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inter Periodico di cultura e curiosità sull’ambiente montano della Sottosezione CAI “Cani Sciolti” di Cavriago (RE) O ggi, 22 gennaio 2012, all’apertura ufficiale dell’anno escursionistico 2012 dei Cani Sciolti, siamo in 44 a percorrere il sentiero che da Camogli (località San Rocco) ci porterà prima a San Fruttuoso, poi a Portofino. E’ una mattinata non fredda ed il cielo è coperto. Col trascor- rere del tempo, le schiarite si fanno sempre più ampie e la pausa-pranzo nella cala di San Fruttuoso ci regala un piace- vole tepore. San Fruttuoso è un luogo isolato che per 15 ore e mezzo ogni giorno perde i contattti col mondo. L’ultimo traghetto parte alle 17:00 e il primo del giorno successivo arriva alle 08:30. La ricettività è limitata a 7 camere messe a disposizione dal- la famiglia Bozzo, stirpe pulricentenaria di albergatori. San Fruttuoso è una cala con una spiaggia lunga venti metri formatasi dopo la devastante alluvione del 1915. Oggi c’è un’Abbazia trasformata in museo, una chiesa, un chiostro ed una cripta con le tombe dei Doria. Isolata si tro- va la torre di guardia fatta costruire dall’ammiraglio Andrea Doria nel XVI secolo a protezione dell’Abbazia. La nascita del cenobio si perde nella leggenda: traslazione di San Fruttuoso dalla Spagna avvenuta in un periodo incerto, sospeso tra il III e il VII secolo. La storia dice che in questo luogo intorno al Mille c’è un convento, una chiesa e un chio- stro tenuto dai Benedettini. Ricominciamo Oriana Torelli Sabato 17 marzo 2012 ore 20:30 presso il CSA “I Boschi” - Puianello Pesciolata dei Cani Sciolti Per prenotazioni è possibile rivolgersi a: Claudio Castagnetti 340.4675812 Paolo Bedogni 339.8416731 Elio Pelli 340.7273977 Montagna e storia Elio Pelli - Giovanni Ferroni Breithorn e Zebrù Piero Sassi - Alberto Fangareggi I “Mille” sono 101 Paolo Bedogni 3-5 6-7 8 anno XV - numero I (pubb. n° 32) marzo 2012 Supplemento a “Paese Nostro” - Periodico bimestrale dell’Amministrazione comunale di Cavriago Direttore responsabile Giuseppe Guidetti - AUT. TRIB. REGGIO EMILIA N. 288 DEL 16/10/1970 da qui continua a pag. 2 > Click! Cliccando sugli indirizzi Internet presenti nel testo, potrai visitare i siti Web selezionati e proposti per approfondire la tua lettura

Internos marzo 2012 (n° 32)

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Periodico di cultura e curiosità sull’ambiente montano della Sottosezione CAI “Cani Sciolti” di Cavriago (RE)

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interPeriodico di cultura e curiosità sull’ambiente montano della Sottosezione CAI “Cani Sciolti” di Cavriago (RE)

Oggi, 22 gennaio 2012, all’apertura ufficiale dell’anno escursionistico 2012 dei Cani Sciolti, siamo in 44 a percorrere il sentiero che da Camogli (località San

Rocco) ci porterà prima a San Fruttuoso, poi a Portofino.E’ una mattinata non fredda ed il cielo è coperto. Col trascor-rere del tempo, le schiarite si fanno sempre più ampie e la pausa-pranzo nella cala di San Fruttuoso ci regala un piace-vole tepore.San Fruttuoso è un luogo isolato che per 15 ore e mezzo ogni giorno perde i contattti col mondo. L’ultimo traghetto parte alle 17:00 e il primo del giorno successivo arriva alle 08:30.La ricettività è limitata a 7 camere messe a disposizione dal-la famiglia Bozzo, stirpe pulricentenaria di albergatori.San Fruttuoso è una cala con una spiaggia lunga venti metri formatasi dopo la devastante alluvione del 1915.Oggi c’è un’Abbazia trasformata in museo, una chiesa, un chiostro ed una cripta con le tombe dei Doria. Isolata si tro-va la torre di guardia fatta costruire dall’ammiraglio Andrea Doria nel XVI secolo a protezione dell’Abbazia.La nascita del cenobio si perde nella leggenda: traslazione di San Fruttuoso dalla Spagna avvenuta in un periodo incerto, sospeso tra il III e il VII secolo. La storia dice che in questo luogo intorno al Mille c’è un convento, una chiesa e un chio-stro tenuto dai Benedettini.

