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INTERNET: www.mariabolognesi.it E-mail: [email protected] Poste Italiane S.p.a. Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Rovigo - Trimestrale In caso di mancato recapito si prega di restituire al mittente che si impegna a pagare la tassa dovuta. PERIODICO DEL CENTRO MARIA BOLOGNESI ATTORE DELLA CAUSA DI CANONIZZAZIONE DELLA SERVA DI DIO MARIA BOLOGNESI ANNO XV N. 2 APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2006 C h i a m a t a a l l a S a n t i t à

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PERIODICODEL CENTRO MARIA BOLOGNESIATTORE DELLA CAUSADI CANONIZZAZIONEDELLA SERVA DI DIOMARIA BOLOGNESI

ANNO XV N. 2APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2006

Chia

mata alla Santità

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2 Finestre Aperte

di essere derisi da tutti, emaciati dalle penitenze, vestiti di sacco e addirittura con i segni del martirio sul corpo. In realtà essere santi significa, invece semplicemente, rispet-tare la nostra natura di figli di Dio, sviluppando e mettendo al servizio degli altri tutte le potenzialità e i talenti che ci sono stati donati.

Santo non vuol dire impeccabile, tutti abbiamo i nostri difetti, i nostri fallimenti e anche i nostri peccati, l’impor-tante è riconoscerli, pentendosene per risollevarsi restando in costante comunione con Gesù.

Dunque per vivere fino in fondo la propria fede basta essere se stessi, essere la vera persona che Dio ha creato a sua immagine. Cerco di spiegarmi meglio. Un computer non è un pianoforte e se voglio ricavarci qualcosa di buono devo rispettare la sua natura, devo cercare di conoscerlo e di adoperarlo a seconda della sua struttura. Se lo uso come strumento musicale, rischio di rovinarlo e di non sfruttare tutte le sue potenzialità.

Lecita la domanda: come faccio a diventare santo? Rispondo con le parole che S. Tommaso rivolse alla sorella che gli poneva la stessa domanda: «devi volerlo!».

Sarà una passeggiata? Sì, e come in tutte le passeggiate ci saranno discese e salite, tratti scoscesi e agevoli rettilinei; pioverà e ci sarà il sole e i nostri occhi vedranno burroni e paesaggi sublimi. Solo questa è la strada della felicità.

Santi nel mondoA questo punto, poiché appare evidente che il perseguire

la santità deve essere alla base di ogni itinerario cristiano, scopriamo insieme come riuscirci.

Il cristiano è un laico inserito nel mondo – oltre che nella Chiesa – cioè una persona ripiena di grazie, un consacrato, che porta la sua carica di fede nella realtà del mondo, per testimoniare e diffondere il Vangelo, per animare cristianamente gli aspetti vari della vita.

Famiglia, lavoro, ambiente sociale, ami-cizie, contatti culturali, vita politica sono solo alcuni dei principali settori in cui il laico battezzato deve – e sottolineo “deve” – esercitare il suo impegno alla Santità.

Non è possibile pensare di togliersi “l’aureola” quando si esce dalla chiesa e lasciarla nel cassetto quando si va al bar con gli amici.

Le immaginette dei Santi non mancano sui nostri comodini e nei nostri portafogli: anche così i Santi ci accompagnano quotidianamente, come protettori a cui affi-diamo fiduciosi le nostre “pretese” d’aiuto.

I Santi, però, sono soprattutto modelli di vita, anche se troppo spesso le nostre coscienze fanno orecchie da mer-cante al loro messaggio.

È bene ricordare che la santità non è un lusso, un optio-nal, oppure un privilegio di qualcuno: è una caratteristica specifica della vita cristiana.

Proprio tuttiL’invito di Gesù alla santità è rivolto a tutti i cristiani, i

quali pur con diverse funzioni – ciò che il Card. Biffi chiama “fantasia di Dio” – costituiscono il prolungamento del Cri-sto, attraverso il mistero della Chiesa, suo Corpo mistico.

Il Concilio Vaticano II parla chiaro: “Tutti nella Chiesa, sia che appartengano alla gerarchia sia che da essa siano diretti, sono chiamati alla Santità” (n. 39; cfr. 40,41,42).

Non facciamo gli gnorri: il Concilio dice proprio TUTTI!

Il laico è dunque un cristiano di “serie A”, per niente inferiore ai sacerdoti e ai religiosi, riguardo alla piena rea-lizzazione della fede, richiesta dal Battesimo.

Proprio questo Sacramento sta all’origine della comunione ecclesiale nella santità, perché attraverso di esso Cristo prende possesso dell’essere umano per renderlo partecipe della natu-ra divina; non a caso S. Paolo, nelle sue lettere, parlando di battezzati li chiama “santi” (cfr. Rm 1,7; 1Cor 1,2; 2Cor 1,1; ecc ).

La vocazione del laico, in quanto cri-stiano, è una vocazione alla santità.

Il grado di santità personale non dipen-de dalla posizione occupata nella società e nemmeno nella Chiesa, ma unicamente dal grado di Carità vissuta: amare è il più potente mezzo per farsi amare!

Santi sì, impeccabili noPoiché il germe della santità ci viene

donato con il Battesimo, sta a noi – con l’indispensabile aiuto di Dio – farlo crescere.

Indubbiamente il termine “santo”, nell’immaginario collettivo, non può che spaventare.

Molti si staranno già immaginando

Apparentemente strano, stupendamente vero

SANTO IO? SÍ, PROPRIO TU!

Editoriale

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Finestre Aperte 3

sommario

EditorialeSanto io? Sì, proprio tu! ......................... pag. 2

Giornata di preghiera a FerraraRiscoprire la chiamata alla Santità ........ » 4

“Rovigo, Rovigo, se qualcuno sapesse...!” .......................... » 8

Nuova RubricaFilo diretto con Bosaro ........................... » 10

Sulle ali della PoesiaArmati di penna e calamaio .................... » 11

La meta del PellegrinoPellegrinaggio a Fatima ........................... » 12

“Vieni servo buono e fedele” Corrado Solieri: l’amico del sorriso ....... » 14

La posta di Maria ........................................ » 15

Appuntamenti ........................................... » 16

In ossequio al decreto di Urbano VIII, si dichiara di non voler attribuire a quanto di straordinario è narrato in questo giornale altra fede se non umana e di non voler prevenire il giudizio definitivo della Chiesa, al quale la Redazione intende sotto-mettere in tutto il suo.

Il Consiglio Direttivodel Centro ringrazia per le offerte

pervenute per la Causae le opere di Maria.

Per offerte:Conto Corrente Postale 26145458

FINESTRE [email protected]

Direttore Responsabile:Mons. Daniele Peretto

Direttore: Giuseppe Tesi

Sede e Redazione:Centro Maria Bolognesi

Via G. Tasso, 49 - 45100 RovigoTelefono: 0425.27931

Fax 0425.463964Aut. Trib.: Rovigo n. 8/92

del 30/07/1992

Stampa: Think Adv - Conselve (Pd)

La Serva di Dio Elisabetta Leseur diceva che “Ogni anima che si eleva, eleva con sé il mondo”.

Di fronte ad un compito più grande delle nostre forze sarebbe legittimo che ci tremassero le gambe, ma non siamo soli: con noi c’è lo Spirito Santo, che l’evangelista Giovan-ni chiama “Paraclito” proprio perché significa “Colui che è chiamato vicino, il soccorritore, l’assistente”.

Gli alibi si sciolgono come neve al sole, non ci manca proprio nulla per essere santi.

Non dobbiamo aspirare ad avere una nicchia tutta nostra, ma seguire la volontà del Padre.

Proviamo ad andare a letto, la sera, chiedendoci: Gesù sarà orgoglioso di me? Il buio che cancella tutte le masche-re ci farà trovare la risposta giusta.

Comune e canonicaOltre alla santità comune a cui tutti siamo chiamati,

esiste quella canonica, ovvero riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa, dopo anche lunghi processi di indagine.

Il Santo canonizzato è portatore di un “messaggio” – crisma di santità – da parte di Dio all’umanità.

Ora ritorniamo con lo sguardo speranzoso sui nostri “santini”: è importante avere esempi di vita cristiana in un tempo di sagome cartonate e di numi di sale.

Proprio nella nostra giornata di preghiera vissuta con Maria Bolognesi (rif. pag. 3) abbiamo affrontato questa tematica e con lo stesso spirito ci prepariamo a vivere l’inaugurazione di una piazza intitolata alla Serva di Dio, a Bosaro, nel suo paese natale (rif. pag. 16).

I Santi – quelli conosciuti e la miriade di sconosciuti – se non ci limitiamo a contemplarli ma ci impegniamo a vivere il loro messaggio, ci aiutano da lassù a cucire il nostro modello di santità, ispirata a Gesù, affinché la mera-vigliosa vita che Dio ci ha donato possa calzarci a pennello e non ci sia mai troppo “stretta”.

