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4 indice Prefazione, Presidente del Club Alpino San Marino p. 7 Introduzione e ringraziamenti 10 Alpinismo classico Introduzione, concetti generali 13 Tecnica, formazione e conoscenza 15 La tecnica del movimento: principi alla base delle progressioni e degli schemi motori 18 Per chi insegna: apprendimento, divertimento e maieutica. La tecnica, la didattica e il metodo 20 Apprendimento “integrato”: oltre le fazioni e gli estremismi 23 Automatismi volontari e involontari: il libero arrampicare 29 Il movimento del baricentro 30 Movimento degli arti 33 Equilibrio e doppio peso 36 Equilibrio e larghezza dei passi 37 Isolare il bacino 39 Respirazione 40 Dallo schema in ambio a quello incrociato 41 Progressione incrociata non simultanea: diagonale 43 Progressione incrociata simultanea: diagonale 46 Progressione incrociata non simultanea: massima pendenza 47 Progressione incrociata simultanea: massima pendenza 48 Posizione dei piedi con e senza ramponi 51 Considerazioni sulla piccozza: la posizione della becca e l’arresto della caduta 55 Cambio di direzione 57 Progressione incrociata massima pendenza: punte a piatto / punte avanti, fianco al pendio 59 Discesa sulla massima pendenza fianco al pendio 62

indice - Il Blog di Alessandro Gogna - GognaBloggognablog.com/wp-content/uploads/2015/01/ALPINISMO-GHIACCIO-PAGINE... · Coni al Film Festival di Trento 1998. • L’arte di arrampicare,

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indice

Prefazione, Presidente del Club Alpino San Marino p. 7

Introduzione e ringraziamenti ” 10

Alpinismo classicoIntroduzione, concetti generali ” 13Tecnica, formazione e conoscenza ” 15La tecnica del movimento: principi alla base delle progressionie degli schemi motori ” 18Per chi insegna: apprendimento, divertimento e maieutica.La tecnica, la didattica e il metodo ” 20Apprendimento “integrato”: oltre le fazioni e gli estremismi ” 23Automatismi volontari e involontari: il libero arrampicare ” 29Il movimento del baricentro ” 30Movimento degli arti ” 33equilibrio e doppio peso ” 36equilibrio e larghezza dei passi ” 37Isolare il bacino ” 39Respirazione ” 40Dallo schema in ambio a quello incrociato ” 41Progressione incrociata non simultanea: diagonale ” 43Progressione incrociata simultanea: diagonale ” 46Progressione incrociata non simultanea: massima pendenza ” 47Progressione incrociata simultanea: massima pendenza ” 48Posizione dei piedi con e senza ramponi ” 51Considerazioni sulla piccozza: la posizione della beccae l’arresto della caduta ” 55Cambio di direzione ” 57Progressione incrociata massima pendenza:punte a piatto / punte avanti, fianco al pendio ” 59Discesa sulla massima pendenza fianco al pendio ” 62

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Progressione incrociata evoluta: massima pendenza p. 65Discesa sulla massima pendenza faccia a valle ” 68Assicurazione a spalla a schema incrociato ” 70

Ghiaccio verticaleUso degli attrezzi ” 73La progressione fondamentale e le posizioni di equilibrio ” 77Progressione fondamentale con 2 appoggi ” 79Progressione fondamentale con spaccata ” 82Progressione fondamentale con sfalsata ” 84Cambio piede con 4 passi ” 87Progressione fondamentale in traverso ” 88Accoppiamento dei piedi ” 91Sostituzione semplice o di base ” 93Sostituzione mista ” 96Progressione a triangolo di base con 2 passi ” 98Progressione a triangolo di base con 4 passi ” 103Progressione a triangolo in traverso ” 107Cambio piede con 4 passi nella posizione a triangolo ” 110Progressione a triangolo a vertice fisso ” 112Chiodatura ” 118Progressione a triangolo a vertice fisso con accoppiamentodei piedi con 3 passi ” 119Posizioni particolari, incrocio dei piedi e delle braccia ” 123

