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INCONSCIO TRA SOGNO E IPNOSI Excursus storico e sviluppo delle tematiche in Freud

Inconscio

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INCONSCIO TRA SOGNO E IPNOSIExcursus storico e sviluppo delle tematiche in Freud

ANNO ACCADEMICO 2009/2010 INDICE

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INTRODUZIONE………………………………………………………………….. 1

PARTE I – L’IPNOSI ……………………………………………………………. 2

I.1 STORIA DELL’IPNOSI………………………………………………………... 3 I.2 MESMER: IL MAGNETISMO ANIMALE…………………………………… 4 I.2.1. Metodo, strumenti e tecnica utilizzati da Mesmer………………………… 4 I.3 IL MARCHESE DE PUISÈGUR……………………………………………….. 5 I.4 JEAN MARTIN CHARCOT…………………………………………………… 6I.5 SIGMUND FREUD…………………………………………………………….. 7 I.5.1Trattamento psichico………………………………………………………… 7 I.5.2 Ipnosi: la tecnica………………………………………………………………. 8 I.5.3 Un caso brillante di trattamento psichico……………………………………..10 I.6 MILTON ERICKSON: L’IPNOSI NATURALISTICA…………………………12 I.6.1 Metodo, tecnica, strumenti……………………………………………………12 PARTE 2: IL SOGNO……………………………………………………………...15

II.7 STORIA DEL SOGNO…………………………………………………………16II.8 ARISTOTELE………………………………………………………………… 17II.9 FREUD: “L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI”……………………………. 18 II.9.1 Il materiale onirico…………………………………………………………. 18 II.9.2 Stimoli e fonti del sogno…………………………………………………… 18 II.9.3 Caratteristiche psicologiche del sogno………………………………………19 II.9.4 Il materiale e le fonti del sogno………………………………………...........19 II.9.5 Il lavoro onirico…………………………………………………………… 21 II.9.6 La psicologia dei processi onirici………………………………………… 21II.10 CARL GUSTAV JUNG…...………………………………………………… 23 II.10.1 Il fenomeno onirico………………………………………………………...23 II.10.2 Il sogno tra fenomenologia e terapia……………………………………….24 II.10.3 Sogno e psiche…………………………………………………………… 24II.11 ERICH FROMM: I SOGNI E LA CRUDA REALTÀ……………………… 26II.12 SANTE DE SANCTIS…………………………………………………………27

CONCLUSIONI…………………………………………………………………….28

BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………...29

INTRODUZIONE

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L’inconscio (già oggetto di studio da parte di filosofi quali Herbert, Leibniz, Schopenhauer, di romanzieri come Dostoevskij, Schnitzler) venne riconosciuto da Freud come la parte più difficilmente accessibile della nostra mente, quella che nasce e continua a costituirsi nel corso della vita attraverso l’azione della rimozione.L’intento di questa tesina è quello di rendere note le tecniche dell’ipnosi e quelle dell’interpretazione dei sogni soprattutto con Freud ma anche con altri studiosi prima e dopo di lui.Il presente elaborato si articola in due parti. La Prima Parte riguarderà un breve accenno storico sulla tecnica ipnotica, verrà sottolineato il suo corso ricco di insidie che si è protratto fino ai giorni nostri, poi verranno prese in considerazione le tecniche ipnotiche messe in pratica da Mesmer, uno dei primi studiosi ad interessarsi di ipnosi, dal Marchese de Puisègur allievo di Mesmer, da Charcot, colui che ha introdotto Freud all’ipnosi, da Erickson, che può essere considerato uno dei maggiori teorici dell’ipnosi contemporanea, ma soprattutto da Freud che ha fornito in tema di ipnosi, un contributo notevole. La seconda parte comprenderà una breve esposizione storica riguardante le interpretazioni dei sogni. Poi seguiranno le teorie e le considerazioni effettuate da Aristotele, Jung che riprende alcuni argomenti trattati da Freud, e in particolare da Freud con la sua, ormai molto nota, “Interpretazione dei sogni”.

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PARTE I

L’IPNOSI

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I.1 STORIA DELL’IPNOSI

La storia dell’ipnosi comprende quasi due secoli e mezzo. La storia dell’ipnotismo è la storia delle tecniche ipnotiche che si sono modificate nel tempo sotto l’influsso della cultura, delle storie personali e della personalità degli ipnotizzatori, delle risposte comportamentali che sono state date alle suggestioni dalle varie persone che si sono sottoposte all’ipnosi nel corso della storia. L’ipnotismo non ha avuto una storia semplice, ma un susseguirsi di vari momenti di splendore alternati a momenti di disinteresse, di rifiuto e di oblio, sia delle tecniche che dei fenomeni ipnotici.L’ipnotismo, nonostante questo suo corso, non si è mai estinto perché, in ogni momento di oblio, c’è stato qualcuno che l’ha riportata in auge. Quella ipnotica è un’esperienza che si ripropone continuamente e ogni essere umano prima o poi la incontra. Per capire come funziona la ciclicità fortuna-oblio dell’ipnosi va ricordato che i periodi storici in cui mesmerismo o ipnotismo affrontavano momenti difficili sono sempre iniziati con la derisione dei metodi usati e col discredito dei risultati terapeutici dichiarati.A questo proposito bisogna ricordare che: l’ipnotismo, in un certo senso, ha una storia tutta sua: troppo innovatore o troppo antiquato

rispetto al pensiero e alla cultura dominante; l’ipnotismo è nato come metodo di cura simile a quello proposto nella tradizione della chiesa: la

“vittoria” di Mesmer su Gassner rappresenta la svolta che, a partire dalla tradizione e dalla credenza religiosa, ha portato verso un approccio razionale e scientifico di studio dei fenomeni psicologici;

l’ipnotismo si presenta come un metodo di cura valido per tutti i mali e queste in evidente contrasto con la storia della medicina;

l’ipnotismo inoltre ha come principale oggetto di studio un aspetto ancora oggi sfuggente come quello della coscienza e delle sue discontinuità.

Oltre l’ipnotismo cadevano in disgrazia anche le varie figure eccellenti che si erano dedicate al suo studio e alla sua divulgazione. Molti mesmerismi e ipnotisti, persino quelli che davvero cambiarono la storia di questa disciplina, pensarono di aver scoperto qualcosa di nuovo (Del Castello, Casilli, 2007, p.20).

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I.2. MESMER: IL MAGNETISMO ANIMALEIl medico viennese Franz Anton Mesmer (1734-1815) postulava l’esistenza di un fluido, simile al magnetismo fisico e chiamato magnetismo animale data la sua supposta presenza nei corpi viventi, che egli riteneva potesse essere trasmesso dal magnetizzatore ai suoi pazienti per guarire innanzitutto le malattie nervose e, indirettamente anche altre malattie. A quanto sappiamo Mesmer non impiegò mai alcuna tecnica di induzione ipnotica, ma possedeva una forte carica suggestiva. Ad essa vanno attribuite le molte guarigioni spettacolari che lo resero famoso e il gran numero di seguaci che si appassionarono al mesmerismo, nonostante fosse molto contrastata dalla scienza ufficiale.

I.2.1. Metodo, strumenti e tecnica utilizzati da Mesmer

Il primo degli strumenti utilizzati da Mesmer fu il baquet: una tinozza chiusa con un coperchio, alta mezzo metro, posta al centro di un elegante sala. Dal bordo del coperchio partivano varie corde e aste di ferro che potevano essere girate e orientate in tutti i versi. Attorno a questa larga tinozza venivano fatti sedere una ventina di pazienti che si dovevano avvolgere una delle corde intorno al capo e dovevano applicare una delle aste metalliche sulla parte malata stando in silenzio. A questi pazienti poteva essere ordinato di formare una sorta di catena umana unendo le proprie dita con quelle delle mani delle persone accanto. Dopo un po’ di tempo alcuni pazienti cominciavano a sentire le prime strane sensazioni fisiche. A questo punto potevano comparire delle crisi che potevano essere procurate molto più facilmente quando la persona veniva magnetizzata, e questo accadeva quando Mesmer ad ogni paziente, passando le mani sui vestiti di questi, lo accarezzava con un contatto leggero, con l’intenzione di convogliare il flusso, ma sostanzialmente “ratificando” e potenziando l’effetto che l’uso dei magneti aveva sui corpi dei pazienti oltre che l’effetto delle loro aspettative. Mesmer in alcuni casi utilizzava anche una sorta di “verga magica” con cui sottolineava gesti e parole ottenendo risultati più veloci e spettacolari.Il secondo strumento era l’uso del contesto. Tale contesto fisico, che oggi chiameremmo “suggestivo”, tendeva a far aumentare la responsività alla magnetizzazione con vari mezzi. Mesmer cercava infatti di facilitare le crisi tenendo la sala del baquet in una certa oscurità, inoltre usava specchi, profumi e strumenti musicali “magnetizzati”. Mesmer per facilitare il metodo di magnetizzazione utilizzava l’armonica a coppe di cristallo, da poco inventato in America da Benjamin Franklin, che è, per il suono che produce, sconvolgente e suggestivo. L’armonica ha un suono molto particolare che produce brividi, cattura immediatamente l’attenzione e facilita la modificazione dello stato di coscienza. Nonostante tutto, la credenza popolare ha attribuito a Mesmer la paternità dell’ipnosi, anche se in realtà fu un suo discepolo, il marchese de Puysègur, ad interessarsi per primo ai fenomeni ipnotici (Del Castello, Casilli, op. cit. , p.24).

