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L LA FIGURA DI COUBERTIN E LA SUA DEFINIZIONE DI OLIMPISMOPROF.SSA SIMONA IANNACCONE

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Università Telematica Pegaso La figura di Coubertin e la sua definizione di olimpismo

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 IL RIPRISTINO DEI GIOCHI OLIMPICI ------------------------------------------------------------------------------ 3

2 LEGAME TRA GIOCHI ANTICHI E MODERNI --------------------------------------------------------------------- 8

3 LA FILOSOFIA DELL’ «OLIMPISMO» -------------------------------------------------------------------------------- 15

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1 Il ripristino dei giochi olimpici Nel periodo che va dal 1892 al 1894 Coubertin pone le basi per la rinascita delle

Olimpiadi.

Pierre de Coubertin fu il primo ad avvertire con consapevolezza il ruolo delle attività sportive

nella società di massa. La gara olimpica diventava competizione tra nazioni in perfetta sintonia con

la tendenza delle società a nazionalizzarsi. Alla base dell’idea olimpica di Coubertin si individuava

un intento politico e un nesso profondo tra politica e sport. Niente come lo sport avrebbe potuto

garantire un ordinato sviluppo di società sempre più competitive e soggette ad acuti conflitti sociali.

Sport e democrazia liberale apparivano ai suoi occhi un connubio ideale contro l'oppressione

o il disordine.

L’olimpismo coubertiniano, quello che lui stesso definiva internazionalista, o meglio

cosmopolita, è in realtà la dimostrazione del compimento del processo di nazionalizzazione delle

masse e del radicamento del nazionalismo politico nella cultura europea. Il passaggio progressivo

dell’occidente industrializzato da pratiche sportive non agonistiche a quelle competitive trovò una

data cardine nelle olimpiadi di Atene svoltesi dal 5 al 15 aprile del 1896 e una formalizzazione

culturale nell’ideologia coubertiniana.

Dunque, le Olimpiadi vanno riprese perché lo sport è uno strumento essenziale della vita

moderna. Importante è lo spirito, la filosofia generale, non la piatta e sterile riproduzione di rituali e

modelli dell'antica Olimpiade.

Di qui la grande apertura dichiarata da Coubertin in relazione ai regolamenti, all'introduzione

di nuove discipline, degli sport di squadra, delle donne, allo stesso dilettantismo. Il fine

coubertiniano è comunque la pace sociale per raggiungere la quale anche lo sport può rappresentare

un ottimo mezzo.

Il suo realismo progettuale, del quale impregna la sua idea di olimpismo, è comunque

totalmente non ideologico. L’olimpismo coubertiniano alfiere di quello che egli chiama

l’internazionalismo, anche se forse è più appropriato definirlo cosmopolitismo, con aspirazioni

pacifiste, è in realtà la dimostrazione del compimento del processo di nazionalizzazione delle masse

e del radicamento del nazionalismo politico nella cultura europea.

Nell’epoca d’oro, a cavallo tra Otto e Novecento, movimenti e correnti di pensiero frutto della

cultura moderna e affermatisi come religioni secolari (socialismo, positivismo, modernismo,

nazionalismo e olimpismo), la necessità di un rapporto più stretto fra l’individuo, le masse e lo

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Stato, favorirono uno slittamento dell’idea di nazione verso la preminenza della volontà di potenza

e di supremazia. Si affermò così un nazionalismo come identificazione della nazione con il

predominio dello Stato.

Il primo annuncio pubblico di voler ripristinare i Giochi lo fa il 25 novembre 1892. Dopo un

lavoro di circa un anno e mezzo riunisce dal 16 giugno al 24 giugno 1894 un importante Congresso

mondiale dell’Educazione fisica, nel corso del quale si prende la decisione formale di organizzare la

prima Olimpiade dell’era moderna ad Atene nel 1896 e di rinnovare la manifestazione in città ogni

volta diverse con la classica cadenza quadriennale.1 Al Congresso di Parigi si decide di costituire il

Comitato Internazionale Olimpico (CIO)2 con la funzione di propagandare l’idea olimpica nelle

varie nazioni di appartenenza e di organizzare la partecipazione del proprio paese ai successivi

Giochi.

Il barone Coubertin esprime, dunque, per la prima volta in pubblico l’idea di ripristinare i

Giochi olimpici in un discorso pronunciato nell’anfiteatro della Sorbonne3 la sera del 25 novembre

1892. L’occasione è data da una manifestazione organizzata per festeggiare il quinto anniversario

della nascita dell’USFSA (Unione delle società francesi di sport atletici), di cui ancora Coubertin è

segretario generale. La giornata prevede una conferenza divisa in tre parti (ognuna con una relatore)

sul tema: Gli esercizi fisici nell’antichità, nel Medioevo e nel mondo moderno4.

Davanti a un numeroso e qualificato uditorio si susseguono gli interventi di Georges Bourdon sullo

sport nell’antichità, di J.J. Jusserand sullo sport del Medioevo e di Coubertin sugli sport moderni.

A sorpresa il barone termina il suo discorso con la nota affermazione: «E’ evidente che il telegrafo,

1 Coubertin ha a sua disposizione due organi di stampa: le Bulletin du Comité International des Jeux Olympiques, che egli ha creato al termine del Congresso , e le Supplément au Messager d’ Athènes, giornale francofono acquistato, tra le altre gazzette.« Il tiendra ses lecteurs au courant de tout ce qui a rapport à “ l’Œuvre du Rétablissement des Jeux Olympiques”». Bulletin du Comité International des Jeux Olympiques, n°1, juillet 1894 2 Primo presidente, strategicamente designato, è il greco Demetrius Vikelas, vice presidente della Società per lo sviluppo degli studi dell’antica Grecia. Sulla genesi del movimento olimpico e sul «diretto controllo» esercitato da Coubertin su Vikelas, cfr. J. LUCAS, The modern Olympic Games, Barnes, Crambury 1980, pp. 28-44. Sulla genesi e sui primi anni di attività del Cio, si veda la testimonianza di P. DE COUBERTIN , Mémoires olympiques, CIO, Lausanne, 1989 3È la prima volta che un congresso di educazione fisica si svolge in quel luogo così austero e ricco di storia tale da incutere rispetto ai convenuti; «dopo che il Presidente del Congresso ebbe pronunciato un discorso molto alto sul ruolo dell’atletismo del mondo, il poeta Jean Aicard trovò degli accenti commossi e vibranti per cantare la grandezza morale della lotta e del vigore fisico. Poi in un religioso silenzio fu ascoltato l’inno di Apollo (uscito, dopo duemila anni, dalla terra di Delphi, tradotto da Reinach e messo in musica da Gabriel Fauré) cantato da cori accompagnati dalle arpe con, in solista, la famosa Jeanne Remacle dell’Opéra, l’effetto fu intenso» P. de COUBERTIN, Jeux Olympiques. Discours à Athènes (16 nov.1894), «Le Messager d’Athènes», 1894, n.39, ora in Textes Choisi, II T., p. 364 4 La conferenza di cui sopra è inserita all’interno di una serie di manifestazioni culturali, artistiche e sportive la cui durata va dal 20 al 27 novembre. Sono effettuate gare di ciclismo, podismo, scherma (cfr. J.A. LUCAS, Genèse Olympique: les conférences de la Sorbonne de 1892 et de 1894, in “Revue Olympique”, 1974, n.85-86 e O. MAYER, A’ travers les anneaux olympiques, Cailler, Gèneve, 1960, p.17.

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il telefono, la ricerca appassionata della scienza, i congressi, hanno concorso alla pace più dei

trattati e delle convenzioni diplomatiche. Ebbene! Spero che l’atletismo produrrà, ancora di più.

Coloro che hanno visto trentamila persone accorrere sotto la pioggia per vedere una partita di

calcio non troveranno che sia esagerato»5.

Molto importante è la fase che precede lo svolgimento della prima Olimpiade dell’era moderna ad

Atene nel 1896. Le difficoltà e le delusioni tecniche, l’entusiasmo degli spettatori, gli intrighi

sotterranei, lo scoraggiamento di alcuni dei suoi collaboratori e, infine, l’iniziativa che rivendicava

alla Grecia il monopolio del restaurato Olimpismo.

