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Un corso pratico di partimento Giorgio Sanguinetti Università di Roma - Tor Vergata A.A. 2006/7 Partimenti del Sig. Leonardo Leo, c. 1r, ms. 1a metà sec. XVIII (I-Nc 22.1.26/2) Introduzione Definizione Il partimento è uno speciale sistema di notazione utilizzato prevalentemente come strumento didattico finalizzato all'apprendimento della composizione, inventato agli inizi del 18° secolo in Italia, e specialmente a Napoli, e in seguito diffusosi in tutta Europa. Esso può essere considerato una specializzazione 1

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Un corso pratico di partimento

Giorgio Sanguinetti

Università di Roma - Tor Vergata

A.A. 2006/7

Partimenti del Sig. Leonardo Leo, c. 1r, ms. 1a metà sec. XVIII

(I-Nc 22.1.26/2)

Introduzione

Definizione

Il partimento è uno speciale sistema di notazione utilizzato prevalentemente

come strumento didattico finalizzato all'apprendimento della composizione,

inventato agli inizi del 18° secolo in Italia, e specialmente a Napoli, e in seguito

diffusosi in tutta Europa. Esso può essere considerato una specializzazione del

basso continuo: a differenza di quest'ultimo, la cui funzione è

l'accompagnamento di una o più parti melodiche, il partimento è

autosufficiente.

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Nella sua forma più elementare, il partimento è un esercizio derivato dalla

pratica del basso continuo, da realizzare estemporaneamente alla tastiera.

Tuttavia, quella del basso cifrato è solo una delle forme sotto la quale si può

presentare il partimento. Nelle sue forme più evolute, la cifratura scompare e

al posto di una linea di basso, si alternano frammenti melodici appartenenti a

tutte le voci nelle chiavi relative a ciascuna di esse: in questo modo il

partimento prende l'aspetto, più che di un basso continuo, di un abbozzo di

composizione.1 Lo studente, avvalendosi di questa traccia, doveva completarla

realizzando una composizione per tastiera quale una toccata, un movimento di

sonata, o, nei casi più complessi, una fuga, sempre in forma non scritta, ma

estemporanea.

Il fatto che il loro utilizzo fosse prevalentemente in campo didattico non deve

far pensare ai partimenti come ad esercizi aridi e antimusicali. Prima di tutto,

nel Settecento non esisteva ancora la netta separazione, portata dall'Idealismo,

tra scuola e arte: ars ed exercitium, Kunst e Übung erano facce inseparabili

della creazione musicale (su questo vedi il paragrafo seguente). Poi, molte

raccolte di partimenti sono opere di celebri musicisti, come Leonardo Leo,

Francesco Durante, Pasquale Cafaro, Giovanni Paisiello e molti altri, i quali

mettevano nella composizione dei partimenti non meno cura di quella che

mettevano nelle loro opere non didattiche.

La durevole fortuna del partimento, e la sua diffusione universale (confermata

dalla dispersione delle raccolte manoscritte di partimenti nelle biblioteche di

tutta Europa) testimoniano l'enorme efficacia di questo strumento, sul quale si

formarono tutti i compositori italiani (e non solo) tra il Settecento e la prima

metà dell'Ottocento.

Il partimento tra arte ed esercizio

1La migliore definizione di partimento è di Friedrich Lippmann: «lo schema di un brano

polifonico indicato su una voce che, con frequenti cambiamenti di chiave, consista in

parte di elementi di basso cifrato, in parte di tratti tematici, e che possa servire da

base per un'esecuzione più o meno improvvisata del brano su uno strumento a

tastiera.» FRIEDRICH LIPPMANN, Sulle composizioni per cembalo di Gaetano Greco, in La

musica a Napoli durante il Seicento, a cura di Domenico Antonio D'Alessandro e

Agostino Ziino, Roma, La Torre d'Orfeo, 1987, pp. 285-306: 287.