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I.3 IL MARCHESE DE PUISEGUR

Puisègur, allievo di Mesmer, inizialmente utilizzava per i suoi trattamenti pubblici la “tecnica dell’albero”, una sorta di baquet per poveri. Le persone sedevano sulle panche di pietra attorno ad un albero a cui si legavano con una corda, collegando i rami o il tronco con la parte malata. Queste persone formavano poi una catena tenendosi l’un l’altro per il pollice; appena sentivano il flusso circolare Puisègur ordinava di sciogliere la catena e di strofinarsi le mani. Alcuni di loro venivano scelti dal marchese e, toccati con un bastone di ferro, manifestavano il sonnambulismo artificiale. Per svegliarli da questo sonno magnetico Puisègur ordinava loro di baciare l’albero, azione che, eseguita, li faceva “disincantare” senza il ricordo di quello che era accaduto durante il sonno magnetico. Scoperta essenziale fatta da Puisègur fu quella di osservare come durante la magnetizzazione non ci fosse alcun tipo di fluido fisico in azione. Puisègur sostituì il modello di riferimento del magnetismo con un modello psicologico. Il vero agente che produce il sonnambulismo e la cura magnetica, secondo lui, era il magnetizzatore la cui unica forza risiedeva nella volontà di credere di avere un potere dentro di sé e di volerlo esercitare: “credere e volere” diventarono così i parametri essenziali nell’evocare artificialmente lo stato di sonnambulismo all’interno di un rapporto interpersonale in cui le forze e le leggi fisiche non spiegavano niente.Il marchese di Puisègur sosteneva che la relazione con il magnetizzatore avviene anche con una “propensione” del soggetto a eseguire i comandi che vengono impartiti durante il sonnambulismo artificiale. Egli osservò che le persone magnetizzate tendono ad essere amnesiche rispetto a quello che è accaduto durante le esperienze precedenti di trance di cui, nello stato di veglia, non è consapevole. Inoltre durante il sonnambulismo artificiale si può osservare il fenomeno dell’ipermnesia e cioè il ricordo molto accurato di fatti o cose vissuti dal soggetto nel passato o durante una precedente trance. Puisègur ha anche constatato che quando si è magnetizzati è possibile dire cose che non si osava rivelare; questa possibilità, oltre a far star meglio la persona che “si libera” di segreti, permette al soggetto magnetizzato anche di considerare da un’altra prospettiva i problemi e quindi le soluzioni possibili (Del Castello, Casilli, op. cit., p.27).

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I.4. JEAN MARTIN CHARCOT

Jean Martin Charcot (1825-1893), uno dei padri della neurologia moderna, è stato una grande personalità della medicina della seconda metà dell’Ottocento che si impegnò a introdurre l’ipnosi nella medicina ufficiale, liberandola dai sospetti, di origine mesmeriana, che ancora gravavano su di essa. Negli ultimi decenni del secolo Charcot a Parigi, Lièbeault e Bernheim a Nancy, rappresentarono per studiosi e medici di tutto il mondo i principali punti di riferimento per lo studio e l’applicazione terapeutica dell’ipnosi.Charcot e Bernheim interpretavano l’ipnosi in modo completamente diverso e tra le due scuole si accese una forte rivalità che in quegli anni fece scalpore. L’interesse di Charcot per l’ipnosi nacque con le sue ricerche e la sua pratica come neurologo per la Salpetrière di Parigi. Dopo una serie di importanti scoperte sul morbo di Parkinson, sulla sclerosi multipla e su altre gravi malattie del sistema nervoso, Charcot si appassionò all’isteria che egli interpretava come un disordine funzionale, senza lesione organica, del sistema nervoso. Una delle sue tesi sull’isteria era che la suscettibilità a entrare in uno stato ipnotico costituisce un fenomeno patologico che fa parte dei sintomi dell’isteria, in particolare di quella femminile. Quindi solo l’isterica può essere ipnotizzata o può spontaneamente sviluppare uno stato ipnotico.Secondo Charcot, l’isteria, e la forma da lui denominata istero-epilessia o grande isteria, è caratterizzata da due categorie di sintomi: le crisi e una lunga serie di sintomi intercritici che sono soprattutto di natura somatica (contratture, paralisi, disturbi visivi, anestesie, iperestesie, disturbi della locomozione ecc…). Il sintomo isterico, quindi, imita un sintomo fisico in assenza di lesioni organiche. Charcot associa la tendenza a sviluppare una condizione ipnotica alla patogenesi dei sintomi isterici; sulla base di un sistema nervoso alterato nelle sue funzioni, uno stato di ipnosi spontanea predispone alla produzione del sintomo. Questo fa in modo che lo stato ipnotico possa essere utilizzato anche a scopo terapeutico: infatti così come il sintomo è stato costruito in una condizione di ipnosi spontanea, allo stesso modo esso può essere risolto in uno stato ipnotico indotto artificialmente (Civita, Cosenza, 1999, p.113-114).

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I.5 SIGMUND FREUDSigmund Freud (Freiberg, 6 maggio 1856; Londra, 23 settembre 1939), medico psicoanalista, ha studiato i meccanismi della mente umana, dando una interpretazione scientifica del sesso e scoprendo e teorizzando “l’inconscio”. Fu l’utilizzo dell’ipnosi ad offrire a Freud la prova dell’esistenza dell’inconscio come “luogo” dove si depositavano i comandi postipnotici che sfuggivano alla consapevolezza dei pazienti ma che pure venivano attuati.L'interesse di Freud per l'ipnosi divenne vivissimo grazie alla vicinanza a Charcot che utilizzava l'ipnoterapia per la cura degli isterici. Dell'ipnosi si serviva anche Joseph Breuer sempre per la terapia degli isterici. Breuer già dal 1880-82 era riuscito a curare un'isterica (è il caso famoso di Anna O.) inducendola a rievocare nell'ipnosi le circostanze precorritrici dei sintomi e le emozioni concomitanti; era quello che Breuer definiva “trattamento catartico”. Freud si dedicò allo studio dei malati di nervi cercando di alleviare le loro sofferenze, i mezzi di cui disponeva erano l’elettroterapia e l’ipnosi. Per l’elettroterapia Freud si affidava al manuale di Erb 1 nel quale sono contenute prescrizioni molto minuziose per il trattamento di ogni possibile sintomo nervoso. In seguito Freud si rese conto che seguire questi precetti non serviva a nulla, poiché quello che aveva reputato il frutto di osservazioni meticolose altro non era che una costruzione della fantasia. Con l’ipnosi le cose andavano meglio e la utilizzò come metodo principale di lavoro.Non tutti i malati si lasciavano ipnotizzare e non sempre il medico riusciva a trasporre i singoli pazienti in un’ipnosi così profonda come avrebbe desiderato. Egli si avvalse dell’ipnosi per interrogare il malato sulla genesi dei suoi sintomi, genesi sulla quale nello stato di veglia il paziente non era capace di dire niente, o comunque troppo poco.Il suo lavoro con pazienti affetti da malattie nervose in genere ebbe un esito ulteriore: il mutamento della tecnica catartica. Abbandonò così l’ipnosi e lo sostituì con il metodo delle “associazioni libere” nell’intento di andar oltre il trattamento riservato alle forme morbose di tipo isterico (Freud, 1924).

I.5.1 Trattamento psichico

Freud nel suo periodo di vicinanza al trattamento ipnotico sosteneva le correlazioni che vi erano tra fenomeni ipnotici e normali eventi della vita da svegli e nel sonno. L’utilizzo della suggestione ipnotica, secondo Freud, poteva costituire per il medico un validissimo metodo terapeutico, forse il più efficace e il più indicato per la cura di certi disturbi nervosi; inoltre, Freud sosteneva che l’ipnosi e la suggestione ipnotica potevano essere utilizzate non solo con gli isterici e con i nevropatici gravi, ma anche con buona parte degli individui sani. (Freud, 1987).L’ipnosi quindi è la possibilità di trasporre le persone, con certi lievi interventi, in una particolarissima condizione psichica molto simile al sonno. In un primo momento Freud afferma che i sistemi per provocare l’ipnosi non hanno molto in comune tra di loro. Si può ipnotizzare costringendo il soggetto a tenere per qualche momento lo sguardo fisso su di un oggetto lucente, o tenendogli un orologio accostato all’orecchio per lo stesso spazio di tempo, facendogli passare più volte, a poca distanza, le mani aperte sul viso e sul corpo. Lo stesso effetto può essere ottenuto annunciando in tono sicuro e tranquillo alla persona da ipnotizzare il sopravvenire dello stato ipnotico e delle sue caratteristiche, dunque “suggerendole” a parole l’ipnosi.I due sistemi possono anche essere collegati tra loro dall’elemento della fissazione dell’attenzione. Freud afferma che non ci sono indizi che permettono di individuare già da prima quali soggetti possano essere ipnotizzati e quali no. Inoltre è da escludere che tra le condizioni dell'ipnosi ci sia uno stato patologico; sembra che le persone normali possano essere ipnotizzate con particolare facilità, una parte dei soggetti nervosi con molta difficoltà, mentre per i malati di mente è assolutamente impossibile. Nello stato ipnotico, come sostiene Freud, ci sono varie gradazioni;

1 W.Erb, Handbuch der Elektrotherapie (Lipsia 1882) 7

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nella fase più leggera, l’ipnotizzato sente solo qualcosa di simile ad un leggero stordimento, mentre il massimo livello d’ipnosi, contrassegnato da speciali caratteristiche, è chiamato “sonnambulismo” per la sua somiglianza al fenomeno del camminare dormendo che si verifica spontaneamente. Ma l’ipnosi non è affatto un sonno, in essa avvengono mutamenti e si conseguono prestazioni psichiche che non si verificano nel sonno normale.Freud sostiene che la caratteristica dell’ipnosi più interessante è l’atteggiamento dell’ipnotizzato nei confronti di chi lo ipnotizza. Mentre generalmente l'ipnotizzato nei confronti del mondo esterno si comporta come una persona che dorme, per l’ipnotizzatore egli è sveglio, vede e sente solo questo, lo capisce e gli risponde. Questo fenomeno, che nel caso dell'ipnosi viene chiamato rapport, corrisponde al modo di dormire di certe persone.E’, comunque, importante sottolineare, secondo Freud, che può accadere che l'ipnotizzato divenga arrendevole nei confronti dell'ipnotizzatore, ubbidiente e credulo, e, nel caso di un alto grado di ipnosi, in modo quasi illimitato.Il risveglio dall'ipnosi si verifica facilmente con l'ingiunzione dell'ipnotizzatore: «Si svegli». Nei livelli più alti non si ricorda niente di quanto si è provato sotto l'influsso dell’ipnotizzatore durante l’ipnosi. Altri ipnotizzanti ricordano vagamente qualcosa ed altri ricordano tutto, ma sostengono di essersi trovati in uno stato di costrizione psichica alla quale non si poteva resistere.In genere, sostiene Freud, si ricorre al trattamento ipnotico solo dopo il fallimento di tutti gli altri rimedi e quando ormai il paziente è avvilito. A questo punto il paziente abbandona il proprio medico che non conosce o non pratica la tecnica ipnotica, per affidarsi ad un medico estraneo che solitamente non sa fare altro che ipnotizzare. Il medico di famiglia dovrebbe conoscere la tecnica ipnotica e, se pensa che sia il caso sia la persona siano idonei, applicarla sin dall'inizio. Come afferma Freud, l’ipnoterapia non può essere usata solo nei vari stati nervosi e nei disturbi immaginari ma anche per parecchie malattie organiche, perfino infiammatorie, in cui, nonostante vi sia il male di fondo, c'è la possibilità di rimuovere quei sintomi che fanno soffrire in particolar modo il malato (Freud, 1987).

