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Per una Chiesa Viva www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VI - N. 7 – Agosto 2010 La storia di S. Pantaleone ha molte ver- sioni non solo in latino e greco ma anche in siriaco, armeno, copto e georgiano. Ciò indica la vasta popolarità del Vostro Patrono, che è venerato in molte città: oltre a Ravello, ci sono reliquie dal Santo Martire ad Istambul, a Roma, a Madrid, a Lione ed a Venezia. Il suo nome, di origi- ne greca, indica la sua profonda pietà verso i malati ed i poveri. Nacque nella seconda metà del III° secolo dopo Cri- sto. nella antica Izmid, città dell' Ana- tolia in Turchia, che fu capitale della Bitinia. Poche sono le notizie certe sulla sua vita. Sappiamo tuttavia che fu educato cristianamente dalla madre Éubule che morì giovane. Non ancora battezzato, fu affidato dal padre pagano al grande medico Eufrosino che lo in- trodusse nell' arte medica e fu talmen- te famoso da meritare la stima dell' Imperatore Galerio. Divenne amico di un presbitero cristiano che lo istruì segretamente nella dottrina cristiana e lo battezzò. Dopo la morte del padre s. Pantaleone distribuì ai suoi servi ed ai poveri il patrimonio ricevuto dal padre e ben presto divenne un buon medico amato specialmente dei poveri. Ma la sua fama suscitò l'invidia dei colleghi che lo denunciarono come nemico dell 'Imperatore, perché cristiano. Condan- nato a morte, subì atroci torture e fu decapitato. La sua fama taumaturgica si diffuse in Oriente ed in Occidente. Re- stano tuttora reliquie del Santo in varie chiese cattoliche latine ed orientali, come martire e taumaturgo. La liturgia della Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci aiuta a penetrare la stridente contrapposi- zione tra il Messaggio di Gesù e lo spirito del mondo. Abbiamo sentito dal Vangelo secondo Giovanni queste parole di Gesù, molto penetranti: "Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me!". C'è quindi una netta contrapposizione tra il Messaggio di Gesù e lo spirito del mon- do, tra le beatitudini proclamate di Cri- sto Signore e lo stile di vita imposto dallo spirito del mondo. In concreto possiamo dire che il Messaggio di Gesù si contrap- pone ad uno stile di vita dominato dalla mentalità mondana, lassista, godereccia in cui purtroppo siamo indotti dallo spiri- to materialista dominante. Invece il Van- gelo di Gesù ci presenta la beatitudini dei santi misericordiosi, miti, poveri in spiri- to e pazienti. É questo un forte richiamo a scuoterci di dosso la polvere mondana circostante, che rischia di offuscare e rendere vano il nostro desiderio di segui- re Gesù che fu mite, povero, misericor- dioso, puro di cuore, operatore di pace ed amore reciproco! Come dice il Vange- lo ora ascoltato: "poiché non siete del mondo ma io vi ho scelto dal mondo, per questo il mondo vi odia" !!! Dunque se vogliamo seguire Gesù che fu povero, mite, e misericordioso, puro di cuore ed operatore di pace, dobbiamo essere vigilanti e reagire allo spirito del mon- do. Per un buon cristiano é stoltezza seguire le cose del mondo. Agli occhi di Dio, nostro giudice al termine della vita, é stoltezza presentarci con spirito d'orgoglio, ed amanti delle ricchezze di questa terra. Cerchiamo di scuoterci di dosso la polvere ed il tanfo del gauden- te, perché come ci ricorda san Paolo nella Lettera ai Corinti, "Dio ha scelto ciò che nel mondo é debole per confon- dere i forti; Dio ha scelto ciò che nel mondo é disprezzato perché nessuno possa gloriarsi davanti a Dio"! In altre parole S. Paolo c'invita a considerare vera ed unica sapienza ciò che scelse Gesù Figlio di Dio. Per il vero cristiano é stoltezza seguire le manie del mondo; agli occhi di Dio - nostro giudice al termine della nostra vita terrena - ciò che conta non é né ricchezza, né onori, né orgoglio; ma onestà, mitezza, bontà, umiltà ed amore al prossimo"! Allora permettetemi di affidarvi questo mio umile consiglio: Se vogliamo assicurarci il Paradiso, cerchiamo di distaccarci il più possibile dalla mentalità dominante di questo mondo, cercando di allontanarci progressivamente dalla vita mondana e quindi andare con tenacia ed umiltà con- tro corrente! Continua a pagina 2 "Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me!" P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

Incontro di Agosto 2010

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Incontro di Agosto 2010

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Page 1: Incontro di Agosto 2010

Per una Chiesa Viva

www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VI - N. 7 – Agosto 2010

La storia di S. Pantaleone ha molte ver-sioni non solo in latino e greco ma anche in siriaco, armeno, copto e georgiano. Ciò indica la vasta popolarità del Vostro Patrono, che è venerato in molte città: oltre a Ravello, ci sono reliquie dal Santo Martire ad Istambul, a Roma, a Madrid, a Lione ed a Venezia. Il suo nome, di origi-ne greca, indica la sua profonda pietà verso i malati ed i poveri. Nacque nella seconda metà del III° secolo dopo Cri-sto. nella antica Izmid, città dell' Ana-tolia in Turchia, che fu capitale della Bitinia. Poche sono le notizie certe sulla sua vita. Sappiamo tuttavia che fu educato cristianamente dalla madre Éubule che morì giovane. Non ancora battezzato, fu affidato dal padre pagano al grande medico Eufrosino che lo in-trodusse nell' arte medica e fu talmen-te famoso da meritare la stima dell' Imperatore Galerio. Divenne amico di un presbitero cristiano che lo istruì segretamente nella dottrina cristiana e lo battezzò. Dopo la morte del padre s. Pantaleone distribuì ai suoi servi ed ai poveri il patrimonio ricevuto dal padre e ben presto divenne un buon medico amato specialmente dei poveri. Ma la sua fama suscitò l'invidia dei colleghi che lo denunciarono come nemico dell 'Imperatore, perché cristiano. Condan-nato a morte, subì atroci torture e fu decapitato. La sua fama taumaturgica si diffuse in Oriente ed in Occidente. Re-stano tuttora reliquie del Santo in varie chiese cattoliche latine ed orientali, come martire e taumaturgo. La liturgia della Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci aiuta a penetrare la stridente contrapposi-zione tra il Messaggio di Gesù e lo spirito del mondo. Abbiamo sentito dal Vangelo

secondo Giovanni queste parole di Gesù, molto penetranti: "Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me!". C'è quindi una netta contrapposizione tra il Messaggio di Gesù e lo spirito del mon-do, tra le beatitudini proclamate di Cri-sto Signore e lo stile di vita imposto dallo spirito del mondo. In concreto possiamo dire che il Messaggio di Gesù si contrap-

pone ad uno stile di vita dominato dalla mentalità mondana, lassista, godereccia in cui purtroppo siamo indotti dallo spiri-to materialista dominante. Invece il Van-gelo di Gesù ci presenta la beatitudini dei santi misericordiosi, miti, poveri in spiri-to e pazienti. É questo un forte richiamo a scuoterci di dosso la polvere mondana circostante, che rischia di offuscare e

rendere vano il nostro desiderio di segui-re Gesù che fu mite, povero, misericor-dioso, puro di cuore, operatore di pace ed amore reciproco! Come dice il Vange-lo ora ascoltato: "poiché non siete del mondo ma io vi ho scelto dal mondo, per questo il mondo vi odia" !!! Dunque se vogliamo seguire Gesù che fu povero, mite, e misericordioso, puro di cuore ed

operatore di pace, dobbiamo essere vigilanti e reagire allo spirito del mon-do. Per un buon cristiano é stoltezza seguire le cose del mondo. Agli occhi di Dio, nostro giudice al termine della vita, é stoltezza presentarci con spirito d'orgoglio, ed amanti delle ricchezze di questa terra. Cerchiamo di scuoterci di dosso la polvere ed il tanfo del gauden-te, perché come ci ricorda san Paolo nella Lettera ai Corinti, "Dio ha scelto ciò che nel mondo é debole per confon-dere i forti; Dio ha scelto ciò che nel mondo é disprezzato perché nessuno possa gloriarsi davanti a Dio"! In altre parole S. Paolo c'invita a considerare vera ed unica sapienza ciò che scelse Gesù Figlio di Dio. Per il vero cristiano é stoltezza seguire le manie del mondo; agli occhi di Dio - nostro giudice al termine della nostra vita terrena - ciò che conta non é né ricchezza, né onori, né orgoglio; ma onestà, mitezza, bontà, umiltà ed amore al prossimo"! Allora

permettetemi di affidarvi questo mio umile consiglio: Se vogliamo assicurarci il Paradiso, cerchiamo di distaccarci il più possibile dalla mentalità dominante di questo mondo, cercando di allontanarci progressivamente dalla vita mondana e quindi andare con tenacia ed umiltà con-tro corrente! Continua a pagina 2

"Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me!"

