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INDIVIDUAZIONE L'individuazione è in generale il processo di formazione e di caratterizzazione dei singoli individui, e in particolare lo sviluppo dell’individuo psicologico come essere distinto dalla generalità, dalla psicologia collettiva. L'individuazione è quindi un processo di differenziazione che ha per meta lo sviluppo della personalità individuale. La necessità dell’individuazione è una necessità naturale, in quanto che im- pedire l'individuazione, mercé il tentativo di stabilire delle norme ispirate prevalentemente o addirittura esclusivamente a criteri collettivi significa pregiudicare l’attività vitale dell’individuo. L'individualità è però già data fisicamente e fisiologicamente e si esprime analogamente anche nel suo aspetto psicologico. Ostacolare in modo sostanziale l'individualità comporta perciò una deformazione artificiosa. 1

INDIVIDUAZIONE - cipameridionale.it · onirici del processo di individuazione (1936), nonché in Psicologia e religione (1938/1940) e nel Commento al Segreto del fiore d'oro" (1929/1957)

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INDIVIDUAZIONEL'individuazione è in generale il processo di formazione e dicaratterizzazione dei singoli individui, e in particolare losviluppo dell’individuo psicologico come essere distinto dallageneralità, dalla psicologia collettiva.

L'individuazione è quindi un processo di differenziazione che haper meta lo sviluppo della personalità individuale. La necessitàdell’individuazione è una necessità naturale, in quanto che im-pedire l'individuazione, mercé il tentativo di stabilire dellenorme ispirate prevalentemente o addirittura esclusivamente acriteri collettivi significa pregiudicare l’attività vitaledell’individuo. L'individualità è però già data fisicamente efisiologicamente e si esprime analogamente anche nel suoaspetto psicologico. Ostacolare in modo sostanzialel'individualità comporta perciò una deformazione artificiosa.

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INDIVIDUAZIONEÈ senz’altro chiaro che un gruppo sociale il quale sia

costituito da individui deformi non può essere

un'istituzione sana e, a lungo andare, vitale, giacché

soltanto la società che è in grado di serbare la propria

coesione interna -e i propri valori collettivi assieme alla

massima possibile libertà del singolo può contare su di

una vitalità duratura. Per il fatto stesso che l'individuo non

è soltanto un essere singolo, ma presuppone anche dei

rapporti collettivi per poter esistere. Il processo di

individuazione non porta all'isolamento, bensì a una

coesione collettiva più intensa e più generale.

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INDIVIDUAZIONEIl processo psicologico dell'individuazione è strettamente

connesso con la cosiddetta funzione trascendente, in quanto

mediante questa funzione vengono date quelle linee di sviluppo

individuali che non potrebbero mai essere raggiunte per la via

già tracciata da norme collettive.

L'individuazione non può essere in alcun caso l'unico obiettivo

dell’educazione psicologica. Prima di potersi proporre come

scopo l'individuazione, occorre raggiungere la meta educativa

dell'adattamento al minimo di norme collettive necessario per

l'esistenza: una pianta che debba essere portata alla massima

possibile fioritura delle sue peculiarità, deve anzitutto poter

crescere nel terreno in cui è piantata.

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INDIVIDUAZIONEL'individuazione è sempre più o meno in contrasto con le

norme collettive, giacché essa è separazione e differenziazione

dalla generalità e sviluppo del particolare; non però di una

particolarità cercata, bensì di una particolarità già a priori

fondata nella disposizione naturale.

L'opposizione alle norme collettive è però soltanto apparente,

in quanto, a ben guardare, il punto di vista individuale non è

orientato in senso opposto alle norme collettive, ma solo in

senso diverso. La via individuale può anche non essere affatto in

contrasto con la norma collettiva, giacché l'antitesi di

quest'ultima non potrebbe essere altro che una norma

opposta.

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INDIVIDUAZIONEMa la via individuale non è appunto mai una norma. Una normanasce dall'insieme delle vie individuali e ha ragione di esistere epossiede una sua efficacia animatrice solo quandogenericamente sussistono vie individuali che di tanto in tantovogliano seguire il suo orientamento. Una norma che abbiavalidità assoluta non serve a nulla. Un vero conflitto con lenorme collettive si ha solo quando una via individuale vieneelevata a norma, il che è poi la vera intenzionedell'individualismo estremo. Questa intenzione è naturalmentepatologica e del tutto avversa alla vita. Pertanto essa non hanulla a che fare con l'individuazione, la quale, deviando dalla viaconsueta per imboccare la via individuale ha bisogno proprioper questo della norma per orientarsi di fronte alla società eper effettuare la coesione tra gli individui entro la società,coesione che è una necessità vitale.

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INDIVIDUAZIONEL'individuazione porta perciò a un apprezzamento

spontaneo delle norme collettive; invece la norma diventa

sempre più superflua in un orientamento collettivo della

vita, e con ciò la vera moralità va in rovina.

Quanto più l’uomo è sottoposto a norme collettive, tanto

maggiore è la sua immoralità individuale. L'individuazione

coincide con l'evoluzione della coscienza dall'originario

stato d’identità; l’individuazione rappresenta quindi un

ampliamento della sfera della coscienza e della vita

psicologica cosciente. (Vol. 6, pagg. 463- 465)

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INDIVIDUAZIONEL archetipo naturalmente agisce sempre e dovunque. Ma iltrattamento pratico non richiede sempre, specialmente quandoi pazienti sono giovani, che l'argomento sia approfondito colsoggetto in cura. Una volta giunta la svolta della vita, è invecenecessario dedicare particolare attenzione alle immaginidell’inconscio collettivo. In questi casi infatti esse sono la fontea cui attingere indicazioni per la soluzione del problema deicontrari. L'elaborazione cosciente di questi dati dà luogo allafunzione trascendente, formazione concettuale procurata dagliarchetipi che unifica i contrari. “Concettuale” non allude quisemplicemente a un capire intellettuale, bensì a un capire peresperienza vissuta. Un archetipo è, l'abbiamo già detto,un'immagine dinamica, un pezzo della psiche oggettiva che sipuò capire rettamente soltanto se lo si vive e sperimenta comel'altra faccia autonoma.

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INDIVIDUAZIONEEsporre in generale questo processo richiederebbe troppotempo e non ha del resto nessun senso - ammesso che una taledescrizione sia possibile - perché il processo assume le piùdiverse forme pensabili a seconda degli individui. L'unicoelemento comune è l'intervento di determinati archetipi.Ricordo in particolare l'Ombra, la Bestia, il Vecchio Saggio,l'Anima, l'Animus, la Madre, il Fanciullo, oltre a un numeroimprecisato di archetipi che raffigurano situazioni. Occupanouna posizione particolare gli archetipi che raffigurano la meta ole mete del processo di sviluppo. Su questo argomento illettore troverà le informazioni necessarie nel mio Simbolionirici del processo di individuazione (1936), nonché inPsicologia e religione (1938/1940) e nel Commento al “Segretodel fiore d'oro" (1929/1957).

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INDIVIDUAZIONELa funzione trascendente non procede senza meta, ma conducealla rivelazione dell'uomo essenziale. Dapprima è un puro esemplice processo naturale, che in certi casi si svolge senzaconoscere e senza partecipazione, e deve anzi affrontare laresistenza dell'individuo imponendosi con la forza. Il processoha per senso e meta la realizzazione della personalitàoriginariamente contenuta nel germe embrionale in tutti i suoiaspetti. È l'attuazione e il dispiegarsi dell’originaria totalitàpotenziale. I simboli che l'inconscio adopera a questo scoposono gli stessi che l'umanità ha sempre usato per esprimeretotalità, compimento e perfezione: sono di regola simboli dellaquaternità e del cerchio. Questo processo è stato da medefinito processo d’individuazione.

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INDIVIDUAZIONEIl processo naturale dell’individuazione è diventato per me il modello del

metodo di trattamento. La compensazione inconscia di uno stato nevrotico

della coscienza contiene tutti gli elementi capaci di correggere efficacemente

e fruttuosamente l'unilateralità della coscienza, quando questi elementi

divengano coscienti, vale a dire siano intesi e integrati come realtà nella

coscienza. Il sogno raggiunge molto di rado un'intensità tale, con lo shock che

provoca, da sbalzare di sella la coscienza. Di solito i sogni sono troppo deboli

e incomprensibili per poter esercitare un'azione radicale sulla coscienza. Di

conseguenza la compensazione che si svolge nell'inconscio non lascia

scorgere effetti immediati. Ma un effetto tuttavia ce l’ha: è semplicemente un

effetto indiretto, perché l'opposizione inconscia, se costantemente ignorata,

produce sintomi e situazioni che finiscono con l'interferire inevitabilmente

nelle intenzioni della coscienza. Il trattamento si sforza perciò di capire e di

valorizzare nel miglior modo i sogni e le altre manifestazioni dell'inconscio: sia

per evitare che si vada formando un'opposizione inconscia che con l’andar del

tempo potrebbe diventare pericolosa, sia per sfruttare al massimo il fattore

terapeutico proprio della compensazione.10

INDIVIDUAZIONEQuesto modo di procedere si fonda naturalmente sulla premessa chel'uomo sia in grado di realizzare la sua totalità, in altre parole che siain genere suscettibile di guarigione. Se cito qui questa premessa, èperché esistono senza dubbio individui i quali, in ultima analisi, nonsono completamente adatti a vivere e affondano rapidamente quando,per un qualsiasi motivo, vengono a scontrarsi con la loro totalità. Mase questa circostanza non si verifica, possono tirare avanti la loroesistenza fino a tarda età, però come frammenti, come personalitàmutili, sorretti da un parassitismo sociale o psichico. I casi del generesono spesso - e fanno quasi sempre l'infelicità degli altri -gabbamondo inveterati che nascondono il loro vuoto mortale sottouna brillante apparenza. Voler applicare a costoro il metodo quidescritto vorrebbe dire iniziare un lavoro condannato al fallimento. Inquesti casi l'unico aiuto possibile consiste nel conservare l'apparenzacosì com'è; la verità sarebbe insostenibile o inutile.

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INDIVIDUAZIONESe si cura un paziente nel modo su citato, la funzione di pilota èsvolta dall'inconscio, ma il senso critico, la scelta e la decisionespettano alla coscienza. Se le decisioni prese cadono aproposito, la conferma viene dai sogni, i quali indicano ilprogresso compiuto.

La funzione dell7inconscio

C'è una destinazione e una possibilità di uscir fuori dagli staditrattati nella prima parte. È la via, dell’individuazione.Individuarsi significa diventare un essere singolo e, intendendonoi per individualità la nostra più intima, ultima, incomparabile esingolare peculiarità~ diventare sé stessi, attuare il proprio Sé.“Individuazione” potrebbe dunque essere tradotto anche con“attuazione del proprio Sé” o “realizzazione del Sé”.

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INDIVIDUAZIONELe possibilità di sviluppo di cui abbiamo discorso nei capitoli pre-cedenti sono, in sostanza, forme di alienazione del Sé, di rinuncia al Sé,a favore di una parte da sostenere o a favore di un significatoimmaginario. Nel primo caso, il Sé passa in seconda linea di fronte alriconoscimento sociale; nel secondo, di fronte al significato auto-suggestivo di un'immagine primordiale. In entrambi i casi prevaledunque l'elemento collettivo. La rinuncia del Sé a favore del collettivorisponde a un ideale sociale; essa passa persino per un dovere o unavirtù sociale, sebbene se ne possa fare anche un abuso egoistico.Naturalmente però l'egoismo non ha nulla a che fare col concetto delSé come qui lo intendo. D'altra parte, però, la realizzazione del Séappare in contrasto con la rinuncia del Sé. Questo equivoco è moltodiffuso, poiché in genere non si distingue sufficientemente traindividualismo e individuazione. L'individualismo è un mettereintenzionalmente in rilievo le proprie presunte caratteristiche incontrasto coi riguardi e gli obblighi collettivi.