I.5.2 Ipnosi: la tecnica

Importante per Freud è sottolineare che il medico che intenda praticare l'ipnosi deve imparare il metodo da una persona esperta di questa tecnica e solo con molta pratica personale potrà ottenere buoni risultati che non si limitino a pochi casi sporadici. Diventato un ipnotizzatore esperto, egli svolgerà il suo compito con l’atteggiamento serio e deciso di chi è consapevole di fare qualcosa di utile, anzi, in alcuni casi, di necessario. Secondo Freud si deve partire dal principio di non imporre mai ad un malato il trattamento ipnotico. Il pregiudizio che l’ipnosi sia un intervento pericoloso è parecchio diffuso tra la gente. Quindi, quando c’è una forte resistenza contro l’ipnosi, è più opportuno farne a meno sperando che, in seguito ad altre informazioni, il paziente accetti l’idea di farsi ipnotizzare. Invece, continua Freud, il fatto che un paziente sostenga di non aver paura dell’ipnosi ma di non credere in essa, o di credere di non poterne trarre alcuna utilità, non costituisce un fatto negativo. Per alcune persone l’ostacolo al cadere in ipnosi è costituito proprio dal loro intenso desiderio di essere ipnotizzate.Freud chiarisce anche per quali malattie è opportuno utilizzare l’ipnosi; stabilire le indicazioni per l’ipnosi è più difficile che per gli altri metodi terapeutici, in quanto nell’ipnoterapia l’importanza delle reazioni del singolo individuo è quasi pari a quella del tipo di malattia debellare. Secondo Freud, generalmente, è meglio evitare l’impiego dell’ipnosi per sintomi di origine puramente organica, ed invece è bene servirsene per i disturbi di carattere esclusivamente funzionale, per i disturbi nervosi, per quelli d’origine psichico, per le tossicomanie e le altre specie di assuefazione. Freud asserisce che si deve tener presente che con l’ipnosi si può influire anche su molti sintomi di

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malattie organiche, e che le alterazioni organiche possono sussistere senza il disturbo funzionale che da esse deriva.Una volta conosciuto il paziente e stabilita la diagnosi, nasce il problema se intraprendere il trattamento ipnotico direttamente, o se sia piuttosto il caso di richiedere la presenza di un’altra persona di fiducia. In questo modo, secondo Freud, si otterrebbe di salvaguardare il paziente da un abuso di ipnosi, ed il medico dall’accusa di questo abuso, cosa che accade spesso. Ma ciò non è sempre possibile. Il fatto che un’amica, il marito, ecc., siano presenti, spesso imbarazza molto la paziente e diminuisce notevolmente l’influenza del medico, e le suggestioni comunicate nello stato ipnotico non sempre si prestano ad essere riferite ad una terza persona, intima della paziente. Freud sostiene che la presenza di una altro medico non presenterebbe questi svantaggi, ma rende più difficile il trattamento, al punto che generalmente non vi si può fare ricorso; infatti il medico, che deve anzitutto aiutare il paziente con l’ipnosi, solitamente rifiuterà la presenza di un’altra persona, sebbene incorra nel pericolo sopra citato, che si aggiungerà agli altri pericoli che la sua professione comporta. Da parte sua il paziente si guarderà bene dal farsi ipnotizzare da un medico in cui non abbia la massima fiducia.Invece è molto importante per Freud che prima di farsi ipnotizzare, il paziente veda altre persone in stato ipnotico, ed impari, per imitazione, come deve comportarsi, apprendendo da altri quali sensazioni si provino sotto ipnosi. Il paziente che ancora non ha nessun esperienza dell’ipnosi, può, per un po’ di tempo, osservare come i pazienti più esperti si addormentino, come ubbidiscano nello stato ipnotico e come, dopo il risveglio, riconoscano la scomparsa dei loro sintomi. Tutto ciò lo predispone psichicamente, e, quando viene il suo turno, gli permette di addormentarsi profondamente sotto ipnosi. Secondo Freud, questo trattamento presenta lo svantaggio che i disturbi di ogni soggetto vengono discussi davanti a parecchie persone, cosa indesiderabile per i pazienti di elevate classi sociali. Ma un medico che intenda usare l’ipnosi non deve fare a meno di questo sistema così utile e, non appena ciò sia possibile, deve fare in modo che il paziente si auto-ipnotizzi per imitazione non appena glielo si ordina, si può sempre scegliere tra vari procedimenti per provocare in lui l’ipnosi; questi procedimenti hanno in comune il fatto di ricordare, attraverso determinate sensazioni corporee, il processo dell’addormentarsi. (Freud, 1987)Freud sostiene che il migliore sistema è questo: si invita il paziente a sedersi comodamente, gli si raccomanda di fare molta attenzione e, a partire dal quel momento, di non parlare più, cosa che gli impedirebbe di addormentarsi. Lo si invita a liberarsi di quegli indumenti che possono esercitare una costrizione e si disporranno le persone presenti in modo che il paziente non possa vederle. Si fa in modo che la camera sia oscura e silenziosa. Eseguiti questi preparativi, ci si pone davanti al soggetto e lo si invita a fissare due dita della mano destra del medico, facendo attenzione alle proprie sensazioni. Dopo un brevissimo lasso di tempo, all’incirca due minuti, si inizia a provocare nel soggetto la sensazione dell’addormentarsi. Così inizia il processo della “suggestione”, come viene chiamato questo tipo di persuasione esercitato nell’ipnosi. Freud afferma che si può ipnotizzare una persona anche solo indicendola a fissare, nella quale, cioè, basta la stanchezza degli occhi causata dalla tensione dell’attenzione, che viene distratta da qualsiasi altra impressione, a provocare una condizione simile al sonno. Prima di tutto il volto assumerà un’espressione fissa, si avrà una respirazione profonda, gli occhi cominceranno a lacrimare chiudendosi e riaprendosi più volte, si verificheranno uno o più movimenti di deglutizione, ed infine le pupille si muoveranno in alto ed in basso, le palpebre diventeranno pesanti e si stabilisce l’ipnosi. Freud dichiara che ci sono molti casi di questo tipo; quando ci si rende conto di avere a che fare con uno di questi soggetti, è meglio tacere, o limitarsi ad aiutarlo ogni tanto con una suggestione, dato che altrimenti si otterrebbe solo di disturbare il soggetto che già si sta auto-ipnotizzando, e se le sue sensazioni non si svolgono secondo l’ordine delle suggestioni che gli vengono comunicate, si provocheranno in lui contraddizioni. Comunque, di solito è meglio non stare ad aspettare che l’ipnosi insorga da sola, ma facilitarla con la suggestione, che deve essere comunicata in tono

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deciso e rapidamente. Il soggetto non deve avere il tempo di riflettere, di verificare la corrispondenza alla realtà di quanto gli viene detto. Perché egli chiuda gli occhi, continua Freud, sono sufficienti da due a quattro minuti, e nel caso che ciò non si verifichi spontaneamente, gli devono essere chiusi con una pressione della mano, senza dimostrare di essere meravigliati o contrariati perché non si sono chiusi da sé. A questo punto, se gli occhi restano chiusi, in genere significa che si è arrivati ad un determinato grado d’influsso ipnotico. Questo momento è decisivo per tutto ciò che segue.Freud afferma che la suggestione che viene comunicata durante l’ipnosi costituisce il reale valore terapeutico di questa. Con questa suggestione si contesta decisamente la presenza del disturbo che il malato accusa, o si assicura che egli può compiere una certa azione, o gli si richiede di fare qualcosa. Se, invece di limitarsi semplicemente di assicurare o negare, si pone un rapporto tra la guarigione sperata ed una nostra azione o intervento durante l’ipnosi, si ottiene un effetto più efficace. Ad esempio, secondo Freud, possiamo dire: «Lei non prova più nessun dolore in questo punto, io vi appoggio la mano ed il male scompare». Se, durante l’ipnosi, si strofina e si preme la mano sulla parte dolente, la suggestione effettuata a parole viene fortemente rinvigorita. E non si deve evitare di spiegare al malato il carattere della sua malattia, di chiarirgli in che modo il dolore scompaia, ecc.; infatti, generalmente non si ha davanti un automa psichico, ma un essere che ha facoltà critiche e possibilità di giudizio, in cui si può solo provocare un’impressione più forte che nello stato di veglia. Scopo della suggestione, sostiene Freud, può essere o un effetto immediato, come accade soprattutto nella cura delle paralisi, delle contratture, ecc., o un effetto post-ipnotico, destinato cioè ad attuarsi in un determinato momento dopo il risveglio. La durata dell’ipnosi deve essere stabilita secondo le esigenze pratiche; un’ipnosi piuttosto lunga, anche di parecchie ore, non pregiudica certo un esito positivo. Si provoca il risveglio con un’esortazione del tipo: «Basta per sta volta». Secondo Freud non bisogna trascurare di assicurare al paziente che venga ipnotizzato per la prima volta che al risveglio non avrà affatto mal di testa, che sarà di buon umore e in buona salute. Tuttavia a volte si osserva che molti soggetti si destano da un’ipnosi leggera con una sensazione di peso alla testa e di stanchezza, se l’ipnosi era stata troppo breve: si può dire che essi non hanno dormito sufficientemente.Non sempre il successo di un’ipnosi corrisponde alla sua profondità; infatti, afferma Freud, in un’ipnosi molto lieve si possono ottenere modificazioni radicali ed invece anche con uno stato sonnambolico si può avere un risultato assolutamente negativo. Se dopo poche ipnosi non si raggiunge l’esito desiderato, emerge un’altra difficoltà che questo metodo comporta. Mentre nessun malato si spazientisce se dopo venti sedute elettriche o venti bottiglie di acqua minerale non è ancora guarito, nel caso del trattamento ipnotico sia il medico sia il paziente si spazientiscono molto prima, il che deriva dalla differenza tra le suggestioni, di carattere volutamente ottimistico e il grigiore della realtà (Freud, 1987).

