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lucidi delle lezioni di Ingegneria Sanitaria Ambientale per Tecnici della Prevenzione Dott. Ing. Andrea Antonucci
1
APPUNTI DI
INGEGNERIA SANITARIA AMBIENTALE
per tecnici della prevenzione
Ing. Andrea Antonucci
lucidi delle lezioni di Ingegneria Sanitaria Ambientale per Tecnici della Prevenzione Dott. Ing. Andrea Antonucci
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IL CICLO DELL’ACQUA
70% dell’acqua caduta viene restituita in tempi brevi all’atmosfera
20% scorre in superficie
10% filtra nel terreno
ACQUA – GENERALITA’ E CLASSIFICAZIONE
Acque meteoriche : acque ricche di costituenti gassosi dell’atmosfera oltre che di altre sostanze
(inquinamento atmosferico)
°C O2 N2 + gas rari CO2
0
10
20
30
10,19
7,87
6,36
5,26
18,99
14,97
12,32
10,38
0,57
0,41
0,32
0,25
Solubilità dei gas dell’aria in acqua in Ncm3/litro alla pressione di 1 atmosfera
Ossidi di azoto (NOx) originati principalmente da combustioni ad alta temperatura
Ossidi di zolfo (SOx) da combustibili contenenti zolfo
Particolati particelle piccolissime (< 10 micron) rilasciate in atmosfera
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Piogge acide: gli NOx e SOx sciogliendosi nell’acqua piovana si idratano formando acidi solforico
e nitrico provocando un sensibile abbassamento del pH: 5,7 → 4,5 generando le così dette piogge
acide.
1. Danni alla vegetazione
2. Danni agli ecosistemi idrici
3. Danni ai monumenti e al costruito
4. Dammi alla salute
Acque superficiali :
Sono acque particolarmente ricche di sostanze disciolte (principalmente sali) e di solidi in
sospensione.
Queste sostanze modificano radicalmente le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua (pH,
conducibilità, alcalinità, durezza..) rendendola più o meno idonea a determinati usi.
Ad esempio la presenza di bicarbonati come Ca(HCO3)2 può comportare azioni di dilavamento nei
confronti dei cementi attaccando l’idrossido di calcio Ca(OH)2, oppure la presenza di carbonati
può formare precipitati ed incrostazioni.
Le acque superficiale sono ricche di sostanze organiche, troviamo numerosi microrganismi (alcuni
dei quali patogeni)
Si possono trovare tracce di sostanze tossiche (acidi e alcali forti, cloro libero, ammoniaca,
idrogeno solforato, sali di metalli pesanti..)
Se inquinate presentano notevole riduzione dell’ossigeno disciolto, sostanze organiche in
putrefazione oltre a olii e detergenti sintetici
Acque sotterranee: sono meno torbide delle precedenti a causa dell’azione filtrante del terreno.
Ricche di sali minerali. Presenza di sostanze organiche.
Si sottolinea che il caso di inquinamento di falda sotterranea è da considerarsi particolarmente
grave in quanto il suo risanamento è particolarmente difficile e costoso
NORMATIVA
⇒ Il panorama legislativo in materia di acque nel nostro paese è molto variegato, numerosi sono
infatti le leggi e i decreti volti a disciplinare il corretto uso di questa risorsa indispensabile alla
vita del nostro pianeta. Con l’abrogazione della legge Merli (Legge 319/76) che ha
rappresentato a lungo la Legge quadro sulla disciplina e la tutela dell’acqua nel nostro Paese, e
l’emanazione del D.Lgs. 152/2006 (Testo unico ambientale) nel quale sono confluiti molti dei
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principi legislativi introdotti dal D.Lgs. 152 del 11/05/1999, si è voluto, non soltanto tutelare la
qualità delle acque del nostro Paese disciplinandone l’uso, ma anche migliorarne la qualità.
Con l’obiettivo di:
a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;
d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.
In quest’ottica, il D.Lgs. 152 ha individuato quelli che sono i corsi idrici significativi, imponendone la tutela da parte delle Regioni e dello Sato. Sono ritenuti corpi idrici significativi i seguenti:
- Corsi d’acqua superficiali: a) tutti i corsi d’acqua naturali di primo ordine (cioè quelli recapitanti direttamente in mare) il cui bacino imbrifero abbia una superficie maggiore di 200 km2. b) tutti i corsi d’acqua naturali di secondo ordine o di ordine superiore i cui bacino imbrifero abbia una superficie maggiore di 400 km2. Non sono significativi i corsi d’acqua che per motivi naturali hanno avuto portata uguale a zero per più di 120 giorni l’anno in un anno idrologico medio. - Laghi: sono significativi i laghi naturali aperti o chiusi, ampliati e/o regolati, aventi superficie dello specchio liquido parti a 0.5 km2 o superiore - Acque marine costiere: Sono significative le acque marine comprese entro la distanza di 3000 metri dalla costa e comunque entro la linea batimetrica dei 50 metri - Acque di transizione: Sono acque della zona di foce (delta od estuario) e le acque di laguna, anche dovute ad
infiltrazioni nel suolo, di laghi salmastri e di stagni costieri. Esse sono da considerarsi tutte
significative.
- Corpi idrici artificiali: Sono considerati significativi i serbatoi o i laghi artificiali il cui bacino di alimentazione sia
interessato da attività antropiche che ne possano compromettere la qualità e aventi superficie
dello specchio liquido almeno pari a 1 km quadrato, o con volume di invaso almeno pari a 3
milioni di metri cubi (superficie riferita al periodo di massimo invaso). Sono significativi
tutti i canali artificiali che restituiscano almeno in parte le proprie acque in corpi idrici
naturali superficiali ed abbiano portata di esercizio di almeno 3 m3/s.
- Corpi idrici sotterranei: Sono significativi gli accumuli d’acqua … le falde freatiche e quelle profonde (in pressione
o no) contenute in formazioni permeabili, e in via subordinata, i corpi d’acqua intrappolati
entro formazioni permeabili con bassa o nulla velocità di flusso, le manifestazioni
sorgentizie, concentrate o diffuse (anche subacquee).
Per tutti questi corpi idrici, sono stati stabiliti da parte delle Regioni, mediante analisi
effettuate dalle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale, gli stati di salute
classificati in riferimento alla tabella di definizione per i corpi idrici indicata dal D.Lgs. 152
del 1999.
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Definizione dello stato ambientale per i corpi idrici superficiali (D.Lgs. n. 152 del 1999)
STATO
DI SALUTE
DEFINIZIONE
ELEVATO • Non si rilevano alterazioni dei valori della qualità degli elementi chimico-fisici e
idro-morfologici per quel dato tipo di corpo idrico in dipendenza degli impatti
antropici, o sono minime rispetto ai valori normalmente associati allo stesso corpo idrico
in condizioni indisturbate.
• La qualità biologica sarà caratterizzata da una composizione e da una abbondanza
di specie corrispondente totalmente o quasi alle condizioni normalmente associate allo
stesso ecotipo.
• La presenza di micro-inquinanti, di sintesi e non di sintesi, è paragonabile alle
concentrazioni di fondo rilevabili nei corpi idrici non influenzati da alcuna pressione
antropica.
BUONO • I valori degli elementi della qualità biologica per quel tipo di corpo idrico mostrano
bassi livelli di alterazione derivanti dall’attività umana e si discostano solo
leggermente da quelli normalmente associati allo stesso ecotipo in condizioni non
disturbate.
• La presenza di micro-inquinanti è in concentrazioni da non comportare effetti a
breve e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di
riferimento.
SUFFICIENTE • I valori degli elementi della qualità biologica per quel tipo di corpo idrico si
discostano moderatamente da quelli di norma associati allo stesso ecotipo in condizioni
non disturbate.
• La presenza di micro-inquinanti è in concentrazione da non comportare effetti a
breve e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di
riferimento.
SCADENTE
• Si rilevano alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità biologica
del tipo di corpo idrico superficiale e le comunità biologiche interessate si discostano
sostanzialmente da quelle di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale
inalterato.
• La presenza di micro-inquinanti è in concentrazione da comportare effetti a medio
e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di riferimento.
PESSIMO • I valori degli elementi di qualità biologica del tipo del corpo idrico superficiale
presentano alterazioni gravi e mancano ampie porzioni delle comunità biologiche di
norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato.
• La presenza di micro-inquinanti è in concentrazione tale da comportare gravi
effetti a breve e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico di
riferimento.
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Definizione dello stato ambientale per i corpi idrici sotterranei (D.Lgs. n. 152 del 1999)
STATO DEFINIZIONE
ELEVATO • Impatto antropico nullo o trascurabile sulla qualità.
BUONO • Impatto antropico ridotto sulla qualità e/o quantità della risorsa.
SUFFICIENTE • Impatto antropico ridotto sulla quantità con effetti significativi sulla
qualità, tali da richiedere azioni mirate ad evitarne il peggioramento.
SCADENTE • Impatto antropico rilevante sulla qualità e/o quantità della risorsa con
necessità di specifiche azioni di risanamento.
PARTICOLARE • Caratteristiche qualitative e/o quantitative che pur non presentando un
significativo impatto antropico, limitano l'uso della risorsa per la presenza
naturale di particolari specie chimiche o per il basso potenziale quantitativo.
Entro il 31 dicembre 2001 le Regioni hanno avuto l’obbligo di identificare per ciascun corpo idrico
significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente. La disciplina giuridica a tutela delle
risorse idriche ha poi stabilito che entro il 22 dicembre 2015 dovranno essere raggiunti i seguenti
obiettivi:
a) per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei deve essere raggiunto l'obiettivo di
qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono"
b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato"
c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui
all'articolo 6 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'allegato 2, salvo i
termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.