Ludovica Mazzuccato

CuriositàPerché i santi hanno l’aureola sul capo?

L’aureola, detta anche nimbo, è il cerchio luminoso che cir-conda il capo di Gesù, della Madonna, dei santi e dei beati. Cominciò ad apparire nell’iconografia cristiana verso il IV secolo d.C. come simbolo di beatitudine e di gloria celeste. Era però già ampiamente presente nelle raffigurazioni dell’ar-te egizia, greca e romana, in particolare come attributo delle divinità della luce. Come simbolo di dignità e potenza appare anche nelle raffigurazioni degli imperatori.Inizialmente l’aureola, nelle rappresentazioni cristiane, era riservata soltanto alla figura di Gesù ed era, a volte, attra-versata dalla croce. L’aureola senza croce, invece, indica un santo canonizzato, mentre se consta in linee a forma di raggi denota uno dei beati non canonizzati. Variante dell’aureola è la mandorla, che racchiude l’intera persona ed è riservata alla Vergine e alla figura di Dio e appare sempre nelle scene che esaltano la natura divina di Cristo.

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4 Finestre Aperte

È consuetudine per gli “amici” della Serva di Dio Maria Bolognesi – come ha sottolineato Giuseppina Giacomini al momento dell’accoglienza – ritrovarsi insieme a pregare ogni anno, nella giornata del 25 aprile, percorrendo, idealmente, le strade che hanno visto l’incedere rapido e sicuro della Serva di Dio, sempre pronta a portare aiuto alle persone biso-gnose, entrando ora in questa, ora in quella casa. Anche la città di Ferrara e la sua provincia hanno conosciuto l’apostolato generoso e sofferto della Bolognesi, quel suo essere testimone di Cristo nel silenzio e nella concretezza dei fatti; nella vita “piccola” della Serva di Dio c’è la grandezza della fede, quella completezza d’amore verso il Padre a cui ogni cristiano dovrebbe – anzi, deve – aspirare.

Con questo spirito è stata vissuta la giornata di preghiera organizzata dagli amici di Maria Bolognesi nella Chiesa Parrocchiale della Sacra Famiglia di Ferrara, gremita di fedeli.

Dopo la recita meditata del Rosario, guidata dal Vicepostulatore della Causa di Canonizzazione Mons. Daniele Peret-to, si è celebrata la S. Messa.

La funzione è stata piacevolmente allietata dalla Corale Polifonica di Porotto, diretta dal Maestro Ludovico Bignardi, accompagnata dall’organista Lino Talmelli.

L’Eucaristia è stata presieduta da Padre Raffaele Talmelli, oblato benedettino vallombrosano, di cui riportiamo l’omelia.È stato un momento di vera fratellanza e di vero approfondimento spirituale: nell’atmosfera della giornata era palpa-

bile come l’esempio di Maria Bolognesi sia motivo di comunione e fonte di serenità per quanti la portano nel cuore; la Serva di Dio è “manifesto” di quella vita di fede che tutti dobbiamo avere il coraggio di percorrere.

Si ringrazia sentitamente il Parroco Don Andrea Turazzi per la sua calorosa ospitalità e tutti i sacerdoti concelebranti, Padre Raffaele Talmelli, Mons. Daniele Peretto, padre Stanislao Avanzo monaco Olivetano della Basilica del Pilastrello di Lendinara, assistiti da Padre Antonio monaco dell’ordine dei Carmelitani Scalzi di Ferrara.

nostro ultimo incontro, nel novembre 1979, lo dicesse proprio a me. Ne par-lai esclusivamente con don Cartesio, il confessore delle monache, e su suo consiglio tenni la cosa segreta per me per molti anni; come tutti sappiamo gli eventi si sono sviluppati esatta-mente come Maria in qualche modo aveva intuito e anche previsto.

Fede, speranza, carità

Per i cristiani il ritrovarsi a cele-brare la memoria di un cristiano o di una cristiana che sono passati su que-sta terra e hanno vissuto la loro fede in una maniera forte ed autentica, che significato ha?

Innanzitutto ha il significato: - di risvegliare la fede, la fede che

ci aiuta ad accogliere con la nostra volontà le verità che Dio ci ha rive-lato, ma ancora

- di ravvivare la speranza, la speran-za che non siamo semplicemente il ciclo biologico che tutti possiamo vedere: si nasce, si vive e poi alla fine si muore, si torna alla terra da cui siamo venuti. Ebbene, la speranza cristiana è proprio quella che ci permette di sperare che non sia tutto così, ma che ci sia la vita eterna. Allora, se ci sono fede e speran-

za, è anche ovvio che l’esempio dei

25 aprile 2006 - Parrocchia della Sacra Famiglia

RISCOPRIRE LA CHIAMATA ALLA SANTITÀ

confortati dall’esempio di Maria Bolognesi

Omelia di Padre Raffaele Talmelli

Il 4 agosto 1974, don Andrea Turaz-zi, ad un campo scuola dell’Azione Cattolica Ferrarese a Ponte di Legno (BS), durante un incontro serale parlò di Maria Bolognesi. Aveva conosciuto Maria da giovane sacerdote e, molto affascinato da questa figura, ne parlò a noi giovani partecipanti al Campo, ed io rimasi molto incuriosito. Dunque, dopo tanti anni, mi ritrovo, proprio nella chiesa di cui don Andrea ora è parroco, a celebrare il ricordo di questa donna santa che ha percorso la nostra Ferrara, come altre città vicine, ed è sicuramente un momento che merita una riflessione particolare.

Maria fu legata a Ferrara soprattut-to dal vincolo profondo che ebbe con le Monache Agostiniane del Mona-stero di Santa Giustina, di cui, nella luce dello Spirito, previde la chiusura. E la Provvidenza volle che durante il

Giornata di preghiera a Ferrara

Padre Raffaele Talmelli

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Finestre Aperte 5

nostri fratelli ora nella gloria di Dio è teso ad - aumentare la nostra carità, l’altra

virtù che abbiamo ricevuto nel Battesimo, e che i Santi hanno vissuto in maniera eroica.Quando si celebra un processo

di canonizzazione – quello di Maria Bolognesi è ancora abbastanza recen-te – non si indagano tanto le gra-zie speciali che il Signore ha dato a queste persone, ma si indaga la loro carità, la loro fede, la loro speranza, in una parola si indagano le loro virtù, se sono state vissute in un grado eroico.

I Santi, vero volto della Chiesa

Però c’è un’altra riflessione da fare, ed è: che significato hanno i Santi per la Chiesa?

I Santi sono coloro che hanno rivelato il volto autentico della Chie-sa, ecco perché quando recitiamo il Credo, noi diciamo «Credo la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica». Tutti abbiamo ricevuto il Battesimo, e con il Sacramento anche le virtù, ma molto spesso le lasciamo “virtuali”, non diventano mai “in atto”: i Santi sono coloro che le hanno messe in atto nella loro vita, e quindi sono coloro che sanno delineare il volto autentico della Chiesa.

Che cosa si può ancora riflettere su questo punto? Quando vediamo tante cose che non funzionano da parte dei cristiani, sappiamo che quello non è il volto autentico; se uno vuole sapere

com’è veramente la Chiesa cattoli-ca, deve guardare il volto dei Santi, perché sono quelli che senza sbava-ture hanno sapu-to testimoniare l’amore di Dio fra gli uomini, e con più sicurezza, perché la Chiesa lo conferma, di tanti altri battezza-ti. Quindi, sareb-be molto bello se uscendo dalla chiesa riuscissimo a non guardare più a tutte le malefatte commesse dal clero e dai cristiani nel tempo: sono coloro che hanno sbagliato, sono coloro che non hanno vissuto bene la loro fede. Pazienza. E perdono. Noi dobbiamo guardare il volto dei Santi e cercare di capire, nella nostra vita, che cosa ci possa essere in noi che può in qualche modo ispirarsi e conformarsi alla loro vita, per vivere il cristianesimo in maniera più autentica.

I Santi quindi hanno il compito di rivelare il vero volto di Dio su questa terra. E molte volte anche i non cri-stiani, o i nemici storici della Chiesa, si accorgono del valore dei Santi, specialmente quando sono operatori di carità. Io credo che nessuno, anche tra i più anticlericali, possa non apprezzare Madre Teresa di Calcutta, o San Fran-cesco d’Assisi o San Giovanni Bosco, perché hanno vissuto la santità in

una operatività e in una carità talmente grande, talmente fulgida e talmente evidente che lascia senza parole, per cui anche i cosid-detti nemici della Chiesa, di fronte a simili esempi, tac-ciono.