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Pertanto se il mondo circostante ci pro-pone con una certa boria modelli di vita propri dei ricconi, dei prepotenti, dei boriosi degli spacconi, egoisti incalliti, superbi e violenti, noi non dobbiamo fare altro che voltare educatamente le nostre spalle a questi signori, che non sono altro che falsi modelli e seguire invece i veri modelli indicatici da Cristo Signore che sono: gli umili, i miti, i poveri di spirito, i galantuomini, gli onesti, i trasparenti! I Santi sono i nostri modelli da seguire; essere autentici ricercatori delle virtù cristiane: ossia piccoli e semplici di fron-te al mondo dominato da grandi, prepotenti1 superbi, ricchi sfondati; e-goisti incalliti, "viveurs" sfrenati! Leg-gendo la vita dei Santi notiamo in essi queste caratteristiche: sono persone sem-plici, piuttosto timidi di fronte al mon-do; ricercatori indefessi del Regno di Dio ( quel Regno che Gesù ha proposto ai piccoli, nascondendolo invece ai grandi sapientoni di questo stupido mondo)! In genere questa tipologia dei "piccoli" é nascosta " ai grandi' ai "sapienti di questo mondo"! É ciò che capita di solito ai san-ti, ma anche a poeti, artisti, scienziati, ossia a persone che fanno astrazione da ciò che li circondano; ma che restano attratti dalle cose comuni; che però li fanno sognare per la bellezza e l'armonia della natura, per il cinguettio degli uccel-li, per il profumo dei fiori; tutte cose comuni, ma che, nella loro sensibilità, sono spinti a contemplare la bellezza e la bontà di Dio attraverso le meraviglie del creato. Essi non sono "distratti" ma a-manti delle opere e della bontà di Dio! In fondo, é ciò che é capitato ai Santi che restavano assorti e sospinti verso inconsci voli pindarici per le cose di Dio, il suo amore per noi, la Sua magnificenza, la Sua grandezza, la Sua infinita misericor-dia, la Sua presenza in noi e tra noi. Un santo marchigiano, S. Giuseppe da Co-pertino, che il Papa Montini chiamava " il Santo delle Beatitudini", era un uomo piccolo, semplice di fronte al mondo, ma era grande perché era costantemente alla ricerca di Dio, del suo Regno, quel Re-gno che Gesù aveva proposto ai “piccoli” e nascosto ai “sapienti”. Termino con questo invito: “cercate le cose di lassù: pensate alle cose di lassù, non a quelle

della terra che sfumano presto e lasciano l’amaro in bocca”! Amen!

Omelia del Card. Sergio Sebastiani alla messa pontificale del 27 luglio

Lettera sulla preghiera

Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere

Sì: per vivere veramente, bisogna prega-re. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive vera-mente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall’amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall’amore. Ora, l’amore nasce dall’incontro e vive dell’incontro con l’amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l’amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all’amore, sem-pre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l’eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire den-tro, perché gli mancherà prima o poi l’aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita. Mi dici: ma io non so pregare! Mi chiedi: come pregare? Ti rispondo: co-mincia a dare un po’ del tuo tempo a Dio. All’inizio, l’importante non sarà che questo tempo sia tanto, ma che Tu glielo dia fedelmente. Fissa tu stesso un tempo da dare ogni giorno al Signore, e daglielo fedelmente, ogni giorno, quando senti di farlo e quando non lo senti. Cer-ca un luogo tranquillo, dove se possibile ci sia qualche segno che richiami la pre-senza di Dio (una croce, un’icona, la Bibbia, il Tabernacolo con la Presenza eucaristica…). Raccogliti in silenzio: invoca lo Spirito Santo, perché sia Lui a gridare in te “Abbà, Padre!”. Porta a Dio il tuo cuore, anche se è in tumulto: non aver paura di dirGli tutto, non solo le tue difficoltà e il tuo dolore, il tuo peccato e la tua incredulità, ma anche la tua ribel-lione e la tua protesta, se le senti dentro.

Tutto questo, mettilo nelle mani di Dio: ricorda che Dio è Padre – Madre nell’amore, che tutto accoglie, tutto perdona, tutto illumina, tutto salva. A-scolta il Suo Silenzio: non pretendere di avere subito le risposte. Persevera. Co-me il profeta Elia, cammina nel deserto verso il monte di Dio: e quando ti sarai avvicinato a Lui, non cercarlo nel vento, nel terremoto o nel fuoco, in segni di forza o di grandezza, ma nella voce del silenzio sottile (cf. 1 Re 19,12). Non pretendere di afferrare Dio, ma lascia che Lui passi nella tua vita e nel tuo cuo-re, ti tocchi l’anima, e si faccia contem-plare da te anche solo di spalle. Ascolta la voce del Suo Silenzio. Ascolta la Sua Pa-rola di vita: apri la Bibbia, meditala con amore, lascia che la parola di Gesù parli al cuore del tuo cuore; leggi i Salmi, dove troverai espresso tutto ciò che vor-resti dire a Dio; ascolta gli apostoli e i profeti; innamorati delle storie dei Pa-triarchi e del popolo eletto e della chiesa nascente, dove incontrerai l’esperienza della vita vissuta nell’orizzonte dell’alleanza con Dio. E quando avrai ascoltato la Parola di Dio, cammina an-cora a lungo nei sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirti a Cri-sto, Parola eterna del Padre. Lascia che sia Dio Padre a plasmarti con tutte e due le Sue mani, il Verbo e lo Spirito San-to.All’inizio, potrà sembrarti che il tem-po per tutto questo sia troppo lungo, che non passi mai: persevera con umiltà, dando a Dio tutto il tempo che riesci a darGli, mai meno, però, di quanto hai stabilito di poterGli dare ogni giorno. Vedrai che di appuntamento in appunta-mento la tua fedeltà sarà premiata, e ti accorgerai che piano piano il gusto della preghiera crescerà in te, e quello che all’inizio ti sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello. Capi-rai allora che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: e vedrai che quanto porterai nella preghiera sarà poco a poco trasfigura-to.Così, quando verrai a pregare col cuo-re in tumulto, se persevererai, ti accor-gerai che dopo aver a lungo pregato non avrai trovato risposte alle tue domande, ma le stesse domande si saranno sciolte come neve al sole e nel tuo cuore entrerà una grande pace: la pace di essere nelle mani di Dio e di lasciarti condurre

SEGUE DALLA PRIMA

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docilmente da Lui, dove Lui ha prepara-to per te. Allora, il tuo cuore fatto nuo-vo potrà cantare il cantico nuovo, e il “Magnificat” di Maria uscirà spontanea-mente dalla tue labbra e sarà cantato dall’eloquenza silenziosa delle tue ope-re.Sappi, tuttavia, che non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è in-torno a te e in te; a volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a prega-re; a volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo “perso”. Sentirai, infine, le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signo-re, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede. Persevera, resisti e ricorda che l’unica cosa che possiamo veramen-te dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salverai la tua preghiera, e la tua vita.Verrà l’ora della “notte oscura”, in cui tutto ti sembrerà arido e perfino assurdo nelle cose di Dio: non te-mere. È quella l’ora in cui a lottare con te è Dio stesso: rimuovi da te ogni peccato, con la confessione umile e sincera delle tue colpe e il perdono sacramentale; dona a Dio ancor più del tuo tempo; e lascia che la notte dei sensi e dello spirito diventi per te l’ora della partecipa-zione alla passione del Signore. A quel punto, sarà Gesù stesso a por-tare la tua croce e a condurti con sé verso la gioia di Pasqua. Non ti stupirai, allora, di considerare perfino amabile quella notte, perché la vedrai trasforma-ta per te in notte d’amore, inondata dal-la gioia della presenza dell’Amato, ripie-na del profumo di Cristo, luminosa della luce di Pasqua.Non avere paura, dun-que, delle prove e delle difficoltà nella preghiera: ricorda solo che Dio è fedele e non ti darà mai una prova senza darti la via d’uscita e non ti esporrà mai a una tentazione senza darti la forza per sop-portarla e vincerla. Lasciati amare da Dio: come una goccia d’acqua che eva-pora sotto i raggi del sole e sale in alto e ritorna alla terra come pioggia feconda o

rugiada consolatrice, così lascia che tutto il tuo essere sia lavorato da Dio, plasma-to dall’amore dei Tre, assorbito in Loro e restituito alla storia come dono fecon-do. Lascia che la preghiera faccia cresce-re in te la libertà da ogni paura, il corag-gio e l’audacia dell’amore, la fedeltà alle persone che Dio ti ha affidato e alle si-tuazioni in cui ti ha messo, senza cercare evasioni o consolazioni a buon mercato. Impara, pregando, a vivere la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, ed a seguire le vie di Dio,

