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Istituto Comprensivo “IPPOLITO NIEVO” San Donà di Piave Sabato 19 maggio 2018 Centro Culturale “Leonardo Da Vinci” Premio Letterario IPPOLITO NIEVO Diciannovesima Edizione CITTA’ DI SAN DONA’ DI PIAVE Assessorato alla Pubblica Istruzione

IPPOLITO NIEVO · 2018-05-22 · Mia mamma cominciò a dirmi che avrei trovato nuovi amici, sarei andata in una nuova scuola e che tutto ciò mi sarebbe piaciuto molto; insomma, aveva

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Istituto Comprensivo “IPPOLITO NIEVO”San Donà di Piave

Sabato 19 maggio 2018

Centro Culturale “Leonardo Da Vinci”

PremioLetterario

IPPOLITONIEVO

Diciannovesima Edizione

CITTA’ DI SAN DONA’ DI PIAVEAssessorato alla Pubblica Istruzione

Istituto Comprensivo“IPPOLITO NIEVO”San Donà di Piave

PremioLetterario

IPPOLITONIEVO

Quattordicesima Edizione

CITTA’ DI SAN DONA’ DI PIAVEAssessorato alla Pubblica Istruzione

Diciannovesima Edizione

Presentazione

Giunto alla diciannovesima edizione, il Premio Letterario “Ippolito Nievo” persegue l’intento fondamentale di suscitare nei giovani la passione per la scrittura, offrendo loro un’opportunità viva e concreta per sperimentare le capacità critiche e le abilità linguistiche acquisite nel percorso scolastico.

Il premio, proprio perché supporto propedeutico alla scrittura spontanea e creativa, è stato inserito nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa quale laboratorio di cultura e di socialità. Alla sua crescita ha contribuito la progressiva attivazione di percorsi di scrittura creativa in lingua italiana che, grazie all’impegno dei docenti, hanno accresciuto le competenze linguistiche e testuali degli alunni per raccontarsi e per comunicare sensazioni ed emozioni. Tutto ciò perché gli studenti imparino a discernere, a capire, a valutare e a meditare, senza per questo stemperare la vitalità che si avverte nel desiderio dei giovani di raccontare se stessi e la propria generazione. È questa l’essenza vitale della nostra Scuola che, senza perdere di vista i contenuti, punta sempre più allo sviluppo di competenze e di capacità, alla comunicazione dei saperi, resi vivi dall’intelligenza e dall’esperienza culturale che contraddistinguono il nostro percorso di vita.

Sono proprio queste considerazioni che, nel corso degli anni, hanno contribuito a rendere il Premio Letterario un evento, una tradizione ormai consolidata. Si tratta di un appuntamento atteso da tutti e caratterizzato non solo dalla centralità della parola scritta e dalla fisicità della voce, ma anche dalla musicalità dei brani eseguiti e dall’ambiente stesso.

La tematica di quest’anno è “la scelta”. Stimolanti e suggestive le frasi selezionate dai docenti, tratte da testi di autori noti, e inserite dagli studenti nei loro elaborati. Di ottima qualità è il livello creativo-compositivo-linguistico dei lavori sostenuto da una ispirazione originale. Al di là dei segni evidentemente riconoscibili contenuti negli elaborati, quali il messaggio, la forma, la ricchezza semantica, la trama e il ritmo, nell’interazione che esiste tra gli autori e i loro lettori si crea una componente emozionale intrinseca.

Educare i ragazzi alla scelta è una finalità della Scuola per garantire loro il diritto fondamentale alla libertà. Infatti La Scuola mira all’orientamento, favorendo l’iniziativa dei ragazzi per il loro sviluppo

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fisico, psichico e intellettuale, mettendoli nelle condizioni di definire e conquistare la propria identità di fronte agli altri e di rivendicare un proprio ruolo nella realtà sociale, culturale e professionale.

Educare alla scelta è un processo formativo continuo che necessita del consolidamento di competenze decisionali, fondate su una verificata conoscenza di sé e su un intelligente tirocinio educativo che abbia autenticato e continui ad autenticare le capacità, gli interessi e le attitudini di ogni ragazzo affinché possa operare scelte nell’immediato e nel futuro, portando avanti lo sviluppo di un personale progetto di vita.

RINGRAZIAMENTI

Il mio ringraziamento va ai docenti dell’Istituto “I. Nievo” per la cura dell’organizzazione e ai membri esterni della giuria per il contributo essenziale alla qualità dell’evento. Con loro ho condiviso non solo la difficile scelta dei testi, ma soprattutto l’emozione, l’entusiasmo e lo stupore suscitati dalla loro lettura.

UN SENTITO GRAZIE ALLE RAGAZZE E AI RAGAZZICHE HANNO PARTECIPATO

E CONGRATULAZIONI VIVISSIME AI VINCITORI ED AI SEGNALATI

Buona lettura! Il Dirigente Scolastico Prof. Nando Di Legami

Giuria del Premio Letterario

Componenti giuria:

Maria Luisa Cantarelli Docente dell’Istituto NievoMaria Teresa Finotto Docente dell’Istituto NievoAngela Mossuto Docente dell’Istituto NievoCarmen Sari Docente dell’Istituto NievoRenata Pasini Docente dell’Istituto NievoOnorina Vendraminetto Docente dell’Istituto Nievo

Componenti giuria allargata:

Nando Di Legami Dirigente Istituto Comprensivo NievoRoberto Battistella Assessore alla P.I. Comune di San Donà di PiaveChiara Polita Assessore alla Cultura Comune di San Donà di PiaveNicoletta Guiotto Responsabile Sez. Ragazzi Biblioteca Civica di San Donà di PiaveAndrea Zanin Direttore Biblioteca Civica di San Donà di PiaveDaniele Corazza Presidente Consiglio d’Istituto NievoMara Malocco DocentePaola Turra Docente