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INDIVIDUAZIONEL'individuazione invece implica un migliore e più completo

adempimento delle destinazioni collettive dell’uomo,

poiché un'adeguata considerazione della singolarità

dell'individuo favorisce una prestazione sociale migliore di

quanto risulti se tale singolarità viene trascurata o

repressa. La singolarità dell'individuo, infatti, non va

assolutamente intesa come eterogeneità della sua

sostanza o delle sue componenti, bensì piuttosto come

un'irripetibile combinazione o graduale differenziazione di

funzioni e facoltà che in sé e per sé sono universali.

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INDIVIDUAZIONEOgni volto umano ha un naso, due occhi ecc., ma questi

fattori universali sono variabili, ed è questa variabilità

quella che rende possibili le caratteristiche individuali. Il

termine “individuazione” può quindi indicare soltanto un

processo psicologico che adempie destini individuali dati,

ossia che fa dell'uomo quel determinato essere singolo

che è. Individuandosi, l'uomo non diventa “egoista” nel

senso usuale della parola, ma si conforma unicamente a

una sua peculiarità: il che, come ho detto, è ben diverso

dall'egoismo o dall'individualismo.

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INDIVIDUAZIONEOra, l'individuo umano, come unità vivente, essendo tuttoquanto composto di fattori universali, è del tuttocollettivo e quindi non è punto in contrasto con lacollettività. Un'accentuazione individualistica dellapeculiarità si pone quindi in contraddizione con questofatto fondamentale dell'essere vivente. L'individuazioneinvece mira precisamente a una vitale cooperazione ditutti i fattori. Ma siccome i fattori in sé universali sonosempre presenti solamente in forma individuale, il tenernepieno conto produce anche un effetto individuale, che nonpuò essere sorpassato da nient'altro, e meno che maidall'individualismo.

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INDIVIDUAZIONEL'individuazione non ha altro scopo che di liberare il Sé, per unlato dai falsi involucri della Persona, per l'altro dal poteresuggestivo delle immagini inconsce. Dopo quanto abbiamodetto, dovrebbe essere abbastanza chiaro quale sia il significatopsicologico della Persona. Quanto all'altro lato, cioè all'influenzadell'inconscio collettivo, ci moviamo qui in un oscuro mondointeriore, assai più difficile da capire che non la psicologia dellaPersona, accessibile a tutti. Ognuno sa che cosa significhi“assumere un aspetto ufficiale” o “rappresentare una parte insocietà” ecc. Mediante la Persona si vuole apparire questo oquello; ci si nasconde dietro una maschera, ci si costruisce unadeterminata Persona, perché serva da baluardo protettivo. Ilproblema della Persona non è dunque difficile da capire.

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INDIVIDUAZIONEAltra cosa è invece esporre in modo da tutti comprensibilequei sottili processi interiori che con forza suggestivaintervengono nella coscienza. Possiamo cercare di farceneun'idea ricorrendo a esempi di malattie mentali, di ispirazionicreatrici e di conversioni religiose.

Un abbondante materiale si può trovare nell'opera Le varieforme dell'esperienza religiosa (1902) di William James.Sebbene in casi di questo genere siano in giuoco fattoriesteriori, che rappresentano la causa diretta o almenol'occasione dei mutamenti, ma non sempre il fattore esteriorebasta a spiegare l'origine di un mutamento di personalità.Bisogna anzi riconoscere che per ragioni interne soggettivepossono avvenire mutamenti di personalità nei quali le cause ole occasioni esteriori non hanno che poca o punta importanza.Ciò succede di regola nei mutamenti morbosi della personalità.

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INDIVIDUAZIONEQuei casi di psicosi che costituiscono una chiara e semplice reazione a unavvenimento esteriore e sbalorditivo sono rarità: di modo che per la psichiatria ladisposizione patologica, ereditaria o acquisita, è il fattore etiologico piùimportante. La stessa cosa vale per la maggior parte delle intuizioni creatrici;nessuno infatti vorrà ammettere un legame puramente causale fra la caduta dellamela e la teoria della gravitazione di Newton. E parimenti tutte le conversionireligiose, che non siano direttamente riconducibili alla suggestione e all'esempiocontagioso, riposano su processi interiori autonomi, il cui svolgimento culmina inun mutamento della personalità. Questi processi presentano di solito la peculiaritàdi essere dapprima subliminali, cioè inconsci, e di raggiungere poi gradatamente lacoscienza. Però possono anche irrompere nella coscienza all’improvviso,inondandola in un attimo di contenuti estranei e apparentemente insospettati. Peril profano e per il soggetto interessato può sembrare che sia così, ma l'esperto sache questa subitaneità non esiste. In realtà, l'irruzione è stata preparata per anniinteri, spesso per una mezza vita, e fin dall'infanzia si sarebbero potute osservaresingolarità di ogni sorta che, più o meno simbolicamente, accennavano ai futurisviluppi abnormi.

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INDIVIDUAZIONEIl grande problema è ora questo: in che consistono i processi inconsci? e chequalità hanno? Naturalmente, finché sono inconsci non si può dirne nulla. Matalvolta si manifestano, con sintomi, con atti, con opinioni, con affetti, con fantasiee sogni. Aiutati da questi materiali di osservazione, noi possiamo di volta in voltatrarre conclusioni indirette sullo stato e sul carattere dei processi e degli sviluppiinconsci. Ma non dobbiamo allora abbandonarci all'illusione di aver scoperto lareale natura dei processi inconsci. Non andiamo mai oltre una specie di "comese”.

“Nessuno spirito creato penetra nell'intimo della natura” e nemmenonell’inconscio. Ma noi sappiamo che l'inconscio non riposa mai. Sembra sempreall'opera: anche quando dormiamo, continuiamo a sognare. Molti credono di nonsognare mai, ma è molte probabile che semplicemente non si ricordino dei lorosogni. C’è perfino chi parla nel sonno e poi non rammenta di aver fatto un sognoche corrisponde alle parole pronunciate o addirittura non ricorda di aver sognato.Non passa giorno in cui noi non commettiamo qualche lapsus verbale, in cui nonsfugga alla nostra memoria qualcosa che in altri momenti ci è ben presente, in cuinon ci venga un capriccio del quale non conosciamo l'origine, e così via. Son questii sintomi di una coerente attività inconscia, che di notte è direttamente visibile neisogni e di giorno viola talvolta le barriere poste dalla coscienza.

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INDIVIDUAZIONESecondo la nostra esperienza, noi possiamo affermare che i processiinconsci stanno in relazione compensatrice con la coscienza. Dico a bellaposta “compensatrice” e non “contrastante”, perché coscienza einconscio non sono di necessità in contrasto fra loro, ma s'integranovicendevolmente formando un tutto, il Sé. Secondo questa definizione ilSé è quindi una grandezza sovrastante all’io cosciente. Esso abbraccia nonsolo la psiche cosciente ma anche la psiche inconscia ed è, quindi, per cosìdire, una personalità che anche noi siamo. Possiamo ben immaginarci dipossedere anime parziali; possiamo, ad esempio, vedere senza difficoltànoi stessi come Persona. Ma capire quel che siamo come Sé è cosa chesupera le nostre capacità rappresentative, giacché per quest'operazione laparte dovrebbe comprendere il tutto. Non c'è speranza di raggiungereuna consapevolezza anche solo approssimativa del Sé, giacché, per quantesiano le cose di cui noi possiamo acquistare coscienza, resterà sempreuna quantità indeterminata e indeterminabile di inconscio, che appartieneanch’essa alla totalità del Sé. E così il Sé resterà sempre una grandezza anoi sovrastante.

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INDIVIDUAZIONE1 processi inconsci che compensano l’Io cosciente contengonotutti quegli elementi che sono necessari all’autoregolazionedella psiche complessiva. Nella sfera personale, compaionoprecisamente nei sogni i motivi personali non riconosciuti nellacoscienza, i significati di situazioni della vita di veglia che ci sonosfuggiti, o le conclusioni che non abbiamo tratte, o gli affetti chenon ci siamo permessi, o le critiche che ci siamo risparmiate.Ma quanto più, studiando noi stessi e agendo di conseguenza,acquistiamo coscienza di noi, tanto più scompare lo stratodell’inconscio personale sovrapposto all’inconscio collettivo.Sorge così una coscienza che non è più irretita in un meschinoe personalmente suscettibile mondo dell'Io, ma partecipa a unmondo più vasto, all’oggetto.

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INDIVIDUAZIONEQuesta coscienza più vasta non è più quel suscettibile edegoistico agglomerato di desideri, timori, speranze e ambizionipersonali, che dev'essere compensato o anche corretto daopposte tendenze personali inconsce, ma è una funzionecorrelativa all’oggetto, al mondo, la quale trasferisce l’individuoin una comunione col mondo che è incondizionata, impegnativae indissolvibile. Le complicazioni che nascono in questo stadionon sono più egoistici conflitti di desiderio, ma difficoltàconcernenti tanto me quanto gli altri. In questo stadio si tratta,in ultima analisi, di problemi collettivi, che pongono inmovimento l’inconscio collettivo, perché abbisognano di unacompensazione collettiva e non personale. Qui possiamosperimentare che l’inconscio riproduce contenuti valevoli nonsolamente per il singolo, ma anche per gli altri, per molti eforse per tutti.

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INDIVIDUAZIONEGli Elgòni, che abitano nelle foreste vergini del massiccio dell’Elgon[nell'Africa centrale], mi hanno dichiarato che esistono due specie disogni: il sogno usuale del piccolo uomo e la “grande visione” propriasolo del grande uomo, per esempio del mago o del capotribù. I piccolisogni non importano. Ma quando uno ha un “grande sogno” convocala tribù, per raccontarlo a tutti.

Da che cosa capisce costui, se il suo sogno è “grande” o “piccolo”? Locapisce perché ha il senso istintivo dell'importanza del sogno. Si sentetalmente sopraffatto dall’impressione avutane, che non pensanemmeno a tenerlo per sé. Deve raccontarlo, nella supposizione, psi-cologicamente esatta, che sia importante per tutti. Il sogno collettivoha anche presso di noi un significato chiaramente avvertito, che ciimpone di comunicarlo. Esso scaturisce da un conflitto di relazione edeve quindi essere collocato nella relazione cosciente, perchécompensa questa e non soltanto un'interiore stramberia personale.

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INDIVIDUAZIONEI processi dell’inconscio collettivo non si riferiscono

soltanto alle relazioni più o meno personali di un

individuo con la sua famiglia o col suo più vasto gruppo

sociale, ma riguardano anche le sue relazioni con la

società in genere e con l'umanità. Quanto più generale e

impersonale è la condizione che scatena la reazione

inconscia, tanto più importante, strana e sbalorditiva sarà

la manifestazione compensatoria. Essa spinge non solo alla

comunicazione privata, ma alla pubblica rivelazione, alla

professione di fede, e costringe addirittura a

rappresentare una certa parte.

