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INCONTRO LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL UNIVERSITÀ CATTOLICA INCONTRO - LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA - Anno XXXI n. 3-4-2018 Milano - Pubblicazione bimestrale Sped. in abbonamento postale art. 1, comma1, del DL n.353/2003 convertito in L. n. 46/2004, DCB di Milano. In caso di mancato recapito si restituisca al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa. Contiene I.P. ENTE FONDATORE DELL’UNIVERSITA` CATTOLICA DEL SACRO CUORE ISTITUTO TONIOLO www.istitutotoniolo.it IL NUOVO CONCORSO RACCONTA LA TUA PAROLA PONTE www.storieperparoleostili.it

INCONTRO - concorsoamiciuc.it · È la seconda edizione di “Parole a Scuola”. Sarà una giornata di formazione per insegnanti e stu - denti con esperti della rete, giornalisti,

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INCONTROLA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA

INCONTRO - LA RIVISTA DEGLI AMICI DELL’UNIVERSITÀCATTOLICA - Anno XXXI n. 3-4-2018 Milano - Pubblicazione bimestrale

Sped. in abbonamento postale art. 1, comma1, del DL n.353/2003 convertito in L. n. 46/2004, DCB di Milano.

In caso di mancato recapito si restituisca al mittente che si im

pegna a pagare la relativa tassa. Contiene I.P.

ENTE FONDATORE DELL’UNIVERSITA CATTOLICA DEL SACRO CUORE

ISTITUTO TONIOLO

www.istitutotoniolo.it

IL NUOVO CONCORSO

RACCONTA LA TUA PAROLA PONTE www.storieperparoleostili.it

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2 SETTEMBRE 2018 Incontro

INDICE

l titolo del concorso di questo anno dedicato al costruireponti si sta rivelando di drammatica attualità. L’estate 2018sarà ricordata anche come quella del crollo del ponte Mo-randi di Genova, con il suo carico di morti, di dolore, dismarrimento, di rabbia. Appare come la tragica metafora diciò che accade quando i ponti cadono, le comunicazioni si

interrompono e occorre iniziare nuovamente a vivere avendo allespalle un nuovo orizzonte di angoscia e di fatica. In fondo è ciò chesuccede quando a spezzarsi non sono solo i ponti in ferro e cemento,ma anche quelli tra le persone nelle relazioni quotidiane, nei rapportiuomo-donna, nella politica, nella rete. La violenza di cui moltifanno sfoggio proprio sulla rete, sta portando alla luce tensioni einquietudini che abitano oggi le persone in profondità: gli adultipiù dei giovani, che, alla scuola dei loro cattivi maestri, cresconoimmaginando come chi sa fare la voce grossa sia quello che risolvei problemi, sia il vincente, sappia far rispettare i propri diritti. Perquesta strada, siamo arrivati a mettere in scena situazioni, relazioni,comportamenti che, lungi dal mostrare quanto valgono le persone,mostrano lo spettacolo disgustoso di un’umanità degradata e avvi-lente. Certo non mancano i motivi di disagio e di preoccupazioneper il futuro. Ma forse abbiamo dimenticato che noi siamo i figli e inipoti di quella generazione che, nel secolo scorso, ha patito fame,privazioni, conflitti e che ha affrontato queste situazioni con dignitàe coraggio. Le nostre difficoltà di oggi, al confronto, sono nulla:eppure noi mostriamo di avere molte meno risorse per affrontarle.In questo periodo i più pensosi si stanno rendendo conto come lasfida che abbiamo davanti a noi sia quella di riconciliarci con illimite connaturato con la vita umana, imparare ad abitarlo e a ren-dersi conto della ricchezza che vi è al di qua del confine, superandola pretesa di un’onnipotenza illusoria generatrice solo di rabbia erancori. Anche l’altro costituisce un confine, per il fatto stesso diesistere, con la sua originalità e la sua differenza. Non rende feliciopporgli la rabbia delle nostre delusioni e dei nostri fallimenti. E sescoprissimo che l’altro è un dono? Con il suo particolare modo diessere, con le sue doti e i suoi difetti; uguale a noi in dignità, valori,umanità. Accorciare le distanze significa non solo fare uno o moltipassi verso l’altro, ma avviare un viaggio alla riscoperta della pro-pria umanità più vera. Nel desiderio di diventare ciò che non siamo,forse abbiamo dimenticato la grandezza del dono che ciascuno dinoi è, che ogni “altro” è. Per questa strada potremo scoprire che ilvolto dell’altro ha i nostri stessi lineamenti, e che solo sulla stradadi una nuova compagnia potremo realizzare noi stessi e una convi-venza meno faticosa e più armonica.

VIAGGIO ALLA RISCOPERTA DELLA PROPRIA UMANITÀ

EDITORIALE

IPaola Bignardi

DIRETTORE RESPONSABILEErnesto Preziosi

REDAZIONESilvia BonziLucia FeliciSilvia PiaggiJean Pierre PoluzziVito PongoliniFederica Vernò

SEDE REDAZIONALEIstituto Toniolo Pubbliche RelazioniLargo Gemelli 1 – 20123 MilanoTel. (02) 7234.2816 Fax (02) 7234.2827e-mail [email protected]

CopertinaSpazioUAU

GRAFICAStudio Migual

STAMPALitostampa Istituto Grafico s.r.l.Bergamo

Registrazione del Tribunale di Milanon. 348 del 13 maggio 1988

La quota associativaè pari a 10 euro, di cui solamente ai finipostali 1 Euro per quota abbonamento allarivista. I contributi destinati a sostenere l’attivitàdell’Ente possono essere versati sul c.c.p.n. 713206 intestato a: Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori– INCONTRO

Associato all’Unione Stampa Perio-dica Italiana

PROPOSTE PER LE SCUOLE

Il concorso Accorciamo le distanze

OSSERVATORIO GIOVANIVerso il Sinodo dei Giovani

ASSOCIAZIONE AMICI DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICARegalare una speranza: le borse in memoria

ACCORCIAMO LE DISTANZEGuardare il mondo

con gli occhi degli altri

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3SETTEMBRE 2018 Incontro

econdo l’Osservatorio Giova-ni dell’Istituto Toniolo, il 61,7% dei giovani italiani ha fattoesperienza di hate speech (tonioffensivi e violenza verbale)online. Di loro, il 23,8 % tutti

i giorni o quasi. Questa aggressività nonsi ritrova solo online, ma anche nei luoghidi lavoro e nelle relazioni di tutti i giorni.In occasione della seconda edizione del-l’evento di Parole ostili, che si è tenuta aTrieste nel mese di giugno, Rosy Russo,ideatrice del progetto di sensibilizzazionecontro la violenza delle parole, ha detto:«Stiamo assistendo a un corto circuito spa-ventoso. Siamo arrivati a una deriva co-municativa senza precedenti. Ma il lin-guaggio d’odio non è nelle nostre corde.Quei linguaggi che partono dalla pancianon ci appartengono. Noi preferiamo par-tire dalla testa e magari parlare anche unpo’ con il cuore. Il tema dell’ostilità nellinguaggio – ha continuato – è centrale inquesto momento storico». Perché, citando

Philip Roth, «tutto quello che ho per di-fendermi è l’alfabeto; è quanto mi hannodato al posto di un fucile». In particolarequest’anno ci si è soffermati a riflettere suuno dei principi del Manifesto, il puntonumero 5: «Le parole sono un ponte». C’è

un grande bisogno di ponti, di idee, di so-luzioni che permettano di superare le di-visioni, il linguaggio della chiusura e del-l’esclusione. Sono tante le parole che in-quinano spesso le nostre relazioni, paroleche non riusciamo più a controllare e checi separano. Spesso si utilizzano terminiche non aiutano a costruire ponti. Peresempio, quando usiamo parole come “be-stie” e stiamo parlando di persone. Per aiutare le nuove generazioni a reagirea questa ondata di violenza e a cercare unincontro anziché uno scontro, l’ATS Paroleostili – di cui fanno parte Istituto Tonioloe Università Cattolica – s’impegna ancheper il prossimo anno ad affrontare le te-matiche dell’ostilita in rete attraverso azio-ni di prevenzione del cyber-bullismo nellescuole.Lo scopo è quello di fornire agli insegnantistrumenti per educare alla cittadinanza di-gitale e creare nuovi percorsi didattici cheportino il Manifesto della comunicazionenon ostile nelle aule.