Ci troviamo in un momento stori-co dove, se riflet-tiamo bene, vedia-

mo che c’è uno sguardo abbastanza benevolo sulla Chiesa: dai governi che lasciano una percentuale per la Chiesa nella dichiarazione dei redditi, a tanti personaggi che ne parlano pubblica-mente con una certa ammirazione, perché tendono a vedere nella Chiesa soprattutto il lato sociale, il lato con cui la Chiesa ha manifestato l’assi-stenza ai poveri, agli emarginati, ai diseredati, servizio che tutti i Santi, seppure in diversa misura, hanno eser-citato nella loro vita. Ma non è l’unica dimensione della santità: questa è la dimensione più condivisibile e più comprensibile, ma non è tutta qui, perché essere Santi non significa esse-re filantropi che operano tanto bene: fare il bene è una conseguenza della santità, non è lo scopo della santità. Lo scopo della santità è quello di fare sì che gli uomini si ricordino che la vita non è tutta qui e adesso, ma che c’è una vita eterna, che riescano ad alzare i loro occhi verso Dio durante il corso della loro esistenza, amandolo sopra ogni cosa per goderlo eternamente in Cielo. Allora ecco che i teologi parlano di una dimensione orizzontale della vita cristiana, che è quella che si riflette nelle azioni e nella carità verso il prossimo, ma ricordano anche una dimensione verticale, cioè diretta verso Dio.

Ecco allora che il Signore semina Santi in maniera particolare che pos-sano ridestare la nostra fede proprio su questo punto.

I celebranti

L’Assemblea

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6 Finestre Aperte

Maria Bolognesi, vita offerta e sofferta

Maria Bolognesi in vita sicuramen-te ha fatto tutto il bene che ha potuto, come molti cristiani, ma non è da cercare la sua santità nell’ordine delle opere da lei fondate, perché non ha fondato nulla: né un ordine religioso, né case di riposo, né ospedali; era, oserei dire, una umile domestica, che prestava servizio alle famiglie povere, esercitando così la sua carità. Ma non è ancora questo, secondo il mio mode-sto avviso, la ragione per cui il Signore ha seminato il suo tipo particolare di santità.

Giuseppina ha ricordato all’inizio della celebrazione che Maria Bolo-gnesi trascorse la vita amando e sof-frendo.

Penso che quelle due parole rias-sumano un po’ tutta la vita di Maria: amando e soffrendo. Possiamo quindi meglio comprendere perché la san-tità, di alcuni Santi almeno, non sia poi molto popolare: quando è rivolta soprattutto a richiamare gli uomini alla realtà trascendente di Dio.

Nella vita di Maria Bolognesi si è consumato un mistero particolare, per-ché questa donna ha vissuto in maniera intensa e personale uno specialissimo rapporto con Dio. Abbiamo ascoltato adesso, nel Vangelo di Marco, che uno dei «segni che accompagneranno colo-ro che credono» (Mc 16,17) sarà anche la guarigione dei malati. Ebbene, salvo il giudizio ultimo della Chiesa che sta esaminando ancora tutti questi fatti non ordinari della vita di Maria, il Signore le aveva donato una partico-lare forza di guarigione: l’offerta delle sue sofferenze.

Allora desidererei qui inserire una riflessione un po’ meno immediata, che è quella sulla realtà del Corpo Mistico.

Noi diciamo che cre-diamo alla «comunione dei Santi», ed è un mistero che non si può certamente spie-gare, ma è il mistero per cui il mio bene e il mio male non rimangono confinati alla mia persona, ma si estendono: il bene come il profumo che, dal vasetto di olio che Maria

di Betania aveva spezzato ai piedi di Gesù, pervase tutta la casa, (ed annota l’Evangelista «e l’aroma di quel pro-fumo riempì tutta la casa», Gv 12,4). Così dunque il bene, senza volere, lascia il suo aroma, e il profumo dei Santi è un segno della carità eroica che essi hanno vissuto. Ma così pure anche il male ha questo potere dilagan-te. Ecco quindi il mistero della croce, dove la redenzione ha fatto sì che per-sone particolarmente ardenti di amore di Dio e per i fratelli abbiano offerto le loro sofferenze, abbiano offerto se stessi, affinché altri potessero salvarsi. È il mistero dell’intercessione, è il mistero per cui, sebbene non com-presi, da sempre esistono i monaci e le monache nella chiesa: pensate alle claustrali, che in un certo senso non fanno del bene, non producono, tutta-via si vede bene che questa vocazione nella Chiesa c’è sempre.

Il potere della nostra sofferenza

Io credo che Maria Bolognesi, per quanto abbia esercitato tutta la carità che ha potuto durante la sua vita, abbia vissuto nascostamente una sorta di offerta monastica: non è un caso che si sia affiancata con tanto affetto e per tanto tempo alle Monache Agostinia-ne, per vivere la loro comunione di preghiera e di vita sofferta ed offerta a Dio. Questa dimensione della confor-mazione alla croce, sicuramente è una cosa difficile da accettare, difficile da capire, ma ci porta su un altro piano di realtà: è il piano in cui Dio ci chiama e ci fa capire che la vita di ciascuno ha un valore enorme.

Non so se ricordate, Papa Giovanni Paolo II da ultimo parlò del “Vangelo

della sofferenza”, e dopo avere subíto tanti interventi, tante sofferenze, disse: «Adesso ho capito che la sofferenza era veramente necessaria per testimoniare la vita cristiana». Ricordo che all’ini-zio del suo pontificato, il giorno dopo l’elezione, andò al Policlinico Gemelli di Roma per visitare gli ammalati e disse: «Mi appoggio soprattutto a tutti quelli che soffrono e che uniscono la sofferenza, i dolori, la passione con la preghiera. Voi siete, umanamente parlando, deboli e ammalati, ma anche potenti, così come è potente Gesù Cri-sto crocifisso».

Dunque, visto che le sofferenze non mancano a nessuno, se riuscissi-mo, con la grazia di Dio e l’interces-sione di Maria Bolognesi, almeno a capire che le nostre difficoltà, le nostre piccole sofferenze non sono limitate alla nostra piccola vita, ma possono avere un significato molto più grande e salvifico se inserite nel mistero del Corpo Mistico di Cristo, allora proba-bilmente qualche cosa cambierebbe e ci aiuterebbe ad entrare in una dimen-sione più profonda.

C’è stata una grande santa, Teresa di Lisieux, una giovane monaca car-melitana entrata a 15 anni in clausura e morta a 23; pur non essendo mai uscita dal monastero, è patrona delle missioni, proprio perché offrì molto della sua vita per le missioni. Ad un certo momento della sua esistenza, probabilmente anche in risposta ad una sorda tentazione di sentirsi inutile (è molto pericoloso giudicare le perso-ne in base a quanto sono utili, ed è un pensiero che può infiltrarsi anche nella Chiesa se, anzichè assumere l’ottica cristiana, si assume quella dei politici che hanno tanto a cuore quanto un

essere produce), ebbene Santa Teresa rifletteva sulla sua uti-lità nella Chiesa e vedeva con un certo fascino i missionari, coloro che potevano dedicarsi ad attività che a lei,claustrale, erano precluse. Nel suo dia-rio scrive: «Considerando il Corpo Mistico di Cristo, che è la Chiesa, non riuscivo a identificarmi in nessuna delle membra, però la Carità mi fece capire qual era la mia

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Finestre Aperte 7

vera vocazione, perché compresi che se la Chiesa è un corpo, composto da varie membra, in questo corpo non può mancare il membro più nobile, il cuore, (che vive nascosto, si sente ma non si vede, e non produce apparente-mente nulla). Compresi che la Chiesa, dunque, ha un cuore bruciante d’amo-re, e capii che è l’amore che spinge all’azione le membra della Chiesa; e spento questo amore, gli apostoli non avrebbero più annunciato il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l’Amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, l’amore è tutto e si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi, in una parola, l’amore è eterno». Comprese che era nel cuore della Chiesa. Ecco il mistero del monachesimo, il mistero della sofferenza, sofferta bene, offerta a Dio, che produce vigore per questo cuore della Chiesa.

«L’insulto ha spezzato il mio cuore...»

Ricordo il giorno del funerale di Maria Bolognesi: avvenne di venerdì, e l’Ufficio delle Letture in quel giorno recitava il Salmo 68: «L’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. Ho atteso con passione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati». Mi sembrò proprio l’ultima parola che Dio aveva pronunciato sulla vita terrena di Maria: l’insulto aveva spez-zato quel cuore, e sembrava quasi che il Signore con queste parole volesse suggellare l’esistenza di una creatura che, fattasi cuore, aveva saputo amare tutti coloro che aveva potuto, meglio che aveva potuto, ma soprattutto aveva cercato di insegnare agli uomini che il

nostro valore di esseri umani redenti da Cristo non è dato da quanto pro-duciamo, ma da quanto siamo capaci di amare. Proprio nell’amore più forte sta la dignità e la forza del cristiano. E credo che lei abbia potuto testimoniare questo nel corso della sua esistenza.