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I primi esempi di partimento che sono arrivati fino a noi risalgono ai primi anni

del Settecento, ad opera di Bernardo Pasquini, Alessandro Scarlatti, Gaetano e

Rocco Greco, e Pasquale Fago. Questi primi partimenti non erano

esplicitamente lavori didattici, ma erano rivolti ad utilizzi, funzioni e strumenti

diversi. Le sonate per cembalo o per due cembali di Pasquini, scritte come

partimenti, sono lavori troppo difficili per essere destinati ad allievi, e mancano

della tipica organizzazione graduata per difficoltà crescente che invece

troviamo in tutte le raccolte didattiche di partimenti. Allo stesso modo, i

versetti per organo dei fratelli Greco sono chiaramente destinati all'uso pratico

di accompagnamento delle funzioni liturgiche: una delle principali fonti di

questi lavori, il manoscritto A-400 della biblioteca di Santa Cecilia a Roma, è

infatti una silloge compilata per uso di un organista romano (probabilmente

l'organista di S.Luigi dei Francesi). I partimenti fugati di Pasquale Fago

presentano tracce di testo, il che fa pensare che si tratti in realtà di una

notazione in partimento di un mottetto o una fuga vocale.

All'epoca di Leo e Durante la funzione didattica del partimento era già

pienamente delineata: però è possibile che il partimento conservasse, almeno

in parte, una fruizione semi pubblica, come intrattenimento in un ambito

riservato. Da diverse testimonianze sappiamo infatti che Durante veniva

spesso richiesto di improvvisare nel corso di riunioni musicali, e non possiamo

escludere che i partimenti fossero usati come base per queste improvvisazioni.

In ogni caso, sappiamo troppo poco sulla prassi musicale privata per escludere

che questo accadesse.

Con Fenaroli, verso la fine del Settecento, il partimento diventa esclusivamente

esercizio didattico, anche se conserva dignità musicale.

Il contesto storico

Nel Settecento il consumo di musica, che prima era per lo più limitato alle

classi superiori della società, si diffuse ad ampi strati di popolazione. La

crescente popolarità dell’opera in musica, che necessitava d'un gran numero di

persone per la sua realizzazione – compositori, cantanti, orchestrali,

accompagnatori al cembalo ed altri – aumentò la richiesta di professionisti della

musica, spesso reclutati tra le classi più povere. In particolare, lo studio della

musica divenne la specializzazione primaria in alcuni di quegli istituti di

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beneficienza che, nella seconda metà del secolo XVI, erano sorti allo scopo di

dare cibo, alloggio e istruzione ai numerosi orfani o infanti abbandonati che in

gran numero percorrevano le strade delle grandi città portuali come Venezia e

Napoli. Questi istituti – chiamati conservatori, perchè servivano a “conservare”

l’infanzia abbandonata – divennero così scuole musicali professionali.2 Mentre

quelli veneziani (chiamati ospedali) si specializzarono nell’insegnamento

strumentale e si estinsero alla fine del Settecento, quelli napoletani divennero

famosi in tutta Europa per l’eccellenza del loro insegnamento, specialmente

per il canto e la composizione. Il loro merito principale fu di aver sviluppato un

metodo originale ed efficacissimo per insegnare la composizione, basato

sull'approfondito studio del contrappunto, del canto e di uno strumento

specifico chiamato partimento.

A causa dell'accresciuta domanda, l’istruzione musicale non poteva più

essere soddisfatta dalla raffinata e aristocratica teoria musicale rinascimentale:

molti allievi, provenendo da classi povere, avevano un’istruzione di base molto

scarsa e, inoltre, lo studio della composizione doveva essere orientato molto

più sulla pratica che non sulla speculazione astratta. Erano dunque necessari

nuovi metodi d’istruzione che rispondessero a queste due esigenze: essere

trasmissibili attraverso la pratica, e facilitare la rapidità di composizione, una

abilità importante in un’epoca in cui i compositori erano spesso chiamati a

comporre un’opera in poche settimane, se non addirittura in pochi giorni. Il

partimento rispondeva a queste esigenze: era uno strumento eccezionalmente

versatile, pratico, piacevole, e permetteva di esercitarsi gradualmente in tutti

gli aspetti della composizione: basso continuo, armonia, contrappunto, forme e

stili, imitazione e fuga.

La caratteristica fondamentale del partimento era quella di essere basato

sull’improvvisazione. Il partimento infatti non era altro che una guida che il

maestro offriva al discepolo per aiutarlo a improvvisare alla tastiera una

composizione completa in tutti i suoi aspetti: armonia, melodia, imitazioni, stile

strumentale. Naturalmente i primi esercizi erano molto semplici, simili agli

2 Non tutti i conservatori erano scuole musicali. In particolare, nei conservatori

femminili la musica non costituiva oggetto di'insegnamento, perchè la professione

musicale era ritenuta controproducente rispetto al fine di accasare le "zitelle", cioè le

fanciulle (in genere figlie di prostitute) ospiti degli istituti.

