67
Introduzione ai metodi numerici per problemi differenziali ai limiti o al contorno Alessandra Sestini 20 novembre 2017 1 Introduzione In queste note si indicher` a con Ω un dominio in IR d (aperto, non vuoto) che assumeremo limitato e connesso, mentre si indicher` a con Ω la sua frontiera. Un generico problema differenziale al contorno pu`o allora essere formalmente formulato come segue: data la funzione f IR, trovare u IR tale che Lu = f in Ω + boundary conditions su Ω , dove L indica un operatore differenziale e le condizioni al contorno spesso sono di Dirichlet (u assegnata su Ω) o di Neumann (derivata normale di u assegnata su Ω). I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione u del problema al contorno dato (che naturalmente deve essere ben posto) con una sua approssimazione opportunamente (univocamente) definita e costruibile con l’ausilio di un elaboratore elettronico. A questo scopo tutti utilizzano una discretizzazione del problema differenziale che risulta definibile dopo che ` e stata fissata una mesh, dove, genericamente, possiamo pensare ad una mesh come un ricoprimento di ¯ Ω (o anche di una sua porzione o estensione in certi casi) fatto mediante politopi d–dimensionali (vedi sotto per ,d =1, 2). In genere ad ogni mesh si associa un parametro di finezza che si indica con h e che rappresenta il diametro massimo dei politopi che compongono la mesh. Si noti che una condizione necessaria per l’utilizzo di un qualsiasi metodo numerico ` e che esso risulti convergente, ossia che l’approssimazione 1

Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Introduzione ai metodi numerici per problemidifferenziali ai limiti o al contorno

Alessandra Sestini

20 novembre 2017

1 Introduzione

In queste note si indichera con Ω un dominio in IRd (aperto, non vuoto) cheassumeremo limitato e connesso, mentre si indichera con ∂Ω la sua frontiera.Un generico problema differenziale al contorno puo allora essere formalmenteformulato come segue:data la funzione f : Ω→ IR, trovare u : Ω→ IR tale che

Lu = f in Ω + boundary conditions su ∂Ω ,

dove L indica un operatore differenziale e le condizioni al contorno spessosono di Dirichlet (u assegnata su ∂Ω) o di Neumann (derivata normale di uassegnata su ∂Ω).

I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione u delproblema al contorno dato (che naturalmente deve essere ben posto) con unasua approssimazione opportunamente (univocamente) definita e costruibilecon l’ausilio di un elaboratore elettronico. A questo scopo tutti utilizzanouna discretizzazione del problema differenziale che risulta definibile dopo chee stata fissata una mesh, dove, genericamente, possiamo pensare ad una meshcome un ricoprimento di Ω (o anche di una sua porzione o estensione in certicasi) fatto mediante politopi d–dimensionali (vedi sotto per , d = 1, 2). Ingenere ad ogni mesh si associa un parametro di finezza che si indica conh e che rappresenta il diametro massimo dei politopi che compongono lamesh. Si noti che una condizione necessaria per l’utilizzo di un qualsiasimetodo numerico e che esso risulti convergente, ossia che l’approssimazione

1

Page 2: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

da esso definita, se calcolata in aritmetica esatta, tenda alla soluzione esattau quando h tende a zero.

Alcuni metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare u solo suivertici della mesh mentre altri (per esempio il metodo degli elementi finiti) necostruiscono un’approssimazione uh in spazi funzionali a dimensione finita lacui definizione dipende anche dalla mesh scelta. I metodi alle differenze finiteappartengono al primo gruppo e quindi costruiscono solo le approssimazioniui, i = 1, . . . , Nv (Nv = # vertici della mesh) di u(Vi) (dove Vi indica l’i–esimovertice della mesh). Piu precisamente essi definiscono il problema discretoutilizzando delle approssimazioni mediante differenze finite delle derivate di uche compaiono in L e eventualmente nelle condizioni al bordo. Considerandoqui solo problemi al contorno, tutti i valori ui, i = 1, . . . , Nv saranno calcolatisimultaneamente risolvendo un sistema lineare o nonlineare (a seconda se ilproblema differenziale e lineare o no).

2 Problemi 1D

Quando Ω e un intervallo I limitato della retta reale parleremo di problemidifferenziali ai limiti.

2.1 Un problema ai limiti modello

In questo caso senza perdita di generalita possiamo assumere Ω = I := (0 , 1)e si considera il seguente problema differenziale,

−u′′ + σu = f in I , (1)

combinato con condizioni assegnate agli estremi, dove f e σ sono due funzioniassegnate, con σ ≥ 0 . In particolare le condizioni agli estremi possono esseredi Dirichlet,

u(0) = g0 , u(1) = g1 , (2)

di Neumannu′(0) = g′0 , u′(1) = g′1 . (3)

o miste,u(0) = g0 , u′(1) = g′1 . (4)

2

Page 3: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Si noti che le ipotesi σ ≥ 0 e σ, f ∈ C0[0 , 1] , garantiscono l’unicita dellasoluzione purche si evitino le condizioni di Neumann quando σ ≡ 0 . Facen-do esplicitamente riferimento al problema di Dirichlet, possiamo infatti farvedere che, se z e tale che −z′′ + σz = 0 e z(0) = z(1) = 0 , allora risultaz ≡ 0 . Questo si ottiene subito moltiplicando ambo i membri dell’equazionedifferenziale per z stesso e integrando in I . Infatti, integrando per parti, siottiene che ∫ 1

0

(z′)2(x)dx+

∫ 1

0

σ(x) z2(x)dx = 0 ,

la quale, anche se fosse σ ≡ 0, considerando che deve essere z(0) = z(1) = 0,implica che z ≡ 0 . Quindi il problema omogeneo con condizioni di Dirichletomogenee ammette una e una sola soluzione, la soluzione nulla. Se ne puodedurre che anche il problema (1) non omogeneo con condizioni di Dirichletgeneriche ammette una e una sola soluzione quando σ e f sono entrambeC0[0 , 1] . Infatti, se u0(x) + c1z1(x) + c2z2(x) indica l’integrale generale dell’equazione differenziale lineare considerata (con u0 che indica una soluzioneparticolare e z1, z2 due soluzioni linearmente indipendenti dell’equazione omo-genea), per trovare la soluzione cercata occorre determinare c1, c2 in modoche (

z1(0) z2(0)z1(1) z2(1)

) (c1

c2

)=

(g0 − u0(0)g1 − u0(1)

).

Poiche in particolare la soluzione del problema omogeneo con condizioni diDirichlet omogenee z e la sola funzione identicamente nulla, necessariamen-te la matrice dei coefficienti del precedente sistema lineare deve essere nonsingolare. Da qui l’esistenza e unicita della soluzione.

Osserviamo poi che condizioni agli estremi non omogenee possono esseresostituite dalle analoghe omogenee senza perdita di generalita. Infatti bastaconsiderare il problema differenziale verificato da u := u − Rg dove Rg eun polinomio di grado 1 (2 per le Neumann pure) che dicesi rilevamentodei dati sul bordo in quanto verifica le condizioni agli estremi, per esempioRg(x) := g0(1− x) + g1x nel caso di condizioni di Dirichelet e,

−u′′ + σu = (f − σRg) in I

Per quanto riguarda la regolarita, si osservi che, se f , σ ∈ Ck[0 , 1] , k ≥ 0,allora u ∈ Ck+2([0 , 1]) .

3

Page 4: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

2.2 Metodo alle differenze finite

Definiamo uno schema alle differenze finite innanzi tutto fissando una meshsu I, ossia un ricoprimento di [0 , 1] mediante i segmenti definiti da unapartizione 0 = x0 < · · · < xN = 1. Per semplicita supponiamo che talepartizione sia uniforme, ossia xj = jh, j = 0, . . . , N, dove h = 1/N. Osser-viamo che, supponendo che u ∈ C4[0 , 1], dagli sviluppi di Taylor in xj diu(xj±1) = u(xj ± h) fino al terzo ordine, si ottiene che

u′′(xj) =u(xj+1)− 2u(xj) + u(xj−1)

h2− 1

12u(4)(ξj)h

2 ,

dove ξj e un punto opportuno in (xj−1 , xj+1). Quindi, considerando il proble-ma modello con condizoni di Dirichlet, per j = 1, . . . , N − 1, si puo scrivereche

−u(xj+1) + 2u(xj)− u(xj−1)

h2+

1

12u(4)(ξj)h

2 + σ(xj)u(xj) = f(xj) .

Se introduciamo la notazione τj = 112u(4)(ξj)h

2 (errore di troncamentolocale) e poniamo

u = (u(x1) , · · · , u(xN−1))T ,τ h = (τ1, · · · , τN−1)T ,bh = (f(x1) + g0/h

2, f(x2), · · · , f(xN−2), f(xN−1) + g1/h2)T ,

possiamo allora scrivere in forma matriciale,

Ahu = bh + τ h , (5)

dove Ah = 1h2

tridiag(−1, 2,−1) + diag(σ1, · · · , σN−1) e σj = σ(xj). Il metodoalle differenze finite consiste allora nel determinare un’approssimazione uh diu andando a risolvere il sistema lineare

Ahuh = bh. (6)

Osserviamo che uh risulta ben definito in quanto Ah e una matrice non sin-golare, essendo sdp. Infatti la sua simmetria e evidente e si puo verificareche, ∀y ∈ IRN−1 non nullo risulta yTAhy > 0. Infatti si ha che

yTAhy =N−1∑j=1

σjy2j + [y2

1 + y2N−1 +

N−1∑j=2

(yj − yj−1)2]/h2 .

4

Page 5: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Risultando che τ h tende a zero quando h tende a zero, il metodo dicesiconsistente. In particolare nel nostro caso risulta τ h = O(h2) . Tuttavia laconsistenza non assicura da sola la convergenza del metodo. Per studiarne laconvergenza dobbiamo considerare il comportamento dell’errore eh = uh−uquando h tende a zero. Dato che risulta Aheh = τ h, e quindi eh = A−1

h τ h ,possiamo scrivere

‖eh‖ ≤ ‖A−1h ‖ ‖τ h‖ .

Vogliamo allora far vedere che, lavorando in norma infinito, siamo in grado ditrovare una costante che, per ogni h, maggiora ‖A−1

h ‖. A questo scopo osser-viamo che si puo dimostrare che siaAh che la matriceA0h = 1

h2tridiag(−1, 2,−1)

hanno inversa non negativa (vedi Appendice C) e si ha

A−10h − A

−1h = A−1

0h (Ah − A0h)A−1h ≥ 0 ,

per le ipotesi su σ. Questo implica naturalmente che ‖A−1h ‖∞ ≤ ‖A

−10h ‖∞. Ora

osserviamo che‖A−10h ‖∞ = maxj(A

−10h e)j , dove e indica il vettore di tutti 1.

Osservando che la soluzione esatta del problema −u′′ = 1, u(0) = u(1) = 0,e il polinomio di secondo grado φ(x) = x(1 − x)/2, possiamo concludereche (A−1

0h e)j = φ(xj) e quindi che ‖A−1h ‖∞ ≤ ‖A

−10h ‖∞ ≤ max0≤x≤1 |φ(x)| .

Questo risultato di stabilita ci permette di concludere che l’errore eh ha lostesso ordine dell’errore di troncamento τ h e di conseguenza che il metodo econvergente del secondo ordine.

Si noti che l’uniforme limitatezza della norma di A−1h implica che il metodo

numerico sia stabile come vedremo nel caso generale nonlineare.

2.3 Metodo delle differenze finite per un problema ailimiti piu generale

Per problemi ai limiti piu generali, se si considerano condizioni agli estremi diDirichlet, per quanto riguarda l’esistenza e l’unicita della soluzione si puo farricorso al teorema sotto riportato che si riferisce alla seguente formulazionegenerale di un problema ai limiti del secondo ordine (detto talvolta problemadei due punti):

u′′ = F (x, u, u′) , x ∈ Iu(0) = g0 , u(1) = g1.

(7)

5

Page 6: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Teorema 1. Sia F (x, y, z) : D → IR con D := I× (−∞,+∞)2 una funzionecontinua con derivate parziali Fy e Fz continue in D e tale che esistono finiti

max(x,y,z)∈D

|Fy| e max(x,y,z)∈D

|Fz| .

Se risultaFy ≥ q > 0 ∀(x, y, z) ∈ D ,

allora il problema (7) ammette una e una sola soluzione.

Consideriamo per esempio il seguente problema lineare, detto problema didiffusione–trasporto–reazione che per brevita nel seguito indicheremo comeproblema ADR (acronimo dell’inglese Advection–Diffusion–Reaction),

−u′′ + γu′ + σu = f in I , (8)

dove si assume sempre che i dati γ, σ e f siano funzioni continue in [0 , 1] edove al solito chiediamo σ ≥ 0 in [0 , 1]. Riscritto come in (7), si ha che

F (x, y, z) = σ(x)y + γ(x)z − f(x) .

Se quindi l’equazione differenziale e combinata con condizioni ai limiti diDirichlet e si assume σ > 0 in [0 , 1] , siamo nelle ipotesi del precedenteteorema e quindi e garantita l’esistenza e unicita della soluzione (soluzioneforte). Vedremo piu avanti che, passando alla formulazione debole del proble-ma differenziale, sara possibile tornare solo a chiedere σ ≥ 0 per dimostrarel’esistenza e unicita della soluzione in senso debole. Osserviamo inoltre chese γ e una costante, procedendo come fatto per il problema modello, si puodimostrare l’esistenza e unicita della soluzione forte anche se si assume soloσ ≥ 0.

Vediamo quindi come si puo risolvere il problema ADR numericamente,avvalendoci del metodo delle differenze finite. Approssimando la derivataprima in xj col la differenza finita centrata (molecola a tre punti), se u sisuppone di classe C3 si ha che

u′(xj) =u(xj+1)− u(xj−1)

2h+

1

6u(3)(ηj)h

2 .

Di conseguenza si ottiene che vale sempre il sistema in (5), dove ora Ah esempre tridiagonale ma tale che, ∀1 ≤ i ≤ N − 1 risulta

Ah(i, i−1) = − 1

h2(1+

hγi2

) , Ah(i, i) =1

h2(2+h2σi) , Ah(i, i+1) = − 1

h2(1−hγi

2) ,

6

Page 7: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

e si ha,

bh =

(f1 +

1

h2(1 +

hγ1

2)g0 , f2, · · · , fN−2, fN−1 +

1

h2(1− hγN−1

2)g1

)T.

Per quanto riguarda l’errore di troncamento locale si ha che ora

τj =1

12u(4)(ξj)h

2 +1

6γj u

(3)(ηj)h2

che quindi implica che τ h e sempre del secondo ordine.Al solito uh sara determinata andando a risolvere (6).

Teorema 2. Se σ, γ, f ∈ C0[0 , 1], con σ ≥ σmin > 0 , allora ∀h > 0lamatrice tridiagonale Ah risulta a predominanza diagonale in senso forte (equindi nonsingolare) purche risulti

hγmax(h)

2≤ 1 , (9)

dove γmax(h) := maxi=1,...,N−1

|γi| .

Dimostrazione : Osserviamo che nell’ipotesi fatta risulta 1− 12hγmax(h) ≥ 0

e quindi risulta anche che ∀j si ha 1 ± 12hγj ≥ 0. Ne consegue che tutti gli

elementi extradiagonali di Ah sono non positivi e su tutte le righe internela somma dei loro valori assoluti e pari a 2

h2e quindi strettamente minore

del corrispondente elemento diagonale, essendo per ipotesi σ ≥ σmin > 0.Questo a maggior ragione sara vero sulla prima e ultima riga. Quindi Ah e apredominanza diagonale in senso forte.

Il seguente teorema ci assicura la stabilita del metodo e quindi la suaconvergenza del secondo ordine se la soluzione u e di classe C4.

Teorema 3. Se σ, γ e f sono continue in [0 , 1] e risulta

• σ ≥ σmin > 0 ,

• vale la disuguaglianza in (9)

si ha anche che

max1≤j≤N−1

|uh(j)− u(xj)| ≤1

σmin‖τ h‖∞ .

7

Page 8: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Dimostrazione : Poniamo ej := uh(j)− u(xj) e supponiamo che sia |ek| ≥|ej|, j = 1, . . . , N − 1. Supponiamo inoltre che sia 1 < k < N − 1 (altrimentisi puo adattare il ragionamento). Poiche risulta che Aheh = τ h, tenendopresente i segni degli elementi non nulli di Ah, si ha che

(2 + σkh2)|ek| ≤ (1 + 1

2hγk) |ek−1| + (1− 1

2hγk)| |ek+1|+ h2|τk|

≤ 2|ek|+ h2|τk|

Questo quindi implica che

σkh2|ek| ≤ h2|τk|

e quindi la tesi.

Osservazione 1. Dal precedente teorema possiamo dedurre che il metododelle differenze finite (con derivata prima approssimata con formula alle dif-ferenze finite centrate) risulta solo condizionatamente stabile per il problemaADR.

Osserviamo che, nell’ipotesi γ ≥ 0 in I , il vincolo di stabilita puo essere ri-mosso se nel metodo alle differenze finite si utilizza un rapporto incrementaleall’indietro (schema upwind) invece che centrato per approssimare la derivataprima, al prezzo di avere un errore locale di troncamento τ h dell’ordine di hinvece che di h2. In tal caso la matrice Ah risulta essere

Ah(i, i−1) = − 1

h2(1+hγi) , Ah(i, i) =

1

h2(2+hγi+h

2σi) , Ah(i, i+1) = − 1

h2,

che e a diagonale dominante in senso forte. Il fatto che in questo caso ilmetodo risulti incondizionatamente stabile possiamo dimostrarlo osservandoche si puo scrivere

ui − ui−1

h=

ui+1 − ui−1

2h+ µh

−ui−1 + 2ui − ui+1

h2,

con

µh :=h

2, viscosita artificiale .

Allora la i–esima istanza dell’equazione alle differenze si puo riscrivere comesegue,

(1 + γiµh)−ui−1 + 2ui − ui+1

h2+ γi

ui+1 − ui−1

2h+ σiui = fi .

8

Page 9: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Posto

γi := γi/(1 + γiµh) , σi := σi/(1 + γiµh) , fi := fi/(1 + γiµh)

dal teorema precedentemente dimostrato si ha che la condizione di stabilita ehγmax(h) ≤ 2 , dove γmax(h) = max γi. Ricordando che µh = h/2 , si verificache tale condizione e verificata per ogni passo h.