1.5.3 Un caso brillante di trattamento ipnotico

Freud si interessò a un caso clinico che riguardava una giovane donna, tra i venti ed i trent’anni, che conosceva fin da bambina; per le sue capacità, il suo equilibrio, la sua spontaneità, nessuno, compreso il suo medico personale, avrebbe potuto considerarla un soggetto nervoso. Egli riteneva che fosse un’isterica occasionale. Quando stava per nascere il primo figlio dal suo felice matrimonio, la paziente sembrava intenzionata ad allattare da sé il bambino. Nonostante fosse di costituzione sana, la donna non riuscì ad essere per il bambino una buona nutrice: aveva poco latte, la suzione provocava dolore, aveva scarso appetito, si manifestò un violento fastidio per i cibi, passava notti insonni; perciò, per evitare altri rischi alla madre ed al figlio, dopo quindici giorni si

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rinunciò al tentativo di allattamento e si affidò il bambino alla nutrice; da allora, tutti i disturbi della madre sparirono rapidamente.Dopo tre anni nacque un altro bambino, e questa volta il ricorso ad una balia sembrava necessario anche per altri motivi. I tentativi di allattamento da parte della madre risultavano abbastanza negativi, e si ripresentavano disturbi anche più gravi che nella volta precedente. La giovane donna rigettava qualunque cibo avesse ingerito, quando vedeva che le portavano il cibo a letto si irritava, non riusciva assolutamente a dormire, ed era tanto dispiaciuta per la sua impotenza. La donna era a letto, aveva il volto congestionato ed era arrabbiata per la sua incapacità ad allattare il bambino, incapacità che combatteva con tutte le sue forze. Durante tutto il giorno non aveva preso niente per calmare il vomito. Freud venne ricevuto con diffidenza e non si aspettava una grande fiducia. Cercò subito di provocare l’ipnosi con il sistema della fissazione e ricordando ininterrottamente, a parole, gli elementi del sonno. Tre minuti dopo la paziente si addormentò profondamente con un’espressione tranquilla sul volto. Freud lottò con tutte le paure della paziente e le sensazioni che erano alla base di queste, servendosi della suggestione. Poi la malata continuò a dormire per qualche minuto e, al risveglio, dimostrò di non ricordare nulla. La sera la donna aveva mangiato senza alcun fastidio, poi si era addormentata tranquillamente, e anche la mattina aveva mangiato e allattato il bambino senza disturbi. Ma il pranzo, molto abbondante, era stato di troppo per lei. Appena le fu presentato il pranzo la donna provò nuovamente lo stesso fastidio di prima, il vomito si manifestò prima ancora che assaggiasse qualcosa, e non riuscì a tenere il bambino al seno; quando arrivò Freud tutti i sintomi oggettivi si ripresentavano esattamente come la sera prima. Così provocò la seconda ipnosi, ed anche questa portò subito al sonnambulismo; stavolta il suo comportamento fu più energico e più deciso. La terza sera, all’arrivo di Freud, la donna non volle sottoporsi ad un altro trattamento. Non le serviva nulla; le era tornato l’appetito, aveva abbondante latte per il bambino ed allattarlo non le causava più nessuna difficoltà, ecc. La donna continuò ad allattare il bambino per otto mesi. Un anno più tardi ci fu di nuovo bisogno di Freud, quando un terzo figlio richiedeva dalla madre cose che neanche stavolta lei poteva dare. Le condizioni della donna erano le stesse dell’anno prima e anche questa volta era arrabbiata con se stessa perché non sapeva vincere il disgusto per i cibi e gli altri sintomi. Il primo trattamento ipnotico rese la madre ancora più disperata. Dopo la seconda ipnosi il sintomo scomparve nuovamente del tutto e la donna potè continuare tranquillamente ad allattare questo bambino. Successivamente la donna confessò a Freud che si era vergognata per aver avuto bisogno dell’ipnosi per una cosa che non era riuscita a vincere con la propria volontà (Freud, 1987).

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1.6 MILTON ERICKSON: L’IPNOSI NATURALISTICA

L’importanza dell’opera di Milton Erickson (1902-1980), psichiatra e ipnoterapeuta, è attribuita soprattutto al notevole contributo fornito nell’ambito dell’ipnosi e da un approccio nuovo ed originale nel rapporto con i pazienti.La nuova ipnosi si basa su due concetti innovativi: l’utilizzazione, intesa come “filosofia di intervento” ma anche come tecnica, con cui si mette al centro dell’induzione ipnotica la relazione ipnotista-ipnotizzato, e il “tayloring” (cucire su misura un abito) grazie al quale si esce da un approccio standard e ripetibile di induzione e di ipnoterapia per preferire una modalità tecnica di ipnosi elastica e adattabile alle caratteristiche di ogni individuo.Il cambiamento nelle tecniche di induzione è stato molto evidente: laddove l’operatore utilizzava nell’ipnosi tradizionale la fascinazione e il rilassamento, nella nuova ipnosi, nel modello ericksoniano, si seguono alcuni principi che l’ipnotista deve tenere a mente perché sono l’ovvia ricaduta dell’approccio naturalistico e di utilizzazione (Del Castello, Casilli, op. cit., p.37).Nel paragrafo successivo vengono analizzati i principi del modello ericksoniano.

I.6.1 Metodo, tecnica, strumenti

Guidare l’attenzione. Solitamente nell’ipnosi tradizionale si tendeva a restringere il campo di coscienza “consigliando” al soggetto di fissare lo sguardo su un punto e concentrare la propria attenzione sulla voce dell’ipnotista. Poi, col soggetto concentrato su uno o pochi contenuti, si suggeriva di sviluppare una fantasia, spesso guidata dall’ipnotista stesso. Con la nuova ipnosi avvengono dei cambiamenti nella procedura. Ad esempio con persone che hanno bisogno di controllare è possibile lasciarle con gli occhi aperti in modo che la loro attenzione diffusa rimanga tale o venga paradossalmente esasperata.

Costruire la responsività ai segnali minimi. Il vero nodo innovativo dell’induzione ipnotica ericksoniana consiste proprio nell’evitare di essere diretti, con suggestioni tipo «sollevi il suo braccio» oppure «il suo braccio si solleverà», ma di costruire nel paziente, durante l’arco dell’intera induzione, una capacità a cogliere i segnali minimali: l’obiettivo è che la persona risponda a segnali sempre meno evidenti e indiretti della comunicazione ipnotica “a più livelli”. Riuscire in questo significa per l’ipnotista anche essere certo di avere la collaborazione inconscia del paziente e di avere risposte ipnotiche genuine. Troppo spesso, però, si tende a minimizzare l’importanza dell’induzione ipnotica e ad usare ad esempio una metafora, prima di aver fatto realmente un’induzione, credendo erroneamente di essere proprio per questo “ericksoniani”. Da ricordare è che solo il segnale dell’ipnotista deve essere sempre meno evidente, mentre invece le risposte del soggetto devono essere evidenti, visibili e specifiche, ed è importante che l’ipnotista sia certo di aver ottenuto delle risposte, anche se dovesse lavorare per diverse sedute a questo obiettivo. (Del Castello, Casilli, op. cit., p.38)

Usare la confusione. La confusione è parte essenziale di ogni induzione. La tecnica della confusione, sia essa adottata in modo consapevole o inconsapevole dall’ipnotista, è essenziale perché permette di destabilizzare l’atteggiamento conscio e l’orientamento abituale alla realtà per facilitare un nuovo atteggiamento.

Guidare le associazioni. L’essenza della tecnica indiretta consiste nell’essere coscienti dall’aspetto ingiuntivo della comunicazione e nell’utilizzarlo per guidare i soggetti verso nuove associazioni. Infatti, nella nuova ipnosi, e ipnoterapia ericksoniana, non si dice mai al soggetto-paziente cosa debba o non debba pensare o sentire: si guidano le sue associazioni in modo che la risposta data non sia una semplice collaborazione, un seguire acriticamente alcune direttive, ma un lavoro di scoperta di significati, di associazioni e di evocazioni di cui il soggetto è autore attivo. 12

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L’ipnotista non ripete più le suggestioni di benessere che pensa siano appropriate per il tipo di soggetto e di patologia, ma lo orienta a guidare le proprie associazioni verso schemi mentali in cui il problema lamentato si risolve o si dissolve, attivando quindi risorse che sono proprie del soggetto e non “prese in prestito” dall’ipnotista.

Promuovere la dissociazione. Per promuovere la dissociazione ci sono alcune tecniche; tuttavia anche un approccio “conversazionale” o “immaginativo” soprattutto se proposti all’interno di un contesto ipnotico spinge ad un vissuto dissociativo. Il vissuto dissociativo è poi molto forte quando si vive l’esperienza classica di suggestione e cioè che i fenomeni della trance ipnotica avvengano spontaneamente, senza cioè coinvolgimento diretto della consapevolezza o della volontà.

Instaurare la regressione. L’ipnosi è essenzialmente una regressione nel ruolo sociale, per cui l’operatore si trova in una posizione one-up e il soggetto in una posizione one-down. Il processo formativo in atto durante una induzione non rimanda ad un atteggiamento manipolativo, ma ad una risposta consapevole rispetto ad una richiesta fatta dal soggetto-paziente di un intervento sulla propria esperienza.

Favorire cambiamenti nello schema percettivo. Cambiare sempre lo schema di riferimento, essere imprevedibili, usare continuamente la confusione sono modi per non consentire al soggetto di mantenere il proprio equilibrio. L’ipnosi fa questo, oltre che con tecniche induttive specifiche, proponendo al soggetto di fare un’esperienza di distorsione dello schema corporeo, di modificazioni momentanee e funzionali della memoria, delle percezioni, dei comportamenti. Quando il soggetto fa esperienza dei vari elementi dell’ipnosi allora fa esperienza di modificazione, di cambiamento, di differenze e diversità. Questo è uno dei motivi per cui l’ipnosi è di per sé un’esperienza terapeutica.

Avere accesso alle motivazioni. Questo principio nasce dalla constatazione che a nessuno piace sentirsi dire cosa deve fare. E’ per questo che l’ipnotista ericksoniano fornisce suggestioni all’interno del quale il soggetto si sente motivato alla responsività. In alcuni casi, inoltre, trovare o ribadire la motivazione a seguire una determinata suggestione, anche in modo esplicito, è un modo dell’ipnotista per assicurarsi una maggiore aderenza al progetto induttivo e ipnotico.

Definire la situazione come ipnosi. Questo aspetto riguarda soprattutto il contesto. Recarsi a “fare un’esperienza” o “una terapia” presso un centro di ipnosi, o presso un professionista che è conosciuto come ipnotista, o presso uno studio dove sono chiari i rimandi all’ipnosi riformula molte delle esperienze che si vivono in quel contesto come “ipnotiche”. Il contesto ipnotico consente di utilizzare tutto quello che accade in una seduta, anche una semplice chiacchierata, come ipnosi e “costringe” il soggetto a lavorare sui vari livelli di significato e sulla consapevolezza dello stato di coscienza di quel movimento.