RicominciamoOriana Torelli

Sabato 17 marzo 2012ore 20:30

presso il CSA “I Boschi” - Puianello

Pesciolatadei Cani Sciolti

Per prenotazioni è possibile rivolgersi a:Claudio Castagnetti 340.4675812

Paolo Bedogni 339.8416731Elio Pelli 340.7273977

Montagna e storiaElio Pelli - Giovanni Ferroni

Breithorn e ZebrùPiero Sassi - Alberto Fangareggi

I “Mille” sono 101Paolo Bedogni

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2 Internos - Marzo 2012

InternosRedazione a cura di Oriana Torellitel. [email protected]

Internos è nato nel 1998da un’idea di Paolo Bedogni

Pubblicazione n° 32 Marzo 2012

Sottosezione CAI “Cani Sciolti” via Roma, 14 - Cavriago (RE)www.caicavriago.altervista.org

Non fraintendetemi: non stiamo dando di testa. I numeri che voglia-mo darvi sono quelli che riassumono la nostra attività nel 2011. Vedrete che non saranno solo aride e sterili cifre, ma vi racconteranno di tanto impegno e tanta passione.Naturalmente non abbiamo la pre-sunzione di essere perfetti. Guai a noi. Tutto può essere migliorato e nuove idee possono trovare realiz-zazione. Per questo è necessario il contributo del maggior numero di persone possibili.Per questo la nostra Sottosezione ha scelto di darsi un Consiglio (per le Sottosezioni non sarebbe richie-sto) e di rinnovarlo ogni tre anni con l’elezione dei consiglieri da parte dei soci. Crediamo sia il modo migliore per dare all’associazione la necessaria continuità ma anche il necessario rinnovamento.Siamo convinti della validità di que-sta scelta e credo che i risultati fin qui raggiunti ci diano ragione.

I numeri, dunque. I primi dati riguar-dano le escursioni:- 27 erano in programma- 22 sono state effettuate- 420 i partecipanti totali

Oltre a quelle in calendario è poi stata organizzata un’escursione per bambini e famiglie che ha visto la presenza di 7 bambini e 7 genitori, oltre agli accompagnatori.E’ l’inizio di una nuova esperienza, che ci auguriamo si sviluppi e dia ot-timi frutti nel tempo.Se vogliamo raccogliere, bisogna pur cominciare a seminare.

Veniamo agli altri eventi che abbia-mo organizzato (anche se in alcuni casi non abbiamo che una stima ap-prossimativa della partecipazione):- 300 circa sono stati i visitatori della mostra fotografica “Gli orizzonti verticali di Tonino Zanghieri” che ab-biamo allestito nella nostra sede tra il 26 marzo ed il 4 aprile- 200 circa gli spettatori alle serate

di Cinemontagna del 17 e 24 maggio- 170 i partecipanti alla gnoccata del 21 luglio- 63 i convenuti al pranzo di chiusura dell’anno escursionistico il 13 no-vembre- 100 circa i partecipanti alla serata con l’alpinista Fabrizio Molignoni il 18 novembre- 2 i numeri finora pubblicati del nuovo Internos. Potrebbe sembrare un dato insignificante, ma riveste grande importanza perchè segna la rinascita del nostro periodico, dopo la costituzione di una vera e propria redazione, l’ideazione di una nuova veste grafica e l’utilizzo di In-ternet per la divulgazione ai soci.Naturalmente la redazione sarà ben felice di ricevere da tanti di noi arti-coli e contributi da pubblicare- 2.757 sono stati i contatti sul nostro sito Web (caicavriago.altervista.org)- 7.192 le pagine consultate- 10 gli sponsor che hanno accettato di sostenerci ed ai quali va il nostro ringraziamento

Come dicevo all’inizio, numeri che parlano. Ma ne manca ancora uno, forse quello che chiude più degna-mente questa serie di cifre, quello che corona tutti i nostri sforzi e che ci inorgoglisce anche un po’: 246.E’ il numero dei nostri soci. E’ il numero che pone la nostra Sottose-zione al primo posto tra tutte quelle del CAI di Reggio Emilia.

Quindi un sentito grazie a tutti, dal primo all’ultimo. E grazie, soprat-tutto, a tutti coloro che danno un po’ del loro tempo, della loro intelligen-za e della loro passione a beneficio di tutti. E, se possibile, auguriamoci che il 2012 vada anche meglio.Le premesse non mancano.