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Ripartizione delle competenze per la tutela delle acque
Ente
Compito
Stato e Agenzia Nazionale
Protezione Ambiente
(A.N.P.A.)
Regioni Enti Locali,
Aziende
Acquedotti
Autorità di
bacino,
Consorzi…
Rapporti con l’U. E.
Emissione di Leggi, Decreti,
Regolamenti
Tenuta del Sistema
Informatico Nazionale
Ambientale; elaborazione dei
dati
Raccolta e divulgazione dati
Definizione situazione;
enunciazione obiettivi;
deliberazione piani di tutela
dei corpi idrici
Realizzazione azioni
salvaguardia e risanamenti
Autorizzazione utilizzazioni
acqua
Tramite Genio
Civile
Autorizzazione scarichi
Controlli, misure, analisi Tramite L.I.P.
(laboratorio di
igiene e profilassi)
A.R.P.A.
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Le acque possono considerarsi potabili se rispecchiano i seguenti requisiti principali
Parametri Espressione dei
risultati
Valori
guida(VG)
Concentrazione max
ammissibile Osservazioni
Colore mg/l(scala Pt/Co) 1 20 -
Torbidità mg/l SiO2 (Unita’
Jackson)
1
0,4
10
4
Assenza di materiali
grossolani
Odore Tasso di
diluizione 0
2 a 15°C
3 a 25°C
Da confrontare con le
determinazioni olfattive
Sapore Tasso di
diluizione 0
3 a 12°C
3 a 25°C
Da confrontare con le
determinazioni gustative
Temperatura °C 12° 25° -
Concentrazione
Ioni idrogeno pH (a 25°C)
6,5 < pH <
8,5 -
L’acqua non dovrebbe
essere aggressiva. Valori
massimi ammissibili:
6,0< pH < 9,5
Conducibilità
elettrica BS cm
-1 a 20°C 400 - -
Cloruri mg/l Cl 25 - Concentrazione da non
superare: 200 mg/ l
Solfati mg/l SO2 25 250 -
Silice mg/l SiO2 - - -
Calcio mg/l Ca 100 - -
Magnesio mg/l Mg 30 50 -
Sodio mg/l Na 20 175 -
Potassio mg/l K 10 - -
Alluminio mg/l Al 0,05 0,2 -
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Durezza totale - - da 15 a 50 °F Valori consigliati
Residuo fisso
mg/l dopo
essiccazione a
180°C
- 1500 -
Nitrati mg/l NO3- 5 50 -
Nitriti mg/l NO2- - 0,1 -
Ammoniaca mg/l NH4+ 0,05 0,5 -
Cromo Bg/l Cr - 50 -
Azoto Ammoniacale mg/l 0,05 0,5
Il valore può essere
superato soltanto quando
l’ammoniaca è di origine
geologica e non deriva da
contaminazione biologica
Azoto Nitrico mg/l 5 50
Argento mg/l - 0,01
Ferro mg/l 0,05 0,2
Fluoro mg/l - Da 1,7 a 0,8
Secondo la temperatura
media dell’aria della zona
geografica considerata
Fosforo mg/l 0,4 5
Manganese mg/l 0,02 0,05
Rame mg/l 0,1 1
Il valore limite non deve
superare il valore di 3
dopo 16 ore di ristagno
soltanto per i primi 10
giorni di servizio di
tubazioni in rame nuove
Zinco mg/l 0,1 3
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ACQUA – ANALISI CHIMICO/FISICA
La caratterizzazione dei principali parametri chimico fisici dell’acqua è fondamentale al fine di
poterne indicare sia lo stato di salute che l’idoneità a particolari impieghi (siano essi domestici o
industriali), da qui la necessità di effettuare le analisi.
Uno dei problemi principali che l’analista si trova ad affrontare è il campionamento. Le analisi
infatti per ovvie ragioni si effettuano su un campione, quest’ultimo deve essere rappresentativo,
ovvero prelevato in punti idonei e in quantità tali da poter rappresentare lo stato dell’intero bacino
o corso d’acqua del quale si vogliono determinare le caratteristiche.
Altro problema principale è la corretta manipolazione, trasporto e conservazione del campione
prelevato, ciò al fine di evitare la sua contaminazione con altre sostanze e in definitiva
l’alterazione delle sue caratteristiche chimico fisiche. Il prelevamento dei campioni è una delle fasi
più delicate dell’analisi e la sua errata esecuzione può falsare completamente ed irrimediabilmente
i risultati finali.
Alcune analisi come il pH, la determinazione dell’ossigeno disciolto, il potenziale di ossido
riduzione dovrebbero essere effettuate sul posto al fine di evitare la compromissione dei dati.
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CARATTERISTICHE METROLOGICHE DEGLI STRUMENTI DI MISURA
Prima di passare ad una breve descrizione del funzionamento dei principali strumenti di misura
utilizzati per determinare le caratteristiche fisico chimiche dell’acqua, è opportuno chiarire il
significato di alcuni parametri caratteristici che determinano le proprietà metrologiche di
qualunque strumento di misura. Una corretta indagine ambientale, infatti, non può prescindere dal
conoscere le proprietà degli strumenti di misura utilizzati, ciò onde evitare di commettere errori,
talvolta anche grossolani, nello svolgimento delle misure.
I parametri principali da conoscere al fine di determinare le caratteristiche di uno strumento di
misura sono: la stabilità, la linearità, l’accuratezza, la precisione,la risoluzione, il range, la
sensibilità, il tempo di risposta.
Stabilità: si intende per stabilità metrologica l’attitudine dello strumento a mantenere costante il
valore misurato quando è costante il valore del misurando (parametro ambientale che si vuol
rilevare). La stabilità della misura rilevata è connessa al tempo della misura e può variare anche
per tempi di misura molto piccoli. Il suo valore risulta quindi fondamentale per poter assicurare la
ripetibilità dei risultati su più misure. La stabilità inoltre può variare anche con il passare del
tempo e l’invecchiamento dello strumento.
Linearità: è la proprietà di uno strumento di misura di dare in uscita valori che sono in relazione
lineare con i valori in ingresso. In definitiva un comportamento lineare di uno strumento di misura
segue la seguente legge: Guscita = k • Gingresso + Ω
Dove:
Guscita è il valore restituito dallo strumento (grandezza misurata)
Gingresso è il valore da misurare (misurando)
K una costante di proporzionalità che a sua volta dipende dalla “sensiblità” dello strumento
Ω è il valore restituito dallo strumento quando è nullo il valore del misurando
Per errore di linearità si intende l’indicazione di quanto la curva di taratura si discosta
dall’andamento rettilineo all’interno del range di misura proprio dello strumento. In genere è
specificata fornendo il valore massimo dello scostamento, espresso in percentuale rispetto al fondo
scala, dei singoli punti della curva di taratura rispetto ad una retta di riferimento opportunamente
definita.
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Accuratezza: si intende per accuratezza di uno strumento di misura il grado di concordanza tra il
valore “vero” (valore del misurando) e il valore restituito dallo strumento (valore misurato).
Precisione: fa riferimento alla capacità dello strumento di restituire valori molto vicini tra di loro
quando si effettuano più misure differenti dello stesso misurando, ovviamente nelle medesime
condizioni esterne.
Risoluzione si intende per risoluzione di uno strumento di misura la sua capacità di rilevare una
minima variazione apprezzabile della grandezza in esame attraverso tutto il campo di misura. Il
concetto è molto simile alla definizione di “sensibilità” con l’unica differenza che la sensibilità si
riferisce unicamente al valore del fondo scala, mentre la risoluzione è mediata su tutto il campo di
misura. La risoluzione rappresenta quindi il valore dell’ultima cifra significativa ottenibile dallo
strumento e determina la definizione della “classe dello strumento”. Per i fonometr,i gli strumenti
in classe 1 sono quelli a risoluzione migliore (impropriamente detti i più precisi), mentre quelli in
classe 2 forniscono valori meno attendibili.
Range: il range di misura di uno strumento, anche chiamato campo di misura o intervallo di
misura, rappresenta la capacità dello strumento di rilevare il misurando all’interno di una certa
variabilità di quest’ultimo. Al di fuori di tale intervallo i valori del misurando sono ritenuti troppo
elevati o troppo piccoli per essere rappresentati dallo strumento.
Sensibilità: per sensibilità si intende la più piccola grandezza in grado di generare uno
spostamento apprezzabile del valore misurando rispetto all’inizio della scala dello strumento.
Tempo di risposta: anche detto prontezza, è la caratteristica dello strumento legata al tempo
necessario affinché questo risponda ad una variazione della grandezza in esame (misurando). In
altre parole in genere la prontezza rappresenta la rapidità con cui lo strumento è in grado di
fornire il risultato di una misura.
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Si riportano nel seguito alcune delle grandezze fisiche che occorre determinare per definire le
proprietà dell’acqua.
Temperatura:
La determinazione della temperatura dell’acqua è importante principalmente per i seguenti motivi:
• Influenza significativamente la velocità e la completezza delle reazioni in genere,
• Influenza le cinetiche di scomparsa batterica,
• Influenza la vita di piante e pesci,
• Determina la solubilità dei gas,
• E’ fondamentale si mantenga in determinati range per assicurare la vita dei microrganismi
necessari al trattamento delle acque reflue
Per un uso potabile la temperatura richiesta all’acqua è di circa 12°C.
La determinazione della temperatura avviene tramite termometri.