Organizzazione del Premio:

Nando Di Legami Dirigente dell’Istituto NievoOnorina Vendraminetto Docente dell’Istituto Nievo

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Ringraziamenti

Si ringraziano:

Amministrazione Comunale di San Donà di Piave

Biblioteca Civicaper la preziosa collaborazione

Cartolibreria Acquarelloper il contributo all’acquisto dei premi

Dirigente Scolastica e studentesse – lettricidel Liceo Classico “E. Montale”

di San Donà di Piave

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Argomento

TEMA DEL CONCORSO: “LA SCELTA”

La frase scelta va opportunamente inserita all’inizio, all’interno o alla fine di un racconto che tu avrai cura di rendere coerente con essa.

A volte è necessario decidere tra una cosa a cui si è abituati e un’altra che ci piacerebbe conoscere.

La cosa essenziale nella vita è scegliere. Se ti tolgono la possibiltà di farlo è come se ti togliessero la libertà.

Le scelte sono luoghi in cui la via si divide, la libertà sta nel tirare dritto verso quello che vogliamo, anche se questo significa uscire di strada.

Si deve essere se stessi, fare le proprie scelte... anche quando richiedono vero coraggio. Altrimenti ...

In genere ci viene detto che nella vita abbiamo una scelta tra due sole strade: lottare con tutte le nostre forze per arrivare in cima e per avere successo, o riunirci all’esercito dei ‘nessuno’. Invece esiste una terza via, amico, puoi farti da parte e cominciare ad essere la persona che vuoi essere.

Possano le tue scelte riflettere le tue speranze, non le tue paure.

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Alunni f inalisti

Scuola Giannino AncillottoClasse V A Cristina Stegarescu Cecilia VisentinClasse V B Rebecca Luboya Sara Di DioClasse V C Marta Battistutta Anna Verona

Scuola Leonardo da VinciClasse V A Nicole Baldo Andrea Zucchetto

Scuola XIII MartiriClasse V Cecilia Furlan Margherita Pavan

Scuola Silvio TrentinClasse V A Anastasia Damaschin Matteo ParrottaClasse V B Alvise Basso Veronica TrioloClasse V C Carla Petese Elisabetta Picchetti

CLASSE V Scuola Primaria

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Alunni f inalisti

classe I A Angelica Mengo Marta Del Sordo

classe I B Filippo Conte Adelisa Muminovic

classe I C Giorgia Nappi Marta Rossi

classe I D Vittoria Lunardelli Eva Tamai

classe I E Laura Bincoletto Alessia Tudisco

classe I F Giovanni Battistelli Martina Zanet

classe I G Dora Barbieri Maddalena Scotton

classe I H Lisa Borella Vittoria Mazzon

classe II A Viola Balliana Giorgia Zecchin

classe II B Giovanni Scocco Elisabetta Teso

classe II C Margherita Gottardi Alessio Stefanet

classe II D Clarissa Baldassi Asia Piovesan

classe II E Elisa Casagrande Emma Siciliotto

Scuola Secondaria di primo grado

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Alunni f inalisti

classe II F Alessandro Ambrosi Chiara Cecchini

classe II G Davide Bavaro Lucrezia Piasentin

classe II H Eva Buzzi Tommaso Spinazzè

classe II I Helena Mojovic Gaia Moro

classe III A Emma Elisa Bortoluzzo Rebecca Vanin

classe III B Rachele Biondi Elisabetta Cayla Huzum

classe III C Beatrice Galante Klarisa Zamaku

classe III D Sofia Mansilla Monica Rossi

classe III E Emma Maria Gatto Luca Simonetto

classe III F Serena Crosera Carolina De Nobili

classe III G Margherita Scotton Matilde Zorzetto

classe III H Giulia Dalla Pria Valentina Filippi

classe III I Giulia Nardini Diletta Sapetti

Scuola Secondaria di primo grado

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Alunni Superf inalisti

Classe V scuola primaria:

Nicole Baldo VA “Leonardo da Vinci”Anastasia Damaschin VA “Silvio Trentin”Matteo Parrotta VA “Silvio Trentin”

Classe I scuola secondaria di primo grado:

Dora Barbieri 1GVittoria Mazzon 1HMarta Rossi IC

Classe II scuola secondaria di primo grado:

Eva Buzzi 2HMargherita Gottardi 2CAlessio Stefanet 2C

Classe III scuola secondaria di primo grado:

Valentina Filippi 3HBeatrice Galante 3CKlarisa Zamaku 3C

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Primo Premio Assoluto

classe V scuola primaria:

UN NUOVO INIZIOAnastasia Damaschin classe V A scuola Silvio Trentin

L’abbandono dell’infanzia, vissuta in una casa amica, rappresenta una scelta difficile da accettare che la protagonista però sa cogliere come una nuova opportunità e sa raccontare con immagini efficaci.

classe I scuola secondaria I grado:

IO E LA MIA SCELTAVittoria Mazzon classe I H scuola Ippolito Nievo

La protagonista, con un un linguaggio delicato, ci indica l’arma per sconfiggere il bullismo: un’esperienza dolorosa si può tramutare in un momento di crescita e di accettazione di se stessi.

classe II scuola secondaria I grado:

LE MIE IMPOSSIBILI SCELTEMargherita Gottardi classe II C scuola Ippolito Nievo

Il diritto di scegliere la propria vita si coniuga con la parola libertà. Il racconto esprime, attraverso l’affresco di un ambiente lontano, i sentimenti e le riflessioni della protagonista.

classe III scuola secondaria I grado:

IL CORAGGIO DI SCEGLIEREBeatrice Galante classe III C scuola Ippolito Nievo

Il racconto narra con prosa efficace e immagini che emozionano, la scelta di un giovane soldato che, pur prigioniero del proprio destino, suggerisce l’unica via possibile.