che tanto spesso non sono le nostre vi-e.Un dono particolare che la fedeltà nel-la preghiera ti darà è l’amore agli altri e il senso della chiesa: più preghi, più sen-tirai misericordia per tutti, più vorrai aiutare chi soffre, più avrai fame e sete di giustizia per tutti, specie per i più poveri e deboli, più accetterai di farti carico del peccato altrui per completare in te ciò che manca alla passione di Cristo a van-taggio del Suo corpo, la chiesa. Pregan-do, sentirai come è bello essere nella barca di Pietro, solidale con tutti, docile alla guida dei pastori, sostenuto dalla preghiera di tutti, pronto a servire gli altri con gratuità, senza nulla chiedere in

cambio. Pregando sentirai crescere in te la passione per l’unità del corpo di Cri-sto e di tutta la famiglia umana. La pre-ghiera è la scuola dell’amore, perché è in essa che puoi riconoscerti infinitamente amato e nascere sempre di nuovo alla generosità che prende l’iniziativa del perdono e del dono senza calcolo, al di là di ogni misura di stanchezza. Pregando, s’impara a pregare, e si gustano i frutti dello Spirito che fanno vera e bella la vita: “amore, gioia, pace, pazienza, be-nevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, do-

minio di sé” (Gal 5,22). Pre-gando, si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellez-za per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l’urgenza di portare il Van-gelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. Pregando, si scoprono gli infiniti doni dell’Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a Lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda. E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuo-re inquieto, nel tempo e per l’eternità.Se dovessi, allora, augurarti il dono più bello, se volessi chiederlo per te a Dio, non esiterei a domandarGli il dono della preghiera. Glielo chiedo: e tu non esitare a chie-derlo a Dio per me. E per te. La pace del Signore nostro Ge-sù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con te. E tu in loro: perché pregando entrerai nel

cuore di Dio, nascosto con Cristo in Lui, avvolto dal Loro amore eterno, fedele e sempre nuovo. Ormai lo sai: chi prega con Gesù e in Lui, chi prega Gesù o il Padre di Gesù o invoca il Suo Spirito, non prega un Dio generico e lontano, ma prega in Dio, nello Spirito, per il Figlio il Padre. E dal Padre, per mezzo di Gesù, nel soffio divino dello Spirito, riceverà ogni dono perfetto, a lui adatto e per lui da sempre preparato e desidera-to. Il dono che ci aspetta. Che ti aspetta.

Mons. Bruno Forte

Arcivescovo di Chieti

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Nel giorno dell’ottava, a conclusione dei festeggiamenti di San Pantaleone, ci sia-mo chiesti: Cosa resterà del messaggio evangelico proclamato nella festa del Santo Patrono? A tal fine vi invito a con-siderare, in questi prossimi mesi, alcuni punti spirituali emersi dalle singole me-ditazioni bibliche. Sabato 17 e domenica 18 luglio la Liturgia della Parola ci ha presentato la figura biblica di Abramo. Nell’episodio, av-venuto alle querce di Mamre, il padre nella fede, levando lo sguardo interiore, “alzò gli occhi e vide il Signore”. Ogni esistenza umana si caratteriz-za per la vita fisica, psicologi-ca, relazionale, ma soprattut-to per la vita spirituale che si radica nel rapporto di fede con Dio. Abramo era uscito dalla sua terra e si era posto in cammino. Mentre si trova-va all’ingresso della sua ten-da, in un momento ordinario della sua vita, conservava intatta la sua tensione spiritu-ale e così, alzando lo sguar-do, vide il Signore che gli veniva incontro. E’ lo sguar-do del cuore! L’uomo bibli-co, fedele al Suo Signore, ci insegna a vivere ogni istante della nostra esistenza, a nc he q ue l lo p i ù se mpl i c e , nell’attenzione a considerare il significato della nostra storia. Abramo non dimenti-cava, ma viveva nella luce della Promes-sa che aveva caratterizzato l’inizio della sua vocazione: Esci dalla tua terra e và. Ebbe fede! Anche Pantaleone percorse la strada della santità levando lo sguardo interiore alle vicende della sua vita. A-scoltò la Parola di Dio dal sacerdote Er-molao. E quando rinvenì il cadavere di un ragazzo morso da una vipera, ebbe fede! Alzò lo sguardo al cielo, pregò e ottenne che il morto ritornasse in vita. Pantaleone corse dal sacerdote Ermolao a raccontare il prodigio. Era ancora paga-no! Spiegò l’accaduto e chiese il battesi-mo. Alzare lo sguardo al cielo, contem-plare le meraviglie di Dio e correre nella

via della fede. Pantaleone era un medico, esperto della vita e delle malattie che conducono alla morte, e, difronte al li-mite della medicina, sperimentò la po-tenza della fede nel nome del Signore Gesù! Alzare lo sguardo, credere, prega-re, sono le azioni che delineano il nostro cammino interiore e che cambiano la nostra vita. La fede di Abramo! La fede

di Pantaleone! Che grandi esempi! Da queste storie emerge soprattutto l’intervento di Dio che ascolta il gemito della creatura umana che, con fede, si rivolge al suo cuore di Padre e si piega a soccorrere l’uomo nella sua piccola sto-ria. Meditiamo in questo mese di Agosto e cerchiamo di lasciar risuonare i frutti di questa Parola. Riprendere il nostro cam-mino di fede significa, anzitutto, levare lo sguardo dalle cose di questo mondo per guardare al cielo. Credere nella bon-tà divina proclamata nel Vangelo, prega-re perché Dio Padre soccorra le nostre miserie. In questo periodo apriamo il cuore e cerchiamo il Signore con cuore ardente e fedele. Se sperimentiamo il limite della nostra vita, le sofferenze, il Medico buono ci verrà in soccorso per sostenere la nostra fede. Ogni Santo è eternamente riconoscente a Dio del dono

della fede e si adopera nella Chiesa per-ché altri fratelli possano dare Gloria a Dio con la loro testimonianza. Credere all’amore di Dio significa rispondere all’appello di San Pantaleone che deside-ra ardentemente dare un segno del suo patrocinio conducendo a Dio tanti fratelli e sorelle di quella comunità di fede che, nata dal Battesimo, lo implora come Suo

Adiutore. Inoltre anche Abra-mo corse a prendere nella sua tenda le offerte per preparare al Signore, suo ospite, il pane e vino, segno di Amore ed Ac-coglienza. San Pantaleone cor-se nella via della fede per dire a tutto il mondo la verità del Vangelo. Correre nella fede è l’ultimo invito per questo me-se di Agosto. Soprattutto per i giovani. Correre nella fede s i gn i f i c a c orr i sponder e all’esempio del giovane medi-co che bruciò le tappe nella via della santità. La sua meta era Cristo! Non ebbe paura, non si lasciò trascinare dalle seduzio-ni del mondo. Ogni cuore giovane si apre alla bellezza della vita e alla speranza nel futuro e sente nel cuore il de-

siderio di imitare coloro che con corag-gio hanno percorso la via della fede. Cor-rere come Abramo e come Pantaleone non significa estraniarsi dal mondo, ma significa percorrerne le strade, con Gesù nel cuore, senza la stanchezza delle delu-sioni e dei falsi ideali che opprimono a volte i cuori più generosi. La vita è un dono meraviglioso e tutti possiamo, gio-vani e meno giovani, farne occasione di slancio verso Dio e il prossimo. Che cosa resterà dei festeggiamenti di San Pantale-one? Molto di più di quello che noi pen-siamo e speriamo. L’amicizia di un Santo giovane che ci invita ad essere coraggiosi e fiduciosi in un mondo che, come quello pagano di Nicomedia, sperimenta le illu-sioni dei falsi idoli e che Dio richiama ad una vita autentica.

