti che considera frivoli, ma che tratta con piglio graffiante. Negli anni ’50-‘60 va negli Stati Uniti a intervistare i divi di Hollywood e gli astronauti della Nasa. Da que-ste interviste nascono i primi libri, il cui successo le permette di farsi un nome a livello internazionale e di scrivere finalmente di ciò che le interessa davvero: la politica. Ini-

zia la stagione di Oriana Fallaci reporter di guerra, unica giornali-sta italiana ad andare in Vietnam, raccontando le atrocità commes-se da entrambi gli schieramenti. Il passo successivo saranno le inter-viste ai potenti della Terra, quelle Fallaci interviews che sono costru-ite con una tecnica unica fatta di studio rigoroso e minuzioso della vita dell’interlocutore, stile diretto e personale e assoluta mancan-za di tabù nel porre le domande. Seguiranno i grandi romanzi della

maturità, la malattia e le feroci polemiche sull’Islam negli ultimi anni di vita. Il resto, come si suo-le dire, è storia. Fin qui si è parlato del personag-gio pubblico, ma il libro esplora anche aspetti nascosti della vita di Oriana. Si narrano le tormen-tate vicende amorose e il dolo-re per il desiderio di maternità frustrato dagli aborti spontanei. Il lettore scopre quindi un carattere complesso, fatto di determinazio-ne, coraggio e fragilità, smisurato desiderio di amare e, allo stesso tempo, totale incapacità di perdo-nare i torti subiti. Il tratto più for-te della personalità di Oriana Fal-laci, quello che permea sia la sua vita privata che quella professio-nale, è la grandissima voglia d’in-dipendenza. Forse questo non ha contribuito a renderla una donna amabile, ma le ha permesso di guadagnarsi un posto nell’Olimpo del giornalismo internazionale.

La sua giovane età e il suo aspetto minuto la fanno

apparire innocua. Un grave errore di sotto-

valutazione

LIBRI

Page 18: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

18 INCHIOSTRO MARZO 2014

Prendiamo in prestito le parole del celebre (?) Sal Da Vinci: Non riesco a farti innamorare è ciò che il Fe-stival constata di fronte all’indiffe-renza attuale del pubblico giovanile. Ma è anche il titolo della canzone piazzatasi al terzo posto nell’edi-zione 2009, nella quale il Povia di Luca era gay spadroneggia di fron-te al Sal sopracitato e a un Marco Carta vincitore con La forza mia. Ecco, la Redazione mi ha chiesto di scrivere un pezzo “cazzaro” a conclusione dell’ennesima passerel-la sanremese. Il punto è che per parlare male del Festival oggi basta semplicemente parlare del Festival. Albo d’oro alla mano, col palesarsi del ventunesimo secolo la nostra kermesse ha visto trionfare a vol-te l’ignoto, più spesso l’intrionfabile: merito di giurie diversamente com-petenti e dell’imperante AMICIsmo coi suoi fratelli minori ed effetti collaterali.2000. Irene Grandi arriva seconda e Gianni Morandi terzo. Il punto è che non ricordo minimamente (per dirla alla Gauguin) chi siano, da dove vengano e dove vadano gli AVION TRAVEL vincitori dell’edizione col pezzo Sentimento. Andy Warhol sarebbe stato orgoglioso di loro:

PERCHÉ SANREMO ERA SANREMOAnalisi scanzonata della kermesse musicale nel ventunesimo secolo,

tra comparsate improbabili e successi rivedibili

«Sanremo è come un inci-dente in autostrada. Non piace a nessuno, ma tutti

lo guardano»

di Simone Lo Giudice

15 minuti di celebrità e via. DESAPARECIDOS.2003. Dopo le edizioni 2001 (trionfo di una giovanissima Elisa con Luce) e 2002 (suc-cesso degli eterni Matia Bazar con Messaggio d’amore) ecco le prime perle. Alexia prima (a proposito, che fine ha fatto Alexia?), Alex Britti secondo con 7000 caffè (futuro clas-sico della canzone d’autore?), terzo Sergio Cammariere col ricercato Tutto quello che