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INDIVIDUAZIONESpiegherò con un esempio come l'inconscio compensi lerelazioni. Ebbi in cura una volta un signore alquanto arrogante.Egli dirigeva un'azienda insieme con un fratello più giovane. Frai due fratelli esistevano rapporti molto tesi, causa non ultimadella nevrosi del mio paziente. Da quanto questi diceva, non sicapiva bene quale fosse il vero motivo della tensione. Eglicriticava suo fratello in tutte le maniere e disegnava un quadronon molto favorevole delle sue attitudini. Il fratello comparivaspesso nei suoi sogni, ogni volta nella parte di Bismarck, diNapoleone o di Giulio Cesare. La sua casa appariva come ilVaticano o il Yildiz Kioshk. L'inconscio del mio paziente avevadunque evidentemente il bisogno di elevare considerevolmenteil rango del fratello minore. Ne conclusi che esso stimavatroppo sé e troppo poco suo fratello. L'ulteriore decorso del-l'analisi avvalorò sotto ogni riguardo questa conclusione.

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INDIVIDUAZIONEUna giovane paziente, appassionatamente affezionata a sua

madre, la sognava sempre in forma molto sfavorevole: la vedeva

in veste di strega, di spettro, di persecutrice. La madre aveva

viziato la figlia oltre misura e l'aveva tanto abbagliata con la sua

tenerezza, che essa non poteva rendersi conto coscientemente

dell’influenza dannosa della madre, sicché l'inconscio s'avvaleva

d'una critica compensatrice.

A me stesso avvenne una volta di aver troppo poca stima del

valore intellettuale e morale di una mia malata. In sogno vidi un

castello sopra un'alta rupe. Sulla torre più alta c’era una loggia

dove sedeva la mia malata. Non esitai a comunicarle questo

sogno: naturalmente, con ottimo successo.

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INDIVIDUAZIONECom'è noto, si fanno cattive figure soprattutto con le persone di cuiingiustamente si ha poca stima. Può darsi anche il caso contrario, come avvenne aun mio amico. Questi, quand'era studentello, ottenne un'udienza da "SuaEccellenza" Virchow. Presentandosi a lui tutto tremante, disse: "Il mio nome èVirchow." E Sua Eccellenza, sorridendo malignamente: "Ah, sì? anche lei si chiamaVirchow?" Il sentimento della propria nullità era eccessivo per l’inconscio del mioamico, e perciò lo indusse a presentarsi aVirchow come suo pari.

In queste relazioni prevalentemente personali non occorrono compensazionimolto collettive. Ma nel primo dei casi citati le figure usate dall'inconscio sono dinatura molto collettiva: sono eroi universalmente riconosciuti. In questo casoesistono soltanto due possibilità di spiegazione: o il fratello minore del miopaziente è un uomo di grande e riconosciuta importanza collettiva, oppure il miopaziente soffre di sopravvalutazione di sé nei confronti di tutti, e non solo neiconfronti di suo fratello. A sostegno della prima ipotesi non c'era nulla, mentreogni apparenza parlava a favore della seconda. Poiché la grande arroganza del miopaziente non era rivolta solamente a suo fratello, ma anche a un più vasto grupposociale, così la compensazione si serviva di un'immagine collettiva.

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INDIVIDUAZIONELo stesso dicasi per il secondo caso. La "strega" è un'immagine collettiva, perciò

dobbiamo concludere che il cieco attaccamento della giovane paziente era rivolto non

solo alla madre personalmente, ma a un più vasto gruppo sociale. Ed era proprio così,

perché la fanciulla viveva ancora in un mondo esclusivamente infantile, che ancora

coincideva coi genitori.

Gli esempi citati riguardano relazioni nella cornice della personalità. Ma esistono anche

relazioni impersonali, a cui talvolta occorre una compensazione inconscia. In questi casi

compaiono immagini collettive aventi un carattere più o meno mitologico. I problemi

morali, filosofici e religiosi provocano più degli altri, appunto per il loro carattere

universale, una compensazione mitologica. Nel libro di Wells che più sopra abbiamo

citato, incontriamo una classica compensazione: Preemby, una personalità in

dodicesimo, scopre di essere propriamente la reincarnazione di Sargon, il Re dei Re.

Per fortuna il genio dell’autore ha salvato il povero Sargon dall'obbrobrio del ridicolo

patologico e offerto al lettore la possibilità di riconoscere il significato tragico ed

eterno in questa lamentevole assurdità: Mr. Preemby, una vera nullità, ha visto in sé il

punto di passaggio di tutte le età passate e future. Questa scoperta non è pagata

troppo cara con un po' di pazzia, purché il piccolo Preemby non venga definitivamente

ingoiato dal mostro dell’immagine primordiale, ciò che per poco non gli succede.

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INDIVIDUAZIONEIl problema generale del male e del peccato è un altro aspetto

delle nostre relazioni impersonali col mondo. Questo problema

produce quindi più di ogni altro compensazioni collettive.

Come segno iniziale della sua grave nevrosi ossessiva un

paziente ebbe a sedici anni il seguente sogno: Egli cammina per

una strada sconosciuta. È buio. Ode dei passi dietro di sé.

Cammina più in fretta, un po' impaurito. I passi si avvicinano, e

la sua paura cresce. Comincia a correre. Ma i passi sembrano

raggiungerlo. Infine si volta e scorge il diavolo. Nella sua

angoscia mortale salta in aria e vi rimane sospeso. Questa

sogno si ripetette due volte, segno della sua particolare

importanza.

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INDIVIDUAZIONEÈ noto che la nevrosi ossessiva, per la sua scrupolosità e per il suoobbligatorio cerimoniale, ha l'aspetto superficiale di un problemamorale, ma internamente è piena zeppa di inumanità, di criminalità edi scelleratezza contro la cui integrazione la personalità, per altrofinemente organizzata, disperatamente resiste. Ecco perché tante cosedebbono esser fatte in maniera scrupolosa, come un cerimoniale: perfar da contrappeso al male che sta minaccioso nel fondo. Dopo quelsogno cominciò la nevrosi, la quale sostanzialmente consisteva in ciò,che il paziente si manteneva in uno stato puro, “provvisorio” o“incontaminato”, come egli diceva, sopprimendo o rendendo “privo divalore" il contatto col mondo e con tutto ciò che ricorda latransitorietà, mediante una pazzesca meticolosità, scrupolosecerimonie di pulizia e l'osservanza rigorosissima di infiniti ecomplicatissimi precetti. Prima ancora che il paziente sospettassel’esistenza infernale lo attendeva, il sogno gli mostrò che gli occorrevaun patto col Male.

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INDIVIDUAZIONEHo ricordato altrove un sogno che raffigura la compensazione di unproblema religioso in un giovane studente di teologia. Era affetto daogni sorta di dubbi religiosi, tutt'altro che rari in un uomo moderno.Nel sogno, era lo scolaro del "mago bianco” che però era vestito dinero. Questi lo istruì, ma fino a un certo punto dove disse che oraoccorreva il "mago nero”. Il mago nero apparve, ma era vestito dibianco. Affermò di aver trovato la chiave del paradiso, ma che glioccorreva la saggezza del mago bianco per sapere come usarla.Questo sogno contiene evidentemente il problema dei contrari, chenella filosofia taoistica ha trovato una soluzione ben diversa da quelladatagli dalle nostre concezioni occidentali. Le figure che intervengononel sogno sono immagini impersonali, collettive, adeguate alla naturadel problema religioso impersonale. In contrasto con la concezionecristiana, il sogno pone in rilievo la relatività del male e del bene, in unmodo che ricorda senz'altro il noto simbolo taoistico delYang eYin.

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INDIVIDUAZIONEDa simili compensazioni non bisogna però concludere che quanto piùla coscienza s'inoltri e si perda in problemi universali, tanto maggiorisiano le compensazioni che apporta l'inconscio. Esistono - se così sipuò dire - una maniera legittima e una illegittima di occuparsi diproblemi impersonali. Legittime sono tali escursioni quandoprovengono da un intimo e verace bisogno individuale; illegittimeinvece quando non sono che curiosità intellettuali o tentativi di fugada una realtà sgradevole. Nell'ultimo caso l’inconscio producecompensazioni troppo umane e solamente personali, che hannol'evidente scopo di ricondurre la coscienza alla vita quotidiana. Questepersone, che scorrazzano illegittimamente per l'infinito, hanno spessosogni ridicolmente dozzinali, che cercano di smorzare il loroeccessivo slancio. Così, dalla natura della compensazione, possiamosenz'altro giudicare della serietà e della legittimità delle aspirazionicoscienti.

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INDIVIDUAZIONEA molti ripugna ammettere che l'inconscio possa avere "grandi” pensieri.Mi si obietta: "Ma credete davvero che l'inconscio sia capace di produrreuna critica costruttiva della nostra mentalità occidentale?” Certo se siprospetta questo problema in modo intellettuale e s'imputanoall'inconscio intenti razionalistici, la cosa diventa assurda. Non bisognaattribuire all’inconscio una psicologia cosciente. La sua mentalità èistintiva, non ha funzioni differenziate; non pensa così come noiintendiamo il “pensare”. Esso crea unicamente un'immagine che rispondealla situazione cosciente, un'immagine che contiene sia idea chesentimento ed è tutto fuor che un prodotto di riflessione razionalistica.Quest'immagine potrebbe piuttosto essere definita una visione artistica.Si dimentica facilmente che un problema come quello che sta alla base delsogno ora citato è, anche nella coscienza del sognatore, un problema nonintellettuale ma profondamente emotivo. Il problema etico è per unuomo morale una questione passionale, radicata nei più profondi eventipulsionali come nelle aspirazioni più ideali.

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INDIVIDUAZIONEPer lui il problema è commoventemente reale. Non stupisce quindiche vi rispondano anche le profondità del suo essere. Il fatto checiascuno creda che la sua psicologia sia la misura di tutte le cose -problema che quel Ciascuno che sia per avventura superficialenemmeno si pone - non può preoccupare più di tanto lo psicologo,perché egli deve prendere le cose obiettive quali sono, senzadeformarle a favore di una premessa soggettiva. Come le nature piùricche e più vaste possono essere legittimamente afferrate da unproblema impersonale, così il loro inconscio può rispondere nelmedesimo stile; e come la coscienza si può porre la questione: perchéesiste questo tremendo conflitto fra il bene e il male? così l'inconsciovi può rispondere: “Guarda bene: entrambi sono necessari l'unoall'altro; anche nel migliore, anzi, appunto nel migliore è il germe delmale, e nulla è così cattivo che non ne possa seguire un bene.”

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INDIVIDUAZIONEAl sognatore potrebbe balenare l'idea che il conflitto apparentementeinsolubile sia forse un pregiudizio di una mentalità legata a undeterminato tempo e a un determinato luogo. L'immagine appa-rentemente complicata del sogno potrebbe facilmente palesarsi come uncommon sense intuitivo e istintivo, come un semplice spunto per unpensiero ragionevole, che una mente più matura forse avrebbe potutoaltrettanto bene pensare coscientemente. La filosofia cinese lo ha giàpensato da un pezzo. La singolarmente esatta, figurativa, rappresentazionedel pensiero è la prerogativa di quello spirito naturale e primitivo chevive in tutti noi e che è soltanto oscurato da una coscienzaunilateralmente sviluppata. Ma se consideriamo sotto questo angolovisivo le compensazioni prodotte dall'inconscio, ci si potrebbe conragione rimproverare di giudicare troppo l'inconscio dal punto di vistadella coscienza: ed effettivamente, queste considerazioni, io partii sempredal punto di vista che l’inconscio, in certo modo, si limiti a reagire aicontenuti coscienti, e in un modo molto sensato, ma che gli manchil'iniziativa propria.

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INDIVIDUAZIONENon intendo, tuttavia, affatto suscitare l'impressione di esserrealmente convinto che l'inconscio sia in tutti i casi puramentereattivo. Al contrario, ci sono molte esperienze le quali sembradimostrino che l'inconscio può non solo essere spontaneo, maassumere persino la direzione. Sono moltissimi coloro cheperseverano in una meschina inconsapevolezza, finendo poi coldiventar nevrotici: la nevrosi causata dall'inconscio li trae fuoridal loro torpore, vincendo spesso la loro pigrizia o la lorodisperata resistenza.