2.4 Il problema di diffusione–trasporto a coefficienticostanti

Consideriamo il seguente problema di diffusione–trasporto a coefficienti co-stanti:

−µu′′ + γu′ = 0 , x ∈ I , u(0) = 0 , u(1) = 1 ,

con µ e γ costanti positive rispettivamente chiamate coefficiente di viscositae di trasporto. Si osservi che in questo caso e possibile calcolare facilmentela soluzione esatta del problema considerato. Infatti si ha che l’integralegenerale dell’equazione differenziale lineare omogenea a coefficienti costantidi ordine 2 considerata risulta essere c1+c2 exp( γ

µx) e quindi la soluzione u(x)

si trova determinando le costanti c1 e c2 in modo che valgano le condizioniai limiti, ottenendo nel nostro caso la seguente finzione crescente di tipoesponenziale,

u(x) = (exp(γ

µx)− 1)/(exp(

γ

µ)− 1) .

Se γµ

e molto grande tale soluzione presenta un boundary layer di ampiezza

O(µγ) in corrispondenza di x = 1 e in tale regione la derivata assume valori

prossimi a γµ. Se si usa il metodo DFC (differenze finite centrate) per appros-

simare la soluzione di questo problema si ottiene la seguente equazione alledifferenze lineare:

−(µ+hγ

2)ui−1 + 2µui − (µ− hγ

2)ui+1 = 0 , i = 1, . . . , N − 1.

Dividendo per µ, posto

Pe :=hγ

2µ, numero di Peclet locale (10)

si puo piu brevemente riscrivere

−(1 + Pe)ui−1 + 2ui − (1− Pe)ui+1 = 0 , i = 1, . . . , N − 1.

9

Page 10: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

In questo caso siamo quindi in grado di scrivere a priori l’espressione ana-litica della soluzione del problema discreto. Infatti la soluzione generaledell’equazione alle differenze considerata e la seguente,

ui = a1λi1 + a2λ

i2 ,

dove λ1 e λ2 sono le radici del polinomio (Pe− 1)λ2 + 2λ− (Pe+ 1) e quindi

λ1,2 =−1±

√1 + (Pe2 − 1)

Pe− 1

e quindi λ1 = 1 , λ2 = 1+Pe1−Pe . La soluzione del nostro problema discreto

si trova determinando a1 e a2 in modo che valgano lo condizioni al limitiassegnate, ottenendo le equazioni

a1 + a2 = 0 , a1 + a2λN2 = 1

e quindi ponendo −a1 = a2 = 1/(λN2 − 1). In definitiva si ha

ui =λi2 − 1

λN2 − 1, i = 0, . . . , N .

La soluzione discreta trovata e crescente in i solo se Pe < 1 in quanto solosotto questa condizione risulta λ2 > 1. Se invece si ha Pe > 1 risulta λ2 < −1e quindi la soluzione discreta presentera delle oscillazioni intorno allo zerotanto piu marcate quanto piu ci si avvicina al boundary layer. Osserviamoche la condizione Pe < 1 , e proprio una istanza della condizione di stabilitaintrodotta per il problema ADR generale. Notiamo infine che comunque laconvergenza per h→ 0 e assicurata (tenendo presente che N = 1/h e come edefinito Pe, verificare che limh→0 λ

N2 = exp( γ

µ)). Tuttavia l’andamento della

soluzione numerica non e affatto conforme a quello della soluzione continuase Pe > 1.

2.5 Metodo delle differenze finite per problemi ai limitinon lineari

Per il problema (7) il metodo DFC porta alla risoluzione di un sistema nonlineare di N − 1 equazioni in altrettante incognite la cui i–esima equazione e

−ui−1 + 2ui − ui+1

h2+ F (xi , ui ,

ui+1 − ui−1

2h) = 0 .

10

Page 11: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Per comodita di notazione, definiamo l’operatore alle differenze Lh che agiscesulla sequenza W = wiN−1

i=1 associandogli un’altra sequenza della stessalunghezza e in particolare ponendo

(LhW)i :=−wi−1 + 2wi − wi+1

h2+ F (xi , wi ,

wi+1 − wi−1

2h) ,

dove si assume che w0 = g0 e wN = g1. Questo ci permette di scriverecompattamente lo schema numerico come segue:

(Lhuh)i = 0 , i = 1, . . . , N − 1 , u0 = g0 , uN = g1 ,

o anche con un formalismo diverso che ci fara comodo avanti come un sistemanonlineare

Φ((g0,uTh , g1)) = 0 , (11)

dove Φ : IRN+1 → IRN+1 , e dove, se y = (y0, . . . , yN)T , si haΦ0(y) := y0 − g0 ,

Φi(y) := −yi−1+2yi−yi+1

h2+ F (xi, yi,

yi+1−yi−1

2h) , i = 1, . . . , N − 1 ,

ΦN(y) := yN − g0 ,(12)

Verifichiamo innanzi tutto che il metodo risulta ancora consistente delsecondo ordine ossia che tale e l’ordine di τ h. A tale scopo osserviamo chel’errore locale di troncamento τi e ora (Lhu)i (quantita a meno della qualela soluzione esatta verifica l’equazione alle differenze) , dove

(Lhu)i = −u(xi−1)+2u(xi)−u(xi+1)h2

+ F (xi , u(xi) ,u(xi+1)−u(xi−1)

2h) =

−u′′(xi)− 112u(4)(ξi)h

2 + F (xi , u(xi) , u′(xi))−

F (xi , u(xi) , u′(xi)) + F (xi , u(xi) , u

′(xi)− 16u(3)(ηi)h

2) =− 1

12u(4)(ξi)h

2 − Fz(xi , u(xi) , ζi)16u(3)(ηi)h

2 ,

dove ζi e un punto opportuno compreso fra u′(xi) e(u′(xi)− 1

6u(3)(ηi)h

2).

Naturalmente e prioritario essere certi che anche nel caso nonlineare, se il pro-blema continuo ammette una e una sola soluzione, anche il corrispondenteproblema discreto ne ammette una e una sola (cosa che nel caso lineare cor-rispondeva a controllare la nonsingolarita della matrice Ah). A tale riguardoci viene in aiuto il seguente teorema,

11

Page 12: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Teorema 4. Se siamo nelle ipotesi del Teorema 1, posto L ≥ |Fz(x, y, z)|, e0 < q ≤ Fy(x, y, z) ≤ Q in D , se

hL

2≤ 1 ,

il sistema nonlineare in (11) definito dallo schema DFC ammette una e unasola soluzione.

Dimostrazione : Osserviamo che il punto y = (y0, . . . , yN)T := (g0,uTh , g1)T

e soluzione di (11) sse esso e punto fisso della funzione Gω : IRN+1 → IRN+1

con,

G(y) := (g0 , G1(y), . . . , GN−1(y), g1)T ,

Gi(y) := yi − h2

2(1+ω)(Lhy)i , i = 1, . . . , N − 1 , ∀ω > 0.

Vogliamo allora far vedere che, se

ω ≥ 1

2h2Q (13)

nelle ipotesi del teorema, Gω e una contrazione in IRN+1. Infatti, dalla teoriadei sistemi nonlineari (vedi Teorema 12 in Appendice C), questo ci assicurache Gω ammette uno e un solo punto fisso in IRN+1. Dobbiamo quindi farvedere che esiste una costante 0 ≤ K < 1 tale che per ogni V,W ∈ IRN+1

risulta‖Gω(V)−Gω(W)‖∞ ≤ K ‖V −W‖∞ ,

ossia|Gi(V)−Gi(W)| ≤ K ‖V −W‖∞ , i = 1, . . . , N − 1.

Ora per definizione si ha che

Gi(V)−Gi(W) = (vi − wi)− h2

2(1+ω) −(vi−1−wi−1)+2(vi−wi)−(vi+1−wi+1)

h2+

F (xi, vi,vi+1−vi−1

2h)− F (xi, wi,

wi+1−wi−1

2h) .

D’altra parte, al solito, si puo scrivere

F (xi, vi,vi+1−vi−1

2h)− F (xi, wi,

wi+1−wi−1

2h) =

Fy(xi, ξi, ηi)(vi − wi) + Fz(xi, ξi, ηi),(vi+1−wi+1)−(vi−1−wi−1)

2h

12

Page 13: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

e quindi si ottiene

Gi(V)−Gi(W) =ai(vi−1 − wi−1) + bi(vi − wi) + ci(vi+1 − wi+1)

1 + ω,

con

ai := 12[1 + h

2Fz(xi, ξi, ηi)] ,

bi := (1 + ω)− (1 + h2

2Fy(xi, ξi, ηi)) = ω − h2

2Fy(xi, ξi, ηi) ,

ci := 12[1− h

2Fz(xi, ξi, ηi)] .

Ora, essendo hL/2 ≤ 1 , i coefficienti ai e ci sono nonnegativi. Per l’ipotesi(13) su ω si ha anche che anche bi e nonnegativo. Quindi si puo scrivere

|Gi(V)−Gi(W)| ≤ ai + bi + ci1 + ω

‖V−W‖∞ =

(1− h2

2(1 + ω)Fy(xi, ξi, ηi)

)‖V−W‖∞ .

Maggiorando ancora si ha

|Gi(V)−Gi(W)| ≤ K‖V −W‖∞ ,

con K costante definita come segue,

K := 1− h2q

2(1 + ω)< 1 .

In effetti potremmo allora anche pensare di approssimare y mediante il me-todo delle iterate successive che, scelto y(0) ∈ IRN+1 (in questo caso arbitra-riamente), pone

y(k+1) = Gω(y(k)) , k = 0, 1, . . .

in quanto sempre dalla teoria dei sistemi nonlineari si sa che tale successionerisulta convergente essendo Gω una contrazione in IRN+1. Tuttavia la conver-genza risulta solo lineare e tanto piu lenta quanto piu K si avvicina a 1. Perquesto motivo preferiremo utilizzare il metodo di Newton che pone,

y(k+1) = y(k) + d(k) , con JΦ(y(k)) d(k) = −Φ(y(k)) ,

dove JΦ(y) indica la matrice jacobiana di Φ . Osserviamo che da (12) discendeche tale matrice ha la prima riga e l’ultima uguali a quelle della matrice

13

Page 14: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

identita ed e tridiagonale in quanto Φi dipende solo da yi−1, yi e yi+1. Piuprecisamente si ha che

JΦ(y)(i, i− 1) = − 1h2− 1

2hFz(xi, yi,

yi+1−yi−1

2h) ,

JΦ(y)(i, i) = 2h2

+Fy(xi, yi,yi+1−yi−1

2h) ,

JΦ(y)(i, i+ 1) = − 1h2

+ 12hFz(xi, yi,

yi+1−yi−1

2h) .

Per quanto riguarda la stabilita, possiamo dare la seguente definizionegenerale.

Definizione 1. Lo schema DFR nonlineare e stabile se esiste una costanteM > 0 tale che, per ogni coppia di sequenze V = viNi=0 e W = wiNi=0,risulti

maxi=1,...,N−1

|vi−wi| ≤ M max||v0−w0| , |vN−wN | , maxi=1,...,N−1

|(LhV)i−(LhW)i| .

Si noti che la stabilita e una proprieta intrinseca del metodo numerico egarantisce che al piu se uh = uiNi=0 e la soluzione di un problema perturbato,

(Lhuh)i = εi , i = 1, . . . , N − 1 , u0 = g0 + ε0 , uN = g1 + εN ,

risultamax

i=0,...,N|ui − ui| ≤ M max

i=0,...,N|εi| .

Dato che in aritmetica finita la soluzione che si trova non e mai esattamenteuh bensı uh, se M non e troppo grande, ci si aspetta che l’accuratezza concui uh approssima uh sia dell’ordine del corrispondente residuo relativo, ossiadi maxi=0,...,N |εi|. Osserviamo che se il problema e lineare e la matrice Ah diDFC risulta invertibile con inversa limitata uniformemente rispetto ad h, si hastabilita (secondo la definizione formale data sopra) con M = ‖A−1

h ‖∞. Per ilcaso nonlineare vale il seguente teorema del quale si riporta solo l’enunciato.

Teorema 5. Se siamo nelle ipotesi del Teorema 1, posto L ≥ |Fz(x, y, z)| e0 < q ≤ Fy(x, y, z) , (x, y, z) ∈ D , allora se

hL

2≤ 1 ,

lo schema DFC applicato al problema nonlineare (7) e (condizionatamente)stabile con M := max1 , 1/q.

Notiamo che un’ulteriore importante conseguenza della stabilita e la con-vergenza dello schema DFC. Infatti si ha che per la stabilita risulta

‖u− uh‖∞ ≤M‖τ h‖∞e quindi se ‖τ h‖∞ → 0 , anche l’errore tendera a zero per h che tende a zero.

14

Page 15: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

2.6 Formulazione variazionale di un problema ai limiti

Osserviamo che condizioni agli estremi non omogenee possono essere sosti-tuite dalle analoghe omogenee senza perdita di generalita. Infatti bastaconsiderare il problema differenziale verificato da u := u − Rg dove Rg eun polinomio di grado 1 (2 per le Neumann pure) che dicesi rilevamentodei dati sul bordo in quanto verifica le condizioni agli estremi, per esempioRg(x) := g0(1 − x) + g1x nel caso di condizioni di Dirichelet e, tornando afar riferimento al problema modello, si ha

−u′′ + σu = (f − σRg) in I

Per quanto riguarda la regolarita, si osservi che, se f , σ ∈ Ck[0 , 1] , k ≥0, allora u ∈ Ck+2([0 , 1]) . Siamo pero interessati a risolvere il problemadifferenziale anche in ipotesi di minore regolarita dei dati, richiedendo inparticolare solo che f ∈ L2(I) e che σ ∈ L∞(I) e quindi lo riformuliamo informa debole andando a moltiplicare l’equazione differenziale in (1) per unafunzione test v ∈ V (spazio funzionale di Hilbert opportuno) e integrandoper parti in modo da ottenere

−[u′v]|10 +

∫ 1

0

(u′(x)v′(x) + σ(x)u(x)v(x)) dx =

∫ 1

0

f(x)v(x)dx , ∀v ∈ V .

Di fatto, riferendoci al caso di dati agli estremi omogenei, siamo interessati ascegliere V in modo che gli integrali che appaiono nella suddetta formula sianotutti finitamente calcolabili e anche in modo che sparisca il primo addendoa sinistra del segno di uguaglianza. Se stiamo considerando il problema diDirichlet, si sceglie allora V = H1

0 (Ω) e si va a risolvere il seguente problemavariazionale,

trovare u ∈ V |∫ 1

0

(u′ v′ + σuv) dx =

∫ 1

0

v f dx , ∀v ∈ V . (14)

Nel caso del problema di Neumann (con σ 6= 0), si puo invece semplicementeassumere V = H1(Ω) mentre nel caso del problema misto si usa V = v ∈H1(Ω) | v(a) = 0 . Si osservi il diverso trattamento di condizioni di Dirichlete di condizioni di Neumann ma anche che in ogni caso V risulta essere unsottospazio dello spazio di Hilbert H1(Ω).

Osserviamo che, nelle sole ipotesi che f ∈ L2(I) e che σ ∈ L∞(I), si puocomunque dimostrare che u ∈ H2(I) . Integrando allora per parti (in senso

15

Page 16: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

contrario a quanto fatto prima), si verifica allora che in questo caso quelloche si puo dire e che la soluzione del problema variazionale (14) verifica lecondizioni omogeneee assegnate agli estremi e risolve l’equazione differenzialein senso variazionale, ossia si ha che∫ 1

0

(−u′′ + σu− f) v dx = 0 , ∀v ∈ V . (15)

Infatti se si integra per parti il primo addendo dell’integrale a sinistra in (14)si ottiene che

u′v|10 −∫ 1

0

(u′′ − σ u+ f) v dx = 0 , ∀v ∈ V . (16)

Se quindi v ∈ V = H10 (I) (16) risulta sicuramente verificata e quindi ha

senso dire che la soluzione del problema variazionale per il caso di Dirichletomogeneo e soluzione debole del problema differenziale ai limiti assegnato.La cosa puo in effetti essere generalizzata anche al caso in cui si considerinocondizioni ai limiti omogenee miste o di Neumann. Riferendoci per esempioal problema misto, questo significa che bisogna prima far vedere che u′(1) =0 (utilizzare a tale scopo una funzione test v polinomiale tale che v(1) 6=0, v(0) = 0 e tale che l’integrale in (16) si annulli). La seguente proposizionecompleta quanto ora asserito.

Proposizione 1. Supponiamo che f , σ ∈ C0[0 , 1], e che u ∈ C2[0 , 1],sia la corrispondente soluzione del problema variazionale in (14) per il casoomogeneo misto. Allora si ha che u e soluzione del corrsipondente problemadifferenziale (soluzione forte).

Dimostrazione : Dobbiamo far vedere che in I risulta u′′ − σu + f = 0e che u′(1) = 0 in quanto gia si sa che u(0) = 0 per come e definito V.Ora utilizzando l’integrazione per parti in senso inverso, dalla formulazionevariazionale si ottiene la (16). Se per assurdo non fosse w := u′′−σu+f = 0in I, trattandosi di una funzione continua esisterebbe [c , d] ⊂ [0 , 1] tale chew ha in [c , d] segno costante non nullo. Posto allora

v(x) =

(x− c)2(d− x)2 , se x ∈ [c , d] ,0 , altrimenti ,

essendo v ∈ V e tale che v(0) = 0, avremmo che∫ 1

0wv dx = 0 , il che e assurdo

in quanto in [c , d] si ha che wv ha segno costante non nullo e fuori da tale

16

Page 17: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

sottointervallo e nulla. Quindi dobbiamo concludere che w = 0 in I che asua volta implica che la (16) diventa semplicemente u′(1)v(1) = 0,∀v ∈ V,da cui segue che u′(1) = 0 .

Il problema variazionale (14) puo essere formalmente riscritto come segue,

trovare u ∈ V | a(u, v) = F (v) , ∀v ∈ V , (17)

dove a : V × V → IR e la seguente forma bilineare (simmetrica),

a(u, v) :=

∫ 1

0

(u′ v′ + σuv) dx ,

e F : V → IR e il seguente seguente funzionale lineare,

F (v) :=

∫ 1

0

v f dx .

La formulazione (17) dicesi formulazione astratta del problema differen-ziale in forma debole. Ora risulta essere un risultato importante di analisifunzionale il cosiddetto Lemma di Lax–Milgram che asserisce che se la formabilineare a e continua e coerciva nello spazio di Hilbert V , ossia esistono duecostanti C ≥ α > 0 tali che, ∀u, v ∈ V risulta

|a(u, v)| ≤ C‖u‖1 ‖v‖1 , e |a(u, u)| ≥ α‖u‖21 ,

e il funzionale lineare F e limitato ( il che significa che esiste una costanteK >0 tale che, ∀v ∈ V risulta |F (v)| ≤ K‖v‖1) allora il problema variazionale(17) ammette una e una sola soluzione. Anche nel caso pluridimensionaleche considereremo nel seguito saremo quindi interessati a poter riscrivereformalmente la formulazione debole del problema differenziale considerato inquesta forma, in modo da avvalerci di questo importante Lemma.