Accorciamo le distanzeQuando le parole sono un ponteSilvia Bonzi, giornalista Istituto Toniolo

S

PROPOSTE PER LE SCUOLE

È la seconda edizione di “Parole a Scuola”. Saràuna giornata di formazione per insegnanti e stu-denti con esperti della rete, giornalisti, comunica-tori, docenti, psicologi e altre professionalità. Espe-rienze, settori e stili diversi per affrontare il temadell’ostilità nei linguaggi in tutte le sue sfumature.Dopo un momento di assemblea plenaria si svol-geranno diverse lezioni frontali, panel e workshopinterattivi. Per iscriverti www.paroleostili.it

Parole a ScuolaBari, 30 novembre 2018Nuova Fiera del Levante

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4 SETTEMBRE 2018 Incontro

La scelta del tema del XXII concorso na-zionale per le scuole è riassunta dalloslogan: “Accorciamo le distanze. Quandole parole sono un ponte”. Ci sono muri eci sono ponti. Il muro divide e respinge.Il ponte unisce e serve a incontrarsi. Orala parola “ponte” assume un peso ancorapiù significativo e non possiamo non as-sociarla a “quel” ponte. Il ponte di Ge-nova crollato lo scorso 14 agosto. Quelcrollo ci fa ricordare quanti hanno persola vita o la casa. Ma il farne memoria cicostringe anche a ripartire. Proprio perfar riflettere i ragazzi sull'importanza diricostruire una città spaccata in due, maanche sulla necessità di ricucire relazioniinterrotte, lo slogan del concorso è “Ac-corciamo le distanze - Quando le parolesono un ponte”. Ci sono relazioni che sirompono, dialoghi che si interrompono.A volte volano parole pesanti, insidiose,forti o dette anche a bassa voce, ma chelasciano alcuni strascichi affatto indolori.A volte le nostre relazioni sono segnateaddirittura dalla violenza. Ma se lo vo-gliamo, è possibile ricucire questi rap-

porti. ACCORCIARE LE DISTANZE.Di fronte a situazioni e messaggi di chiu-sura, divisione, esclusione sempre piùfrequenti, il concorso chiede ai ragazzidi raccontare quale sia la parola che, se-condo loro, crea ponti anziché lanciarepietre; quale sia il termine che possa es-sere usato per comprendere, per farsi ca-pire, per avvicinarsi agli altri. Così PapaFrancesco ha provocato i giovani durantela XXXI Giornata mondiale della gio-ventù di Cracovia: «Noi adesso non cimetteremo a gridare contro qualcuno, nonci metteremo a litigare, non vogliamo di-struggere. Noi non vogliamo vincerel’odio con più odio, vincere la violenzacon più violenza, vincere il terrore conpiù terrore… La vita di oggi ci dice cheè molto facile fissare l’attenzione su quel-lo che ci divide, su quello che ci separa.Vorrebbero farci credere che chiuderci èil miglior modo di proteggerci da ciò checi fa male… abbiate il coraggio di inse-gnarci che è più facile costruire ponti cheinnalzare muri!». E noi chiediamo ai ra-gazzi di cogliere questa sfida.

PROPOSTE PER LE SCUOLE

PER GLI STUDENTI DELLA SCUOLA PRIMARIA Ti ricordi un episodio in cui haimancato di rispetto ad un altrobambino o bambina? Prendi un fo-glio e disegna quello che è succes-so. Pensa alla parola che avresti po-tuto usare per creare un ponte efare posto all’altro anziché lanciareuna pietra e chiudere una porta.Scrivi questa parola ponte sul retrodel foglio e spiega in breve che cosasignifica per te.

PER GLI STUDENTI DELLA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO E SECONDO GRADOQual è la tua parola ponte? Scrivilae racconta in un breve testo o attra-verso un video come hai ricostruitoun ponte con una persona con cuiavevi innalzato un muro. Puoi rac-contare una tua esperienza di vitao quella di un tuo amico/a che ma-gari hai condiviso su qualche socialnetwork.

PER SAPERNE DI PIÙCollegati al sito e scarica il regolamento: www.storieperparoleostili.it

PARTECIPA AL CONCORSO

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ACCORCIAMO LE DISTANZE

iviamo in un’epoca chesembra non credere alla for-za e al potere delle parole.Forse per questo non pen-siamo che queste possanoferire, qualche volta ucci-

dere, ma anche curare e costruire. Forseper questo le usiamo con tanta leggerez-za; le buttiamo lì, come se non lascias-sero un segno – di vicinanza, di lonta-nanza, di guarigione, di disprezzo –, co-me se non producessero un effetto. Sonosolo le nostre parole quelle a cui non dia-mo peso. Quelle degli altri, invece, le te-miamo perché potrebbero giudicarci, of-fenderci, metterci di fronte a noi stessi,commuoverci, toccarci. Mentre le nostreparole le spargiamo a piene mani, daquelle degli altri ci difendiamo, mettendoin campo i nostri pregiudizi; la nostraconvinzione di avere ragione; di saperegià cosa l’altro dirà, preparandoci a con-trastarlo in nome delle nostre ragioni cheriteniamo siano sempre le migliori e lepiù giuste.Riuscire ad ascoltare le parole degli altriè un lavoro faticoso, ma che vale la penadi fare. Nella quotidianità, ma ancora dipiù lì dove torti gravi o gravissimi rice-vuti abbiano messo in discussione la pos-sibilità stessa di considerare l’altro comeun essere umano, rendendo difficile, senon quasi impossibile, anche solo pen-sare ad un dialogo franco e serrato. Ne-gare a se stessi e ad altri la parola detta oascoltata è un radicale disconoscimentodell’umanità dell’altro, ma anche dellapropria. È una forma estrema di condan-na e di autocondanna a non essere nientedi più che una cosa o un ruolo: l’eterna-mente colpevole/l’eternamente vittima.Come insetti chiusi in una goccia d’am-bra. Che possono riprendere vita e per-sonalità solo riconoscendosi reciproca-mente uomini, grazie alla fragilità delleparole.

Guardare il mondo con gli occhi degli altri

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sarmarsi, per usare una felice espressio-ne che fu del patriarca ortodosso di Co-stantinopoli Atenagora, abbandonandotutto ciò che ci blocca e ci impedisce difarlo.Disarmarci ci insegna anche ad usare leparole con molta prudenza, con rispetto,soppesandole, e accertandoci che espri-mano davvero i nostri pensieri e che nonferiscano inutilmente gli altri.

Essendo da nove anni parte attiva di ungruppo di dialogo tra ex appartenentialla lotta armata e vittime e familiari divittime (quale io sono) di quella stagio-ne – immaginato e realizzato da padreGuido Bertagna, Adolfo Ceretti, ClaudiaMazzucato – so per esperienza quantosia complesso farlo; quanto sostegno equanto qualificato aiuto occorra per gliuni e per gli altri, ma anche quali inspe-rati risultati possano nascerne. Ascoltaregli altri senza paura di perderci è l’unicomodo che abbiamo per guardare il mon-

do e gli avvenimenti anche con gli occhidegli altri, oltre che con i nostri. E percercare insieme risposte a quella terri-bile domanda che è il nocciolo duro diqualunque desiderio di giustizia, chenon chiede tanto fatti, ma piuttosto:“Come hai potuto farlo?”. Pronunciaree ascoltare, ascoltare davvero, anche leparole più difficili è una scuola di vita.Che ha bisogno della decisione di di-

Agnese Moro, giornalista pubblicista

DisarmarsiAscoltare gli altri èindispensabile se vogliamostabilire un qualunquerapporto. E, ancora di più, sevogliamo ristabilire relazionidifficili o rapporti sfilacciati ocompromessi. Per ascoltaredavvero gli altri dobbiamomettere da parte le nostresicurezze, i nostri pregiudizi el’idea di sapere già tutto.Dobbiamo disarmarci anchedell’orgoglio, della voglia diavere ragione e del rancore.Disarmandoci aiutiamoanche gli altri a farlo,costruendo insieme un pontesu cui possono passare paroledi dialogo.