Don Carlo Magna

La vita di San Pantaleone modello evangelico per la nostra vita

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La Novena in preparazione alla Solennità di San Pantaleone è stata presieduta ed animata da Don Carlo Magna. L’inizio della Novena quest’anno ha coinciso con i Primi Vespri della XVI Domenica del Tempo Ordinario, in cui le Scritture ci invitano a meditare sul tema dell’Accoglienza e dell’Ospitalità. C’è un legame che unisce la Prima Lettura ed il Vangelo, come Abramo ha accolto ed ospitato i tre pellegrini, così, Marta e Maria, si sono adoperate fin quasi a liti-gare tra loro per meglio accogliere il loro Amico e Maestro Gesù . San Pantaleone è stato un vivo esempio di accoglienza, ha det-to Don Carlo, poiché si è fatto prossimo verso tutti coloro che incontrava sulla propria strada, e per ognuno di essi si è prodi-gato “affinché ottenessero la vita fisica e la salvezza eterna”. Don Carlo, durante l’Omelia del secondo giorno, si è ispirato alle parole di San Paolo, per invitare ciascun battezzato ad accogliere “ Cristo, speranza della gloria” . Al tempo in cui è vissuto il Santo Martire di Nico-media, i cristiani venivano per-seguitati, San Pantaleone ha voluto annunciare il mistero di Cristo , fino al martirio, seguendo l’insegnamento del Sacerdote Ermola-o,il quale è stato un vero educatore ed annunciatore, Egli ha messo in pratica la missione di ogni battezzato di avvicinare gli altri alla Vera Vita, “ammonendo ogni uomo ed istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo “. L’impegno, per vivere bene il periodo di preparazione alla Solennità di San Pantaleone è di volgere gli occhi verso Dio. di mettersi in ascolto della Sua Parola, come Maria nel brano del Vangelo, per diventare testimoni dell’Amore di Gesù attraverso la quotidianità della nostra vita . L’invito che ci è stato rivolto da Don Carlo il terzo giorno della Novena è stato quello di accostarci al sacramento della Riconci-liazione per rinascere “ alla vita nuova”, alla vita di Grazia. Ispirandosi al Vangelo di Matteo ( 6,1-4-6-8) , poco prima pro-

clamato, ed anche alla preghiera della Coroncina in onore di San Pantaleone , Don Carlo ci ha spiegato che il Giovane Medico si è fidato delle Parole del Van-gelo. “ chiedete e vi sarà dato” ed al solo invocare il nome del Signore “ ha richia-mato in vita un fanciullo ucciso da una vipera “. La vipera , ha detto Don Carlo, così come la pistrice raffigurata sull’ambone sinistro del nostro Duomo, rappresenta non la morte fisica, ma la “ morte interiore” cioè il peccato , così come i serpenti e la pistrice, quanto più

si avvolgono su loro stessi tanto più diventano pericolosi, così i peccati, quanto più sono gravi, tanto più ucci-dono la nostra anima. San Pantaleone non solo ha donato al fanciullo la vita fisica, ma anche la vita nuova in Cristo. Come nel Battesimo moriamo al pecca-to per risuscitare con Gesù alla Vita Nuova, così otterremo di nuovo la digni-tà e la libertà della nostra vita avvici-nandoci al Sacramento della Penitenza. Nel Vangelo di Matteo, Cap.12, 46-50, così come nel Vangelo di Luca , Cap. 2,41-50 , Gesù fa riferimento , alla Vo-lontà del Padre, “ chiunque fa la Volontà del Padre mio che è nei cieli , questo è per me fratello ,sorella e madre”. “Gesù dunque”, ci spiega Don Carlo, conti-nuando le sue meditazioni durante la novena , “ci fa capire che Egli è il Figlio Unigenito del Padre, noi siamo figli adottivi e lo siamo diventati attraverso la sua Morte e Resurrezione; nei due brani

del Vangelo Gesù ci mostra l’importanza della famiglia, non soltanto la famiglia terrena, ma soprattutto la Famiglia a cui Egli ha pensato da sem-pre, la Chiesa dei figli dello stesso Pa-dre e fratelli in Cristo . San Pantaleone, ha avuto una mamma Eubula che ha tan-to pregato, affinché il giovane Pantaleo-ne ed il papà Eustorgio si convertissero alla religione cristiana. La fede di Eubula è stata salda, così come quella di Panta-leone, le preghiere sono state esaudite, tutta la famiglia si è convertita al cristia-

nesimo diventando una famiglia santa , che sta di sicuro al cospetto di Dio. L’invito dunque , in questo periodo di pre-ghiera in onore di San Pantaleone è quello di ravvivare la nostra fede in Dio , cercando il più possibile di con-formarci alla sua Vo-lontà, sperando di avere famiglie più sante e salde nella fede, pronte ad affron-tare i problemi dell’esistenza. La de-

scrizione della vocazione del profeta Geremia e la parabola del seminatore nel Vangelo di Matteo 13,1-9 , sono state alla base della meditazione di Don Carlo, il quinto giorno della novena. Il seme di cui parla il Vangelo di Matteo è la Parola di Dio, il Seminatore è Gesù che è venuto per far conoscere il Padre. La Parola, se accolta produce molto frut-to e per accoglierla bisogna avere un cuore docile. San Pantaleone ha avuto un cuore grande ed accogliendo il seme della Parola, l’ha custodito nel suo cuo-re, si è ricordato delle promesse di Di-o,così come descritte nel Vangelo,ed invocando il nome di Gesù ha compiuto prodigi meravigliosi. Non basta accoglie-re la Parola, è necessario custodirla nel proprio cuore per essere capaci di “produrre molto frutto”.

Continua a pagina 6

Novena di s. pantaleone

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Giovedì 22, Solennità in onore di S. Maria Maddalena, commentando il Van-gelo di Giovanni, Don Carlo ci ha fatto riflettere sulle lacrime di Maria di Ma-gdala, Ella ha pianto per il rimorso dei propri peccati e con le lacrime ha lavato i piedi di Gesù, al sepolcro il “ giorno do-po il sabato, ha pianto perché, avendo assistito insieme alla Madre di Gesù, alla Morte del Maestro, non le restava altro da fare che andare a piangere alla tomba. Trovandola vuota Maddalena si sente ancora più addolorata, quasi disperata , alla fine è proprio Gesù che si fa ricono-scere e le affida “ l’Annuncio della Sua Resurrezione”. San Pantaleone , ci spiega Don Carlo, ha testimoniato l’Amore verso Gesù, sopportando tutte le torture procurate dai suoi persecutori, pregando per loro e chiedendo il perdono per loro. Egli è perciò chiamato il Misericordio-so”, per il perdono che ha offerto ai suoi persecutori. Il giovane Martire si è con-formato a Cristo, dando la vita per i pro-pri fratelli e realizzando il culmine del Vero Amore. Il penultimo giorno della Novena, la Celebrazione Eucaristica è stata presieduta dal novello sacerdote Don Luigi De Martino. L’Omelia è stata comunque tenuta da Don Carlo il quale ha espresso la gioia per la presenza del giovane sacerdote presso la nostra comu-nità, ed ha augurato a Don Luigi di poter avvicinare alla fede quante più persone possibili . Riferendosi all’anno sacerdota-le appena concluso, Don Carlo ha evi-denziato l’importanza del sacerdozio, sottolineando come il Sacerdote Ermola-o , catechista del giovane Medico , abbia molto contribuito alla formazione di Pan-taleone e di tutta la comunità di Nicome-dia, in quel tempo in cui bisognava com-battere gi idoli , e come era stretto il rapporto di stima che esisteva tra Panta-leone ed Ermolao . Le riflessioni conclu-sive di Don Carlo, al termine della No-vena, sono state ispirate dal Vangelo di Luca 11,1-13, in cui Gesù insegna a pre-gare e ci “ offre la preghiera del Padre Nostro. Don Carlo invita ad essere uniti a Cristo attraverso la preghiera, se in questo nostro tempo ci sembra di vivere un periodo di oscurità morale e materia-le, dice Don Carlo, è perché diamo più valore ad altre cose e ci lasciamo vincere

dagli idoli,,come al tempo di Pantaleo-ne. E ‘ giunto il momento, invece, di dilatare i cuori e di lasciare agire la Luce e la Forza dello Spirito Santo attraverso la perseveranza della preghiera per esse-re veri annunciatori del Regno, accre-scendo il nostro amore verso Dio e verso il prossimo! Come Pantaleone, dobbia-mo rinvigorire la nostra fede ed essere capaci di agire da veri cristiani. Le rifles-sioni ed il clima di preghiera di questi giorni possano aiutare tutti noi a rinno-vare spiritualmente il nostro cammino di fede.

Giulia Schiavo

UNA GRANDE FESTA “Una festa così bella non la si vedeva da anni”.E’uno dei tanti commenti, forse un po’ingiusto nei confronti delle feste pa-tronali degli ultimi anni,che all’indomani del 27 luglio,abbiamo raccolto tra coloro che,ancora pieni di entusiasmo,hanno voluto esprimere il loro plauso per i fe-steggiamenti in onore di san Pantaleo-ne,patrono di Ravello .Ancora una volta la nostra città ha voluto onorare nel mi-gliore dei modi il Martire di Nicome-dia con una festa che si è svolta all’insegna del trino-mio fe-de,cultura e tradizio-ne. La presenza di tantissime persone che specialmente nella giornata di martedì 27 luglio,sin dal mattino, hanno voluto ve-nerare san Pantaleone ,conferma che la Festa Patronale è un grandissimo mo-mento di fede,in cui Ravello ritro-va,seppur per un giorno,quella unità che se fosse perseguita quotidianamen-te,permetterebbe alla nostra città di su-perare tanti ostacoli che ne bloccano la crescita civile e religiosa. Un grande mo-mento di fede al quale ci siamo preparati sotto la guida di don Carlo Magna che nei giorni del novenario ha saputo tracciare gli aspetti salienti della vita e della perso-nalità del santo medico Pantaleo-