Allora noi tutti, chi l’ha conosciuta e chi non l’ha conosciuta, o chi la conosce attraverso i libri, possiamo rivolgerci ancora a lei col nostro pen-siero e con la nostra preghiera, chie-dendole di ottenerci da Dio almeno un pezzettino di quella forza di amore che animò la sua esistenza e fece sì che non si tirasse mai indietro di fronte ai sacrifici che o gli uomini o il Signore le chiedevano.

Il maligno, leone ruggente

Un altro particolare per collegarmi alla lettura di Pietro. Avete sentito che San Pietro mette in guardia i fedeli dal fatto di non sognare un cristianesimo senza sofferenze: il cristianesimo non toglie la croce a nessuno, ma semmai aiuta a portarla. E dice: «State saldi e ricordatevi che i vostri fratelli spar-si per il mondo subiscono le stesse sofferenze che state portando anche voi»(1Pt 5,9). Mette inoltre in guardia tutti dal maligno: «Siate forti, resisten-ti al maligno, il quale come leone rug-gente va in giro cercando chi divorare» (1Pt 5,8). Una strana metafora, perché nella Bibbia, il maligno è impersonato da altri animali (animali con le corna in genere), oppure dal cane, ma ecce-zionalmente dal leone. Pietro non ha scelto le parole a caso: i leoni hanno una tecnica particolare per cacciare, non attaccano mai il branco. Aspetta-no. Magari spaventano il branco con il ruggito fintantoché qualche antilope o qualche zebra per lo spavento riman-ga indietro, dopo di che la possono azzannare. Penso che San Pietro abbia scelto l’im-magine del leone ruggente che va in giro cercando chi divorare, per ricor-darci che l’unione

dei cristiani nella Chiesa ha un signi-ficato simile a quello che, nel mondo animale, ha il branco, cioè la salvezza del singolo.

Devo dire, avendo conosciuto abbastanza bene Maria, che non ebbe mai una benché minima incrinatura nei confronti della Chiesa, nonostante buona parte del clero non sia stato benevolo, durante la sua vita, nei suoi confronti, eppure dalla sua bocca non è mai uscita una parola che non fosse di bontà e di edificazione, perché capi-va il valore profondo del vivere unita alla Chiesa e soprattutto alla sua Chie-sa locale, quella di Rovigo.

La forza dell’unione

Anche questo è un esempio che dobbiamo ricordare, perché è facile, vedendo esempi cattivi, o sentendo cose meno belle, avere moti di ribel-lione e pensare in qualche modo di staccarsi; ma ricordiamoci dell’avver-timento di Pietro: il maligno, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. E solo la “barchina” di Pietro, solo la comunità riesce a difen-derci. È dunque un invito a vivere uniti il più possibile, nonostante le varie anime del cristianesimo, che spesso finiscono con l’esercitare in qualche modo una azione centrifuga; cerchia-mo invece di ricordare questa azione unente insegnataci dai nostri Santi, che fecero il possibile per realizzare l’ultimo desiderio di Gesù: essere una cosa sola. Ma possiamo esserlo solo se abbiamo lo sguardo che ha avuto Lui, quello di un amore sempre più grande per santificare la realtà in cui Lui stes-so ci ha posti.

Sia lodato Gesù Cristo.

Corale Polifonica di Porotto (Fe)

Maria Bolognesi nella stanzetta del Monastero Agostiniano di Ferrara

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8 Finestre Aperte

“ROVIGO, ROVIGO, SE QUALCUNO SAPESSE...!”

Non me ne voglia la Serva di Dio Maria Bolognesi se faccio mio

il “grido di dolore” che trovo riportato in una pagina del suo Diario, contrassegnata dalla data 24 marzo 1955.

A quel tempo, Maria - lontana da Rovigo e dagli affetti familiari - stava trascorrendo, nella più grande solitudine e per volontà superiore, un periodo di ritiro spirituale, essen-do iniziata la quaresima.

Fedele alle istruzioni ricevute dall’alto, Maria si mise in viaggio nel tardo pomeriggio del 16 marzo 1955. Fu un viaggio penoso e difficile anche per la stessa durata: tre giorni! Dopo che la nostra “pellegrina” ebbe bussato, inva-no, a tante porte chiedendo di essere ospitata, finalmente qualcuno le aprì la porta, la accolse con fraterno affetto, ospitandola con discrezione fino al 5 aprile, giorno in cui Maria dovette mettersi nuovamente in cammino per rien-trare a Rovigo.

Ricordiamo allora il nome di quella famiglia buona e generosa abitante in Sicilia, a Sperlinga, in provincia di Enna: Prestifilippo. Da qualche anno, con il signor Sante Prestifilippo, è in corso un fraterno contatto, perciò vorrem-mo che questa “memoria” potesse risuonare nella sua casa e in quelle dei siciliani tutti come una forma di esplicito ringraziamento che scende dal cielo, perché nato dal cuore grande di Maria.

Fatta questa lunga introduzione, sono convinta che qualcuno si starà già chiedendo perché la sottoscritta abbia riportato nel titolo del presente articolo, rivolto ai lettori del nostro periodico “Finestre Aperte”, le cinque parole di Maria Bolognesi, ovvero il suo “lamento-richiamo” nel quale è coinvolta la città di Rovigo e con essa tutto il Polesine.

Non era certo, il suo, un rimprovero a questa città opero-sa, che tanto amò a tal punto da ricordarla anche nel proprio testamento, quanto piuttosto un “invito” pieno di speranza, perché la popolazione di un vasto territorio del Veneto potesse cogliere con verità e completezza ciò che il Signo-re, da anni, andava operando in lei, avendo la stessa Maria messo volontariamente la propria libertà nelle mani di Dio.

Maria, infatti, si fidava ciecamente di quel Padre amoro-so, che l’aveva presa letteralmente per mano, giorno dopo giorno, fin da piccola, per poterla trasformare - mi siano permesse queste immagini poetiche - in una fiaccola ardente d’amore che si fa servizio, in una lampada che rischiara la notte quando sta per venire meno la speranza.

Nel corso di 21 anni, da quando il 5 luglio 1985 ho preso stabile dimora a Rovigo per occuparmi in prima persona di tutto ciò che riguarda la Serva di Dio Maria Bolognesi, ho avuto modo di capire come sia difficile, anche al presente, vale a dire a 26 anni dalla sua morte, dimostrare non solo chi è stata e chi è ora Maria, ma anche far percepire quello che sta facendo l’Associazione “Centro Maria Bolognesi”,

proprio a lei intitolato.Questo “Centro”, che si è fatto attore della Causa di

canonizzazione di Maria Bolognesi - sull’esempio lasciato in eredità dalla stessa Serva di Dio - ha sempre sentito e sente forte l’urgenza di prestare attenzione e aiutare, in forma diretta e indiretta e in modo continuato, le molte persone bisognose che ancora bussano alla sua casa in via Giovanni Tasso 49 a Rovigo, con la speranza di ricevere assistenza morale e materiale.

Stimolato da questo problema, che si sta facendo sempre più gravoso per la precaria situazione sociale ed economica del nostro paese, e tenuto conto comunque che non è facile risolverlo con le proprie forze, il “Centro” ha ritenuto di sensibilizzare i lettori di questo periodico riportando alcuni dati del proprio bilancio consuntivo 2005.

Le prime voci di spesa significative riguardano l’assi-stenza e la beneficenza sostenute per:- poveri e malati che bussano alla porta € 5.297,00- poveri e malati in terra di missione € 3.000,00- missionari, diaconi, religiosi € 8.260,00

Davanti alle plausibili domande riguardo a quanto ripor-tato, si precisa che per poter disporre di importi da destinare alla beneficenza si è fatto con costante impegno un delicato lavoro di sensibilizzazione presso i soci, le persone amiche e i benefattori.

I soci, come ogni anno, hanno affrontato i cosiddetti viaggi della solidarietà, portandosi in treno o in auto in tante province dell’alta Italia stendendo la mano; non solo, si sono anche impegnati con regolarità nell’evasione della cor-rispondenza e nell’uso del telefono, strumenti indispensabi-li per conoscere e per farsi conoscere, strumenti largamente usati anche dalla stessa Serva di Dio, in modo particolare nell’ultimo decennio della sua vita, quando la sua salute, molto precaria per l’insorgere di un gravissimo infarto, le impediva di uscire di casa.

Ecco perché ora si presentano altre tre voci di spese indispensabili e indifferibili di un certo rilievo: - costi telefonici € 2.776,00- viaggi e trasporti € 3.869,00- spese postali € 3.908,00

L’auto usata da Maria Bolognesi per i suoi “viaggi della carità”

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Finestre Aperte 9

Dopo questi dati, che si ritiene di non dover “commen-tare” perché parlano da soli e dimostrano il grande impegno dell’Associazione per far conoscere nel mondo la Serva di Dio, è doveroso sostare anche su un’altra voce, più sotto motivata: - spese straordinarie € 15.200,00

Trattasi di spese strettamente connesse con il cammino della Causa di canonizzazione, perché riguardanti:- primi lavori di tipografia eseguiti a Roma per la composi-

zione e la stampa della “Positio” scritta dal Postulatore;- lavoro del Tribunale ecclesiastico della Diocesi di Pado-

va per lo svolgimento del Processo sul presunto miraco-lo, ottenuto per intercessione della Serva di Dio Maria Bolognesi.