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Primo Premio

UN NUOVO INIZIO

A volte la vita ci offre la possibilità di scegliere. Tre anni fa, mi ritrovai davanti a una scelta che cambiò tutto il resto della mia vita. Era una serata di inverno come tutte le altre, io e la mia famiglia stavamo cenando e, a quel punto, nel silenzio più totale, mio padre iniziò quel discorso tanto atteso. Io, prima ancora che lui parlasse, capii che si trattava di qualcosa di molto importante, perché il suo volto si incupì e le sue dita tamburellavano sul tavolo, forse era alla ricerca di parole tranquillizzanti e sicure. Dopo un po’ cominciò a parlare. Iniziò a dire che per noi era il momento di cambiare capitolo e, dopo un breve discorso, arrivò al punto di pronunciare quella parola che per me era un incubo: il trasferimento in un’ altra città. In seguito ci svelò il suo nome: San Donà di Piave. Io restai immobile per qualche secondo e poi chiesi se quella decisione fosse definitiva e lui affermò con un cenno di capo. Finita la cena, io e mia mamma stavamo sparecchiando. Mi comportavo in modo svogliato, impreciso, ero molto combattuta, invasa da sentimenti contrastanti e mi sentivo ingiustamente condannata. Non volevo assolutamente andarmene da questa casa perché racchiudeva troppi ricordi felici tra i quali quello del mio settimo compleanno: c’era una torta di panna circondata da rosse e deliziose fragole e poi sentivo di essere una vera e propria regina con un vestito tutto tappezzato di perle e diamanti. Mia mamma cominciò a dirmi che avrei trovato nuovi amici, sarei andata in una nuova scuola e che tutto ciò mi sarebbe piaciuto molto; insomma, aveva fatto il classico discorso da mamma a cui molti bambini credono, ma io no. Pensavo che sarebbe stato difficilissimo adattarmi a quella mia nuova vita e che non avrei mai potuto trovare amici come quelli con cui ho trascorso la mia infanzia. Poi andai nella mia camera, mi buttai sul letto e cominciai a scrivere il mio diario, l’unico che mi avrebbe potuto capire, un amico quieto che ascoltava tutti i miei pensieri senza mai rivelarli a nessuno. Scrissi con rabbia. Caro diario, la cosa essenziale nella vita è scegliere. Se ti tolgono la possibilità di farlo è come se ti togliessero la libertà. Ero convinta di avere ragione, ogni decisione e scelta dei miei genitori le

Classe quintaScuola Primaria

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vivevo come un limite. Poi arrivò quel temuto giorno e mi ritrovai nella nuova casa. All’inizio mi sembrava fredda, per niente accogliente. Forse ero io troppo ostile nei suoi confronti? O la casa troppo vuota e priva di ricordi? Tuttavia, col passare del tempo, feci pace e cominciai ad arricchirla a poco a poco di esperienze nuove. La mia nuova scuola si chiama Collodi. Lì ho incontrato nuovi amici; la prima persona a cui mi sono legata è stata la mia compagna di banco. Con lei ho trascorso ogni singolo momento, è stata la mia guida, il mio ponte verso nuove amicizie. Ora non posso credere di essere già in quinta e che il prossimo anno avrò altre grandi scelte da fare. Da questa esperienza ho compreso che quella scelta, che è stata per me così ardua da accettare, alla fine, si è rivelata un nuovo inizio.

Anastasia Damaschinclasse V A - scuola S. Trentin

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Primo Premio

IO E LA MIA SCELTA

Io ero là, si ero là, non me ne rendevo conto ma ero là.Loro si stavano avvicinando, erano forti, imponenti, erano i bulli.Io, una ragazzina un po’ bassetta e mingherlina, con quei lunghi capelli marroni e biondi con gli occhi di color marrone chiaro. Ero niente in confronto a loro. In quel momento volevo urlare e scappare via ma ero ferma dalla paura, la paura di essere ferita non solo con i gesti ma anche con le parole. Mi dicevano che per avere undici anni ero troppo bassa, che mi vestivo male, mi prendevano per le braccia e per le gambe perché pensavano di farmi allungare. Allora mi sono chiusa in me stessa, pensavo a cosa non andava in me, a cosa avevo di sbagliato, piangevo e piangevo ininterrottamente come un fiume che scorre e non si ferma mai. Ho iniziato ad andare in palestra nella speranza di allungarmi ma non ci riuscivo, crescevo di pochi millimetri al mese. Non volevo più andare a scuola per la paura di quello che mi aspettava, quelle lunghe sei ore che non passavano mai erano come un inferno. Arrivavo a casa ed ero da sola, i miei genitori lavoravano, i miei nonni erano in un’altra città molto lontana dalla mia e non riuscivano a venirmi a prendere. Mangiavo, facevo i compiti e mi chiudevo in camera a non far niente o meglio a pensare a cosa non andava in me. I miei genitori la sera mi chiedevano: ”Va tutto bene?” e io rispondevo dicendo di sì, mentivo. Avevo come un uomo nero che non mi si toglieva di dosso, significava la paura e la tristezza che regnavano dentro di me. Ho iniziato a vestirmi meglio, meglio per loro, anche se io mi vedevo perfetta prima di questo cambiamento. So che non dovevo farlo, ma non ce la facevo più ad avere qualcuno che non mi accettava, volevo essere normale, normale per loro. Però un giorno sono tornata a casa da scuola e ho cominciato a pensare se veramente valeva la pena ascoltare quei tre o quattro sciocchi che non mi accettavano com’ero. Se io mi vedevo perfetta così allora andava bene, non dovevo cambiare. Ho iniziato a vestirmi come prima ed accettarmi. Sono andata a scuola, i bulli mi aspettavano all’entrata, erano pronti per iniziare a prendermi in giro ma io sono andata avanti