E’ la prima volta che l’idea, che ha assillato il barone a lungo, viene presentata in pubblico,

mentre si estende la grande ombra del dubbio e dell’incomprensione.

«Quali Giochi Olimpici? Una copia dei Giochi antichi greci? E dove? In Grecia? E

riservati a chi? Dei Giochi su scala mondiale, risponde de Coubertin, stanco, dei Giochi aperti a

tutti, a tutti i paesi, a tutte le razze e a tutte le religioni».6

Ma al momento tutto va male perché la Francia non gradisce questa idea di «rinnovamento dei

Giochi Olimpici», la ignora, non la comprende.

La Germania riserva lo stesso atteggiamento. Gli Stati Uniti sono soprattutto preoccupati per la

piccola battaglia che impegna i club universitari e la Federazione di atletica. In Inghilterra hanno

compreso l’idea di de Coubertin, ma ritengono che il progetto non possa essere realizzato: «troppo

vasto, troppo ambizioso».

In compenso, altri tre paesi, ahimé minori, fanno pervenire la loro completa adesione al progetto: la

Giamaica, la Svezia e la Nuova Zelanda!

Coubertin ha trent’anni. I Giochi Olimpici vanno ad occupare i trenta successivi della sua vita. In

effetti, egli diviene presidente del CIO dopo i primi giochi di Atene e abbandona tale funzione solo

nel 1925. Le sue Mémoire Olympiques (1932) nonché la sua narrazione Une campagne de vingt-et-

un ans (1908) ricostruiscono le pressioni che egli ha dovuto subire e gli stratagemmi che egli

5 «Esportiamo dei corridori, degli schermitori, ecco il libero scambio dell’avvenire, e il giorno in cui sarà introdotto nei costumi della vecchia Europa la causa della pace avrà ricevuto un nuovo e potente appoggio» «Tutto ciò è sufficiente per incoraggiare il vostro servitore a riflettere, considerare adesso la seconda parte del programma: egli spera che voi l’aiutiate come l’avete aiutato finora e con voi potrà perseguire e realizzare su una base conforme alle condizioni della vita moderna, questa opera grandiosa e benefica, la restaurazione dei Giochi Olimpici». Extrait de: Une Campagne de Vingt-et un Ans, Paris 1908, Pag. 90 (Cfr, P. de COUBERTIN, Le manifeste olympique, prefazione di F. d’Amat, Les Editions du Grand Pont, Lausamne, s.d (ma 1994). Si veda anche Astuzie per i ludi, in “Lancillotto e Nausica”, a. XII (1995), n.1-2-3, pp. 112-115 6 R. PARIENTE’, G. LAGORCE, La fabuleuse historie des Jeux Olympiques, Genève, Minerva 2000, p. 25

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adopera per mantenere e imporre il CIO contro venti e maree, giocando ai camaleonti secondo la

sua espressione.

I Giochi di Atene segnano anch’essi un buon risultato per Coubertin e per il CIO; dopo questi

Giochi però, se si eccettua la parentesi del Congresso di Le Havre del 1897 e fino all’Olimpiade di

Londra del 1908, il movimento olimpico va incontro ad una profonda crisi. Il Governo greco, dopo

aprile 1896, reclamava la sessione di un secondo Congresso olimpico «che avrebbe dovuto

completare l’opera del Congresso di Parigi», includendo la creazione di Olimpiadi greche

intermedie, alle quali sarebbero state conferite «lo stesso carattere e gli stessi privilegi». Coubertin

accetterà che il CIO convochi un secondo Congresso olimpico, ma a due condizioni. Da un canto,

l’opera del Congresso del 1894 doveva essere mantenuta «et notamment l’institution du Comité

International Olympique». Dall’altro, non solo il Comitato Olimpico si sarebbe occupato delle

questioni di organizzazione, ma anche delle questioni tecniche e pedagogiche7.

Anche Coubertin è scoraggiato dall’andamento delle cose e in qualche occasione sembra quasi sul

punto di gettare la spugna. I Giochi di Londra registrano un’inversione di tendenza e appaiono un

momento di svolta e di rilancio per l’azione coubertiniana. I successivi Giochi, quelli di Stoccolma

del 1912, sono da considerare come la vittoria della tenacia del barone e il momento in cui

prendono lo slancio per affermarsi come le più importanti manifestazioni sportive internazionali. Il

Congresso del CIO di Parigi del 1914 rappresenta la conclusione del periodo iniziale dei Giochi e di

cui Coubertin può raccogliere i frutti del suo appassionato lavoro. Le cerimonie commemorative

alla Sorbonne del giugno 1914, in presenza del Presidente della Repubblica Raymond Poincaré,

furono particolarmente solenni. Sono presenti per la prima volta in forma ufficiale i rappresentanti

di 29 Comitati nazionali olimpici e di circa dieci Federazioni sportive internazionali. In altri termini

a Parigi si forma quel triunvirato (CIO, Federazioni internazionali, CNO) destinato a guidare fino

ad oggi il movimento sportivo internazionale con ramificazioni in ogni paese del globo. Tra l’altro

questo congresso è ricordato perché: «Pour la première fois, le drapeau du CIO, symbole des cinq

parties du monde, conçu et vraisemblablement dessiné par Coubertin, fut présenté» (emblème du

Moviment Olympique)8

7 «Coubertin spiegherà nella Revue Olimpique de janvier 1901. «Le Congrès du Havre n’avait pas pour but de réviser ou d’étendre le Congrès de Paris, dira-t-il, mais d’étudier les questions hygiéniques et pédagogiques en rapport avec les excercices physiques».

8 Plus de cent adresses parvinrent du monde entier. Un chœur suédois «embellit» la manifestation. Créateur de Symbole: mottotriade, cercle, flamme, anneaux, et de rites: hymne, serment, défilé, il fut dans l’obligation de créer une istitution, d’envisager des structures, de lancer une croisade. P. de COUBERTIN, L’ Emblème et le Drapeau de 1914.

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La prima guerra mondiale, purtroppo, dimostra la sconfitta delle illusioni cosmopolite del

barone francese circa le capacità dell’olimpismo di unire i popoli e assicurare la pace; infatti

durante la guerra Coubertin sposta la sede del CIO da Parigi a Losanna9 per sanzionare la neutralità

del movimento olimpico di fronte al conflitto in atto.

Dans :Revue Olympique, août 1913, pp. 119-120; N. MÜLLER, Coubertin et les Congrès Olympiques, “ Revue Olympique”, n. 167-168 9 Intime conviction de Coubertin, pour survivre, le CIO a besoin de calme et de stabilité: son trasfert en pays neutre ne peut qu’être favorable au Mouvement. La Suisse est depuis toujours pour Coubertin le pays quelque peu mythique où se trouvent conjuguées les vertus de civilisation dont il rêve : calme et beauté, noblesse et excellence, frugalité et vie sportive. P. de COUBERTIN, La Suisse, Reine des Sports, Textes Choisis, T. II, p.726

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2 Legame tra giochi antichi e moderni Sono poche le opere sui giochi olimpici che non consacrano o demarcano linee di

continuità con i giochi tenuti a Olimpia, nell’est del Pelopponneso. Coubertin, consapevole del

ruolo dei giochi antichi in quanto tributo agli dei, nel definire l’Olimpismo non può non richiamare

l’antichità. Grazie a questo legame con il passato, Coubertin e i suoi successori hanno potuto

imporre i giochi moderni e legittimare tutta la costruzione ideologica che li accompagna. Qual é

dunque la natura di questo legame e cosa è veramente importante?

Lo spirito che animò gli antichi giochi agonali sin dalle origini si espresse in forme e funzioni

connesse con i culti divini ed eroici (l’attività fisica serviva per preparare gli uomini alla guerra,

aveva un carattere sacrale e si caratterizzava per l’assenza di premi pecuniari) e, sul piano sociale e

ideologico, con il ceto aristocratico e con l’ideale agonistico dell’eccellenza fisica e del primato

sull’avversario. L’importanza dei giochi, che ben presto divennero un’occasione irripetibile di

incontro di tutti i Greci, manifestazione unica del loro nazionalismo, fu compresa da illustri uomini

politici, che provvidero con leggi a organizzare e integrare l’attività atletica nel quadro globale delle

attività della polis.