Paolo Caruso

Guida Alpina, formatore e scrittore. Da giovane re-alizza numerose prime salite alpinistiche di grande importanza come Cavalcare la tigre e il Nagual e la Farfalla al Gran Sasso, la prima salita invernale al Cerro Torre in Patagonia o la prima salita di Astro-man in Yosemite. La grande esperienza personale in tema di alpinismo, arrampicata e scialpinismo insieme alla conoscenza di discipline orientali e la grande passione per l’insegnamento lo portano a ideare il primo studio organico della tecnica del

movimento nelle discipline di montagna e di arrampicata, noto come Metodo Caruso®, che costituisce attualmente il riferimento tecnico e didattico nell’insegnamento di queste discipline per le Guide Alpine Italiane, per il CAI e le altre associazioni del settore. Dal 2008, su inca-rico del Club Alpino Sammarinese, dirige IAMA - Accademia Interna-zionale Montagna Arrampicata, con l’obiettivo di promuovere le atti-vità relative all’arrampicata e all’alpinismo secondo i principi e i valori sviluppati all’interno del Metodo. Tra le pubblicazioni:

• L’arte di arrampicare, ed. Mediterranee 1993, premio Coni 1994.• Progressione su roccia, Vivalda editori 1998, Cardo d’Argento del premio Itas 1999 (Festival di Trento). • Video L’arte di arrampicare, Sd Cinematografica 1998, premio Coni al Film Festival di Trento 1998.• L’arte di arrampicare, terza edizione aggiornata e ampliata, ed. Mediterranee 2002.

Ha inoltre redatto la parte inerente alla tecnica del movimento nel manuale Alpinismo su Roccia e Arrampicata del CAI.

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Prefazione

C onosco Paolo Caruso ormai da molti anni. La prima conoscenza è stata indiretta: come molti ho letto e cercato di applicare il Metodo Caruso attraverso la lettura de L’Arte di Arrampicare,

poi attraverso i corsi fatti con “esperti” (o presunti tali). Quando ho avuto la fortuna di conoscere il Metodo Caruso direttamente da Paolo ho capito che non solo ero all’inizio del percorso, ma che molte cose mi erano state trasmesse in forma parziale e approssimativa. L’avven-tura stava appena cominciando!Purtroppo all’epoca erano in pochi a conoscere veramente e a fon-do il Metodo Caruso e le persone che come me volevano apprendere avevano difficoltà. C’è voluta molta pazienza e determinazione e se mi avessero detto che alcuni anni dopo sarebbe stato proprio il Club Alpino San Marino, sotto la guida dello stesso Paolo, a far nascere la prima scuola di alpinismo con l’obiettivo di diffondere correttamente il Metodo Caruso, non ci avrei mai creduto! IAMA – Accademia Internazionale Montagna Arrampicata, è una pic-cola scuola, formata da volontari che hanno deciso di dedicare una parte del proprio tempo ad approfondire un contenuto importante e in continua evoluzione, qual è il Metodo Caruso, e a comunicarlo sen-za che perda autenticità, con la speranza di colmare un vuoto sempre più percepito nel mondo dell’arrampicata. L’esigenza di un contenuto tecnico completo, in grado di dare risposte alle legittime domande sollevate da istruttori alle prese con l’insegnamento e praticanti di qualunque livello, si riscontra quotidianamente incontrando e ascol-tando le persone che arrampicano in falesia, in montagna, su ghiac-cio, su neve. Ritengo che nel suo piccolo la scuola abbia ulteriormen-te spinto Paolo a rimettere in discussione e far crescere nel tempo le tecniche del Metodo Caruso, ma anche il linguaggio e i modi usati per divulgarle, perché di fronte alle domande o ai dubbi messi in luce dagli istruttori e dagli allievi, è sempre seguito un passo avanti e un nuovo consolidamento del sistema: si sono così aggiunte nuove tecniche, sono state migliorate quelle esistenti ed è stata affinata anche la ma-niera di trasmetterle.L’arrampicata è ormai una disciplina sempre più diffusa ma incredi-bilmente, a differenza di tanti altri sport, la conoscenza dei principi