Secondo me, sarebbe un errore ammettere che in simili casil'inconscio agisca secondo un piano generale ben meditato emiri a conseguire determinate mete. Non ho trovato nulla chepossa avvalorare quest'ipotesi. Il motivo propulsore, in quantoci è possibile comprenderlo, sembra essere soltanto unapulsione ad attuare sé stessi.

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INDIVIDUAZIONESe si trattasse di un piano generale, teleologico, tutti gli individui chegodono ancora di un'eccessiva inconsapevolezza dovrebbero esserespinti da un impulso irresistibile a una più elevata coscienza. Ma ciòevidentemente non succede. Interi strati della popolazione, no-nostante la loro notoria inconsapevolezza, non diventano nevrotici. Ipochi che sono colpiti da questo destino sono uomini propriamente"superiori”, ma rimasti per qualche ragione troppo a lungo in unostadio primitivo. La loro natura alla lunga non tollerò di perseverare inun'ottusità per essa innaturale. La ristrettezza della loro coscienza e lalimitatezza della loro esistenza fecero loro risparmiare un'energia apoco a poco inconsciamente ingorgatasi e infine esplosa in forme dinevrosi più o meno acute. Dietro questo semplice meccanismo nonoccorre necessariamente che ci sia un piano. Per spiegarlo dovrebbebastare il comprensibilissimo impulso alla realizzazione di sé. Sipotrebbe anche parlare di una maturazione tardiva della personalità.

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INDIVIDUAZIONEÈ probabilissimo che siamo ancora molto lontani dall'aver scalato ilculmine dell'assoluta consapevolezza; perciò ciascuno è ancora capacedi un'ulteriore consapevolezza e si può anche ammettere che iprocessi inconsci conducano sempre e dappertutto alla coscienzacontenuti che, ove venissero riconosciuti, ingrandirebbero l'ambitodella coscienza. Visto in questo modo, l'inconscio appare un campod'esperienza di estensione indeterminata. Se fosse unicamente reat-tivo alla coscienza, potrebbe esser convenientemente definito comeun “mondo psichico speculare”. In tal caso la fonte essenziale di tutti icontenuti e di tutte le attività sarebbe nella coscienza, e nell'inconsciosi potrebbero trovare, tutt'al più, solo immagini speculari deformate diprocessi coscienti. Il processo creativo sarebbe racchiuso nellacoscienza e tutto il nuovo non sarebbe altro che invenzione oescogitazione cosciente. I dati dell'esperienza parlano contro di ciò.

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INDIVIDUAZIONEOgni uomo creatore sa che il carattere essenziale del pensiero

creatore è l'involontarietà. Non essendo l'inconscio solamente

un riflesso reattivo ma un'attività autonoma, produttiva, il suo

campo d'esperienza è un mondo proprio, una realtà propria, di

cui possiamo dire che agisce su di noi come noi agiamo su di

essa, come lo diciamo del campo d'esperienza del mondo

esteriore. E come in questo gli oggetti materiali sono gli

elementi costitutivi, così gli oggetti di quello sono i fattori

psichici.

L'idea dell'obiettività psichica non è affatto una nuova scoperta,

ma è una delle prime e più generali conquiste dell'umanità: è la

convinzione dell'esistenza concreta di un mondo degli spiriti. I

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INDIVIDUAZIONEIl mondo degli spiriti non fu mai una scoperta, a dire il vero, come quelladel fuoco, ma fu l'esperienza o la presa di coscienza di una realtà per nullainferiore a quella del mondo materiale. Dubito che esistano primitivi iquali non conoscano 1'“effetto magico” o la “sostanza magica" (“magico"è soltanto un'altra parola per psichico). Sembra anche che quasi tuttisappiano dell'esistenza degli spiriti. Lo “spirito" è un fatto psichico. Comenoi distinguiamo il nostro corpo dai corpi a noi estranei, così i primitivi(se conoscono 1'“anima") fanno una differenza fra la loro anima e glispiriti, i quali ultimi sono avvertiti come alcunché di estraneo. Essi sonooggetto di percezione esteriore, mentre la propria anima (o una dellevarie anime, perché ne sono ammesse parecchie), che è intesa come so-stanzialmente affine agli spiriti, di regola non è oggetto di una percezionesensoriale. L'anima (o una delle varie anime) dopo la morte diventa unospirito che sopravvive al morto, e spesso con un peggioramentocaratterologico che contraddice in parte all'idea dell'immortalitàpersonale

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INDIVIDUAZIONEI Batak dicono persino che gli uomini che siano stati buoni in vita diventanomalevoli e pericolosi come spiriti. Quasi tutto ciò che i primitivi dicono dei tiribirboni giocati dagli spiriti ai viventi, e in genere l'immagine che si fanno deifantasmi dei morti, corrisponde fin nei particolari ai fenomeni rilevatidall'esperienza spiritistica. E come le comunicazioni dei fantasmi spiritisticidenotano che si tratta di frammenti psichici, così anche gli spiriti primitivi sonomanifestazioni di complessi inconsci. L'importanza che la psicologia modernaattribuisce al “complesso parentale" è un'immediata prosecuzione dell'esperienzaprimitiva circa la pericolosa attività degli spiriti dei genitori. Persino l'errore digiudizio che commettono i primitivi ammettendo, senza pensarci, che gli spiritisiano realtà del mondo esteriore, trova la sua prosecuzione nella nostra ipotesi(solo in parte giusta) che il padre e la madre reali siano responsabili del complessoparentale. Nella vecchia teoria traumatica della psicoanalisi freudiana, ed anchefuori di essa, questa ipotesi passava per una spiegazione scientifica. (Per evitarequest'inesattezza io ho proposto il termine “imago parentale, o dei genitori".)

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INDIVIDUAZIONEL'uomo ingenuo naturalmente non si rende conto che icongiunti prossimi, i quali influiscono direttamente su di lui,generano in lui un'“immagine", che in parte li ricopia, ma inparte è costituita di materiali che provengono dal soggettostesso. L'imago nasce dalle influenze dei genitori e dalle reazionispecifiche del bambino; essa dunque riproduce solocondizionatamente l'oggetto. L'uomo ingenuo naturalmentecrede che i genitori siano come li vede. L'immagine èinconsciamente proiettata e, quando i genitori muoiono,continua ad agire, così proiettata, come se fosse uno spiritoesistente in sé e per sé. Il primitivo parla allora di spiriti deigenitori che ritornano di notte (revenants); il moderno invecedà a ciò il nome di complesso paterno o materno.

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INDIVIDUAZIONEQuanto più limitato è il campo di coscienza di un uomo, tanto

più i contenuti psichici (le “imago") appaiono quasi al di fuori o

come spiriti o come potenze magiche proiettate su viventi

(maghi, streghe). In un certo stadio superiore dello sviluppo, in

cui sono già presenti rappresentazioni d'anima, le imago non

sono più semplicemente tutte proiettate (dove questo avviene,

persino gli alberi e le pietre parlano fra loro), ma questo o quel

complesso si avvicina talmente alla coscienza, che non è più

avvertito come qualcosa di estraneo, ma come alcunché di

pertinente. Tuttavia questo senso di appartenenza non va

tant'oltre da far sentire il complesso in questione come un

contenuto di coscienza soggettivo.

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INDIVIDUAZIONEIl complesso rimane in certo modo sospeso fra il conscio el'inconscio, in penombra per così dire, pertinente o affine da unlato al soggetto della coscienza, ma da un altro lato esistenzaautonoma, e come tale opposto alla coscienza, in ogni caso nondi necessità obbediente all’intenzione soggettiva, ma ad essaforse persino sovrastante, sovente quale fonte di ispirazione, diammonimento o di informazione "soprannaturale”.Psicologicamente un simile contenuto sarebbe da definire comeun complesso in parte autonomo, non ancora pienamenteintegrato nella coscienza. Le anime primitive, il ba e il ka degliEgizi, sono complessi del genere. In uno stadio superiore, eparticolarmente in tutti i popoli civili occidentali, questocomplesso è sempre femminile (anima, psyché), certo nonsenza ragioni profonde e significative.

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INDIVIDUAZIONENella pur vasta e complessa opera di Jung è possibile

rintracciare un filo conduttore che percorre, ponendoli tra loro

in relazione, i diversi concetti propri della psicologia analitica e

che al contempo consente di andare oltre la mera speculazione

teorica. Se infatti volgiamo lo sguardo ai processo di

individuazione, in esso possiamo riconoscere quel filo che

collega l’uomo Jung ai suoi scritti, la sua vita al suo pensiero.

L’individuazione, quel processo di sviluppo psicologico che Jung

stesso considera «il concetto centrale della mia psicologia»

diviene peraltro una parola chiave che in sé riassume il senso e

la direzione di una ricerca a cui non è possibile mettere fine.

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INDIVIDUAZIONECome sottolinea Jung nella sua biografia nel corsodell’esistenza l’uomo si trova al cospetto di vicende, spessocomplesse, che rimangono prive di significato se non intervieneuna risposta dall’interiorità. L’ascolto di questa voce «altra»,che levandosi prospetta orizzonti fino a quel momentosconosciuti, condusse Jung a percorrere nuovi sentieri,segnando di conseguenza sia gli eventi della propria storiapersonale, sia il suo lavoro clinico e teorico.

In questo senso non è certo casuale che vengacomunemente indicato, anche da G. Adler e dalla Jaffénella prefazione alle Jung Letters (Jung 1973, XXll), il1916 quale anno in cui, negli scritti di Jung, compareper la prima volta il termine «individuazione» e conogni probabilità si è indotti a trarre tale conclusionedalle stesse, suggestive, parole di Jung.

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INDIVIDUAZIONEEgli infatti, nel ricordare il periodo di disorientamento in cui siera trovato dopo la separazione da Freud, racconta: «erocostretto a lasciarmi portare dalla corrente, senza sapere dovemi avrebbe condotto, ma «quando non fui più prigioniero dellamontagna incantata, potei farmi una visione obiettiva di tuttaquella esperienza e cominciare a riflettervi». La descrizione cheJung ci offre dello stato d’animo vissuto in quegli anni, rimandaad un’immagine espressa da Schopenhauer in un suo scritto,«come sull’infuriante mare [...] siede in barca il navigante e séaffida al debole naviglio; così siede tranquillo, in mezzo a unmondo pieno di tormenti, il singolo uomo, poggiandosi fidentesul principium individuationis» (1819; 1968, 463). La letturadi tali brani sembrerebbe suggerire l’esistenza di un legame tral’individuazione e le esperienze interne vissute da Jung dopo larottura dei rapporti con Freud.