In seguito si prendono brevemente in considerazione le caratteristiche di funzionamento dei
principali termometri di utilizzo comune per la determinazione della temperatura dell’acqua.
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TERMOMETRO A LIQUIDO
E’ costituito da un bulbo di vetro contenente un liquido (mercurio, alcool, pentano, toluene,..)
collegato ad un tubo capillare, anch’esso di vetro, riempito del medesimo liquido. Assunta una
temperatura di riferimento a cui corrisponde un determinato livello del liquido nel capillare, un
aumento o una diminuzione di temperatura rispetto a questa temperatura di riferimento,
provocherà una salita e una discesa del liquido stesso lungo il capillare. Una scala graduata
solidale con il tubo permette una lettura diretta della temperatura.
A seconda del tipo di liquido contenuto nel bulbo, il termometro risulterà più o meno idoneo ad
essere utilizzato per determinati impieghi. E’ importante quindi conoscere le caratteristiche dello
strumento al fine di poter garantire un utilizzo corretto.
Si riportano nel seguito i range di variabilità di temperatura per alcune tipologie di liquido
comunemente utilizzato nei termometri a bulbo capillare.
Range: Mercurio -39 °C +300 °C
Alcool Etilico -80 °C +40 °C
Toluene -100 °C +100 °C
Pentano -200 °C +20 °C
Oltre al range di variabilità, al di fuori del quale il termometro fornirà un valore errato della
misura, è importante conoscere altri parametri, quali:
Accuratezza: dipende, in questo caso, dalla stabilità termica del vetro, ovvero dalle
contrazioni o dilatazioni che questo subisce a seguito di brusche variazioni di
temperatura
Risoluzione: direttamente proporzionale al diametro del bulbo e inversamente
proporzionale a quello del tubo capillare
Classi: esistono tre classi di termometri a diversa sensibilità:
I classe linee sottili, dove è possibile la lettura di frazioni di grado
II classe linee meno frequenti, possibile lettura della metà di grado
III classe linee spesse per letture in condizioni difficili
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TERMOMETRO A RESISTENZA
Un qualunque conduttore percorso da corrente elettrica, a causa delle resistenze proprie di
qualunque materiale al passaggio della corrente, si scalderà per effetto Joule. Il calore prodotto
dalla resistenza verrà scambiato con l’ambiente circostante in misura maggiore o minore a
seconda che la temperatura esterna sia più o meno bassa. Quanto maggiore sarà il calore ceduto
all’esterno, quanto minore risulterà la resistenza che il conduttore opporrà al passaggio della
corrente elettrica, ovvero questi termometri sfruttano l’aumento di resistenza elettrica che si
manifesta in un corpo di materiale elettroconduttore a seguito di un aumento di temperatura
esterna. I materiali metallici più usati sono il platino, il nichel e il rame.
Il filo di resistenza è avvolto a spirale all’interno di un bulbo di protezione che lo isola
meccanicamente ed elettricamente. I migliori termometri hanno la resistenza costituita da Platino
puro che offre:
- Un grande intervallo di utilizzo (da –200 a 1800 °C)
- Ottima stabilità (può essere utilizzato come termometro campione)
- Buona linearità
I termometri a resistenza hanno oramai sostituito quasi integralmente l’utilizzo dei termometri a
liquido e questo per diverse ragioni:
1) essi presentano una facilità di lettura (dispay a cristalli liquidi) che non è paragonabile a quella
di un termometro a liquido
2) la loro precisione può in alcuni casi essere decisamente superiore a quella dei termometri a
liquido e comunque mai in genere inferiore a 0,1 °C
3) i termometri a resistenza hanno la possibilità di essere collegati ad un PC che permette di
registrare i dati, sono quindi adatti a consentire un monitoraggio della temperatura in continuo
senza che l’operatore debba di volta in volta controllare visivamente il dato rilevato. Si prestano
inoltre a fare la media dei dati misurati in automatico.
4) la lettura dei dati misurati può avvenire anche a distanza (centraline di rilevamento dislocate nel
territorio)
Sono ormai stati del tutto sorpassati i lati negativi che scoraggiavano in passato l’acquisto di tali
apparecchiature, ovvero: costo elevato, lentezza di rilevazione, richiesta di una fonte di corrente.
La diminuzione dei costi, l’utilizzo di software sempre più veloci e la possibilità di usufruire di
batterie di notevole durata e di peso ed ingombro limitati, ha difatti annullato tutti i difetti propri di
queste apparecchiature.
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Nella figura sottostane è riportato lo schema di funzionamento di un termometro a resistenza nella
sua configurazione più semplice.
E : generatore di corrente
V : voltmetro
Vm :differenza di potenziale misurata con il voltmetro
Rc :resistenza elettrica dei conduttori
I :intensità di corrente
RTD : termo resistenza (ovvero parte sensibile dello strumento)
TERMOCOPPIA
La termocoppia è un dispositivo costituito da una coppia di conduttori elettrici aventi
caratteristiche termoelettriche diverse e realizzato con due fili di materiale differente saldati alle
estremità (in genere rame e costantana (60%Cu – 40% Ni). Se i due terminali opposti della coppia
sono mantenuti a temperatura diseguale, si manifesta tra di essi una differenza di potenziale (forza
elettromotrice) dovuta all’effetto Seebeck che da luogo ad una corrente termoelettrica.
Se una delle due giunzioni si pone ad una temperatura nota, ad esempio quella del ghiaccio
fondente, la f.e.m. sarà soltanto funzione della temperatura dell’altra giunzione che si metterà in
contatto con il corpo del quale si vuole misurare la temperatura.
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Intervallo di temperatura: -250 °C - 1400 °C
Precisione 0.1 °C
Altre caratteristiche da terminare per un’acqua possono essere:
Colore :
• Può essere imputato sia a composti presenti in forma soluta (colore vero) che sospesa
(colore apparente)
• La misura si effettua per confronto con campioni a diversa diluizione di una soluzione
concentrata di Platino e Cobalto
• Unità di misura PCU (scala platino cobalto) 0 -500
Sapore e odore:
• Giudizio soggettivo (manca unità di misura standard)
• Gruppo di assaggiatori qualificato
• Acque ricche di Ca e Mg amare, NaHCO3 dolci, NaCl salato…
• Odori putridi (dovuti principalmente ad idrogeno solforato)
• Odore di pesce (in genere dovuto ad ammine organiche)
• Odore di vermi (causato da sostanze fosforate)
• Odore di terra (dovuto a humus)
Conducibilità elettrica:
• Espressa in micro-siemens al centimetro (µS/cm)
• Utile per la determinazione del contenuto salino /residuo secco
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• Si misura con il conduttimetro
Il conduttimetro è lo strumento più comune per la misura della conducibilità elettrica di un liquido.
Essendo la conducibilità elettrica l’inverso della resistenza, in genere si misura la resistenza e in
seguito si determina la conducibilità elettrica.
La misura della resistenza viene al solito ricavata utilizzando la ben nota legge di Ohm. Ovvero
misurando la differenza di corrente (tramite un amperometro) che passa in un circuito, al variare
della resistenza, per una ben fissata forza elettromotrice.
CONDUCIBILITA’ (S/m) (µS/cm)
1S (siemens) = 1 Ω-1
R = ρ (L/S) R: resistenza
Χ = 1/ ρ ρ : resistività (materiale)
L : lunghezza
S : sezione
Nota la geometria del resistore, costituito di fatto dalla porzione di liquido che si trova all’interno
delle due piastre a differente potenziale (elettrodi), siamo in grado di determinare la sua resistenza,
ciò grazie alla misura di corrente che passa nel circuito (rilevata dall’amperometro). La misura
deve essere poi corretta utilizzando una costante che prende il nome di costante di cella, per il fatto
che il liquido interessato al passaggio di corrente in realtà non ha la stessa identica forma del
parallelepipedo che ha per geometria gli elettrodi e la distanza tra essi.
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K : Costante di cella
Ponte di KOHLRAUSCH
Sebbene ormai non più utilizzato in laboratorio, in quanto sostituito dalla cella conduttimetrica, si
descrive nel seguito il funzionamento di uno strumento di laboratorio molto usato in passato per la
determinazione della conduttività di un liquido.
Il ponte di Kohlrausch è costituito da un circuito nel quale sono presenti 4 resistenze e un
generatore di corrente alternata.
Si utilizza corrente alternata in quanto una
migrazione costante degli ioni all’interno della cella conduttimetrica potrebbe alterare le misure.
Si pone il liquido del quale si vuol determinare la resistenza all’interno del contenitore C, nel quale
sono immersi gli elettrodi. Il liquido costituirà la resistenza R1 incognita che vogliamo determinare.
La resistenza R2 è invece nota fin dal principio.
Il filo A-B è anch’esso una resistenza costituita dalla somma delle resistenze R3 (dal punto A fino al
punto X) ed R4 dal punto X fino al punto B. Di queste resistenze conosciamo il valore in quanto è
nota la resistività (ρ) del materiale, è nota inoltre la sezione (S) e possiamo misurare le lunghezze l3
ed l4 semplicemente leggendone il valore su una scala graduata applicata allo strumento1. Si da
quindi tensione al circuito.
1 Resistenza: R=ρ·L/S
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Per la geometria stessa del circuito e per le leggi di kirchhoff che regolano le proprietà dei circuiti
elettrici, qualora i punti X ed Y si trovano allo stesso potenziale,ovvero non passa corrente nel
tratto di filo (ponte) X-Y, e quindi l’amperometro T applicato al filo non misura alcun valore, vale
la proporzione: R1:R2 = R3:R4
Si regola lo strumento spostando il ponte mobile costituito dal filo X-Y finché non si registra nessun
passaggio di corrente all’amperometro T → X e Y allo stesso potenziale.