Le ipotesi di regolarita assunte per f e per σ consentono di verificareagevolmente la continuita della forma a e la limitatezza di F mentre la coer-civita nel caso in cui si consideri il problema di Dirichlet e non esista unacostante σ0 > 0 tale che σ ≥ σ0 quasi ovunque in Ω, richiede l’uso dellacosiddetta disuguaglainza di Poincare valida appunto in H1

0 (Ω),

‖v‖L2(Ω) ≤ CΩ |v|1 ∀v ∈ H10 (Ω) , (18)

17

Page 18: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

dove CΩ e una costante che dipende solo dal dominio. Da questa disugua-glianza possiamo infatti dedurre che e anche ‖v‖2

1 ≤ (1 + C2Ω)|v|21 la quale

quindi implica che

|a(u, u)| ≥ |u|21 ≥1

(1 + C2Ω)‖u‖2

1 .

In tutti gli altri casi si dimostra la coercivita di a solo sotto l’ipotesi ag-giuntiva che esista una costante σ0 > 0 tale che σ > σ0 quasi ovunque in Ω.

Si noti che la soluzione del problema astratto rimane limitata in norma.Infatti si ha che

‖u‖V ≤1

αK .

Questa disuguaglianza deriva dal fatto che

α‖u‖2V ≤ a(u, u) = F (u) ≤ |F (u)| ≤ K‖u‖V .

CASO SIMMETRICO

Il seguente teorema stabilisce che, quando la forma bilineare a e conti-nua, simmetrica e coerciva, il problema astratto (17) risulta equivalente alproblema della minimizzazione del seguente funzionale J : V → IR,

J(v) :=1

2a(v , v) − F (v) . (19)

Teorema 6. Se la forma bilineare a e continua, simmetrica e coerciva eil funzionale F e lineare e continuo, u ∈ V e soluzione di (17) sse risultaJ(u) ≤ J(v) , ∀v ∈ V .

Dimostrazione : Supponiamo che u ∈ V sia la soluzione di (17). Postow = v − u, essendo v = u+ w con w ∈ V, si ha che

J(v) = J(u) + a(u , w)− F (w) +1

2a(w , w) = J(u) +

1

2a(w , w) ≥ J(u) .

Supponiamo invece che sia J(u) ≤ J(v) , ∀v ∈ V . Fissata v ∈ V, la funzioneψ(ε) = J(u+ εv) deve avere un minimo in ε = 0 da cui segue che u deve veri-ficare (17) per la v fissata. Considerando l’arbitrarieta di v ∈ V si completala dimostrazione.

18

Page 19: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

3 Caso bidimensionale: problema di Poisson

Consideriamo sul dominio limitato e connesso Ω ⊂ IR2 il seguente problemadetto di Poisson

−4u = f , in Ω ,u = gD in ΓD,∂u∂n

= gN in ΓN ,(20)

dove ∂Ω = ΓD ∪ ΓN ,ΓD ∩

ΓN = ∅, e dove gD, gN sono i dati assegnati sul

bordo e f e una funzione assegnata definita su Ω. Se ΓN = ∅ o ΓD = ∅ ilproblema e detto rispettivamente di Dirichlet o di Neumann, mentre nel casogenerale e detto problema con condizioni miste. Notiamo che il problema diNeumann non ha unicita di soluzione in quanto se si aggiunge una costante aduna soluzione si ottiene sempre una soluzione e che inoltre occorre assumerela seguente condizione di compatibilita sui dati,

−∫∂Ω

gN dγ =

∫Ω

f(x) dx ,

che deriva dal teorema della divergenza considerando che4u = ∇·(∇u) . Alloscopo di assicurare unicita di soluzione e di non aver bisogno di condizionidi compatibilita sui dati, nel seguito consideremo soltanto il problema diDirichlet o il problema misto.

Osserviamo che, anche se f ∈ C0(Ω) e gD ∈ C2(ΓD), gN ∈ C1(ΓN), none detto che u ∈ C2(Ω). Se per esempio Ω = (0 , 1)2, ΓN = ∅ e si scelgonogD nulla e f costante e uguale a 1, si verifica facilmente che, mentre in Ω illaplaciano di u deve essere −1, si ha che esso nei quattro corner del dominiodeve annullarsi. In generale quindi, anche se i dati sono super regolari comein questo esempio, dovremo accontentarci di cercare u in C0(Ω) ∩ C2(Ω).Tuttavia siamo interessati a risolvere il problema anche in ipotesi di minorregolarita dei dati e quindi dobbiamo dapprima intenderlo in forma varia-zionale in modo che abbia senso assumere f ∈ L2(Ω). Per quanto riguardala regolarita della soluzione si tenga comunque presente che, anche suppo-nendo di avere condizioni al contorno di Dirichlet omogenee, a differenza diquanto detto per il caso monodimensionale, se f ∈ L2(Ω) non e detto cheesista u ∈ H2(Ω) tale che in senso variazionale risulti −4u = f. Infatti estato dimostrato che una tale u ∈ H2(Ω) esiste solo se ∂Ω e sufficientementeregolare, il che significa o che si tratta di una curva chiusa regolare (quindisenza spigoli o cuspidi) o di una poligonale chiusa tale che Ω risulti convesso.

19

Page 20: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

In questi casi si dimostra anzi che

f ∈ Hs(Ω)⇒ u ∈ Hs+2(Ω) e ‖u‖Hs+2(Ω) ≤ C‖f‖Hs(Ω) .

Si noti che comunque per il problema misto, anche quando ∂Ω e regolare,non vale piu il suddetto risultato, si puo avere cioe una perdita di regola-rita. Per tutti questi motivi, siamo allora interessati a risolvere il problemadifferenziale in senso debole ricercandone la soluzione in H1(Ω).

Del problema misto ci occuperemo nella sezione successiva, passando aconsiderare un problema piu generale di quello qui introdotto. Riferendociquindi al problema di Dirichlet, ΓN = ∅ , consideriamone per ora il casoomogeneo, gD = 0, assumendo f ∈ L2(Ω). Osserviamo che, supponendo chegli integrali coinvolti siano calcolabili, dalla (20) deriva che

−∫

Ω

v4u dx =

∫Ω

v f dx .

Dal teorema della divergenza, considerando che v4u = ∇· (v∇u)−∇u ·∇v ,si ha quindi ∫

Ω

∇u · ∇v dx−∫∂Ω

v∂u

∂ndγ =

∫Ω

v f dx . (21)

Poiche vogliamo ricercare la funzione u nello stesso spazio funzionale Vdove prendiamo le funzioni test v, tenendo presente le condizioni di Di-richlet omogenee, scegliamo V = H1

0 (Ω) e quindi otteniamo la seguenteformulazione,

trovare u ∈ V |∫

Ω

∇u · ∇v dx =

∫Ω

v f dx ∀v ∈ V . (22)

Notiamo che la suddetta formulazione puo essere anche scritta in modoastratto come in (17), dove ora, a : V ×V → IR e la seguente forma bilineare,

a(u, v) :=

∫Ω

∇u · ∇v dx ,

e F : V → IR e il seguente seguente funzionale lineare,

F (v) :=

∫Ω

v f dx .

20

Page 21: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Verificare che la forma a e continua e semplice. Infatti, essendoa(u, v) =< u, v >1 −

∫Ωuv dx , si ha che

|a(u, v)| ≤ ‖u‖1 ‖v‖1 + ‖u‖L2(Ω)‖v‖L2(Ω) ≤ 2‖u‖1 ‖v‖1 .

Anche verificare che il funzionale F risulta limitato e semplice. Infatti,usando la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz in L2(Ω), si ottiene che

|F (v)| ≤ ‖f‖L2(Ω) ‖v‖L2(Ω) ≤ ‖f‖L2(Ω) ‖v‖1 .

Per verificare la coercivita di a invece abbiamo bisogno di ricordare la validitadella disuguaglianza di Poincare riportata in (18).

Dal Lemma di Lax–Milgram possiamo quindi concludere che anche inquesto caso esiste ed e unica la soluzione del problema (17).

Se consideriamo il problema di Dirichlet non omogeneo, sempre chiedendoche f ∈ L2(Ω) e che gD ∈ H1/2(∂Ω), dalla (21) arriviamo alla seguenteformulazione,

trovare u ∈ VD |∫

Ω

∇u · ∇v dx =

∫Ω

v f dx , ∀v ∈ V = H10 (Ω) ,

doveVD := v ∈ H1(Ω) | v|∂Ω = gD .

Tuttavia non siamo soddisfatti di questa formulazione in quanto, per usareLax-Milgram, abbiamo bisogno che le funzioni test v e la funzione ricercatau appartengano allo stesso spazio di Hilbert (si osservi che VD non e neancheuno sottospazio di H1(Ω)). Allora definiamo

u := u−Rg ,

dove Rg e una funzione di H1(Ω), detta rilevamento del dato di Dirichlet albordo , che ha gD come traccia su ΓD, ossia tale che γΓD

(Rg) = gD e quindisi ha γΓD

(u) = 0 (che per brevita scriveremo semplicemente u|ΓD = 0).Riformulato in termini di u, il problema debole torna quindi ad essere quelloin (22).

Osservazione 2. Costruire un rilevamento Rg del dato di Dirichlet gD puoin effetti non essere semplice. Tale compito risultera pero molto piu semplicenell’ambito dell’approssimazione numerica, dove si costruisce soltanto un ri-levamento di un’approssimazione di gD.

Osservazione 3. La forma bilineare associata alla formulazione debole diun problema di Poisson risulta anche simmetrica. Cio sara utile in fase dirisoluzione numerica.

21

Page 22: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

3.1 Un problema bidimensionale piu generale

Consideriamo ora il seguente problema−∇ · (µ∇u) + σu = f , in Ω ,u = gD in ΓD,µ∂u∂n

= gN in ΓN ,(23)

dove, al solito gD e gN sono i dati assegnati sul bordo, rispettivamente diDirichlet e di Neumann, f ∈ L2(Ω) e dove µ , σ ∈ L∞(Ω) sono anch’essefunzioni assegnate con µ(x) ≥ µ0 > 0 e σ(x) ≥ σ0 > 0 q.o. in Ω. Notiamoche l’ipotesi su σ garantisce l’unicita della soluzione anche per il problema diNeumann puro in questo caso. Circa la regolarita dei dati sul bordo, comeper Poisson si richiede che gN ∈ L2(ΓN) e che gD sia in ΓD un po’ piu regolare(vedi quanto detto nella sottosezione precedente).

Per arrivare alla formulazione debole di questo problema si procede co-me prima moltiplicando ambo i membri dell’equazione differenziale per lafunzone test v e utilizzando quindi il teorema della divergenza. Si ottienequindi, ∫

Ω

(µ∇u · ∇v + σ u v) dx−∫∂Ω

v µ∂u

∂ndγ =

∫Ω

v f dx ,

che riscriviamo scindendo ΓD da ΓN ,∫Ω

(µ∇u · ∇v + σ u v) dx−∫

ΓD

v µ∂u

∂ndγ =

∫Ω

v f dx +

∫ΓN

µ v gNdγ .

Al solito poniamo poi u := u − RgD e riscriviamo formalmente il problemacome in (17) in termini della funzione incognita u, dove lo spazio di HilbertV in cui si lavora e l’insieme delle funzioni di H1(Ω) la cui traccia ristrettaa ΓD e nulla e ora

a(u, v) :=∫

Ω(µ∇u · ∇v + σ u v) dx ,

F (v) :=∫

Ωv f dx +

∫ΓNµ v gNdγ − a(RgD , v) .

Si tratta quindi di determinare u ∈ V tale che a(u, v) = F (v) ,∀v ∈ V .

Osservazione 4. Nel problema misto le condizioni di Neumann vengonodette naturali in quanto appaiono esplicitamente nella formulazione del pro-blema variazionale mentre quelle di Dirichlet sono dette essenziali in quanto

22

Page 23: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

concorrono alla determinazione dello spazio funzionale di Hilbert V nel qua-le il problema differenziale viene formulato in forma debole. Nel caso delproblema puro di Dirichlet, omogeneo e non, V = H1

0 (Ω).

La forma bilineare a cosı modificata e ancora continua e coerciva graziealle ipotesi assunte sulle funzioni µ e σ. Infatti, indicando con µM e σM duecostanti positive che rispettivamente maggiorano q.o. in Ω le funzioni µ e σ,si ha

|a(u, v)| ≤ 2µM‖u‖1 ‖v‖1 + σM‖u‖L2(Ω)‖v‖L2(Ω) ≤(2µM + σM) ‖u‖1 ‖v‖1 .

Inoltre si haa(u, u) ≥ minµ0 , σ0 ‖u‖2

1 .

Il funzionale F e ovviamente ancora lineare ed esso e pure limitato essendo,grazie a (65),

||F (v)| ≤ ‖f‖L2(Ω) ‖v‖L2(Ω) + µM‖v|ΓN‖L2(ΓN ) ‖gN‖L2(ΓN )+(2µM + σM) ‖Rg‖1 ‖v‖1 ≤(‖f‖L2(Ω) + µMC0‖gN‖L2(ΓN ) + (2µM + σM) ‖Rg‖1

)‖v‖1 .

Si conclude quindi che sotto le ipotesi assunte per le funzioni µ e σ anche laforma debole di questo problema ammette una e una sola soluzione.

4 Metodo di Galerkin

Numericamente ci accontentiamo di determinare un’approssimazione uh ∈ Vhdella soluzione u ∈ V del problema debole (17), dove Vh e un sottospazio diV di dimensione finita Nh + 1. Notiamo che qui h rappresenta uno scalarepositivo tale che, quando h → 0, si ha che corrispondentemente Nh → +∞.Naturalmente la cosa ha un senso se innanzi tutto l’approssimazione uh esisteed e unica per ogni h fissato e inoltre risulta che uh → u quando h tende a 0.Nel metodo di Galerkin, fissato il sottospazio Vh di V, uh viene determinatacome soluzone del seguente problema,

trovare uh ∈ Vh | a(uh, vh) = F (vh) ∀vh ∈ Vh , (24)

Notiamo che, essendo Vh un sottospazio di V, anch’esso e uno spazio di Hilbertrispetto al prodotto scalare definito in V e quindi si puo ancora utilizzare illemma di Lax-Milgram per concludere che esiste ed e unica anche la soluzione

23

Page 24: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

uh ∈ Vh di (24). Al fine di determinare costruttivamente uh, osserviamo che,se ϕj(·), j = 0, . . . , Nh definisce una base per Vh, si ha che (24) e verificatosse si ha che

a(uh, ϕi) = F (ϕi) ,∀ϕi , i = 0, . . . , Nh .

Ponendo allora uh(·) =

Nh∑j=0

ujϕj(·) si ottiene che deve essere

Nh∑j=0

uja(ϕj, ϕi) = F (ϕi) , i = 0, . . . , Nh.

Queste Nh+1 condizioni, essendo lineari nelle alrettante incognite uj, j =0, . . . , Nh, possono essere quindi compattamente riscritte come il seguentesistema lineare quadrato,

Au = f , (25)

dove si e posto ,u := (u0, · · · , uNh)T , f := (F (ϕ0), · · · , F (ϕNh

))T , e doveAi,j := (a(ϕj, ϕi)) . La matrice A dicesi matrice di rigidezza o anche matricedi stiffness mentre il vettore f dicesi vettore di carico. Riguardo alla matriceA si noti che, essendo la forma a coerciva, segue che A e definita positiva, ossia∀x ∈ IRn con x 6= 0, risulta xTAx > 0 . Infatti, tenendo in considerazionecome e definita A e la bilinearita della forma a, si ottiene che xTAx =a(wh, wh), dove si e posto wh =

∑Nh

j=1 xjϕj . Segue quindi che xTAx ≥ α‖wh‖21

con α > 0 (coefficiente di coercivita) e wh 6= 0. Le definita positivita assicuraquindi effettivamente l’esistenza e l’unicita della soluzione uh. Se poi la formabilineare a e anche simmetrica, come accade per i problemi ellittici esaminati,la A risulta essere sdp e quindi ci si puo avvantaggiare di cio per la risoluzionedel sistema lineare in (25).

Osserviamo che (17) e (24) implicano la seguente proprieta di ortogonalitadella differenza u− uh rispetto allo spazio Vh,

a(u− uh, vh) = 0 , ∀vh ∈ Vh . (26)

Inoltre, analogamente a quanto fatto per ottenere la disuguaglianza (??), sipuo dimostrare che la norma di uh rimane limitata superiormente al tenderedi h a zero in quanto

‖uh‖V ≤1

α‖F‖V ′ .

Dimostriamo ora il seguente importante risultato,

24

Page 25: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Teorema 7. La soluzione uh di (24) verifica la seguente disuguaglianza,

‖u− uh‖V ≤M

αinfvh∈Vh‖u− vh‖V , ∀vh ∈ Vh ,

dove u e la soluzione di (17) e α e M sono rispettivamente le costanti dicoercivita e di continuita della forma bilineare a.

Dimostrazione : Osserviamo innanzi tutto che α‖u−uh‖2V ≤ a(u−uh, u−

uh) = a(u− uh, u− vh) + a(u− uh, vh − uh), ∀vh ∈ Vh. Ma, per la proprietadi ortogonalita di u−uh, il secondo addendo e zero. Quindi, dalla continuitadi a si deduce che α‖u− uh‖2

V ≤ M‖u− uh‖V ‖u− vh‖V , da cui discende latesi.

L’importanza di questo risultato e insita nel fatto che se nello spazio Vhal tendere di h a zero si approssima sempre meglio u ∈ V (il che significache l’inf a destra nella suddetta disuguaglianza tende a zero), allora anchel’errore di approssimazione ‖u − uh‖V tendera a zero e avremo che l’ordinedi approssimazione (infinitesimo rispetto a h) con cui uh approssima u saraanalogo a quello della migliore approssimazione di u in Vh.

5 Il metodo degli elementi finiti

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, per completare la risoluzionenumerica di un problema ellittico in forma debole utilizzando Galerkin, ab-biamo bisogno di fissare lo spazio Vh e di scegliere una base in esso. Vediamoin questa sezione come questo viene fatto utilizzando il metodo degli elementifiniti, riferendoci in particolare ad elementi finiti cosiddetti lagrangiani. Cioccuperemo esplicitamente solo del caso 1D e del caso 2D facendo riferimentoai problemi modello precedentemente introdotti.