un uomo (che arriva terzo perché a Sanremo piace farsi del male). MASOCHISMO.2004. In molti ricordano una Si-mona Ventura ancora sgonfia dal punto di vista siliconico e uno spettacolo fin troppo baroccheg-giante. Vince L’uomo volante di Marco Masini, un vero top singer rispetto a un Mario Rosini qualun-que (secondo con Sei la vita mia) e a una tale Linda (terza con Aria, sole, terra e mare), che a parte una possibile parentela col mastro (anche lui Lindo) non pare sugge-rirci altro. RIDATECI MODUGNO.2006. Dopo un 2005 tutto som-mato accettabile (sul podio un giovane Francesco Renga con Angelo, il duo presi bene Toto Cutugno-Annalisa Minetti e la ve-terana Antonella Ruggiero) arriva un horribilis 2006. Terzo posto per Anna Tatangelo col pezzo Essere una donna (che freudianamente avrebbe anche cantato un più sin-

cero Essere una cantante). E poi la perla delle perle: Nomadi con un apprezzabile Dove si va spo-destati dal gradino più alto del podio, dove si piazza Vorrei avere il becco di Povia (che sul palco azzarda persino il verso del fami-gerato piccione esperto in cause amorose). LIBERA NOS A MALO.2007. Simone Cristicchi riscatta il Sanremo dallo scempio compiu-to l’anno precedente: primo posto per la sua Ti regalerò una rosa, il secondo lo conquista il sempre-verde Al Bano coi consueti acuti in allegato (Nel perdono il pezzo). Ma occhio alla terza piazza: Pie-ro Mazzocchetti col suo Schiavo d’amore. Considerando che se ne sono perse le tracce, si presuppo-ne un epilogo amaro del suo caso e temere il peggio non pare affat-to azzardato: IL POVERO PIERO.2008. Fabrizio Moro conquista il terzo posto con Eppure mi hai cambiato la vita, frase che ci pia-ce dedicare al suo ben più im-pegnato Pensa, vincitore l’anno precedente nella categoria Nuo-ve proposte. Secondo premio per Anna Tatangelo col volutamente omofilo Il mio amico (per la serie cavalchiamo l’onda lunga degli ar-

gomenti trainanti). E pri-ma piazza per Colpo di fulmine cantata (o meglio recitata) dall’accoppiata Giò di Tonno (chi?) e Lola Ponce (che qualche anno dopo la kermesse san-remese ha stranamente lasciato cadere i vestiti, i maschietti più smaliziati sanno già). Per la serie: SARANNO FAMOSI.2009. Signori, in alto i calici e brindiamo alla

MUSICA

Page 19: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

INCHIOSTRO MARZO 2014 19

loro: primo Marco Carta (La forza mia), secondo Povia (Luca era gay), terzo Sal Da Vinci (Non riesco a farti innamorare). Parafrasando i tre successi musicali, vin-cono rispettivamente Amici (Carta), l’omofobia (Povia; perché Luca era gay, ma adesso sta con lei!), l’ignoto (dopo il grande Leonardo ecco uno sconosciuto venire da Vinci). Per dirla alla Roberto Rossellini: SANREMO ANNO ZERO.2010. “Per tutte le volte che è tua la colpa o forse non lo è”. Valerio Scanu sa di aver ucciso l’esanime albo d’oro sanremese: Marco Carta aveva piazzato il coltel-lo, il vincitore 2010 lo affonda. E standing ovation per il trashismo piazzatosi al secondo posto: in Italia amo-re mio il guascone Pupo e l’operistico Luca Canonici accompagnano l’elegia di Emanuele Filiberto, principe esiliato e sciaguratamente cantante. Terzo posto per un dignitoso Marco Mengoni (con Credimi ancora), che a confronto dei primi classificati pare quasi un poeta: INCOMPRESO.2011. Sanremo risorge. Il motivo non è né Al Bano terzo (con Amanda è libera) né l’accoppiata Modà con Emma (con Arriverà). Nel primo Festival morandiano trionfa Roberto Vecchioni per la gioia del “poeta che non può cantare, per l’operaio che ha perso il suo lavoro, per chi ha vent’anni e se ne sta a morire in un deserto come in un porcile”. Un inno alla rinascita di un Paese politicamente in ginocchio e di un Festival da tempo agonizzante. M’ILLUMINO D’IMMENSO.2012. Podio tutto al femminile: terza Noemi con Sono solo parole (e in effetti il testo lascia più che a deside-rare), seconda Rosalba Pippa alias Arisa con La notte e prima (nonché terza degli Amici di Maria a vincere un Festival) la truffaldina Emma che con Non è l’inferno