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odierni bassi d’armonia; ma ben presto i partimenti assumevano l’aspetto di

abbozzi di composizioni musicalmente compiute, fino a condurre l’allievo al più

alto grado di maestria: l’improvvisazione della fuga.

Dall’improvvisazione discendeva un’altra caratteristica del partimento: la

trasmissione della competenza musicale avveniva non a livello razionale, ma a

un livello più profondo, creando nel discepolo una sorta di istinto appreso. In

sostanza, si creava un sistema di risposte automatiche (o di default) a

determinati stimoli compositivi; risposte che il discepolo, una volta divenuto

compositore, poteva anche disattendere, ma che in ogni caso gli si offrivano

come soluzione “normale”.

Questo corso si propone di ripercorrere, dopo un oblio durato più di un secolo,

un percorso formativo che ha permesso a generazioni di compositori di

acquisire una leggendaria fluenza e facilità di immaginazione musicale. Non si

tratta di un compito facile. La scuola napoletana si basava in gran parte sulla

trasmissione orale dell'insegnamento, da maestro ad allievo: la straordinaria

fama che acquistò nel Settecento come la più importante scuola di

composizione di tutta Europa (che allora voleva dire di tutto il mondo) era

anche basata sulla fiducia nella continuità della sua tradizione, che esimeva i

maestri dal mettere dettagliatamente per iscritto i loro metodi d'insegnamento.

Una volta che la tradizione si esaurì, una parte importante dell'insegnamento

andò perduto, mentre sono sopravvissuti, spesso in forma manoscritta, i testi

su cui si esercitavano gli allievi.

I maestri: una genealogia

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Page 6: Introd Uzi One

NB aggiungi Insanguine!

La successione dei maestri napoletani è stata oggetto di cure particolari da

parte degli storici, in particolare di Florimo che ne ha fatto una vera e propria

genealogia, indicando per ogni esponente il o i maestri e i discepoli. Non

sempre Florimo si è dimostrato affidabile, e i recenti studi basati sull’esame dei

documenti d’archivio hanno spesso corretto i suoi dati: tuttavia, anche tenendo

conto delle correzioni, l’immagine generale data da Florimo resta valida.

La cosiddetta “generazione dei capostipiti” comprende i maestri nati intorno

alla metà del XVII secolo: Bernardo Pasquini, Alessandro Scarlatti, Nicola Fago,

e Gaetano Greco. Di questi, Fago e Greco sono gli unici maestri autenticamente

napoletani, non nel senso che erano nati a Napoli (Fago era noto come il

“Tarantino”) ma perchè fecero parte integrante del sistema educativo

napoletano.3 Alessandro Scarlatti ha lasciato una raccolta di regole con qualche

3 Gran parte del maestri “napoletani” in realtà non erano nati a Napoli, ma in altre

città della Campania o in altre regioni italiane. In particolare vi era una forte

immigrazione musicale dalla Puglia.

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partimento conservata in due manoscritti alla British Library e alla biblioteca

Estense di Modena; alla sua figura però si attribuisce tradizionalmente il ruolo

di fondatore della scuola. Quanto a Pasquini, la sua inclusione tra i capostipiti è

frutto di una decisione largamente congetturale. Il toscano Pasquini, il più

importante autore italiano di partimenti al di fuori dei napoletani, fu

probabilmente maestro di Durante nei quattro anni del suo soggiorno romano.

Inoltre, vi sono segni che indicano contatti tra Roma e jNapoli relativamente ai

partimenti: uno di questi è il manoscritto I-Rsc MS.A.400, di origine

probabilmente romana, che accanto a toccate di Frescobaldi e Ercole Pasquini,

all’unica toccata per cembalo di Stradella conosciuta, e a musica francese per

organo, riporta un gran numero di partimenti alcuni dei quali attribuiti a

Gaetano Greco (gli altri aspettano ancora un’attribuzione).

La seconda generazione comprende i maestri nati nella seconda metà del

secolo XVII: Francesco Durante e Leonardo Leo. Si tratta dei due massimi

compositori che operarono continuativamente all’interno della scuola (come

abbiamo visto, questo non è il caso di Alessandro Scarlatti), e la loro

produzione di partimenti è quantitativamente rilevante, oltre che di livello

musicale molto elevato. Con Durante e Leo il partimento napoletano acquistò la

sua fisionomia definitiva, distinguendosi dai modelli di Pasquini. Gli altri maestri

della scuola (e segnatamente Fenaroli) continuarono a lavorare sulla traccia

segnata da Durante e Leo.