Ratificare le risposte come ipnosi e lavorare da subito con l’ipnosi. Anziché pensare all’ipnosi come qualcosa di “diverso”, “staccato” dall’incontro o dalla seduta è necessario che l’ipnotista sia da subito orientato a cogliere le risposte ipnotiche del soggetto, a seminare fenomeni ipnotici, a indurre la trance anche mediante una semplice conversazione. Allo stesso modo è importante che la seduta di ipnosi sia evidenziata facendo sì che il soggetto colga l’attimo in cui l’ipnosi è in atto o è finita: se è “visibile” o è finita vuol dire che c’è o che c’è stata. Per questo, durante la seduta, è importante che ogni risposta del soggetto sia sempre riferita ad “un altro livello di funzionamento mentale”.Induzione e preinduzione. La preinduzione nella tecnica ipnotica ericksoniana fa parte della valutazione della responsività e dello stile ipnotico del soggetto. Quindi, soprattutto, è imprescindibilmente legata all’osservazione, ed è già induzione. Parlare di ipnosi e descriverne i fenomeni, soprattutto quelli che accadono nelle esperienze della comune “trance quotidiana”, è infatti un modo per evocarli. 13

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Prima di iniziare l’induzione con un soggetto che è alla sua prima esperienza è sempre positivo correggere le credenze e le idee sbagliate sull’ipnosi; in questo modo è anche possibile comunicare al soggetto cosa ci si aspetta che lui faccia o senta, e anche come ci si aspetta che lui reagisca.Le credenze e le idee sbagliate sull’ipnosi possono emergere sotto forma di reazione emotiva (paura), o sotto forma di curiosità (domande); alcuni soggetti invece, su richiesta dell’ipnotista, semplicemente descrivono quello che sanno dell’ipnosi. Altre volte, invece, emergono come rifiuto di farsi ipnotizzare.Conclusa la fase di preinduzione l’ipnotista inizia a sottolineare un cambiamento, una transizione, da uno stato di coscienza ad un altro. Lo fa modificando il tono della voce e facilitando i classici “ingressi” per la trance: fissazione dello sguardo, chiusura degli occhi, rilassamento. (Del Castello, Casilli, op. cit., p.40)

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PARTE II

IL SOGNO

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II.7 STORIA DEL SOGNO

Il sogno è un’attività del pensiero umano che ha incuriosito l’uomo fin dai primordi della civiltà, allorquando la storia del sogno veniva decifrata attraverso i messaggi degli dei e dei demoni. Indovini e profeti si affannavano a cercare di rintracciare il significato nascosto dei sogni, sfuggenti e singolari manifestazioni della mente umana. I particolari rivelati nei sogni venivano generalmente considerati, sia pur alla luce delle multiformi concezioni sviluppate in varie epoche, come delle metafore da decifrare, e soltanto coloro che ne conoscevano la chiave interpretativa erano in grado di comunicarne il senso nascosto. L’approccio tradizionale in merito alla comprensione dei sogni era quello di ritenerli corrispondenze da parte di agenti esterni: divinità, angeli o spiriti. Le ragioni della larga fortuna di cui ha goduto nel tempo tale tradizione profetica sono facilmente intuibili: i sogni paiono spesso così bizzarri e involontari da mettere in crisi e negare i concetti di responsabilità e di razionalità umana. Gli antichi erano certi dell’esistenza di una entità astratta, di un alcunché di spirituale decisamente distinto dal corpo materiale, di un’anima perdurante e impercettibile che rimanesse desta anche nel corso del sonno, qualcosa di spontaneamente fluttuante nel tempo e nello spazio, capace di tramandare al cervello immagini oniriche del suo vagare mentre il corpo, affaticato, rimaneva immerso nel sonno. Il più antico dei libri sui sogni pervenutoci, il "Libro dei sogni ieratico", fu redatto in Egitto intorno al 2000 a.C.; si tratta di una sorta di testo di consultazione, una specie di dizionario dei sogni, in cui si forniscono interpretazioni delle situazioni in cui una persona poteva imbattersi all'interno del proprio mondo onirico. Nel medioevo, persino l’astrologia prestò molta cura ai messaggi onirici e alle visioni; il “Libro conplido en los iudicios de las estrellas" (X secolo d.C.), fornisce all’astrologo le istruzioni per indovinare il contenuto del sogno o interpretarlo basandosi sulla mappa celeste del momento nel quale esso si era prodotto. Col passare del tempo il concetto di sogno fu oggetto di rivisitazione. Nell’epoca rinascimentale, anche grazie alle prime descrizioni dettagliate dell’anatomia cerebrale, il sonno e il sogno furono correlati alla morte, tanto che medici e filosofi erano convinti che fossero determinati da cause meccaniche. Progressivamente, l’attenzione dedicata al mondo onirico si affievolì, fino a regredire in seguito all’imporsi della concezione illuminista e razionalizzatrice propria del XVII secolo, e allo sviluppo delle scienze esatte nell’età dei Lumi. Agli inizi del 1800 si evidenziò un declino delle ricerche sull’attività onirica dell’uomo, considerata come un prodotto di scarto della coscienza da analizzare solamente in chiave fisiologica. Nel 1900 con la pubblicazione de “L’interpretazione dei sogni” di Freud, si assiste alla nascita della psicoanalisi. Portando un poderoso attacco alle idee dominanti dell’epoca, Freud sostenne che il sogno non fosse privo di senso né assurdo; esso era da considerarsi come l’appagamento mascherato di un desiderio rimosso (Freud, 1899).

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II.8 ARISTOTELE

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Secondo Aristotele (386-322 a.C.) nel sonno, non distratti da altre cose, possiamo avere una visione più precisa di quelle malattie che stanno per aggredire il nostro organismo. I movimenti che durante il giorno avvengono (nel nostro organismo), a meno che non siano molto imponenti e violenti, afferma Aristotele, passano inosservati a confronto di quelli compiuti durante la veglia, che sono più visibili. Durante il sonno avviene il contrario, perché allora anche i movimenti più insignificanti sembrano notevoli.Aristotele chiama il sogno “la vita dell’anima durante il sonno”, interpretando così il sogno da un punto di vista psicologico che sostituisce la sua opinione giovanile secondo cui esso era messaggero degli dèi: i sogni talora si avverano perché noi, suggestionati dal sogno stesso, inconsciamente contribuiamo al suo verificarsi. Pur ammettendo che nel sogno possiamo avere un grado di conoscenza maggiore che nella veglia, Aristotele ritiene che molti di essi siano accidentali e non abbiano nessun significato: «…Orbene, i sogni in questione debbono essere considerati o cause, o segni o coincidenze degli eventi; come tutti, come alcuni, o come una sola di queste categorie. (…) Nessuna coincidenza si verifica secondo una regola universale o generale. Dobbiamo quindi dire che alcuni sogni sono cause, per esempio, di avvenimenti che si verificano nel nostro organismo, mentre altri ne sarebbero i segni?». (Aristotele, 1854, vol. III, pp. 5510-511)Per Aristotele durante il sonno l’anima mantiene la capacità di pensare, sentire e percepire senza nessun legame con gli organi sensoriali. (Pontini, 1996, p.27)

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II.9 FREUD: “L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI”

Anche “L’interpretazione dei sogni” diede un importante contributo al concetto di inconscio in quanto segnò il passaggio da un metodo di accesso ai contenuti basato sulla libera associazione di idee ad uno basato sull’analisi diretta dell’attività onirica attraverso il suo contenuto manifesto.Freud con “L’interpretazione dei sogni” intende dimostrare che esiste una tecnica psicologica che permette di interpretare i sogni, e che, con l’applicazione di questo metodo, ogni sogno si rivela come una formazione psichica carica di significato, che deve essere collocata in un punto preciso dell’attività psichica della veglia. Il suo intento era quello di chiarire i processi da cui derivano la stranezza e l’oscurità del sogno e di comprendere la natura delle forze psichiche dal cui contenuto si origina.

II.9.1 Il materiale onirico

Freud afferma con certezza che tutto il materiale che costituisce il sogno deriva da ciò che abbiamo vissuto e viene riprodotto e ricordato nel sogno. Può accadere che al momento della veglia non riconosciamo come nostro, come parte della nostra esperienza il contenuto onirico. Così si rimane nel dubbio riguardo la fonte alla quale il sogno abbia attinto e crediamo a una sua attività creatrice indipendente, fino a quando un fatto nuovo ci restituisce il ricordo di un’esperienza passata, rivelandoci così l’origine del sogno.Una delle fonti a cui attinge il sogno è la vita infantile. (Freud, 1899)

II.9.2 Stimoli e fonti del sogno

Secondo Freud esistono quattro tipi differenti di fonti che sono state utilizzate anche per la suddivisione dei sogni: 1) eccitamento sensoriale esterno (oggettivo); 2) eccitamento sensoriale interno (soggettivo); 3) stimolo corporeo interno (organico); 4) fonti di stimolo puramente psichiche.

1. Stimoli sensoriali esterni Gli stimoli sensoriali che ci pervengono durante il sonno possono facilmente dare origine a sogni. Freud afferma che esistono molti stimoli di questo tipo, da quelli che lo stato di sonno comporta o deve solo casualmente ammettere, fino allo stimolo casuale che appare idoneo o destinato a svegliarci. Può essere una luce più intensa che filtra nei nostri occhi, un rumore che sentiamo o una sostanza odorosa fastidiosa.Durante il sonno, continua Freud, ci può succedere di scoprire una parte del nostro corpo in modo involontario, esponendola così al freddo; cambiando posizione possiamo provocarci sensazioni di contatto o pressione. Inoltre può pungerci una mosca, insomma, un incidente notturno può causare turbamento nello stesso tempo a più sensi.

2. Stimoli sensoriali interni (soggettivi) Freud afferma che gli stimoli sensoriali oggettivi, come suscitatori di sogni, svolgono una funzione indiscutibile. Gli eccitamenti sensoriali soggettivi hanno su quelli oggettivi il vantaggio di non dipendere, come fonti di immagini oniriche, dalla casualità esteriore. Si può affermare che sono sempre disponibili ogni volta che se ne abbia bisogno per la

18 spiegazione. Però, sostiene Freud, hanno lo svantaggio di non essere accessibili, o di esserlo

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difficilmente, all’osservazione e alla verifica sperimentale che dovrebbero confermare la loro funzione di suscitatori del sogno. La dimostrazione principale della loro efficacia nella formazione del sogno è costituita dalle cosiddette allucinazioni ipnagogiche. Freud le descrive come immagini, spesso molto vivaci e suscettibili alla mutazione, che si produconoregolarmente in molte persone al momento di addormentarsi e che possono durare per un certo tempo anche dopo aver aperto gli occhi (Freud, 1899).