azzarda la sua personalissima (rivelatrice?) visione dell’Italia del 2012. Snaturarsi per vincere è giu-stificabile, ma stupido. Cara Emma, DI VECCHIONI CE N’È UNO!2013. Il Festival passa nelle mani di Fabio Fazio: lo spettacolo gira, le canzoni non incantano. Terzi gli ipoteticamente irreali Modà (Se si potesse non morire), secondi gli eversivi Elio e le Storie Tese (La canzone mononota) e primo un regolare Mar-co Mengoni (L’essenziale). Per la serie: IL MINIMO SINDACALE.

Il resto è storia di settimane fa. Con un terzet-to assai giovane sul podio (prima Arisa, secondo Raphael Gualazzi & The Bloody Beetroots, terzo Renzo Rubino) e uno spettacolo per lunghi tratti lento e prevedibile. Se la cinematografia del nostro Paese è in rilancio grazie a un certo Sorrentino e alle sue riflessioni di “grande bellezza”, altrettan-to non si può dire della nostra musica, sempre più spettacolare-social-talent e meno musica-vera-musica. Prendo in prestito le parole dello scrittore Nicola Brunialti (gentilmente segnalatemi da un no-stro redattore): «Sanremo è come un incidente in autostrada. Non piace a nessuno, ma tutti lo guar-dano». Che questa riflessione serva da monito a futuri direttori artistici, cantanti e soprattutto case discografiche (sempre più dediti esclusivamente alla causa economica). I tempi saranno anche cambiati, ma hanno ancora ragione Morandi-Ruggeri-Tozzi col loro esortativo Si può dare di più. Lo cantava-no nel 1987: perché Sanremo era Sanremo.

Siete alla ricerca dell’estremo relax? Volete spegnere momentaneamente le vostre sinapsi e lasciarvi prendere da risate incontrollate? Avete l’immensa voglia di gettarvi in una spirale di dipendenza senza via di disintos-sicazione? Bene. Aprite il Tubo. “THE PILLS” è la meta del vostro lungo viaggio! Web series in bianco e nero, The Pills racconta la vita di tre coinquilini romani alle prese con l’università, la vita fuori sede e i suoi intrighi. È un po’ la storia di tutti noi giovani squattrinati che se la giocano tra tentazioni e doveri, tra responsabilità e estrema attrazione per il cazzeggio, tra i problemi di adsl e le tecniche infallibili di conquista del genere femminile, tra l’erasmus e la “fenomenologia” del sabato sera. Ironico, dalla battuta giusta al momento giusto, irriverente, The Pills raccoglie pensieri, espressioni, modi di fare che non possono non risultarci familiari. Per dirla con le loro parole: “Un cinepanettone con la barba, Enzo Salvi con le Clarks, Massimo Boldi coi Cheap Monday”.E poi, lasciatevelo dire: Luca Vecchi, Matteo Corradini e Luigi Di Capua, i protagonisti, oltre a essere dei geni mitologici sono dei fighi “fotonici”!