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motori che la caratterizzano non ha seguito lo sviluppo dei materiali, dei siti attrezzati, delle palestre, delle scuole, che si è verificato negli ultimi 25 anni. Allo studio di questi principi (la tecnica) e delle moda-lità migliori per trasmetterli (la didattica) Paolo ha dedicato una vita, come testimoniano anche le diverse pubblicazioni da lui realizzate, in-cluso questo importante ultimo lavoro. Quando Paolo mi ha comunicato la sua intenzione di scrivere un nuo-vo testo ho pensato: “che necessità c’è? L’arte di arrampicare è già esau-stivo!”. Poi ho letto le bozze e ho capito che invece c’erano cose nuove da dire e da esprimere in un linguaggio evoluto. “Alpinismo su neve e ghiaccio: dal classico al verticale” è un manuale completo, che affron-ta sia gli aspetti tecnici sia quelli didattici del movimento sul verticale e su pendii classici alpinistici, costituendo un metodo utile per tutti, per chi sta imparando, per chi vuole migliorare e per chi insegna. Nel Manuale vengono illustrate per la prima volta tutte le progressioni su pendii classici di neve e ghiaccio e su ghiaccio verticale del Metodo Ca-ruso, molte delle quali inedite. Alcune tecniche della tradizione alpini-stica sono state riviste e migliorate nell’esecuzione per una maggiore efficacia e sicurezza. Il volume è ricco di approfondimenti e di nuovi elementi, descritti con un linguaggio autentico e necessariamente evoluto, eppure in totale sintonia con il linguaggio e le tecniche così ben descritte nel precedente e noto “L’Arte di Arrampicare”. L’approccio che caratterizza il Metodo Caruso è rigorosamente scien-tifico nell’affrontare i principi che regolano lo spostamento del peso e degli arti, le progressioni, l’uso degli attrezzi, e allo stesso tempo olistico nel considerare l’uomo nella sua globalità, perché il suo fine è quello di favorire nel praticante un’esperienza completa e veramente formativa, per la mente e per il corpo. Paolo ritiene, infatti, che l’ap-prendimento di un movimento corretto sia la chiave per un’esperienza completa, in grado di migliorare la percezione e la gestione del pro-prio corpo ma anche la comprensione e quindi la capacità di scelta che permette di individuare le tecniche più appropriate al contesto e al momento. Questi elementi sono a loro volta determinanti per la sicu-rezza: un movimento preciso, naturale, consapevole che sfrutta le tec-niche di movimento (di progressione, di salita) più efficaci permette di ridurre notevolmente i rischi legati alla pratica in montagna.Sebbene il Metodo Caruso sia ormai molto noto - indipendentemen-

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te dal fatto che si sia frequentato un corso, che se ne sia solo sentito parlare, che sia a favore o contrari - frequentemente si tratta di una conoscenza solo “superficiale”, che non è in grado di restituire la ric-chezza, e l’utilità, dei principi e delle tecniche che lo compongono. “Alpinismo su neve e ghiaccio: dal classico al verticale” rappresenta uno straordinario compendio del Metodo Caruso, applicato all’alpini-smo invernale.Certo, come per qualunque altra disciplina, un libro da solo non ba-sta. I testi di medicina non sono sufficienti per diventare medico, così come quelli di ingegneria per diventare progettista. I testi non posso-no sostituire un percorso di apprendimento all’interno di una scuola che favorisce il confronto, la circolazione delle idee e la nascita di idee nuove, così come una scuola non può sostituire l’esperienza diretta, che si sedimenta nel tempo, di singole persone.Ma un testo come questo può essere la road map per una crescita tecnica coerente e autentica, in sintonia con il percorso di crescita dell’autore stesso.