Un caro saluto,

Paolo Fontana

Reggente della Sottosezione CAI“Cani Sciolti” di Cavriago

Qui Cani Sciolti - Notizie dalla Sottosezione

Diamo i numeri...

> segue dalla prima pagina

Nel XIII secolo l’Abbazia ha l’aspetto che vediamo ora e l’Abate è diven-tato un potente feudatario, grazie a donazioni importanti.Questo perchè l’eremo sorge su un luogo di potere: c’è una sorgente an-cora attiva presente nelle carte dei naviganti fin dal Medio Evo. Qui si approvvigionavano d’acqua le imbar-cazioni che solcavano il Mar Tirreno. Allora ini-ziano le lotte per imposses-sarsene: i pirati, i saraceni...Andrea Doria si fa così protettore del luogo. La famiglia riceverà come compenso la commenda sull’abbazia e molti saranno gli abati Doria. Nel 1855 la famiglia Doria acquista San Fruttuoso dallo Stato italiano.Nel 1982, i principi Doria Pamphili donano il complesso al Fai, che re-staura gli edifici riportandoli alla struttura del XIII secolo.Un luogo affascinante, dalla storia affascinante: spero che queste righe inducano chi ancora non lo conosce a farsi una lunga e faticosa scarpinata per scoprirlo.La sorpresa ripagherà ampiamente la fatica.

Questo numero di Internosè dedicato ad un amico.

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www.valledeicavalieri.itwww.vallideicavalieri.itit.wikipedia.org/wiki/Valle_dei_Cavalieri

3 Internos - Marzo 2012

Una delle ragioni che spinge la Commissione Sentieri ad aprire nuovi tracciati non è un

raptus di megalomania autolesioni-sta (poi ci vuole chi faccia manuten-zione!), ma una vocazione naturale a recuperare gli antichi percorsi dei pellegrini, dei commercianti, dei briganti, degli eserciti e degli abitan-ti della montagna, ora ridotti a tracce di sentieri o sfruttati come forestali.Una di queste strade sarà ripristinata in primavera ed è l’antichissima Via Parmesana, la direttrice che, par-tendo da Sassalbo, arrivava al Passo della Scalucchia per poi dividersi in alcuni rami: da Vallisnera-Collagna (ramo “Resano”), a Pieve San Vincen-zo e Ramiseto, quindi a Parma.Tale via è stata per secoli strada di confine tra il ducato di Parma e quello Estense, e per questo fu motivo di innumerevoli attriti: una volta per una mera questione di cip-pi di confine, un’altra per i pascoli, il fienaggio, il legnatico o lo sfrutta-mento delle acque.Addirittura, la stessa località veniva chiamata in due modi diversi addu-cendo ulteriori occasioni di conflitti e incertezza della ragione.Ma procediamo con ordine.

Tutto inizia nel 950 d.C., con la con-cessione da parte di Ugo Marchese di Toscana dei terreni dell’alta valle dell’Enza ai suoi fedeli Cavalieri Vas-salli e confermata e anzi allargata ai suoi Visconti da Bernardo Conte di Parma nel 1015. Da qui risalirebbe la denominazione di “Valle dei Cava-lieri”.L’antica Pieve di San Vincenzo, ci-tata in una carta del 1197, è stata per vari secoli il centro spirituale più importante della “Valle”. L’illustre studioso Riccardo Finzi la annovera tra le Pievi matildiche (o forse pre-matildiche) ormai ridotte in pessime condizioni (Finzi annotò che il ter-remoto del 1920 non distruggeva che un rudere). Nel 1943, tramite sottoscrizione, fu possibile provve-

dere alla sua ricostruzione. Con la riapertura nel 1946, dato che la località era considerata il “Centro per l’emigrazione delle domestiche di tutto il mondo”, la Pieve venne elevata a Santuario Nazionale delle Domestiche.