Classe primaScuola Secondaria di primo grado

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a testa alta per la mia strada senza badarli; loro mi hanno guardato e sono andati via. Non pensavo fosse così semplice ma lo era. Sono andata a casa, era mercoledì e i miei genitori c’erano; mi hanno chiesto di nuovo se andava tutto bene e io ho detto loro: ”Si, oggi va veramente tutto bene”. Mi hanno guardato in modo strano ma, prima che potessero farmi altre domande, sono andata in camera mia. Caro lettore, sappi che in genere ci viene detto che nella vita dobbiamo scegliere tra due sole strade: lottare con tutte le nostre forze per arrivare in cima e avere successo, o riunirci nell’ esercito dei “nessuno”. Invece esiste una terza strada, amico, puoi farti da parte e cominciare a essere la persona che vuoi essere.

Vittoria Mazzonclasse I H - scuola Ippolito Nievo

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Primo Premio

LE MIE IMPOSSIBILI SCELTE

Scelta, questa parola l’ho cercata sul dizionario: “possibilità di scegliere liberamente”. La cosa che più mi stupisce è l’ultima parola: “liberamente”, un termine che nella mia vita quasi non esiste.Mi presento, mi chiamo Alina e questa è la mia storia.Abito a Lahoren, più precisamente in via Pastumba, n° 16.Mio padre, Muhamed, ha sposato mia madre, Arish, quando entrambi avevano sedici anni.Io ne ho appena dodici e vogliono maritarmi ora con Hamgad, dicono che porterà più ricchezza alla famiglia.A me sinceramente non interessa della ricchezza, ma della felicità; pensate che con questo Hamgad dovrò passare tutto il resto della mia vita!In questo periodo sto pensando a una frase che, un tempo, mi ha detto mio nonno: “La cosa essenziale nella vita è scegliere. Se ti tolgono la possibilità di farlo è come se ti togliessero la libertà”.Libertà: “la condizione di chi è libero”.Ecco, essere libera, la cosa che più desidero al mondo e che sono sicura di non diventarlo mai.

8 LuglioOggi è una giornata per tutti importante, ma per me è quella più brutta. È il giorno del fidanzamento, ho un vestito rosso, mi sono svegliata alle cinque per acconciatura, gioielli, vestito, trucco…E’ arrivato, ha come una specie di tappeto addosso, Hamgad, nei suoi ventisette anni, si sta avvicinando a me.Ho paura, voglio correre in camera mia, voglio scappare…ma non posso.Hamgad, fortunatamente, voleva solo ballare, ma continuo comunque ad aver paura.La festa proseguì con balli, cibo…poi arrivò la cerimonia vera e propria e lì dovetti baciare quell’uomo, fu una cosa che vorrei non fare più in tutta la mia vita.I giorni dopo la festa passavano e io mi chiudevo sempre più in me

Classe secondaScuola Secondaria di primo grado

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stessa; perfino mia madre mi chiese se stavo bene.Trascorsero due mesi e la data del matrimonio si avvicinava. Hamgad oggi è venuto a farci visita, non potete capire quanta vergogna!Iniziarono a parlare della futura unione e quando dissero: “A me basta la felicità di Alina” andai fuori di me e iniziai ad urlare: “La felicità di Alina? La mia felicità? Non la vedrete mai in questi occhi! Non dovrei essere io a scegliere con chi sposarmi? No, devono essere i miei genitori a farlo, devono scegliere un uomo che nemmeno conosco, un uomo che non sopporto, un uomo che mi fa paura!”Detto questo scappai in camera mia, mi gettai sul letto e iniziai a piangere lacrime di odio, di tristezza, di impossibilità di scelta.Altri tre mesi passarono e la data del matrimonio si avvicinava.

14 DicembreDomani sarà il famoso giorno, il mio matrimonio, eh sì, il mio sfogo non è servito a niente; l’unione si celebrerà lo stesso. Mi sposerò con quell’uomo e, come sapevo già, sarò infelice.Scelta, libertà, felicità…parole, per me impossibili.Scelta: il termine più bello del mondo, dell’universo, di tutte le galassie, che in questo paese, però, non è mai esistito!