Sia lode al Signore che ci ha permesso, pur nella “contra-zione delle offerte” da parte dei benefattori rispetto all’anno precedente, di onorare anche altre spese come quelle ordi-narie relative al riscaldamento, all’energia elettrica, alla stampa di libri e del nostro Periodico Finestre Aperte.

Vorrei richiamare il lettore sull’espressione usata nel paragrafo precedente: “contrazione delle offerte”. Di fronte a questa realtà, che si sta ripetendo anche nei primi cinque mesi del 2006, si può capire facilmente come sia sempre più concreta la nostra “difficoltà ad aiutare” quei poveri - e sono tanti - che ogni giorno bussano con fiducia alla nostra porta, avendo percepito una realtà: il cuore grande di Maria Bolognesi non ha cessato e non cesserà mai di palpitare per loro.

Da parte nostra, infatti, c’è il desiderio prima di tutto di non ferire il Cuore di Gesù, ignorando il povero, sorvolando sulle sue necessità, rifiutando di aprirgli la porta, ovvero quella del cuore e della mente. Non vorremmo neppure deludere la Serva di Dio, la quale tutto ha donato ai poveri, consapevole che la “Provvidenza arriva per dare di più”.

Forti di qualche intuizione, che scaturisce dalla medita-zione degli scritti di Maria Bolognesi - al fine di risolvere in modo nuovo, pratico e spiccio il problema messo sul tappeto - ci permettiamo di suggerire ai lettori di Finestre Aperte una “piccola via”, che può essere seguita e messa concretamente in atto da ogni persona di buona volontà.

Prima di indicarla, chiedo al lettore che sta leggendo questa pagina di rivedere la cifra che è stata indicata accanto alla voce “Spese postali”: € 3.908,00.

Pensate a quanti francobolli il Centro ha acquistato per spedire lettere, pieghi di libri e pacchi vari!

Ecco allora la proposta alternativa, che vorremmo non solo presentare, ma anche suggerire in modo speciale a tutti quei lettori - e sono tanti - che per motivi vari non desi-derano recarsi presso un Ufficio Postale, né compilare un bollettino di Conto Corrente Postale a favore del Centro o della Causa di canonizzazione.

Il modo alternativo di aiutare il Centro e con esso anche i “poveri di Maria” potrebbe essere quello di far pervenire in busta qualche francobollo, anche in modo impersonale: ciò che conta veramente è il gesto di solidarietà, che nel nome di Maria Bolognesi ci unisce tutti.

Da parte nostra l’impegno di “ri-distribuire” il cor-

rispondente pervenuto sotto forma di francobollo a quei poveri che, dopo aver bussato, se ne vanno mostrandoci riconoscenza, ovvero ci regalano un “sorriso” che riempie il cuore di gioia vera.

Amici tutti, lettori tutti, basta poco per far felice chi non ha nulla o quasi nulla! Aiutateci a non spegnere in loro – “i poveri di Maria” – la speranza.

Se volete, se potete, restate con noi: “cammineremo insieme” verso la Luce, verso Dio-Amore.

Giuseppina Giacomini Presidente del Centro Maria Bolognesi

La casa di Maria Bolognesi in Via Giovanni Tasso a Rovigo

MANDAMI QUALCUNO DA AMAREMadre Teresa di Calcutta

Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo,quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare;quando la mia croce diventa pesante,fammi condividere la croce di un altro;quando non ho tempo,

dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;quando sono umiliato, fa’ che io abbia qualcuno da lodare;quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;quando ho bisogno della comprensione degli altri,dammi qualcuno che ha bisogno della mia;quando ho bisogno che ci si occupi di me,mandami qualcuno di cui occuparmi;quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona.Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelliche in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati.Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano,e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.

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10 Finestre Aperte

Nuova Rubrica

FILO DIRETTO CON BOSARO News dal paese natale della Serva di Dio

Domenica 2 aprile 2006 i Catechisti di Bosaro (RO) hanno incontrato Marco Ferrari e la sua famiglia. Ecco la calda testimonianza di una catechista

IL MIO INCONTRO CON MARCO

Tutto iniziò quando mi dissero che avrei incontrato il ragazzo guarito da una grave malattia per intercessione di Maria Bolognesi. Ignoravo ogni cosa di lui: il suo nome anzitutto, chi fosse e cosa facesse.

Tentai di immaginarlo: com’è il volto di un ragazzo che è stato scelto, salvato, che ha conosciuto Dio e il suo grande amore?

La mia era curiosità sì, ma non nego di avere avuto un certo timore nel vedere e, soprattutto, nell’incontrare gli occhi di colui sul quale si è posato lo sguardo di Dio.

Domenica 2 aprile 2006, giornata calda e soleggiata, ho tro-vato risposta alle mie domande e conosciu-to fatti e persone che mai dimenticherò.

Ho appreso anzi-tutto i contenuti di una storia di malat-tia, di sofferenza e di guarigione; una storia per me difficile da capire, comunque bella da credere, per-ché trovo evidenziato in essa uno degli aspetti più amorevoli di Dio: un prodigio del suo infinito amore.

Ho conosciuto poi una famiglia di cin-que persone, semplici e gradevoli alla com-pagnia, apparentemente come tante, ma in realtà ricche di ciò che non tutti hanno: un amore incondizionato per Dio, portato sempre con loro e regalato agli altri ogni qualvolta parlano della loro esperienza.

Ho ammirato la loro grande fede: quel-la che non li ha abbandonati nel momento della disperazione e che li ha resi forti nel credere in Dio e nel suo operato.

Ho percepito la forza della loro pre-ghiera: una preghiera carica di speranza, nella consapevolezza che tutto ciò che viene dal Padre è giusto.

Ho conosciuto infine un “messaggero” di Dio: Maria Bolognesi. Attraverso il racconto di chi l’ha conosciuta, ho capito che la Serva di Dio è stata persona amore-vole verso il bisognoso, umile e schiva, mai disposta ad abbandonare la propria fede, neppure quando la sofferenza e il dolore toccarono l’apice; sempre pronta a capire

ed accettare la volontà di Dio, come ho appreso dalla viva voce di Zoe Mantovani, che condivise con Maria ben venticinque anni di vita.

Zoe ha anche detto: «Ci capitava di essere tutti insieme in una stanza, io, i miei fratelli e Maria. Lei era lì con noi, in silenzio, ma pur nel suo silenzio si rendeva presente in maniera discreta e forte». Maria comunicava con il linguaggio del silenzio, dono di Dio, lo stesso dono che mi sembra abbia ereditato Marco, il ragazzo guarito di cui parlavo all’inizio.

Dal giorno in cui l’ho incontrato conti-nuo a domandarmi perché Dio abbia scelto

proprio lui e cosa sta chiedendogli.

Lo ricordo molto timido, di certo imba-razzato, sfuggevole nello sguardo e nelle parole. Suo padre ci raccontò che, appena uscito dall’ospedale, gli chiese chi lo aves-se guarito. Marco, con la semplicità e l’innocenza di un bimbo di due anni,

disse: «Mi ha salvato Gesù Bambino».A queste parole, rabbrividii.Quel giorno in cui lo incontrai insieme

ad altri catechisti della Parrocchia di Bosa-ro, Marco non ci disse quello che pensava e ciò che provava nel suo intimo: ora capisco che il suo silenzio è stato il più bel dono che potesse farci.

Una catechista

IDEE IN CANTIERE

È con entusiasmo che vi rendiamo partecipi in anteprima di alcune idee che fremono intorno a Maria Bolognesi. La prima riguarda la pubblicazione di una favola scritta e dise-gnata da Carla Ferrari e che racconta appunto la guarigione prodigiosa del nipotino Marco. Questo progetto ci sta molto a cuore perché desideriamo che, con il coinvolgimento dei genitori, anche i bambini conoscano Maria, proprio lei che tanto amava i più piccoli e dedicava loro cure materne. Il secondo progetto coinvolgerà in particolar modo, i bambini di Bosaro, compaesani della Serva di Dio. Si è intenzionati a promuovere un premio per il tema che metta in risalto i buoni sentimenti, ispirandosi all’incipit proposto ed estrapolato dalla vita della Bolognesi.La speranza è di riuscire a portare a termine entrambe le idee e di poter dare risalto al progetto della fiaba anche nel contesto del premio.