Il Presidente del Club Alpino San MarinoIng. Roberto Stacchini

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Introduzione e ringraziamenti

Le tecniche del Metodo Caruso ®, così come oggi le presento in questo manuale, primo dei tre volumi di prossima pubblicazione riguardanti la tecnica dell’arrampicata su ghiaccio, su roccia e la tecnica dello

scialpinismo, sono il risultato di una ricerca iniziata a partire dagli anni ’80. Ho sostenuto tale studio, che è in continua evoluzione e approfondimento, e l’ho portato avanti con un grande impegno personale motivato dalla passione per l’insegnamento oltre che, soprattutto, dall’interesse per la conoscenza e per la ricerca di ciò che è corretto e oggettivo.A parte lo studio e l’impegno personale, senza l’interesse mostrato in tanti anni dai molti amici e allievi, ma anche da alcuni colleghi e istruttori non si sarebbe potuti arrivare al risultato di un metodo così completo ed esaustivo. A metà degli anni ’90 la Guida Alpina Andrea Sarchi per primo comprese l’importanza dell’argomento e favorì i primi contatti per promuovere la conoscenza del Metodo all’interno del Collegio Nazionale delle Guide Alpine. A seguito di alcuni incontri sul tema ho avuto l’incarico di compilare “Progressione su roccia”, Vivalda editori 1998, per la collana del Collegio Nazionale delle Guide Alpine, un manuale che descrive le tecniche del Metodo in modo particolarmente sintetico e quindi di facile consultazione.A partire dai primi anni del 2000 ho seguito la formazione di alcuni corsi per istruttori del Club Alpino Italiano per iniziativa in particolare degli Istruttori Davide Battistella, Fabrizio Antonioli Giuliana Pagliari, Bruno Vitale, Moreno Todaro e Claudia Colussi con cui ho condiviso i contenuti del Metodo. Per incarico del CAI ho scritto i capitoli relativi alla tecnica del movimento su roccia e ghiaccio di cui però è stata pubblicata soltanto una parte nel manuale “Alpinismo su roccia”. Più recentemente Andrea Imbrosciano, formatore della Uisp, mi sta coinvolgendo per favorire la conoscenza dei contenuti autentici del Metodo in quell’ambito.Nelle differenti organizzazioni esiste però il problema di tramandare i valori e le tecniche del Metodo in modo corretto e uniforme: questo è possibile soltanto nel momento in cui chi forma gli istruttori (il formatore) conosce bene la materia, cosa che può avvenire soltanto attraverso una formazione autentica e diretta. Alcuni istruttori hanno creduto che fosse

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possibile insegnare le tecniche senza un’adeguata formazione, ovvero conoscendo in modo approssimativo e solo in via teorica alcuni aspetti esteriori, ottenendo così un risultato antitetico alla qualità del Metodo, i cui contenuti sono stati distorti talvolta anche in modo grossolano. Così come ritengo giusto divulgare qualsiasi forma di conoscenza evitando che sia riservata a pochi, sono allo stesso tempo consapevole dell’importanza di salvaguardare i contenuti originali al fine di ridurre al minimo le imitazioni deviate e gli insegnamenti distorti o errati. Ovviamente, è sempre auspicabile un ulteriore arricchimento dei contenuti grazie a eventuali contributi innovativi o di approfondimento delle tecniche e delle metodologie; ma ciò dovrebbe essere il risultato di una sorta di germinazione spontanea all’interno di una ricerca d’avanguardia piuttosto che di una forzatura a tutti i costi in cui, senza la conoscenza della logica e della struttura del Metodo, si introducono contenuti diversi con la speranza di guadagnare un po’ di notorietà. Piuttosto, allora, è meglio dare vita a un sistema diverso e alternativo invece che ingannare il prossimo insegnando come autentico un contenuto deformato. Un ruolo molto importante per l’insegnamento autentico dei valori e delle tecniche del Metodo è svolto dal Club Alpino San Marino (CASM) e in particolare da IAMA (Accademia Internazionale Montagna e Arrampicata), l’organo tecnico del suddetto club: nel 2008 il Presidente Roberto Stacchini mi ha incaricato di curare direttamente e in modo specifico la formazione degli istruttori al fine di garantire la trasmissione corretta del Metodo all’interno del CASM. Considero questa iniziativa particolarmente degna di nota, in quanto ritengo che il valore più nobile delle associazioni di volontari si realizzi proprio nel momento in cui tali associazioni si pongono l’obiettivo di colmare i vuoti e le lacune esistenti. Ulteriori informazioni aggiornate sull’insegnamento autentico del Metodo si possono trovare nella pagina web www.metodocaruso.com. Un ringraziamento speciale va a Paolo Giachini e a Micaela Solinas per la revisione delle bozze e a Marta Zarelli, Roberto Stacchini, Gianluca Martelloni e Marco Speziale per la realizzazione delle foto.