Anzitutto bisogna comprendere che i giochi antichi si sono svolti in quasi dodici secoli,

dal 776 a. C. al 393 d. C., secondo le date comunemente accettate. Altrimenti detto, dei tempi

arcaici greci, prima della fondazione di Roma, fino al trionfo del cristianesimo e la spartizione

dell’impero romano tra Bisanzio e l’Occidente. Una istituzione di una tale longevità è

profondamente evoluta nel corso dei secoli. Tracciare di nuovo la sua storia equivaleva a percorrere

quella di quasi tutta l’Antichità mediterranea.

Coubertin visita la Grecia e Olimpia per la prima volta nel 1894, dopo che l’inaugurazione

dei giochi moderni era stata confinata ad Atene. La sua conoscenza di tale civilizzazione riguarda

soprattutto i suoi studi classici.

Le differenze tra Olimpia e i giochi moderni sono evidenti, ma meritano di essere

rammentate10.

10 Coubertin osserva con ammirazione, descrivendola quasi sempre in termini acritici, la civiltà greca e, sottolinea quanto netta sia l’influenza di tale cultura su quella moderna: «quest’influenza misteriosa, che attraverso i secoli la civiltà ellenica esercita ancora sull’umanità. L’ideale così puro e così pratico, così diverso e così umano nello stesso tempo che fu la chiave di volta dell’edificio greco […] »

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Per prima cosa, Olimpia era un sito permanente. Non era una città e neanche un

villaggio, ma un santuario che si trasformava ogni quattro anni in un gigantesco campeggio dove le

condizioni di alloggio erano precarie, almeno fino a quando nel secondo secolo a. C. il ricco atene

Hérode Atticus finanzia un’adduzione di acqua e la costruzione di fogne. Le competizioni erano

pertinenza esclusiva degli uomini, ciò che Coubertin ha cercato invano di mantenere, e dei giovani.

Le donne non vi potevano assistere. Alcune competizioni potevano raggiungere una violenza

inaudita, fino alla morte dell’avversario. Solo il vincitore era distinto da una corona di ulivo, senza

che avesse medaglie di argento né di bronzo. I giochi antichi ebbero luogo malgrado tre numerose

guerre, mentre i giochi moderni saranno annullati per tre volte a causa delle due guerre mondiali.

Al di la di queste differenze, il genio Coubertin tentò di trasporre diversi tratti caratteristici

dei giochi antichi in alcuni equivalenti simbolici adattati alla nostra epoca.

In una società fondata sulla schiavitù, le competizioni di Olimpia erano riservate

esclusivamente agli uomini liberi in opposizione ai barbari. Questo principio di cittadinanza

ellenico, in origine molto rigoroso, si ammorbidì a poco a poco per far spazio agli abitanti delle

colonie greche, poi ai Romani e ai popoli dell’Asia Minore. Giammai gli schiavi furono ammessi.

Questa pratica di escludere gran parte della popolazione alla pratica sportiva si ritrova dai

gentlemen inglesi del XIX secolo. Questi non volevano essere mischiati sul terreno di gioco ai

lavoratori manuali o a degli specialisti concorrenti per delle borse di denaro. Così, come i giochi

antichi erano riservati agli Ellenici, i giochi moderni sarebbero stati riservati esclusivamente ai

dilettanti, nonostante il concetto di dilettantismo nacque nell’Inghilterra vittoriana (regno della

regina Vittoria 1837-1901) e servì al congresso del 1894 per ripristinare i giochi olimpici.

Uno dei tratti ben conosciuto dei giochi antichi è la tregua tra i partecipanti alle

cerimonie, difatti, quest’ultima limitata al libero passaggio dei partecipanti e visitatori in strada per

Olimpia, anziché alla neutralità del posto durante la durata dei giochi11. Essa fu molto efficace per

la reputazione di Olimpia, ma non impediva mai ai Greci di entrare e dilaniare. Nel 424 a.C, ad

esempio, i giochi minacciati da un’invasione di Sparta si svolsero sotto la protezione delle truppe.

Generalizzando sul tema della tregua, Coubertin e tutti i suoi successori stabilirono la pace e la

comprensione tra i popoli come uno degli obiettivi principali dei giochi rinnovati.

11 La tregua sacra ekecheria (deposizione di armi per uno scopo definito e per un periodo di tempo stabilito) rappresentava un armistizio più che una pace, serviva per creare una sorta di corridoio protetto liberamente transitabile da chi intendeva partecipare ai giochi.

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Fin dalla data del primo congresso ufficiale per la ripresa dei Giochi, nel 1894, democrazia ed

internazionalismo appaiono strettamente legati, inteso quest’ultimo «nel senso del rispetto e non

della distruzione delle patrie»12, ovvero la sua grande aspirazione è di riunire sotto la stessa

bandiera gli atleti di tutti i paesi, di tutte le razze e di tutte le religioni.

Le Olimpiadi rompono i confini nazionali, danno la possibilità alle squadre di tutti i paesi e di tutte

le discipline di incontrarsi in modo pacifico sui campi di gioco nel medesimo luogo e

contemporaneamente.

Il carattere internazionale dato ai giochi rinnovati è volto anche a riunire sotto le stesse insegne lo

sport dilettantistico. Egli si muove per stabilire una norma comune per tutti in modo che siano

riassorbiti i particolarismi vigenti nei vari regolamenti nazionali di una singola disciplina e, per

quanto possibile, tra le diverse discipline.

Coubertin lega poi il concetto di internazionalismo a quello di pacifismo, in quanto il primo è

una corrente nata dal grande bisogno di pace e di fraternità che sale dal profondo del cuore umano.

La pace è diventata una sorta di religione i cui altari sono di giorno in giorno circondati da un

numero crescente di fedeli13.

E’ in questo contesto che Coubertin intende inserire il suo progetto:

«L’atletismo moderno- afferma Coubertin- ha due tendenze sulle quali attiro la vostra attenzione:

diviene democratico ed internazionale. La sana democrazia, il saggio e pacifico internazionalismo

penetreranno nel nuovo stadio e vi manterranno questo culto dell’onore e del disinteresse che

permette all’atletismo di fare opera di perfezionamento morale e di pace sociale nel mentre fa opera

di sviluppo muscolare»14.

Coubertin non si limita a parlare di democrazia ma di “sana” democrazia, di “saggio e

pacifico” internazionalismo e infine accenna alla “pace sociale” in contrapposizione alla lotta di

classe. Ma è con De Coubertin che i Giochi Olimpici sono divenuti un fenomeno della cosiddetta

età delle masse, ritagliandosi uno spazio autonomo fra i giochi rurali e urbani pre-moderni e lo sport

12 Cfr., P. de COUBERTIN, Jeux Olympiques. Discours à Athènes(16 nov.1894), ora in I.d., Textes Choisis, T. II Olympisme, 1986, p. 369-370. All’olimpiade di Atene del 1896 di fronte allo spettacolo di folla, alla dura lotta degli atleti delle varie squadre nazionali per il raggiungimento della sospirata vittoria, di fronte ai tanti avvenimenti sportivi emozionanti che hanno toccato “i cuori e il sentimento”, Charles Maurras, che aveva in precedenza criticato Coubertin per aver voluto “internazionalizzare” lo sport, si dichiara convertito e sembra che abbia affermato: «Io vedo – e ciò è profondamente giusto- che questo internazionalismo non ucciderà le patrie, ma le fortificherà» (P.de COUBERTIN, Souvenirs d’Amerique et de Grèce, Hachette, Paris, 1897, ora in P.d. C., Textes Choisis, 1986 op. cit., p. 158) 13 Ibidem 14 Cfr., P. de COUBERTIN, Jeux Olympiques. Discours à Athènes(16 nov.1894), op.cit. p. 370.

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moderno di origine inglese e legato ai processi di diffusione dell’industrialismo e all’impiego del

tempo libero.

La vera lotta va dunque combattuta sui campi di gioco e non tra le varie classi, né tantomeno

sui campi di battaglia tra le diverse nazioni:

«Ogni quattro anni i Giochi olimpici restaurati danno

l’occasione alla gioventù mondiale di un incontro felice

e fraterno nel quale si cancellerà poco a poco questa

ignoranza in cui vivono i popoli per quel che concerne

gli uni e gli altri: ignoranza che acutizza gli odi,

aumenta i malintesi e precipita gli avvenimenti nel

senso barbaro di una lotta senza mercé»15.