A questo punto vale la relazione:
4
321 R
RRR = e quindi
4
321 l
lRR =
ciò poiché il filo A-B che costituisce le resistenze R3 ed R4 ha medesimo diametro e medesimo
valore di resistività. A questo punto la resistenza R1 incognita è determinata in quanto sono noti i
valori di R2, l3 ed l4.
Sostanze in sospensione e torbidità:
• Non hanno effetti diretti sulla salute ma spesso i solidi dispersi costituiscono habitat ideale
per microrganismi (H2O torbida→ microbiologicamente sospetta)
• L’analisi dei costituenti viene determinata raccogliendo le sostanze in sospensione per
filtrazione su un filtro tarato
• La torbidità viene misurata tramite nefelometri
• Le unità di misura possono essere UT/NTU unità nefelometrica di torbidità; l’unità
Jackson; mg/l di SiO2;FTU
NEFELOMETRO
Il nefelometro è uno strumento ottico che misura la quantità di luce che viene deviata a causa della
dispersione della luce incidente sulle sostanze in sospensione (effetto tyndall) dovuta a fenomeni di
riflessione e rifrazione. Il nefelometro è utilizzato per la determinazione della torbidità delle acque,
qualora la dimensione delle particelle in sospensione sia di dimensioni comparabili a quelle della
lunghezza d’onda della luce incidente (dell’ordine di decine o al massimo alcune centinaia di
manometri).
Si pone il campione d’acqua all’interno di una contenitore a volume noto e si fa passare un raggio
di luce all’interno di esso. La luce che colpisce le particelle in sospensione viene dispersa per
effetto Tyndall e rilevata da un “rilevatore luminoso” posto ad angolo retto rispetto alla luce
incidente.
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Unità di misura: NTU unità nefelometria di torbidità
Schema di funzionamento di un nefelometro
Unità di misura nefelometriche
Analisi dei gas disciolti (O2- N- CO2…)
• Alcuni gas favoriscono la corrosione dei materiali metallici e delle opere cementizie
• I gas possono creare bolle all’interno del liquido che compromettono il corretto utilizzo di
determinate apparecchiature (cavitazione)
• La determinazione si effettua tramite ebollizione che genera l’espulsione dei gas disciolti
che vengono poi raccolti in contenitori graduati per l’analisi dei costituenti
• Espressa in parti per milione (ppm) che corrisponde a milligrammi per litro d’acqua
Unità Jackson
(JTU)
Unità
formazi
na
(FTU)
Unità Silice (mg/l SiO2)
Unità Jackson
(JTU) 1 19 2.5
Unità
formazina
(FTU)
0.053 1 0.13
Unità Silice
(mg/l SiO2) 0.4 7.5 1
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Misura del quantitativo di ossigeno disciolto
L’ossigeno disciolto (DO) sebbene sia scarsamente solubile in acqua (circa 9 mg/l alla temperatura
ambiente) è una risorsa fondamentale alle vita acquatica. In molte delle analisi chimiche è quindi
importante conoscere il suo quantitativo.
Per la misura dell’ossigeno disciolto in acqua, si utilizza uno
strumento che prende il nome di ossimetro.
OSSIMETRO ,Sonda elettrolitica:
L’ossimetro non è altro che una cella elettrolitica all’interno
della quale vengono immersi due elettrodi costituiti da piombo
e argento. Sull’elettrodo di Pb si verifica la reazione:
Pb + 2OH- →PbO + H2O + 2e-
Gli elettroni liberati migrano attraverso il circuito passando
per il microamperometro che ne misura il quantitativo e
raggiungono l’elettrodo di Ag dove avviene la reazione:
2e- + ½ O2 + H2O →2OH-
Il complesso delle due reazioni può avvenire soltanto
qualora sia presente ossigeno disciolto nella soluzione.
In questo modo si correla il valore di corrente misurato dal microamperometro con il livello di
ossigeno presente nella soluzione, ottenendone così il valore.
Sugli elettrodi è posta una membrana porosa che permette soltanto piccole migrazioni di ioni, in
questo modo la misura del passaggio di corrente risulta proporzionale al quantitativo di ossigeno
presente in soluzione.
Concentrazione idrogenionica (pH)
• Esprime lo stato di acidità o basicità di una soluzione
pH = -log10 [H+] = 7 in caso di neutralità
A 24,5 °C [H+] = [OH -] = 10 -7 mol/l
pH > 7 soluzione basica; pH < 7 soluzione acida
Il pH varia con la temperatura, per l’acqua:
0 °C → pH= 6,15
100 °C → pH=7,45
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• Importante per i processi di addolcimento, disinfezione, deferrizzazione, desolforazione…
• Influenza molto l’efficacia di alcune fasi del trattamento di depurazione biologica delle
acque reflue, nonché i trattamenti chimico fisici dei liquami
• Influenza la vita degli organismi acquatici, i pesci sopravvivono in un intervallo di pH 5-9
• Importante per la corrosione
• Aumento del pH provoca svolgimento di NH3
Misura sperimentale del pH
Il primo metodo che si prende in esame è utilizzato come metodo indicativo per la misura del pH,
non è però considerato valido ai fini del D.Lgs: 152/99 in quanto non consente di ottenere risultati
precisi. In laboratorio si usano particolari sostanze (indicatori) che assumono colorazione diversa
a seconda del pH della soluzione con cui sono posti a contatto.
Gli indicatori sono acidi o basi organici caratterizzati dal fatto che la molecola indissociata
presenta un colore diverso da quello dell’anione o del catione.
Es: supponiamo di avere una molecola indissociata di tipo acido: HIn essa si dissocia nel seguente
modo:
A seconda del grado di dissociazione della molecola, che a sua volta dipende dalla concentrazione
degli ioni H+ e quindi dal pH dell’acqua, la sostanza cambia colore. Ciò permette di stabilire il pH
della soluzione per confronto con campioni standard.
Indicatori per la misura del pH
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Misura potenziometrica del pH
Si ricava utilizzando misure di potenziale d’elettrodo tramite opportuni elettrodi indicatori
(elettrodo a vetro, elettrodo a calomelano).
Poiché la misura del potenziale d’elettrodo dipende dalla tendenza di un materiale ad assumere
forma ionica quando viene posto a contatto con una soluzione contenente ioni dello stesso
materiale, e poiché il valore di detto potenziale dipende dalla concentrazione degli ioni dello stesso
materiale presenti in soluzione; un elettrodo di idrogeno avrà minor potenziale e quindi minor
tendenza a liberare ioni H+ quanto più la soluzione sarà ricca di ioni H+ (soluzione acida) e
viceversa. La misura del potenziale d’elettrodo di un elettrodo ad idrogeno potrebbe quindi essere
utilizzata per la misura del pH della soluzione. Costruendo infatti una pila nella quale un elettrodo
è costituito da idrogeno e l’altro è a potenziale noto; tramite la misura della forza elettromotrice
risultante(che è uguale alla differenza con segno fra i valori dei potenziali d’elettrodo dei due
semielementi che costituiscono la pila) si può ricavare infatti la misura del pH della soluzione.
Quanto detto è in sostanza il principio del metodo, nella realtà però, a causa della difficoltà pratica
della realizzazione di un elettrodo ad idrogeno, si utilizzano elettrodi a vetro. Essi sfruttano la
seguente proprietà: tra le due facce di una sottile membrana di vetro che separa due soluzioni a
diverso pH, nasce una differenza di potenziale che dipende entro certi limiti dalla differenza di pH
delle due soluzioni. Poiché da un lato della membrana è posta sempre una soluzione tampone a pH
noto, la differenza di potenziale consente di risalire al pH della soluzione in esame. Nella soluzione
tampone è in genere immerso un elettrodo ad argento cloruro di argento. La catena galvanica è
completata dalla soluzione della quale di vuole determinare il pH e da un secondo elettrodo di
riferimento.
Alcalinita’
• Si definisce come la capacità di neutralizzare gli acidi, essa è dovuta alla presenza in
soluzione di ioni OH – derivanti dalla dissociazione di ossidrili oppure da reazioni tra acidi
deboli e basi forti.
• L’alcalinità ha un effetto tampone in quanto impedisce che i livelli di pH diventino troppo
acidi.
• Gli ioni OH – si formano in seguito a dissociazione di:
� Carbonati: Na2CO3+2H2O ↔ H2CO3+2Na++2OH–
� Bicarbonati: Ca(HCO3)2 + 2H2O ↔ H2CO3+Ca+++2OH–
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• Si determina titolando l’acqua con soluzione di acido cloridrico (HCl) oppure acido
solforico.
L’avvenuto completamento della reazione viene evidenziato tramite l’utilizzo di opportuni
indicatori come per esempio il metilarancio che a reazione completata (pH = 4,5) vira dal
giallo- paglierino al giallo- arancio
• si esprime indicando i milligrammoequivalenti di HCl utilizzati per la titolazione oppure
tramite i mg/l di CaCO3 secondo la relazione:
Alcalinità = (A⋅N⋅PE/C) ⋅ 100
Dove: A: quantitativo di acido titolato (ml)
N :esprime la normalità dell’acido (di solito N=0.02)
PE : peso equivalente del CaCO3
C : quantità di campione utilizzato (ml)
la legislazione italiana non fissa livelli di alcalinità per le acque potabili in quanto non è
pericolosa per la salute umana, un’acqua con alcalinità elevata può però provocare variazioni del
pH lacrimale con conseguenti irritazioni per gli occh.i
L’alcalinità è anche legata all’aggressività: un aumento di alcalinità determina una riduzione
dell’aggressività dell’acqua, ovvero la capacità di quest’ ultima di produrre fenomeni corrosivi.