VAI A PAG. 16 E SCOPRI GLI IMPORTANTI APPUNTAMENTI

CHE CI ASPETTANO A BOSAROIL 20 E 21 OTTOBRE 2006

Ogni 22 del mese, nella Chiesa Parrocchiale di S. Sebastiano, martire, in Bosaro (RO) alle ore 17.30, verrà celebrata, la S. Messa e, a seguire, esposizione eucaristica con recita del Rosario per le vocazioni e la santificazione del clero.

Chiesa di Bosaro

Il gruppo dei catechisti con la famiglia Ferrari

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Finestre Aperte 11

Con questo numero di Finestre Aperte inauguriamo la nuova rubrica “Sulle ali della Poesia”, nella quale i protagonisti saranno gli stessi lettori.

Crediamo, infatti, che la poesia sia una medicina per lo spirito, capace di avvici-narci a Dio. Se come cristiani intendiamo impegnarci perché si affermi un nuovo umanesimo, dobbiamo coltivare e promuo-vere con scrupolosità la poesia che deve rinascere nel segno della semplicità.

Nel 1999 l’UNESCO ha istituito la giornata mondiale della poesia che si svol-ge ogni 21 Marzo al coincidere con il primo giorno di primavera; proprio nei motivi di proclamazione di questa giornata si legge l’intento di promuovere l’imma-gine della poesia nei media, per fare in modo che non venga più considerata una forma d’arte sorpassata, bensì una manie-ra di esprimersi capace di recuperare e affermare l’identità della società moderna; sempre nello stesso documento si legge il bisogno di aiutare le piccole case editrici che andando contro corrente pubblicano giovani poeti e si invita a ricordare che come scriveva Delacroix “Non c’è arte senza poesia” stimolando il più possibile la sua divulgazione.

La funzione poetica si avvicina molto allo stile delle preghiere, entrambe “dosa-

no” la parola affinché contenga il bagaglio emotivo che si intende trasmettere; non a caso Santi e Mistici di tutti i tempi, ci hanno donato testimonianza di componi-menti lirici di alta qualità.

Inoltre la poesia, sia per chi la legge che per chi la scrive, è un ottimo allena-mento per la nostra sensibilità che, opaciz-zata da immagini e suoni, rischia di essere sorda ai contenuti.

Giovanni Paolo II ci ha lasciato una grande eredità anche in questo campo: l’amore alla parola, alla poesia, alle lettere fu una parte essenziale della sua missio-ne pastorale e ha dato nuova freschezza, nuova attualità, nuova attrazione all’an-nuncio del Vangelo, proprio anche quando esso è segno di contraddizione.

Negli stessi diari di Maria Bolognesi è facile imbattersi in momenti di poesia sublime che ci fanno capire che il grado indispensabile di cultura per essere poeti è solo quello del cuore.

Con questo spirito apriamo le nostre “finestre” alle vostre poesie: in questa rubrica infatti, pubblicheremo le vostre poesie, accompagnate da un commento a cura della nostra poetessa di “casa” Ludo-vica Mazzuccato.

Le più meritevoli saranno premiate con la spedizione di libri omaggio editi

Edizioni MB. In cuor nostro speriamo anche di poter raccogliere periodicamente, in una piccola pubblicazione, tutti i vostri componimenti! Desideriamo precisare che non è lo spirito di competizione che vogliamo alimentare, ma l’idea che ogni poesia scritta sia un fiore che rende più profumato il nostro mondo.

Per rendere l’iniziativa più interessante abbiamo deciso di proporvi, di volta in volta, un tema a cui ispirarsi.

Per il prossimo numero di Finestre Aperte pubblicheremo le vostre poesie che avranno per tema LA MADONNA.

Vi anticipiamo già, a larghe linee, che i temi successivi saranno orientati a conte-nuti riferentesi al Natale, alla Pasqua, ecc.

In questa pagina daremo anche spa-zio a liriche ispirate alla figura di Maria Bolognesi.

Non resta che armarsi di carta e penna. Scrivete a cuor leggero, senza remore:

Bertold Brecht diceva che “se una poesia su un campo di papaveri ti ha insegnato a guardare meglio i papaveri, ha già adem-piuto ad una grande funzione”!

Mandateci le vostre poesie per posta, per e-mail, per fax, precisando che sono indirizzate alla rubrica “Sulle ali della Poesia”.

La Redazione

Sulle ali della Poesia

ARMATI DI PENNA E CALAMAIOUna proposta per tutti

Per stimolare la vostra ispirazione, vi diamo un piccolo, ma sostanzioso assaggio...

ASPETTIAMO LE VOSTRE POESIE ! ! !

TOTUS TUUS

Vergine, Madre del mio Dio,fa’ che io sia tutto tuo!Tuo nella vita, tuo nella morte,tuo nella sofferenza,nella paura e nella miseria;tuo sulla crocee nel doloroso sconforto.Tuo nel tempo e nell’eternità.Vergine, Madre del mio Dio,fa’ che io sia tutto tuo!

Giovanni Paolo II

La Madre nostra celesteci accolga tutti sotto il suo mantoe ci tenga stretti strettial suo Cuore.

Dal diario di Maria Bolognesi

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12 Finestre Aperte

Ero andato a cercare un po’ di luce

PELLEGRINAGGIO A FATIMAHo incontrato una corona di dodici stelle

Perché a Fatima? Per incontrare la spiritualità dei veggenti

Non ero ancora stato a Fatima; nelle numerose occasioni che mi erano state offerte, una serie di difficoltà o imprevi-sti me l’avevano impedito. Credo però che la Madonna sa trovare il momento giusto nel quale ti fa comprendere che, più che un’opportunità, si tratta di una chiamata. Allora l’amore ti fa dare solo la risposta affermativa. Così all’invito di alcuni rappresentanti dell’Associa-zione Culturale S. Martino, ho dato un assenso spontaneo e immediato, e il 22 aprile 2006 ero con un gruppo di 40 parrocchiani all’aeroporto di Venezia per il volo Lisbona – Fatima.

Mentre l’aero si innalzava nel cielo facendo apparire sempre più piccoli i luoghi delle nostre vicende quotidiane e degli orgogli personali, mi sovviene il famoso atto di umiltà del salmista: “Se guardo il tuo cielo, ...che cos’è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?” (Sal 8,5).

Sul monitor che ci tiene informati vedo che di volta in volta, nelle tre ore di viaggio che ci portano alla meta, sorvoliamo la pianura padana, Nizza, affianchiamo la città di Saragozza che mi ricorda il famoso San-tuario del Pilar, dove la Madonna apparve, mentre era ancora vivente nella casa di S. Giovanni a Efeso, all’apostolo Giaco-mo per incoraggiarlo in un momento di sconforto poi-ché la sua evangelizzazio-ne non era accolta. Passia-mo fra Madrid e Valencia e finalmente siamo in vista del fiume Tago e della città di Lisbona.

Al progressivo avvici-narsi del Portogallo, il mio pensiero non è occupato dalle bellezze naturali e arti-stiche che stiamo sorvolan-do, ma dall’incontro tanto atteso e preparato anche

nella minuziosità dei particolari. Non sto infatti facendo un viaggio di cultura o di svago; cerco invece l’esperienza di un contatto vivo e interiore con i veggenti di Fatima e il messaggio e la spiritualità che essi hanno accolto e vissuto fino all’eroismo della santità, e specialmente cerco luce interiore da Colei che, Madre di Dio e Madre nostra, questo messaggio d’amore ha affidato alle mani fragili di tre bambini, forgiando la loro anima e trasformandoli progressivamente a sua immagine e somiglianza.

Già da ragazzo, per merito di sacer-doti innamorati della spiritualità di Fati-ma, perché attratti da un progetto di vita interiore semplice, quasi alla portata di tutti, mi sentivo spinto ad approfondire il cammino di crescita dei tre pastorelli, guidati dalla mano materna di Maria. Più tardi ho conosciuto con maggiore approfondimento anche l’anima grande di Bernardette di Lourdes ed ho consta-tato che la sua spiritualità assomigliava profondamente a quella dei veggenti di Fatima, proprio perché disegnata dalla stessa mano. Per entrare nel segreto della santità dei veggenti di Fatima e Lourdes è necessario andare a Nazareth e incontrare la “piena di grazia”: nella semplicità di quella casetta scopriremo il silenzio di Maria, la sintonia perfetta

della Sua volontà con la volontà di Dio, l’accoglienza del sacrificio fino alla Croce del Figlio. I veggenti crescono in età, sapienza e grazia come Gesù, cam-minando sulle orme di Maria: quan-do si cerca Francesco, lo si trova in preghiera, nascosto in qualche angolo per “consolare Gesù” e riparare i tanti peccati con cui Lo si offende; Giacinta nella sua malattia confida a Lucia di soffrire molto, ma non si lamenta per offrire tutto per il Santo Padre che avrà tanto da soffrire; Lucia si sottrarrà alla pubblicità dei curiosi, nascondendosi nel convento di clausura di Coimbra; Bernardette “fuggirà” da Lourdes per lasciare la scena all’Immacolata e si nasconderà ad oltre 1000 chilometri di distanza nel convento di Nevers.