5.1 Caso 1D: scelta di Vh e delle basi

Assumiamo quindi qui Ω = I = (0 , 1) ⊂ IR e ricordiamo che in tal casosi ha H1(I) ⊂ C0(I) . Fissata una partizione ∆h di (0 , 1), ossia un insiemedi ascisse xi, i = 0, . . . , N tali che 0 = x0 < x1 < · · · < xN−1 < xN = 1 ,poniamo Ii := (xi−1 , xi) , hi := xi − xi−1, i = 1, . . . , N e

h := maxi=1,...,N

hi .

25

Page 26: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Con questa notazione, nel metodo degli elementi finiti, fissato r > 0 ∈ IN ,si sceglie Vh come segue,

Vh := vh ∈ Xrh | vhverifica le cond. di Diric. omogenee assegnate , (27)

dove Xrh indica lo spazio delle splines generalizzate di grado r definite

sulla partizione ∆h e che nei nodi devono solo essere continue,

Xrh := vh ∈ C0([0 , 1]) | vh|Ik ∈ Πr , k = 1, . . . , N .

Come sappiamo tale spazio ha dimensione N(r+ 1)− (N −1) = Nr+ 1 eeffettivamente esso costituisce una scelta ammissibile in quanto Xr

h ⊂ H1(Ω) .Infatti ogni funzione vh ∈ Xr

h e continua in [0 , 1] ed e tale che v′h ∈ L2(I),essendo v′h ∈ C(Ik), k = 1, . . . , N e con un salto finito in ciascun nodo interno.

Naturalmente in questo spazio potremmo usare la base delle B-splinesdefinita usando il vettore esteso dei nodi (introducendo quindi nodi internimultipli tutti con molteplicita r). Facendo pero qui riferimento all’implemen-tazione piu comune del metodo degli elementi finiti, andremo ad utilizzareuna base diversa, per definire la quale introduciamo la seguente partizioneallargata Y ⊃ ∆ di (0 , 1) ,

Y :=N∪k=1yi,k, i = 0, . . . , r , con yi,k := xk−1+i

hkr, i = 0, . . . , r , (num. locale) .

Si osservi che la partizione allargata Y e ottenuta aggiungendo a ∆ altre(r − 1) ascisse equispaziate a distanza hk/r in ogni sottointervallo Ik. Siosservi inoltre che ]Y = Nr + 1 e che nel caso particolare r = 1 risultaY = ∆ . Come si diceva, la partizione Y viene utilizzata per definire unabase ϕi, i = 0, . . . , Nr lagrangiana di Xr

h, ossia tale che

ϕi(yj) = δi,j , i, j = 0, . . . , Nr , (28)

dove δij indica il δ di Kronecker. e dove le ascisse di Y sono state rinumerateglobalmente, ossia si e posto

yj := yi,k , k := 1 + b jrc , i := j + r − rk , j = 0, . . . , Nr − 1 ,

yNr := yr,N (num. globale) .(29)

Queste funzioni, grazie a (28), risultano essere sicuramente linearmente in-dipendenti. Inoltre esse si determinano facilmente utilizzando la loro rap-

26

Page 27: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

presentazione polinomiale a tratti. Infatti φj deve essere identicamente nullain Ik se yj /∈ Ik mentre, se yj ∈ Ik e in particolare si ha yj = yi,k, essa devenecessariamente coincidere con il polinomio di Lagrange definito utilizzandole r + 1 ascisse ys,k, s = 0, . . . , r . Se quindi yj ∈ Y \ ∆, la corrispondenteϕj sara diversa da zero solo in quel sottointervallo Ik cui appartiene yj. Seinvece yj ∈ ∆, allora essa sara diversa da zero in quei due sottointervalli con-tigui che condividono yj come estremo (ad eccezione naturalmente del casoy0 = x0 = 0 e yNr = xN = 1).

Per capire meglio come sono definite queste funzioni, analizziamo in det-taglio i casi r = 1 e r = 2. Se r = 1 abbiamo detto che Y = ∆ e quindiavremo che ϕi sara la funzione continua lineare a tratti sulla partizione ∆(spline classica) che vale 1 in xi e che vale 0 in tutti gli altri punti dellapartizione ∆ il cui grafico e quello della funzione a tettuccio con supporto[xi−1 , xi+1]. Essa e quindi definibile a tratti come segue,

ϕi(x) :=

x−xi−1

xi−xi−1se x ∈ [xi−1 , xi) ,

xi+1−xxi+1−x se x ∈ [xi , xi+1) ,

0 altrimenti .

In questo caso quindi tutte le funzioni di base (escluse la prima e l’ultima)hanno come supporto due sottointervalli consecutivi.

Se invece r = 2, si ha che, quando j = 2k − 1 (dispari), ϕj e diversa dazero solo in Ik e risulta definibile a tratti come segue,

ϕj(x) :=

(x−yj−1)(x−yj+1)

(yj−yj−1)((yj−yj+1)se x ∈ [xk−1 , xk) ,

0 altrimenti .k = (j+1)/2 (j dispari) .

Quando invece j = 2k (pari), si ha che ϕj e diversa da zero sia in Ik che inIk+1 e essa risulta definibile a tratti come segue,

ϕj(x) :=

(x−yj−2)(x−yj−1)

(yj−yj−2)((yj−yj−1)se x ∈ [xk−1 , xk) ,

(x−yj+1)(x−yj+2)

(yj−yj+1)((yj−yj+2)se x ∈ [xk , xk+1) ,

0 altrimenti .

k = j/2 (j pari) ,

con opportune modifiche per j = 0 e j = 2N . In generale, per come e definitala numerazione globale si ha che, se yj = yi,k con j non multiplo di r, alloraϕj 6= 0 nel solo sottointervallo Ik e risulta

ϕj|Ik = L(k)i,r ,

27

Page 28: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

dove L(k)i,r indica l’ i–esimo polinomio di Lagrange di grado r definito usando

le ascisse (uniformi) di Y appartenenti ad Ik. Se invece j e multiplo di r, essarisulta non nulla sia in Ik, con k definito come in (29), che nel precedente

sottointervallo, con ϕj|Ik = L(k)0,r e ϕj|Ik−1 = L

(k−1)r,r .

Ora, se per ogni sottointervallo Ik si definisce il mapping lineare x =mk(ξ) : [0 , 1]→ Ik,

mk(ξ) = xk−1 + ξhk ,

si ha cheL

(k)j,r (x) = `j,r(ξ) ,

avendo indicato con `j,r(ξ), j = 0, . . . , r i polinomi di Lagrange di grado r enodi 0 = ξ0 < ξ1 < · · · < ξr−1 < ξr = 1 con ξj = j/r, j = 0, . . . , r, ossia

`j,r(ξ) =r∏

i=0,i 6=j

rξ − ij − i

, j = 0, . . . , r .

Facendo allora riferimento al problema ellittico considerato in Sezione 2.1,avremo quindi per la matrice di rigidezza che

Ai,j =N∑k=1

∫Ik

(ϕ′j(x)ϕ′i(x) + σ(x)ϕj(x)ϕi(x)

)dx i, j = 1, . . . , Nr + 1.

Si osservi innanzi tutto che A e simmetrica, il che implica che si possonosostanzialmente dimezzare i calcoli supponendo per esempio i ≥ j. L’assem-blaggio della matriceA comunque viene usualmente fatto element–by–element:inizializzata A a zero, per ogni sottointervallo Ik si calcolano tutti gli integrali

Iki,j :=

∫Ik

(ϕ′j(x)ϕ′i(x) + σ(x)ϕj(x)ϕi(x)

)dx ,

che sono non nulli ossia per quelle coppie di indici i e j tali che esistono deicorrispondenti indici 0 ≤ si ≤ r e 0 ≤ sj ≤ r tali che yi = ysi,k e yj = ysj ,k(limitandosi per la simmetria a quelli per cui si ≥ sj). Si tratta quindi intutto di (r + 2)(r + 1)/2 integrali da calcolare su ogni Ik. Utilizzando lasostituzione lineare x = mk(ξ), per ciascuno di tali sottointervalli si ha che

Iki,j =1

hkI1(sj, si) + hk Ik0 (sj, si) ,

28

Page 29: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

dove, per s1, s2 = 0, . . . , r, si pone

I1(s1, s2) :=∫ 1

0`′s1,r(ξ) `

′s2,r

(ξ) dξ ,

Ik0 (s1, s2) :=∫ 1

0σ(mk(ξ)) `s1,r(ξ) `s2,r(ξ) dξ .

Osserviamo pero che solo I1(s1, s2) non dipende dall’intervallo Ik e ilsuo calcolo consiste nel calcolo dell’integrale di un polinomio. Il calcolo diIk0 (s1, s2) richiede invece in generale l’uso di formule di quadratura.

Anche il vettore di carico f viene assemblato procedendo element–by–element e tale assemblaggio richiede su ogni sottointervallo Ik il calcolo delleseguenti quantita,

Ikf (s1) :=

∫ 1

0

f(mk(ξ)) `si,r(ξ) dξ , s1 = 0, . . . , r ,

dove il prodotto hk Ikf (si) deve essere accumulato in f(i), essendo yi = ysi,k .

5.2 Caso 1D: convergenza di uh a u

Naturalmente la scelta dello spazio Vh risulta adeguata solo se

infvh∈Vh‖u− vh‖V → 0 , quando h→ 0 ,

dove u ∈ V ⊆ H1(Ω) e la soluzione di (17) che, nelle ipotesi assunte per fe per σ sappiamo in effetti appartenere almeno ad H2(I). Dobbiamo quindifare vedere che questo e vero se si sceglie Vh ⊆ Xr

h come definito in (27),con Xr

h che indica lo spazio delle splines generalizzate definito nella sezioneprecedente. Cio si dimostra facendo vedere che

limh→0‖u− srh‖1 = 0 ,

dove srh indica la funzione di Xrh che interpola u nell’insieme delle ascisse

prima indicato con Y. Infatti si ha che

infvh∈Vh‖u− vh‖V ≤ ‖u− srh‖1 .

Si noti che u ∈ C0[0 , 1] e che la sua interpolante su Y, srh ∈ Xrh , e uni-

vocamente definita. Per come e definito Xrh , si ha che srh | Ik risulta esse-

re il polinomio di grado r che interpola u sulle r + 1 ascisse equispaziateyi,k, i = 0, . . . , r appartenenti a Ik, ossia

srh(x) =r∑i=0

u(yi,k)L(k)i,r (x) , ∀x ∈ Ik , k = 1, . . . , N .

29

Page 30: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Avendo i polinomi di Lagrange somma costante uguale a 1, si puo scrivere

u(x)− srh(x) =r∑i=0

(u(x)− u(yi,k))L(k)i,r (x) , ∀x ∈ Ik ,

e quindi ottenere

|u(x)− srh(x)| ≤ ω(u, hk) ‖r∑i=0

|L(k)i,r |‖∞,Ik , ∀x ∈ Ik ,

dove ω(u, h) e il modulo di continuita della funzione u che tende a zero perh che tende a zero, essendo u continua. Dato che per ascisse uniformi si ha

‖r∑i=0

|L(k)i,r |‖∞,Ik = ‖

r∑i=0

|`i,r| ‖∞,[0,1] , ∀k ,

indicata con Λr (costante di Lebesgue) tale quantita, si puo allora concludereche

maxx∈[0 , 1]

|u(x)− srh(x)| ≤ Λr ω(u, h) .

Questo ovviamente garantisce la convergenza di srh ad u nella norma uniformedi C0[0 , 1] . Ma vediamo ora l’ordine di convergenza con cui srh tende ad ual tendere di h a zero nella norma di H1(Ω), ricordando che u appartienealmeno a H2(Ω). A tale scopo si dimostra il seguente teorema,

Teorema 8. Sia Ω = (0 , 1) e u ∈ Hr+1(Ω), r ≥ 1 . Allora esistono duecostanti C0,r e C1,r indipendenti da u e da h tali che

|u− srh|1 ≤ C1,r hr |u|r+1 ,

‖u− srh‖L2 ≤ C0,r hr+1 |u|r+1 .

(30)

Dimostrazione : Facciamo la dimostrazione solo nel caso r = 1, ricordandoche in tal caso, essendo il dominio monodimensionale, si ha che u ∈ C1(Ω) .Se quindi poniamo e := u − s1

h , abbiamo che e ∈ C1(Ik) e, essendo e(xi) =0, i = 0, . . . , N, si ha che per il teorema di Rolle esistono zk ∈ Ik, k = 1, . . . , Ntali che e′(zk) = 0 . Questo ci permette di scrivere

e′(x) =

∫ x

zk

e′′(s)ds =

∫ x

zk

u′′(s) ds , ∀x ∈ Ik ,

30

Page 31: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

che implica che

|e′(x)| ≤∫ xk

xk−1

|u′′(s)|ds , ∀x ∈ Ik .

Usando la disuguaglianza di Cauchy–Schwarz in L2(Ik) per le funzioni 1 e|u′′|, si ottiene quindi,

|e′(x)| ≤ h1/2k

(∫ xk

xk−1

(u′′(s))2ds

)1/2

, ∀x ∈ Ik . (31)

A sua volta si ha quindi allora che∫ xk

xk−1

(e′(x))2dx ≤ h2

∫ xk

xk−1

(u′′(s))2ds ,

dove hk e stato maggiorato con h . Sommando su k e e elevando a 1/2ambo i membri si ottiene allora la prima disuguaglianza in (30) ponendoC1,1 = 1. Dobbiamo ora maggiorare e(x). Per fare questo si nota che

e(x) =

∫ x

xk−1

e′(s)ds , ∀x ∈ Ik ,

e quindi, dalla (31), si ottiene che

|e(x)| ≤∫ xk

xk−1

|e′(x)|dx ≤ h3/2k

(∫ xk

xk−1

(u′′(s))2ds

)1/2

, ∀x ∈ Ik .

Quindi, quadrando e maggiorando di nuovo hk con h si ottiene∫ xk

xk−1

(e(x))2dx ≤ h4

∫ xk

xk−1

(u′′(s))2ds .

Infine, sommando su k e e elevando poi a 1/2 ambo i membri si ottiene laseconda disuguaglianza in (30) ponendo ancora C0,1 = 1.

Per quanto prima detto, questo teorema implica allora che, se la soluzioneu del nostro problema variazionale appartiene a Hr+1(Ω) con r ≥ 2 e si usanoelementi finiti proprio di grado r, allora esiste una costante indipendente dah e da u tale che

‖u− uh‖1 ≤ Chr|u|r+1 .

31

Page 32: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Si puo inoltre dimostrare che se u ∈ Hs+1(Ω) con s ≥ 1 e si usano elementifiniti di grado r > s si ha soltanto

‖u− uh‖1 ≤ Chs|u|s+1 .

Da questo si deduce che non conviene utilizzare elementi finiti di grado r > s.Si noti che nell’approccio classico qui analizzato non si contempla la possibi-lita di utilizzare come Vh uno spazio di splines con regolarita globale maggioredi C0.

5.3 Caso 2D: scelta di Vh e delle basi

Nel caso bidimensionale, dato che si intende utilizzare sempre delle polino-miali a tratti, occorre preliminarmente fissare una suddivisione del dominioΩ che ci limitiamo qui a considerare poligonale (o precedentemente appros-simato con un poligono). Come suddivisione ci limitiamo a considerare unatriangolazione Th, ossia un insieme finito di triangoli K ⊂ Ω non degeneritali che

• ∀K1, K2 ∈ Th distinti si haK1 ∩

K2 = ∅ ,

• nessun K ∈ Th puo avere un vertice nell’interno del lato di un altrotriangolo ,

• ∪K∈Th

K = Ω ,

che costituisce comunque la scelta piu duttile. Il parametro h che si associaalla triangolazione risulta essere il massimo dei diametri hK di ciascun tri-angolo. Nel considerare una famiglia F di triangolazioni (si considerano ingenere triangolazioni di Ω con h decrescente), richiederemo comunque che Fsia regolare, ossia che esista una costante δ ≥

√3 indipendente da h tale che

hkρK≤ δ , ∀K ∈ Th , ∀Th ∈ F ,

dove ρK denota il diametro del cerchio inscritto nel traingolo K (detto anchesfericita del triangolo) (si noti che se δ =

√3 si sta chiedendo che tutti i

triangoli siano equilateri).

32

Page 33: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Oltre a considerare famiglie di triangolazioni regolari in genere si assumeanche l’ipotesi che F sia quasi–uniforme ossia che esista una costante τ con1 ≥ τ > 0, tale che

hk ≥ hτ , ∀K ∈ Th , ∀Th ∈ F ,

Fissata Th ∈ F definiremo allora

Xrh := vh ∈ C0(Ω) | vh|K ∈ Π2

r, ∀K ∈ Th ,

dove Π2r indica lo spazio dei polinomi bivariati di grado minore o uguale a r,

con

Dr := dim(Π2r) =

(r + 1)(r + 2)

2.

Si osservi che la restrizione di una delle funzioni di Xrh ad un lato della

triangolazione risulta essere un polinomio monovariato sempre di grado r.Inoltre, cosı come nel caso monovariato, possiamo facilmente verificare cheXrh ⊂ H1(Ω). Ora siamo interessati a utilizzare sempre una base ϕi, i =

0, . . . , Nh di Xrh che sia lagrangiana, ossia per la quale esiste un opportuno

insieme Y di punti distinti di Ω tali che ϕi(Pj) = δi,j, i, j = 0, . . . , Nh , doveNh + 1 indica sempre la dimensione dello spazio Xr

h. Naturalmente, al solitoavremo che ϕi|K ≡ 0 se Pi /∈ K e quindi ogni ϕi sara diversa da zero soloin quei triangoli cui appartiene Pi. Il caso piu semplice (e spesso usato) siha per r = 1. Infatti in tal caso Y coincide con l’insieme dei vertici dellatriangolazione. Nel caso generale si pone invece

Y := ∪K∈Th

Yr,K ,

dove Yr,K indica l’insieme dei punti di r–base su K (vedi appendice B) e doveNh+1 = ]Y. Si noti che se Pi e interno a un triangolo K, la corrispondente ϕirisulta non nulla solo in K, se esso e interno ad un lato della triangolazioneϕi e non nulla solo nei due triangoli che condividono quel lato e se invece eun vertice ϕi sara non nulla in tutti quei triangoli che hanno quel vertice incomune (almeno 3 se e un vertice interno). In ogni caso occorrera numerarei punti distinti di Y e risulta essere non banale trovare una numerazione cherende meno ampia possibile la banda della matrice di rigidezza. In generalea priori la si classifica solo come una matrice sparsa.Naturalmente se Pi, Pj ∈ K ∈ Th , dovremo calcolare il contributo su K all’e-lemento Ai,j della matrice di rigidezza, ossia il seguente integrale (riferendoci

33

Page 34: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

per esempio al problema ellittico piu generale),∫K

µ(X)∇ϕi(X) · ∇ϕj(X) + σ(X)ϕi(X)ϕj(X) dX .