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Per chi insegna: apprendimento, divertimento e maieutica.La tecnica, la didattica e il metodo

Tecnica e didattica: due facce di una stessa medaglia. Più esattamen-te, sono tali solo se non vengono considerate separatamente o, peg-gio ancora, in contrasto. è interessante notare come le lacune nella

tecnica del movimento vadano di pari passo con il fiorire dei manuali. Si scrive su tutti gli argomenti: dall’attrezzatura all’abbigliamento intimo da montagna, passando per le dissertazioni intellettuali sulla didattica e sulla sicurezza. Si potrebbe dire che si cerca di colmare le lacune nella tecnica del movimento analizzando al “microscopio” ogni altro argomento che capiti sottomano. Ma il senso ultimo di quello che cerchiamo continua a sfuggire. Qual è l’obiettivo principale e qual è la via per raggiungerlo? Imparare per capire, per diventare bravi e competenti, per conoscere me-glio noi stessi, gli altri e il mondo che ci circonda. Ma anche imparare per divertirci e allo stesso tempo per impegnarci in qualcosa, almeno in quello che ci appassiona. Questo potrebbe essere l’obiettivo.A volte risulta difficile comprendere bene il senso, le differenze e i punti che accomunano la tecnica e un metodo completo, come quello presen-tato in queste pagine. La Tecnica è l’insieme delle progressioni e dei movi-menti che potremmo definire “archetipi”, le matrici perfette. Ma perfetto non vuol dire impossibile, irreale o che non debba essere adattato nella pratica: gli schemi motori e le progressioni individuati sono in effetti dei riferimenti molto concreti per poter migliorare la qualità del proprio movi-mento, tenendo conto anche dell’anatomia umana e delle leggi della fisi-ca. Nel passato, quando si pensava che nell’arrampicata non ci fosse nulla da conoscere e capire, e quindi da insegnare, perché il movimento veniva considerato “istintivo”, le lacune tecniche erano diffuse e si procedeva a tentoni. Il difetto del “tastare” con i piedi sugli appoggi, frequente tra molti arrampicatori, allegoricamente rende bene il concetto. Quando la Tecnica viene organizzata secondo dei principi che integrano la visione d’insieme con gli aspetti particolari del movimento, ma che so-prattutto prevedono una successione ben precisa nell’apprendimento e dunque nell’insegnamento delle tecniche, si parla di Metodo. Il Metodo è organizzato in funzione di rendere l’apprendimento più efficace, di favori-

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re il miglioramento e la conoscenza. Tecnica e Metodo, quando si fondono insieme, rendono possibile trasmettere agli altri efficacemente la sintesi delle conoscenze acquisite dai predecessori più esperti. In pratica, Tecnica e Metodo, costituiscono la strada maestra per un ap-prendimento completo; permettono di eliminare errori e difetti, ma anche di comprendere a fondo l’attività che si pratica. Si tratta quindi di mezzi utili per raggiungere il risultato proposto, ma in qualche modo anche del fine, considerando che senza tali strumenti diventerebbe particolarmente diffi-cile, se non impossibile, raggiungere l’obbiettivo stesso. Un errore importante in cui spesso si cade deriva da un approccio troppo sem-plicistico e poco lungimirante. La mente razionale tende a discriminare, sepa-rando i singoli aspetti della materia oggetto dello studio. Questo processo è positivo quando favorisce una conoscenza analitica, ma diventa negativo se poi non si ricompone il mosaico del movimento nel suo insieme, nella sua globalità. In questi casi il risultato può essere addirittura antitetico: è molto facile, infatti, perdere di vista il senso generale correndo dietro agli infiniti par-ticolari. Un esempio concreto spiega bene questo meccanismo.In un manuale di metodologie “teorico-astratte” per l’arrampicata si consi-glia didatticamente di non insegnare, ad esempio, la progressione incrocia-ta simultanea agli allievi che hanno come obbiettivo l’alpinismo. In pratica si sostiene che in alpinismo bisogna arrampicare mantenendo sempre tre punti d’appoggio e muovendo un solo arto alla volta, mentre nell’arrampi-cata sportiva la tecnica suddetta diventerebbe utile perché, in questo caso, sarebbero “lecite” posizioni base sia con due che con tre punti fissi. In real-tà queste affermazioni sono estremismi che dipendono dal non aver com-preso il senso del Metodo e, sicuramente, anche la finalità delle differenti progressioni. Ogni singola tecnica dovrebbe essere utilizzata sul terreno più adatto che dipende anche dal livello di ciascun praticante: i contenuti oggettivi (la tecnica) si fondono e si armonizzano con gli aspetti sogget-tivi (chi, dove e quando). Come vedremo, alcune situazioni alpinistiche si prestano perfettamente alla progressione simultanea, senza considerare poi che ogni tecnica è uno strumento che sviluppa la capacità e l’intelli-genza motoria: non praticarle equivale a ostacolare il miglioramento. Le interpretazioni sbagliate come quelle sopra descritte si verificano quando si crede di aver compreso la Tecnica, mentre è esattamente il contrario. Anche riguardo ai principi didattici e alla comunicazione tra docente e discente, molto spesso si inciampa nelle tendenze e nelle mode del mo-