Tavola 1

I maestri del partimento suddivisi per fasce di generazioni

1. La generazione dei capostipiti

Nati nella seconda metà del XVII sec.

Bernardo Pasquini (1637-1710), Alessandro Scarlatti (1660-1725), Nicola Fago (1677-

1745), Gaetano Greco (1657-1728), Rocco Greco (1650- prima del 1718)

2. La seconda generazione

Nati alla fine del XVII sec.

Francesco Durante (1684-1755), Leonardo Leo (1694-1744)

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3. I maestri di mezzo

Nati all'inizio del sec. XVIII

Pasquale Cafaro (1715 ca. -1787) Carlo Cotumacci (1709-1785), Nicola Sala (1713-

1801)

4. La terza generazione

Nati intorno al 1730

Giacomo Insanguine (1728-1795), Fedele Fenaroli (1730-1818), Giacomo Tritto (1733-

1824), Giovanni Paisiello (1740-1816)

5. La quarta generazione

Nati intorno al 1750

Nicola Zingarelli (1752-1837), Pietro Raimondi, Giovanni Furno (1748-1837)

6. Gli ultimi maestri:

Carlo Conti (1796-1868), Placido Mandanici (1798-1852) Michele Ruta (1826-1896),

Lauro Rossi (1812-1885) Luigi Felice Rossi (1805-1863), Paolo Serrao (1830-1907)

Quelli che ho chiamato i “maestri di mezzo” sono vicini cronologicamente alla

generazione precedente, ma se ne distingono, oltre che per la (sia pur breve)

distanza generazionale, anche per il fatto di esserne stati allievi, così come

anche di essere stati allievi dei maestri della prima generazione, quella dei

capostipiti. Cafaro, per esempio, ha studiato con Durante (e con Fago); e

Cotumacci (maestro di Paisiello) era stato a sua volta allievo di Durante (e di

Scarlatti). Essi si situano perciò in una posizione intermedia tra la seconda

generazione e la successiva.

La terza generazione, quella nata intorno al 1730, comprende per intero il

triumvirato che resse la prima fase di vita del Real Collegio di musica: Paisiello,

Fenaroli e Tritto. Se per quanto riguarda Paisiello i partimenti hanno

rappresentato un segmento marginale della sua amplissima e acclamata

produzione, le carriere di Fenaroli e Tritto si possono quasi per intero

racchiudere nell’ambito dell’insegnamento. Entrambi furono insegnanti molto

influenti (furono loro allievi Bellini, Spontini, Raimondi, Mercadante) ma si deve

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alle fortunatissima opere didattiche di Fenaroli se il partimento superò il secolo

18° e continuò ad essere praticato, in Italia, fino agli inizi del 20° secolo.

La quarta generazione include i maestri nati intorno al 1750: Nicola Zingarelli,

Pietro Raimondi, e Giovanni Furno. Zingarelli e Furno furono due autorevoli

continuatori della scuola, e si mossero sempre all’interno di una rigorosa

ortodossia. La figura di Raimondi è molto più complessa: romano di nascita,

dopo gli studi con Tritto tornò nella sua città dove fu considerato il continuatore

della tradizione polifonica romana, e divenne celebre come autore di

composizioni sperimentali incredibilmente complesse.

Infine, gli esponenti dell’ultima generazione vanno ricordati più per il loro

impegno di esegeti che per i contributi originali. Comune a questi tardivi

esponenti della scuola è la percezione della prossima scomparsa della scuola, e

il desiderio di preservarne la memoria. A loro va il merito di aver trasmesso

quanto era possibile dell’insegnamento orale della scuola, sia attraverso la

compilazione di edizioni commentate di Fenaroli (Luigi Felice Rossi, Placido

Mandanici, Michele Ruta, e Emanuele Guarnaccia) sia attraverso saggi,

memorie o libri.

La continuità della scuola napoletana

Una caratteristica unica della scuola napoletana è stata la sua continuità: non

soltanto la tradizione non si è mai interrotta, ma i metodi di insegnamento sono

rimasti sostanzialmente invariati per circa due secoli.