La via alla santità che nasce dal-l’esempio della Vergine Maria ha pro-curato nella Chiesa tanti Santi: basti pensare alla piccola via di S. Teresa di Gesù Bambino, a San Domenico Savio che nell’oratorio di Valdocco (TO) mette la sua “stoffa” nelle mani esperte di don Bosco o all’eroismo “feriale” consumato nel confessionale di San Leopoldo Mandic.

Ho pensato che c’è spazio per tutti in questo cammino, che posso anch’io trovare posto attraverso l’impegno nella

pastorale quotidiana, priva di sussulti di gloria, ma ricca del sacrificio, sce-vra di riconoscimenti, ma capace di renderti parte-cipe con Cristo della sal-vezza delle anime, che costituiscono poi l’essenza della vocazione a cui sono stato chiamato.

È questa la carica di energia che cercavo a Fati-ma: non ho trovato solo una lampada, ma la luminosità di una corona di dodici stel-le. Mi viene spontaneo un invito: “Avanti, c’è posto per tutti, questa esperienza di unione con Cristo attra-verso Maria è possibile a tutti. Coraggio!”.

La meta del Pellegrino

I pellegrini di San Martino di Venezze (Ro)

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Finestre Aperte 13

Nei luoghi delle apparizioni: la presenza di Maria e del Suo messaggio

All’aeroporto di Lisbona ci accoglie un forte scroscio di pioggia, quasi una purificazione dalle scorie quotidiane, per aprire mente e cuore alle grandi real-tà spirituali che ci attendono. Del resto la guida molto preparata che l’agenzia viaggi ci ha predisposto, sa colmare ogni imprevisto.

Così possiamo ammirare dal pull-man la capitale del Portogallo, città che con i sobborghi raggiunge i due milioni e mezzo di abitanti e porta le vestigia di una grande storia, nonostante un disastroso terremoto-maremoto che all’inizio del 1700 ha pressoché raso al suolo Lisbona.

Si comincia comunque già da qui a sentire la presenza viva della Madonna di Fatima. Chi ci apre veramente le porte della spiritua-lità lusitana è il Santo più celebre del Portogallo, S. Antonio di Pado-va o di Lisbona, come lo chiamano nella sua città natale, dove vide la luce nel 1195, mentre terminò il suo pellegrinaggio terreno a Pado-va il 13 giugno 1231.

Celebro la Messa nella chiesa di stile barocco-rinascimentale che sorge sul luogo dove era la casa del Santo e della quale si conserva la stanza dove Fernando (così si chia-mava prima di assumere il nome francescano di Antonio) nacque e che ora si trova sotto l’altare della celebrazione. Al grande Taumatur-go affido l’assistenza del nostro pellegrinaggio.

Percorrendo una comoda auto-strada a tre corsie, raggiungiamo l’uscita di Fatima per l’ora di cena. Per la differenza di fuso orario guada-gniamo anche un’ora di luce. Siamo ospiti presso l’Hôtel “Tres Pastorinhos” situato proprio a fianco della grande piazza antistante la basilica e la chieset-ta che custodisce il punto preciso delle apparizioni e la statua della Madonna di Fatima.

Mentre termina la cena e ci raccon-tiamo le prime impressioni del viaggio, ci giunge dalla piazza l’eco dei canti e delle preghiere; stiamo per entrare nello spirito straordinario che questo luogo custodisce e trasmette a quanti accolgono l’invito a raggiungere questa cittadina prediletta da Maria.

Riceviamo subito, come il fiore del benvenuto, raccolto da questo giardino della Vergine, il primo messaggio offer-to al pellegrino che giunge a Fatima

con il cuore gonfio di sofferenza e di speranza: è il messaggio della Fede e della preghiera.

“Voglio dirvi di continuare a recitare il rosario tutti i giorni con devozione per la pace nel mondo e la conversione dei peccatori” – aveva chiesto ai pasto-relli la Madonna del Rosario, già dal 13 maggio 1917.

Il rosario di Fatima! Nella mia imma-ginazione avevo cercato di prevederlo in anticipo, ma mi sono accorto che non è possibile, in particolare nella recita del sabato, giorno di Maria.

Quella croce luminosa che apre la processione, seguita da una folla com-posta e orante, con le fiaccole accese

segno di cuori palpitanti in sintonia con la Madre luminosa e portata a spalle al centro del corteo, il canto espresso da migliaia di persone senza alcuna stonatura o sguaitezza, la sensazione di una presenza invisibile ma certa: tutto ti dà la convinzione di un’esperienza più celeste che terrena.

Quando la preghiera termina e la folla si dilegua, resto nel silenzio di una meditazione profonda e personale.

Contemplando di volta in volta la chiesetta delle apparizioni, la statua della Madonna che sembra volere chia-mare a raccolta tutti i suoi figli e la gran-de basilica di marmo bianco che contie-ne i resti mortali dei Beati Francesco e Giacinta ed ora anche di Suor Lucia che ha terminato la sua missione di invito alla consacrazione al Cuore Immacolato

di Maria, penso che in questo luogo si è compiuta la profezia dell’infinito amore di Dio che interviene nella storia umana, particolarmente quando questa raggiun-ge le sue bassezze più abominevoli. Un pensiero, questo, che mi accompagna per buona parte della notte.

È una profezia nella quale la Madre cerca di coinvolgere i figli nell’opera di salvezza dei fratelli attraverso la partecipazione al sacrificio di Cristo. È l’annuncio della forza della sofferenza e della preghiera. Francesco, Lucia e Giacinta hanno capito fino in fondo la profezia: per questo hanno sofferto, pre-gato e Gesù e Maria hanno accettato la loro intercessione per la salvezza di un

secolo martoriato. “Che una mano materna abbia deviato la pallotto-la mortale (che doveva uccidere il Papa), mostra solo ancora una volta che non esiste un destino immutabile, che fede e preghiera sono potenze che possono influire nella storia e che alla fine la pre-ghiera è più forte dei proiettili, la fede è più potente delle divisioni” (Card. Ratzinger).

È una profezia apocalittica, cioè annunciatrice della Chiesa sofferente, crocifissa con Cristo, ma anche con Cristo vittoriosa. Le ampolle che raccolgono nel terzo segreto il sangue dei Martiri, con il quale gli angeli aspergono il mondo, sono il seme di nuovi cristiani.

È il messaggio di speranza che la Madonna del Rosario continua a rivolgerci: “Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà” (13 luglio 1917).

Don Adriano Frigato Arciprete di S. Martino di Venezze

Preghiera dell’Angelo

– Mio Dio, credo, adoro, spero e Vi amo. Domando perdono per tutti quel-li che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano.

– Santissima Trinità, Padre, Figlio, Spirito Santo, Vi adoro profondamen-te e Vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i Tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltrag-gi, sacrilegi, indifferenze con cui Egli è offeso. E per i meriti infiniti del Suo Sacratissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria Vi domando la conversione dei poveri peccatori.

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14 Finestre Aperte

È molto difficile conoscere se stessi, a mag-gior ragione gli altri.

Fatta questa puntualizzazione mi chiedo se si può veramente capire fino in fondo la personalità di un “amico”, la sua mentalità, la sua sensibilità, se questi, pur camminando con noi per lunghi anni, condividendo – nel nome e nel ricordo della Serva di Dio Maria Bolognesi – le stesse aspirazioni e le nostre giornate di spiritualità, si è sempre contraddistinto per la sua discrezione, prediligendo l’ascolto.

La risposta è quanto mai ovvia, ciò nonostante, attraverso questa pagina di Finestre Aperte, cerche-rò di far emergere il profilo umano di questo amico carissimo, che di recente il Signore ha chiamato a Sé per farlo entrare nel suo Regno di Luce.

Evidentemente – per chi ha il dono della fede – si può dire che era pronto per lui quel posto di cui Gesù ha parlato agli Apostoli prima di salire al Padre.

Lo ricordiamo subito questo “socio fon-datore del Centro Maria Bolognesi” di Finale Emilia, in provincia di Modena, con il suo nome e cognome: Corrado Solieri.

Salito al Padre il 24 maggio 2006 nel giorno in cui la Chiesa onora la Madre del Salvatore, con l’appellativo di Maria Ausiliatrice, Corrado lascia dietro di sé il profumo della sua vita intes-suta di opere buone: vita donata alla famiglia, alla Parrocchia e al nostro Centro.

Vita semplice e silenziosa, così come è stato il suo trapasso, inaspettato per tutti.