ne,testimone vero di Cristo. Un momen-to di fede che è cominciato con i primi vespri caratterizzati ,dopo tanti anni,dal canto delle antifone gregoriane proprie della festa di san Pantaleone,affidate alla voce esperta di don Antonio Porpora che ha voluto vivere con la Comunità ravelle-se la solenne vigilia iniziata con il rito del Lucernario e l’esposizione del busto ar-genteo del Santo .Ma il cuore di questo evento di fede è stato il solenne Pontifi-cale del 27 mattino concelebrato da S.Em.za Rev.ma il signor Cardinale Ser-gio Sebastiani,dal nostro Arcivescovo Mons.Orazio Soricelli che quest’anno,finalmente,è riuscito a libe-rarsi da altri impegni pastorali per essere presente a Ravello nel dies natalis di Pan-taleone di Nicomedia,e da don Giuseppe Imperato,parroco del Duomo,e da altri sacerdoti. Il cardinale Sebastiani ci ha fatto dono della sua presenza e ci ha ar-ricchiti con le sue riflessioni fatte sia nel corso della celebrazione eucaristica,sia nel discorso alla Città tenuto,come di consueto,dal sagrato della ex Cattedrale al termine della processione che si è sno-data per le vie di Ravello. Riflessioni

dalle quali è emersa anche la positiva impressione che Sua Eminenza ha avuto del rapporto dei ravellesi con il Santo patrono e in genere di Ravello.Con una cordialità inusitata e non affettata e un atteggiamento di gran lunga diverso dallo stereotipo con

cui siamo soliti immaginare questi Princi-pi della Chiesa,il Cardinale Sebastiani,sin dal suo arrivo a Ravello,ha conquistato la stima e la simpatia di quanti lo hanno conosciuto. Ci hanno colpito l’umiltà e la spontaneità che si sono concretizzate anche quando Sua Eminenza ha seguito l’ultima parte della processione,devoto tra i devoti,rifiutando di indossare i so-lenni paramenti e preferendo accompa-gnare con semplicità il corteo processio-nale,portando per mano due piccoli ministranti. Un Cardinale!Quanta umiltà e quanta spontaneità in una Ravello,e non solo,in cui l’ arroganza e l’effimero sembrano prevalere!Una persona

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autorevole e discreta che,al termine della processione,dopo il canto del “Te Deum”,ha voluto salutare Ravello con un “Viva san Pantaleone”che lo ha fatto ap-parire più ravellese di un ravellese e sicu-ramente più educato e rispettoso di qual-che giornalista ,sprovveduto,maleducato e disinformato,che confonde la Festa di san Pantaleone con una qualsiasi festa paesana alla quale probabilmente era abituato a partecipare prima di assurgere agli onori della carta stampata prezzolata. La Festa di san Pantaleone,infatti, è stata anche un grande momento di cultura. Ad immetterci nel clima della festa patrona-le è stato infatti per il settimo anno con-secutivo il Convegno di studi che l’Associazione Duomo di Ravello pro-muove in occasione della solennità litur-gica di san Pantaleone.Quest’anno sulla scia del Santo di Nicomedia il Convegno ci ha fatto incontrare i santi Giorgio ed Eustachio,i santi guerrieri. Nei ricchissi-mi due giorni di lavoro,docenti universi-tari,storici dell’arte,i giovani studiosi ravellesi Salvatore Amato,Luigi Buono-core e Mariacarla Sorrentino hanno fatto conoscere ad una platea esigua ma atten-ta e competente i risultati dei loro studi sulle figure di questi due santi martiri che a Ravello e nella vicina Scala hanno nel passato avuto uno straordinario culto. Lo conferma la basilica di sant’Eustachio a Pontone,divenuta oggi luogo per manife-stazioni e rievocazioni storiche che,credo,siano solo una parvenza di quei grandi momenti di fede dei quali il tempio fu teatro.Una basilica che anche dai suoi ruderi testimonia la sua grandez-za e la sua bellezza che arricchisce il pae-saggio e non lo deturpa.Il Convegno di studi ha,ancora una volta,permesso alla comunità religiosa e civile di Ravello di aprire quello scrigno prezioso,che è la sua straordinaria e meravigliosa sto-ria,per estrarre cose antiche e cose nuove ed indagare,come ha detto Mons.Imperato agli inizi dei lavori,sul complesso fenomeno della santità sul nostro territorio. Al termine del conve-gno,la sera del 24,come degna conclusio-ne,dopo aver puntato l’attenzione sui santi guerrieri Giorgio ed Eustachio,i riflettori si sono riaccesi su san Pantaleo-ne.L’occasione che ha riportato lo sguar-do sulla figura del Megalomartire è stata la presentazione nella Pinacoteca del

Duomo del volume “La venuta del San-gue di san Pantaleone a Ravello”di Mons.Ferdinando Mansi,testi di Luigi Buonocore e illustrazioni di Virginio Quarta. Grazie anche al contributo di Bruno e Luigi Mansi abbiamo aggiunto un altro importante tassello al variegato mosaico di notizie relative al nostro san-to Patrono il cui culto va ben oltre i con-fini ravellesi.E sempre nell’ambito della dimensione culturale che caratterizza la nostra Festa Patronale,domenica 25 ab-biamo avuto un altro grande momento:la benedizione del nuovo monumentale organo e il concerto inaugurale tenuto da Mons.Vincenzo de Gregorio .L’Abate Prelato della Cappella di san Gennaro ha affascinato il vastissimo pubblico presen-te all’evento,incantandolo non solo con la bellezza dei brani scelti ed eseguiti con la competenza che un professionista ha,ma anche con delle brevi ma efficaci lezioni con cui Mons.De Gregorio ci ha fatto conoscere alcune caratteristiche dello strumento principe della liturgia che da domenica 25 luglio arricchisce il Duomo di Ravello e speriamo colmi la lacuna che per anni c’è stata nella Città della Musica e permetta di far conoscere il bellissimo e vastissimo patrimonio di musica sacra. Il discorso sulla musica ci offre la possibilità di parlare del terzo aspetto della nostra Festa patronale:la tradizione. La banda musicale “Città di Conversa-no”ha infatti svolto molto bene il suo compito eseguendo con competenza ed eleganza un vasto programma di musica sinfonica che ha ottenuto il plauso di fini uditori che non risparmiano critiche se-vere quando le bande non sono “all’altezza”.Bancarelle e fuochi di artifi-cio hanno fatto da mirabile cornice alla grande festa di Ravello che anche in que-sta occasione ha dato prova di operare con eleganza,competenza e signorilità. Purtroppo,però,quando si opera per il Signore,l’Invidioso,colui che per sua natura divide,tende delle trappole. E qualcuno inavvertitamente cade. Ma san Pantaleone,il cui nome significa “misericordioso”,ci ricorda che proprio sui nostri peccati Dio costruisce il trono della sua infinita misericordia.

Roberto Palumbo

“Venisti sull'onde da lido lontano”

Sabato 24 luglio 2010, presso la Pinaco-teca del Duomo di Ravello, è stato pre-sentato il volume “Venuta del Sangue di San Pantaleone in Ravello”, pubblicato per la Bruno Mansi Edizioni e tratto dalla “Vita del glorioso martire San Pantaleone medico, protettore della città di Ravello con brevi cenni sulla venuta del suo san-gue in detta città” scritta da Mons. Ferdi-nando Mansi nel 1857 e ristampata nel 1887 e nel 2005, in occasione del XVII centenario del martirio del martire di Nicomedia. Il volume, illustrato da Virginio Quarta, presenta un saggio di Luigi Buonocore “Ravello e la reliquia del sangue di San Pantaleone: dalle terre ultramare alla cap-pella noviter constructa” e l’intervista all’artista di Luigi Mansi. Nel 1857, nella lettera dedicatoria alla sua “Vita”, Mons. Ferdinando Mansi spiegava al fratello, il Canonico Nicola, che l’opera agiografica sul martire di Nicomedia era stata com-piuta sulla base di “pure e legittime fon-ti”. Tuttavia, seguendo il motto giovan-neo posto ad epigrafe dell’opera quod…audivimus, annuntiamus vobis, dopo poche righe è costretto ad ammettere che circa “la venuta in Ravello del sangue (…), è una tradizione conservatasi viva di gene-razione”. Per cui – continua l’autore – “stimai pregio dell’opera mantenerne incorrotta e vivace la rimembranza affi-dandola alla stampa.”