Margherita Gottardiclasse II C - scuola Ippolito Nievo

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Primo Premio

IL CORAGGIO DI SCEGLIERE

Era quasi primavera eppure scendevano fitti i fiocchi di neve, nell’aria fredda e immobile della mattina. La neve ovattava l’atmosfera che trasmetteva quiete e serenità, in tutto quel bianco solo un punto nero, un uomo arrancava solitario nella bufera. Aveva il fischio incessante del vento nelle orecchie, il ghiaccio che gli incrinava il viso e negli occhi il terrore di chi ha visto la morte scorrergli accanto. Si chiamava Marco, il soldato semplice e stava raggiungendo i suoi compagni. Avrebbe dovuto essere già con loro, ma quella notte, mentre marciavano in fila indiana, era stato colto all’improvviso da un colpo di sonno, era caduto di faccia sulla neve e lo zaino carico di munizioni lo aveva schiacciato a terra. Era sfinito, aveva freddo e nella caduta aveva picchiato la testa, ma poiché era l’ultimo della fila nessuno se ne accorse e i suoi compagni continuarono inesorabili la loro marcia. La vista iniziò ad annebbiarsi, aveva i muscoli congelati, pensò alla sua famiglia e alla guerra, lui non aveva mai scelto la guerra...poi svenne.Nella mattina passarono di là due alpini che ne sorreggevano un altro: quest’ultimo aveva perso la gamba, piangeva e si lamentava debolmente. Ad un certo punto videro un uomo disteso a terra, gli occhi dei due scivolarono sul suo corpo per poi soffermarsi sulla divisa: era italiano. Il suo polso gelido pulsava debolmente, a poco a poco Marco rinvenne e i due lo aiutarono a rimettersi in piedi, gli diedero un po’ di vino e un pezzo di pane, poi com’erano venuti si allontanarono. Marco così, contro la propria volontà, continuò a camminare; gli dolevano le gambe, ma soprattutto il cuore. Non avrebbe mai voluto fare il soldato, ma non aveva scelta; ricordava quella lettera che con poche parole gli aveva cambiato la vita. Era in gabbia, prigioniero di un destino che sentiva non essere proprio. Mentre lo spirito ribelle della sua sete di libertà si dibatteva in lui, le sue gambe procedevano spedite verso la base. Avrebbe potuto utilizzare gli sci, ma il sentiero era in salita e quindi gli toccava procedere a piedi. Guardava il sentiero davanti a lui: era già tracciato. Tutto quello che faceva era tracciato, pianificato e progettato, dentro quella divisa lui non era altro che un soldato fra tanti soldati: non era nessuno.Molti dicono di combattere per la pace, ma non c’è scusa più assurda di questa. L’uomo non si accontenta della pace, l’uomo è egoista, l’uomo si batte per vincere, per l’orgoglio, eppure la pace non vuole né vinti né vincitori. La pace vuole uomini liberi di scegliere e gli uomini

Classe terzaScuola Secondaria di primo grado

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scelgono la violenza. Tormentato da questi pensieri e dalla bufera che impetuosa sembrava voler spazzare via dalle sue candide montagne quegli esseri di ferro che imbrattavano di sangue la sua purezza, Marco giunse nei pressi di un altopiano. Ad un tratto in lontananza scorse una figura indefinita che camminava nella direzione opposta alla sua, era un soldato, come lui, avanzava a fatica nella neve con la testa bassa e la mente altrove a rivivere chissà quali ricordi. Mano a mano che si avvicinava riusciva a scorgere i suoi lineamenti giovanili e poi i suoi occhi indagatori si fermarono allarmati sulla divisa: era un nemico.Si nascose lesto e vigile dietro un cumulo di neve, inserì le munizioni nel fucile: quel “crac” sonoro si disperse nell’aria arrivando anche all’orecchio del nemico che meccanicamente portò le mani al fucile.“Spara Marco, spara” si ripeteva Marco e iniziò a sudare freddo. Il “nemico” era poco più di un bambino, avrebbe potuto essere suo figlio, era spaventato e tremava come una foglia; Marco pensò anche di scorgere una lacrima di terrore solcare il suo volto stanco. Una vocina dentro di lui gli sussurrava : “Pensaci Marco, vuoi davvero togliere la vita a un innocente? Ricorda che in queste situazioni si deve essere se stessi, fare le proprie scelte...anche quando richiedono vero coraggio. Altrimenti si rischia di essere solo uno fra tanti, un’armatura vuota che si muove sotto i comandi come un burattino...è questo che vuoi essere?” chiuse gli occhi stringendo il fucile e appiattendosi contro il cumulo di neve.“Spara Marco!” si disse. Poi si alzò e lo guardò in faccia: era come lui. A che scopo versare il sangue di un fratello? Una scintilla di umanità attraversò i suoi occhi, bastò un attimo, si senti uno scoppio, poi nulla.Era arrivata la primavera e la guerra continuava incessante sulle montagne. In un piccolo altopiano verde riposava il corpo di un soldato, ma non era uno come tutti gli altri. Lunghi steli di papaveri vegliavano su di lui, erano rossi cosicché il sangue che scorreva dalla montagna non si notava. Si chiamava Marco e non era come tutti gli altri. Una mattina d’inverno infatti aveva dato la sua vita per salvare un suo “nemico”.Aveva scelto la morte per non doverla seminare, aveva scelto di non sperimentare più la violenza. Lui era un soldato, doveva solo obbedire, eppure in un mondo dove si uccide pur di sopravvivere lui aveva scelto di morire.

Beatrice Galanteclasse III C - scuola Ippolito Nievo

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Menzione

classe V scuola primaria

UNA SCELTA CORAGGIOSAMatteo Parrotta classe V A scuola Silvio TrentinSul banco di scuola il giovane autore narra una scelta coraggiosa che può trasformare gli uomini in eroi e ci suggerisce uno straordinario esempio di vita dedicato alla giustizia.

classe I scuola secondaria I grado

L’IMPORTANZA DELLA SCELTADora Barbieri classe I G scuola Ippolito NievoIl racconto, che si sviluppa su più piani temporali utilizzando l’immediatezza del dialogo, narra esperienze che insegnano a fare la scelta giusta.

classe III scuola secondaria I grado

CIÒ CHE VEDE IL MIO CUOREValentina Filippi classe III H scuola Ippolito NievoLa storia di una bambina, diventata donna consapevole dei suoi diritti, libera di scegliere e di sognare. Un racconto poetico, ricco di immagini, colori, suoni, ci aiuta a viaggiare in un mondo lontano e all’interno del nostro cuore.