Ora anche per i triangoli e possibile individuare una trasformazione li-neare mK(X) : K → K che mappa in K il master K, ossia il triangolo diriferimento con vertici in A di coordinate (0, 0) in B di coordinate (1, 0) e inC di coordinate(0, 1). Tale trasformazione si scrive come segue,

X = mK(X) := MK X + A ,

dove MK e la seguente matrice 2× 2 ,

MK = (B − A , C − A) ,

essendo A,B e C i tre vertici del triangolo K. Si osservi che le coordinatebaricentriche Λ = (λ0, λ1, λ2) di un punto X del piano rispetto a K sonouguali a quelle del corrispondente punto X rispetto a K.

Ora ϕi|K che ϕj|K coincidono rispettivamente con i polinomi di Lagrangeassociati al punto base ad esse corrispondente. Esisteranno quindi due multi–indici I e J, con |I| = |J | = r, tali che ϕi|K = LKI,r e ϕj|K = LKJ,r , dove LKI,rdenota il polinomio bivariato di Lagrange di grado r che si annulla in tutti ipunti base appartenenti al triangolo K ad eccezione di quello associato nellanumerazione locale al multi–indice I , dove vale 1 .Si noti che, per come sono definiti i polinomi di Lagrange in coordinatebaricentriche, usando la trasformazione lineare mK(X) , si ha che LKI,r(X) =

`I,r(X) , avendo denotato con `I,r il polinomio di Lagrange che si annulla su

tutti i punti base di K ad eccezione di quello associato al multi–indice I ,dove vale 1 . Ne consegue che possiamo scrivere

∇ϕi(X) =1

det(MK)M c

K∇`I,r(X),

dove M cK indica la matrice dei cofattori della matrice MK . Questo implica

che il suddetto integrale puo essere trasformato nella seguente quantita,

1

det(MK)

∫Kµ(mK(X))

(M c

K∇`I,r(X))·(M c

K∇`J,r(X))dX +

det(MK)∫Kσ(mK(X))`I,r(X) `J,r(X) dX .

.

34

Page 35: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Si osservi che in questa formula det(MK) svolge il ruolo che svolgeva hk nelcaso unidimensionale. Infatti |det(MK)| = 2Area(K) . Si osservi inoltre che,anche se µ e costante, a differenza di quanto accadeva nel caso monodimen-sionale, il primo integrale dipende comunque da K a causa di M c

K e quindinon si puo fare una volta per tutte.

5.4 Caso 2D: convergenza di uh a u

Come per il caso monodimensionale, occorre maggiorare infvh∈Vh‖u − vh‖Vcon una quantita che va a zero quando h va a zero per poter dire che con ilmetodo degli elementi finiti e assicurata la convergenza. A tale scopo anchenel caso bidimensionale si maggiora la suddetta quantita con ‖u− srh‖1, dovesrh ∈ Xr

h indica l’interpolante di u ∈ Hr+1(Ω), r ≥ 1, nei punti di Y che eunivocamente definita (vedi appendice B). Per tale funzione infatti e possibiledimostrare il seguente teorema del quale si riporta solo l’enunciato,

Teorema 9. Sia F una famiglia di triangolazioni regolari di Ω e sia Th ∈ F .Se u ∈ Hr+1(Ω), con r ≥ 1, allora esistono due constanti positive Ci,r, i = 0, 1(con C1,r dipendente da δ) tali che

|u− srh|1 ≤ C1,r hr |u|r+1 ,

‖u− srh‖L2 ≤ C0,r hr+1 |u|r+1 .

(32)

Da questo teorema infatti discende che (nelle ipotesi da esso assunte)esiste C positiva (sempre dipendente da δ) tale che

‖u− uh‖1 ≤M

αC hr|u|Hr+1(Ω) . (33)

Si noti che, come nel caso 1D, se u ∈ Hs+1 con s < r si puo solo dire cheesiste una costante positiva C tale che

‖u− uh‖1 ≤M

αC hs|u|Hs+1(Ω) .

6 Condizionamento della matrice di rigidezza

Per i problemi ellittici 1D e 2D considerati, nell’ ipotesi di quasi–uniformita e,per il caso 2D anche di regolarita della triangolazione, si puo determinare unbound superiore per il numero di condizionamento in norma 2 della matrice

35

Page 36: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

di rigidezza A. Per determinare tale bound occorre avvalersi pero di duerisultati validi nel Vh scelto e nelle ipotesi fatte sulla triangolazione. Il primoe la cosiddetta disuguaglianza inversa,

‖∇vh‖L2(Ω) ≤ C∗h−1 ‖vh‖L2(Ω) , ∀vh ∈ Vh ,

(dove C∗ indica una costante indipendente da h). Si noti che la suddettadisuguaglianza implica che esiste una costante positiva C0 tale che

‖vh‖1 ≤ C0 h−1 ‖vh‖L2 , ∀vh ∈ Vh . (34)

Inoltre occorre prima dimostrare il seguente lemma,

Lemma 1. Se Th ∈ F dove F e una famiglia di triangolazioni quasi–uniforme e regolare di Ω, allora esistono due costanti C2 ≥ C1 > 0 indi-pendenti da h tali che,

C1hd|v|2 ≤ ‖vh‖2

L2(Ω) ≤ C2hd|v|2 , ∀vh ∈ Vh , (35)

essendo d ≤ 3 la dimensione spaziale, v = (v0, · · · , vNh)T ∈ IRNh+1 il vettore

tale che vh =∑Nh

j=0 vjϕj e indicando con |v| la sua norma eucliedea.

Dimostrazione : Dimostriamo che esistono due costanti A2 ≥ A1 > 0 taliche ∀K ∈ Th risulta

A1hdK |v(K)|2 ≤ ‖vh‖2

L2(K) ≤ A2hdK |v(K)|2 , ∀vh ∈ Vh , (36)

dove v(K) e un vettore contenente le componenti di v che permettono discrivere vh|K . Osserviamo che, sommando membro a membro queste disu-guaglianze e tenendo presente che h ≥ hK ≥ τh, si ottiene che

A1τd hd

∑k∈Th

|v(K)|2 ≤ ‖vh‖2L2(Ω) ≤ A2h

d∑k∈Th

|v(K)|2 , ∀vh ∈ Vh .

Osserviamo che, essendo la triangolazione regolare, esiste un intero L taleche ogni punto di r–base puo appartenere ad al piu L triangoli. Se ne deduceche

A1τd hd|v|2 ≤ ‖vh‖2

L2(Ω) ≤ A2hd L|v|2 , ∀vh ∈ Vh ,

che significa che la tesi e dimostrata con C1 = A1τd e C2 = A2L. Facciamo

quindi vedere che vale la (36). Naturalmente se v(K) e il vettore nullo non

36

Page 37: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

c’‘e nulla da dimostrare. In caso contrario, se Pi1 , . . . PiDri punti di r–base

in K, si ha che v(K) = (vi1 , . . . , viDr)T e quindi vh(X)|K =

∑Dr

j=1 vijφij(X).Ora

‖vh‖2L2(K) =

∫K

vh(mK(X))2 det(MK) dX ,

dove, per l’ipotesi di regolarita, esiste una costante C indipendente da h taleche ChdK ≤ |det(MK)| ≤ hdK . Quindi

ChdK

∫Kvh(mK(X))2 dX

|v(K)|2≤‖vh‖2

L2(K)

|v(K)|2≤ hdK

∫Kvh(mK(X))2 dX

|v(K)|2,

dove vh(mK(X)) =∑Dr

j=1 vijφij(mK(X)).Osservando che la frazione che com-pare a sinistra e a destra nella disuguaglianza sopra e una funzione continuapositiva di v(K), se ne deduce che essa ammette massimo e minimo sul com-patto |v(K)| = 1 e quindi ovunque sul suo dominio dato che il suo valore noncambia se si moltiplica v(K) per uno scalare. Detti A1 e A2 tali minimo emassimo, la dimostrazione e completata.

Siamo allora in grado di dimostrare il seguente teorema,

Teorema 10. Indicato con κ2(A) il numero di condizionamento in norma2 della matrice di rigidezza del metodo degli elementi finiti per i problemiellittici esaminati, si ha che esiste una costante Cr dipendente dal grado rdegli elementi finiti utilizzati tale che

κ2(A) ≤ Crh−2 .

Dimostrazione : Essendo la A sdp, essa ha tutti autovalori reali e positivie si ha che

κ2(A) =λmaxλmin

,

dove λmax e λmin denotano rispettivamente il piu grande e piu piccolo degliautovalori di A. Ora, se λh e un qualsiasi autovalore di A si sa che esso puoessere scritto nella forma

λh =vTAv

vTv,

dove v indica un autovettore relativo a λh. Ma d’altra parte, per come edefinita la matrice A si ha che vTAv = a(vh , vh) , dove vh =

∑Nh

j=0 vjϕj .Quindi dalla coercivita e dalla continuita della forma bilineare discende che

α‖vh‖2

1

|v|2≤ λh ≤M

‖vh‖21

|v|2.

37

Page 38: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Usando la disuguaglianza inversa in Vh che implica la (34), si ha d’altra parteche

‖vh‖L2(Ω) ≤ ‖vh‖1 ≤ C0 h−1 ‖vh‖L2(Ω) ,

e quindi ne deriva che

α‖vh‖2

L2(Ω)

|v|2≤ λh ≤MC2

0h−2‖vh‖2

L2(Ω)

|v|2.

Questa, combinata alla (35),implica a sua volta che

αC1hd ≤ λh ≤MC2

0 h−2C2h

d.

Da queste due disuguaglianze deriva che

κ2(A) =λmaxλmin

≤ MC20 C2

αC1

h−2 ,

che conclude la dimostrazione.

Il peggioramento del numero di condizionamento al decrescere di h im-plica che, tanto piu si vuole essere accurati, tanto piu diventa problematicala risoluzione del sistema lineare cui si perviene con il metodo degli elementifiniti. Si ricordi che se per esempio si usa il metodo del gradiente coniuga-to per la sua risoluzione, la velocita di convergenza decresce al crescere diκ2(A). Per tale metodo e quindi particolarmente utile usare delle tecniche diprecondizionamento.

7 Elementi finiti isoparametrici

Se il dominio piano Ω ha bordo curvilineo, per evitare di doverlo approssi-mare con un poligono e quindi al fine di ridurre l’errore di discretizzazione, sipuo estendere la definizione di triangolazione ammettendo che essa includadei triangoli curvilinei, ossia “triangoli” con un lato curvilineo. A tale scopo,si prevede che alcuni triangoli K ∈ Th possano essere definiti attraverso unmapping non lineare ma sempre invertibile definito sul master K. In partico-lare si adottano degli elementi finiti isoparametrici se il mapping geometricorisulta pure definibile usando le funzioni di base usate per la discretizzazione,ossia

FK : K → K con FK(X) =∑|J |=r

PKJ `J,r(X) (37)

38

Page 39: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Si osservi che questa definizione implica che FK(PJ) = PKJ ,∀J s.t. |J | = r,

dove PJ ∈ K e il punto-base associato al multiindice J. In particolare gli(r + 1) punti PJ con J = (0, j, r − j), j = 0, . . . , r, saranno scelti come puntidistinti in sequenza sulla porzione di ∂Ω che vogliamo approssimare con illato curvilineo di K. Si osservi inoltre che, se ∂Ω risulta descritto da unaspline, scelto r pari al grado della spline, questo ci permettera di dire chela triangolazione costituisce un ricoprimento di Ω. Naturalmente, affincheil mapping risulti invertibile, occorre che i triangoli curvilinei abbiano dia-metro sufficientemente piccolo. Tenendo presente che la restrizione di FKa ∂K risulta invertibile, quello che dobbiamo controllare e che lo jacobianoJF (omettendo la dipendenza da K per brevita) risulti non singolare in ognipunto di K. Vediamo questa questione nel caso r = 2. Per facilitare il con-trollo, osserviamo che F puo essere visto come la composizione del mappinglineare mK (invertibile) che mappa il master ABC nel triangolo standardP(2,0,0) , P(0,2,0) , P(0,0,2) con un opportuno mapping quadratico F ,

F (X) = mK(F (X)) .

Il mapping quadratico F : K → K puo a sua volta essere definito comein (37) con r = 2, sostituendo i PK

J con i punti PJ , dove

P(2,0,0) = A = (0, 0) , P(0,2,0) = B = (1, 0) , P(0,0,2) = C = (0, 1) ,

P(1,1,0) = (1/2, 0) , P(1,0,1) = (0, 1/2) , P(0,1,1) = G ,

doveG := m−1

K (P(0,1,1)) .

Quindi F sara invertibile se e solo se det(JF ) 6= 0 in ogni punto di K. Ora,con un po’ di calcoli, si ottiene che F = (F1, F2) , con

Fi(X) = xi + x1x2 di , i = 1, 2 ,

dove di = 4Gi−2 , i = 1, 2. Ne consegue che det(JF ) = 1 +d1x2 +d2x1 . D’al-

tra parte se X ha coordinate baricentriche (λ0, λ1, λ2), si ha che det(JF ) =

λ0 det(JF )(0, 0)+λ1 det(JF )(1, 0)+λ2 det(JF )(0, 1). Quindi tale determinante

sara positivo in ogni X ∈ K se e solo se esso e positivo in (0, 0), in (1, 0) e in(0, 1). Questo implica che dobbiamo richiedere che 1 + di > 0, i = 1, 2 ossiache Gi > 1/4, i = 1, 2. Si osservi che questo significa che P(0,1,1) deve esseresufficientemente vicino a mK(1/2, 1/2).

39

Page 40: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Naturalmente in fase di assemblaggio della matrice di rigidezza e del vet-tore di carico, utilizzando la tecnica di assemblaggio element-by-element eusando sempre la sostituzione che ci porta a lavorare sul master, per glielementi curvilinei dovremo usare il mapping FK invece di mK .

Per quanto riguarda le formule di quadratura, osserviamo che

I[f ] :=

∫K

f(X)dX

puo essere approssimato con le seguenti formule di quadratura Ij[f ], j = 1, 2

I1[f ] := area(K) f(1/3, 1/3, 1/3) ,

I2[f ] := area(K)3

(f(1/2, 1/2, 0) + f(1/2, 0, 1/2) + f(0, 1/2, 1/2)

),

dove si sono usate le coordinate baricentriche per indicare i punti di K. Siverifichi che il grado di precisione di queste due formule risulta essere j.Questo implica che, se f ∈ Cj+1(K), detto hK il diametro di K, si ha che

|I[f ]− Ij[f ]| ≤ Chj+1K

∫K

∑|α|=j+1

‖Dαf‖∞ dX .

8 Griglie adattative

Al fine di aumentare l’efficienza di un metodo di discretizzazione numerica diun problema differenziale, risulta particolarmente importante poter utilizza-re griglie non uniformi (ossia passo variabile nel caso 1D e triangolazioni nonuniformi nel caso bidimensionale), che devono essere opportunamente sele-zionate in base al problema mediante tecniche opportune aventi lo scopo difornire una stima calcolabile dell’errore. Tali tecniche sono raggruppabili indue classi, rispettivamente basate sull’uso di un procedimento di adattativitaa priori o di adattativita a posteriori. Nel primo caso si usa una stima localedell’errore e alla derivata della funzione incognita u che compare in tale stimasi sostituisce una sua approssimazione locale facilmente calcolabile appuntoa priori. Nel secondo caso si risolve il problema discreto con il metodo nu-merico selezionato e si utilizza l’approssimazione della soluzione u da essofornita per calcolare una stima dell’errore a posteriori. Naturalmente le duetecniche possono anche coesistere in un codice di calcolo e sono in generaledi interesse qualunque sia il metodo numerico utilizzato. Vediamone quindiun cenno riferendoci al metodo degli elementi finiti da noi preso in esame.

40

Page 41: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Si noti che mediante il Teorema 8 relativo al caso 1D si mirava ad otte-nere una stima dell’errore ‖u − uh‖1 dipendente da h = max

1≤k≤Nhk per poter

ricavare l’ordine di convergenza del metodo. A tale scopo allora, nel corsodella dimostrazione di tale teorema relativa al caso r = 1 (elementi finitilineari), ogni hk e stato maggiorato con h . Tuttavia, evitando di fare questamaggiorazione, si ricava un’altra stima altrettanto interessante dell’errore peril caso r = 1 ma estendibile anche al caso r > 1,

‖u− uh‖1 ≤ C

√√√√ N∑k=1

h2rk |u|2Hr+1(Ik) .

Analogamente nel caso 2D in alternativa alla stima in (33) puo essere ricavatala stessa stima,

‖u− uh‖1 ≤ C

√∑K∈Th

h2rK |u|2Hr+1(K) . (38)

Si noti che la costante C dipende dalle costanti di continuita e di coercivitadella forma bilineare oltre che dalle costanti che caratterizzano la famigliadi triangolazioni F . La disponibilita di una stima che utilizza tutti gli hk(hK nel caso 2D) risulta fondamentale per sviluppare tecniche di selezionedella mesh adattative sia a priori che a posteriori. Al fine di chiarire lelinee generali dei due approcci per il metodo degli elementi finiti, riferiamocidirettamente al caso 2D.

8.1 Adattativita a priori

In questo caso, riferendoci per semplicita al caso r = 1 (elementi finiti li-neari), si utilizza una u∗h ∈ Vh∗ calcolata mediante il metodo degli elementifiniti su una triangolazione T ∗h rada (ossia con h∗ non molto piccolo rispet-to alle dimensioni del dominio) per approssimare la quantita |u|2H2(K) che

compare in ogni addendo della sommatoria a destra nella (38). Purtroppopero uh∗ non e direttamente utilizzabile a tale fine in quanto, essendo la suarestrizione a K una funzione bivariata lineare, ogni sua derivata seconda nel-l’interno di K e identicamente nulla e quindi e inutilizzabile per approssimare|u|H2(K) . Appoggiandoci su uh∗ tuttavia possiamo costruire una ragionevoleapprossimazione costante a tratti delle derivate seconde di u. A tale scopoapprossimiamo ∇u invece che semplicemente con ∇uh∗ , con una funzionepiu regolare, globalmente C0 e lineare a tratti (come la uh∗ quindi), ponendo

41

Page 42: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

∂u

∂xj(X) ≈ g(j)(X) :=

Nh∑i=0

p(j)i (Xi)ϕi(X) , j = 1, 2 ,

dove Xi indica le coordinate del vertice della triangolazione Th∗ associatoa ϕi , e p

(j)i (X) e un’approssimazione lineare della restrizione a supp(ϕi) di

∂uh∗∂xj

(X) che si ottiene facilmente minimizzando la seguente quantia,∫supp(ϕi)

(p(j)i (X)− ∂uh∗

∂xj(X))2 dX .