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Così la pia tradizione andò ad occupare il VI capitolo, all’inizio del quale il Mansi ricordava come di quella venuta “non si abbia a trovare una notizia, una relazione qualunque in iscritto, che ne accenni l’epoca, il modo, l’autore del trasporto d’un sì prezioso tesoro in quella Città”. Neanche tra le memorie del Capitolo della Cattedrale, che pure aveva retroda-tato le proprie origini al tempo di Papa Pasquale I (817), si segnalano notizie circa la translatio del sangue. Su questa vicenda sono intervenuti in seguito Luigi Mansi, Giuseppe Imperato sen., Luigi Kalby, Giuseppe Imperato jun. ed infine, a più riprese, Luigi Buo-nocore, cercando di individuare il perio-do storico in cui sarebbe giunta la reli-quia del “bollor vermiglio”. Nel racconto del Mansi siamo in presen-za di molti topoi della tradizione agiogra-fica relativa alle translationes via mare: il sangue raccolto sul luogo del martirio, il ruolo dei mercanti nell’acquisizione della reliquia e il mare in tempesta che obbliga i marinai a fermarsi in un luogo imprevi-sto, quello scelto dal santo. Un caso e-semplare in tal senso è costituito dalla traslazione delle reliquie di S. Trifone da Campsade a Cattaro nel IX secolo, ad opera di alcuni mercanti veneziani. Ma di queste vicende si è occupato nel suo saggio Luigi Buonocore che, sulla base dell’attento studio della documenta-zione vescovile, ha ipotizzato che la reli-quia del sangue di s. Pantaleone sia giun-ta a Ravello tra XII e XIII secolo, forse in seguito alla IV crociata. Dalla venuta del sangue al culto del mar-tire a Ravello, lo studio del Buonocore ripercorre le fasi della devozione del popolo ravellese verso il suo santo patro-no, la cui titolarità sulla città verrà sanci-ta dalla S.C.R. (Sacra Cogregazione dei Riti) solo intorno al 1694. Eppure le indulgenze previste nella me-moria liturgica hanno un’origine ben più antica, forse al 1472, come testimonia il regesto settecentesco delle pergamene della Cattedrale e un documento tardo, del 1668, conservato presso il Centro di Cultura e Storia Amalfitana, entrambi appartenuti allo storico Gaetano Mansi. Lasciando queste suggestioni ad un stu-

dio più approfondito della tradizione documentaria, la leggenda della venuta del Sangue di S. Pantaleone a Ravello trova in questo volume, dopo oltre 150 anni, anche una codifica iconografica, perpetuata nelle illustrazioni del maestro Virginio Quarta. Come confessava nell’intervista a Luigi Mansi, l’artista “ha voluto dare libero sfogo all’emozione e alle sensazioni che il testo gli suscitava”, ma anche prendendo spunto da alcuni momenti della proces-sione come nella Sosta di S. Pantaleone davanti al Duomo di Ravello o La processione di S. Pantaleone dinanzi alla chiesa di S. Agostino. Ancora una volta, dunque, il Patrono e la sua città assurgono a tema culturale di grande interesse e curiosità, forse a testi-monianza di uno sforzo proteso al recu-pero di valori e memorie collettive, in un tempo storico in forte crisi d’identità.

Salvatore Amato

CRONACA DEL

SETTIMO CONVEGNO DI STUDI

Anche quest’anno l’Associazione Cultu-rale Duomo di Ravello ha saputo accom-pagnare al fervore religioso che da sem-pre caratterizza il giorno di festa in cui Ravello ricorda il suo Santo Patrono, San Pantaleone da Nicomedia, il fervore cul-turale del convegno, che da sette anni si svolge nei giorni 23 e 24 luglio, col fine di approfondire e divulgare il patrimonio intellettuale racchiuso nei culti più diffusi della costiera amalfitana. L’incontro di studio intitolato “Sulla scia di San Panta-leone da Nicomedia. San Giorgio e Sant’Eustachio, Milites Christi, in terra amalfitana” ha avuto come padrini d’eccezione S.E. Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi – Cava de’ Tirre-ni, la dott.ssa Marisa Mirella Prearo, Amm. dell’Ente Provinciale per il Turi-smo di Salerno, il dott. Attilio Bianchi, Direttore Amm. Azienda Ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona Salerno e l’Avv. Paolo Imperato, Sindaco di Ravello, i quali hanno aperto i lavori nello scenario d’eccellenza della Pinaco-teca del Duomo di Ravello. Il settimo

convegno di studi ha ricevuto puntual-mente apporti di indiscutibile valore da parte di personalità in grado di poter leggere, nel patrimonio culturale, stori-co, artistico e religioso racchiuso nel culto e nei templi dedicati ai più venerati santi della costa d’Amalfi, un punto d’incontro vivo e tangibile in cui Oriente ortodosso ed Occidente cattolico posso-no essere attori dotati di uguale valore nell’accrescere il sapere e la memoria collettiva. Il tema dei Santi Giorgio e Eustachio, inoltre, è stato approfonditamente tratta-to da vari relatori tutti portatori di cono-scenze differenti che hanno tuttavia di-mostrato come il sapere sia caratterizzato da sfaccettature distinte, ma non per questo in dissonanza tra loro. Le relazioni presentate erano tutte acco-munate da un unico filo conduttore pre-sentato ampliamente nelle ricerche effet-tuate da Mons. Giuseppe Imperato Par-roco del Duomo riguardo al culto dei santi guerrieri. Il prof. Francois Widemann, Direttore di Ricerca CNRS-Laboratorio di ricerca dei Musei di Francia, ha presentato la rela-zione dal titolo “Elementi per uno studio storico della devozione ai Santi militari Eustachio e Giorgio in Francia”, Mons. Pietro Amenta, Officiale della Santa Se-de, ci ha introdotti al tema “Eustachio dalla nobiltà del sangue alla nobiltà della fede”, il prof. Michele Ingenito, docente di letteratura inglese all’Università di Salerno, ha esposto “S. Giorgio nella tradizione culturale inglese”, il prof. Armando Santarelli ha discusso ampia-mente lo studio dedicato al “profilo A-giografico di S. Eustachio Martire”, la dott. Teresa Colamarco, Membro dell’AIPD (Associazione italiana dei Pa-leografi e Diplomatisti), ha sviluppato una relazione su “Pievi e parrocchie tra Medioevo ed Età Moderna: S. Eustachio di Montoro”, mentre “Le figure di S. Giorgio e di S. Eustachio nella tradizione innografica liturgica” sono stati analizzati dal Dom. Luigi De Martino, Direttore della Biblioteca Diocesana “Alessandro VII” di Siena. Come anche è avvenuto nei passati “brainstorming”,l’occasione dell’incontro pensato per approfondire la conoscenza relativa ai culti dei santi ha ricevuto un prezioso apporto da parte di studiosi orientalisti, i quali hanno avuto

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l’abilità di mostrare una nuova prospetti-va sul rilievo della devozione ai Martiri. La prof. Maria Pia Pagani, docente e o-rientalista, infatti, ha incentrato il suo intervento su “Eroi russi in lotta contro il drago”, mentre, Michail Talalay, mem-bro dell’Accademia Russa delle Scienze, e Padre Andrej Bojtsov, Parroco della Chiesa Ortodossa di Napoli, hanno rela-zionato sul tema “Evstafij, Astaf, Ostap: volti orientali di S. Eustachio”. Non di minor pregio si è rivelato l’apporto culturale del Marchese Gugliel-mo de Giovanni Centelles, accademico pontificio di Belle Arti e Lettere, il quale ha presentato il suo lavoro intitolato “San Giorgio e il Mediterraneo”. Oltre alla cultura ortodossa, finanche la storia dell’arte ha avuto modo di arric-chirsi di una nuova pagina, grazie agli studi presentati nel corso del convegno, in quanto tra i relatori il prof. Vincenzo Pacelli, ordinario di Storia dell’arte mo-derna presso l’Università Federico II di Napoli, ha proposto nuove riflessioni su “Il cavaliere S. Giorgio tra mito e Cristia-nità”, lo storico dell’arte prof. Claudio

Caserta ha esposto la sua relazione dal titolo “Il monastero e la chiesa di S. Gior-gio in Salerno”, il dott. Antonio Braca, storico dell’Arte, si è soffermato su “La visione di S. Eustachio” nella pittura fra Quattro e Cinquecento a Napoli e in Costa d’Amalfi”, la dott.ssa Vittoria Ca-melliti, dottore in Storia dell’Arte - Uni-versità di Udine, ha presentato il suo lavoro “S. Giorgio e la protezione dei santi cavalieri nei Comuni e nelle Signo-rie dell’Italia centro-settentrionale”, il prof. Valentino Pace, Ordinario di Storia dell’Arte Medievale – Università di Udi-ne, ha discusso “S. Giorgio e la protezio-

ne dei santi cavalieri in Italia meridiona-le” e il prof. Antonio Milone, storico dell’arte dell’Università Federico II di Napoli, ha approfondito il tema “Sulla scia di S. Eustachio: committenza dei D’Afflitto in Costa d’Amalfi in età me-dievale”. Tutti gli studiosi hanno saputo far coglie-re al pubblico l’importanza che le espres-sioni artistiche, la costituzione e le varia-zioni delle forme, degli stili e dei concet-ti trasmessi attraverso le opere d'arte non devono essere considerate “ancillae” della devozione popolare, ma ricoprono un ruolo ugualmente importante per il fede-le che le sa apprezzare. Ancora, le attente valutazioni in campo medico del prof. Vincenzo Esposito, direttore dell’Istituto di Anatomia e del Museo anatomico di Napoli, sono state illuminanti per leggere e comprendere in chiave moderna le leggende legate alle “storie di draghi, droghe, miasmi e vele-ni”. Hanno arricchito il confronto internazio-nale, inoltre, studiosi locali da sempre intenti a fare di Ravello una capitale cul-