Durezza
• rappresenta il quantitativo di sali di calcio e magnesio disciolti in acqua
• si misura in gradi francesi: un acqua ha 1 grado francese di durezza quando la quantità di
sali di calcio e magnesio contenuta in 100 litri d’acqua corrisponde stechiometricamente ad
1 grammo di carbonato di calcio (CaCO3)
• acqua dura: superiore a 15 °F
• Durezza temporanea:
quella dovuta ai Sali di calcio e magnesio sottoforma di bicarbonato. Essi si eliminano
facilmente (bollendo l’acqua a 90°C) secondo le reazioni:
Ca(HCO3)2 → CaCO3+ CO2 + H2O
Mg(HCO3)2 → Mg(OH)2 + 2CO2
• Durezza permanente:
quella dovuta ai Sali di calcio e magnesio
• Durezza totale:
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la somma delle durezze temporanea e permanente
• conseguenza dell’impiego di acqua dura sono le incrostazioni e i depositi. Più comuni sono
le incrostazioni calcaree dovute prevalentemente a precipitazione di CaCO3
Di norma si hanno incrostazioni per temperature > 70°C
Elevata durezza → acque profonde
Bassa durezza → acque superficiali e di montagna
MISURA SPERIMENTALE DELLA DUREZZA
• metodo di Boutron Boudet
su un quantitativo definito di H2O (di solito 40 cm3) viene introdotta goccia a goccia una soluzione
acquoso - alcolica di sapone (Sali di sodio e potassio di acidi organici). Quest’ultima reagisce con
gli ioni Ca e Mg formando un precipitato:
2 RCOONa + CaSO4 → (RCOO)2Ca + Na2SO4
2 RCOO – + Ca++ → (RCOO)2 Ca
Quando tutti gli ioni Ca e Mg sono precipitati il nuovo sapone aggiunto passa in soluzione con
conseguente formazione di schiuma. Si continua ad aggiungere sapone finché la schiuma che
siforma è alta 5mm e persiste per almeno 5 minuti.
Sulla buretta graduata si legge il valore corrispondente al livello di sapone precipitato che fornisce
direttamente il valore della durezza totale in gradi francesi.
La durezza permanente si misura con lo stesso metodo portando preventivamente ad ebollizione
con precipitazione dei Bicarbonati di (Ca, Mg).
▪ metodo titrimetrico all’EDTA
In una buretta da 250 ml si versano 100 ml d’acqua, si aggiungono 4 ml di soluzione tampone di
ammonio cloruro (NH4Cl) e circa 0.2 g di indicatore (nero di eriocromo). Si agita e si titola
immediatamente con una soluzione di sale disodico dell’acido etilendiamminotetracetico (EDTA).
La soluzione a questo punto assume colore rosso-violetto; si continua ad aggiungere EDTA fin
quando la soluzione non diventa di colore blu intenso, ciò avviene quando tutti gli ioni calcio e
magnesio sono stati complessati dall’EDTA. La misura della durezza si ricava da quella del volume
in ml consumato per la titolazione del campione. Per questo metodo si consiglia di prelevare i
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campioni in bottiglie di vetro o polietilene, pulite con acido cloridrico, detersivo e risciacquate con
acqua distillata. L’analisi andrebbe eseguita sul posto, se necessario i campioni devono essere
conservati al buio e ad una temperatura di 4°C per non più di 24 ore. I campioni devono essere
riportati a temperatura ambiente prima di eseguire la misura.
Analisi ionica (mg/l)
• Unità di misura: milliequivalente/litro (meq/l)
• Si determinano in genere: Al+++,Fe++e Fe+++,Ca++,Mg++,Na+,K+,Cl -,HCO3-, SO4
- -
Residuo fisso (secco)
• E’ ciò che rimane dopo la completa evaporazione dell’acqua
• Rappresenta l’insieme delle sostanze di natura organica ed inorganica disciolte in acqua
Si determina introducendo un quantitativo noto d’acqua in una capsula di platino, facendola
evaporare e seccando il residuo a 105°C
Ferro e Manganese (mg Fe/l mg Mn/l)
Il ferro ed il manganese (quest'ultimo in minor misura) possono essere reperiti nelle acque
profonde cui conferiscono, a contatto con l'aria, colore (ruggine per Fe, bruno scuro per Mn)
dando poi luogo a precipitati; anche il sapore dell'acqua cambia e determinate lavorazioni
industriali risultano impedite.
Sodio (mg Na/l)
Va tenuto sotto controllo solo nel caso di persone che necessitano di una dieta povera di tale
elemento (cardiopatici, nefropatici).
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Fluoro (mg F/l)
Questo elemento può essere presente sotto forma di fluoruri ed esercita un benefico effetto sulla
resistenza alla carie (se assunto nei primi anni di vita in concentrazioni dell’ordine di 1 mg F/l);
invece può provocare danni allo smalto dei denti già per concentrazioni >1,5 mg F/l (ed anche
alle ossa per concentrazioni superiori).
Idrogeno solforato (mg H2S/l)
Può essere riscontrato naturalmente nelle acque di falde profonde o in aree vulcaniche e, oltre a
impartire all'acqua sgradevoli caratteri organolettici (odore e sapore), può dare luogo a problemi
di corrosione; in alcuni casi viene considerato come indice di contaminazione.
Solfati (mg SO4/l) E' possibile trovare in natura acque ricche di solfati, soprattutto in falde
profonde ed in zone con attività termale; la loro presenza in elevate concentrazione impartisce
all'acqua un sapore amarognolo ed ha effetti lassativi.
Fattori inorganici di tossicità
Si tratta di elementi chimici solitamente assenti o presenti in tracce.
Se presenti in concentrazioni elevate, sono conseguenza di scarichi industriali: acqua contaminata
� Arsenico: mortale a dosi elevate, probabile cancerogeno in concentrazioni sub acute,
provoca danni alla pelle e/o al sistema nervoso. Presente in diverse formulazioni
insetticide.
� Bario: danneggia il cuore, il sistema vascolare (ipertensione) e quello nervoso
- Nikel: può determinare danni renali;
- Piombo: determina tossicità cronica (anemia, problemi renali e di ipertensione, etc.),
ritardi nello sviluppo mentale e fisico dei bambini, nonché maggiori rischi di contrarre tumori.
La presenza di Pb è da ascrivere a rilasci dalla rete interna alle abitazioni.
- Rame: si tratta di un elemento essenziale per il nostro metabolismo ma l’uso continuato di
acqua a concentrazioni superiori alla CMA determina nel tempo danni all’apparato
gastrointestinale, al fegato e ai reni
- Selenio: pur essendo un elemento essenziale per il nostro metabolismo può provocare
problemi ai sistemi nervoso, circolatorio, epatico, gastroenterico e renale, indebolimento di capelli
e unghie.
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LE ACQUE DI SCARICO
Le acque reflue si possono dividere in due principali categorie:
� Acque derivanti da impieghi civili (maggiormente ricche di materiale organico)
� Acque derivanti da impieghi industriali (possono essere presenti altre sostanze di natura non
organica derivanti dai trattamenti chimici proprie dell’industria)
La legge obbliga al trattamento di tutte le acque reflue vietando lo sversamento nei corsi d’acqua
di liquami non trattati.
Noi ci occuperemo esclusivamente delle acque di scarico derivanti da impieghi civili.
I liquami di origine domestica Acque nere.
Prendono origine principalmente, se non esclusivamente, da cucine e toillettes. Esse pertanto
contengono residui di cibi, bevande, sapone e detergenti sintetici, carta e involucri di plastica, oltre
naturalmente ai prodotti finali del metabolismo umano.
Se le condutture fognarie sono di tipo “misto”, esse conterranno anche le acque provenienti dai
tombini e quindi saranno in alcuni periodi (correlati alle precipitazioni) ricche di terriccio e detriti
di asfalto.
Gli inquinanti si trovano in parte in soluzione, in parte in sospensione, in parte in dispersione
colloidale.
Le acque reflue sono inoltre caratterizzate dall’avere un’alta carica batterica (fino a 20 milioni di
batteri per cm3), oltre che virus, funghi e protozoi.
Non possono essere scaricate nei corsi d’acqua senza essere preventivamente trattate in quanto
comporterebbero la riduzione dell’ossigeno presente nel corso d’acqua con generazione di
fenomeni putrefattivi e sviluppo di gas (NH3 CH4 ..)
Potere autodepurante dei corsi d’acqua:
Nei corsi d’acqua (fiumi, torrenti…) sono presenti dei microrganismi batteri (aerobi) e piante che
sono in grado di reagire con il materiale organico proveniente dalle acque di scarico
degradandolo in composti via via meno complessi: processo di catabolismo.
Questo processo ha vita fintantoché nell’acqua è presente una quantità di ossigeno sufficiente a
garantire la vita dei batteri aerobi responsabili del processo di catabolismo. L’ossigeno inoltre
garantisce la vita dell’ecosistema naturale associato al corso d’acqua ed è quindi di fondamentale
importanza per la sopravvivenza delle specie animali in essa presenti. Allorquando lo scarico
inquinante è indiscriminato, nel corso d’acqua si genera una produzione di microrganismi aerobi
talmente elevata che porta rapidamente al consumano di tutto l’ossigeno in esso disciolto. Il corso
d’acqua reagisce in parte in modo naturale a questo processo riossigenandosi. La riossigenazione
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di un corso d’acqua, anche detta “potere autodepurante” è un fenomeno di natura fisico-
meccanica, costituito principalmente dal fatto che l’acqua, nel suo movimento vorticoso, e
soprattutto a causa di piccoli salti dovuti alla conformazione del letto del corso d’acqua stesso, è in
grado di recuperare parte dell’ossigeno presente in atmosfera sciogliendolo al suo interno.