SOLE A MEZZANOTTEKlarisa Zamaku classe III C scuola Ippolito NievoUna lettera intensa, commovente, scritta a cuore aperto è il mezzo espressivo con cui l’autrice racconta la drammatica esperienza di una giovane madre.

Classe quintaScuola Primaria

Menzione

UNA SCELTA CORAGGIOSAUna mattina nevosa e fredda, seduto sul banco di scuola, mi fu chiesto di fare un racconto dal titolo: “ La scelta”. In un primo momento il mio cuore andò in tumulto, numerose idee bombardarono la mia coscienza. Dopo numerosi pensieri, ci fu una scintilla che si accese di una luce perpetua … mi illuminò e mi fece pensare ad un uomo che scelse di rinunciare alla propria vita per seguire un’unica strada, la quale lo portò a diventare un vero eroe. Pensai quindi di prendere in mano carta, penna e cominciare a narrare. Molto probabilmente lui, a differenza mia, sarebbe la persona più indicata per raccontare le sue scelte che lo hanno portato a tante rinunce: la possibilità di andare al cinema, giocare a ping – pong, mangiare una pizza con gli amici.In quel momento un’idea mi trafisse il cuore come una freccia scoccata da un esperto arciere. Mi venne in mente una frase che mi ha aiutato a riflettere sul significato di questo titolo: “Si deve essere se stessi, fare le proprie scelte … anche quando richiedono vero coraggio”. Altrimenti, il panico e la paura annegherebbero il pensiero. Il coraggio sommato al volere di un uomo sono il risultato di un’equazione che potrebbe capovolgere le sorti del mondo.Il coraggio molte volte suscita delle titubanze ma la forza di volontà di Giovanni Falcone lo portò a credere nelle sue capacità, sconfiggendo un “mostro” fatto di tanti volti, che noi oggi usiamo chiamare “mafia”. Una parola entrata nel vocabolario nell’anno 1896, con il significato di organizzazione criminale nata in Sicilia, ma diffusa anche in altri paesi. Fu così che Giovanni intraprese la strada di magistrato formando una propria squadra, una concentrazione di forze contro le ingiustizie. Quando Giovanni approfondì le ricerche, cominciò a viaggiare con la scorta e a rinunciare ai propri momenti di svago. Nonostante la paura, si impegnò nella battaglia contro il “mostro”, dando la propria vita per la sua patria e la sua città. Fu cosi che disgraziatamente e come si poteva immaginare, il 23 maggio 1992 in quella macchina, Giovanni, sua moglie e tre ragazzi della scorta, sulla strada verso casa, morirono a causa di una grande esplosione. L’inferno provocato da quei quintali di tritolo cancellò i loro sogni, il loro coraggio e soprattutto mise fine alla sua ultima battaglia. Purtroppo il “mostro” esiste ancora oggi, quindi spetta a noi scegliere se stare dalla parte della mafia o di Giovanni.

Matteo Parrottaclasse V A - scuola Silvio Trentin

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Menzione

L’IMPORTANZA DELLA SCELTASi deve essere se stessi, fare le proprie scelte, anche quando richiedono vero coraggio. Altrimenti…

Io lo so per esperienza personale. Mi ricordo quel giorno come fosse ieri. Era una mattina di luglio e io uscii di casa fremendo d’impazienza. Da mesi aspettavo questo momento; infatti il mio cantante preferito avrebbe fatto un concerto all’aperto qua vicino. Ero già un po’ in ritardo, quindi mi affrettai ad andare. Prima di uscire di casa, per sicurezza avevo preso con me un foglietto e una penna per chiedere un autografo. Le strade erano quasi deserte. Tutti erano già andati, tranne qualche ritardatario, come me, che bighellonava fra le strade in cerca della via giusta. Ma io mi ero informato. Imboccai un vicolo e sbucai in una piccola piazza. Stavo per proseguire quando sentii un grido: -Ehi, lasciami in pace!-Voltai la testa verso la fonte del suono e vidi due ragazzi della mia età, di circa tredici anni. Uno robusto, vestito con abiti firmati, gli occhiali da sole e la cresta. L’altro pallido e smilzo, come me, che indossava dei jeans logori e una ridicola maglietta a strisce. Era stato lo smilzo a gridare.-Ho detto di darmi i soldi!- ribattè il più grosso- o me li dai, oppure…-No, non li do! Ho risparmiato due mesi di paghetta per questo evento!- rispose lo smilzo.- Oh…- sghignazzò il grosso – povero cocco della mamma… - “ Lo aiuto” mi chiesi “o vado avanti?” Una vocina cattiva nella mia testa disse: “Lascialo, guardati intorno: non c’è più nessuno, sono andati tutti”. Era vero. Anche gli ultimi ritardatari erano spariti. “Aiutalo” disse un’altra voce “poi te ne pentirai…”.Odiavo scegliere.

Sprofondai nei ricordi.Ho cinque o sei anni e sono fuori nel giardino a giocare. La mamma mi chiama: -Francesco, è pronta la merenda! Ci sono i tuoi biscotti preferiti!--Vengo mamma!- rispondo. Poi vedo un uccellino sulla strada che non riesce ad alzarsi in volo. Mi viene l’impulso di aiutarlo. “E se poi viene investito?”penso.Ma c’è la merenda.-Francesco!-Cosa fare?