NAVIGANDO DENTRO IL TUBO...

di Elisa Zamboni

MUSICA

WEB SERIES

Twitter: @ElisaFroggy

Twitter: @simonthejudge

Page 20: Inchiostro Pavia 131 - marzo 2014

20 INCHIOSTRO MARZO 2014

IL META-ARTICOLO

di Elisa Zamboni

L̓ articolo su come nasce un articolo

QUESTA È UNA CHIAMATA ALLE PENNE:

WE WANT YOU!

Come tutte le migliori ricette, un Inchiostro è frutto del lavoro meticoloso degli chef di redazione e degli ingredienti segreti utilizzati per renderlo il più accatti-vante possibile.

Vi siete mai chiesti come si lavora nella redazione di Inchiostro? Come funziona la scelta degli argomenti e dei redattori? Avete mai pensato quali sono gli step che deve affrontare un articolo prima di finire su un foglio di carta come quello che avete per le mani?Et voilà, questo è il pezzo che vi svelerà i misteri che si celano dietro la produzione di un numero di Inchio-stro (e che ovviamente vi elettrizzeranno a tal punto da volerne fare parte).

DA DOVE SI COMINCIA?Un Inchiostro nasce su un tabellone numerato dalle caselle vuote: il timone. Durante la riunione del lunedì sera (giorno sa-cro in cui una setta di redattori si incontra a Palazzo Botta) si cerca di dare vita a un brainstorming colletti-vo e partorire idee geniali. Giunti ad un ragionevole numero di proposte ci si appresta a distribuirle con cri-terio nel nostro timone riducendo gli spazi bianchi.

QUALI SONO GLI ARGOMENTI? COME SI DISTRIBU-ISCONO?Com’è chiaro dalla raffinatissima impaginazione dei nostri numeri, nella barra in alto si precisa il tema: politica, università, cultura, speciale, :D (sì, una faccina felice per i pezzi easy). Il tutto squisitamente legato alla vita pavese di noi studenti. Un’attenzione particola-re viene data all’apertura di giornale, con l’editoriale, e alla sezione centrale, con lo speciale che si accaparra ben 4 pagine! Questi pezzi hanno del fascino mistico per chiunque entri in redazione: questi sono gli articoli maggiormente impegnati, quelli che devono saper toc-care corde di reale interesse e quelli che vi faranno innamorare delle 20 pagine che avete tra le mani. Se da un lato l’editoriale dovrà spingervi in una spirale di dipendenza da Inchiostro con una sorta di calcio alla Leonida in “300” verso un tunnel senza uscita, dall’al-tro lo speciale dovrà captare la vostra attenzione a partire dalla copertina accattivante e, al centro della

rivista, con interviste piccanti, sintassi ben oliata e frasi da addentare una ad una.

I REDATTORI, I CORRETTORI BOZZE E GLI IM-PAGINATORI.Ma il lavoro non si limita ad una sfornata di artico-li stampati e rilegati asetticamente: l’impasto è solo alla prima stesura. I correttori di bozze, virtuose persone dalla conoscenza grammaticale sopraffina e con l’onore di leggere pezzi inediti, dovranno, prima che gli articoli vengano infornati, controllare che tutto vada per il meglio: dalla grammatica al numero di battute (3000 per articolo), dagli er-rori di battitura alla sottolineatura delle frasi più catchy! Si passa poi agli impaginatori: persone pie e misericordiose con doti tecnologiche superiori a noi comuni giocatori di CandyCrush. Il loro ruolo

è quello di glassare gli articoli, bordarli di crema dolcissima e dare vita al capolavoro esteti-co del giornale.Ora che avete dato uno sguar-do in cucina - ehm volevo dire, in redazione - potete unirvi alla truppa dando sfogo alle vostre capacità: redattori, impaginato-ri, vignettisti, correttori di boz-ze, muli da soma per traspor-tare gli Inchiostri nei dispenser dell’Università, fotografi.

Twitter: @ElisaFroggy

= D