Ne consegue che si approssimano le tre derivate parziali seconde di u comesegue,

∂2u

∂2xj≈ ∂g(j)

∂xj, j = 1, 2 ,

∂2u

∂x1∂x2

≈ 1

2

(∂g(1)

∂x2

+∂g(2)

∂x1

).

Usando tali approssimazioni che per brevita sono sotto indicate con u(2,0) ,u(0,2) e u(1,1) , andiamo a vedere se riusciamo a determinare una nuova trian-golazione Th ∈ F tale che∑

K∈Th

h2K

(‖u(2,0)‖2

L2(K) + ‖u(0,2)‖2L2(K) + ‖u(1,1)‖2

L2(K)

)≤ tol2

C2,

dove tol indica una tolleranza prefissata. Al fine di equidistribuire sul domi-nio Ω l’errore, una possibile tecnica di selezione della nuova mesh consistenell’andare a raffinare quei triangoli K∗ di Th∗ nei quali risulta

h2K∗

(‖u(2,0)‖2

L2(K∗) + ‖u(0,2)‖2L2(K∗) + ‖u(1,1)‖2

L2(K∗)

)>

1

N∗tol2

C2

dove N∗ indica il numero di triangoli della triangolazione Th∗ (marcatura perelemento).

Si noti che per poter utilizzare l’adattativia a priori occorre preventiva-mente aver stimato la costante C. Questo puo essere fatto mediante l’appli-cazione del metodo FEM su griglie di F ad un problema del quale e nota lasoluzione analitica u (in quanto C e indipendente da u).

42

Page 43: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

8.2 Adattativita a posteriori

In questo caso non si utilizza la stima a priori (38) ma si ottiene una stimaa posteriori in termini di quantita calcolabili, normalmente basate sul cosid-detto residuo della soluzione approssimata che indica di quanto la soluzionediscreta soddisfa il problema differenziale dato su ogni elemento della trian-golazione utilizzata. Allo scopo di dare un’idea di come si opera con talemetodologia, consideriamo il metodo degli elementi finiti di grado r qualsiasiper il problema di Poisson con condizioni al contorno di Dirichlet.

Osserviamo che, grazie a (26) possiamo scrivere che∫Ω∇(u− uh) · ∇v dX =

∫Ω∇(u− uh) · ∇(v − vh) dX

=∫

Ωf (v − vh) dX −

∫Ω∇uh · ∇(v − vh) dX

.

Spezzando i due integrali nella somma di integrali sugli elementi della trian-golazione, possiamo utilizzare localmente il teorema della divergenza e quindiarriviamo a scrivere∫

Ω∇(u− uh) · ∇v dX =

∑K∈Th

∫K

(f +4uh) (v − vh) dX −∑K∈Th

∫∂K

∂uh∂n

(v − vh) dγ .(39)

Indicando con e un lato della triangolazione, per comodita poniamo nulloil salto

[∂uh∂n

]e

di ∂uh∂n

se e e di bordo mentre se e e condiviso da K1 e K2,poniamo[

∂uh∂n

]e

:= (∇uh|K1) · n1 + (∇uh|K2) · n2 = (∇uh|K1 −∇uh|K2) · n1 .

Con tale notazione possiamo allora scrivere che∑K∈Th

∫∂K

∂uh∂n

(v − vh) dγ =1

2

∑K∈Th

∑e∈∂K

[∂uh∂n

]e

(v − vh) dγ .

Sostituendo tale espressione in (39) e utilizzando localmente la disugua-glianza di Cauchy–Schwartz otteniamo la seguente disuguaglianza valida∀v ∈ V = H1

0 (Ω) e ∀vh ∈ Vh ,

|∫

Ω∇(u− uh) · ∇v dX | ≤

∑K∈Th

‖f +4uh)‖L2(K)‖(v − vh)‖L2(K) +

12‖[∂uh∂n

]‖L2(∂K)‖v − vh‖L2(∂K)

(40)

43

Page 44: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Affinche questa disuguaglianza sia utile ai nostri scopi, dobbiamo primascegliere vh in modo opportuno rispetto a v e quindi scegliere v = u−uh . Nonessendo necessariamente v continua in Ω (di v si sa soltanto che appartienea H1

0 (Ω)), non si puo scegliere come vh la sua interpolante su Y srh e usarecome stime quelle dell’interpolazione (che sono alla base della dimostrazionedella convergenza della soluzione prodotta da metodo degli elementi finiti).Come vh ∈ Vh in questo caso si seleziona una diversa approssimazione dellav, la cosiddetta interpolante di Clement sotto indicata con Rhv ,

Rhv :=

Nh∑j=0

Pj(v)(Xj)ϕj(X) ,

dove Pjv indica la funzione bivariata lineare tale che su supp(ϕj) (v − Pjvrisulta ortogonale (nel prodotto scalare di L2) a Π2

1 . Essendo la griglia Th ∈F regolare, per tale approssimante si possono dimostrare le seguenti stimedell’errore locale,

‖v −Rhv‖L2(K) ≤ C1hK |v|H1(K) , ‖v −Rhv‖L2(∂K) ≤ C2

√hK‖v‖H1(K) ,

dove K denota l’unione di tutti i triangoli che condividono con K un la-to o un vertice. Scegliendo quindi vh = Rhv e usando tali stime, postoC = maxC1, C2 , la (40) puo essere ulteriormente prolungata come segue(usando la disuguaglianza di Cauchy-Schwartz ulteriormente),

|∫

Ω∇(u− uh) · ∇v dX | ≤ C

∑K∈Th

ρK(uh) ‖v‖H1(K)

≤ C

√∑K∈Th

ρK(uh)2

√∑K∈Th

‖v‖2H1(K)

,

dove ρK(uh) indica il cosiddetto residuo locale che e una quantita calcolabile,

ρK(uh) := hK ‖f +4uh‖L2(K) +1

2

√hk ‖

[∂uh∂n

]‖L2(∂K) .

Ora, essendo Th regolare, si ha che esiste un intero positivo n indipendenteda h tale che K risulta formato da al piu n triangoli, il che implica che∑

K∈Th

‖v‖2H1(K)

≤ n‖v‖21 .

44

Page 45: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Scegliendo v = u − uh e mettendo insieme questa disuguaglianza con ladisuguaglianza di Poincare, si ottiene quindi

‖u− uh‖21 ≤ (1 + C2

Ω)|u− uh|21 ≤ (1 + C2Ω)C√n

√∑K∈Th

ρK(uh)2 ‖u− uh‖1 ,

e quindi

‖u− uh‖1 ≤ Cf√n

√∑K∈Th

ρK(uh)2 , (41)

dove Cf := (1 +C2Ω)C . Siamo quindi pervenuti ad una stima a posteriori

della norma 1 dell’errore in termini di residui locali. Se quindi NT indica ilnumero di elementi della triangolazione e tol una tolleranza assegnata, al finedi garantire per esempio che

‖u− uh‖1

‖uh‖1

≤ tol ,

e di equidistribuire l’errore, si puo andare a richiedere allora che

ρK(uh)2 ≤ 1

NT

1

C2f n

tol2 ‖uh‖21 . (42)

Si noti che dalle informazioni sulla griglia si trova n ma Cf puo essere piudifficile da stimare. Naturalmente in quei triangoli nei quali (42) non vale siprocede con il raffinamento.

9 Il metodo degli elementi finiti

nel caso parabolico

Sia Ω ⊂ IRd, d = 1, 2, 3 un dominio limitato e connesso sul quale si considerail seguente problema evolutivo di tipo parabolico,

∂u∂t

+ Lu = f , x ∈ Ω, t > 0 ,u(x , 0) = u0(x) , in Ω (cond. iniziale) ,u(x , t) = uD(x , t) , x ∈ ∂Ω, t > 0 (cond. al contorno) ,

(43)

dove L denota un operatore differenziale lineare del secondo ordine ellitticoomogeneo. Tale operatore puo essere scritto come segue,

Lu := −d∑i=1

∂xi

(d∑j=1

ai,j(x)∂u

∂xj

)+ L1u ,

45

Page 46: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

dove L1 e un operatore differenziale lineare omogeneo del primo ordine e dovedeve esistere una costante positiva α0 tale che, posto

A(x) := (ai,j(x)) , matrice d× d ,

risultiξTA(x)ξ ≥ α0 ξ

Tξ , ∀ξ ∈ IRd , q.o. in Ω.

Il primo esempio di problema di questo tipo che ci viene in mente enaturalmente l’equazione del calore che per d = 1 su un dominio di lunghezzaunitaria si scrive

ut − ν uxx = f , x ∈ (0 , 1), t > 0 ,u(x , 0) = u0(x) , in (0 , 1) (condizione iniziale) ,u(0 , t) = u`(t) , t > 0 (condizione estremo sinistro) ,u(1 , t) = ur(t) , t > 0 (condizioni estremo destro) ,

dove in questo caso u(x, t) denota la temperatura di una sbarra nel puntox al tempo t e ν > 0 e il coefficiente di conducibilita termica della sbarra.Naturalmente nel caso bidimensionale uxx deve essere sostituito con il lapla-ciano. Un operatore ellittico sempre particolare ma comunque un po’ piugenerale e gia incontrato e

Lu = −∇ · (µ∇u) + σu , con µ = µ(x) , e µ ≥ µ0 > 0,

cui faremo esplicitamente riferimento sotto. Si noti anche che abbiamo quiconsiderato solo condizioni al contorno di Dirichlet solamente per sempli-cita espositiva e per lo stesso motivo faremo riferimento a dati di Dirichletomogenei (per il caso non omogeneo occorre anche qui passare formalmenteattraverso il rilevamento dei dati sul bordo). Inoltre si osservi che il proble-ma e analiticamente formulato per t > 0 ma numericamente sara risolto pert ∈ [0 , 1].

Posto allora V = H10 (Ω) , facendo dei passaggi analoghi a quelli fatti nel

caso ellittico, la formulazione variazionale del problema diventa:trovare u(x, t) tale che ∀t ≥ 0 fissato risulti u(x, t) ∈ V e tale che l’applica-zione

U : IR+ → V corrispondente ad u , U(t)(x) := u(x, t) , ∀x ∈ Ω

sia continua e, ∀t > 0, risulti∫Ω

∂u

∂tv dx + a(u, v) = F (v) ,∀v ∈ V , (44)

46

Page 47: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

dove a e F sono definiti come segue,

a(u , v) :=∫

Ωµ∇u · ∇v + σ u v dx ,

F (v) :=∫

Ωf(t,x) v(x) dx .

.

Si osservi che in questo caso F e un’applicazione definita su V che associaa ogni v ∈ V una funzione definita su IR+. Se u0 ∈ L2(Ω) e f ∈ L2(QT ) ,con QT := Ω× (0 , T ) , e se la forma a e coerciva, si dimostra che esiste ed eunica la soluione u di (44) e che u ∈ L2(IR+ ; V ) ∩ C0(IR+ ; V ) , essendo

L2(IR+ ; V ) := v : Ω× IR+ → IR tali che: ∀t ≥ 0 , v(x, t) ∈ V ;l’applicazione corrispondente V : IR+ → V e misurabile e∫ +∞0‖v(x, t)‖2

V dt < +∞ ,C0(IR+ ; V ) := v : Ω× IR+ → IR tali che: ∀t ≥ 0 , v(x, t) ∈ V ;

V e continua e ∀t ≥ 0 , ‖v(x, t)‖V < +∞

Si noti che l’esistenza e unicita della soluzione e garantita in questo casoanche se l’ipotesi di coercivita e indebolita sostituendola con quella di coer-civita debole (che per il nostro operatore equivale a chiedere, oltre all’ipotesisu µ, che σ debba solo essere limitato inferiormente),

esistono α > 0 , e λ ≥ 0 , tali che a(v, v) + λ‖v‖2L2 ≥ α‖v‖2

1 , ∀v ∈ V .

Usando il metodo di Galerkin al solito possiamo passare alla formulazionediscreta in spazio del problema variazionale in (44). Si deve quindi scegliereun sottospazio Vh ⊂ V a dimensione finita Nh + 1 e considerare il seguenteproblema discretizzato nello spazio secondo Galerkin,∀t > 0, trovare uh(x, t) ∈ Vh , tale che l’applicazione corrispondente Uh :IR+ → V sia continua e risulti∫

Ω

∂uh∂t

vh + a(uh, vh) = F (vh) ,∀vh ∈ Vh . (45)

Se al solito si considera una base per Vh,

Vh =< φ0, · · · , φNh> ,

posto

uh(·, t) =

Nh∑j=0

uj(t)φj(·) e quindi∂uh∂t

(·, t) =

Nh∑j=0

uj(t)φj(·) ,

47

Page 48: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

si ha che (45) e equivalente al seguente sistema di equazioni differenzialilineari,

M U(t) + AU(t) = F(t) , (46)

dove U(t) := (u0(t), · · · , uNh(t))T e dove M e A sono matrici di dimensione

Nh + 1 tali che

Mi,j :=

∫Ω

φi(x)φj(x) dx , A,j := a(φj, φi) ,

e dove F(t) := (F (φ0), · · · , F (φNh) )T . Per quanto riguarda la convergenza

di uh ad u, nel caso in cui u sia sufficientemente e regolare e Vh sia il classicospazio agli elementi finiti contenuto in Xr

h, si ha che esistono due costanti βe C positive tali che,se u e sufficientemente regolare, ∀t ≥ 0 risulta

‖(u(·, t)− uh(·, t)‖2L2(Ω) + 2β

∫ t

0

‖(u− uh)(τ)‖21 dτ ≤ C h2r g(u) ,

dove g indica una funzione di u e della sua derivata temporale.Si arriva quindi a dover considerare il problema semidiscreto definito in

(46) che e un problema (vettoriale) di Cauchy formulato rispetto alla varia-bile temporale. Per la sua risoluzione numerica ci si puo allora appoggiareper esempio ad un metodo di Runge–Kutta. Per semplicita, qui proponiamol’utilizzo del θ–metodo, con θ ∈ [0 , 1]. Indicato con ∆t il passo di discre-tizzazione temporale, e posto Uk ≈ U(k∆t) e Fk := F(k∆t), tale metodocorrisponde al seguente istema lineare,

MUk+1 −Uk

∆t+ A

(θUk+1 + (1− θ)Uk

)=(θFk+1 + (1− θ)Fk

).

Si noti che per θ = 0 e per θ = 1 si ottengono rispettivamente l metodidi Eulero esplicito e implicito, mentre per θ = 0.5 si ottiene il metodo deitrapezi (anche detto metodo di Crank–Nicholson). S osservi che M e sdp(simmetrica e definita positiva) e che, se la forma bilineare a e coerciva,tale e anche la A e quindi anche la (M + ∆tθA) che costituisce la matricedei coefficienti del sistema lineare da risolvere per eseguire un avanzamentotemporale. Essendo tale matrice indipendente da k la sua fattorizzazionepuo essere fatta una volta per tutte.

Naturalmente a Uk si associa la soluzione discreta al tempo tk := k∆tsul dominio spaziale Ω definita dall’espressione ukh(·) :=

∑Nh

i=0 uki φi(·) . Per

48

Page 49: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

quanto riguarda la convergenza di questa soluzione discreta, sempre nelleipotesi di sufficiente regolarita della u, si ha che

‖(u(·, tn)−unh(·)‖2L2(Ω) + 2α

n∑k=1

‖(u(tk, ·)−ukh(·))‖21 ≤ G(u0, f, u)(∆tp(θ)+h2r) ,

dove G dipende dai dati e dalla soluzione e dove

p(θ) :=

4 se θ = 0.5 ,2 altrimenti.

Se quindi u e sufficientemente regolare il metodo e di ordine r in spazio edi ordine 1 (2 per i trapezi) in tempo. Si osservi che dall’analisi di stabilitaassoluta del θ–metodo discende che non si devono imporre restrizioni per lascelta del passo temporale ∆t se θ ≥ 0.5 , mentre per θ < 0.5 si ha che esisteuna costante c(θ) (nota) tale che deve essere ∆t ≤ c(θ)h2.

10 Introduzione alle equazioni di Navier-Stokes

Le equazioni di Navier-Stokes (NS) sono utilizzate in fluidodinamica per de-scrivere come evolve nel tempo un fluido che occupa un certo dominio spazialedi IRd, d = 1, 2, 3. Osserviamo che nel caso piu generale, ad ogni istante t ein ogni punto x de dominio spaziale il fluido e caratterizzato dalla densita ρ,dalla velocita u = (u1, . . . , ud), dalla pressione p e dall’energia totale e perunita di massa. Le equazioni NS sono un sistema di 3 equazioni, due sca-lari e una vettoriale in IRd, che descrivono la conservazione nel tempo dellamassa, della quantita di moto e dell’energia. Dato che le funzioni incognitesono 3 funzioni scalari (ρ, p ed e) e una vettoriale (u), esse necessitano diessere completate dall’equazione di stato del fluido in esame. Se per esempiosi tratta di un gas perfetto, abbiamo che

p = ρRT,

dove R e la costante del gas che e definita come R = Cp − Cv, dove Cp e Cvrappresentano rispettivamente il calore specifico tipico del fluido a pressionee a volume costante. Tenendo infatti presente che e e la somma dell’ener-gia interna ei per unita di massa e dell’energia cinetica per unita di massa,essendo ei = CvT, posto γ = Cp/Cv, si ottiene che

e =p

ρ(γ − 1)+

1

2|u|2 .