turale oltre che turistica quali il prof. Luigi Buono-core, proponendo uno studio intitolato “Il Palaz-zo D’Afflitto di Ravello. L’hospitium domorum della famiglia D’Afflitto nel contesto urbanistico della Ravello episcopale”, la dott.ssa Maria Carla Sorrentino ha discusso un lavoro incentrato su “La chiesa di S. Eustachio a Pontone: architettura, programma decorativo e

riuso”, il dott. Giuseppe Gargano ha rela-zionato su “S. Giorgio, S. Eustachio e la cavalleria amalfitana medievale”, il dott. Crescenzo De Martino, ha presentato uno studio dal titolo “I D’Afflitto, princi-pi di Scanno” e il dott. Salvatore Amato ha redatto il lavoro intitolato “Culto me-dievale di S. Giorgio in Campania”. È da notare come in occasione del conve-gno, i membri dell’Associazione riescano a far convergere l’attenzione dei parteci-panti anche su altre iniziative collaterali incentrate sui temi principe, scelti a ves-sillo, dalla stessa. Ne sono un esempio le visite guidate atte a descrivere le peculia-

rità uniche delle icone di san Pantaleone conservate nella Cappella feriale del Duomo di Ravello e le escursioni cultu-rali tenute sia nella pinacoteca d’Arte Medioevale e Moderna e sia nel Museo dell’Opera del Duomo. L’incontro culturale si è tenuto con il patrocinio e il contributo dell’Ente Pro-vinciale per il Turismo di Salerno e del Comune di Ravello. Quest’anno, inoltre, il presidente Mons. Imperato e il prof. Caserta nella duplice veste ufficiale di vice presidente dell’Associazione Culturale Duomo di Ravello e di coordinatore generale dei lavori, hanno presentato al pubblico la pubblicazione sia degli atti del convegno “Pantaleone da Nicomedia santo tra cielo e terra: reliquie, culto, iconografi-a” (secondo convegno di studi - 2005) e sia degli atti “I santi venuti dall’Oriente Trifone e Barbara sul cammino di Panta-leone” (terzo convegno di studi – 2006), come già era avvenuto per il volume “Pantaleone da Nicomedia Santo e tau-maturgo tra Oriente e Occidente”, opera tratta dal primo convegno di studi del 2004, a cura di Claudio Caserta e Michail Talalay, edito in Napoli dalle autorevoli Edizioni Scientifiche Italiane e disponibili presso il Museo dell’Opera del Duomo di Ravello.

Maria Palazzo

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L’estate a Ravello è fatta di colori, sapo-ri, emozioni autentiche che si scoprono man mano, giungendo dalla periferia al centro città, dove la maestosa piazza in-sieme alla severa cattedrale accolgono i visitatori forse ignari di tanta beltà, di tanta tranquillità. L’estate a Ravello è fatta poi, soprattut-to, di volti. Alcuni conosciuti, che ogni anno allo scoccare della bella stagione rivedi volentieri, altri sconosciuti, ma già amici di questa città che ti entra nel cuo-re, senza lasciarti più. Dopo tante estati passate a Ravello, in compagnia di vecchi e nuovi conoscenti, del resto, è ancora facile lasciarsi stupire dalle mille sfaccet-tature che questo paese, disteso su una collina, leggermente adagiata sul mare, può assumere. “Volti” tra i volti che accolgono, affasci-nano, trasudano emozioni, difficilmente dimenticabili una volta che finita l’estate si torna a casa, con ancora in testa il suo-no delle sue campane, il profumo dei suoi gelsomini, il calore delle sue perso-ne, generose nel condividere il loro teso-ro, la loro patria natia, con gli altri. Estate ancora fatta di cultura, di musica sublime che riempie le giornate, di po-meriggi oziosi spesi a mangiare un gelato sulla scala che porta al suo “tempio” so-lenne, di passeggiate e risate, di sorrisi cordiali, di scambi e di esperienze condi-vise, in una terra che baciata dal sole, emana lo stesso calore a chi voglia farvi visita. Un’estate infine che tempra lo spirito di chi è arrivato fin qua per riposare. Mi-gliora l’umore di chi invece ha voglia di un sano divertimento sotto un cielo stel-lato, riempie il cuore di chi è alla ricerca di sincera umanità. A chi ogni anno, dunque, arriva a Ravel-lo, per passare in sua compagnia la sua estate va il nostro benvenuto. A chi inve-ce, nel leggerci, ne fosse ispirato, rinno-viamo il nostro invito a passarla insieme; sicuri di offrire un’ospitalità e una cor-dialità onesta e sincera. Come sempre, a presto.

Iolanda Mansi

Domenica 25 luglio 2010 con il rito liturgico di benedizione e il con-certo tenuto dal M° Mons. Vincen-zo De Gregorio, Prelato della Cap-pella di S. Gennaro in Napoli, è stato solennemente inaugurato il nuovo monumentale organo del Duomo. Si riportano di seguito gli inter-venti del Parroco e del Vice presi-dente dell’Associazione Culturale “Duomo di Ravello”: “Nell’anno 1973, con l’inizio dei lavori di ripristino della nostra Basilica ex Cat-tedrale che hanno eliminato lo stile ba-rocco dalle tre navate, anche l’antico e pregevole organo settecentesco (1706) collocato sulle due ultime arcate della navata destra fu rimosso in attesa di una nuova sistemazione. In questi anni il Duomo ha così perduto questa significativa voce liturgica, la cui ricostituzione è sembrato immediata-mente un impegno ineludibile della co-munità. Si costituì subito un comitato promotore pro erigendo organo per la raccolta di fondi per la realizzazione dell’opera. Al compimento degli interventi di re-stauro, nell’anno 1998, parve giunto il momento per attualizzare l’impegno: ripartì il generoso slancio con donazioni, raccolte di libere offerte e di prestazioni

professionali ed artistiche. Un concorso di volontà e di dedizione che consente oggi, in concomitanza con la festività patronale, di offrire al Signore l’impegno e la dedizione di tanti che, non senza difficoltà, hanno consentito di realizzare questo progetto. L’organo del Duomo di Ravello che oggi viene inaugurato è, infatti, uno degli strumenti più avanzati sotto l’aspetto tecnologico, che consenta, del pari, una tipologia costruttiva che lo rende conso-no all’austerità del monumento. Con esso il duomo, riportato allo splendore originario, ammirato da tanti turisti che quotidianamente lo visitano, viene dotato di uno strumento liturgico degno e con-sono al prestigio di questo luogo di pre-ghiera. Il Concilio Vaticano II afferma: “Si abbia in grande onore l’organo a can-ne, come strumento musicale tradiziona-le, il cui suono è in grado di aggiungere mirabile splendore ai Riti della Chiesa e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle realtà supreme” (Sacrosanctum Conci-lium, 120). L’uso dell’organo inoltre, “per accompagnare il canto, può sostene-re le voci, facilitare la partecipazione e rendere più profonda l’unità dell’assemblea” (Musicam Sacram, 64). L’organo inoltre ha una sua caratteristica particolare. La molteplicità dei suoni e la capacità di fonderli in armonia fanno di

Un invito a Ravello

INAUGURATO IL NUOVO ORGANO DEL DUOMO

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esso uno strumento dall’evidente carat-tere comunitario, simbolo dell’unità nella diversità. “Come il suono delle diverse canne forma un’unica armonia, così concedi a noi, o Signore, oggi radunati in festa nella tua casa, di essere membra vive della tua Chiesa nell’amore vicendevole e nello spirito fraterno” pregheremo questa sera.(Preghiera di benedizione dell’organo). Di questo organo che oggi inauguriamo, dobbiamo tributare imperitura ricono-scenza anche al Maestro Prof. Vincenzo De Gregorio, già Direttore del Conser-vatorio San Pietro a Majella in Napoli, che ne ha curato la progettazione stru-mentale e che questa sera ci onora nell’esecuzione inaugurale. Tutti provia-mo immensa gioia al pensiero che la Li-turgia della nostra Chiesa trova final-mente completezza con la sensibilità di questo indispensabile prezioso strumen-to liturgico. Il nuovo organo è affidato da oggi alla comunità ravellese, che ne saprà trarre ogni giovamento spirituale per la crescita della vita cristiana ed an-che culturale, arricchendo la conoscenza della musica sacra, che è parte impor-tante della cultura cristiana e fondante la

civiltà occidentale. Nel procedere alla benedizione, con l’affidamento al Signo-re di tale opera e dei suoi fini, ringrazio il nostro Arcivescovo, Monsignor Orazio Soricelli, per la Sua partecipazione a questo momento storico della nostra comunità, e tutti gli amici ospiti che vi-vono con noi questo gioioso momento di vita ravellese.”