Amante di Gesù, della Vergine Maria SS.ma e dei Santi come San Pio da Pietrelcina, non ha mai mancato di partecipare alla S. Messa quoti-diana, né di accostarsi alla S. Eucarestia: segno di sicura speranza. È bello poter evidenziare allora una forma di predilezione da parte del Signore per questa creatura, che ha manifestato il cedimento delle sue forze vitali in giorno di sabato – 6 maggio – alla fine di una S. Messa. In quel giorno, anche la sua ultima Comunio-ne, quale viatico che lo ha accompagnato e sostenuto nei diciotto giorni di malattia, vissuti all’interno di una stanza di rianimazione, senza possibilità di riprendere conoscenza.

È spontaneo pensare subito alle promesse di Gesù, che così disse a S. Gertrude: “A chi parte-cipa devotamente alla santa Messa, Io manderò, negli ultimi istanti della sua vita, tanti dei miei santi per confortarlo e proteggerlo quante saran-no state le Messe da lui ben ascoltate”.

Abbiamo riportato questo pensiero per dare ulteriore conforto ai famigliari di Corrado, in modo particolare alla cara moglie, la signora Vanda, con cui ha condiviso una lunga vita, costellata di gioie e di sofferenze, entrambe vis-sute ed accettate sempre con serenità. Essendosi nutrito di Dio, amando e rispettando tutto ciò che

è sacro, è stato capace di uniformarsi momento per momento alla volontà del Padre celeste, di cui ha custodito la bontà.

Altri pensieri si stanno ancora affacciando alla mia coscienza per far emergere la grandezza dell’animo nobile di Corrado, sempre pronto a capire e a intervenire portando aiuto, con gioia e con il sorriso aperto: preferisco fermarmi e dare spazio a ciò che Corrado stesso ha lasciato scritto in una sua testimonianza, quando gli fu chiesto di raccontare il suo primo “incontro” con la Serva di Dio Maria Bolognesi e altri ricordi.

Giuseppina Giacomini

Lasciamo spazio alle parole di questo amico grande e sincero, al quale diciamo: “Ora possiedi quello in cui hai creduto e sperato. Parla a Dio di noi”.

Ho un ricordo molto confuso del momento preciso in cui vidi per la prima volta Maria.

Non so precisare né il giorno né il mese né l’anno in cui con Vanda, le feci visita a casa sua: ho la convinzione che fosse da poco passata la S. Pasqua.

So per certo che la conoscemmo attraverso amici cari (Berto e Cesarina) di Finale Emilia che ci parlarono per primi di questa suora-laica da loro conosciuta, mi sembra, in montagna.

Di quel primo incontro ricordo in modo molto vivo il sorriso dolcissimo in un viso in cui si intuiva la sofferenza; la voce un po’ debole ma calda e calma; una grande serenità e una grande pace interiore.

Sembrava come se fosse da poco uscita da una malattia che l’avesse lasciata spossata ma felice.

Durante quella prima breve visita Maria non parlò mai di sé: stranamente per me non accennò al suo stato di salute, si interessò piut-tosto di noi e dei nostri figli.

A quell’incontro ne seguirono altri, abbia-mo così avuto modo di conoscerla abbastanza bene e di diventare amici.

Berto e Cesarina ci avevano detto che era una creatura particolare, che ogni tanto rice-veva la visita di Gesù e che quelle visite erano più frequenti e lunghe in certi periodi dell’anno (prima della S. Pasqua e del S. Natale).

Lei di questo non ci parlò mai, mai accennò a queste sue particolarità in tante volte in cui siamo stati intrattenuti da lei; confesso che a noi sarebbe molto piaciuto sentir parlare di certe cose e fare domande. E mai fummo presenti in uno di questi momenti. Una volta sola ci capitò di essere in casa sua in un momento che ci parve particolare. Ci eravamo accordati per andare a farle visita; era domenica pomeriggio, appena entrati Zoe anziché farci accomodare, come

sempre, in salotto dove lei stava, ci fece segno di passare nel piccolo soggiorno; per farlo, pas-sando davanti alla porta del salotto, guardammo dentro e vedemmo Maria appoggiata al mobile e a testa china.

Io e Vanda rimanemmo per un po’ di tempo da soli: non si sentiva nessun rumore e in quel silenzio ci venne spontaneo di pregare.

Dopo un po’ Maria si presentò a noi e in atteg-giamento di grande umiltà ci disse “Scusate”.

Aveva gli occhi luminosi e sorrideva.Ci colpì questo suo modo di fare e ci convin-

cemmo che quanto le accadeva era cosa sua e soltanto sua. E noi ci guardammo bene, sempre, dal fare i curiosi.

Ci intratteneva a lungo parlandoci della sua infanzia trascorsa negli stenti e nelle pri-vazioni, di quanto avesse sofferto sia nel corpo che nello spirito, ma specialmente ci parlava dei suoi poveri: di tanta gente che viveva nella più grande indigenza e che aveva bisogno di tutto, e degli ammalati.

Aveva dedicato loro tutta la sua vita: fin da giovanissima tutte le sue forze erano indiriz-zate al sollievo delle sofferenze altrui morali e materiali.

Non pensava mai a sé, ma sempre agli altri. Raccoglieva indumenti e altro e tutto distribuiva ai bisognosi; assisteva con amore gli ammalati di cui era a conoscenza andando a casa o negli ospedali e anche negli ultimi tempi, quando la sua salute la condizionava fortemente, non ascoltava chi la invitava a risparmiarsi, ma andava per assistere, aiutare e consolare.

Aveva una parola buona per tutti e si pren-deva a cuore i problemi di tanta povera gente che non aveva nessuno cui rivolgersi.

Era saggia e noi abbiamo sempre trovato inspiegabile tanta saggezza e conoscenza di problemi in lei che non era andata a scuola e aveva frequentato quasi esclusivamente poveri e ammalati.

Ora ci ha lasciato.Dio ha voluto che cessasse di soffrire ed ha

voluto vicino a sé un’anima tanto bella e pura.Sono certo che ci ha lasciato solo col corpo

e che col suo spirito e col suo amore continua ad essere in mezzo a noi che l’abbiamo conosciuta e vicina ancora di più ai poveri ed agli ammalati che tanto ha amato in terra.

Corrado Solieri

“Vieni servo buono e fedele”Corrado Solieri: l’amico del sorriso

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Finestre Aperte 15

A Maria Bolgonesi

Pennellonelle mani dell’artista divino,hai dipinto l’amoreintingendo il tuo corponella sofferenza.

L.M.

A Maria Bolognesi

c/o Centro Maria Bolognesi

Via G. Tasso, 49

45100 ROVIGO

Milano, 19 febbraio 2006

Con la presente vorrei ringraziarvi, di vero cuore, per avermi inviato la completa documentazione, relativa alla Serva di Dio Maria Bolognesi, che mi permette di appro-fondire la fede in unione di spirito con i devoti di San Pio da Pietrelcina del gruppo di preghiera di cui sono respon-sabile.

Potrò testimoniare i carismi di questa anima al mio prossimo e ringrazio lo Spirito Santo che mi ha offerto questa meravigliosa opportunità.

Colgo l’occasione di attestarvi ogni “grazia” che Maria Bolognesi, sicuramente, farà piovere dal Cielo con la soave intercessione.

Vi saluto in Cristo Gesù e in Maria SS. nostra Madre Celeste.

Michele P.

S. Pasqua 2006

Ringrazio e ricambio auguri di Grazie e di Pace, vi ricordo nella preghiera e convengo sulla Pasqua-terapia.

Con deferenti ossequi.Dev.mo

† Martino Gomierobenedicente

Ferrara, 18 aprile 2006

Vi invio questa modesta offerta «per la Canonizzazione» della Serva di Dio Maria Bolognesi chiedendo di invocare nel S. Rosario l’intercessione della Serva di Dio che tanto offriva per i Sacerdoti e i Consacrati.

Procurerò, secondo le mie possibilità, di diffondere la conoscenza della Serva di Dio e di esortare le persone ad andare sulla sua tomba e poi venire al vostro Centro per contribuire con offerte alla sua Canonizzazione.

Grazie infinite e tanti tanti complimenti per ciò che fate per questa grande Serva di Dio, che tutti soccorreva per portare anime a Dio.

Un amico

La POSTA di MARIA

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Centro Maria Bolognesi

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viene celebrata una S. Messaper la Serva di Dio

Maria Bolognesi presso il Tempio cittadino “La Rotonda” di Rovigo

In anteprima...

Sabato 20 ottobre 2006ore 20.30 Incontro di approfondimento sulla vita della Serva di Dio presso il Teatro di Bosaro (RO)

Domenica 21 ottobre 2006

ore 10.30 S. Messa 82° Anniversario della nascita di Maria Bolognesi presso la Chiesa parrocchiale di S. Sebastiano - Bosaro (RO)

a seguire

Inaugurazione della Piazza intitolata alla Serva di Dio

... i dettagli nel prossimo numero!