LA MIA PAROLA PONTE

SETTEMBRE 2018 Incontro

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6 SETTEMBRE 2018 Incontro

l Manifesto della comunicazionenon ostile è uno strumento riccoe prezioso nella sua essenzialità.La significatività del “decalogo”che vi si propone colloca il Mani-festo nella categoria delle “mete”,

dei “traguardi” da raggiungere all’insegnadell’impegno e, se vogliamo, della fatica,e al di fuori da ogni retorica e ovvietà. I punti di partenza da cui muovere per ap-prodare all’attuazione del Manifesto dellacomunicazione non ostile hanno un saporediverso: meno ordinato e lineare, ma nonmeno significativo anche nei loro profilidi negatività. Prima di quell’auspicato econdivisibile punto di arrivo, infatti, vi so-no itinerari non scontati da compiere: oc-corre attraversare il “guazzabuglio” eticoe sociale creato in ogni dove dalla presenzadell’“altro”, degli altri, presenza talvoltascomoda, mai facile e in certi casi infelice:stare con gli altri mette alla prova, correl’obbligo di riconoscerlo pena la banaliz-zazione delle sfide della convivenza e laloro riduzione a un irenismo falso che nonapre, e non aiuta, le vie dell’incontro. Co-me spiega con illuminante onestà intellet-tuale Gérard Haddad in un libro recente,la fraternità è questione paradossale – con-tesa tra rivalità e solidarietà – e il senti-mento di affetto/convivenza fraterno è unaconquista, non una base di avvio (Le com-plexe de Caïn. Terrorisme, haine de l’autreet rivalité fraternelle, Premier Parallèle,Paris 2017).Il traguardo del Manifesto presuppone dun-que la disponibilità di un viaggio, che ascuola deve vedere fianco a fianco docenti,studenti e famiglie, capaci di inerpicarsisenza giudizio nell’esplorazione di alcunidati di realtà: i gineprai delle ingiustizie,del dolore, dell’umiliazione, dell’esclusio-

ne, da un lato; i ghiaioni franosi della rab-bia, della violenza, del fastidio, del disgu-sto, dove le parole, prima ancora dei gesti,sono pietre contundenti. Accanto al doveressere di ciascuna regola del Manifesto,l’esperienza a scuola ci può mettere difronte a realtà corrispondenti di segno op-posto, le quali appunto rappresentano al-trettanti aspetti dell’essere da ascoltare ecomprendere, prima di ogni giudizio e,quindi, di qualsivoglia intervento. Possia-mo così abbozzare, accanto al decalogo-approdo del Manifesto, un ventaglio com-plesso di situazioni di partenza:

I

Ascoltare parole difficili Un’avventura di giustizia(riparativa) a scuolaClaudia Mazzucato, docente di Diritto penale,Università Cattolica del Sacro Cuore

ACCORCIAMO LE DISTANZE

IO, TUUn richiamo al principio dialogico e a Martin Buber. In pratica: pensare alle conseguenze delle mie parolesu di te. Dire cosa ho fatto e ho provato “io”, al posto di dire, accusandoti, cosa mi hai fatto “tu”. Provare per credere: “mi sento ferito”,non “mi hai ferito”.

LA MIA PAROLA PONTE

1. Distanze reali, rapporti e vicinanze virtuali2. Parole che (forse) non mi rappresentano3. Parole senza pensiero, agiti senza pensiero4. Gridare senza parlare, parlare senza ascoltare5. Parole come muri, parole come spade, parole come ferite6. Parole con conseguenze che non si riescono (o non si

vogliono) vedere e incontrare7. Parole pronunciate senza avvertire responsabilità8. Rabbia e aggressività degli uni, umiliazione degli

altri9. Vox populi, vox hominum (cfr. l’essenziale distinzione

di G. Zagrebelsky, Il «crucifige» e la democrazia, Ei-naudi, Torino 1995).

10.Il silenzio degli indifferenti, il silenzio degli offesi.

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7SETTEMBRE 2018 Incontro

Senza giudizio, si è detto: il punto è es-senziale; il giudizio (che è poi purtropposinonimo di condanna e di sanzione,dunque a loro volta di stigma ed esclu-sione) non favorisce la trasparenza,l’emersione delle situazioni problema-tiche e delle richieste di aiuto e, in ultimaanalisi, rende sterile la possibilità di re-sponsabilizzarsi, il sostegno al cambia-mento degli uni, i “bulli”, e l’aiuto allealtre, le vittime. Anche gli “agiti” piùaggressivi e inspiegabili “parlano” e con-tengono un messaggio “serio” da deci-frare per poterlo disarmare e impedire

senza ricorrere a logiche mimetiche diritorsione (le quali sono fallimentari, mafrequenti, perché erroneamente associa-te, da tempi immemorabili, all’idea stes-sa di giustizia). Decifrare, comprenderenon significa in alcun modo giustificare:si tratta piuttosto di deporre superficia-lità, retorica e “ricette” risolutive per av-venturarsi dentro le dinamiche impegna-tive e paradossalmente “fraterne” deldialogo con l’“altro difficile”. Chiunquesia. Più l’altro è difficile, più l’incontropuò rivelarsi una scoperta importante,latrice di una fecondità imprevedibile einsperata.La giustizia riparativa – restorative ju-stice – offre un metodo e degli strumentiinternazionalmente riconosciuti (NazioniUnite, Consiglio d’Europa, Unione Eu-ropea) volti a promuovere simili incon-tri: si tratta di percorsi liberi e volontarigrazie ai quali questa giustizia innovati-va propone a tutti i protagonisti di unasituazione conflittuale, anche penalmen-te rilevante, di partecipare attivamente,insieme, con pari dignità, a un lavorocostruttivo rivolto al futuro per “ag-giu-stare” le relazioni interrotte e ferite dallaviolenza, dall’offesa, dalla prevaricazio-ne (cfr. United Nations, Basic Principleson the Use of Restorative Justice Pro-grammes in Criminal Matters, 2002;UNODC, Handbook on Restorative Ju-stice Programmes, Vienna, 2006,www.unodc.org). Innumerevoli sono nel mondo intero leapplicazioni della restorative justice ascuola: come risposta alla devianza ealla delinquenza giovanili e come formadi sostegno alle vittime di illeciti com-messi a scuola, ma anche nei termini –maggiormente preventivi – di formazio-ne di studenti, insegnanti e genitori allarisoluzione pacifica dei conflitti e diapertura di “sportelli” di giustizia ripa-rativa negli istituti scolastici. In Italia leesperienze non mancano, anche se sonoancora isolate e legate a progetti pilota.Lo Statuto delle studentesse e degli stu-denti della scuola secondaria offre uninteressante appiglio per la promozionedella giustizia riparativa, laddove all’art.4 (Sanzioni) viene enunciato il «princi-pio della riparazione del danno» in nomedel quale «allo studente è sempre offertala possibilità di convertire [le sanzioni]in attività in favore della comunità sco-lastica». La riparazione non è una pena,

men che meno è il “contrappasso” didantesca memoria: la riparazione “ripa-rativa” (non punitiva) nasce dall’incon-tro in pari dignità e scaturisce, come unapprodo, dal viaggio avventuroso nelleacque agitate, ma ricche di vita, di unafratellanza realisticamente non banale,dunque non scontata.