49

Page 50: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

La prima delle equazioni di NS deriva dal considerare che, se V rappresentauna porzione di Ω, la variazione dm in un tempo infinitesimo dt della massadi fluido contenuta in V dipende solo dal flusso di massa attraverso δV, ossiada quanto fluido e uscito/entrato attraverso δV nel tempo dt,

dm = d( ∫

V

ρdV)

= −dt∫δV

ρu · n dS ,

essendo n la normale esterna a δV. Tenendo presente il teorema della di-vergenza e l’arbitrarieta di V si conclude che la conservazione di massa eespressa dalla seguente equazione:

∂ρ

∂t+∇ · (ρu) = 0 . (47)

La seconda equazione (vettoriale a d componenti) e ottenuta imponendo unanalogo bilancio per ciascuna delle componenti ρui, i = 1, . . . , d, della quan-tita di moto. Va pero ora tenuto presente che la variazione nell’intervallodi tempo infinitesimo dt di ρui dipende non solo dal flusso di tale quantitaattraverso δV ma anche dalla pressione nella direzione i-esima che viene eser-citata su δV dal fluido esterno ad esso e dagli sforzi τij, j = 1, . . . , d dovutialle tensioni interne. Considerando tutti questi contributi, l’equazione delbilancio per ρui diventa

∂ρui∂t

+∇ · (ρui u) +∂p

∂xi−

d∑j=1

∂τi,j∂xj

= 0 . (48)

Si osservi che, secondo l’ipotesi di Stokes, τi,j dipende dal coefficiente diviscosita dinamica µ del fluido e dalla sua velocita come segue,

τi,j = µ[(∂ui∂xj

+∂uj∂xi

)− 2

3δi,j∇ · u] ,

dove µ e in generale una funzione. Quindi l’equazione in (48) diventa

∂ρui∂t

+∇·(ρui u)+∂p

∂xi−

d∑j=1

∂xj(µ∂ui∂xj

)−d∑j=1

∂xj(µ∂uj∂xi

)+2

3

∂xi

(µ∇·u

)= 0 .

(49)Usando la seguente notazione matriciale dove∇u ∈ IRd×d e div : IRd×d → IRd,

50

Page 51: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

∇u :=

∇u1

∇u2

∇u3

, div(A) :=

∇ · (eT1A)

...∇ · (eTdA)

(50)

e tenendo presente che ∇ · (ρui u) = ∇(ρui) · u + ρui∇ · u , possiamo rag-gruppare tutte le equazioni relative a ρui, i = 1, . . . , d nella seguente unicaequazione vettoriale formata da d equazioni scalari,

∂ρu

∂t+ (∇ρu)u + ρ(∇·u)u +∇p− div

(µ∇u +µ(∇u)T

)+

2

3∇(µ∇·u

)= 0 .

(51)Per semplicita, noi faremo riferimento al caso di fluido incomprimibile os-sia avente ρ costante. In questo modo le funzioni incognite rimangono u(vettoriale) p ed e ma in questo caso possiamo non occuparci di e, trascu-rando l’ultima delle equazioni NS (che non abbiamo descritto), ossia quellache esprime il bilancio di energia totale, in quanto in tal caso essa risultadisaccopiata dalle altre. Osserviamo inoltre che in tal caso l’equazione (47)si riduce a

∇ · u = 0 . (52)

Di conseguenza, anche la (51) si semplifica come segue, dividendo per ρ,

∂u

∂t+ (∇u)u +∇p− div

(ν∇u + ν(∇u)T

)= 0 , (53)

dove p rappresenta ora la pressione scalata per ρ e ν := µ/ρ e la cosiddettaviscosita cinematica. Se ν e pure supposto costante, questa equazione sisemplifica ulteriormente diventando,

∂u

∂t+ (∇u)u +∇p− ν∆u = f , (54)

dove abbiamo introdotto f per indicare un possibile termine forzante esterno.Infatti si ha che div

(∇u) = ∆u e div

(∇u)T = ∇(∇ · u) che e zero a causa

della (52). Osserviamo che l’equazione (54) e non lineare a causa del secon-do termine. Il problema differenziale che si considera quindi per descriverela dinamica di un fluido incomprimibile viscoso con viscosita costante e il

51

Page 52: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

seguente:∇ · u = 0 , x ∈ Ω, t ∈ (0, T )∂u∂t

+ (∇u)u +∇p− ν∆u = f , x ∈ Ω, t ∈ (0, T )u(x, 0) = u0(x) , x ∈ Ω ,u(x, t) = uD(x, t) x ∈ ΓD, t ∈ (0, T ) ,ν ∂u∂n− pn = uN(x, t) x ∈ ΓN , t ∈ (0, T ) ,

(55)

dove u0,uD e uN sono funzioni vettoriali assegnate e dove, al solito, ∂Ω =

ΓD ∪ ΓN ,ΓD ∩

ΓN = ∅ e n indica il versore normale uscente da ∂Ω.

Osserviamo che nelle equazioni di Navier-Stokes la pressione appare sem-pre sotto il segno di derivata; quindi se (u, p) e soluzione lo e anche (u, p+ c)con c costante qualsiasi. Per evitare questa indeterminazione si richiedequindi che sia ∫

Ω

p dx = 0 . (56)

Per il caso d = 2 e stato dimostrato che se i dati al contorno e la condi-zione iniziale sono sufficientemente regolari, il problema (55), sotto questarichiesta aggiuntiva, ammette soluzione unica con derivata continua e nonsviluppa singolarita al crescere di T. Nel caso d = 3 questo tipo di dimostra-zione esiste solo per T opportunamente limitato. Naturalmente le difficoltamaggiori derivano dal termine convettivo non lineare, detto termine di tra-sporto contenuto nell’equazione del bilancio della quantita di moto. Al finedi semplificare l’analisi, si definisce il cosiddetto numero di Reynolds:

Re :=|U|Lν

,

dove U e una velocita caratteristica del fluido nell’intervallo temporale esami-nato, L una lunghezza caratteristica del dominio Ω (ad esempio la lunghezzadel canale dentro il quale si studio il fluido) e ν la viscosita cinematica de-finita in precedenza. Se Re << 1, il termine convettivo non lineare puoessere omesso nell’equazione di bilancio della quantita di moto e le equazio-ni di Navier–Stokes si riducono alle equazioni lineari di Stokes. In questenote esaminiamo solo la formulazione variazionale del problema di Stokesstazionario con condizioni al bordo di Dirichlet omogenee,

∇ · u = 0 , x ∈ Ω,σu +∇p− ν∆u = f , x ∈ Ω,u(x) = 0 x ∈ ∂Ω ,

(57)

52

Page 53: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

dove il termine che abbiamo aggiunto σu, con σ ≥ 0, consente di fare rife-rimento ad un caso piu generale. Trattandosi di un problema vettoriale, lospazio delle funzioni test deve essere il prodotto V ×Q, dove V = [H1

0 (Ω)]d eQ = L2

0(Ω), ossia l’insieme delle funzioni di L2(Ω) il cui prodotto scalare conla funzione 1 e zero. Questa scelta viene fatta a causa della richiesta in (56),assunta per garantire l’unicita della soluzione. Se quindi (v, q) ∈ V × Q,moltiplicando l’equazione della divergenza per q e l’equazione della quantitadi moto scalarmente per v, integrando su Ω si ha quindi che∫

Ω

q∇ · u dx = 0 ,

∫Ω

σu · v +∇p · v − νv ·∆u dx =

∫Ω

f · v dx .

Osservando che

∇p · v = ∇ · (pv)− p(∇ · v),

v ·∆u =∑d

i=1 vi∆ui =∑d

i=1[∇ · (vi∇ui)−∇vi · ∇ui] ,

usando il teorema della divergenza sia per il termine contenente la pressioneche per quello contenente il laplaciano nella seconda equazione, si ha che essadiventa

a(u,v) + b(v, p) = F (v) , ∀v ∈ V ,b(u, q) = 0 , ∀q ∈ Q ,

dove a(u,v) :=

∫Ωσu · v + ν∇u · ∇v dx ,

b(u, q) := −∫

Ωq∇ · u dx

F (v) :=∫

Ωf · v dx ,

(58)

dove ∇u · ∇v :=∑d

i=1∇ui · ∇vi .Fissato Vh ⊂ V e Qh ⊂ Q, spazi vettoriali a dimensione finita, rispettiva-

mente di dimensione Nh+1 e Mh+1, consideriamo una base φi, i = 0, . . . , Nh

di Vh (base vettoriale a d componenti) e una base ϕi, i = 0, . . . ,Mh di Qh

usando Galerkin per la discretizzazione, si tratta di trovare

uh(x) :=

Nh∑i=0

uiφi(x) , ph(x) =

Mh∑i=0

piϕi(x)

tali che a(uh,vh) + b(vh, ph) = F (vh) , ∀vh ∈ Vh ,b(uh, qh) = 0 , ∀qh ∈ Qh ,

53

Page 54: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

che corrisponde a chiedere cheAU +BTP = F ,BU = 0 ,

(59)

dove A = [aij] = [a(φj,φi)] ∈ IR(Nh+1)×(Nh+1) , B = [bi,j] = [b(φj, ϕi)] ∈IR(Mh+1)×(Nh+1), e dove U ∈ IRNh+1 e P ∈ IRMh+1 sono i vettori delle inco-gnite. Ora, considerando che A e sdp, se Mh ≤ Nh e rank(B) e massimo, sidimostra che questo sistema e non singolare e quindi che il problema discre-to, nelle ipotesi assunte, ammette una e una sola soluzione. Comparendo lapressione solo con derivate del primo ordine nelle equazioni di Stokes, unascelta ragionevole che si usa nel metodo degli elementi finiti e quella di utiliz-zare funzioni polinomiali a tratti di grado maggiore per definire Vh rispettoal grado usato per definire Qh. Tuttavia questo non e sufficiente a garantireil rango massimo a B. Una scelta adeguata su triangolazione (d = 2) e peresempio quella di usare il grado 0 per Qh (discontinue) e il grado 2 per Vh(infatti il grado 1 non garantisce il rango massimo di B).

11 Cenni di analisi isogeometrica

Un interessante recente campo di ricerca riguarda l’impiego di spazi di fun-zioni tipicamente utilizzati nel CAD in combinazione con il metodo FEM. Intale contesto l’obiettivo e quello di utilizzare gli stessi spazi di funzioni siaper la descrizione del bordo del dominio Ω che per approssimare la soluzionestessa del problema differenziale. Dato che usualmente la descrizione di geo-metrie nel CAD viene fatta mediante splines o mediante la loro estensionerazionale, fondamentalmente cio significa utilizzare spazi di funzioni splineinvece che semplici polinomiali a tratti con regolarita soltanto C0. E statoinfatt verificato che l’impiego di spazi discreti Vh con regolarita maggioredi C0 puo garantire il raggiungimento di soluzioni numeriche piu stabili, inparticolare quando si ha a che fare con problemi con soluzioni regolari cheinvitano all’uso di gradi piu alti. Naturalmente va detto che, mentre nel ca-so1D lo spazio S delle splines e uno spazio ben noto e univocamente definito(una volta ovviamente precisato grado e nodi), la sua estensione ai casi 2D e3D risulta non ancora standard se si fa riferimento al caso generale. Essa di-viene invece standard se si considera la loro generalizzazione tensor-productche presuppone comunque la loro definizione su domini parametrici a topolo-

54

Page 55: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

gia rettangolare. Al fine di superare o comunque rendere meno grave questodrawback, sono tuttora in sviluppo varie linee di ricerca.

55

Page 56: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

12 Appendice A

In questa appendice si introducono le definizioni e gli enunciati dei teoremidi analisi funzionale cui viene fatto riferimento in queste note.

12.1 Gli spazi Lp(Ω), 1 ≤ p ≤ +∞Si tratta di spazi di funzioni definite su Ω che sono tutti spazi di Banach(ciascuno rispetto ad una sua specifica norma) e che nel caso da noi assuntodi Ω limitato sono annidati nel senso che, se q > p ≥ 1 si ha

L∞(Ω) ⊂ Lq(Ω) ⊂ Lp(Ω) ⊂ L1(Ω) .

In questi spazi due funzioni sono considerate la stessa funzione se differisconosolo su un sottoinsieme di misura nulla di Ω.

Se p < +∞ si ha:

Lp(Ω) := v : Ω→ IR |∫

Ω

|v(x)|p dx < +∞

e, conseguentemente, la norma di v ∈ Lp(Ω) e definita come segue,

‖v‖Lp(Ω) :=

(∫Ω

|v(x)|p dx)1/p

.

In particolare L2(Ω) e uno spazio di Hilbert rispetto al prodotto scalare

< v , w >L2(Ω) :=

∫Ω

v(x)w(x) dx .

Come in tutti gli spazi di Hilbert, vale quindi in L2(Ω) la cosiddetta disu-guaglianza di Cauchy-Schwartz,

|∫

Ω

u(x) v(x) dx | = | < u , v >L2(Ω) | ≤ ‖u‖L2(Ω) ‖v‖L2(Ω) .

(dimostrabile considerando che, ∀α ∈ IR, risulta < u − αv , u − αv >=‖u− αv‖2 ≥ 0 e scegliendo α = <u , v>

<v , v>).

Osserviamo che, se u, v ∈ L2(Ω), anche |u|, |v| ∈ L2(Ω). Quindi Cauchy-Schwartz implica anche che∫

Ω

|u(x) v(x)| dx ≤ ‖u‖L2(Ω) ‖v‖L2(Ω) .

56

Page 57: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Inoltre si ha che

L∞(Ω) := v : Ω→ IR | esssupx∈Ω|v(x)| < +∞

e‖v‖L∞(Ω) := esssupx∈Ω|v(x)| ,

dove esssupx∈Ω denota l’estremo superiore su Ω a meno di insiemi di misuranulla. Si noti che, essendo Ω aperto, non e detto che una funzione continuain Ω appartenga ad L1(Ω). Ad esempio la funzione f(x) = 1/x e continua inΩ = (0 , 1) ma non appartiene a L1(Ω) . Naturalmente invece se f ∈ C(Ω) ,allora f ∈ L∞(Ω) .

12.2 Derivate nel senso delle distribuzioni

Vogliamo qui introdurre una generalizzazione del concetto di derivata che,fra l’altro, ci permettera di definire la derivata (nel senso delle distribuzioniappunto) per una qualsiasi f ∈ L2(Ω) (funzione a quadrato sommabile).Preliminarmente comunque ricordiamo che se f ∈ Ck(Ω) con Ω ⊆ IRd, d ≥ 2,per brevita si utilizzano i multi–inidici α = (α1, · · · , αd) ∈ INd, |α| := α1 +· · ·+ αd = r ≤ k , per indicare una ben precisa derivata parziale di ordine rdella f = f(x) = f(x1, · · · , xd),

Dαf(x) =∂rf(x)

∂xα11 · · · ∂x

αdd

, |α| = r .

Ma andiamo per ordine e definiamo innanzi tutto lo spazio delle distri-buzioni che indicheremo con D′(Ω) come lo spazio duale dello spazio

D(Ω) := φ : Ω→ IR |φ ∈ C∞(Ω) e φ ha supp. comp. in Ω

Abbiamo quindi che D′(Ω) e lo spazio dei funzionali lineari e continuidefiniti sulle funzioni di D(Ω). Ora possiamo osservare che L2(Ω) e isomorfo aun sottospazio proprio di D′(Ω). Infatti e possibile identificare ogni f ∈ L2(Ω)con la distribuzione Tf tale che

Tf (φ) :=

∫Ω

f(x)φ(x)dx .

Notiamo che per brevita spesso si identifica f ∈ L2(Ω) con la distribuzioneTf ad essa associata. Con tale abuso di linguaggio possiamo quindi anche dire

57

Page 58: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

che L2(Ω) e un sottospazio di D′(Ω). Il fatto che si tratti di un sottospazioproprio si dimostra facendo vedere che non e possibile trovare f ∈ L2(Ω) taleche f = δa , (nel senso quindi di Tf = δa ,) dove δa ∈ D′(Ω), a ∈ Ω, e dettadistribuzione di Dirac ed e definita come segue:

δa(φ) := φ(a) .

Definiamo quindi la derivata ∂T∂xi

di una distribuzione T come quelladistribuzione tale che

∂T

∂xi(φ) := −T (

∂φ

∂xi) . (60)

In particolare avremo quindi che, ∂δa∂xi

(φ) = − ∂φ∂xi

(a) . Inoltre, se f ∈ L2(Ω),per la derivata di Tf vale la seguente formula,

∂Tf∂xi

(φ) = −∫

Ω

f(x)∂φ

∂xidx . (61)

Dalla definizione in (60) si deduce innanzi tutto che le distribuzioni sonoinfinitamente derivabili (nel senso delle distribuzioni!) e per recursione siottiene che, se α ∈ INd e un multiindice assegnato, ∀T ∈ D′(Ω) risulta

DαT (φ) = (−1)|α| T (Dαφ) .

Osserviamo poi che l’espressione in (61) implica che, se f ∈ C1(Ω), al-

lora∂Tf∂xi

= T ∂f∂xi

che implica che in questo caso la derivata nel senso delle

distribuzioni coincide con la derivata classica. Infatti usando il teorema diGreen (detto anche della divergenza) e considerando che ogni φ ∈ D(Ω) hasupporto compatto in Ω, si ha che∫

Ω

φ(x)∂f

∂xi(x) + f(x)

∂φ

∂xi(x)dx = 0

che implica che

∂Tf∂xi

(φ) =

∫Ω

φ(x)∂f

∂xidx = T ∂f

∂xi

(φ) .

Se pero si sa solo che f sta in L2(Ω) non e neanche detto che esista g ∈L2(Ω) tale che Tg =

∂Tf∂xi, cioe, in altre parole, la derivata nel senso delle

distribuzioni di una funzione di L2(Ω) non necessariamente e una funzione

58

Page 59: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

di L2(Ω). Questo si verifica in modo costruttivo, considerando la funzionemonovariata di Heaviside H(x) : IR→ IR,

H(x) =

1 se x > 0 ,0 altrimenti.

(62)

Tale funzione appartiene naturalmente a L2(Ω), Ω ⊂ IR, essendo Ω limitatoper ipotesi. Se Ω = (a , b) con a < 0 < b, avremo

dTHdx

(φ) = −TH(dφ

dx) = −

∫ b

a

H(x)dφ

dx(x) = −

∫ b

0

dxdx = φ(0) = δ0(φ) .

Essendo quindi dTHdx

= δ0, segue che dTHdx

/∈ L2(Ω).

12.3 Gli spazi di Sobolev Hm(Ω)

Il fatto che la derivata nel senso delle distribuzioni di una funzione di L2(Ω)non necessariamente appartenga ad L2(Ω), ci porta quindi ad introdurre unsottospazio di L2(Ω) che viene detto spazio di Sobolev H1(Ω),

H1(Ω) := f ∈ L2(Ω)| ∂f∂xi∈ L2(Ω), i = 1, . . . , d , (63)

dove le derivate devono essere intese nel senso delle distribuzioni.Si noti che H1(Ω) e uno spazio di Hilbert rispetto al prodotto scalare

< f , g >1:=

∫Ω

fg + ∇f · ∇g dx ,

che induce la norma

‖f‖1 :=

(∫Ω

f 2 + |∇f |2 dx)1/2

.