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mento. In genere si oscilla tra posizioni contrastanti ed estreme tra loro: i sostenitori dell’insegnamento “verticale” si schierano contro quelli che preferiscono il “metodo” “orizzontale”, quelli che propugnano l’autorita-rismo e il “si fa così perché lo dico io” contro chi pensa che ognuno debba fare quello che “sente” con la convinzione che ciò serva a stimolare la “cre-atività” negli allievi, perfino prima di aver acquisito le basi del movimento. Qualche tempo fa andava di moda criticare l’approccio “frontale”, per certi versi paragonabile a quello “verticale”. Per inciso, l’idea di insegnamento frontale è ancora più riduttiva rispetto a quella di insegnamento verticale: la impoverisce nei contenuti (verticale ricorda comunque un qualcosa che viene dall’alto) e richiama il contrasto e lo scontro. Ma in realtà, chi si intende veramente di formazione sa molto bene che non è corretto ignorare alcuni aspetti a discapito di altri. La vera didattica non è solo verticale, ma neanche frontale o orizzontale, un metodo non è globale o per “parti”, deduttivo o induttivo ecc. Un bravo insegnante utilizza tutti gli approcci e gli strumenti didattici a sua disposizione, così come utilizza tutte le tecniche, perché sa che ognuna di esse ha una fun-zione differente e complementare alle altre. Per rimanere nell’ambito dell’alpinismo, sarebbe come se, in base alle tendenze del momento, si insegnassero soltanto alcune progressioni invece che l’intero sistema del-la Tecnica: solo la Progressione a Triangolo per due o tre anni; poi, al cam-bio della moda, solo la Progressione Fondamentale per altri tre anni; poi solo quella Incrociata Simultanea... e all’inizio di ogni “era” si potrebbe dire che le altre tecniche sono superate... Solo l’idea fa sorridere!Un insegnante, dunque, dovrebbe avere in sé molte qualità contempo-raneamente, non una sola. Dovrebbe saper integrare i principi didattici validi, non certo generare contrapposizioni ed estremismi. Il concetto del “Magister ludi” rende proprio questa idea. Ma già nel VI secolo avanti Cristo, Socrate aveva esaustivamente descritto le caratteristiche, tutt’ora all’avanguardia, che dovrebbe possedere un maestro, introducendo la maieutica: ovvero la capacità di aiutare l’allievo a far emergere la cono-scenza di ciò che, se pur sopito, è già in lui. A un bravo insegnante si richie-dono, pertanto, le seguenti qualità:

• grande conoscenza della materia• capacità di sintesi• capacità di approfondimento• consapevolezza del ruolo di formatore

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• autorevolezza senza autoritarismo• umiltà• serietà• capacità di insegnare attraverso il gioco e il divertimento• favorire l’apprendimento stimolando le percezioni e le intuizioni • favorire l’indagine e la ricerca del Vero• capacità di empatia, di capire gli allievi e le loro difficoltà• coerenza• non essere schiavo dell’ego (la cosiddetta “sindrome della patacca” o della prestazione);• capacità di individuare il Punto Focale