A cura di Guido Bertagna - Adolfo Ceretti - Claudia MazzucatoIL LIBRO DELL’INCONTRO. VITTIME ERESPONSABILI DELLA LOTTA ARMATAA CONFRONTOPagine 466 | 22,00 euro |Il Saggiatore

Un gruppo numeroso di vittime, familiaridi vittime e responsabili della lotta armatadegli anni ’70 ha iniziato a incontrarsi, ascadenze regolari e con assiduità sempremaggiore, per cercare – con l’aiuto di tremediatori: il padre gesuita Guido Berta-gna, il criminologo Adolfo Ceretti e la giu-rista Claudia Mazzucato – una via altraalla ricomposizione di quella frattura chenon smette di dolere; una via che, ispi-randosi all’esempio del Sud Africa post-apartheid, fa propria la lezione della giu-stizia riparativa, nella certezza che il faregiustizia non possa, e non debba, risolversisolamente nell’applicazione di una pena.

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8 SETTEMBRE 2018 Incontro

ACCORCIAMO LE DISTANZE

a recente normativa in temadi cyberbullismo (legge71/2017) riapre e rafforzail tema della collaborazionetra scuola e famiglia, ancheattraverso la definizione di

modalità, tempi e ambiti sempre più pre-cisi di partecipazione alla vita scolastica,con maggiore condivisione degli inter-venti di formazione e prevenzione in ma-teria di bullismo e cyberbullismo.Si parte dal ripensamento del Patto diCorresponsabilità, operativo da settem-bre, in cui si focalizzeranno massima tra-sparenza e informazione non solo sulleattività e progettualità degli istituti sco-lastici, ma sulla cogenza delle norme intema di corresponsabilità educativa, in-dispensabile per garantire e tutelare i di-ritti e doveri dei genitori e della scuolanel rispetto reciproco e nel migliore in-teresse dei ragazzi che ne frequentano ivari ordini e gradi. Il Patto di Corresponsabilità dovrà esseresottoscritto contestualmente all’iscrizionea scuola, non solo come un atto obbligatoe formale ma come presa di consapevo-lezza delle responsabilità educative, dicrescita, di cura che entrambe le istitu-zioni educative (scuola e famiglia) si as-sumono nei confronti dei ragazzi. Dovràrecare i riferimenti normativi cogenti re-lativi agli obblighi di educazione, cura,vigilanza e declinare in maniera detta-gliata e condivisa diritti e doveri nel rap-porto tra istituzione scolastica autonoma,studenti e famiglie, oltre a stabilire chia-ramente modalità, tempi e ambiti di par-tecipazione alla vita scolastica. Il docu-mento prevede la condivisione degli in-

Il patto di corresponsabilitàeducativa tra scuola e famiglia

L

zione all’autorità giudiziaria competente)e, sentite le famiglie e valutata la gravitàdegli episodi, dovrà provvedere alla con-vocazione dei minori coinvolti, del refe-rente scolastico e dei rappresentanti diclasse per l’adozione delle misure neces-sarie (di sostegno e disciplinari).La riformulazione del Patto, oltre ad essereprevista come obbligo di legge, ha l’obiet-tivo di rafforzare la partecipazione respon-sabile di tutti i soggetti, genitori, inse-gnanti, collaboratori e dirigenti scolasticidi fronte alla nuove sfide educative.

terventi di informazione e prevenzionerelativi al cyberbullismo, secondo la legge71/2017, oltre a specifici riferimenti acondotte di cyberbullismo e relative san-zioni disciplinari commisurate alla gravitàdegli atti compiuti. Dovrà essere fatto ri-ferimento al ruolo del “referente per ilcyberbullismo” e del dirigente scolasticoche, in estrema sintesi, avrà il compito diinformare tempestivamente i genitori deiminori coinvolti in atti di cyberbullismo(salvo che il fatto costituisca reato e per-tanto si debba procedere con la segnala-

Stefania Crema, Presidente di Atipica Cooperativa sociale onlus; specialista in Criminologia; mediatore familiare e dei conflitti; docente universitario e formatore

Sinergia Ogni sillaba fa eco ad unsuono ma l’unione creativaed ordinata di più sillabe,risuona parola e senso ed armonia.

LA MIA PAROLA PONTE

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9SETTEMBRE 2018 Incontro

siste una “dimensione nasco-sta” nel linguaggio. È quellache lo rende strumento di vi-cinanza, canale di trasmissio-ne di affetto, amicizia, solida-rietà o al contrario lo investe

di una carica umiliante, distruttiva, re-spingente. Nel primo caso le parole sonoscelte con cura, soppesate per le impres-sioni che possono suscitare o per le con-seguenze che possono determinare; men-tre, nella versione del detto popolare «Ta-glia più la lingua della spada», possonoessere usate come armi per colpire, ferirepiù o meno gravemente oppure più sem-plicemente possono essere buttate in fac-cia senza attenzione, con superficialità eleggerezza. Lo psicologo statunitenseMarshall Rosenberg, ideatore della Co-municazione non violenta (CNV o “Lin-guaggio giraffa”), che dell’impegno persensibilizzare ad un uso corretto del lin-guaggio ha fatto la cifra della sua vita,intitolò un libro: Le parole sono finestreo muri. Già… possono aprire varchi, met-tere in comunicazione mondi, illuminarepaesaggi (non solo) interiori, ma ancherespingere, delimitare, chiudere, stabilirebarriere, isolare. È questione di intenzio-nalità e buona volontà (alla base dellebuone abitudini), ma anche di conoscenzadei danni che possono fare le “parole-mu-ri”, all’opposto di comportamenti rispet-tosi perseguiti con determinazione fino adiventare “stile” comunicativo. Le umi-liazioni e le offese che si infliggono conle parole rientrano nei cosiddetti “abusiemozionali”: atti finalizzati a umiliarel’altro, agendo nei suoi confronti intimi-dazione, ridicolizzazione, squalificazioneo qualsiasi altro trattamento che possa le-dere il suo senso di identità, dignità e au-tostima. L’abuso emozionale è anche notocome abuso psicologico e le persone chene sono vittime, specie per periodi pro-

lungati, tendono ad avere una bassa auto-stima, atteggiamenti difensivi e di chiu-sura, e una eccessiva tendenza alla sotto-missione. La violenza verbale costituisceun’espressione potente di maltrattamentocon effetti a lungo termine, che tuttaviaha ricevuto poca attenzione come formaspecifica di abuso. Gli abusi emozionali possono addiritturaprodurre ferite nella mente da cui hannoorigine rallentamenti, arresti nello svilup-po cognitivo, e una strutturale, persistentesuscettibilità, non di rado causa di rabbiae aggressività. Così come possono indurresomatizzazioni e patologie, in cui si inci-sta, in forma “criptata”, una memoria chesi sottrae alla vigilanza della ragione escava in profondità, producendo disturbi

della personalità e del comportamento chepossono dare vita – specie nei casi deimaltrattamenti subiti in famiglia – a rei-terazioni di generazione in generazione.L’abuso verbale può avere conseguenzepiù durature di altre forme di abuso, perquanto la principale letteratura scientificadi riferimento, di carattere medico-psi-chiatrico e giuridico, si concentri mag-giormente sull’impatto e la prevenzionedei maltrattamenti fisici (percosse e/o altreforme di violenza fisica) o abusi sessuali.Per questo è quanto mai urgente e neces-sario iniziare a riconoscere e contrastarei germi della violenza nelle relazioni in-terpersonali quotidiane, a partire dallascuola. La famiglia è di certo il contestopiù critico: più incisivo ma anche piùsfuggente. Per questo la scuola ha il com-pito di sensibilizzare i genitori e aumen-tare la consapevolezza in studenti e stu-dentesse. La trascuratezza relazionale, ilricorso a forme verbali mortificanti, l’in-differenza ai vissuti altrui sono compor-tamenti radicati nel quotidiano, e creanole condizioni per atti via via più gravi (de-risione, bullismo, cyberbullismo, stal-king…). In questo senso, quando la scenapubblica (programmi televisivi, pubbli-cità, addirittura l’agone politico) ricorree indirettamente legittima espressioni vol-gari nei rapporti interpersonali ostentatecon disinvoltura, concorre ad un generaledegrado relazionale proposto – e alla fineaccettato – come inevitabile, abbassandoil livello della sensibilità e dell’indigna-zione. L’obiettivo del concorso per le scuole “Ac-corciamo le distanze. Quando le parolesono un ponte” è quello – per niente banalee semplice – di riportare l’attenzione suimodi degli scambi interpersonali, comu-nemente ritenuti questione di pura forma,ma che invece contribuiscono significati-vamente alla loro sostanza.