Il grafico sottostante riporta la variazione del contenuto di ossigeno lungo un corso d’acqua
allorquando vengono introdotti dei liquami di natura organica e il corso d’acqua è in grado di
sostenere il versamento dei liquami riossigenandosi in modo naturale.
Il quantitativo di ossigeno iniziale del corso d’acqua è posto uguale a quello di saturazione (Cs).
Nel punto B avviene l’introduzione del liquame. L’ossigeno comincia a diminuire a causa della
presenza dei microrganismi aerobi e se il corso d’acqua non fosse in grado di autodepurarsi,
l’andamento del quantitativo di ossigeno disciolto seguirebbe la curva AC fino a raggiungere livelli
talmente bassi da ingenerare un processo anaerobo, ovvero morte dei microrganismi aerobi con
prolificazione di microrganismi anaerobi e conseguente formazione di idrogeno solforato, fosfina,
ammoniaca…oltre che morte delle specie animali e vegetali presenti.
Se invece il corso d’acqua è in grado di riossigenarsi (potere autodepurante), via via che si scende
a valle del punto B, esso ingloba una certa quantità di ossigeno secondo la curva BD.
La curva AA’ è la risultante delle due curve precedenti e rappresenta l’andamento dell’ossigeno
disciolto per un corso d’acqua in grado di sostenere in modo naturale il versamento del liquame.
DECOMPOSIZIONE DELLE SOSTANZE ORGANICHE
Un composto organico complesso del tipo CxHyNz può essere scomposto in presenza di ossigeno
oppure in assenza di ossigeno:
Decomposizione aerobica:
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η+++→+
++ zNOOHy
xCONHCOzyx
zyx 22222
3
l’ossidazione da origine ad anidride carbonica, acqua, ossidi di azoto (nitriti e nitrati) NO2- e NO3
-
ed altri prodotti minori: η→ (fosfati, solfati)
I composti contenenti zolfo e fosforo (come ad esempio i mercaptani contenuti negli escrementi)
sono ossidati a ioni del tipo: SO4- - (ione solfato) e PO4
- - - (ione ortofosfato)
Decomposizione anaerobica
CxHyNz →CO2 + CH4 +NH3 + altri composti
Gli “altri composti” derivano dalla trasformazione di proteine contenenti zolfo e fosforo, essi
vengono trasformati in:
acido solfidrico (H2S),
fosfina (PH3)
In assenza di ossigeno l’ammoniaca non può essere ossidata a nitrito o a nitrato in quanto
l’idrogeno non ha più ossigeno per formare nuova acqua; alla stessa stregua parte del carbonio
non può essere ossidata a CO2 e quindi anch’essa si combina con l’idrogeno fornendo CH4,
analogamente per zolfo e fosforo che si combinano con idrogeno per formare i su citati PH3 e H2S.
N.B. il tenore di fosfato presente nell’acqua di fogna è aumentato dall’apporto dei moderni
detergenti sintetici; in Italia si impiegano circa 36000 t di fosforo per la fabbricazione dei
detergenti, sebbene provvedimenti che prevedono una graduale riduzione dei polifosfati nei
detergenti porteranno ad una diminuzione futura di questo valore.
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Un corso d’acqua anaerobo è facilmente identificabile a causa della presenza di detriti fognari
galleggianti e notevole produzione di bolle gassose. I gas si formano poiché l’ossigeno non è
utilizzabile per combinarsi con l’idrogeno formando acqua e quindi l’idrogeno si combina con altre
sostanze producendo ammoniaca (NH3), acido solfidrico (H2S) proveniente dalla scomposizione
da parte di batteri delle proteine contenenti zolfo e altri composti.
Il corso d’acqua appare inoltre di colore scuro (elevata torbidità) con presenza di numerose specie
di alghe.
L’effetto si ripercuote anche sulla vita dei pesci e delle piante, essi cambiano drasticamente di
specie (prolificano carpe e pescegatto, oltre che lombrichi sul fondo melmoso, viene invece ridotta
la presenza di trote) e di numero nei punti a valle dello scarico inquinante.
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Le conseguenze dello smaltimento di acqua di fogna senza gli opportuni trattamenti:
1. Deposito di sostanze sospese sul letto dei fiumi, a lungo andare provoca uno strato di melma
che riduce le capacità del letto; nel caso di acque lacustri provoca fenomeni putrefattivi negli
strati più profondi;
2. Le sostanze organiche che esercitano domanda di ossigeno depauperano il corso d’acqua
dell’ossigeno disciolto compromettendo il suo potere autodepurante;
3. L’ammoniaca (NH3) e l’idrogeno solforato (H2S) esercitano una spiccata azione tossica sugli
organismi acquatici danneggiando il patrimonio ittico;
4. I composti fosforati e azotati provocano un’indebita crescita di alghe in acque relativamente
stagnanti;
5. I detergenti sintetici se in alta concentrazione sono tossici per la fauna acquatica, inoltre
portano formazione di schiuma con effetti sfavorevoli sulla riossigenazione delle acque, nonché
effetti sfavorevoli sul turismo;
6. I batteri patogeni possono diffondere epidemie nella popolazione, nonché infettare il bestiame
che va ad abbeverarsi;
7. Alcuni funghi come lo “Sphaerotilus natans” prolificano eccessivamente formando lunghe
colonie filamentose e viscide di aspetto repellente sulle rive e sul letto del fiume
BOD (Biochemical Oxygen Demand):
Rappresenta la domanda di ossigeno (quantitativo espresso in milligrammi/litro) richiesto dai
batteri e da altri organismi impegnati nella biodegradazione del materiale organico decomponibile
per svolgere le loro attività.
Un consumo di ossigeno molto basso indica che nell’acqua sono presenti pochi microrganismi ⇒
acqua pulita, oppure presenza di microrganismi non interessati a cibarsi di composti organici.
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In genere ci si riferisce al BOD5 ovvero al consumo di ossigeno riferito a 5 giorni.
Si determina sperimentalmente prendendo un campione di acqua, saturandola con ossigeno
(aumento del DO) e lasciando agire i microrganismi per 5 giorni a 20°C in assenza di luce.
Successivamente si ripete l’analisi del quantitativo di ossigeno disciolto e per differenza si ricava
l’ossigeno consumato.
Il BOD nella maggior parte delle acque di scarico domestiche è pari a circa 250mg/l.
Sperimentalmente l’analisi del BOD si effettua misurando l’ossigeno consumato tutti i giorni o
anche più volte al giorno, ciò se si vuole ottenere una curva di andamento del BOD simile a quella
riportata nella pagina seguente. Per questo motivo si utilizzano più campioni (boccette di circa 300
ml d’acqua) da analizzare, ognuna delle quali fornirà il consumo di ossigeno al giorno n-esimo.
Nel caso il campione esaurisce tutto il contenuto di ossigeno prima dello scadere del 5° giorno
(curva B) è necessario procedere alla diluizione del campione con acqua pulita
(microbiologicamente priva di sostanza organica).
La curva (C) rappresenta l’andamento del BOD per il medesimo campione (B) una volta che si è
effettuata la diluizione.
Nel caso si vada ad effettuare una diluizione1:10 ovvero 1 parte di campione diluita in 10 parti di
acqua pura, la formula del BOD dovrà tenere conto di tale diluizione, ovvero si dovrà dividere il
valore per il coefficiente di diluizione. In questo caso 1/10=0,1
lmgBOD /401,0
48=
−=
Se invece di effettuare un’analisi su 5 giorni si lasciano continuare le reazioni misurando il DO
(ossigeno disciolto) giorno dopo giorno si può tracciare una curva del tipo:
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Dopo il quinto giorno la curva tende a salire verso l’alto in quanto i microrganismi decompongono
i composti organici azotati in nitrati stabili, NO3-
La curva si divide quindi in due zone, una dovuta al BOD da carbonio organico e l’altra dovuta al
BOD da azoto organico. Il BOD finale comprende entrambi i BOD.
Il BOD5 rappresenta circa il 65% del BOD ultimo, anche detto UOD.
COD (domanda chimica di ossigeno):
Nasce dall’esigenza di diminuire il tempo impiegato in una prova di UOD, avvero nel caso in cui si
vuole determinare, su campione diluito, la domanda di ossigeno ultima, fino a completo
esaurimento.
A tal proposito può essere utilizzato il metodo di ossidazione chimica del materiale organico al
posto di utilizzare i microrganismi.
La prova consiste in un ebollizione a riflusso, per due ore, del campione in esame con acido
solforico (H2SO4) ed un eccesso noto di bicromato di potassio K2Cr2O7 seguita dalla titolazione
della quantità di bicromato di potassio rimasta al termine della prova.
La reazione ossidante riguarda il cromo esavalente che si riduce a cromo trivalente:
CxHyOz + Cr2O7-- + 2K+ →(x+3)CO3
-- +(y/2)H2O + 2 Cr+++ +2K+
Il cromo trivalente formatosi viene riportato tramite un opportuno reagente a cromo esavalente.
Si misura la differenza del quantitativo di cromo esavalente all’inizio e alla fine; essa è funzione
del bicromato utilizzato per ossidare il materiale organico. Il suo quantitativo determina il COD.