Classe primaScuola Secondaria di primo grado

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All’improvviso passa una macchina che schiaccia l’uccellino. Scoppio in un pianto incontrollabile…

Adesso ho otto o nove anni e sono in un parco con il mio migliore amico. Lui è su un albero e si arrampica. -Dai, vieni!- gli grido – Hanno aperto la fumetteria! Se non ti sbrighi, arriviamo tardi!--Adesso vengo, ma prima salgo fino in cima…--Io vado! Ciao-All’improvviso il mio amico perde l’equilibrio e sta per cadere dal ramo. Ma all’ultimo momento tende un braccio e si aggrappa. -Aiutami!- grida – Sto cadendo!“Ma ci sono i fumetti” penso “ e se poi si esauriscono?”“Ma si fa male”“Se la caverà”Ad un certo punto l’amico cade. Atterra su una gamba che con un disgustoso “scrock” si storce in un angolatura innaturale. Corro da lui per dargli una mano. -Non mi serve il tuo aiuto- sibila con le lacrime agli occhi per il dolore – è troppo tardi!-E’ troppo tardi…

All’improvviso riaprii gli occhi. Ero di nuovo nella piazzetta. Guardai i due ragazzi. E presi la mia decisione.-Ehi, tu!- gridai al grosso - lascialo in pace! -Lui si girò, mi squadrò e scoppiò a ridere. -Cosa cerchi di fare? – si avvicinò.Troneggiava su di me come Golia su Davide. Lo spinsi. Forte. Barcollò all’indietro e poi riprese l’equilibrio. Riprese a sogghignare. Poi all’improvviso il sorriso gli si gelò sulle labbra. Lo guardai intensamente. Immaginai di fissarlo così tanto da sbriciolarlo.Si girò e scappò via. Guardai lo smilzo. Dalla sua espressione intuii che eravamo tutti e due ugualmente esterrefatti. -Perché mi hai aiutato?- mi chiese. -Sai, a volte è necessario scegliere la strada che ti sembra più spericolata e assurda. Non puoi aspettare che sia troppo tardi.-

Dora Barbiericlasse I G - scuola Ippoito Nievo

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Menzione

CIÒ CHE VEDE IL MIO CUORESogno i campi di frumento dorati di cui i vecchi del villaggio parlavano, un lago dall’acqua cristallina ove la mano dell’uomo non è ancora giunta e colline dai fianchi erbosi che interrompono la continuità di un immenso campo ramato. Ma quando mi risveglio da queste storie che i sogni mi narrano nella notte, torno qui, sul mio materasso in tela appoggiato a terra, nella piccola stanza illuminata per una parte dalla cocente luce del sole che scalda costantemente il villaggio dove vivo. Un unico sorgere di case bianche in un deserto dimenticato ormai da tutti, ma tanto ostile da non consentire a nessuno né di andare né di venire.Ho otto anni, mi chiamo Mariam e verrò considerata adulta quando avrò quindici anni, il momento in cui sarò costretta a sposarmi. La mia giovane età non impedisce però a mio padre di pensare a possibili pretendenti, invece sembra che a mia madre non importi il mio futuro, forse perché si fida delle scelte di suo marito, in fondo io altro non sono che la rovina della famiglia. Mia nonna mi ha spiegato che sarei dovuta nascere maschio, cosicché mio padre non avrebbe dovuto nè pagare le mie nozze, né cercarmi un valido pretendente. Perciò, la colpa di cui tutti mi accusavano, consisteva nell’essere nata femmina. Mi era anche stato detto, però, che per espiare questo mio peccato irreparabile avrei dovuto essere una brava figlia e forse, in futuro, una brava moglie. Queste parole riecheggiavano nella mia testa insistentemente, come se dovessero esprimere un comando da non violare. In questo modo crebbi nella convinzione che, attraverso l’obbedienza, la mia famiglia mi avrebbe amata e riconosciuta come una figlia femmina diversa da quelle comuni del villaggio.Rammento però di un giorno in cui venni meno alla regola. Desiderando vedere il paradisiaco paesaggio di cui già avevo udito parlare, mi arrampicai su uno degli alberi più vecchi del villaggio per tentare di scorgere, anche se da lontano, il paesaggio tanto sospirato. Usai i rami più bassi come punto di appoggio per i piedi che erano ora scalzi, mentre facevo forza sulle braccia per raggiungere la cima della pianta vestita da una fitta chioma di foglie verdi. Era estate, quel pomeriggio profumava dei cibi che le donne stavano preparando per la festa che si sarebbe tenuta la sera stessa per celebrare la riuscita del raccolto di qat che avevano piantato nella stagione primaverile. Quando fui quasi arrivata al punto più alto dell’albero caddi a terra, facendomi un grosso livido su di un fianco. Tornata a casa in ritardo venni punita e