E

Le radici del rispetto tra prossimità e distanza Elisabetta Musi, ricercatrice di Pedagogia generale e sociale, Università Cattolica del Sacro Cuore

ACCORCIAMO LE DISTANZE

StuporeAvvicinarsi agli altri è affacciarsi su mondi unici e inesplorati, il cui fascino sta proprio nell’irriducibilitàdel loro mistero, continua fonte di novità,invito all’apertura, promessa di arricchimento.Come non restarne stupiti...

LA MIA PAROLA PONTE

Sul sito di Parole ostili (www.paroleostili.it) sonoscaricabili cento schede didattiche che consentonodi attivare altrettanti progetti per lavorare insieme,insegnanti e studenti, sui 10 principi della comuni-cazione non ostile. I materiali sono il frutto dellacollaborazione di tanti docenti che, spontaneamen-te, hanno inviato le schede di loro ideazione al sitodell’associazione e che adesso sono diventate unebook gratuito per tutti coloro che intendono uti-lizzarle a scuola. Sono inoltre reperibili sul sito interviste, video-rias-sunti e lezioni; le slide utilizzate dai relatori diParole a scuola – l’evento che si è tenuto in Univer-sità Cattolica, a Milano, il 9 febbraio 2018 – unsimpatico cruciverba basato su tutti i principi delManifesto, adatto ai ragazzi delle scuole medie esuperiori; il kit per docenti, che comprende alcuniesercizi da fare in classe sul tema delle parole ostili,oltre agli studi statistici dell’Osservatorio Giovanidell’Istituto Toniolo.

100 SCHEDE DIDATTICHE… e molto altro!

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10 SETTEMBRE 2018 Incontro

ACCORCIAMO LE DISTANZE

ra i rischi emergenti di in-ternet sta acquisendo sem-pre più spazio il cosiddettohate speech, vale a dire ladiffusione online di com-menti violenti, discrimina-

tori e offensivi che colpiscono intere ca-tegorie di persone, soprattutto sulla basedella loro identità etnica, religiosa o ses-suale. L’ultima rilevazione realizzata inItalia da EU Kids Online ha monitoratoanche la diffusione di questo rischio tra iragazzi e le ragazze italiane tra gli 11 e i17 anni. Il primo dato rilevante è che esso costi-tuisce un’esperienza comune su internet:infatti, il 31% dei ragazzi di 11-17 anniha affermato di aver visto messaggid’odio o commenti offensivi di questotipo negli ultimi dodici mesi. Ed èun’esperienza che cresce con l’età: il da-to sale infatti al 41% per i ragazzi di 15-

I ragazzi italiani nonreagiscono all’hate speech

Ttenza: infatti, la maggior parte degli in-tervistati (58%) afferma di non aver fattonulla quando ha visto messaggi d’odioo discriminatori su internet, mentre soloil 42% ha cercato di difendere in qualchemodo le vittime; e questa percentualescende al 36% per i ragazzi di 11 o 12anni.Si tratta di dati che testimoniano di unnuovo fronte educativo che si apre afianco di quelli che cercano di conte-nere altri rischi online ben più noti, co-me il cyberbullismo o la pornografia.Per questa ragione l’iniziativa di Paroleostili acquista oggi una rilevanza ancoramaggiore: contrastare la violenza ver-bale e sviluppare stili di interazione on-line che privilegino l’incontro e la com-prensione è la condizione indispensa-bile perché internet torni ad essere lapossibilità di uno spazio di cittadinanzacondiviso.

17 anni. La maggior parte dei ragazzicondanna questa pratica, anche se conqualche distinzione: se più del 90% degliintervistati rifiuta l’uso di hate speechper divertimento o per ottenere il rispettodegli altri, il ricorso ai commenti offen-sivi in risposta alle violenze verbali dialtri, soprattutto se rivolte ad amici o fa-miliari, è fermamente rigettato solo da3 ragazzi su 4. Qualche indizio di nor-malizzazione e di accettazione di talepratica si riscontra anche nella disponi-bilità – seppur minoritaria – a conside-rarla una modalità tipica della comuni-cazione online senza conseguenze realisulle persone.Di fronte all’hate speech, il sentimentopiù diffuso fra i ragazzi è la tristezza(52%), seguita dal disprezzo (36%), dal-la rabbia (35%) e della vergogna (20%).Si tratta di sentimenti negativi che si ac-compagnano a un forte senso di impo-

Piermarco Aroldi, Direttore OssCom, Centro di ricerca sui media e la comunicazione, Università Cattolica del Sacro Cuore

Mediazione Non come sinonimo di compromesso ma comecapacità di istituire un puntosaldo di incontro tra opposti,di realizzare una traduzionetra linguaggi diversi, di accompagnare lungo il cammino della scoperta del reale.

LA MIA PAROLA PONTE

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11SETTEMBRE 2018 Incontro

a dati dell’Osservatorio Na-zionale Adolescenza, nel2017 il 10% dei ragazzi tragli 11 e i 13 anni e l’8.5%dei ragazzi tra i 14 e i 19 anniha subito prepotenze messe

in atto attraverso i media (cyberbullismo),mentre il 37% ne è stato spettatore. Questecifre evidenziano la diffusione di un fe-nomeno con gravi ripercussioni emotivee di salute sia per le vittime che per i testi-moni (bystander), nei quali sono stati ri-levati un incremento degli indici fisiologicidello stress e risposte emozionali negative.Prevenire e contrastare questo problemarappresenta, quindi, una priorità e nel 2017il Parlamento italiano ha promulgato laLegge 71/2017 contro il cyberbullismo,che tra le altre azioni richiede alle scuoledi dotarsi di un referente sul tema e dimettere in atto interventi (per un appro-fondimento: Zanetti & Caravita, Il Cyber-bullismo come emergenza sociale (focusmonotematico), «Maltrattamento e abusoall’infanzia» 1, 2018.In questa prospettiva, la ricerca scientificaindividua alcune coordinate per realizzareazioni efficaci di contrasto del cyberbul-lismo. In primo luogo, esiste un’ampiasovrapposizione tra cyberbullismo e bul-lismo tradizionale: fino al 75% dei cy-berbulli sono anche bulli; l’82% delle cy-bervittime sono vittime di bullismo. Ogniintervento, dovrà, pertanto, integrare azio-ni contro il bullismo tradizionale.Il bullismo, inoltre, è un fenomeno digruppo le cui dinamiche giocano un ruolofondamentale nel motivare i singoli alleprepotenze. I coetanei, infatti, non aiu-tando la vittima, per paura o indifferenza,o manifestando approvazione per le pre-varicazioni (ad esempio ridendo), dannovisibilità e un ruolo all’autore delle pre-potenze. Tali dinamiche sono amplificatenel cyberbullismo in quanto le tecnologie

permettono di disporre di una platea pres-soché sterminata e mediano i rapporti trapersone. Chi è testimone del cyberbulli-smo lo è attraverso lo schermo e non èesposto in modo diretto al dolore dellavittima. Diviene, così, più difficile imme-desimarsi nella sua sofferenza e più sem-plice pensare che in fondo trasmettere unafoto imbarazzante o escludere da una chatsiano azioni di poco conto o scherzi, au-togiustificando il rimanere passivi e di-simpegnandosi a livello morale. Comeconseguenza, nel bullismo elettronico ibystander di rado aiutano la vittima.Gli interventi contro il cyberbullismo, do-

vranno, quindi, vertere non solo sui pre-potenti, ma anche e soprattutto sugli spet-tatori, per sospingerli a cessare il supportoai cyberprepotenti e a sostenere la vittima,anche solo parlando agli adulti. Questo ti-po di approccio focalizzato sui bystandersi è rivelato molto produttivo nella lottaal bullismo. Si dovranno, inoltre, realizzareazioni mirate a contrastare e educare a unuso responsabile, “morale”, dei media.In questo modo e con la collaborazionedi tutte le componenti adulte della realtàscolastica (personale docente e non do-cente, e genitori) sarà possibile combat-tere il cyberbullismo.