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INDIVIDUAZIONEJung, però, utilizza il termine «individuazione» prima del 1916.Esso appare, infatti, nel testo che segnerà il suo distaccoteorico da Freud La libido. Simboli e trasformazioni ed è situato inuna noia, posto tra virgolette, come se Jung intendessesegnalare; l’introduzione di un nuovo vocabolo. Il capitolo èquello del «sacrificio» ed d passo in cui è citato si riferisce allaseparazione dalla madre. Di certo nel 1911 già potevano esserecolti i prodromi del distacco da Freud, e l-«individuazione»sembrerebbe divenire la spiegazione, per certi versi teorizzata,di un tradimento in nuce. Il traditore, infatti, si pone sempre ilproblema relativo all’assoluzione del suo peccato e forse, comenota Antonelli, non è casuale che Jung, proprio nello scritto inquestione, riporti la storia dell’abate Oegger e citi inoltre dtradimento di Bruto. Oegger si tormentava con la leggenda diGiuda perché egli stesso, dice Jung, era il Giuda; al pari di questi,

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INDIVIDUAZIONEOegger tradì la Chiesa cattolica. La strada che avrebbecondotto l’abate verso la libertà passava attraverso la soluzionedi quel problema; Giuda era d simbolo della propria tendenzainconscia, l’immagine «gli era necessaria per poter rifletteresulla sua condizione. Il prenderne direttamente coscienzasarebbe stato di certo troppo doloroso». Che Jung si fosseidentificato nella figura di Oegger, e quindi di Giuda, non ècerto dimostrabile, ma è pur vero che egli si servì di Oeggerper introdurre le fantasie di Miss Miller e, nel prospettare unavisione tanto lontana dai presupposti di Freud, Jung di fatto ciconsegna la prova del suo «tradimento». L’individuazionedunque «assolve dal peccato», poiché la differenziazione è lacondizione prima per accedere alla consapevolezza di sé, ma alcontempo sottende la «pena», in quanto il farsi coscientedell’individuo non esclude, bensì comporta la sofferenza.

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INDIVIDUAZIONEE seguendo il filo di tali considerazioni, il ricondurre la nascita del termine al

1911 consente di accostarci ad una nuova ipotesi che vede nell’individuazione

il motore e non la conseguenza della separazione, anche teorica, da Freud.

Con ciò non si intende sottrarre importanza ad un anno, il 1916, che segna,

comunque, il momento in cui Jung approfondisce il tema dell’individuazione,

riconducendo ad esso la centralità del suo pensiero.

Jung ne parla dapprima in una conferenza presso la Zùrcher Schule

fiir Analittische Psychologie (1916) e in due brevi manoscritti

sull’adattamento, l’individuazione e la collettività (1916a; 1916b),

trovati nel 1964 nell’Archivio dello Psychologische Club di Zurigo,

firmati di suo pugno e datati ottobre 1916. L’anno seguente Jung dà

alle stampe uno scritto— che trae origine da una pubblicazione del

1912 Vie nuove della psicologia (1912a), in cui del resto non appariva

alcun riferimento al processo d’individuazione — dal titolo La

psicologia dei processi inconsci, a noi nota nella sua edizione

definitiva datata 1943 (1917/43).

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INDIVIDUAZIONEÈ questo un testo che nasce da una domanda che Jung avevaformulato a se stesso: «Che cosa si deve fare con l-inconscio?»; la suarisposta sta proprio nel processo di individuazione che rappresenta ilmodello del metodo di trattamento. La compensazione inconscia diuno stato nevrotico della coscienza contiene tutti gli elementi capacidi correggere efficacemente e fruttuosamente l’unilateralità dellacoscienza [...] il trattamento si svolge quindi come una sorta dicontinuo colloquio con l’inconscio.

La meta dei processo di individuazione si chiarisce agli occhi di Jung adistanza di breve tempo; egli infatti ricorda; «mi si poneva il problema:“A che porta questo processo? Qual è la sua meta?” [...] Avevo vistoche dovevo abbandonare del tutto l’idea di una supremazia dell’io [...]Tra il 1918 e il 1920, cominciai a capire che lo scopo dello sviluppopsichico è il Sé». Dobbiamo infatti attendere il 1920 perché Jungesponga organicamente la sua concezione sul Sé nel volume Tipipsicologici (1921).

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INDIVIDUAZIONEDa questo momento Jung non abbandonerà più il temadell’individuazione e possiamo averne una conferma nel leggerele ulteriori edizioni di molti dei suoi scritti. Un esempio ariguardo ci può essere offerto dal già citato La libido. Simbolie trasformazioni (1912), in seguito modificato e pubblicatocon il titolo Simboli della trasformazione (1912/52). Nellaprima stesura, che rimarrà inalterata fino al 1937, vi è un soloriferimento all’individuazione riportato in nota, anche se neltesto sono già reperibili tutti i presupposti della futuraconcezione junghiana. Nell’ultima edizione, invece, Jung assegnain modo esplicito un posto centrale al processo diindividuazione, tanto che da questo fa dipendere ilmantenimento della libido sulla via della progressione(1912/52; 1970, 297).

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INDIVIDUAZIONEIl processo di individuazione, dunque, segue costantemente l’evoluzione delpensiero di Jung e lui ce lo offre quale possibile via di consapevolezza. È la ricercavolta all’attribuzione di una ulteriorità di senso, una strada che da sempre l’uomocreativo persegue ed esprime con le personali metafore. Jung lo ha fattoguardando al processo di individuazione come a una esigenza tipicamente umana,tanto che ha focalizzato tre modi diversi in cui il processo può svolgersi; «nelsenso della trasformazione cristiana (“Se non diventerete come i fanciulli...”),oppure come esperienza satori nello zen (“Mostrami il tuo volto originario”), ocome processo di sviluppo psicologico, in cui l-originaria disposizione alla totalitàdiviene evento cosciente». Sono tre aspetti in cui la psiche si svela e Jung nella suaopera e nella sua ricerca ha avuto il grande merito di utilizzare ognuno dei trelinguaggi per restituirceli sempre nel loro valore psicologico.

La finalità che persegue il presente scritto è anche quella di mostrarecome, nella teoria e nela pratica dell’individuazione, le diverse animeattribuite a Jung — quella di psichiatra-psicologo, quella di teologo equella di sciamano (Guggenbuhi-Craig 1987, passim) — si integrino e siarmonizzino, offrendoci un panorama unitario della processuahtàpsichica.

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INDIVIDUAZIONEJung, per giungere ad una piena comprensione della realtà e dei dinamismipropri della psiche, ha dedicato una considerevole parte della sua ricercae dei suoi studi alla mitologia (v. cap. XXIV). Per quanto attieneall’individuazione, ci mostra come il mito di Teseo possa essere utilizzatoquale rappresentazione del processo. Nell’opera Simboli dellatrasformazione (v. cap. XXVII), Jung evidenzia come la discesanell’interiorità possa essere fecondante solo se la libido riesce a liberarsidalla cattura del mondo interiore; ciò trova una raffigurazione mitologicanella leggenda di Teseo e Piritoo, i quali volevano rapire Proserpina agliinferi. A questo scopo essi discesero nel mondo sotterraneo passandoper la voragine del boschetto di Colono. Giunti che furono in basso,vollero prendere un po’ di riposo, ma rimasero attaccati alle rocce, cioèin altri termini, alla madre, e furono perduti per il mondo terrestre. Inseguito solo Teseo venne liberato da Eracle, che appare così nella figuradel salvatore che trionfa della morte. Il mito di Teseo è perdò unarappresentazione del processo d’individuazione (Jung 1912/52; 1970, 289).

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INDIVIDUAZIONENella stessa opera, in una notazione a margine, presente giànella edizione del 1912 e mai mutata nelle successiverevisioni del testo, Jung usa il termine «individuazione» qualesinonimo di «separazione e differenziazione dalla madre» ecompiendo una simile operazione di fatto apre nuoveprospettive. L’individuazione infatti non può realizzarsi senon viene attivato un processo di differenziazione eseparazione dalla madre reale e dall-imago materna. Laseparazione-individuazione «produce quella messa a frontetra soggetto e oggetto che è il fondamento della coscienza»Nel 1939, in uno scritto interamente dedicato al rapportotra coscienza, inconscio ed individuazione, Jung, nelconnotare l’individuazione come un processo che produceun individuo psicologico, riprende implicitamente taleconcetto quando asserisce che «l’individuo psicologico» vainteso come «un’unità separata, indivisibile, un tutto».

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INDIVIDUAZIONEAd una prima lettura ci si potrebbe chiedere

come «un’unità indivisibile» possa essere al

contempo «separata». Il periodo, però, si chiarisce

se operiamo una sostituzione e utilizziamo, al

posto di «separata», il termine «differenziata»

L’unità dell’essere, di quel particolare essere, la

sua specificità e originalità può emergere solo nel

momento in cui si rende possibile la separazione

— dunque una differenziazione e una

disidentificazione — dall’immagine materna

interiorizzata.

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INDIVIDUAZIONEMa amplificando tale concetto possiamo dire con Jung che «ognipasso in avanti rappresenta una lotta per sradicarsi dal seno maternouniversale della primitiva incoscienza, in cui vive la grande massa delpopolo». Il differenziarsi dal collettivo, inteso come massa, assumedunque valenze particolarmente significative ai fini dell’individuazione.

Individuazione e collettivo.

L’individuazione è vista da Jung come un «processo di formazione e dicaratterizzazione dei singoli individui, e in particolare lo sviluppodell’individuo psicologico come essere distinto dalla generalità, dallapsicologia collettiva. Con una simile caratterizzazione del processoappare evidente che «l’individuazione è sempre più o meno incontrasto con le norme collettive, giacché essa è separazione edifferenziazione della generalità e sviluppo del particolare, non però diuna particolarità cercata, bensì di una particolarità già a priori fondatanella disposizione naturale».

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INDIVIDUAZIONENel focalizzare l’attenzione sul processo di individuazionesarebbe duri que particolarmente importante distinguere icontenuti personali da quelli collettivi. Ma una tale riflessionepermette di cogliere un dato fondamentale: il più delle voltequanto asseriamo essere frutto di un personale pensiero oespressione di un sentimento rimanda al collettivo; così comele pulsioni fondamentali sono collettive e collettivo è tutto ciòsulla cui universalità gli uomini si trovano concordi. È come sel-individuale rischiasse costantemente di essere soffocato esepolto. Sul filo di queste considerazioni, Jung paragonal'individualità ad una tenera pianta minacciata dalla strapotenzadel collettivo, una pianta che necessita di particolari cure e perquanto l’individuazione sia una «imprescindibile esigenzapsicologica» tale esigenza rischia continuamente di esseretacitata dal collettivo.

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INDIVIDUAZIONENel considerare entrambi i livelli, quello individuale e quello collettivo,

nell’ottica del processo di individuazione, Jung asserisce che «l’uomo ha una

facoltà che per gli intenti collettivi è utilissima, e dannosissima per l’indivi-

duazione; quella di imitare». 1 processi imitativi dunque tendono ad

ostacolare la strutturazione di una identità personale, nonostante essi siano

indispensabili ai fini dello sviluppo e dell’adattamento al mondo circostante. È

infatti attraverso l’imitazione che il bambino apprende il linguaggio, la

gestualità e le regole di vita comunitaria. All’imitazione si associano inoltre i

meccanismi di identificazione che contribuiscono il più delle volte a

strutturare la personalità secondo dettami di natura sociale.

Lalande, nel proporre le diverse accezioni del termine «identificazione»,

sostiene che con tale vocabolo si suole indicare anche l’atto con cui un

essere umano diviene identico ad un altro nel pensiero o nella realtà. Il

bambino, dunque, sviluppa la personale identità attraverso l’identificazione

con modelli che in genere suggeriscono un assoggettamento alle regole del

collettivo e il soffocamento di ogni spinta individuale e creativa.

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INDIVIDUAZIONEAnche se guardiamo al periodo adolescenziale, ci accorgiamo che ladifferenziazione dai modelli familiari viene ricercata attraversol’imitazione di una personalità di rilievo, di un gruppo, di un’idea chedetermina una presunta autonomia e libertà. Ma la falsità con cui ci siidentifica di fatto allontana sempre più dalla propria individualità. Èun’identità che spesso viene messa in crisi nella seconda metà dellavita, nel momento in cui l’uomo trova la possibilità e la forza di aprireuno spazio di riflessione su se stesso: «Per scoprire che cosa c’è innoi di propriamente individuale, occorrono profonde meditazioni, eall’improvviso ci accorgiamo di quanto sia difficile la scopertadell’individualità».