3. Stimolo corporeo interno (organico) Nel sonno, sostiene Freud, la psiche giunge a una consapevolezza sensoriale del corpo molto più ampia e profonda di quella raggiunta nello stato di veglia, ed è obbligata a ricevere e subire certi eccitamenti provenienti da organi e cambiamenti corporei che non percepiamo durante la veglia.

II.9.3 Caratteristiche psicologiche del sogno

Per Freud il sogno pensa prevalentemente, ma non esclusivamente, per immagini visive. Si serve anche di immagini uditive e, in misura minore, di impressioni degli altri sensi. Come nello stato vigile, molte cose vengono semplicemente pensate o rappresentate. Caratteristici del sogno tuttavia sono solo gli elementi del contenuto che si comportano come immagini, vale a dire che somigliano più alle percezioni che alle rappresentazioni mnestiche. Secondo Freud la trasformazione della rappresentazione in allucinazione non è la sola deviazione del sogno da un pensiero dello stato vigile che in qualche modo gli corrisponde. Con queste immagini il sogno crea una situazione, rende attuale un’idea. Gli elementi che compongono il sogno non sono affatto semplici rappresentazioni, ma vere e proprie esperienze psichiche, come quelle che si effettuano attraverso i sensi durante la veglia. Mentre nello stato vigile, continua Freud, la psiche rappresenta e pensa per immagini verbali e per mezzo del linguaggio, nel sogno pensa e rappresenta per autentiche immagini sensoriali. Nel sogno vi è inoltre una coscienza dello spazio, in quanto sensazioni e immagini vengono situate, come nella veglia, in uno spazio esterno. (Freud, 1899)

II.9.4 Il materiale e le fonti del sogno

Elementi infantili. Nel sogno, secondo Freud e altri studiosi, possono comparire impressioni appartenenti alla primissima infanzia, delle quali la memoria vigile non sembra disporre. Naturalmente è difficile valutare la frequenza con cui ciò avviene, perché al risveglio non riconosciamo l’origine degli elementi onirici in questione. La conferma che si tratta di impressioni dell’infanzia deve essere quindi data oggettivamente, ma raramente se ne verificano le necessarie condizioni.L’analisi mostra a Freud che il desiderio stesso che provoca il sogno (rappresentazione dell’appagamento di quel desiderio) ha origine nella vita infantile; per cui ci si sorprende di ritrovare nel sogno il bambino che continua a vivere con i suoi impulsi. Da quando, attraverso le esperienze dell’analisi dei sogni, Freud ha imparato che anche da sogni la cui interpretazione appare inizialmente completa, perché ne sono facilmente reperibili le fonti e gli spunti di desiderio, si diramano importanti fili di pensiero che arrivano sino alla primissima infanzia, è stato costretto a chiedersi se anche questa caratteristica non costituisca una condizione essenziale del sognare. Ogni sogno implicherebbe un collegamento con un vissuto recente, mentre

19nel contenuto latente implicherebbe un collegamento con un vissuto più lontano.

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Le fonti somatiche del sogno. Secondo Freud l’importanza degli eccitamenti oggettivi degli organi di senso (in parte stimoli casuali durante il sonno, in parte stimoli non separabili dalla vita psichica neppure durante il sonno) è garantita da numerose osservazioni e trova conferma in via sperimentale; che la parte degli eccitamenti sensoriali oggettivi sembra dimostrata dal ritorno delle immagini sensoriali ipnagogiche nei sogni e che il riferimento delle nostre immagini e rappresentazioni oniriche a uno stimolo somatico interno, non è dimostrabile in tutta la sua estensione, ma può trovare organi digestivi, urinari e sessuali. (Freud, 1899)Stimolo nervoso e stimolo somatico sarebbero dunque le fonti somatiche del sogno. Per Freud quando gli stimoli nervosi esterni e quelli somatici interni sono abbastanza intensi da forzare verso di sé l’attenzione psichica rappresentano (a patto che il loro risultato sia il sogno e non il risveglio) un punto fisso per la formazione del sogno, un nucleo del materiale onirico, per il quale viene cercato in modo simile un corrispondente appagamento di desiderio, come nel caso delle rappresentazioni mediatrici fra due stimoli psichici. Quindi è vero, per un certo numero di sogni, che l’elemento somatico impone il contenuto del sogno.Se le sensazioni del sonno non sono eccezionalmente intense, svolgono secondo Freud, nella formazione del sogno, una parte analoga a quella delle impressioni recenti, ma indifferenti, del giorno precedente. Esse vengono utilizzate per la formazione del sogno nel caso in cui siano disposte all’unione con il contenuto rappresentativo delle fonti psichiche, in caso contrario, no. Esse, afferma Freud, vengono trattate come materiale di poco conto, sempre disponibile, che viene utilizzato ogni volta che se ne ha bisogno, anziché come un materiale prezioso che concorre a determinare il modo della propria utilizzazione. Sogni tipici

a) Il sogno d’imbarazzo per la propria nudità Il sogno di essere nudi o poco vestiti in presenza di estranei si verifica a volte con la caratteristica aggiuntiva di non provarne affatto vergogna. Ma al sogno di nudità, spiega Freud, compete il nostro interesse soltanto quando in esso si prova vergogna e imbarazzo, quando si vuole fuggire o nascondersi e quindi si sottomette alla caratteristica inibizione di non potersi muovere, sentendosi incapaci di cambiare la situazione penosa. Le persone davanti alle quali ci si vergogna, continua Freud, sono quasi sempre estranei con fisionomie difficili da determinare. Nel sogno tipico non accade mai che si venga rimproverati, o anche semplicemente notati, per l’abbigliamento che in noi stessi provoca un simile imbarazzo. La gente al contrario ha un’aria indifferente oppure solenne e rigida.

b) I sogni della morte di persone careUn’altra serie di sogni, afferma Freud, è data da quelli che hanno per contenuto la morte di un caro congiunto, genitore, fratello o sorella, figlio e così via. Questi sogni devono essere suddivisi in due classi: gli uni, nei quali non si è tristi, tanto che al risveglio ci si sorprende della propria insensibilità; gli altri, nei quali si prova un dolore profondo per il decesso. I primi si possono tralasciare perché non sono classificabili come sogni tipici. Diverso è il caso dei sogni nei quali è rappresentata la morte di un caro congiunto e inoltre si prova un forte dolore. Questi sogni, secondo Freud, significano ciò che dichiarano nel loro contenuto, il desiderio cioè che la persona indicata muoia.

c) Il sogno d’esameChiunque abbia concluso con l’esame di maturità i suoi studi superiori si lamenta dell’ostinazione con cui è perseguitato dal sogno angoscioso di essere stato respinto, di dover ripetere un anno, eccetera. Per chi invece possiede un titolo accademico, questo sogno tipico è sostituito da un altro, che gli rinfaccia di non aver superato l’esame di

20laurea. Freud spiega che sono i ricordi indelebili delle punizioni inflitteci nell’infanzia per le nostre malefatte che si sono risvegliati nel nostro intimo, in corrispondenza dei punti

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cruciali dei nostri studi. Anche l’”angoscia dell’esame” dei nevrotici trova il suo rafforzamento in quest’angoscia infantile. (Freud, 1899)

II.9.5 Il lavoro onirico

Lavoro di condensazione. Il confronto tra contenuto e pensieri del sogno dimostra che è stato fatto un enorme lavoro di condensazione. Il sogno è scarno, misero, laconico, in confronto alla mole e alla ricchezza dei pensieri del sogno. Il sogno, trascritto, riempie mezza pagina; l’analisi che contiene i pensieri del sogno ha bisogno di uno spazio sei, otto, dodici volte maggiore. Il rapporto è variabile per i diversi sogni; non muta mai di senso. Freud afferma che molto spesso si ha la sensazione di aver sognato moltissimo, per tutta la notte, e di aver poi dimenticato la maggior parte dei nostri sogni. Il sogno che ricordiamo al risveglio sarebbe quindi soltanto un residuo del lavoro onirico complessivo che avrebbe la stessa estensione dei pensieri del sogno.Mezzi di raffigurazione. Il materiale risultante dall’interpretazione è di valore eterogeneo. Per Freud una parte è costituita dai pensieri essenziali del sogno, i quali sostituiscono perfettamente il sogno e basterebbero da soli a surrogarlo. I pensieri essenziali del sogno si rivelano perlopiù come un complesso di pensieri e di ricordi, di intricatissima struttura, con tutte le caratteristiche delle successioni di idee che ci sono note dalla veglia. Il sogno, sostiene Freud, non dispone di alcun mezzo per raffigurare le relazioni logiche esistenti fra i suoi pensieri. Perlopiù, esso assume soltanto l’elaborazione del contenuto oggettivo dei pensieri onirici. All’interpretazione del sogno è lasciato il compito di ristabilire la connessione che il lavoro onirico ha distrutto. Esistono sogni, continua Freud, nei quali si svolgono le più complesse operazioni mentali, si danno spiegazioni, si contraddice, si scherza e si fanno confronti, come nel pensiero vigile. Ma quando si tenta di interpretare questo tipo di sogni, si scopre che tutto ciò è materiale onirico, non raffigurazioni di lavoro intellettuale nel sogno. L’apparente pensare del sogno riproduce il contenuto dei pensieri del sogno, non i loro reciproci rapporti, nella cui istituzione consiste il pensare.Stati affettivi. Per Freud stando alla testimonianza della nostra sensibilità, l’affetto vissuto in sogno non ha affatto minor valore di quello di uguale intensità vissuto nella veglia; e col suo contenuto affettivo il sogno pretende d’essere accolto tra le esperienze reali della nostra psiche. Ora, nella veglia non siamo capaci di effettuare quest’inserimento, perché non sappiamo valutare psichicamente un affetto se non in collegamento con un contenuto rappresentativo. Se affetto e rappresentazione non s’accordano tra loro per genere e per intensità, il nostro giudizio vigile incomincia a vacillare. (Freud, 1899)

II.9.6 Psicologia dei processi onirici

L’oblio dei sogni. Secondo Freud la memoria sembra incapace di conservare il sogno e ha forse perduto proprio le parti più significative del suo contenuto. Spesso infatti, quando si intende prestare attenzione ai nostri sogni, ci lamentiamo di aver sognato molto di più e di non saperne purtroppo nient’altro che quel frammento, il cui stesso ricordo ci sembra stranamente incerto. La sensazione di aver sognato moltissimo, una notte, e di aver ricordato poco di quel che si è sognato può significare che il lavoro onirico si è svolto in modo percettibile per tutta la notte e ha lasciato dietro di sé quell’unico breve sogno.