D

Cyberbullismo: le coordinateper il corretto intervento Simona Caravita, docente di Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazionee Emanuela Confalonieri, docente di Psicologia degli interventi nei contesti educativi,Università Cattolica del Sacro Cuore

ACCORCIAMO LE DISTANZE

Responsabilità moraleNell’uso delle tecnologie tutti sono responsabili, anche il testimone di cyberbullismo o comunicazioni violente cheresta passivo o approva conun like o diffondendo il link.Fondamentale, quindi, educaretutti a un utilizzo moralmenteresponsabile dei media.

LA MIA PAROLA PONTE

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12 SETTEMBRE 2018 Incontro

OSSERVATORIO GIOVANI

a scuola secondaria superiorerappresenta un’esperienza fon-damentale all’interno delle tra-iettorie di vita degli adolescenti.Questa istituzione è sia un luogodi apprendimento di saperi spe-

cifici sia un ambiente di crescita umana,un’arena in cui i ragazzi sviluppano capa-cità e relazioni significative utili per i loropercorsi di crescita e maturazione. Mentrele performance di apprendimento sono dalungo tempo oggetto di studi e rilevazionisistematiche (si pensi per esempio alle pro-ve Invalsi), minore attenzione è stata postaa quelle competenze più trasversali che ca-ratterizzano la base dello sviluppo umanodegli adolescenti. In una recente indagine

Le 5 C che aiutano a crescere

LLa confidence si riferisce all’accettazionee alla soddisfazione di sé e presenta valoripiù alti tra gli istituti tecnici e i professio-nali mentre spicca in negativo il dato deiCentri Formazione Professionali.Character e caring presentano valori me-diamente più alti tra i liceali.Il character, o carattere, si riferisce allacapacità di agire autonomamente e in mo-do responsabile, aprendosi al contempo alconfronto con la diversità.Il caring indica il grado di empatia che iragazzi provano nei confronti delle personeche soffrono o sono in condizioni di svan-taggio. È la dimensione che presenta inassoluto i valori più elevati e spicca nei li-cei per la maggiore presenza di ragazze edi materie umanistiche.La connection si riferisce alla positivitàdel rapporto con le figure adulte – familiari,insegnanti, adulti del paese – e con gliamici. I valori sono più bassi tra i liceali ei tecnici, salgono con gli istituti professio-nali e CFP. Dove la richiesta performativadella scuola è meno pressante, le relazionicon le figure adulte sono più distese e me-no conflittuali e si ha più tempo libero perdedicarsi agli amici.Osservando quindi le scuole attraverso lalente dello sviluppo umano si scopre checiascuna tipologia presenta punti di forzae aspetti che andrebbero potenziati. È apartire da queste evidenze che si possonoprospettare dei cambiamenti nella direzio-ne di una formazione integrale degli stu-denti.A prescindere dal tipo di scuola, le dimen-sioni che influiscono maggiormente sugliesiti scolastici sono quella del character edel caring. Più che le competenze è dun-que la determinazione dei ragazzi e la lorocapacità di comprendere i bisogni deglialtri, di fare squadra ad influenzare il per-corso scolastico anche in termini di risultaticonseguiti.

dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto To-niolo si è cercato di capire quanto la scuolafavorisca alcune dimensioni dello sviluppoumano (cfr. P. Bignardi, E. Marta, S. Alfieri(a cura di), Generazione Z. Guardare ilmondo con fiducia e speranza, Vita e Pen-siero, Milano 2018): competence, confi-dence, character, charing e connection.Vediamo brevemente i risultati. Il senso dicompetence riguarda la percezione che iragazzi hanno di sé come soggetti compe-tenti. Gli intervistati degli istituti tecnici eprofessionali si sentono più competenti nel-le attività sportive, nella popolarità e nellacapacità di mantenere rapporti con moltiamici, mentre i liceali sono più meticolosinello svolgimento dei compiti scolastici.

Diego Mesa, docente di Sociologia della famiglia e dell’infanzia, Università Cattolica del Sacro Cuore

Venerdì 23 novembre 2018Università Cattolica del Sacro Cuore, Largo Gemelli 1 - MilanoPROGRAMMA:Ore 14.30: Accoglienza partecipantiOre 15.00: Presentazione Istituto Toniolo e Rapporto Giovani

Paola Bignardi, coordinatrice dell'Osservatorio GiovaniOre 15.15: Presentazione ricerca "Generazione Z"

Sara Alfieri, docente di Metodi e Tecniche dell'intervista e del questionarioOre 16.00: Uno sguardo "positivo" sulla scuola

Pierpaolo Triani, professore di Didattica generale e Pedagogia specialeOre 16.45: Come tradurre i dati della ricerca in strategie di intervento

Elena Marta, professore di Psicologia sociale e di ComunitàPaola Bignardi, coordinatrice dell'Osservatorio Giovani

Ore 17.45: Interventi delle scuole e dibattitoOre 18.30: ConclusioniIl Corso rientra nelle iniziative di formazione e aggiornamento del personale della scuola or-ganizzate dall'Università Cattolica, in quanto Soggetto qualificato dal MIUR ai sensi della Di-rettiva n. 170 del 21/03/2016. La partecipazione dà luogo agli effetti giuridici ed economiciprevisti dalla normativa vigente (nota MIUR n. 2915 del 15/09/2016).Se vuoi partecipare invia una mail a [email protected]

GENERAZIONE ZGUARDARE IL MONDOCON FIDUCIA E SPERANZA

A presto È modo di salutare che esprime apprezzamentoper ciò che si è condiviso e la voglia di ritrovarsi quanto prima per proseguireil dialogo. È una parola che unisceidealmente conversazionipassate e future.

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13SETTEMBRE 2018 Incontro

asta leggere le indicazioninazionali per il curricolo del-la scuola dell’infanzia e delprimo ciclo di istruzione del2012 per comprendere comela scuola italiana abbia scelto

di porre tra i propri valori di riferimentol’integrazione tra le differenti culture econdizioni di vita e l’inclusione di ognialunno, intendendo con questo terminel’attenzione a rendere ciascun soggettoattivo e partecipe del percorso scolastico.Si legge infatti nel testo ministeriale: «Lascuola italiana sviluppa la propria azioneeducativa in coerenza con i principi del-l’inclusione delle persone e dell’integra-zione delle culture, considerando l’acco-glienza della diversità un valore irrinun-ciabile. La scuola consolida le praticheinclusive nei confronti di bambini e ra-gazzi di cittadinanza non italiana promuo-vendone la piena integrazione. Favorisceinoltre, con specifiche strategie e percorsipersonalizzati, la prevenzione e il recu-pero della dispersione scolastica e del fal-limento formativo precoce; a tal fine attivarisorse e iniziative mirate anche in colla-borazione con gli enti locali e le altreagenzie educative del territorio».Ma a che punto siamo nella traduzione diquesti principi? Sebbene non sia possibiledare una risposta univoca, tanto è diver-sificata la situazione delle scuole all’in-terno del nostro Paese, ad uno sguardocomplessivo emergono alcuni aspetti.Non c’è dubbio che la scuola italiana inquesti anni abbia compiuto notevoli sforziper essere “a misura di tutti” e per poteressere un ambiente accogliente capace dicrescere insieme persone con situazionipersonali diverse e alunni con culture dif-ferenti. Le classi italiane sono certamentecontesti plurali. Esse sono caratterizzateda una pluralità di culture, dal momentoche ormai la media nazionale di studenti