È interessante notare che tali concetti furono espressi da Jung nellaconferenza del 1916, il cui testo, riveduto, confluì poi ne L’Io el’inconscio e per quanto attiene ai processi imitativi egli non modificòlo scritto originale, come a voler ribadire, dopo oltre un decennio distudi, la loro pericolosità.

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INDIVIDUAZIONEMa Jung ci suggerisce anche che «prima di potersi proporre comescopo l’indiividuazione, occorre raggiungere la meta educativadell’adattamento al minimo di norme collettive necessario perl’esistenza».

Un adattamento che sembra in realtà favorire l’identificazione con laPersona in modo che possa svilupparsi un atteggiamento rispondentealle aspettative. Il bambino prima e il giovane poi vengono formatidalla famiglia e dalla scuola in senso esclusivamente collettivo, tantopiù — afferma Jung — «nella nostra epoca di civiltà collettivamenteappiattita». A tal proposito Jung costatava; «è il giornale che domina ilmondo» e con queste poche parole già nel 1928 apriva uno spazio diriflessione sui mezzi di comunicazione di massa e sulle immagini diriferimento e identità che questi ci propongono. Tali immaginipotrebbero essere definite, in linea con il pensiero di Jung, «immaginidel conscio collettivo» in quanto la loro essenza si fonda su pregiudizie stereotipi.

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INDIVIDUAZIONEEsse si rivelano come lo specchio fedele di un’epoca e dei

suoi valori, e dunque si inscrivono, «in quei contenuti della

coscienza collettiva, che si presentano come verità

generalmente riconosciute». È evidente come

l’identificazione con tali immagini in realtà soffochi ogni

spinta individuativa, ma il riconoscersi in un’immagine

collettivamente condivisa può costituire a volte l’unica

difesa possibile per salvaguardare la propria individualità.

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INDIVIDUAZIONECome scrive Jung, «ci si costruisce una determinata Persona, perchéserva da baluardo protettivo» in quanto «spesso dietro la nevrosi sinasconde tutto il dolore naturale e necessario che non siamo dispostia tollerare» (Jung 1943; 1981, 92), ma è altrettanto vero che «laPersona è di impedimento allo sviluppo individuale. La dissoluzionedella Persona è dunque condizione indispensabile dell’individuazione».

'

4. Individualismo e individualità: il rapporto con il mondo.

«Il punto di vista individuale non è orientato in senso opposto allenorme collettive [...] Un vero conflitto con le norme collettive si hasolo quando una via individuale viene elevata a norma, il che è poi lavera intenzione dell’individualismo estremo».

Questo è un passo particolarmente importante che ci consente diaffrontare alcune apparenti contraddizioni in cui sembra incorrere ilpensiero di Jung.

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INDIVIDUAZIONESe l’individuazione, infatti, assume le caratteristiche di un «processo didifferenziazione che ha per meta lo sviluppo della personalità individuale»sarebbe lecito ipotizzare una contrapposizione tra individuale e collettivo.Aderire all’uno implicherebbe tralasciare del tutto i messaggi dell’altro.Ma la Weltanschauung non poteva di certo contenere una simileconcezione; le tante polarità con cui l’animo umano si incontra e siscontra nel suo pensiero pervengono sempre ad un tuttoomnicomprensivo, si integrano e si relazionano tra loro in virtù di unpercorso di sviluppo a cui è dato il nome di processo di individuazione.

Tale linearità di pensiero, volta a perseguire la finalità di unaricomposizione delle parti scisse, si rende visibile anchevolgendo lo sguardo alla dimensione individuale e a quellacollettiva. Intraprendere la strada dell’individualità, dunque, nonimplica un ritiro dal mondo, né significa porre se stessi al centrodell’universo, perché una simile modalità non rimandaall’individuale bensì all’individualismo.

65

INDIVIDUAZIONEÈ qui che Jung risolve l’apparente contraddizione;

L’indìvidualismo è un mettere intenzionalmente in rilievo leproprie presunte caratteristiche in contrasto coi riguardi e gliobblighi collettivi. L’individuazione invece implica un migliore epiù completo adempimento delle destinazioni collettivedell’uomo, poiché un’adeguata considerazione della singolaritàdell’individuo favorisce una prestazione sociale migliore diquanto risulti se tale singolarità viene trascurata o repressa.

Individuarsi, infatti, significa divenire un essere singolo, doveper «singolarità» Jung intende «un’irripetibile combinazione ograduale differenziazione di funzioni e facoltà che in sé e per sésono universali».

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INDIVIDUAZIONEQueste parole contengono in realtà un riferimento tutt’altro cheimplicito ai sottili ma importantissimi nessi tra inconscio collettivo epersonale, tra individuale e universale. L’individuo, proprio per la suaappartenenza al genere umano, è ovviamente formato da componentidi natura universale, sia biologiche che psichiche. In questo sensol’essere umano è del tutto collettivo e non «può essere in contrastocon la collettività» per una legge che potremmo definire di natura;tanto che Jung vedrà nell’individuazione «un opus cantra naturam,che produce nello strato collettivo horror vacui». Ma ogni fattoreuniversale è presente e vivo solamente in una forma individuale, inuna specificità e una originalità che è propria di quell’essere inserito inun determinato tempo storico e in una delineata cultura. «Il termine“individuazione” può quindi indicare soltanto un processo psicologicoche adempie destini individuali dati, ossia che fa dell’uomo queldeterminato essere singolo che è».

67

INDIVIDUAZIONEPiù volte Jung nei suoi scritti ha ribadito un simile concetto,senza mai modificarlo, come se nel corso della sua vastaesperienza clinica avesse avuto modo di cogliere sempre piùquei dati e quegli elementi, anche teorici, di supporto alla suatesi.

«L’individualità psicologica esiste inconsciamente a priori,coscientemente invece soltanto nella misura nella qualesussiste la consapevolezza di un peculiare modo d’essere». Conuna simile affermazione Jung sinteticamente connota ilprocesso di individuazione come la presa di coscienza dellapropria individualità, il farsi individuo psicologico: «l’individuopsicologico è caratterizzato dalla sua psicologia particolare, e,sotto un certo aspetto, irripetibile. La natura specifica dellapsiche individuale appare non tanto nei suoi elementi quantopiuttosto nelle sue strutture complesse».

68

INDIVIDUAZIONENel 1916 e poi nel 1928, Jung, come abbiamo visto, afferma chela scoperta dell’individualità è un compito difficile da realizzarsi.Dovremmo a questo punto chiederci quali siano i motivi che lospingono a parlare ripetutamente, e con tanto vigore, di questadifficoltà. Se guardiamo alla sua vita, non è difficile presumereche intendesse far riferimento alla separazione da Freud, maconsiderando anche un altro livello si potrebbe dire che Jungebbe modo di sperimentare su se stesso come l’individuazione,ponendo l’essere umano a confronto con 1’inconscio, con queicontenuti a lungo tenuti fuori dal campo di coscienza, siasegnata da un percorso rischioso, arduo, complesso. È peròlecito Ipotizzare che, con una simile notazione, Jung volesseperaltro prospettare le difficoltà da fronteggiare nel collettivoallorché si persegue una strada individuale.

69

INDIVIDUAZIONENel 1916 Jung, infatti, afferma che «H primo passo in direzione dell in-

dividuazione è tragica colpa» (1916b; 1983, 311) in quanto viene ad operarsi

una frattura con l’unanimità personale e quindi con la collettività.

«Ad ogni passo verso l’individuazione si produce una nuova colpa

che richiede ima nuova espiazione». Il processo indtviduativo,

consentendo la canalizzazione dell’energia verso l’interiorità e

generando una convergenza tra il proprio pensare ed agire, di fatto

determina il «tradimento» del collettivo. Per aver sottratto se

stesso, l’uomo deve pagare un riscatto; deve cioè produrre valori

equivalenti, senza i quali l’individuazione sarebbe «immorale, anzi

qualcosa di più: un suicidio». Come l’individuazione è adattamento

alla realtà interiore, così l’atto dell’espiazione è adattamento al

mondo perché possano essere creati valori utilizzabili da parte della

società. E qui Jung per la prima volta focalizza l’atto creativo come

presupposto per l’individuazione. Chi, infatti, non è in grado di

creare valori positivi deve scegliersi una società e ricostituire con

essa 1’umanità collettiva [...]70

INDIVIDUAZIONEChi crea valori non riconosciuti fa parte di coloro che sono

disprezzati perché la società è sempre il punto di passaggio

fondamentale dello sviluppo del mondo, che pretende la più alta

cooperazione del singolo.

La solitudine, che segna la dimensione alla quale appartengono tutti

coloro che hanno compiuto la rinuncia ad un’unanimità collettiva, e

crea valori non riconosciuti fa parte di coloro che sono disprezzati

perché la società è sempre il punto di passaggio fondamentale dello

sviluppo del mondo, che pretende la più alta cooperazione del singolo.

La solitudine, che segna la dimensione alla quale appartengono tutti

coloro che hanno compiuto la rinuncia ad un’unanimità collettiva, e 1-

ascolto della personale verità per Jung, ancora una volta, non si

contrappongono ad un ritro dal mondo ma ad una partecipazione

attiva nel sociale.

71

INDIVIDUAZIONEÈ proprio muovendoci su tali considerazioni che diventapossibile comprendere pienamente quanto Jung afferma:«La realizzazione cosciente dell’unificazione interioreimplica invece come condizione irrinunciabile il rapportoumano, perché senza il consapevole riconoscimento el’accettazione di ciò che ci lega al prossimo non si dàsintesi della personalità»

Dunque l’individuazione non esclude ma include il mondo.Compito possibile per l’uomo creativo, agli altri non restache una scelta obbligata o 1’identificazione con la Personao la malattia mentale come rotitura completa col restodel mondo.

72

INDIVIDUAZIONEDa quanto fin qui espresso possiamo giungere ad una prima, sintetica

conclusione: 1’individuazione di fatto coincide con l’affrancamemo da

un originario stato d identità; ma perché l’individualità possa

realmente emergere è necessario un processo cosciente di

differenziazione e integrazione.

E’ nel 1928 che Jung afferma di aver maturato, in virtù delle sue

esperienze un opinione personale secondo la quale, per alcune

persone, la ricerca della propria individualità diventa un’esigenza

inderogabile nell’età matura. Il passaggio è segnato da un

orientamento biologico, in cui il riconoscimento delle pulsioni

garantisce un’apertura alla vita, ad un orientamento culturale

caratterizzato dal decrescere progressivo delle energie. L’energia

dunque viene trasformata da una forma biologica ad una culturale; si

tratta di una vera e propria conversione della libido che si rende

possibile in virtù del simbolo che, «ri-assumendo in un’unità il passato,

permette 1’apertura dell’esistente sul suo futuro e permette

l’esplicarsi dell’energia in forme via via sempre diverse e superiori.

73

INDIVIDUAZIONEA distanza di alcuni anni, esattamente nel 1939, Jungdefinisce l’individuazione come uno «stadio dellosviluppo» dell’essere umano, un processo dunque che siattiva in un particolare momento dell’esistenza e chenasce dal conflitto tra due fatti psichici fondamentali» Inquesto senso la malattia è nel senso più alto uno stadiodel processo di individuazione». Il conflitto tra conscio edinconscio, infatti, generando una situazione di sofferenza,schiude all’individuo la possibilità di intraprendere uncammino individuativo.