Poiché nella determinazione chimica del COD quasi tutti i composti organici vengono ossidati
mentre nella determinazione del BOD soltanto alcuni (per esempio i composti organici prodotti
dalle cartiere ricchi di cellulosa si ossidano molto più facilmente per via chimica che per via
batteriologica), questa prova fornisce in genere valori più elevati rispetto al BOD.
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TOC (Total Organic Carbon):
utilizzato per valutare la contaminazione dell’acqua da sostanze organiche.
Il metodo consiste nella determinazione dell’anidride carbonica sviluppata durante la
combustione per via umida delle sostanze organiche contenute in un campione d’acqua
Il campione utilizzato deve essere preliminarmente acidificato con (HCl) allo scopo di
eliminare la CO2 già presente.
Concentrazione o “forza” dell’acqua di fogna, in ragione del contributo individuale di ogni
abitante e della quantità di acqua scaricata in fogna giornalmente per abitante
I DETERGENTI SINTETICI:
Oltre alle sostanze di natura organica essi rappresentano una parte considerevole delle sostanze
che si rinvengono nelle acque reflue di uso domestico. Apparsi nel mercato nel 1940 hanno avuto
un rapido sviluppo grazie alle migliori proprietà detergenti rispetto ai saponi e grazie alla
proprietà di poter essere utilizzati anche con acque molto dure senza per questo formare
precipitati.
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La legge n.136 del 26 aprile 1983 prescrive che i detersivi sintetici debbono essere biodegradabili
in misura del 90% ovvero devono essere attaccati e demoliti da batteri aerobi presenti nelle acque
e negli impianti di depurazione biologica dei liquami di fogna.
I detergenti si possono dividere in 4 categorie: 1) anionici, 2) cationici, 3)non ionici
Detergenti anionici:
in soluzione acquosa si scindono in un catione Na+ e in un anione organico solforato che
costituisce la parte attiva:
Dove R rappresenta un radicale alchilico a catena lunga.
Esistono anche altre forme di detergenti:
Detergenti non ionici: Detergenti cationici:
La maggiore o minore biodegradabilità del detergente dipende dalla natura del radicale R: se
questo è a catena ramificata il detergente non è biodegradabile (anche detto “duro”), se R è a
catena lineare il detergente è biodegradabile (anche detto “dolce”)
Tipico esempio di detergente anionico duro:
Tipico esempio di detergente anionico dolce:
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LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE
La depurazione delle acque reflue di tipo domestico avviene in tre differenti stadi:
� Trattamenti meccanici o primari: servono a separare dai liquami le sostanze in sospensione,
principalmente di natura inorganica;
� Trattamenti biologici o secondari: servono ad eliminare le sostanze organiche che sono le
principali responsabili del consumano ossigeno per i fenomeni di catabolismo descritti in
precedenza;
� Trattamenti chimico – fisici o terziari: hanno lo scopo di migliorare ulteriormente la qualità
dell’effluente, eliminando quasi integralmente le sostanze in sospensione, rimuovendo le
sostanze azotate e fosforate (elementi nutritizi per le alghe), distruggendo inoltre i
microrganismi patogeni.
TRATTAMENTI MECCANICI
Grigliatura
La grigliatura costituisce il primo trattamento di un impianto di depurazione delle acque reflue. Si
è già accennato al fatto che l’acqua di fogna può trasportare con se sostanze grossolane
accidentalmente riversate nei condotti (es. rami di alberi, materiale plastico grossolano,…). Queste
sostanze devono essere eliminate o comunque ridotte di dimensione per non compromettere
l’efficacia dei trattamenti successivi e per non rovinare le pompe per il sollevamento del liquame.
Quando il liquame arriva all’impianto di trattamento, infatti, si trova in genere ad una quota
piezometrica più bassa di quella delle vasche utilizzate per il trattamento, ciò a causa del fatto che
la pendenza dei condotti fognari non sempre consente di seguire il profilo del terreno, per questo
motivo in genere il liquame va pompato. Per tale operazione se il dislivello non è troppo elevato si
possono utilizzare degli elevatori a coclea.
La grigliatura consiste quindi nella separazione delle frazioni inerti più grossolane.
Le griglie sono costituite da barre parallele (distanza da 0.5 fino a 15 cm) posizionate all’interno di
un canale nel quale fluisce l’acqua reflua.
La velocità di passaggio del liquame deve essere superiore a quella di sedimentazione per evitare
depositi di materiale a monte della griglia.
Le griglie grossolane sono provviste di pettini o rastrelli raschiatori che ne garantiscono la pulizia
in maniera automatizzata.
Le griglie più fini sono costituite da vere e proprie reti montate su tamburi rotanti. Esse vengono
pulite con getti d’acqua, d’aria o vapore.
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Il materiale solido grigliato può essere separato e trattato a parte oppure inviato in un trituratore,
comminuito e successivamente reimmesso nel liquame già grigliato prima delle vasche di
sedimentazione.
Nelle due figure seguenti sono rappresentati 2 schemi di griglie. Quella a sinistra è la classica
griglia a barre dotata di pettini per la pulizia automatica dei depositi grossolani che si fermano a
monte. La figura a destra rappresenta invece una griglia a tamburo rotante.
In quest’ultima l’acqua entra all’interno del tamburo costituito da una rete (in genere metallica
oppure di materiale sintetico) che costituisce il mezzo filtrante. Le sostanze più grossolane (fanghi
di prima captazione) rimangono intrappolati all’interno del cilindro dal quale fuoriescono tramite
un opportuno condotto (d), l’acqua chiarificata può invece uscire dalla rete e venire convogliata
presso i successivi trattamenti.
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Comminutor
L’estrazione delle sostanze solide che si sono fermate a monte della griglia, il loro trasporto ai
molini trituratori e la loro successiva reintroduzione nel liquame, sono operazioni che avvengono
all’asciutto, per questo motivo le sostanze organiche subiscono un accelerato processo di
putrefazione con conseguente sviluppo di cattivi odori.
Per evitare questo sgradevole fenomeno negli impianti più moderni vengono adottati trituratori
sommersi che effettuano entrambe le operazioni di grigliatura e sminuzzamento delle sostanze
solide grossolane. Essi prendono nome di “comminutor”.
Nella figura sottostante è schematizzato un comminutor. All’interno della macchina gira un
tamburo, mosso da un motore esterno, la cui superficie è munita di numerosissimi fori sul quale
sono montati una serie di denti taglienti. Questi provvedono alla triturazione del materiale fino alla
dimensione opportuna (5-10 mm) per poter passare all’interno del tamburo.
IL PRINCIPIO DELLA SEDIMENTAZIONE
La sedimentazione è il meccanismo attraverso il quale si attua la deposizione spontanea delle
sostanze solide sospese, senza intervento di alcuna altra forza esterna che non sia quella di gravità.
Valutare la velocità di sedimentazione delle sostanze in sospensione in un acqua reflua è di
fondamentale importanza per la progettazione delle vasche stesse, in quanto il tempo di
attraversamento dell’acqua all’interno della vasca deve essere superiore a quello necessario
affinché la maggior parte delle particelle sospese possano cadere sul fondo. La sedimentazione è
regolata dalla legge di Stokes che permette di valutare la velocità di movimento di sostanze solide
in campo fluido e quindi applicata al caso nostro ci permette di valutare la velocità con cui si
muoveranno le particelle in sospensione verso il fondo della vasca di sedimentazione.
Qui si riporta la formula semplificata della legge di Stokes, che ha validità allorquando la
particella solida della quale si vuol determinare la velocità di spostamento in campo fluido, abbia
forma perfettamente sferica, si muova in regime laminare, sia immersa in un fluido in quiete, e il
suo moto non sia ostacolato dalla presenza di altre particelle.
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. Nel nostro caso comunque la formula approssima molto bene il fenomeno.
Legge di Stokes:
)( 212
92 ddRv g −= η
dove:
v: velocità di caduta della particella
g: accelerazione di gravità
η: viscosità del liquido
R: raggio della particella supposta sferiche
d1: densità della particella solida
d2: densità del liquido
Dimostrazione:
Supponiamo una sfera di massa m immersa in un fluido, essa sarà soggetta alle seguenti forze:
Forza peso: Fp = m·g diretta verso il basso
Forza di attrito viscoso: Fd = - 6·π·η·R·v diretta in senso opposto al movimento della particella
Forza di Archimede: FA= - d2·g·V diretta verso l’alto (dove V è il volume della particella)
Nel suo movimento di caduta libera,la particella dopo un certo tempo, raggiungerà una condizione
di equilibrio dinamico dovuto al fatto che aumentando la sua velocità di spostamento, aumenta
anche la forza di attrito viscoso Fd al punto che vale la relazione di equilibrio di forze:
Fp+ Fd+ FA = 0
Sostituendo alle forze i loro valori, per la condizione di equilibrio si avrà:
m·g - 6·π·η·R·v - d2·g·V = 0
sostituendo a V (volume sfera) il suo valore: V=4/3 π R3 e ad m (massa della particella) il suo
valore m=d1.V ovvero d1·4/3 π R3
si avrà:
d1·4/3 π R3·g - 6·π·η·R·v - d2·g·4/3 π R
3=0
risolvendo si ottiene:
)( 212
92 ddRv g −= η
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Disabbiatura
Si utilizzano appositi canali ove sedimentano i materiali solidi inerti (la velocità di passaggio del
liquame è opportunamente regolata per dare tempo alle sostanze solide di sedimentare).
Il valore della velocità di sedimentazione (v0) per gli inerti silicei di fogna si aggira sui 120-180
cm/ora corrispondente ad una portata specifica di 1,2-1,8 m3/m2/ora.