Un altro esempio di questo slittamento di significato riguarda la staffetta della fiaccola

olimpica, istituita dagli organizzatori dei giochi di Berlino, nel 1936, con il sostegno di Coubertin.

Le corse con la fiaccola olimpica da parte delle squadre esistevano effettivamente nella

Grecia antica, ma esse erano puramente locali e non avevano alcuna connotazione sportiva ma

religiosa (il trasporto del fuoco come segno di sacrificio). Per Coubertin, in effetti, la natura

profondamente religiosa del rito antico dedicato a Zeus doveva trasporsi in una «religio athletae»

propria per ispirare tutti i partecipanti moderni. La vera religione dell’antico atleta non consisteva

nel rendere solenni sacrifici all’altare di Zeus. Quello era semplicemente un gesto tradizionale.

Piuttosto, essa consisteva nel giurare lealtà e abnegazione, soprattutto nel compiere ogni sforzo per

aderire strettamente a quel giuramento. L’individuo che doveva partecipare ai giochi doveva essere

purificato, in qualche modo professando e praticando queste virtù. In questo modo, si rivelavano la

bellezza morale e le profonde conseguenze della cultura fisica.

La caratteristica che unisce l’antica olimpiade alla moderna dovrebbe essere lo“spirito

religioso”: «Quel che avvicina dal punto di vista olimpico le due epoche (quella dell’olimpismo

antico e quella del neo-olimpismo) è lo stesso spirito religioso, quello spirito che – nell’intervallo –

è rifiorito anche nel giovane atleta del Medioevo. Religio athletae: gli antichi avevano intravisto il

senso di queste parole, i moderni non l’hanno ancora riafferrato»16.

15 Ibidem

16 Cfr. Memorie olimpiche ( a cura di R. FRASCA), Mondadori, Milano, 2003, p. 201; Cfr, Religio Athletae in Lancillotto e Nausica a. XII (1995), n.1-2-3, pp. 96-103; Religio Athletae. Pierre de Coubertin e la formazione dell’uomo per la società complessa. (a cura di) R. FRASCA, Società Stampa Sportiva, Roma 2007

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Università Telematica Pegaso La figura di Coubertin e la sua definizione di olimpismo

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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Nel quadro di riferimento del pensiero coubertiniano, proprio dell’originario olimpismo,

l’affermazione intende evidenziare non tanto uno spirito confessionale, quanto una dimensione

romantica dello spirito, capace di fondare la causa e il senso dello sport. Si tratta evidentemente di

una qualità dell’anima più che di una evidenza della fede. Se l’atleta (la vittoria dell’atleta era

caratterizzata da un carattere religioso e sacrale) impersona un modello di virtù sublimi e attua,

attraverso lo sport, quasi una partecipazione alla natura della divinità, secondo una visione

individualistica ed eroica dell’uomo, non può non coltivare uno “spirito religioso”.

Per Coubertin lo sport segna, nella prospettiva di un’etica idealista e pura, la via di una

crescita interiore. “Lo sport non è un oggetto di lusso, un’attività per gente oziosa e neanche una

compensazione muscolare del lavoro cerebrale. Esso è per ogni uomo fonte di un eventuale

perfezionamento interiore non condizionato dal mestiere. E’ appannaggio comune, allo stesso grado

per tutti, e, se verrà a mancare, nient’altro potrà sostituirlo”17.

Coubertin torna a più riprese sul concetto di “equilibrio”, che considera un obiettivo

pedagogico primario per il raggiungimento della salute fisica e mentale. Questa, a sua volta,

essendo una condizione per promuovere e realizzare una crescita etica e morale, finisce per avere

una ricaduta sociale in termini di convivenza pacifica tra i popoli.

Questo pensiero coubertiniano delinea un interessante superamento di ovattate

mentalità proprie delle classi agiate. Con coraggio viene respinto un certo elitismo sportivo in

favore di uno sport popolare.

Il richiamo a Olimpia è dovuto al fatto che solo i greci avevano idealizzato l’atletismo, in effetti per

questi ultimi l’atleta «doveva essere rappresentato sotto i tratti più perfetti» e di conseguenza

«l’atletismo doveva trovare la sua origine in qualche leggenda divina: Olimpia, dicevano, è stata

consacrata dagli dei»18.

Coubertin stabilisce una differenza fondamentale tra lo sport antico e quello moderno, anzi

afferma che quest’ultimo ha qualcosa in più e qualcosa in meno rispetto a quello antico. In più ha in

molti casi “strumenti perfezionati”, ovvero le tecniche in sport quali il nuoto, la lotta, il ciclismo,

ecc., «ma, aggiunge, che lo sport (oggi) ha in meno la base filosofica, l’elevazione del fine, tutto

questo apparato patriottico e religioso di cui si circondava nelle feste della gioventù. L’atleta

17 Cfr. Memorie olimpiche ,op. cit . p. 202 18 P. de COUBERTIN, La préface des Jeux Olympiques, in “Cosmopolis”, a. II, aprile 1896, pp. 146-159

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doveva passare prima delle gare per una sorta di purificazione per diventare degno di apparirvi e

ogni tara della sua vita costituiva un impedimento irriducibile».19

Che il ricordo di Olimpia sia sopravvissuto così a lungo dopo la scomparsa del sito è

dovuto all’apogeo culturale raggiunto dalla Grecia classica. Le più grandi menti di questa età d’oro

assisteranno ai giochi olimpici e avranno l’occasione di presentare le loro opere: da Pitagora ad

Aristotele e da Prassitele a Platone, passando per Demostene e Diogene. Esistevano, tuttavia, delle

competizioni musicali e poetiche di cui le odi di Pindaro ci donano un cenno. Questa simbiosi del

corpo e dello spirito non sfugge a Coubertin. Egli convoca nel 1906, una «conferenza consultiva di

arti, lettere e sport» per discutere del soggetto, allorquando l’aspetto sportivo del rinnovamento non

era ancora assicurato.

Dunque, per fare adottare il suo obiettivo di educazione sportiva, egli si rifà

all’eredità dell’ellenismo; per rendere più credibile il suo ideale di fratellanza tra i popoli,

egli evocherà la trêve olympique20(reciproca assicurazione di tutte le città appartenenti alla

comunità olimpica di garantire agli atleti e agli spettatori la possibilità di recarsi nel luogo

della festa senza difficoltà); per rinforzare l’istituzione che aveva fondato, fece appello alle

metafore artistiche e religiose. le competizioni artistiche che collegano i lavori della mente ispirata

dall’idea dell’atletica alla meravigliosa attività dei muscoli

Il modello di riferimento pertanto non è lo sport antico ma quello inglese ormai diffusosi in tutto il

pianeta. Il “ritorno alla vita greca”, alla “vita primitiva”, è considerato un puro, irrazionale, finanche

opportunistico vagheggiamento, perché sostiene decisamente Coubertin- “La verità è che vi è per

gli uomini del XX secolo impossibilità assoluta di ritornare, sia pure parzialmente, alla vita

primitiva, ammesso che realmente ne provino il desiderio”21. Dunque le Olimpiadi vanno riprese

perché lo sport è uno strumento essenziale della vita moderna. Importante è lo spirito, la filosofia

19 Così continua : «Noi sappiamo che l’atletismo è esposto a grandi pericoli ; esso può scadere nel mercantilismo e nel fango, ma da questo destino bisogna preservarlo a ogni costo. Se noi non sapremo mantenerlo su un piano elevato, le speranze fondate su di esso crolleranno; esso non giocherà alcun ruolo nella scuola, non eserciterà alcun’azione sulla vita collettiva, sarà d’aiuto al contrario alla corruzione apportandone un elemento in più». P. de COUBERTIN, Le Néo Olympisme,Textes Choisis, op cit., p. 368 P (P.de COUBERTIN, Jeux Olympiques. Discours à Athènes (16 nov.1894), ora in Id., Textes choisis, T. II, Olympisme, op. cit. p.369) 20 Una delle più rilevanti idee della mitologia sportiva riguarda il concetto di tregua olimpica, valore essenziale ancora prima di celebrare le pacifiche virtù dell’Olimpismo. Coubertin, ad esempio, non ha mai celato che questa idea di tregua fosse predominante per lui, come esempio politico per la gioventù. Nel 1894, ad Atene, esclamò in una conferenza: «Il faut que tous les quatre ans les jeux olympiques restaurés donnent à la jeunesse universelle l’occasion d’une rencontre heureuse et fraternelle dans laquelle s’effacera peu à peu cette ignorance où vivent les peuples de ce qui les concerne les uns les autres : ignorance qui entretient les haines, accumule les malentendus et précipite les événements dans le sens barbare d’une lutte sans merci» P. de COUBERTIN, «L’Athlétisme dan le monde moderne et les Jeux Olympiques», in in L’Idée Olympique : discours et essais. Lausanne, Olympia; Stuttgart Olympischer Sport-Verl., 1966, pp. 8-9

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generale, non la piatta e sterile riproduzione di rituali e modelli dell’antica Olimpiade. Non è un

caso se alla vigilia del Congresso del 1894 Coubertin adoperi per la prima volta l’espressione

“olimpismo moderno” per indicare la giusta relazione che si deve stabilire tra l’antico e il

moderno”22.