E’ anche possibile definire una seminorma in H1(Ω) che talvolta vieneutilizzata in certi teoremi,

|f |1 :=

(∫Ω

|∇f |2 dx)1/2

.

Dal punto di vista della regolarita puntuale, si dimostra che se d = 1 eΩ = (a , b) (caso monodimensionale), allora H1(Ω) ⊂ C0(Ω). Questo peronon e piu vero se d > 1.

59

Page 60: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Si noti anche che puo succedere che si possa scrivere Ω =`∪j=1Kj con

Kj ∩Ks = ∅ se j 6= s, e che risulti che una funzione f /∈ H1(Ω) sebbene siaf ∈ H1(Kj), j = 1, . . . , ` . Basti pensare alla funzione di Heaviside. In effettisi dimostra che se f ∈ H1(Kj), j = 1, . . . , ` e si ha anche che f ∈ C0(Ω) ,allora si puo concludere che f ∈ H1(Ω) .

La definizione di H1(Ω) puo essere generalizzata per definire lo spazio diSobolev Hm(Ω), dove

Hm(Ω) := f ∈ L2(Ω)| Dαf ∈ L2(Ω), |α| ≤ m , (64)

dove quindi naturalmente si ha Hm(Ω) ⊂ · · · ⊂ H1(Ω) ⊂ L2(Ω) . Il prodottoscalare in Hm(Ω) e definito come segue,

< f , g >m:=

∫Ω

∑|α|≤m

Dαf Dαg dx

Seminorma e norma in Hm(Ω) sono quindi rispettivamente definite comesegue,

|f |m :=

∫Ω

∑|α|=m

(Dαf)2 dx

1/2

‖f‖m :=

∫Ω

∑|α|≤m

(Dαf)2 dx

1/2

Concludiamo dicendo che esistono diversi teoremi (Sobolev embeddingtheorems) relativi alla regolarita delle funzioni di Hm(Ω). Qui riportiamo soloche, supposto essere ∂Ω ”sufficientemente regolare” (Lipschitz–continuo), siha

Se m > d/2 allora Hm(Ω) ⊂ C0(Ω) ,

o meglioSe m > d/2 + k allora Hm(Ω) ⊂ Ck(Ω) .

Dato che oltre che con d = 1 lavoreremo in particolare con d = 2 e semprefaremo riferimento a problemi differenziali del secondo ordine, aggiungiamoche, nelle solite ipotesi per ∂Ω, se d = 2 si puo dimostrare che

H1(Ω) ⊂ Lp(Ω) , purche p < +∞.

60

Page 61: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

12.4 Traccia su ∂Ω di funzioni di Hm(Ω)

Se d > 1 e u ∈ H1(Ω), abbiamo visto che non necessariamente u e continuain Ω. Occorre allora precisare cosa si intende per “restrizione di u a ∂Ω”,supponendo comunque ∂Ω sufficientemente regolare. A tale scopo ci vienein aiuto il teorema di traccia che asserisce che, ∀m ≥ 1, esiste una e unasola applicazione lineare e continua γ0 : Hm(Ω) → L2(∂Ω) tale che, ∀v ∈Hm(Ω) ∩ C0(Ω) risulta γ0(v) = v|∂Ω. La continuita di γ0 implica che esisteuna costante C0 tale che, ∀u ∈ Hm(Ω) si ha

‖γ0(u)‖L2(∂Ω) ≤ C0 ‖u‖m . (65)

Si noti che il risultato resta valido se si considera ΓD ⊂ ∂Ω, invece di∂Ω, purche ΓD abbia misura non nulla. In tal caso usualmente si indical’operatore di traccia con γΓD

(operatore di traccia ristretta).

Osservazione 5. L’operatore γΓDnon e suriettivo in L2(ΓD) . Si indica

allora con H1/2(ΓD), il sottospazio di L2(ΓD) definito come segue,

H1/2(ΓD) := g ∈ L2(ΓD) | ∃v ∈ H1(Ω) : γΓD(v) = g .

Tale spazio ha proprieta di regolarita intermedie fra quelle di H1(ΓD) e diL2(ΓD) , essendo H1(ΓD) ⊂ H1/2(ΓD) ⊂ L2(ΓD) .

Mediante l’operatore di traccia γ0 possiamo definire il seguente sottospa-zio di H1(Ω),

H10 (Ω) := v ∈ H1(Ω)| γ0(v) = 0 (66)

Nel caso quindi della formulazione debole del problema di Poisson o anchedella sua generalizzazione considerata, la condizione di Dirichlet u|ΓD = gDdeve essere intesa come γΓD

(u) = gD, con gD dato assegnato tale che gD ∈H1/2(ΓD) .

Osserviamo che si puo anche dimostrare che D(Ω) risulta denso in H10 (Ω).

Questo ci permette di dimotrare il seguente importante teorema (disugua-glianza di Poincare),

Teorema 11. Se Ω ⊂ IRd e limitato, allora esiste una costante positiva CΩ

tale che‖u‖L2(Ω) ≤ CΩ |u|1 , ∀u ∈ H1

0 (Ω) . (67)

61

Page 62: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Dimostrazione : innanzi tutto osserviamo che, essendoD(Ω) denso inH10 (Ω),

se il teorema risulta dimostrato per ogni u ∈ D(Ω) , allora esso vale anchein tutto H1

0 (Ω) (ragionare per successioni e passare al limite). Sia quindiu ∈ D(Ω) e sia r > 0 tale che la palla di centro g ∈ Ω e raggio r contenga Ω.Allora, tenendo presente che ∇ · (x− g) = d , si ha che

‖u‖2L2(Ω) =

∫Ω

u2(x) dx = d−1

∫Ω

u2(x)∇ · (x− g) dx .

Da questo discende che

‖u‖2L2(Ω) = d−1

∫Ω

∇ ·(u2(x) (x− g)

)dx− 2d−1

∫Ω

u(x)∇u(x) · (x− g) dx .

Usando il teorema della divergenza, si dimostra che il primo degli integrali adestra in questa formula risulta nullo, essendo u ∈ D(Ω) . Per quanto riguardail secondo termine, esso puo essere maggiorato con

2d−1rd∑i=1

∫Ω

|u(x)| | ∂u∂xi

(x)| dx .

Utilizzando la disuguaglianza di Holder, si ottiene allora,

‖u‖2L2(Ω) ≤ 2d−1r

d∑i=1

‖u‖L2(Ω)‖∂u

∂xi‖l2(Ω) ≤ 2r ‖u‖L2(Ω) |u|1

e quindi la tesi ponendo CΩ = 2r .

13 Appendice B

In questa sezione diamo la definizione di simplesso in IEd, introduciamo lecoordinate baricentriche relative ad un simplesso fissato e utilizziamo questegrandezze per studiare il problema dell’interpolazione polinomiale bivariata.

13.1 Simplessi e coordinate baricentriche

Dato un insieme di d+ 1 punti Pi, i = 0, . . . , d appartenenti allo spazio affineIEd associato a IRd, se non esiste alcun iperpiano di IEd cui essi appartengono,

62

Page 63: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

il loro inviluppo convesso (convex hull) dicesi simplesso di IEd del quale i puntiPi costituiscono i vertici. Nel caso d = 1 avremo quindi un segmento, nelcaso d = 2 un triangolo e nel caso d = 3 un tetraedro.

Fissato un simplesso K ⊂ IEd, possiamo introdurre un nuovo sistemadi coordinate dette coordinate baricentriche da esso indotte per individuareunivocamente ciascun punto P ∈ IEd . Se indichiamo sempre con P il vettoredi IRd le cui componenti sono le d coordinate cartesiane di P in IEd, la (d +1)–pla di reali Λ := (λ0, . . . , λd), tale che

P =d∑i=0

λiPi ,d∑i=0

λi = 1 ,

definisce le coordinate baricentriche di P. Si ha quindi che le coordinatebaricentriche di un punto del quale si conoscono le coordinate cartesianesi trovano risolvendo un sistema lineare di (d + 1) equazioni in altrettanteincognite la cui matrice dei coefficienti A risulta effettivamente non singola-re nell’ipotesi fatta che si abbia a che fare con un simplesso non degenere,essendo |det(A)| = |det([P1 − P0, · · · ,Pd − P0])| . In particolare quindi lecoordinate baricentriche di Pi sono tutte nulle ad eccezione della i–esima chee 1 mentre le coordinate baricentriche di punti sul segmento che congiungePi a Pj sono tutte nulle ad eccezione di λi e λj. Inoltre i punti interni aK sono tutti e soli quei punti di IEd che hanno tutte le coordinate baricen-triche positive. Le coordinate baricentriche hanno inoltre nei casi d = 2, 3un’interessante interpretazione geometrica. Per d = 2 |λi| rappresenta infattiil rapporto fra l’area del triangolo avente come vertici P e i due vertici diK diversi da Pi e l’area di K. Analogamente per d = 3 essa rappresenta ilrapporto fra i volumi del tetraedro avente per vertici P e i tre vertici di Kdiversi da Pi e il volume di K.

13.2 Interpolazione polinomiale bivariata

Lo spazio dei polinomi bivariati di grado (totale) minore o uguale a r e quiindicato con Π2

r ed esso ha dimensione Dr := (r + 1)(r + 2)/2 .Si osservi che, a differenza del caso monovariato, se in IR2 si prendono Dr

punti distinti non e detto che sia univocamente individuato il polinomio ap-partenente a Π2

r che assume in questi punti dei valori assegnati. Si pensi peresempio al caso lineare in cui D1 = 3 e come base si possono usare i monomi1, x, y. Se si assegnano tre punti distinti tutti sull’asse x per esempio, avremo

63

Page 64: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

da risolvere un sistemino lineare 3× 3 la cui matrice dei coefficienti e singo-lare. Questo ci porta a definire unisolvente un insieme di Dr punti in IR2peril quale esiste ed e unico il polinomio di Π2

r che interpola in essi una qualsiasifunzione (bivariata) continua (diciamo nella convex hull di tali punti).Si noti che se si prendono in un triangolo K i punti distinti PJ aventi coor-dinate baricentriche J

r, con J multi-indice a 3 componenti tale che |J | = r,

si ottiene un insieme di Dr punti unisolvente in quanto e possibile indivi-duare una corrispondente base di Π2

r lagrangiana, ossia Dr polinomi bivariatiLI,r con I multi-indice di modulo r, tali che LI,r(PJ) = 0 se J 6= I e taliche LI,r(PI) = 1 . Tali polinomi, sono detti appunto di Lagrange e, essendoper costruzione linearmente indipendenti, formano una base di Π2

r. Vediamocome sono definiti per r = 1, 2, 3.

r = 1, I = (1, 0, 0) LI(Λ) = λ0 ,r = 2, I = (2, 0, 0) LI(Λ) = λ0(2λ0 − 1) ,r = 2, I = (1, 1, 0) , LI(Λ) = 4λ0λ1 ,r = 3, I = (3, 0, 0) LI(Λ) = 1

2λ0(3λ0 − 1)(3λ0 − 2) ,

r = 3, I = (2, 1, 0) LI(Λ) = 92λ0λ2(3λ0 − 1) ,

r = 3, I = (1, 1, 1) LI(Λ) = 27λ0λ1λ2 .

Ogni polinomio p ∈ Π2r si puo quindi rappresentare nella base di Lagrange

come,

p(·) =∑|J |=r

pJ LJ,r(·) .

Se si vuole che il polinomio interpoli una funzione f nei punti PJ , |J | = r, sideve quindi prendere pJ = f(Pj) .Chiameremo insieme di r–base sul triangolo K e indicheremo con Yr,K l’in-sieme dei suddetti Dr punti (aventi rispetto a K coordinate baricentricheJr, |J | = r).

64

Page 65: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

14 Appendice C

Definizione 2. Una matrice quadrata A dicesi convergente se

limk→+∞

Ak = 0 .

Si puo dimostrare che A e convergente se e solo se il suo raggio spettraleρ(A) e minore strettamente di 1 ,

A convergente ⇔ ρ(A) < 1.

Dimostrazione : Dimostrare che se A e convergente allora il suo raggiospettrale e minore di uno e facile: infatti in questa ipotesi risulta che, seA ∈ IRN×N , ∀v ∈ IRN risulta Akv → 0 . Se quindi λ ∈ C e un qualsiasiautovalore di A e v un autovettore ad esso relativo, si ottiene che

Akv = λkv→ 0⇒ λk → 0⇒ |λ| < 1 .

Per l’ arbitrarieta di λ nello spettro di A si ottiene quindi che ρ(A) < 1. Ilviceversa e pure semplice da dimostrare se A e diagonalizzabile. Infatti in talcaso si sa che esistono due matrici N × N, D diagonale e S invertibile, taliche A = S−1DS . Questo implica che Ak = S−1DkS . Dato che gli elementisulla diagonale di D sono proprio gli autovalori di A, essendo ρ(A) < 1 peripotesi, si ha che Dk → 0 e quindi anche Ak → 0. Se la matrice A non ediagonalizzabile occorre considerarne la fattorizzazione in forma canonica diJordan per dimostrare la sufficienza.

Circa il raggio spettrale di matrici non negative ci e utile il seguente lemma:

Lemma 2. Se A ≥ B ≥ 0 , allora ρ(A) ≥ ρ(B).

Dimostrazione : Sia ε > 0 e consideriamo la matrice A/(ρ(A) + ε) che haraggio spettrale minore di 1 e quindi e convergente. Ma si ha che allora ancheB/(ρ(A) + ε) risulta convergente, essendo

0 ≤(

B

ρ(A) + ε

)k≤(

A

ρ(A) + ε

)k.

Quindi, per quanto detto sopra, deve essere ρ(B) < ρ(A)+ε. Passando alloraal limite per ε che tende a 0 si ottiene la tesi.

65

Page 66: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Definizione 3. Una matrice quadrata A e una M–matrice se si puo scrivere

A = α(I −B) , con α > 0 , B ≥ 0 , e ρ(B) < 1 . (68)

Proposizione 2. Se A e una M-matrice, allora essa e invertibile e si haA−1 ≥ 0.

Dimostrazione : Scritta A come in (68), essendo ρ(B) < 1, la matrice I−Bnon puo essere singolare, altrimenti B ammetterebbe l’autovalore 1. Inoltre,considerando che B e convergente, si ha che

(I −B)k∑i=0

Bi = I −Bk+1 → I .

Questo implica che (I − B)−1 =+∞∑i=0

Bi. Essendo B ≥ 0, questo a sua volta

implica che (I −B)−1 ≥ 0.

Esempio 1. La matrice A = tridiag(−1 , 2 ,−1) e una M–matrice. Infatti sipuo scrivere A = 2(I−B) con B = 1

2tridiag(1, 0, 1) ≥ 0 e si dimostra che, se

N e la dimensione di B, i suoi autovalori sono λk = cos kπN+1

, k = 1, . . . , N.

Si noti che, se A e una M–matrice e C = A+D con D diagonale nonne-gativa, allora (A + D)−1 ≥ 0. Infatti, se la A si scrive come in (68), si puoanche scrivere

A+D = α(I + D −B) = α(I + D)[I − (I + D)−1B] ,

dove D = 1αD ≥ 0. Osserviamo inoltre che valgono le seguenti disuguaglianze:

0 ≤ (I + D)−1B ≤ B . Per il Lemma 2 si ha quindi che ρ(

(I + D)−1B)≤

ρ(B) < 1. Quindi la matrice fra parentesi quadre e una M–matrice, il cheimplica l’asserto. Quindi, considerando l’esempio sopra e quanto appenadetto, si puo per esempio concludere che anche la matrice Ah introdotta in(5) ha inversa nonnegativa.

Nel caso del problema ai limiti non lineare dei due punti, abbiamo dimo-strato sotto opportune ipotesi l’esistenza e unicita della soluzione discretagenerata dal metodo DFC considerandone la soluzione come il punto fisso diun’opportuna contrazione. A tale scopo ci siamo basati sul seguente teoremadi mapping contrattivo,

66

Page 67: Introduzione ai metodi numerici per problemi di erenziali ...web.math.unifi.it/users/sestini/FD_FEM.pdf · I metodi numerici si pongono l’obiettivo di approssimare la soluzione

Teorema 12. Sia D ⊆ IRd o tutto IRd o un suo sottoinsieme chiuso e limi-tato. Se φ : D → D e φ e in D una contrazione (ossia esiste una costante γpositiva e minore di 1 tale che‖φ(x)− φ(y)‖ ≤ γ‖x− y‖ ,∀x, y ∈ D), alloraqualunque sia x0 ∈ D la successione xn = φ(xn−1), n = 1, . . . risulta bendefinita e convergente all’unico punto fisso di φ in D.

Dimostrazione : Osserviamo che dalla contrattivita discende facilmente che‖xn+1 − xn‖ ≤ γn ‖x1 − x0‖ e di conseguenza

‖xn+p−xn‖ ≤p∑

k=1

‖xn+k−xn+k−1‖ ≤p∑

k=1

γn+k−1 ‖x1−x0‖ ≤ γn∞∑k=1

γk−1 ‖x1−x0‖ ,

ossia

‖xn+p − xn‖ ≤γn

1− γ‖x1 − x0‖ .

La successione e quindi di Cauchy e quindi, essendo D completo, essa econvergente a un certo α ∈ D. Essendo ‖xn − φ(α)‖ = ‖φ(xn−1) − φ(α)‖ <γ‖xn−1 − α‖ → 0 , deve essere xn → φ(α) e quindi per l’unicita del limitedeve essere α = φ(α) (punti fisso). La contrattivita implica subito che nonpossono esistere altri punti fissi in D.

Riferimenti bibliografici

[1] S. C. Brenner, L. Ridgway Scott (1994), The mathematical theory ofFinite Element Methods, Spriger Verlag, New York.

[2] V. Comincioli (1990), Analisi Numerica, Metodi, Modelli e Aplicazioni,Mc Graw Hill, Milano.

[3] W. Gautcshi (2012), Numerical Analysis, Second Edition, Birkauser,New York.

[4] A. Quarteroni (2012), Modellistica Numerica per ProblemiDifferenziali, quinta edizione, Springer–Verlag, Milano.

[5] J. A. Cottrell, T. J. R. Hughes, Y. Bazilevs (2009), IsogeometricAnalysis. Toward Integration of CAD and FEA, J. Wiley & Sons eds.

67