Nel più antico conservatorio napoletano, quello di S. Maria di Loreto (fondato

nel 1537), la musica è menzionata per la prima volta come materia

d’insegnamento nel 1585; al 1653 risalgono le prime notizie di un’ istruzione

musicale nel conservatorio di S. Onofrio in Capuana (fondato all’inizio del 17°

secolo), mentre i conservatorii di S. Maria della Pietà dei Turchini (fondato nel

1583) e dei Poveri di Gesù Cristo (fondato nel 1599) si dedicarono

all’insegnamento musicale agli inizi del 17° secolo.

L’insegnamento della musica, introdotto dapprima per supplire le necessità

delle chiese annesse ai conservatori, e per fornire un’entrata finanziaria

derivante dalla partecipazione degli allievi a processioni, funerali, e occasioni

simili, si sviluppò nel corso del 17° e, ancora di più, del 18° secolo, fino a

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diventare l’insegnamento principale. Nel periodo di massimo splendore della

scuola tra la fine del 17° secolo e la prima netà del 18°, a Napoli erano attivi

quattro conservatori: oltre al già ricordato S. Maria di Loreto gli altri

conservatori erano S. Onofrio a Capuana, i Poveri di Gesù Cristo, e S. Maria

della Pietà dei Turchini. Come si intuisce dai nomi, si trattava inizialmente di

istituzioni religiose; col tempo esse però persero questo carattere, diventando

scuole di musica gestite da laici ed aperte a studenti paganti, a convitto o

anche residenti al di fuori degli istituti.

Verso la fine del 18° secolo iniziò la fase di decadenza dei conservatori, che

portò alla chiusura dei Poveri di Gesù Cristo (1743) e alla trasformazione di S.

Maria di Loreto in un ospedale militare (1797). Con l’occupazione di Napoli da

parte dei Francesi (1806) Giuseppe Bonaparte procedette ad una generale

riorganizzazione delle scuole di musica, e gli allievi rimasti nei due conservatori

superstiti furono riuniti nella sede di S. Maria dei Turchini che si fuse con S.

Onofrio dando origine al Real Collegio di Musica (1807). Nel 1826 il Real

collegio si spostò nell’attuale sede, e nel 1889 prese il nome attuale di

Conservatorio di S. Pietro a Majella.

Le scuole musicali di Napoli dunque hanno conosciuto un’ininterrotta continuità

tra il 1537, data della fondazione di S. Maria di Loreto, fino ad oggi; una

situazione unica in Italia, se si pensa che gli altri conservatori storici italiani

sono sorti molto più tardi, e gli unici che avrebbero potuto competere con

Napoli, quelli di Venezia, si sono estinti con le fine della Repubblica.4 Tale

continuità ha avuto un ruolo significativo nello sviluppo e poi nella

sopravvivenza dei metodi d’insegnamento, tra cui i partimenti.

Le fonti

I partimenti ci sono pervenuti in una considerevole varietà di fonti. Per la

maggior parte si tratta di fonti manoscritte. Nel 18° secolo la stampa musicale

era costosa e il modo più economico per riprodurre un'opera era di ricopiarla a

mano: il lavoro di copiatura era effettuato da copisterie professionali o

direttamente dall'interessato. Mentre il contenuto delle copie professionali era

4 L’attuale conservatorio di Venezia, intitolato a Benedetto Marcello, è lo sviluppo di un

liceo musicale istituito nel 1877.

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in genere omogeneo, le copie realizzate da allievi erano spesso zibaldoni

contenenti partimenti di vari maestri, a volte privi di attribuzioni o con

attribuzioni casuali. Le fonti a stampa sono in genere tarde (19° secolo).

Tipologia della fonti

I. Fonti manoscritte

1. Raccolte di partimenti; 2. Regole; 3. Realizzazioni scritte; 4. Fonti correlate

1. Raccolte di partimenti

a) unica; b) canoniche; c) miscellanee; d) copie ms. di stampe

Gli unica sono codici che contentono gli unici esemplari conosciuti di una

raccolta. Le raccolte canoniche sono quelle che si trovano, più o meno

invariate, in molti esemplari e che quindi offono in corpus principale delle opere

di un autore. Le miscellanee contengono partimenti di vari autori. Le copie

manoscritte di stampe sono riproduzioni manoscritte di fonti a stampa

(realizzate per il minor costo rispetto all'acquisto della stampa).