Lo sport e l’olimpismo rappresentano il valore supremo, il consenso sacro per eccellenza, la

comunione magica di tutti i paesi in una trascendenza spirituale: l’Idée olympique che, in nome

dello sport puro, permette di promuovere l’uomo in generale.

21 P. de COUBERTIN, Le rétablissement des Jeux Olympiques 22 Ibidem

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3 La filosofia dell’ «olimpismo» Tutte le istituzioni nuove hanno bisogno per imporsi di una stabilità intellettuale.

L’ideologia discriminatoria dei giochi antichi poteva difficilmente essere adottata come fondamento

della sua opera, Coubertin non esita a creare di sana pianta l’«olimpismo», una filosofia pratica

incaricata di ispirare l’azione quadriennale di tutti quelli che avrebbero agito o partecipato ai giochi

rinnovati. L’olimpiade, almeno secondo il dettato di Pierre de Coubertin è essenzialmente un

incontro tra persone che, nel villaggio olimpico, portano il loro contributo di origini, esperienze,

conoscenze, per realizzare una fraterna comunione a partire dalla quale i diversi contributi si

fondano in un cosmopolitismo pacifista, idealmente simboleggiato dai cinque cerchi, uno per

continente, intrecciati nella bandiera olimpica23.

Questo neologismo (olimpismo) è sinonimo da parte di Coubertin e dei suoi adepti di svariate

espressioni come «idea olimpica», «ideale olimpico», o «spirito olimpico». Queste locuzioni

ritornavano continuamente nel discorso ufficiale del CIO e del movimento sportivo, per cui

conviene analizzarne i significati più precisi.

Si trovano nell’opera di Coubertin numerosi tentativi per definire l’olimpismo.

«L’idea olimpica è, ai nostri occhi, il concetto di una forte cultura muscolare appoggiata da

una parte sullo spirito cavalleresco, ciò che voi chiamate (in Gran Bretagna) così graziosamente

fair play e, dall’altra, sulla nozione estetica, sul culto di ciò che è bello e gradevole.24»

Nel discorso pronunciato al ricevimento tenuto dal governo britannico in onore degli ospiti dei

Giochi Olimpici del 1908, Coubertin confermava i progressi compiuti dal Comitato olimpico

Internazionale che egli rappresentava25.

Due commenti in questo discorso, risultano estremamente importanti; nel primo Coubertin parla

della mancanza di fair play26 che minaccia l’idea olimpica. Il secondo, ancora più importante,

23 La celebrazione dei giochi di Olimpia, a partire dal 776 a.C. (secondo la cronologia di Eusebio), imponeva la cessazione delle ostilità tra le poleis, per garantire l’incolumità degli atleti negli spostamenti. Il richiamo ai giochi di Olimpia, secondo la tradizione greca fondati da Eracle e celebrati in onore di Zeus, è anche l’incubatore della funzione mitologica dello sport olimpico. Esplicito in tal senso il discorso tenuto dal barone de Coubertin (1863-1937) ad Atene il 16 novembre 1894, in Textes Choisis, T.II, Olympisme, cit., p. 370; K. LENK, Tra rito, etica e mito, in «LeN», a. IV (1987), n. 1, pp. 20-55. 24 P. de COUBERTIN, Les «trustees de l’idée olympique, ora in I.d., Textes Choisis, T. II Olympisme, p. 448

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attribuito a Coubertin: «l’importante non è vincere, ma partecipare», malgrado l’autore di tale

motto fosse il vescovo anglicano della Pennsylvania, Ethelbert Talbot, che lo pronunciò nel corso

della cerimonia tenuta nella Cattedrale di Saint Paul di Londra in onore dei partecipanti ai Giochi

Olimpici del 1908. Il successo delle Olimpiadi moderne viene spesso racchiuso in tali parole che

Coubertin riprende, ma ampliandone il senso e riprendendo il discorso vi ha aggiunto:

“L’importante nella vita non è la vittoria, ma lottare; la cosa essenziale non è conquistare, ma

combattere bene”, ciò corrisponde al suo ideale educativo, ne fa la base del riconoscimento di una

performance senza ricompensa.

L’importanza di partecipare è intesa dal Barone27 nel senso di un rispetto delle regole:

partecipante è colui che non cerca di avvantaggiarsi in qualunque modo non previsto dalle regole,

perché in tal senso esulerebbe dalla competizione. Una volta, però, che l’agonista si sia messo in

condizione di essere parte, egli giustamente cercherà, rispettando se stesso, gli avversari, i giudici e

25 Ibidem 26 Gli atleti greci gareggiavano per vincere a tutti i costi, non per la mera gloria. L’importanza attribuita alla vittoria nel mondo greco era in contraddizione con il motto olimpico «L’importante non è vincere, ma partecipare» 27 «L’importante nella vita non è trionfare, ma combattere, non è di avere vinto ma di essersi ben battuto» (P. DE COUBERTIN, Les «trustees», ibidem). Vostre Eccellenze, Signori miei, a nome del Comitato Olimpico Internazionale, vorrei esprimere la mia profonda gratitudine per l’onore che ci è stato tributato. Lo ricorderemo con affetto, quando riandremo con la memoria a questa Olimpiade. Grazie al duro lavoro dei nostri colleghi inglesi, è stato fatto uno sforzo notevole per assicurare la massima efficienza tecnica della manifestazione. Per quanto soddisfacenti possano essere questi risultati, io spero di non essere troppo ambizioso nel dire che in futuro speriamo che possa essere fatto ancora di più, semmai un tale auspicio sia possibile. Noi vogliamo fare progressi in modo sistematico, chiunque non progredisce va alla rovina. Signori, il progresso fatto dal Comitato che ho l’onore di rappresentare e nel cui nome io sto parlando, è stato notevole e rapido: «malgrado gli attacchi anonimi di cui esso era stato vittima, e le insidie e gli ostacoli che imbrogli inverosimili e gelosie furiose avevano lanciato sul suo cammino negli ultimi quattordici anni, non potevo fare a meno di pensare che la lotta era uno sport meraviglioso, anche quando, gli avversari impiegavano strategie poco leali. Ecco quanto aveva dovuto fronteggiare il Comitato Olimpico fin dagli inizi, ciò nonostante era diventato forte e risoluto nella sua evoluzione». Coubertin va giustamente fiero di questa opera: «l’originalità del Comitato internazionale risiede nella sua indipendenza. Non vi è al mondo un comitato più indipendente del nostro. Ciò è dovuto al fatto di essere permanente, alle sue modalità di reclutamento, al modo in cui concepisce il suo ruolo. Invece di essere compo sto di delegati, esso si compone di ambasciatori. C’è qualcos’altro che possa irritare l’opinione pubblica più di questa? In questo Paese ho appreso che il miglior modo per conservare la libertà e servire la democrazia non può dipendere dalle elezioni, ma piuttosto conservare isole nel grande oceano elettorale, dove la continuità dello sforzo indipendente, determinato può essere garantita all’interno di aree strettamente definite. Indipendenza e solidità. Questo, Signori, è ciò che ci ha reso possibile di ottenere grandi cose. Nessun dubbio che tale indipendenza possa comportare qualche svantaggio qualora dovessimo essere coinvolti nell’emissione di rigide norme intese come vincolanti. Ma questo non è il nostro ruolo. Noi non calpestiamo i privilegi delle associazioni. Noi siamo semplicemente «affidatari» dell’idea olimpica.