Su questa Via si incontra un altro sito di rilevanza storica: il Monte Ledo.Secondo lo storico Prof. Giulio Cavalieri, stando a quanto riferito da Tito Livio, proprio nei pressi del monte (Mons Letus), sopra il Passo Scalucchia sul-la via Parmesana, si svolse nel 176 a.C. l’ultima battaglia tra i Liguri Montani dell’Appennino Reggiano e i Romani del Console Quinto Petilio.In seguito a questa sconfitta una parte dei Liguri venne portata schiava in Roma, mentre un’altra parte riuscì a fuggire isolandosi in Sassalbo e in altri paesini della Lunigiana. Il “nuovo” sentiero che ripercorre l’antica via, nella nuova cartografia CAI, prenderà il numero 677.Partendo da Ramiseto, passerà per il centro di Montemiscoso poi, attra-versato la Bandita, toccherà il Rifugio Pratizzano, quindi il Monte Ledo, il Passo Scalucchia, le sorgenti di Capiola e il Passo dell’Ospedalaccio, per terminare il percorso giù a Sassalbo.

Montagna e storia

Valle dei Cavalieri e Via ParmesanaElio Pelli

Bibliografia

G. Bortolotti:Guida dell’Alto Appennino Parmense e Lunigianese, 1996

G. Cavalieri:La conquista romana della montagna reggiana, 1991

G. Micheli:Le Valli dei Cavalieri, 1977

R. Finzi:La vecchia e la nuova chiesa di Pieve San Vincenzo, 1963

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4 Internos - Marzo 2012

L’acqua è il bene più prezioso che le montagne forni-scono all’uomo, specialmente agli abitanti delle pianure. Ho ritenuto quindi interessante socializzare queste note relative all’opera che per più di mille anni ha fornito alla nostra città questo bene, non senza qualche difficoltà: il Canale di Secchia, già citato nel trattato della Pace di Costanza del 1183 e rimasto in uso fino al XX secolo.

Reggio Emilia, fondata e alimentata sul conoide del vec-chio Crostolo, è stata per secoli - dall’alto Medio Evo, alla fine dell’Ottocento - condizionata per il proprio sviluppo e la sopravvivenza dall’accesso all’acqua proveniente dal fiume Secchia. Nel 1720, il cronista reggiano Ban-zoli - canonico della Cattedrale e autore dell’”Atlante Storico Reggiano” - dichiara che «senza questa acqua non si potrebbe mantenere questo popolo».

Intorno all’anno Mille, era già attivo il Canale di Sec-chia: portava l’acqua alla pianura sud-orientale prima di arrivare alla città, nella quale era spesso insufficiente l’acqua torrentizia del solo Crostolo e che quindi per sec-oli si alimentò, crebbe e sopravvisse solo grazie al canale (detto anche “Canale Grande”). La distribuzione della sua acqua nel reticolo della città fu, sempre secondo il Banzoli, una «mirabilia di efficienza».Dall’entrata nella zona di Porta Castello, il Canale si di-videva in quattro rami principali, dai quali se ne diparti-vano altri secondari, utilizzati da tutta la cittadinanza per lo svolgimento di molteplici funzioni. L’acqua serviva in-nanzitutto a convogliare le acque derivanti da piogge o neve, gli scoli delle case private e degli opifici, scoli che ristagnando ammorbavano l’aria, dal momento che tutta la rete era a cielo aperto.

Col tempo, all’interno del perimetro cittadino e sul reti-colo dei canali, giunsero ad essere in funzione una set-tantina di opifici: mulini per macinare cereali e le so-stanze vegetali necessarie per le concerie; laboratori artigianali che sfruttavano la forza idrica del Canale per azionare magli e mole per l’affilatura dei metalli; seghe-rie e cartiere; impianti per la follatura dei tessuti (per renderli morbidi e compatti, venivano immersi nell’acqua

Montagna e storia

Un canale importante come un fiumeGiovanni Ferroni

e battuti da un meccanismo composto di mazze azionato con la forza idrica) e per l’indotto tessile.L’industria della lana era già fiorente nel 1200, mentre quella della seta iniziò nel 1502 grazie ad un setaiolo genovese. Il più grande filatoio di seta sorse a Porta San-ta Croce ed è l’edificio in cui oggi ha sede la Camera del Lavoro.Nel 1847, il Consigliere di Stato Conte Ippolito Malaguzzi, presidente della Società Agraria, riferisce che all’epoca il Canale di Secchia «metteva in moto 147 ruote da mulino, una ferriera, una cartiera, cinque pile da riso ed altri opifizi, insieme 31 di numero, ed inoltre bagnava in totale 12.969 biolche di terra».