Esempi: per a) I-Bc DD.219 (contiene gli unici partimenti conosciuti di Pasquale

Cafaro); per b) I-PESc Rari Ms.c.12 (contiene la collezione canonica di Leo, che

si ritrova in molte altre fonti); per c) I-Nc 45.1.4 (volume miscellaneo

contenente partimenti di Cotumacci, Paisiello, Durante e Mattei, compilato da

un allievo per proprio uso); d) copie di Fenaroli dalle stampe, frequenti

soprattutto a Napoli.

2. Regole

Sono istruzioni per la realizzazione dei partimenti. Le regole, che riguardano

principalmente la realizzazione accordale dei bassi senza numeri (vedi Unità 1),

ci sono pervenute attraverso questa tipologia di fonti, simile a quella dei

partimenti: a) unica ; b) canoniche; c) copie ms. di stampe. Per le regole

valgono le stesse osservazioni fatte a proposito delle raccolte ms. dei

partimenti.

Esempi: a) Giuseppe Arena, Principii di musica (I-Nc 32.1.3); b) Durante, Regole

di partimenti numerati e diminuiti (I-Nc 34.2.3, I-Mc Noseda Th.c.123, e altri);

c) Fenaroli, Regole musicali (Napoli 1775).

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3. Realizzazioni scritte

L'idea stessa di realizzazione scritta è estranea alla natura del partimento, il cui

scopo è la trasmissione della competenza musicale attraverso

l'improvvisazione. Per questa ragione le realizzazioni scritte realizzate nel 18°

secolo (il periodo di fioritura) sono rarissime, mentre sono frequenti nel 19°

secolo: in quest'epoca, decadendo la scuola napoletana, il partimento si

trasformò in basso d'armonia, e quindi veniva realizzato in forma scritta.

La più antica in I-Nc 33.2.3: Intavolature per cembalo e partimenti di Rocco

Greco (1650- prima del 1718). Tra le più autorevoli: Catelani (I-MOe Mus. F.

370) e Bonamici (I-Nc 84.3.53/3)

4. Fonti correlate

Le disposizioni sono esercizi scritti che possono essere basati su partimenti

oppure composizioni libere (per esempio solfeggi). Molti trattati di

contrappunto contengono anche istruzioni di partimento; per ibridi intendo

composizioni per tastiera scritte per esteso (intavolature) con sezioni scritte in

notazione di partimento (per esempio, molte Toccate per cembalo di Leo

presentano notazione ibrida).

Disposizioni (Mercadante, Disposizione a quattro su un basso di Durante, I-Mc

Noseda M 16-15); trattati di contrappunto; ibridi (intavolature con tracce di

partimento: Leo, I-Nc 22.1.26/1 [Rari 5147])

II. Fonti a stampa

1. Partimenti; 2. Regole; 3. Edizioni commentate e/o realizzate; 4. Altra

tipologia

1. Partimenti

a) raccolte monografiche; b) antologie

Esempi: a) Fenaroli (1847-) Zingarelli (Ricordi, s.a), Tritto (1821; 1823),

Raimondi (1852; 1876), ecc; b) De Nardis (Milano, Ricordi 1933 - 1942)

Napoletano (1896);

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2. Regole

Fenaroli (Napoli, 1775-); Paisiello (1782)

3. Edizioni commentate

FEDELE FENAROLI - LUIGI FELICE ROSSI, Partimento ossia bassi numerati del celebre

Maestro Fedele Fenaroli e trattato d'accompagnamento di Luigi Felice Rossi...

Milano, F. Lucca, s.a. (1a metà XIX sec.)

FEDELE FENAROLI - EMENUELE GUARNACCIA, Metodo nuovamente riformato di

partimenti… arricchito di schiarimenti e di una completa imitazione…[di]

Emanuele Guarnaccia…diviso in 2 parti, Milano, Gio. Ricordi s.a (prima metà

sec. XIX)

FEDELE FENAROLI - PLACIDO MANDANICI, Partimenti e regole musicali per quelli che

vogliono suonare coi numeri e per i principianti di contrappunto. Nuova

edizione corretta e illustrata con annotazioni ed esempj dimostrativi da P.

Mandanici, Milano Ricordi s.a (metà XIX sec.)

4. Altra tipologia

LUIGI PICCHIANTI, Saggio di composizione musicale, Passerai, Firenze 1852.

Si tratta di esempi di composizioni per diverso organico, dal solfeggio per voce

e basso al quartetto e al pezzo per grande orchestra, tutte basate sopra

partimenti di Fenaroli.

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