21 Freud specifica che non tutti i sogni possono essere interpretati poiché nel lavoro di interpretazione si hanno di fronte le forze psichiche che provocano la deformazione del sogno. Il fatto di riuscire a

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prevalere sulle resistenze interne con il proprio interesse intellettuale, la propria capacità di autocontrollo, le proprie conoscenze culturali ed esperienze interpretative, diventa così una questione di rapporto di forze. Molto spesso, continua Freud, un sogno successivo permette di accertare l’interpretazione ammessa per il primo e di ampliarla. Tutta una serie di sogni, che si prolunga per settimane e per mesi, si fonda spesso su un terreno comune e va quindi sottoposta a un’interpretazione complessiva. In sogni che si susseguono è spesso possibile notare che il primo ha per centro ciò che nel successivo è accennato soltanto in modo superficiale e viceversa, in modo che i due sogni si integrano a vicenda anche nell’interpretazione.Il processo primario e il processo secondario. La rimozione. Dal punto di vista della percezione cosciente del contenuto già formato, per Freud, il processo onirico è rapido, istantaneo. A proposito dell’enigma costituito da un contenuto onirico ricchissimo, concentrato nell’attimo più breve, Freud chiarisce che si tratta della cattura di prodotti ormai pronti della vita psichica.Nei pensieri del sogno ci sono le prove di un’attività intellettuale molto complessa che si serve di quasi tutti i mezzi dell’apparato psichico; questi pensieri del sogno sono nati di giorno ed esiste uno stato di sonno della vita psichica. Il sogno sostituisce, secondo Freud, numerosi pensieri che provengono dalla nostra vita diurna e sono connessi in modo completamente logico. Nei pensieri del sogno si ritrovano tutte le qualità che apprezziamo nei nostri corsi ideativi e attraverso le quali si caratterizzano come operazioni complesse di alto livello. Ma, per Freud, niente costringe a supporre che questo lavoro intellettuale sia stato svolto durante il sonno. Ciò distruggerebbe la rappresentazione dello stato di sonno psichico. Questi pensieri, continua Freud, piuttosto, possono derivare dalla vita diurna, essersi prolungati oltre il loro punto d’avvio, inosservati dalla coscienza, ed essersi poi trovati pronti quando ci si addormenta. La presa di coscienza di questi pensieri onirici è connessa con l’applicazione di una certa funzione psichica, l’attenzione, che, impiegata, a quanto pare, soltanto in quantità definita, potrebbe essere distolta dalla rispettiva successione dei pensieri in direzione di altre mete. Freud afferma che esiste anche un’altra modalità secondo cui queste successioni ideative possono venire private della coscienza: sappiamo dalla nostra riflessione cosciente che, quando applichiamo l’attenzione, seguiamo una via definita; se su questa via giungiamo a una rappresentazione che non regge alla critica lasciamo cadere l’attenzione che vi abbiamo investito. A questo punto, continua Freud, sembra che la serie di pensieri iniziata e abbandonata possa poi continuare il proprio schema senza che l’attenzione le si rivolga di nuovo, a meno che non raggiunga in un punto un’intensità molto alta, che strappa l’attenzione. Un rifiuto iniziale, forse avvenuto coscientemente, attraverso il giudizio che si tratta di un processo ideativo sbagliato o inutilizzabile per lo scopo attuale dell’atto mentale, può quindi essere la causa del fatto che questo processo si prolunga, inosservato dalla coscienza, sino al momento di addormentarsi. (Freud, 1899)Quindi questa successione di pensieri può essere chiamata preconscia. Freud asserisce che una successione di pensieri, suscitata in questo modo nel preconscio può estinguersi spontaneamente o conservarsi. Nel primo caso la sua energia si diffonde in tutte le direzioni associative che si dipartono dalla successione stessa, ponendo tutti i pensieri concatenati in uno stato di eccitamento che dura per un certo periodo, ma poi va diminuendo perché l’eccitamento, bisognoso di scarica, diventa investimento inattivo. Secondo Freud se avviene questo primo caso, il processo non ha più nessuna importanza per la formazione del sogno (Freud 1899).

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II.10 CARL GUSTAV JUNG

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Carl Gustav Jung, (Kesswil, 26 luglio 1875; Kusnacht, 6 giugno 1961), psichiatra e psicoanalista fu uno dei maggiori seguaci di Freud, anche se in seguito se ne allontanò dando vita alla “psicologia analitica”. Nel 1906, l’anno in cui fu pubblicato il lavoro “Associazione, sogno, sintomo isterico”, Jung lavorava all’ospedale psichiatrico del Burghalzli e eseguiva, sotto la guida di Bleuler, in forma sperimentale, una serie di esperimenti associativi che compiva sia su individui considerati “normali” sia su individui patologici. L’esperimento consisteva nella somministrazione di parole/stimolo ai pazienti e nel valutarne gli “scarti” delle risposte rispetto ad alcuni parametri significativi che erano: a) una connessione diretta per contenuto e/o per forma con la parola somministrata; b) il tempo di risposta calcolato su una media probabile. Se la risposta si allontanava di molto da un’ipotesi di conseguenza formale e/o contenutistica o di media temporale si poteva inferire che ci si trovava di fronte a reazioni “inconscie”. (Iapoce, 1997)

II.10.1 Il fenomeno onirico

E’ noto che il rapporto tra Jung e Freud era tutt’altro che pacifico, caratterizzato da amicizia e stima, in un primo momento, poi accompagnato anche da parole sgradevoli, da invettive, fino a una rottura definitiva.Jung voleva fornire, con l’esperimento associativo, un metodo a sostegno delle osservazioni freudiane, più scientifico della psicoanalisi.Se l’atto di origine della psicoanalisi è fatto risalire, come dice Freud alla Traumdeutung ,la versione tedesca de L’interpretazione dei sogni, (1899), questo fatto non poteva non creare a Jung molti problemi rispetto al modo di considerare il fenomeno onirico.Jung riconobbe più volte a Freud il merito di aver tratto il sogno dal luogo della fantasticheria privata e soggettiva per ricondurlo, come ogni altro fenomeno psichico, alla possibilità di essere sottoposto a una metodologia scientifica.La comprensione dei sogni era per Jung un qualcosa così strettamente legato al problema della verità che rappresentava un momento importante per l’elaborazione della sua teoria dello psichico che non poteva essere eliminato.Nel 1907 Jung pubblica Psicologia della dementia praecox nella quale fornisce molte annotazioni interessanti sul fenomeno onirico e si comincia a configurare il possibile “scopo” dell’attività onirica.Qui per Jung il sognare è l’espressione di un processo che si ritrova in tutti senza distinzioni ma che, proprio per il fatto che è collegato a un abbassamento della soglia di attenzione, si esprime in una forma di pensiero simbolica, così come accade negli stati patologici. L’incomprensione del pensiero e delle espressioni verbali dei dementi è la stessa incomprensione che si ha nei confronti delle immagini oniriche in quanto il processo di formazione del pensiero simbolico nei sogni e nei malati è lo stesso. (Iapoce, op. cit.)Della teoria di Freud sul sogno, Jung accetta i concetti di condensazione e il linguaggio simbolico. Ma quando Jung si pone la domanda del perché il sogno sia espressione di un processo simile a quello della manifestazione patologica, le risposte sono diverse. La teoria del sogno in quanto appagamento di un desiderio (sessuale) infantile rimosso non spiega a Jung due cose, né la ricchezza della fenomenica onirica e/o patologica né la specificità morbosa, ossia perché si instauri, in un determinato caso, proprio una dementia praecox e non, per esempio un’isteria. A spiegare ciò i meccanismi freudiani non bastano e Jung ricorre all’ipotesi piuttosto significativa di una “tossina”,

23ossia un elemento specifico che produce la fissazione definitiva del complesso, danneggiando l’insieme delle funzioni psichiche e non viene esclusa la causa “somatica” di questa intossicazione.

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Secondo Jung nel sogno “il pensiero rimosso si traveste in analogie, sia verbali (fonetiche) sia visive. Di quest’ultima forma di spostamento il sogno offre gli esempi più belli. L’immagine onirica non sarebbe altro che un’analogia visiva, uno spostamento da un piano a un altro, un pensiero rimosso travestito.Riguardo al finalismo del sogno, Jung asserisce che la finalità è costitutiva del sogno poiché questo è fra le organizzazioni psichiche: «tutti i fenomeni psicologici possiedono un senso del genere (senso finale), anche i fenomeni puramente reattivi, come le reazioni emotive» (Iapoce op. cit.) Interpretare un sogno in senso finalistico significa “affiancare” a un’interpretazione causalistica una diversa interpretazione che sposta l’ottica da cui si misurano i fatti.Jung applica non solo al fenomeno onirico ma alla psiche nella sua globalità una visione “organicistica”. Il sogno è una creazione psichica e, come tale, obbedisce a leggi e finalità uguali a quelle di ogni altra struttura psichica. Ogni struttura psichica può essere considerata dal punto di vista a) causale e da quello b) finalistico; secondo a) ogni struttura psichica è la risultante di contenuti psichici precedenti, secondo b) ha un senso e uno scopo tipicamente suo nella vita psichica attuale. (Iapoce, op. cit.)Applicando questi criteri anche al sogno occorre rintracciare di ogni immagine onirica gli antecedenti. Ma occorre anche la concorrenza di più cause che possa fornire una determinazione plausibile delle immagini oniriche. Gli antecedenti, afferma Jung, possono essere raccolti tramite il metodo del ricordo spontaneo che produce materiali molto vari ed eterogenei, il cui unico elemento comune è fornito dall’essere legati per associazione con il contenuto del sogno.

II.10.2 Il sogno tra fenomenologia e terapia

Jung sostiene che il sogno è un frammento di attività psichica “involontaria” che è cosciente quel tanto che basta per essere riprodotto in stato di veglia. E’ una creazione singolare e strana, caratterizzata da molte “cattive qualità”: l’assenza di logica, una dubbia moralità, una conformazione sgradevole e un evidente controsenso o assurdità.L’importanza dei sogni per Jung è direttamente connessa alla funzione che si attribuisce all’inconscio; essi acquistano un valore pratico essenziale nella misura in cui si attribuisce all’inconscio un ruolo decisivo per l’etiologia delle nevrosi, in quanto i sogni sono emanazione diretta dell’inconscio, inoltre i sogni sono emanazione dell’inconscio e l’inconscio ha un valore etiologico per le nevrosi. Quindi, continua Jung, l’interpretazione del sogno acquista lo scopo di rintracciare e rendere coscienti contenuti psichici inconsci importanti per la terapia di una nevrosi. (Iapoce, op. cit.)