Mons. Giuseppe Imperato

“Rev.mo Si-gnor Parroco, Mons. Giusep-pe Imperato, “per quanto possa essere lunga la notte, il giorno verrà sempre”: la notte è stata lunga davvero, ma poi il gior-no è venuto. Ed ha ripagato il Parroco del Duomo dell’immenso e generoso impe-gno, profuso in dieci anni di accorata dedizione per restituire, finalmente, alla monumentale ex Cattedrale di Ravello l’antica voce liturgica, andata perduta nel corso di estenuanti lavori di restauro, succedutisi per decenni, nel Secolo scor-so, non senza sciagure, ed a cui sta toc-cando porre rimedio. Intorno a tanto significativo progetto si sono riuniti animi generosi, che, con accorata dedizione, hanno, a noi tutti, consentito di essere qui, questa sera, a

gioire ed a c o n f i d a r e : gioire per la restituzione al prezioso Duomo di una ineludi-bile compo-nente; confi-dare che l ’ o r g a n o possa contri-buire a ri-marcare il ruolo centra-le ed incan-

cellabile della Chiesa ravellese nella cul-tura contemporanea, troppo, e troppo a lungo, laicizzata e spogliata della compo-nente etica e che vaga senza valori in una dimensione ormai vuota. E’ giusto, dun-que, e doveroso, ricordare quanti, nei vari ambiti hanno contribuito all’impresa, ponendosi effettivamente accanto al Parroco: il maestro prof. Vincenzo De Gregorio (progettista dello strumento); gli archi-tetti Francesco Prosperetti (il Soprinten-dente che avviò il procedimento ammini-

strativo), Albero White (che ideò il dise-gno originario), Giovanni Villani (che ha consentito lo sviluppo del procedimento e ne ha difeso l’integrità), Annamaria Affanni (il Soprintendente cui si deve la definitiva approvazione dell’opera), Ni-cola Pellegrino (progettista esecutivo che ha portato a compimento l’opera); l’ingegnere Ernesto Ricciardi (che svi-luppò il progetto, lo armonizzò al sito e trasse i calcoli statici) e l’ingegnere Al-berto Spinelli (consulente operativo am-bientale); la prof.ssa Rosa Anna Genove-se (l’architetto consulente in restauro dei monumenti) ed il prof. Antonio Della Gaggia (l’artista autore delle ideazioni per la balaustra); le imprese e le mae-stranze specializzate: Angelo Cantarella, Carmine Catapano, Giuseppe Persiano, Ponziano Bevilacqua, quest’ultimo l’organaro aquilano che, sotto la direzio-ne del Maestro De Gregorio, ha realizza-to lo strumento; molti altri rimarrebbero da nominare, perché davvero in tanti hanno voluto far proprio e difendere, nei vari ruoli, il progetto di restituire al Duomo di Ravello il suo organo, ma l’animo di molti di essi è di restare nel cuore del Parroco, il nostro Monsignor Imperato, il cui impegno, la cui dedizio-ne, la cui generosità sono andati ben oltre il già gravoso Ministero. Nel ren-derGli imperitura gratitudine, tutti ci impegniamo ad avere incancellabile tanta Umanità e serbarne memoria ai posteri. Monsignor Imperato, la comunità ravel-lese conosce appieno che a Lei, ed a Lei soltanto, si deve il compimento dell’impresa”.

Prof. Claudio Caserta

Page 12: Incontro di Agosto 2010

CELEBRAZIONI DEL MESE AGOSTO GIORNI FERIALI Ore 18.30: Santo Rosario Ore 19.00: Santa Messa GIORNI FESTIVI Ore 19.00: Santo Rosario Ore 19.30: Santa Messa GIOVEDI’ 5-12-19-26 ore 19, 00: Santa Messa e Adorazione Eucaristica

1 AGOSTO: XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 08.00-10.30-19.30: Santa Messe 6 - 14 AGOSTO: NOVENA IN PREPARAZIONE ALLA SOLENNITA’ DELL’ASSUNZIONE DELLA B.V. MARIA Ore 18.30: Santo Rosario e Coroncina Ore 19.00: Santa Messa DOMENICA 8 AGOSTO: XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Ore 08.00-10.30-19.30: Santa Messe

15 AGOSTO: ASSUNZIONE DELLA B.V. MARIA Ore 08.00-10.30: Santa Messe Ore 19.30: Santa MessA e breve processione

22 AGOSTO XXI DOMENICA del T.O. B.V.MARIA REGINA Ore 08.00-10.30-19.30: Santa Messe

29 AGOSTO XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 08.00-10.30-19.30: Santa Messe

L’organo è stato costruito dalla ditta orga-nara abruzzese “Ponziano Bevilacqua” di Torre de’ Nolfi (AQ). Ponziano Bevilacqua, maestro organaro nato a Torre dei Nolfi (L'Aquila), inizia l'attività organaria appena quattordicenne sotto la guida del padre Eligio con il quale contribuirà in maniera determinante alla crescita della bottega ed al perfezionamen-to delle tecniche e sistemi costruttivi non-ché allo studio delle sonorità sempre più ispirate alla tradizione classica italiana. Negli anni 70 con il "passaggio del timo-ne", mette a frutto le esperienze acquisite iniziando la costruzione di organi a tra-smissione meccanica; fra i molti strumenti realizzati, preme annoverare gli organi costruiti per la chiesa della Divina Provvi-denza a Firenze, per la Cattedrale di Vasto (CH), S. Maria Assunta in Positano (SA), Conservatorio “E.R. Duni” di Matera, Duomo di Ravello (SA), Sacro Cuore in Martinsicuro (TE), Cattedrale di Avellino, strumenti che hanno riscosso successo, consensi e ammirazione dagli esperti sulle tecniche innovative studiate per l'occasio-ne. Ultimo lavoro il grande organo per il Duomo di Napoli, strumento di oltre 6500 canne. Entusiastici sono i commenti sulle caratteristiche della intonazione delle can-ne distinguibili per chiarezza e brillantezza.

Nel corso degli anni ha maturato la sua sensibilità artistica sugli strumenti storici, studiando e perfezionando tecniche e sche-mi di restauro tendenti esclusivamente alla conservazione dell'originario senza conces-sione di alcun genere. I lavori di restauro su importanti strumenti storici sono oltre 60, inoltre dall'inizio dell'attività, ha co-struito 90 nuovi strumenti. All'attività di organaro affianca un'opera di divulgazione delle tecniche costruttive, in particolare dell'intonazione, rivolta ai docenti e stu-denti dei conservatori. Seminari e corsi ha promosso e tenuto a Lioni (AV) e Positano(SA) in collaborazione con i comuni che hanno richiamato alle sue lezioni teorico-pratiche allievi, organisti e docenti da ogni parte d'Italia. Nel passato e recentemente RAI Nazionale e Regionale , gli hanno dedicato lunghi servizi giornalistici. L’inaugurazione dell’organo del Duomo di Ravello coincide con il 55° anniversario di attività della Bottega e col il 90° anno dall’inizio dell’attività paterna. I materiali impiegati nella realizzazione dello stru-mento sono di ottima qualità, com’è nella tradizione della Bottega, i somieri, le stec-che e le false stecche sono stati realizzati in legno di rovere, i ventilabri in legno di sequoia guarniti di feltro e pelle di agnello bianco scamosciato, le tastiere sono rico-

perte con legno di frassino per i cromatici ed ebano per i diatonici con i frontalini lavorati a chiocciola, i pomelli dei registri sono in ebano con dicitura incisa, la peda-liera concavo-parallela è in rovere di Sla-vonia, i pedali cromatici sono ricoperti in ebano. Il sistema trasmissivo è del tipo meccanico sospeso per le tastiera del Grand’Organo, di rimando per le altre tastiere e per il pedale, il comando dei registri è elettrico. Le canne in metallo sono state realizzate con leghe di piombo e stagno, con percentuali di stagno variabili tra il 52% per le canne interne e 83% per quelle di facciata.Lo strumento ha altresì diverse canne in legno; il Flauto Matese 8’, il Flauto a Camino 8’, Il Basso 8’, il Flau-tone 8’ sono in abete cadorino di primissi-ma scelta. Lo strumento, costruito nella logica dei criteri del “Werkprinzip”, oltre al comando meccanico, può essere aziona-to anche elettricamente, mediante l’apporto di una consolle che sarà posizio-nata nella zona dell’altare maggiore. L’organo è in grado di gestire fino a 256 combinazioni aggiustabili suddivise in 8 banchi a 32 livelli di profondità ciascuno. La consolle elettrica sarà inoltre dotata di registratore e riproduttore di esecuzioni a sistema MIDI.

Notizie sulla ditta esecutrice dell’organo