con cittadinanza non italiana è attorno al10%, ma in diversi comuni del Nord Italiaè oltre i 20%. Ogni classe inoltre presentauna pluralità di situazioni personali, do-vute alle storie esistenziali, alle condizionifisiche, psichiche, economiche di ognialunno.Non è semplice, ma la scuola italiana rie-sce ogni giorno ad essere spazio per tutticoloro che sono in crescita. Ciò non si-gnifica però che riesca davvero ad esserlosempre “per ciascuno”, ossia un ambienteformativo dove ogni alunno si senta ac-compagnato, sostenuto, responsabilizza-to. A questo livello le difficoltà sono an-cora molte, ce lo dicono diverse ricerche.La scuola non sta ancora vincendo la sfi-da di essere strumento di compensazionedelle differenti risorse cognitive che gli

alunni presentano all’inizio del loro per-corso; inoltre non sempre riesce a consi-derare la pluralità di culture come unaricchezza educativa e didattica. Gli sforziper rendere la scuola inclusiva convivonocosì con il rischio di attivare processi diesclusione. Per contenere questo rischioè importante lavorare in più direzioni:sulla promozione di una cultura pedago-gica e didattica che interpreti la scuola amisura di ciascuno non come abbassa-mento degli obiettivi, ma come costru-zione di contesti tesi a mettere ogni alun-no nella condizione migliore di imparare;sulla crescita di una maggiore flessibilitàorganizzativa delle scuole; sulla forma-zione specifica dei docenti; sulla proget-tazione di curricoli sempre più intercul-turali.

BPierpaolo Triani, docente di Didattica generale, Università Cattolica del Sacro Cuore

OSSERVATORIO GIOVANI

La scuola inclusiva: un compito permanente

LottarePuò sembrare strano ma per costruire pontioccorre lottare, innanzituttocon se stessi, con la spintache ciascuno porta dentro di sé di sentirsi sempre al centro, sempre nellaragione; lottare contro ipregiudizi propri e quellialtrui, per cercare il bene.

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14 SETTEMBRE 2018 Incontro

OSSERVATORIO GIOVANI

a avuto inizio in aprile un per-corso di approfondimento,realizzato dall’Istituto Tonio-lo, attraverso i dati e le analisidell’Osservatorio Giovani edei suoi curatori, con il quo-

tidiano cattolico «Avvenire». Nell'avvici-narsi del Sinodo dei giovani, infatti, in pro-gramma a Roma dal 3 al 28 ottobre, ognimercoledì, il giornale e l’Osservatorio col-laborano per raccontare i giovani di oggi at-traverso dati, storie, esperienze, interventi.È un cammino tra le domande delle nuovegenerazioni per mettersi in loro ascolto. Proprio sull’importanza dell’ascolto haposto l’accento Paola Bignardi, coordina-trice dell’Osservatorio Giovani: «L’ascoltoè l’unica condizione per instaurare con i

Verso il Sinodo dei GiovaniAvvenire e Osservatorio riflettono sulle nuove generazioni

HNegli altri articoli un’analisi dei contestipiù abituali della vita delle nuove gene-razioni: la famiglia, le amicizie, la scuolae l’università, ma anche la rete, l’impe-gno politico e nel volontariato. Senza di-menticare che i giovani sono oggi co-smopoliti, abituati a sentirsi cittadini delmondo. Pronti a confrontarsi con tutte leculture e anche con tutte le fedi, con unagrande sete di spiritualità e un po’ menodi religione. Questo dossier offre unospaccato anche sul mondo degli adole-scenti, spesso sotto i riflettori per tanticasi di disagio e di violenza, ma riccoanche di potenzialità lasciate in ombra.Tutti i contributi e altri materiali videosono scaricabili dalla sezione dedicatasul sito www.istitutotoniolo.it.

giovani una relazione che possa aiutarli acrescere, che li sostenga, che li aiuti a di-ventare i protagonisti che sono chiamatiad essere nella società e nella Chiesa». Nel suo contributo, Alessandro Rosina,coordinatore scientifico dell’OsservatorioGiovani, ha sottolineato la coerenza fra ilritratto dei Millennials, secondo quantoemerge dall’indagine del Toniolo, e ciòche dice il documento del meeting pre-si-nodale ovvero che si tratta di giovani de-siderosi «di essere capiti, di sentirsi sog-getti di valore, in grado di gestire positi-vamente le proprie fragilità e potenzialità,trovando attorno modelli di riferimento,comunità supportive, occasioni per fareesperienza positiva di se stessi in relazionecon gli altri».

Federica Vernò, giornalista Istituto Toniolo

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15SETTEMBRE 2018 Incontro

essica Ollio, di Condofuri(RC), frequenta il III annodi Economia e managementinternazionale (Facoltà diEconomia e giurisprudenza)a Piacenza. Ha frequentato il

Collegio Sant’Isidoro.Chiara Mapelli ha frequentato il I annodel corso di Economia e gestione aziendale(Facoltà di Economia) nella sede UC diMilano. È di Busto Arsizio (VA).

Che cosa hai provato appena ti è statocomunicato che avresti ricevuto la Bor-sa di studio?Jessica: Il primo sentimento provato è sta-to di incredulità. Successivamente, ho pre-so consapevolezza del fatto che avrei po-tuto pagarmi gli studi per un po’ di tempoe quindi aiutare la mia famiglia. Quindi,ho provato gratitudine e speranza.Chiara: Sono rimasta sorpresa, ma la sor-presa si è trasformata subito in gioia, dopoaver scoperto che le Borse di studio sonostate donate da sostenitori e amici dell’Uni-versità in memoria dei propri parenti de-funti. Ora sento che il mio impegno nellostudio deve essere ancora più grande, per-ché oltre ai miei genitori e alle personeche mi stanno vicino, anche i donatori sonointeressati ai miei studi e al mio futuro.

Il fatto che ci siano adulti decisi a inco-raggiare il tuo percorso di studi con unadisinteressata generosità che cosa ti fapensare?Jessica: Più che pensare, mi ha dato mododi sperare che ci sia ancora gente adultache crede in noi. Che crede in questa ge-nerazione tanto additata e criticata. Chiara: È un atto di grande generosità ealtruismo, fatto probabilmente da personea cui la vita ha dato tanto, e che decidonodi restituire agli altri parte di quello chehanno ricevuto.

Quali i progetti per l’anno prossimo?Jessica:Concluderò il percorso intrapresotre anni fa e successivamente vorrei fareun apprendistato o un altro stage; contem-poraneamente, decidere che laurea spe-cialistica intraprendere e dove.Chiara: Vorrei continuare gli studi dellalingua cinese; inoltre, l’estate prossima mipiacerebbe fare un’esperienza all’estero,per migliorare la conoscenza delle linguestraniere. Oltre all’università continueròa fare l’educatrice in oratorio dei ragazzidi prima superiore, perché questa espe-rienza aiuta a crescere me e tanti ragazzicon i valori della fede cattolica.

Patrizia Sanpietro, di Frescarolo (PV), èuna maestra in pensione ed ha conosciutoil Toniolo attraverso il concorso per lescuole, cui ha partecipato con le sue classiper alcuni anni. Ha donato due borse distudio, una in memoria dei suoi genitorilo scorso anno, e una quest’anno, dedi-candola, insieme al marito, al papà e allazia di lui.

Che esperienza è donare?Donare è concretizzare un ideale di amoree di solidarietà cristiana in un gesto spon-taneo. Chi dona sa di regalare una spe-ranza ineguagliabile: quella che fa crederenella bontà dell’uomo. Si dice: “Dona,aiuta e poi dimenticatelo”. Io credo checiò che resta nella nostra vita dopo l’espe-rienza del donare non si potrà mai cancel-lare, perché ci cambia profondamente.