Già prima, a seguito del grande sviluppo manifatturiero e alla crescita del fabbisogno idrico, sorsero spesso conflitti tra i mugnai ed i setaioli. Dovette più volte in-tervenire il governo cittadino, a privilegiare prima di tutto il prelievo dell’acqua per il consumo umano, per cause di sanità e per l’alimentazione del bestiame: è il caso dell’agosto 1657, quando di fronte all’emergenza si decise, di autorità, la chiusura delle bocche per i filatoi, al fine di consentire il funzionamento dei mulini (ai quali spettava comunque la precedenza).

E’ del 1466, invece, la concessione del Consiglio Cittadino al Signore di San Martino Sigismondo d’Este (fratello del Duca Borso D’Este, ed in suo nome Governatore della cit-tà) di derivare dal Canale di Secchia un canale secondario, ad Est della città, aperto tutto l’anno per alimentare un mulino (che poi divennero cinque, più una cartiera) con il solo obbligo di restituire le acque al collettore a valle.Questa derivazione, effettuata al “Buco del Signore”, consentì il sorgere di parecchi opifici, ma spesso e volen-tieri “assetava” la città. In seguito a nuove trattative gli Este accettarono che nei giorni in cui il mulino era fermo l’acqua tornasse a disposizione degli abitanti.

Già dieci anni prima, il Duca Borso d’Este aveva prov-veduto al riordino del Canale di Secchia e alla costruzione della “Botte meravigliosa”, cioè al passaggio in muratu-ra sotto al Tresinaro a Fellegara.

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Nell’agosto 1456 iniziarono i lavori, coordinati da un co-mitato cittadino di 30 persone, con 4.310 fra sterratori, muratori e garzoni; da San Martino in Rio giunsero 460 uomini, da Scandiano vennero «mille barocci di ghiaia e cento moggi di calcina».Tra le belle Tavole Illustrate del Banzoli figura quella del corso del Canale a monte della città: vi sono indicate le “botti”, le “navi” e le “chiaviche” per l’attraversamento (da sotto o da sopra) dei torrenti e canali intersecati.Questi manufatti, in gran parte in legno, necessitavano di un’assidua ed onerosa manutenzione alla quale si dove-va continuamente provvedere da parte del Comune (da sempre l’unico proprietario), con disposizioni ad hoc, che coinvolgevano e responsabilizzavano anche chi pote-va usufruire dell’acqua.

Ma il governo cittadino aveva dovuto già prima (ed in modo ben più impegnativo) interessarsi all’acqua del Ca-nale ed alla sua captazione nel Secchia, a Castellarano. Nel 1201, infatti, i Modenesi rivendicarono il possesso esclusivo del fiume in quella zona (dove il fiume, arri-vato alla pianura, devia inesorabilmente all’interno della pianura modenese): ne sorse un conflitto armato, termi-nato con la battaglia vinta dai Reggiani a Formigine, a seguito della quale fu concordata un’equa spartizione delle acque.

Non mancarono dissidi anche nei secoli successivi, con interventi a tutela degli interessi di Modena (sede del Ducato): l’immissione in Secchia a sud di Magreta del Rio di Spezzano (tramite la Fossa di Corlo-Magreta) deter-minò nel tempo una propensione della corrente princi-pale del Secchia verso la sponda reggiana con relativo danneggiamento, al quale si provvide in seguito con la costruzione di una muraglia.

Con l’arrivo della energia elettrica e la realizzazione della rete acquedottistica ad uso civile, la funzione industria-le e sociale del Canale declinò velocemente.Nel frattempo, si era provveduto alla copertura della rete dei canali all’interno del perimetro cittadino: i con-dotti tuttora attraversano Reggio sotto il piano stradale.

Dopo aver “servito” la città, alla sua uscita verso Nord l’acqua del Canale veniva convogliata assieme a quella proveniente dal Rodano e altri torrenti nel Canalazzo, che serviva anche da idrovia per il Po (con biforcazione da “Le Rotte“, con un canale verso Bagnolo-Novellara ed un altro verso Guastalla): data l’incostante quantità di acqua disponibile, la navigazione su tali canali fu sem-pre abbastanza sofferta, ma comunque di primaria im-portanza per le comunicazioni verso una pianura ancora in gran parte coperta da paludi ed acquitrini.

Nella gestione del Canale importantissima fu la figura del dugarolo, incaricato della distribuzione delle acque per l’irrigazione e della repressione dei frequenti abusi e furti: un mestiere duro e difficile, mal pagato e spesso fatto oggetto di tentativi di “accomodamento”.Un’altra presenza quotidiana sul Canale fu quella delle lavandaie: il loro durissimo lavoro, specie d’inverno, causava gravi malattie polmonari.