In conclusione di queste semplici riflessioni, dovrebbe essere evidente quanto sia riduttivo e fuorviante dividere gli approcci didattici contrap-ponendoli tra loro per esaltare i rispettivi punti di forza a seconda della metodologia di moda. L’esperienza insegna che in realtà a una maggiore conoscenza della Tecnica, intesa come sapere globale, teorico e pratico insieme, corrisponde una maggiore e più completa dimestichezza con i diversi approcci didattici e una conseguente migliore capacità di usarli nei modi, tempi e situazioni più opportuni.

Apprendimento “integrato”:oltre le fazioni e gli estremismi

Negli ambiti della formazione in generale, da alcuni anni i più esper-ti insistono molto sul definire l’apprendimento come un processo infinito e in continua evoluzione. Si parla infatti di apprendimento

circolare, di “lifelong learning”, di apprendimento continuo. Questi concet-ti, in effetti, sono molto importanti e correggono le interpretazioni ridut-tive secondo le quali l’apprendimento si conclude quando “si è imparato” qualcosa. In realtà, il luogo comune secondo il quale una qualsiasi cosa “si sa o non si sa” è profondamente falso e fuorviante. Nel capitolo precedente si è trattato di come una certa tendenza culturale porti a esaltare volta per volta una singola metodologia, per poi cambia-re “tattica”, ritenendo che approcci diversi e anche contrastanti siano la chiave giusta per una migliore comprensione. Il processo cognitivo include certamente anche l’apprendimento “per estremi”: bianco/nero, si/no, di-

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Progressione incrociata simultanea: massima pendenza

La Progressione Incrociata Simultanea sulla massima penden-za permette di progredire molto rapidamente; favorisce inoltre l’apprendimento di un movimento che comporta un equilibrio

stabile del corpo, essendo i due arti in appoggio sempre situati lungo un asse obliquo. In questo caso, pertanto, la distanza calcolata in oriz-zontale dei due arti così posizionati sulla parete, determina una base

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d’appoggio sufficientemente ampia per garantire l’equilibrio e ostaco-lare la rotazione del corpo. Si consiglia sempre di iniziare da una posizione incrociata di base. La progressione può essere eseguita con una sola piccozza, poggiando la mano libera con il pugno sulla neve. Figg. 08a-c

Più facilmente ancora può essere ese-guita con due attrezzi. Figg. 09a-f Si precisa che la progressione sud-detta è decisamente più veloce, ol-trechè meno faticosa, rispetto alla progressione in ambio simultanea, retaggio del passato. Infatti, nella progressione incrociata simultanea, il baricentro del corpo si muove verso l’alto in linea retta, differentemente da quanto avviene nella progressio-ne in ambio simultaneo in cui il corpo

si sposta a zig-zag da una coppia di arti omolaterali all’altra, con un maggiore dispendio energetico. In alcuni casi la progressione in ambio simultaneo è stata descritta come particolarmente veloce, anche più veloce della progressione incrociata: tale credenza è così palesemente fuorviante da non meritare ulteriori approfondimenti.Si ricorda, infine, di esercitarsi nell’esecuzione delle progressioni cor-rette anche in discesa e in traversata.

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• piccozza principale infissa troppo in basso, con conseguente affaticamento del braccio che la impugna• piccozza secondaria infissa anch’essa troppo in basso e lontano rispetto al corpo

• inserire la vite troppo in alto Fig. 61 In alcune circostanze, a causa della par-ticolare conformazione del ghiaccio, non si riesce a collocare la piccozza sufficien-temente in alto così da assumere, grazie allo spostamento in orizzontale dei piedi, la posizione a triangolo con il braccio di-steso. In questi casi si possono spostare i piedi leggermente in basso, oltre che in orizzontale. Tale accorgimento, consentendo di abbassare il corpo, ci permette ugualmente di distendere il braccio che impugna la piccozza dominante. È consigliabile, infine, imparare a chiodare con ciascuna mano.