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il pubblico, di affermarsi attraverso la propria performance. «Lo sport (…) suppone il desiderio

ardente della vittoria e il godimento morale che ne risulta»28. Ciò corrisponde al suo ideale

pedagogico.

Merito innegabile di Coubertin è stato l’aver saputo promuovere interesse e

entusiasmo per lo sport, favorendo l’internazionalismo e la ricerca della pace attraverso la

comunicazione dei popoli. Le Olimpiadi Coubertiniane in realtà sono un riflesso dello sviluppo dei

rapporti internazionali nei diversi campi e mirano a sviluppare ulteriormente questi rapporti al fine

di rafforzare la pace tra le nazioni. Coubertin parte dal giusto presupposto che allo sviluppo dello

sport, all’interno di diversi paesi, non abbia corrisposto un analogo incremento dellle competizioni a

livello internazionale29.

«L’olimpismo è uno stato di spirito nato da un doppio culto: quello dello sforzo e quello

dell’euritmia, il gusto dell’eccesso e il gusto dell’armonia ovvero della misura combinata30».

Coubertin utilizza spesso questo vocabolo per designare tutto ciò che è bello ed equilibrato in

assoluto per indicare ad esempio un’opera d’arte, per cui lo sport diventa altresì fatto estetico.

Sottolineando costantemente il legame tra lo sport e il “culto della bellezza”, Coubertin si propone

di emancipare lo sport dalla sua fisicità e approssimarlo all’interesse del mondo delle arti e delle

lettere. La natura delle Olimpiadi nell’antichità era triplice: esse erano periodiche, espressione

d’arte e religiose. Nel farle rinascere, soprattutto noi abbiamo ristabilito la regolarità della

celebrazione delle Olimpiadi. Dodici anni dopo, le arti e la letteratura sono state invitate a ristabilire

i loro legami con lo sport, legami che da allora erano stati interrotti. Uno sport contraddistinto da

tali elementi, assume un altro significato a tal punto da dare vita a quello che Coubertin definisce

“Olimpismo”.31

28 P. DE COUBERTIN, La préface des Jeux Olimpiques, in Cosmopolis, a. II, aprile 1986, pp. 149-1896. 29 Pierre de COUBERTIN, Jeux Olympiques. Discours à Athènes (16 nov. 1894), ora in Textes Choisi, T.II, op. cit. p. 370 30 Lettre Olympique del 26 Ottobre 1918 31 «L’olympisme est une grande machinerie silencieuse dont les rouages ne grincent pas et dont le mouvement ne s’arrête point malgré les poignées de sable que certains jettent sur elle avec autant de perséverance que d’insuccès pour tâcher d’entraver son fonctionnement. Quand l’heure vient pour le CIO de prendre une décision, il la prend sans se préoccuper d’autre chose que du bien de l’institution dont les destins lui sont confiés et il se trouve que l’événement lui donne raison et que la route choisie par lui était précisément la meilleure. C’est de la sorte qu’ont été franchies les différentes étapes de la restauration olympique et que le monde moderne s’est vu convier à des solennité quadriennales qui, de plus en plus, évoquaient l’antique idéal hellénique. Les Arts, les plus ardents au noble esprit chevaleresque, base de toute activité sportive durable et pure, enfin des manifestations pédagogiques destinées à mettre en une évidence grandissante le rôle éducatif immense que peut jouer l’exercice physique intensif…tel est le programme qui a été rempli, tels

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«Nel mondo moderno, pieno di possibilità potenti e che minacciano allo stesso tempo delle

pericolose decadenze, l’olimpismo può costituire una scuola di nobiltà e di purezza morale tanto

quanto di resistenza e di energia fisiche»32.

Tramite l’euritmia Coubertin vuole unire i muscoli con lo spirito al fine di nobilitare i Giochi

Olimpici e di celebrare le Olimpiadi delle arti e delle lettere unitamente alle gare vere e proprie.

«La prima caratteristica essenziale dell’olimpismo antico come pure dell’olimpismo moderno

è di essere una religione. Perfezionando il suo corpo con l’esercizio come fa lo scultore di una

statua, l’atleta antico «onorava gli dei». Nel medesimo modo, l’atleta moderno esalta la sua patria,

la sua razza e la sua bandiera33. Io ritengo di aver avuto ragione nel restaurare dal principio, intorno

all’olimpismo rinnovato, un sentimento religioso trasformato e ingrandito dall’internazionalismo e

la democrazia che distinguono i tempi attuali, tuttavia lo stesso che conduceva i giovani Ellenici

ambiziosi al trionfo dei loro muscoli ai piedi dell’altare di Zeus…La seconda caratteristica

dell’olimpismo è il fatto di essere un’aristocrazia, un elite; ma, intendiamoci, un’aristocrazia di tipo

egualitario giacché essa non è determinata dalla superiorità corporale dell’individuo e dalle sue

molteplici possibilità muscolari fino ad un certo grado della sua forza di volontà»34. Non tutti i

giovani sono destinati a diventare atleti.

«L’olimpismo tende a riunire in un fascio radioso tutti i principi concorrenti al

perfezionamento dell’uomo»35.

Queste definizioni risultano troppo vaghe. Sembra innanzitutto che Coubertin non abbia

voluto offrire una definizione precisa, ciò che invece fece per lo sport, che secondo lui era «il culto

volontario e abituale dell’esercizio muscolare intensivo appoggiato sul desiderio di progresso e che

può spingersi fino al rischio». Dunque cinque nozioni: iniziativa, perseveranza, intensità, ricerca di

perfezionamento, disprezzo del pericolo eventuale. Queste cinque nozioni sono essenziali e

sont les sommets que l’Olympisme a gravis depuis sa résurrection d’il y a vingt-six ans. Parmi ceux qui, répondant à mon appel, ont voté le 23 juin 1894 le Rétablissement des Jeux Olympiques, il n’en est guère, je crois, qui aient entrevu pour l’œuvre à laquelle ils s’associaient, un rôle plus éminent au sein du monde moderne» P.de COUBERTIN, «La victoire de l’olympisme», 1920 in L’idée Olympique, Essais et discours, publiés par le Carl Diem Institut, Verlag Karl Hofmann, Schorndorf bei Stuttgart, 1967, p. 80 32 Messaggio indirizzato da Olimpia «alla gioventù sportiva di tutte le nazioni», il 17 aprile 1927, in occasione dell’inaugurazione del monumento alla restaurazione dei giochi. 33 P. de COUBERTIN, Les Assises philosophique……, op. cit., p.129 34 Messaggio sulle basi filosofiche dell’olimpismo moderno, radiodiffuso a Berlino, 04 agosto 1935 35 Incisione su una placca sigillata (murata) nel cimitero a Losanna per il giubileo del CIO nel 1944

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fondamentali»36. Sforzo ed euritmia, disciplina e rischio, eccesso: questa la filosofia della

pedagogia olimpica. Un record sportivo è un limite che l'uomo raggiunge mediante la

collaborazione delle forze di cui la natura lo ha dotato e di quelle che la forza del suo carattere ha

saputo sviluppare in sé stesso.

In effetti, la sua «idea olimpica» si è evoluta per trenta anni. Egli confessa in alcune note per

le sue Mèmoires non pubblicate che l’olimpismo ha fatto, da parte sua, «l’oggetto di uno sviluppo

un po’ rumoroso, perfino, se voi volete, ingannevole e chiassoso». Coubertin mescola, combina

allegramente il sacro, evocandone una religione dello sport, e il profano, volendone fare un mezzo

di educazione. Egli esita tra lo sport al servizio dell’uomo e l’uomo al servizio dello sport. Egli fa

appello al paganesimo e al suo culto del corpo, come pure al cristianesimo e al suo amore per il

prossimo. Egli evita il banale Mens sana in corpore sano (TROVARE SIGNIFICATO)e predilige

Mens fervida in corpore lacertoso (una mente ardente in un corpo ben allenato).

Questo motto non è stato frutto di improvvisazione, fu ben ponderato e frutto di riflessione.