Spiace che questa opera che ha “servito“ la città per tanti secoli versi ora nel disuso e nell’oblio, specie dopo l’interramento proprio nella zona del Buco del Signore.Va dato atto alla ex Circoscrizione 5 di aver recentemente provveduto ad un’iniziativa di riqualificazione, sisteman-done il tratto scoperto e allestendo un percorso con pan-nelli lungo la pista da Via Maiella a via Benedetto Croce.Un’opportuna occasione di visita anche per gli amanti della nostra montagna, di cui questa opera può essere considerata parte integrante.

Bibliografia

G. A. BanzoliAtlante Storico Reggiano, 1985

AA. VV.La Pianura. Caratteri ed evoluzione dell’ambiente naturale della pianura reggiana, 1988

Municipio di Reggio Emilia (a cura di)I Canali di Secchia e d’Enza, 1881-1885

A fianco:

Il Canale di Secchia ed il Canale del Buco del Signore in una plani-metria tardo-ottocen-tesca

(1882, Archivio storico del Comune di Reggio Emilia)

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23-24 giugno 2012

Escursione alpinistica al

Breithorn Occidentale(4.165 mt.)

Per informazioni è possibile rivolgersi a:Paolo Fontana 333.3306244Alberto Fangareggi 335.6417639

A sinistra:Il Breithorn e il Piccolo Cervino dal Colle del Teodulo.Illustrazione pittorica inserita nella guida “Italian Val-leys”, redatta dal reverendo S. W. King e pubblicata a Londra nel 1858 A destra in alto:Foto da it.wikipedia.org

A destra in basso:Foto di Antonio Giani (summitpost.org)

6 Internos - Marzo 2012

Nella storia dell’alpinismo, conclusasi la grande epopea del Monte Bianco, seguì un certo periodo di stasi: quasi una sorta di ripensamento e valu-

tazione degli accadimenti dovuti all’infrangersi di tutti i grandi tabù legati fino ad allora a questi luoghi così iso-lati dai territori circostanti, avvolti da misteri e leggende di ogni tipo, fino ad essere ritenuti sedi di presenze ma-ligne.Tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, il seme del-la curiosità, unito al desiderio di emulare il coraggio e l’intraprendenza di H. B. de Saussure, spinse gli spiriti irrequieti a guardarsi intorno per cercare altri obiettivi degni di interesse. Da Torino e da Milano nelle giornate serene si vedeva il versante Sud del Monte Rosa, già no-tato e descritto in parecchie relazioni di viaggio anche molto antiche. Lo stesso Leonardo da Vinci lo pose da sfondo in alcuni ritratti eseguiti durante il suo soggiorno a Milano. Non poteva, quindi, che essere il Monte Rosa la meta di questi spiriti inquieti.

Aspettando l’estate e l’alpinistica nel cuore del Monte Rosa

Breithorn, storia di una conquistaPiero Sassi

Dopo qualche tentativo malcombinato, Pietro Giorda-ni, medico di Alagna, raggiunse nel 1801 un’importante punta dell’acrocoro, oggi nota come Punta Giordani.Nel 1817, fu la volta del Dr. Parrot. Nel 1819, J. N. Vin-cent raggiunse la famosa Piramide Vincent. Arrivò poi la Punta Zumstein, vinta da J. Zumstein, un piemontese che la salì in compagnia di Vincent sempre nel 1819.

Il Breithorn fu salito per la prima volta nel 1813 (siamo quindi in vista del bicentenario) dal francese Henry May-nard, del quale non si ebbe più alcuna notizia. Nel 1821, arriva Sir John Harscel con un amico ed una guida di Chamonix Joseph Marie Couttet. Il gruppo è ospite del curato di Zermatt, col quale ebbe modo di lamentarsi per l’indesiderata compagnia di milioni di “parassiti”.Nel 1830, Lord Minto organizzò un’altra ripetizione. Fu una vera svolta tecnica, in quanto la salita venne conce-pita secondo un approccio del tutto rivoluzionario: per la prima volta si utilizzò il sistema della cordata.

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7 Internos - Marzo 2012

Il Monte Zebrù è una delle cime più importanti del gruppo Ortles-Cevedale. E’ una cima meno conosciu-ta e meno frequentata dei più famosi Ortles e Gran

Zebrù fra i quali è situato, ma comunque una bella mon-tagna da scalare con livello di difficoltà PD.