Classe terzaScuola Secondaria di primo grado

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non potei andare alla festa. Ricordo ancora i miei lisci e castani capelli appiccicati alla fronte impiastrata di terra e segnata dalle lacrime e dalle gocce di sudore che ne ridisegnavano gli ovali contorni dalla pelle ambrata, troppo rovinata per sembrare quella di una bambina, mentre i miei occhi scuri cercavano conforto nell’amore materno che non mi fu mai concesso. Da quel giorno non salii più su un albero e tenni le mie fantasie, riguardo quell’amato mondo, segrete.Ora le settimane passano lentamente a causa della monotonia delle giornate, persino il vento non è cambiato, non ha mai smesso di soffiare e anche adesso, come molti anni fa, continua a far danzare nell’aria la polvere di questa arida terra sottomessa al volere dell’uomo. L’unica cosa cambiata è che ora abbiamo una piccola radio e a volte mi chiedo se potrò di nuovo sentire parlare di quel luogo segreto. Ora sono sola, a casa. Il silenzio è a tratti interrotto dal rumore della radio. Mi avvicino incuriosita al piccolo macchinario ed inizio ad ascoltare. Sento la voce di una ragazza, è molto veloce nel parlato e stento a seguirla. Spiega i diritti dell’uomo, ma stranamente non fa distinzione tra i due sessi. Ascolto estasiata il suo discorso ricco di opinioni, rimanendo incollata alla radio per interi minuti. Poi, una frase rimane sospesa in un pesante vuoto nel mio cuore, come se si trattasse dell’eco di una mia vera voce: “la cosa essenziale nella vita è scegliere. Se ti tolgono la possibilità di farlo è come se ti togliessero la libertà.”Silenzio. Il vento ha smesso di soffiare. Anche la radio ora tace. Improvvisamente dei frammenti di ricordi ripercorrono freneticamente la mia testa, provo a ricomporli, ma è impossibile. La casa mi appare ora come una gabbia e sento che l’unico posto dove potrei aver pace è l’albero su cui salii due anni fa. Esco dalla casa e corro verso l’arbusto. Sento la terra tra le dita dei piedi ed il vento che, appena ripreso il suo percorso, mi asciuga il sudore dal volto e, anche se non c’è nessuno, sento la frase della radio risuonare in me come un urlo. Senza accorgermene sono giunta all’albero. Risalgo esattamente come feci in passato, ma questa volta sino in cima. Apro finalmente gli occhi verso l’orizzonte che si protrae d’innanzi a me e, anche se il mio corpo vede una landa desolata che si propaga nel nulla, il cuore vede quel mondo che i sogni raccontavano con tanto amore, ove donne e uomini hanno la libertà di correre inseguendo la luce della meraviglia, quel mondo fatto di radici, di desideri e scelte che io farò germogliare nel mio cuore.

Valentina Filippiclasse III H - scuola Ippolito Nievo

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Menzione

SOLE A MEZZANOTTEBambino mio,la vita mi ha messo davanti agli occhi scelte, decisioni, situazioni difficili da prendere in considerazione, da scegliere.Potresti pensare che abbia sempre avuto tutto sotto controllo, che non mi sia mai mancato nulla, che quei muri, quei maledetti muri, sia sempre riuscita a scavalcarli da sola.Ma, amore mio, imparerai col tempo che non è mai stato così. Quando delle persone vedono del bene, pretendono del bene. Quando compirai scelte giuste nessuno ti dirà nulla. È così che deve andare. Nessuno ti dirà che hai fatto bene a decidere quella cosa. Ma se invece sbaglierai ti ritroverai più solo di quello che eri prima; alla gente non piacciono i “perdenti”.Un giorno ti chiederai perché ho deciso di partire. Ti chiederai perché mi sono ritrovata con un bimbo in grembo da crescere da sola. Poi verrai a domandarlo a me ed io soffocherò un singhiozzo, in preda a un pianto isterico.- Non lo so, bambino mio, non lo so. - , ti sussurrerò, ma sarai troppo grande per aver bisogno di me, avrai più di diciott’anni. La verità è che sto scappando dai miei demoni. Nella vita, nei miei diciannove anni di vita, sono sempre scappata. Ho lasciato la mia famiglia, i miei amici, la mia scuola e sono andata via.Non ho mai risolto niente. Credevo che lasciando un luogo, un posto, si sarebbero dissolte e soffocate tutte le preoccupazioni, sarebbero rimaste lì dove le avevo lasciate, intatte o svanite, ma almeno si sarebbero trattenute senza seguirmi.Le scelte sbagliate che ho fatto mi hanno sempre divorata dentro come acido pronto ad uccidermi, a cui si mischiava il rimpianto che è sempre stata una bestia crudele e spietata da eliminare.Quando leggerai tutto ciò, figlio mio, spero che mi perdonerai per ciò che sono, perché ti ho scombussolato, perché non sarò mai una vera madre, ho l’anima ancora da bambina, sono fragile.Comprenderai che ciò che ho fatto l’ho fatto per il tuo bene, per darti una vita, una vita migliore.Se ti avessi tenuto con me avrei cancellato e rinchiuso il tuo futuro.Sarò talmente vuota il giorno che altre braccia sicure ti culleranno, senza più sentimenti ti guarderò e sorriderò debolmente pensando a

Classe terzaScuola Secondaria di primo grado

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tuo padre.Per lui ero solo un giocattolo, amore mio, non ci voleva. Tuo padre è solo il rumore di un sogno infranto.Nella vita tocca scegliere. Le scelte sono luoghi in cui la vita si divide, la libertà sta nel tirare dritto verso quello che vogliamo, anche se questo significa uscire di strada.Perdonami quando scoprirai che tua madre sono io e che ti ho lasciato andare, che non ti ho tenuto. Perdonami se ti rovinerò il diciottesimo compleanno quando i tuoi genitori affidatari ti consegneranno la lettera. Sono codarda perché ti ho dato via, perché io e te non avremmo mai potuto vivere decentemente. Mi dispiace di non averti potuto insegnare a camminare; di non esserci stata quando hai appreso l’uso della bicicletta e quando hai imparato a pedalare, di non essere stata presente al tuo primo giorno di scuola.Mi dispiace, vita mia, ma ho dovuto scegliere così. Sono scappata da casa, dai tuoi nonni e non ho mai potuto ritornare con un bimbo tra le braccia.Figlio mio sei sempre stato il mio pensiero fisso. La scelta che ho dovuto prendere è stata la più frustrante, ma ti voglio più bene di ogni cosa al mondo.Tua per sempre mamma

Klarisa Zamakuclasse III C - scuola Ippolito Nievo

Istituto Comprensivo “IPPOLITO NIEVO”San Donà di Piave

Sabato 30 maggio 2015

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CITTA’ DI SAN DONA’ DI PIAVEAssessorato alla Pubblica Istruzione

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