Coubertin ha elaborato l’aforisma con un latinista appassionato, l’anziano preside del liceo di

Marsiglia, Troyes Vanves vicino Parigi, Sig. Morlet. Non prima del 1911 Coubertin ha spiegato le

origini di tale motto in un articolo della “Revue Olympique”. Quest’ultima è ritornata

sull’argomento dal momento che un altro eminente latinista e membro del C.I.O, non era

pienamente soddisfatto dell’uso della parola lacertosus.

Più tardi accadde che quando egli valutò la nuova espressione durante una conversazione al

Vaticano, il papa Pio XI espresse preoccupazione circa l’ideale fervidus. In entrambi i casi, il

concetto di eccesso stava sostituendo la nozione di equilibrio. Questo è ciò che il suo creatore

intendeva. Il moderno sistema educativo stava creando un’audace definizione di se: un’anima

ardente, un corpo allenato, esuberanza della mente in opposizione all’esuberanza dei muscoli, o

piuttosto un completamento ad essa, nonostante si definisse la pedagogia moderna: una pedagogia

di aviatori, di coloro che amano il rischio e simili. Le circostanze, l’evoluzione generale e le

passioni presenti lo hanno voluto così.

Chiaramente ci saranno sempre coloro che protestano, ma chi in questi giorni non sente che mens

sana manca di prestigio dal momento che manca di verità? La condizione particolare che essa

invoca è magnifica, ma essa è un risultato, non un obiettivo. Se si vuole raggiungere un obiettivo, lo

36 P. de COUBERTIN, Olympie. Conférence du 1929, ora in Textes Choisis, T. II Olympisme, p. 416. Si veda: A. NOTO, Pierre de Coubertin. Il progetto politico dell’Olimpismo. Appunti di Sport e politica, Atri, A.a. 2007-2008, p. 8

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scopo deve superarlo. L’equilibrio all’interno di un’inevitabile agitazione moderna si può ottenere

solo combinando o contrastando gli eccessi. Si otterrà abbastanza solo se si lotterà per ottenere il

troppo.

Pertanto, il motto Mens fervida in corpore lacertoso, un ideale che sembra eccessivo,

contiene il seme di un dibattito filosofico di più alto interesse, allo stesso tempo storico e

pedagogico37.

Lo sport moderno è cosa diversa dalla ginnastica, o dall’educazione fisica; è certamente

regola, controllo ed autocontrollo; ma sarebbe pura «utopia», uno sport senza audacia, senza «la

libertà dell’eccesso»38.

Lungo il corso della sua opera, Coubertin conserva saldamente l’equilibrio tra l’eccesso e la misura,

il lavoro e il tempo libero, lo sforzo e il riposo, lo sport e lo spettacolo.

L’olimpismo è un filone dell'educazione fisica diverso, almeno in parte, dallo sport.

Esso assume i tratti dell'attività fisica praticata in Inghilterra tra gli anni Quaranta e Settanta

dell'Ottocento e affonda le sue radici in alcuni concetti chiave del vittorianesimo: l'idea di virilità, il

darwinismo sociale, il fair play, il self-goverrnement, la cura del corpo, la competizione spinta

all'estremo.

Questa concezione (su cui si fonda lo sport moderno) divulgata nelle publics school da Thomas

Arnold e diffusasi negli anni tra il 1850 e il 1870 è assunta interamente da Coubertin e trasmessa

nell'idea olimpica. De Coubertin vi aggiunge altri connotati: il cosmopolitismo (da lui definito

"internazionalismo"), la democrazia, il pacifismo, il riferimento formale ai Giochi olimpici antichi,

il culto dell'onore e del disinteresse, la modernità, l'euritmia. Lo sport, invece, segue un'altra strada,

è legato più ad espressioni quale il loisir, le scommesse, oltrechè la pratica fisica. Lo sport non è

uno strumento per raggiungere altri obiettivi, è un fine in sé, mentre l'olimpismo è un mezzo per

ottenere determinati risultati soprattutto di natura pedagogico-sociale ed in ultima istanza etici.

Il fine che l’olimpismo si propone è pertanto di porre lo sport al servizio dello sviluppo armonioso

dell’uomo, per incoraggiare la formazione di una società pacifica, che abbia come obiettivo la

salvaguardia della dignità umana, ponendo in essere azioni concrete volte a favorire la pace.

37 P. de COUBERTIN, Devises nouvelles in Bulletin du Bureau international de pédagogie sportive, Lausanne, 1931, n.4, pp. 13 -14; cfr. P. de Coubertin, Devises nouvelles, ora in Textes Choisis, T. II Olympisme, p. 450 38 P. de COUBERTIN, Discours prononcé à l’ouverture des Congrès Olympiques à l’Hotel de Ville de Prague le 29 mai 1925, ora in Textes Choisis, T. II Olympisme, p. 406

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Università Telematica Pegaso La figura di Coubertin e la sua definizione di olimpismo

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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All’epoca dell’undicesimo congresso olimpico, tenuto nel 1981, Alexandru Siperco,

un teorico tra i membri del CIO, dichiarava: «La definizione esatta dell’olimpismo al di la di un

quadro generale necessita un approccio attento. Si sentono spesso degli appelli rivolti al CIO di

spingere quanto prima la sua filosofia in avanti. Il problema riguarda il terreno sul quale il CIO si

muove, per cui esso deve avanzare con tanta attenzione, rispettando di superare la sfera dei concetti

che sono comunemente accettati dagli altri essere umani del mondo, consentendo inoltre a tutti

coloro che sono richiamati ad adattarli alle loro proprie concezioni».

Solo nel 1990 il CIO articolerà per la prima volta nella Carta Olimpica una definizione ufficiale:

«L’olimpismo è una filosofia di vita, esaltante e combinante in un insieme equilibrato le qualità del

corpo, della volontà e della mente. Legando lo sport alla cultura e all’educazione, l’Olimpismo si

vede creatore di uno stile di vita fondata sulla gioia dello sforzo, il valore educativo di buon

esempio e il rispetto dei principi etici fondamentali universali».

Col passar degli anni, l’olimpismo di Coubertin è stato profondamente addolcito per

evitare di risultare sgradevole alle sensibilità politiche, culturali e sociali dei diversi popoli e nazioni

che partecipano ai giochi. Non restano che dei principi umanistici, quali la non discriminazione

razziale o religiosa, il rispetto della dignità umana, l’eguaglianza delle possibilità e il fair play, che

non sono propri dei giochi olimpici. Questo igienismo fisico e morale è peraltro l’interpretazione

dell’olimpismo ricordato dalla Chiesa cattolica, come risalta dai messaggi di più papi ai membri del

CIO o agli atleti olimpici.

Vera «mano invisibile», lo sport coubertiniano deve, come un tempo il commercio libero-scambista,

addolcire le usanze, i costumi individuali e collettivi, così come di pacificare i popoli. La

competizione olimpica legittima la vittoria del migliore e del più forte, riconciliando inoltre forza e

giustizia sul terreno di gioco. Essa rappresenta un esempio da seguire per le società democratiche.

Nello spirito

popolare, l’olimpismo non è un’ideologia astratta. Esso, piuttosto, equivale a una serie di simboli

quali la fiaccola e le bandiera olimpica e inoltre delle formule reiterate per le gare ogni quattro anni.

Tutte le frasi, le formule si ritrovano regolarmente al momento delle cerimonie di apertura o

chiusura dei giochi. Come sottolinea Coubertin, ha fornito al CIO una linea di condotta permanente:

favorire la partecipazione più estesa possibile ai giochi.

L’olimpismo non è altro che lo sport rivisitato di Coubertin; è la competizione pacifica con in più

alcuni elementi dettati dall’inventore delle Olimpiadi moderne. Coubertin individua e teorizza

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questi elementi pervenendo alla formulazione del concetto di olimpismo tra la fine dell’Ottocento e

lo scoppio della prima guerra mondiale.

A fine secolo Coubertin afferma che: lo sport è anzitutto lotta, dura lotta per la vittoria, lo sport è

ambizione e volontà: «ambizione di fare più degli altri, volontà di pervenirvi»39, le doti dell’atleta

devono essere una grande energia, la calma e il controllo di se stesso. Lo sport poi deve tendere

verso “l’eccesso”:

«Ecco la sua caratteristica psicologica per eccellenza. Esso vuole più velocità, più altezza, più

forza […] sempre di più. È vero! È questo anche il suo inconveniente dal punto di vista

dell’equilibrio umano. Ma è anche la sua nobiltà, e anche la sua poesia»40.