Dalla Valfurva andiamo lungo la bellissima e selvaggia Val Zebrù fino alla Baita Pastore. Da qui iniziamo a salire verso il Rifugio “V°Alpini”.Acceleriamo l’andatura per evitare il temporale che si sta avvicinando: già si sente tuonare nella valle. Più tardi, ful-mini e pioggia a dirotto per alcune ore.Arriviamo infine al Rifugio, a 2.878 metri di quota.

Siamo un gruppo di quindici Cani Sciolti con due guide: Giulio e Luca. Alla sera con Giulio facciamo un ripasso di nodi, manovre di corda e progressione su ghiacciaio.Buona la cena al rifugio molto ben gestito.

La sveglia il giorno dopo è alle 4:00.Alle 5:15 siamo pronti per partire, dopo una sostanziosa colazione. Il tempo è buono e dovrebbe essere stabile per tutta la giornata. Una breve salita ci porta al limite del ghiacciaio. Ci leghiamo in quatto cordate. Procediamo in progressione sul ghiacciaio con ramponi e piccozza. Il ghiacciaio è dapprima scoperto, quindi i crepacci si vedono molto bene e non è un problema evi-tarli. Più avanti c’è più neve e si deve prestare attenzione per vedere dove si aprono i numerosi orridi.Dopo tre ore di salita arriviamo al Giogo Alto, a 3.527 metri, dove si trova un bivacco. Davvero bellissima la vetta rocciosa e aguzza della Thurwieser, sotto la quale

Cani Sciolti (questa volta ben legati tra loro) ancora in vetta

Ascesa al Monte ZebrùAlberto Fangareggi

siamo passati. Vista sull’Ortles di cui si distringue il per-corso della via Hintergrat. Sopra di noi la salita che porta alla vetta del Monte Zebrù.

Inizia la parte più impegnativa della scalata. Formiamo ora tre sole cordate e accorciamo le distanze.Iniziamo a salire. La pendenza arriva a 35°-40° ma la neve è ottima, quindi si procede bene, almeno fino alla crepac-cia terminale. Oltre questa la pendenza arriva fino a 45° e la neve è molto più dura e ghiacciata in quanto ci spos-tiamo un poco su un altro lato della montagna.Giulio predispone un pezzo di corda fissa che ci fa salire con più sicurezza. Progressione fantastica, bellissima sa-lita. Finalmente siamo in vetta, a 3.740 metri, dopo ben 4 ore e mezza di ascensione.La vista sulla parete nord del Gran Zebrù è fantastica. Poi Ortles, Thurwieser e tutte le tredici Cime dal Tre-sero al Cevedale.

Rimaniamo un poco in vetta per goderci il panorama e fare fotografie, poi inizia la discesa fino alla crepaccia terminale.Si procede piantando le punte dei ramponi e facendo si-curezza con la becca della picozza. Sempre la corda fissa come aiuto nel tratto più ripido.Dopo la crepaccia scendiamo tranquillamente al Giogo Alto. Qui ci fermiamo per rifocillarci e riposarci un poco. Il tempo si mantiene bello stabile e non abbiamo alcuna fretta. Poi discesa lungo il ghiacciaio crepacciato.Arriviamo al Rifugio “V°Alpini”, dove sostiamo per poi proseguire la discesa giù alla Baita Pastore: lì ci raccol-gono le fuoristrada per riportarci in Valfurva.

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8 Internos - Marzo 2012

L’elenco che segue è quello delle 101 cime del nostro Appennino che superano quota 1.000.

Le normali guide ai sentieri non vi si soffermano spesso, limitandosi a ripercorrere le piste bianco-rosse: l’anima dell’esploratore dentro og-nuno di noi ci spinge però ad uscire da quanto “seminato” dai Pelli e dai Soncini nelle loro tracciature...

Da qui scaturisce l’idea di stimolare i nostri lettori a raccontarci qualcosa di più su queste cime, anche le più sconosciute.

L’elenco (rimasto nel cassetto più di dieci anni) è già stato aggiornato secondo le carte geografiche del CAI, ma è aperto ad altre annotazioni.

Vorremmo derivarne un’associazione (I “Mille“ dell’Appennino Reggia-no), un po’ sulla falsariga del Club dei 4.000 di Macugnaga.