Perché ha scelto di finanziare una borsadi studio? Ho sempre sostenuto gli alunni meritevolied aiutato coloro che si trovavano in dif-ficoltà economiche e sociali. Ritengo cheuna Borsa di Studio possa essere il giustotraguardo per me che, come ex insegnante,ho coltivato giovanissimi talenti, spronan-doli a migliorarsi e a credere nel valoredell’istruzione.

Cosa significa per lei avere istituito laBorsa in memoria di una persona cara?Aver istituito per due anni consecutivi unaBorsa in memoria dei miei cari è stato unriconoscimento postumo ai miei genitoriche hanno creduto nel valore del donare,trasmettendolo anche a me, pur nella sem-plicità della loro vita; e un segno di gratitu-dine per aver ricevuto questi insegnamentianche dai familiari di mio marito.

J

Regalare una speranza: le borse in memoria

Laura Aldorisio, giornalista Osservatorio Giovani

ASSOCIAZIONE AMICI DELL’UNIVERSITA CATTOLICA

Cristina Pasqualini, ricercatrice diSociologia generale all’UniversitàCattolica del Sacro Cuore, interve-nuta alla cerimonia di consegna del-le borse il 15 giugno.

Per il nostro futuro, se vogliamo chesia generativo e di segno diverso ri-spetto al passato, dobbiamo recupe-rare il dono autentico, che ha grandipotenzialità: rafforza i legami sociali;ci fa stare bene con noi stessi e congli altri; sviluppa un sentimento digratitudine, prezioso, in coloro chericevono; ci fa abitare bene questomondo. Marcel Mauss sosteneva chenel dono c’è dentro un “pezzettino”,qualcosa di chi dona. Nei doni au-tentici fatti in memoria di qualcuno,questo aspetto è amplificato, diventaun dono autentico al quadrato, undono intergenerazionale.

Nel donoun “pezzettino”di chi dona

Se vuoi fare una donazione in memoria chiama il numero0272342818.

GentilezzaIn disuso, capace di spiazzarel’altro, sia nelle relazionioffline che online.

LA MIA PAROLA PONTE

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Giovani italiani, dai 18 ai 29 anni, vivono nella stessa nazionema hanno storie diverse. Alcuni di loro sono cittadini italiani pernascita, altri hanno acquisito la cittadinanza provenendo da unamigrazione, propria o della famiglia di origine. Quali sono le di-versità tra i giovani italiani dalla nascita e quelli che lo sono di-ventati in seguito? Qual è la loro disposizione nei confronti del-l’altro, dello straniero, del ‘diverso’? La ricerca, promossa da Fondazione Migrantes e dall’OsservatorioGiovani dell’Istituto Toniolo coinvolge 204 giovani distribuiti sututto il territorio nazionale e comprende 60 intervistati con back-ground migratorio, provenienti da 28 diversi paesi del mondo. Èquesta la prima ricerca in Italia che, in maniera così ampia, si oc-cupa di loro.

A cura di Rita Bichi, Paola Bignardi, Fabio Introini, Cristina PasqualiniFELICEMENTE ITALIANII GIOVANI E L’IMMIGRAZIONEPagine 168 | 16,00 euro |Vita e Pensiero, Milano 2018

A cura di Marinella MalacreaCURARE I BAMBINI ABUSATIPagine 486 | 32,00 euro |Raffaello Cortina Editore, Milano 2018

A cura di Rita Bichi e Paola BignardiIL FUTURO DELLA FEDENELL’EDUCAZIONE DEI GIOVANI LA CHIESA DI DOMANIPagine 234 | 16,00 euro |Vita e Pensiero, Milano 2018

Cosa accade quando la trasmissione della fede di padre in figliosi interseca con l’esperienza della migrazione, che a sua voltacomporta profonde e plurime trasformazioni nelle vite di chi ne èprotagonista e mette in contatto con un contesto in cui anche lestrutture dell’appartenenza religiosa devono essere ripensate? Laricerca presentata in questo volume, promossa dagli Uffici Mi-grantes delle dieci diocesi lombarde, con la collaborazione e ilsostegno della Fondazione Migrantes, e realizzata dall’OsservatorioGiovani dell’Istituto Toniolo, affronta questo complesso tema par-tendo dalla diretta testimonianza di chi, a diverso titolo, ne è coin-volto, con 150 interviste ad appartenenti alla religione cattolica,alle altre confessioni cristiane e alle religioni non cristiane dellediocesi lombarde (leader religiosi, genitori e figli).

A cura di Rita Bichi, Fabio Introini, Cristina PasqualiniDI GENERAZIONE IN GENERAZIONELA TRASMISSIONE DELLA FEDE NELLE FAMIGLIE CON BACKGROUND MIGRATORIOPagine 158 | 16,00 euro |Vita e Pensiero, Milano 2018

A cura di Loredana LipperiniPAROLE OSTILI. 10 RACCONTIPagine 188 | 15,00 euro |Laterza, Roma-Bari 2018

Quale futuro per la fede? E per le comunitàcristiane? Dopo l’indagine che ha coinvolto

150 giovani di tutta Italia sul loro rapporto con la religione (Dio amodo mio. Giovani e fede in Italia, a cura di R.Bichi e P. Bignardi,Vita e Pensiero, 2015), l’équipe di ricerca dell’Osservatorio Giovanidell’Istituto Toniolo ha intervistato chi educa alla fede: genitori, sa-cerdoti, insegnanti, suore, catechisti, animatori. 165 interviste,condotte su tutto il territorio nazionale volte a indagare come edove si diventa oggi cristiani adulti; quali siano gli obiettivi e lostile degli educatori; quali atteggiamenti abbiano nei confronti delmutamento della Chiesa e del modo di intendere la fede.

Elena ColombettiIL SENSO DELL'ALTRO. MURI, DIALOGHI, PAURE, PONTIPagine 128 | 12,00 euro |Vita e Pensiero, Milano 2018

Il volume nasce da un lavoro iniziato in unagiornata di studi della Facoltà di Scienze della

Formazione dell’Università Cattolica nella sede di Piacenza, ilcui titolo offre la cornice dell’itinerario di riflessione che qui pro-poniamo al lettore. A partire da alcune parole chiave – muri, dia-loghi, paure, ponti – diverse prospettive disciplinari si confrontanosu temi che toccano l’alterità nella sua identità corporea, culturale,storica, biografica. Le diverse analisi che compongono il volumenon ignorano, ma anzi assumono, un paradosso di partenza: ilfatto che ciascuno è, per l’altro, altro, e che quindi parlare dell’al-terità significa parlare di sé.

Al fine di ridurre, arginare, denunciare, com-battere le pratiche e i linguaggi negativi, l’as-sociazione Parole ostili si è impegnata in unprogetto di sensibilizzazione ed educazione

contro l’ostilità delle parole, online e offline, che ha portato al-l’elaborazione del Manifesto della comunicazione non ostile. I10 racconti qui pubblicati si ispirano liberamente ai dieci puntiche compongono il Manifesto e sono stati affidati all’interpreta-zione dei nomi più interessanti della narrativa contemporanea.

Il libro raccoglie contributi dei maggiori esper-ti italiani in tema di abuso sessuale. Tra questiil capitolo “Quando chi abusa è la madre” afirma della dottoressa Annamaria Scapicchio,

psicoterapeuta, coordinatrice del Servizio di contrasto al maltrat-tamento e all’abuso all’infanzia presso il Consultorio familiaredell’Istituto G. Toniolo a Napoli. Vi si descrive un modello di in-tervento lungamente sperimentato dal Servizio di Napoli, dovegli aspetti più specifici di lavoro sul trauma si intrecciano e inte-grano con aspetti di lavoro sociale ed educativo.