Sono elementi distintivi del motto di padre Didon: citius, altius, fortius, (plus vite, plus haut, plus

fort), che ben riassume la filosofia dei Giochi Olimpici. Espressione a cui è stato falsato il

significato ad esso attribuito dal momento che partiva dal presupposto che: « (…..) i combattivi

sono i forti, i forti sono i buoni, che i pigri sono i furbi e deboli e che i deboli sono pericolosi perché

sono traditori»41.

Adottato intorno al 1906 l’autore di tale motto è il celebre padre domenicano Henry Didon42,

allora direttore del collegio di Arcueil vicino Parigi. Quest’ultimo con la sua virile energia, subito

vide la rinascita dell’atletica come autorevole strumento educativo, che egli non esitò ad utilizzare.

In un discorso tenuto mentre conferiva dei premi ad un incontro atletico organizzato dai suoi

studenti, egli improvvisamente adoperò tre aggettivi comparativi di maggioranza. Da quel momento

in poi, i record atletici hanno trovato la glorificazione nello stile classico; le loro peculiarità erano

riassunte in tre succinte parole. Il destino di tale motto fu più ampio di quanto l’autore avesse mai

immaginato. Le Olimpiadi lo hanno adottato e lo hanno diffuso nel mondo. Oggi esso risuona nelle

incitazioni dei giovani di tutto il mondo. Esso si può leggere, intrecciato ai cinque anelli simbolici,

ovunque lo sport trionfa43. Esso è circondato da record successivi, nella velocità, nella resistenza, e

nella forza, sfidando le vane proteste di preoccupati allenatori ma applaudito dalla folla che sente

che i record sono essenziali nella vita atletica, e che il coraggio è la chiave di ogni attività in genere.

39 P. de COUBERTIN, La psicologie du sport, in “Revue des Deux Mondes”, 1°luglio 1900, p.179

40 P. de COUBERTIN, Les «trustees» …., op.cit, p. 448 41 H. DIDON, Les énergies humaines, in Id. (a cura di), op. cit. p. 377; Cfr., A. ARVIN- BEROD, “Et Didon créa la devise des Jeux OLympiques”, Echirolles, Sciriolus, 2003 42 Cfr., A. ARVIN-BEROD, “Et Didon créa la devise des Jeux Olympiques”, op cit., p. 34 43 P. de COUBERTIN, Devises nouvelles, ibidem;

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Coubertin non l’ha scelto a caso. Il suo spirito guerriero, la sua indomita volontà di

formare una giovinezza forte e vigorosa (energica), la sua pedagogia trasparivano nella sua

religione dell’eccesso.44 Tale accezione risulta essere quasi in contraddizione con la formula sulla

“partecipazione”, dal momento che intima, in effetti, gli atleti a realizzare la miglior performance

possibile e non solo a parteciparvi. Più che la competizione con i suoi avversari, esso incoraggia la

competizione con se stessi e, oltre gli anni, con i suoi predecessori. Coubertin denota che: «cercare

di piegare l’atletismo a un regime di moderazione obbligatoria, è perseguire un’utopia. I suoi adepti

hanno bisogno della libertà d’eccesso… sempre plus vite, plus haute, plus fort, il motto di coloro

che osano pretendere abbattere i record!» Difatti, tali comparativi sono piuttosto tradotti in

superlativi dall’opinione pubblica che identifica i giochi come dei campionati del mondo. Le città

olimpiche successive li hanno interpretati per farli quasi sempre più grandi e sontuosi dei loro

antenati. Il motto del CIO riflette perfettamente la crescita continua, in termini quantitativi, del

movimento olimpico del XX secolo. Esso lo riallaccia egualmente all’idea del progresso umano.

I giochi sono inoltre la celebrazione della «gioventù del mondo». Questa espressione,

alquanto curiosa in francese, è riportata in tutte le pubblicazioni ufficiali, il presidente del CIO la

utilizza tradizionalmente al momento della cerimonia di chiusura, allorché egli invita gli sportivi ai

prossimi giochi. Essa proviene dallo slogan «Ich rufe die Jugend der Welt» («io richiamo la

gioventù del mondo»), in occasione dei giochi di Berlino, nel 1936, e utilizzata come propaganda

dai nazisti.

«Come si è ripetuto molte volte, i Giochi Olimpici non sono dei semplici campionati del mondo

dominati dall’idea dei migliori risultati tecnici da conseguire; essi sono anche questo. Ma sono una

cosa diversa da questo e soprattutto più di questo. Essi rappresentano la festa quadriennale e

internazionale della gioventù, la “festa della primavera umana”»45.

Infine, nel vademecum dell’olimpismo, bisogna citare la formula della piramide: «Affinché cento si

impegnano nella cultura fisica, è necessario che cinquanta facciano sport; affinché cinquanta

facciano sport, è necessario che venti si specializzano; affinché venti si specializzino, è necessario

che cinque siano capaci di prodezze sorprendenti.» Questa formula, contrariamente alle altre citate,

sembra essere proprio di Coubertin. Essa è posteriore alla prima guerra mondiale. Coubertin sente

44 P. de COUBERTIN, Les Assises philosophique……, op. cit., p.129 45 P. de COUBERTIN, Les cérémonies, ora in Textes Choisis, T. II Olympisme, p. 464 -465 ; Memoires Olympiques, p. 31; C. DURANTEZ , Le flambeau olympique. Le grand symbole olympique, CIO, 1988, p. 25 ; The olympic torch relay, p. 16;

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vivamente dunque il bisogno di stabilire una continuità tra i giochi olimpici, che si rivolgono

all’élite, e l’educazione fisica della massa; tra l’alta competizione e lo sport per tutti, come si

direbbe oggigiorno. E’ una preoccupazione sempre presente nello spirito dei dirigenti attuali del

CIO che non intendono limitare la loro competenza ad un avvenimento che non ha luogo ogni se

non ogni quattro anni, così prestigioso com’è.

Al di la dei simboli e delle formule, l’olimpismo vuole egualmente riallacciarsi

all’ideale di pace tra gli uomini. Dalla competizione sportiva tra atleti e paesi nascerà una

comprensione reciproca e un mondo migliore. Questa idea è ribattuta instancabilmente in tutti i

discorsi olimpici successivi al 1892, in cui Coubertin proponeva il rinnovamento dei giochi.

Le Olimpiadi, così come concepite da Coubertin, non sono state ripetute in un contesto moderno per

giocare un ruolo locale o temporale. «La missione ad esse affidata è universale e senza tempo. È

ambiziosa. Essa richiede ogni spazio e tempo. Bisogna riconoscere che i suoi primi passi hanno

segnato il futuro. La guerra avrebbe potuto soltanto ritardare il suo decorso ma non bloccare il suo

avanzamento. Come il preambolo delle Norme per il prossimo Congresso afferma, “un’Olimpiade

potrebbe non essere celebrata, ma né l’ordine né l’intervallo potrebbero mai essere modificati”. Se,

Dio non voglia, la Settima o l’Ottava Olimpiadi non avranno luogo, si terrebbe la Nona Olimpiade.

Se i ricordi sanguinosi, ancora freschi, hanno reso impossibile le celebrazioni in una parte del

mondo, ci saranno persone, dall’altra, pronte ad onorare l’eterna giovinezza dell’umanità»46.

Nonostante Coubertin prevedesse la Prima Guerra Mondiale, secondo quest’ultimo nessuna guerra

poteva interrompere le Olimpiadi. Inoltre, una maggiore concezione sportiva della stessa, stava

incominciando a prevalere. «Questa non renderà gli scontri meno aspri, ma renderà i postumi,

quantomeno, più facili da tollerare. La gente imparerà una grande lezione dall’atleta: “l’odio senza

battaglia non è degno dell’uomo, e l’insulto senza colpi è sconveniente”»47.

Secondo Coubertin la guerra non poteva influenzare le Olimpiadi. Una volta

ripristinata la pace, il Comitato Internazionale sarebbe ritornato al suo posto, pronto a continuare il

suo operato nel mondo. «Ecco perché il nuovo emblema evoca, nel contempo, sia il terreno

conquistato che la resistenza garantita»48.

46 P. de COUBERTIN, L’emblème et…, cit, pp. 119-120 47 Ibid. 48 Ibidem