I “Mille” dell’Appennino

(da un’idea di) Paolo Bedogni

Cu Monte Cusna (2.121) +

Cu Monte La Piella (2.077)

Cu Sasso del Morto (2.076)

Pr Monte Prado (2.054) +

Su Alpe di Succiso (2.017) +

Pr Monte Vecchio (1.982)

Su Monte Casarola (1.978)

Pr Monte Cipolla (1.961)

Pr Sassofratto (1.950)

Pr Monte Cella (1.942)

Pr Monte Castellino (1.922)

Su Monte Alto (1.904)

Cu Alpe di Vallestrina (1.904)

Nu Monte La Nuda (1.895) +

Cu Monte Ravino (1.882)

Su Punta Buffanaro (1.878)

Si Monte Sillano (1.874) +

Ca Monte Cavalbianco (1.855) +

Si Monte di Soraggio (1.850)

Si Le Porraie (1.835)

Pr Le Forbici (1.818)

Nu Cima Belfiore (1.815)

Su Il Torrione (1.814)

Cu Cima Battisti (1.803)

Cu Spicchio Abetia (1.785)

Si Il Monte (1.782)

Nu Torrione Tre Potenze (1.771)

Pr Monte Ravaianda (1.759)

Ca Colle Brancia (1.764)

Pr Monte Giovarello (1.760)

Si Monte Belfiore (1.760)

Cu Monte Bagioletto (1.758)

Su Monte Acuto (1.756)

Si Monte Asinara (1.750)

Nu Vetta del Forame (1.742)

Nu Monte Ischia (1.732)

Cu Monte La Contessa (1.731)

Ve Monte Ventasso (1.727) +

Nu Monte Scalocchi (1.727)

Pm Monte Cisa (1.699)

Pm Monte Prampa (1.698) +

Cu Monte Mangiardonda (1.696)

Su Monte Ramiseto (1.685)

Si La Paduletta (1.676)

Nu Il Puntone (1.645)

Su La Tecchia dei Corvi (1.621)

Nu Il Forame (1.617)

Ve Punta di Salteria (1.525)

Ve Monte Pastorale (1.502)

Pm Il Botrio (1.502)

Ve Il Corno (1.492)

Cu La Penna di Civago (1.464)

Su Monte Ramiceto (1.441)

Ve Monte Campastrino (1.439)

Su Monte Piano (1.419)

Nu Monte Maccagnino (1.396)

Ve Monte Groppo (1.395)

Cu Monte Beccara (1.368)

Su Monte Ospedalaccio (1.361)

Su Monte Fugacciaro (1.356)

Ve Monte Giovagallo (1.355)

Ve Monte Volparino (1.337)

Si Monte Segale (1.328)

Su Monte Ledo (1.318)

Su Corno del Becco (1.277)

Nu Monte Zuccalone (1.276)

Su La Sparavara (1.271)

Pm Monte Torricella (1.262)

Nu Colle del Lupo (1.261)

- Monte Penna (1.261) *

Su Monte Alpicella (1.248)

Ve La Tesa (1.237)

Ve Costa dei Ronchi (1.236)

Ve Le Orsarecce (1.216)

Nu Poggio Colombara (1.208)

Su La Borellaccia (1.207)

Ve Pietra di Pratizzano (1.124)

Ve Le Scalette (1.203)

Pm Monte Mezzano (1.188)

Pm Poggio di Sologno (1.178)

Su Monte Guardia (1.169)

Pm Monte Rimondatino (1.164)

Nu Il Monte (1.158)

Pm Pietra Fosca (1.148 )

Si Il Groppo (1.147)

Su Costa del Magnano (1.137)

Ve Monte Segalari (1.139)

Pm Monte Giardonda (1.135)

Ve Monte Ferrarino (1.134)

Su Colle Ceredo (1.119)

Si Monte di Ligonchio (1.099)

Su Monte Lungo (1.097)

Ca Colle Albuceto (1.089)

Ve Monte Alto (1.084)

- Poggio Faggiola (1.076)

Su Castellonchio (1.052)

Pm Monte delle Forche (1.051)

- Pietra di Bismantova (1.047)

Ve Il Poggione (1.034)

Pm Monte Regnolo (1.028)

- Monte Fiorino (1.017)

La nostra montagna è stata sud-divisa in 8 gruppi, cui fanno capo le cime più significative, individuate secondo criterio personale.

Cu Monte Cusna

Pr Monte Prado

Su Alpe di Succiso

Nu Monte La Nuda

Si Monte Sillano

Ca Monte Cavalbianco

Ve Monte Ventasso

Pm Monte Prampa