La portata specifica è la portata del flusso dei liquami per unità di superficie della vasca di
sedimentazione, essa rappresenta un parametro di notevole importanza nel dimensionamento delle
vasche di sedimentazione.
In questo tipo di vasche vengono in genere condotte acque di fogna miste, di origine domestica e
meteorica, che possono contenere sabbie silicee, residui d’asfalto…
Lo scopo del dissabbiatore è quello di rimuovere il materiale sabbioso e al contempo di limitare il
più possibile la sedimentazione delle sostanze organiche che devono essere trattate
successivamente in apposito impianto. Ciò è possibile in quanto la sabbia ha densità circa 2,5 volte
maggiore di quella delle sostanze organiche e quindi sedimenta più velocemente.
Un altro parametro importante che viene considerato nel dimensionamento delle vasche di
sedimentazione è che la velocità del liquame nelle vasche a flusso orizzontale non deve mai
superare un certo valore denominato velocità critica.
Questo limite, valutabile analiticamente mediante una formula che tiene conto dei fattori di attrito
sul fondo, rappresenta il valore massimo di velocità oltre il quale i fanghi depositati sul fondo si
risollevano rendendo quindi vano il trattamento. Si può utilizzare anche una formula
approssimativa che valuta la velocità critica pari a 10 volte la v0 di sedimentazione.
Vasca di sedimentazione a flusso orizzontale
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Bacino di sedimentazione a flusso verticale o radiale:
Utilizzato in alternativa al precedente per ridurre i tempi del trattamento di chiarificazione del
liquame.
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Le vasche di sedimentazione a flusso verticale o radiale riducono i tempi di sedimentazione del
materiale solido sfruttando la forza d’inerzia oltre che la forza di gravità. Nella tipologia
rappresentata nella figura precedente, il liquame entra tramite un condotto verticale posizionato al
centro della vasca, successivamente un convogliatore cilindrico posto all’uscita del condotto devia
il flusso del liquame spingendolo verso i basso. All’uscita del convogliatore sia l’acqua che le
particelle solide si muovono quindi verso il fondo della vasca ad una velocità che dipende dalla
portata iniziale e dalle dimensioni del convogliatore; in questo punto l’acqua, non essendo più
costretta a proseguire il suo cammino verso il fondo della vasca, tende a risalire verso lo stramazzo
sul bordo, mentre le particelle solide grossolane proseguono per inerzia il loro cammino verso il
fondo della vasca facilitando così la sedimentazione.
Allo scopo di diminuire ulteriormente i tempi del trattamento, questi disabbiatori possono essere
dotati anche di un dispositivo di insufflaggio di aria nella torbida.
L’aria, insufflata ad una pressione opportuna e distribuita mediante appositi convogliatori dal
basso della vasca verso l’alto, trascina con se le particelle organiche, meno dense delle sabbie,
portandole in superficie. Le particelle organiche, le schiume e gli olii, tenderanno quindi a
galleggiare, mentre le altre sostanze inorganiche sedimentano sul fondo.
Queste apparecchiature possono essere predisposte anche per la deoleazione, disponendo nella
parte superficiale della vasca una rastrelliera cilindrica che crea una zona di quiete tra la parte
esterna del cilindro e quella della vasca. Qui le gocce oleose e le particelle di grasso si stratificano
superiormente e possono essere asportate tramite stramazzo in apposita canaletta di raccolta.
Come per le vasche a flusso orizzontale, anche in questo caso si utilizzano dei dispositivi di
rimozione del fango dal fondo vasca. Uno dei dispositivi più usato è una lama raschiante collegata
ad un ponte girevole che congiunge il bordo vasca con il centro. La lama gira ad una velocità
molto lenta (1 – 1,5 m/min) per evitare il risollevamento dei fanghi dal fondo e li convoglia verso il
centro vasca dove è presente un canale di raccolta oppure un aspiratore idropneumatico.
Il ponte girevole permette inoltre di poter ispezionare la superficie della vasca e il punto di uscita
fanghi senza dover procedere allo svuotamento.
Tempo di ritenzione: è uno dei parametri fondamentali considerati dai tecnici per il
dimensionamento delle vasche. Esso è pari a:
dove V è il volume in m3 della vasca e Q è la portata.
Questo parametro rappresenta il tempo necessario a svolgere il processo di sedimentazione.
QV
Rt =
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Dati dimensionali delle vasche di sedimentazione:
Il dimensionamento delle vasche di cui abbiamo parlato non può prescindere dal tenere in
considerazione l’entità delle numerose variabili di progetto, alcune delle quali abbiamo descritto in
precedenza: portata, carico idraulico, temperatura, caratteristiche del liquame, …
Ogni impianto quindi ha dimensioni proprie, valutate tramite formule matematiche ma soprattutto
anche grazie all’esperienza maturata dalla costruzione di altri impianti e grazie alla
modellizzazione di laboratorio. Tutto ciò riguarda la progettazione vera e propria degli impianti di
trattamento, argomento tecnico tipico dei corsi di ingegneria che esula pertanto dagli obiettivi di
questo corso.
Al solo scopo di avere un’idea delle dimensioni degli impianti di cui abbiamo parlato, si riportano i
seguenti dati:
Vasche a flusso orizzontale:
La lunghezza può in alcuni impianti giungere a 90 m, ma in genere non si superano i 30 m per
evitare un’azione dannosa del vento sui fanghi depositati.
Secondo autorevoli studiosi il rapporto lunghezza larghezza dei canali dovrebbe essere compreso
tra 3 e 5 e il rapporto lunghezza profondità tra 7 e 20.
La pendenza del fondo deve essere dell’1 per cento al fine di garantire la giusta velocità di
passaggio dei liquami e la velocità dei raschiatori inferiore a 0,3 m al minuto per evitare il
risollevarsi dei fanghi.
Vasche a flusso radiale:
Il diametro può raggiungere in casi eccezionali i 60 m, ma anche in questo caso per le stesse
considerazioni espresse sopra in genere non si superano i 30 m.
Il rapporto diametro profondità è in genere 5 – 12.
La pendenza del fondo è in genere dell’8% circa, non è consigliabile superare il limite del 10% per
evitare problemi di ispezionabilità delle vasche dopo lo svuotamento.
La velocità periferica dei raschiatori non supera in genere 1,5 m/min.
TRATTAMENTI BIOLOGICI
Alla fine dei primi trattamenti di natura meccanica, l’acqua esce chiarificata grazie
all’eliminazione delle sostanze sospese sedimentabili, degli olii e dei grassi.
Salvo rarissime eccezioni il trattamento meccanico non è sufficiente a poter consentire di riversare
le acque all’interno di un corpo idrico naturale, e quindi l’acqua deve essere sottoposta a
trattamento biologico.
Lo scopo principale di questo trattamento è quello di ridurre il BOD (a fine trattamento deve essere
ridotto del 75- 90%) in modo che l’acqua non crei danni biologici al corpo idrico ricettore.
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Questo tipo di trattamento non fa altro che effettuare artificialmente e quindi in un tempo
ragionevolmente breve quanto avviene in natura ad opera dei microrganismi aerobi i quali in
presenza di ossigeno scindono le sostanze organiche dei liquami in prodotti via via più semplici
(CO2, H2O, nitrati, solfati…) secondo le reazioni viste in precedenza.
Principali parametri influenzanti il trattamento biologico.
� temperatura: i microrganismi secernono enzimi che fungono da catalizzatori del processo e che
esplicano la loro azione in un ben determinato campo di temperatura (40-60°C)
� PH : anch’esso deve essere ben definito, per questi processi compreso tra 6 e 8. Devono essere
trattate le acque fortemente acide o basiche.
� Superficie di contatto (granulometria del materiale di supporto alla proliferazione e vita dei
microrganismi atti alla filtrazione biologica) in genere 3 – 10 cm come dimensione dei grani e
il 50% di vuoti sul totale.
� Quantità di sostanze nutritizie necessarie al metabolismo (spessore del letto filtrante: 2-3 m)e
opportuna regolazione degli ugelli
� Rapporto tra azoto e fosforo: elementi particolarmente importanti per il processo in quanto, se
in abbondanza, creano proliferazione di alghe indesiderate. Rapporto consigliato 5:1
� Carico dell’impianto: sono dannosi sia carichi elevati di inquinante che troppo contenuti. Valori
ottimali di BOD sono da 250 e 500 ppm
� Sostanze tossiche: esse inibiscono fortemente i processi biologici, le reazioni batteriche
ossidative e di nitrificazione sono rallentate o addirittura bloccate dalla presenza di qualche
ppm di cromo, nickel, zinco, rame, cadmio…
� Contenuto salino: si consiglia di non superare i 10 g/l (valore consigliato 5 g/l) per non
pregiudicare la vita dei microrganismi
� Contenuto di ossigeno disciolto: al fine di evitare l’instaurarsi di processi anaerobi, il
contenuto di ossigeno presente nel liquame non deve mai scendere al disotto di 0,5 – 1 mg/l
Filtrazione biologica
I filtri biologici sono costituiti da materiale granulato con funzione di supporto (coke, scoria d’alto
forno, ciottoli, materiale plastico) di dimensioni in genere di qualche centimetro sul quale viene
depositata sottoforma di film gelatinoso una colonia batterica aerobia (batteri, funghi, protozoi…)
L’acqua filtra dall’alto in basso attraverso gli inerti grazie all’azione della gravità.
L’aerazione necessaria a garantire la sopravvivenza dei microrganismi è ottenuta per insufflazione
dell’aria attraverso il fondo bucherellato del filtro, oppure tramite nebulizzazione del liquame
dall’alto.
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Il tempo di ritenzione di tali bacini di norma deve ess