Progressione a triangolo a vertice fisso con accoppiamento dei piedi con 3 passi

La presente tecnica deriva dall’unione della Progressione a Triangolo a Vertice Fisso e dell’Accoppiamento dei piedi. Si tratta di una combi-nazione particolarmente adatta ai terreni difficili e faticosi in quanto,

in alcune situazioni, permette di sollecitare le braccia in misura minore.A differenza di quanto accade sulle pareti non particolarmente ripide, nel-le quali la progressione avviene essenzialmente grazie all’azione di spinta delle gambe, con l’aumentare della pendenza il peso del corpo tende a gravare maggiormente sugli arti superiori fino al punto che, quando la pa-rete diventa strapiombante, le braccia si trovano a sostenerne la maggior parte del peso stesso. In questi casi, quando si spostano i piedi, è talvolta preferibile non distendere le gambe ad ogni passo in modo da non solle-vare il tronco. Si evita, così, di piegare le braccia nella fase iniziale del mo-vimento: queste, infatti, sono mantenute semidistese per tutta la durata dell’esecuzione dello spostamento dei piedi e vengono piegate soltanto

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alla fine della sequenza, quando ci si solleva distendendo completamente le gambe. Riassumendo: questa sequenza di movimento degli arti coin-cide con quella della Progressione a Vertice Fisso laddove, però, gli arti inferiori, che non sono caricati in distensione, lavorano secondo la tecnica dell’Accoppiamento dei piedi. Descrizione tecnica della progressione:da una posizione a triangolo a destra, si sposta la piccozza secondaria (si-nistra) e si assume una posizione a triangolo a sinistra con il braccio diste-so (nella sequenza delle immagini viene proposta la soluzione del cambio triangolo a due passi). Si sposta quindi verso l’alto la piccozza destra, dive-nuta ora secondaria.A questo punto si spostano i piedi secondo lo schema del Vertice Fisso e con l’Accoppiamento dei piedi: si muovono quindi gli arti inferiori con tre passi, iniziando sempre con il piede secondario (sinistro). Ad ogni passo le gambe vengono caricate con il peso del corpo ma non si distendono, in modo da spostare i piedi senza sollevare il tronco. Dopo aver raggiunto le posizio-ni finali dei piedi, ci si solleva sulle gambe piegando entrambe le braccia e quindi si continua spostando la piccozza secondaria, quella impugnata ora dalla mano destra. Figg. 62a-l Non si ritiene opportuno illustrare con le immagini la continuazione della sequenza perché coincidente con la Progressione a Triangolo a Vertice Fis-so descritta precedentemente: è sufficiente sapere che si può ripetere la sequenza a vertice fisso con accoppiamento dei piedi dopo aver raggiun-gendo la posizione a triangolo a destra con due o quattro passi (muovendo

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i piedi in orizzontale per mantenere il braccio destro disteso) e dopo aver spostato in alto la piccozza secondaria (la sinistra nel caso specifico).Anche in questa progressione l’equilibrio del corpo è garantito soprattutto dalla piccozza principale, che dovrà quindi essere infissa nel ghiaccio con un margine di sicurezza. Come descritto per la precedente progressione, la piccozza secondaria può invece essere inserita meno in profondità (ma sempre con una sufficiente garanzia di tenuta) in modo da facilitare l’estra-zione della stessa nel momento in cui, sollevato il corpo, ci si verrà a trovare con il braccio (quello che lavora sulla piccozza dominante) piegato in bloc-caggio. errori importanti e frequenti:

• confondere l’esecuzione del vertice fisso a tre passi con il cambio triangolo a passi pari• muovere per primo il piede principale, cioè quello opposto alla pic-cozza dominante • confondere i ruoli della piccozza principale e di quella secondaria • non spostare in alto la piccozza secondaria affinchè contribuisca al movimento del corpo• piccozza secondaria infissa troppo profondamente• non utilizzare la posizione bilanciata su due appoggi• utilizzare la posizione con bilanciamento• non utilizzare le concavità del ghiaccio al fine di divaricare legger-mente le punte quando si esegue l’Accoppiamento dei piedi

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