Per Jung, dunque, si tratta di un processo spontaneo, diuna «esigenza» alla quale per molti è impossibile sottrarsi.

74

INDIVIDUAZIONEMa nel 1940, oltre a considerare il processo di individuazionecome una tendenza spontanea, Jung asserisce che la ricercadella propria individualità può altresì essere «indottaterapeuticamente».

E’ come se l’uomo possedesse una disposizione naturale aconfrontarsi con quanto si trova oltre il campo di coscienza, maperché questa possibilità si renda operante spesso è necessarioun «rapporto» terapeutico. Non è certo casuale che proprioall’interno del suo scritto sul transfert individui nel rapporto lacondizione prima perché possa generarsi la messa a fronte trasoggetto e oggetto, ma lo spazio analitico rappresenta anche unluogo protetto, un temenos in cui si rende possibile latrasformazione.

75

INDIVIDUAZIONEDisidentificarsi, infatti, dalla Persona non è compito facile, né tantomeno lo è il confronto con l’inconscio. Il pericolo è quello disoccombere da un lato al potere del collettivo, dall’altro alla forza e alfascino delle immagini interiori.

Il dialogo tra coscienza e inconscio, che si rende possibile in virtùdella funzione trascendente — mediante la quale «vengono datequelle linee di sviluppo incüviduali che non potrebbero mai essereraggiunte per la via già tracciata da norme collettive» - divienela modalità privilegiata perché possa realizzarsi lo sviluppo psicologico.In questo senso l’individuazione si prospetta quale procedimentodialettico distinguibile su due versanti. L’uno rappresentato dalconfronto dialettico — tra conscio e inconscio, l’altro da quello trapaziente e analista. «La dialettica, originariamente l’arte di conversaredei filosofi antichi, servi ben presto a designare un processo creativodi nuove sintesi»), e non a caso la meta del processo di individuazionesta proprio nella creazione di nuove sintesi.

76

INDIVIDUAZIONEMa il porre conscio ed inconscio a confronto implica la ricercadi un equilibrio tra due opposte polarità. Se, infatti, il processodi individuazione viene reso cosciente «non si ha altra risorsache quella di ricorrere a dei simboli che rendono attuabilel’unione irrazionale dei contrari. Questi simboli vengonoprodotti spontaneamente dall’inconscio e amplificati dal con-scio»

Jung come abbiamo avuto modo di vedere, è costantementeteso a definire 1’individuazione come un processo che «ha persenso e meta la realizzazione della personalità originariamentecontenuta nel germe embrionale in tutti i suoi aspetti».Funzioni e atteggiamenti che sono stati relegati nelle profonditàdell’inconscio, aspetti «contrari», in opposizione, checompensano l’unilateralità della vita cosciente e che una voltaintegrati aprono lo spazio alla conoscenza simbolica.

77

INDIVIDUAZIONELe immagini dell’inconscio collettivo diventano per Jung «la

fonte a cui attingere indicazioni per la soluzione del problema

dei contrari», e tale frase può divenire estremamente

chiarificatrice se consideriamo gli archetipi come «forme

tipiche di comportamento “modi” caratteristicamente umani»

Parte essenziale del processo di individuazione è quella che

Jung chiama la oggettivazione delle immagini impersonali, «il

suo fine è quello di affrancare la coscienza dall’oggetto,

cosicché l’individuo non ricerchi più la garanzia della sua felicità,

o addirittura della sua vita, in fattori esterni a se stesso, siano

essi persone, idee o circostanze, ma arrivi a comprendere che

tutto dipende dal possesso del tesoro».

78

INDIVIDUAZIONEPer quanto il processo possa assumere aspetti diversi aseconda degli individui e delle loro singolarità, è comunquepresente un «elemento comune» riconducibile a «l’interventodi determinati archetipi. Ricordo in particolare L’Ombra, laBestia, il Vecchio Saggio, l’Anima, l’Animus, la Madre, il Fanciullo[e] gli archetipi che raffigurano la meta o le mete del processodi sviluppo».

L’Ombra rappresenta la figura più prossima alla coscienza e tratutti gli aspetti della personalità è il primo a emergere nelcorso di un’analisi. Essa dunque «appare all’inizio della via checonduce all’individuazione», in quanto ci prospetta «qualcosa diinferiore, primitivo, inadatto e goffo» comprendente «fra l’altroqualità inferiori, infantili e primitive, che [...] urtano contro leregole consacrate dalla tradizione» e diviene la vera viad’accesso alla crescita psicologica.

79

INDIVIDUAZIONECome può nascere l’individuo psicologico, come può snodarsi üprocesso di individuazione, in altri termini «come può la coscienza, ilnostro più recente acquisto, sempre proiettato in avanti, saldarsinuovamente all’antico, all’inconscio, che è rimasto indietro?»

L’Ombra assume un posto preminente per la risoluzione di una talequestione.

«L’elemento più antico [scrive Jung] è la base istintiva. Chi trascura gliistinti, cadrà nelle loro insidie»; il contatto con l’Ombra, e la suaconseguente integrazione, diventa dunque la condizione prima per ilraggiungimento di una diversa centratura dell’Io.

Ma «agli effetti dell’individuazione, come è indispensabile che unosappia distinguersi da ciò che egli appare a sé e agli altri, altrettanto loè che acquisti coscienza del suo invisibile sistema di relazione conl’inconscio, cioè con l’Anima, per potersene distinguere».

80

INDIVIDUAZIONEL’inconscio, anche in virtù del suo rapporto compensatorio con

la coscienza, è caratterizzato da segni femminili nell’uomo e

maschili nella donna, e dunque il contatto con la propria

controparte inconscia, nell’ambito del processo di

individuazione, assume particolare significato.

Il riferimento è a quelle immagini interne che rimandano a

modelli di comportamento ancora vivi e presenti nell’uomo

nonostante a livello di coscienza si possa essere operato un

progressivo distacco dalle matrici originarie. Ed è proprio

nell’attuale società che, ai fini dell’individuazione, il confronto

con l’Anima e l’Animus rappresenta un punto nodale.

81

INDIVIDUAZIONEÈ infatti possibile leggere nelle tante manifestazioni sintomatiche che ipazienti portano in analisi un conflitto tra l’immagine di sé offerta almondo e le immagini interne del maschile e del femminile.L’integrazione dei contenuti lontani dalla coscienza permette cosìall’uomo e alla donna di attivare una ricerca che ha come meta lastrutturazione di una personale identità di genere. Si tratta di unarelazione tra opposti che determina l’instaurarsi di una dialetticaquale condizione indispensabile per accedere a livelli sempre più ampidi consapevolezza di sé. A questo riguardo potrebbe essere mossauna critica alla concezione di Jung. Se attraverso il processo diindividuazione vengono accolte consapevolmente le propriecomponenti maschili e femminili, la meta del processo sembrerebbesottintendere la realizzazione di una indifferenziazione tra uomo edonna. Entrambi sarebbero maschio e femmina. Uno e sempre.

82

INDIVIDUAZIONEMa il processo di individuazione non è un percorso che sottrael’uomo dal confronto con il mondo esterno, in quanto «ha dueaspetti fondamentali: da un lato è un processo di integrazioneinteriore, soggettivo; dall’altro è un processo oggettivo,altrettanto essenziale, di relazione» e il senso della propriaidentità implica la relazione con l’Altro come diverso da sé;esso cioè si struttura confrontandosi, scontrandosi emisurandosi nei rapporti. Non a caso Guggenbiihl-Craig - inlinea con lo scritto di Jung (1925; 1991) dal titolo II matrimoniocome relazione psicologica — vede nel matrimonio una possibilevia di individuazione e, procedendo oltre nelle sue riflessioni,afferma che la sessualità è una fantasia di individuazione ingrado di trasformare la coscienza poiché da un lato apre allaprofondità di un rapporto interpersonale, dall’altro sollecita ilconfronto con il lato buio e distruttivo della personalità.

83

INDIVIDUAZIONEIl potenziale divenire si esprime nel processo d’individuazionecon immagine del puer. «Il fanciullo anticipa nel processo diindividuazione quella forma che risulterà dalla sintesi deglielementi coscienti ed inconsci della personalità». Da unaconfigurazione inconscia del fanciullo, e cioè da unaidentificazione con il personale infantilismo, nel corso delprocesso sopraggiungono immagini ricche di motivi arcaici,mitologici, che implicano l’oggettivazione del fanciullo e unalenta separazione da questi, per giungere al fine al motivodell’eroe che sollecita l’assunzione di un’identità eroica che diper sé è alquanto attraente.

84

INDIVIDUAZIONEIl rischio infatti è celato in una possibile identificazione con la

figura dell’eroe, il che equivarrebbe a porre l’Io al centro della

personalità; al contrario, se la coscienza riesce a compiere una

operazione di differenziazione, la figura dell’eroe, ricondotta a

proporzioni umane, viene a prospettarsi come simbolo del Sé.

La possibilità di una fascinazione da parte delle immagini si

presenta ogniqualvolta 1’Io entra in relazione con i contenuti

sovrapersonali della psiche e per Jung «1’individuazione non ha

altro scopo che di liberare il Sé dal potere suggestivo delle

immagini inconsce» ma è parimenti vero che senza un

confronto con tali immagini la via dell’individuazione sarebbe

preclusa.

85

INDIVIDUAZIONEJung stesso afferma che da sempre aveva avuto l’impressione

che i pazienti fossero «letteralmente zeppi di fantasie, senza

poter dire in che cosa consistesse la pressione interna». Fu così

che egli propose un lavoro sulle immagini oniriche o su un’idea

sopraggiunta nel corso di una seduta.

A seconda delle tendenze e delle doti individuali questo

svolgimento poteva assumnere forma drammatica, dialettica,

visiva, acustica, danzante, pittorica, plastica o prender forma di

disegno [...] questo metodo costituisce la manifestazione

spontanea, appena sorretta dalle capacità tecniche del paziente,

di un processo in sé inconscio, al quale ho dato in seguito il

nome di «processo d’individuazione».

86

INDIVIDUAZIONEAncor prima Jung aveva individuato la possibilità di cogliere laprocessualità psichica propria dell’individuazione, non solo nellediverse forme m cui le fantasie si esprimono, ma ancheattraverso l’analisi di una lunga serie di sogni. I simboli oniricidel processo di individuazione contengono sempre motivimitologici o mitologemi e Jung li definisce i «grandi sogni»anche perché si manifestano in quei periodi decisivi della vitasegnati da un passaggio.

Con una simile visione i sogni diventano la manifestazione di«un processo di sviluppo e di coordinamento che si svolge pergradi programmati» e il lavoro sulle immagini oniriche e sullefantasie, in funzione della relazione consapevole con i contenutidell’inconscio, consente lo sviluppo di un processo creativo ditrasformazione dell’Io.

87

INDIVIDUAZIONEAl di là della coscienza, esiste in ogni individuo una

disposizione inconscia a diffondere per cosi dire

universalmente, a produrre ovunque e sempre, simboli

uguali, o almeno molto simili». Nel 1940 la «sintesi del Sé»

è ancora una volta definita da Jung quale scopo del

processo di individuazione. I simboli del processo

pertanto rimandano sempre a una totalità — che si

esprime nel cerchio e nella quaternità non descrivibile

con gli usuali parametri dell’osservazione scientifica.