II.10.3 Sogno e psiche

Anche se, in alcuni lavori, Jung tese a fare del sogno un oggetto da assimilare agli oggetti delle scienze naturali, non arrivò mai ad un metodo simile a quello delle scienze della natura, fondate a loro volta su un naturalismo “ingenuo”; il riferimento a un’analogia tra lo studioso naturalista e l’interprete del sogno riguarda soprattutto l’indicazione di un atteggiamento da tenere nei confronti del fenomeno.Il richiamo costante di Jung a un atteggiamento aperto e il più propriamente “sperimentale” è sostenuto dalla consapevolezza circa la matrice inconscia del sintomo e del sogno.

24Nella consapevolezza di Jung c’è il fatto che, se l’origine del sintomo o del sogno è inconscia, anche l’indicazione della cura o dell’interpretazione deve venire dall’inconscio.

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La psiche costituì per Jung un oggetto di studio particolare, per il fatto che essa riveste le stesse qualità del soggetto che la indaga: poiché la psiche in quanto oggetto e la psiche in quanto soggetto sono della stessa “stoffa” (Iapoce, op. cit.).

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II.11ERICH FROMM: I SOGNI E LA CRUDA REALTA’

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Erich Fromm, (Francoforte sul Meno, 23 marzo 1900; Locarno 18 marzo 1980), psicoanalista e sociologo, iniziò la sua carriera come psicologo freudiano ortodosso; in seguitò però verrà ricordato per le sue conclusioni eterodosse rispetto alla dottrina freudiana. Ne Il linguaggio dimenticato (1951) afferma che le teorie sulla natura dei sogni si differenziano molto attraverso i secoli e nelle varie civiltà. Ma, sia che si creda che i sogni siano esperienze reali delle nostre anime liberate dal corpo durante il sonno, sia che si pensi che i sogni vengano ispirati da Dio o da spiriti maligni, sia che si veda in essi l’espressione delle nostre passioni irrazionali o, all’opposto delle nostre facoltà più elevate e più morali, un’idea non è controversa: cioè che tutti i sogni abbiano un senso e un significato. Essi, secondo Fromm, contengono un messaggio che può essere compreso se si ha la chiave per tradurlo; inoltre non si fanno sogni vani, sebbene essi possano venire espressi in un linguaggio che nasconde il contenuto del messaggio trasmesso dietro una apparenza insignificante. Nel sogno, ricorda Fromm, siamo fuori dalle leggi dello spazio e del tempo, mentre sono dominanti le categorie di intensità e di associazione. Le esperienze interiori vengono espresse come se si trattasse di esperienze sensoriali, il mondo esterno è un simbolo del mondo interno. Fra i possibili tipi di simboli, (universali, convenzionali, accidentali) a Fromm sembrano di particolare interesse quelli universali e quelli accidentali, in cui non esiste una relazione intrinseca fra il simbolo e ciò che esso simbolizza, e tutto si gioca su esperienze individuali, non immediatamente condivisibili. Per simboli universali si intendono quelli in cui la relazione fra il simbolo e ciò che viene simbolizzato è intrinseca. Arrivando quindi all’interpretazione dei sogni, Fromm afferma che lo stato di sonno ha una funzione ambigua poiché fa venir fuori la parte peggiore e quella migliore di chi sogna (Maciati, 1991).A volte, i sogni possono svelarci aspetti di una persona o di un comportamento di cui ci eravamo pienamente resi conto nello stato di veglia; in certi casi esprimono giudizi morali. Comunque, non sono privi di significato, ma non sempre abbiamo tutti gli elementi per darne un’interpretazione adeguata.Particolarmente interessanti, suggerisce Fromm, sono i sogni ricorrenti, che di solito esprimono il motivo conduttore della vita di una persona e forniscono la chiave per una comprensione migliore della sua personalità.

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II.12 SANTE DE SANCTIS

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Sante De Sanctis (Parrano, 1862; Roma 1935) è stato un medico, psicologo e psichiatra e può essere considerato uno dei fondatori della psicologia e della Neuropsichiatria infantile italiana. Quando nel 1899 De Sanctis scriveva il suo libro sui sogni, aveva ben chiaro in mente il concetto di una possibile semeiotica onirica ad uso dei medici, ma non immaginava il clamoroso successo di una onirocritica moderna. Secondo De Sanctis, Stekel² (1868,1940), medico e psicologo austriaco, esagera quando scrive che Freud tentò per primo la via difficile dell’interpretazione dei sogni e che, siccome questa svelerà l’uomo come esso è veramente, così Freud è da considerare come uno dei massimi benefattori dell’umanità. Esagera, perché già nella cultura primitiva il sogno ebbe una grande importanza. Le visioni del sognatore erano credute, fin d’allora, rivelatrici (oiniros=sogno, deriva, secondo gli antichi, da on= vero e irin= parlare) e perciò erano in voga i sistemi d’interpretazione dei sogni, la oniromanzia o oniroscopia. (Cimino, Lombardo, 2004, p.83)Riguardo alla sua analisi dei sogni, De Sanctis afferma che il medesimo sogno può avere diverse spiegazioni non solo a seconda dell’individuo, ma anche a seconda delle variate sue condizioni fisiologiche del sonno; e sia delle condizioni interne e cioè cambiamenti della circolazione, della respirazione, del tono muscolare ecc., sia delle condizioni esterne, cioè degli stimoli sensitivi durante il sonno. Secondo De Sanctis è vero che le sensazioni durante il sonno si trasformano velocemente secondo il modello offerto dalla disposizione affettiva generale del sognatore e anche delle sue abitudini d’immaginazione e di pensiero; è anche vero però, che gli stimoli esterni di una certa intensità durante il sonno, sono capaci di creare, a loro volta, degli stati affettivi nuovi, di liberare complessi ideo-affettivi sommersi e repressi e di rinvigorirne altri che, per virtù psichica, non sarebbero mai stati vitali.L’interpretazione scientifica dei sogni per De Sanctis, è dunque, teoricamente possibile, secondo una formula, la cui soluzione non sempre ci è dato di raggiungere. La formula è la seguente: stato fondamentale del sognatore (esperienze passate, intelligenza, carattere, vecchie abitudini) + stato momentaneo (aspirazioni, passioni, stato di salute, condizione degli organi e degli apparecchi) + esperienze immediate provocate da condizioni estrinseche (durante il sonno) = Sogno.Inoltre De Sanctis distingue i sogni, rispetto alla loro interpretazione in due classi: a) quelli di un significato evidente nel loro insieme ed anche nelle loro singole parti. L’evidenza viene raggiunta con la semplice riflessione o con una facile psico-analisi, purchè fatte subito dopo il risveglio. Fra i sogni di significato evidente, poniamo i sogni, così detti morbosi e i sogni dei bambini. b) I sogni di oscuro significato, la cui oscurità dipende specialmente da irruzione nella coscienza onirica di contenuti subcoscienti, di stati affettivi (erotismo, orgoglio, paura, desiderio) repressi durante la veglia volontariamente, o dimenticati, e da rapidi cambiamenti di valore delle rappresentazioni (“spostamento” affettivo) che sono a loro volta in correlazione con cambiamenti nelle condizioni fisiologiche (estrinseche e intrinseche) del sognatore. Questi sogni oscuri, continua De Sanctis, possono essere chiariti e quindi interpretati con l’aiuto della conoscenza del sognatore (mediante psicoanalisi) e cioè delle sue passioni, del suo carattere, delle sue abitudini ecc., della conoscenza della sua antecedente “vita onirica” e infine da “segni” fisiologici che accompagnino eventualmente il sonno (Cimino, Lombardo, op. cit. p.94).

²W. Stekel, Die Sprache des Traumes, Wiesbaden, 1911

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CONCLUSIONI

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In questo elaborato si sono voluti rendere noti gli studi praticati su due importanti tecniche di indagine dell’inconscio: il sogno e l’ipnosi. In particolare sono stati messi in risalto quegli studi di cui poco si è sentito parlare dato che sono stati eclissati da quelli più famosi svolti da Freud.Mesmer, più che un’ipnotista è stato un suggestionista ma è famoso per le sue spettacolari guarigioni e per aver avvicinato il Marchese de Puisègur, suo allievo, alle sue tecniche. Egli però può essere considerato un ipnotista ed è considerato il primo ad aver applicato la tecnica ipnotica. Charcot è stato colui che ha introdotto l’ipnosi nella medicina ufficiale, liberandola dai sospetti di natura mesmeriana. Inoltre Charcot ebbe il merito di aver introdotto Freud all’ipnosi.Freud fu subito affascinato dall’ipnosi tanto che la utilizzò per curare diversi pazienti offrendo un notevole contributo alla crescita della tecnica anche se in seguito la abbandonò. Erickson introdusse un nuovo metodo per praticare l’ipnosi tant’è che può essere considerato uno dei maggiori studiosi moderni dell’ipnosi.Per quanto riguarda le tecniche interpretative del sogno è difficile rintracciare prima di Freud studi degni di nota. Aristotele ha proposto delle sue considerazioni sul sogno sotto un profilo psicologico, cosa che prima non era mai avvenuta. Freud con “L’interpretazione dei sogni” ha permesso al sogno di guadagnarsi un posto di rilievo al pari di altri fenomeni psichici dato che in passato il sogno era considerato una fantasticheria. Dopo di lui, Jung, allievo di Freud, riprende alcune sue tematiche e le rivisita. Fromm sottolinea più volte che i sogni hanno un significato ben preciso e che si possono tradurre se si ha la chiave per farlo. Infine De Sanctis afferma che il sogno può avere diverse interpretazioni e ci fornisce una formula per interpretarlo.Ho scelto di trattare queste tematiche perché mi hanno da sempre affascinato ma non ho mai avuto la possibilità di approfondirle così ho deciso di farlo in questa occasione. In questo modo ho avuto la possibilità di venire a conoscenza di studi di cui ignoravo l’esistenza. Gli studi svolti da Freud sono di pubblico dominio e molto conosciuti ma ad esempio studiosi come Mesmer, il Marchese de Puisègur non lo sono; anche se a mio parere dovrebbero esserlo perché hanno dato inizio alla storia dell’ipnosi.

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BIBLIOGRAFIA

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