88

INDIVIDUAZIONEFu così che Jung, volgendo lo sguardo verso concezioni diverse da quellepuramente mediche, venne spesso accusato, anche dopo la morte, diessere un mistico, uno gnostico, un teologo, persino uno sciamano; maqueste stesse accuse divengono prive di fondamento se si leggono i suoiscritti considerando lo spirito che li animava. La sua opera si configurainfatti come una ricerca, di uomo e di scienziato, tesa a comprendere laprocessualità psichica propria dell’essere umano: i miti, le fiabe, leconcezioni alchemiche, la dottrina cristiana, e non da ultimo la filosofiaorientale erano per lui fonte di preziose, nuove, e al contempo arcaiche,conoscenze. I diversi linguaggi, talora metaforici, figurativi, diventano perJung una riproposizione del funzionamento e dei meccanismi peculiari alladimensione interiore. A tal proposito Jung stesso afferma che le sue sonoasserzioni che «possono e devono, persino per ragioni scientifiche, venireridotte all’uomo e alla sua psicologia. Sono in primo luogo proiezioni diprocessi psichici [...] poiché non si tratta delle fantasie di un singolo, ma diun fenomeno collettivo».

89

INDIVIDUAZIONEDieci anni dopo, rivolgendosi direttamente ai suoi critici,

scrive:

_ il processo di individuazione [...] produce ad esempio,

dal lato psichico, quei fenomeni di quaternità i cui paralleli

si trovano tanto nei manicomi quanto negli scritti gnostici

e in altre dottrine bizzarre, e non per ultimo nelle

allegorie cristiane. Non si tratta in alcun modo di

speculazioni mistiche, ma di osservazioni cliniche e della

loro interpretazione.

90

INDIVIDUAZIONEIn questo senso può risultare di particolare interesse

quanto Jung ribadisce nelle pagine che seguono il testo

Risposta a Giobbe e nella Risposta a Martin Buber (1952b),

così come possiamo leggere con chiarezza la sua

posizione in una lettera inviata nel 1960 a Robert Smith in

cui Jung connota come «ipotesi scientifiche» le sue

riflessioni in merito al processo di individuazione, ipotesi

che nulla hanno a che vedere con le ipostasi.

91

INDIVIDUAZIONESono le stesse parole di Jung che ci permettono di

cogliere il significato psicologico sul quale ricondurre le

tante manifestazioni con cui il processo di individuazione

si dispiega ai nostri occhi: «si fa bene [...] a verificare con

cura gli aspetti psicologici del processo di individuazione

alla luce della tradizione cristiana, perché la descrizione

che essa ci offre supera di gran

lunga per esattezza e forza di persuasione i nostri deboli

tentativi individuali.

92

INDIVIDUAZIONEGià nel 1928 Jung (1928; 1983, 222) evidenziava comel’individuazione rappresenti non il riscatto, ma la«redenzione» da uno stato nevrotico, e non a caso annidopo scriverà che «il Cristo è un simbolo del Sé» —anche se nello stesso testo pone l’Anticristo qualeopposto necessario per la rappresentazione della totalità;concezione che riprenderà poi nel 1953 — e rileva comeai fini del processo la responsabilità individuale sia unacondizione imprescindibile; «“redimere” non significainfatti togliere un carico a chi non ha mai inteso portarlo»,la redenzione è possibile solo per chi «assumerà su di sévolontariamente l’impegno della completezza».

93

INDIVIDUAZIONEPeraltro, la passione del Cristo rimanda al sacrificio e ai patimenti chel’Io subisce nel corso del processo individuativo; «Il dramma della vitadel Cristo, come archetipo, descrive in immagini simboliche gliavvenimenti nella vita cosciente ed extracosciente dell’uomo, cheviene trasformato dal suo più alto destino».

Il simbolismo della quaternità, quale espressione di totalità, appare intutta la sua chiarezza anche nelle riflessioni a cui giunge Jung alla finedegli anni quaranta.. Egli, infatti, individuando dapprima nel dogma dellaTrinità la presenza dei soli aspetti spirituali, focalizza l’attenzione sulquarto elemento (la madre del Cristo) quello che ci immette nelladimensione della materia, e dunque della fisicità e degli istinti. È danotare che l’assunzione corporea di Maria in cielo fu elevata a dogmada Pio XII nel novembre del 1950, due anni dopo che Jung aveva perla prima volta esposto la sua tesi. La quaternità dell’immagine divina èdunque «un’immagine speculare del Sé», o inversamente il Sé «èimago Dei in hominem.

94

INDIVIDUAZIONEIl processo di individuazione avendo come meta il Sé, quale sintesi di

coscienza e inconscio, di fatto «subordina il molteplice all’Uno. Ma l’Uno è

Dio, e ciò che in noi gli corrisponde è l’imago Dei, l’immagine di Dio. E l’imago

Dei si esprime [...] nel mandala» ed è parimenti incarnata in Cristo.

«Gli alchimisti [scrive Jung] che a loro modo conoscevano la natura del

processo di individuazione più di noi moderni, espressero fin dai tempi più

antichi questo paradossale stato di cose con l’immagine del “serpente che si

morde la coda”». Questa circolarità che l’immagine presenta — e che

richiama ì’uroboros il serpente circolare, antico simbolo egizio, che è «uomo e

donna, genera e concepisce, divora e partorisce, è attivo e passivo, è sopra e

sotto contemporaneamente» la ritroviamo nei mandala. Per la prima volta

Jung ne parla nel Commento al «Segreto del fiore d’oro», ma la sua ricerca in tal

senso era iniziata già nel 1916, ben tredici anni prima. 1 mandala nella loro

configurazione circolare «sono luoghi di nascita, involucri, per così dire, da cui

si nasce, fiori di loto da cui emerge un Buddha».

95

INDIVIDUAZIONEIl loro motivo di base è l’idea di un centro della personalità [...]

Questo centro non è sentito né pensato come Io, ma, se così si

può dire, come Sé [...] A questa totalità appartiene in primo

luogo la coscienza, poi il cosiddetto inconscio personale, infine

un segmento infinitamente vasto dell’inconscio collettivo, i cui

archetipi sono comuni a tutto il genere umano.

La quaternità su un piano psichico è un equivalente del cerchio

in quanto anche con essa si esprime la totalità. Il quattro e

l’unione delle coppie di opposti hanno, dunque, un valore

simbolico di estrema importanza e ci consentono di

comprendere la meta a cui il processo di individuazione tende.

96

INDIVIDUAZIONEIntegrare il conscio con l’inconscio, infatti, indica la coniunctio di

bene e male, materiale e spirituale, maschile e femminile. Ed è

in questo senso che Jung (1955/56) afferma che il processo di

individuazione è un mysterium coniunctionis. Si tratta della stessa

meta perseguita nei procedimenti alchemici e infatti Jung non

volge attenzione agli antichi testi solo perché 1’alchimia può

essere la «madre dei concetti e delle idee essenziali della

scienza moderna» (1951; 1982, 161), ma egli considera anche

l'opus alchemico nel suo aspetto di «reintegrazione di uno stato

iniziale in uno stato finale [e] ciò è esattamente quello che

avviene nel processo di individuazione» {Ibidem, 158).

97

INDIVIDUAZIONEÈ così che Jung dedica una parte dei suoi scritti all’alchimia (1929/50,1944; 1946; 1955/56) in quanto «le sue idee sono quasiesclusivamente espresse attraverso un simbolismo oltremodo ricco,lo stesso simbolismo che riscontriamo ancor oggi nei nostri pazienti.L’aiuto fornitoci dall’alchimia per comprendere i simboli del processodi individuazione è, secondo il mio parere, di capitale importanza»(Jung 1945; 1981, 112-113).

Dalla nigredo, dall’oscura notte dell’anima, il percorso alchemicoconduce alla pietra filosofale, al philius quale manifestazione del Sé. Sitratta di una proiezione sulla materia della processualità psichica dovela trasformazione che progressivamente prende forma si realizza invirtù della coniunctio tra gli elementi. «Per gli alchimisti il processo diindividuazione rappresentato dall’opus è un’analogia dell’origine delmondo e 1’opus stesso è visto come un’analogia dell’opera creatricedivina» (Jung 1933/50; 1980, 299).

98

INDIVIDUAZIONEE come l’individuazione è un percorso lungo e faticoso, così la meta

che E come l’individuazione è un percorso lungo e faticoso, così la

meta che pli alchimisti si prefiggevano poteva raggiungersi solo

intraprendendo una longissima via.

Ma non è solo nel momento in cui viene intrapreso il cammino

individuativo che i simboli della totalità si presentano; essi infatti si

mostrano fin dall'infanzia come dimostrano i sogni dei bambini.

Fordham (l‘M4, 1957; l't iH; 1985) nel suo lavoro prevalentemente

rivolto all’analisi infantile, ribadisce ed amplia tale concetto,

riscontrando nella quotidianità della sua esperienza quanto Jung

(1938/39, 1976; 1976a) anni prima aveva sottolineato nei suoi seminari

sui sogni.

99

INDIVIDUAZIONELa totalità, dunque, appare per certi versi come un a priori, qualcosadi pie-esistente, e ciò farebbe supporre l’esistenza già data del Sé, maJung scrive che si tratta di un «qualcosa di esistente» che «deveancora essere composto». In questo brano Jung, pur non offrendociulteriori elementi a riguardo, utilizza un aggettivo sul quale èimportante soffermarci; egli parla di una totalità «potenziale» presentenell’infanzia, come se intendesse riferirsi all’esistenza di unapredisposizione al raggiungimento della finaità ultima. La direzioneprospettica si rende evidente in questo passo, mostrandoci ancorauna volta la linearità del suo pensiero. Nell’animo umano esiste unapossibilità di sviluppo psicologico che attende solo di essere coltadalla coscienza per costituirsi quale reale elemento di trasformazione.

1 simboli della totalità appaiono dunque fin dall’infanzia in uno stato incui predomina l’assenza della consapevolezza, ma il percorso checonduce alla sintesi dei dati consci ed inconsci a sua volta non puòche esprimersi con i simboli della totalità.

100

INDIVIDUAZIONEPochi anni dopo, Jung (1942/54; 1979, 253) riprende questopunto fondamentale, suggerendoci nuove riflessioni. Ladisposizione interiore alla totalità, attraverso il processo diindividuazione, ha una possibilità di espressione e dunque direalizzazione. L’uomo è cioè spinto (dalla presenza inconsciadel Sé) a percorrere un cammino individuativo che gli permettedi rendere manifesto ciò che era preesistente (ovvero il Sé). Inquesto senso affermma Jung che il Sé da un lato è «figlio», inquanto generato dall’integrazione dei contenuti consci edinconsci, dall’altro invece è «padre» poiché sollecita l’uomo adabbandonare la naturale dimensione di inconsapevolezza. Non acaso Saturno nello gnosticismo era al contempo vecchio egiovane, così come lo era Mercurio per gli alchimisti.

101

INDIVIDUAZIONEAnche il Cristo è figlio dell’uomo ma parimenti, in quanto Logos, è

principio creatore e generatore di coscienza. Ed è qui che Jung

assume il Logos quale «vero principium individuationis», senza il Logos

l’esistenza del mondo non potrebbe essere percepita. Ritengo che

questo passaggio possa spiegarci molto della WeÌtanschauung di Jung;

fu infatti grazie al dialogo con le immagini interne che egli poté

emergere dalla profonda crisi sopraggiunta nel 1912. Lo fece

attraverso un atto di volontà, attraverso il Logos, la parola, la

conoscenza, tanto che nel corso della sua Opera giunse a scrivere che

«il processo di presa di coscienza, quale congiunzione di parti

disperse, è un atto cosciente di volontà dell’Io» {Ibidem). In questo

senso l’individuazione è l’espressione del percorso intrapreso da Jung

e per certi versi egli ce lo offre come possibilità terapeutica, ancora

una volta, e sempre, riconducendo 1ìindividuale all’universale.

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